Istituto MEME s.r.l. di Modena associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles Dar voce al dolore Scuola di Specializzazione: Relatore: Correlatore: Contesto di Project Work: Musicoterapia Dott. Roberto Barbieri Dott.ssa Roberta Frison Ambito clinico San Giacomo, Ospedale di Medicina Riabilitativa, Ponte dell’Olio- PC, Italia Tesista specializzanda: Anno di corso: Ana Spasić Secondo Modena, 12-05-2007 Anno accademico 2006-2007 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Indice dei contenuti 1. Premessa ......................................................................................... 4 2. Il dolore ........................................................................................... 8 2.1 Definizione ................................................................................ 8 2.2 Il dolore passato, presente e futuro ............................................ 9 2.2.1 Nel passato....................................................................... 9 2.2.2 Nel presente ..................................................................... 10 2.2.3 Nel futuro......................................................................... 11 2.3 Fisiopatologia/ Le vie del dolore ............................................... 13 2.3.1. Il sistema nocicettivo periferico .......................................... 14 2.3.2. Le vie della sensibilità dolorifica nel sistema nervoso centrale 16 2.4 Le teorie sul dolore ................................................................... 17 2.4.1 Le teorie della specificità .................................................... 18 2.4.2 Le teorie di modello ........................................................... 19 2.4.3 La teoria del controllo del cancello...................................... 19 2.4.4 La teoria dei recettori oppioidi ............................................ 20 2.5 Tipi di dolore ............................................................................. 21 2.6 Le diverse dimensioni del dolore .............................................. 23 2.7 Dolore e fattori demografici ...................................................... 28 2.8 L’accertamento e la misurazione del dolore.............................. 30 2.9 Trattamento del dolore................................................................ 35 2.9.1 Il trattamento farmacologico ........................................... 36 2.9.2 Il trattamento non farmacologico .................................... 39 2 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 3. Epidemiologia.................................................................................. 46 4. Esperienza lavorativa = Project Work ......................................... 47 4.1 Introduzione ..................................................................... 47 4.2 Prospettive aperte e obiettivi sostenibili........................... 49 4.3 Rassegna della letteratura scientifica................................ 51 4.4 Metodologia e strumenti................................................... 54 4.5 Frequenza degli incontri e setting......................................... 61 4.6 Criteri di conduzione individuale ......................................... 62 4.7 Contenuti musicali .............................................................. 63 4.8 Valutazione ........................................................................ 68 Valutazione iniziale......................................................................... 68 Valutazione intermedia .............................................................. 72 4.9 Partecipanti agli incontri ........................................................... 73 5. Conclusioni ..................................................................................... 86 5.1 Conclusioni della mia osservazione .................................... 86 5.2 Conclusioni generali ........................................................ 88 6. Bibliografia ..................................................................................... 89 7. Sitografia ........................................................................................ 90 8. Riferimenti ..................................................................................... 91 3 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 1 Premessa Un infermiere professionale, in qualsiasi branca clinica egli operi spesso ha a che fare con la sofferenza umana e il dolore fisico che può sconfinare e confondersi con il dolore psichico; ai quali, altresì, si potrebbe associare il disagio spirituale. Proprio per questo motivo, a nessuna persona così strettamente a contatto con esso può sfuggire il pensiero, per quanto a volte possa sembrare difficile o persino impossibile di trovare una soluzione per svolgere il proprio lavoro, di applicare la propria conoscenza tecnica (per quanto essa sia raffinata, perfezionata o portata agli estremi della possibilità umana), senza ricorrere ai soliti stratagemmi e sistemi di ritenzione e/o aggressione fisica traumatizzanti verso la persona. Come se la paura stessa di star male venisse fomentata e amplificata dall’atteggiamento del personale sanitario. Nel caso di resistenze fisiche, o difficoltà nel riuscire da solo, l’operatore può usare i mezzi contenitivi o ricorrere all’ausilio di colleghi presenti nel turno per bloccare il malato fermandolo con forza, con la scusa di proteggerlo. Gli atteggiamenti di questo tipo sono frequenti all’interno degli ospedali e il dilemma morale è causa di tante preoccupazioni per chi da poco si è inserito nel mondo clinico, per poi essere sommerso dalla routine e dall’assuefazione a questa specie di dolore morale professionale. Esso viene taciuto ufficialmente o comunemente accettato come qualcosa di ordinario. La stessa afflizione d’animo, ho trovato e sto trovando io nelle mie ore di lavoro clinico e proprio questo project work deriva dalla ferita morale e personale infermieristica dalla quale, naturalmente, è nato il bisogno di cercare di superare la maggior parte di questi momenti oltrepassando “la norma” nel modo di trattare e applicare la terapia. In questo caso, in questo modo, il presidio musicale ed artistico (il, canto, la recitazione, la recita et similia quando e quanto basta) diventa una vera e propria alleanza nella via e nella gestione del dolore di ogni genere e sorta. Mi sembra in tali momenti che sia la musica a prendersi cura della persona (abitualmente chiamato paziente, utente o cliente), a darmi forza interiore e che io stessa diventi uno strumento, veicolata dal suono stesso: la buona tecnica e la preparazione infermieristica, invece, le 4 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 percepisco come necessarie ma non bastanti e quindi solo dei complementi ad un senso più ampio, quello di prendersi cura del prossimo nella totalità senza nuocere. Le immagini di un dolore spezzato Nel corso dell’esperienza canto-infermieristica degli ultimi mesi in me improvvisamente scaturì in mente una serie di vivide immagini della mia, probabilmente prima, esperienza del dolore acuto. Rendendomi conto che la mia odierna pratica clinica non è altro che la giusta conseguenza del germe di un pensiero seminato, all’incirca, ventisette anni fa, in questa sede cercherei di esporvi il suo contenuto. Il dolore procurato e il disagio pertinente alla tecnica infermieristica che si stava applicando su di me, indirettamente fu suscitato dall’ago (forse, sarebbe il nesso logico che proprio in questo periodo lo fece riportare alla luce del momento presente) che aveva un preciso scopo, a me allora ignoto e che nessuno cercò di farmi capire, di cucire la grossa abrasione sulla zona frontale destra del mio capo. La ferita, invece, derivò da un mio illogico tentativo nell’asilo di prendere la palla, che con un calcio fu intrappolata in mezzo alle sbarre di un termosifone, con la testa. I suoi segni cutanei sono ancora oggi visibili. La presa in considerazione che ero ancora nel nido, magari potrà giustificare un pensiero cosi irrazionale che io ricordo vividamente. E quando, dopo un po’ di tentativi di forza, decisi di rinunciare a questa insolita impresa prendendo, alla fine, la palla in modo “tradizionale”, girandomi verso i compagni notai che improvvisamente questi sospendevano i loro giochi, da prima pietrificandosi per poi irrompere in forte pianto. Provai una sensazione di spavento e il mio pensiero, allora, si sforzò di capire le loro ragioni di fissarmi con gli sguardi reagendo in quel modo, ma invano fu il mio tentativo perché non sentendo nessun dolore e non potendo vedermi dei fiotti di sangue sul volto, non potei constatare nulla di strano. Poi, la memoria delle immagini e di vaghi ricordi dei pensieri si spezza, e per cui percorrendole mi rendo conto che sono come un rullino che fissa in se solo i momenti “scattati” per aiutarci un giorno a ripristinare i ricordi, le sensazioni ed eventuali pensieri di un tempo “diviso”,”in pezzi” e oramai lontano. Riesco a vedere la maestra dell’asilo mentre lasciava cadere giù le lacrime, ma anche lì non capisco il motivo di questa sua reazione. In prossimità di un pensiero cosi vivo riesco a rivivere la situazione dove ci avevano messo tutti allo stesso modo, seduti per terra con la schiena appoggiata contro l’armadio lungo la sua parete oppure era il muro, creando una fila di “burattini”: fatti muti e immobili. A questa scena si sussegue un’altra con le facce dei miei genitori che sulla porta parlavano con la maestra che era evidentemente preoccupata per qualcosa, si vedeva dal volto: a quei tempi, forse, questa immagine non mi era del tutto chiara come oggi, ma mi colpiva la sua espressione diversa dal solito. Segue ancora un buco mnestico per arrivare al momento di cui sto per raccontare gli eventi e dai quali un intero percorso di vita implicitamente ha tratto la sua direzione e le conclusioni. I risultati di questa elaborazione mentale inconscia ed inoltrata sarebbero l’oggetto della mia “innovativa”, magari “spavalda” (usando il termine delle mie colleghe seguaci e aderenti alla convenzione) pratica clinica nel 5 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 prelievo di sangue. In questa specie di cronologia delle immagini spezzate, nell’immagine che viene dopo, vedo una parete di vetro a sinistra dal letto dove ero coricata; paragonandola alla mia percezione odierna forse era un lettino. Dall’altra parte della vetrata stavano in piedi delle persone “grandi” che come in uno spettacolo stavano osservando la scena che si stava svolgendo all’interno. Mi si avvicinò con un congelato sorriso, dal di sopra e davanti, un’infermiera cercando di trasmettermi l’idea di benevolenza, ma bloccandomi con il suo corpo ed avvicinandomi l’ago vicino alla faccia. Indi, subito mi misi ad insultarla: “Lasciami stare, tu non sei normale…”; ripetendolo svariate volte a squarciagola che ancora la mia memoria uditiva ne subisce delle torture solo cosi ricordandomi, ma non saprei raccontare come si sentirono le orecchie dell’ infermiera. Potrebbe essere stata nulla di meno che una forma musicoterapica, come il primo “ahi” dell’uomo primordiale, come una specie di Urschrei ovvero urlo primitivo1; sennò era l’unica affilata arma che cosi impedita mi rimase per cercare di aguzzare le sue orecchie per comunicarle qualcosa di forte nel tentativo di fermarla. In seguito, riesaminando e riassumendo i significati dei miei ricordi chiesi a mia madre di dirmi l’esatta età che ebbi in quel momento e le precise parole degli insulti che scatenai contro gli infermieri: una che mi stava contenendo con forza e l’altra che cercando di sorridermi in faccia continuava a ripetermi: “Stai tranquilla, non ti farò del male!” Per quanto riferito da mia madre avevo tre anni di età e il contenuto delle mie parole, per le quali loro dietro il vetro arrossivano di fronte agli altri genitori era: - Tu sei pazza, questo fa male! Nessuno aveva provato a trattarmi da homo sapiens, essere in grado di pensare, parlare, elaborare una serie di cognizioni, cercando di prepararmi per quello che si faceva in seguito. Io non sapevo nemmeno di avere una ferita alla fronte che doveva essere suturata. L’unica informazione che mi fu consegnata era completamente erronea, “quello che faccio non ti procurerà del dolore” e ricorrere ai mezzi contenitivi di una collega nel mio intimo procurò un senso di molestia. In effetti, non è il dolore fisico che mi permane in mente, quello l’avevo probabilmente soppresso (“chiuso al cancello“) con le urla, ma le immagini di corpi delle persone vestite in bianco che si 1 Primal Therapy, a volte erroneamente chiamata Primal Scream Therapy, è stata ideata da Arthur Janov, PhD. InThe Primal Scream (uno dei suoi 12 libri) del 1970, Janov sostiene che nella Primal Therapy, i pazienti possono trovare i propri bisogni e le emozioni reali nel processo di sperimentazione dei tutti i loro “dolori”. 6 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 porgevano verso di me invadendo tutto il mio spazio visivo, per non so quale ragione. Deve essere stata una grossa evoluzione interna alla personalità di scegliermi nella vita proprio quel “mestiere mostruoso”, abbracciarlo, invece di evitarlo, ed una volta averlo compreso, con la musica, stravolgere il suo significato; trasformando tutto ciò che in esso potrebbe minacciare e/o invadere l’integrità del prossimo. 7 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 2 Dolore Cartesio riteneva che i nervi, che immaginava come corde che muovono le campane, poiché sono stati tagliati, entrino in agitazione e quindi possano fare suonare le loro campane. (René Descartes, nel 1644) Si tratta di un esperienza multidimensionale altamente soggettiva, che consiste non solo negli stimoli fisici bensì nell’interpretazione psicologica del dolore. Svolge un’importante funzione di protezione funzionando come un segnale d’allarme azionato dal nostro sistema di vigilanza. Può stimolare la persona a immobilizzarsi o a fuggire,2 a evitare o a proteggersi. Potrebbe essere considerato un meccanismo che presiede alla sopravvivenza e che spinge al ripristino dell’equilibrio.3 2.1 Definizione Il dolore a tutt’ oggi rimane uno dei fenomeni naturali senza una definizione da considerare veramente scientificamente soddisfacente e completa. L’Associazione internazionale per lo studio del dolore (IASP - International Association for the Study of Pain, 1975) definisce tale sintomo come ”un’esperienza spiacevole, sensoriale ed emotiva, 2 Fight-or-flight response noto anche come acute stress response (la risposta allo stress acuto), per la prima volta fu descritta nel 1927 da Walter Cannon. La sua teoria sostiene che gli animali reagiscono ai trattamenti con le generali scariche del sistema nervoso simpatico, che preparano l’animale a combattere o a fuggire. In seguito, questa risposta è stata riconosciuta come il primo stadio dell’adattamento generale che regola le reazioni allo stress dei vertebrati e degli altri organismi. 3 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. pg.28. 8 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 associata a un danno tessutale reale e potenziale a carico di un tessuto o che viene descritta in termini di tale danno”. Si aggiunge, inoltre, che l’incapacità del soggetto di comunicare verbalmente non nega la possibilità che stia provando dolore e che ha bisogno di un trattamento che gli procuri sollievo (IASP 2002). Nell’occidente, tra i tentativi di spiegare il (“togliere le pieghe” al) dolore partendo dalle lontane prove nel tempo, troviamo: “Un emozione opposta al piacere” (Aristotele). “Un campanello d’allarme che avverte l’anima di un pericolo imminente” (Cartesio nel ‘600). “Il male”, (Milton, causato dal peccato originale). “Uno stato di necessità” (Wall). “L’avvenuta presa di coscienza di un messaggio nocicettivo” (Tiengo). 2.2 Il dolore passato, presente e futuro Il significato del dolore, della sofferenza, della malattia e della morte mutano nel tempo. 2.2.1 Nel passato Nell’antichità il dolore, la morte e la malattia erano interpretate come la dimostrazione dell’intrusione nella vita fisica di qualcosa (spirito, maledizione…) dell’altro mondo, quindi, con la presentazione di offerte e sacrifici si cercava di riguadagnarsi il favore degli dèi. A poco a poco i fenomeni naturali cominciano essere razionalizzati e all’epoca di Ippocrate (V sec.A.C.), la malattia diventa un segno di rottura dell’equilibrio tra individuo ed ambiente. Nella cultura greca coesisterono i seguaci di due grandi correnti culturali: 9 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 - epicurei: ogni piacere deve essere goduto, ogni dolore respinto. - stoici: sopporta e rimani impassibile. Con il diffondersi del cristianesimo cominciano ad affermarsi nuove concezioni del dolore: un disordine creato dall’uomo rispetto all’ordine stabilito da Dio. Il dolore viene inviato da Dio per mettere alla prova lo spirito, indi, il dolore diventa un possibile mezzo di redenzione, come lo è stato per Gesù Cristo. Per questa ragione il dolore veniva accettato e sopportato con rassegnazione. Dopo l’anno mille, con la nascita delle prime università, il dolore e la malattia tornano ad essere considerati effetti di cause naturali. Nel Rinascimento con Galileo entra in vigore il cosiddetto metodo scientifico. La precedente metafisica viene soppiantata dalla metodologia analitica e dalle osservazioni sperimentate e rigorosamente razionali. La convinzione dell’uomo nell’aldilà viene scardinata dall’illuminismo e poi dal positivismo, e tutto ciò causerà profonde modificazioni nella visione del dolore e il progresso dell’industria chimica da lì a poco permetterà di isolare dalle sostanze tradizionali alcuni principi attivi, tra cui la morfina (nel 1803). Negli ultimi decenni dell’800, viene prodotta un’altra sostanza analgesica, ancora più efficace, la cocaina, erroneamente pensando di aver trovato la soluzione per guarire la dipendenza che causava la morfina. Per Freud, che fece largo uso della cocaina per combattere la depressione e la dispepsia, la sofferenza psichica e quella psicosomatica sarebbero il risultato di un conflitto tra le tre istanze psichiche e la psicanalisi comincia a divenire una cura del dolore fisico e morale. Per Jung, invece, la sofferenza sarebbe il tentativo dell’inconscio (Id) di prevalere sulla persona (Io)4. 2.2.2 Nel presente Un simbolo significa mettere insieme e di solito collega materiale e spirituale, corpo ed anima . Il serpente è il simbolo di lunga vita, ma, come la medicina, ha una doppia valenza, positiva e negativa: è simbolico di salute e di insidia, (3° il palo di Mosè con il serpente in bronzo) 4 Bellucci G., Tiengo M. (1996), Revisione storica dei tentativi umani di sedare il dolore. Momento medico (edizione fuori commercio). Salerno Rey.R. (1998), Storia del dolore, Ed. Tema. 10 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 di rigenerazione e resurrezione, di astuzia e di prudenza, di dominio, di perfidia e di tradimento; rappresenta la sequenza malattia-guarigione. (1° e 2° la verga di Esculapio e il caduceo mercuriale) Nell’epoca attuale l’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso la definizione scientifica riportata all’inizio di questo capitolo ci descrive il dolore come un’esperienza sempre molto soggettiva. Non a caso, poi, l’odierna definizione semantica della parola dolore è arrivata alla massima indeterminatezza. Come nel termine inglese pain, che arriva a significare ogni dolore, sofferenza o disagio, ma anche il semplice fastidio. 2.2.3 Nel futuro “Il dolore non deriva solo dagli stimoli periferici, ma anche dall’esperienza emotiva dell’anima, che ha sede nel cuore” (Platone) Si potrebbe cercare di attingere dall’unicum ovvero, provare a percorrere la multidimensionalità del significato nel corso della storia umana, andare indietro nel tempo per riprendere le matrici originarie attraverso l’etimo che sta dietro la parola dolore, partendo dai tempi nostri come il precursore di un presente futuro fino ad arrivare alle antiche civiltà e viceversa. L’etimo in pratica starebbe a significare il vero, originario significato della parola stessa, la forma più antica, documentata o ricostruita cui si possa ricostruire a ritroso la storia di una parola5. In italiano, la lingua più vicina alla fonte che ci permane in latino, il sostantivo dolor deriva dal dolere ovvero sentir dolore. Ancor oggi provare il dolore vorrebbe dire percepirlo, sentirlo, assaporarlo con i sensi (esclusa la vista). Dunque pure udirlo; la stessa ambiguità verbale del sentire e udire che la lingua italiana ancora sta 5 Devoto Oli, “Il dizionario della lingua italiana”, Felice Le Monnier (edizione 2002-03), Firenze. 11 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 racchiudendo in sé. È a questo punto del codice storico linguistico che per me si apre la porta per una tesi di sinergia, complementarietà ed alleanza musicale nella via del dolore e potrebbe essere un indizio della nuova e probabile svolta storica, tracciata già nel momento che stiamo vivendo noi adesso. Sostanzialmente non si può negare la presenza della musica per alleviare e trattare il dolore dalle antiche civiltà in poi. Apollo, il dio mitologico, in effetti ci rimane in mente come il dio che ci donò la medicina e la musica. La lettura di una visione futura potrebbe essere prevista dalle tracce presenti delle visioni passate. Sembrerebbe una rinnovellata coesistenza questa fusione delle arti, e delle scienze. Un diretto e ciclico confluire verso le origini della parola mousiké (“arte delle muse”): sotto la quale i Greci posero non soltanto l’arte dei suoni, ma tutto un complesso di attività e di esperienze diverse comprendenti le arti sorelle (la poesia e la danza), come pure la medicina e le pratiche magiche6. Dalla riflessione e l’osservazione attenta sugli eventi che stiamo percorrendo come civiltà odierna, quale possibili previsioni potremmo formulare per i giorni a venire? Stanno le scienze, le religioni e le arti piano piano creando l’esistenza di un triumvirato curativo? E non sta sbocciando fuori un fiore, un fascio unico, stavolta compreso nella sua interezza e il potenziamento sinergico nel quale ogni elemento è correlato, interdipendente? Questa situazione odierna non sta forse celando in sé una promessa di ritorno all’ancestrale senso di perfezione, alla trinità benefica in grado di sostituire i problemi per cui in medicina negli ultimi tempi la scienza, sembra non reggere più da sola ed è cresciuta soprattutto attraverso la tecnologia? Il corpo e l’anima per molti secoli furono visti discernibili. Una separazione netta tra di loro, in parte causata dall’influenza pervasiva delle idee di René Descartes, portava il pensiero scientifico ad oggettivare il tutto, ma l’abisso e il vuoto che si celavano in questo tipo di prospettiva sta diventando sempre più evidente proprio nella gestione e nel trattamento del dolore. In questo caso, e il dolore è una sindrome complessa e totalizzante, l’esperienza sapiente da sola non può interagire con l’identità personale del curato salvo assecondando le ragioni implicite che infliggono la sua personalità, ovvero personalizzando il trattamento stesso. La situazione futura sembra di prevedere l’umanità nella ricerca di veicolare la psiche e il vissuto umano, approdando 6 E. Surian, Manuale di storia della musica, Rugginenti (1991), Milano. pg.44. 12 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 alle cause soggettive ed agendo in seguito con i principi oggettivi scientifici sulla persona (un aspetto pluridinamico nel multidimensionale); allo stesso tempo rispettando le sue scelte e le decisioni. In altre parole, il nostro presente futuro sembra intravvedersi nella comparsa e nella sempre più grande accettazione delle “nuove-vecchie” discipline, come lo è la musicoterapia, in diversi contesti sociali fino ad entrare nell’ ambito clinico. Pensiamo che solo fino a qualche decennio fa questo sarebbe stato inimmaginabile. Solamente nel 1997 American Medical Association richiamò le scuole di medicina per incrementare lo studio nelle pratiche complementari ed alternative, includendo l’uso della musica. In Italia, invece, le scuole infermieristiche negli ultimi 3-4 anni stanno aggiungendo la musicoterapia come una delle materie di scelta; e nonostante tutto, in ambito clinico la disciplina è ancora poco consueta a confronto della realtà americana e nordeuropea. Sembra chiaro che prima che questa situazione ideologicamente venga divulgata ed entri a far parte della coscienza e del senso comune della nostra società, passeremo ancora assieme molte stagioni invernali, prima che la tiepida primavera definitivamente ci investa di una luce per la quale lungo i secoli stavamo risentendo l’intensa e la continua nostalgia. 2.3 Fisiopatologia / le vie del dolore “L’opinione comune, che vuole le ferite inevitabilmente associate al dolore e che più grande è la ferita peggiore è il dolore, non era sostenuta da osservazioni fatte il più acutamente possibile nella zona di combattimento…non c’è alcuna relazione semplice o diretta tra la ferita in sé e il dolore provato. Il dolore è in gran parte determinato da altri fattori, e in questo caso è di grande importanza il significato della ferita. Nei soldati feriti [la risposta al danno] era sollievo, gratitudine di essere usciti vivi dal campo di battaglia, perfino euforia; nei civili, l’intervento chirurgico era un evento deprimente, disastroso.” (Henry K. Beecher, 1959)7 7 Beecher H. K. (1959), Measurment of Subjective Responses, Oxford University Press, New York; trad. it. in E. Tiberi (1988), Il primato delle emozioni, Giuffrè, Milano. 13 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Il dolore percepito è il risultato di un insieme di processi complessi che possano avvenire ad opera di strutture sia periferiche (sistema nocicettivo), sia centrali (vie ascendenti e discendenti). 2.3.1 Il sistema nocicettivo periferico I recettori sensoriali del dolore, o nocicettori, sono dei recettori sensibili preferenzialmente a stimoli nocivi, o a stimoli che potrebbero diventare nocivi, se protratti. Si presentano come le terminazioni libere presenti nei tessuti (pelle, sottocute, muscolo, vasi sanguigni, articolazioni, visceri ed altre strutture) e gli è deputato di rispondere a stimoli che danneggiano i tessuti stessi. Esistono termorecettori, chemiorecettori come dei recettori meccanici che rispondono ai cambiamenti di pressione. A titolo di sintesi, in letteratura vengono individuate due principali vie del dolore, una lenta e una rapida che in conseguenza stanno a identificare l’esistenza di due tipi di dolore. Questo per quanto dimostrato dagli studi di Ganong, 1971; Guidetti, 1976; Fields, 1988; Woolf, 1994. Si parla quindi di dolore primario e dolore secondario, oppure del dolore immediato e del dolore tardivo, secondo il tipo di fibre che sono state coinvolte. I nocicettori si localizzano su due tipi di cellule nervose afferenti: - fibre mieliniche di tipo A-delta, di piccolo diametro (2-5 μ) e a conduzione veloce (5-30 m/s) che si attivano da stimoli meccanici e meccanico-termici, mentre sembrano insensibili agli stimoli di natura chimica. Questo tipo di fibre sono responsabili della percezione del dolore di tipo acuto, pungente, ben localizzato, immediatamente associato ad un danno. - fibre amieliniche C, di diametro molto piccolo (o,3 -3,0 μ) e a lenta conduzione (o,5-2 m/s). Vengono definiti polimodali, in quanto rispondono a stimoli nocivi di tipo meccanico (punture e schiacciamento circoscritto), termico (temperature superiori a 45° C e inferiori ai 12° C) e chimico. Sono responsabili della percezione del dolore di tipo sordo, diffuso e persistente anche dopo il danno. - fibre mieliniche di tipo A-alfa di largo diametro, invece, non sono in grado di segnalare la presenza di stimoli nocivi. Corrono accanto alle fibre A–delta e C e vengono eccitate da stimoli meccanici deboli quali il tocco leggero e superficiale e la 14 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 flessione dei peli (Fields, 1988).8 Tra le fibre di grande diametro di tipo mielinico troviamo anche le fibre di tipo A-beta e L e ad essa viene attribuita la conduzione delle sensazioni tattili; hanno una velocità di conduzione molto più elevata confronto agli altri tipi di fibre (intorno ai 70 m/s). La teoria del gate control si basa sull’idea che se riusciamo a stimolare le fibre di grande diametro senza interessare le altre, viene attivata, a livello del midollo spinale, l’inibizione delle fibre a piccolo diametro e quindi una specie di blocco della via del dolore verso il cervello (la via ascendente).9 8 Cit. in Minuzzo S., Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. p. 29. 9 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. p. 28. 15 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 2.3.2 Le vie della sensibilità dolorifica nel sistema nervoso centrale Tra la stimolazione dolorosa a livello tessutale e l’esperienza soggettiva del dolore interviene una seria di eventi complessi conosciuti sotto il nome nocicezione. Essa può essere suddivisa in 4 eventi (fasi): - Trasduzione: è un processo chimico-fisico di depolarizzazione di recettori nervosi periferici (di stimoli chimici, temici ecc.) e la loro conversione in impulsi elettrici che vengono trasmessi al midollo spinale. È stata avanzata l’ipotesi che, nel meccanismo della trasduzione, le terminazioni di nocicettori siano attivate da mediatori o sostanze chimiche algogene. Queste sono di diversa origine: possono provenire dal liquido intracellulare uscendo dalle cellule danneggiate (il potassio, l’istamina, l’acetilcolina e la serotonina); sintetizzate localmente, per via enzimatica dopo un travaso di plasma o la migrazione di linfociti (tipo bradichinina), sintetizzate in sede della lesione (prostaglandine, leucotrieni) e solitamente presenti negli essudati infiammatori.10 Gli stessi nocicettori producono delle sostanze in grado di produrre il dolore come la sostanza P che determina vasodilatazione ed edema, il rilasciamento dell’istamina e della serotonina. - Trasmissione: gli impulsi raggiungono l’encefalo attraverso i nervi sensitivi; le fibre nervose afferenti giungono nelle corna posteriori (dorsali) del midollo spinale e da cui, attraverso i neuroni connettori, il segnale viene trasmesso al sistema nervoso centrale, lungo le vie ascendenti e i tratti spinotalamici. - Modulazione: il segnale doloroso può essere modificato (amplificato o attenuato) a vari livelli di circuito algico, sia prima sia dopo della proiezione dello stimolo alle arie corticali specifiche, dando luogo a una varietà di possibili risposte. Si ritiene che il controllo, in senso inibitorio o facilitatorio, del terzo processo del circuito algico, avviene a livello delle corna posteriori del midollo spinale, attraverso le modalità diverse. La modulazione è attivata da sostanze endogene, degli stati emotivi, dallo stress, dai processi emotivi e dallo stesso stimolo doloroso.11 10 Kandel, Schwartz, Jessel (1994), Principi di neuroscienze, Ambrosiana, Milano. 11 Dossier inFad, Dolore postoperatorio nell’adulto, 2006, Ed. Zadig. Milano. pg. 1. 16 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 - Percezione: è il meccanismo, ancora poco chiaro, attraverso il quale viene percepito lo stimolo doloroso, mediato da una serie di fattori fisici o psicologici (lo stress, la paura, il condizionamento, la suggestione ecc) tali da renderlo un’esperienza estremamente variabile da individuo a individuo. Tuttora esistono numerose incertezze sui meccanismi di elaborazione corticale dei messaggi dolorosi e non si può escludere che esistono le loro diverse e parallele elaborazioni corticali. Studi sperimentali hanno confermato l’importanza della corteccia somatosensitiva nella nocicezione. Quando il messaggio doloroso arriva a questo livello, si ha la chiara e precisa percezione del dolore e la capacità di discriminarne la localizzazione, l’intesità e la natura.12 2.4 Le teorie sul dolore “Secondo la tradizione, ad ogni essere umano sono affidati tre Angeli Custodi. Il primo domina la sfera spirituale, il secondo influenza l’aspetto morale, la mente, le nostre emozioni ed i nostri sentimenti; il terzo estende il proprio influsso sul piano fisico, la salute, e le nostre azioni quotidiane. L’operato di questi tre Angeli non è così rigorosamente suddiviso, ma soltanto i valori espressi all’unisono dai tre Angeli sono in grado di integrarlo e valorizzarlo perfettamente.” 12 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. pg. 42. 17 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Come già accentato in precedenza, da un momento storico in poi si è aperta la porta ad una concezione oggettiva, osservabile, discernibile della natura umana, creandosi un netto divario tra l’anima e corpo, la netta separazione tra i sistemi, meccanismi, organi del corpo dell’essere umano. L’enfasi viene posta sulla natura meccanicistica nelle ricerche e nel pensiero sul dolore visto come un sintomo ignorando i fattori psichici in quanto distinti dal dolore “reale”. Di conseguenza si cercavano le cause dirette, escludendo ogni pensiero sulla possibilità di modulazione tra lo stimolo e la risposta (la causa e l’effetto). L’egemonia filosofica di Cartesio e le teorie della specificità ricalcate dalle sue orme in seguito e soprattutto nel XIX sec., sarà infranta dal lavoro di Ronaldo Melzack e Patrick Wall e la loro teoria del controllo del cancello (Gate Control Theory)13 secondo quale l’esperienza del dolore coinvolge tre dimensioni della persona. Di conseguenza, dagli anni sessanta del secolo scorso, comincia augurarsi ed avviarsi un nuovo punto di vista. Il riduzionismo scaturito dalla rigorosità scientifica che ha regnato per secoli comincerà a prendere una nuova piega aprendosi e spiegandosi in una visone medica sempre più olistica. 2.4.1 Le teorie della specificità Le teorie della specificità affermavano che la causa del dolore era lineare, il danno o la lesione erano direttamente equivalenti al dolore percepito e i fattori psicologici in conseguenza venivano ignorati (già proposta nel III sec a.C. da Epicuro). I dolori che non rientravano in questo modello non venivano valutati reali e i malati cronici di conseguenza erano considerati malati psichiatrici. Le moderne teorie della specificità ebbero il loro massimo sviluppo tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. L’incredibile intuito scientifico cartesiano e la sua illustrazione delle vie afferenti del dolore nei testi furono confermate da Müller, nel suo Physiologie des Menschen del 1840, successivamente sviluppata da von Frey (nel 1894) in una più completa teoria della specificità del dolore (parlava dei recettori sensoriali per il tatto, caldo, il freddo, il dolore…). L’estensione di questa prospettiva 13 Melzack R., Wall P.D. (1965), Pain mechanisms: a new theory. Science. 19;150(3699):971-9. 18 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 porterà all’individualizzazione delle fibre per il dolore: le fibre A-delta e C, seguita dalla identificazione del tratto spinotalamico, che comincia essere considerato la “via del dolore”. 2.4.2 Le teorie di modello La debolezza del modello di von Frey fu resa evidente da Goldscheider alla fine del XIX secolo che pur riconoscendo alcune sue scoperte si concentrò sul pensare a una qualche forma di processo centrale di sommazione degli stimoli sensoriali e dolorosi a livello delle corna posteriori del midollo. Con questa teoria si tentò a spiegare alcune situazioni del dolore patologico, come il dolore dell’arto-fantasma. Il fenomeno di sommazione finalmente sarà proposto come modello nel 1943 da Livingstone e la sua estensione in seguito prevederà che, in soggetti normali, viene instaurato un sistema di stimolo-modulazione. Il principio si basa sul pensiero che le fibre che conducono le informazioni del dolore (A delta e C) vengono inibite dalla contemporanea conduzione di altre informazioni da parte delle fibre di grande diametro. Quello che viene trasmesso al sistema nervoso centrale è il risultato dell’equilibrio (“competizione”) dell’attività dei due gruppi di fibre.14 2.4.3 La teoria del controllo del cancello Il precedente modello è stato sviluppato dalla teoria del cancello (Gate Control Theory)15 che oltre alla dimensione fisiologica sensitivo-discriminativa prende in considerazione altre due dimensioni stavolta psicologiche: una cognitiva e una affettivomotivazionale. L’aspetto cognitivo prende spunto sul fatto che ciascuno di noi spontaneamente compie una valutazione cognitiva sul significato della sensazione dolorosa. La terza dimensione o il processo affettivo-motivazionale riguarda 14 S. Minuzzo, Nursing del dolore Carocci Faber, Roma, pg. 51-54. 15 MELZACK, R.; WALL, P. D., "Pain mechanisms. A new theory (Gate control system role in pain mechanism, noting specificity and pattern theories)", Science, vol. 150, Issue 3699 (19 Nov. 1965), pp. 971-979. 19 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 essenzialmente il significato che il soggetto, in base ai suoi valori, credenze, convinzioni, personalità, esperienze precedenti e in base alla particolare situazione, attribuisce alla propria esperienza di dolore. Gate Control Theory è un tentativo di individuare tutti i fattori specifici e individuali che sembrano influenzare in modo determinante la percezione e la risposta al dolore. La novità assoluta di questa teoria è proprio “il cancello” ipotizzato a livello delle corna dorsali del midollo, che funzionerebbe come un filtro in grado di facilitare o impedire il passaggio dello stimolo doloroso e la trasmissione del segnale al SNC. L’apertura del cancello è determinata dal prevalere dell’attività delle fibre a piccolo diametro (A-delta e C) su quelle a grande diametro (A-alfa e beta) la chiusura è invece determinata dal prevalere dell’attivazione delle fibre a grande diametro, delle vie inibitorie discendenti e anche dalla corteccia.16 2.4.4 La teoria dei recettori oppioidi L’oppio è un antichissimo rimedio algico. Il suo recente ritrovamento in un’anfora sigillata, trasportata da una nave fenicia naufragata, è una vera testimonianza della sua commercializzazione nel bacino Meditteraneo nei tempi antichi. Tuttavia la civiltà umana ha dovuto aspettare l’anno 1803 prima che Serturner da esso isolasse un analgesico attivo, noto come la morfina. Nonostante la sua diffusione era ampia, fino agli anni sessanta del XX secolo, il meccanismo d’azione della morfina a livello del sistema nervoso centrale non era ben chiaro. Negli anni sessanta, a opera di Hughes e Kosterlitz, sono stati per la prima volta isolati gli oppioidi endogeni e i recettori oppioidi. I loro studi furono condotti prima sugli animali e poi sull’uomo. Si tratta di una teoria biochimica della percezione e della modulazione del dolore (Summers, 2000). Gli oppiacei, dopo il riconoscimento del proprio recettore specifico, si legano ad esso producendo una serie di risposte biologiche. Oltre all’analgesia, essi inducono anche una serie di azioni biologiche non desiderate come la depressione respiratoria, 20 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 letargia, sedazione, allucinazioni, diminuzione della temperatura corporea e intestinale ecc. Gli oppioidi endogeni sono sostanze endogene morfino-simili sintetizzate dal cervello in grado di agire con i recettori oppioidi specifici. Di fatto hanno un’azione farmacologia simile a quella della morfina. La più conosciuta tra gli oppioidi endogeni è sicuramente l’endorfina che viene rilasciata nel torrente sanguigno dalla ipofisi. La teoria dei recettori oppioidi rispetto ad una interdipendenza psicologica pervenutaci da Beecher (citato al punto 2.3.), sull’esperienza di dolore dei soldati americani al fronte, di proposito ci fornisce delle spiegazioni complementari rispetto al nudo correlato fisiologico. 2.5 Tipi di dolore “Di due dolori che appaiono insieme non nello stesso punto quello più veemente oscura l’altro.” Ippocrate “Scritti scelti” Non esistono due individui che reagiscono al dolore allo stesso modo e perciò attualmente il dolore non è più considerato una manifestazione unifattoriale, ma una complessa esperienza multidimensionale. Nonostante le descrizioni della persona variano da quella di un’altra sottoposta a stimoli dolorosi simili, tuttavia, ci sono alcune caratteristiche sensoriali comuni nella localizzazione, nella durata e nella qualità (la dimensione fisiologico-sensoriale), quando si provano tipi simili del dolore. A seconda della sede il dolore può essere: - superficiale è quello che colpisce la cute, il più studiato ed è solitamente acuto, pungente, immediato, ben distinto, circoscritto. Il paziente è in grado di riferire con precisione la sua localizzazione, mentre in esso le reazioni emozionali e i segni vegetativi sono generalmente assenti. - profondo è quello che interessa le strutture profonde (muscoloscheletriche e i visceri). Si presenta in modo diverso, raramente è così acuto e ben localizzato come dolore superficiale; è relativamente sordo e generalmente la sua insorgenza è graduale. Può essere crampiforme, costrittivo, lacerante, urente, gravativo, pulsante. In questo tipo 21 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 la reazione personale generalmente si esprime meglio nell’immobilizzazione piuttosto che la fuga dell’altro caso, per prevenire ulteriori danni. Esiste un altro tipo di dolore che dai precedenti due si distingue perché accompagnato dalle reazione neurovegetative: nausea, vomito, sudorazione, alterazione della frequenza cardiaca. Spesso il dolore viscerale può essere trasferito ossia percepito anche dalle aree diversi dalla sede dell’organo colpito. Questo fenomeno viene chiamato il dolore riferito. Rispetto alla modalità di insorgenza, all’intensità e alla durata è possibile distinguere tra: - dolore acuto viene considerato un dolore “utile”, un’importante segnale di presenza di una lesione. Dura un breve periodo e il paziente si aspetta che non sia a lungo termine. Lo stato emozionale che caratterizza questo tipo di dolore, nel caso di un dolore acuto e intenso, è la presenza d’ansia, ma man mano che l’intensità cresce, tende a diventare lo spavento, la paura, l’angoscia. A volte possono essere attivati le risposte di combattimento e fuga o potrebbe causare dei cambiamenti psicologici. - dolore cronico è un dolore che perdura per lunghi periodi ed esiste senza una patologia desumibile. Il tempo che viene considerato a partire dal quale il dolore comincia essere considerato cronico, secondo molti esperti, è assolutamente arbitrario. Spesso troviamo indicato seguenti linee divisorie 6 settimane, tre mesi oppure 6 mesi. In ogni modo “dura più di un normale tempo di guarigione previsto e si protrae oltre il normale decorso della malattia” (come ci afferma la definizione della IASP). È considerato un dolore “inutile”, perché spesso non è segno di un danno incombente. Ed è tendenzialmente irrisolvibile con le conseguenti associazioni di sentimenti di rassegnazione, sconforto, ansia, depressione e senso di impotenza. Nell’aggiornamento FAD per gli infermieri, secondo la patogenesi, il dolore cronico viene considerato come la particolare mescolanza di tre principali categorie di dolore: • dolore nocicettivo, a sua volta diviso in dolore muscolare e dolore meccanico compressivo (o lo stiramento). 22 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 • dolore neuropatico: causato da un danno o una disfunzione del sistema nervoso centrale o periferico (ad es. sciatalgia da compressione di nervi, neuropatia diabetica) • dolore idiopatico (psicogeno o la sofferenza psicologica): di origine non nota, l’intensità e la durata non corrispondono ad una motivazione organica.17 2.6 Le diverse dimensioni del dolore Il dolore viene oggi considerato una complessa esperienza multidimensionale. In esso vi è una compresenza e una stretta connessione tra gli aspetti fisiologico-sensitivi, affettivo-motivazionali, cognitivi, culturali e comportamentali. La dimensione sensoriale si esprime attraverso la localizzazione, l’intensità, la qualità, la durata e la modalità di insorgenza del dolore. In questa sede mi occupo di apportare alcune definizioni che inevitabilmente vengono utilizzate come i parametri linguistici della differenziazione dei diversi fenomeni comportamentali legati alla risposta alle sensazioni dolorifiche: La soglia del dolore rappresenta la quantità minima di stimoli richiesti perché una persona percepisca dolore. La tolleranza del dolore rappresenta il più alto livello di dolore che il soggetto è in grado di tollerare. La dimensione emotivo-affettiva costituisce la parte sofferta dell’esperienza. Nell’esperienza di ciascuno è possibile distinguere e misurare la componente sensitiva dalla componente emotivo affettiva manifestata nel senso di disagio, di spiacevolezza, di sgradevolezza, fino all’ansia, alla paura o all’angoscia che possono accompagnare la sensazione dolorosa. La conferma della presenza di un elemento emotivo accanto a quello sensitivo e facilmente rilevabile raccogliendo il racconto dei pazienti che provano dolore. Melzack e Torgeson18 registrarono le parole utilizzate dai pazienti per descrivere il loro dolore e nel 1975 ne derivò un questionario dove Melzack predispose venti categorie di aggettivi. È conosciuto con il nome il questionario McGill. 17 Dossier in Fad, Dolore cronico, 2007, Zadig, Milano. pg. 2,3. 18 Melzack R. (1975), The McGill Pain Questionnaire (MPQ): Major Properties and Scoring Methods, in Pain, 1, p. 277-99. 23 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Gli aggettivi in esso contenuti descrivono, da una parte le caratteristiche della sensazione (prude, pulsa, tira, stringe, formicola, vibra, schiaccia, brucia…) e dall’altra quelle dell’emozione (noioso, disturbante, spaventoso, allarmante, terrificante…). I termini usati per descrivere la componente emotivo-affettiva non dicono nulla sul dolore, ma rappresentano il vissuto e la sofferenza che il soggetto sta provando. Il dolore e la sofferenza non sono la stessa cosa. La sofferenza è associata a eventi che mettono in pericolo l’integrità della persona il dolore è associato a eventi che mettono in pericolo l’integrità dei tessuti. Le persone, indi, possono soffrire senza dolore, oppure provare il dolore e non soffrire, o ancora provare dolore e soffrire allo stesso tempo (Ferrell, 1993; IASP, 2002).19 La percezione del dolore infatti viene esacerbata dalla sofferenza. Emozioni positive o stati d’animo come gioia, serenità e ottimismo possono invece diminuirla. Un determinato stato emozionale, presente a priori, è in grado di influire sulla percezione e sulla risposta al dolore fino al punto di favorire, a volte, la sua cronicizzazione. Ci sono anche dei soggetti particolarmente predisposti al dolore (dolore psicogeno): solitamente, si tratta dei individui con grandi sensi di colpa, che essi riescono a mitigare attraverso il dolore. In questi casi, il sede di dolore assume spesso un significato simbolico.20 La dimensione cognitiva e cognitivo-comportamentale riguarda i processi mentali come percepire, ricordare, ragionare e le interazioni tra questi processi ed il comportamento. Il modo in cui viene valutata una determinata situazione, la valutazione dell’evento emotigeno, la valutazione delle reazione emotive, l’insieme di pensieri ed opinioni che accompagnano l’emozione nel pensiero della psicologia cognitiva principalmente viene suddiviso in due tipi di valutazioni: - la valutazione primaria: esplora il grado di pertinenza e di importanza della situazione per il benessere dell’individuo; - la valutazione secondaria: esamina le diverse modalità con cui l’individuo può far fronte e gestire l’emozione, strategie di coping.21 19 IASP (1999), A Virtual Pocket Dictionary of Pain Terms (http://www.db.uth.tmc.edu/faculty/vlewis/Vahnspage/pain/pocket_dictionary_of_pain.htm) 20 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. pg.64-67. 21 Psicologia Cognitiva (la dispensa in FAD musicoterapia), Istituto MEME, di C. Iani, p. 36. 24 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 I significati e i valori che i soggetti attribuiscono al dolore e all’evento che lo produce derivano dalle conoscenze possedute e dalle credenze personali, e influenzano sia la percezione soggettiva, sia la risposta al dolore. Le credenze personali di tipo pessimistico che il dolore significa sempre un danno, che il soggetto ha uno scarso controllo sul dolore e che sarà un elemento stabile della sua vita futura influiscono direttamente sulla disabilità, influenzando formazione di particolari strategie di coping. Le strategie di coping più attive vengono attivate dalle convinzioni e credenze di versante ottimistico come il dolore non è un fenomeno duraturo o misterioso e la convinzione che esso può essere debilito. Si tratta dell’autoefficacia ossia l’aspettativa di un soggetto, in termini di fiducia, rispetto al esito di un’azione. Il termine coping è stato introdotto in psicologia nel 1966 da R. S. Lazarus con il saggio Psychological stress and the coping process.22 Nei testi di argomento scientifico in lingua italiana compare spesso non tradotto, oppure tradotto con le espressioni "fronteggiamento" o, più raramente, "gestione attiva". È un concetto strettamente connesso con quello di stress, e indica l'insieme delle strategie cognitive e comportamentali messe in atto da una persona per fronteggiare una situazione di stress23. Esso si riferisce sia a ciò che un individuo fa effettivamente per affrontare una situazione difficile, fastidiosa o dolorosa o a cui comunque non è preparato, sia al modo in cui si adatta emotivamente a tale situazione. Nel primo caso si parla di coping attivo, nel secondo di coping passivo. In generale il coping attivo è più efficace, dal punto di vista dell'adattamento, quando la fonte dello stress può essere modificata o eliminata, mentre il coping passivo lo è quando la fonte di stress non è evitabile o il soggetto non ha alcuna influenza su di essa. Nella realtà, il fronteggiamento efficace comprende sia la soluzione del problema che la gestione dello stress. La valutazione della situazione e delle risorse a disposizione per fronteggiare l'evento, condizione o situazione stressante, quindi, sono di primaria importanza per comprendere la qualità emotiva e l'intensità stessa dello stress negativo della persona.24 22 Lazarus, R.S. (1966). Psychological stress and the coping process. New York: McGraw-Hill. 23 “Lo stress risulta dallo squilibrio tra le attese del mondo e le risorse personali.” (trad. it. da ingl.) Lazarus R.S. and S. Folkman (1984). Stress, Appraisal and Coping. New York: Springer. 24 La presentazione - STRATEGIE DI COPING E PROBLEM SOLVING PER UNA MIGLIORE QUALITÀ DELLE CURE E DELL’A SSISTENZA 25 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Keefe e collaboratori25 considerano il catastrofizzare come uno dei predittori del dolore cronico suggerendo che questa strategia di coping, assieme all’ansietà relazionata al dolore, contribuisce all’innalzamento della percezione dolorosa. Per quanto riportato negli studi dei programmi multidisciplinari di gestione del dolore, i loro risultati dipendevano dalle rispettive risposte cognitive, l’autoefficacia, il locus of control (luogo del controllo) e i tipi di strategie di coping addottati dagli individui. Gli interventi basati sul modello bio-psico-sociale del dolore e gli interventi di tipo cognitivo-comportamentale con i appositi programmi multidisciplinari per la gestione del dolore si stanno mostrando efficaci nella riduzione del distress.26 Un aspetto essenziale di questi interventi è la riconcettualizzazione, cioè la rielaborazione del concetto di dolore che l’operatore cerca di far compiere al paziente, fornendogli un modello di dolore coerente con il trattamento offerto.27 Diversi studi hanno messo in evidenza che la convinzione (erronea) che un aumento al livello dell’attività sia potenzialmente dannoso determina associazione della disabilità al dolore. Dallo studio di Philips28, in seguito sviluppato da Vlaeyen29 si deduce che i pazienti con dolore rischiano di imboccare una spirale discendente di evitamento, disabilità e dolore sempre maggiori. Il modello postula che, quando le sensazione corporee sono interpretate in modo catastrofico (dolore significa pericolo), la paura legata al dolore aumenta, seguita da un numero di comportamenti di sicurezza che http://www.cuoa.it/fc/cuoasanita/scarica/d4coping.pdf 25 Keefe F. J. et al. (2004), Psychological aspects of persistent pain: current state of the science. J Pain. 5(4):195-211. 26 In medicina distress è lo stress suscitato dagli eventi avversi. Il suo antonimo che viene considerato salutare perché si esibisce nel senso di appagamento, in inglese viene nominato eustress. 27 Walsh D. A., Radcliffe J. C. (2002), Pain Beliefs and Perceived Physical Disability of Patients with Chronic Low Back Pain, Pain, 97 (1-2):23-31. 28 Philips H. C. et al. (1987), Avoidance behaviour and its role in sustaining chronic pain. Behav Res Ther; 25(4):273-9. 29 Vlaeyen J. W. et al. (1995), Fear of movement/(re)injury in Chronic Low Back Pain and its Relation to Behavioral Performance. Pain. 62(3):363-72. 26 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 comprendono evitamento e movimenti intesi alla difesa/protezione.30 In altri casi, la paura associata all’esperienza di dolore porta ad elevare il grado di attenzione (ipervigilanza) ai segnali di dolore.31 Per catastrofizzare si intende un comportamento esageratamente negativo nei confronti di dolore, aspettarsi generalmente il peggio da una certa situazione. Gli interventi che mirano alla riduzione o miglioramento della catastrofizzazione, lavorano sulle variabili dell’autoefficacia (self-efficacy) e la percezione di controllo sul dolore. Il concetto di self-efficacy si riferisce alle valutazioni del soggetto in merito alla propria capacità di far fronte a una data situazione (ad es. riuscire a controllare il proprio dolore). I livelli più alti di autoefficacia risultano spesso collegati a livelli più bassi di dolore e di altri sintomi.32 Un altro aspetto della personalità che può influire sulla percezione e sulla risposta al dolore e il cosiddetto luogo del controllo - locus of control.33 Si tratta in sostanza di un concetto derivante dalle teorie di apprendimento sociale. I sistemi di attese strutturati di ciascun individuo che vengono categorizzate in due tipologie personologiche: a controllo interno e a controllo esterno. I soggetti con un controllo interno si giovano di informazioni specifiche e preferiscono essere responsabilizzati in modo da esercitare un’influenza diretta sull’esito dell’operazione, mentre i soggetti con un controllo esterno preferiscono informazioni generiche e tendono a percepire gli eventi come dovuti a fattori scarsamente controllabili dalla volontà della persona, quali il fato o la fortuna. Nel primo caso si tratta di persone con il sistema di attribuzione dei problemi alle proprie cause, nell’altro vi è presente la tendenza di attribuire e/o colpevolizzare le cause esterne dalla persona. 30 Vlaeyen J. W., Linton S. J. (2000), Fear-avoidance and its Consequences in Chronic Musculoskeletal Pain: a State of the Art. Pain. 85(3):317-32. 31 Arntz A., Dreessen L., Merckelback H. (1991), Attention, not Anxiety, Influences Pain. Behav Res Ther; 29(1):41-50. 32 Keefe F. J. et al. (1997), Pain Coping Strategies that Predict Patients’ and Spouses’ Ratings of patients’’ Self-efficasy, Pain;73(2):191-9. 33 Rotter J.B., Mulry R. C. (1965), Internal versus external control of reinforcement and decision time. J Pers Soc Psychol. 2(4):598-604. Rotter J.B. (1966), Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcement. Psychol Monogr. 80 (1):1-28. 27 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 I primi modelli di dolore vengono appresi nei primi anni di vita, mediante l’osservazione dell’espressione, del grado e del tipo di attenzione che i familiari riservano al dolore.34 Nel campo della psicologia comportamentista Fordyce nel 196835 creò la distinzione tra il dolore rispondente e il dolore operante. Inoltre è da riconoscere e comprendere il contributo della dimensione culturale: appartenenza a una certa classe sociale e a una determinata etnia e cultura; i valori e gli scemi comportamentali di vari contesti culturali con le conseguenti diversità culturali nell’espressione del dolore. 2.7 Dolore e fattori demografici Sono stati svolti molti studi su quanto l’età, il sesso o il genere, la razza o l’etnia siano in grado di influire sulla percezione e sulla risposta al dolore, ma senza giungere a un grado di sufficiente chiarezza e i risultati di questi studi spesso risultano contrastanti. Il senso comune e le credenze (la scienza ingenua) a proposito sostengono che gli anziani avvertono meno il dolore rispetto ai giovani, le donne molto di più degli uomini che i neri tollerino il dolore meno dei bianchi. Nonostante i risultati offerti dalla scienza sperimentata e oggettiva siano poco univoci e definitivi in essi non sono state confermate i pensieri-credenze comuni. Riguardo l’età i vari studi hanno riscontrato che la differenza tra i giovani ed anziani sarebbe nella qualità del dolore – nel senso che questi soggetti utilizzano meno aggettivi per descrivere il loro dolore, ma non nella sua intensità (Gagliese e Melzack, 1997). Questa situazione viene messa in relazione alle perdite neuronali e cambiamenti degenerativi ovvero i cambiamenti nell’integrità. Inoltre, questa ricerca riferisce che alcune delle differenze potrebbero essere dovute anche alle scale utilizzate per l’accertamento per quanto esse possano essere meno semplici e facilmente manovrabili per questo tipo di utenza. 34 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. pg.72-76. 35 Fordyce W. E. et al. (1968), An application of behavior modification technique to a problem of chronic pain. Behav Res Ther. 6(1):105-7; Some implications of learning in problems of chronic pain. J Chronic Dis. 1968; 21(3):179-90. 28 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Essi hanno sperimentato anche le differenze legate all’età nell’inibizione endogena del dolore e sembravano dare la prova all’ipotesi che i meccanismi analgesici endogeni subissero un decremento funzionale progressivo con l’età. La letteratura sulla soglia del dolore da pressione indotto sperimentalmente sostiene che le differenze tra i sessi sono notevoli: le femmine esibiscono una soglia più bassa rispetto ai maschi.36 Berkley sostiene, invece, che le differenze tra i generi sono insignificanti e che derivano da particolari condizioni sperimentali e dai diversi protocolli sperimentali usati.37 D’altro canto, un'altra corrente di pensiero, sembra avere delle prove che gli estrogeni modifichino la produzione di sostanze che regolano la percezione del dolore come prostaglandine e ossido nitrico (una sostanza che è implicata nella sensazione del dolore acuto). Inoltre gli estrogeni certamente regolano il tono vasale e probabilmente influiscono sul controllo del sistema degli oppioidi endogeni ovvero i controllori delle sensazioni dolorifiche. Essi concludono che pertanto le donne in età fertile presentano probabilmente una sensibilità dolorifica che è diversa da quella degli uomini.38 La proposta fatta da Myers39 in questo specifico campo di ricerca e di considerare la distinzione tra sesso e genere: il termine sesso denota la distinzione biologica tra maschio e femmina, mentre l’altro termine si riferisce alla mascolinità e la femminilità appresi. Il ruolo del genere appreso, in fine, in questo studio sperimentale nel 2001, viene correlato alla tolleranza, ma non alla soglia di dolore: una più alta mascolinità viene associata alla più alta tolleranza agli stimoli di dolore. È probabile che i maschi e le femmine facciano l’esperienza del dolore in modo differenziato, sviluppando diversi stili di coping.40 I maschi hanno dimostrato un effetto benefico nel tentativo di focalizzare la sensazione che difficilmente veniva riscontrata come un atteggiamento preferito anche dalle donne. Tutti gli studi ribadiscono la necessità di ulteriori ricerche. 36 Fillingim R. B. (2000) Sex, gender, and pain: women and men really are different. Curr Rev Pain. 4(1):24-30. 37 Berkley K. J. (1997), Sex differences in pain. Behav Brain Sci. 20(3):371-80; discussion 435-513. 38 L.A. Pini, L. Restuccia Saitta, Diamo parole al dolore, pg.149. 39 Myers C. D. et al. (2001), Sex, gender, and blood pressure: contributions to experimental pain report. Psychosom Med. 63(4):545-50. 40 Robinson M. E. , Riley J. L., Myers C. D., (2001), Gender role expectations of pain: relationship to sex differences in pain. J Pain. 2(5):251-7. 29 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Tra i diversi gruppi etnici o razziali, fino ad ora, le ricerche non hanno trovato delle significative differenze biologiche. Sembra che la diversità, ove sussiste, sia di natura culturale, e che il comportamento nei confronti e in risposta al dolore sia appreso e non innato. L’etnia dei pazienti può avere un impatto importante sul modo in cui gli operatori sanitari valutano e trattano il dolore.41 2.8 L’accertamento e la misurazione del dolore Il dolore è per definizione un sintomo soggettivo e multidimensionale e può essere misurato solo da chi lo prova. Una misurazione basata esclusivamente sui comportamenti o sui indici fisiologici non può essere affidabile. Gli strumenti semplici che ci offre la letteratura sono le diverse scale di valutazione riguardo l’intensità, la qualità e la durata del dolore: Numerical rating scale (NRS). Visual Analogical Scale (VAS). Verbal rating scale (VRS). McGill Pain Questionnaire (MPQ). Se ne potrebbe facilmente dedurre che l’accertamento del dolore del paziente dipenda da quanto egli stesso riesce a comunicare, sia con la parola che con il comportamento. Nella letteratura medica si avverte che la scala di valutazione va scelta in base alle preferenze del paziente, alla sua età, alle sue funzioni cognitive e alla modalità di comunicazione. Inoltre, in essa si esorta a considerare la misurazione del dolore alla stregua ai parametri vitali: frequenza cardiaca, pressione arteriosa, temperatura, frequenza respiratoria e diuresi. 41 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Roma. pg. 83-95. 30 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 La scala numerica (NRS) è costituita da una linea e una serie di numeri (da 0 a 10, o da 0 a 100) a intervalli costanti, i gradi crescenti di intensità del dolore. Il soggetto deve indicare il numero che corrisponde all’intensità del dolore che percepisce. In quanto semplice da applicare questa scala è valida e attendibile per la valutazione del dolore sia negli adulti sia negli anziani. La scala analogico visiva (VAS) è costituita da una linea, orizzontale o verticale, a un’estremità della quale è indicato “nessun dolore” e all’altra “il peggior dolore possibile.” L’operatore provvede a tradurre in termini numerici la scelta indicata con un segno trasversale alla linea dal paziente, servendosi di un righello. Per le problematiche di deterioramento visivo con gli anziani è preferibile l’orientamento della linea verticale (VAS-V) invece che orizzontale (VAS-H), più utilizzato negli adulti. Questo tipo di scala è stato usato anche con i bambini di 5 anni di età.42 La scala verbale (VRS) è una scala ordinale, prefissata spesso a 4, 5, 6, 12 e 15 categorie o aggettivi disposti in sequenza crescente (dal meno intenso al più intenso): le varianti della Verbal Rating Scale contemplano quindi da un minimo di 3 fino a 15 42 Dossier in Fad, Dolore postoperatorio nell’adulto, 2006, Zadig, Milano. pg. 2. 31 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 aggettivi. Il soggetto deve indicare l’aggettivo che corrisponde alla sensazione percepita. Gli strumenti multidimensionali (doppia VAS e McGill) I precedenti tre tipi di scala misurano solo l’intensità, pur essendo una dimensione saliente del dolore, sicché essi trascurano un’infinita varietà di qualità pertinenti al dolore. Descrivere il dolore esclusivamente in termini di intensità sarebbe come cercare di descrivere una musica solo in termini di vibrazione sonora: senza considerare il suo organico, la timbrica, la dinamica, il ritmo, i rapporti tonali e tante altre dimensioni dell’esperienza uditiva. Nel tentativo di compensare questo svantaggio la scala VAS è stata usata per valutare, oltre all’intensità, anche la spiacevolezza, cioè il grado di sgradevolezza, disagio e di sofferenza che accompagna la percezione del dolore. La doppia dimensione della VAS: a) ________________________________________________________________ Nessun dolore Il peggior dolore che io possa immaginare b) ________________________________________________________________ Nessun fastidio Il peggior fastidio che io possa immaginare Il questionario di McGill (McGill Pain Questionnaire, o MPQ), elaborato da Melzack nel 1975 presso l’Università McGill di Montreal (Canada), è uno strumento multidimensionale composto da 20 categorie di aggettivi che descrivono la qualità del dolore e fornisce tre indici di misura: * Pain Rating Index (PRI) ossia il punteggio del dolore. * Number Words Choice (NWC) ossia il numero di parole scelte. * Present Pain Index (PPI) la combinazione numero-parola scelta per indicare l’intensità del dolore in quel preciso momento. L’MPQ è stato tradotto in molte lingue, anche in italiano da Majani e Giorni (1984) e De Benedittis e collaboratori (1988). 32 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Gli aggettivi descrittori del Questionario italiano del dolore CLASSE : SENSAZIONE Periodico Penetrante Dà indolenzimento Persistente Come un pugnale Sordo Pulsante Come un peso Bruciante Martellante Costrittivo Trafigge Come un cane che morde Dilaniante Mutevole Diffuso Rende la parte più sensibile al tatto Fisso Vivo CLASSE 2: EMOZIONE Debilitante Mette in agitazione Snervante Angosciante Dà nausea Fa lamentare Soffocante Deprimente Oppressivo CLASSE 3: VALUTAZIONE Noioso Fastidioso Indefinbile Disturbante Preoccupante Invalidante Assillante Insopportabile CLASSE 4: MISCELLANEA Insistente Acuto Ostinato Rode Esasperante Torturante 33 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 I comportamenti di dolore Vocalizzazione gemiti, brontolii, pianto, sospiri, grida Verbalizzazione imprecazioni, preghiere, frasi senza senso Interrogativi Cosa mi sta succedendo? Perché proprio a me? Espressioni facciali smorfie, stringere i denti, serrare le labbra, aggrottare la fronte, battere in continuazione le palpebre Azioni del corpo zoppicare, battersi, strofinarsi, massaggiarsi, proteggersi, muoversi in continuazione, immobilizzarsi, assumere posizioni rigide o particolari o cambiarle frequentemente Attività motoria estremamente lenta Limitazioni funzionali doversi sdraiare più volte al giorno e/o per lunghi periodi di tempo; doversi fermare più volte durante la deambulazione Relazioni sociali isolamento Forma breve del questionario McGill (traduzione italiana) Nome del paziente _________________ Pulsante Tira Data __________________ 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Lanciante 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Tagliente 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Crampiforme 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Rose 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Scotta/Brucia 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Fa male 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Forte 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Dà indolenzimento 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Strappa/Lacera 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Stancante/Spossante 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Nauseante/Disgustoso 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Pauroso/Spaventoso 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ Punisce/Crudele/Spietato 0) __________ 1) __________ 2) __________ 3) __________ 34 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 ____________________________________________________________________________________ Nessun Il peggior dolore dolore possibile PPI 0 Nessun dolore __________ 3 Stressante __________ 1 Leggero __________ 4 Orribile __________ 2 Fastidioso __________ 5 Straziante __________ N.B. i termini descrittori sono stati tradotti liberalmente dall’inglese (S. Minuzzo, Nursing del dolore, p. 109). Le misure obiettive del dolore Alcune situazioni cliniche richiedono la valutazione delle misure oggettive fisiologiche e comportamentali del dolore. È importante considerare che queste possono confermare le misure soggettive, mai smentirle e che rimangono l’unica modalità possibile per i pazienti non in grado a comunicare. I comportamenti stereotipati negli uomini e negli animali possono essere di due tipi: Tra le risposte verbali distinguiamo: a) la vocalizzazione: gemiti, brontolii, pianti, sospiri, grida; b) la verbalizzazione: imprecazioni, preghiere, frasi senza senso. Le risposte non verbali sono costituite dalle espressioni fisiche di dolore (del viso o del corpo).43 2.9 Trattamento del dolore Nella letteratura degli ultimi tempi la terapia antalgica viene sempre vista in due rami, farmacologia e non, preferibilmente applicati in modo associativo e in relazione ai compensi dei limiti e degli effetti collaterali prodotti dai farmaci. 43 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, Zadig, Milano. pg. 97-115. 35 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 2.9.1 Il trattamento farmacologico Farmaci Attività Farmaci Inducono una minor produzione di prostaglandine a livello antinfiammatori centrale e periferico. Possono essere utilizzati negli non steroidei interventi chirurgici di lieve entità o in associazione con gli oppioidi deboli per interventi di moderata entità. L?utilizzo dei farmaci antinfiammatori non steroidei deve sempre tener conto dei limiti alla somministrazione nei soggetti con pregresse gastropatia, coagulopatia, intolleranza accertata ai farmaci antinfiammatori non steroidei, bronchite asmatica, insufficienza renale. I FANS non dovrebbero essere utilizzati per più di 5 giorni consecutivi e non oltre il dosaggio consigliato. Paracetamolo Inibisce il rilascio delle prostaglandine a livello del midollo spinale e influisce sui meccanismi serotoninergici dell’inibizione spinale del dolore. Il suo effetto antalgico è strettamente dose-dipendente, ma deve essere utilizzato con massima attenzione nei soggetti con insufficienza epatica e renale. Oppioidi Gli oppioidi gli alcaloidi dell’oppio naturali e sintetici, mentre gli oppiacei sono gli alcaloidi naturali del oppio. Agiscono sui recettori specifici presenti sulla membrana del neurone (µ,κ,δ). Sono utilizzati per dolore di entità elevata, ma non sono privi di effetti collaterali; i più comuni sono la nausea e vomito, depressione respiratoria, sedazione, prurito, allucinazioni, ritenzione urinaria e ipotensione. Tra gli oppioidi viene usato il tramadolo che inibisce la ricaptazione della serotonina e della noradrenalina e si lega ai recettori µ. Le dosi di somministrazione devono essere ridotte nei soggetti con insufficienza renale ed epatica. L’uso del tramadolo può comportare nausea e vomito, tuttavia è possibile ridurre l’incidenza di questi effetti collaterali preferendo l’infusione continua e somministrando in almeno 30 minuti il carico iniziale. Anestetici locali Bloccano i canali del sodio presenti sui nervi impedendo la propagazione dello stimolo lungo l’assone, possono determinare ipotensione, reazioni allergiche e debolezza muscolare; in caso di sovradosaggio possono favorire 36 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 l’insorgenza di reazioni tossiche cardiovascolari o a carico del SNC. Clonidina Svolge un’azione del potenziamento degli oppioidi, oltre a un’azione anestetica intrinseca. I possibili effetti collaterali sono rappresentati da ipotensione e bradicardia, ma la loro manifestazione è rara a bassi dosaggi.44 Spesso, per il trattamento del dolore, viene impostata una terapia con i diversi tipi di farmaci analgesici (a dosi ridotte): - gli antinfiammatori agiscono sul dolore somatico del trauma chirurgico e riducono la reazione infiammatoria; - gli oppioidi impediscono la trasmissione degli impulsi nocicettivi a livello spinale e sovraspinale; - gli anestetici locali impediscono la trasmissione del dolore a livello periferico, spinale e centrale; - gli adiuvanti aumentano l’efficacia dell’analgesia e riducono il consumo dei farmaci e di conseguenza gli effetti collaterali. Gli effetti negativi del trattamento farmacologico Alcuni principali effetti collaterali debilitanti nell’uso dei farmaci sarebbero: Nausea e vomito. Stitichezza. Letargia, sedazione e depressione respiratoria. Allucinazioni. Miocolonie e convulsioni. Prurito. Disforia. Ritenzione urinaria. Ipotensione. Parestesie e debolezza. Irritazione gastrointestinale. 44 Dossier in Fad, Dolore postoperatorio nell’adulto, 2006, Zadig, Milano. pg.3-7. 37 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Danno epatico e/o renale. Aumento di tempi di coagulazione. Inoltre, ricorrendo alla terminologia specialistica, si distinguono: 9 “effetto tetto” ovvero la caratteristica del dosaggio massimo dei farmaci; 9 dipendenza fisica insorgenza di sintomi e segni di astinenza quando viene interrotto bruscamente il trattamento con l’oppioide o se viene somministrato un’oppioide antagonista (la riduzione della dose avviene quindi gradualmente); 9 dipendenza psicologica comportamento da abuso di farmaci caratterizzato dalla necessità compulsava di avere ed assumere il farmaco; 9 tolleranza ovvero lo stato in cui, per mantenere l’effetto analgesico, occorre aumentare la dose del farmaco. È un fenomeno fisiologico che si manifesta di più con alcuni oppioidi (morfina) rispetto ad altri (metadone) e comporta la necessità di aumentare la dose degli oppioidi; 9 tossicità può essere causata dai dosaggi diversi a seconda della tolleranza del paziente e delle sua condizioni cliniche (per es. i pazienti con diminuita funzionalità renale sono a rischio). I farmaci adiuvanti nel trattamento del dolore Si tratta dei farmaci che, pur non essendo propriamente analgesici, vengono utilizzati assieme agli analgesici tradizionali per il trattamento di particolari sindromi dolorose. Tra quelli più comunemente usati ci sono: gli anticonvulsivanti, gli antidepressivi, gli anestetici locali, i corticosteroidi, i neurolettici, gli psicostimolanti, gli antistaminici, i rilassanti neuromuscolari, i bifosfonati, gli anticolinergici, la clonidina, antipsicotici, ansiolitici e corticosteroidi.45 45 Dossier in Fad, Dolore cronico, 2007, Zadig, Milano. pg. 9. 38 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 2.9.2 Il trattamento non farmacologico Numerose sono le tecniche non farmacologiche che la letteratura medica propone per lenire il dolore. Cognitivo-comportamentali • Tecniche fisiche Educazione, preparazione Applicazione caldo/freddo all’intervento Massaggi • Distrazione/Attenzione selettiva Tocco terapeutico • Rilassamento (rilassamento profondo, Riflessologia training autogeno, bio-feed-back) Agopuntura • Immaginazione, visualizzazione • Musica Nonostante lo stimato potere e un largo uso dei farmaci, considerati sempre come la strategia più efficace per il controllo del dolore fisico, gli effetti negativi del trattamento farmacologico hanno costretto le ricerche e sempre maggiore accettazione nei confronti dei trattamenti non farmacologici. Questo genere di trattamenti, in pratica, non sostituisce gli interventi farmacologici tradizionali ma serve ad coadiuvarli. Da sottolineare che non si possono escludere del tutto possibili, anche se in rilevante modo meno presenti e gravi, i loro effetti collaterali. I trattamenti non farmacologici vengono adoperati con i pazienti che: - mostrano interesse verso le terapie complementari; - esprimono ansia e paura (non oltre i limiti fisiologici); - possono beneficiare di una riduzione della terapia (reazioni allergiche a farmaci in anamnesi, paura di tossicomania e sim.); - insufficiente o parziale beneficio dei trattamenti tradizionali. Possono essere usati da soli come strategia primaria per il controllo del dolore leggero o breve, mentre presentano un effetto sinergico in aggiunta ai farmaci: sono usati in modo complementare e non alternativo. Per la loro sempre più grande futura accettazione, riconoscimento ufficiale e legislativo, la necessaria condizione essenziale sarebbe la significativa conferma della loro efficacia attraverso le ulteriori ricerche. Il 39 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 concetto di salute della medicina ufficiale che è stato messo in discussione negli ultimi decenni, in quanto in esso non sono contemplati i bisogni e i disagi del soggetto, sembra trovare una sua nuova concezione nella complementarietà sinergica dei mezzi e delle tecniche non convenzionalmente dette mediche. Gli “altri” approcci e tecniche sono in procinto di integrare le procedure convenzionali, colmando parte delle loro lacune, arrivando dove esse non arrivano e facendosi carico della persona nella sua totalità. Nelle terapie complementari, secondo Cecchini,46 il protagonista è il soggetto, mentre il terapista svolge il ruolo di facilitatore. I suoi interventi saranno necessariamente focalizzati sulla connessine mente-corpo-spirito, recuperando quella globalità tanto auspicata anche all’interno dell’infermieristica. Il principio che sta alla base di questo pensiero è che quando il soggetto trova l’armonia e l’equilibrio, in lui si innesca un processo di autoguarigione. E non si può trascurare il fatto che le tecniche complementari hanno il vantaggio di non essere invasive né cruente, di non comportare i pericoli o effetti collaterali debilitanti, di avere un basso costo economico e di ridurre gli eccessivi costi riducendo il consumo dei farmaci. Inoltre, nel suo libro, Cecchini aggiunge che la terapia migliore per un paziente è quella che nel suo caso funziona. Gli interventi non farmacologici comprendono tecniche cognitivo- comportamentali e le tecniche fisiche. 46 Cecchini S. (2002), Terapie complementari nelle donne operate, Attualità in senologia, 35:17-20. 40 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Tecniche di approccio fisico Sono quelle che più appartengono alla cultura e alla pratica dell’infermiere e non. La tecnica più utilizzata e una delle più semplici in generale di approccio fisico sarebbe la stimolazione cutanea. Applicazioni calde e fredde: l’applicazione di calore superficiale incrementa la soglia di stimolazione dei nervi periferici, producendo l’analgesia prossimale all’applicazione. Le applicazioni fredde possono aumentare la soglia del dolore, ridurre l’edema locale e gli spasmi muscolari. L’applicazione di caldo tiepido possono essere applicate 48 ore dopo l’intervento chirurgico, ma assieme ad altri trattamenti viene usata nelle tromboflebiti. Per tutti gli altri casi di origine infiammatoria, viene solitamente preferito il freddo. Per il sollievo del dolore, rispetto al caldo, nonostante sia più efficace, il freddo è meno usato autonomamente dai pazienti, che prediligono il calore che porta in sé una connotazione di rilassamento e di comfort che il freddo non ha. Massaggi: ci sono degli studi che suggeriscono l’uso del massaggio nel trattamento del dolore. In Cina il massaggio era praticato 3000 a.C. Greci e Romani lo usavano per la preparazione fisica dei gladiatori e soldati. Nel periodo medievale per i diversi atteggiamenti nel confronto del corpo dettati dalla chiesa in occidente il massaggio fu abbandonato. Stimolazione elettrica transcutanea (TENS-transcutaneous electrical nerve stimulation) si è dimostrata efficace nella riduzione della percezione del dolore e del consumo di farmaci dopo vari interventi. È una tecnica che si avvale di un’apparecchiatura che trasmette impulsi elettrici, a basso voltaggio, per mezzo di elettrodi applicati sulla cute. 41 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Tocco terapeutico: sono le abilità sviluppate con quali il terapeuta con le sue mani dirige o regola consapevolmente l’energia umana.47 Si tratta di un’antica pratica su quale, fino d’oggi, sono stati fatti pochi e discordanti studi. Riflessologia: l’uso terapeutico della pressione alle mani e ai piedi per il trattamento del dolore e di altre problematiche esisteva in Cina e India già 5000 anni fa. Era conosciuto in Egitto, come ci dimostrano alcuni dipinti su una parete di una tomba risalente a 4300 anni fa ed era usato anche dai nativi americani. Più recentemente, la riflessologia viene studiata ed applicata, all’inizio dell’900, da un otoiatra William Fitzgerald. Anche in questo caso le ricerche eseguite sono insufficienti e incomplete, ma sono state ippotizate diverse teorie per quanto riguarda il meccanismo d’azione. Agopuntura: una revisione sistematica di 16 studi controllati e randomizzati ha concluso che l’agopuntura è probabilmente efficace nel dolore dopo interventi di chirurgia dentale. Gli altri studi hanno prodotto dei risultati discordanti.48 Tecniche cognitivo-comportamentali Approcci psicologici al controllo del dolore si sono sviluppati solo negli ultimi decenni. Le caratteristiche che accomunano le tecniche cognitivo-comportamentali riguardano il presupposto che le emozioni e i comportamenti siano fortemente influenzati dalle cognizioni. Siccome è difficile che un intervento modifichi le “cognizioni” senza che questo di conseguenza implichi una modifica del comportamento, la distinzione tra gli interventi cognitivi, comportamentali e cognitivo-comportamentali è stata considerata arbitraria. Educazione pre-intervento: sono state studiate diverse modalità educative: opuscoli informativi, audiovisivi e colloqui strutturati. L’educazione sanitaria prima del 47 Krieger D. (1991), Il contatto terapeutico, Edizioni Mediterranee, Roma. 48 Dossier in Fad, Dolore postoperatorio nell’adulto, 2006, Zadig, Milano. pg. 7,8. 42 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 ricovero si è mostrata efficace in quanto riduce il tempo necessario ad eseguire specifiche abilità. Le informazioni possono essere procedurali (riguarda gli aspetti e le fasi dell’evento) e sensoriali (riguardo le sensazioni che il soggetto si deve aspettare di provare). Distrazione: probabilmente esiste dal primo “ahi” umano, ma solo di recente è considerato come oggetto di studio. Si basa sulla logica che se i pazienti sono concentrati su qualcos’altro non possono prestare troppa attenzione al dolore (contare alla rovescia, ripetere le parole di una canzone ecc). Le modalità della distrazione sono utili sul dolore acuto e breve come iniezione, prelievo, la medicazione di una ferita ecc. ma non sono molto efficaci per il dolore cronico e nemmeno per il dolore acuto più prolungato. Nell’ ultimo caso sembra essere più efficace l’attenzione selettiva. Alcuni studi hanno verificato una riduzione dell’esperienza dolorosa dopo interventi di chirurgia addominale, isterectomia e bypass coronarico ed è stata rilevata una significativa riduzione dei farmaci nel postoperatorio. Rilassamento: in letteratura vi sono presenti diversi metodi utilizzabili per ottenere il rilassamento. La respirazione profonda, anche se sostituisce la prima fase di tutte le tecniche di rilassamento, può essere usata come tecnica di rilassamento a se stante. Per essa serve pochissimo addestramento e si apprende velocemente. Nell’ultimo decennio è stata elaborata la teoria vascolare dell’efferenza emotiva, secondo la quale il ritmo e la modalità della respirazione assicurano il raffreddamento termico della regione talamica. Gli stati emotivi sono influenzati in modo rilevante dai cambiamenti termici dell’ipotalamo. Innalzamento termico ipotalamico suscita le reazioni emotive negative, mentre un loro abbassamento è connesso con le emozioni positive.49 Nel “rilassamento muscolare progressivo”, teoria di Edmund Jacobson, dalla prima metà del Novecento, il rilassamento consiste nel produrre uno stato di calma emozionale. Il neurologo americano attraverso registrazioni elettromiografiche dimostrò 49 Anolli L. (2002), Le emozioni, UNICOPLI, Milano. 43 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 come le emozioni e ogni processo mentale siano associati a manifestazioni neuromuscolari, misurabili in termini di contrazioni dei muscoli stessi. Questa tecnica prevede tre fasi: tensione del muscolo, localizzazione mentale della tensione, distensione. Un’altra modalità di tecniche di rilassamento chiamata rilassamento frazionato fu escogitata da un neurofisiologo tedesco di nome Oskar Vogt. Da essa Johannes Schultz, neurologo e psichiatra tedesco, elaborò il training autogeno (autorilassamento concentrativo). Tra le diverse strategie di rilassamento che evocano le risposte fisiologiche analoghe alla riduzione soggettiva del dolore, si trovano anche l’ipnosi e il biofeedback. Il biofeedback si basa sull’apprendimento volontario del controllo delle funzioni organiche. Il suo concetto base è l’integrazione tra mente e corpo. A questo scopo vengono usati degli specifici dispositivi elettronici per rilevare e amplificare le risposte biologiche che poi vengono elaborate dalla persona. Sulla base di questa informazione “esterna” (stimoli visivi e uditivi) il soggetto apprende a controllare meglio le proprie risposte fisiologiche. Si è dimostrato utile per ridurre l’ipertensione in maniera significativa,50 anche se per adesso viene utilizzata esclusivamente come supporto ad altre forme di terapia. Immaginazione, visualizzazione: le due parole stanno a significare le due tecniche distinte e con le proprie connotazioni significative implicite. L’immaginazione è vista come la rappresentazione mentale di realtà e fantasia, riferendosi più a esperienze sensoriali e percettive. Nel caso si trattasse della pura rivisitazione delle immagini, luoghi e le situazioni di cui si è già fatto l’esperienza si potrebbe parlare della visualizzazione. In pratica i due sinonimi sostanzialmente vengono utilizzati in modo integrato. Le immagini evocano un’attività neurale associata alla memoria, alla percezione e al pensiero che a sua volta è in grado di stimolare delle risposte fisiologiche e comportamentali. In questo modo esse rappresentano un ponte tra la mente e il corpo. Il 50 Yucha (2001), The effect of biofeedback in hypertension. Appl Nurs Res. 14(1):29-35. 44 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 principio di base, anche in questo caso, lavora mediante un’azione distraente oppur l’attenzione selettiva che impedisce allo stimolo nocivo di “passare” (trasmettere i segnali dolorosi a livello centrale come nella teoria del cancello). Gli studi con gli esiti significativi dimostrano l’efficacia della visualizzazione guidata nel ridurre l’ansia e il dolore postoperatorio.51 Musica: da alcuni studi emerge che la musica produce numerosi effetti: distrazione, rilassamento, riduzione dell’ansia e dell’angoscia, diminuzione della percezione del dolore, stimolazione della memoria e apertura alla comunicazione. Secondo la teoria di Beck l’azione della musica si esplica attraverso tre tipi di stimoli: o Affettivo: promuove il rilassamento e diminuisce la tensione e l’ansia. o Cognitivo: provvede a distrarre dalla sensazione dolorosa, facilita il processo di creatività e l’immaginazione, aiuta a sviluppare il controllo di sé a ad aprire la comunicazione con i familiari e con i curanti. o Sensoriale: agisce sulla componente sensitiva del dolore attraverso una stimolazione/inibizione delle fibre sensitive. A questi tre meccanismi è delegata la responsabilità della modulazione endogena del dolore.52 51 Kresevic D., Antall G. F. (2004), The use of guided imagery to manage pain in elderly orthopaedic population, Orthop Nurs. 23(5):335-40. 52 S. Minuzzo, Nursing del dolore, Carocci Faber, pg. 171-196. 45 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 3 Epidemiologia “Ogni giorno nel mondo si eseguono migliaia di interventi chirurgici; sfortunatamente le indagini continuano a indicare l’insuccesso della terapia antalgica post operatoria. I fattori che indicano maggiormente sono: l’insufficiente conoscenza del problema da parte degli operatori sanitari, la mancanza di presidi e farmaci idonei e la mancata personalizzazione dei trattamenti.”53 Credo che questa citazione, ufficialmente riconosciuta ed uno degli ultimi aggiornamenti infermieristici in Italia sul tema del dolore, sia sufficiente a mettere in risalto la situazione odierna e il problema da essa emerso, oramai troppo evidente per essere ignorato. In essa vengono proposte delle strategie non farmacologiche per il controllo e la personalizzazione della terapia del dolore, complementari ai trattamenti tradizionalmente utilizzati, compreso la musicoterapia. Uno studio finlandese ha stabilito che il 40% delle visite al medico di famiglia (su 5000 visite) è dovuto al dolore. Un quinto dei pazienti dichiarava di provare il dolore da oltre ai 6 mesi.54 Da aggiungere che le indagini epidemiologiche, almeno in Europa, risultano troppo scarse per poter essere riferite ad una situazione più generale. Anche se poche persone muoiono a causa del dolore, ogni giorno, tante persone muoiono nel dolore e parecchie persone continuano vivere con il dolore. D’altro canto, la musica è onnipresente in tutte le culture umane ed è ascoltata dalle persone di ogni età, razza e in tutti gli ambienti etnici, paragonabile con la ubiquità del dolore (tenuto conto, naturalmente, dell’antiteticità di queste due esperienze). Una ricerca semplice effettuata da me in questo periodo sul motore di ricerca Google, per avere l’idea e il confronto della popolarità di alcune parole, usando i termini in inglese, in o,o7 s mi ha procurato l’elenco di 1 miliardo e 200 milioni di siti internet che contengono la parola musica confronto a “soli” 442 milioni (un po’ di più di un terzo in o,o4 s), che contengono la parola sesso. Credo che questo risultato semplicistico e generalizzante sia sufficiente a dimostrare, almeno, la misura dell’importanza che la 53 Dossier in Fad infermieristico, Dolore post operatorio nell’adulto (2006), Zadig, Milano. 54 Mantyselka P. et al. Pain as a reason to visit a doctor: a study in Finnish primary health care. Pain 2001; 89:279-91. 46 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 musica assume nel mondo, la pervasività delle sue sembianze e l’importanza che essa assume nella civiltà umana. 4 Esperienza lavorativa = Project work La musica mi trasporta in un mondo in cui dolore non cessa d’esistere, ma si allarga, si rasserena, diventa insieme più calmo e più profondo, come un torrente che si trasformi in lago… 4.1 Introduzione Il seguente progetto nacque durante il mio iter di infermiera professionale ospedaliera. Esso rispecchia esattamente un percorso dello sviluppo e l’applicazione di qualcosa di ancora insolito, quasi “trasgressivo” per un ambiente del genere. In quanto solo i fattori incombenti passeggeri e in parte già stati previsti e prevedibili, intendo evitare qualsiasi racconto sulle ostilità incontrate dal personale, dagli altri dipendenti della stessa clinica, durante questa specie di avventura che, a mio parere, ha apportato il bagaglio utile allo sviluppo e per le nuove visioni della professionalità stessa, concentrando la mia attenzione alle risposte finali ed agli obiettivi più o meno raggiunti e/o attesi. Gli esiti dei miei incontri musico-tecnico infermieristici ovvero l’intervento del prelievo di sangue accompagnato da un canto, che preferisco chiamare l’intervento del canto-prelievo ematico, a essere sincera, non erano previsibili e lungimiranti. Essi principalmente nascevano dalla soddisfazione dei bisogni inerenti al superamento, alla risoluzione delle difficoltà riscontrate e vissute al momento con il curante. I quesiti erano sempre più numerosi e, man mano che si stavano aprendo di fronte a me diverse soluzioni benefiche, le risposte teoriche dei differenti campi di ricerca le traevo di conseguenza e a posteriori. La reazione al dolore che inevitabilmente viene percepito da qualsiasi individuo (salvo i portatori della rara mutazione in un gene, chiamato SCN9A, non in grado di cogliere le sensazioni dolorose le quali io, fino ad ora, non ho incontrato nella prassi) è assolutamente soggettiva; da aggiungere che la mappa venosa personale è in ciascuno diversamente disposta, condizionata anche dalle condizioni fisiche e dalle patologie 47 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 precedenti e/o in corso. La percezione, la tolleranza, la soglia di dolore e la conseguente risposta clinica negli stessi individui e diversa dall’una all’altra e che parzialmente varia, di volta in volta, nella stessa persona. Da queste ultime considerazioni si può evincere che la gestione e la pratica di qualsiasi operatore sanitario nello stretto contatto con gli individui (che a sua volta è sottoposto alla periodicità delle giornate più o meno predisposte alla buona prontezza d’animo di offrire una risposta adeguata), variano e vengono influenzate dagli “umori correlati e collettivi” della giornata. Inoltre che tuttavia, queste, non potrebbero in nessun modo, essere considerate tra le attività semplici e poco impegnative. Per rendermi conto che la mia attività stava prendendo “una nuova piega”, che gradatamente stavo sempre di più aggiungendo delle “altre” conoscenze apprese nella vita: la formazione di una cantante lirica e la specializzazione, ancora in corso, in musico terapia, ci sono voluti ben tre mesi. Da allora, tutti gli approfondimenti teorici della scienza medica, quindi le metodologie, le tecniche e le procedure musicoterapiche e persino le competenze e le esperienze musicali con le loro forme, tecniche, teorie; li ho cominciati a vivere in un fascio conglobato, con un senso unico che le accomuna. In seguito all’ideazione della confluenza medico-musicale, la mia esperienza clinica, rinforzata dalla nuova vigoria, instancabilmente continua a mirare allo stesso scopo ippocratico di prendersi cura del prossimo senza nuocere. La mia idea, al principio, era che il mondo degli musicoterapeuti dovrebbe stare al posto suo senza molti contatti e tanto meno provare a mischiarsi con le competenze tecniche della scienza infermieristica. La gerarchia piramidale è ben consona al pensiero clinico, dove i musicoterapeuti sembrano essere arrivati tra gli ultimi, essi non vengono presi ancora come una parte dell’intera immagine del complesso che rappresenterebbe la cura medica, e questo, soprattutto da parte di chi sta più in alto nel sistema gerarchico. Nei cantanti, invece, trovando il loro posto sul palco, tra i begli abiti, i gioielli, le maschere e i costumi, a mio parere, la loro espressione del dolore e della sofferenza sembrava essere esclusivamente dispiegata sul palcoscenico ovvero per un pubblico “in vigore fisico”, attraverso le forme musicali come lo è per es. il melodramma italiano, perciò, in ambito clinico, in veste professionale, un cantante sarebbe ancor meno pensabile. Adesso mi rendo conto che un’ idea così lineare, categorizzante e riduzionistica, confronto la completezza circolare della multidimensionalità delle nuove prospettive mediche, non era altro che un retaggio del ben radicato pensiero cartesiano. 48 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Nelle circostanze di necessità, dal momento che la buona tecnica e le procedure abituali mi ponevano dei limiti, cominciai a frammischiare le cognizioni e nella disperata confusione dell’incombenza di rendere al meglio, di portare avanti il compito che mi era assegnato, rispettando contemporaneamente i principi e le forze interne che mi caratterizzano come persona, fondendo tutte le conoscenze sinora apprese, cominciai a cantare alle persone. Infine, ad un estraneo potrà sembrare più complicato cantare e prelevare il sangue del tradizionale intervento tecnico unifattoriale, ma a tale obiezione prontamente risponderei che, come per gli scopi più totalizzanti verso la persona, ossia sul versante olistico dell’approccio medico, questa sembra essere una delle soluzioni ottimali. In questa sede sto per descrivere gli effetti musicali dell’ impatto prodotto nell’individuo dal canto-prelievo di sangue e per gli altri che si trovarono nei suoi sonori paraggi, nel corso di 8 mesi della sua applicazione: di cui, sei mesi di lavoro clinico con la qualifica di infermiera prelievista, dall’ottobre del 2006 sino ad aprile del 2007, più i due mesi (aprile e maggio) della, in pratica stessa, attività considerata il tirocinio di formazione in musicoterapia. 4.2 Le prospettive aperte e gli obiettivi sostenibili Gli obiettivi che dall’esperienza dopo poco tempo si stavano individuando, potrebbero essere esplicati attraverso un semplice schema mentale: secondo la loro generalità e in relazione alla loro specificità applicativa. 9 Obiettivi generali: 1) Eseguire ed applicare qualsiasi tecnica infermieristica, e nello specifico quella del prelievo di sangue, con l’apporto musicale in persone di ogni età che presentino evidenti traumi e difficoltà ad affrontare l’intervento, prendendo in considerazione la loro personale esperienza del dolore ed ansia che da esso scaturisce. 2) Evitare che tale trauma venga sviluppato negli individui all’esordio delle loro esperienze cliniche. 49 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 3) Umanizzazione e personalizzazione del trattamento stesso. 9 Obiettivi specifici: 1) Uso di musica come palliativo nel trattamento non farmacologico del dolore acuto. 2) Apporto musicale come uno stimolo distrattore antalgico nella gestione infermieristica del prelievo di sangue. 3) Fare in modo che non vengano sviluppati traumi dalla stimolazione dolorosa attraverso l’incisione cutanea dell’ago e/o evitare il peggioramento dello stato di salute psicofisica. 4) Energizzazione, innalzamento e ispirazione di tutti i livelli del benessere dell’individio. 5) Favorire il mantenimento nei range i valori dei parametri che nei casi di svenimento solitamente risultano compromessi: la frequenza cardiaca (FC), la frequenza respiratoria (FR), la pressione arteriosa (PA), nonché gli aspetti del sistema nevoso periferico (autonomo: simpatico) come il colorito cutaneo, la sudorazione e cosi via. 6) Favorire una situazione non traumatica nel bambino cercando di sviluppare un buon sistema di coping indicandogli contemporaneamente diverse strategie cognitive e comportamentali da mettere in atto per fronteggiare una situazione di stress. 7) Favorire il miglioramento delle strategie di coping già insiti e/o sviluppati nella persona. 8) Dove le condizioni lo rendano attuabile, influire sul paziente con la musica in modo indiretto attraverso gli effetti nei comportamenti e le attitudini del caregiver.55 9) Superare e attenuare i livelli d’ansia prodotti nel disagio che spesso scaturisce dal silenzio: l’effetto di modificazione nella percezione di spazio e di tempo, come una delle caratteristiche musicali. 55 Caregiver, termine inglese traducibile con “chi si prende cura” di un malato, sia esso un familiare, un amico, un operatore, una badante o un volontario. 50 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 10) Favorire la vasodilatazione venosa e la distensione dei muscoli, il rilassamento della persona che come feedback determina un effetto di maggior agiatezza nell’infermiere. 11) Interferire e stimolare la modalità di attenuazione della percezione algica nella terza e quarta fase nel circuito della nocicezione. 12) Facilitare l’esecuzione tecnica e/o l’applicazione terapica, disponendo l’operatore sanitario nelle condizioni favorevoli alla più grande soddisfazione personale della propria riuscita e il benessere psicofisico che da esso può conseguire. Rassegna della letteratura scientifica (alcune delle ricerche 4.3 scientifiche svolte e gli studi randomizzati).56 L’uso della medicina alternativa e complementare (CAM) è cresciuto nell’ultima decade. Un recente studio su più di 31 000 adulti ha stabilito che 36% di loro riportavano l’uso di alcune delle terapie CAM (complementary and alternative medicine) negli ultimi 12 mesi, e da quando la preghiera è stata aggiunta come la modalità; questo numero è stato alzato al 62%.57 Tra esse, assieme all’uso della musica, si possono trovare gli studi e le tecniche di rilassamento, il massaggio, Stress balls, l’ipnosi, la Tens, l’agopuntura, l’aromaterapia ecc. Tendendo ad essere orientata attorno a dei problemi clinici e patologici molto specifici, per il campo della Musica in Medicina si potrebbe asserire che sia meno dispersivo di quello della musicoterapia. Dall’esordio del nuovo millennio in poi, l’applicazione della musica in campo medico sta diventando sempre più precisa e definita e nel Web vi si possano trovare numerosissimi PDF degli studi e degli articoli scientifici pubblicati delle ricerche svolte. Particolare attenzione viene posta all’ambito della chirurgia (pre, intra e post-operativa), indi, andando verso più specifico, la gestione, gli interventi, il trattamento e il supporto dei problemi in: oncologia, pediatria, 56 Vedi elenco di riferimenti delle ricerche scientifiche ed alcuni degli articoli pubblicati presenti in letteratura. 57 Barnes, Powell-Griner, McFann&Nahin (2002), Complementary and alternative medicine use among adults: United States. 51 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 cardiologia, psichiatria e psicoterapia, neurologia, stomatologia; con il loro ampio ventaglio delle rispettive patologie cliniche possibili da includere e trattare nella ricerca. Ci sono diversi modi attraverso i quali la musica si assume il compito di modulare le risposte fisiologiche. Può agire come uno stimolo non verbale che potrebbe colpire la corteccia uditiva e in seguito essere ricollegata alle più profonde strutture influendo le connessioni neuronali emotive oltre al sistema nervoso autonomo. La musica è uno stimolo singolare in grado di tranquillizzare ma anche attivare in modo benefico con conseguenze positive per l’interazione futura.58 Essa si è stata dimostrata un efficace ansiolitico per coloro che venivano sottoposti a indagini diagnostiche particolarmente stressanti. Altre ricerche, invece, sottolineavano l’efficacia musicale nel promuovere il rilassamento, indicato dalla riduzione della frequenza cardiaca e respiratoria oppure, in altri casi, un miglioramento dello stato d’animo in pazienti in Unità di cure intensive che si sottoponevano all’ascolto delle cassette di musica da loro stessi selezionata. L’effetto rilassante della musica è stato altresì usato con successo per trattare l’insonnia.59 Ralph Spintge, il direttore esecutivo della Società Internazionale della Musica in Medicina con sede in Germania, ha studiato gli effetti della musica su incirca 97.000 pazienti prima, durante e dopo intervento chirurgico. Il 97% di loro ha riportato che la musica li aiuta nel rilassarsi durante il ricovero e molti hanno riferito di aver sentito meno bisogno dell’anestesia. “La musica dolce, tonale è particolarmente efficace. L’ascolto della lenta musica barocca o della musica classica diversi giorni prima dell’intervento ed ascoltarla di nuovo nella sala intensiva riduce il loro disorientamento postoperativo”. Oltre a ciò, la musica da sola, in generale, possiede la positiva influenza sul ritmo e il battito della mente e del corpo. E questo potrebbe avere delle attinenze primitive, considerando che il battito del feto deriva da quello del cuore materno, un intima relazione che noi possediamo con il ritmo e il suono dell’umano battito cardiaco. 58 Standley J.M., Hanser S. B. (1995), Music therapy research and applications in pediatric oncology treatment. J Pediatr Oncol Nurs. 1995 Jan;12(1):3-8; discussion 9-10. 59 Fletcher D.J., (1986), Coping with insomnia. Helping patients manage sleeplessness without drugs. Postgrad Med. 1986 Feb 1;79(2):265-74. 52 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 L’ascolto della musica scelta dal paziente, in aggiunta alla terapia antiemetica, si è dimostrato efficace per ridurre la nausea e il vomito derivanti dal trattamento chemioterapico.60 Sembra infatti che la musica, o almeno una parte di essa, abbia la capacità di stimolare la produzione e la circolazione di endorfine, in pratica le morfine naturali che il nostro organismo sviluppa per difenderci dal dolore. In seguito riporterei le discussioni finali di alcune ricerche disposte per ambito di cura tra i pazienti, in seguito, randomizzati: - gli interventi ortopedici (al ginocchio e la proteisazzione dell’anca - T. Pellino ed al., Orthopedic Nursing, 2005): questo studio ha dimostrato la significante correlazione tra l’intensità del dolore post-operatorio, la quantità degli oppioidi assunti e l’ansietà nel gruppo che aveva scelto di utilizzare il kit delle strategie non farmacologiche confronto al gruppo di controllo che non l’aveva assunto. Nelle conclusioni tratte, i ricercatori ribadiscono che nel gruppo che in aggiunta al trattamento era fornito dal kit non farmacologico è stato riportato l’uso parsimonioso degli oppioidi durante il primo giorno, la significata riduzione nel uso degli analgesici nel corso del secondo giorno postoperativo e la tendenza alla minore ansietà rispetto al gruppo di controllo. Non è stata valutata significante la differenza statistica nell’intensità del dolore, tuttavia, in ultimo, questo studio conclude con la domanda (visto che il gruppo provvisto di un kit non farmacologico ne aveva assunto meno) se l’intensità del dolore sarebbe stata pressa poco simile anche se i pazienti di tutti e due gruppi avessero assunto la stessa quantità di oppioidi. - la chirurgia laparoscopica ginecologica (Ikonomidou E. e col., 2005): nello studio è stata esaminata l’ipotesi che l’ascolto pre e postoperativo musicale avrebbe influenzato l’esperienza del dolore nelle pazienti, la sensazione di nausea e di benessere, e che avrebbe avuto l’impatto sui parametri vitali. In base ai risultati, l’intervento di ascolto del cd con le musiche suonate dal flauto di pan, ha procurato altamente significativa riduzione dei valori della frequenza respiratoria nel periodo preoperativo come la diminuzione del consumo postoperativo degli oppioidi (sparing effect). 60 Ezzone S. et al, (1998), Music as an adjunct to antiemetic therapy. Oncol Nurs Forum. 25(9):1551-6. 53 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 - la cute (Khalfa S. e col. 2001): misurando l’attività elettrodermica sono stati resi accessibili gli indici autonomici, come la risposta della conducibilità della pelle (SCR, skin conductance response) agli eventi relazionati alle emozioni indotte con la musica. Lo studio ha misurato i livelli della tonicità dell’attività elettrodermica attraverso lunghe durate degli ascolti musicali (30s-6min) ed essa risultava essere più alta nelle melodie poste per rappresentare la felicità e la paura rispetto alle altre due categorie emotive prese in esame, la tristezza e la tranquillità. Questo studio non è riuscito a dimostrare nessuna significativa differenza nella modalità di risposta tra le copie di 4 categorie emotive prese in considerazione (tra la felicità e la paura ad es.). - operazione dell’ernia (Nilsson U., 2005) con una prova randomizzata i pazienti sottoposti a questo tipo di intervento sono stati assegnati a tre gruppi diversi: musica rilassante intraoperativa, m. rilassante postoperativa (per un ora di rilassante musica New Age in tutti e due gruppi sperimentali) e il silenzio (gruppo di controllo). Il livello di stress veniva stabilito misurando il livello di cortisolo nella plasma e i livelli del glucosio nel sangue. In più, è stata valutata la risposta immunologica attraverso lo studio dei livelli dell’immunoglobulina A (IgA è l’anticorpo salivare che ci protegge dalle tossine e i batteri nocivi ed è un importante marcatore della migliorata resistenza umana alle malattie). Le conclusioni tratte da questo studio, per l’importante riduzione sierica del livello del cortisolo rispetto al gruppo di controllo, hanno riportato l’efficacia della musica nel periodo intra e postoperativo nel ridurre: il dolore, il consumo della morfina e la risposta stressata all’intervento. Gli altri due parametri (IgA e glucosio) non hanno dato dei risultati che potrebbero essere considerati una dimostrazione dell’influenza della musica e rimangono ancora solo dei termini di speculazione. 4.4 Metodologia e strumenti Durante questo percorso esperienziale nell’integrazione musicale, avvenuta spontaneamente, alle tecniche e ai tradizionali comportamenti attinenti al lavoro dell’infermiere, diverse volte mi sono posta la seguente domanda: se il mio operato potrebbe essere considerato dell’ambito della Musicoterapia oppure della Musica in Medicina e quale sarebbe la misura o il criterio che porterebbe alla loro migliore 54 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 demarcazione nel senso di una loro più marcata differenziazione o verso una loro più perfetta integrità e la correlatività disciplinare. In quanto, la mia concentrazione e gli sforzi sono posti alla energizzazione ed ispirazione di tutti i livelli del benessere personale, ma dove la musica funge da stimolo per una determinata funzione (tecnica co-antalgica ed ansiolitica eterodossa) e costituisce il modello formale al cui interno questa funzione si articola; alla luce di questa considerazione, si potrebbe costatare che il mio approccio musicale tecnico complementare agli interventi infermieristici appartenga più alla sfera della musica in medicina. Nell’applicabilità pratica che si è potuta realizzare in questo periodo del percorso, le condizioni relative ai tempi di gestione, in misura dell’efficacia e la sempre maggiora tendenza ospedaliera alla riduzione del numero del personale sanitario con il rischio di grave compromissione dell’aspetto assistenziale clinico del paziente; sarebbe inimmaginabile e dispersivo, e in modo non meno professionale svolgere una ricerca metodologica approfondita che porterebbe allo sviluppo e/o applicazione di un vero e proprio modello musico-terapico. I tempi organizzativi nel contatto con i curati risultano troppo risicati e ridotti all’essenziale perché nel loro concepimento non vi è ancora una previsione dell’attuazione organizzativa che si avvierebbe in direzione alla realizzazione degli orientamenti d’approccio olistico verso la persona. Tuttavia, ho avuto l’opportunità di assistere di persona al realizzarsi e al tratteggiarsi dei preliminari alla nascita metodologica, in forma di procedure, di variazioni e tecniche che sembrano essersi concretizzate in alcune forme, strategie e i parametri precisi del mio operato. Inizialmente, il canto veniva adoperato, nelle situazioni di problematiche di stress, scontrate nei meccanismi di preoccupazione manifestati nelle condizioni ansiogene come lo è l’intervento di prelievo ematico: con gli evidenti segni di disagio psicologico nei confronti di una situazione di potenziale “pericolo” verso la persona; ovvero come una specie di ansiolitico non farmacologico. La paura dell’ago e l’istintiva reazione umana nel rifiutare il dolore acuto, per quanto esso ad altri potrebbe risultare qualcosa di piccolo ed irrilevante, in alcuni soggetti viene portata alle estreme tensioni e problematiche psicologiche fino a produrre degli evidenti segni destabilizzatori e debilitanti alla salute psico-fisica, oggettivamente identificabili nell’eccedere ai range dei parametri vitali (tachicardia oppure calo pressorio) oltre agli evidenti segni cutanei neurovegetativi (sudorazione, cambiamenti di 55 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 colorito) e nel comportamento manifestato o verbalizzato. Lo stress del dolore, per quanto viene espresso in letteratura sul questo argomento, può causare la ipertensione, tachicardia e potrebbe contribuire allo sviluppo dell’ischemia del miocardio. I suoi effetti negativi, oltre nel sistema cardiovascolare, si manifestano sulla funzionalità polmonare, gastrointestinale ed endocrino-metabolica, nonché sulla sfera psicosociale. La paura, per di più, abbassa la soglia di dolore e ne aumenta la percezione. La cute è un tessuto molto innervato e alcuni stimoli esterni, avvertiti come pericolosi dall’organismo, devono produrre una reazione immediata di fuga: la velocità di percezione e quindi essenziale, al fine di proteggere l’individuo dai possibili danni. Il solito stratagemma tecnico infermieristico, per adeguarsi e stare nei tempi ottimali alla velocità della percezione neurofisiologica in termini della sua attenuazione nella trasduzione (la prima fase della nocicezione) e la susseguente sua trasmissione dell’impulso elettrico lungo le vie sensitivi ascendenti fino all’encefalo, consiglia di effettuare qualsiasi puntura in tempi molto rapidi. Il suggerimento, nonostante la sua provata efficacia, in molti casi (e dipende anche dai livelli di concentrazione e le condizioni psicofisiche dell’operatore nelle diverse giornate), non è realizzabile e certamente non sufficiente ad oltrepassare il problema del disagio che solo il pensiero ad un intervento invasivo all’integrità naturale corporea della persona può suscitare, oltre alle difficoltà di trovare un accesso venoso che potrebbe esserci. La presa in considerazione di altri due livelli, la valenza affettivo-motivazionale e cognitivo-comportamentale che vengono aggiunte, per reagire con altre modalità di intervento, si è dimostrata realmente necessaria, a rigore di logica e di conseguenza. Da prima intuitivamente ed in seguito anche coscientemente includendoli nel mio piano e l’organizzazione mentale di questi propositi complementari allo svolgimento della procedura del prelievo stesso ho cominciato ad aggiungere le tecniche, fino adesso, “estranee” ed “altre” al piano di cura medica: il canto, le proposte di elementi distrattori verbali, la prossemica e le discipline e/o atteggiamenti affini. In quanto desumibile, gli elementi aggiunti, diventano dei complementi o dei captatori dell’attenzione nella direzione di una percezione e visione più selettiva e mirata. Il silenzio, siccome, direttamente relazionato alla percezione psicologica del tempo e potenziale fiancheggiatore degli alti livelli percettivi somatici individuali, viene trattato con le tendenze alla soppressione. Da subito si cerca di influenzare, interagire con, le strategie 56 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 di coping già sviluppate nella persona e cercando di coinvolgerla, accompagnarla e indurla a fronteggiare lo stress (le strategie più attive) verso i criteri ritenuti ottimali. Dopo l’individuazione del dolore come la causa scatenante di una molteplicità di effetti, gli obiettivi che si stavano aprendo e definendo di fronte a me stavano moltiplicandosi ed improvvisamente, il pensiero sul fenomeno complesso come è il dolore suscitò la formazione di un’intera costellazione di possibilità da mettere in atto per cercare di superare le condizioni di ostacolo. Nell’incombenza di tali difficoltà, di eseguire l’intervento di prelievo, e propensa verso l’evitamento delle strategie contenitive tradizionali, lo strumento che per destinazione e natura mi si addice e che per condizioni fortuite da sempre porto con me come bagaglio, la voce e la sua forma artistico espressiva di estensione melodica ovvero il canto, ho trovato come un grande alleato utile ad adempire agli scopi. Per quanto in seguito riscontrato anche in letteratura negli studi di Brown e Spintge, che negli anni novanta pubblicarono diversi testi sugli studi effettuati riguardo le valutazioni degli attributi musicali per il controllo del dolore, ho potuto avere ulteriore conferma degli effetti musicali positivi che emergevano già fuori dalla mia pratica. Brown61 assegna alla musica due principali qualità che possono essere usate per sviluppare strategie efficaci per far fronte al dolore: dimensione attenzione/distrazione e dimensione affettiva. La musica, per quanto riferisce questo studioso, ha la capacità di catturare l’attenzione impegnando l’intelletto e modificando lo stato emozionale al di la delle preferenze personali o delle competenze musicali richiedendo all’individuo di impegnarsi nell’esperienza momento per momento. Essa ha la potenzialità di alterare la percezione del tempo e la sensazione del dolore può non essere necessariamente diminuita ma la sofferenza provata potrebbe essere decisamente inferiore. Per quanto riguarda invece la dimensione affettiva, la musica è in grado di influenzare l’umore e può stimolare esperienze emozionali in grado di dare un maggior significato ad una situazione, rievocare le memorie del passato, o permettere un’auto-catarsi. 61 Brown C. J., Chen A. C. N., Dworkin S. F. (1991), Music in the control of human pain. Music Therapy 8: 47-60. 57 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Lo studioso tedesco Ralph Spintge,62 invece, nel 1993 descrive l’uso di quella che lui chiama “musica ansioalgolitica” nelle procedure mediche e chirurgiche per ridurre l’angoscia, l’ansia e il dolore provato dai pazienti. Egli segnala una significativa riduzione della necessità d’anestesia durante l’operazione, in particolare, in quelle situazioni in cui l’anestesia non è totale. Spintge osservò gli elementi musicali che stava osservano definendo le differenze nella musica definibile come rilassante da quella che lui chiama ansioalgolitica. La seguente tabella rappresenta i parametri specifici da lui segnalati per poter distinguere tra la semplice musica rilassante e quella ansioalgolitica:63 Elementi musicali Musica rilassante Musica ansioalgolitica Frequenza 600 Hz – 900 Hz 20 Hz – 10.000 Hz Dinamica Piccolo cambiamento Piccolo cambiamento Melodia Prevedibile Prevedibile Tempo 60-80 50-70 Ritmo Costante con pochi contrasti Fluttuante senza contrasti Lo strumento musicale: La voce umana come la fonte sonora viene eseguita o somministrata in estemporanea proiettandola verso e sulla cute del paziente, durante lo svolgimento del prelievo. Secondo la classificazione di base, proposta da Kenneth Bruscia,64 la musica dunque viene realizzata nel paziente come la musica in terapia: in quanto il suo ruolo è quello di agire come stimolo e rinforzo di un comportamento non musicale. 62 Spintge R. (1985-1986), Some neuroendocrinological effects of socalled anxiolytic music. Int J Neurol. 19-20:186-96; Spintge R. (1993), Music and Surgery and Pain Therapy. Unpublished paper given to the NAMT/AAMT/CAMT. Conference on Music Therapy: Crossing Borders, Joining Forces in Toronto. 63 T. Wigram, I. N. Pedersen e L. O. Bonde (2004), Guida generale alla musicoterapia, ISMEZ Editore. 64 Bruscia Kenneth E. (1993), Definire la musicoterapia – Percorso epistemologico di una disciplina e di una professione. Gli archetti, Ismez, Roma. 58 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 A quanto sembra derivare dalle mie conoscenze, il mio operato pratico attraverso l’esperienza che viene proposta e attuata sulla persona potrebbe essere considerato un intervento (la tecnica) di musica ricettiva: basata sul processo di ascolto e volta a risvegliare l’interesse, aprendo un canale di comunicazione alternativo rispetto a quello verbale e influenzando una serie di risposte fisiologiche in favore agli scopi terapeutici. Il canto come l’esaltazione di espressione e del sentire umano, insito nella voce, diventa un mezzo comunicativo, un ponte, un bozzolo sonoro allargato e proiettato per lasciare intendere alla persona i sentimenti di accoglienza e benevolenza. Questo aspetto, vale a dire la mentalizzazione di un "eccitamento corporeo", costituisce una importante finalità dell'intervento recettivo, finalità che lo distingue dalle tecniche di musicoterapia attiva dove invece prevalgono obiettivi espressivi e creativi. La procedura metodologica di un intervento recettivo presuppone inoltre la proposta di specifiche audizioni, preliminari al trattamento, volte a definire le peculiari caratteristiche delle individuali modalità di fruizione musicale. Appare però evidente come tale prassi, che possiede aspetti direttivi e potenzialmente "indagatori", possa sollevare in alcuni pazienti fantasmi intrusivi e persecutori, compromettendo la successiva fase di trattamento. La linea divisoria tra l’aspetto sonoro invasivo verso la persona e la fondamentale idea di umanizzare un tipo di tecnica infermieristica già di per se risultante e istintivamente colta come “aggressiva” verso l’individuo, è davvero sottile e facilmente sconfinabile nel trasgredire al lato “distruttivo”o “decostruttivo” che il suono possa assumere e manifestare. Onde evitare questi momenti mi preoccupo di creare inizialmente uno spazio sonoro/musicale rassicurante, un bagno sufficientemente cullante con l'ausilio di musiche familiari al paziente, oltre alla loro introduzione graduale, testandolo attraverso le dimensioni del piano e dalle durate limitate oppure, a volte, seguendo le reazioni del vicino del letto, mentre essa viene somministrata ad altro individuo. La musica occupa un ruolo essenziale nella creazione di un'alleanza terapeutica in quanto cagiona all'interno di una relazione il sentirsi di essere immersi in un bagno di calore, di dolcezza e di nutrimento. Il successivo articolarsi dell'intervento e la conseguente selezione musicale saranno poi determinati dall'obiettivo terapeutico, il quale, a seconda dei casi, potrà limitarsi alla soddisfazione della aspettativa di una relazione rassicurante e nutriente, o viceversa potrà promuovere un lavoro di elaborazione psichica, che, nasce nella situazione di confronto. 59 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Nei casi in cui la musica non risulta gradita, accolta con l’interesse o desiderata, il trattamento musicale può essere completamente sospeso e ridotto alla essenzialità dello scopo dell’intervento del prelievo ritornando ai metodi e ai comportamenti convenzionalmente accettati come ordinari. I contenuti canori si sono delineati con le seguenti caratteristiche: - sono melodici (poco dissonanti); - prevedibili; - usando la terminologia benenzoniana dell’ISO si potrebbe dire che appartengono all’identità sonora universale, all’identità sonora culturale di questa parte dell’Europa (come anche nell’uso della lingua prevalentemente italiana) e nell’incontro con altre etnie ho cercato di proporre delle modalità musicali etniche più possibilmente vicine alla determinata cultura, per quanto i miei limiti e le conoscenze umane siano in grado di rispondere al tale compito; - sono prevalentemente, (per così dire) in “maggiore”, ovvero con il marcato trasporto delle sensazioni d’allegria; - la scelta dei testi, con i messaggi stimolanti verso i pensieri costruttivi e ottimistici, legati alla stagione, alle feste, nomi, circostanze, parole dette, frasi pronunciate, significati tratti e pertinenti alle caratteristiche personali, proposte o scelte dal paziente stesso e cosi via; - la costruzione ritmica è regolare e tendenzialmente moderata; - il tempo musicale è direttamente collegato al polso del curato, la frequenza cardiaca viene stimolata verso la direzione ritenuta ideale: il progressivo rallentamento nelle situazioni di ansia, i tempi velocizzanti graduali nel risveglio, situazioni dell’ipotensione ecc.; - le dinamiche vocali sono molteplici e direttamente influenzabili dalle variabili, tutti gli altri parametri musicali contingenti; - la vocalità utilizzata aderisce allo stile della canzone applicata (voce leggera nelle canzoni popolari, lirica nelle arie d’opera, da musical ove occorre). 60 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Con l’intento di mettere e far sentire la persona a proprio agio la posizione ed atteggiamento corporeo di chi esegue l’intervento musicale, quando c’è la possibilità di separare le due tecniche operando contemporaneamente, è mettersi al livello fisico inferiore, al di sotto della testa della persona seduta in poltrona, stando accovacciati. Nelle situazioni dove il curante sta coricato nel letto, l’atteggiamento corporeo dovrebbe tendere a occupare meno possibilmente il campo visivo della persona, con la maggior possibile distanza fisica, per lasciar l’idea dello spazio sufficiente per rassicurare, placare l’istinto di fuga, solitamente insorgente nelle reazioni inerenti al dolore acuto. 4.5 Frequenza degli incontri e il setting In questi casi non può essere stabilita una frequenza e continuità dei e negli incontri semplicemente perché le analisi ematochimiche vengono eseguite sporadicamente e in media una volta l’anno (per i pazienti esterni), una volta ogni dieci giorni (per gli interni); anche se ho trovato delle persone anziane ricoverate in ospedale per la prima volta con scarsa o quasi nulla esperienza di questo genere di intervento. In alcuni specifici casi, come nelle persone in trattamento anticoagulante, il prelievo ematico viene eseguito una o più volte al mese tra i pazienti esterni, due o tre volte la settimana tra quelli interni. Il setting è quello ospedaliero, accettato per quello che è e secondo le circostanze cliniche concomitanti trovate sul posto. San Giacomo65 come clinica, in particolare, ha una buona acustica in tutti i suoi spazi interni: dalle camere, corridoi all’ambulatorio (in quale vengono eseguiti prelievi di sangue per i pazienti esterni). Le stanze non sono sonorizzate e quindi il materiale musicale vocale, di una voce impostata (anche se abbastanza contenuta ovvero non spiegata con tutti i mezzi tecnici vocali, in quanto non occorrenti al bisogno) traspare e viene accolta anche fuori camera o ambulatorio. La comunicabilità con l’esterno non si è dimostrata come una circostanza aggravante, piuttosto affermerei il contrario, è una condizione facilitante, spesso invitante e 65 San Giacomo, Ospedale di Medicina Riabilitativa, Ponte dell’Olio – Piacenza (Italia). http://www.san-giacomo.it/ 61 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 stimolante per gli altri. In qualche senso si presta come anticipazione per ciò che può essere trovato e in seguito vissuto all’interno dell’ambulatorio. Può essere un modo per diminuire l’effetto sorpresa che in alcuni casi, al primo impatto e senza tali esperienze, viene vissuto come una specie di imbarazzo contingente (per quanto in seguito riferito dalle persone coinvolte nell’intervento del canto-prelievo). Tuttavia, la sorpresa musicale non deve per forza essere vissuta o assumere i connotati o sembianze negative. In quanto, può direttamente essere accettato come stimolo distrattore antalgico, esso si afferma, pure, come stimolo positivo per la riduzione del dolore. 4.6 Criteri di conduzione individuale La persona, dunque, non viene “invasa” dalle vibrazioni sonore se essa stessa non acconsente a livello verbale o comportamentale una situazione del genere. La musica semplicemente viene proposta nelle situazioni in cui il paziente dichiara la propria paura e disagio (oppure questi sono già stati registrati in precedenza) ed egli attraverso il canto viene invitato a partecipare, in forma passiva e qualche volta attiva, richiamando l’attenzione e la reazione della persona. Anche se nella maggior parte dei casi l’invito viene positivamente accolto e poi, in seguito, continuamente richiesto; in alcuni casi viene visto con la paura che l’operatore possa essere distratto con la conseguente scarsa riuscita della tecnica stessa. Per rassicurare la persona, in tale caso, la scelta potrebbe essere quella di ritornare al metodo tradizionale. Nonostante la percentuale di pazienti con trattamento musicale rispetto al complessivo numero di pazienti col prelievo, previsti in una giornata sia pur basso (circa un decimo), la voce del ‘canto-prelievo’ viene riecheggiata velocemente in modo che anche incontrandomi senza il camice verde le persone anticipatamente a volte richiedano di partecipare a un prelievo cantato, elencando persino le canzoni che essi vorrebbero sentire. A posteriori, ho potuto constatare che i brevi canti, le melodie, i ritornelli, che sono stati utilizzati negli interventi di canto-prelievo ematico e nelle situazioni dove c’era effettivo bisogno della sua messa in atto (esistendo la comunicabilità nei diversi spazi per le porte solitamente tenute aperte), adempievano la funzione di “pubblicità 62 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 ambulante”. In altre stanze, anche dopo qualche giorno, a volte, succedeva che un paziente al quale non avevo mai cantato mi chiedesse una canzone da lui sentita, raccontandomi persino il momento della vita alla quale egli lo riconnetteva. Siccome queste persone non rientravano proprio tra quelle che consideravo potessero averne bisogno o persino la necessità, in quanto non provavano disagio nell’incontro con l’ago, in questi casi, la successiva attuazione del canto-prelievo cominciava ad avere funzione ed essere a servizio ed apertura dei nuovi spazi di ricerca, degli inaspettati e nuovi obiettivi. Tuttavia, rendere chiaro alle persone che il canto era direttamente legato all’intervento del prelievo e che fuori di quel contesto non poteva essere fruito, ovvero insegnarle le regole di “quel gioco”, innovativo, per me non si è mostrato come un’impresa difficile. La situazione si manteneva sotto controllo, anche se, per quanto si è potuto sentire dopo i miei interventi, le persone ogni tanto andavano imperterrite dietro la scia della melodia, alzando la quantità dei suoni organizzati nel tempo dell’ambiente ospedaliero solitamente abituato ad esserne sprovvisto. 4.7 Contenuti musicali Oh, iniziando un grande lamento di grandi sofferenze, quale compianto levare potrò? A quale musica volgermi con lacrime e voci di dolore? Aaah! 165, Elena, la tragedia di Euripide I contenuti musicali canori che sono stati “somministrati” nelle diverse giornate dei mesi trascorsi, e che in seguito hanno potuto essere razionalmente distinti nelle varie categorie, si potrebbero suddividere: 9 in senso generico come canti di diversi repertori: classico-operistico, musical, repertorio popolare ed etnico, standard jazz; prevalentemente in italiano e in inglese, una piccola percentuale nelle “altre” lingue, più o meno comunitarie, ma di ceppo indoeuropeo (serbocroata, rom, norvegese, ceco, russo e francese) oppure in forma vocalizzata ovvero senza testo. 63 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 9 nello specifico: - i brani, a volte, a livello testuale vengono adattati alla richiesta della situazione stessa assieme ad un modo, direi, quasi scenico e teatrale nel coinvolgimento della persona ad un intervento clinico del genere. Alcuni esempi: (aria di Rodolfo, La Boheme, Puccini) Che gelida manina Se la lasci riscaldar *(che) Cercar non* giova *(al buio) Quando vena*non si trova. (aria di Rosina, Il barbiere di Siviglia, G. Rossini) Ma se mi pungono* *(toccano) dov’è il mio debole Una vipera sarò Di cento trappole Prima di cedere Farò giocar… - le proposte di vocalizzi: le lunghe melodie di tempo lento assomiglianti alle nenie, cullanti e rilassanti, già esistenti o composte al momento. - nei bambini, l’oggetto o l’immagine (presente sulla maglietta, il giocatolo che tiene in mano ecc) diventano lo spunto e il tema della breve seduta nata e svoltasi nell’immediatezza. I due esempi di questa modalità dell’intervento musicale tra i casi ricevuti in ambulatorio: 64 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 1) Ad un ragazzino di cinque anni, che aveva presente l’immagine del Topolino sulla maglietta ho cantato: Mickey Mouse March (Viva Topolin) Topolino, Topolino, come noi bambini tu sei tanto piccolin. Mickey Mouse, Mickey Mouse, detto Topolin! Rassomigli a tutti noi sei furbo e birichin E perciò noi gridiam’ viva Topolin. Solo tu, Topolin! Puoi capir, Paperin! I mille e mille sogni d’un bambin. Noi gridiam in coro evviva, hip hip, hurrà, cin-cin! Topolin, Topolin, viva Topolin! Ad un altro ancora che aveva in mano un giocattolo fatto di gomma delle sembianze di un coccodrillo ho subito iniziato il canto di: E il coccodrillo come fa! Oggi tutti insieme cercheremo di imparare Come fanno per parlare fra di loro gli animali Come fa il cane? Bau Bau! E il gatto? Miao! L'asinello? Hi! Ho! La mucca? Muu! La rana? Cra cra! La pecora? Beee! E il coccodrillo? E il coccodrillo? Boh! Il coccodrillo come fa, non c'è nessuno che lo sa. Si dice mangi troppo, Non metta mai il cappotto, Che con i denti punga, che molto spesso pianga, però quando è tranquillo come fa sto coccodrillo.... Il coccodrillo come fa, non c'è nessuno che lo sa. 65 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Si arrabbia ma non strilla, sorseggia camomilla e mezzo addormentato se ne va. - con il criterio delle preferenze musicali (dichiarate); le musiche che facevano parte dei tempi della giovinezza del facilitante (curante) che viene stabilità all’incirca attraverso l’età della persona: la media in un centro riabilitativo sarebbe intorno a 70 anni; a volte viene richiesta oppure proposta con la voce del paziente stesso. Tra esse sono state accolte in modo significativo (in quanto, poi, ripetutamente richieste da me oppure sentite cantare persino dai ricoverati che direttamente non erano coinvolti nell’intervento di prelievo di sangue cantato), le seguenti canzoni italiane (TOP 10 senza un ordine numerico preciso): i. Il valzer dell’allegria (Cantato da Claudio Villa, Autori: Vigevani - E. Frati ). ii. Luna malinconica - Titolo originale: Blue Moon (Cantata da Carlo Buti, Autori: R. Rodgers - L. Hart - A. Bracchi). iii. Besame mucho (Cantata da Dea Garbaccio, Autori: Velasquez - Fecchi - Nati). iv. Volare (Cantata da Domenico Modugno, Autori: D. Modugno - Migliacci). v. Ciliegie rosa (Cantata da Nilla Pizzi, Autori: Larue, J.Leonardi-Louiguy). vi. Il Tango delle capinere (Cantata da Nilla Pizzi, Autore: C. A. Bixio). vii. Bella ciao (Canzone dei partigiani, Autore: Anonimo). viii. Rose rosse (Cantata da Massimo Ranieri, Autori: E. Polito - G. Bigazzi). ix. O sole mio ( Autori: G. Capurro - E. Di Capua - 1898). x. Parlami d’amore Mariù (Autori: Neri - Bixio). 66 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Alcuni ritagli testuali come esempi dei contenuti delle melodie utilizzate: I. Dice un proverbio: "Nel mondo chi vive cantando morrà sorridendo". Anche il destino ch'è cieco puoi fartelo amico prendendolo in giuoco. La vita é fatta di sogni, disegni e di segni, speranze e guadagni. Perciò al domani non devi pensar se vuoi tranquillo campar. Questo è il valzer che tutti dobbiamo cantar allegramente. Per le strade del mondo lo deve ascoltar tutta la gente. Se un dolore ti assale tu devi restar indifferente. Per campare cent'anni tu devi cantar allegramente. II. Ma tu, pallida luna, perchè Vola, colomba bianca, vola, diglielo tu che tornerá. sei tanto triste, cos'è, che non risplendi per me. Dio del ciel se fossi una colomba vorrei volar laggiù dov'è il mio amor, Lassù, che inginocchiata a San Giusto tu puoi vederlo il mio cuore, prega con l'animo mesto: 67 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 la delusione d'amore, Fá che il mio amore torni, ma torni presto. questo mio grande dolore. Vola, colomba bianca, vola, Tu sai che baci sapeva dare diglielo tu che tornerò. ed anche tu non puoi dimenticar. Dille che non sarà più sola Forse tu senti la malinconia, e che mai più la lascerò. forse tu sai che non ritorna più. III. Besame, IV. E volavo besame mucho. volavo felice In questo bacio più in alto del sole la vita ti voglio donar. ed ancora più su. Besame mucho, Mentre il mondo pian piano in questa ebbrezza spariva lontano laggiù di tutto una musica dolce suonava mi voglio scordar. soltanto per me. Pensa che un giorno lontano, Volare, oh oh! un dolce ricordo solo resterà. Cantare, oh oh oh oh! E le parole "Io t’amo" Nel blu dipinto di blu, il labbro tremante mai più ti dirà. felice di stare lassù. 4.8 Valutazione 9 Valutazione iniziale Compilazione di un modulo strutturato, utilizzando le scale validate per lo stato di ansia e di dolore: NRS, VRS, VAS-H (qualità sensitiva) e un breve STAI form adattato per lo scopo e tale applicazione clinica (qualità affettiva): 68 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 STAI FORM: IN PRECEDENZA SI è MAI SENTITo-a A DISAGIO DURANTE UN PRELIEVO DI SANGUE? 1 2 3 4 Quasi mai Qualche volta Spesso Quasi sempre OGGI IL PRELIEVO DI SANGUE HA INFLUENZATO IL SUO STATO D’ANIMO? 1 2 3 4 Per nulla Abbastanza Moderatamente Moltissimo COME SI SENTE ADESSO? A. Mi sento a mio agio 1 2 3 4 B. Mi sento a disagio 1 2 3 4 69 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Riguardo al modulo, esposto nella pagina che precede, che in alcuni casi chiedevo di compilare da parte del paziente66, e con delle condizioni pratiche trovate sul posto: i tempi, l’età, le funzioni cognitive delle persone, il fatto che tutto svolgevo da sola ovvero senza un’equipe che lo avrebbe accompagnato con i protocolli ritenuti più adeguati strumenti alla più approfondita indagine clinica ecc.; avrei da esprimere alcune cose: a) è stato mirato con i criteri di una fondamentale semplicità compilativa e per essere rapidamente e facilmente spiegato al paziente il suo scopo e il modo di utilizzo; b) basato sugli strumenti o le scale di valutazione già validate e conosciute per essere state utilizzate nell’ambito clinico (come esposto nel capitolo 2.8 di questo scritto); c) l’oggetto della mia potenziale indagine era bimodale, in quanto, ha osservato le due misure soggettive, le più rilevanti perché più distintive del fenomeno trattato, prese in considerazione: il dolore (espresso in tre modalità diverse) e l’ansia (di tratto ovvero caratteristica per quel individuo e di stato ossia al momento stesso del prelievo). Tuttavia, non potrei asserire che questo foglio di lavoro, concepito nelle mie modeste conoscenze dell’ ambito della strutturazione, osservazione e la progettazione di una ricerca, almeno nel modo come è stato svolta da me, è potuto esserne utile, servire ad un’osservazione a pieno titolo riconosciuta come scientifica o oggettiva. Sicuramente non potrebbe essere considerato come un parametro che avrebbe potuto abolire l’efficacia della validità di procedure e tecniche svolte da me e nemmeno a confermare la rilevanza dei suoi risultati, in termini dell’effetto positivo che sembra aver procurato. A mio parere, esso solo parzialmente sta a rappresentare tutti e due gli aspetti, per il fatto che non ha avuto una completa strutturazione e la programmazione scientificamente validata per un’analisi convincente che fosse basata e coinvolta sulla chiave dei seguenti componenti: la misura efficace, la significanza, la tipologia e il numero dei soggetti. 66 Nonostante la sua apparente semplicità, pochi pazienti erano disposti a (in grado di) effettuare la compilazione. 70 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Nelle possibili future indagini in questo campo di ricerca, prevederei alcune modifiche nella sua struttura tra cui: una variazione o ampliamento dello STAI form (State-Trait Anxiety Inventory for Adults),67 lo sviluppo e la presentazione della scala analogico visiva per il dolore nella sua forma bidimensionale (capitolo 2.8.4) ed riterrei importante eventuale aggiunta di qualche versione modificata di CSQ (Coping Strategies Questionnaire di Rosenstiel & Keefe, 1983, sviluppata da Lin, 1995),68 come la più utilizzata misura delle strategie di coping per il controllo del dolore. Inoltre, sicuramente cercherei l’aiuto degli psicologi con le competenze nell’ambito di ricerca che seguirebbero monitorando con più successo gli effetti della pratica a quale io, in tale caso, mi potrei occupare a pieno e senza dispersioni, per offrire un’analisi più seria e consistente. La mia discreta ricerca su 15 diversi individui ha prodotto seguenti risultati: - il livello percepito dalle persone sulla scala numerica del dolore (dall’1 al 10), non ha mai superato il numero 2; - dal risultato letto dalla scala verbale consegue in modo paritario: “nessun dolore” e “dolore leggero”; - l’utilizzo della VAS non si è discostato molto dai risultati della scala numerica, eppure in alcuni casi rappresentava i valori poco di più o di meno da quelli segnati nella NRS; 69 - nessuno dei partecipanti ha riferito di essersi trovato a disagio durante l’intervento del prelievo di sangue cantato, fra essi, solo 4 67 Spielberger C. (1970), Manual for the State-Trait Anxiety Inventory (Self-Evaluation Questionnaire). Palo Alto, CA, Consulting Psychologists press; Spielberger C. (1979), Preliminary manual for the StateTrait Personalità Inventory (STPI) University of South Florida. 68 Rosenstiel A.K., Keefe F. J.(1983), The use of coping strategies in chronic low back pain patients: relationship to patient characteristics and current adjustment. Pain. 1983 Sep;17(1):33-44. Lin C. (1995), A comparison of the effects of perceived self-efficacy on coping with chronic cancer pain and coping with chronic non-malignant pain. University of Wisconsin, Madison. Unpublished doctoral dissertation. 69 Questo potrebbe essere spiegato da diverse cause e problematiche di quest’analisi. A me non risulta rilevante da prendere in considerazione in quanto già dichiarato di non aver trovato questo modulo sufficientemente utile ad una potente analisi e da essere ritenersi un mezzo di maggiore validità. 71 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 non hanno indicato i valori più bassi del 4 ovvero il massimo nella piccola scala del benessere personale; - solo tre di loro, riguardo la caratteristica dell’ansia di tratto, avevano segnato di non essersi quasi mai trovati a disagio durante il prelievo di sangue tradizionale;70 - nella seconda domanda posta nel breve modulo di tipo STAI, nonostante la sua potenziale ambiguità nel come potrebbe essere compreso il termine influenzato, tutti, escluso due, avevano risposto per nulla. In un caso, tra altri due che hanno risposto abbastanza, per quanto riferito in seguito dalla persona stessa era inteso come un’influenza positiva; in altri invece le persone con influenzato intendevano sottintesa l’ansia ovvero il versante negativo di tale parola. Uno dei punti che certamente dovrà essere corretto (chiarito) nelle prossime indagini di questo tipo. 9 Valutazione intermedia Con la valutazione intermedia intendo il proseguimento nell’uso del modulo nelle persone lungo un arco di tempo che avesse potuto permettere il caso stesso, con traguardo di monitorare eventuali cambiamenti e le modifiche percettive del dolore e lo stato d’ansia che ne conseguirebbe. Solo in due casi, Silvia e Marco, tutti e due trentaquattrenni, ho considerato sensato e utile proseguire con gli accertamenti strumentali dell’automisurazione dei valori dell’intensità del dolore e l’ansia. Tratterò i loro casi in altra occasione, ma direi che oltre all’età erano accomunati anche dal trattamento anticoagulante in corso e dalla significativa e alta caratteristica d’ansia di tratto nei confronti del prelievo di sangue. Mentre nel caso di M. che incontravo, per due settimane, ricoverato in cardiologia (paziente 70 I criteri di scelta della persona per la compilazione del modulo erano: che già mostrasse problematiche legate all’intervento in corso e che l’individuale funzionalità cognitiva permettesse la comprensione e la compilazione del foglio. 72 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 interno), l’INR (i tempi di coagulazione) doveva essere monitorato spesso per l’impostazione di un coretto schema terapeutico e si svolgeva ogni due, tre giorni; in S. che veniva in ambulatorio (cosiddetto paziente esterno), gli accertamenti venivano svolti una sola volta al mese: ho stabilito e proposto il modulo solo partendo dal mese di gennaio. Per le altre persone, come valutazione provenuta potrebbe risultare valevole e/o legittima la presa in considerazione delle osservazioni e conclusioni che ho tratto dal feedback della persona, coinvolta in un intervento musicale nella situazione di prelievo di sangue. 4.9 Partecipanti agli incontri “Usignolo che in contrade selvose abiti le dimore delle Muse, te invocherò. Il più canoro degli uccelli, melodioso, lacrimoso. Deh, vieni vibrando con la gola sonora; collabora nei lamenti con me che canto i lamenti di Elena sventurata e il destino lacrimoso delle donne d’Ilio sotto le lance degli Achei ...” (1107) il primo stasimo di Elena, tragedia di Euripide Non era passata nemmeno una settimana prima che qualcuno dei ricoverati mi dicesse: “Canti, allora sei contenta!”, “Tu hai un bel carattere, perché sei sempre qui a cantare”, “Stamattina è di buon umore” e così via. In alcuni giorni passando da una camera ad altra, succedeva che me lo dicessero diversi pazienti nella stessa giornata e io non mi sono mai provata a smentire questo riecheggiare del senso comune. Sostanzialmente, ho trovato come un ottimo compagno del mio operato la loro immediata associazione del canto come qualcosa di positivo, allietante, la visione ottimistica di un nuovo giorno che per loro sembrava iniziasse con la promessa di qualcosa di buono. Personalmente, studiando il canto con finalità professionali non 73 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 potrei dire che non si canta anche quando si è immersi con i pensieri nelle difficoltà della vita. Tuttavia posso ammettere che, in tali condizioni, il canto sgorghi più difficilmente. In particolare è difficile cominciare a cantare, ma una volta quando il canto trova una sua via d’uscita, o sa rendere l’espressione più intensa o sa stravolgere i pensieri non costruttivi regalando una nuova luce alla giornata. In conferma di quando appena scritto, tra diversi racconti emersi nelle condizioni del mio intervento cantato, riferitimi dalle persone, uno di loro mi disse: - Un giorno ero arrivato al lavoro cantando e il mio capo sentendomi disse, Giuseppe, stai cantando vuol dire che la situazione problematica la supererai di sicuro. Oggi, il diciassette aprile, in cardiologia, mentre stavo cantando il prelievo di sangue ad uomo, quest’ultimo mi disse: “Una volta cantavo molto, ma da quando mi sono ammalato non canto più.””E come mai?!”, gli chiesi: “Ma non so, semplicemente non mi viene più di cantare.” “E cosa cantava una volta.?”, mi rivolsi a lui concludendo con la mia pratica e andando avanti con il discorso. “Mi piacevano le arie d’opera.” ”Ah, sì, allora prossima volta le canterò qualcosa dal repertorio tenorile, Una furtiva lacrima, per esempio?! In questi giorni vorrei che lei cercasse di ritrovare il canto nel suo cuore”, mettendo il carrello con gli aghi e le provette in ordine, ma poi, volgendo lo sguardo verso i suoi occhi, per vedere la risposta alla mia proposta, rimasi colpita dall’evidente commozione che non ha cercato di nascondermi. Prima di questa esperienza succedeva raramente che qualcuno cercasse di condividere con me qualcosa della sua vita. Con il canto, la comunicazione è diventata fluida e scorre senza fine. Essa scaturisce dal nulla, dall’assenza di domanda e d’interesse. Non avendo un inizio, né un traguardo preciso, spesso la storia rimane lì, a vivere nell’aria di per sé, di una vita di liberazione e senza sgomento. Non mi sono mai sentita di aver estrapolato qualcosa da qualcuno e nemmeno, questi, mi facevano percepire che si sentissero in imbarazzo. Le canzoni di una volta, riportavano al presente le situazioni in quel frangente di una volta che nessuno cercava di trattenere o controllare. Così, succedeva spesso, che dopo aver aperto gli occhi chiedessi alla persona di raccontarmi il motivo del bel sorriso che io ho potuto constatare sul viso oppure iniziava da sola a raccontare. Le risposte, a dir poco, mi sorprendevano. Erano veri e propri coaguli di vita, un estratto del contenuto emotivo intensamente vissuto, a volte, nemmeno condiviso con i loro familiari. 74 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Il naso di Giuseppe Verdi L’altro giorno era la terza volta in una settimana che mi sono trovata da Luigi. Nei primi incontri sembrava più incuriosito dalla mia risposta di essere ancora cittadina di uno stato che non esiste più sulla carta geografica che dal mio canto, ma stavolta improvvisamente pronunciò la seguente frase: “Di tutto ciò che io avrei potuto ereditare, ho ereditato proprio il suo naso! Non l’orecchio, ma il naso!” Non sembrava che si rivolgesse a me perchè non mi guardava. Poi, improvvisamente mi guardò in volto dicendomi: “Ma lei, il canto lo ha studiato, quando canta in quel modo?” “Si, lo studio da parecchi anni! E lei da chi non ha ereditato l’orecchio?”, gli chiesi. “Da Giuseppe Verdi”, mi rispose proseguendo, “La bisnonna di mio papà era una Uttini ossia sorella di sua madre.” La mia reazione fu:”Allora prossima volta le potrò cantare, Va pensiero, se le andrà.” Va pensiero che va come il gelato E il giorno che come un legittimo diritto spettava al pronipote di un grande compositore era arrivato. Essendo ricoverato nella stanza 101, letto B, toccava prima proprio a lui, come un improvviso risveglio mattiniero delle mie corde vocali. Ancora tutti in cardiologia stavano dormendo e la prima tapparella che si alzò era proprio di quella stanza. Io avevo già in mente di proporgli le parole melodizzate del suo antenato, ma le cose non andarono completamente lisce perché il pensiero del prelievo lo turbava e quando gli proposi un canto, non svelando ancora quale, lui mi rispose che il pensiero dell’ago gli dava fastidio e che sarebbe stato meglio non cantarci sopra. Per come lo capii io, egli intese che i due momenti avrebbero dovuto stare separati uno dall’altro. Ma io non intendevo ancora “deporre le mie armi pacifiche” prima di aver provato a trovare il canale comunicativo con cui egli avrebbe potuto rivalutare la possibilità che il fastidio potesse essere debellato proprio attraverso la “imposizione” di qualcosa di piacevole. Gli dissi allora gentilmente che la musica, secondo me, ha proprio questo potere di facile approccio in diversi stati d’animo e gli dicevo che io già in testa sento una melodia che potremmo provare ad associare assieme. E a bassa voce attaccai le parole di Va pensiero. Non ho dovuto aspettare a lungo la risposta o qualche parere perché Luigi già dall’istante successivo mi rispondeva cantando le parti orchestrali del basso. Non 75 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 potevo neppure – è questo l’imperdonabile vizio di quasi tutti cantanti, omettere le parti strumentali e ritmiche perché nella sua testa, meglio che nella mia, scorreva l’incisione vera e propria, chi sa quante volte udita, diretta da Riccardo Muti, nella quale questa aria corale non è un inno, per quanto comunemente accettato, ma una preghiera. Mi raccontò pure un episodio della sua vita di una crociera sui fiumi russi, dove da turisti, un gruppo di italiani, rispondendo ai canti degli altri gruppi e delle altre nazioni, cantarono proprio questo pezzo. Entrai nella stanza tre e le signore mi aspettavano con i sorrisi e canticchiando la melodia che, come un buon e fresco profumo di una pasticceria di vecchi tempi, era entrata prima di me. Non potevo non assecondare le due donne continuando con la stessa musica. Proseguendo lungo il corridoio il mio canto come un’epidemia si stava spandendo, invadendo tutti gli spazi fino ad un punto dove anche io, probabilmente stavo perdendo il controllo sul suo uso dinamico più appropriato; la collega che nei miei paraggi stava somministrando la terapia per bocca, mi chiese di abbassare il volume perché cominciava a sentirsi troppo distratta (se si riprendessero gli specifici obiettivi individuati da me, come effetto distrattore non è affatto sottointeso di deconcentrare pure gli operatori sanitari). Ho cercato immediatamente di esaudire questa richiesta cercando di riprendere il controllo di una melodia che energizzava e distraeva anche troppo, abbassando il tono. I pazienti comunque richiedevano quasi tutti proprio il gusto di “gelato al pistacchio”, o meglio, nella terra verdiana cosa poteva toccarli più da vicino che la melodia del Nabucco che gentilmente li invitava di sospendere ogni pensiero e posarlo sulle bellissime colline, gli inizi degli Appenini che potevano scorgere con uno solo sguardo volgendo lo sguardo verso la finestra. Quando ero nella ultima stanza domandai al sig. Donato cosa avrei potuto cantargli quest’oggi, al posto del solito Claudio Villa, egli mi sorprese con Verdi. Era troppo forte questa richiesta e io subito mi misi a sorridergli cantando la canzone della giornata. Il giorno seguente quando chiesi a Donato se si ricordava cosa avessimo cantato il giorno prima, lui mi rispose: - Non mi ricordo, ma andava bene! Sinceramente avrei sperato che mi dicesse anche il nome della canzone o l’autore che lui stesso aveva richiesto, ma ho dovuto accontentarmi che la musica almeno, di certo, ogni volta risveglia in lui la serenità e la voglia di sentirla e qualche volta, quando viene a lui, pure cantarla. 76 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 Un giorno oltrepassando la camera 114 Sulla provetta stava scritto 115A e di conseguenza stavo per arrivare in quella stanza, ma oltrepassando la stanza accanto sentii una voce dire: “Eccola, sta arrivando da noi.” Sono entrata nella camera che avevo segnata sulla prima provetta che avevo in mano iniziando già a canticchiare a bassa voce e il sig. Ettore, un uomo di un’ottantina d’anni, mi si rivolse con un tono semi-serio e non offensivo: “Ma come possono tenere una persona matta qui.” ”E chi sarebbe?” ”Come chi, è lei che canta sempre.” “Ma sig. Ettore per le persone matte si dice che non facciano delle cose ragionevoli, ed io come ho fatto i prelievi a lei?” ”Bene, me li aveva fatti già da un paio di volte.” ”E non mi pare di averla torturata; prendevo la vena subito, non rimanevo a lungo qui! È vero?” “Sì, è vero, ma lei continua a cantare!”, ripeteva lui come se fosse ovvio che qualcosa non quadrasse in quella situazione. “E allora, io davvero non capisco cosa cerca di comunicarmi, guarderò di non cantare durante il prelievo nelle prossime volte!”, gli dissi uscendo dalla stanza. Già dal primo incontro con lui mi ero accorta che apparteneva a quella minoranza di persone che vivono il mio cantare come l’eventualità che io mi possa distrarre dal prelievo, e in effetti, durante il prelievo, nelle volte successive non cantavo, ma solo immediatamente prima e subito dopo l’intervento, cercando di abituarlo alla situazione capendo che era il contesto in cui era inserito che era insolito, e non il canto, che gli procurò quel pensiero. Negli ultimi giorni del suo ricovero in clinica, la situazione si era capovolta, cantavo esclusivamente durante il prelievo e lui stesso mi faceva notare che non avevo proprio iniziato a cantare prima della puntura, ricordandomi di cercare di applicarlo meglio durante il prossimo. Nella stanza in cui arrivavo dopo, la 114, invece, ho ricevuto una specie di conferma, che ho vissuto come giusta sollecitazione per ritrovare e cercare di rinnovare le energie per poter proseguire serenamente la strada oramai intrapresa. Uno di due pazienti mi aveva accolto con un fischietto dicendomi: “L’aspettavo, per fischiettare assieme al suo canto.” Ero sorpresa perché non conoscevo ancora né l’uno né l’altro. Di solito era il mio canto a sorprenderli, ma mi resi conto che il canto che viaggia sull’onda sonora ha una propria vita, e che inaspettatamente e liberamente mi fa conoscere dalle persone prima di averle ancora incontrate. E così, Antonio si mise ad accennare la mia canzone con il suo pulito ed intonato fischiettio. Confesso che io non sarei in grado di fischiare così bene. Mi aveva raccomandato delle canzoni efficaci da studiare e come ricompensa 77 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 per questa specie di ricarica morale (che lui e il suo compagno di stanza mi avevano donato senza saperlo), ho fatto loro un concertino di refrain e strofe di diverse canzoni a loro ben note. Quando Antonio fu dimesso, entrando nella stanza dove in quel momento vi era solo Giuseppe, quest’ultimo sorridendo mi si rivolse con le seguenti parole: “Eccola, finalmente è arrivata l’allegria.” A proposito dei nomi che cambiano Nei primi mesi del mio lavoro nel ruolo di un’infermiere prelievista, mentre ancora non osavo cantare molto e risultavo cantare “abusivamente”, spesso e volentieri capitava che qualcuno mi si rivolgesse con: “Ah, eccola che è arrivata, la vampira”, oppure “Vampirella oggi quante provette deve riempire.” Man mano l’introduzione del canto prendeva piede, o invece si stava consolidando in forma di tecniche e procedure oramai consolidate; così anche i nomignoli a me riferiti cominciarono ad assumere altri connotati espressivi. Sostanzialmente questi possono rappresentare o testimoniare l’impatto e l’influenza musicale delle peculiarità fortemente affettive (o altrimenti di spiccata fantasia) che si stavano realizzando nelle relazioni e i collegamenti interpersonali canori sul posto. Espongo di seguito alcuni tra questi: “Sei tu la gallina che canta ogni mattina?” (un paziente, dagli altri operatori già ritenuto di non facile carattere nell’assistenza e cura, che in me, al primo impatto, provocò un improvviso senso di imbarazzo quanto passeggero che ho dovuto combattere e superare al momento per non viverlo come un’offesa: fino a quando, attraverso le domande ed altre frasi, non avevo capito che la gallina era legata al senso di risveglio mattutino, corrispettivo femminile del gallo e non legata allo stereotipo, nell’idioma corrente, di carenza intellettiva solitamente associata a questa parola); “E oggi niente serenata?” (mi disse una volta un paziente mentre stavo per individuare un accesso venoso); “L’usignolo oggi non canta?” (in una situazione simile) oppure la stessa persona “Eccolo, è arrivato il nostro usignolo”; similmente, una signora durante il periodo del ricovero della sua parente continuò a chiamarmi fringuellina; 78 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 “Puntina, oggi hai cambiato la puntina, ma non il disco” (uno dei pazienti cardiologici che spesso attraversava il corridoio accompagnando ogni mio passo, osservando e canticchiando a debita distanza); “Sei veloce e precisa come Guglielmo Tell!” (Mi disse Luigi, pronipote di Verdi, dopo aver accompagnato il fastidio che solitamente prova nel prelievo ematico con il canto e le parole di Addio del passato). “Ecco l’aurora che sta arrivando…” (dietro le mie spalle mentre stavo svolgendo il canto-prelievo con un altro paziente era arrivata la voce della cugina di una paziente). La bella ciao Giancarlo, un paziente ricoverato in neurologia diversi mesi fa, mi aveva fatto riflettere e rivalutare il significato dei mezzi contenitivi normalmente usati nelle situazione di laboriosa applicazione tecnica. Nei momenti in cui il paziente, per qualche ragione, rifiutava il trattamento stesso che l’operatore al momento dovrebbe applicare su di lui, davanti ai miei occhi crollava l’immagine di un loro effettivo bisogno e necessità d’uso. Il conflitto personale che io provai in questa circostanza come risultato ha prodotto un approccio tecnico infermieristico diverso dal solito e il risultato, in questo preciso caso era più che suggestivo. Mi faceva inorgoglire il pensiero che avevo dominato le resistenze di “un omone” così particolare e, nei momenti del genere, solitamente di non facile approccio, con una semplice canzone dai tempi dei partigiani e di esser riuscita da sola e senza sensazione della fatica psicofisica. Giancarlo, con gli esiti della lesione ischemica, non sempre sembrava comprendere il senso delle parole e degli ordini che gli si ponevano. Inoltre, sulla sua cartella clinica c’era scritto che presenta dei momenti di aggressione fisica nei confronti degli operatori ed io l’avevo vissuta di persona durante il mio secondo incontro con lui. Il primo prelievo ematico, per ragioni a me sconosciute, era andato abbastanza bene, anche se, siccome si era mosso di scatto, ho dovuto eseguire un’altra incisione cutanea. Nella seconda situazione lo trovai girato con la schiena verso di me e non rispondeva affatto ai miei saluti e richieste. Ho provato ad avvicinarmi a lui e liberandogli la mano, tanto quanto era il minimo indispensabile per cercare di individuarvi una vena, e nel momento dell’incisione ho visto venirmi verso la faccia il pugno della sua mano destra. Ero riuscita evitarlo per poco, ma il prelievo anche ritornando dopo mezz’ora non si poteva eseguire semplicemente. I due operatori tecnico sanitari che cercavano di 79 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 svolgere con lui l’assistenza mi proposero di contenermelo. Il prelievo è stato eseguito, con molta fatica ed io psicologicamente mi sentivo quasi esaurita. Ho pensato che se in seguito incontrassi un altro caso simile avrei rinunciato prema di provare, chiedendo il cambio di qualcuno. Nei giorni successivi, temevo il prossimo nostro incontro e come potesse reagire, arrivando al punto di pensare se Dio me la manderà buona o meno. Ma, canticchiando al suo compagno di camera, che per le lesioni ischemiche cerebrali rimase afasico e rispondeva con il canto al mio canto, notai che Giancarlo, il suo vicino di letto, rispondeva intonando ad alta voce i versi della canzone che stavo proponendo all’altro. E così, nella volta successiva io arrivai preparata, munita dalle prime due strofe di Bella ciao ed entrando nella sua stanza come se fosse un palcoscenico gli dissi: “Giancarlo è ora di svegliarsi perché sono arrivata per cantarle una canzone.“ Immediatamente si girò verso di me. “Però, Giancarlo, io dovrei anche prelevarle il sangue, spero che lei farà il bravo in tutti e due i modi.” E cominciai a cantargli: “Una mattina, mi son svegliata…” Non ho dovuto proseguire perché era lui che completava i miei versi, mentre, nel frattempo, con l’altra mano, cercavo di assicurami di tenergli ben fermo il braccio nel caso egli si fosse mosso). Indi, io proponevo un verso e lui lo completava, ma poi, avevo esaurito le parole di due strofe che conoscevo e gli chiesi aiuto per proseguirle, lui prontamente mi rispose melodizzando i versi. Egli si dimostrò rilassato e disponibile, senza muovere il braccio. Di conseguenza io mi ero trovata a mio agio e nelle condizioni ottimali per applicare la tecnica del prelievo. E il canto, in questo caso funse da invisibile, ultra-tradizionale ausilio contenitivo. Anche nei successivi incontri con lui non ho mai incontrato ostacoli o situazioni difficoltose. Nel suo caso il canto si dimostrò indispensabile per una soddisfacente riuscita tecnica. Madre e figlia Vorrei fare un accenno sull’impatto del mio prelievo e l’effetto sul caregiver riportando in particolare l’esempio della sig. Giuseppina e sua figlia che alle sette di mattino, quando io mi recavo nella stanza 103, era quasi sempre presente. Dal primo giorno, come anche normalmente faccio di fronte ai familiari o alle persone che ritengo i caregiver (e non di fronte alle persone di passaggio), non ho cercato di allontanarla. La 80 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 rendevo partecipe in quanto non sapevo se potesse risultare eventualmente di aiuto. Considero quei momenti come i momenti di scambio delle informazioni legate all’educazione sanitaria. Il rapporto che si era instaurato tra di noi era interessante perché tutte e due avevano una forte convinzione che io facessi bene il mio lavoro solo mentre canto. Sua madre non aveva un facile accesso venoso ed una volta (era arrivata in cardiologia dopo l’operazione già con la superficie cutanea coperta da ecchimosi) proprio quando non cantavo mi è capitato di “bucarla” due volte. Forse fu la causa della loro opinione in favore del canto e il sempre forte incoraggiamento che io prima di prendere l’ago in mano devo necessariamente anche avviarmi al canto. Questa attribuzione, direi quasi magica, al potere che il suono avrebbe sulla persona, e in questo caso riferita a me, l’ho trovata più incline alle donne che al genere maschile. Tuttavia, riprendendo i primordi storici sul dolore non si potrebbe a non trovare una radice che possa giustificare questa posizione di pensiero, oggidì tanto poco comune. Per la mancanza della proteina C Incontrai Silvia, per la prima volta, al mese di ottobre. Quel giorno ha consegnato le urine chiedendo di posticipare i tempi di pro-trombina, il suo prelievo ematico per il dosaggio del farmaco anticoagulante che lei, secondo le odierne conoscenze scientifiche, portando in sé una carenza genetica di proteina C, sarà vincolata ad eseguire mensilmente per tutta la vita. Nei mesi successivi, pian piano, ho avuto possibilità di conoscere sua madre, sorella, zii ecc., ma solo lei aveva un rilevato disagio nei confronti del prelievo ematico. Da subito la collega cercò di informarmi che la ragazza, allora trentatreenne, è un caso particolare, che deve stare sempre coricata e che non sempre si sente di eseguirlo. Il primo canto non era partito da me come proposta, ma fu lei stessa ad entrare nell’ambulatorio nel mese di dicembre, poiché precedentemente, aspettando nella sala d’attesa, sentendomi cantare ad un altro, è entrata dicendo che lei era venuta per “un intervento musicale”. In pratica, mi aveva preceduto nella proposta, ma aveva anche anticipato la mia successiva domanda che le avrei posto sulle preferenze musicali dicendomi che preferiva “la musica etnica.” 81 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 “Anche di altri spazi e nelle altre lingue?”, le chiesi e lei mi rispose: “Soprattutto in altre lingue!” Immediatamente avevo pensato di offrirle Ederlezi, la canzone in lingua rom, abbastanza conosciuta nell’occidente attraverso un film di Emir Kusturica, con gli arrangiamenti musicali di Goran Bregović. In breve riporto cosa mi riferì quella volta: Ho chiuso gli occhi e ho visto Brad Pitt, nella scena del film The Snatch, dove lui interpreta la parte dello zingaro che in ginocchio piange per la morte di sua madre, davanti alla roulotte che sta bruciando. In questa scena si era inserita un’altra dove una“zingara” vestita in una gonna di color viola, e cucita d’oro, danzava ruotando intorno a se stessa. In quel modo cominciò la nostra corrispondenza con il mio ruolo di musico-prelievista che si svolgeva, al massimo, in 5 minuti complessivi di tempo. Lei invece di concentrarsi sull’ago volgeva lo sguardo a me continuando a sorridermi. Non è mai svenuta come riferito nel suo passato clinico, non rimaneva mai sdraiata oltre la durata del prelievo stesso e si alzava velocemente, cercando di condividere con me una parte della sua esperienza. Forse, l’unico aspetto potenzialmente non positivo, rispetto all’intervento tradizionale, era che S. con la musica tendeva a distrarsi così tanto che spesso e volentieri si dimenticava di tenere ben premuto il cotone. In persone sottoposte a trattamento anticoagulante, se si trascura questo passaggio, facilmente può rimanere per qualche giorno, il segno. E così, un mese dietro l’altro pensavo in anticipo a quale canzone etnica, di che paese e in che lingua, applicare su di lei. In questo caso, avendo una collega accanto io 82 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 abitualmente preparo, dispongo le provette e somministro il canto, mentre l’altra esegue la parte infermieristica. Nell’ultimo mese ci siamo messe d’accordo di farle partecipare a questo intervento, ma stavolta, completamente eseguito da me sola,71 come nei ricoverati interni dove non ho altra scelta. Tuttavia, ritengo che sia molto importante che lei si renda conto che la musica sta fuori di lei, ma l’effetto musicale, l’immaginazione, la sensibilità e la capacità di far fronte al disagio storcendolo nel benessere psicofisico, sono risorse insite e nell’individuo. Una volta, durante i mesi trascorsi ed era avvenuto con la proposta dell’altra infermiera, le recitai la poesia di Sarah Brown (in italiano) Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters72 che lei richiese anche dopo qualche mese di risentire ancora. Partendo dal mese di gennaio le chiesi di compilarmi ogni volta il modulo di valutazione dell’intensità del dolore e dell’ansia. Ritengo che la sua testimonianza, che io ho cercato di trascrivere dalla registrazione del nostro dialogo, di cui lei ha consentito anche l’emissione pubblica, e che riporterò in seguito, sia utile per comprendere quanto, in persone giovani e con buone capacità cognitive, un prelievo ematico, un intervento apparentemente così piccolo e banale possa causare delle problematiche significative. Giovedì, 19 Aprile 2007: Praticamente, la nostra è una malattia ereditaria, e quindi c’è questa mancanza di proteina C nel sangue. L’abbiamo scoperto perché mia nonna ha avuto un ictus e in giovane età mia sorella ha avuto questa tromboflebite, una cosa un po’ insolita. E quindi, siamo stati sottoposti agli esami. Sono venuti degli americani nell’ospedale di Parma perché avevano questo sospetto che fosse una carenza a livello genetico, di tutto il ceppo familiare. E infatti, poi, da questi risultati è scaturito che tutta la famiglia T. ha questa carenza di proteina C, con il sangue molto denso. La mia nipotina, figlia di mia sorella, pure. Fatto sta che siamo andati a Parma a fare questi esami e lì diciamo che è stato il mio primo prelievo. 71 solo come, proposta di un piccolo e temporaneo cambiamento e non per cercare di sostituire la mia espertissima collega, che lavora da 30 anni e a quelle io devo molto per la buona tecnica infermieristica che lei ha voluto trasmettermi ed io ho potuto assimilare ed in seguito anche applicare. 72 Ogni poesia racconta, in forma di epitaffio la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un piccolo paesino della provincia americana. 83 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 - A quanti anni? Ma, ero già sù perchè avrò avuto, 15 anni, ed ero gia con la fobia. Cosa feci? Io, come adesso dici anche tu, prova con l’immaginazione. Io mi presento con il walkman, mi sdraio sul lettino, faccio finta di essere distesa su un prato, musica un po’ alta. - Quindi, tu avevi paura già prima di fare quel prelievo? Praticamente i cinque giorni prima di questo intervento io li ho vissuti da incubo. Cioè, io volevo fermare il tempo, non volevo, avevo un rigetto verso questa cosa. -Ho capito. Poi, quando sono arrivata là, ho detto con me stessa, mi metto il walkman con la musica che mi piace, faccio finta di non essere in un ospedale, faccio finta di essere in un campo. Volevo proprio cancellare, estraniarmi da tutto. - E dunque, com’è andata?! Ho fatto il prelievo ed andava bene, ma al momento quando ho aperto gli occhi, mettendo i piedi per terra vedendo veramente dove mi trovavo, ti ripeto, sudorazioni in una vampata di tre secondi, cioè tremolio da freddo, sudorazioni, fino a perdere praticamente i sensi. Poi, ho fatto pochi prelievi nella mia vita, anche… va bè, adesso guarda cosa mi è capitato, Fatti forza ragazza perché… E niente, andavo anche a Piacenza in ospedale, qui avrò avuto diciassette anni, ma anche lì lo svenimento e dovevano chiamare proprio il medico. Mi alzava le gambe, mi provava i battiti, perché era proprio un collasso, proprio una forma nervosa, che ne so io. - Cioè, ti sembrava più forte di te? Ma io non volevo assolutamente che capitasse, ma non riuscivo a fare altrimenti. Facevo forza, facevo forza, poi, alla fine, magari facevo forza e poi come mi alzavo “boom”, per terra. Niente, rimanevo lì distesa, loro lasciavano aperte tutte le finestre mentre mia madre fuori aspettava, vedeva che uscivano tutti gli altri dicendo “e mia figlia”. Dopo, i prelievi non li ho più fatti fino a quando non devo subire questo intervento alla cisti ovarica. Quindi, figurati, un intervento chirurgico, quanti prelievi mi faranno, flebo, no!! - Ma non avevi paura dell’intervento che è più grave delle incisioni con l’ago? 84 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 No, perché pensavo, sono completamente anestetizzata. Dicevo, oh, la flebo quando mi mettono l’ago fisso lì e quando mi giro lo guarderò, averlo conficcato nella vena. Perché, quello proprio che mi provoca la fobia è l’ago dentro la vena che tira fuori il mio sangue. Per dirti le punture sulla natica assolutamente io ne potrei far cento. Faccio il vaccino sulla spalla, è proprio l’ago in vena e il tirar fuori il sangue. Anche la vista del sangue. Infatti nel primo prelievo che ho fatto, questi americani, non mi avevano tolto una siringa, praticamente mi hanno messo la farfallina e hanno dovuto riempire un bel po’, una boccetta bella grossa, quindi è stata un soffocare questa emozione che tenevo dentro. Non era nemmeno tanto la quantità, ma più il tempo che ci mettevano. Più una cosa è veloce e quindi dici, ma sì, dura talmente poco che resisto, invece sapere già a priori che sarebbe durato un po’ di più, ha aumentato l’ansia ed è arrivato proprio a…E niente, poi quando sono stata ricoverata, non ti dico quanti prelievi mi avevano fatto perché con questa carenza della proteina C, mi hanno dovuto preparare all’intervento. Mi hanno iniettato la proteina C che mi manca e ogni tre secondi per fare gli esami del laboratorio per vedere se… -Che destino... E sì! Sai che, poi mi accorgo che se poi ci sono in mezzo, devo affrontarlo. Per esempio adesso sono vincolata al prelievo per il resto dei miei giorni, ho questa pastiglia, allora mi faccio forza. - Cosa prendi tu? Il Coumadin. Faccio forza e mi dico, ma sì, cosa vuoi, un prelievo e poi avendone fatti cosi tanti, mi ha un attimo aperta la mente. Però, era molto importante che venivo a farlo perché poi mi era capitato di essere ricoverata per una tromboflebite ed una ragazza nel mettermi la flebo mi aveva rotto la vena, facendomi diventare il braccio così (grande). Quindi per me è molto importante chi fa il prelievo. Devo familiarizzare molto, devo sdrammatizzare molto, quindi se mi capita già una paurosa, con la mano che le trema, che vedi che sbaglia, io degenero, vado su tutte le furie. Per me è molto importante, mi deve dare prima di tutto la fiducia, e poi se mi sdrammatizza, o appunto come hai fatto tu, con questo canto, per me è la pace più totale. 85 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 5 Conclusioni “Una sola è la forza e non una sola con la quale tutte queste cose e quelle d’altra specie vengono governate; l’una serve per la vita del tutto e di parte, l’altra che non è una sola per le sensazioni del tutto e di parte.” Ippocrate “Scritti scelti” 5.1 Conclusione della mia osservazione Durante il periodo della mia esperienza clinica focalizzata alla gestione dei disagi e delle problematiche, nella mente ferita da avvenimenti traumatizzanti, pertinenti al dolore e all’ ansia con apporto musicale, ho potuto constatare che avere il dolore è avere la “certezza” (per chi lo prova), mentre il sentire parlare del dolore è avere dei “dubbi” (per chi lo ascolta). Il dolore, essendo un fenomeno altamente soggettivo è misurabile solo da chi lo vive, deve essere sempre preso in considerazione, mai screditato. In sostanza esso resiste alle obiezioni verbali e non mi stancherò mai di ripetere che il dolore è un’intensa esperienza umana che ha l’impatto su tutte le dimensioni della qualità della vita. Il dolore è l’emozione, la musica è l’emozione e la musica e le immagini mentali girano assieme. La musica, perciò, si dimostra come un sicuro rifugio contro il dolore. L’immagine come un flash sensoriale codificando la percezione traduce le emozioni.73 E ancora facendo il giro della catena dolore-musica-immagine, è proprio la musica l’agente che può aiutare ad eliminare il dolore servendosi dell’immaginazione come un’ “asilo della psiche”. Inoltre, inducendo al rilassamento aiuta a ridurre lo stress e le tensioni, in quanto l’ansietà incrementa la tensione muscolare che è usualmente il fattore che aggrava il dolore. La musica, dunque, attiva la produzione delle endorfine e aiuta il cervello nella creazione delle immagini, permettendo la temporanea fuggita in un mondo senza dolore, 73 L. Casadio, (la dispensa in FAD musicoterapica dell’Istituto Meme), Psicologia clinica: Dalla Psicologia dell’Arte, all’Arte-Terapia. 86 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 dietro il riparo dell’immaginazione. Le immagini mentali, in questo senso, sono dovute alla sensazione estetica che l’arte produce. E la mente è pensata come contestuale, estetica, con un pensiero “poetico” che non descrive “realtà oggettive”, ma pensa “artisticamente”.74 Che il succo della musicoterapia è proprio nell'influenza psicologica della musica, dei suoi influssi sul sistema nervoso, i correlati affettivi che si mettono in atto e sul tutto quanto può essere governato da questo, sto trovando confermarsi ogni giorno nella mia pratica clinica. Per di più, ho potuto riconoscere che non tutti i partecipanti hanno la stessa reazione umorale agli stessi stimoli sonori (pezzi), ma esiste un tipo modale comune della risposta, che è predicibile in diversi tipi di musica. Si potrebbe parlare altresì di una loro risponsività innata, assimilata e formata dall’esperienza e sensibilità individuale, della quale tener conto; anche se il principio base del criterio di prima scelta nella somministrazione sonora sarebbe l’identità sonora universale della persona. Tra le teorie citate per spiegare i meccanismi dell’effetto musicale nel sollevamento del dolore sono state incluse: la distrazione e/o l’attenzione selettiva, l’alterazione della focalizzazione percettiva, la teoria del cancello, la liberazione delle endorfine, il rilassamento e l’abreazione o la catarsi.75 Oltre ciò, in nome di una visione olistica del cervello l’approccio cognitivistico prevede la non-distinzione fra l’elaborazione corticale del dolore e quella più prettamente limbica.76 In ultimo, vorrei sottolineare che trovo un dovere personale e professionale prendermi cura del paziente nella sua totalità, cercando di occuparmi dell’intero “universo” della persona, perché riconosco e cerco di valorizzare la dignità e l’integrità umana. Non solo “fare” per loro, ma pure “esserci” e questo non è affatto facile (al di là dei limiti e la non costanza nelle risorse umane personali) a causa delle condizioni 74 Ivi. 75 Da Aristotele chiamata la catarsi. In psicoterapia, la scarica emozionale attraverso la quale un soggetto si libera di un trauma antico i cui termini essenziali sono rimasti inconsci. 76 Bertirotti A., Cobianchi S., La musica nel trattamento del dolore. Società, medicina e neuroscienze (vedi biblio.). 87 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 organizzative cliniche e dei tempi, che spesso risultano sfavorevoli alla sua realizzazione. 5.2 Conclusioni generali Il dolore è una delle esperienze umane più complesse. La valutazione e il trattamento del dolore devono essere indirizzati verso gli aspetti psicologici, sensoriali, affettivi, cognitivi, comportamentali e socio culturali. Il più efficace trattamento per tutti i dolori è un approccio bilanciato e polimodale il quale combini tutte e due le strategie, farmacologica e non. Chiaramente, la gestione del dolore è da considerare come un processo interdisciplinare; tuttavia, in quanto sta a raffigurare un collegamento chiave nell’assistenza, molte organizzazioni professionali hanno riconosciuto l’infermiere nel ruolo centrale, nell’amministrazione degli interventi e nell’evoluzione dell’impatto di questi nell’individuo. La scienza infermieristica degli ultimi tempi è stata integrata con le discipline complementari non farmacologiche, compreso lo studio degli effetti potenti della musica sulla salute umana. Anche la pioniera del nursing, Florence Nightingale, in uno suo scritto riconobbe il potenziale curativo della musica nel trattamento della malattia.77 Nella modificazione e nel controllo del dolore attraverso le tecniche psicologiche come lo è la musicoterapia, appunto, per quanto richiesto dalle nuove prospettive di cura, viene presa in considerazione e valutata, non solo la salute fisica, ma anche il benessere emotivo, la funzione sociale, più la comunicazione, le capacità cognitive e le abilità dei pazienti. L’approccio olistico alla cura e alla gestione del dolore, la sua mancanza degli effetti avversi, spesso e volentieri contingenti e “compagni” della chirurgia e dei farmaci, nonché l’apertura della possibilità, finalmente, di personalizzazione del trattamento sono le ragioni primarie perché la musica in e come terapia cominci ad attrarre e, a mio parere, possa e debba essere valorizzata sempre di più. 77 Snyder M., Chlan L., (1999), Music therapy. Annu Rev Nurs Res. 1999;17:3-25. 88 ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES ANA SPASIĆ – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07 6 Bibliografia - BELLUCI G. , TIENGO M. (1996), La storia del dolore; Stampa Momento Medico (Edizione fuori commercio), Salerno. - BENENZON R, HEMSY DE GAINZA e WAGNER G. (1997), La nuova musicoterapia, Phoenix, Roma. - BERTIROTTI A., COBIANCHI S., La musica nel trattamento del dolore. Società, medicina e neuroscienze, Laboratori di antropologia, Firenze University Press (Università degli studi di Firenze). - BRUSCIA KENNETH E. (1993), Definire la musicoterapia – Percorso epistemologico di una disciplina e di una professione. Gli archetti, Ismez, Roma. - COLOMBERO G. (1996), Cammino di guarigione interiore, Edizioni San Paolo, Torino. - DE BENEDITTIS G. 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