AGGIORNAMENTI ALLA CRONOLOGIA DELLA VICENDA DEL CASTELLO DI VERDELLO - Aprile 2003 In data 18 Aprile, fu presentata un’Interpellanza da parte dei consiglieri della Lega Nord – Lega Lombarda e rivolta al sindaco di Verdello. Nel documento, i consiglieri comunicano che, in occasione del Consiglio Comunale tenutosi il 25-07-2002, nel quale si discusse del Piano di Recupero di Via Castello, si astennero dal voto «in quanto non esisteva una relazione di un esperto che verificasse l’importanza storica della zona». Il documento prosegue ricordando che, in occasione del Consiglio Comunale tenutosi il 7-10-2002, nel quale fu approvato definitivamente il Piano sopra citato, il loro gruppo consiliare, «non essendo ancora disponibile la sopra citata relazione di un esperto che verificasse l’importanza storica della zona in oggetto di intervento, non partecipò ai lavori del Consiglio stesso». In seguito, il testo afferma che, il 10-02-2003, «lo studio legale Pagano Ronzoni Pedone di Bergamo, delegato dal Sindaco di Verdello, depositava una memoria difensiva al TAR di Brescia inerente il procedimento n. 150/03 promosso da ITALIA NOSTRA contro il Comune di Verdello per l’annullamento delle due delibere di Consiglio Comunale» inerenti. In tale ricorso, si trova allegata «una “copia perizia redatta in data 03.09.2002 dell’arch. Paolo Corti” che, al contrario degli altri allegati, non risulta avere un numero e una data di protocollo». I firmatari, chiedono, a questo punto, per quale motivo la copia di tale perizia «non sia stata fatta pervenire al Consiglio Comunale almeno per la seduta di approvazione definitiva» ed inoltre, «se, e in caso affermativo per quali motivi, la copia della “perizia redatta in data 03.09.2002 dell’arch. Paolo Corti” non sia stata approvata e protocollata». Il documento, finisce richiedendo anche «con quale “determina” – numero e data – si sia provveduto a incaricare l’arch. Paolo Corti della perizia in narrativa». - Maggio 2003 Con data 20 Maggio, verso la fine dello stesso mese, il sindaco ricevette una lettera dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici, mentre una copia della stessa fu inviata per conoscenza anche ai responsabili dello Studio Gruppo 5, Autori del progetto per il “Piano di Recupero” del Castello. Nella lettera, l’Ufficio comunica che «a seguito di segnalazione da parte di privati è venuto a conoscenza che l’immobile in oggetto è stato demolito verso la fine del mese di Aprile, nonostante gli accordi intercorsi nel sopralluogo del 06-03-2003 di poter preliminarmente visionare il Piano di Recupero, accordi ribaditi nella ns. del 12-03-2003». La lettera prosegue più avanti affermando che «considerato che a brevissima distanza dell’area in oggetto sorge la storica Chiesa Parrocchiale si chiede a codesto Comune di trasmettere con immediata sollecitudine il progetto relativo al P.R. in questione corredato di tutta la documentazione di rito, per le verifiche di competenza. Si segnala l’urgenza che riveste la presente». Nel Consiglio Comunale del 26 Maggio, tra le altre cose, fu discussa l’Interpellanza presentata dai consiglieri comunali della Lega Nord. - Giugno 2003 Il 6 Giugno, dopo essere stato distribuito presso la Popolazione di Verdello, le Forze Politiche e gli Amministratori della zona, gli Organismi Culturali e le Biblioteche della Provincia, i Tecnici e gli Studiosi del settore, gli Uffici competenti e i Giornali della Provincia, l’opuscolo “IN MEMORIA DELL’ANTICO CASTELLO DI VERDELLO” fu consegnato ufficialmente al sindaco, ai consiglieri, ai tecnici e al personale impiegato presso gli uffici comunali di Verdello, per permettere a tutti di prendere atto di questa vicenda ed, eventualmente, esprimere un’opinione in merito, nella speranza che in futuro non si ripetano avvenimenti così brutali ed irrispettosi nei confronti della Storia e delle Vestigia locali. Il 7 Giugno, su L’Eco di Bergamo, fu pubblicato un articolo che fa riferimento al Consiglio Comunale del 26 Maggio, nel quale, tra le altre cose, si comunica notizia del «duro scontro verbale» avutosi «tra il sindaco Angelo Brolis e il consigliere del gruppo di opposizione della Lega Nord, il deputato Giacomo Stucchi». Il cronista informa che «la discussione è nata sull’Interpellanza presentata il 18 Aprile dal gruppo leghista e firmata, oltre che da Stucchi, dai consiglieri Alessandro Sessantini e Claudio Angiolini» a proposito del piano di recupero del Castello. Nel Consiglio Comunale, il sindaco spiegò che in occasione della seduta del 7 Ottobre aveva «informato l’assemblea che agli atti c’era la perizia dell’architetto Paolo Corti, dove si afferma che il muro in sassi in contestazione poteva risalire al massimo al 1800, confermando che l’incendio del Castello avvenne nel 1300 e nulla più era rimasto». Nel suo intervento, Stucchi affermò che avrebbe dimostrato con i fatti che il sindaco non stava dicendo la verità, poiché, documenti alla mano, la perizia non era agli atti nella seduta del 7 Ottobre, nella quale si sarebbe dovuto discutere l’approvazione del piano di recupero e, quindi, quanto aveva affermato il sindaco era «tutto falso». Il sindaco, replicò che era facile per Stucchi «lanciare accuse gratuite dall’alto della sua posizione di parlamentare», poiché sapeva bene che non lo poteva denunciare. Stucchi, allora, affermò che non era soddisfatto della risposta data alla loro Interpellanza e, alla sua domanda: «Perché non è stata protocollata la perizia?», il Sindaco replicò: «Ci siamo dimenticati, può succedere». Venerdì 13 Giugno mi fu comunicato che, in prossimità dell’area demolita, era comparso un cartello recante una scritta ironica in rima, riferita alla demolizione dei resti del Castello. Da una verifica sul posto, potei costatare che sulla recinzione dell’area era stato collocato il cartello con la scritta, ma nella stessa mattinata fu rimosso. Lo stesso giorno mi avvisarono che c’erano altri due cartelli esposti, uno sul vecchio edificio denominato “Pisa”, e l’altro sulla rete di recinzione del campo sportivo, nella zona adibita a mercato comunale. Il testo, firmato “Pasquino 2003”, si rifà all’antica consuetudine romana, ripresa nel Rinascimento e protrattasi fino ai tempi moderni, di affiggere sulla statua omonima collocata in Roma, dei versi poetici d’attualità. Nei secoli più recenti, poi, i componimenti assunsero carattere di satira politica acuta e pungente, anche in forma popolaresca. La “pasquinata” verdellese, manifestazione spontanea dell’opinione di una parte della Popolazione, evidentemente dovuta all’acquisizione di notizie sulla Vicenda tramite la lettura dell’opuscolo “IN MEMORIA DELL’ANTICO CASTELLO DI VERDELLO”, recita: « AVANZO C’ERA D’UN CASTELLO ORA PRO EO OR! UN DUCE DI VERDELLO ORA PEL REO NEO NERON, LO MISE IN FOSSA ORA PRO NOBIS SPERIAM CHE ALMEN NE TROVIN L’OSSA ORA PRO ...... PASQUINO 2003 » I due rimanenti cartelli, rimasero esposti solo pochi giorni poiché, a metà della settimana seguente, potei costatare che entrambi erano stati rimossi. Qualche giorno dopo, forse in sostituzione dei cartelli ritirati, in diversi luoghi del paese di Verdello e a varie riprese, furono trovati alcuni volantini di carta intitolati “PASQUINATA VERDELESCA”, riproducenti il testo citato, e firmati da Pasquino. Verso la fine del mese, sul terreno interessato dall’intervento ed occupato dalle macerie, cominciarono i sondaggi con l’ausilio di una “carotatrice”, strumento che, penetrando in profondità, permette di asportare dei campioni di terra cilindrici. L’operazione, fu fatta in giorni diversi ed in differenti punti “campione” dell’area, con l’intento d'analizzare il materiale estratto e stabilire la presenza di stratificazioni, o materiali, che avrebbero dato indicazioni più precise sul contenuto del sottosuolo. - Luglio 2003 I primi giorni di Luglio, la dottoressa Mariella Fortunati, della Soprintendenza per i Beni Archeologici, durante alcuni sopralluoghi, eseguì personalmente dei sondaggi sull’area del demolito Castello. Il 31 di Luglio, sulle pagine del quindicinale bergamasco di Cultura, Arte, Folclore e Tradizioni il Giopì, organo del Ducato di Piazza Pontida, fu pubblicata una recensione intitolata “Il Castello di Verdello. Una pubblicazione appassionata”. L’autore, non tralasciando di ricordare il detto «ambasciator non porta pena», nell’articolo presenta la vicenda in modo sintetico e chiaro, definendo lo scritto «un’orazione funebre per qualcosa che non c’è più, conseguenza di una “barbarie” come dice la lettera che accompagna l’opuscolo». - Settembre 2003 Il 15 Settembre iniziarono gli scavi per la realizzazione dei posti macchina sotterranei e, con l’ausilio di una ruspa, il giorno seguente si liberò l’area sottostante la metà dell’edificio demolito, situata a Sud e corrispondente alla zona dov’è previsto l’accesso al sotterraneo. Il manovratore della ruspa, evidentemente su indicazione dei responsabili del cantiere, durante le fasi di scavo prestò una certa attenzione, ed accantonò alcune pietre, mattoni e mattonelle venute alla luce. L’operazione d’accantonamento delle parti d’eventuale interesse archeologico, per quanto reso possibile dall’utilizzo della grossa macchina, più adatta a scavi consistenti e veloci che a ricerche attente e delicate, permise d'ammucchiare una discreta quantità di materiale, il quale, a mio parere, dovrebbe essere controllato da persone competenti. L’impossibilità di controllare personalmente da vicino questi reperti, di fatto, non mi permise di valutare se gli elementi ritrovati erano provenienti dal rimescolamento delle macerie di superficie con la terra derivata dallo scavo vero e proprio, oppure risalivano alle stratificazioni e sovrapposizioni delle costruzioni, avvenute durante i secoli. La sezione del terreno scavato in quella zona, sotto il lato Est dell’edificio e confinante con l’area che probabilmente fu occupata dagli spalti terrosi limitrofi al fossato del Castello, rese evidente la sua consistenza prevalentemente argillosa, la quale, però, conteneva alcuni ciottoli di fiume, qualche mattone e mattonella di terracotta e poche pietre squadrate. Il lato Ovest dello scavo, confinante con l’interno del cortile, invece presentava una conformazione più marcatamente composita e molto meno argillosa, evidentemente prodotta dai numerosi rimaneggiamenti che gli edifici preesistenti subirono nel tempo Il giorno seguente, mi comunicai telefonicamente con la Soprintendenza per i Beni Archeologici, ed informai la dottoressa Fortunati dell’inizio degli scavi, chiedendole notizie sui sondaggi effettuati. L’incaricata della Soprintendenza, gentilmente mi comunicò che, vista la delicatezza della situazione, aveva preferito fare lei personalmente i sondaggi, realizzando anche delle trincee in vari punti dell’area interessata dallo scavo. Dalla sua verifica però, sebbene s’aspettasse di trovare qualche reperto o tracce di murature, non risultò nulla di rilevante, comunicando ai proprietari l’autorizzazione a procedere. La dottoressa Fortunati, poi, espresse la sua sorpresa per non aver trovato nulla di rilevante, assicurando che erano stati fatti tutti i controlli ritenuti necessari, e quindi mi chiese d’informarla, nel caso si mettesse in luce qualche reperto di un certo interesse, dicendosi disponibile a venire personalmente in Verdello, quanto prima, se fosse stato necessario. - Ottobre 2003 Il 4 Ottobre, i consiglieri comunali Rovaris Luigi e Laura Crawford presentarono un’Interpellanza a risposta orale in Consiglio Comunale, rivolta al sindaco, nella quale «chiedono di sapere - in relazione al fatto che sono iniziati i lavori (nell’immobile in Via Castello); viste le polemiche che si sono create in seguito alla decisione di recuperare l’immobile in oggetto con un piano di recupero; essendo a conoscenza di ricorsi al TAR, di una corrispondenza con la Soprintendenza e di possibili sopralluoghi; - gli ulteriori sviluppi della questione, in relazione all’esistenza di tracce storiche nel suddetto immobile. » Il 15 Ottobre, sul n° 17 del Giopì, fu pubblicato un articolo intitolato “A Verdello Pasquino colpisce ancora (a proposito del Castello ormai abbattuto)”. L’autore, nel breve spazio dell’articolo, fece un succinto riassunto della leggenda riguardante “Il rogo della torre nel Castello di Verdello”, e concluse lo scritto dando notizia della “Pasquinata Verdellese”. Lo scrivente, poi, terminò con l’affermazione «Speriamo sia davvero ritornata (e mai come in questo periodo la cronaca offre tanti spunti per diffonderla) la consuetudine di componimenti “per denunciare pubblicamente ed ironicamente le malefatte dei potenti”». Lunedì 20 Ottobre si riunì il Consiglio Comunale, con l’ordine del giorno comprendente, tra l’altro, l’assai discutibile “Piano di Recupero” delle Cascine di Verdello. Essendo presenti solo 7 consiglieri della Maggioranza ed allontanatisi i 5 della Minoranza, però, il numero legale non fu raggiunto e la riunione fu spostata al giovedì seguente. Il 23 Ottobre, nella seconda riunione consigliare, fu ripresa la discussione, ma nel momento in cui l’ordine del giorno prevedeva la risposta del sindaco, il consigliere Rovaris chiese la parola, affermando che aveva già ottenuto le informazioni richieste, quindi si riteneva soddisfatto dalle stesse e ritirava l’Interpellanza, dichiarando inutile affrontare l’argomento. Alla fine del mese di Ottobre, presso la popolazione, fu distribuito il n° 8 di Verdello Informa, sul quale si pubblicò un articolo intitolato “Il cortile CASTELLO per la sovrintendenza non ha valore STORICO”, senza firma alcuna. Dopo il tipico errore di distrazione presente nel titolo (sovrintendenza per Soprintendenza), l’Autore esordisce affermando che, in merito alla demolizione e ricostruzione dell’edificio in Via Castello, «è giusto che i cittadini siano informati di prima mano dal Comune circa la vicenda». Nel testo si specifica che per la tutela dell’edificio non vi era nessun vincolo e che, per esso, «la normativa urbanistica comunale per il Centro Storico non individuava alcun pregio particolare». Secondo quanto scritto, i proprietari avrebbero «potuto operare a mezzo di semplice Concessione edilizia», ma l’Amministrazione Comunale chiese la redazione preliminare di un Piano di Recupero, «per una migliore progettazione complessiva e per garantire la dotazione di autorimesse interrate a servizio degli alloggi da realizzare». Queste prime informazioni, però, sono incomplete e inesatte, poiché l’anonimo scrivente si è scordato di segnalare che, come già è stato comunicato attraverso l’opuscolo “IN MEMORIA DELL’ANTICO CASTELLO DI VERDELLO”, secondo la Variante Integrativa Centro Storico del Piano Regolatore Generale di Verdello, l’isolato del Castello rientra nella zona “A” e gli edifici in questione erano sottoposti ad un vincolo di “Classe 3”, “Grado 4”. Le Norme Tecniche di Attuazione della V.I.C.S., per quanto riguarda quella zona, prevedono che ci si attenga a dei criteri fondamentali, come quello del recupero diretto a «conservare, ritrovare e valorizzare (…) tutte le testimonianze e i valori storici documentari (…) », e che l’intervento su ogni edificio antico si deve uniformare al «massimo rispetto degli elementi strutturali e decorativi, caratterizzanti dal punto di vista storicoarchitettonico, esistenti o rintracciabili in sede attuativa (…) », garantendone la salvaguardia e la conservazione. La “Classe 3”, o “Vincolo Parziale Architettonico”, «comprende edifici e/o parte di edificio soggetti a vincolo conservativo limitatamente all’involucro esterno ed alle fronti esterne» e prevede «la ristrutturazione edilizia interna fatta salva la salvaguardia delle facciate», oltre al «risanamento igienicoconservativo», alla «manutenzione straordinaria interna» e alla «manutenzione ordinaria». Il “Grado 4”, o “Risanamento Igienico-Conservativo”, consiste nel «recupero e conservazione degli elementi sia esterni che interni caratterizzanti, sotto il profilo urbanistico, architettonico, ambientale, strutturale, artistico, culturale, con valorizzazione dell’involucro nelle sue principali caratteristiche architettoniche di insieme». Le Norme, inoltre, consentono la «eliminazione dei volumi impropriamente aggiunti nel tempo, (…) che risultino in contrasto con l’ambiente», e specificano che «ove il degrado del manufatto sia tale da non consentire condizioni di sicurezza dell’intervento, e non si compromettano le prescrizioni del Piano, potrà essere consentito l’intervento anche attraverso la demolizione e la ricostruzione». Da tutto ciò si deduce che, nel caso specifico, non si poteva concedere il permesso per la demolizione totale degli edifici situati nel Nucleo antico, se non si comprovava il loro stato di decadimento e pericolosità attraverso una Perizia appropriata ed ufficiale, fatto di cui, evidentemente non si è tenuto conto nel Piano di Recupero presentato dai proprietari, poiché questa documentazione non fu mai esibita. Ciò nonostante, quel Piano di Recupero fu «regolarmente adottato dal Consiglio Comunale il 25 luglio 2002, pubblicato per le osservazioni, quindi approvato definitivamente dal Consiglio il 7 ottobre 2002». Il testo prosegue facendo una confusa cronistoria degli avvenimenti, citando la pubblicazione sul Bollettino Regionale, quindi il rilascio della Concessione Edilizia il 26 Marzo 2003, l’invio alla “Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio”, da parte di «alcuni cittadini» (non chiarendo che la maggior parte di questi erano tecnici del settore operanti sul Territorio), nel Settembre 2002, di due identiche «osservazioni», con le quali si chiedeva «una tutela dell’edificio contro la progettata demolizione». Scordandosi d’informare che, in conseguenza a questa segnalazione, la Soprintendenza richiese al Comune di Verdello una copia del Piano di Recupero, il testo si limita a segnalare, poi, che in data 11 Novembre la documentazione fu consegnata a quell’Ufficio. In seguito, alla fine di Novembre, ci fu una seconda spedizione con una “integrazione della prima osservazione”, e quindi l’invio al Comune, alla Parrocchia e alla Curia, da parte della stessa Soprintendenza, di una lettera dov’era manifestata la perplessità per la prefigurata demolizione, citando la motivazione relazionata alla negativa alterazione delle “condizioni di ambiente, luce e prospettiva della limitrofa Chiesa Parrocchiale”. Il distratto Autore dell’articolo, però, si scorda di far sapere che la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio, con la stessa lettera, a proposito del Piano di Recupero, dichiara che «non può che esprimere forti perplessità in quanto (…) verrebbe demolito un antico e pregevole edificio del centro storico, (…) », e continua, poi, affermando che «l’edificio in esame, caratterizzato dal severo prospetto in ciottoli, potrebbe essere recuperato procedendo con la rimozione delle superfetazioni novecentesche ed il successivo recupero della volumetria di quest’ultime, secondo il metodo già adottato nell’intervento sugli Stalli Tenasie e Capolli.» Nella lettera, infine, il funzionario termina affermando che «alla luce di quanto sopra esposto, allo scopo di tutelare il centro storico di Verdello si invita codesto Comune a riconsiderare il proprio punto di vista ed a segnalare con immediata sollecitudine la data in cui si intenderebbe avviare i lavori di demolizione». Il 6 Marzo 2003, alla presenza dei rappresentanti della proprietà e del Comune, vi fu un sopralluogo di due funzionari della medesima Soprintendenza che, il 24 Giugno, comunicò al sindaco e per conoscenza alla Soprintendenza per i Beni Archeologici ed al proprietario, che «“preso atto che i volumi da realizzare a seguito della demolizione dell’immobile denominato il Castello non ledono la luce e la prospettiva della vicina Chiesa Parrocchiale, per garantire la tutela di quest’ultima” pone due prescrizioni, sul tipo e sul colore degli intonaci esterni e sulle precauzioni da utilizzare nelle opere interrate». L’Autore dell’articolo, però, omette di segnalare che il 14 Aprile l’edificio fu demolito e che la Soprintendenza, il 20 Maggio, inviò una lettera al Comune, nella quale si comunica che «a seguito di segnalazione da parte di privati è venuto a conoscenza che l’immobile in oggetto è stato demolito verso la fine del mese di Aprile, nonostante gli accordi intercorsi nel sopralluogo del 06-03-2003 di poter preliminarmente visionare il Piano di Recupero, accordi ribaditi nella ns. del 12-03-2003». La lettera prosegue più avanti affermando che «considerato che a brevissima distanza dell’area in oggetto sorge la storica Chiesa Parrocchiale si chiede a codesto Comune di trasmettere con immediata sollecitudine il progetto relativo al P.R. in questione corredato di tutta la documentazione di rito, per le verifiche di competenza. Si segnala l’urgenza che riveste la presente». Da parte sua, la Soprintendenza per i Beni Archeologici, invece, prosegue l’articolo, dopo aver richiesto ed ottenuto, dal Comune, copia del progetto del Piano di Recupero, ed effettuato un sopralluogo sul posto, chiese alla proprietà di «eseguire indagini archeologiche preliminari». Questi sondaggi furono fatti sotto la sorveglianza degli incaricati dell’Ufficio stesso che quindi, in data 7 Luglio 2003, avvertì la proprietà ed il Comune che «il sito non risulta interessato da alcuna presenza di interesse storico-ambientale. Per quanto di competenza, nullaosta alla realizzazione delle opere progettate». L’anonimo scrittore, a questo punto, ricorda che «l’Associazione Italia Nostra il 10 gennaio 2003 ricorre al T.A.R. per l’annullamento prima del Piano di Recupero, quindi della Concessione edilizia, chiedendo la sospensione dei provvedimenti impugnati. In data 23 maggio 2003 il T.A.R. respinge la domanda di sospensione». A questo proposito, l’informatore incaricato dal Comune supera sé stesso, mostrando tutta la propria mancanza d’informazione, poiché ciò che afferma contrasta palesemente con quanto accaduto nella realtà. Il 23 Maggio, infatti, presso il T.A.R. di Brescia, ci fu l’udienza, dopo la quale fu emessa l’Ordinanza che respinse la sola richiesta di sospensione della Licenza Edilizia, riportando la seguente motivazione: «Considerato che il muro in oggetto è già stato demolito, sicché, essendosi consumato il dedotto danno, non sussiste periculum mora». Vale a dire che non esistendo più il muro da tutelare, era superflua l’emissione della misura cautelare, ma ciò non significa che il Ricorso nel merito era infondato e ancor meno significa che il primo Ricorso, quello per l’annullamento del procedimento che ha portato all’approvazione del Piano di Recupero in Via Castello, sia stato respinto in quell’occasione. Di fatto, l’urgenza dell’udienza su questo Ricorso è venuta meno, poiché l’edificio è stato abbattuto prima che si fosse stabilita la legittimità di quest’operazione, ed in ogni caso il Castello non potrà più essere recuperato. I proprietari, perciò, ordinando l'abbattimento totale dell’edificio, piuttosto che attendere una Sospensiva che proibisse loro la demolizione stessa, preferirono l’eventualità di una futura condanna al risarcimento del danno per demolizione a rischio d’illegittimità. L’Autore dell’articolo, dando prova di “preveggenza” e di un poco di “malafede”, conclude lo scritto affermando che «la legittimità dell’opera, per oltre sette mesi al vaglio delle due Soprintendenze oltre che del T.A.R., non è contestabile», ricordando che «le limitazioni al godimento della proprietà privata possono venire solo da prescrizioni urbanistiche o vincoli di tutela (…) regolarmente istituiti: in questo caso inesistenti in origine, e non mai imposti dagli enti competenti nel corso della lunga vicenda». Di fatto, però, secondo le sopra citate prescrizioni urbanistiche della Variante Integrativa Centro Storico del Piano Regolatore Generale di Verdello (peraltro approvate dall’attuale Amministrazione), vi erano delle limitazioni che non furono rispettate, mentre, la rapida e prematura demolizione dell’edificio in questione, non diede il tempo agli Enti competenti di imporre eventuali vincoli di tutela. Viste le numerose e ben calcolate omissioni, non pare proprio che il comunicato del Comune possa dirsi esaustivo, ma piuttosto sembra essere un tentativo mal riuscito di giustificare l’operato dei responsabili, oltre che una “mezza verità”, per nulla convincente e ancora da corroborare, comunicata per “soddisfare” la legittima curiosità della Popolazione.