andreis… storia ANDREIS …storia SENTIERI E SENTIERI CLUB ALPINO ITALIANO Regione Friuli Venezia Giulia Commissione Giulio Carnica Sentieri E Commissione Giulio Carnica Sentieri La Commissione Giulio Carnica Sentieri è un organo tecnico del Club Alpino Italiano della Regione Friuli Venezia Giulia. Ha il compito di coordinare il lavoro di manutenzione dei sentieri del Friuli Venezia Giulia svolto dalle varie Sezioni del CAI dislocate sul territorio. La Commissione, inoltre, fornisce disposizioni sui metodi di lavoro e prepara gli operatori. Il lavoro di manutenzione consiste principalmente nel taglio di piante e arbusti, sistemazione del piano di calpestio, segnatura e posa di tabelle segnaletiche. Tutte queste operazioni vengono effettuate da soci del CAI a titolo gratuito e impegnano in regione, durante tutto l’arco dell’anno, circa 250 volontari. andreis …storia e SENTIERI » P E R C O R S O » P A RTE N Z A » A R R I V O » D I S LI V E LLO I N S A LITA » LU N G H E Z Z A Andreis Andreis (m 454 slm) si trova sulla sinistra orografica del Torrente Cellina nella parte inferiore della Valle omonima. È posto su un terrazzamento alluvionale situato all’interno di una conca sotto i ripidi pendii di cime di elevata altezza: Monte Raut, Monte Castello, Monte Corta a nord; il Monte Jouf e il Monte Fara che racchiudono la valle verso sud. Queste montagne impervie, selvagge e silenziose e i corsi d’acqua torrentizi che le attraversano Alba, Ledron e Susàibes formano un territorio dall’habitat ideale per il maggiore dei rapaci: l’aquila reale. Caratteristica architettonica del paese, sono le abitazioni a schiera disposte su due o tre piani e soffitta (dalt a dalt), in genere esposte verso sud e sud-ovest; hanno un porticato al piano terra e ballatoi (dalt) ai piani superiori racchiusi da parapetti in legno (late) utilizzati anche per essiccare i cereali. Il cortile è uno spazio in comune e nella parte vecchia del paese (via N. Sauro) esso è racchiuso da mura in pietrame a difesa delle abitazioni. I sentieri del paese un tempo utilizzati esclusivamente per le attività economiche agresti, si snodano ancor oggi in questo territorio selvaggio e ai più sconosciuto, inerpicandosi dentro valli e canaloni dal fascino incontaminato e tutto da scoprire. © 2012 Club Alpino Italiano Regione Friuli Venezia Giulia Commissione Giulio Carnica Sentieri Si ringrazia per il contributo: Comune di Andreis Comunità Montana del Friuli Occidentale Si ringrazia Giuseppe Rosa per la gentile concessione della parte storica estratta dal suo libro La Villa e la Valle di Andreis edito nel 1966 Coordinamento: Danilo Bettin Fotografie: Alessio Bettin, Clara Carboncich, Emma Furlan, Roberto Mazzoli, Marco Pradella Grafica e realizzazione: Interattiva, Spilimbergo (Pn) Stampa: Tipografia Menini, Spilimbergo (Pn) Tutti i sentieri possono subire danni (erosioni, frane o schianti di piante, ecc.) dovuti a cause atmosferiche intense. Pertanto prima di affrontare i percorsi descritti è consigliabile chiedere informazioni in loco (cai, stazione forestale, comune, pro loco, ecc.) per conoscere l’effettiva percorrenza degli itinerari. CLUB ALPINO ITALIANO Regione Friuli Venezia Giulia Commissione Giulio Carnica Sentieri ANDREIS …storia E SENTIERI La Valcellina offre ai visitatori bellezze naturali uniche, scorci incantevoli e particolarità inaspettate. Si tratta di un territorio eterogeneo, ricco di sentieri più o meno conosciuti e praticati, impregnati di storia e percorsi dall’uomo costretto a spostarsi per sopravvivere. Anche Andreis presenta numerose vie che meritano di essere conosciute e valorizzate. Grazie alla collaborazione con la Comunità Montana, con la Commissione Giulio Carnica Sentieri e il suo Presidente, Danilo Bettin, appassionato conoscitore del nostro territorio, il Comune di Andreis ha realizzato questo interessante e prezioso libretto. Oltre che censire i percorsi esistenti, l’obiettivo principale è offrire ai visitatori, agli escursionisti e agli appassionati in genere, uno strumento adeguato e puntuale che li accompagni, fornendo quelle notizie e informazioni utili e indispensabili che rendono piacevole e sicura la visita. Il Sindaco Franca Quas 5 Prefazione Nei territori di tutti i paesi di montagna, i sentieri sono il costante segno che l’uomo ha lasciato a testimonianza dell’intenso rapporto con l’ambiente in cui vive e dal quale ha tratto e trae sostentamento. La fitta ragnatela di percorsi che un tempo veniva utilizzata per tagliare il bosco e portare a valle la legna, per raccogliere il fieno, per andare a caccia, per portare al pascolo il bestiame, per spostarsi nelle valli vicine o in pianura, per pregare nei tanti posti di devozione, a seguito della drastica riduzione di queste attività, è ormai quasi del tutto scomparsa. Sono rimasti quasi come un lascito prezioso, i sentieri più importanti, quelli da sempre maggiormente frequentati. Essi sono arrivati ai nostri tempi e ora servono per portare gli alpinisti e gli escursionisti a scoprire e a stupirsi delle parti più nascoste e meravigliose che i valligiani hanno da sempre conosciuto, difeso e prediletto. Questo volume, oltre a diffondere la conoscenza delle ricchezze della natura racchiusa in queste piccole nicchie di territorio, vuole far conoscere una parte della storia di coloro che da sempre hanno vissuto in questa valle e per i quali “lo straordinario di oggi” era “la quotidianità” di un tempo. C’è infatti una differenza fra chi frequenta la montagna senza sapere, senza guardare e chi invece dispone e utilizza strumenti utili a immedesimarsi nel passato locale, per capire più a fondo una storia, un patrimonio naturale, una cultura magari lontani nel tempo, ma che fanno parte integrante della nostra vita e della nostra formazione umana e spirituale. 6 E allora grazie anche all’impegno dei volontari del Club Alpino Italiano del Friuli Venezia Giulia che tengono in vita con periodiche manutenzioni, itinerari che altrimenti sarebbero da tempo perduti, possiamo conoscere e capire le fatiche che intere popolazioni hanno vissuto e tutt’ora vivono. Faticoso è vivere in queste “terre alte” parimenti sempre molto amate, tanto da non abbandonarle nemmeno davanti alle calamità naturali o davanti alle stolte calamità umane. Queste popolazioni ormai piccole di numero ma ricche di orgoglio, restano lì come sentinelle a presidiare fiumi, valli e montagne, pronte ad aprirle a quanti desiderano frequentarle e ammirarle, pronte a testimoniare il passato, sempre gelose del presente ma fiduciose del futuro. Questo volume, è diviso in due parti: la prima tratta brevemente i fatti storici attraverso i quali e passata la comunità di Andreis, mentre la seconda illustra i percorsi di tutti i sentieri del territorio del Comune di Andreis. Danilo Bettin Presidente Commissione Giulio Carnica Sentieri 7 Giuseppe Rosa La villa e la valle di Andreis Origini Non vi sono tracce o elementi dimostranti che Andreis abbia origini romane anche se sappiamo che al tempo dei romani le montagne dell’entroterra friulano furono collegate via fiume con il mare. Il legname, la pece e le pelli provenienti da queste montagne furono largamente usate e commerciate presso i romani. È certa l’esistenza di una città romana dal nome Caellina, mentre non è altrettanto certa la sua esatta ubicazione. Si sono fatte tante ipotesi, intorno a questo centro urbano: alcuni lo collocano nella zona di Maniago, altri in zone più interne, altri ancora nella zona di Torre di Pordenone. Non torneremo in questo opuscolo ad aprire una polemica che si è protratta per tanto tempo senza conclusioni, ma vorremmo solo dire che, se Caellina aveva una certa omonimia con il fiume, non doveva trovarsi molto lontana dal suo corso. Le imbarcazioni romane si spingevano lungo i fiumi fino a Pordenone, Torre e forse Cordenons, raccogliendo in questi centri il legname che scendeva per via fluviale lungo il Cellina e il Meduna. Al tempo dei romani quindi la valle di Andreis se non abitata stabilmente era senz’altro frequentata da pastori e taglialegna. Finita la grande potenza romana di Aquileia, incomincia per il Friuli la triste continua scorribanda da parte dei barbari che per secoli, ad alterne puntate, scendono come furie sulla nostra Regione. Alarico nel 401 distrugge Aquileia lasciando di quella che era stata la seconda città dell’Impero Romano un cumulo di macerie. Nel 450 scende Attila «flagello di Dio», re degli Unni, che distrugge interamente ciò che era rimasto di Aquileia e costringe quelle popolazioni a ritirarsi nelle isole di Grado. Secondo una leggenda popolare che si tramanda da secoli e che non si è in grado di confermare per mancanza di documenti, Attila giunse fino a forcella Crous ed essendo la vallata ricoperta dalla nebbia non riuscì a vedere il paese. Se ciò fosse vero la villa di Andreis esisteva sin dal 450 il che ci sembra alquanto improbabile. A questo punto però, anche se diamo poco credito alle leggende, non possiamo fare a meno di chiederci: «Perché gli abitanti di Maniago Libero sono detti ancora oggi “Attalins”?». 9 Esiste un libro del 1568 le cui notizie sono state tratte, stando a quanto asserisce l’autore, da un’opera più antica scritta in latino da Tomaso d’Aquileia, segretario del Patriarca durante il periodo delle guerre di Attila. Riportiamo alcuni brani dai quali si deduce (sempre prestando fede all’autore) che a quei tempi delle truppe siano passate lungo la fascia montana a nord di Pordenone. Riteniamo che furono queste truppe, provenienti da Padova e dirette in aiuto del Patriarca di Aquileia, ad essere scambiate per quelle di Attila. Niente di più probabile quindi che la leggenda di Attila al passo di Monte Croce abbia tratto origine proprio da questo episodio. Lasciamo le ipotesi e riportiamo quanto scrisse il Barbieni nel 1568. «…Sen va Foresto con le sue masnade… passarono la Trivigiana costeggiando la montagna; nel Friuli entrarono il quarto giorno per disopra Pordenon, onde guardando al basso videro per la pianura andare i corridori e tanta gente armata d’elmi di scudi e d’ogni arnese, che ne riluceva, e n’era piena la campagna… ed era meglio tirarsi da lato per andarsen lungo il monte… seguitarono il suo camino chetamente segondando la montagna… nel guardarsi avanti avisarono sopra un colle gente… «Quei di sopra… credendo parimenti che nemici fossero incominciarono a tirar con archi e balestre… calarono alla china per un sentier sghembo da duecento cavalli con gli elmi allacciati e le lancie sulla coscia. «…già erano di sul colle discesi più di due mila pedoni con archi, ballestre e con frombe da gittar sassi. «… ma mirando la bandiera del Crocifisso… furono certi costoro essere altresì cristiani… onde tutti di compagnia ripigliarono il camino verso il fiume Tagliamento…».1 Altra conferma alla leggenda sopracitata ci è data da un’opera manoscritta nel 1584 da C. Nores (De Sinodo Vescovum) conservata presso la Cancelleria arcivescovile di Padova. Da quest’opera si apprende che, incalzando Attila con i suoi Unni, il Vescovo di Concordia si sarebbe posto al sicuro a Celina. Le stesse notizie poco sopra riportate che il Barbieni asserisce di aver tratte da un’opera scritta in latino da Tomaso d’Aquileia le ritroviamo in un poema di Nicolò da Càsola scritto nel 1358. Nel 463 scende Biorgore capo degli Alani, nel 473 Odoacre re degli Eruli, poi Teodorico re degli Ostrogoti, mandato nel 489 per sottomettere Odoacre, quindi i Longobardi che lasceranno grandi tracce storico-artistiche specialmente a Cividale. A questi subentra Carlo Magno, che per un certo tempo dà al Friuli un po’ di pace. Ma anche questa pace doveva finire a causa delle aspre lotte per la successione di Carlo Magno; a questi successe come re d’Italia nell’888 Berengario, Marchese del Friuli. Quando sembrava che tutto si dovesse mettere per il meglio dopo 11 anni di reggenza da parte di Berengario, si profilò all’orizzonte l’avvicinarsi degli Ungari. Questi dall’899 sino al 951 scesero ogni anno devastando e depredando. A differenza dei precedenti conquistatori, gli Ungari non si stabilivano, passavano 1 B.C.P. (Biblioteca Comunale di Pordenone) 10 facendo pressapoco lo stesso percorso, accumulavano tutto il possibile e poi ripartivano, per essere pronti l’anno seguente a ripetere la stessa impresa. Fu in questo periodo che si costruirono nuovi castelli e si rafforzarono quelli già esistenti. Purtroppo non tutti trovarono in essi la loro salvezza ed incolumità per cui molti furono coloro che si rifugiarono nelle valli delle nostre montagne allora coperte da boscaglie e popolate da fiere. Preferirono in sostanza aver a che fare con lupi ed orsi piuttosto che trovarsi di fronte i barbari. Abbiamo notizia che nel non lontano 1700 esistevano ancora delle garitte in posti sopraelevati che servivano per cacciare gli orsi. Nel 1732 Nicolò Rosa comprò assieme ad altri beni in Ronchiadizza anche: «un camarino sopra un sasso che serve per parar l’orso».2 Da un documento redatto in Barcis nel 1735 riportiamo la seguente notizia: «Sin dagl’orsi, tassi et altri animali salvatici siamo travagliati e molestati… perché se vogliamo riparare quel poco Sorgo Turco… conviene… andar gli huomeni di notte tempo per li campi con fuochi criando e strepitando per diffenderlo».3 L’esistenza di luoghi che portano il nome di questi animali, non sono certo casuali, e il nome del monte Jouf deriva forse dalla parola dialettale louf che significa lupo; anche il nome di monte Lupo, esistente nelle vicinanze della scomparsa chiesa di S. Daniele di Monte, non dovrebbe essere casuale, come non lo è il cosidetto pas dall’ors se si pensa che l’ultimo plantigrado ucciso nella zona è ancora nella memoria dei più anziani. Le prime notizie riguardanti Andreis e i paesi limitrofi si hanno in questo periodo. È interessante notare come nella maggior parte dei casi, i nomi dei paesi limitrofi ebbero in seguito a cambiare, mentre Andreis, sin dalle prime origini, si presenta con il nome attuale. Il Malattia della Vallata nei Canti della Valcellina, riferendosi ad un documento ricavato dalla «Diocesi di Concordia» del Degani, fa l’ipotesi che la parola fedrejani stante ad indicare pastori, indichi più propriamente «pecorai». Riteniamo opportuno non trascurare questo particolare e a tale proposito ricordiamo che nella zona le pecore sono chiamate fede, quindi se la prima parte della parola trae origine dagli ovini, il resto starà a significare pastori. Da questo possiamo supporre che se fedrejani indica pastori con pecore, Andreis potrebbe derivare da andrejani cioè grotte dei pastori. La valle di Andreis è piena di queste grotte o antri che servirono in passato come rifugio ai pastori e che ancor oggi sono chiamate andres. Nei tempi remoti, quando il paese era sede di pastori, si continuò forse ad indicare la zona come quella degli andres e da qui Andreis. Nel dialetto locale il paese non è indicato come Andreis bensì come Andres. D’altra parte non possiamo far a meno di considerare che Andreis derivi dall’ipotesi se- 2 A.C. di S. (Archivio Circondariale di Stato di Pordenone) 3 Villotte Friulane Moderne, G. Malattia della Vallata. 11 guente: «Nella valle di Andreis sin dai tempi antichissimi ci furono delle terre di proprietà del Vescovo di Concordia quindi, niente di più probabile che queste terre fossero dedicate a S. Andrea di cui l’antica Cattedrale di Concordia conservava le reliquie. Da questo si potrebbe dedurre che sulle terre di S. Andrea fosse sorto un centro abitato col nome di Andreis. Un altare dedicato a S. Andrea esisteva nella chiesa di Andreis ancora nel 1781». Dicevamo poco sopra che le prime notizie di rilievo riguardanti Andreis e i paesi vicini si hanno intorno al mille. Sappiamo che nel 924 Imeltrude, figlia di Grimaldo, conte del Friuli, offriva all’Abbazia di Sesto al Reghena la corte di Clautho (Claut) allora nel territorio di Ceneda.4 È da tener presente che per corte già si intendeva un agglomerato di abitazioni con chiesa propria, il che ci fa pensare che il paese fosse sorto molto prima. Ottone I nel 962 tra le aItre donazioni, donava al vescovo di Belluno il monte Cavallo.5 Lo stesso Ottone e nello stesso anno riconosceva il castello di Calaresio (attuale Montereale) di proprietà del Patriarca di Aquileia, mentre Ottone II nel 976 e nel 981 donava al Patriarca di Aquileia la Pieve di S. Mauro e il Monte di Maniago.6 Nel 996, Ottone III dava conferma dei diritti politici e sociali al Vescovo Benno o Bennone di Concordia, di molte terre, tra queste figurano le Ville di Navarons, dei Tramonti e di Andreis.7 Questa è la prima notizia riguardante la villa di Andreis e ci permette di dire che essa esisteva circa 1000 anni fa. In una bolla in data 13 dicembre 1183 papa Lucio III prende sotto la sua protezione assieme ad altri paesi le pertinenze di Claut, Barcis e in Colvera.8 Un anno dopo, cioè nel 1184, Urbano III, prende sotto la sua protezione «plebem de Barcis circa XXX mansos».9 Nelle due bolle precedentemente citate è omesso il nome di Andreis, perché col nome di plebem ci si riferiva al significato attuale di parrocchia e a quel tempo Andreis apparteneva alla parrocchia di Barcis. Nella stessa bolla si fa cenno ad una villa de Gallis, lo stesso paese che in altri documenti ritroviamo invece sotto il nome di villa de Cellis o de Gellis. Cellis secondo quanto afferma G. Malattia della Vallata fu travolto da una frana durante il terremoto del 1348. In riferimento a tale paese si potrebbe fare tutta una argomentazione a parte: si tratterebbe, molto presumibilmente, di un paese oggi scomparso che si ergeva sopra l’attuale Barcis presso le Rope ed aveva la chiesa dedicata a S. Giorgio. 4 Diocesi di Concordia, E. Degani. 5 Diocesi di Concordia, E. Degani. 6 Diocesi di Concordia, E. Degani. 7 Diocesi di Concordia, E. Degani. 8 Diocesi di Concordia, E. Degani. 9 Diocesi di Concordia, E. Degani. 12 Diciamo presumibilmente perché tutto ciò che si è detto e si è scritto su Cellis non trova sicuro e adeguato riscontro in documenti storici, per cui tutte le notizie inerenti tale paese rimangono nel campo dei dubbi e delle ipotesi. Ciò nonostante riteniamo opportuno non trascurare quelle poche notizie che tra le tante sono convalidate da cenni e riferimenti attendibili. La chiesa di S. Giorgio veniva considerata chiesa «matrice» di tutte le altre del Canale, e a tale chiesa pare affluissero anche gli abitanti di Andreis. È del 1319, la notizia secondo la quale il Vescovo Artico di Castello dimostrò che la chiesa di S. Giorgio de Cellis, in qualità di matrice, aveva diritto di percepire annualmente la terza parte di tutte le elemosine raccolte nella cappella di S. Daniele di Monte. In merito a tali diritti, riferisce il Degani, fu fatta una vera e propria inchiesta nella quale furono uditi molti testimoni. Tra questi figura il nome di un certo Stephanus di Andreis il quale dopo il giuramento citò in ordine il nome dei cinque parroci che si erano susseguiti nella chiesa di S. Giorgio de Cellis. Incominciò con un certo Sulito di Fanna a cui successero, Conradus di Meduno, Voglardus, Petrus di S. Daniele vicino a Ragogna e infine Antonius. Disse che non sempre questi parroci risiedevano nella parrocchia, ma spesso si facevano sostituire da un loro vicario e che tutti successivamente avevano percepito la terza parte delle oblazioni della chiesa di S. Daniele di Monte. Ricordava egli stesso di aver assistito nella piazza vicino alla chiesa di S. Giorgio alla suddivisione di queste oblazioni tra il sacriste di Concordia e il prete di Barcis e aggiunse che una parte di tali oblazioni veniva devoluta per le croci in ferro e in legno che si ergevano sul monte di S. Daniele. Era questa una chiesa costruita nel 1240 circa e consacrata dal Vescovo Artico di Castello intorno al 1319; sorgeva sulla sommità del Monte Lupo a circa tre miglia da Barcis. Lo stesso Vescovo nel 1327 dal palazzo superiore di Tarcento univa la chiesa di Barcis e il Monastero di S. Daniele alla Sacrestia della Cattedrale di Concordia. Non si può asserire con certezza che col termine di Monastero di S. Daniele ci si riferisca alla chiesa di S. Daniele di Monte. L’associare il nome di Barcis a quello del Monastero di S. Daniele ci fa in un certo qual modo avvalorare l’ipotesi del Degani il quale ammetteva la possibilità che a questa chiesa fosse associato un’ospizio per i pellegrini. Trascorrono circa trecento anni prima di ritrovare altre note storiche riguardanti tale chiesa. Si parla infatti di questa chiesa in un documento del 1651 nel quale veniva ricordato l’obbligo del primo parroco di Andreis, P.re Lucio d’Alberti, di assistere ed intervenire oltre alle messe e alle processioni festive e locali, anche alle processioni che si snodavano a S. Zuanne e a S. Daniel di Barcis. In tali ricorrenze il Comune si riservava di fornire solo i mezzi di trasporto (la cavalcatura).10 Della stessa chiesa così scrive nel 1682 in Barcis «Daniel Paron Homo del Conte di Barcis». 10 A.P.A. (Archivio Parrocchiale di Andreis) 13 «Si ritrovava edificata una chiesiola sotto il nome e titolo di S. Daniele lontano dalla villa, et cura di Barcis, miglia tre, in luogo montuoso et di difficile salita alla quale nel giorno della sua festa vi concorreva numeroso il popolo anco da luoghi circonvicini. Questa l’anno passato restò miseramente e casualmente incendiata, il Comune per far conoscere gli atti della sua Pietà verso il culto del Signor Iddio, et della devozione a quel Santo suo protettore, brama di redificarla, a sue spese, anco con qualche ampiezza nel luoco vecchio et antico. Supplica pertanto la S.V. Rev.ma concedergli la facoltà e licenza. Le spese et incomodo sarà grande, perché con le proprie brazzia dovranno colà su portarsi i materiali».11 Tale licenza viene concessa. Inerentemente alla stessa chiesa, così scriveva il 14 giugno 1689, il parroco di Barcis: «…per la verità et per sin sotto, lì 3 Settembre 1681, si attaccò il fuoco alla chiesa di S. Daniele in Monte, quaI restò tutta abbruggiata et destrutta et non restò solo che li muri solamente, e s’abbruggiò l’AItar, la Pala, et ogni cosa, in che forma sia uscito detto fuoco, non si ha mai potuto saper… nel riedificare detta chiesa… calzina, sabbione, travi, tolle, comodar l’altar, far di nuovo la Palla, il Quadro, rifar le porte pagar maestranze… Gio Battista Beltrame Vicario Curato in detto loco, et il Comune di Barcis averno fatte et pagate tutte queste spese, metà io reverendo suddetto et metà il Comune di Barcis per un totale di L. 400».12 In un elenco delle spese sostenute dal Comune di Andreis in data 30 aprile 1737 si legge: «speso andati a S. Daniel di Monte come il sollito al sacerdote e giumento lire 3». Più dettagliata è la nota del 1757 in cui si fa un vero e proprio elenco di quanto era stato offerto dal Comune di Andreis al Cappellano di Barcis: «Pollaci, cantori e croci, giumenta e mulattiere e inoltre per le funzioni fatte dallo stesso parroco di Andreis (spese di cera olio ecc.) per un totale di L. 13».13 L’ultima notizia riguardante la chiesa di S. Daniele di Monte ci viene tramandata da G. Malattia della Vallata che nei canti della VaIcellina scrive: «14 Luglio 1806, il podestà di Barcis pagò 6 lire a due uomini di Andreis che erano venuti ad avvertire qui che una saetta ha incendiato la chiesa di S. Daniele sul Monte». Si conclude così la storia di una chiesa che aveva mantenuto per tutta la sua esistenza precipuo carattere di pellegrinaggio; la devozione che animava i pellegrini non era minimamente indebolita dalle asperità del luogo. Oggi di quella che fu considerata uno dei maggiori centri di raccoglimento spirituale di quella zona, non rimane, purtroppo, che una piccola traccia dei muri perimetrali. Indubbiamente le notizie riguardanti Cellis e S. Daniele di Monte avrebbero potuto essere più numerose, se Barcis già nel 1645 non avesse subito due incendi nei quali col paese andarono distrutti tutti i documenti civili ed ecclesiastici. 11 A.P.A. 12 A.P.A. 13 A.P.A. 14 Si ricorda in un documento che nel 1623 in seguito ad un incendio che aveva distrutto mezzo paese compresa la canonica e i registri in essa custoditi erano andati bruciati, in conseguenza tutti gli atti di battesimo. Si riporta a tale riguardo la testimonianza di Mistro Salvador Buch della villa di Andreis nella quale attestava di essere stato presente al battesimo di Cancian q. Zuanne Traina essendo padrino Cristofolo q. Vettor Cus detto Vettorello. Testimonianze di tale genere avevano il valore di sostituire i documenti distrutti. Popolazione Ipotesi sulle origini delle famiglie più antiche Notizie certe sulla esistenza del paese di Andreis risalgono, come abbiamo visto, al 996 con la conferma dei diritti politico-sociali che il vescovo Bennone riconosceva al paese. Ciò però non ci permette di asserire che il paese sia sorto in quel periodo. Avrebbe potuto anche esistere in precedenza e non esserci documenti inerenti. È certo che con il sorgere del paese si siano formati i primi nuclei familiari. Non si sa se fin dalle origini gli uomini abbiano stabilito nella valle di Andreis la loro fissa dimora o se piuttosto per un certo periodo abbiano scelto la vallata come meta per il pascolo estivo. Narra un’antica leggenda che il primo nucleo familiare abbia avuto origine da un pastore che si recava con le sue mandrie nella valle di Andreis. Per un certo tempo le sue apparizioni nella valle furono collegate al pascolo estivo. Successivamente costui stabilì ivi la sua fissa dimora il che ci può indicare che la zona possedeva i requisiti necessari e indispensabili per accogliere una famiglia. Andrea era il nome di questo pastore; e a questo nome si attribuisce la derivazione di Andreis. Come a tutte le leggende anche a questa si deve dare un’importanza relativa; per cui potremmo anche supporre che la popolazione abbia avuto origine da un unico gruppo celtico ivi stabilitosi o anche, che siano convenuti nel luogo, sotto l’incalzare di orde barbariche, nuclei da più paesi o infine che si tratti di soggetti che, in conseguenza della caduta dell’impero romano, abbiano ivi trovato rifugio. Sappiamo con certezza che nella valle di Andreis sin dai tempi antichissimi esistevano molte terre appartenenti al Vescovado di Concordia. Quindi ci sembra logico che i vari vescovi abbiano mandato loro fidati a governare dette terre. La parola Colognani stante ad indicare una zona del paese può essere una trasformazione dialettale della parola coloni. Per avere i primi accenni ai nomi degli abitanti del luogo bisogna arrivare in base ai documenti consultati, al 1286. In una copia di un atto notarile di quell’anno, che annovera tra le località citate anche il paese di Andreis, figura come testimone un certo Joannes de Tavan dimorante in S. Martino.14 Questo ci fa supporre che egli fosse di origine andreana. 14 A.P.A. 15 Infatti anche attualmente il suo cognome è uno dei più comuni in Andreis. Ciò potrebbe indicare nei Tavan uno dei primi nuclei familiari del paese. Dal momento però che ancora oggi a S. Martino al Tagliamento esiste l’antica casa di una famiglia Tavan, non sappiamo se in origine i Tavan fossero di Andreis o di S. Martino. Indubbiamente una certa relazione nel trasferimento delle famiglie doveva esistere sin da tempi remoti tra i due paesi se noi troviamo oltre ai Tavan anche i Lucchini, che, come vedremo più avanti, hanno dato origine a molte famiglie di Andreis. Successivamente non si hanno indicazioni precise di cognomi in quanto anche nei documenti si fa riferimento a soli nomi di battesimo. Nel 1339 si parla di un certo Stephanus giurato della villa di Andreis, nel 1359 un certo Giovanni di Andreis figlio del sopracitato Stefano vendeva della pece al nob. Bartolomeo dei conti di Maniago.15 La rassegna dei documenti consultati che ci ha fornito le notizie precedentemente riportate ci ha fatto conoscere anche tutta una serie di cognomi dei quali alcuni si trovano ancora oggi nella loro forma originale; altri hanno subito delle modificazioni altri ancora sono completamente scomparsi. È interessante notare come certi soprannomi in uso nel 1400 si siano tramandati sino ai nostri tempi. Ricordiamo tra gli altri lu Gozo (Traina), Celot (Tavan ora Fontana), Gori che divenne Goret e al plurale Gorez (Modesto) seguiti nel 1600 da Daniel Moschioso (Stella). Oltre ai Tavan altri cognomi citati nei vari documenti ed esistenti intorno al 14001500, figurano tra i cognomi attuali. Quelli che compaiono con maggior frequenza sono: Stella che a volte figura più precisamente della Stiella che si evolve successivamente in della Stella per diventare infine Stella; Trayna oggi Traina; Buch, successivamente Bucho, Buco e oggi Bucco; Trinch, oggi Trinco. Un cognome scomparso e un tempo molto frequente era quello dei Luchini. Da questo ceppo hanno avuto origine alcune tra le famiglie attuali. Detti Luchini o Lucchini si presentano come il punto più oscuro nell’origine delle famiglie andreane. Essi o per una ragione o per l’altra erano imparentati con tutte le famiglie di Andreis. Nel 1557 erano uno dei nuclei più consistenti e ben dodici di essi figurano come rappresentanti del Comune di Andreis in una causa contro il Comune di Maniago Libero.16 In questo documento oltre ai Luchini figurano tutti gli altri cognomi esistenti allora in paese ad eccezione dei Trinco. Perché questa esclusione? Sono forse i Trinco e i Luchini la stessa cosa? Personalmente non siamo riusciti a trovarne le prove anche se nel 1636 troviamo un certo Daniel di Lucchin di Trinco. Questi non dovrebbe essere altro che Daniele figlio di Luca Trinco detto Lucchin. 15 Diocesi di Concordia, E. Degani. 16 A.P.A. 17 A.P.A. 16 L’esclusione dei Trinco è forse dovuta alle troppe concessioni fatte da Daniel di Trincho nel 1525 al Comune di Maniago Libero quando asserì che: «quelli di Andreis non hanno niente a che fare fora del passo di Crose».17 Per distinguere i vari gruppi dei Luchini si cominciò in un primo tempo col riferirsi al nome del capostipite delle singole famiglie. Si parlava infatti di un certo Modesti fu Juliani Luchini che diede origine alla famiglia dei Modesto, successivamente quasi totalmente scomparsa durante una epidemia di colera. Dai figli di quel Pauli Luchini che fu Podestà nel 1516 discesero gli attuali De Paoli che, in un primo tempo, troviamo registrati come di Pauli. A Bernardi fu Pauli Luchini possiamo collegare gli attuali Bernardini, che nel 1693 erano ancora indicati come di Bernardin; da Battistam fu Pauli Luchini derivano gli attuali Battiston. Ne abbiamo conferma in un atto notarile del 1718: «Le Ribe di Campo longo… anticamente di ragione del q. Zulian di Luchin passarono poi nella persona del q. Giacomo q. Batta di Lucchin ora detti Battistoni».18 Anche il cognome degli attuali Vittorelli sorse come soprannome. Così infatti veniva indicato un ramo dell’antica famiglia dei Cuss dei quali troviamo nota già nel 1433.19 L’origine del termine Vittorello si ricollega al nome di battesimo di uno dei Cuss. Nel 1623 si parla infatti di un certo Vettor Cuss detto Vettorello. Successivamente iI cognome Cuss veniva abolito, infatti i figli del sopracitato non venivano più indicati come Cuss bensì come Vettorello, che divenne poi Vittorelli. Altro cognome molto diffuso e oggi quasi scomparso, è da Prat che poi divenne del Prà. Troviamo in Andreis nella prima metà del 1500 nella zona di Chiavruglis (Chiavrui) quale mandriano per certi Signori di Maniago Libero Marco fu Pietro Salvatori o Salvadori di Castro Nuovo (Castelnuovo). Si potrebbe supporre che tale Salvadori stabilitosi successivamente in paese, desse origine alla famiglia dei Salvadori di Andreis. Un po’ incerta è l’origine dei Fontana. Verso la prima metà del 1700 si trova registrato con frequenza un gruppo di Salvador detti Fontana. Questi successivamente lasceranno il loro cognome originario e si fregeranno del solo soprannome Fontana. Nel 1699 Zuanne Salvador detto Fontana è Cameraro, nel 1721 il figlio Osvaldo è Podestà, nel 1742 il sopracitato Zuanne Salvador detto Fontana offre alla chiesa di Andreis la statua di S. Sebastiano, opera eseguita in Padova dove il donatore «dimorava».20 Nel 1753 Osvaldo Salvador detto Fontana compra «una porzione di molino nel Broilo»21, nel 1757 Zuanne Salvador detto Fontana compra mediante Andrea Pollo di Malnisio, suo cognato, un’altra porzione di molino. Questo Andrea era sopran- 18 A.C. di Stato. 19 A.P.A. 20 A.P.A. 21 A.C. di Stato. 17 nominato il Grizzan ed era proprietario anche della stalla degli attuali Fontana vicino alla latteria. Per quanto riguarda i documenti ufficiali non furono più registrati come Salvador, bensì come Fontana; ma la tradizione popolare continuò a soprannominarli Salvadoret. I primi De Zorzi o meglio i figli di quel Daniel de Zorzi si trovano in Andreis nella prima metà del 1600. Un altro gruppo però con lo stesso cognome pare abbia avuto origine dall’alta valle del Piave. In un primo tempo quest’ultimi fissarono la loro dimora nel territorio di Barcis; non sappiamo con precisione quando e perché si siano trasferiti nella valle di Andreis. Che i De Zorzi di Andreis del secondo gruppo siano gli stessi che precedentemente avevano dimorato in Barcis è dimostrato da una richiesta di documenti che il comune di Andreis faceva al comune di Barcis circa tali De Zorzi, residenti in Andreis, provenienti da Barcis e originari dall’alta valle del Piave.22 Nel 1752 si parla ancora di un certo Luca De Zorzi cadorino. I primi De Zorzi continuarono ad essere chiamati quelli di Zorz mentre i nuovi furono detti della Crodata dal luogo dove si stabilirono. Nel 1721 si parla di Domenego Bucco della Crodata; nel 1734 compare tale Pietro fu Giorgio de Zorzi quale possessore di una stalla annessa ad un piccolo appezzamento di terreno nella Crodata. Da un documento del 1753 si sa che «la casa della Crodata era di ragione degli eredi di Domenego Mariutto»23 e che sullo spazio detto la Tiesa vicino alla strada che conduceva a Maniago, c’era un’osteria. Nel 1795 un Giobatta De Zorzi abitava ancora in via Fontana di Sotto, dove si era costruito la casa e si era preoccupato di tramandarne ai posteri il ricordo incidendo la data su di una pietra della facciata. Notizie documentate sui Trinco in Andreis risalgono al 1525 con Daniel di Trincho24. La voce popolare che li fa originari dalle zone di confine con l’attuale Jugoslavia è da ritenersi per buona; infatti in quelle zone questo cognome è molto comune. È da tener presente che i conti di Gorizia avevano dei diritti su alcuni terreni e sulla Villa di Maniago Libero la quale Villa confinava ed aveva dei terreni in comune con la Villa di Andreis, quindi niente di più probabile che i sopracitati conti avessero mandato nella zona qualche loro fidato. Dei Piazza si trova nota verso il 1600 e in un primo tempo vengono registrati come di Piazza. In questo stesso periodo si trovano anche i Mariutti che diventeranno Mariutto. Oggi completamente scomparsi sono i cognomi: «Cuss, Luchini, JacomelIi, di Marco, Toffolo, Cossutta, de Anna, de Zulian e Modesto tra i più antichi. Mizzera, Pollo, Zorer, Marcolina, Baldo, Roman e Tavanutto, tra i più recenti». 22 A.P.A. 23 A.C. di Stato. 24 A.P.A. 18 Un buon numero degli abitanti di Andreis proviene dai vicini paesi di Poffabro, Frisanco, Casasola. Ricordiamo i Brun stabilitisi in Andreis sin dalla prima metà del 1600 seguiti verso il 1700 dai Rosa di Casasola, dai Roman e dai Marcolina di Poffabro. Non si conoscono ceppi originari dall’alta valle del Cellina ad eccezione di un’unica famiglia proveniente da Cimolais dimorante in Andreis per breve tempo e di cui oggi non si ha più traccia. Man mano che i vari nuclei familiari giungevano in Andreis, fissavano la loro dimora ciascuno in determinate zone. Se all’inizio questi nuclei furono in numero molto ridotto, essi si moltiplicarono successivamente. Il concentrarsi in uno stesso rione di più famiglie appartenenti allo stesso ceppo diede nome alla zona da essi occupata. TaIe denominazione nella maggioranza dei casi si può rilevare ancora oggi. Fanno eccezione quelle famiglie le quali per una qualche causa, come la mancanza di eredi diretti, o compere successive di abitazioni in zone diverse, furono costrette a lasciare la loro zona originaria determinando così la penetrazione di gruppi eterogenei in zone inizialmente abitate da un unico ceppo. Pare che i primi abitanti abbiano costruito le loro case in prevalenza lungo il dorsale che guarda il torrente Alba, non mancano però famiglie stabilitesi in zone più interne. I Luchini, dai quali derivano anche i De Paoli, si stabilirono verso la parte alta del paese dando origine alla cosidetta zona dei Paulon, I Tavan, i cosidetti Colognans, fissarono la loro dimora nella parte bassa del paese dove sorse la zona dei Tavans. Questa zona nel 1881 è detta via Colognani. I Vittorelli erano dislocati esclusivamente in prossimità della piazza. A differenza delle famiglie sopracitate i Bucco si trovavano, sin da quando se ne può avere notizie, dislocati in varie zone. Gli Stella provengono originariamente dalla zona detta dei Stielesc. Dei Trinco un buon numero si trovava in prossimità della chiesa; nella stessa zona abitavano anche i Traina e i Modesto. I Piazza come si può dedurre dallo stesso nome erano tutti nelle vicinanze o spostati leggermente a nord della piazza, dove dimorano anche attualmente. I Bernardini pare non abbiano subito grandi spostamenti se già nella seconda metà del 1600 si parlava di certi Bernardins delle Ribes. Lo stesso si può dire per i Mariutto a proposito dei quali nel censimento del 1881 la zona da essi occupata era detta via Mariutti. Per i Palleva non si riesce a capire se furono loro a dare il nome alla zona o se il loro cognome derivi proprio dalla zona da essi occupata che anche attualmente si chiama Palleva. Notizie certe circa la posizione domiciliare delle varie famiglie si hanno solo con il censimento del 188125 ma questo è troppo recente per non farci pensare che precedentemente ci fossero stati degli spostamenti. A tali spostamenti di famiglie nell’ambito dello stesso paese si inserivano anche le immigrazioni di famiglie nuove provenienti da altri paesi. Tale è il caso dei Rosa26 il 25 A.C.A. (Archivio Comunale di Andreis) 26 M.r.A. (Manoscritti raccolti dall’Autore) 19 cui capostipite proveniente da Casasola, sposata una certa VittorelIo prese dalla moglie non solo il soprannome di lei billuz ma anche parte dei suoi beni inserendosi così in una zona che era stata esclusivamente di proprietà dei Vittorello. Sviluppo demografico Da alcuni dati statistici cercheremo di seguire l’evoluzione demografica nel paese di Andreis. Si ha notizia che nel 1652 con la venuta del primo parroco il paese «contava 50 fuochi»27 corrispondenti a 50 gruppi familiari. Logicamente non si può dire quanti fossero i membri di ogni famiglia, ma possiamo fare un rapporto con una statistica del 1606 riguardante Maniago Libero. Questi con 85 fuochi aveva «229 persone utili e 266 persone inutili»28 per un totale di 495 abitanti. Ammettendo l’esistenza di una proporzione dobbiamo concludere che nel 1652 Andreis avesse dalle 290 alle 300 persone. Queste nel 1736 erano salite a 789, del 1757 si sa solo il numero delle famiglie che era di 123. Nel 1783 sotto la podestaria di Isidoro Bucco le famiglie erano 180 con un totale di oltre 800 persone. Agli inizi del 1878 gli abitanti erano 1293 e nel 1879 in poco più di un anno e mezzo salirono a 1415 per arrivare a 1438 nel 1880.29 Questo dimostra che in poco meno di un secolo la popolazione di Andreis si era quasi raddoppiata. Del censimento del 1881 sappiamo che le vie del paese erano: via Maggiore, via Colognani, via Fontana di sotto, via Fontana di sopra, via Castellani e via Mariutto. Le case abitate nel paese erano 186, vuote 8; Bosplans aveva 22 case raggruppate e nove sparse. Di queste ultime faceva parte anche Sot Anzas. Alcheda era formata da 14 case raggruppate più 10 sparse; a queste apparteneva anche Rompagnel. Da questo si deduce che nel 1880-81 in Andreis c’erano circa 6 persone per casa. Nel 1886 gli abitanti del paese erano 992, quelli delle frazioni 124 per un totale di 1116 individui.30 Come si può vedere il paese in soli sei anni subì una diminuzione di 322 individui. Il vaiolo nel 1880-81 e il colera nel 1886 non furono la causa di questa diminuzione. Due o tre furono i morti di vaiolo e otto quelli di colera. La causa va ricercata nelle grandi emigrazioni che incominciarono proprio in questi periodi e continuano sino ai nostri giorni con periodi di maggiore o minore intensità. Già nel 1870 uomini di Andreis erano emigrati in Austria, in Grecia, in Transilvania, in Turchia, in Istria, in Ungheria e in Romania. È da Lupkow nel 1871 che De Paoli Giuseppe scrivendo al padre acclude due righe alla moglie, righe che sono nella loro semplicità dialettale espressione bellissima: «Alla affettuosa mia moglie adio plen un Cos (cesto)». 27 A.P.A. 28 A.P.A. 29 A.C.A. 30 A.C.A. 20 Nove anni dopo si trova annotato: «Emigrati in estere contrade dai 100 ai 120 uomini».31 La Germania, la Francia, il Sud e Nord America incominceranno da questo momento a far parte delle rotte di emigrazione. Il maggior numero di abitanti si registra nel 1911 con 1795 individui. Nel 1957 gli abitanti erano 940 circa suddivisi in 266 famiglie, nel 1961 si scende a 858 per arrivare nel 1966 a 750.32 Questa gente nonostante la vita di stenti e di tribolazioni che conduceva si concedeva anche degli svaghi, svaghi di gruppo e festicciole che il più delle volte si svolgevano durante il periodo di carnevale. Contrariamente a quanto si possa immaginare si ballava molto spesso. Abbiamo notizie di richieste e permessi per ballare e per fare il Ballo di Comun33 sin dai primi anni del 1700. Il giorno di S. Brigida tutto il paese era in festa a spese del Comune che preparava il «sofritto e qualche boza de vin per il beveraggio»34. Nel 1200 e nel 1300 il paese era retto dai vari Gastaldi nominati dai Vescovi. Tali Gastaldi avevano il compito di raccogliere le decime e le tasse sui beni feudali; rappresentavano la legge e si preoccupavano di agevolare e favorire gli scambi commerciali. Quasi sempre si trattava di signorotti o capitani dei castelli vicini. Nel 1289 il Vescovo Folcherio nominò «Henricus d.ni Calve de Spenimbergo», poi troviamo «Wualterpertoldus de Spenimberg» ed infine nel 1319 e nel 1324 «Francischus de Meduno» e «Guarnerius de Pulcinico».35 Da questo incarico dovevano trarre dei grossi vantaggi economici se molto frequenti furono le lotte e le discordie sorte per il conseguimento di tale titolo. I Gastaldi non risiedevano nei luoghi da essi rappresentati ma vi si recavano solo saltuariamente. In seguito essi venivano sostituiti e il paese nel 1400-1500 passava sotto la guida di due sindaci o di due podestà. Durante tutto il 1700 i podestà erano eletti quasi ogni anno e molte volte si fecero due elezioni nello stesso anno. L’elezione del sindaco e dei giurati veniva fatta dal pubblico, con sistema molto democratico. Il giorno prima di quello fissato per l’elezione l’ufficiale rotolario passava per tutte le case del paese annunciando la prossima riunione o generaI vicinia come allora venivano chiamate dette riunioni. L’indomani, dopo il suono della campana, partecipavano alla votazione tutti i capi famiglia e i maggiorenni aventi diritto al voto. Dopo le varie relazioni sui passivi e gli attivi, si procedeva alla ballotacione. I candidati erano quasi sempre due, uno dei quali veniva eletto in pubblico senza votazione 31 A.C.A. 32 A.C.A. 33 A.P.A. 34 A.P.A. 35 Diocesi di Concordia, E. Degani. 21 segreta. Bastava che gli elettori avessero gettato le loro ballote nel Bossolo rosso o nel Bossolo verde a seconda della loro preferenza. Nel 1721 erano esclusi dalla carica di podestà e giurati tutte quelle persone che avessero superato gli anni 60. Nel 1772 le cariche comunali erano così distribuite: un podestà, due giurati, due guardiani per la Tavella comunale e frutti pendenti, due per i prati comunali, due per i prati di Albins, due per i muli e per gli animali forestieri di giorno e di notte, due per i boschi, uno per la chiesa e il cimitero, uno per i forni, e uno per la lume di notte*.36 Oltre a questi il podestà si riservava di nominare due guardiani segreti che controllavano i guardiani pubblici. Da questo elenco sono esclusi i guardiani contro i coltivatori clandestini di tabacco anche se sappiamo che esisteva la cosidetta squadra tabacchi (specie di polizia finanziaria) che, seppur formata da elementi dei paesi vicini, non risulta fosse vessatoria nel controllare le abusive coltivazioni di tabacco che pur erano numerose. I garibaldini sul Monte Castello Lo stesso spirito di tolleranza e di connivenza regnò nel 1864 quando sul monte Castello si era acquartierato un gruppo di 16 Garibaldini che operavano in collegamento con le forze nazionali in preparazione dell’unione del Veneto alla madre patria. Di quest’ultimo avvenimento ne danno notizia Marziano Ciotti nel suo opuscolo «I moti del ’64 in Friuli», lo storico C. Tivaroni ne «I moti nel Veneto nel 1864» e il Malattia della Vallata nella saffica Redenzione. Il Gotti che era presente racconta come i Garibaldini, dopo esser stati avvisati durante la notte da una guida, riuscirono all’alba a sventare un attacco sferrato loro da una compagnia austriaca che, partita da Andreis, si era spinta a cercarli fin sulle balze del monte Castello. Nel suo opuscolo il Gotti chiude con questi termini: «…una parola di ringraziamento cordiale alle oneste popolazioni di Navarons e di Andreis, che ci furono largamente cortesi di aiuti, di soccorsi e che ebbero tanto a soffrire dalla rabbia dell’inimico». Di queste sofferenze ne abbiamo in parte conferma in un documento che il Comune di Andreis mandava a Roma dopo l’avvenuta unione all’Italia. In questo documento si fa presente che: «il Comune di Andreis causa il movimento politico avvenuto in Friuli nel 1864 per forzate requisizioni fatte dalle truppe austriache, dovette esborsare la non indifferente somma di fiorini 852,24 pari a lire 2104,26».37 * Era tradizione da tempo immemorabile di tener acceso un fuoco permanentemente a cui potevano poi at- tingere gli abitanti del luogo per accendere il fuoco domestico, il che a maggior ragione può far supporre che il paese trovasse origine dall’antico mondo pagano. 36 A.P.A. 37 A.C.A. 22 Il Tivaroni scrive: «…questo che pare favola eroica, è il fatto d’armi di monte Castello, nel quale sedici risoluti italiani bastarono a respingere una compagnia austriaca». Fra essi figura Trinco Daniele di Andreis, che in seguito morirà di cancrena causata da una pallottola ricevuta in combattimento. Il Malattia della Vallata scrive: «…Andreis d’eroiche pugna attore e testimone sotto il Castello». La grotta dove questi valorosi si erano rifugiati porta ancor oggi il nome di grotta dei Garibaldini. Da un documento inedito del 1864 sappiamo che i Garibaldini si rifugiarono sulle montagne di Andreis il giorno 22 ottobre 1864, e vi rimasero fino al 12 novembre dello stesso anno sei giorni cioè dopo il fatto d’armi avvenuto la mattina del giorno 6. Da qui si ritirarono sulle montagne a nord del torrente Silisia dove la banda si sciolse in piccoli gruppi di due o tre individui.38 La banda durante la sua permanenza è stata rifornita dagli abitanti del paese con i quali ha sempre mantenuto dirette comunicazioni. Abbiamo notizie di uomini di Andreis che, dopo essere stati per ore in paese ad ascoltare gli austriaci, infilavano le scarpe sotto le quali si erano preoccupati di attaccare delle suole in senso inverso e raggiungevano i loro compagni sul monte Castello. La parte più rischiosa in queste operazioni la sostenne un certo Tavanutto. Il vecchio postino Titta Buch de Fontana partecipò ai fatti di Spilimbergo e di Maniago, e per queste sue azioni fu condannato a morte in contumacia dalla gendarmeria austriaca*. Contro il sopracitato un anno dopo veniva affisso da ignoti in una via pubblica il seguente documento: «Il Comitato Secretto della gioventù di Andreis ordina di arestare Bucco Giombatta traca deto Capelo atre piani escuartarlo e portarlo un quarto per canton nelle contrade di Andreis overosia lapidarIo a furor di pugni e condotto nella fossa di Barca elisia divorato dalla volpe, e per la firma i figli di questa e (illeggibile)». Anche alcune donne (li conduteries) prestarono la loro opera con spirito di abnegazione rifornendo di viveri i Garibaldini ivi rifugiati. Tra queste figurano: Traina Maria (Goz), Tavan Giacoma (Tomas) e Modesto Maria (Fanesa). 38 M.r.A. * Assalto alle guarnigioni austriache di Spilimbergo e di Maniago. 23 sAN DANIELE DI MONTICELLO Una chiesetta tanto cara agli abitanti di Andreis è quella di S. Daniele. L’omonimia con quella più antica di S. Daniele di Monte ha tratto in inganno molti studiosi tra i quali il Degani e spesso nelle descrizioni si è parlato di una convinti di riferirsi all’altra. Questi errori si sono verificati logicamente solo dopo la costruzione del S. Daniele di Monticello di Andreis avvenuta nel 1723. Tutte le notizie precedenti sono da attribuirsi al S. Daniele di Monte. A tale proposito è bene ricordare che uno si chiamava S. Daniele di Monte e l’altro S. Daniele di Monticello, il primo apparteneva al Comune di Barcis, il secondo al Comune di Andreis. In linea d’aria questi due oratori distano all’incirca 3 o 4 chilometri e sono uno di fronte all’altro. Nei documenti molto spesso sia l’uno che l’altro vengono indicati solo con il termine di S. Daniele. I documenti consultati ci permettono di seguire attraverso sufficienti notizie le sorti di S. Daniele di Monticello indipendentemente da S. Daniele di Monte. Gli abitanti di Andreis, quando facevano parte della Pieve di Barcis, si recavano molto spesso in pellegrinaggio a S. Daniele di Monte, questi pellegrinaggi continuarono a verificarsi anche dopo che Andreis si separò da Barcis. Con l’andar del tempo probabilmente gli abitanti di Andreis, desiderosi di avere un Santuario proprio decisero di costruire sul Colle di Monticello o Montisello il loro S. Daniele. La costruzione di questa chiesa oscilla tra il 1717-18 e il 1723. In un documento del 1761 si legge: «Il Comune eresse nel 1717-18 l’orattorio in Montisello titolato a S. Daniele e a S. Osvaldo al quale vien fatte molte limosine di biave, soldi, latte e formaggio».39 Tra la supposta costruzione e la stesura del documento in cui viene citata erano trascorsi 43 anni tempo sufficiente per permetterci di avanzare l’ipotesi che possa trattarsi di un errore di trascrizione. In questa nota l’oratorio si vuole dedicato solo a S. Daniele e a S. Osvaldo, mentre era dedicato anche a S. Antonio. Per le ragioni sopracitate S. Daniele ne era il patrono principale, seguivano S. Osvaldo in onore del nome del parroco Osvaldo Mazzoli e del Sindaco Osvaldo Bucco, e S. Antonio al quale in passato era dedicato un capitello nella pubblica piazza. La circostanza del nome unita a dei prestiti che il parroco Mazzoli aveva fatto per l’erezione dell’oratorio ci fanno spostare la data di costruzione dal 1717-18 al 17211723. Infatti nel 1718 era ancora parroco prè Giovanni Camozzi, questi moriva il 21 settembre 1719 e veniva sostituito nel 1720 da don Osvaldo Mazzoli. Come poteva il Mazzoli aver dato dei prestiti per la costruzione dell’oratorio se questo era già costruito? Altra conferma ci viene dalla licenza di costruzione che porta la data del 1723. 39 A.C. di Stato. 24 Nel 1761 Alvise Mocenigo Luogotenente Generale della Patria del Friuli, chiedeva all’allora podestà di Andreis Osvaldo Stella fu Salvador di «… dover rassegnare li conti in via di cavatto et speso del V. Orattorio di Montisello».40 La relazione del podestà convalida la data del 1723. Infatti così egli scrive: «Maneggio del Rev.mo D. Osvaldo Mazzoli fu pievano di questo loco nell’edificazione dell’oratorio stesso 1723, 27 maggio fin al 1725, 16 pur maggio che seguì la di lui resa di conto all’Ono Comune».41 Per quanto riguarda l’erezione dell’Oratorio di Montisello il parroco di allora don Mazzoli scriveva: «Solo a voce di Popolo si diede principio all’opera, col tratto di spontanee limosine».42 Nel 1723 si trova scritto «cavatto il Sig. Pievano da Particolari per far la nuova chiesa in Montisello».43 Oltre alle offerte in denaro si riscontrano offerte in natura tra cui: Sorgo turco stara 3, formaggio pezze 19, uova n. 100, onto scodelle 3, fasioli stara 2, lana azze per soldi 15, agnelli 2. Tra le spese inerenti tale costruzione figurano le 4 lire date a Zaccaria Modesto che si recò a Portogruaro dal Vescovo per chiedere la licenza per costruire la chiesa. Riportiamo di seguito l’elenco di alcune spese: Uomini a tor fero a Spilimbergo 1: 10; Per la pietra sacra… 22; Per il quadro di S. Daniel… 90; Condotta e cassetta del medesimo… 5; Per Rachetta… 7; Viaggio a Venezia… 80; Alli mistri di Maniago che misero suso il legname… 4. Per la spesa della pietra Sacra, per Rachetta e per il viaggio a Venezia, Gio Paulo Mariutto scrivano del Comune annotava «faccio un regallo ali Santi della nova chiesa». Il comune «per sua devozione verso l’erezione dell’Oratorio di San Daniele di Montisello donò una fornase di calcina». La chiesa fu data in custodia ad un solo sacrestano e si stabilì che il parroco vi si recasse una volta al mese per le funzioni sacre. Nel 1724 si parla di «dare un molto per la nova chiesa di S. Danielle». Le pile dell’acqua santa, come ancor oggi possiamo vedere, sono datate 1727 e sono gli unici elementi rimasti della chiesa primitiva. Quella sotto il porticato, in pietra tenera denota un certo gusto stilistico settecentesco mentre quella sul lato della porta laterale, eseguita in pietra dura, è più semplice ma per questo non meno bella della precedente. Della stessa pietra è anche la base della croce che si trovava sul frontone principale e che ora si può vedere abbandonata ai lati del viottolo che porta alla chiesa. Il campanile viene costruito tra il 1727 e il 1729.44 Nel 1737 l’Oratorio usufruiva da parte dei devoti di cospicue elemosine. 40 A.S.U. (Archivio di Stato di Udine) 41 A.S.U. 42 A.P.A. 43 A.P.A. 44 A.S.U. 25 Il parroco che vantava certi crediti chiedeva per saldo al Comune una parte di queste elemosine. Al che il Comune così rispondeva: «Non possiamo per nostra coscienza levare a gloriosi santi titolari de Montisello le ellemosine che da devoti vengono fatte con intenzione d’iluminazione».45 Il 30 maggio dello stesso anno viene annotato: «Speso nella messa cantata delle rogazioni a S. Daniele di Monticello». Alcune «figure di zesso e quadri», si comperano nel 1756.46 Nel 1765 le entrate non erano più tanto floride se si annota quanto segue: «Comparve Gioanni Trinco uno de procuratori de luocchi pii e vedendo agravata la V.C. di S. Danielle, Osvaldo ed Antonio di Monticello per dover far fare, le revisioni ogni triennio avendo misera entrata e così propose all’On. Comun di porger umile e fervente supplica… per scansargli a detta povera chiesa dette spese».47 Nel 1772 le condizioni del tetto erano tali da richiedere delle riparazioni. Il primo bollettino parrocchiaIe riporta che questa chiesa fu distrutta dal terremoto del 1776, e ricostruita nel 1781. Tale nota è in contrasto con la notizia che abbiamo potuto leggere secondo la quale nel 1779: «Nella chiesa campestre di S. Daniele viene celebrato un matrimonio».48 Del 1826 è la seguente nota: «Speso in tolle, fatura per far le porte della chiesa di S. Daniele lire 19». Il giorno 8 giugno 1864 una forte scossa di terremoto distruggeva totalmente questa chiesa. La Curia a tale proposito così scriveva: «Ridotto a tale stato da non poter offiziar l’oratorio di S. Daniele in conseguenza di una forte scossa di terremoto… dichiariamo sospeso canonicamente il medesimo e si trasportino tutti gli arredi sacri nella chiesa parrocchiale e si levi pure dall’altare la pietra sacra e si collochi in un luogo decente».49 L’attaccamento della gente di Andreis verso la chiesa di S. Daniele è dimostrato ancora una volta quando dopo tale distruzione si decise di rifare la chiesa. Sembra che il Comune non volesse assegnare il legname necessario per la cottura di alcune fornaci di calce per cui alcuni uomini in tutta segretezza durante la notte tagliarono il legname necessario. Il Comune trovandosi di fronte al fatto compiuto e non trovando i colpevoli accettò che tali piante fossero usate per la cottura della calce che servì alla ricostruzione della chiesa. È dopo questa ricostruzione che nella chiesa di S. Daniele si verifica un fatto nuovo e determinante, quello cioè dell’insediamento di una immagine dedicata alla Madonna della Salute. Questa venne collocata in una apposita nicchia sulla parete di destra entrando, mentre sull’Altar Maggiore si rimise l’antico quadro del 1723 dedi- 45 A.P.A. 46 A.S.U. 47 A.P.A. 48 A.P.A. 49 A.P.A. 26 cato a S. Daniele, quello cioè che era stato momentaneamente tolto a causa del terremoto. Questo quadro che fungeva da Pala d’Altare rimase in loco fino a pochi anni fa quando fu tolto, come si disse allora, col proposito di farlo restaurare, ma a tutt’oggi non ha trovato la via del ritorno. Anche l’altare in legno è stato sostituito con quello attuale. Sopra questo altare venne posta la Madonna del Rosario che si trovava nella chiesa parrocchiale, mentre quella della salute che si trovava nella nicchia di destra venne posta in sacrestia. Questi spostamenti crearono dal lato religioso e dal lato toponomastico molta confusione tant’è vero che nessuno oggi dice «S. Daniele di Monticello o la Madonna della Salute nella chiesa di S. Daniele sul colle Monticello» ma si arriva all’assurda denominazione di «Madonna della SaIute di S. Daniele» o peggio ancora «Madonna della Salute sul colle di S. Daniele» mentre il colle è sempre stato quello di Monticello. Con l’insediamento della Madonna che si trovava nella chiesa parrocchiale, la chiesa sul Colle di Monticello che come si è detto in origine fu dedicata ai Santi Daniele, Osvaldo e Antonio e successivamente anche alla Madonna della Salute appartiene ora alla Madonna del Rosario. 27 Il sentiero parte dalla S.R. n. 251 “della Val Cellina e di Zoldo”, tra Maniago e Montereale Valcellina, a circa 800 m prima del ponte di Ravedis (quota 310 m). Inizialmente il sentiero si addentra nella valle di San Antonio, con un percor- so pianeggiante; dopo alcuni tornanti su un lastricato solcato dallo storico passaggio di carri e slitte, si giunge ad una bella cappella (quota 580 m). Proseguendo, dopo un tratto pianeggiante, il sentiero si addentra nel bosco fino a giungere alla forcella Crous (quota 756 m). Si prosegue a destra risalendo il sentiero che conduce verso il crinale occidentale del Monte Jouf fino ad incrociare la pista forestale che scende dall’omonima malga. Si scende lungo la pista fino a giungere alla forcella di Pala Barzana (quota 840 m). Si risalgono i prati a Nord della strada, superando prima un tratto boscoso e poi un ampio circo ghiaioso attraversato da faglie che mettono a contatto masse rocciose di diversi periodi di formazione e natura (Linea Barcis Staro Selo, già Sovrascorrimento periadriatico). Si risale un altro tratto bo- scoso e si giunge alla Casera di Pala Barzana (quota 1119 m). Dalla casera si prosegue verso Nord risalendo prima dei ripidi prati e poi un ghiaione. Un cordino metallico agevola la risalita di un breve e facile tratto roccioso per poi proseguire su detriti. Si svolta a destra incontrando il sentiero che giunge da Pian delle Merie e proseguendo si arriva in forcella Capra (quota 1824 m). Si scende lungo l’altro versante, virando a destra e proseguendo lungo la base delle ver- ticali pareti rocciose del Crinal de Basson. Si attraversa un bosco fino a giungere in una conca erbosa ove un tempo sorgeva la Casera Basson (ruderi). Si scende un tratto boscoso fino ad incontrare la pista forestale, recentemente realizzata, che conduce alla Casera Chiavalot. Si prosegue verso destra, per alcune centinaia di metri, lungo la strada per poi imboccare il sentiero che scende sulla sinistra. Si riattraversa la strada, dopo averla risalita per alcuni metri, proseguendo per il sentiero che, attraversando un bosco di faggi, conduce alla strada della Val Silisia, circa 1 km a monte della diga del lago di Selva (quota 690 m). DESCRIZIONE TEMPI NOTA 967 975 975a 976 977 979 979a 983 996 997 899 Sentieri Ponte RAVEDIS N. 967 » PERCORSO Ponte Ravedis - Forcella Crous Forcella di Pala Barzana - Forcella Capra - Val Silisia » PARTENZA Ponte Ravedis (q. 310 m) » ARRIVO Val Silisia (q. 690 m) » DISLIVELLO IN SALITA 1500 m » LUNGHEZZA 14 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Malga Jouf (ricovero di emergenza) - Casera Pala Barzana DESCRIZIONE Il sentiero parte dalla S.R. n. 251 “della Val Cellina e di Zoldo”, tra Maniago e Montereale Valcellina, a circa 800 m prima del ponte di Ravedis (quota 310 m). Inizialmente il sentiero si addentra nella valle di San Antonio, con un percorso pianeggiante; dopo alcuni tornanti su un lastricato solcato dallo storico passaggio di carri e slitte, si giunge ad una bella cappella (quota 580 m). Proseguendo, dopo un tratto pianeggiante, il sentiero si addentra nel bosco fino a giungere alla forcella Crous (quota 756 m). Si prosegue a destra risalendo il sentiero che conduce verso il crinale occidentale del Monte Jouf fino ad incrociare la pista forestale che scende dall’omonima malga. Si scende lungo la pista fino a giungere alla forcella di Pala Barzana (quota 840 m). Si risalgono i prati a nord della strada, superando prima un tratto boscoso e poi un ampio circo ghiaioso attraversato da faglie che mettono a contatto masse rocciose di diversi periodi di formazione e natura (Linea Barcis Staro Selo, già Sovrascorrimento periadriatico). Si risale un altro tratto boscoso e si giunge alla Casera di Pala Barzana (quota 1119 m). Dalla casera si prosegue verso nord risalendo prima dei ripidi prati e poi un ghiaione. Un cordino metallico agevola la risalita di un breve e facile tratto roccioso per poi proseguire su detriti. Si svolta a destra incontrando il sentiero che giunge da Pian delle Merie e proseguendo si arriva in forcella Capra (quota 1824 m). Si scende lungo l’altro versante, virando a destra e proseguendo lungo la base delle verticali pareti rocciose del Crinal de Basson. Si attraversa un bosco fino a giungere in una conca erbosa ove un tempo sorgeva la Casera Basson (ruderi). Si scende un tratto boscoso fino ad 30 N Monte Raut incontrare la pista forestale, recentemente realizzata, che conduce lla Casera Chiavalot. Si prosegue verso destra, per alcune centinaia di metri, lungo la strada per poi imboccare il sentiero che scende sulla sinistra. Si riattraversa la strada, dopo averla risalita per alcuni metri, proseguendo per il sentiero che, attraversando un bosco di faggi, conduce alla strada della Val Silisia, circa 1 km a monte della diga del lago di Selva (quota 690 m). TEMPI 6h 40min » 1h 30min Maniago - Forcella Crous Pala Barzana »30min Forcella Crous - Forcella di Pala Barzana Forcella di Pala Barzana - Casera di Pala Barzana »40min »2h Casera di Pala Barzana - Forcella Capra »2h Forcella Capra Val Silisia NOTA Da forcella Capra si può salire fino alla vetta del M. Raut (q. 2025 m) in circa 50 min. N. 967 VAL silisiA andreIS N. 975 » PERCORSO Andreis - Forcella Navalesc Forcella Giaveid » PARTENZA Andreis (q. 456 m) » ARRIVO Forcella Giaveid (q. 1476 m) » DISLIVELLO IN SALITA 1150 m » LUNGHEZZA 7 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Nessuno DESCRIZIONE Da Andreis (quota 456 m) inizialmente si prosegue lungo la strada che conduce ad Alcheda fino a giungere nei pressi di un ponte ove si svolta a destra e si attraversa un ruscello (tabella con indicati i sentieri n. 975 - 976 - 979). Seguendo la mulattiera si giunge al bivio sul torrente Ledron. A sinistra il sentiero n. 976 conduce alla forcella d’Antracisa mentre, a destra, il sentiero n. 975 porta alla forcella Navalesc. Si prosegue quindi a destra risalendo il sentiero che costeggia il torrente, attraversandolo in più occasioni (difficoltà in caso di piene). Giunti in una zona caratteristica per la presenza lungo il sentiero di grossi massi, si entra in una valle chiusa da alte pareti verticali per poi piegare prima a destra e poi a sinistra. Si risale poi il canalone a nord (attenzione alla presenza di un nevaio ad inizio stagione) fino a giungere in forcella Navalesc (quota 1526 m). Dalla forcella, il sentiero prosegue lungo i prati del Navalesc, verso nord. A quota 1594 m il sentiero si dirige verso Ovest attraversando una ampia conca dalla quale sono visibili i ruderi di Casera Valinfier. Si scende quindi lungo una cengia esposta e in breve si giunge in forcella Giaveid (quota 1476 m). Il sentiero non è sempre molto evidente e in più punti è richiesta particolare attenzione per evitare di uscire dal tracciato. 32 N Forcella Giaveid dalla Val Silisia TEMPI 4h 40min Andreis - Forcella Navalesc Forcella Navalesc - Forcella Giaveid » 3h 10min » 1h 30min NOTA Percorso impegnativo e indicato a chi ha esperienza di percorsi in ambiente impervio. Nel tratto tra forcella Navalesc e forcella Giaveid c’è solo una traccia. Manutenzione del sentiero N. 975 FORCELLA GIAVEID le tronconere N. 975a » PERCORSO Le Tronconere - Ruderi Casera Navalesc Forcella Navalesc » PARTENZA Le Tronconere (q. 603 m) » ARRIVO Forcella Navalesc (q. 1526 m) » DISLIVELLO IN SALITA 950 m » LUNGHEZZA 3,5 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Nessuno DESCRIZIONE Dalla località Le Tronconere (quota 603 m), piccola frazione abbandonata posta ad Ovest del Lago di Selva in Val Silìsia, si lascia la strada e si imbocca il sentiero n. 975a. Oltrepassato un corso d’acqua affluente del torrente Silìsia, si risale la Val Andreana addentrandosi in un fitto bosco di faggi. Il sentiero risale rapidamente fino a giungere ai ruderi della Casera Navalesc e da lì, rapidamente, si arriva all’omonima forcella (quota 1526 m). Come per gli altri sentieri di questa zona, è consigliabile essere accompagnati da persone che conoscono i luoghi. 34 N Val Silisia TEMPI 3h NOTA Percorso poco frequentato in alta Val Silisia, può essere un’alternativa alla parte terminale del sent. 975. Forcella Navalesc forcella navalesc N. 975a Andreis N. 976 » PERCORSO Andreis - Forcella d’Antracisa » PARTENZA Andreis (q. 456 m) » ARRIVO Forcella d’Antracisa (q. 1173 m) » DISLIVELLO IN SALITA 750 m » LUNGHEZZA 3 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Bivacco dell’Asta DESCRIZIONE Da Andreis (quota 456 m) inizialmente si prosegue lungo la strada che conduce ad Alcheda fino a giungere nei pressi di un ponte ove si svolta a destra e si attraversa un ruscello (tabella con indicati i sentieri n. 975 - 976 - 979). Seguendo la mulattiera si giunge al bivio sul torrente Ledron. A sinistra il sentiero n. 976 conduce alla forcella d’Antracisa mentre, a destra, il sentiero n. 975 porta alla forcella Navalesc. Si prosegue quindi a sinistra attraversando il torrente Ledron per poi proseguire percorrendo in rapida salita un rado bosco di pino e faggio. Superato questo, il sentiero taglia a mezzacosta il versante e si addentra nella selvaggia valle con una pendenza molto lieve. Quindi inizia, sempre in rado bosco, l’ultima parte molto ripida che risale un costone esposto a est fino a giungere in forcella d’Antracisa (quota 1173 m), dove si incontra il sentiero che arriva da Alcheda e prosegue per forcella d’Asta e all’omonimo bivacco. 36 N Verso forcella d’Antracisa TEMPI 2h 30m NOTA Il sentiero è stato sottoposto ad un’accurata manutenzione nel luglio 2011 in occasione dell’apertura del bivacco dell’Asta. Percorso più diretto e agevole per giungere al bivacco dell’Asta. Alcheda Forcella d’Antracisa N. 976 ALCHEDA N. 977 » PERCORSO Alcheda - Forcella d’Antracisa Forcella dell’Asta » PARTENZA Alcheda (q. 542 m) » ARRIVO Forcella dell’Asta (quota 1385 m) » DISLIVELLO IN SALITA 650 m » LUNGHEZZA 2,5 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Bivacco dell’Asta DESCRIZIONE Da Alcheda (quota 542 m), si risale la bella scalinata dietro alle case più alte del paese e ci si addentra in un piccolo bosco oltrepassando una zona franosa, quindi si prosegue su una mulattiera ancora all’interno del bosco in un tratto molto ripido. Il sentiero poi esce su un costone sud del Monte Taront, dove il bosco sta ormai da alcuni decenni invadendo il grande prato che si estendeva fin quasi sulla cima. Si risale tutto questo costone e si aggira il versante occidentale del Monte Taront con un lungo traverso quasi orizzontale dominato da pino mugo che ostacola un po’ il cammino, si giunge quindi in un tratto esposto e franoso in cui bisogna fare molta attenzione. Si aggira quindi il costone verso nord, scendendo in un bel bosco di faggi e si arriva in forcella d’Antracisa (quota 1173 m) dove arriva anche il sent. 976. Si prosegue poi su un sentiero erboso, nella prima parte ripido e gradualmente con minor pendenza, quindi in un rado bosco di faggio, e nuovamente su tratti erbosi ma con qualche punto molto esposto prima di giungere in forcella dell’Asta (quota 1385 m) dove si trova il bivacco dell’Asta, costruito nel 2011 e di proprietà del Comune di Andreis. 38 N Bivacco dell’Asta TEMPI 3h Alcheda - Forcella d’Antracisa Forcella d’Antracisa - bivacco dell’Asta » 2h 30min »30min NOTA Attenzione da Alcheda a forcella d’Antracisa: percorso per escursionisti esperti. Verso l’antre dell’Asta N. 977 VAL MOLASSA Andreis N. 979 » PERCORSO Andreis - Bivio sentiero n. 975 Forcella Le Pitte - Aga dal Muscle - Andreis » PARTENZA Andreis (q. 456 m) » ARRIVO Andreis (q. 456 m) » DISLIVELLO IN SALITA 300 m » LUNGHEZZA 5,5 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Nessuno DESCRIZIONE Da Andreis (quota 456 m) inizialmente si prosegue lungo la strada che conduce ad Alcheda fino a giungere nei pressi di un ponte ove si svolta a destra e si attraversa un ruscello (tabella con indicati i sentieri n. 975 - 976 - 979). Seguendo la mulattiera si giunge al bivio sul torrente Ledron. A sinistra il sentiero n. 976 conduce alla forcella d’Antracisa mentre, a destra, il sentiero n. 975 porta alla forcella Navalesc. Si prosegue quindi a destra risalendo il sentiero che costeggia il torrente, attraversandolo in più occasioni (difficoltà in caso di piene). Continuando per il torrente, si oltrepassa una strettoia e il sentiero si stacca a destra e risale lungo un pendio boscoso, ripido nella prima parte, fino ad arrivare alla forcella delle Pitte (quota 752 m) piccola insenatura tra il Monte Ciavac e i pendii meridionale del Monte Raut. In discesa per pendii erbosi e ghiaiosi si arriva sul greto del torrente Susaibes in prossimità della sorgente Aga del Muscle (bivio con il sentiero n. 979a), si segue quindi il torrente fino all’evidente faglia di sovrascorrimento periadriatico, dove, in prossimità di una grande briglia, è possibile osservare gli specchi di faglia. Si esce quindi dalla valle del Susaibes imboccando una stradina delimitata da un bel muro di pietra a secco, si risale attraverso i prati sotto la chiesetta di San Daniele di Monticello (con una breve deviazione di può salire fino alla chiesetta e osservare dall’alto la forra del Susaibes) e si ritorna ad Andreis (quota 456 m). 40 N Frantumazioni di faglia periadriatica TEMPI 3h 30min Andreis - Forcella Le Pitte Forcella Le Pitte - Andreis » 2h 10min » 1h 20min NOTA Percorso naturalistico interessante per tutte le particolarità faunistiche, botaniche e geologiche che si possono osservare. Cartelli al ponte sul Ledron N. 979 ANDREIS Bivio sent. n. 979 N. 979a » PERCORSO Bivio sentiero n. 979 Plangiaria - Andreis » PARTENZA Bivio sentiero n. 979 (q. 480 m) » ARRIVO Andreis (q. 456 m) » DISLIVELLO IN SALITA 450 m » LUNGHEZZA 3 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Nessuno DESCRIZIONE In prossimità della sorgente Aga dal Muscle (quota 480 m) all’interno della valle del Susaibes a cui si giunge con il sent. n. 979, partendo dalla località il sentiero inizia con numerosi ripidi tornantini esposti sulla sottostante valle. Poi i tornanti diventano più lunghi, meno ripidi e si snodano all’interno di bosco di pino fino a raggiungere i prati di Plangiaria (quota 900 m). Quindi in discesa prima all’interno di un bosco di nocciolo e poi a tratti su prati, si ritorna dove la valle del Susaibes si apre verso il paese di Andreis. Attraversato il torrente e sfiorata una fornace di calce, si arriva alle prime case di Andreis (quota 456 m). Lungo il percorso del sentiero n. 979 all’interno nella gola formata dal torrente Susaibes si può osservare un interessante aspetto geologico della zona: la faglia di sovrascorrimento periadriatico Barcis-Staro Selo. Questa linea è generata dalle forze di compressione tra la zolla continentale europea e quella africana. Essa attraversa tutto il Friuli da Barcis all’alta valle dell’Isonzo e prosegue poi verso la Slovenia e la Croazia, possiede un piano di scivolamento immerso verso nord che provoca il sovrascorrimento della dolomia principale sugli strati di flysch eocenico molto più recente. Questo determina la verticalizzazione degli strati dolomitici e gli specchi di faglia (in corrispondenza della grande briglia che sbarra la valle), una grande frantumazione delle rocce provocato dall’attrito degli strati contrapposti. La valle assume un insolito aspetto spettrale caratterizzato da guglie, pinnacoli, massi incastrati nelle spaccature e con un grande accumulo di sfasciumi, pietrischi e ghiaie e con pendii privi di vegetazione. 42 N Monte Fara, versante nord TEMPI 2h NOTA Percorso naturalistico sopra la faglia di sovrascorrimento periadriatico (linea BarcisStaro Selo). M. Raut N. 979a andreis Maniago N. 983 » PERCORSO Maniago - Casera Monte Jouf - Monte Jouf Forcella Crous - Monte Fara - Molassa (Andreis) » PARTENZA Maniago (q. 293 m) » ARRIVO Molassa (q. 390 m) » DISLIVELLO IN SALITA 1500 m » LUNGHEZZA 13 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Malga Jouf (ricovero di emergenza) DESCRIZIONE Dai parcheggi a nord di piazza Italia a Maniago, si prosegue risalendo la strada asfaltata che conduce ai ruderi del castello di Maniago (quota 293 m). Si prosegue per qualche altro centinaio di metri per poi abbandonare la strada. Si risale a destra lungo il sentiero n. 983 che inizialmente attraversa boschi e poi un tratto ghiaioso fino ad intersecare la strada precedentemente abbandonata che porta alla Casera Jouf. Si percorre la strada per qualche centinaio di metri per poi abbandonarla nei pressi del primo tornate e proseguire a destra lungo il sentiero che conduce alla parte più orientale dei pascoli. Oltrepassata la malga (quota 1115 m), per mulattiera, si giunge sulla vetta del Monte Jouf (quota 1203 m). Si prosegue per la panoramica cresta occidentale del monte che scende in forcella Crous (quota 756 m), per poi risalire la cresta settentrionale del Monte Fara, prima all’interno di folti boschi e poi per ripidi prati fino a pervenire sulla vetta (quota 1342 m). Si prosegue seguendo la lunga cresta occidentale del Fara fino ad incontrare la strada asfaltata (quota 390 m) che collega la località Molassa con Andreis. 44 N Panorama dal Monte Fara TEMPI 8h 30min Maniago - Casera Monte Jouf Casera Monte Jouf - Monte Jouf Monte Jouf - Forcella Crous Forcella Crous - Monte Fara Monte Fara - Molassa » 2h 15min »30min »2h » 1h 30min » 2h 15min NOTA Interessante percorso lungo le creste che chiudono la valle verso sud. Casera di Monte Jouf N. 983 molassa ponte antoi N. 997 » PERCORSO Ponte Antoi - Strada del Dint » PARTENZA Ponte Antoi (q. 404 m) » ARRIVO Strada del Dint (q. 462 m) » DISLIVELLO IN SALITA 140 m » LUNGHEZZA 3,8 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Nessuno DESCRIZIONE A Ponte Antoi, in comune di Barcis, poco prima della diga del lago, si imbocca il sentiero, da subito abbastanza ripido, entro un bosco di faggio. Superato questo primo tratto si giunge ad un primo belvedere sulla forra del Cellina in prossimità dello sbarramento artificiale. Continuando ora con piccoli saliscendi, si arriva al secondo belvedere che si sporge sempre sulla forra e poi si prosegue all’interno del ciglio del costone. Quindi si scende leggermente inoltrandosi nel bosco fino al bivio del terzo belvedere che, imboccato sulla destra, ci porta sopra un cocuzzolo con vista panoramica sul paese di Andreis. Si ritorna quindi indietro e si scende fino a raggiungere la strada comunale del Dint. Seguendo in discesa la strada, in circa 15-20 minuti, si ritorna a Ponte Antoi. 46 N Monte Castello TEMPI 1h 30min NOTA Questo percorso si sviluppa nel territorio del Comune di Barcis, ma dall’ultimo belvedere offre una splendida visuale sulla conca di Andreis e sui monti che la attorniano. L’inizio del sentiero N. 997 strada del dint sentiero frassati N. 899 » PERCORSO Maniago - Madonna di Strada - Fanna - Frisanco Poffabro - Pala Barzana - Maniago » PARTENZA Maniago (q. 285 m) » ARRIVO Maniago (q. 285 m) » DISLIVELLO IN SALITA 1100 m » LUNGHEZZA 30 km Ricoveri, bivacchi, rifugi Alberghetti a Maniago, Fanna, Frisanco e Andreis DESCRIZIONE Il percorso inizia a Maniago, nei pressi del Coricama, prendendo la strada statale per alcune centinaia di metri fino all’incrocio per la circonvallazione; si gira a destra e si passa attraverso il sottopasso, dopo un centinaio di metri si trova a sinistra un battiferro dove si prende una stradina a fondo naturale che attraversa un bel boschetto nella zona delle “Peschiere”; la si segue costeggiando la roggia, passando per il depuratore e continuando fino a trovare un’altra strada che scende a sinistra verso i magredi del torrente Colvera fino ad arrivare alla strada Fanna-Campagna; si gira prima a destra, subito poi a sinistra a prendere una stradina interpoderale fino a raggiungere il guado sul torrente Colvera oltrepassato il quale si arriva al Santuario “Madonna di Strada”. Dal Santuario si prende la strada asfaltata che porta a Fanna. Dopo circa 700 m – nei pressi di un ristorante – si incrocia la strada regionale 464; si prosegue diritti passando per la borgata di Mistris, poi sottopassata la ferrovia si incrocia la provinciale dei Maraldi nei pressi della chiesetta di San Silvestro. Continuando lungo la via Visinale si arriva in piazza passando davanti alla chiesa parrocchiale di San Martino, patrono di Fanna; girando a sinistra si passa davanti all’ex asilo e si prosegue per la via Toffoli fino al suo termine, dove tra le ultime case si prende una strada sterrata che costeggia il rugo Manarin fino ad oltrepassare un segnale di divieto di circolazione, dove inizia un sentiero sulla destra che, ben marcato, sale alla chiesetta della “Madonna della Stangjada”. Qui incontriamo la strada asfaltata che arriva da Valdestali e porta direttamente a Frisanco. 48 N Andreis Dalla Chiesa parrocchiale delle Ss. Maura e Fosca si scende alla sottostante piazzetta con la tipica fontana e si prosegue a sinistra su una vecchia mulattiera a fondo ciottolato “codolar” che scende verso il torrente Muié. Attraversato il ponticello si arriva sulla strada che porta a Casasola; si gira a sinistra e si prosegue per circa 200-300 m lungo la strada fino al ponte, prima del quale una strada a fondo naturale prosegue sulla destra fino ad alcune case, passando per la chiesetta di Sant’Antonio abate un po’ nascosta nel bosco. La strada ora diventa un sentiero che costeggia il Muiè nella vegetazione un po’ fitta, fino a guadare il torrente, per poi salire sulla strada che porta al centro di Poffabro, davanti alla chiesa di San Liberale. Lungo le tipiche viuzze si va a imboccare il comodo sentiero che sale al Monastero benedettino “Santa Maria” nella borgata Villa Santa Maria. Raggiunto il Monastero si scende per la strada per circa un centinaio di metri fino a trovare sulla destra una larga mulattiera che poi diventa sentiero che porta al Santuario di Santa Maria Salus Infirmorum a Pian delle Merie, passando per il borgo Rioni. Dal Santuario incomincia la parte prettamente escursionistica del percorso. Si prende il sentiero con segnavia bianco-rosso che sale verso il M. Ràut: attraversando il rugo della Brenta e passando per la presa dell’acquedotto si arriva alla base dei ghiaioni che scendono dalla montagna. Si lascia il sentiero diretto verso il Ràut e si imbocca un altro sentiero che porta quasi orizzontalmente alla casera di Pala Barzana bassa (in discreto stato di conservazione) con possibilità di ricovero d’emergenza. Da dietro la casera un sentiero sale lungo il bosco misto che poi diventa pi- N. 899 sentiero frassati San Daniele del Monticello neta fino ai sovrastanti prati della casera di Pala Barzana alta, ridotta in ruderi; siamo nel punto più alto del percorso. Ora si scende alla forcella di Pala Barzana, passando per il fratturamento roccioso causato dal sovrascorrimento della faglia periadriatica. Dal monumento agli alpini si prende la pista forestale che sale verso la cima del Monte Jouf, al primo tornante il sentiero scende alla forcella della Crous, antico collegamento fra la Valcellina e la Pianura. Seguendo la bella mulattiera si continua a scendere fino al capitello di Sant’Antonio, luogo di sosta e di preghiera per i viandanti di un tempo. Dietro il capitello inizia un tratto di sentiero che raccorda con quello sovrastante che proviene sempre dalla forcella della Crous. Da questo sentiero, girato un’angolo del costone della montagna, si apre una splendida vista sull’alveo del torrente Cellina, sulla pianura pedemontana e sul lago di Ravedis; continua mantenendosi in quota, tagliando il versante roccioso del M. Jouf fino a che si trova un bivio dove un altro sentiero sale a sinistra e porta verso la località di Val Piccola, qui si incontra il sentiero n. 983 che scende nell’abitato di Maniago, passando per i ruderi dell’antico castello. Poi lungo la via Castello si arriva in piazza Italia e per via Fabio si conclude il percorso presso il Coricama. Dalla forcella della Crous si scende lungo la vecchia mulattiera fino a Bosplans ad ammirare la vecchia fontana scavata nella pietra e una panchina di pietra con incisa una poesia di Federico Tavan poeta di Andreis; si continua a scendere sempre sul vecchio tracciato fino al ponte sul torrente Alba, poi per strada asfaltata fino all’abitato di Andreis. Il ritorno per lo stesso percorso. 50 N Lago di Ravedis da Monte Jouf TEMPI 10h 30 min Maniago - Madonna di Strada Madonna di Strada - Frisanco Frisanco - Pian delle Merie Pian delle Merie - casera Pala Barzana F.lla Pala Barzana F.lla Pala Barzana - Maniago F.lla Crous - Andreis e ritorno » 1h 30min » 2h 30min » 1h 30min » 2h 30min » 2h 30min » 2h 30min NOTA Percorso religioso Beato Piergiorgio Frassati, lungo il quale si incontrano oltre una decina di luoghi di culto. sentiero frassati N. 899 Lago di Barcis Indice Saluto del Sindaco Franca Quas......................................................................................................................................................................... p. 5 Prefazione del Presidente della Commissione Giulio Carnica Sentieri Danilo Bettin.......................................................................................................................................................................... » 6 La Villa e la Valle di Andreis Giuseppe Rosa.................................................................................................................................................................... » 9 I sentieri di Andreis »967.............................................................................................................................................................................. » »975............................................................................................................................................................................... » »975a........................................................................................................................................................................... » »976............................................................................................................................................................................... » »977............................................................................................................................................................................... » »979............................................................................................................................................................................... » »979a........................................................................................................................................................................... » »983.............................................................................................................................................................................. » »997.............................................................................................................................................................................. » »899.............................................................................................................................................................................. » 30 32 34 36 38 40 42 44 46 48 andreis… storia ANDREIS …storia SENTIERI E SENTIERI CLUB ALPINO ITALIANO Regione Friuli Venezia Giulia Commissione Giulio Carnica Sentieri E Commissione Giulio Carnica Sentieri La Commissione Giulio Carnica Sentieri è un organo tecnico del Club Alpino Italiano della Regione Friuli Venezia Giulia. Ha il compito di coordinare il lavoro di manutenzione dei sentieri del Friuli Venezia Giulia svolto dalle varie Sezioni del CAI dislocate sul territorio. La Commissione, inoltre, fornisce disposizioni sui metodi di lavoro e prepara gli operatori. Il lavoro di manutenzione consiste principalmente nel taglio di piante e arbusti, sistemazione del piano di calpestio, segnatura e posa di tabelle segnaletiche. Tutte queste operazioni vengono effettuate da soci del CAI a titolo gratuito e impegnano in regione, durante tutto l’arco dell’anno, circa 250 volontari. andreis …storia e SENTIERI » P E R C O R S O » P A RTE N Z A » A R R I V O » D I S LI V E LLO I N S A LITA » LU N G H E Z Z A Andreis Andreis (m 454 slm) si trova sulla sinistra orografica del Torrente Cellina nella parte inferiore della Valle omonima. È posto su un terrazzamento alluvionale situato all’interno di una conca sotto i ripidi pendii di cime di elevata altezza: Monte Raut, Monte Castello, Monte Corta a nord; il Monte Jouf e il Monte Fara che racchiudono la valle verso sud. Queste montagne impervie, selvagge e silenziose e i corsi d’acqua torrentizi che le attraversano Alba, Ledron e Susàibes formano un territorio dall’habitat ideale per il maggiore dei rapaci: l’aquila reale. Caratteristica architettonica del paese, sono le abitazioni a schiera disposte su due o tre piani e soffitta (dalt a dalt), in genere esposte verso sud e sud-ovest; hanno un porticato al piano terra e ballatoi (dalt) ai piani superiori racchiusi da parapetti in legno (late) utilizzati anche per essiccare i cereali. Il cortile è uno spazio in comune e nella parte vecchia del paese (via N. Sauro) esso è racchiuso da mura in pietrame a difesa delle abitazioni. I sentieri del paese un tempo utilizzati esclusivamente per le attività economiche agresti, si snodano ancor oggi in questo territorio selvaggio e ai più sconosciuto, inerpicandosi dentro valli e canaloni dal fascino incontaminato e tutto da scoprire.