1
UNIVERSITA'DI PADOVA
Quadernidell'Istituto di Geografia
Padova 1982
UGO MATTANA -MARTINA
BENVENUTI, Fiere e mercati
della provincia di Treviso
C6mitato Scientifico:
Eugenia BEVILACQUA
GiovanniB. PELLEGRINI
Marcello ZUNICA
Il Consiglio dell'Istituto di Geografia d~ll'Università di Padova
ha deciso di provvedere direttamente alla pubblicazione di parte dei lavori scientifici eseguiti
nel proprio ambito formalizzando una precedenteesperienza.A
questi "Quaderni" che non avranno scadenzaperiodica saranno affiancati alcuni fascicoli
-"Materiali" -che informeranno
sullo stato delle ricerche in corso. In tal modo si auspica di poter far conoscere celermente e
in maniera agile alcune delle
problematiche trattate e i risultati via via conseguiti in modo
da suscitare anche eventuali discussioni utili per un ulteriore
approfondimento delle indagini.
Il Comitato Scientifico
2.
4.
INDICE
Premessa
7
PROBLEMI, METODI, FONll
1.1
Metododilavoro
.."".."..
1.2
1.4
l .3
Problema
Caratteristiche
Aspetti
giuridici.
terminologico
del
territorio.
9
...
12
14
1.6
1.5
Vie
Presentazione
di comunicazione.generale
dei
dati.
.
20
23
MERCAn E FIERE NELL'OTTOCENTO
2.1 Aspetti quantitativi
tativi
2.2 Aspetti quali
3.
26
32
MERCATI E FIERE NEL NOVECENTO (fino al 1962)
3.1
3.2 Aspetti
Aspettiquantitativi
qualitativi
39
41
MERCAn E FIERE DAL 1962 AD OGGI
5,
4.1
4.1.1
Mercati
Nuovo
impulso
4.2
4.2.1
4.1.2
4.2.2
Fiere
Fiere
Aspettiqualitativi
"Manifestazioni
tradizionali.
quantitativo
45
45
50
56
56
58
fieristiche".
CONSIDERAZIONI INTERPRETATIVE
5.1
5.2
Mercati,
Mercati
ed
sistema
evoluzione
distributivo,
demograficaaree
di
mercato
Conclusioni.
Bibliografia.
62
64
67
69
APPENDICE
-Evoluzione
del rapporto popolazione-mercati ai censimenti del
1871,del 1901,deI1951,de1 1961 eneI1980
75
-Mercati, fiere, "manifestazioni fieristiche" nei comuni della provincia alle rilevazioni del 1823, 1832,1837,1844,1869,1886,1898,
1905,1922,1951,1962,1980
76
-Scheda utilizzata per l'inchiesta presso i comuni nel 1980.
86
6
Premessa
Nell'affrontare questo tema ricco di aspetti geografici, storici, economici e sociali, molti sono stati j problemi che si sono dovuti risolvere,
primo fra tutti quello d~l reperimento dei dati. Nella inadeguatezza e fluidità della attuale legislazione e con il recente passaggio alle regioni delle
funzioni amministrative in materia di fiere e mercati, si è determinata nell'area in esame una carenza di coordinamento e di informazione. In questa situazione la più recente fonte edita, da noi utilizzata, resta ancora quella pubblicata dalla CCIAA di Treviso nel 1962, ultima di una serie iniziata alla fine del secolo scorso.
Tale carenza diventa tanto più condizionante per la ricerca in quanto
riguarda il periodo di maggiori cambiamenti economici e sociali della provincia che hanno profondamente inciso anche sul fenomeno fieristico e
mercatale.
Per questi motivi un momento fondamentale della presente indagine
è costituito da una inchiesta presso i singoli comuni, che si sono mostrati
particolarmente sensibili ad una fattiva collaborazione. Per alcuni aspetti
storici un notevole aiuto è stato inoltre fornito dall' Archivio del Comune
di Conegliano.
A tutte queste amministrazioni, e alla Camera di Commercio di Treviso che ha gentilmente fornito documentazioni ed informazioni relative
7
a situazioni attuali. e storiche, desideriamo esprimere un sincero ringrazia-
mento.
Data l'estrema dispersione delle informazioni sull'argomento qui trattato, e nella prospettiva di un proseguimento della ricerca, gli autori ringraziano fin d'ora quanti vorranno collaborare con osservazioni e contri-
buti.
L'indagine è stata svolta presso l'Istituto di Geografia dell'Università
di Padova. Gli autori hanno organizzato in collaborazione la struttura generale della ricerca, elaborandone poi separatamente i vari capitoli: U. Mattana i capitoli primo, quarto e quinto; M. Benvenuti i capitoli secondo e
terzo.
8
PROBLEMI, METODI, FONTI
Metodo di lavoro
Non sono molto numerose le aree del territorio italiano oggetto di ricerche geografiche riguardanti fiere e mercati, benché un certo interesse si
sia manifestato in questo senso presso i geografi a partire dagli anni '50 1 ;
tali aree coprono intere regioni, singole province, o territori geografici diversamente caratterizzati 2.
E' parso utile e importante rivolgere l'attenzione ad una regione come il Veneto che, se da un lato si presenta ricca di tradizioni commerciali
e sempre interessata da correnti di traffico anche internazionali, non risulta tuttavia ancora studiata sotto questo profilo. Le recenti trasformazioni
dell'agricoltura e la, diffusione delle attività industriali, responsabili di rapide evoluzioni nei modi di vita, nei tipi di insediamento e nei modelli di
consumo, giustificano ulteriormente questa scelta.
Si è presa inizialmente in considerazione la provincia di Treviso: in essa, il policentrismo che ha caratterizzato lo sviluppo economico di tutta la
regione appare particolarmente evidente, mentr.e ancora permangono alcune tradizioni manifatturiere; inoltre in un quadro geografico risulta di notevole interesse il rapporto collina-pianura.
L'argomento richiedeva fm dall'inizio un approccio che ne considerasse i molteplici aspetti, a meno di non ridurre la ricerca ad una fotografia
acritica della situazione attuale; ma questa non si spiega se non com~ esito
di uno sviluppo storico.
In questa prospettiva diacronica è parso opportuno che l'analisi dei
cambiamenti intrinseci al fenomeno fiere-mercati e della sua dislocazione
spaziale, non andassedisgiunta da considerazioni di carattere storico ed an-
l Originale per la sua impostazione,rimanevaisolato, in passato,l'importante studio di ROLETTO G., Le condizioni geografichedelle Fiere di Pinerolo, "La Geografia", IX, 1921,pp. 99-135.
2 Si presentano qui le indicazioni bibliografiche delle ricerche, in ordine cronologico: NICE B.,
Per uno studio geografico dei mercati periodici della Toscana,"Riv. Geogr. Ital.", LXII, 1955, pp.
307-317; FERRO G., Osservazionigeografichesui mercati periodici e sulle fiere della provincia di
Cuneo, "Riv. Geogr. Ital.", LXX, 1963, pp. 133-148; FERRO G. et al., Studi geografici sui mercati e sulle fiere, Lab. Geogr. Fac. Mag. Univodi Trieste, n. 3, 1964; BONASERA F., Note geografiche sulle "Fiere" e i "Mercati" in Sicilia, "Ann. Fac. Ec. Comm. Univodi Palermo", I, 1969, pp.
267-279; FORMICA C., Osservazionigeografichesulle fiere e sui mercati periodici della Sicilia orientale, "Riv. Geogr. Ital.", LXXVII, 1970, pp. 153-170; MICALE F., Fiere e mercati periodici in provincia di Enna e Caltanissetta,"Tecnica Agricola", XXIV, 1972, pp. 5-23; BIONDI G. et al., Fiere e
mercati della Campania;"Pubbl. 1st. Geogr. Econ. Univodi Napoli", XI, 1974; LEARDI E., Fiere e
mercati delle Langhe,"Pubbl. 1st. Sc. Geogr. Fac. Mag. Univodi Genova", n. 27, 1975; DE SANTIS
G., Fiere e mercati periodici nella Provincia di Perugia: un consuntivo geografico,"Ann. Fac. Lett.
Filos. Univo di Perugia", XIII (1975-1976), 1977, pp. 393-407; BRANCATO ALBANESE M., Fiere, mercati periodici e commercio ambulantein Calabria: aspetti geografici,Messina,Peloritana Ed.,
1979; DE SANTIS G., Fiere e mercati periodici nella Provincia di Temi, "Geografia", V, 1982, pp.
34-40.
9
tropologico: infatti sulla attività commerciale che qui viene presa in esame
influiscono profondamente, come sarà messo in evidenza, modelli culturali e di consumo $toricamente determinati. Non si poteva quindi ignorare,
ad esempio, il sorgere e l'affermarsi, nel periodo considerato, di un mercato nazionale, il persistere di correnti di traffico internazionali, il progressivo ridursi dell'economia chiusa e dell'autoconsumo.
Le stesse caratterizzazioni spaziali del fenomeno qui studiato ed i loro rapporti con gli elementi del territorio (confini amministrativi, vie di
comunicazione, insediamento, ecc.) cambiano e sono cambiati nel tempo
in relazione alle vicende della storia sociale ed economica della regione e
del paese, così come hanno un significato apprezzabile gli interventi legislativi in materia, e l'ambito politico in cui sono maturati.
Sulla base di tali premesse si è ritenuto importante, riguardo all'aspetto storico della presente ricerca, fissare l'attenzione non tanto sulle più
antiche testimonianze reperibili, o su di un andamento generico del fenomeno, quanto su un periodo sufficientemente lungo per il quale fosse
possibile quantificare in qualche misura l'evoluzione dell'attività mercatale e fieristica; nello stesso tempo si è cercato di rendere possibile il confronto tra questo andamento ed altri aspetti della trasformazione demografica, economica e sociale della provincia, per arrivare con tale analisi
fino ai nostri giorni seguendo una metodologia per quanto possibile omo-
genea.
Ci si è riferiti fondamentalmente a due gruppi di documenti.
Il primo è costituito da una serie di almanacchi ed altre pubblicazioni che pur non essendo tutte fra loro omogenee si sono rivelate talora ricche di preziose indicazioni sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo; esse si riferiscono ad alcuni anni nell'arco di tempo che va dal 1823 al
1886. Non è stato possibile coprire con scansione regolare il periodo considerato; fonti anche molto vicine (specie gli almanacchi dei primi decenni) sono state talora utilizzate per il loro interessequalitativo 3.
Il secondo gruppo è invece costituito da una serie di opuscoli editi
dalla Camera di Commercio 9i Treviso che, pur non distribuiti :regolarmente nel tempo, coprono in modo abbastanzaesauriente il periodo che va dal
1898 al 1962. Tali pubblicazioni, concepite con un fine specificamente
commerciale, hanno il pregio di valersi di una metodologia di rilevamento
e di esposizione omogenea; questa caratteristica ha reso superflua la con-
3 Primo gruppo di fonti: BERNARDI V., Almanacco Trivigiano per l'anno 1823, Treviso, Bernardi, 1823; ID., Almanacco trivigiano per l'anno 1832. N. XI, Treviso,Tip. Andreola, 1832; MARTINONI L., Almanacco Storico Provinciale di Trevisoper l'anno 1837, Treviso,Tip. Andreola, 1837;
ZUCCAGNI ORLANDINI A., Corograjiafisica, storica e statistica dell'Italia e delle sue isole, Firenze, 1844; MONTERUMICI D., Annuario statistico-amministrativodella provincia di Treviso, Treviso, Tip. Priuli, 1869; ROSSIJ., Ricordo delle due province di Trevisoe di Belluno, Feltre, Tip. Castaldi,1886.
-10
siderazione di altre fonti più generiche, ripetitive o imprecise 4.
Infine, la mancanza di qualsiasi pubblicazione posteriore al 1962 5
ha reso necessariauna inchiesta diretta presso i singoli comuni; per la raccolta delle informazioni è stata utilizzata una scheda che si riproduce in
appendice.
Oltre alle fonti specifiche si è ritenuto indispensabile analizzare una
documentazione più ampia: da un lato si sono cercati possibili rapporti
con l'evoluzione del fenomeno demografico; dall'altro la tradizione fieristica e mercatale è stata posta a confronto con gli altri aspetti della distribuzione, specie per il periodo più recente. E' stata inoltre presa in considerazione l'attuale problematica delle zone di influenza.
1.2 Problematerminologico
B. Nice nella sua indagine sui mercati periodici della Toscana ha affrontato per primo- in modo esauriente il problema della distinzione terminologica tra fiera e mercato; ad essClsi sono sostanzialmente riferiti gli
autori che in seguito hanno trattato il medesimo argomento.
Giustamente l'Autore sottolinea la complessità del problema, in quanto la definizione di una manifestazione commerciale periodica è condizionata da numerosi fattori. Nel caso della nostra indagine tali difficoltà sono
puntualmente affiorate, mettendo in evidenza soprattutto l'insufficienza
di un criterio esteriore basato sulla durata e la frequenza delle riunioni commerciali periodiche.
La scarsa validità di tale criterio nominalistico è determinata sia da
oscillazioni nell'uso dei termini in fonti contemporanee, sia da usi regionali
o locali diversi, sia da variazioni di tali usi nel tempo. Nell'area considerata l'indagine quantitativa prolungata nel tempo porta ad escludere che le
fiere abbiano sempre durata maggiore dei mercati, o che si possano distinguere solo per la loro scadenza (annuale, talvolta mensile), data la presenza, in alcuni periodi, di mercati con identica periodicità.
Può esseredi qualche interesse, ad esempio, notare che la fiera del primo dell'anno che si teneva a Ponte di Piave nel 1837, caratterizzata dalla
prevalente contrattazione di "minuti istromenti di agraria e di ferro" 6 ve4 Secondogruppo di fonti: CAMERA DI COMMERCIOED ARTI DI TREVISO, Fiere e Mercati
della Provincia di Treviso, Treviso, Longo, 1899; CAMERA DI COMMERCIO ED ARTI DELLA
PROVINCIA DI TREVISO, Fiere e Mercati della Provincia di Treviso,Treviso, Longo, 1905; CAMERA DI COMMERCIO E INDUSTRIA DI TREVISO, Fiere e Mercati della Provincia di Treviso,Treviso, Longo & Zoppelli, 1922; C.C.I.A. DI TREVISO, Fiere e mercati della provinciadi Treviso,Treviso, Longo & Zoppelli, 1951; C.C.I.A. DELLA PROVINCIA DI TREVISO, Fiere e mercati della provincia di Treviso,Treviso, Longo & Zoppelli, 1962.
5 Di nessunautilità è risultata la consultazionedi Fiere, sagre,mercati d'Italia. Edizione /980/81,
Carpi, Gualdi, 1981, compilazionecompendiariae non aggiornata.
6 MARTINONI L., op. cit., p. 220.
/111
niva in seguito registrata, nel 1844, come mercato annuale 7. Ancora, nel
1898 furono istituite nel comune di Vazzola due "fiere-mercati", "deliberate quale parziale reintegrazione del mercato settimanale istituito nel
1870 e durato per circa 15 anni" 8 ; nello stesso anno due riunioni commerciali a scadenza annuale del comune di Cordignano venivano indicate
dalla medesimafonte indifferentemente come mercati o come fiere 8.
Nel 1905 l'opuscolo della Camera di Commercio annota la recente
istituzione di due nuove fiere a Portobuffolè "in luogo dei mercati mensili che non venivano più frequentati" 9.
Infine ad Asolo nel 1905 lO, a Maserada e a Fonte nel 1922 Il sono
registrate fiere mensili di bovini, che si tenevano nello stesso giorno del
mercato settimanale, facendo coincidere nel tempo e nel luogo le due manifestazioni.
Spesso risulta quindi poco fruttuosa una distinzione puramente terminologica, mentre più utile può rivelarsi l'analisi delle funzioni svolte dalle manifestazioni mercatali o fieristiche considerate; tale analisi dovrà tenere conto di elementi quali la composizione merceologica, il tipo di contrattazione, la fissazione dei prezzi, la provenienza di venditori e compratori, i rapporti con l'attività produttiva agricola e manifatturiera 12.
E' opportuno infine sottolineare che le caratteristiche delle fiere e dei
mercati sono cambiate nel tempo, portando talvolta a fame coincidere le
funzioni, talvolta a distinguerle.
Tali problemi interpretativi qui genericamente prospettati, verranno
affrontati nel corso della ricerca, attraverso l'analisi dei dati raccolti.
1.3 Aspetti giuridici
L'analisi del fenomeno fieristico e mercatale estesaad un arco di tempo di più di centocinquant'anni, richiede un accenno al quadro legislativo,
la cui conoscenza appare ancora più utile in seguito al recente passaggio
delle competenze alle regioni.
Nel periodo pre-unitario vigeva nella provincia la legislazione del Regno Lombardo-Veneto, intesa soprattutto a regolamentare l'istituzione dei
mercati e delle fiere e la riscossionedella relativa tassaannuale 13.
.112
Nel 1866 fu preoccupazione del legislatore dell'Italia unita rendere uniforme la normativa per tutto il territorio nazionale; veniva approvata così
una legge 14, assai scarna e semplice nella sua formulazione, che attribuendo ai Consigli comunali la f~coltà di istituire fiere e mercati nei territori di
loro competenza, fissava procedure a livello provinciale per dirimere eventuali contrasti tra comuni, e stabiliva un trattamento tariffario unificato.
Con l'instaurazione di traffici commerciali a più ampio respiro, legati
allo sviluppo industriale e alla formazione del mercato nazionale, il fenomeno fieristico prese uno sviluppo e una connotazione diversi con l'adozione della tecnica campionaria. In sintonia con queste trasformazioni si registra una produzione legislativa specifica a partire dal 1923 15.
Per quanto riguarda invece le fiere tradizionali, dedicate prevalentemente al commercio del bestiame, e i mercati periodici, la legislazione non
ha registrato, fino a.d anni a noi vicini, sostanziali modifiche a partire dalla citata legge del 1866 16: vanno infatti ricordate solamente la legge del
1934 sul commercio ambulante 17 e la legge del 1959 sul commercio all'ingrosso 18. Ben più importanti per i riflessi sul nostro campo di indagine risultano invece la legge del 1971 sulla disciplina del commercio che
prevede, fra l'altro, l'istituzione del "registro speciale per gli ambulanti" 19,
e soprattutto il testo legislativo del 1976,che tratta in modo specifico della disciplina del commercio ambulante 20.
Un altro intervento diretto e importante per l'organizzazione e la ristrutturazione dell'attività fieristica e mercatale venne realizzato con un
D.P.R. del 1972 21: con esso vennero "trasferite alle Regioni a statuto ordinario, per il rispettivo territorio, le funzioni amministrative esercitate da14 Legge17.5.1866,n. 2933. Cfr. testo e commento di PADOA A., Leggesulle fiere e i mercati,
in Raccolta delle leggi speciali e convenzioni internazionali del Regno d'Italia, IV Serie, 111,Torino, Unione Tipografica Editrice, 1881, pp. 79-95. Questa legge fu richiamata successivamente
nei
Testi Unici della LeggeComunalee Provinciale:R.D. 15.2.1915,n. 148 e R.D. 3.3.1934,n. 383.
15Per una ampia e approfondita analisi della legislazionesulle fiere campionariecfr. DE ROCCHI
STORAI T., Le manifestazionifieristiche in Italia. Indagine geografico-economicacon una introduzione generalesulle fiere, "Mem. 1st.Geogr.Econ. Univodi Firenze", 2, 1974,pp. 84-87.
16 Rare sono in effetti le leggi che esplicitamentefanno riferimento a fiere di carattere locale e
a mercati periodici; sono state qui presein considerazioneanche le leggi, più numerose,che regolano il commercio,negli aspetti che più da vicino riguardanoil fenomenostudiato.
17 Legge 5.2.1934, n. 327 -Disciplina del commercioambulante. A sua integrazionevenne emanata la Legge4.7.1959, n. 489 -Nuove norme sulla facoltà di rappreSentanzadi commercianti ambulanti titolari di licenza.
18 Legge 25.3.1959, n. 125 -Norme sul commercio all'ingrossodei prodotti ortoftutticoli, delle
carni e dei prodotti ittici.
19 LeggeII.6.1971,n. 426 -Disciplina del commercio.
20 Legge 19.5.1976, n. 398 -Disciplina del commercio ambulante. Sostituiscela citata Legge
5.2.1934,n.327.
21 D.P.R. 15.1.1972, n. 7 -Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di fiere e mercati e del relativo personale.Ad essova aggiuntosullo stesso
argomento il D.P.R. 24.7.1977,n. 616 -Attuazione della delega di cui all'art. l della legge22 luglio
1975,n. 382.
01.3
gli organi centrali e periferici dello Stato in materia di fiere e mercati".
Per la Regione Veneto tale decentramento si è concretizzato, oltre
che con la legge regionale del 1972 22, che tuttavia fa riferimento solamente ai mercati all'ingrosso e alle fiere nazionali e internazionali, con
un articolato provvedimento del Consiglio Regionale del 197823. In esso
la Regione, seguendo le indicazioni delle leggi statali, inserisce la problematica del commercio al dettaglio in forma ambulante nel quadro più
vasto della distribuzione in genere. Fornendo ai comuni le indicazioni per
l'integrazione dei piani di sviluppo e l'adeguamento della rete distributiva, orienta le scelte locali ad una razionalizzazione delle attività commerciali periodiche già esistenti. In particolare pone limiti e detta criteri per
l'istituzione di nuovi mercati, auspica il potenziamento dei mercati già attivi "al fine di aumentare il grado di attràttività e funzionalità", fornisce
norme indicative circa la loro periodicità ed ubicazione. In tal modo la
tradizionale prerogativa dei comuni nell'istituzione dei mercati, viene affiancata da una attività di programmazione e di coordinamento di più am-
pio respiro.
Indagini conoscitive e provvedimenti in itinere testimoniano l'attuale attenzione della Regione a questa problematica.
1.4 Caratteristiche del territorio
Il territorio della provincia di Treviso, amministrativamente suddiviso in 95 comuni, occupa un'area di circa 2450 Kmq 24 estesaverso il confine orientale del Veneto (Fig. n. l); esso si identifica presso a poco con
quello della Marca Trevigiana, denominazione già assunta nel Medio Evo
e conservatadurante il lungo periodo della d~ominazione veneziana.
Ambienti altimetricamente diversi vi prendono sviluppo: montagna,
collina, pianura 2S, sono infatti ampiamente rappresentate e contribuiscono a rendere vario e multiforme il paesaggionei suoi aspetti fisici e nei riflessi antropici.
La zona montana, appartenente al sistema prealpino, occupa la parte settentrionale, ai confini con le province di Vicenza, Belluno, Pordeno-
22 Legge Regionale1.9.1972,n. 12 -Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative trasferite alla Regionecon D.P.R. 14.1.1972,dal n. l al n. 6, e 15.1.1972,dal n. 7 al n.11.
23 Provvedimentodel Consiglio Regionale 10.11.1978,n. 720 -Indicazioni programmatichee di
urbanisticacommercialeper il commercio al dettaglio in forma ambulanteai fini dell'integrazionedei
piani di sviluppo e adeguamentodella rete distributiva ai sensidell'art. 8 dellalegge 19 maggio 1976,
n.398.
24 Di cui circa 2300 di superficieagrariae forestale.
25 La suddivisioneufficiale del territorio provinciale distingue solamenteuna zona di pianura con
1576 Kmq (pari al 63.62%) e una zona di collina con 901 Kmq (pari al 36.38%); nella prima vengono
annoverati59 comuni, nella seconda36.
/]4
Fig. n. l -II territorio della provincia di Treviso.
15
ne, ed è rappresentata, da ovest ad est, dal massiccio del Grappa, dalla catena del Col Visentin, dal massiccio del Cansiglio, tra loro separati da profondi ed angusti solchi trasversali. Lo sviluppo longitudinale e la notevole
estensione delle aiee altinietricamente elevate 26 ne fanno una naturale barriera a protezione delle colline e della pianura sottostante. Le formazioni
rocciose, prevalentemente calcaree, sono principalmente riferibili all'era
secondaria.
A meridione della ripida ed imponente scarpata prealpina si sviluppa la zona collinare subalpina costituita da un composito festone di modeste alture di età terziaria: esse si articolano in "corde" parallele, estesetalora con singolare regolarità da Bassano fino a Vittorio Veneto, o si protendono verso la pianura con le ampie groppe del Montello e dei colli di
Conegliano.
La dolcezza delle linee morfologiche, la felice esposizione al riparo
dei venti di tramontana, e la conseguente mitezza del clima che permette ancora il prosperare dell'ulivo, fanno di queste pIaghe solatie una delle più rinomate regioni del Veneto: la fama di Asolo e dei suoi colli ne è
conferma sufficiente.
Ancora più a sud infine, prende sviluppo la zona di pianura, la più
ampia, che occupa tutta la parte centrale e meridionale della provincia,
estesaverso le terre di recente bonifica a ridosso della laguna veneta.
Come per tutta la pianura veneto-friulana, è opportuno distinguere
al suo interno due zone.
La prima, l'alta pianura, distesa ai piedi dei rilievi, incisa e terrazzata dai corsi d'acqua alpini e prealpini, risulta costituita da potenti alluvioni fluvio-glaciali, grossolane e permeabili, ancora sensibilmente inclinate
che assorbono grande quantità degli apporti idrici; modesta appare quindi la rete idrografica superficiale, impinguata tuttavia da potenti opere irrigue.
La seconda, la bassa pianura, estesaverso valle, risulta invece costituita da minute alluvioni impermeabili o poco permeabili, debolmente inclinate (meno dell'uno per mille) verso le aree più depresse: la loro comparsa è segnata dalle risorgive che restituiscono alla superficie gran parte dei
deflussi sotterranei. Densa e complicata appare quindi la rete idrografica,
costituita da numerosi corsi d'acqua dal decorso tranquillo e dal regime regolare; fra essi il più importante è il Sile che raccoglie le acque di numerose sorgenti poste nella parte occidentale della provincia e defluisce dapprima verso est, poi, bagnata Treviso, verso sud-estfino alla foce.
L'unico fiume alpino che attraversa tutto il territorio provinciale da
NW a SE, è il Piave, le cui acque fin da tempi remoti sono state variamente
e intensamente sfruttate dall'uomo, sia per fini irrigui, sia per usi industriali. Ad oriente, a segnare per lunghi tratti il confine con la provincia di Por26 Le loro parti cacuminali superano i 1500 m di altitudine.
46
denone, scorre il Livenza, fiume di risorgenza carsica, ingrossato dagli apporti incostanti di lungi torrenti prealpini. Infine vanno ricordati, proprio
per la loro utilizzazione, i numerosi corsi d'acqua a sviluppo prealpino e
subalpino che del Piave e del Livenza risultano tI:ibutari.
In stretto rapp.orto con questa situazione ambientale, l'economia della provincia fu basata in passato sull'agricoltura, la quale, nonostante il recente sviluppo dei settori secondario e terziario, conserva notevole impor-
tanza.
Anticamente grandi estensioni di bosco .ricoprivano buona parte del
pedemonte e della pianura, come attesta anche la toponomastica. Ma col
passare dei secoli aree sempre più vaste furono utilizzate dall'uomo a fini
agricoli ed il bosco fu relegato spesso sui versanti delle colline rivolti a nord
e lungo i corsi d'acqua.
Ora una fiorente agricoltura, sia pure condizionata dalle profonde contraddizioni che lo sviluppo industriale ha determinato, prospera con molteplici specializzazioni in larga parte del territorio provinçiale.
Nell'alta pianura, dove il suolo si presenta per lo più ferrettizzato,
l'antica pratica dell'irrigazione ha ovviato in larga misura alla naturale aridità. Infatti la già citata permeabilità del terreno rende oltremodo pericoloso per le colture il minimo pluviometrico che caratterizza l'estate, mentre abbondanti e talora eccessive risultano le precipitazioni nelle stagioni
intermedie~ Da qui l'opera dell'uomo con la derivazione di notevoli quantità d'acqua per uso irriguo allo sbocco dei fiumi in pianura: il Canale Brentella e il Canale della Vittoria in destra Piave sono gli esempi più significativi.
Le colture prevalenti risultano esserei seminativi, le foraggere e il prato stabile; ma fra i primi è venuto meno l'antico predominio del frumento, largamente superato dal mais che si è recentemente imposto, oltre che
come cereale, come foraggera (mais ceroso). Le foraggere avvicendate risultano in tal modo sensibilmente prevalenti rispetto alle superfici. cerealicole, e mett.ono in evidenza i nuovi indirizzi colturali volti a soddisfare
le esigenze dell'allevamento bovino, qui affermato si specialmente per la
produzione del latte.
Anche per la bassa pianura la vocazione agricola, concretizzatasi in
passato nella coltura dei cereali, evolve attualmente verso il predominio
del settore zootecnico, qui orientato però alla produzione di carne. Particolare attenzione merita a q1,lestoproposito la pianura dell'opitergino, estesa in sinistra Piave, nella quale Oderzo ospita attualmente il più importante mercato bovino della provincia.
L'evoluzione verso una economia di mercato ha portato alla progressiva eliminazione, in tutto il territorio della Marca, della coltura promiscua nella quale il gelso maritato alla vite veniva a costituire quasi sempre
un importante elemento del paesaggio agrario. Esso sosteneva l'allevamento del baco da seta presente ancora attorno agli anni '50 ed oggi pressoché
17
scomparso: alla prQvincia di Treviso spettava il primato della maggior produzione nazionale di bozzoli e a Vittorio Veneto, con i suoi numerosi
"stabilimenti bacologici", quello della produzione del seme.
Anche in collina l'agricoltura promiscua si è andata sempre più riducendo: la sostituiscono colture legnose specializzate come l'albero da frutto e in primo luogo la vite che fornisce uva da vino di ottima qualità. Buona fama e buona capacità di affermarsi nel mercato nazionale hanno infatti i vini dei colli asolani, del Montello, delle grave del Piave, di Conegliano e di Valdobbiadene.
Il limite altimetrico della vite coincide spesso con quello delle abitazioni permanenti ed oscilla in media tra 400 e 500 m 27. A monte, sui versanti del Grappa, della. catena del Col Visentin e del Cansiglio, si sviluppa
il bosco misto della vegetazione prealpina submontana rappresentato da
diverse specie di querce e specialmente dal castagno, utilizzato un tempo
come sostitutivo dei cereali. Più in alto la faggeta fino a 1300 ni circa,
eventualmente mista a resinose; infine i pascoli d'alta quota sui quali sembra in lenta ripresa l'antica pratica dell'alpeggio.
A partire dagli anni. '50 la campagna è stata investita da un esodo massiccio che ha colpito in maniera limitata la zona di pianura, maggiormente
quella di collina con migrazioni prevalenti verso il triangolo industriale,
ma anche verso i poli regionali o più spessoverso le piccole iniziative industriali locali. Il fenomeno ha interessato principalmente gli attivi più giovani ed ha portato ad un processo di invecchiamento della popolazione
rurale.
Ma negli anni a noi più vicini altre modificazioni hanno caratterizzato la struttura agricola: la diminuzione di manodopera ha favorito una crescente meccanizzazione, la introduzione di più incisive tecniche di lavorazione, l'ampliamento della maglia poderale là dove lo consentivano le
condizioni morfologiche e la disponibilità di capitali. D'altra parte alla massiccia diminuzione della popolazione attiva in agricoltura non sembra in
realtà essere sempre corrisposto, anche nelle zone meno favorite, un effettivo abbandono del lavoro dei campi; esso ha resistito in forma di parttime in un ambiente agrario dominato in modo molto spinto dalla polverizzazione fondiaria (le aziende con dimensioni inferiori a 2 ettari sono di
grap lunga le più diffuse) e dall'insediamento sparso. L'integrazione dell'attività industriale con l'attività agricola è largamente diffusa in tutto il
territorio, anche se con forme volta a volta diverse.
Anche il recente fenomeno dell'industrializzazione presenta caratteristiche diverse nelle varie zone della provincia.
Nel pedemonte e nell'area all'incirca corrispondente all'alta pianura
lo sviluppo industriale vanta più antiche tradizion~i e il suo sorgere è im27 Alcuni borghi a quote superiori ai 600 ffi. sono ubicati sulle pendici del Col Visentin, nel comunè di Vittorio Veneto.
18
putabile in larga misura alla possibilità di sfruttare la forza motrice dell'acqua
allo sbocco dei fiumi in pianura: da qui l'affermarsi di importanti opifici,
specie manifatture tessili, a Vidor, Valdobbiadene, Follina, Vittorio Veneto
ecc. Ma già da molti decenni il facile trasporto dell'energia a grande distanza ha liberato l'ubicazione delle sedi industriali da questi vincoli geografici
e lo sviluppo del secondo dopoguerra che ha caratterizzato, come altre zone
del Veneto, anche gran parte della Marca trevigiana, ha toccato con maggior evidenza i centri delle più importanti preesistenti vie di comunicazione: lungo la pedemontana che da Bassano si snoda per Montebelluna fino
a Conegliano e Sacile; lungo la S.S. 53 che unisce Castelfranco a Treviso,
subito a monte della linea delle risorgive; lungo la S.S. 13 Pontebbana fra
Treviso e Conegliano; lungo la S.S. 348 fra Treviso e Montebelluna. Il fenomeno ha assunto particolare evidenza specialmente a partire dagli anni
'60 quando lungo queste direttrici (ma non solo) una miriade di piccole e
medie industrie, laboratori artigiani, esercizi pubblici sorsero via via a formare un continuo insediativo che contendeva sempre più lo spazio all'attività agricola.
Molti furono i motivi, e non solo locali, di questa esplosione industriale; ma determinante si rivelò senza dubbio la cospicua offerta di manodopera resa disponibile dall'esodo agricolo. D'altra parte la presenza di manodopera a basso costo e non qualificata favorì lo sviluppo di scelte imprenditoriali a basso livello tecnologico e ad alta intensità di lavoro come il mobilio, le calzature, le confezioni, la meccanica minore; molta di questa produzione, unitamente all'industria dell'elettrodomestico 28, sorse con un preciso orientamento verso l'esportazione, sulla base di una competitività sostenuta proprio dal basso costo del lavoro. Inoltre la proverbiale laboriosità e l'aspirazione alla imprenditorialità individuale hanno innescato un
processo i cui risultati più evidenti sono l'industrializzazione diffusa e la
polverizzazione industriale: fenomeni ben difficilmente quantificabili proprio perché realizzati come economia sommersa, a livello quasi familiare.
Meno intenso appare invece lo sviluppo industriale nell'area meridionale e sud-orientale della provincia. Anche se caratteristiche analoghe a quelle precedentemente descritte sono ancora riscontrabili lungo importanti
arterie di comunicazione (specialmente lungo la S.S. 13 nel tratto inferiore che unisce Mestre a Treviso e lungo la S.S. 53 da Treviso ad Oderzo), gli
insediamenti industriali non raggiungono qui analoghi livelli di diffusione
e frequenza.
Un cenno a parte merita tuttavia la città di Treviso che fu centro di
notevole vivacità economica e commerciale anche in passato, come testimoniano i suoi tre mercati settimanali tuttora esistenti e la sua antichissima fiera. L'alta percentuale di attivi addetti al settore terziario testimonia
28 Tale industria, presente a Conegiiano con impianti di dimensioni a livello nazionale, è stata una
delle cause determinanti dello sviluppo industriale della zona.
'19
Vie
almeno in parte la funzione di centro commerciale e di servizi della città,
punto di riferimento per l'economia della fertile pianura circostante. Anche
il settore secondario ha espressonegli ultimi decenni numerose attività metallurgiche e meccaniche insediatesi in città e nelle immediate vicinanze,
con produzione di altissima qualificazione.
5
di comunicazione
Nell'analisi del fenomeno fieristico e mercatale particolare attenzione merita l'assetto viario per l'importanza che assunse in passato e per gli
effetti che tutt'oggi riesce a determinare. Collegamenti diretti si possono
scorgere tra i commerci locali e la viabilità ordinaria e minore, sviluppatasi principalmente in connessione con le caratteristiche economiche e territoriali, con le vicende storiche e con l'evoluzione dei rapporti di produzione nelle campagne. Ma anche la grande viabilità, sia stradale che ferroviaria, pur rispondendo alle esigenze dei traffici tra grandi poli regiona,li
o extraregionali, ha senz'altro influenzato l'entità degli scambi locali, specialmente in passatoquando più lenti erano i mezzi di comunicazione.
Già in epoca romana il territorio della Marca trevigiana era attraversato da numerose importanti vie di comunicazione: si trattava di strade
per lo più militari create per le esigenzeconnesse con la protezione dei municipi esposti alle scorrerie dei popoli confinanti, ma successivamenteutilizzate come base di ogni operazione bellica d'oltralpe; esse presero ulteriore sviluppo dall'affermarsi dei centri di Aquileia (centro militare) e Altino (centro commerciale): in quest'ultimo convergevano due grandi vie
di comunicazione, la Roma-Danubio e la Milano-Danubio, che passavano
per Aquileia. Nella pianura a nord di Padova ed Altino si incrociavano le
altre strade minori venete che nel loro percorso interessavano direttamente il territorio trevigiano: la Claudia Augusta Altinate da Altino a Treviso
e poi verso nord con tracciato incerto nella regione prealpina ed alpina; la
Postumia (Genova-Aquileia), diretta da ovest ad est, che nel trevigiano univa Castelfranco ad Oderzo; la Callalta, da Treviso a Oderzo; l'Aurelia da
Padovaad Asolo nella parte occidentale del territorio.
Le correnti dei traffici commerciali ricalcarono nei secoli successivi,
e fino ai giorni nostri, questa antica rete viaria e le attuali grandi arterie di
comunicazione ne ripercorrono almeno in parte gli itinerari (Fig. n. l).
Ma, dovendo in questa sede citare solo gli interventi più importanti
che favorirono gli scambi commerciali, o che da questi furono suggeriti, particolare attenzione merita il periodo della Serenissima, durante il quale
Venezia tanta cura dedicò alle strade che conducevano alla zona collinare
e montana e che garantivano, oltre che i commerci con vasti territori, anche l'approvvigionamento di importanti materie prime, tra cui i minerali.
Particolare incremento diede Venezia alla via di Alemagna, che dal-
20
la zona di Conegliano si dirigeva a nord, toccando Ceneda, e, insinuandosi
nella zona prealpina attraverso la stretta di Serravalle, si dirigeva verso il
Cadore e di qui, nel Tirolo e nella Baviera. Verso nord venivano inviate le
merci italiane e orientali fra cui tessuti di d3cmasco,sete, velluti, spezie,
olio, vino, frutta secca ecc.; verso sud correvano tessuti, peUi, minerali dj
ferro e dj rame.
Il legname, altra jmportante voce del commercjo venezjano con l'entroterra, venjva trasportato prevalentemente per via d'acqua medjante la
flujtazjone suj fiumj alpini; anche per altri tipi di commercio, del resto,
non vanno dimenticate le vie fluviali sviluppate lungo i tranquilli fiumi di
risorgiva (Sile, in modo particolare) e lungo le aste terminali del Piave e
del Livenza, la cui importanza ai fini dei traffici commerciali fu notevole fino ad alcuni decenni orsono 29.
La decadenza di Venezia e lo spostamento dal Mediterraneo all' Atlantico dei maggiori flussi commerciali, segnò anche il declino dell'importanza della rete viaria, e specialmente delle strade minori divenute spessoimpraticabili 30.
Un nuovo deciso impulso alla viabilità venne dalla dominazione francese, specialmente medjante la costruzjone dj pontj suj princjpalj fiumj venetj, Nella provincia dj Treviso particolare attenzione fu rivolta alla strada
maestra di antica origine, che da Mestre, per Treviso e Conegliano, prosegue attraverso il Friuli e la Carnia fino al confme con l'Austria: allargata e sistemata da Napoleone, è in alcuni tratti ricordata col nome di "Napoleonica", in altri come "Maestra d'Italia" o "Terragljo": corrisponde attualmente alla S.S. 13 "Pontebbana".
Anche la subentrata amministrazione dell'Impero austriaco dedicò
particolare cura alla rete stradale che fu utilizzata, a preferenza della vja
d'acqua, per il trasporto delle merci. Le strade furono tutte ordinate in
dipendenza della Grande Strada Maestra d'Italia, ampliata e in' alcuni tratti ricostrujta: in essa si innestava una consistente rete di strade di seconda
classe31.
Nel 1869, tre anni dopo l'annessione del Veneto al Regno d'Italia,
la provincia aveva una rete di strade mantenute a ghiaia pari a 1885 km 32;
nuovo impulso alla viabilità si ebbe nell'ultimo ventennio del secolo in
29 II ruolo del trasporto fluviale, dapprima eroso dallo sviluppo della rete ferroviaria, è stato di
recente pressoché soppiantato dalla motorizzazione su strada.
30 Cfr. BERENGO M., L agricoltura Jleneta dalla caduta della Repubblica all'unità, Milano, Banca Commerciale, 1963, pp. 92-93.
31 La strada di Alemagna; la Postumia; la Castellana, da Mestre a Castelfranco; la Feltrina, da
Treviso per Montebelluna a Feltre e a Belluno.
32 Di questi, 144 km di strade r--.;.-.---"
MONTERUMICI
D., op. cit., pp. 10-1 I
--
52 di strade provinciali, 1688 di stradecomunali. ar
concomitanza con l',avvio dello sviluppo industriale e la formazione del mer-
cato nazionale.
Frattanto l'affermarsi della ferrovia 33 determinò notevoli mutamen-
ti nell'importanza e nello sviluppo della rete stradale esistente: alcune strade parallele alle linee ferroviarie caddero in decadenza, mentre assunsero
notevole importanza quelle che dai maggiori centri conducevano agli scali ferroviari.
La fine del secolo lascia pertanto nella provincia una ricca rete stradale e ferroviaria, tale da soddisfare almeno le esigenze commerciali di più
ampio respiro.
Nel nostro secolo la rete viaria tende ad adeguarsi costantemente al
progressivo aumento della motorizzazione, affermatasi con prepotenza specialmente dopo l'ultimo conflitto mondiale. Momenti importanti sulla via
della riorganizzazione appaiono dapprima la costituzione nel 1929 dell'A.A.S.S., con cui vengono trasformate in statali le principali arterie di
importanza regionale, e successivamentel'approvazione della legge n. 126
del febbraio 1958 che detta nuovi criteri per la classificazione delle strade. In seguito, lo sforzo della amministrazione statale e di quelle locali fu
rivolto da un lato a migliorare le grandi arterie a scorrimento veloce o a completarne in qualche caso la rete 34, dall'altro a migliorare la maglia capillare delle strade comunali: queste ultime hanno efficientemente collegato i
centri minori non solo nella zona di pianura, ma anche in collina dove la
situazione morfologica e i frequenti dissesti idrogeologici richiedevano interventi massiccie continui 3S.
L'accresciuta disponibilità ed efficienza dei mezzi di trasporto commerciali ha trovato nelle migliorate condizioni viarie locali un supporto importante per una distribuzione commerciale più efficiente ed organizzata:
anche l'attuale ripresa dell'attività mercatale in piccoli centri un tempo isolati, ne può essereuna parziale conferma.
Si può infine notare che un confronto tra l'evoluzione della viabilità
e la dislocazione dei mercati evidenzia l'esistenza di flussi commerciali e di
nodi di traffico persistenti nel tempo: ad esempio i grossi mercati di Montebelluna e Conegliano, posti allo sbocco in. pianura di importanti solchi
trasversali, un tempo fiorenti per la loro funzione di tramite tra zone econo-
33 li 14 ottobre 1851 si ebbe l'inaugurazione della stazione ferroviaria di Treviso, posta sulla linea Venezia-Udine-Tarvisio-Vienna. Successivamente, nel 1887 fu aperta laVicenza-Treviso;neI1879
la Conegliano-Vittorio;
nel 1885 la Treviso-Gderzo-Motta; nel 1886 la Treviso-Montebelluna-Feltre-
Belluno.
34 Per smaltire i traffici turistici sempre più intensi furono costruite la Cadore-Mare, da Ccnegliano a Oderzo e a S. Donà, e la,Castelfranco-Cornuda; inoltre per i raccordi pedemontani furonoammodernati ad esempio i tratti Fener-Vittorio Veneto e Vidor-Pieve di SoJigo. Nel 1972 fu inaugurato il
tratto Mestre-Vittorio Veneto dell'autostrada Venezia-Monaco.
3S Nel 1980 la rete viaria risultava costituita da un totale di 3550 Km così suddivisi: autostrade
61, strade statali 308, strade provinciali 1372, strade comunali 1809.
22
micamente complementari, vedono ora confermata la loro importanza anche in rapporto al crescentedinamismo dell'arteria pedemontana.
1.6 Presentazione
generaledei dati
Momento centrale del presente studio sull'evoluzione di fiere e mercati nella Marca trevigiana è stata la raccolta dei dati a partire dai primi decenni del 1800.
La tabella generale riprodotta in appendice a p. 76 riporta i risultati
delle indagini bibliografica e diretta suddivisi per comune, e ad essa si rimanda per qualsiasi riscontro di carattere particolare; qui di seguito vengono presentate due tabelle riassuntive (Tab. n. l; Tab. n. 2) con i dati suddivisi per distretto o mandamento 36.
La Tab. n. l presenta il numero dei mercati distinti in settimanali
e mensili.
La Tab. n. 2 riporta il numero delle fiere (annuali e mensili) 37 e delle giornate di fiera, nonché i mercati annuali. Questi ultimi sono stati associati alle fiere, dal momento che la funzione commerciale da essi svolta
è apparsa spesso, sulla base dei dati qualitativi, più simile a quella di una
riunione commerciale specializzata che non di un generico mercato di con-
sumo.
Sulla base delle infonnazioni raccolte sono state costruite alcune
carte (Fig. n. 2, Fig. n. 7, Fig. n. 8) rappresentanti la distribuzione della
attività fieristica e mercatale in anni che sono parsi particolarmente significativi. Così, oltre al 1823 e al 1980 che rappresentano l'inizio e la fine del
periodo studiato, si è creduto opportuno inserire anche il 1922 che, se pure
non compare nelle tabelle demografiche presentate in seguito, dà tuttavia
indicazione delle profonde modificazioni intervenute dopo il periodo pressoché statico dell' '800.
L'indagine copre un periodo di circa 160 anni, che verrà suddiviso in
tre frazioni; esse,oltre a ricalcare la diversa caratterizzazione delle fonti, come in precedenza è stato esposto, risultano utili per l'individuazione di tendenze evolutive diverse.
La prima frazione va dal 1823 fino agli ultimi anni del secolo; la seconda interessa il '900 fino al 1962; la terza riguarda le evoluzioni successive, risultanti dalla inchiesta del 1980.
36 Le fonti consultate riportano la suddivisioneamministrativa in distretti fmo alla rilevazione
del 1905, mentre a partire dalla successiva(1922) viene usata la suddivisionein mandamenti, che
ricalca la precedente senza variazioni territoriali significative; quest'ultima ripartizione è stata qui
seguita nell'analisi dei vari aspetti presi in considerazione.I mandamenti sono i seguenti: Treviso
(con 22 comuni), Asolo (12), Castelfrancn(6), Conegliano(14), Montebelluna(lO), Oderzo(14), VaIdobbiadene(7), Vittorio Veneto (lO).
37 Le rate manifestazioni mensili sono state sommate una sola volta al numero delle fiere; sono
state invece aggiunte 12 unità nel computo delle giornate di fiera.
23
1
3*
21
Tab. n. l -Quadro riassuntivo dei mercati settimanalie dei mercati mensili.
In carattere tondo: numero dei mercati settimanali; in corsivo: numero dei
mercati mensili.
Anni 11823118321l837 1184411869118861189811905 11922/1951 1196211980
Mandamenti
(distretti)
Treviso
5
5
5
5
6
7
9
9
12
15
15
18
2
2
4
4
4
5
2
2
3
3
3
3
2
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5
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1
2
1
1
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l
Asolo
1
2
Castelfranco
3
3
3
3
2
Conegliano
4
4
5
4
3
2
l
Montebelluna
l
Oderzo
3
31
3
3
1
Valdobbiadene
2
Totale
provincia
20
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2
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1
19
l
2
2
2
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31
3
1
1
Vittorio V.
2
1
l
3
2
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25
2.
2.
MERCAn E FIERE NELL 'OlTOCENTO
Aspetti quantitativi
Il numero dei mercati settimanali dell'intera provincia rimane sostanzialmente stabile nell'arco di settant'anni, con piccole oscillazioni intorno
al valore di 20 38. La discreta tendenza all'aumento rilevabile alla fme del
secolo verrà poi confermata nel periodo successivo.Queste considerazioni
rimangono valide anche conglobando nel totale i pochi mercati mensili.
L'analisi si fa più differenziata se si prendono in esame i vari distretti. Accanto a situazioni decisamente statiche (Valdobbiadene) si notano
lievi aumenti (Montebelluna) o lievi diminuzioni (Castelfranco e Conegliano), mentre un aumento è chiaramente leggibile per il distretto di Tre-
viso.
Si è cercato di approfondire l'analisi quantitativa con la considerazione dell'aspetto demografico. E' stato messo in evidenza pertanto il rapporto tra l'ammontare della popolazione residente e il numero dei mercati, utilizzando per il primo i dati del Io censimento dell'Italia unita (1871)
e per il secondo la rilevazione relativa all'anno 186939.
Il rapporto in questione fornisce il valore medio provinciale di 15162
abitanti per mercato, risultante da una distribuzione per distretto abbastanza omogenea (vedi tabella di appendice a p.75), dalla quale si distaccano i casi estremi di Oderzo (11040 abitanti per mercato) e Valdobbiadene (23374).
Può essere interessante notare che in alcuni comuni, quasi tutti capoluoghi di distretto, sono presenti due mercati settimanali; il capoluogo
di provincia ne annovera tre a partire dal 1898. Fra le sedi con più di un
mercato settimanale le indicazioni di tipo qualitativo e merceologico, di
cui si tratterà in seguito, suggeriscono per Treviso e Castelfranco l'ipotesi
di consumi più elevati e di una più intensa attività commerciale generica.
A Motta 40 l'importanza del commercio di bestiame pare aver portato alla
opportunità di ospitare in distinte riunioni settimanali i diversi generi di
animali, mentre per Pieve di Soligo il secondo mercato settimanale sopperiva alle esigenze di consumo della frazione di Barbisano; infine i casi di
Oderzo e di Vittorio Veneto appaiono quasi del tutto sporadici.
La posizione delle riunioni nell'arco della settimana, che teneva pro-
38 Nel 1823 si tenevano mercati settimanali nei seguenti comuni:
Treviso, Casale sul Sile, Mor-
gano, Roncade, Spresiano; Asolo; Castelfranco, Loria; Conegliano, Pieve di Soligo, S. Fior; Montebelluna; Oderzo, Motta, Portobuffolè; Valdobbiadene; Vittorio, Follina (vedi Fig. n. 2).
39 La difficoltà di reperire fonti statistiche comparabili ha limitato, per questo periodo storico,
tale aspetto della ricerca, fornendo del rapporto popolazione/mercati solamente un quadro !tatico.
40 Motta rimase capoluogo di distretto fmo all'anno 1853. Assunse successivamente la denominazione di Motta di Livenza.
26
27
babilmente conto delle reciproche esigenzedi comuni vicini, non rivela preferenze per giorni particolari, a parte la totale esclusione della domenica,
e la frequente usanza di trasferire o sospendere il mercato che cada in giorno festivo 41.
Le scarse riunioni mensili hanno caratteristiche assai diverse: nel distretto di Treviso il mercato di Zenson appare come una realizzazione isolata e sporadica; nel distretto di Asolo è il mercato settimanale dello stesso capoluogo a trasformarsi temporaneamente in mensile; nel distretto di
Oderzo infme il mercato di Portobuffolè è presente, anche se non regolamente, per tutto il secolo.
L'andamento quantitativo del fenomeno fieristico risulta meno facilmente leggibile dell'evoluzione dei mercati, sia per l'esistenza di variazioni sensibili ma irregolari, sia per la necessità di considerare anche elementi
quali la durata delle riunioni (giornate di fiera), le manifestazioni mensili,
e la presenza di mercati annuali con funzioni assimilabili, come già si è detto, a quelle delle fiere.
Il numero delle fiere dell'intera provincia registra nel periodo considerato un lieve aumento dal valore iniziale di 37 a quello di 41, rilevato
.nel 1898. Tuttavia non mancano continue oscillazioni di segno opposto.
Frazionando l'analisi, si constata per quattro distretti un andamento
sostanzialmente lineare, mentre nei rimanenti tre si concentrano le maggiori variazioni. Fra i primi Treviso, Asolo e Valdobbiadene mostrano un incremento non equivoco del numero delle fiere, mentre Castelfranco registra una altrettanto chiara diminuzione. I rimanenti tre distretti (Conegliano, Oderzo e Vittorio Veneto) sono caratterizzati da una attività fieristica intensa, da oscillazioni più sensibili del numero delle riunioni da una rilevazione all'altra, e infine dall'esistenza di mercati annuali, assenti nel resto della provincia, che conobbero una grande diffusione, specie in alcuni anni (rilevazioni del 1832 e del 1844).
Nell'interpretazione di questa situazione particolare, può essere di
qualche aiuto notare che questi tre distretti rappresentano, sia pure con qualche approssimazione, il territorio trevigiano della diocesi di Vittorio Veneto. Si può quindi ipotizzare una influenza della struttura ecclesiastica
nel favorire alcuni aspetti della attività fieristica, e insieme si può notare,
ricordando come le fiere storicamente abbiano spesso avuto impulso dalle feste religiose" che varie sedi di fiera in questa diocesi coincidono con rinomati santuari o feste religiose di particolare attrazione popolare 42.Nel41 Particolare riguardo per le festività religiosevenivariservato dalle autorità austriacheanche in
occasionedi fiere (vedi comeesempioil documentoriprodotto in Fig. n. 3).
42 Ad esempio nel 1898 risultava di grande attrazione la fiera di S. Augusta a Vittorio Veneto
"per concorsospecialmentedal FriuIi, e dalla provincia di Belluno e di devoti provenienti da gran parte
del Veneto in pellegrinaggioal Santuario". CAMERA DI COMMERCIOED ARTI DI TREVIS0, Fiere e Mercati dellaProvincia di Treviso,Treviso, Longo, 1899,s.p.).
28
N.
R.
I.
PROVINCIA or TREVISO
L'IMP.
Si
DISTRETTO
or CONEGlrANO
R COMMISSA RIA TO DISTRETTUALE
rende pubblicamente Doro che per rispetto ai giorni Sacri alla
Religione, giusta li vigenti Regolamenti, la rinomata Fiera di S. Urbano solita ricorrere nei giorni 24, 25, 26,
del mese di Maggio, avrà luogo in questo Anno nei giorni
?~~..:J;
~ ~./
dello stesso mes~ nella consueta loca-
lità della Parrocchia di Pianzano Comune di Godega, dove si godranno li possibili migliori comodi ad oggetto di
procurare una numerosa concorrenza de' Signori Forestieri, rimanendo però attivata la Tariffa sottospecificata pegli Spazj,
e Posteggi.
Con~g'iano li ~Maggio
1826.
Per il R([.iD Commissarioin permtsso
Il
Regio
Aggiunto
A. CLAIR
TIPo CAGNANI.
Fig. n: 3 -Documento attestantel'attenzione riservatadalle autorità austriachealle festività religiose.
29
l'incrementare l'attività delle fiere si aggiunsero senza dubbio ai motivi sopraddetti, per Vittorio Veneto la fiorente attività industriale e la posizione
favorevole agli scambi commerciali, per Oderzo l'intensa attività di allevamento e commercio di animali 43.
Prendendo in considerazione il numero delle giornate di fiera, si può
mettere in evidenza come la durata delle singole riunioni sia pressoché costante per tutto il secolo sul valore medio di due giornate; ~olo nell'ultima
rilevazione (1898) si osservauna diminuzione che verrà poi confermata nel
'900 con la tendenza verso il valore di una giornata per fiera. Questo dato
può essere facilmente interpretato notando come riunioni fieristiche molto prolungate, testimoniate spesso nel secolo scorso, riunissero l'attività
commerciale con quella di svago e intrattenimento, legata talvolta a festeggiamenti patronali e religiosi 44. Questo aspetto in seguito tende sempre più a rendersi autonomo dalla fiera e a configurarsi nella sagra.
Fra le manifestazioni degne di nota per la loro durata si possono ricordare la Fiera di S. Luca a Treviso 45 (8 giorni nel 1886) e l'antica fiera
di Conegliano (9 giorni nel 1823 e nel 1832). Sempre a livello comunale meritano di essere ricordati i casi di Vittorio Veneto e Motta di Livenza, in
cui le fiere non solo erano di gran lunga più numerose che in qualsiasi altro
centro, ma la cui tradizione si è conservata ininterrottamente fino a tempi
a noi molto vicini 46.
E' risultata di qualche interesse l'analisi della distribuzione mensile
delle fiere e dei mercati annuali, che si ricava dalla serie degli istogrammi
riportati in Fig. n. 4. Appare abbastanza chiara per il secolo scorso la concentrazione delle riunioni in due periodi e precisamente nei mesi primaverili e nei mesi da agosto ad ottobre. Questa distribuzione coincide con la
maggior consistenza della contrattazione degli animali in genere, e dei bovini in particolare.
La forte incidenza stagionale caratterizza tuttavia soprattutto le ultime rilevazioni del secolo, mentre precedentemente la distribuzione risultava più uniforme nel corso dell'anno, indicando probabilmente una mag-
43 A Vittorio Veneto negli ultimi decenni del secolo si teneva "un commercio attivissimo di cereali, vino, legname,metalli, tele, panni, seta e carta"; "Il mercato di bovini che si fa in Oderzo tutte le settimane è forse il più importante della regioneveneta"; Motta di Livenza:'ha rapporti commerciali con Venezia, Trieste e l'lstria per mezzo della Livenza,navigabile" (STRAFFORELLO G.,
La Patrio. Geografiadell'Italia,l, parte Il, Torino, I.L.T.E., 1891,p. 200, p. 202, p. 206).
44 Per le fiere più rinomate le fonti consultatedanno spessoindicazione di spettacoli di vario genere: venivano aperti i teatri per la rappresentazionedi commedie,comiche, opere liriche, musiche
sacre;all'aperto si organizzavanocorsedi cavalli,balli, fuochi d'artificio.
45 Fin dai tempi antichi i traffici commerciali della fiera di Treviso si avvalevanodella navigazione fluviale sul Sile; tale circostanzaè testimoniataanchedal persisteredel toponimo "Porto di Fiera".
46 A Vittorio Veneto nel corso dell' '800 si registrò un numero di fiere variabile da un massimo
di 7 ad un minimo di 4, ed almeno6 si conservaronodal 1832 Ìmo alla rilevazionedel 1962. A Motta
di Livenza dal 1823 si registrarono 5 fiere di cui 4 persistetterooltre il 1869 Ìmo alla citata rilevazione.
30
giore importanza di tali manifestazioni commerciali anche per i consumi
non strettamente legati all'agricoltura.
Per quanto riguarda l'analisi separata dei mercati annuali, i dati risultano meno facilmente leggibili; tuttavia i massimi registrati da quasi
tutte le rilevazioni nel mese di giugno, in assenza di contrattazione di bovini, ci portano ad ipotizzare una influenza del commercio dei bozzoli, in
concomitanza con la chiusura della campagnabacologica.
2.2 Aspetti qualitativi
Le indicazioni emerse dall'analisi quantitativa possono essere utilmente integrate dalla considerazione delle varietà di merci presenti sui mercati e sulle fiere: essa può orientarci nella valutazione delle caratteristiche e delle funzioni di tali riunioni commerciali, nell'individuazione del
loro raggio di influenza e della loro importanza all'interno del generaleprocesso economico. A questo proposito hanno fornito utili indicazioni due
pubblicazioni, più volte citate, e precisaJJÌentel'Almanacco provinciale del
1837 e l'opuscolo della Camera di Commercio ed Arti del 1899. Queste
fonti riportano le qualità dei beni commercializzati e permettono quindi
di operare un confronto fra i primi decenni e la fine del secolo.
Innanzitutto è possibile notare che nel 1837 alcuni grossi mercati e
diverse fiere 47 fungevano da sede di approvvigionamento non solo di merci di consumo ordinario, ma anche di merci di uso non comune, o con frequenza di acquisto minore; caratteristica a questo proposito è la presenza
di banchi di orificeria, seta lavorata ed organzini, cappelli di lusso, cuoj,
drogherie, vetri, lavori in legno ecc. Si può quindi supporre che esistesse
per queste merci "ricche" una attrazione specifica delle riunioni sopra citate, che si presentavano ancora concorrenziali rispetto ad altre modalità
di distribuzione.
Sempre tipica dei primi decenni del secolo appare inoltre la grande
varietà e differenziazione tra fiera e fiera e talora anche tra mercato e mercato, legate ai diversi periodi dell'anno ed anche a caratteristiche locali.
A Ceneda 48, àd esempio, si rileva una marcata stagionalità per cui nelle
fiere di gennaio sono presenti lanuti, suini, lardi e canape, in agosto seta
greggia, cavalli e bovini 49.
47 Vanno ricordati i due mercati settimanali di Castelfranco,quello 4i Montebelluna e probabilmente quello di Treviso; le fiere di Castelfrancoe di Motta.
48 Dalla sua fusione con Serravallesi formò nel 1866 la città di Vittorio (successivamente
Vittorio Veneto).
49 Fra gli altri casi constatati, ricordiamo la Fiera di S. Antonio del1? gennaioa Conegliano,specializzataper carne salatadi suini e suini in natura; il "rilevante" mercato annualedi cipolle che si teneva nella stessalocalità il terzo lunedì di agosto; i due ~ercati settimanali di Motta con diversaspecializzazione;la Fiera di S. Bartolomeo del 24 agostoa Ponte di Piavespecializzatain legnameda fabbrica e utensili per cantina.
32
Le caratteristiche particolari che differenziavano tra loro le varie fiere
giungevano anche ad attenuarne la concorrenza reciproca, come si rileva
dal caso di Cas~elfranco e Ponte di Piave, località in cui si tenevano fiere
il 24 di agosto, ma "una pari ricorrenza non è di nocumento né a Castelfranco né a Ponte di Piave, essendo tutto affatto diverso il genere del ne-
goziato".
Il confronto con la situazione emergente a fine secolo è molto interessante; infatti la variegata molteplicità dei generi offerti da fiere e mercati nel documento del 1837, appare decisamente appiattita nella rilevazione del 1898. Si assiste ad un generico arricchimento merceologico di
ogni riunione, e più frequentemente su ogni piazza compaiono "derrate
e merci di ogni genere", in relazionè all'inserimento dei commerci nel più
ampio mercato nazionale. Contemporaneamente al progressivo superamento delle economie chiuse seminaturali, sbiadiscono quei tratti specifici che differenziavano le singole riunioni e ne costituivano la particolare
attrazione.
Nell'ambito di questo generale livellamento, permangono tuttavia alcune specializzazioni che riguardano soprattutto gli strumenti del lavoro
agricolo, in modo particolare per la vinificazione e per il caseificio. La specializzazione permane anche nell'ambito del commercio del bestiame, in
particolare bovino ed equino; infatti numerose fiere ed alcuni mercati appaiono di tale importanza da attirare compratori e talora venditori non
solo dalle Tre Venezie, ma dall' Austria, dalle regioni del Nord Italia, dalla Toscana e dalle Marche so.
Un altro genere merceologico che si sottrae alla tendenza generale all'appiattimento, è costituito dai bozzoli del baco da seta, la cui contrattazione presenta caratteristiche marcatamente stagionali. Nella rilevazione
del 1898 vengono indicati come importanti piazze di vendita quattro mercati: Castelfranco, Conegliano, Oderzo e Motta. Senz'altro questi mercati
costituivano le sedi di più ampia contrattazione, ma appare molto plausibile pensare c.he questo particolare commercio trovasse spazio anche in altri mercati, tra cui forse quelli annuali, come precedentemente ipotizzato.
Infatti nel Trevigiano, come del resto in gran parte del Veneto, l'allevamento del baco da seta era largamente diffuso SI , soprattutto con contratti parziari di vario tipo, che lasciavano una buona parte del prodotto nelle mani
del contadino, spessomezzadro. Di conseguenza,se parte di questo commer50 Anche l'allevamento ed il commercio degli animali da cortile assumevanotevole rilievo, specialmente nella zona di Treviso: pollame vivo ed uova venivano esportate in Austria, Francia, Germania, Inghilterra e Russia. Parte della produzione di uova veniva assorbita dalla locale industria
dellaguttaperca.
51 All'importanza di questaattività bacologicanel territorio della provincia, che continuò poi nel
'900 fmo alla crisi della produzione sericanazionaledegli anni '50, ha semprefatto riscontro la presenzadi numerosi stabilimenti per la produzione e la ~elezionedel "seme bachi", la cui attività ponevaTrevisoal primo posto tra le provinceitaliane.
33
cio avveniva con inçettazione in loco per opera di "mercanti, solo in minima parte veneti ma, assai più spesso, lombardi o austriaci" 52, ed in parte
il prodotto veniva avviato ai grossi centri di contrattazione, probabilmente la porzione rimanente era venduta direttamente dal contadino sui mercati minori. Di questo fiorente ed articolato commercio regionale restano
tracce nella discussione ottocentesca sulla "tassa dei bozzoli" (controllo
amministrativo del prezzo stagionale), sulla verifica pubblica delle bilance, e sull'attività dei sensatipatentati.
Un'altra caratteristica che andò progressivamente estinguendosi nel
corso del secolo è la fissazione dei prezzi che svolgevano talune riunioni,
specialmente fieris.tiche. Ad esempio la fiera di S. Bartolomeo a Castelfranco in cui il "principale commercio consiste nella seta lavorata, organzini ecc.", traeva la sua importanza anche dal fatto che "in detta piazza
si determinano li prezzi, che servono di guida a tale genere di contratta."
zlone '.'"
53
.
Se questa caratteristica era ancora testimoniata nei primi decenni del
secolo, già nel 1884 il Padoa, nel commento alla legge su.ile fiere e sui mercati del 1866, constatava che le fiere avevano perduto di molto la loro importanza economica, con l'unica eccezione "per q\lelle destinate ai prodotti agricoli e al bestiame, le quali hanno ancora molta importanza ed esercitano una notevole influenza sui prezzi" 54. Di tale importante e peculiare funzione delle fiere non esiste più traccia nei documenti di fine secolo.
L'evoluzione delle caratteristiche quantitative, funzionali e merceologiche dei mercati e delle fiere appare come un aspetto marginale, ma ugualmente significativo, della generale evoluzione economica che, specie nella
secondametà dell' '800, conobbe momenti di rivoluzionaria intensità.
La progressiva riduzione delle economie chiuse, di ambito locale e di
modeste dimensioni, si riflette nella perdita delle caratteristiche più tradizionali delle antiche riunioni commerciali periodiche. Tendono a scompame, dall'inizio' alla fine del secolo, le merci provenienti dalle manifatture
contadine e dalla piccola attività artigianale, un tempo fortemente caratterizzata a livello locale 55. D'altro canto vengono immessi nel commercio
beni un tempo esclusividell'autoconsumo.
La causa di tali mutamenti va ricercata nel progressivo affermarsi di
un mercato nazionale nel quale confluiscono, talvolta fino a perdere le proprie caratteristiche originarie, i più ridotti circuiti commerciali preesistenti. Sono immesse sul mercato merci provenienti anche da notevoli distanze,
superate con maggior facilità grazie allo sviluppo e all'ammodernamento del52 BERENGOM., op. cit., p. 313.
53 MARTINONI L., op. cit., p. 214.
54 PADOA A., op. cit., p. 83.
55 L'esempio più interessanteè dato da una fiera di Ponte di Piavein cui si commerciava"gran
quantità di bottami, mastelli ed altri utensili ad uso delle cantine provenienti dai cosÌ detti Feletti"
(MARTINONI L., op. cit., p. 221).
34
le reti ferroviaria e viaria.
Strettamente connessa a queste trasformazioni commerciali appare la
crescita dell'attività industriale, che sempre più si distacca e si rende autonoma dall'attività agricola, anche in settori in cui più facilmente il lavoro
dei campi si integrava con l'attività artigianale 56. I settori per i quali l'indagine sulle fiere e i mercati nella zona in esame ha messo maggiormente
in evidenza le tracce di questa evoluzione sono l'industria tessile e quella alimentare.
Riguardo alla prima, la fonte del 1837 cita spessotra i prodotti commerciati la canapa e il lino,' che costituivano la parte più cospicua del consumo in prodotti tessili delle popolazioni rurali; inoltre la loro lavorazione risultava spessoun'attività integrativa del lavoro dei campi. La crisi di
questa industria casalinga, causata verso la fine del secolo dal diffondersi
dei manufatti di cotone a basso prezzo e dall'affermarsi della grande industria tessilè nazionale, si riflette nella fonte del 1898 che raramente fa
menzione di prodotti di canapa e di lino. Per la fiera di Miane, precedentemente florida anche per il commercio della canapa, viene indicato come
causa di decadenza"lo sviluppo çrescente del commercio del cotone",
Per quanto riguarda l'industria alimentare, che all'inizio dell' '800 ancora non esisteva come attività indipendente da quella agricola, la fonte
del 1837 elenca solo sporadicamente generi lavorati, come burro, formaggi, salumi, ecc., mentre quella del 1898, e ancor più le successive,indicano una maggior presenza di alimentari di ogni tipo e fanno menzione di
industrie (molitoria, delle paste alimentari, casearia, ecc.) il cui sviluppo
incrementa il commercio nelle piazze della zona.
Sono stati volutamente ridotti in questa sede i riferimenti agli aspetti locali delle varie manifestazioni, proprio al fine di evidenziare processi
e caratteristiche generali del fenomeno. Il caso di Montebelluna, tuttavia,
pare meritare una attenzione del tutto particolare, come esempio di centro urbano rifondato in funzione del suo mercato. Sorto nel X secolo, mantenne nel tempo la sua vitalità commerciale, notevole anche sotto il governo della Repubblica che lo confermò "franco e libero da ogni gravezza"
(Fig. n. 5). Ancora la fonte del 1837 documenta in modo assaivivace le caratteristiche sia economiche che culturali di questa rinomata riunione commerciale: "La non interrotta ricorrenza di questo mercato, il traffico di
ogni genere di mercanzie, l'amenità del luogo nel quale è situato, sono molteplici stimoli quanto piacevoli, altrettanto vantaggiosi, perché vi si conducano persone anche di luoghi distanti. E specialmente in Primavera, e nei
bei giorni di Autunno, nelle quali stagioni si trovano più del solito popolate
le villeggiature, diventa graziosissimo punto di ritrovamento il mercato di
Montebelluna per tutti che amino di passare lietissima una giornata, senza
56Cfr. SERENI E., n capitalismo nelle campagne(1860-1900), 3a ed., Torino, Einaudi, 1%8,
pp- 14-15.
35
Fig. n. 5 -Montebelluna: gli antichi privilegi del mercato.
Colonnaeretta nella piazzadel mercatovecchio.
36
occuparsi ben anco d'affari, e solo volendosi dare ad una giornata di veramente magica ricreazione" 57.
Il mercato, si teneva allora nell'antico nucleo di Montebelluna, situato
sulla collina del castello, e usufruiva di struttU(e; fisse in legno. La mancanza di acqua e di sp'azio in relazione all'aumento del volume dei commerci,
e il cattivo stato delle strade che lo collegavano al piano, determinarono nel
1872 il suo trasferimento ai piedi del colle, in posizione viaria assaipiù favorevole. Attorno al mercato rinnovato, per il quale fu appositamente progettato e costruito un sistema di piazze tra loro comunicanti (Fig. n. 6), si sviluppò l'agglomerato dell'attuale centro di Montebelluna.
57 MARTINONI L., op. cit., p. 218.
37
Fig. n. 6 -Montebelluna: sistemadi piazzeprogettate e costruite in funzione del trasferimento dell'antico mercato(1872).
Attuale utilizzazione delle piazze: a, foro boario; b, calzature; c, generi vari (tessuti, filati, giunchi,
utensili, ecc.); d, formaggi; e, frutta e verdura; f, pesce.1 banchi di vendita occupanoanche alcune
vie adiacentile piazze,in primo luogo il corsoprincipale.
38
3.
3.1
MERCATI E FIERE NEL NOVECENTO (fino a11962)
Aspetti quantitativi
Il numero dei mercati settimanali dell'intera provincia aumenta in modo lineare nel periodo considerato passando dalle 23 riunioni censite alla
fine del secolo scorso alle 41 del 1962 (Tab. n. l) 58.
Frazionando l'analisi nei vari mandamenti si constata un analogo aumento lineare, con l'eccezione di Valdobbiadene in cui permane una situazione di staticità. Per i mandamenti di Treviso, Asolo e Montebelluna gli
aumenti rilevati confermano una tendenza già presente nell' '800.
La considerazione del rapporto popolazione/mercati, già utilizzata
per il periodo precedente, permette di confermare la tendenza all'aumento indicato dai dati grezzi (numero dei mercati), anche in una situazione
demografica dinamica. Infatti il rapporto considerato tende a diminuire
a livello provinciale, passando da 17932 abitanti per mercato nel 190 l, a
14819 nel 1961 59. Tali valori medi sono il risultato di una distribuzione
per mandamento che si fa sempre meno omogenea durante il periodo considerato (vedi tabella di appendice a p. 75).
La linearità nella variazione del rapporto esaminato è confermata anche a livello mandamentale, con le eccezioni di Oderzo e Valdobbiadene:
per quest'ultimo mandamento, data la sostanziale staticità dei mercati, il
rapporto diviene unicamente funzione delle variazioni demografiche; a
Oderzo l'alterna dinamica demografica, accompagnata da un costante aumento dell'attività mercatale, configura una situazione del tutto parti-
colare.
Rare appaiono le riunioni mensili, e quasi sempre sporadiche: essecostituivano probabilmente un sondaggio da parte dei comuni sull'eventuale possibilità di sviluppo di mercati settimanali 60. Il mercato 'quindicinale
di Tarzo che compare nella rilevazione del 1951 permane ancora oggi.
Come già nell' '800 la posizione delle riunioni nell'arco della settimana non rivela preferenze per giorni particolari; la totale esclusione della domenica rilevata nel secolo scorso trova eccezione nel caso di Crespa-
58 Nel 1898 si tenevanomercati settimanali nei seguenticomuni: Treviso, Casale,Mogliano, Morgano, Roncade, Spresiano,Zero Branco; Asolo, Cavaso;Castelfranco; Conegliano, Pieve di Soligo;
Montebelluna, Nervesa;Oderzo, Motta: Valdobbiadene; Vittorio, Follina. Nel 1962 ai comuni citati
si aggiungono: Breda, lstrana, Maserada,Monastier, Preganziol,S. Biagio di Callalta; Crespano,Fonte; Vedelago;Codognè,S. Lucia di Piave,Vazzola; Comuda,Volpago; Ponte di Piave,S. Polo di Piave; Tarzo (quindicinale). Per la rappresentazionecartografica(Fig. n. 7) è stato scelto l'anno 1922,
in quanto maggiormenteindicativo dei mutamenti intervenuti (cfr. p. 23).
59 La costruzione del rapporto utilizza per i mercati le rilevazioni degli anni 1898 e 1962, con lieve sfasaturarispetto ai censimentidellapopolazione.
60 l casi rilevati riguardano il mercato di Suseganaistituito con scadenzaquindicinale nel 1902,
e che risulta trasformato in mensilenel 1922; quelli mensili di S. Polo (1922) e Cessalto(1951).
39
40
no che dal 1922 sposta il mercato dal lunedì al giorno festivo 61.
Per quanto riguarda i comuni con più mercati settimanali, mentre si
confermano i casi delle tre riunioni di Treviso e dei due antichi e tradizionali mercati a Castelfranco e a Motta, si aggiunge per MontebeUuna nel
1962 un secondo mercato al sabato oltre a quello rinomato del mercoledì.
L'analisi generale del fenomeno fieristico evidenzia un andamento alquanto diversificato: un aumento notevole si verifica a cavallo del secolo
e nei primi decenni del '900; l'entità di tale aumento risulta ancora più rilevante se si aggiunge la considerazione dell'elevato numero di mercati annuali (Il) ancora presenti nel 1905, e scomparsi a partire da tale rilevazion~. L'aumento del numero delle fiere prosegue fino al 195l, anno in cui
vengono menzionate 83 riunioni per un totale di 112 giornate. A partire
dagli anni 'SO si assi.stead una netta diminuzione che continua fino ai giorni nostri, tanto che nel 1980 il numero (53) delle fiere tradizionali 62 risulta inferiore di una unità a quello già rilevato nel 1905.
Considerando i singoli mandamenti si constata un andamento in sostanza parallelo a quello generale, anche se non sempre i valori massimi si
collocano nella rilevazione del 195 l. Questo ~damento, pressoché omogeneo per tutta la provincia, è molto meno evidente per Oderzo, dove le
numerose fiere già esistenti all'inizio del secolo scorso si sono mantenute
nel tempo. All'opposto Asolo è il mandamento che, rispetto ai primi decenni dell' '800, registra il più forte aumento di attività fieristica.
.L'aumento
del numero delle fiere non è accompagnato da un analogo andamento del numero è.elle giornate di riunione, che è caratterizzato
anzi da una costante diminuzione dal valore medio di 2 giornate per fiera
ad un valore prossìmo a l 63.
La distribuzione delle manifestazioni nel corso dell'anno mette in evidenza la concentrazione delle riunioni nelle stagioni intermedie, con una
preferenza sempre più accentuata, nelle ultime rilevazioni, per la stagione
tardo estiva ed autunnale (Fig. n. 4).
3.2 Aspetti qualitativi
In analogia con quanto esposto per il secolo scor5o, si ritengono utili
alcuni cenni di analisi sulle caratteristiche merceologiche e qualitative delle
61 Tale spostamentoè forse da mettere in relazione alla contemporaneaistituzione di un mercato il lunedì nel contiguocomune di Fonte.
62 Come si specificherànel capitolo successivo,per l'anno 1980 si è fatta una distinzione tra fiere tradizionali, presentialmenodal 1922, e "manifestazionifieristiche" di recenteistituzione.
63 La lettura dei dati richiede una precisazionerelativa alla presenzadi casisporadicidi fiere mensili nei mandamenti di Treviso ed Asolo, che fanno aumentareognuna di 12 unità il conteggiodelle~omate di riunione.
41
riunioni mercatali e fieristiche nel '900, descritte nelle pubblicazioni della
Camera di Commercio.
Iniziando l'analisi dai mercati, l'elemento più appariscente risulta l'accentuazione del generale livellamento merceologico già sottolineato per la
fine del secolo scorso. Sempre più si rinvengono nelle piazze dei mercati
articoli propri di un generico emporio, con riferimenti sempre meno evidenti alle attività locali pre-industriali. Si accentua al contrario l'influenza
delle industrie locali, specie alimentari, senza tuttavia che ciò dia vita a nette caratterizzazioni territoriali.
Una particolare attenzione merita l'evoluzione della presenza del bestiame, il cui commercio sembra raggiungere il massimo sviluppo intorno
agli anni '20 64. Successivamentela diminuzione che si registra nel numero dei mercati con bestiame è accompagnata anche dalla perdita di importanza di vari mercati un tempo fiorenti per tale genere di contrattazione 65. La complessiva diminuzione tocca in modo speciale gli equini ed in
genere gli animali da lavoro, i caprini e gli ovini; permane più stabile il commercio dei bovini e, addirittura con qualche incremento, quello dei suini.
Il commercio degli animali da cortile, che nei primi decenni del secolo era caratteristico sulle piazze del mandamento di Treviso, si estende in
seguito anche altrove.
Infine il commercio stagionale dei bozzoli, che nella rilevazione del
1922 interessava ancora importanti piazze della provincia 66, nel 1962 veniva ricordato solo per il mercato di Treviso.
Per quanto riguarda le fiere, è assaidifficile individuare nette tendenze evolutive nel settore delle merci varie, anche perché tali riunioni risultavano essere prevalentemente specializzate per il bestiame durante tutto
l'arco di tempo considerato; inoltre anche nei casi in cui fossero presenti
merci di vario tipo, spessole fonti non ne offrono descrizioni particolari.
Varie indicazioni vengono offerte invece riguardo al commercio del
bestiame; fino al .1922 le fonti rivelano stabilità nel numero delle riunioni
interessate, a tale commercio, anche se questo bilancio stazionario è il risultato della istituzione di nuove fiere, contemporanea alla soppressione
di altre. Le rilevazinni successiveindicano una modesta diminuzione della presenzadel bestiame, anche essarisultato di ampie fluttuazioni 67.
Come S1i mercati anche sulle fiere il bestiame è sempre più rappresentato solo dai bovini; inoltre è da sottolineare la progressiva anche se
64 Dalla rilevazione del 1922 appaiono di particolare importanza per volwne di affari o per raggio di influenza i mercati di Treviso, Morgano, Castelfranco, Conegliano, Montebelluna, Uderzo, Motta di Livenza, Fonte.
6S Nel 1962 conservano la loro importanza solo i mercati di Castelfranco, Montebelluna e Oderzo.
66 Treviso, Roncade, Castelfranco, Conegliano, Oderzo, Motta di Livenza.
67 Dalla rilevazione del ]922 a quella del 1962 risultano ]5 i nuovi casi di fiere con bestiame,
1.9 quelli in cui tale commercio è soppresso.
42
lenta scomparsa del tradizionale bestiame da lavoro e, collegata a questa, la
crescente frequenza di macchinari agricoli, specialmente sulle piazze un
tempo tradizionalmente rinomate per il commercio di animali.
La frequente
presenza del bestiame, caratteristica delle fiere e rilevata
~
anche per i mercati, unitamente ad altre osservazioniqualitative, pare indicare una parziale convergenza delle loro funzioni economiche, sopra.ttutto
nel periodo centrale del sessantennioqui considerato: mentre le fiere andavano attenuando i tratti più marcatamente locali ed individuali, i mercati
conservavano in larga misura i legami con il mondo rurale. La struttura economica era basata ancora prevalentemente sull'agricoltura 68, e questa,
ancora profondamente segnata dalla conduzione mezzadrile e dalla frammentazione fondiaria, soffriva delle condizioni di arretratezza e povertà che
continuavano ad alimentare il flusso della grande emigrazione contadina 69.
L'avvio di una industrializzazione provinciale, basata soprattutto su
unità produttive di' ridotte dimensioni, risultava ancora poco incisiva: nel
periodo tra le due guerre lo sviluppo industriale veneto si concentrava soprattutto nelle province di Venezia e Vicenza, mentre Treviso non conosceva un analogo progresso. Ben più imponente è apparso invece lo sviluppo
industriale della provincia nel secondo dopoguerra, fase in cui buona parte
del Veneto mutò profondamente e rapidamente la sua struttura produttiva ed occupazionale. Sintomo ed indice di questa rapida evoluzione può
essereconsiderato l'andamento del fenomeno fieristico: in aumento fino ai
primi anni del secondo dopoguerra, le fiere conobbero successivamenteuna
decisa diminuzione numerica e profonde trasformazioni di funzioni e di
struttura. Anche i mercati accentuano in questa fase il loro distacco da modelli culturali ed economici tradizionali per assumere aspetti nuovi strettamente legati all'aumento generalizzato dei consumi popolari.
In questo quadro evolutivo generale, una esperienzaparticolare ed isolata resta la Fiera Campionaria Nazionale di Treviso, sorta nell'immediato
dopoguerra con l'intento di fornire più vasto respiro ad una industria che
si radicasse profondamente nelle vocazioni agricole della provincia. I rami
di attività cui fu prestata la massima attenzione furono il settore agro-alimentare e quello dell'industria serica.
Riguardo al primo i promotori della manifestazione intesero intervenire principalmente in campo vitivinicolo, con una azione tecnica per il miglioramento qualitativo del prodotto e in favore della organizzazione cooperativa della produzione; in seguito la loro attenzione fu rivolta anche alla promozione dell"'arte bianca", cerealicoltura e relative industrie di tra68 Ancora nel 1936 gli addetti al settore primario rappresentavano il 61.6 % della popolazione
attiva.
69 Le province venete mantennero [mo alla [me della seconda guerra mondiale il primato degli
espatri (cfr. ISTAT, Sviluppo della popolazione italiana dal J 861 al 1961, cap. lO, Annali di Statistica, Serie VIII, vol. 17, Roma, 1965); durante il periodo fascista le migrazioni verso l'estero vennero
parzialmente sostituite da migrazioni verso altre regioni d'Italia.
43
siormazione.
Ancora maggiore importanza assumeva nell'ambito della manifestazione il settore se~ico, che anzi, con il Io Congresso Nazionale della Seta,
aveva caratterizzato nel 1946 il sorgere della Fiera Campionaria stessa;
l'affermata tradizione della provincia nel campo dell'allevamento del baco e della produzione del seme, veniva ripresa in un ambizioso progetto di
sviluppo che avrebbe dovuto coinvolgere anche il settore della tessitura.
La profondissima e irreversibile crisi nazionale della produzione serica segnò nel 1948 l'interruzione della manifestazione che non venne più ri-
presa.
44
4.
4.
MERCAn E FIERE DAL 1962 AD OGGI
Il periodo preso in considerazione (dall'anno dell'ultima rilevazione
della C.C.I.A~A. al 1980) appare denso di profonde trasformazioni sia in
campo economico, che vede radicalmente mutare la struttura della popolazione attiva, sia in campo sociale dove nuovi costumi, mentalità ed usanze tendono progressivamente a sostituire i tradizionali schemi di vita. Anche il sistema distributivo subisce una profonda evoluzione, le cui conseguenze non mancano di riflettersi sul fenomeno fieristico e mercatale.
Dall'affermarsi di tali nuove realtà emergono, come si vedrà, non già
un declino bensì un nuovo impulso della attività mercatale e un nuovo
modo di proporsi dell~,attività fieristica: tanto più quindi si fa sentire la
caren~adi indagini particolari o addirittura di semplici rilevazioni 70.
L'inchiesta condotta presso i singoli comuni e della quale qui si presentano i risultati (Tab. n. l, Tab. n. 2, Tab. di appendice a p. 76, Fig. n. 8),
appariva pertanto come indispensabile punto di partenza per qualsiasi analisi
quantitativa e qualitativa del fenomeno.
4.
Mercati
Nuovo impulso quantitativo
Il numero dei mercati periodici dell'intera provincia aumenta nettamente nel periodo considerato passandodalle 41 riunioni rilevate ne.! 1962
alle 55 del 1980. L'aumento di 14 unità è il risultato di 17 nuove istituzioni e 3 cessazioni71.Tutte le riunioni censite presentano frequenza settimanale, ad eccezione del mercato di Tarzo, che da molti decenni si svolge con
periodicità quindicinale; solo 4 mercati sono ubicati in frazioni, mentre la
quasi totalità risulta ospitata nei centri.
I comuni con più di un mercato settimanale restano quelli già citati
per il periodo precedente, con l'eccezione di Montebelluna in cui scompare la secondariunione del sabato.
L'aumento del numero dei mercati è presente in tutti i mandamenti
70 Una iniziativa senz'altro positiva estesa a tutto il territorio
regionale è stata intrapresa dal Di-
partimento Industria e Commercio della Regione Veneto, nell'ambito delle indicazioni fornite dalla
recente legislazione regionale; i risultati tuttavia non sono ancora stati pubblicati.
71 I comuni sede di nuovi mercati sono: Paese, Silea, Zenson; S. lenone degli Ezzelini; Riese; Susegana, Gaiarine; Caerano S. Marco, Crocetta del Montello, Pederobba; Fontanelle; Segusino, Farra
di Soljgo, Sernaglia; Cison, Revine (2 mercati). Di questi, tre mercati, nei comuni di Caerano S. Marco, Segusino e Silea, risultano attivi di fatto ma non ancora ufficialmente istituiti. I mercati che hanno cessato l'attività sono quelli di Vedelago, Montebelluna (mercato del sabato), Volpago del MonteUo.
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per ogni mercato il numero dei banchi di vendita e questi ultimi sono stati
messi in rapporto, ancora una volta, a livello mandamentale, con l'ammontare della popolazione residente (Tab. n. 3).
Tab. n. 3 -Mercati e banchi di vendita in rapporto alla popolazione(1980).
Mandamenti
mercatI
pop./mercati
banchi
pop.jbanchi
Treviso
18
Asolo
5
Castelfranco
3
21868
262
Conegliano
7
16044
427
263
Montebelluna
6
12673
412
184
Oderzo
6
11014
333
198
Valdobbiadene
4
8551
118
289
11443
175
359
Vittorio Veneto
Totale provincia
55*
14510
13081
914
285
170
241
255
*Di cui l quindicinale.
Il numero dei banchi presenti ogni settimana nell'intera provincia assomma a 2811 per un valore medio di 255 abitanti per banco. Rispetto a
tale valore provinciale notevoli sono le oscillazioni fra i vari mandamenti:
agli estremi Montebelluna con 184 e Vittorio Veneto con 359.
Con Vittorio Veneto anche Valdobbiadene presenta un elevato numero di abitanti per banco e, in relazione a quanto precedentemente messo
in evidenza circa la frequenza dei mercatj, si può sottolineare che entrambi questi mandamenti sono caratterizzati da mercati numerosi, spessoperò
di piccole dimensioni. Questa caratteristica può essere spiegata con il problema dei trasporti e dei collegamenti in -zone prevalentemente collinose
e montuose: considerando l'accresciuta disponibilità ed efficienza dei mezzi di trasporto commerciali, si può ipotizzare una maggiore propensione allo spostamento più frequente dei punti di\vendita che al trasferimento degli acquirenti con mezzi di trasporto privati o pubblici. Tale propensione è
favorita dall'altissima percentuale di popolazione accentrata anche se resi-
48
dente in centri di modeste dimensioni 74.
Prendendo in esame d'altra parte le dimensioni de~ maggiori mercati 75, riportate pella Tab. n. 4, si possono ricavare due considerazioni: in
primo luogo che i maggiori mercati sono ospitati da comuni prevalenteTab.n.4
Dimensioni dei principali mercati nel 1980.
mente di pianura; in secondo luogo che alcuni di essi, già fiorenti nel passato per la loro posizione di raccordo e punto di scambio tra collina e pianura nell'ambito di una economia sostanzialmente agricola 76, hanno poi conservato la loro importanza venendo a configurarsi come poli di sviluppo industriale e artigianale lungo assi particolarmente attivi di traffico commerciale. Tale è la posizione di Conegliano e Montebelluna: quest'ultimo comune ospita il maggiore mercato della provincia (258 banchi), già ricco e rinomato nel secolo scorso.
L'analisi quantitativa dei mercati periodici deve essereintegrata con
una precisazione sui mercati giornalieri che, presenti solo nel capoluogo di
provincia, ne caratterizzano in parte la fisionomia commerciale e influiscono su alcuni aspetti dei mercati periodici. Si può supporre infatti che le riunioni mercatali giornaliere distolgano sia venditori che acquirenti dai mercati settimanali alterandone alcune caratteristiche 77.
Infine per quanto riguarda la posizione delle riunioni néll'arco della
settimana 78, l'unico aspetto significativo da aggiungere alle considerazioni già esposte-in merito al precedente periodo, è la relativa concentrazione
nella giornata del sabato (13 su 55) risultante soprattutto dal contributo dei
74 Nell'ambito
di questa ipotesi la posizione di Asolo (241 abitanti per banco) può essere spiega-
ta con il fatto che il suo mandamento, pure esteso con alcuni comuni nell'area pedemontana e montana del Grappa, comprende anche ampie zone di pianura.
75 Per la dimensione di tutti i mercati nel 1980 cfr. Tab. di appendice a p. 76.
76 Analoghe caratteristiche di scambio commerciale fra piano e monte furono individuate perla
zona pinerolese: cfr. ROLETTO, op. cit., p. 116.
77 Treviso ospita, oltre ai mercati settimanali del martedÌ, giovedÌ (in frazione S. Liberale) e sabato, un mercato giornaliero di pesce, uno di frutta e verdura. e uno stagionale di funghi. In rapporto a questa attività giornaliera, sensibilmente basso appare il numero dei banchi per gli stessi generi
nelle riunioni settimanali.
78 9 riunioni si tengono il lunedÌ. 7 il martedÌ, IO il mercoledÌ, lO il giovedì, 5 il venerdÌ, 13 il
sabato, lla domenica.
49
mercati di nuova istituzione (7 79 su 17). Questa propensione alla scelta del
sabato è probabile sintomo dell'inserimento del commercio periodico nei
ritmi e nel calendario di una società sempre meno rurale, segnata,anche se
talvolta marginalmente, dalle esigenzedell'attività industriale.
4.1.2 Aspettiqualitativi
L'inchiesta effettuata presso i singoli comuni permette di estendere
anche al 1980 l'analisi qualitativa delle merci presenti sui mercati, con possibilità di rilevarne l'entità in maniera più precisa di quanto non consentissero le fonti prese in esame per i periodi precedenti. Infatti le informazioni raccolt~, oltre al numero di banchi per ogni riunione, forniscono anche
la loro suddivisione in alcune categorie ritenute più significative 80. Ne riportiamo, riassunti in Tab. n. 5, i dati provinciali e mandamentali.
Come si può notare, quasi il 50% del numero totale dei banchi di vendita è assorbito dalla voce "abbigliamento e mercerie", e questa preponderanza fa assumere ai mercati una caratteristica particolare legata, come si
vedrà, alla generaletrasformazione dei modelli di consumo.
La suddivisione posta in evidenza dai dati percentuali si ripropone con
piccole variazioni anche a livello mandamentale, accentuando la tendenza,
già indicata per il periodo precedente, ad un sostanziale livellamento degli aspetti commerciali: l'evoluzione verso caratteristiche di generico emporio è confermata anche dalla comparsa, all'interno della categoria "merci varie", di articoli quali giocattoli, dischi, musicassette, oggetti in plastica e di arredamento, che unitamente alla massiccia presenza dell'abbigliamento sembrano indicare, specialmente per i mercati più grossi, quasi una
concorrenza o una imitazione dei grandi magazzini urbani. Anche le notizie raccolte sulla provenienza di venditori ed acquirenti danno conferma
di questo generale livellamento: i primi provengono dal territorio provinciale o al più dalle province limitrofe; i secondi si muovono prevalentemente a livello locale.
Nell'ambito di queste trasformazioni, qualche eccezione richiama tuttavia ancora la tradizionale funzionalità del mercato alle esigenze di una socie~à agricola: alcune piazze infatti mantengono una propria caratterizzazione con il commercio di animali vivi, di macchine agricole, di piante e
sementi.
Gli animali vivi sono presenti ormai in pochi mercati. Il commercio di
animali da cortile, come del resto l'allevamento, segue sempre più canali
79Uno di questi 7 (S. lenone degli Ezzelini) si tiene al pomeriggio.
80 Tale suddivisionerisulta molto meno particolareggiatadi quella ufficiale, ma per questo anche più agevolmenteutilizzabile e direttamente indicativa delle caratteristiche del tipo di commercio in esame.Cfr. anchela schedariprodotta in appendicea p. 86.
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51
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prevalentemente industriali; sporadicamente si registra la presenza di questa merce sui mercati maggiori. Riguardo agli altri animali, meritano di essere ricordati Montebelluna, unica piazza in cui si contrattano equini (Fig.
n. 9), e Castelfranco per un discreto commercio di suini 81; ma soprattutto
Fig. n. 9 -Montebelluna rimanel'unica piazzadella provincia ad ospitare
un sia pur ridotto commercio di equini.
Oderzo che risulta l'unica importante piazza della provincia specialmente per i bovini da macello 82: le contrattazioni raggiungono la cifra di 60081 In questa piazza era praticato fino a non molti anni orsono anche il commercio degli ovini.
82 Questo mercato serve anche da riferimento per la fissazione provinciale dei prezzi. I dati forniti dall'Ufficio Veterinario Provinciale evidenziano che il foro boario di Oderzo assorbe la quasi
totalità del bestiame trattato sulle piazze della provincia.
52
650 capi per riunione e si svolgono all'interno del foro boario (Fig. n. lO).
Anche a Conegliano il limitato commercio di animali vivi si attua nel foro
boario. La prese~za di un considerevole commercio di macchine agricole 83
nelle stesselocalità di Montebelluna e Oderzo s~~bra indicare una sorta di
Fig. n. lO -Oderzo: mercato settimanaledi bovini al foro boario.
continuità, con la sostituzione del mezzo meccanico all'animale da lavoro.
L'attuale crescente meccanizzazione agricola è testimoniata dalla presenza delle stesse attrezzature, unitamente ad altri utensili per l'agricoltura,
la vinificazione e la zootecnia, anche in altri mercati della provincia. Ugualmente testimoniata è la vendita di sementi e piante la cui incidenza è tuttavia molto ridotta rispetto al passato, essendo attualmente prevalenti altri canali di vendita.
E' opportuno sottolineare che se da un lato alcune piazze conservano in qualche misura un ruolo funzionai e all'attività agricola in generale,
sono invece quasi del tutto scomparsi i mercati di produzione, con commercializzazione diretta e indiretta di prodotti locali, ancora presenti nell'ultimo dopoguerra. L'attuale situazione rivela una sostanziale prevalenza dei mercati di consumo di merci varie, e la loro composizione merceologica può essere considerata un indice delle notevoli trasformazioni in atto. Infatti relitti di una tradizione passata, di una economia preindustriale
strutturalmente legata al mondo rurale, possono essereancora sporadicamente rinvenuti là dove si assiste, ad esempio, alla commercializzazione di
83 Tale commercio è presente particolarmente sui mercati di Montebelluna, Motta di Livenza,
Oderzo, Nervesa,Vittorio Veneto e Crespano.
53
semplici utentili in legno 84 di fabbricazione artigianale, di pantofole cucite a mano 84, di cesti da lavoro, di sedie impagliate, ecc.
Accanto a queste sopravvivenze di peso sempre minore, si rileva la discreta importanza di un altro gruppo di articoli che, già presenti nella passata tradizione dei mercati, conservano almeno in parte una funzione tradizionale, pur nella mutata qualità merceologica: si tratta soprattutto di
beni offerti ad operai e a contadini, come abiti e calzature da lavoro (tute,
giacche e calzoni in tela pesante, zoccoli, stivali, scarponi, ecc.), attrezzi minuti, cordami.
Queste osservazioni vanno inquadrate in un contesto più ampio che
consideri in qualche modo questa antica forma di commercio periodico si
sia inserita in una nuova realtà economica e sociale e risponda alle attuali
esigenze di consumo intese sia in senso economico che culturale. Se nell' '800 si potevano reperire sui mercati sia merci "ricche" sia merci "povere", nel tempo si è andata invece accentuando la tendenza ad offrire generi selezionati, per tipo e qualità, al consumo di categorie sociali non solo meno abbienti, ma anche culturalmente più indifese di fronte all'influenza di modelli di consumo imposti dall'esterno. Al momento attuale,
essendo la produzione industriale di beni di consumo orientata al soddisfacimento di bisogni differenziati per strati sociali, il mercato può esserne considerato senzadubbio uno dei.veicoli di distribuzione.
Un esempio assai chiaro di questa evoluzione è fornito dal commercio dell'abbigliamento, i cui articoli sono presenti in così notevole proporzione (48%) in tutti i mercati da caratterizzarne la funzione in modo del
tutto nuovo rispetto al passato; questa trasformazione è resa ancora più
evidente dal progressivo aumento delle confezioni rispetto ad altri prodotti (tessuti, filati) che richiedono un'ulteriore lavorazione. A questo
proposito è utile notare che senza dubbio i consumi in questo campo sono aumentati in modo massiccio a livello popolare, e l'industria stimola
e al tempo stesso rincorre le trasformazioni culturali e di costume suggerite e indotte anche dalle comunicazioni di massa. L'elevato numero di
banchi di abbigliamento risponde anzitutto all'aumento generalizzato del
consumo, offrendo articoli di prezzo relativamente basso, ma spesso anche di scadente livello qualitativo che ne affretta l'obsolescenza e l'usura:
ambedue questi aspetti, bassi prezzi e qualità scadente, si dimostrano d'altronde perfettamente funzionali a tale aumento, in accordo con la logica
del consumismo cohtemporaneo. Nello stesso tempo la merce offerta si
adegua solo esteriormente ad analoghi prodotti di moda e di prestigio, che
sono indirizzati a gruppi sociali economicamente più elevati attraverso canali diversi di distribuzione (negozi specializzati, boutiques, ecc.).
Se queste considerazioni appaiono particolarn1ente evidenti per l'abbigliamento, tuttavia non mancano altre merci che si prestano ad analoghe
84 Prodotti tradizionalmenteprovenienti dalla Val Cellinae dalla Valle del Vajont.
54
osservazioni: molti oggetti di arredamento ed ornamentali infatti, appartengono ad un tipo creato quasi esclusivamente per le classi meno abbienti,
caratterizzato dall'imitazione di analoghi prodotti artigianali di qualità pregiata, con l'impiego di materiali, modelli e lavQrazioni molto più scadenti.
La diffusione popolare di questi prodotti, testimoniata anche dalla loro presenza sui mercati, assumetalvolta il significato di una ricerca di promozione
sociale sorretta dall'illusione di fruire di oggetti simboleggianti prestigio e
ricchezza. Questi orientamenti nel gusto e nei costumi, dei quali i mercati
rappresentano un sintomo, tendono a diventare sempre più generalizzati,
soppiantando le preesistenti differenziazioni areali nel campo della cultura materiale.
Un ulteriore aspetto che emerge dall'analisi qualitativa riguarda il collegamento con l'industria locale; l'esempio più chiaramente individuato è
fornito dal commercio di articoli in giunco (Fig. n. Il): la loro lavorazione
Fig. n. Il -Montebelluna: articoli in giunco di produzionelocale al mercatosettimanale.
è diffusa ampiamente soprattutto nell'area di collina, in unità lavorative di
dimensioni molto varie, ma spessoristrette a nuclei famigliari.
Anche nella categoria degli alimentari troviamo alcuni prodotti legati
ad una produzione locale, come quelli lattiero-caseari; è questa una realtà
55
4.2
4.2.
già rilevata precedentemente, che viene confermata nella presente inchiesta
e che può esserecorrelata con il prevalente indirizzo alla produzione di latte dell'allevamento bovino dell'alta pianura e della collina. Si può notare
inoltre che questi prodotti lattiero-caseari costituiscono gran parte della
categoria merceologica degli alimentari; ad essi devono essere accostati
per importanza il pesce e 1&frutta e verdura. Tutti questi generi, presenti
nel loro complesso con un elevato numero di banchi, testimoniano la conservata funzionalità di approvvigionamento alimentare delle riunioni mercatali.
Fiere
Le infonnazioni fornite dall'inchiesta effettuata presso i singoli comuni pennettono di delineare una analisi particolarmente approfondita
anche dal fenomeno fieristico.
E' emerso anzitutto che buona parte delle fiere già esistenti alla data
delle precedenti rilevazioni, continuano tuttora anche se spesso la loro
funzione e la loro fisionomia sono profondamente mutate. Accanto a queste fiere tradizionali sono state censite numerose altre iniziative di recente istituzione che per le loro caratteristiche e per la loro funzione si è creduto opportuno raccogliere sotto la denominazione di "manifestazioni fieristiche".
Fieretradizionali
Dopo il notevole e progressivo aumento registrato nel corso della prima metà del secolo, il numero delle fiere tradizionali diminuisce negli ultjmi decenni fino a raggiungere, con 53 unità, circa lo stessovalore registrato all'inizio del '900. Il numero delle giornate di fiera, seguendo la tendenza già rilevata, si avvicina sempre più, tranne rare eccezioni, al valore di una
sola giornata per riunione.
Questi dati tuttavia, presi isolatamente, risultano scarsamente indicativ~ e vanno integrati con una analisi più approfondita: le notizie raccolte
permettono di discernere, all'interno di q'lesto gruppo, le riunioni con conservata attività commerciale nel campo delle merci varie o della agricoltura
e zootecnia, da quelle che, delle antiche e diversificate funzioni, hanno
conservato solo carattere di intrattenimento e svagopopolare.
Le prime, con 30 unità, rappresentano poco più della metà del totale ed indicano da un 1ato la notevole evoluzione intervenuta nel fenomeno
fieristico, dall'altro tuttavia la incisiva vitalità dell'attività agricola e rurale
del territorio della Marca, in un periodo che ha visto una generale massiccia flessione del settore primario. Le funzioni che queste fiere assolvono.
56
sono legate, più che al commercio di merci varie, alle esigenze del mondo
agricolo, a cui si rivolgono anche con iniziative parallele all'attività commerciale, come mostre e premiazioni del bestiame, esposizione di macchine agricole e di attrezzature di vario tipo, talvolta con sola funzione promozionale.
Il bestiame, prevalentemente bovino, è presente ancora in numerose
riunioni (22), il cui peso commerciale tuttavia è molto diversificato. L'attività zootecnica è stata anche uno dei motivi di ripresa di alcune antiche
fiere 85 che per un certo periodo erano decadute o addirittura erano state sospese,e la rinnovata pratica dell'alpeggio ne fornisce talvolta le occa-
sioni.
Particolarmente intensa risulta l'attività commerciale, agricola e zootecnica in alcune fiere come quelle di Oderzo, Godega, S. Lucia di Piave
che richiamano espositori e visitatori anche da fuori provincia. Queste manifestazioni, tra le. più antiche della Marca, hanno saputo innestare sulla
loro tradizione nuovi motivi di interesse economico e commerciale. S. Lucia di Piave ha recentemente accostato alla sua ampia ed importante esposizione di macchine e attrezzature per l'agricoltura, una sezione dedicata
al settore edilizio 86; Oderzo ha concentrato molte manifestazioni economiche e culturali nella decade della rinomata Fiera della Maddalena, inserendo le affermate attività zootecniche ed agricole in un quadro di festeggiamenti che rievoca antiche usanze; Godega sembra confermare con lo
sviluppo dell'esposizione di macchine agricole e con il commercio di bestiame, un tempo proveniente perfino dall' Austria e dall'Ungheria, l'importanza della sua posizione sull'arteria di traffico "Napoleonica" (Fig.
n.12).
Aspetti particolari presenta la rinomata ed affermata mostra-mercato
degli uccelli di Serravalle a Vittorio Veneto, di tradizione plurisecolare, che
con i suoi numerosi espositori (oltre 250 nel 1980) costituisce importante
attrazione turistica oltre che commerciale (Fig. n. 13).
Le rimanenti fiere tradizionali che dall'inchiesta risultano conservare solamente la funzione di festa e di intrattenimento popolare ammontano a 23 e in esse il commercio appare talmente limitato che quasi nulla le differenzia ormai dalle sagrepaesane.
Può essere di qualche utilità osservareche, se in generale per le fiere tradizionali i confronti fra i vari mandamenti non offrono spunti per
osservazioni particolari, in altune zone le fiere ridotte a sagra prevalgono numericamente su quelle ancora commercialmente vitali: è il caso ad
esempio del mandamento di Vittorio Veneto (8 su un totale di lO) e di
Montebelluna (4 su6).
La distribuzione delle manifestazioni nel corso dell'anno, leggibile
85 Questa osservazione vale per le fiere di Resana, Segusino, Vidor, Vittorio
Veneto (Fiera di
S. Andrea). Altre fiere rinn~vate recentemente si tengono a Maserada e Volpago.
86 Nel 1980 la fiera occupava un'area di 40000 mq, con un totale di circa 115 espositori.
~7
S8
Fig. n. 12 -Godega: esposizione di macchine agricole alla fiera annuale.
nei grafici della Fig. n. 14, non mostra sostanziali cambiamenti dall'ultimarile
tuttavia è utile distinguere all'interno di questo andamento
le riunioni che hanno perso la loro funzione commerciale da quelle che
l'hanno conservata: queste ultime sembrano concentrarsi maggiormente
nei mesi tardo estivi ed autunnali.
4.2.2 "Manifestazionifieristiche"
Sotto questa denominazione sono state raccolte tutte quelle iniziative che, organizzate in genere dai comuni, dalle Pro-Loco o da altre associazioni locali in anni recenti, assumono il nome di "mostre", "mostremercato", "fiere", "rassegne" ed "esposizioni".
Esse ammontano a 69, di cui più della metà (39) possono esserecatalogate come manifestazioni promozionali dell'agricoltura specializzata, attiva specialmente nel campo della produzione vitivinicola. Questa
vocazione colturale già affermata nel passato 87, dà vita tuttora ad uno
87 Un istituto di istruzione superiore fmalizzato alla formazione di tecnici nel campo della viticoltura e della enologia fu fondato a Coneglianonel lontano 1876 e conservatuttora notevole im-
portanza.
Fig. n. 13 -Vittorio Veneto: mostra-mercatodegli uccelli.
59
p--,
~
conesclus;vofunz;oned, i
'ntroiterumento
con funz;onecommerc;ole
~revolentementeogr;colo)
-
C]V8ri
con
con funzione ag,icola specializzate
pe, l'attivita vitivinicola
Fig. n. 14 .Funzioni e distribuzionemensiledelle fiere tradizionali
e delle'~anifestazionifieristiche" ne11980.
dei settori più importanti dell'attività agricola provinciale, come è testimoniato dall'estensione della superficie destinata a vite (45000 ettari, circa un quarto della superficie agricola utilizzata), di cui gran !,31cie(37000)
in coltura specializzata; la sua elevata redditività ha contribuito, almeno
in parte, a frenare l'esodo agricolo specialmente nelle zone di collina, dove
la necessità di sostituire colture promiscue onerose e poco remunerative
si univa alla possibilità di incrementare e rinnovare una produzione di vini
già tradizionalmente rinomati. Notevole risulta la produzione di uva, di cui
la metà circa viene lavorata in 19 cantine sociali e 5 enopoli 'Consortili;
inoltre l'elevata percentuale costituita dai vini D.O.C. (12,2) e la consistenza delle esportazioni testimoniano una rinomanza che supera i confmi provinciali. In questo ambito trovano spiegazione le 19 manifestazioni dedicate al vino: il loro peso promozionale e commerciale appare in realtà molto diversificato, variando dall'importanza della "Mostra-Mercato Nazionale
dello Spumante" di Valdobbiadene, alle modeste dimensioni delle iniziative di paese.
Fra gli altri prodotti agricoli della provincia, il radicchio invernale di
Treviso e quello di Castelfranco rappresentano gli unici esempi di colture
tipiche della Marca, dotate di buona fama anche sui mercati extraprovinciali; ad essi sono dedicate alcune iniziative (a Castelfranco~a Preganziol, a
60
Quinto), il cui valore commerciale rimane tuttavia alquanto limitato.
Le manifestazioni citate, unitamente ad altre concernenti svariati prodotti ortofrutticoli, sembrano in qualche modo sostituire i vecchi mercati
stagionali o annuali di produzione, ma l'analogia riguarda soprattutto l'aspetto della specializzazione: infatti se in queste occasioni si può ancora assistere ad una attività commerciale direttamente gestita dal produttore, tuttavia la sporadicità di tali iniziative e il limitato volume degli scambi, ne riducono alquanto l'incidenza.
Anche nel settore zootecnico si contano altre iniziative (a Istrana, a
Breda di Piave, a Crespano) che evidenziano l'interesse degli enti locali, soprattutto se si considera l'affermarsi di manifestazioni simili, innestate, come già visto, su fiere tradizionali.
Queste manifestazioni legate all'attività agricola mostrano una caratteristica distribuzione stagionale (vedi Fig. n. 14) con massimi nella primavera e all'inizio dell'autunno, determinati entrambi dalle varie fasi della commercializzazione del vino, oltre che dai ritmi della produzione or-
ticola.
Le rimanenti manifestazioni (30) traggono vita da interessi di vario
genere. Molte sono dedicate all'avifauna e agli animali da cortile: in esse, oltre ad aspetti di curiosità e di intrattenimento, si può scorgere talora il ricordo lontano della pratica dell'uccellagione, diffusa un tempo nella Marca con l'uso di uccelli da richiamo. Solo due (a Mogliano e a Valdobbiadene) risultano le iniziative dedicate all'artigianato, ma entrambe
con importanza provinciale. Ad esse va aggiunta la singolare "Mostra-Mercato dell' Antiquariato minore" che si svolge ad Asolo la seconda domenica di ogni mese, particolarmente attiva e conosciuta anche oltre i limiti provinciali.
E' infine da notare che il recente massiccio incremento di tutte queste iniziative trova alimento nell'interesse di enti ed amministrazioni a favorire forme di turismo locale, legate anche all'attuale rivalutazione folklorica della dimensione della festa paesana;a questo proposito va sottolineato che le varie "manifestazioni fieristiche" si svolgono sempre di domenica
o in periodi comprendenti almeno una domenica.
61
s.:
5
CONSIDERAZIONI INTERPRETATNE
Mercati ed evQluzione demografica
La considerazione degli aspetti quantitativi e qualitativi dell'attività
mercatale, ha fornito più volte l'occasione per evidenziare le relazioni intercorrenti con la dinamica della popolazione. Nel presente paragrafo ver-
ranno esposteprevalentementeosservazionidi carattere generale,riguardanti il complesso dell'arco temporale studiato, e indirizzate a chiarire i
termini di questa problematica o a fornire ipotesi e ulteriori spunti di ri-
cerca.
La molteplicità delle variabili che influenzano l'attività mercatale rende assaidifficile stabilire una netta corrispondenza con l'evoluzione demografica e individuare chiare relazioni da causa é\rleffetto. Questa difficoltà
era già stata messa esplicitamente in. evidenza da G. Ferro 88. Tuttavia durante le fasi della ricerca è parso opportuno insistere in questa direzione,
completando lo studio dei dati grezzi con quello di alcuni rapporti attinenti la situazione demografica, ed esaminandone i risultati in una serie
diacronica (vedi Tab. di appendice a p. 75).
Da tali considerazioni sono state volutamente escluse le fiere, per le
quali appariva meno evidente il legame con la situazione demografica, sia
per la loro più ampia e variabile area di attrazione, sia per il loro carattere commerciale più saltuario ed eccezionale.
.Un
primo problema è stato quello di fissare i criteri per la suddivisione del territorio provinciale in zone utilmente confrontabili tra loro. La
scelta della suddivisione in mandamenti, suggerita dalla impostazione delle fonti e prevalentemente qui utilizzata, poteva essereintegrata con la suddivisione tra zona di collina e zona di pianura, così come viene presentata
nei censimenti della popolazione; tuttavia, ad un esame più approfondito,
anche questa scelta appariva poco percorribile poiché non metteva in evidenza la presenza, all'interno di ogni zona, di aree alquanto sviluppate dal
punto di vist~ economico e demograficamente dinamiche, accanto ad aree
depresse e statiche. Così ad esempio, nella zona classificata "collina" dai
censimenti, coesistono comuni più settentrionali ed interni, in parte estesi in area prealpina, caratterizzati per gli ultimi decenni da un consistente
esodo e da saldi demografici negativi, accanto a comuni situati lungo la
prima linea collinare, che costituiscono invece un asse di sviluppo e di attrazione demografica. Pertanto considerazioni sull'interessante rapporto
pianura-collina, sono state realizzate con criteri di tipo geografico all'interno dei vari mandamenti.
Innanzitutto si può verificare con buona approssimazione e per tutto il periodo dei 150 anni qui esaminati, la validità di un rapporto, che già
88Cfr. FERRO G., LAGO L. e V ALLEGA A., op. cit., p. 9.
62
intuitivamente si poteva ipotizzare, tra l'ammontare della popolazione e il
numero totale dei mercati: infatti al raddoppio della popolazione residente è corrisposto un analogo o superiore aumento delle riunioni mercatali.
Questa situazione provinciale, confermata in molti mandamenti, conosce
tuttavia alcune sfasature sia territoriali che temporali, determinate o da
un ritmo demografico più intenso, o da una persistenza inerziale di mercati anche in fasi di contrazione o stasi demografica. Altre situazioni anomale rispetto alla tendenza generale possono esserestate determinate dal
concorso di fattori diversi, in primo luogo quelli economici, la cui lettura risulta di difficile interpretazione. In ogni caso appare importante sottolineare che la forma di commercio qui esaminata, lungi dall'apparire solo
un relitto del passato, mostra conservare un legame assaistabile con le esigenze della popolazione, dato che ne segue con una certa costanza l'andamento: essa continua ad esplicare una significativa funzione economica, pur nell'innegabile mutamento delle proprie caratteristiche.
In particolare, l'evoluzione del rapporto popolazione/mercati frazionata nei singoli/lllandamenti, suggerisce con una certa chiarezza ulteriori
considerazioni. Si possono mettere in evidenza i mutamenti verificatisi fra
l'inizio e la fine del periodo considerato, per cui l'iniziale omogeneità fra
le varie zone della provincia viene via via sostituita da situazioni assai diversificate. L'Ottocento presenta infatti una caratteristica di diffusa e uniforme "ruralità", confermata anche dai valori della densità di popolazione, simili nei vari mandamenti e quasi indipendenti dalle varietà territoriali; in tale contesto l'attività mercatale periodica costituiva una parte consistente del sistema distributivo. In seguito, questo quadro così omogeneo
si spezza e si diversifica: la diversità areale dello sviluppo economico porta
tra le sue conseguenzela crescente disomogeneità fra i vari mandamenti sia
nei valori della densità sia in quelli del rapporti popolazione/mercati.
Infine, analizzando la struttura dell'insediamento nel periodo più recente, si sono individuate alcune ipotesi che collegano la tipologia insediativa con la distribuzione nei mercati. Come già osservato per la situazione
mercatale del 1980, i mandamenti nei quali l'elevata percentuale di popolazione accentrata è dovuta all'esistenza di numerosi piccoli centri, come
avviene frequentemente nella fascia pedemontana più settentrionale 89, sono caratterizzati da una diffusa attività mercatale, anche se con riunioni
di piccola entità: la presenza di questi centri attrae con maggiore facilità
gli operatori commerciali ambulanti, facilitati dalle migliorate condizioni
della rete viaria e dall'utilizzazione di adeguati mezzi di trasporto com-
merciale.
89 Questo fenomeno caratterizzail mandamento di Valdobbiadenee parzialmentequelli di Vittorio Veneto e di Asola.
63
5.2 Mercati, sistema distributivo, aree di mercato
Le consid~razioni relative all'andamento dell'attività mercatale negli
ultimi decenni, possono essere utilmente inquadrate nell'ambito della situazione distributiva in generale; tale ampliamento dell'orizzonte di indagine offre ulteriori chiarimenti sulla nuova fisionomia che questa antica
pratica commerciale va attualmente assumendo.
Nell'ambito dell'inferiorità strutturale del dettaglio italiano, caratterizzato da un ridottissimo numero di utenti per esercizio, buona parte
delle province venete, fra cui quella di Treviso, si distinguono per la presenza di attrezzature commerciali particolarmente organiche, che riducono l'eccessiva frantumazione dell'utenza. Un sintomo di positiva evoluzione verso una struttura più razionale nella provincia di Treviso può essere anche individuato nell'aumento massiccio della grande distribuzione 90.
Analizzando poi l'andamento provinciale del commercio fisso al minuto tra
gli anni '50 e l' '80 si nota anzitutto un aumento generalizzato del numero
delle licenze, in analogia con l'aumento dei redditi e dei consumi a livello
nazionale. In -particolare invece si può sottolineare che a partire dagli anni '70 si registra 1fn minore aumento o una diminuzione delle licenze del
comparto alimentare 91, e questa caratteristica può essereinterpretata come sintomo di maggiore maturità del settore distributivo 92.
Venendo infine a considerare lo specifico settore del commercio ambulante si può notare come il numero totale delle licenze, a differenza di
quanto riscontrato per il commercio in sede fissa, abbia registrato, sempre negli ultimi decenni, un calo costante fino al 1970, mentre in seguito
si è assestato su valori pressoché stabili. All'interno del commercio ambulante, per il settore alimentare la diminuzione è proseguita anche negli ultimi dieci anni 93, ricalcando l'analoga evoluzione di struttura del commercio al minuto in sede fissa; questa trasformazione viene a confermare il fenomeno, già descritto, della sostituzione di funzioni all'interno dei mercati, con l'estinzione del mercato di produzione e l'accentuazione sempre maggiore del carattere di emporio generico rispetto a quello di approvvigionamento alimentare.
Un elemento ancora più interessante emerge dall'analisi di questa serie
90 Supermercati,minirnercati, grandi magazzinie magazzinia prezzo unico passanodalle 6 unità del 1961 alle 87 del 1980. Tutti i dati quantitativi contenuti nel presenteparagrafo sono trattati
da 1STAT, Annuario statistico del commercio interno e, per il 1980, d~ C.C.I.A.A. DELLA PROVINCIA DI TREVISO, "RassegnaEconomico-statisticadella MarcaTrevjgiana".
91 Per qualche riscontro indicativo si può notare che il numero totale delle licenze di commercio fisso al minuto passada 6494 nel 1954, a 11557 nel 1971, a 12499 nel 1980; per gli stessianni
le licenzeper gli alimentari passanoda 2220 a 5091 a 4534.
92 Per utili indicazioni su questo ed altri aspetti del problema trattato, cfr. LANDINI P.G., Caratteri geograficidel terziario commercialein Italia, "Boll. Soc.Geogr. Ital.", X (1981).
93 Il numero totale delle licenze del commercio ambulante passada 3163 nel 1954, a 2379 nel
1971, a 2162 nel 1980; per gli stessianni le licenzeper gli alimentari passanoda 1542a 1246 a 1056.
64
di indicatori: la diminuzione delle licenze si verifica nello stesso periodo in
cui le riunioni mercatali registrano un costante e consist.ente incremento,
venendo ad indi,care un notevole aumento della mobilità e produttività dei
commercianti ambulanti della provincia nelle sedi di mercato. Per un più
preciso controllo è stata analizzata l'evoluzione dell'~mbulantato anche nelle province limitrofe, da cui, secondo l'inchiesta effettuata per il 1980, solitamente provengono altri operatori del settore 94; anche questi dati, analogamente decrescenti, confermano l'ipotesi sopra esposta, e indicano quindi il profondo mutamento di struttura e di te~nica commerciale che ha interessato il settor~ ambulante. Si può affermare con qualche fondatezza
che, a differenza di quanto è stato osservatoin province dalla struttura commerciale più debole e con maggiori problemi di assorbimento della manodopera eccedente 95, il commercio ambulante nella Marca trevigiana non
si configura come un settore rifugio, o almeno lo è in misura ridotta e meno appariscente.
L'elaborazione dei dati forniti dalla inchiesta relativa al 1980 ha suggerito anche l'idea di estendere le indagini affrontando il problema delle
aree di attrazione.
E' apparsa con chiarezza l'impossibilità di determinare quantitativamente e con precisione l'ampiezza e la configurazione di tali aree per i singoli mercati periodici, anche se, in linea generale, le notizie fornite dai comuni paiono indicare per i venditori una affluenza dalla provincia stessa
e da quelle limitrofe, per i compratori una affluenza locale nei piccoli mercati, mentre quelli di maggiori dimensioni attraggono acquirenti anche dai
comuni contermini. Si può osservareinoltre che essendo quasi scomparsi,
come già più volte sottolineato, i mercati di produzione 96, le singole aree
di attazione non presenteranno probabilmente configurazioni diversificate
ma varieranno solo per le dimensioni del raggio di influenza. E' apparso comunque di qualche utilità il confronto tra l'ubicazione dei maggiori mercati e le aree di attrazione commerciale già individuate per la provincia in
studi a livello nazionale 97.
La prima indicazione che emerge da tale confronto è la coincidenza
quasi costante fra capoluoghi di area o subarea commerciale 98, le sedi dei
94 Per le limitazioni territoriali nell'esercizio del commercio ambulante, cfr. anche l'art. 6 della
Legge19 maggio19.76,n. 398.
9SCfr. BRANCATO ALBANESE M., op. cit., passim.
96 Situazione ben differente viene descritta per i mercati delle Langhe: cfr. LEARDI E., op. cit.,
pp. 32-34.
97 E' stato utilizzato lo studio dì TAGLIACARNE G., Atlante delle aree commerciali d1talia,
Milano, Mondadori; 1973. Altri riscontri sono stati ricercati nell'Atlante economico-commerciale
delle regioni d1talia, elaborazioneSOMEA, Roma, 1st. Enciclopedia Ital., 1973 e in UNIONE ITALIANA DELLE CAMERE DI COMMERCIO, INDUSTRIA E AGRICOLTURA, Le aree socio-economiche in Italia, Milano, Angeli, 1975: l'uso di parametri particolari ne ha tuttavia ridotto l'utilità.
98 Le aree e subareeindividuate nello studio utilizzato sono le seguenti: Treviso (Montebelluna,
Valdobbiadene), Castelfranco,Conegliano(Pievedi Soligo), Oderzo,Vittorio Veneto.
6S
mercati più consistenti (vedi Tab. n. 4) e i capoluoghi di mandamento. Tale
fenomeno non fa che confermare gli stretti legami, ipotizzabili anche intuitivamente, fra attività commerciale e consistenza di servizi e funzioni amministrative. La riscontrata sovrapposizione può talora essereinterpretata
come effetto primario dell'esistenza, nel passato, di un mercato importante da cui è dipeso, almeno in parte e in un determinato periodo storico, lo
sviluppo del centro: è il caso di Montebelluna, "rifondata" alla fine del secolo scorso in funzione della nuova ubicazione del fiorente mercato; il notevole sviluppo economico realizzatosi in epoca recente ha confermato il
ruolo di centralità di questo comune, il quale attrae attualmente nella sua
area commerciale varie zone anche dai mandamenti vicini, specialmente
da Asolo.
Quest'ultimo comune rappresenta invece l'unico caso in cui un capoluogo di mandamento non figura né come sede di mercato importante né
come capoluogo di area commerciale. Questo centro, ubicato intorno ad
un antico castello sulla sommità di una ridente collina, ha conservato la
sua importanza amministrativa derivante da antiche tradizioni storiche,
ma non è evoluto verso un importante ruolo economico e commerciale,
probabilmente svantaggiato dalla posizione eccentrica rispetto agli assi principali di traffico 99.
Un caso del tutto differente è rappresentato da Mogliano, comune appartenente sia al mandamento che all'area commerciale di Treviso, e tuttavia sede di uno tra i maggiori mercati della provincia: tale situazione può
essere spiegata con la sua posizione lungo il "Terraglio", importante asse
di comunicazione tra Mestre e Treviso. Analoga importanza della posizione in rapporto alle vie di comunicazione, ~ rilevabile per Conegliano, dove
il forte sviluppo industriale ha rafforzato anche la funzione commerciale 100,della quale il mercato, secondo nella provincia per numero di banchi, può essereconsiderato una espressione.
99 Il citato Atlante delle aree commerciali d'Italia, indica per il mandamento di Asolo una attrazione, oltre che verso altre aree della provincia, verso il polo extràprovincialedi Bassano.La stessa
ricerca dà indicazioni di uno spostamentodi segnoopposto, dalla provincia di Belluno verso la subareacommercialedi Valdobbiadene.
100L'area commercialedi Conegiiano,con la sua subareadi Pievedi Soligo, giunge a comprendere 20 comuni, 6 in più di quanti ne conti il mandamento.
66
CONCLUSIONI
L'attività delle fiere e dei mercati ha mantenuto nel tempo la sua vitalità confermando lo stretto legame esistente con la vita economica della
provincia: in passato queste riunioni ~ommerciali apparivano funzionali
all'attività agricola e alle strutture di una società fondamentalmente rurale; nel presente hanno mutato le loro funzioni, adattandosi alle esigenze
imposte dalla crescente industrializzazione. Così mentre nel passato le singole riunioni, profondamente caratterizzate per la loro specificità, offrivano ai produttori agricoli il luogo e l'occasione per la vendita dei propri
prodotti e l'acquisto di altre merci, attualmente l'accresciuta genericità
merceologica, rilevabile specialmente nelle riunioni mercatali, ne indica
una maggiore dipendenza e omogeneità co,n l'insieme del sistema distributivo al dettaglio.
L'evoluzione esaminata presenta un altro aspetto rilevante, costituito dall'aumento delle riunioni mercatali periodiche, particolarmente intenso negli ultimi vent'anni; esso può essere collegato con l'aumento ,generalizzato dei consumi a livello popolare, tipico di una società in fase di sviluppo industriale. L'analisi merceologica dei prodotti commercializzati
sembra indicare che anche la famiglia rurale, col deciso abbandono dell'auto consumo e i condizionamenti imposti dalle trasformazioni sociali,
non differisce ormai nelle sue scelte di consumo da quella urbana.
Nell'ambito di questa evoluzione è stato interessante constatare il
persistere di alcuni mercati di antica tradizione: le sedi che li ospitavano
già nel passato e che traevano la loro importanza commerciale spesso da
una posizione geografica e viaria particolarmente felice, hanno visto in
alcuni casi confermato il loro ruolo in relazione al fiorente sviluppo delle attività agricole, artigianali e industriali; spesso si è constatata la coincidenza fra i maggiori mercati e i capoluoghi di aree commerciali:
Alle antiche riunioni di consolidata tradizione si è aggiunta la .recente istituzione di nuovi mercati, prevalentemente dislocati in piccoli centri, dove più modeste risultano in genere le strutture del commercio fisso: questo fenomeno pare indicare una maggiore mobilità degli operatori
ambulanti, facilitata sia dalle buone condizioni della rete viaria, sia dalla
utilizzazione di adeguati mezzi di trasporto commerciale; inoltre l'aumentata produttività del commercio ambulante è evidenziata dal singolare andamento decrescente delle'licenze, parallelo all'aumento del numero dei
mercati.
Anche per il fenomeno fieristico è stata riscontrata una caratteristica e specifica evoluzione: mentre all'inizio dell' '800 le singole fiere si
distinguevano per la presenza di merci particolari, e diffusissimo appariva
il commercio del bestiame, in aumento costante fino ai primi decenni del
'900, in 'seguito si è registrata una loro diminuzione numerica, e insieme
un calo della loro importanza economica. Molte fiere tradizionali persisto-
67
no solo nell'aspetto. di festa popolare, mentre il commercio del bestiame in
molti casi scompare a vantaggio di altri canali di commercializzazione o assorbito dall'importante mercato settimanale di Oderzo. Attualmente le fiere che conservano una certa funzionalità per l'attività agricola sono caratterizzate soprattutto da un cospicuo commercio di macchine agricole, talora di rinomanza anche extraprovinciale.
Nel periodo più recente il calo delle fiere tradizionali è stato accompagnato dall'istituzione, a cura di vari enti locali, di numerose "manifestazioni fieristiche", molte delle quali possono esserecatalogate come attività
promozionali dell'agricoltura specializzata, fiorente soprattutto in campo
vitivinicolo; questo carattere di specializzazione potrebbe suggerire una analogia con antiche riunioni, se non la escludessel'assenza quasi generalizzata
di attività di commercializzazione.
L'attività fieristica tende sempre più a potenziare l'aspetto di esposizione campionaria, diversificandosi nuovamente dai mercati, con i quali
sembrava destinata quasi a confondersi, per omogeneità di aspetti e di funzioni, in un passato non ancora lontano: mentre l'attività mercatale ha visto recentemente accentuare la funzione di consumo, le fiere hanno talvolta ritrovato l'occasione per esplicare.un ruolo funzionale all'importanza che ancora l'agricoltura riveste nell'economia della provincia.
L'esistenza in altre regioni di una fiorente attività fieristica e mercatale è stata più volte messa in relazione con una situazione economica povera, chiusa e marcata da forme più o meno accentuate di autoconsumo;
il caso della provincia di Treviso pare indicare che queste tradizionali forme di c~mmercio possono,attraverso una serie di mutamenti strutturali e
funzionali, risultare organiche anche ad una situazione economica caratterizzata dalla specializzazione dell'agricoltura e dallo sviluppo industriale.
La notevole affluenza di acquirenti e di pubblico soprattutto sulle piazze
maggiori e più rinomate, mette in evidenza la vitalità sociale di queste riunioni: la loro ìmportanza supera il campo puramente economico per assumere un significato di incontro culturale e sociale, che si riallaccia ad an-.tic
tradizioni.
68
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71
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e provenienza degli acquirenti, caratteristiche e variazioni stagionali)
8)
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Comune
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fiera.
13)
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funzione
di
mercato
14)
Svolge
funzione
di
festa
tradizionale?
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merci
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(sagra)
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no
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varie?
si
D
no
D
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si
D
no
D
si
D
no
D
e intrattenimento
popolare?
15)
86
Annotazioni
(eventuali
altre
fiere
tradizionali
e
osservazioni
varie)
16) Nel Comune si tengono una o più "manifestazioni fieristiche" (mostremercato, fiere-mercato, rassegne,esposizioni, ecc.) si D
no D
"manifestazione
fieristica"
anno di istituzione.
denominazione.
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"manifestazione
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anno di istituzione.
denominazione.
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in cui
...
si svolge
17) Annotazioni (eventuali altre "manifestazioni fieristiche" e osservazioni
varie)
87
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