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Merchandising e Licensing
per lo sviluppo del patrimonio di marca.
Il caso Coca-Cola
Fabio Albanese∗
Abstract
Nei mercati odierni, caratterizzati da un eccesso di offerta strutturale, da una forte competitività in ogni
settore, da una sempre più agguerrita concorrenza e da una elevata imitabilità dei prodotti e delle strategie
di mercato, la marca si presenta come vero fattore competitivo critico.
Per sostenere la marca, le aziende sviluppano azioni di comunicazione integrata, dove, assieme a strumenti ad alto impatto come la pubblicità, possono essere utilizzati differenti strumenti di comunicazione,
come le promozioni (per aumentare i volumi di vendita nel breve periodo), il merchandising (per richiamare
i valori della marca sul punto vendita), il licensing (per trasmettere il patrimonio di marca anche a pubblici
altrimenti difficilmente raggiungibili) e le sponsorizzazioni (che evidenziano i valori della marca mediante
l'abbinamento dell'azienda a manifestazioni ed eventi ad elevato coinvolgimento).
Keywords: Marca; Patrimonio di marca; Politica di marca; Trade Merchandising; Sponsorizzazione; Marketing Management; Licensing Coca-Cola; Merchandising Coca-Cola;
1. Marca e patrimonio di marca
Cosa accomuna, Coca-Cola (il brand più famoso al mondo) Levi’s, Harley Davidson, Disney, Kodak, Marlboro, Mc Donald’s? Perché, da sempre
tutti raccomandano di ‘diffidare delle imitazioni’? In sostanza, in cosa consiste l’essere ‘Marca’?
La risposta a tutte queste domande è semplice: oggi un fattore critico di
successo di un'azienda è la marca, e questo concetto trova conferma nella tendenza delle grandi aziende ad assumere una visione di marketing
innovativa, incentrata su un preciso punto di forza: il ‘total brand
management’. La qualità del prodotto diviene quindi condizione necessaria, ma non più sufficiente.
È evidente che la qualità intrinseca del prodotto resta la ‘conditio sine qua
non’ per la sua accettazione presso i consumatori. Non esistono strategie di
Marketing, merchandising o licensing che possano supplire alla mancanza
di qualità del prodotto.
Tutto ruota intorno all’assunto che la notorietà della marca, in un mercato sempre più caratterizzato da una tendenziale omogeneità dei prodotti,
può risultare il vero fattore discriminante d’acquisto. In primo luogo, la
marca comunica una serie di valori ad essa associati nel tempo che ne
costituiscono il patrimonio (Brand Equity). Certo, non c’è nulla di più immateriale di un brand, a parte le sue rappresentazioni grafiche, ma la marca
non può funzionare senza un costante riferimento alla realtà fisicamente
sperimentata dagli individui, al mondo dei prodotti e delle loro prestazioni.
Proprio perché articola dei valori, la marca è costantemente immersa nel
contesto sociale, economico e umano del suo tempo e si mostra particolarmente reattiva ai fenomeni simbolici e socioculturali che attraversano e
definiscono tale contesto.
Infatti in un mercato come quello odierno, caratterizzato da un eccesso di
offerta strutturale, da una forte competitività in ogni settore, da una sempre
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Amministratore Delegato Coca-Cola Italia
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più agguerrita concorrenza e da una elevata imitabilità sia dei prodotti che
delle strategie di mercato, la Marca, insieme ai valori di cui si fa portatrice,
si presenta come vero fattore competitivo critico (Total Brand
Management).
Per superare il muro di indifferenza o di difesa percettiva degli acquirenti
potenziali è necessario che ogni azienda sviluppi un'azione di comunicazione integrata, nella quale, affiancati a strumenti di impatto come la pubblicità, siano presenti metodologie di comunicazione differenti.
Tra queste le promozioni aziendali (attraverso le quali si raggiungono
obiettivi di aumento dei volumi di vendita nel breve periodo), il
merchandising (essenziale per richiamare i valori della marca sul punto
vendita), il licensing (che ha lo scopo di trasmettere il patrimonio di marca
anche a pubblici e a settori di mercato altrimenti difficilmente raggiungibili)
e le sponsorizzazioni (che evidenziano i valori della marca mediante l'abbinamento dell'azienda a manifestazioni ed eventi ad elevato coinvolgimento).
Questi strumenti di comunicazione, ognuno in modo diverso, concorrono
alla costruzione e alla difesa della ‘Brand Equity’; la qualità del prodotto è
una condizione imprescindibile, ma non sufficiente.
I prodotti o i servizi devono essere a priori di ottimo livello, tecnologicamente innovativi ed in continua evoluzione, per soddisfare i sempre nuovi
bisogni dei consumatori; ma questo oggigiorno non basta più. Lo studio
della concorrenza, la grande capacità di reperire informazioni a livello
mondiale, il continuo monitoraggio dei trend di mercato, le tecnologie di
scomposizione e di analisi dei prodotti, hanno reso immediatamente riproducibile o avvicinabile qualsiasi offerta, rendendo vulnerabile la quota di
mercato conquistata da una azienda.
Il successo di un prodotto si gioca, quindi, su altri livelli, su una serie di
valenze che rendono desiderabile non tanto il prodotto di per sé, quanto
l'offerta composta dalla marca e dal prodotto.
Il patrimonio di marca non è altro che questo insieme di valenze che
rappresentano il plusvalore insito in una determinata offerta aziendale: il
vero ago della ‘bilancia concorrenziale’. Questo insieme di valori, associati
al prodotto da parte dei consumatori potenziali, deve essere ‘costruito’ in
coerenza con il posizionamento della marca; devono, quindi, essere valori
condivisi dal pubblico al quale ci si riferisce ed evidenziare quel rapporto
privilegiato instaurato con i consumatori. Solo in questo modo l'azienda
potrà sfruttare un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti che
le permetterà di estraniarsi da una ‘price competition’ al ribasso.
Una delle metodologie che permettono di rafforzare la ‘Brand Equity’ di
un prodotto è certamente quella di accrescere e mantenerne la sua notorietà. Possiamo definire la notorietà come la capacità di un potenziale acquirente di identificare una marca in modo sufficientemente dettagliato per
1
proporla, sceglierla o utilizzarla .
La notorietà di un prodotto può essere distinta in: ‘notorietà ricordo’, per la
quale il bisogno precede e conduce alla marca (ho bisogno di un certo tipo
di prodotto, acquisto la marca A); ‘notorietà riconoscimento’, in cui la marca
precede e conduce al bisogno (riconosco la marca A e mi rendo conto di
aver bisogno di quel tipo di prodotto). La notorietà-ricordo si misura con la
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notorietà spontanea; la notorietà-riconoscimento con la notorietà indotta o
qualificata.
Si parla di notorietà spontanea quando la domanda posta non fa riferimento ad alcuna marca, e di notorietà indotta, quando viene mostrata una
lista di marche e chiesto di evidenziare quelle conosciute.
L'obiettivo della comunicazione integrata è, al tempo stesso, di creare e
mantenere la notorietà-riconoscimento, ossia agevolare il riconoscimento
della marca in fase di acquisto o addirittura condurre l'acquirente a rendersi conto dell'esistenza del bisogno, e di creare e mantenere la notorietà-ricordo, in modo che la marca venga ricordata prima della fase d'acquisto, cosicché ritorni spontaneamente alla mente nel momento in cui si
2
manifesta il bisogno .
Questi due obiettivi vengono perseguiti utilizzando diversi strumenti di
comunicazione: il primo si baserà su elementi visivi (merchandising e packaging in particolare), mentre per il secondo verranno sfruttate le occasioni per ripetere il nome della marca associandola al servizio di base
(tramite il licensing per esempio).
2. Licensing e gestione della marca
La marca viene percepita tramite la sua capacità di comunicare il proprio
valore; non esiste un valore di marca fatto di sola pubblicità o notorietà o
disponibilità del brand. Il patrimonio di marca è dato dalla capacità di comunicare sempre i propri valori presso ogni tipologia di pubblico.
Un marchio supportato da una forte pubblicità, incapace però di trasmettere gli stessi valori a 360°, ossia in ogni situazione nella quale l'azienda
viene in contatto con il proprio pubblico, non costruirà mai una forte Brand
Equity.
Tutto comunica: il packaging, la capacità dei manager nelle relazioni con
i clienti, il dialogo con le comunità locali, l'impegno nel sociale, la professionalità dei propri venditori, i propri mezzi di trasporto, le attrezzature nei
punti vendita, il materiale di merchandising, ecc.; la chiave del successo di
una marca risiede quindi nella capacità di integrare tutte le sfaccettature
con cui l'azienda comunica i suoi valori, sfruttandone, nel migliore dei modi, le specificità di ognuna.
Passiamo quindi ad analizzare una tecnica di marketing che negli ultimi
anni ha subito una grande evoluzione nel suo ruolo all'interno delle strategie di comunicazione nelle grandi aziende, soprattutto di estrazione Nordamericana:il licensing.
Possiamo definire il licensing come un’attività commerciale che consiste
nella cessione temporanea a terzi di un diritto all’uso di un nome, di
un’immagine, di un marchio, di un logotipo depositato legalmente e proteggibile da un punto di vista giuridico. Tale diritto, previo corrispettivo pagamento di una royalty, può essere ceduto a fabbricanti di prodotti, a fornitori di servizi, oppure ad aziende che desiderino farne un uso pubblicitario
o promozionale.
I primi esempi di utilizzo del licensing risalgono ai primi del '900 relativamente a personaggi dei fumetti come Buster Brown; possiamo però indiviEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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duare nei personaggi di Walt Disney (Michey Mouse tra tutti) e in quelli
della serie di Peanuts (Snoopy e Charlie Brown) i veri artefici del consolidamento e dello sviluppo su scala mondiale di questa tecnica. La vera e
propria esplosione del licensing si verifica negli anni 1970 e 1980 con una
notevole crescita quantitativa e con una triplice evoluzione di natura professionale, concettuale e geografica.
Il licensing fa riferimento, in realtà, a due fenomeni diversi, difficilmente
inquadrabili in una definizione comune. Si parla di corporate licensing nel
caso di società (corporation) che, avendo conseguito nel tempo una certa
notorietà per un proprio marchio che ha contraddistinto e contraddistingue
alcuni suoi prodotti, decide di concederlo in licenza per categorie di prodotti del tutto diversi da quelli consueti. Ne sono esempi ben distinguibili e
chiari, tra gli altri, gli accendini marchiati Ferrari, con tanto di cavallino giallo su sfondo rosso, e i teli da mare Coca-Cola).
Si parla invece di character licensing quando ci troviamo di fronte ad un
licensing che viene posto in essere da chi (attore, cantante, campione dello sport e così via) è di per sé un personaggio (character) ovvero (in qualità di scrittore, artista, disegnatore, drammaturgo, regista) ha creato un
personaggio e ne concede l’immagine o il nome affinché vengano apposti
su prodotti destinati alla vendita. Alla seconda ipotesi (character) piuttosto
che alla prima (corporate) vanno ricondotte tutte quelle attività che prendono spunto da un’istituzione (una società sportiva, un’università, e così
via) o anche da un evento (le Olimpiadi, una mostra, un concerto).
2.1 Licensing e patrimonio di marca
Ogni anno sono migliaia le aziende che trovano nel licensing un valido
strumento di marketing che permette di rafforzare l’immagine globale del
proprio prodotto-servizio anche con riferimento a segmenti di pubblico che
altrimenti non avrebbero mai potuto raggiungere.
Il grande vantaggio di questa tecnica, per molti versi innovativa, soprattutto nell’utilizzo strategico che ne viene fatto, non è tanto quello della percezione di una royalty più o meno consistente, quanto quello di essere
presenti con il proprio marchio in settori di mercato altrimenti irraggiungibili. In tutto questo delicato processo di gestione del marchio e della sua
immagine, un aspetto fondamentale è certamente quello della scelta del
partner e delle categorie merceologiche in cui essere presenti; queste ultime devono possedere una forte affinità con il brand e con i valori ad esso
associati.
E' già difficile gestire in modo efficiente tutti gli strumenti di comunicazione integrata a disposizione dell'azienda; messaggi di per sé validi, ma
non coerenti fra loro e non inseriti in una strategia univocamente condotta,
possono recare gravi danni all’immagine di un prodotto o di un’azienda.
Queste difficoltà, unite ai rischi che ne derivano, si ingigantiscono nel momento in cui la gestione del marchio viene inderogabilmente demandata ad
un’altra azienda. Infatti se l’azienda (licenziatario) che usufruisce del diritto
di apporre il marchio di un’altra azienda (licenziante) sui propri articoli, lo
utilizza su prodotti di bassa qualità o si rende partecipe di scandali, l’immaEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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gine del marchio subirà un danno difficilmente rimediabile in quanto non
direttamente causato dall’azienda licenziante.
Relativamente a quest’ultimo rischio, il licensing può essere accomunato
ad un’altra tecnica di marketing ovvero la sponsorizzazione; in questo caso il nome dell’azienda viene legato ad eventi o manifestazioni che per loro natura sono oggetto di interesse da parte del pubblico o dei media.
La scelta del partner, dell'evento o dell'articolo sponsorizzati è determinante per la buona riuscita dell’intera campagna di comunicazione; lo
sponsor di una squadra di calcio di Serie A che non ottiene buoni risultati
in campionato o addirittura retrocede in Serie B, non avrà certo rafforzato
la propria immagine, nello stesso modo in cui una licenza di marchio concessa a prodotti che di per sé non sono in linea con i valori espressi dal
marchio indeboliranno notevolmente la Brand Equity.
Al contrario ci sono esempi in cui un felice ‘matrimonio’ tra una marca ed
un suo testimonial (anche in questo caso il nome del prodotto viene legato
all’immagine e alle gesta di un personaggio famoso) ha portato enormi
benefici sia dal punto di vista dell’immagine che del fatturato; il caso più
evidente è quello dell’accordo tra la famosa società leader nel settore
dell’abbigliamento sportivo (Nike) e colui che ormai è considerato il più
grande giocatore di basket di tutti i tempi (Micheal Jordan).
Quindi nelle sponsorizzazioni (o in accordi più complessi tra le parti, come è il caso dei testimonials) e nel licensing la scelta del partner è fondamentale per la buona riuscita dell’operazione. Studi, ricerche, professionalità ed un continuo monitoraggio sono requisiti indispensabili, ma spesso
non sufficienti e non di rado i risultati sono legati ad eventi casuali e fortunosi. Una dose di rischio è sempre presente in queste operazioni; ad esempio legare il proprio nome a campioni indiscussi dello sport, ma sicuramente meno campioni nella vita privata, comporta un ritorno di immagine
negativa per l’azienda: per avere successo non basta far parlare di sé.
Per quanto riguarda il licensing, l’analisi si sposta sulla scelta del partner
commerciale; è necessario che l’azienda a cui si concede il diritto ad usare il proprio marchio sia seria, tratti prodotti di qualità ed aggiunga valore
al marchio stesso. La missione del licensing è proprio quella di rafforzare
la Brand Equity e di difenderla dal logorio inevitabile del tempo, e proprio
in questo senso si sta muovendo uno dei fenomeni di maggior successo
del momento: ‘l'Azienda Spice Girls’, che grazie ad accattivanti e al tempo
stesso aggressive azioni di marketing sta facendo di una band musicale
un vero e proprio fenomeno ‘cult’, vendendo la propria immagine insieme
alla musica.
Come si desume dal successo di queste operazioni e dal proliferare delle stesse, il licensing sta diventando uno strumento fondamentale di marketing strategico, non solo di difesa e di rafforzamento della Brand Equity,
ma anche di espansione commerciale. Per l’impresa concedente, i vantaggi, oltre a quelli finanziari (royalty), da un punto di vista comunicativo
sono:
- aumento della notorietà senza costi aggiuntivi, anzi ricavandone
profitti (ricordo cumulato). Sarà poi compito dei licenziatari investire
le necessarie risorse affinché possano trarre vantaggi da questa
operazione;
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possibilità di raggiungere un target più ampio, in quanto lo sfruttamento avviene in settori diversi da quello di origine (effetto pubblicitario di ritorno);
- possibilità di raggiungere un target internazionale, quando tale
sfruttamento avvenga in paesi diversi da quello del titolare.
I vantaggi per l’impresa concessionaria sono invece legati alla notorietà,
al potenziale di richiamo, alla credibilità preesistenti nel marchio sfruttato
che si ripercuotono suoi nuovi prodotti. Occorre quindi meno tempo per far
conoscere il prodotto e di conseguenza sono necessari minori investimenti
pubblicitari.
-
3. Il merchandising e gestione della marca
Un'altra tecnica fondamentale nella valorizzazione della Brand Equity è il
merchandising, ossia l'insieme delle attività poste in essere dall'azienda
produttrice e/o dal trade, atto alla realizzazione di un'efficiente ed efficace
presentazione dei prodotti nel punto vendita.
Naturalmente i valori comunicati in questo modo devono essere coerenti
con tutte le altre attività di marketing ed in sinergia con tutti i messaggi
veicolati mediante i diversi mezzi di comunicazione, e ‘costanti’ nel tempo
affinché possano radicare il patrimonio di marca.
Compariamo ad esempio il merchandising con le sales promotion, dal
momento che queste due tecniche spesso vengono utilizzate congiuntamente sul punto vendita. Entrambe hanno come fine ultimo quello di aumentare i volumi di vendita. Le promozioni tuttavia sono attività che per loro
natura devono essere limitate nel tempo affinché non producano effetti distorti nella percezione del valore del prodotto da parte del consumatore e
non ne svalutino l’immagine. Il merchandising, al contrario, trova proprio nella continuità uno dei suoi punti di forza.
Quindi le promozioni devono essere viste come uno strumento di breve
periodo, anche se spesso ripetuto a intervalli di tempo, avente lo scopo di
far percepire alla clientela un valore aggiunto costituito dalla possibilità,
confinata in uno specifico periodo di tempo, di acquistare un prodotto con
vantaggi di prezzo. Il merchandising invece deve rafforzarne l’immagine e
facilitare la comunicazione dei valori legati alla marca. Per questo motivo
deve essere coerente nel tempo e nello spazio, deve saper raggiungere il
‘consumatore obiettivo’ nel momento più delicato, ossia quando in lui si
sviluppa la decisione d’acquisto, e nel modo più appropriato, quindi trasmettendo gli stessi segnali che le altre tecniche comunicative avevano in
precedenza sottolineato e che in seguito continueranno ad evidenziare.
Pur essendo a volte finalizzato proprio a mettere in risalto sotto l’aspetto
visivo le promozioni, il merchandising assume particolare importanza per
queste ultime poiché unisce all’obiettivo di indirizzare il consumatore
all’acquisto o alla prova del prodotto, quello di comunicare i valori
3
dell’azienda e salvaguardare la ‘Brand Equity’ .
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La marca ha, da tempo, lasciato alle spalle il ruolo originario di mera identificazione della produzione così come l'iniziale equivalenza tra la sua
visibilità/notorietà e il successo commerciale. In periodi più recenti ha elaborato significati atti a qualificare la sua produzione. Attributi unici e distintivi, rilevanti per il consumatore, facilmente riconoscibili.
3.1 Merchandising e patrimonio di marca
Una grande azienda moderna non può fare a meno di inserire nella propria strategia di comunicazione una pianificazione precisa di utilizzo nel
punto vendita di tutti quegli strumenti che richiamino i simboli e i valori già
trasmessi al consumatore. Il bombardamento pubblicitario a cui il consumatore è sottoposto, ha reso l’efficacia dei messaggi veicolati molto meno
incisiva; pur rimanendo uno strumento fondamentale, la pubblicità ormai
non è più quindi sufficiente per indirizzare la scelta dell'acquirente verso
un determinato prodotto al momento dell’acquisto.
Le attività sul punto vendita possono considerarsi quindi come l’atto finale del dialogo iniziato sui media tra prodotto e consumatore, sono
‘l’ombrello sotto cui il consumatore trova un riparo sicuro e accogliente
dalla pioggia di informazioni e messaggi che bersagliandolo quotidianamente, crea in lui una confusione inevitabile’. Ritrovare al momento della
scelta, tra prodotti sempre più simili e sempre più largamente riproducibili,
una marca non solo conosciuta, ma che nel tempo sia riuscita a stabilire
un rapporto di piena fiducia, è rassicurante.
Il merchandising tende a rafforzare questo senso di fiducia, evidenziando, nella confusione dello scaffale, l’ultimo e il più importante dei messaggi: ‘Noi siamo qui, eccoci’, come se fosse il prodotto a ritrovare il consumatore. Affinché questo accada il merchandising deve assolvere a determinati compiti, tra i quali i principali sono:
- richiamare e ripetere i temi più importanti utilizzati nelle campagne
pubblicizzate sui mezzi di comunicazione, in modo da far riaffiorare,
nel momento in cui più facilmente scattano gli impulsi di acquisto
nella mente del consumatore, quanto comunicatogli precedentemente sul prodotto e sui valori ad esso associati;
- enfatizzare l’immagine visiva del prodotto che metta in risalto, insieme al packaging, eventuali colori ed elementi fisici peculiari
dell’azienda (un’enorme macchia di colore rosso su uno scaffale,
una piramide di lattine o un frigorifero personalizzato, non solo sono
facilmente identificabili in mezzo agli altri prodotti esposti, ma spesso determinano un acquisto non pianificato in precedenza da parte
del consumatore);
- attirare l’attenzione sullo specifico prodotto, rendendo unico, differente ed immediatamente riconoscibile lo spazio assegnatogli; per
questo è necessario utilizzare materiali espositivi particolari ed una
‘mise en avant’ migliore di quella dei concorrenti.
Una buona e costante azione di merchandising porta con sé una serie di
vantaggi quali la costruzione e il rafforzamento dell’immagine della marca del
prodotto e dell’azienda stessa, il raggiungimento di un maggior numero di
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consumatori-utilizzatori, il conseguimento dell’obiettivo cliente e dell’obiettivo
zona.
Un’altra caratteristica peculiare del merchandising, è infatti la sua spiccata flessibilità, che consente di segmentare geograficamente le iniziative in
un’ottica di micro-marketing, permettendo di adattare alle differenti realtà
locali, punto vendita per punto vendita, un unico messaggio espresso nelle
più svariate forme, nonché di differenziare tali attività a seconda del canale
distributivo utilizzato e di conseguenza del pubblico a cui ci si vuole rivolgere; un frigorifero che dà un’idea di freschezza è molto efficace per esempio
in un centro sportivo, in una palestra o in un bar sulla spiaggia, mentre una
costruzione di lattine o di bottiglie è più indicato in un grande magazzino.
In questo campo il produttore può, con consigli, opuscoli, guide operative, se non addirittura con personale specializzato (merchandiser) aiutare il
gestore del punto vendita nell’approntare nella maniera più efficace le attività di merchandising. Si ottiene così la soddisfazione del rivenditore (importante affinché i prodotti vengano sempre tenuti con una particolare cura), un conseguente rafforzamento del legame tra gestore e prodotto e
quindi un miglioramento nei rapporti con l’azienda, nonché la sicurezza di
mantenere nel tempo la presenza delle proprie strutture di comunicazione
nel punto vendita, anche in caso di cambiamento di gestione.
Infatti se le iniziative intraprese all’interno del punto vendita vengono
preparate, curate ed aggiornate non solo con buon gusto, ma con l’intento
strategico di caratterizzare il locale in modo da renderlo accogliente e sereno, un luogo nel quale l’incontro tra prodotto e consumatore avvenga il
più razionalmente e spontaneamente possibile, l’obiettivo conseguibile è
molteplice: da un lato un aumento delle vendite e un conseguente aumento della rotazione degli scaffali, dall’altro la fidelizzazione della clientela
non solo all’insegna del negozio, ma anche alla marca che con le sue iniziative finirebbe per caratterizzarlo in modo univoco.
Il successo di un intervento di merchandising dipende da alcuni condizioni logistiche e strategiche che di volta in volta il produttore o il distributore si troveranno ad affrontare, non sempre con obiettivi comuni o con metodologie opportunamente concordate. Queste condizioni che spaziano dal
lay-out del punto vendita, all’ingombro dei materiali utilizzati nelle attività
svolte, possono essere raggruppati nelle seguenti quattro macro-categorie:
- Il punto di vendita: l’ambiente fisico in cui viene esposto il prodotto e
in cui il consumatore-utilizzatore effettuerà la sua scelta d’acquisto.
Come è facile immaginare, le tecniche di merchandising si devono
collocare e sviluppare nell’ambito delle problematiche generali del
punto vendita. I progetti di tali attività quindi considerano alcuni elementi-base da cui non possono prescindere, come il lay-out del negozio e la disposizione del magazzino, eventuali attrezzature già presenti sul luogo, la disposizione delle scaffalature, il posizionamento
del proprio prodotto sulle stesse, il flusso della clientela all’interno del
locale, la posizione di eventuali punti strategici (ad esempio la cassa),
la rotazione del prodotto e dei suoi concorrenti. L’obiettivo è quello di
collocare le strutture di richiamo nelle posizioni più in vista, facendo in
modo che non siano di ingombro ai consumatori e nello stesso tempo
che siano immediatamente riconducibili al prodotto stesso.
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Lo spazio di vendita: il prodotto deve occupare uno spazio in cui poter
sviluppare un'adeguata redditività; sarà quindi essenziale verificare
che il prodotto, a causa di una eccessiva voluminosità o di una scarsa
adattabilità allo spazio assegnatogli, non venga messo in disparte dal
distributore, perdendo in tal modo la possibilità di apparire all’occhio
del consumatore proprio nel momento in cui la sua visibilità aiuterebbe
a generare l’impulso d’acquisto. Riguardo a quest’ultimo aspetto, si
noti come, per il successo di qualsiasi azione, siano necessarie specifiche sinergie con le altre variabili di marketing. In questo caso elemento indispensabile al conseguimento di un buon posizionamento
sugli scaffali è il packaging4. La confezione è il primo elemento determinante di quella che viene definita ‘attrazione d’acquisto’; alcuni studiosi, esasperando questa concezione, affermano che sarebbero addirittura gli oggetti e la loro presentazione a ‘comperare’ il consumatore
e non viceversa. Questa enfatizzazione dell’importanza della presenza
del prodotto e della marca, sottolinea un punto cruciale della strategia
di vendita delle aziende: la prima cosa è ‘esserci’, nel punto giusto e
con la ‘personalità’ adeguata. Il packaging è inoltre una variabile importante per la sua adattabilità allo spazio espositivo, per la facilità di
stoccaggio e di imballaggio nei magazzini, per il trasporto, la movimentazione, l’esposizione e il riassortimento dei prodotti stessi; tutti
questi elementi invisibili al momento dell’acquisto, giocano un ruolo
decisivo nella gestione dei rapporti tra azienda produttrice e struttura
distributrice. Ogni azione di merchandising o di promozione sul punto
vendita, deve considerare le caratteristiche della confezione ed evidenziarne i punti forza, esaltandone l’effetto comunicativo (per esempio un voluminoso contenitore con la forma di una bottiglia di CocaCola contenente numerose bottiglie della bevanda potrebbe essere
una buona attuazione della sinergia packaging-merchandising).
L’assortimento: un unico prodotto, di norma, non attira in modo sufficiente l'attenzione del consumatore-utilizzatore; al contrario, una gamma
di prodotti, oltre che richiamare maggiormente l’attenzione, presenta in
maniera più marcata l’immagine dell’azienda produttrice e nello stesso
tempo rende più gradevole ed uniforme la scaffalatura, apportando notevoli vantaggi anche al distributore. Fondamentale è anche il riassortimento dei prodotti, in quanto la presenza di poche unità sul lineare, anche se determinata da un buon successo del prodotto o della sua presentazione, scoraggia gli acquisti successivi. Il merchandising ha quindi
anche il compito di evidenziare, tramite adeguati contenitori ed attrezzature specifiche, l’intera gamma di prodotti, creando macchie di colori o
costruendo con essi disposizioni più o meno bizzarre, ma attraenti, che
pongano il prodotto al centro dell’attenzione. Anche in questo caso, i
messaggi veicolati, devono essere in linea con i valori che la marca ha
deciso di trasmettere in tempi precedenti.
L’animazione: il punto di vendita è il luogo dove il cliente si lascia talvolta
influenzare da quanto gli sta attorno e si convince a effettuare l’atto di
acquisto di prodotti di una specifica marca; le tecniche di animazione dovranno suscitare la simpatia del consumatore e al tempo stesso risultare
molto sobrie affinché lo spazio riservato al prodotto, congiuntamente alle
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attività di merchandising ad esso collegate, pongano la base per un acquisto fiducioso e spontaneo da parte della clientela ed aiutino a rafforzare l’immagine di marca nella mente del consumatore.
3.2 Merchandising del distributore e del produttore
Il continuo aumento del numero e delle quote di mercato dei punti vendita a libero servizio, nonché della superficie media degli stessi, sta creando
un crescente interesse, da parte delle aziende distributrici, nei confronti
delle problematiche di merchandising, che in passato ha rappresentato solo un elemento marginale nel contesto delle variabili della comunicazione.
Il processo di modernizzazione dell’attività distributiva ha implicato infatti
una modifica radicale dei servizi offerti, spesso con l’adozione dei metodi
e delle tecniche di marketing sviluppate con successo dalle imprese industriali (per esempio trasformando alcuni servizi che venivano pagati perché effettuati dal personale dipendente, in servizi che non si pagano perché effettuati dal consumatore/acquirente, attraverso il self-service).
L'attuale struttura competitiva è profondamente mutata: le imprese commerciali sono costrette ad attuare politiche di marketing differenziato, segmentando il mercato e utilizzando tutte le variabili del marketing mix in modo coordinato e coerente.
In questo ambito le attività di merchandising assumono un’importanza
fondamentale nella gestione delle strategie delle imprese operanti nel settore della distribuzione organizzata. Il tentativo, tuttora in corso, di passare
da servizi commerciali scarsamente differenziati a politiche intese a dare
identità specifica alle diverse insegne, porta a rivalutare tutte quelle variabili che consentono di caratterizzare e di rendere riconoscibile il punto
vendita.
Lay-out merceologico e delle attrezzature, display dei prodotti e assegnazione dello spazio alle singole referenze, attività promozionali e di animazione; le diverse leve che si riassumono nel termine merchandising sono
sempre più strettamente finalizzate al raggiungimento di risultati che non è
più possibile riassumere rispetto a parametri di efficienza definibili univocamente. Se infatti i modelli di punto vendita si differenziano, sia per rendere
chiaramente identificabile la formula distributiva adottata, sia per caratterizzarne l’appartenenza ad una data insegna, tale efficienza può essere misurata solo se sono definiti con precisione gli obiettivi di mercato perseguiti
dall’impresa.
Anche l’industria è stata molto attiva sul fronte del merchandising, spesso
ricorrendo per prima all’utilizzo tecniche di presentazione dei propri prodotti e
di strumenti informatici per ottimizzarne la gestione nei punti vendita. In particolare l’industria di marca ha visto in questi strumenti un modo di valutare le
modalità con cui viene assegnato lo spazio ai propri prodotti, in termini sia
qualitativi che quantitativi. In questo senso, mentre il distributore è spesso
interessato soprattutto all’utilizzo delle leve di merchandising che più incidono sul complessivo assetto del punto vendita (lay-out merceologico e delle
attrezzature), l’industria privilegia quelle che permettono un migliore controllo
dell’assegnazione dello spazio alle referenze. Questa diversa priorità
nell’uso del merchandising è talvolta alla base dei conflitti che sorgono tra
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le parti. L’accresciuta rilevanza del merchandising per il distributore ha
un’immediata conseguenza sull’industria. Il maggior controllo esercitato sui
punti vendita e sui modi in cui essi appaiono alla clientela condizionano infatti la possibilità da parte della produzione di raggiungere gli obiettivi che si
è data. Gli obiettivi del distributore sono incentrati anzitutto sull’assortimento
che intende proporre al consumatore, mentre quelli dell’industria sono assai
più mirati ai singoli prodotti in portafoglio, per rendere compatibili le due logiche sono necessarie forme di intervento coordinate.
4. Il caso Coca-Cola
Merchandising e licensing sono due elementi che occupano una posizione centrale nella valorizzazione del patrimonio di marca per i beni di
largo consumo come Coca-Cola; entrambi devono comunicare gli stessi
valori della marca coerentemente con tutti gli altri elementi che contribuiscono a formare il Total Brand Value.
Un marketing curato in ogni suo aspetto, una pubblicità d'impatto, un
merchandising onnipresente, una forte partnership con il trade, un licensing diffuso e selezionato sono alla base di un successo e una diffusione
sempre crescenti in oltre un secolo di vita.
Un approccio basato sul rendere eccellente la disponibilità di prodotto al
consumatore, proponendo confezioni, formati di bottiglie o lattine adatte
per ogni esigenza, con una particolare cura dell'immagine per rendere
sempre riconoscibili le bibite ed i marchi della The Coca-Cola Company,
ha contribuito alla diffusione della Coca-Cola attraverso i più diversi ed originali canali di distribuzione.
Al centro di ogni strategia c'è, e c'è sempre stato, l'esercente e il consumatore, con il suo bisogno fondamentale e naturale di dissetarsi; analisi
di mercato, ricerche per identificare i consumatori-tipo, un monitoraggio
continuo degli stili di vita, servono per cogliere i continui cambiamenti di
comportamento e di approccio ai consumi.
Nascono così nel tempo nuovi prodotti e nuove confezioni che rispondono a precise esigenze sorte nei consumatori; a Coca-Cola si sono affiancate nel tempo Sprite e Fanta, nel gusto classico e nei nuovi gusti Aranciata Amara, Pompelmo e Lemon; inoltre sono nate Coca-Cola Light e
Coca-Cola Senza Caffeina, Nestea, nei gusti Pesca e Limone, l'acqua tonica Kinley, e, in Italia, l'aperitivo Beverly.
Rinnovate e pionieristiche politiche di marketing e nuove azioni di vendita hanno sempre migliorato l'accettazione del prodotto: in Coca-Cola ‘qualità’ non significa solo rispettare determinati parametri e standards (peraltro accuratamente specificati in numerosi volumi specifici per ogni attività),
ma è il frutto di una scelta responsabile dell'azienda, un concetto chiave
che ispira e regola ogni processo produttivo ed ogni momento della distribuzione, con l'obiettivo di soddisfare sempre il consumatore e il trade.
È il consumatore il motore della The Coca-Cola Company; ogni strategia,
ogni azione di marketing gravita intorno alla soddisfazione del consumatore,
e la soddisfazione del consumatore si raggiunge attraverso la soddisfazione
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del cliente (trade), che nel suo punto vendita rende fisicamente disponibile
il prodotto.
La strategia vincente di Coca-Cola è molto semplice; opera essenzialmente su due livelli diversi, ma fortemente correlati: da un lato utilizza una
strategia cosiddetta ‘pull’ ossia agisce sul consumatore finale tramite la
pubblicità, le sponsorizzazioni, il licensing, ‘attirandolo’ fisicamente nei
punti vendita e predisponendolo mentalmente alla ricerca e all'acquisto del
prodotto. Dall'altro lato, attraverso una strategia ‘push’, fa leva sul trade
(consolidando una alleanza strategica fondamentale) perché i propri prodotti siano non solo sempre presenti sul punto vendita, ma presentati con
un merchandising accattivante in modo da ‘spingere’ la vendita degli stessi.
Il merchandising e il licensing sono due tecniche di marketing che solo
negli ultimi anni hanno acquistato una posizione strategica fondamentale
nelle grandi aziende; sono accomunate dal duplice compito di far aumentare le vendite e il fatturato, e in questo caso i riscontri si misurano nel
breve periodo, e nello stesso tempo contribuire alla difesa e al rafforzamento della Brand-Equity dell'azienda.
4.1 Il Licensing di Coca-Cola
Il licensing per la The Coca-Cola Company riveste un'importanza strategica fondamentale; il licensing (o licenze di marchio) viene curato nei dettagli e inserito nel piano strategico di comunicazione integrata. Pur dovendosi inserire in un contesto comunicativo ben preciso e vincolato da regole, il licensing di Coca-Cola sfrutta al massimo quelle che sono le sue caratteristiche peculiari.
Nella sua più semplice definizione, il licensing non è altro che un contratto tramite il quale la The Coca-Cola Company cede in licenza, ad un
gruppo ristretto e selezionato di licenziatari, il proprio marchio. Di conseguenza, all'interno del sistema aziendale, notevole importanza riveste la
divisione legale di Coca-Cola; ogni contratto viene studiato in modo da
salvaguardare tutti i possibili aspetti di questa collaborazione.
Lo studio del contratto è di notevole importanza, poiché il licensing è
una tecnica di marketing, che, se impostata in modo approssimativo e poco attento, può facilmente arrecare ingenti danni all'immagine dell'azienda;
la divisione legale ha proprio il compito di salvaguardare il marchio e di difendere l'incolumità dell'azienda. Gli standard di contratto sono definiti a
livello mondiale dalla sede di Atlanta, per poi essere applicati alle specifiche realtà locali, dagli uffici legali a livello nazionale.
Il contratto deve prevedere anche la tutela dei licenziatari, che nella
maggior parte dei casi hanno l'esclusività nella produzione e nella commercializzazione di una determinata categoria di prodotti; la The CocaCola Company deve assicurare di non cedere a terzi lo sfruttamento del
marchio per prodotti uguali o simili, e nello stesso tempo si impegna a non
commercializzare gli stessi prodotti in prima persona. Coca-Cola deve assicurare ai propri partners la salvaguardia del loro business, in modo che
si instauri una collaborazione onesta e duratura.
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Uno dei vantaggi del licensing è costituito dai profitti derivanti dalle royalties di licenza; l'entità e la modalità (una cifra definita forfettariamente
rispetto alla tipologia del prodotto trattato e delle previsioni del business
che ne scaturirà, oppure una percentuale sul venduto) vengono definiti e
negoziati in sede contrattuale. Di conseguenza la The Coca-Cola
Company non ha nessun interesse ad ostacolare l'attività dei licenziatari,
anzi farà di tutto per garantirgli l'integrità del loro business, a volte affiancandoli strategicamente o legalmente.
Una volta definiti, in modo chiaro ed il più possibile uniforme, gli aspetti
giuridici del contratto, entra in gioco il dipartimento di marketing; questo
opera su due differenti livelli: da una parte gestisce la selezione ed il controllo dei licenziatari, dall'altra parte definisce le strategie base del licensing, integrandole con le altre tecniche di comunicazione. Naturalmente
questi due livelli non sono disgiunti, bensì strettamente collegati: la selezione di determinati licenziatari e delle categorie di prodotti sui quali viene
richiesta l'apposizione del marchio, non può che dipendere dalla linea
strategica decisa e dalla coerenza dei messaggi in questo modo veicolati.
Oltre al non trascurabile aspetto economico, legato alla percezione delle
relative royalties, il licensing riveste particolare importanza nella difesa e
nella costruzione della Brand Equity; grazie alle licenze, il marchio CocaCola acquista visibilità in settori merceologici notevolmente differenti da
quello delle bevande, raggiungendo pubblici altrimenti difficilmente contattabili. La notorietà del marchio Coca-Cola è uno degli aspetti chiave della
Brand Equity e sicuramente un delle ragioni che hanno reso Coca-Cola,
non solo la bibita più bevuta al mondo, ma anche il marchio più conosciuto
in assoluto.
The Coca-Cola Company trasmette il proprio patrimonio di marca a tutto
il licensing, ossia a tutta l'oggettistica; gli oggetti marchiati Coca-Cola sono
stati fonte di interesse, curiosità e prestigio: numerosissime sono state e
sono tuttora le richieste, che l'azienda riceve quotidianamente, di acquisto
delle vecchie stampe, degli specchi a muro, dei vecchi frigoriferi.
Questa gestione del marchio e del merchandise ad esso associato, facilita notevolmente il successo delle campagne di sales promotion e delle
attività dei licenziatari. I prodotti marchiati Coca-Cola racchiudono in sé
stessi un valore intrinseco, indipendentemente dall'oggetto rappresentato
(sia esso un orologio, un telo da mare, un cappellino); è quindi il marchio
ed i valori ad esso associati (Brand Equity) che rendono il merchandise
Coca-Cola sempre desiderato.
Per questo motivo le richieste di concessioni di licenze crescono ogni
anno e in tutto il mondo: un prodotto con marchio Coca-Cola ha spesso in
qualsiasi mercato di largo consumo.
Un grosso rischio insito nella notorietà del marchio, e della richiesta dei
prodotti ad esso associati, è rappresentato dalle contraffazioni; queste, oltre che sfruttare il marchio senza che sia stipulato un contratto e quindi
senza il pagamento delle dovute royalties, vengono immesse sul mercato
senza il controllo sulla qualità del prodotto che Coca-Cola esige.
Naturalmente la vendita di prodotti fallati o di bassa qualità, recanti il marchio dell'azienda, ne indeboliscono l'immagine. Come fermare, quindi , queste contraffazioni? Come è possibile vigilare in ogni settore merceologico e
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in ogni parte del mondo? Quali forze contrapporre? La risposta è per Coca-Cola chiara e semplice: grazie ai licenziatari. Chi, più di coloro che vivono e lavorano quotidianamente in un settore di mercato, può vigilare su
eventuali contraffazioni dei propri prodotti, meglio dei licenziatari?
Probabilmente sono proprio i licenziatari che hanno il maggior interesse
a che i prodotti che essi stessi commercializzano non vengano contraffatti
e che il loro business non venga intaccato, e sono proprio questi che intraprenderanno le dovute azioni legali contro i malfattori, alleggerendo in
questo modo la The Coca-Cola Company.
4.2 Il Merchandising di Coca-Cola
Il merchandising è l'anello di congiunzione fra tutti i valori comunicati
dalla marca e l'acquirente, è il processo di una efficiente ed efficace presentazione dei prodotti sul punto di vendita. Non è solo una responsabilità
dei promotori, venditori e merchandisers, ma è anche un responsabilità di
ogni membro all’interno dell’organizzazione assicurare che i prodotti siano
presentati adeguatamente ai clienti; infatti se il prodotto si presenta nel
punto di vendita sporco, fuori stock, non visibile, o se le attrezzature come
i frigoriferi e gli scaffali sono lasciati in stato di abbandono, il potenziale
consumatore quasi certamente rinuncerà all'acquisto.Un merchandising
efficace esalta il valore del brand nel punto vendita, spinge all'acquisto
d'impulso e conferma al consumatore il valore del brand.
La presentazione dei prodotti sugli scaffali, sulle attrezzature e nei
display, è il primo contatto che il consumatore ha con i prodotti.
Per questa ragione ha un’enorme importanza, poiché riflette la qualità e
l’immagine dei marchi e di conseguenza della Compagnia. Il servizio di
merchandising della Coca-Cola Italian Region è parte integrante del servizio al consumatore e al cliente e deve essere professionale, coerente e
costante. Coca-Cola Italia si focalizza ad ogni livello per sviluppare e mantenere una cultura e una struttura di merchandising. Gli obiettivi sono di
incrementare l’impulso di acquisto, incrementare i profitti e quelli dei clienti
e incrementare i volumi.
Per quanto riguarda il merchandising, per la The Coca-Cola Company
l’implementazione delle strategie passa attraverso il consolidamento di
quell’alleato fortissimo e fondamentale che è rappresentato dal Trade, e
questo rapporto di partnership si articola su tre distinti, ma ugualmente essenziali livelli:
- tramite la definizione di appositi accordi;
- grazie alle visite di vendita presso i punti d’acquisto;
- attraverso la presenza attiva, costante e professionale in appoggio
al punto vendita.
Ognuno di questi punti è fondamentale affinché si instauri un rapporto
non solo economicamente definito e che risponda alle diverse esigenze,
ma soprattutto di collaborazione e analisi delle migliori strategie adottabili
a seconda del canale distributivo e del posizionamento del singolo punto
vendita.
Il merchandising è uno degli strumenti con cui il sistema Coca-Cola cura e
monitorizza, direttamente sul punto vendita, la soddisfazione del consumaEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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tore, coniugandola con l’interesse del Trade. I risultati delle attività di
merchandising entrano in azione nel momento in cui i consumatori stanno
decidendo cosa e quanto acquistare e per questo motivo possono essere
di immediata analisi e rappresentano un vero e proprio termometro della
bontà della loro messa in atto.
L’obiettivo fondamentale dell’attivazione del punto vendita è quello di
aumentare il valore percepito dai consumatori e dai clienti, all’interno del
punto di vendita, là dove anche i prodotti di marca tendono ad essere uniformati ai prodotti ‘unbranded’; questo anche a causa di una aggressiva
azione che oggi viene fatta dalle ‘private labels’.
L’attività di merchandising è il frutto di un complesso processo che coinvolge le funzioni di marketing, trade marketing ed agenzie esterne di comunicazione. Quando parliamo di merchandising sul punto di vendita per
Coca-Cola, parliamo di professionisti del campo (merchandisers) che, armati di computer, basandosi su training molto intensi, esperienze e knowhow propri dell’azienda, su studi elaborati da importanti università e da
centri di ricerca molto avanzati, lavorano sull’ottimizzazione del prodotto al
punto vendita. Il merchandiser per Coca-Cola ricopre una posizione fondamentale: non solo mantiene i contatti con l'operatore della distribuzione,
ne percepisce le esigenze specifiche e ne carpisce le problematiche del
suo punto vendita in relazione al pubblico che normalmente lo frequenta,
ma interagisce con lo stesso per quanto riguarda la gestione dello spazio
Coca-Cola sulla superficie espositiva.
I compiti principali del merchandiser riguardano:
- la verifica della presenza del prodotto o dei prodotti dell'azienda;
- la verifica dell'assortimento degli stessi secondo il tipo di package;
- la verifica della coerenza dell'assortimento dei prodotti secondo il tipo
di pubblico di quel particolare punto di vendita;
- il caricamento degli scaffali (è necessario che lo scaffale o il frigorifero sia sempre pieno), soprattutto per evitare dannose ‘rotture di
5
Stock’ ;
- il monitoraggio dei prezzi del prodotto e di quelli della concorrenza;
- il controlo che i prodotti abbiano effettivamente il giusto spazio sullo
scaffale;
- la predisposizione dei materiali di merchandising.
Naturalmente per poter fare tutto ciò, è necessario che sia autorizzato
ad operare sul punto vendita.
I merchandisers operano direttamente sul consumatore finale, trasformando lo spazio assegnato a Coca-Cola, da un passiva esposizione di
prodotti, ad una presenza attiva non solo del prodotto (lattine o bottiglie
che siano), ma anche del ‘mondo Coca-Cola’ e dei valori che lo contraddistinguono.
Operativamente il merchandiser svolge sul punto vendita una serie di attività, tra le quali:
- pone attenzione ad eventuali rotture di stock, calcolando i tempi di riassortimento ottimali in relazione al singolo punto vendita;
- sviluppa delle attività di ‘animazione’ del punto vendita, rendendo CocaCola un a presenza attiva ed invitante agli occhi del consumatore; queste
hanno lo scopo di attirare l'attenzione del consumatore, proponendogli
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Coca-Cola come l'alternativa d'acquisto dissetante, rinfrescante e adatta
ad ogni occasione;
- controlla la posizione dei prodotti (che devono essere vicini tra loro, con
l'etichetta ben in vista, ordinati);
- fa in modo che lo spazio Coca-Cola sia ben visibile, creando macchie di
colore ben identificabili;
- si attiva affinché i prodotti siano inseriti in appositi scaffali, o frigoriferi, o
contenitori riconoscibili dal consumatore (con sfondi ed immagini predefinite);
- allestisce il reparto in modo che i prodotti vengano evidenziati da locandine, rotair, frecce multicolore e sagomati di cartone.
Inoltre un merchandising efficace gratifica anche il punto vendita aiutando il gestore ad aumentare il valore del proprio spazio: la disponibilità di
attrezzature moderne e in perfetto stato, la presenza di hostess che offrono il prodotto gratuitamente, scaffali puliti, in ordine e sempre carichi, la
possibilità di sedie, tavolini e ombrelloni a marchio e la presenza di materiale realizzato ad hoc, gratifica il consumatore finale, ma aumenta anche
il valore del punto vendita, partner fondamentale e certamente non solo
puro canale distributivo.
Certamente diversi sono i canali di distribuzione, ed ognuno ha le proprie
particolarità: per esempio nei programmi di merchandising, l'oggettistica utilizzata sarà molto differente a seconda del target della clientela che visita
quel particolare punto vendita. Una netta distinzione in questo campo è la
natura del servizio che il punto vendita offre: se il punto vendita è costituito
da un negozio di generi alimentari, le attività di merchandising e l'oggettistica ad esse collegate avranno lo scopo di spingere il consumatore ad acquistare il prodotto in confezioni multiple, mentre se il punto vendita riguarda un
locale nel quale i prodotti Coca-Cola vengono consumati, il merchandise farà in modo di aumentare la quantità di consumo immediata.
Per Coca-Cola, marketing del canale significa principalmente due cose:
capire i bisogni dei consumatori nelle diverse occasioni di consumo, e
classificare il mercato in diversi gruppi di attività.
Le azioni di Coca-Cola si propongono di mettere in relazione le occasioni di consumo (Quando/Perché) con le occasioni di acquisto (Dove/Come), e per fare questo agiscono su tre differenti livelli: la disponibilità
del prodotto, che deve essere capillare (sempre e ovunque alla portata di
ogni potenziale consumatore); il gradimento del prodotto (la scelta deve
essere consapevole e soddisfare le reali aspettative); il valore del prodotto
(il consumatore deve pagare il reale valore percepito per i prodotti CocaCola).
Il marketing del canale è quindi essenziale per fornire, ad ogni occasione
di consumo, in ogni punto vendita, la giusta offerta mirata al soddisfacimento del consumatore. Ogni occasione di consumo è differente per quanto
riguarda la tipologia ed il comportamento del consumatore, e di conseguenza per gli obiettivi, le strategie e le caratteristiche operative del punto vendita. Il marketing del canale aiuta a capire e facilita l'incontro, all'interno del
punto vendita, tra le esigenze del cliente (trade) e quelle del consumatore
finale, operando sull'assortimento dei prodotti e dei marchi, sui formati stuEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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diati per le diverse occasioni di consumo, sui prezzi al pubblico suggeriti,
sulle attività di merchandising, tramite promozioni mirate e differenziate.
In questo contesto, il merchandising è lo strumento strategico che serve
per promuovere e stimolare le occasioni di acquisto, da un lato, e proteggere e implementare una Brand Equity (patrimonio di marca), faticosamente
conquistata, dall'altro. In Coca-Cola è coltivata una cultura del
merchandising; un'efficiente ed efficace presentazione dei prodotti sul punto
vendita, dove il consumatore ha il primo contatto con i marchi, è fondamentale per il raggiungimento di obiettivi quali: aumentare l'acquisto d'impulso,
incrementare i volumi di vendita, incrementare i profitti dell'azienda e dei
suoi clienti.
Tutto comunica e ognuno di noi da' un proprio valore ad un marchio
sommando gli innumerevoli momenti di contatto che ha avuto con esso.
Solo le aziende capaci di comunicare sempre coerentemente il proprio valore sono premiate dal mercato.
Note
1
Jean-Jacques Lambin, Marketing, McGraw-Hill, Cap.4, pag. 103.
2
Silvio M. Brondoni, Comunicazione, risorse invisibili e strategia competitiva d’impresa, in
Silvio M. Brondoni (ed.), La comunicazione d’impresa, Sinergie, n. 43-44, May-December,
1997, pagg. 3-35.
3
Tesi di laurea di Buratti Igor ‘Merchandising e Licensing nella valorizzazione della Brand
Equity’, 1999, Università degli Studi di Milano – Bicocca.
4
Con packaging si intende l’attività volta allo studio, alla progettazione e alla realizzazione
della confezione di un prodotto che lo protegga e lo ‘vesta’ in modo appropriato, consentendogli di raggiungere il consumatore e di comunicargli , insieme agli altri elementi del mix comunicazionale, di essere la giusta risposta ai suoi bisogni.
5
Si parla di ‘Rottura di Stock’ quando il consumatore, pur cercando il prodotto sullo scaffale, non lo trova perché questo è momentaneamente finito e non è stato ancora riassortito.
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