BIBITE COCA COLA SCHEDA ANALITICA Marchio: COCA COLA Società: COCA COLA COMPANY Presentazione Multinazionale Usa, 146mila dipendenti, fatturato 46 miliardi e 542 milioni di dollari, 8 miliardi e 562 milioni di profitti (dati 2011), opera praticamente in tutti i paesi del mondo. Ha sede in Delaware, stato Usa noto come paradiso fiscale, e inoltre in Lussemburgo, Singapore, Isole Cayman ecc. Fa parte di numerose lobby di grandi imprese che hanno l'obiettivo di condizionare i poteri politici nazionali e sovranazionali, come l'United States Council for International Business, la Camera di commercio internazionale, il Transatlantic Business Dialogue, la Confederazione delle Industrie Agroalimentari dell'UE . Nel 2011 ha speso 5,9 miliardi di dollari per attività di lobby nei confronti del governo Usa e nel 2012 ha dato 213mila dollari ai partiti repubblicano (61%) e democratico (39%) (Fonte: Imprese alla sbarra, Cnsm, www.cnsm.org) Comportamenti irresponsabili DIRITTI DEI LAVORATORI ° Nel febbraio 2010 alla Suprema Corte dello stato di New York Coca Cola è stata querelata da otto persone con l’accusa di essere responsabile di assassini, stupri e torture ai danni di leader sindacali e loro familiari degli impianti di imbottigliamento a Città del Guatemala. ° In Colombia, negli ultimi anni centinaia di sindacalisti colombiani sono stati torturati, uccisi, rapiti o costretti alla fuga e all’esilio dagli squadroni paramilitari, spesso appoggiati dall’esercito regolare, per eliminare ogni diritto sindacale e ogni possibilità di contrattazione collettiva, per poter continuare a imporre la precarizzazione del lavoro (tra il 60 e l'80% di lavoratori interinali negli impianti di Bogotà e Cali, secondo un'ispezione dell'OIL del 2008, come riferisce il sito www.impreseallasbarra.org del CNMS), i licenziamenti indiscriminati e la diminuzione dei salari, aumentando a dismisura i profitti (un lavoratore precario guadagna circa 80 dollari al mese, meno di un quarto del salario previsto dal contratto collettivo nazionale per i dipendenti, e oggi il 96% dei lavoratori della Cocacola sono precari). Negli ultimi tempi la situazione si è ulteriormente aggravata: pesanti minacce ai sindacalisti da parte degli squadroni, intimidazioni (come una perquisizione a sorpresa alla sede centrale del Sinaltrainal a Bogotà) e l’ennesimo omicidio, il 17 agosto 2006, di un funzionario di questo sindacato. Il Sinaltrainal, sindacato colombiano del settore alimentare, ha richiesto l’incriminazione ufficiale della Coca Cola presso il tribunale di Miami, in Usa, per l’omicidio di 8 sindacalisti (la prima sentenza è stata di non luogo a procedere per “difetto di giurisdizione”: in pratica si afferma che i reati sono avvenuti in Colombia e quindi non possono essere giudicati in Usa – quindi ammettendo implicitamente la non responsabilità della casa madre, che è poi la principale linea di difesa della Coccola di Atlanta; nel marzo del 2008 il Sinaltrainal ha fatto ricorso). Una lunga trattativa si è conclusa con un nulla di fatto, perché la multinazionale pretendeva il silenzio assoluto e a tempo indeterminato dei sindacati in cambio di soldi. La Coca Cola respinge ogni responsabilità, ma continua a rifiutare che una Commissione di inchiesta indipendente indaghi sulle vicende colombiane, che pure viene richiesta persino da azionisti della stessa multinazionale. ° Nel luglio 2010 un accordo fra lo IUF (sindacato internazionale alimentaristi), Coca Cola Company e Coca Cola Icecek (impresa imbottigliatrice con sede in Turchia responsabile per il Medio Oriente, Pakistan e Asia Centrale) hanno raggiungo un accordo per mettere fine a un lungo conflitto per violazione dei diritti sindacali in Pakistan. In base all’accordo l’impresa riconosce il sindacato e reintegra tutti i lavoratori ingiustamente licenziati. ° A Khurda, stato di Orissa (India), re operai sono morti e altri cinque sono rimasti gravemente feriti per lo scoppio di una caldaia. Si trattava di operati dipendenti da un'impresa in appalto. Gli operai interinali guadagnano in media da 1,90 a 2,75 dollari al giorno e in estate sono tre volte più numerosi di quelli fissi (fonte: India Resource Center) ° Nel giugno 2009 la Coca Cola Hellenic Bottling Co ha annunciato un piano di ristrutturazione delle sue fabbriche irlandesi che comportava l’esternalizzazione forzata, con netto peggioramento delle condizioni di lavoro, dei dipendenti. L’azienda ha rifiutato ogni soluzione alternativa prospettata dai sindacati, e anche le raccomandazioni del Tribunale del lavoro per la trattativa sono state respinte dall’azienda. ° In Guatemala, Filippine, Venezuela, Pakistan, India e Israele i movimenti sociali e i sindacati accusano Coca Cola di utilizzare politiche di violenza e corruzione e di violare i diritti sindacali per aumentare i suoi profitti. In Guatemala, per esempio, nel febbraio 2010 Vicente e Palacios, due dirigenti sindacali del Sitinca hanno querelato il gruppo Coca Cola per minacce nei confronti di sindacalisti e delle loro famiglie, seguiti da stupri, rapimenti e uccisioni da parte di squadroni paramilitari. (Fonte: “Imprese alla sbarra, Centro nuovo modello di sviluppo, www.cnsm.it) ° In Salvador, secondo Human Rights Watch, la compagnia acquista zucchero da aziende che impiegano lavoro minorile nelle piantagioni di canna. ° In Italia, a Nogara (Vr), ha esternalizzato buona parte dei lavoratori dei magazzini, che nell'aprile 2013 hanno contestato il mancato rispetto dei minimi salariali stabiliti dal contratto nazionale degli autotrasporti merci e il licenziamento di 28 dipendenti per motivi disciplinari. L'esternalizzazione dei lavoratori addetti alla logistica è ormai la regola per Coca Cola, che nel novembre del 2012, pur non essendo in crisi, ha annunciato un piano di ristrutturazione che prevede 355 esuberi in tutta Italia. (Fonte: Altreconomia giugno 2013) ° La sede principale di Coca Cola in Africa è in Swaziland, retto da un regime dittatoriale accusato di gravi violazioni dei diritti umani. (Fonte ???) DIRITTI DEI CONSUMATORI ° L’azienda approfitta delle carenze nella distribuzione dell’acqua potabile per fare affari d’oro nel sud del mondo vendendo a caro prezzo la sua acqua purificata. ° Nel marzo del 2004 la Coca Cola ha riconosciuto, dopo la denuncia di associazioni dei consumatori britanniche, di aver venduto in Inghilterra come acqua minerale semplice acqua del rubinetto imbottigliata con il marchio “Dasani”, a un prezzo 3.166 volte superiore a quello all’origine. ° Nell’ottobre 2009 l’Asa, organo di autodisciplina pubblicitaria britannico, ha ordinato a Coca Cola di ritirare opuscoli e manifesti per la promozione di una nuova bibita della gamma VitaminWater perché inducono a credere che i contenuti rafforzano il sistema immunitario, apportano vari benefici alla salute e che comunque sono prodotti salutari, mentre contengono un alto livello di zucchero. Nel gennaio del 2009 la stessa pubblicità è stata contestata negli Usa dal Center for Science in the Public Interest che ha avviato una class action. ° Nell'aprile 2012 le autorità cinesi hanno ordinato la chiusura della Cocacola Shanxi Beverages per aver distribuito diversi lotti di bibite contaminate da cloro (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNSM) RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI ° In India è accusata di vendere bibite fortemente contaminate da pesticidi, insetticidi e altri inquinanti chimici (ben sette stati indiani hanno vietato per questo motivo la vendita di Coca e Pepsi). Negli stati indiani del Kerala e del Maharashtra, la Coca Cola ha installato i suoi impianti dando lavoro solo a pochissime persone del luogo, ha sottratto l’acqua alle popolazioni locali (pagandola un prezzo irrisorio) per usarla per la produzione (ogni litro di bibita richiede l’uso di 4 litri d’acqua) e la inquina senza farsi problemi. In questo modo Coca Cola distrugge l’agricoltura locale, fonte principale di sopravvivenza della popolazione, diffonde malattie da inquinamento, costringe le persone a fare decine di chilometri per trovare l’acqua per bere, cucinare e lavarsi. ° Nel 2006, La Corte Suprema indiana ha ordinato la chiusura di un impianto in Kerala. A fine novembre 2004 una manifestazione di più di 1000 persone che chiedevano la chiusura di un impianto di imbottigliamento nell'Uttar Pradesh è stata repressa con violenza dalla polizia: più di 350 arrestati e moltissimi feriti. Questa sta diventando la principale strategia di risposta della CocaCola alla crescente resistenza in India. Nell’agosto del 2008, sempre in Uttar Pradesh, un impianto di imbottigliamento a Sinhachawar è stato chiuso in seguito a una campagna della comunità locale per occupazione illegale di terre e inquinamento, in violazione delle leggi ambientali indiane. Dal novembre 2008 sono in corso proteste anche da parte dei contadini del Rajasthan, per il forte prelievo d’acqua e l’inquinamento della falda da parte della multinazionale (che ha promesso di pagare un terzo dei costi necessari per rendere l’irrigazione agricola più efficiente). Secondo l'Hazard Centre, nell'India settentrionale gli stabilimenti produttivi della Coca Cola hanno gravemente inquinato l'ambiente (terra e acqua) con cromo, cadmio e piombo, che arrivano a livelli 100 volte superiori a quelli considerati ammissibili per legge. Il Central Groundwater Board indiano ha denunciato nel marzo 2010 un abbassamento della falda acquifera sotterranea di Kala Dera a Jaipur, Rajasthan, di 4 metri in un solo anno (Fonte: Imprese alla sbarra, Cnsm, www.cnsm.org) ° Nel 2009, una forte siccità, la più grave degli ultimi 40 anni, ha colpito l’India, facendo perdere parte dei raccolti, la Coca Cola ha continuato tranquillamente a estrarre acqua, provocando proteste e rivolte tra le popolazioni, per esempio di Mehdiganj e Kala Dera (dove uno studio commissionato dalla stessa azienda è arrivato alla raccomandazione della chiusura dell’impianto – ovviamente ignorata dalla Coca Cola). A Mehdiganj, secondo gli attivisti locali, nel 2008 il livello della falda acquifera sotterranea è sceso a oltre 23 metri e si presume che nel 2009 sia sceso ancora a causa della scarsità di monsoni, mentre Coca Cola sostiene che si trovi a solo 5,9 metri, ma la stazione di rilevamento che dà questi dati si trova a 5 km dall’impianto. ° In Michigan e in Algeria nel 2010 la Coca Cola è stata denunciata (e in Algeria anche condannata) per l'inquinamento di terreni agricoli con metalli pesanti, tra cui manganese, piombo e arsenico. (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNMS). ° In Italia, dove ha la leadership del mercato delle bibite con il 39%, Coca Cola utilizza acqua di falda profonda (quindi di alta qualità) per produrre le sue bibite e la sua acqua in bottiglia, pagando pochissimo alle Regioni: poche decine di migliaia di euro per oltre 2,4 miliardi di litri (dati 2011); in Veneto, per esempio, paga 13.406 euro all'anno per circa 1,3 mld di litri, circa 45 volte meno di quanto un comune cittadino paga l'acqua potabile a Verona. Nel biellese paga 3.647 euro; in Abruzzi circa 15.000 euro (Fonte: Altreconomia giugno 2013) ° La Coca Cola, così come altre multinazionali delle bibite come Pepsi Cola, è accusata di cquistare enormi quantità di zucchero prodotto in terre sottratte con la violenza alle comunità locali in Brasile, In Cambogia e in molti paesi africani. Si parla di 33 milioni di ettari. (Fonte: Oxfam Italia) Comportamenti responsabili DIRITTI DEI LAVORATORI ° Rispetto all’assassinio dei sindacalisti colombiani, in seguito alla campagna di boicottaggio per la prima volta nel 2007 l’impresa ha permesso dei monitoraggi nelle fabbriche da parte dell’OIL (Organizzazione internazionale del Lavoro). L’indagine, conclusa nel 2008, ha messo in rilievo in primo luogo che l’impresa ostacola attivamente il diritto a formare sindacati indipendenti (appoggiando invece quelli “solidaristi”, in pratica filopadronali) e in secondo luogo utilizza estesamente l’outsourcing e tutte le forme di lavoro precario, il che aumenta la ricattabilità dei lavoratori e impedisce loro, di fatto, di esercitare i diritti sindacali. ー Nel luglio 2010 un accordo fra lo IUF (sindacato internazionale alimentaristi), Coca Cola Company e Coca Cola Icecek (impresa imbottigliatrice con sede in Turchia responsabile per il Medio Oriente, Pakistan e Asia Centrale) hanno raggiungo un accordo per mettere fine a un lungo conflitto per violazione dei diritti sindacali in Pakistan. In base all’accordo l’impresa riconosce il sindacato e reintegra tutti i lavoratori ingiustamente licenziati. ° Nel maggio 2012 la multinazionale si è dotata di due codici di condotta, rispettivamente per le imprese del gruppo e per licenziatari e contoterzisti, per assicurare il rispetto delle norme previste dall'OIL o alle leggi nazionali, che comprendono il diritto alla libertà sindacale ma non clausole relative a un salario dignitoso. (Fonte: www.impreseallasbarra.org, Centro Nuovo Modello di sviluppo) RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI ° Per quanto riguarda l’uso dell’acqua, la Coca Cola ha siglato un accordo con il Wwf per un impegno a un uso più responsabile. La compagnia sostiene che negli ultimi 5 anni il consumo dell’acqua è sceso del 5,6% a fronte di un aumento di vendite del 14,6%, e si è impegnata a far sì che dal 2010 l’acqua utilizzata per la produzione venga restituita in misura e condizioni tali da consentirne l’uso per l’agricoltura e l’acquacoltura. Il che di fatto equivale ad ammettere che le accuse sono fondate. Il suo rapporto sulla sostenibilità per gli anni 2007 e 2008 è stato però criticato dall’India Resource Center perché omette le attività in India, che continuano a inquinare le falde e a comportare prelievi di acqua insostenibili, come risulta da un monitoraggio condotto dal Teri (Energy and Resources Institute, che raccomanda per esempio la chiusura dell’impianto di Kala Dera, critica la gestione dei rifiuti (in tutti gli impianti esaminati) e la mancanza di misure per la prevenzione dell’inquinamento (in quattro impianti su sei), sottolinea il mancato rispetto dei diritti dei contadini e dell’acqua di falda ecc. In risposta alle critiche la compagnia ha annunciato che diventerà “neutrale dal punto di vista idrico” (water neutral) in India entro il 2009. Ma, come sottolinea Amit Sivrastava della IRC, è impossibile che un’attività industriale lo sia. Di fatto, il calo dell’uso d’acqua per produrre un litro di bibita tra il 2006 e il 2007 è stato di appena il 2 per cento e dato che la produzione dal 2005 è aumentata l’impiego totale di risorse idriche ha ricominciato a crescere. Inoltre l’azienda non reintegra l’acqua che toglie alle comunità locali, ma semplicemente finanzia progetti del WWF per la difesa dei bacini idrici o sottoscrive progetti di “compensazione idrica” (?). Per colmo di ironia, nel 2008 la Coca Cola ha distribuito nelle scuole elementari lucane un libro dal titolo “Il mistero dell’acqua scomparsa” (in Basilicata l’azienda ha imbottigliato nel 2006 350 milioni di litri d’acqua venduti poi col marchio Lilia, pagando 0,3 euro ogni mille litri alla Regione, per gli anni successivi non ha fornito dati). ° Dal 2009 la Coca Cola commercializza parte delle sue bibite in bottiglie fatte al 30% di materiali vegetali anziché di plastica deriva da idrocarburi, e sta investendo molto per arrivare a produrre bottiglie interamente vegetali. Questo tuttavia comporta la produzione di enormi quantità di biomasse su terre sottratte alle foreste o alle coltivazioni con finalità alimentari, esattamente come avviene per gli agrocarburanti. (Fonte: Il Manifesto, 20/12/12) Campagna di boicottaggio Ancora in corso. Aderiscono Usa, Gran Bretagna (in questi due paesi c’è l’adesione di varie scuole superiori e università), India, Brasile, Australia, Spagna, Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Messico, Italia (con l’adesione di vari enti locali) e Colombia. Fonti Sindacato colombiano del settore alimentare Sinaltrainal, rapporto 2004-2006 del sindacato internazionale ICFTU, rapporto 2007 della Confederazione internazionale dei sindacati (ITUC), ong indiana India Resource Center., Rivista Internazionale 13 marzo 2009, Altreconomia, IUF news, lista Killercoke CHINO’ SAN PELLEGRINO SCHEDA ANALITICA Marchio: CHINO’ SAN PELLEGRINO Società: NESTLE’ Presentazione Gigantesca multinazionale svizzera, leader mondiale nel settore alimentare in particolare per il latte in polvere, il caffè, il cacao e le acque minerali, ma anche piatti pronti, alimenti per l'infanzia, alimenti per animali, ma anche farmaci da banco e cosmetici, nel 2012 ha fatturato 72 miliardi e ha fatto profitti per 8,6 miliardi di euro (fonte: www.impreseallasbarra, CNMS). Il gruppo ha 468 stabilimenti in tutto il mondo per un totale di 339mila lavoratori. Globalmente impiega 276 mila persone. E' domiciliata in Svizzera e ha filiali in Lussemburgo, Delaware, Malta, Barbados, Isole Cayman e altri 13 paesi noti come paradisi fiscali. Fa parte di numerose lobby di grandi imprese che hanno l'obiettivo di condizionare i poteri politici nazionali e sovranazionali, come l'United States Council for International Business, la Camera di commercio internazionale, l'European Round Table, la Confederazione delle Industrie Agroalimentari dell'UE (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNSM). Comportamenti irresponsabili DIRITTI DEI CONSUMATORI ° L’accusa principale rivolta a questa multinazionale è sempre stata quella della promozione e distribuzione illegale e scorretta del latte in polvere per neonati, che contravviene (come peraltro diverse altre imprese del settore) il codice Oms. Questi comportamenti secondo l’Unicef contribuiscono ogni anno alla morte di un milione e mezzo di neonati nel mondo, per gastroenteriti e malnutrizione. Nel 2008 l’associazione filippina Preda ha accusato la multinazionale svizzera di aver fatto pressione – insieme ad altre multinazionali – sul governo filippino per impedire una revisione restrittiva sulle regole per il marketing dei sostituti del latte materno (arrivando alle minacce di ritorsioni commerciali se il governo avesse applicato un’ingiunzione della Corte Suprema del paese in materia). Nelle Filippine solo il 16% circa delle madri allatta al seno. La multinazionale è accusata dall'International Baby Food Action Network di aver commesso 130 infrazioni tra il 2007 e il 2010 al codice internazionale dell'OMS. (Fonte: ww.impreseallasbarra.org di CNMS) ー Nel 2009 davanti alla suprema Corte dello stato del Maine, in una causa che contrapponeva la comunit・locale alla Nestl・ accusata di un uso senza regole dell’acqua pubblica, l’avvocato dell’impresa ha invocato il diritto della multinazionale ad assicurarsi il massimo profitto. ー Nell’ottobre 2005 la Nestl・Italia, insieme a Heinz Plasmon, Plada, Nutricia, Milupa, Humana e Milte sono state multate dall’antitrust per 9,7 milioni di euro per aver costituito un “cartello” per tenere in Italia i prezzi del latte per neonati pi・alto (tra il doppio e pi・del quadruplo) degli altri paesi europei. E non ・la prima volta che succede. ー Nel 2008 la Federal Trade Commission Usa ha costretto Nestl・a ritirare una pubblicit・ingannevole che sosteneva la capacit・di una bevanda per bambini di rafforzare il loro sistema immunitario. ° Nel febbraio 2011 è stata condannata a una multa dal Consiglio di Stato italiano, insieme ad altre 26 imprese produttrici di pasta, per aver formato un “cartello” per tenere alti i prezzi. Nel 2009 è stata multata dall'antitrust greco per posizione dominante nel mercato del caffè solubile (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNSM) ° Nestlé è lo sponsor principale dell'opuscolo “Nutrire il pianeta, energia per la vita” diffuso fra 180mila bambini/e delle scuole primarie lombarde dalla Società Expo 2015. Sempre nelle scuole primarie italiane promuove il concorso “Nutrikid”, con l'elaborazione da parte degli scolari di campagne sull'alimentazione sana. Inoltre fa parte di un progetto che prevede la formazione di un comitato imprese/università presso l'Università Campus Biomedico di Roma. Collabora anche con lo IULM di Milano e la Federico Secondo di Napoli e finanzia progetti in collaborazione con la Conferenza dei rettori italiani (Fonte: AE settembre 2010) DIRITTI DEI LAVORATORI ° La Nestlé è accusata dalla International Trade Unions Confederation (IUF) di comportamenti antisindacali in molti paesi del mondo. Continuamente vengono denunciati abusi e intimidazioni di ogni tipo nei confronti dei lavoratori (le ultime in Indonesia, Repubblica Dominicana, Russia, Perù e Brasile). A Hong Kong, per esempio, nel febbraio del 2009 il presidente dell’Hong Kong Nestlé Workers è stato sospeso a tempo indefinito per bloccare la lotta del suo sindacato per garantire contratti a tempo indeterminato ai lavoratori precari (punto su cui la Nestlé si era impegnata, salvo poi rimangiarsi la parola), contro i maltrattamenti da parte di manager e supervisori e per il riconoscimento ufficiale del sindacato, ed è stato rimesso al suo posto solo dopo uno sciopero. In India nell’aprile 2009 i lavoratori sono in lotta per ottenere un aumento delle paghe, cresciute molto al di sotto del tasso di inflazione, mentre gli stipendi dei manager sono stati aumentati del 16%. E’ stato invece battuto il tentativo della Nestlé Brasile di sospendere i pagamenti dei benefit sanitari per i pensionati ex dipendenti. ° Sempre IUF segnala gravi violazioni dei diritti sindacali in Russia. (Fonte: IUF) ° Nell’ottobre del 2009, la Corte di cassazione francese ha condannato la multinazionale a risarcire con 608mila euro un ex ingegnere chimico la cui carriera e salario erano rimasti bloccati per trent’anni, dal 1973 al 2003, quando è andato in pensione, dopo che nel 1970 era diventato rappresentante del sindacato CGT. ° In India nessun lavoratore è coperto da un contratto collettivo: Nestlé sostiene che i dipendenti non hanno bisogno di negoziare i salari perché il management ha svolto uno studio scientifico sull’argomento. ° In Colombia il Sinaltrainal, la federazione dei sindacati del settore alimentare del paese, la considera responsabile del licenziamento illegale di molti lavoratori sindacalizzati e dell’omicidio di 12 sindacalisti, ultimo Gustavo Gomez, occupato nello stabilimento Nestlé di Dosquebradas, assassinato il 21 settembre 2009 (il secondo lavoratore ucciso in due anni nello stabilimento di Dosquebradas). Secondo il giornale colombiano “Rebeliòn”, tra il 1990 e il 2005 la multinazionale è passata da un ricavo medio annuale di 109.000 dollari per lavoratore a un ricavo di 427.000 dollari, grazie alla “flessibilizzazione” del lavoro (che comprende chiusura di impianti, precarizzazione e terziarizzazione). Nel 2006, solo il 3% dei lavoratori lavorava da almeno 10 anni per la Nestlé. ° Le politiche antisindacali della Nestlé sono particolarmente violente nelle Filippine. Il 23 settembre 2005 è stato assassinato all’uscita dello stabilimento Nestlé di Cabuyao, Filippine, Diosdado Fortuna, presidente dell’Uniòn de Empleados filipinos, che aveva sostituito Meliton Roxas, anch’egli ucciso in circostanze praticamente identiche nell’88. I sospetti che il mandante sia la Nestlé sono forti; lo stabilimento di Cabuyao era in agitazione da anni per ottenere il versamento dei contributi, e l’azienda aveva risposto moltiplicando le guardie private e intimidendo i lavoratori. Sempre nelle Filippine, nel 2008 ha continuato ad appoggiare le politiche antisindacali del governo, basate su arresti indiscriminati fondati su false accuse, e si è opposta all’invio di una delegazione ufficiale dell’Organizzazione Internazionale del lavoro incaricata di svolgere indagini sugli omicidi di sindacalisti e le violazioni dei diritti sindacali nel paese, sostenendo il rifiuto del governo. ° In Indonesia, nella fabbrica di Panjang, il sindacato lotta dal 2007 per migliorare il contratto collettivo e aumentare le paghe, mentre la Nestlé rifiuta anche solo di discutere e cerca di intimidire e delegittimare i sindacalisti, cercando al tempo stesso di imporre un sindacato filopadronale. ° Tra gli ultimi abusi, viene segnalato dal sindacato internazionale IUF il licenziamento di 45 operai di una fabbrica di gelati di Santo Domingo (Repubblica Dominicana) dopo un aumento dell’80% della produttività in seguito a un accordo sindacale che pattuiva un bonus legato appunto alla crescita della produttività. Nonostante la situazione disastrosa creata dall’uragano Noel, nel 2007 e 2008 la Nestlé ha continuato a licenziare e a precarizzare il lavoro. Poi nel giugno del 2008 la Nestlé ha chiuso definitivamente l’impianto e gli operai, arrivati al lavoro come tutte le mattine, sono stati cacciati dalla polizia. ° A causa della sua posizione dominante sul mercato del cacao e del caffé, Nestlé ha grandi responsabilità nella determinazione dei prezzi di queste materie prime, che negli anni passati (specie per quanto riguarda il caffè) sono crollati a livelli bassissimi, mai raggiunti dagli anni Sessanta. In Etiopia le donne che selezionano a mano i chicchi guadagnano 50 centesimi al giorno (il caffè, pagato da 20 a 50 centesimi ai produttori, verrà poi venduto a 2,30 dollari al chilo). (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNMS). In Messico, la mutlinazionale è accusata di agire attraverso l'AMSA (Agroidustrias Unidas de Mexico) per ottenere esclusive e ribassi del prezzo di vendita del caffè, inserire propri trader negli enti preposti alla gestione e promozione del caffè messicano, creare cooperative fantasma per accedere a fondi pubblici. In alcune zone Nestlé è l'unico acquirente e paga 6 pesos al chilo (35 centesimo di euro) contro i 9 pagati dal mercato locale (Fonte: AE maggio 2010) ° Il 14 luglio 2005 l’International Labor Rights Fund ha depositato presso la Corte federale di Los Angeles una denuncia contro tre compagnie che importano cacao, tra cui Nestlé (le altre due sono Cargill e ADM), di traffico di bambini, torture e lavoro forzato in Costa d’Avorio. La denuncia parte da tre uomini originari del Mali che da bambini sono stati rapiti, portati nelle piantagioni della Costa d’Avorio e costretti a lavorare in schiavitù. Il rapporto dell’ILRF parla di 12mila bambini ridotti in schiavitù nelle piantagioni di cacao della Costa d’Avorio, 284mila che usano il machete e 153mila che usano pesticidi senza protezioni. Inoltre, sempre in Costa d’Avorio i profitti del cacao alimentano da anni la guerra civile. Secondo un'indagine condotta nel 2012 dall'associazione internazionale Fair Labour le piantagioni di cacao della Costa d'Avorio e del Ghana da cui Nestlè si rifornisce sfruttano ampiamente il lavoro minorile anche schiavizzato. Nestlé si è impegnata a collaborare con l'associazione per migliorare la situazione e nel novembre 2012 ha presentato un piano di intervento alle associazioni della Costa d'Avorio. (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNMS) ー Nel dicembre 2010 Nestl・ha annunciato la vendita a una compagnia finanziaria di propriet・di un suo ex funzionario russo di una fabbrica di prodotti di pasticceria con sede a Barnaul in Russia. I 700 dipendenti sono stati informati con un solo giorno di preavviso impedendo cos・al sindacato di contrattare le condizioni di lavoro in seguito al passaggio di propriet・ Un caso analogo si verific・con la vendita dell’impianto di produzione di biscotti di Lvov, in Ucraina, avvenuto nel 2008, anche in questo caso a un’impresa di propriet・di ex dirigenti Nestl・ che dopo l’acquisizione sostituirono il 25% dei dipendenti con manodopera precaria disconoscendo il sindacato interno. Nella città di Perm, sempre in Russia, i lavoratori si sono sentiti dire, in una negoziazione per i salari, si sono sentiti dire che gli stipendi dei manager erano un “segreto commerciale”. Nella fabbrica di Dmodedovo, 30 km da Mosca, il potere d'acquisto dei salari e le condizioni di lavoro sono in peggioramento: per arrivare a un salario sufficiente gli operaii sono costretti a lavorare 12 ore al giorno (c'è un sistema simile al cottimo) ° Nel 2011 la Nestlé ha licenziato il 60% degli iscritti al sindacato SBNIP sono stati licenziati nell'impianto di Panjang, in Indonesia, per poi essere riassunti l'anno successivo, dopo lunghe trattative con il sindacato. Sempre nel 2011, in Pakistan, il dirigente sindacale Mohammed Ussein Bhatti della fabbrica di Kabirwala ha subìto minacce e abusi, poi è stato licenziato, infine arrestato in seguito alla falsa accusa di aver provocato una rivolta. Nel giugno 2012 l Nestlé è stata costretta ad assumere a tempo indeterminato 277 lavoratori. (Fonte: IUF, www.impreseallasbarra.org, CNSM) ° Nel marzo 2012 la Nestlè UK è staa condannata per la morte, nel 2008, di Nazar Hussain,un operaio dello stabilimento di Halifax, a causa di un macchinario non a norma di legge. (Fonte: www.imprseallasbarra.org, CNMS) ° In un rapporto del marzo 2013 Oxfam ha denunciato le pessime condizioni in cui lavorano le donne nelle piantagioni di caffè da cui Nestlé si rifornisce in Brasile, Costa d'Avorio, Indonesia e Nigeria: sottopagate o non pagate per nulla, quasi mai proprietarie della terra che lavorano e quindi con grandi difficoltà nell'ottenere prestiti, subiscono molestie e discriminazioni, non hanno le stesse possibilità di formazione degli uomini (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNMS) RISPETTO DELL’AMBIENTE E DELLE COMUNITA’ LOCALI ° Come la Coca Cola, anche la Nestlé fa affari d’oro grazie alla carenza di acqua potabile nei paesi del Sud del mondo, vendendo a prezzi salati acqua purificata, spesso estratta praticamente gratis e anche in condizioni di penuria idrica. In Canada, per esempio, un'azione legale l'ha costretta a sospendere l'estrazione d'acqua durante una siccità, e un Pakistan sono state bloccate le campagne della multinazionali mirate a convincere il pubblico che l'acqua dell'acquedotto era pericolosa per la salute. La Nestlé ha una posizione dominante anche nel settore acque minerali. Nel 2007 un gruppo di cittadini di S. Stefano di Quisquina, provincia di Agrigento, ha protestato contro la “svizzera” rapidità con cui la Regione Sicilia ha assegnato all’impresa la concessione per lo sfruttamento delle falde locali fino al 2033, mettendo a rischio l’approvvigionamento idrico della popolazione. ° Nel 2007, il Wwf ha accusato alcune multinazionali alimentari, tra cui Nestlé, di vendere caffè prodotti illegalmente in un parco nazionale indonesiano. ° Come tutte le industrie alimentari che producono snack, merendine e prodotti da forno in genere, la Nestlé usa grandi quantità di olio di palma (in etichetta indicato di solito con l’espressione generica “grassi vegetali idrogenati”), che costa poco ma è pessimo dal punto di vista nutrizionale e soprattutto causa la velocissima scomparsa – legata alla diffusione delle piantagioni - della foresta pluviale in molti paesi asiatici, latinoamericani e africani, tra i quali l’Indonesia e il Brasile. E’ una vera e propria catastrofe ambientale, pagata da tutti/e noi ma in primo luogo dalle popolazioni indigene che in quelle foreste vivono. ° Greenpeace ha documentato nel 2010 che Nestlé acquista quantità sempre maggiori di olio di palma (solo tra il 2007 e il 2010 i consumi sono raddoppiati) da Sinar Mas, il più grande produttore di questa materia prima, il quale infrange le leggi indonesiane e ignora i propri impegni come membro della RSPO (Tavola rotonda per l’olio di palma sostenibile), che già si è data linee guida decisamente insufficienti. Nestl・ inoltre, intrattiene accordi commerciali anche con la multinazionale della carta Asian Pulp and Paper (APP) che ・una societ・sussidiaria proprio di Sinar Mas. Anche APP ha preso la cattiva abitudine di distruggere le foreste per sostituirle con piantagioni intensive da cui si ricava carta che Nestl・utilizza per il packaging dei prodotti. Nel maggio 2010, in seguito a una campagna di pressione internazionale promossa da Greenpeace, Nestl・si ・impegnata a identificare e a escludere dalla sua filiera fornitori che sono proprietari o che gestiscono piantagioni ad alto rischio o legati alla deforestazione. Questa esclusione si applica in particolare ad aziende come Sinar Mas, il pi・noto produttore di olio di palma e carta dell’Indonesia. ー Il WWF ha denunciato nel febbraio 2007 le responsabilit・di Nestl・e Kraft per la distruzione della foresta primaria in Indonesia legata all'espansione delle piantagioni di caff・ (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNMS) ° L'organizzazione sudafricana Natural Justice e la svizzera Declaration of Berne hanno accusato Nestlè di aver brevettato due piante sudafricane selvatiche, il rooibos e l'honeybush, per la produzione di cosmetici senza interpellare le autorità locali e senza l'accordo delle comunità locali, violando così la legge nazionale sulla biodiversità. (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNSM) ° Nestlé ha stazioni di imbottigliamento di acqua in 13 dei 45 paesi del mondo considerati a maggior stress idrico (tra gli altri, Senegal, Guinea, Costa d'Avorio, Ghana, Nigeria, Kenya). (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNSM) ° Nel 2007 alcune associazioni di Agrigento hanno denunciato il fatto che Nestlè preleva dalle fonti di S. Stefano Quisquina quasi tre volte più dell'acqua autorizzata dalla Regione, ostacolando l'approvvigionamento idrico dell'acquedotto. (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNSM) VARIE ー Il presidente della Nestl・ Peter Brabeck (che ha guadagnato 14 milioni di franchi svizzeri nel 2008, e 3 milioni in pi・grazie alle stock options l’anno precedente) ha minacciato nel 2009 di “delocalizzare” la casa madre della multinazionale, a causa della discussione in corso nel governo del paese sull’eventuale limitazione dei compensi dei dirigenti. ° Nell’ottobre del 2009, la multinazionale è stata accusata dal quotidiano britannico Telegraph di rifornirsi di latte dalla grande azienda agricola (la Gushungo Dairy Estate) della moglie del presidente-dittatore dello Zimbabwe, colpita da sanzioni internazionali stabilite dalla UE e dagli USA perché l’azienda agricola è stata costituita in occasione della riforma agricola del 2002, che ha portato all’esproprio di quattromila allevatori. La Svizzera, dove ha sede la Nestlé, non aderisce alle sanzioni, ma il suo codice di condotta “condanna ogni forma di corruzione” e “sostiene e rispetta la protezione dei diritti umani internazionali”. ° Nel luglio 2008 il presidente della Nestlé, Peter Brabeck, ha rivolto un appello all’UE perché ammorbidisca le regole sugli OGM per fare fronte alla crescita dei prezzi delle materie prime agricole, avallando l’idea – confutata da gran parte degli esperti indipendenti – che la manipolazione genetica possa aumentare la produttività, mentre i fatti dimostrano che sul lungo periodo questa in molti casi diminuisce (oltre ad alterare l’equilibrio ecologico locale) e per di più i piccoli agricoltori che sono caduti nella trappola devono pagare semi brevettati e grandi quantità di pesticidi, il che li porta in molti casi al fallimento e all’abbandono forzato delle terre. ° Sempre nel 2008, l’associazione altermondialista svizzera Attac Vaud ha presentato una denuncia dopo che la tv TSR ha rivelato che tra il 2003 e il 2004 la Nestlé ha infiltrato una “talpa” all’interno dell’associazione, che stava lavorando a un libro intitolato “Attac contro l’impero Nestlé”. Nel 2013 un tribunale svizzero ha condannato Nestlé a pagare i danni agli attivisti. ° Nell’autunno 2009 la multinazionale si è aggiudicata, tramite un accordo con il governo italiano, una bella fetta della ricerca e della formazione universitaria del paese, con progetti come “educare i lettori-spettatori influenzando di conseguenza i consumi”. Si tratta di quattro progetti di ricerca per un investimento di circa un milione di euro che autorizzano l’azienda a usare ricercatori, attrezzature e forza lavoro della Sapienza e di Romatre di Roma, della Statale di Milano, della Federico II di Napoli, delle università di Firenze, Cagliari, Pavia, Catania, Ferrara, Palermo. Campagna di boicottaggio Ancora in corso. Nel gennaio 2007 la Regione Marche ha aderito alla campagna, approvando una mozione in cui esclude l’azienda dalla partecipazione a qualsiasi gara d’appalto. Negli anni scorsi alcuni enti locali, come il comune di Roma e la Provincia di Milano, hanno di fatto rifiutato la sponsorizzazione della multinazionale di eventi pubblici. Comportamenti responsabili Nel maggio 2010, in seguito a una campagna di pressione internazionale promossa da Greenpeace, Nestl・si ・impegnata a identificare e a escludere dalla sua filiera fornitori che sono proprietari o che gestiscono piantagioni ad alto rischio o legati alla deforestazione. Questa esclusione si applica in particolare ad aziende come Sinar Mas, il pi・noto produttore di olio di palma e carta dell’Indonesia. Fonti “Io boicotto Nestlé” di Miriam Giovanzana e Davide Musso, Terre di mezzo; RIBN; Il Manifesto; Sinaltrainal; Altreconomia; ICTU; IUF; Attac.; RSI news, Labourstart (Unionlist UK), Greenpeace LEMONSODA SCHEDA ANALITICA Marchio: LEMONSODA Società: CAMPARI Presentazione Capogruppo del gruppo Campari, presente in 190 paesi e ha 1.600 dipendenti (di cui 900 in Italia). Commercializza 40 marchi tra bevande alcoliche e non alcoliche, tra cui Crodo, Nova (acque), Crodino, Crodo, Softè, Lemonsoda, Oransoda, Pelmosoda, Tonicsoda (aranciate, cole e simili). L’utile del 2007 è 125 milioni di euro, in crescita del 6,9% rispetto all’anno precedente. Fattura 957 miloni di euro per il 41% in Italia, per il 20% nel resto d’Europa, per il 34% nelle Americhe (soprattutto Stati Uniti e Brasile) e per il 5% in altre regioni del mondo (2007). Possiede 12 stabilimenti produttivi di (di cui 6 in Italia, 2 in Brasile, 1 in Cina). Nel 2006 in Italia ha speso in pubblicità 40 milioni di euro. Comportamenti irresponsabili DIRITTI DEI LAVORATORI ° Nel 2007 il gruppo Campari ha chiuso lo stabilimento di Sulmona, mettendo in cassa integrazione 100 dipendenti. TRASPARENZA ° Non è molto trasparente: non ha risposto al questionario del Centro nuovo modello di sviluppo per l’aggiornamento della Guida al consumo critico e non rende pubblici i dati sull’impatto ambientale e sociale delle sue attività. PARADISI FISCALI ° Ha sedi a Monaco, in Svizzera e in Uruguay. Fonti: Wikipedia, Guida al consumo critico 2008 GUARANITO SCHEDA ANALITICA MARCHIO: GUARANITO SOCIETA’: CTM ALTROMERCATO Presentazione Il Consorzio Ctm altromercato (con sede legale a Bolzano e sede operativa a Verona) è la maggiore organizzazione di commercio equo e solidale in Italia e la seconda a livello mondiale. Ha relazioni commerciali con 170 gruppi di produttori nel Sud del mondo. Ctm altromercato è un Consorzio non profit di 130 associazioni e cooperative che gestiscono Botteghe del Mondo (circa 350), attive nel commercio equo e solidale. Attualmente 3 soci del Consorzio risiedono al di fuori del territorio italiano (Malta, Portogallo, Grecia). Il consorzio comprende anche altri soci non direttamente impegnati nella vendita attraverso le Botteghe del Mondo, come Mag 4, Mag Venezia, Microcredit Coop, Viaggi e Miraggi, CRIC, Cesvi ecc., che si occupano di risparmio e credito, microcredito, cooperazione internazionale e turismo responsabile. I prodotti Altromercato si trovano anche in numerosi supermercati, in negozi di prodotti biologici, erboristerie e alimentari. Sono presenti inoltre nella ristorazione pubblica di numerose città o istituzioni, comprese scuole e Università. Nelle due sedi di CTM sono impiegate oltre 90 persone, incaricate di gestire lo sviluppo dei progetti con i produttori, le operazioni di importazione dei prodotti, la logistica, le attività di marketing e comunicazione, il sostegno commerciale ai soci. Il fatturato del 2010 è stato di 36 mln di euro, il margine di 824mila euro. (Fonte: www.impreseallasbarra.org , CNMS) Comportamenti responsabili DIRITTI DEI LAVORATORI ° E’ attualmente un soggetto guida, a livello nazionale ed internazionale, nella promozione e nella realizzazione di iniziative di economia solidale (anche sotto forma di cooperazione) per l'autosviluppo dei popoli, contadini e artigiani soprattutto, nel Sud del mondo. DIRITTI DEI CONSUMATORI ° Dà informazioni dettagliate sulla composizione del prezzo, suii produttori e sugli aspetti sociali e ambientali della produzione. E’ attivo nella diffusione della cultura del consumo responsabile e della formazione sulle tematiche delle relazioni Nord Sud. Il sito è molto trasparente, fornisce informazioni complete e di facile accesso sulla struttura del gruppo, sulla propriet・ sui dati economici. Pubblica un rapporto di impatto ambientale e sociale delle proprie attivit・ (Fonte: www.impreseallasbarra.org, CNMS) TUTELA DELL’AMBIENTE ° Vincola i propri produttori al rispetto di clausole ambientali e incoraggia la produzione biologica ed ecologica. ASPETTI CRITICI ° Ha firmato accordi discutibili, per esempio con soggetti della GDO tutt’altro che etici, come Esselunga, e con Banca Prossima, filiazione di Banca Intesa-San Paolo, accordo per il finanziamento delle botteghe che è stato poi bocciato dall’assemblea dei soci). ° Circa due terzi dei lavoratori italiani ha contratti atipici. Fonti: www.altromercato.it, Guida al consumo critico 2008, Coordinamento Nord/Sud del Mondo LIMONATA FATTA IN CASA Comportamenti responsabili Molto meglio la bibita preparata in casa di quelle industriali, soprattutto se usi acqua del rubinetto (per far sparire l’odore e il sapore di cloro basta lasciarla in una brocca in frigo per un paio d’ore), limoni biologici e prodotti in Italia (perché hanno inquinato meno, sia con pesticidi e concimi chimici sia con il trasporto) e magari zucchero biologico del commercio equo (prodotto senza sfruttare l’ambiente e il lavoro delle persone, anzi garantendo loro un prezzo giusto).