Anno VI ISSN 1970-741X Fattori di Crescita Ricerca sui Biomateriali EDITORIALE Numero 3/2011 ORTHOviews la Ricerca nel Mondo Banche dei Tessuti L ’ i n t Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue e r v i s t Corsi e Congressi Il Quesito Diagnostico a Italiche strategie di lungo termine Massimo Berruto Molti si sono stracciati le vesti sulla riforma GelminiTremonti, che affosserebbe la scuola pubblica a favore di quella privata. E di fatto è così. La tendenza, se può consolare, è la medesima in molti Paesi d’Europa: si contengono i costi dell’istruzione pagata dal contribuente, incentivando le restanti scuole. A ben guardare, però, in Italia potrebbe trattarsi di un’avveduta strategia interministeriale - all’incrocio del Ministero dell’Economia con quelli dell’Istruzione e dell’Industria - e vi spiego perché. Da almeno un decennio in Italia è in atto un significativo processo di accentuazione dell’overeducation, ovvero di “eccesso di istruzione” rispetto alla domanda di lavoro qualificato espressa dalle imprese. Acquisita la laurea, si svolgono attività non adeguate alle competenze acquisite o, soprattutto nel caso del Mezzogiorno, si emigra. L’eccesso di offerta di lavoro qualificato dipende essenzialmente dalla bassa crescita e duttilità delle imprese italiane. È chiaro che in un Paese nel quale non si produce innovazione - se non per rare eccezioni - il finanziamento della ricerca scientifica è solo un costo, al quale le nostre imprese neppure riescono a far fronte reclutando dall’estero manodopera qualificata. Per conseguenza, negli ultimi anni schiere di giovani ricercatori, non trovando nulla da fare, sono stati costretti a emigrare in altri Paesi: per esempio negli Stati Uniti, dove i nostri ragazzi guadagnano bene mettendo a frutto le loro competenze e creando progetti su cui l’industria è pronta a investire. In altri termini, gli americani non spendono nulla per la scuola pubbliContinua a pag. 2 Lesioni osteocondrali: terapie al vaglio della pratica clinica 5-7 maggio XXXIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (GIS) Vicenza Presidente del congresso: Massimo Balsano Segreteria Organizzativa: CSR Congressi srl Tel. 051.765357 - Fax 051.765195 [email protected] - www.csrcongressi.com GRIFFIN EDITORE www.griffineditore.it - [email protected] 2 FACTS&NEWS L ’ i n t e r v i s t a Difetti osteocondrali del ginocchio: molte terapie allo studio, da verificare la loro applicabilità clinica in sala operatoria Dottor Berruto, ci fa una breve panoramica dei difetti osteocondrali del ginocchio e delle loro conseguenze? un’unica evoluzione: l’artrosi progressiva a carico del distretto o dei distretti in cui sono localizzate. Anzitutto differenzierei le lesioni che coinvolgono la cartilagine del ginocchio in due grandi categorie: le lesioni condrali pure - quelle cioè che coinvolgono il solo piano cartilagineo - e le lesioni osteocondrali, nelle quali è coinvolto il sistema osso-cartilagine. Le prime sono classificabili in gradi che vanno dal primo al quarto a seconda della profondità e dell’estensione. Nell’ambito delle lesioni osteocondrali differenziamo invece: le osteocondriti dissecanti, patologia che interessa soprattutto adolescenti e giovani, differenziabile in quattro gradi a seconda che la pastiglia sia ancora adesa oppure totalmente distaccata; le lesioni osteocondrali acute e infine le osteonescrosi. Queste ultime sono una patologia a parte che interessa soprattutto pazienti di età superiore ai 50 anni. Tutte queste lesioni hanno Quali risultati ci permettono di ottenere i trattamenti biofisici? A oggi non c’è nulla di scientificamente dimostrato circa l’efficacia di questi trattamenti. Certamente non "guariscono" né riparano la lesione e non prevengono neppure l’evoluzione artrosica. Ma certamente hanno un’azione sul dolore e quindi sono indicati in quei pazienti di confine, in cui la chirurgia non è in grado di dare delle risposte efficaci e in cui però le esigenze funzionali sono ancora elevate. Si tratta di quella fascia di 4560enni, ancora attivi, con una cartilagine articolare usurata ma non tanto da dover essere sottoposti a interventi di sostituzione protesica. Pazienti che richiedono al proprio ginocchio certe prestazioni e che non sono disposti ad avere un livello di vita diminuito dal dolore. FACTS&NEWS In copertina Terapie e tecniche per le lesioni del ginocchio In un’articolazione complessa come quella del ginocchio, la cartilagine svolge la funzione essenziale di fornire una struttura adatta ad assorbire le sollecitazioni più varie: compressioni, torsioni, attrito e forze dissipative. Si tratta di forze ripetute che possono talvolta raggiungere l’equivalente di decine di volte la forza-peso del corpo umano. Non c’è da stupirsi se lesioni traumatiche e degenerative si presentano come problema frequente e di difficile soluzione, tenendo conto anche della particolare fisiologia della cartilagine, a cui manca l’apporto nutritivo del flusso sanguigno e che deriva il suo nutrimento principalmente dal fluido sinoviale. Ricercatori e clinici di tutto il mondo sono oggi molto attivi nell’elaborare nuove metodiche di intervento, ma è proprio questo fermento a rendere difficile l’affermazione di soluzioni condivise. Lo stato dell’arte in merito alle tecniche riparative delle lesioni osteocondrali del ginocchio costituisce uno scenario in movimento: è difficile da fotografare ma proviamo a coglierne le linee evolutive con un esperto, Massimo Berruto. Responsabile della Struttura semplice dipartimentale di chirurgia articolare del ginocchio presso l'Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano, il dottor Berruto è membro della Commissione biotecnologie della Società italiana ginocchio, artroscopia, sport, cartilagine e tecnologie ortopediche (Sigascot), membro delle più importanti società internazionali di chirurgia artroscopica e del ginocchio e ha al suo attivo più di 100 relazioni a congressi nazionali e internazionali e più di 90 pubblicazioni su riviste scientifiche riguardanti l'artroscopia e la chirurgia del ginocchio. 3 Massimo Berruto è nato a Torino e si è laureato e specializzato all’Università degli Studi di Milano. Dal 1987 opera presso l'Istituto Ortopedico Gaetano Pini di Milano. Aiuto primario per 10 anni del professor Mario Bianchi, uno dei padri della moderna chirurgia del ginocchio, Berruto ha completato la propria formazione presso il Dipartimento di chirurgia e artroscopia del ginocchio dell'Università del Vermont (Usa), dove ha condotto importanti ricerche sul legamento crociato anteriore, e presso l'Alabama Sports Medicine Institute di Birmingham (Usa). Massimo Berruto esegue annualmente più di 300 interventi artroscopici sul ginocchio e più di 50 interventi di artroprotesi di ginocchio. Attualmente ha esteso il suo campo di interesse alla chirurgia ricostruttiva della cartilagine, di cui è stato uno dei primi impiantatori in Italia. Segue da pag. 1 Trapianto autologo di condrociti su scaffold in acido ialuronico (Hyalograft C) su grave lesione condrale di rotula Impianto per via artroscopica di trapianto autologo di condrociti su scaffold di acido ialuronico in lesione condrale del condilo femorale mediale Quali sono le indicazioni e l’efficacia del trapianto autologo di condrociti? A più di 15 anni dal primo impianto e con follow-up che ormai superano in molti casi i 10 anni, possiamo dire che certamente i trapianti di condrociti forniscono risultati soggettivamente e funzionalmente buoni in circa l’80% dei pazienti operati. Si tratta inoltre di risultati che, su lesioni ampie, sembrano più duraturi di altre metodiche - come ad esempio la tecnica delle microfratture di Steadman, in cui vengono praticate dei minuscoli fori nell’osso sottostante. La medicina basata sull’evidenza non dimostra chiaramente una superiorità di questa tecnica rispetto ad altre utilizzate nel trattamento delle lesioni condrali. Tuttavia su lesioni condrali ampie, soprattutto a carico dei condili femorali, in pazienti a più elevate esigenze funzionali, possiamo considerare soddisfacenti i risultati dei trapianti di condrociti, in particolare quelli di seconda generazione, in cui vengono utilizzati scaffold di acido ialuronico o di collagene. A oggi tuttavia non sappiamo ancora se con tale tecnica si ca, però pagano bene chi fa ricerca in modo egregio (giovani italiani ma anche francesi, russi, cinesi). In questo modo potenziano il proprio settore industriale, foraggiandolo con progetti freschi e innovativi. Progetti partoriti da cervelli in fuga, che dopo essere stati “allevati” per anni da Paesi che hanno investito su di loro e sulla loro preparazione centinaia di milioni di euro, non hanno ritenuto che fosse coerente e opportuna la creazione di strutture produttive in grado di mettere a buon frutto tanti e tali sforzi economici e didattici. Non male la strategia Usa: si sa che gli americani che se lo possono permettere vanno a trascorrere i loro ultimi splendidi inverni dalle parti di Miami, confortati dalle cure d’eccellenza dei medici cubani che il regime castrista ha provveduto di un’ottima istruzione ma ai quali, ahimé, non ha dato grandi speranze di carriera professionale adeguata. Da noi, la nostra Sicilia avrebbe potuto diventare la Florida d’Europa se avessimo provveduto l’isola di un apparato sanitario adeguato, anche non necessariamente pubblico (si sono invece creati un bel po’ di posti di lavoro per infermieri sottoccupati e un certo numero di primariati e cattedre in eccesso, ma questo è un altro discorso). Ingegneri italiani che qui a stento insegnerebbero materie tecniche alle medie inferiori progettano le strategie produttive di linee industriali nordamericane, così come giovani genetisti spagnoli trovano impiego nelle new.co. biotech di Silicon Valley e dintorni. A questo punto il nostro Ministro dell’Economia avrà ben comunicato a quello dell’Istruzione che, non prevedendosi a medio termine particolari sviluppi industriali nel nostro Paese (si prevede anzi che pure l’industria tenda ad emigrare), tanto vale non far regali ad altri e non dissipare soldi ed energie nel coltivare giovani talenti, destinati a spendersi altrove. Del tutto inutile ancorché dannoso dare vantaggi competitivi alla produzione straniera: perché lasciare che Big Pharma colonizzi l’Italia di siti produttivi grazie ai brevetti ottenuti con il lavoro dei ricercatori che abbiamo mantenuto agli studi grazie alle nostre tasse? Ma lasciamo che ognuno faccia delle proprie nuove generazioni ciò che vuole. Noi, che abbiamo esportato nel passato minatori e manovali, più di recente ottimi cervelli e molti dirigenti d’alto rango, oggi abbiamo forse in animo di ritornare all’Italietta agreste delle canzoni dei nostri nonni, ai greggi e ai pescherecci: pizza e mandolino anziché biotecnologie, insomma. Ma, perlomeno, risparmiando soldi. E i fortunati che faranno studi d’eccellenza negli atenei privati? Se ne andranno comunque all’estero, come del resto è inevitabile. Ma viviamo nell’epoca della globalizzazione, e un appartamento nell’Upper West Side, in fondo, vale molto di più di tanti nostri bei paesaggi. (Paolo Pegoraro) Preparazione di fattori di crescita (Prp) da infiltrazione intraarticolare riesce a prevenire l’evoluzione artrosica a distanza delle lesioni condrali, ma abbiamo una certezza: anche se non siamo ancora in grado di ricreare appieno una cartilagine nativa, con il trapianto autologo di condrociti riusciamo ad avvicinarci a questo obiettivo, ricostruendo una cartilagine simil-ialina. Come mai questa tecnica, innovativa solo fino a poco tempo fa, è ora considerata quasi obsoleta? Le ragioni sono molte: in primo luogo di tipo economico, poiché il trapianto autologo di condrociti è considerato una tecnica cara, ma anche perché, per qualche anno, in Italia non è stato possibile ricorrere a questa tecnica per restrizioni legislative, che oggi sono state superate. Si tratta inoltre di una tecnica two-step, che richiede quindi un doppio intervento. C’è poi un’ultima ragione essenziale: in questi ultimi anni la ricerca si è indirizzata verso la creazione di biomateriali o verso il trattamento con cellule. Queste tecniche rappresentano l'evoluzione del trattamento con condrociti autologhi. Quali sono le nuove prospettive in merito ai biomateriali? Sono senza dubbio prospettive interessanti, ma ancora in progress. Oggi la filosofia è quella di guardare alle lesioni cartilaginee come ad un problema non della sola cartilagine ma del complesso osso-cartilagine. Si è cercato quindi di costruire in laboratorio scaffold biomimetici, in grado cioè di riprodurre la struttura biologica dei diversi strati del complesso osso-cartilagine, in modo da indirizzare la differenziazione delle cellule dell’ospite verso l’osso o verso la cartilagine a seconda dei componenti su cui esse si depositano. Il concetto è quello di sfruttare e indirizzare l’intelligenza cellulare. Scaffold biomimetico osteocondrale Applicazione dello scaffold biomimetico osteocondrale su lesione osteocondrale del condilo femorale mediale Cosa pensa invece riguardo alle potenzialità offerte dai fattori di crescita e dalla terapia genica? Anche nel campo dei fattori di crescita siamo in fase sperimentale. Oggi si parla di Prp (Plasma Reach Platelet) o di estratti dal sangue infiltrati nel ginocchio; si usano cellule staminali prelevate dal midollo e impiantate direttamente sulla lesione o seminate su scaffolds sintetici. Insomma le linee di ricerca e applicazione sono varie e stimolanti. Tuttavia, i risultati devono ancora essere valutati con molta attenzione. Per quanto concerne la terapia genica, invece, siamo ancora ai primi vagiti. Riusciremo a riprodurre la cartilagine nativa? Ci può parlare delle ricerche in corso in questo ambito? Oggi la riproduzione della cartilagine nativa è soltanto una speranza, ma è un potente stimolo per la ricerca: la cartilagine finora prodotta è simil-ialina e non ha le caratteristiche nobili di quella nativa. La ricerca oggi si pone il problema se continuare a produrla in laboratorio e poi applicarla - in condizioni ambientali che non sono quelle in cui è stata creata - oppure se sia più opportuno creare sistemi con cui far riprodurre direttamente la cartilagine nello stesso ambiente articolare. Bisogna poi capire meglio le interazioni fra l’osso e la cartilagine e infine quale sia l’effettiva influenza dell'ambiente articolare sulle qualità biologiche della cartilagine stessa. Insomma gli scogli da superare sono ancora molti e impegneranno ancora a lungo le nostre energie. Pazienti di età differenti e con diversi tipi di lesione: la diversità degli approcci permette un trattamento differenziato e personalizzato? Tecnica delle microfratture: esecuzione di fori con apposito strumento a punta nella sede della lesione condrale, successivo sanguinamento con formazione di supercoagulo nella sede della lesione e rigenerazione successiva di cartilagine di riparazione Certamente la linea di tendenza su cui ci muoviamo oggi è proprio questa. Per ottenere risultati più soddisfacenti, stiamo imparando a modulare il trattamento in rapporto alla sede, alle dimensioni e alla profondità della lesione e anche in base all’età, al livello di attività e alle esigenze complessive del paziente. Esistono linee guida che, caso per caso, aiutano nella scelta del trattamento più indicato? Le società scientifiche hanno elaborato nel corso di questi anni delle flowchart di trattamento, che tuttavia sono in evoluzione proprio per la continua introduzione di nuove metodiche e di nuovi materiali e approcci. Come abbiamo visto, si tratta di un settore estremamente dinamico, in cui da parte dell'operatore si rendono necessari molta prudenza e buon senso. Correre ad abbracciare ogni novità proposta può essere pericoloso, soprattutto per il paziente. Utilizzare ciascuna tecnica con un approccio scientifico e ponderato, limitando e calibrando le indicazioni, può invece consentire una corretta valutazione delle potenzialità e dei risultati di ciascuna di esse. Renato Torlaschi 5 FOCUS ON Rigenerare i tessuti con i fattori di crescita Iniziano ad emergere le prime evidenze in letteratura sull’utilizzo del Prp, ma sono necessari altri dati di follow up per validare a pieno il trattamento Ogni anno nuovi studi scientifici propongono innovative soluzioni ortobiologiche per una guarigione migliore delle lesioni ortopediche, in particolare dei tendini. L'uso del Prp (Platelet Rich Plasma), una frazione del sangue ricca di fattori di crescita, è una delle linee di ricerca più attive in questo campo. Tuttavia, la letteratura scientifica non ha ancora confermato definitivamente tutte le potenzialità della procedura, spiega Walter Pascale, professore a contratto dell'Università di Milano, Direttore dell'unità operativa di artroscopia e chirurgia del ginocchio II dell'Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. Tabloid di Ortopedia ha intervistato il chirurgo milanese per fare il punto su queste terapie di ultima generazione. Dottor Pascale, quali sono questi nuovi approcci che fanno uso del Prp? Con le abbreviazioni Prp e Acp si indicano prodotti che si ricavano dal sangue, in cui abbiamo molte componenti come il calcio, la trombina e le piastrine. Alcuni effetti di queste sostanze sono dovuti ai trombociti, che rilasciano fattori di crescita che cercano di garantire un naturale processo di guarigione dei tessuti. Di che cosa si tratta? Normalmente la guarigione da un qualsiasi tipo di insulto passa per la produzione di alcune sostanze. Quando usiamo questa frazione molto concentrata si attivano particolari cellule, come i condrociti, gli osteoblasti, le cellule staminali, i fibroblasti. Ma la vera novità dell'uso del Prp è la possibilità di modulare la rigenerazione dei tessuti, oltre che di incrementarla. È un rimodellamento che forziamo attraverso questi derivati piastrinici, indirizzando il tessuto danneggiato verso la guarigione naturale. Il rimodellamento è legato alle fasi del processo: per esempio in un danno muscolare abbiamo un'infiammazione, durante la quale si attivano i trombociti che distribuiscono i fattori di Mini glossario Prp: il Platelet Rich Plasma è una frazione di plasma, ricavata dal sangue autologo, contenente una maggiore concentrazione di piastrine Acp: Autologous Conditioned Plasma, un altro modo per indicare il Prp, usato commercialmente Fattori di crescita: i principali fattori di crescita contenuti nel Prp sono l'IGF-1 (insulin-like growth factor), il TGFß (transforming growth factor beta), il VEGF (vascular endothelial growth factor), il PDGF (platelet-derived growth factor), il ßFGF (fibroblast growth factor). crescita e le citochine, poi si attivano i macrofagi e dopo tre-sette giorni abbiamo una rigenerazione dovuta ai fattori di crescita. Dopo le due settimane abbiamo un rimodellamento, una differenziazione nel tessuto target modulata dai fattori di crescita. Come si ottengono i Prp? Dobbiamo distinguere due campi di trattamento, ambulatoriale e operatorio. Nel primo caso si preleva dal sangue venoso del paziente il campione sanguigno dal quale si ricava, con un processo di centrifugazione attraverso una macchina dedicata e non una normale centrifuga, il siero ricco di fattori di crescita. A questo punto è possibile iniettare direttamente nelle articolazioni il Prp, per il trattamento ambulatorio delle lesioni tendinee. Si tratta quindi di un'autoinoculazione. Un altro tipo di procedura, che porta a un Prp diverso, prevede il prelievo di midollo osseo dalla cresta iliaca. Per centrifugazione si ricavano i fattori di crescita, che vengono introdotti per via chirurgica. A differenza di altri trattamenti, in questi non si ricavano cellule da iniettare. In questi casi non parlerei di cellule staminali, e quindi di un inizio di differenziazione cellulare. Le staminali sono infatti presenti nei Prp, ma sono in percentuale minima e il loro ruolo è trascurabile. Quali sono i fattori di crescita coinvolti? Alcuni fattori importanti sono l'IGF1 e il TGFß contro l'infiammazione, il VEGF per la proliferazione, il PDGF e il ßFGF, sempre per la proliferazione, sono importanti per l'attivazione macrofagica. A livello cellulare i principali effetti comprendono l'angiogenesi, un effetto sull'attivazione macrofagica, sulla chemiotassi fibroblastica, sull'attivazione della migrazione cellulare. L'uso del Prp è supportato da studi scientifici? Dietro questa scelta terapeutica c'è una grande letteratura che si è sviluppata da alcuni anni. L'evidenza clinica comincia adesso ad apparire in letteratura, ma non abbiamo ancora dati significativamente interessanti e importanti. Nel 2007 è però stato pubblicato sull'American Journal of Sports Medicine uno studio di comparazione della riparazione del tendine di Achille, con e senza l'uso di questi fattori, da cui si è già visto nel risultato che c'è una buona risposta. Anche al meeting dell’European society of sport traumatology, knee surgery and arthroscopy (Esska) dello scorso anno, una delle riunioni più importanti delle società scientifiche di artroscopia del ginocchio, abbiamo avuto la presentazione di studi recentissimi sulla proliferazione condrocitaria spinta dall'Acp, sulla proliferazione degli osteoblasti e dei mioblasti. Diciamo che siamo ancora agli inizi di questa scienza. Stiamo cercando di mettere insieme gruppi di lavoro negli Stati Uniti e in Europa per costruire insieme un database. In Italia per esempio molti sono interessati alle applicazioni per la spalla, per le lesioni della cuffia dei rotatori. Si stanno cominciando a raccogliere le evidenze sia per l'uso chirurgico sia ambulatoriale. Quindi i protocolli non sono definitivi? I protocolli non sono definitivi ma si riescono a standardizzare: per il prelievo la procedura è standardizzata, mentre ancora non è stato definito in modo assoluto il numero delle sedute necessarie nei trattamenti non chirurgici. Alcuni sostengono che si possono effettuare quattro o cinque infiltrazioni al massimo, a distanza ravvicinata di una settimana. Altre scuole cercano di trovare, sulla base della letteratura, per ogni patologia il numero migliore di infiltrazioni. Nelle operazioni viene invece effettuata una sola applicazione, quindi il problema non si pone. Quali sono le indicazioni? Per ora si usano soprattutto per le tendiniti, le tendinopatie, le lacerazioni muscolari di grado lieve, le lesioni croniche e postraumatiche, di lieve entità. Walter Pascale La procedura viene usata soprattutto per stimolare la rigenerazione tissutale nelle lesioni legamentose dei pazienti giovani, nei quali la risposta è migliore. Anche riguardo a questo aspetto si sta provando a trovare uno standard di protocollo. L'alternativa è che rischiamo di illudere i pazienti non più giovani, che potrebbero venire in ambulatorio chiedendo il fattore di crescita per curare l'artrosi. Questo sarebbe un errore etico. Però, poiché il Prp trova una sua utilità nell'indirizzare il metabolismo, il trattamento infiltrativo può essere di aiuto anche a una certa età. Ma certamente non fa ricrescere nulla, questo deve essere chiaro. Come si misura nel follow up l'efficacia del trattamento? La risposta si controlla con la risonanza magnetica, soprattutto nella parte chirurgica. Per esempio nel trattamento delle lesioni del legamento crociato possiamo vedere se abbiamo una risposta. Per quanto riguarda i dati di follow up non siamo ancora certi che la clinica sia migliore con l'uso dei fattori. Per i trattamenti infiltrativi l'unico dato per ora è la funzionalità. Forse in futuro avremo altri modi di verifica, è un mondo in piena crescita. Questo trattamento è mutuabile? Purtroppo no, non abbiamo ancora i Drg a cui riferire le iniezioni dei fattori di crescita. Però è allo studio la possibilità di inserirli, una volta che la letteratura scientifica darà le conferme necessarie. Quali sono i vantaggi che derivano dall'uso del Prp? Questi trattamenti sono indicati solo per una fascia di età? Ci sono risultati migliori sul dolore, ma non abbiamo ancora l'evidenza medica. Però ci sono tanti lavori in questo senso, a partire da quello del professor Maurilio Marcacci del Rizzoli di Bologna. Quali sono i centri specializzati in Italia? In realtà tutti i centri ortopedici e traumatologici che abbiano un buon rapporto con un centro trasfusionale, possono effettuare la procedura con le dovute garanzie. Ovviamente il medico non può effettuare le infiltrazioni nel proprio studio privato, in quanto il sangue deve essere prelevato ed elaborato con una centrifuga particolare. Per questo motivo occorre un buon rapporto con un centro trasfusionale. Come è possibile imparare questa procedura in Italia? Siamo supportati, purtroppo e per fortuna, dalle aziende che producono le centrifughe, con le quali abbiamo un rapporto di collaborazione e organizziamo corsi di aggiornamento. Ma la curva di apprendimento è veloce, anche perché, trattandosi di infiltrazioni, la procedura è tecnicamente semplice e veloce. Per dare un'idea, in un singolo centro si possono anche eseguire venti trattamenti al giorno. Auspico anzi che ogni centro trasfusionale del Paese sia dotato di questa centrifuga per poter effettuare la procedura. Qual è il consiglio per l'ortopedico che si voglia accostare alla procedura? È quello di leggere la letteratura aggiornata, avvicinarsi ai centri che già effettuano la tecnica, e cominciare. La procedura è facile. Claudia Grisanti 6 FOCUS ON Biomateriali per la medicina del benessere Grazie alla scienza dei materiali sono molte le innovazioni biomediche per il settore ortopedico, dalle soluzioni protesiche ai bisturi G ià dal 1991, facendo riferimento particolarmente ai bioceramici (ovvero i ceramici per applicazione medica) in confronto con altri materiali, sono state promosse tredici edizioni di convegni dal titolo “Ceramici, cellule e tessuti”. La loro organizzazione è stata possibile grazie a incontri professionali nazionali e internazionali, a collaborazioni interdisciplinari con diverse specialità mediche e di scienza dei materiali e a partecipazioni a consessi europei. Queste manifestazioni hanno inteso indirizzare sempre più il settore biomedico verso l’innovazione nell’ideazione di protesi e dispositivi biomedicali. Attraverso un’attenta analisi delle esigenze e interpretando la situazione odierna, attraverso opportuni colloqui con le principali professionalità mediche nazionali e internazionali, si è giunti alla conclusione che la “ceramica riprogrammata” possa assicurare soluzioni credibili e sostenibili in confronto con altri materiali. Soluzioni ortopediche nel XX secolo Nell’ambito della chirurgia ortopedica, una delle più importanti innovazioni del XX secolo consiste nella sostituzione protesica dell’articolazione dell’anca, che ha permesso di migliorare in modo rilevante la qualità di vita dei pazienti affetti da patologie degenerative o da fratture traumatiche del collo del femore, consentendo la riduzione del dolore, il recupero dell’articolazione e la ripresa funzionale. Sono seguiti studi sempre più specialistici nella ricerca dei migliori materiali e dei migliori design fino anche a impiegare compositi polimero-ceramica metallo, rivestiti e non. Successivamente, le ricerche si sono orientate e sviluppate verso altri settori ortopedici per la sostituzione di giunti di ginocchia, spalla, caviglia, metatarso e metacarpo falangeo, capitello radiale, scafoide, spaziatori cervicali e vertebrali, cercando, ogni volta, di superare i problemi connessi specialmente a usura e design, per assicurare biocompatibilità, bioadattabilità e biofunzionalità. È ormai accertato come i ceramici presentino una combinazione di proprietà meccaniche, tribologiche, termiche e chimiche che li rendono realmente adatti ad alte prestazioni in ambienti severi, quali ad esempio quelli del corpo umano. Allumina e ossido di zirconio (zirconia) da soli, o in opportune composizioni composite, hanno permesso di raggiungere risultati eclatanti nel settore ortopedico grazie alla loro resistenza meccanica (300-600 MPa), a compressione (3000-5000 MPa), modulo di Young (400-200 MPa), tenacità (29 MPa/√m), durezza (20501300 Knoop), espansione termica (5,6-9 x 10-6 °C -1), densità (3,9-5,9 g/cm3) ed energia di frattura (8-30 jm2). Molti altri materiali ceramici per applicazione in ortopedia sono ancora in fase di studio: dal nitruro di titanio (TiN), al carburo di titanio (TiC) e al nitruro di silicio (Si3N4). Il ciclo di rimodellamento osseo Migliori prestazioni sono poi state assicurate nel tempo grazie a una maggior purezza delle materie prime, alla riduzione della porosità dei prodotti ottenuta grazie all’inferiore dimensione dei grani nei processi di sinterizzazione, con prestazioni biologiche sempre migliori, assicurate anche dalle giuste rugosità superficiali e, infine, dall'ottima resistenza all’usura e perfetto design acquisibile grazie a processi computerizzati, con adatte condizioni di bagnabilità e lubrificazione in esercizio. Verso l’ortopedia del XXI secolo Quanto riportato per le protesi del settore ortopedico appare corretto per interventi limitati nel tempo, permangono infatti problematiche da affrontare nei minimi dettagli, in particolare quando le protesi del XX secolo devono essere impiantate in tessuti più o meno danneggiati di giovani pazienti. Le nuove possibilità per un prossimo futuro appaiono ottimistiche. La strategia seguita dagli ortopedici per curare le nuove generazioni dovrà concentrarsi sulla promozione di nuovi modelli, partendo dal concetto che l’osso è un biomateriale composito di matrice extracellulare mineralizzata e cellule viventi con eccezionali potenzialità di sintesi e rimodellamento de novo. La riparazione e la rigenerazione dell’osso ricapitolano gli stadi dello sviluppo dell’osso embrionico, delineando le maggiori fasi della morfogenesi ossea che consiste nell’aggancio, nella proliferazione e nella differenziazione (A. Hari Reddy et al. Bone graft & bone substitute). Grazie all’attività legata alla preparazione di nuovi biomateriali (un esempio per tutti i vetro-ceramici silicocalcio fosfati multidopati), la bioingegneria delle sostituzioni ossee e l’identificazione di fattori di accrescimento e differenziazione renderanno possibile la realizzazione, ora in progress, dei migliori design per la costruzione di nuove protesi ossee con modelli strategici diversi. Infatti, nel XXI secolo si dovrà fare particolare affida- Protesi articolari metacarpali in titanio CERAMICI, CELLULE E TESSUTI Nanomedicina rigenerativa, ingegneria tissutale, genetica e materiali ceramici al centro del convegno di Faenza Dal 17 al 20 maggio si terrà a Faenza, presso la Banca di Romagna in Via Paolo Costa 3, la tredicesima edizione del convegno internazionale “Ceramici, cellule e tessuti”, che verterà in particolare sulle tematiche legate alla nanomedicina rigenerativa, concentrandosi sull’ingegneria tissutale e genetica e proponendo nuovi materiali come scaffold porosi, rivestimenti e cementi iniettabili. Tra i principali argomenti trattati: i recenti sviluppi nell’ingegneria dei tessuti, nelle applicazioni dentali e ortopediche dei ceramici; i materiali biomimetici e compositi bio-ibridi; le cellule staminali per la rigenerazione ossea; il ruolo del campo elettromagnetico nei processi biologici; i recenti sviluppi nel campo del cemento osseo; i problemi posturali in relazione con l’invecchiamento; i microrobot per la medicina rigenerativa; le nuove superfici vetro-ceramiche; dall’uomo bionico... al tessuto e all’ingegneria genetica e altro ancora. Il convegno è organizzato dall’Agenzia Polo Ceramico e supportato dall’Istec-Cnr di Faenza. Segreteria organizzativa: Agenzia Polo Ceramico Referenti: Anna Beltrani, Laura Saragoni Tel. 0546.670311 - [email protected] http://cct.agenziapoloceramico.it Segreteria Scientifica: Rossella Ravaglioli - [email protected] Mezzi di osteosintesi in ossido di zirconio rivestiti con biosmalto Dispositivi per la sintesi vertebrale (regione cervicale) in allumina rivestiti con biosmalto I principali impieghi biomedici dei materiali ceramici 7 FOCUS ON Alcuni materiali ceramici di impiego biomedico Allumina L'ossido di alluminio (o allumina) è l'ossido ceramico dell'alluminio. Questo materiale, all'apparenza molto fragile e poco utilizzabile, nasconde proprietà interessanti in campo industriale, quali la resistenza agli acidi e la scarsa conducibilità termica. Viene impiegato in moltissimi campi, quali l'elettronica e la meccanica, oltre a essere usato nella biomedica come materiale di innesto. Nitruro di titanio È un materiale ceramico estremamente duro, impiegato per ricoprire leghe di titanio, acciaio, carburi e componenti di alluminio per migliorare le proprietà superficiali dell'oggetto. Applicato in strato sottile, è usato per indurire e proteggere superfici di taglio e di scorrimento, per scopi decorativi, e come finitura superficiale non tossica in protesi mediche. Carburo di titanio Viene utilizzato nella fabbricazione di inserti per utensili adatti al taglio dei metalli ad alta velocità, cioè i cosiddetti inserti in "metallo duro". Si tratta di un materiale resistente alle sollecitazioni e all’usura, adatto a impieghi precisi. mento sui principi biologici dell’induzione e dello sviluppo osseo, grazie all’ingegneria dei tessuti e in base ai processi biologici molecolari di chemiotassi, adesione cellulare, proliferazione e differenziazione. Sarà anche possibile, in un prossimo futuro, incorporare proteine morfogenetiche ossee in nuovi materiali da ingegnerizzare. Si dovrà inoltre ottimizzare la biomeccanica delle protesi, sviluppando e impiegando dispositivi di seconda generazione con la possibilità di intervenire sull’osteogenesi grazie alle tecniche Ilizarov (A. Karlov. Interlevel nanomicro and mesobioengineering and abilities of interlevel control: experience of clinical use. 12th Ceramics, Cells and Tissues Proceedings, 2009). Un forum aperto su ceramici, cellule e tessuti È proprio verso questa direzione di studi e ricerche che muovono gli incontri scientifici di “Ceramici, Cellule e Tessuti”, allargando l’interesse ad altre discipline biomediche attente agli sviluppi dei consessi scientifici sempre più specialistici di volta in volta coinvolti. In particolare, l'edizione di quest’anno affronterà la tematica “Nanomedicina rigenerativa. Ingegneria tissutale e genetica e il ruolo dei materiali ceramici”, proponendo nuovi materiali come scaffold porosi, rivestimenti e cementi iniettabili, promuovendo adatte composizioni, giustificando l’aggiunta di singoli elementi e in sinergia, in quantità e qualità, non solo facendo affidamento a fasi, microfasi e nanofasi, ma esaminandoli anche a livello molecolare, grazie ai progressi delle nano scienze e nanotecnologie. Al Convegno inoltre verranno riportate le prime risultanze su un nuovo bio- materiale silico-calcio fosfatico multi dopato su cui saranno applicate cellule di diversa specializzazione e conseguenti geni, sostanze extracellulari (dalle proteine agli enzimi), coinvolgendo la nano medicina rigenerativa nonché l’ingegneria tissutale e genetica. Un gruppo di studio multicentrico È stato promosso un gruppo di studio interdisciplinare il Gruppo biomateriali per la medicina del benessere composto da membri di 5 università e istituzioni di ricerca italiane (Università Federico II di Napoli; Università Tor Vergata e Istituto della materia del Cnr di Roma; Istituto geoscienze e georisorse di Padova; Politecnico di Torino - Dipartimento di scienza dei materiali e ingegneria; Istituto Tirrenico di Lucca) allo scopo di ottenere vetro-ceramici che garantiscano la corretta chimica biologica (non garantita ad esempio dalla idrossiapatite dopata e non), e che, per forma, struttura, composizione e architettura siano in grado di assicurare una cessione controllata di ioni e/o di quant’altro questi possano ospitare, allo scopo ultimo di rivitalizzare un tessuto danneggiato o di farne attecchire uno proposto, ottenuto per sintesi biologica mediante ricostruzione bioingegneristica. Tali sistemi dovranno essere “gestiti” in modo tale che possano essere fruibili nella maggior parte dei settori biomedici: dall’ortopedia all’odontoiatria, fino alla cardiochirurgia. Inoltre, gli stessi materiali potranno essere impiegati come rivestimento di materiali inerti e come cemento iniettabile. Antonio Ravaglioli Research Director "Ceramics, science and technology" Ossido di zirconio L’ossido di zirconio (o zirconia) viene impiegato particolarmente in campo odontoiatrico. Visto il suo elevato grado di biocompatibilità e leggerezza, sta divenendo oggi il materiale d'eccellenza nella realizzazione di restauri dentali di alta qualità. Va inoltre menzionato il vantaggio estetico nel raffronto coi metalli. Notevoli la compatibilità biologica e la stabilità ionica, nonché il peso specifico ridotto. Altro grande pregio è la durezza, ma soprattutto la sua resistenza alla flessione. Nitruro di silicio È una ceramica monolitica che gode di eccezionale durezza e resistenza alle fratture. Grazie alle sue caratteristiche di robustezza, stabilità termica e resistenza all’usura è infatti utilizzato come materiale per la realizzazione di utensili da taglio e per particolari lavorazioni meccaniche della ghisa ad alta velocità. Risulta di eccezionale efficacia in applicazioni sottoposte a shock termico e sollecitazioni dovute a carichi elevati, è particolarmente utile in trattamenti eseguiti a temperature elevate e con esigenza di adeguato isolamento elettrico. Prototipo monoblocco di bisturi ceramico in zirconia rivestito (sola lama) con nitruro di titanio per tecnica RF Magnetron Sputtering Prototipo di lama per bisturi in zirconia per applicazioni in chirurgia coronarica 8 FOCUS ON Scopi e attività delle banche dei tessuti Realtà sempre più importanti in ambito sanitario, le banche dei tessuti sono in crescita per numero e per volumi di distribuzione, come dimostrano i numeri della Banca di Treviso Dottor Paolin, la Banca di Treviso è una delle prime a essere stata creta nel nostro Paese. Come si è evoluta la sua attività nel corso del tempo? A oggi è una delle principali banche dei tessuti, data l’entità della distribuzione di tessuti che ha registrato un costante incremento dal 2000 a oggi. I buoni risultati clinici ottenuti nei pazienti hanno portato i chirurghi a utilizzare sempre più spesso tessuto omologo per interventi, che in alcuni casi si sono dimostrati salvavita e non solo salvafunzione. Nel corso degli anni le normative italiane ed europee sono diventate sempre più stringenti in tema di sicurezza e tracciabilità e pertanto i chirurghi si sono sempre più affidati al servizio garantito dalla banca pubblica. In che modo svolgono e coordinano la loro attività le strutture presenti in Italia? In tutto il Paese attualmente operano una trentina di banche dei tessuti e sono prevalentemente banche degli occhi. Tutte le banche si attengono alle linee guida emanate del Centro Nazionale Trapianti. Le linee-guida stabiliscono dei rigorosi standard di lavorazione che vanno dai principi di selezione del donatore, ai criteri di processazione del tessuto, alle caratteristiche degli ambienti di laboratorio, alle modalità di conservazione. Le linee guida tracciano anche un chiaro metodo nei rapporti tra le banche che operano nel territorio nazionale. Con le banche dell’osso di Bologna e Firenze (le altre due banche, oltre alla nostra, di rilievo nazionale) i rapporti sono di collaborazione e scambio di esperienze. Con le altre banche regionali i rapporti sono spesso stati di tutoraggio e con alcune, come con la banca di Verona e di Milano, abbiamo stretto dei rapporti di convenzione. Lo staff della Banca del Tessuto di Treviso, una delle più importanti a livello nazionale Dando un’occhiata ai vostri numeri si capisce che l’attività non è strettamente legata al Veneto: quali sono i vostri rapporti con il territorio? Infatti il Triveneto e le Marche sono le regioni di riferimento per il reperimento di donatori (sia cadaveri che viventi). Negli ospedali di queste regioni esiste un piano di reperimento condiviso tra la Banca, il Coordinatore locale ai trapianti e lo staff di Direzione sanitaria. In questo modo si considerano potenzialità e fattibilità degli interventi e conseguentemente si forma il personale coinvolto nel processo, con l’opportuno addestramento. In questi anni abbiamo stretto collaborazione con più di 60 Ospedali, da Tolmezzo a Macerata. Inoltre, per quanto concerne la distribuzione, copriamo tutte le regioni italiane con ben 130 ospedali di riferimento. È chiaro che la mission della banca è migliorare la vita dei cittadini attraverso l’uso di tessuto omologo. La distribuzione per noi è sicuramente la ragione di esistere. Quali sono le particolarità legate al trattamento dei tessuti ossei? Gli interventi che richiedono innesto di tessuto omologo sono molteplici: si va dalla ricostruzione dei legamenti del ginocchio, alla sostituzione di segmenti ossei complessi come le articolazioni o le ossa lunghe. Lo stretto rapporto che si è stabilito negli anni tra FOCUS ON BANCHE CERTIFICATE DI CONSERVAZIONE DEL TESSUTO MUSCOLO-SCHELETRICO IN ITALIA Ci avvaliamo di una rete di corrieri che copre il territorio nazionale e consegna direttamente in sala operatoria il tessuto richiesto pronto per l’utilizzo. All’interno della confezione, il chirurgo trova anche tutta la documentazione relativa all’origine e alla sicurezza di quanto andrà a impiantare. (Fonte: Centro Nazionale Trapianti - aggiornamento: novembre 2010) La certificazione si riferisce alle seguenti attività: Raccolta di tessuto muscoloscheletrico (donatore cadavere e vivente) Processazione e deposito di tessuto muscolo scheletrico Distribuzione di tessuto muscolo scheletrico Città “La nostra missione consiste nel migliorare la qualità della vita nelle persone che necessitano di tessuti omologhi”. È questa la dichiarata r a g i o n d ’ e s s e r e d i u n a d e l l e p i ù i m p o r t a n t i b a nche dei tessuti italiane, quella di Treviso. Con il suo Direttore, il dottor Adolfo Paolin, proviamo a capire come funzionano queste particolari strutture sanitarie, così utili e così poco note. La Banca dei Tessuti di Treviso è una struttura dell’Azienda Ospedaliera Ulss 9 di Treviso, s o r t a n e l l a m e t à d e g l i a n n i N o v a n t a e f o r m a l i zzata dalla regione Veneto nel dicembre del 2 0 0 0 . T r a t u t t e q u e l l e p r e s e n t i i n I t a l i a , è l ’ u n ica banca multitessuto, in quanto è deputata al p r e l i e v o , p r o c e s s a z i o n e , c o n s e r v a z i o n e e d i s t r ibuzione di tessuti cardiovascolari, muscoloscheletrici e membrana amniotica. 9 Denominazione Responsabile Centro di riferimento e indirizzo Bologna Banca del tessuto muscoloscheletrico Istituto Ortopedico Piermaria Fornasari Rizzoli Via Pupilli, 1 Firenze Banca dei tessuti e cellule Regione Toscana – Centro conservazione tessuto osseo Iris Mancini Rodolfo Capanna Az. Ospedaliera Careggi Piastra dei servizi Viale Morgagni, 85 Banca Regionale del Tessuto Muscolo-Scheletrico Maristella Faré Istituto Ortopedico Gaetano Pini Piazza Cardinal Ferrari, 1 Torino Banca dei Tessuti Muscolo-Scheletrici Regione Piemonte Anna Maria Biondi Via Zuretti, 29 Treviso Banca Tessuti di Treviso Adolfo Paolin AO Ca’ Foncello Piazza Ospedale, 1 Verona Banca Tessuti di Verona Giuseppe Aprili Ospedale Civile Maggiore Piazzale Stefani,1 Milano la banca e gli utilizzatori ha permesso di rispondere in modo sempre più puntuale ai loro bisogni, effettuando prelievi e lavorazioni di tessuto su richiesta specifica, in ambienti controllati e sicuri da contaminazione. non tale da compromettere l’integrità dell’innesto. Esistono problemi di compatibilità tra donatore e paziente? La scelta di lavorare il tessuto anche in forma liofilizzata e demineralizzata ci è stata suggerita dagli stessi utilizzatori. Molti ortopedici hanno la necessita di usare materiali sicuri che garantiscano struttura e a volte la necessità di materiale non è prevedibile. Allora serve tessuto di stoccaggio come il liofilizzato che può essere conservato a temperatura ambiente. Per molti altri interventi L’utilizzo di tessuti omologhi non causa problemi di compatibilità, poiché la conservazione alle basse temperature o la liofilizzazione riducono notevolmente i recettori di istocompatibilità, determinando una risposta immunologica trascurabile e quindi Per quali motivi conservate i tessuti sia alle basse temperature che con la liofilizzazione? LA COLLABORAZIONE CON TISSUELAB Tissuelab SpA è un’azienda impegnata nella ricerca e sviluppo di tecnologie biomediche e sistemi per la chirurgia dell'apparato muscolo-scheletrico. Tissuelab processa donazioni di tessuto osseo per conto della Banca del tessuto di Treviso per produrre tessuto liofilizzato, sterile e virus inattivato. Il tessuto prelevato dalla Banca di Treviso è ottenuto da donatori italiani controllati dalla banca stessa e in conformità con le più rigide normative di sicurezza e qualità. Tissuelab preleva il tessuto da Treviso e lo processa in ambienti con qualità farmaceutica, ottenendo una serie di prodotti che vanno dalle chips di spongiosa e corticospongiosa, alla polvere corticale DBM, dal putty ai segmenti quali stecche corticali, blocchi iliaci, microstecche, fino ai blocchi spongiosi. Il tessuto osseo è sottoposto a lavaggi con soluzione fisiologica e perossido di idrogeno al 3%, viene poi sagomato, morcellizzato o polverizzato a seconda delle esigenze. Successivamente viene trattato con una soluzione radioprotettiva, poi liofilizzato e infine sterilizzato e virus inattivato ai raggi gamma. Il tessuto non subisce variazioni traumatiche di temperatura, le proteine collagene restano integre come anche la struttura trabecolare del tessuto spongioso e sono preservate le proprietà meccaniche del tessuto osseo e di quello tendineo (nel caso di tessuti molli). La demineralizzazione è un processo atto a rimuovere la componente minerale dell’osso il cui contenuto di calcio si riduce al di sotto del 5%. Ciò rende disponibili le proteine osteogeniche BMPs per la loro azione biologica di osteoinduzione e osteogenesi. Presso Tissuelab sono disponibili tutti gli studi di convalida riguardanti le proprietà meccaniche del tessuto, le proprietà biologiche in vivo e in vitro, la validazione del processo di sterilizzazione e inattivazione virale. Avete anche una notevole attenzione alla formazione, quali i motivi di questa scelta? i due tessuti si integrano, assicurando al paziente sedute operatorie più brevi e tempi di recupero molto più veloci. Voi conoscete i pazienti che vengono trattati con i vostri tessuti? Il chirurgo si rivolge alla banca specificando nome, età, patologia del paziente e l’assegnazione del tessuto avviene con criteri di assoluta tracciabilità, così come dopo l’intervento è obbligatorio che lo specialista ci informi sulle condizioni chirurgiche e cliniche del paziente. Siamo una struttura sanitaria ed è evidente che tutte le nostre documentazioni rispettano la normativa sulla privacy. Dottor Paolin, la banca dei tessuti è una struttura complessa e con diversi ambiti di intervento. Come siete organizzati? L’attività della banca ha diversi settori, l’area di laboratorio si interfaccia strettamente con la logisti- ca, con la comunicazione e con il gruppo del prelievo. Le professionalità non possono che integrarsi in una sorta di intreccio reciproco. La struttura si avvale della collaborazione di 22 persone di diversa formazione. Attraverso la collaborazione quotidiana si può svolgere il vero lavoro a cui siamo chiamati. Fortunatamente l'equipe è giovane e costituita da molte donne tenaci e motivate. Come avviene la distribuzione? La nostra formazione è indirizzata ai professionisti delle varie specialità con l’obiettivo di divulgare la possibilità di utilizzo di tessuto omologo, e al personale dei Coordinamenti locali trapianti per una corretta selezione dei potenziali donatori di tessuti. I risultati di questi anni ci dicono chiaramente che la popolazione è generosa e crede nella cultura della donazione; importante è che noi operatori sanitari ci proponiamo correttamente. Infine, il benessere dei pazienti che sono stati trattati con tessuti omologhi sono la risposta inequivocabile del senso del nostro lavoro. Renato Torlaschi DONATORI E TESSUTI DISTRIBUITI DALLA BANCA DI TREVISO Anno Numero di donatori Numero di tessuti distribuiti 2003 673 858 2004 1158 1697 2005 1417 2431 2006 2081 3144 2007 1976 4024 2008 1368 4378 2009 2010 1376 1517 5017 5131 Tipi di donatori I donatori di tessuti omologhi si suddividono in tre classi principali. • Donatori multitessuto a cuore battente (HB), la cui morte è stata accertata con criteri neurologici, senza arresto cardiaco • Donatori multi tessuto a cuore fermo (NHB), con arresto cardiaco • Donatori viventi ANDAMENTO SERVIZIO DISTRIBUTIVO (2003-2010) Qui sopra la crescita del servizio distributivo della Banca di Treviso, attivo su tutto il territorio nazionale 11 FACTS&NEWS Come contenere le cadute ospedaliere Anche se il problema è complesso, esistono strumenti che hanno dimostrato di essere efficaci. Negli Stati Uniti si guarda all’information tecnology; in Italia si valutano esperienze sul campo già significative “Le cadute sono un problema di salute pubblica in tutto il mondo. L’ospedalizzazione aumenta i rischi di cadute a causa dell’ambiente non familiare, delle malattie, dei trattamenti. Le cadute dei pazienti e le ferite che ne conseguono hanno conseguenze devastanti per i pazienti stessi, per i medici e per il sistema sanitario nel suo complesso. Una singola caduta può generare la paura di cadere e scatenare una spirale discendente di mobilità ridotta, peggioramento della funzionalità e incremento del rischio di cadute ulteriori. Le persone anziane riportano più spesso delle ferite conseguenti alle cadute e queste ferite incrementano i costi e la durata delle degenze ospedaliere”. Queste brevi e lapidarie frasi riassumono tutte problematiche legate a un fenomeno grave e tuttavia piuttosto trascurato, forse perché difficile da affrontare. Una serie di considerazioni che introducono, sulle pagine di Jama - The Journal of the American Medical Association - i risultati di uno studio randomizzato in cui alcuni medici americani, oltre ad analizzare il fenomeno delle cadute ospedaliere, propongono uno strumento che si è dimostrato efficace a ridimensionarlo (Dykes PC, Carroll DL, Hurley A, Lipsitz S, Benoit A, Chang F, Meltzer S, Tsurikova R, Zuyov L, Middleton B. Fall prevention in acute care hospitals: a randomized trial. Jama 2010 Nov 3;304(17):1912-8). Data la complessità delle possibili cause, un ridimensionamento è forse tutto quello che si può ottenere, ma non è un obiettivo di poco conto viste le implicazioni che la dottoressa Patricia C. Dykes, coordinatrice del gruppo di lavoro, individua così bene: vi si intrecciano aspetti medici, organizzativi, economici, sociali e psicologici. L'esperienza italiana Anche in Italia, negli anni scorsi, sono stati condotti alcuni progetti rilevanti di studio e di prevenzione. Uno è stato sviluppato a Bologna, presso il Policlinico S. OrsolaMalpighi di Bologna. Coordinato dal dottor Paolo Chiari, il team bolognese ha prodotto un documento che fornisce agli operatori sanitari le più aggiornate raccomandazioni multiprofessionali e multidisciplinari, basate sulle evidenze scientifiche e sul consenso del team di progetto, per ridurre il numero delle cadute tra le persone ricoverate in ospedale. Il protocollo include informazioni riguardo i fattori di rischio, gli strumenti di valutazione, gli interventi e la valutazione degli esiti che si riferiscono al paziente nei reparti di degenza. Un altro progetto ha superato i confini del singolo Istituto e si è esteso a tutta una regione. In Toscana, infatti, la campagna di prevenzione delle cadute dei pazienti ha avuto inizio con la costituzione di un gruppo di lavoro a livello regionale coordinato dal Centro Grc per la fase sperimentale, con il coinvolgimento dei Clinical Risk Manager di alcune aziende ospedaliere, che già avevano avviato progetti di studio o di prevenzione delle cadute, e di esperti della materia. Il gruppo di lavoro Sulla base dell’analisi dei sinistri, della letteratura e della ricognizione di esperienze esistenti in Toscana, il gruppo di lavoro ha deciso di articolare le attività del progetto in tre capitoli, sviluppati da altrettanti sottogruppi. Il primo, si è posto l’obiettivo di definire una raccomandazione sulle scale di valutazione dei pazienti a rischio di cadute da adottare nel Servizio Sanitario Regionale; il secondo si è occupato di definire una raccomandazione sui requisiti minimi di sicurezza e di fornire una checklist di valutazione degli ambienti e dei presidi rispetto al rischio di cadute; il terzo gruppo, infine, si è proposto di censire gli strumenti in uso per la rilevazione delle cadute, la modalità di gestione delle informazioni e l’attuazione di azioni di prevenzione per definire una raccomandazione di buona pratica a tutte le strutture del Servizio Sanitario Regionale. A coordinare il progetto è stato nominato il dottor Tommaso Bellandi, che già in passato ne aveva parlato a Tabloid di Ortopedia. Torniamo ora ad affrontare il problema delle cadute ospedaliere con due nuove interviste pubblicate in queste pagine, una a Paolo Chiari e una a Tommaso Bellandi. Un aiuto dall’Health Information Technology Ma torniamo per il momento Patricia Dykes e ai suoi colleghi, che per combattere il fenomeno delle cadute ospedaliere hanno deciso di affidarsi alla tecnologia e hanno creato un apposito kit che hanno chiamato Fptk (Fall Prevention Tool Kit). Si tratta di un approccio che rientra in un ambito ancora poco utilizzato ma in grande sviluppo, ovvero la tecnologia dell’informazione applicata alla medicina (Hit Health Information Technology). Il sistema elaborato dai ricercatori americani si basa su una scala di misurazione del rischio delle cadute, su un supporto decisionale e su una comunicazione personalizzata che arriva fino al letto di ogni paziente. Al lavoro teorico è immediatamente seguita la verifica pratica della soluzione elaborata: l’efficacia dell’Fptk è stata messa alla prova con uno studio randomizzato e i risultati hanno premiato l’idea della dottoressa Dykes: “a nostra conoscenza, questo è il primo studio clinico a fornire l’evidenza scientifica della capacità di un apposito strumento tecnologico di prevenire le cadute ospedaliere”. Lo studio è stato condotto nei reparti di degenza di quattro strutture ospedaliere nell’area di Boston e ha comportato una prima fase di esame delle barriere presenti negli ambienti e di identificazione delle persone che potevano assumere un ruolo di facilitatori nella comunicazione con i pazienti. Si è passati poi allo sviluppo del prototipo del kit, facendo uso della scala Morse, uno degli indici più noti per la valutazione del rischio, che considera sei fattori. Vale la pena di entrare nel dettaglio, perché la scala Morse permette di focalizzare con chiarezza alcuni degli elementi in gioco nella problematica delle cadute ospedaliere. La misura presuppone infatti un’anamnesi delle cadute, tramite la quale si verifica se il paziente è già caduto nei tre mesi precedenti all’ammissione; se ha più di una diagnosi medica (per esempio diabete o neoplasia); il suo grado di mobilità; la sua andatura; se è in terapia endovenosa e infine il suo stato mentale. Il software Fptk sviluppato è in grado di evidenziare automaticamente, sulla base dei dati raccolti, una serie di interventi preventivi affidati al personale infermieristico. La loro attuazione è stata tuttavia individualizzata sulla base del confronto diretto con ogni singolo paziente. Prevenire con una corretta comunicazione al paziente Il progetto ha assegnato alla comunicazione un’importanza centrale: molte figure - pazienti inclusi - sono state coinvolte per lo studio di icone efficaci, la cui realizzazione è stata poi affidata a un illustratore. Sono stati realizzati poster e appesi accanto a ciascun letto, in modo che ai degenti fossero ricordati i rischi delle cadute e alcune misure elementari di prevenzione. Alcuni opuscoli sono stati invece concepiti per i familiari dei pazienti ricoverati. I ricercatori si sono poi proposti di valutare l’efficacia dello strumento durante un periodo di sei mesi, durante i quali metà dei pazienti esaminati ha sperimentato le misure di prevenzione, mentre agli altri sono state applicate le usuali procedure vigenti nei quattro ospedali. Si è trattato in tutto di 10.264 pazienti per un periodo complessivo di 48.250 giorni di ricovero. Naturalmente si è prestato attenzione al fatto che la composizione dei pazienti inseriti nel gruppo di intervento fosse del tutto simile ai soggetti assegnati al gruppo di controllo. Come già anticipato, i risultati sono stati eccellenti. Le azioni preventive hanno abbassato la media delle cadute a 3,15 per 1.000 giorni di ricovero, inferiore rispetto al 4,18 misurato nel gruppo di controllo e anche al 3,99 che rappresenta il valore della media calcolata su tutte le degenze dello stato del Massachusetts - anche se quest’ultimo confronto, nella sua eterogeneità, ha soltanto un significato indicativo. Lo studio ha confermato alcune caratteristiche tipiche del fenomeno, ossia che le cadute aumentano con l’età avanzata dei pazienti e che sono generalmente superiori nei reparti geriatrici e di medicina generale rispetto alle unità chirurgiche. Ma anche nelle situazioni a maggior rischio il kit elaborato dai medici di Boston è risultato efficace, anzi: i benefici maggiori si sono avuti proprio tra i ricoverati di età superiore ai 65 anni. Giampiero Pilat REGIONE LOMBARDIA: LE CIFRE DELLE CADUTE OSPEDALIERE Nel documento di Mappatura del rischio del Sistema Sanitario Regionale emesso dalla Regione Lombardia, le cadute ospedaliere sono trattate in modo molto preciso. Nel periodo compreso tra il 2005 e il 2009, sono state segnalate complessivamente 40.055 cadute. La maggior parte degli eventi ha riguardato i pazienti, con un totale di 39.455 cadute, mentre le restanti 600 cadute hanno coinvolto visitatori. Nel corso degli anni le segnalazioni hanno fatto registrare un continuo incremento, passando progressivamente dalle 6.822 del 2005 alle 9.490 del 2009. Nell’83% dei casi le cadute dei pazienti sono avvenute nelle Aziende Ospedaliere, mentre le altre segnalazioni sono giunte dalle Asl per il 9% e dalle Fondazioni per l’8%. La specialità nei cui reparti si è registrato di gran lunga il maggior numero di segnalazioni di cadute è quella di medicina generale (11.246), seguita dalle specialità di chirurgia generale (2.302) e di neurologia (2.181). Le persone anziane sono le più colpite e le fasce d’età comprese tra 75 e 84 anni e tra 65 e 74 anni sono quelle che risultano maggiormente coinvolte, al contrario dei neonati, che sono i meno colpiti. Cadono più gli uomini (52%) delle donne e nei giorni feriali più che nei giorni festivi. Una grande quantità delle cadute segnalate avviene di notte, mentre il mattino è il periodo relativamente più sicuro. Spesso le conseguenze sono minime: la maggior parte dei pazienti caduti non ha riportato nessun grado di lesione (zero giorni di prognosi), seguito da un grado di lesione lieve (fino a tre giorni di prognosi). Ma purtroppo non è sempre così, infatti in 436 casi la prognosi è stata superiore ai 40 giorni e 38 cadute hanno addirittura portato a un decesso. L’aspetto economico non è affatto trascurabile: l’importo medio liquidato nel 2008 a fronte delle cadute ospedaliere è stato di circa 11.000 euro. 12 FACTS&NEWS Il progetto regionale toscano Tommaso Bellandi Fa parte dello staff del Centro per la gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente della Regione Toscana. Svolge l'attività di coordinatore di progetti nell'ambito delle campagne per la sicurezza del paziente e del sistema di gestione del rischio clinico ed è docente di gestione del rischio clinico presso l'Università degli studi di Firenze. È inoltre membro della Commissione tecnica per la gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente del Ministero della Salute. Dottor Bellandi, ci inquadra il problema delle cadute in ospedale, anche da un punto di vista dell’impatto sociale ed economico? Le cadute sono la prima causa di morte accidentale negli anziani, secondo i dati Istat. In ospedale le cadute dei pazienti sono tra le prime cause di richiesta di risarcimento e mediamente colpiscono dallo 0,5% al 2% dei pazienti ricoverati secondo la specialità e lo studio considerato. Nel nostro studio regionale è emerso che le cadute comportano una durata della degenza superiore di 4,5 giorni, con i relativi costi economici per la degenza stessa, per gli accertamenti diagnostici e gli eventuali interventi chirurgici. L'Organizzazione Mondiale della Sanità individua la prevenzione delle cadute negli anziani come una priorità di politica sociosanitaria, in quanto un anziano che cade ha una probabilità doppia di cadere nuovamente nell'anno successivo e di perdere quindi autonomia e mobilità. Ci può descrivere il progetto portato avanti in Toscana? Lo studio toscano ha riguardato circa 18.000 pazienti ricoverati in 150 reparti distribuiti in 16 aziende sanitarie. In questo studio sono stati valutati sia i fattori di rischio del paziente che i rischi connessi con ambienti e presidi, sono state sistematicamente segnalate e analizzate le cadute seguendo l'approccio sistemico tipico della gestione del rischio clinico. Lo studio è stato l'occasione per mettere a punto una buona pratica per la prevenzione delle cadute che include una scala originale per la valutazione del rischio del paziente, una check list per la valutazione di ambienti e presidi, un protocollo per la segnalazione e analisi delle cadute, nonché un pacchetto formativo per gli operatori e un indicatore sintetico per valutare la capacità di controllo delle cadute da parte delle aziende sanitarie. La buona pratica è attualmente in fase di implementazione in tutto il servizio sanitario regionale. Stiamo inoltre estendendo il progetto alle strutture di lungodegenza. Quali strumenti abbiamo a disposizione per rilevare il rischio delle cadute e quali strumenti per diminuire questo rischio? La letteratura e la nostra esperienza suggeriscono che è necessario promuovere un intervento sistemico e multifattoriale, che preveda la formazione degli operatori, la valutazione del profilo di rischio dei pazienti e delle strutture sanitarie, il moni- Fattori di rischio e interventi infermieristici Dall'esperienza del Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, gli accorgimenti adottati (con successo) per contenere gli episodi di caduta in ospedale Dottor Chiari, quali criteri avete stabilito per l’accertamento del rischio? Abbiamo introdotto una scala di valutazione del rischio di nome “Conley”, ma solo nel dipartimento dove sono presenti le geriatrie, i reparti post-acuti e alcune medicine. L’abbiamo fatto dopo confronto con un’altra scala, la “Stratify”. Ambedue le scale non sono strumenti molto sensibili e specifici, ma abbiamo scelto la Conley perché è più semplice e abitua gli infermieri a osservare certi fattori collegati alle cadute dei pazienti. Uno dei fattori di rischio è la presenza di certe patologie. Quali sono le principali e come vanno gestiti i pazienti che ne soffrono? In realtà oggi il problema più rilevante non è legato a poche e specifiche patologie, ma ad alcune sintomatologie che purtroppo sono comuni a molte patologie diverse: il disorientamento spazio-temporale, la difficoltà a mantenere l’equilibrio, i tremori, i deficit visivi, la difficoltà di deambulazione, l’ipotensione ortostatica, la necessità di andare spesso in bagno come in caso di incontinenza. Come vede sintomatologie presenti in moltissime pato- logie diffuse nella popolazione anziana in genere. L’ipotensione è uno dei sintomi che comporta particolari rischi. Come deve avvenire la mobilizzazione dei pazienti con ipotensione? Quando si aiuta il paziente ad alzarsi dalla posizione seduta occorre osservare i seguenti accorgimenti: far alzare il paziente lentamente; quando seduto, invitare il paziente a flettere alternativamente i piedi, prima di camminare; invitare il paziente a spostare il proprio peso da un piede all’altro, dondolando, prima di rimanere fermo in piedi o prima di camminare; far sedere immediatamente il paziente, alla comparsa di vertigini; dopo i pasti, se insorge ipotensione postprandiale, invitare il paziente a riposare prima di deambulare. Quali accorgimenti si dovrebbero adottare per la deambulazione dei pazienti a rischio? Prima della deambulazione bisognerebbe controllare che il paziente indossi abiti e scarpe della giusta misura; evitare le ciabatte e le calzature con suola scivolosa; se il paziente è portatore di pannolone, controllare che sia ben posi- zionato; utilizzare gli ausili idonei alla persona e, in collaborazione con il fisioterapista, fornire l’addestramento necessario; non utilizzare carrozzine con predella fissa o senza freni; se il paziente è in carrozzina utilizzare apposite cinture di sicurezza e cuscini antidecubito che impediscano lo scivolamento. Quali interventi formativi e informativi possono essere messi in atto? È importante mostrare alla persona la stanza di degenza, il bagno, il reparto e mostrare come si suona il campanello. In particolare, quando il rischio di caduta è alto, occorre spiegare l’importanza di informare l’infermiere ogni volta che si reca in bagno o si allontana dal reparto. L’educazione sanitaria deve riguardare: i fattori di rischio presenti; le modalità con cui eseguire i passaggi posturali in sicurezza; le modalità con cui alzarsi in presenza di ipotensione ortostatica. Quali interventi sono possibili a livello infermieristico? Al primo posto occorre porre l’indicazione di “favorire sempre la presenza dei familiari”; inoltre, collocare il paziente a rischio di caduta vicino alla guardiola e quello con urgenza evacuativa vicino al bagno, infine accompagnare periodicamente i pazienti deambulanti a rischio di caduta in bagno. Qualora il paziente effettui terapia infusionale, e non vi sia la necessità di infondere i liquidi in modo continuativo nelle 24 ore, è bene programmare la somministrazione lasciando libero il periodo di riposo notturno. Quali strategie ambientali possono servire a ridurre la probabilità delle cadute? Elencherei le seguenti misure fondamentali: rimuovere i mobili bassi, come poggiapiedi o tavolini, che possono costituire inciampo alle persone accanto al paziente ad alto rischio; garantire un’adeguata illuminazione per aumentare la visibilità soprattutto durante la notte, vicino al letto e al bagno; rendere stabili i letti e il mobilio o allontanare il mobilio non fermo dal paziente a rischio. Pur mettendo in atto tutte le possibili strategie di prevenzione, non tutte le cadute possono essere evitate. Come deve essere gestito il paziente vittima di una caduta? toraggio delle cadute e l'informazione al paziente ed ai familiari su rischi e misure preventive da adottare durante il ricovero e dopo le dimissioni. Qual è l’importanza della formazione e a chi deve essere rivolta? La formazione è fondamentale sia per gli operatori sanitari che per i pazienti ed i caregiver informali. Dev’essere una formazione continua e basata sul monitoraggio delle cadute, incluse quelle senza conseguenze per i pazienti, che possono rappresentare delle lezioni gratuite in merito ai fattori di rischio che le hanno determinate. Quali sono le problematiche legate agli ambienti e alle attrezzature? I principali problemi riguardano le caratteristiche e l'u- Prima di mobilizzare il paziente, raccomandiamo di valutare se ha riportato lesioni, specialmente in caso di trauma cranico, o traumi determinanti fratture; registrare i parametri vitali; documentare le circostanze della caduta relativamente al luogo, all’orario, all’attività svolta. Occorre comunicare tempestivamente al medico la caduta del paziente al fine di consentire una rapida valutazione clinica; informare la famiglia della caduta; osservare la persona per le complicanze tardive nel caso di trauma cranico o frattura; compilare la scheda di denuncia post-caduta e inoltrarla alla struttura preposta, trattenendone copia in cartella; documentare le azioni di followup. Ma, in particolare, occorre sempre ricordare che il paziente vittima di una caduta è da ritenere a rischio di ulteriore caduta. Dopo il progetto portato avanti qualche tempo fa, come continua il vostro impegno su queste problematiche? Negli ultimi anni il Dipartimento di medicina interna, dell’invecchiamento e delle malattie nefrologiche ha sviluppato un progetto per fornire ai familiari dei pazienti poche e semplici indicazioni di comportamento, ma utili per prevenire le cadute dei loro cari. I suggerimenti posti su poster e in pieghevoli informativi sono focalizzati su cinque punti: lasciare i pavimenti asciutti e liberi da ostacoli; assicurare che il campanello sia funzionante e accessibile; aiutare il paziente durante gli sposta- tilizzo dei letti, che ancora troppo spesso hanno un design poco attento al rischio di cadute, che ricordo colpiscono prevalentemente pazienti autonomi nell'atto di salire o scendere dal letto. Ci sono poi aspetti più banali ma altrettanto rilevanti come la disponibilità dei corrimano nei bagni, i campanelli di chiamata raggiungibili nei bagni e nei testa letto, l'illuminazione notturna di stanze e corridoi. C’è una necessità di uniformare gli strumenti per affrontare questo problema? Ovviamente è auspicabile che ogni azienda o regione promuova l'utilizzo di strumenti standard, per garantirne la validità, l'affidabilità e la sostenibilità. È necessario che gli operatori abbiano a disposizione strumenti semplici e funzionali alla prevenzione del rischio, non procedure complesse e inapplicabili nella realtà quotidiana. Renato Torlaschi Paolo Chiari Ricercatore presso il Dipartimento di medicina interna, dell'invecchiamento e delle malattie nefrologiche dell'Università di Bologna Dirigente delle professioni sanitarie presso la Direzione del servizio infermieristico tecnico e riabilitativo dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna. Responsabile del Centro Studi EBN dell'Azienda OspedalieroUniversitaria di Bologna. menti; accendere la luce nelle ore notturne prima di scendere dal letto; indossare calzature chiuse. Le indicazioni sono fornite ai familiari anche per essere utilizzate al proprio domicilio. È stato fatto un bilancio dei risultati ottenuti? Attualmente continua l’attenzione alla prevenzione delle cadute nel Dipartimento, anche con supporto alle famiglie. In molti reparti si è passati dalla logica “il reparto è chiuso tranne che nelle ore di visita autorizzate” alla nuova logica in cui il reparto è sempre aperto, tranne in alcuni momenti molto limitati. Su tutto l’ospedale continua la rilevazione del fenomeno. Renato Torlaschi ORTHOviews Review della letteratura internazionale EVIDENCE BASED MEDICINE Autismo e vaccini: un caso clamoroso di frode scientifica Non era cattiva scienza, non si trattava di risultati basati su metodi approssimativi, né di conclusioni tratte da un campione troppo piccolo. La scoperta dell’associazione tra autismo e vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia era più semplicemente il risultato di una frode. La storia inizia nel 1998 quando The Lancet pubblica un articolo scritto da un chirurgo gastroenterologo londinese, Andrew Wakefield, in cui viene descritto un gruppo di 11 bambini e una bambina affetti da disturbi intestinali e del comportamento (per lo più autistici), i cui sintomi sarebbero comparsi, secondo quanto riportato dai genitori, pochi giorni dopo la somministrazione del vaccino trivalente. Nell’articolo gli autori suggerivano che quella descritta fosse con ogni probabilità una nuova sindrome e che potesse essere stata causata proprio dalla vaccinazione. Molto scarsa la valenza scientifica dello studio L’articolo riportava una cosiddetta case series (serie di casi clinici), ovvero un tipo di studio molto in basso nella gerarchia della ricerca clinica, privo di un gruppo di controllo, che non è in grado di dimostrare alcunché in termini scientifici, in particolare per quanto riguarda le cause e i fattori di rischio delle malattie. Inoltre le condizioni descritte erano piuttosto comuni, tanto da poter essere contemporaneamente presenti nello stesso individuo anche per puro caso. Considerazioni che indussero alcuni dei revisori incaricati di valutare il valore dell’articolo, a sconsigliarne la pubblicazione. Isteria di massa Eppure questo articolo così poco scientifico, grazie anche alla facile presa che una malattia grave e misteriosa come l’autismo ha sulla pubblica emotività, scatenò una tempesta mediatica capace di occupare, per buona parte del decennio appena passato, le prime pagine dei quotidiani. I titoli dei telegiornali inglesi coinvolsero anche l’allora primo ministro Tony Blair che, rifiutandosi di rispondere alla domanda se il figlio neonato fosse stato vaccinato, contribuì a far crescere l’isteria anti-vaccino. La smentita non arriva dalla comunità scientifica Un personaggio molto importante di questa storia è stato (fortunatamente) Brian Deer, giornalista del Sunday Times, quindi estraneo al mondo della ricerca medica e accademica, che in questi anni ha investigato con caparbietà sull’attività del dottor Wakefield e su come venne svolta la ricerca. Consultando documentazioni cliniche, intervistando i protagonisti della storia e confrontano i dati raccolti esaminando le cartelle cliniche con quanto scritto nell’articolo, il giornalista ha messo insieme una trama lunga e complicata, riassunta nei tre articoli pubblicati lo scorso gennaio sul British Medical Journal (www.bmj.com). Grazie a questo lavoro oggi sappiamo che nessuno dei 12 casi è stato descritto accuratamente nel lavoro pubblicato su The Lancet e che la storia relativa ai disturbi di tutti i piccoli pazienti è stata modificata in modo che meglio potesse sostenere le conclusioni a cui si voleva arrivare. Una vera e propria truffa Anche la selezione dei pazienti si è rivelata diversa da quanto riportato dagli autori. Il dottor Wakefield collaborava (lautamente pagato) con uno studio legale che rappresentava gli interessi di un gruppo di genitori intenzionati a citare in giudizio i produttori del vaccino trivalente, perché convinti del legame con l’autismo. I 12 piccoli pazienti non erano quindi stati ammessi consecutivamente al Royal Free Hospital, ma rappresentavano un campione selezionato ad hoc: un po’ come se, invece di sparare ad un bersaglio, si sparasse contro un muro e si disegnasse intorno il bersaglio. Il dottor Wakefield aveva altri conflitti d’interesse oltre alla relazione con quello studio legale. Come ci racconta Brian Deer, il chirurgo fin dalla prima conferenza stampa convocata per presentare l’articolo, dichiarò che probabilmente la somministrazione di tre vaccini separati sarebbe stata più sicura. Proprio il tipo di vaccino a cui avrebbe iniziato a lavorare la compagnia di cui vennero poste le basi due giorni dopo e che lo vedeva fra i fondatori. Adesso Wakefield è stato radiato dall’ordine dei medici inglese dopo la più lunga udienza disciplinare svolta al General Medical Council (217 giorni) e nel 2010 l’articolo è stato ritrattato da The Lancet. Ma quali sono state le conseguenze di questa frode? Principalmente un’ingiustificata e prolungata paura nei confronti del vaccino trivalente. Come spiega Fiona Goodle, editor in chief del BMJ “[…] il danno per la salute pubblica continua […]. Benché i tassi di vaccinazione nel Regno Unito siano risaliti dal minimo dell’80% raggiunto nel 2003-4, essi sono ancora al di sotto del 95% r a c c o m a n d a t o dall’Organizzazione mondiale della sanità […]. Nel 2008, per la prima volta in 14 anni, il morbillo è stato dichiarato endemico in Inghilterra e Galles”. Responsabilità da dividere Nonostante le colpe dimo- strate, buttare la croce addosso al solo dottor Wakefield è semplicistico e quindi non ci aiuta a capire cosa sia successo e perché. Ricercatori e co-autori, editor di riviste mediche e giornalisti, pazienti e familiari, lettori e spettatori, medici e politici, aziende e istituzioni. Ce n’è per tutti. Speriamo almeno che non si perda l’occasione per meditarci sopra, come individui e tra individui, come categorie e tra categorie. Giovanni Lodi Università di Milano 16 ANCA ONCOLOGIA Protesi d'anca e insorgenza di malattie Tumore della Quale trattamento prostata e problemi per le tendinopatie alle ossa del bicipite? Le artroprotesi totali dell’anca possono avere un qualche ruolo nelle cause di morte del paziente? E sulla sua aspettativa di vita? La risposta a entrambe le domande sembrerebbe affermativa, stando ad un’indagine finlandese condotta dal dottor Tuomo Visuri e dai suoi colleghi, che hanno monitorato il decorso post-operatorio di 579 pazienti (operati tra il 1967 e il 1973) con protesi totale dell’anca metallo su metallo (MM) e 1.585 (operati tra il 1973 e 1985) con protesi metallo su polietilene (MP), tutti affetti da osteoartrite primaria. Alla fine del 2005 il 91,1% dei pazienti del primo gruppo (MM) risulta essere deceduto, mentre nei pazienti del secondo (MP) la percentuale si ferma all’82%. Nel raffronto fra i tassi di mortalità tra le due classi di pazienti e la popolazione normale si riscontra: una significativa diminuzione del dato entro il primo decennio successivo all’innesto protesico, una sostanziale parità dopo la prima decade, mentre un deciso aumento lo si può registrare dopo vent’anni dall’avvenuto intervento. Per quanto riguarda l’incidenza di patologie specifiche, la situazione appare più articolata e complessa. A tal proposito un fattore sembra avere un ruolo di maggiore responsabilità. Infatti è comprovato che i pazienti portatori di artroprotesi sono esposti a particelle e ioni La terapia ormonale antiandrogena, un trattamento utilizzato contro il cancro della prostata, si conferma associata a deterioramento osseo, secondo un recente studio australiano di cui dà notizia il Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, la principale rivista scientifica di endocrinologia. Anche se condotta su un numero ristretto di pazienti, la ricerca presenta diversi motivi di interesse, dalla metodologia innovativa utilizzata al fatto che i pazienti sottoposti a questo tipo di terapia sono sempre più numerosi - se ne stimano 600.000 nei soli Stati Uniti - anche in ragione della diffusione del cancro alla prostata, il secondo fra i tumori che più frequentemente colpiscono gli uomini. Questa neoplasia, per svilupparsi, ha bisogno degli ormoni sessuali maschili e la terapia ormonale funziona proprio perché ne blocca la produzione o l’attività. Ma la carenza di testosterone negli uomini ha pesanti implicazioni: si accompagna a osteoporosi, fratture e a una riduzione della massa muscolare. E gli agonisti GnRH, che costituiscono la più comune forma di terapia ormonale, riducono il testosterone a livelli minimi, inferiori al 5% dei valori normali, e i valori di estradiolo al 20%. Un calo di densità minerale ossea, misurata con la assorbimetria a raggi X a doppia energia (Dexa), era già stato documentato negli uomini con tumore alla prostata trattati con gli agonisti GnRH. La causa potrebbe anche risiedere nei concomitanti cambiamenti corporei, con il tipico aumento della massa grassa a scapito di quella magra, ma la densitometria non chiarisce la base strutturale del deficit. Ed ecco dunque la novità introdotta dal team di ricercatori dell’Università di Melbourne, che per la prima volta sono riusciti a esaminare in profondità i cambiamenti che avvengono nella struttura ossea durante la terapia ormonale. La sperimentazione è stata condotta su 26 uomini con tumore alla prostata non metastatico, di cobalto e cromo, rilasciati dalla protesi stessa e che si disseminano nell’organismo raggiungendo in particolare linfonodi, fegato, milza e midollo osseo. L’esposizione nel lungo termine a tali metalli pesanti, attraverso esperimenti effettuati sia in vitro che in vivo, ha dimostrato effetti genotossici che si traducono in aberrazioni cromosomiche e conseguenti danni al Dna. Anche in relazione a ciò, lo studio ha analizzato le cause di morte in entrambe le classi di pazienti, tenendo presente che il numero di particelle metalliche riscontrate nei pazienti MM è superiore di circa 1.000 volte rispetto a quello dei pazienti MP. Balza subito all’occhio che i disturbi cardiovascolari hanno causato la morte nel 57% dei pazienti del primo gruppo e nel 54% dei pazienti del secondo; nel raffronto con la popolazione normale la mortalità per complicanze cardiovascolari è rispettivamente: più bassa nel primo decennio, simile tra i dieci e i vent’anni, molto più alta dopo la seconda decade. La mortalità da patologie neoplastiche nel primo gruppo è simile a quella della popolazione normale, mentre si riduce significativamente nel secondo gruppo. E ancora, la mortalità riferibile a diabete si mantiene sostanzialmente bassa in entrambe le classi di pazienti, così come quella da affezioni respiratorie. Infine, Alzheimer e demenza senile in generale si manifestano con maggiore frequenza tra i pazienti MP rispetto a quelli MM. Ma per approdare a conferme definitive, e unanimemente riconosciute dalla comunità internazionale, va ribadita con forza la necessità di studi scientifici corposi, compiuti su più larga scala. Vincenzo Marra Visuri T, Borg H, Pulkkinen P, Paavolainen P, Pukkala E. A retrospective comparative study of mortality and causes of death among patients with metal-on-metal and metal-onpolyethylene total hip prostheses in primary osteoarthritis after a long-term follow-up. BMC Musculoskelet Disord 2010 Apr 23;11:78. A RTO S U P E R I O R E inclusi nello studio mentre stavano iniziando la terapia con gli agonisti GnRH e seguiti nel corso dei successivi 12 mesi. Sono stati esclusi di proposito pazienti in cura con farmaci anti-osteoporotici, per evitare che i risultati ne potessero essere influenzati. Ed ecco le cifre ottenute: dopo i 12 mesi di terapia, la densità volumetrica totale è diminuita del 5.2±5.4% al radio distale e del 4.2±2.7% alla tibia distale. Entrando in maggiore dettaglio e traducendo le percentuali in concetti clinicamente significativi, gli autori spiegano che la maggiore fragilità ossea nei pazienti in trattamento con terapia ormonale antiandrogena risulta maggiormente correlata con le carenze nei livelli di testosterone che non a quelli di estradiolo. “Abbiamo sfruttato una tecnologia innovativa che permette di controllare la microstruttura ossea” dicono i dottori Emma Hamilton e Mathis Grossmann, che hanno coordinato lo studio. Si tratta della tomografia computerizzata quantitativa periferica ad alta risoluzione (HR-pQCT), che effettua una sorta di “biopsia ossea virtuale”, evidenziando in vivo l’architettura trabecolare e la densità minerale ossea volumetrica alla tibia e al radio. “È una tecnologia - spiegano gli autori - che in futuro potrà essere utile per prevedere le fratture nei pazienti e per aiutare ad elaborare le strategie terapeutiche più opportune”. R. T. Hamilton EJ, Ghasem-Zadeh A, Gianatti E, Lim-Joon D, Bolton D, Zebaze R, Seeman E, Zajac JD, Grossmann M. Structural decay of bone microarchitecture in men with prostate cancer treated with androgen deprivation therapy. J Clin Endocrinol Metab 95: E456–E463, 2010. Ogni anno, solo negli Stati Uniti, circa quattro milioni di persone si rivolgono al medico o al chirurgo per traumi e lesioni alle braccia e dieci milioni per problemi alla spalla. In questo ambito, le tendinopatie del capo lungo del bicipite brachiale compongono uno spettro di patologie che va dalla tendinite infiammatoria alla tendinosi degenerativa e si accompagnano spesso con altre patologie della spalla. Un improvviso e acuto dolore alla parte alta del braccio; uno schiocco o un colpo secco alla spalla o al gomito; crampi ai bicipiti dopo un uso energico del braccio; un senso di ammaccatura dalla parte mediana o superiore del braccio fino al gomito; dolore o accentuata sensibilità o debolezza a spalla e gomito; difficoltà a ruotare, sollevare o abbassare il palmo della mano, la comparsa di un rigonfiamento al di sopra del gomito (segno di Popeye): sono tutti sintomi che i pazienti tipicamente riportano al medico in questi casi. Le cause possono essere diverse: ferite, traumi, sovraccarico, infiammazione o degenerazione. Di conseguenza, il percorso diagnostico deve prevedere un’accurata ricostruzione della storia clinica del paziente, l’esame fisico e la valutazione radiografica. Quanto al trattamento, nei casi più favorevoli può bastare un approccio non chirurgico, con opzioni che vanno dal riposo alla somministrazione di farmaci anti-infiammatori non steroidei, alla terapia fisica, alle infiltrazioni. Ma quando il quadro si aggrava è spesso opportuno ricorrere alla chirurgia. Alla semplice tenotomia, che consiste nel distacco del tendine dall’inserzione articolare, si può aggiungere la reinserzione del tendine alla doccia bicipitale, ossia la tenodesi. Storicamente sono state proposte diverse tecniche di tenodesi e, accanto ai tradizionali interventi in chirurgia aperta, si stanno ora affermando anche approcci di tipo artroscopico. Proprio di queste problematiche si occupa un articolo scritto da un gruppo di ortopedici americani che operano in centri di Boston, di San Diego e del Connecticut e pubblicato recentemente sulle colonne del Journal of the American Academy of Orthopaedic Surgeons. Shane Nho, esperto delle patologie di spalla della Divisione di medicina dello sport presso il Rush University Medical Center di Chicago, ritiene che l’obiettivo che si deve porre il chirurgo nel trattamento di qualsiasi tendinopatia del capo lungo del bicipite debba consistere nel ridurre il dolore del paziente rispettandone lo stile di vita. “Abbiamo visto – dichiara Nho - che esiste una notevole quantità di eccellenti opzioni chirurgiche e non chirurgiche. Nel realizzare la nostra revisione, abbiamo scoperto che c’è la necessità di condurre ricerche comparative che possano aiutare il medico a operare la scelta migliore a seconda del tipo di patologia e delle caratteristiche del paziente”. Relativamente alle tecniche chirurgiche, le statistiche ricavate dagli ultimi studi pubblicati in letteratura, indicano che non si hanno differenze significative nel recupero della funzionalità e nella soddisfazione testimoniata dai pazienti tra le due principali opzioni, la sola tenotomia del bicipite o la tenodesi. Gli autori della revisione concordano nell’indicare che la tenodesi dovrebbe essere principalmente utilizzata nei pazienti più giovani e attivi. Comunque, entrambi i trattamenti delle tendinopatie del capo lungo del bicipite vantano elevate percentuali di successo e presentano una bassa frequenza di complicazioni, al di sotto dell’1%. G. P. Nho SJ, Strauss EJ, Lenart BA, Provencher MT, Mazzocca AD, Verma NN, Romeo AA. Long Head of the Biceps Tendinopathy: Diagnosis and Management. J Am Acad Orthop Surg Vol 18, No 11, November 2010, 645-656. 18 L AVO RO O R I G I N A L E Riduzione incruenta per la lussazione di spalla La lussazione anteriore di spalla è molto frequente e può verificarsi sia per trauma diretto che indiretto. La dislocazione scapoloomerale rappresenta più del 60% di tutte le lesioni traumatiche e il 95% di queste dislocazioni sono antero-inferiori. I meccanismi patogenetici responsabili di tale lesione sono costituiti da: trauma diretto a livello della spalla; caduta sul braccio in abduzione. In questa posizione al momento della caduta si osserva un’espulsione della testa in avanti con lesione del bordo anteriore della glena e del cercine; rotazione forzata all’esterno con braccio in abduzione; iperestensione sul braccio in abduzione. La traslazione anteriore della testa lede prima la capsula e, poi, stacca il cercine dall’inserzione ossea. Le lussazioni di spalla possono essere classificate in anteriori e posteriori. In particolare le lesioni anteriori possono essere: sottocoracoidea; sottoglenoidea; intracoracoidea; sotto clavicolare; sopracoracoidea. Le lesioni posteriori possono essere invece: sotto acromiale; sotto spinosa. Il trattamento delle lussazioni anteriori della scapolo-omerale, avvenute in un breve delta temporale, è quasi sempre incruento e si avvale di metodiche già codificate che ne permettono la perfetta riduzione. Essa viene solitamente attuata in narcosi, onde abolire le contratture muscolari riflesse che fissano la testa omerale nella sede anomala. Questa patologia può, quindi, essere trattata con diversi tipi di riduzione tra cui ricordiamo: la sola trazione descritta da Stimson; la manovra di Kocher; il metodo ippocratico; la tecnica di Cooper e Milch. Il metodo di Stimson prevede il posizionamento del paziente in posizione prona. La trazione è garantita da un leggero peso applicato al polso. La manovra di Kocher è stata descritta per la prima volta nel 1869 e non prevede il ricorso alla trazione. Tale manovra prevede, invece, che il paziente venga posto con il braccio a contatto con il corpo e con il gomito flesso. L’operatore deve procedere con una rotazione esterna fino a quando non incontra resistenza. Segue, poi, l’elevazione sul piano saggittale sempre fino ad incontrare resistenza. Si prosegue con una leggera rotazione interna. La tecnica di Kocher è stata accettata come metodo di riduzione fino al 1927 quando Roux affermò che tale tecnica aveva successo solo in caso di lussazione subcoracoide. In seguito è stata spesso modificata nel tentativo di aumentare il numero dei succesi e ridurre le complicanze. Nel 1883 Jersey affermò la necessità di aggiungere la trazione a tale manovra. La manovra di Ippocrate viene attuata a paziente supino sul letto; l’operatore traziona l’arto superiore in basso, imprimendo leggeri movimenti di abduzione e adduzione, mentre con il calcagno spinge la testa omerale nella sede. Nel 1825 Cooper descrisse una manovra in cui il massimo livello di rilassamento muscolare è raggiunto nella “posizione zero”, così definita da Soha. Tali manovre non prevedono, però, un approccio filsiologico e a causa delle violente forze applicate sono spesso associate a complicanze. Tra le possibili complicanze ricordiamo le lesioni capsulari, legamentose, vascolari e nervose. UNA METODICA ALTERNATIVA DI RIDUZIONE DELLA LUSSAZIONE Una metodica alternativa, che non ha pretese di essere considerata al pari delle precedenti, non ancora codificata e qui esposta solo sul piano teorico può essere la seguente. Il paziente viene sottoposto a un accurato esame clinico per verificare l’eventuale presenza di lesio- ni neuro-muscolari periferiche. In seguito si pone diagnosi di lussazione anteriore di spalla tramite l’indagine radiografica eseguita nelle proiezione antero-posteriore e laterale. Accertata la natura della lussazione ed esclusa la presenza di fratture ossee a livello omerale e del cingolo scapolare si procede con la manovra riduttiva. Il paziente viene fatto sedere all’estremità inferiore del lettino mente il medico si posiziona lateralmente al fianco del malato all’altezza della spalla lussata. Successivamente si somministra una dose di antidolorifico (spesso indispensabile), mentre non si ritiene opportuno l’uso di anestetici. Il paziente viene informato attentamente riguardo i vari passaggi della procedura in modo da ottenere il massimo rilassamento muscolare e la migliore collaborazione. Inizialmente pone il gomito flesso a 90° mentre la spalla è abdotta di circa 45°. Il medico pone il proprio avambraccio sotto l’ascella lesionata mentre afferra con la mano il polso del paziente omolaterale alla lesione. La sua mano libera viene posta a livello del gomito del paziente, dove si applica un leggera trazione in senso caudale. Un secondo operatore pone una mano a livello della spalla in modo da bloccare l’articolazione acromio-clavicolare e impedire la risalita dell’articolazione stessa; a questo punto il medico esercita una forza, tramite il proprio avambraccio, diretta contro l’ascella in direzione antero-rostrale mentre con le mani poste a livello del polso e del gomito extraruota la spalla trazionando verso l’esterno il braccio del paziente, riducendo così la lussazione. Ancora ampiamente aperta al dibattito, appare sul piano teorico una manovra efficace e sicura se eseguita da mani esperte. Severe complicanze sono riportate nelle riduzioni di spalla soprattutto nei pazienti anziani. Tra le principali si ricordano cambiamenti degenerativi nei vasi che possono essere suscettibili a ripetuti eventi trombotici; tramite la manovra di Kocher sono state descritte riscontrare frattura della testa omerale in pazienti osteoporotici, lesioni ai vasi e nervi della capsula articolare. L’utilizzo della Stimson richiede una maggiore collaborazione da parte del paziente e un maggior sforzo da parte dell’operatore. Il metodo ippocratico può causare lesioni vascolonervose così come danni ai legamenti della spalla quando viene eseguito con eccessiva forza o non correttamente. Questa nuova metodica proposta vede in sé alcuni possibili vantaggi: rapida velocità di esecuzione calcolata in un tempo compreso tra i 5 e 15 secondi, massima fisiologia dei movimenti con minimo traumatismo dei tessuti, senza riscontri negativi per pazienti con massa muscolare elevata o per soggetti di età avanzata. Il non utilizzo di procedure anestesiologiche, facilita l’esecuzione della manovra grazie anche alla collaborazione attiva del malato. Tale tecnica presenta inoltre il vantaggio di poter essere effettuata anche da un singolo operatore. In conclusione, senza nulla togliere alle manovre descritte e codificate in passato, che hanno riportato ottimi risultati sia in letteratura che “sul campo”, vogliamo solo suggerire come la medicina in continua evoluzione possa anche essere applicata in campi già noti: spingendo avanti la ricerca non solo verso nuove procedure ma anche rivalutando e mettendo in discussione procedure affermate da anni. Lorenzo Castellani Matteo Laccisaglia Osteocondrite dissecante del ginocchio Ascesso di Brodie L’osteocondrite dissecante del ginocchio si può definire come un processo patologico che vede come risultato finale il distacco (quasi sempre parziale) di una cartilagine articolare. Quasi tutte le articolazioni possono essere interessate da questa problematica, ma esiste una netta predominanza a livello dei condili femorali. La diagnosi, oltre che basarsi sui segni clinici (pochi e non specifici) trova nella risonanza magnetica il gold standar per lo studio della patologia. Uno stretto follow-up porta quasi sempre a una corretta e completa guarigione, in particolare nei soggetti in accrescimento. In pazienti giunti alla completa maturità ossea su può invece assistere a complicazioni, portando la patologia verso una degenerazione periartrosica. anche di immobilità. La combinazione di questi due fattori, attraverso l’impiego di tutori per circa 8-10 settimane, può portare a guarigione della sintomatologia e al ripristino di una corretta superficie articolare. In caso di persistenza della sintomatologia e/o di instabilità del frammento (valutato tramite risonanza magnetica di controllo) è necessario ricorrere all’approccio chirurgico. Il trattamento varia a seconda del grado di instabilità del frammento. Per frammenti stabili, con persistenza della sintomatologia, perforazione e/o condroabrasione artroscopia della cartilagine possono portare a completa guarigione. In caso di instabilità marcata del frammento è necessario un vero e proprio fissaggio con mezzi di sintesi (fili di kirshner, viti canulate o altro), che potranno essere rimossi a distanza di 6-8 settimane. A tutt’oggi esiste un forte dibattito su quale sia la tecnica migliore da impiegare a seconda dei casi e soprattutto su come poter gestire il “potenziale” insito nel trapianto di condrociti. Risultati in corso, e trial clinici da definire faranno chiarezza su come sarà possibile poter ripristinare una superficie cartilaginea integra e meccanicamente funzionante. Descritto come una forma di osteomielite cronica, l’ascesso di Brodie, è caratteristico dell’età infantile adolescenziale. Presenta come sede di elezione la metafisi delle ossa lunghe e trova la sua causa principale nel trasposto attraverso il sangue di agenti infettanti. Si presenta come una cavità osteolitica ben definita, a margini netti di forma spesso ovalare o rotondeggiante. L’osso circostante la lesione, attraverso una reazione para fisiologica, diventa maggiormente compatto (tentativo di aumentare la resistenza meccanica) e può manifestare una reazione periostale. Il primo sintomo è sicuramente il dolore locale, caratterizzato da un andamento intermittente con possibile tumefazione e ipertermia cutanea locale. Gli esami ematici non sono patognomonici: è possibile notare un leggero rialzo della VES accompagnato da modesta leucocitosi. La diagnosi, o meglio il sospetto diagnostico, deve essere posto confrontando la clinica con le immagini radiografiche (che fondamentalmente rispecchiano il quadro tipico descritto in precedenza). Il trattamento è sostanzialmente chirurgico: curettage e pulizia della lesione. I risultati sono ottimi sia da un punto di vista clinico che funzionale. Lorenzo Castellani, Matteo Laccisaglia Lorenzo Castellani, Matteo Laccisaglia QUALE TRATTAMENTO? La terapia consiste nel trattamento non cruento (ove possibile) o nel ricorso alla chirurgia per il ripristino della cartilagine articolare e risoluzione della sintomatologia. Il trattamento conservativo consiste principalmente nel mantenere l’articolazione in scarico assoluto e, nel periodo di maggior espressione della sintomatologia, 21 FORMAZIONE CONTINUA ? LA ? Il Q u e s i t o D i a g n o s t i c o SOLUZIONE A PAGINA A cura di Giorgio Castellazzi 30 Antonella è una signora di 50 anni che vive a Roma, assieme alla figlia: ha sempre lavorato nel negozio di famiglia, una salumeria in pieno centro. Sin da bambina ha sofferto di una forma di asma medio-grave e di dermatite seborroica soprattutto al cuoio capelluto. Ha subito due interventi chirurgici sinora, uno per meniscectomia mediale a destra (15 anni fa), l’altro di quadrantectomia al seno sinistro per carcinoma mammario (10 anni fa), con negatività di tutti gli esami di follow-up seguenti. Da qualche mese avverte lombalgia da sforzo, saltuaria ma di discreta entità, per cui ha deciso di recarsi dal medico di famiglia. RX (1), proiezione latero-laterale, particolare su L2 Esami Strumentali e di Laboratorio Dopo la visita, il medico di famiglia ha prescritto alla donna una radiografia (RX) della colonna lombare (1). A un primo colpo d’occhio non vi sono reperti di rilievo. Guardando tuttavia con maggior attenzione, si possono notare sfumate calcificazioni nel soma di L2, sul versante dorsale, mentre l’altezza del muro posteriore e la distanza tra le limitanti somatiche rimangono conservate. È dunque stata eseguita un’indagine di Risonanza Magnetica (RM) della colonna lombare (2), con e senza mezzo di contrasto paramagnetico. Quel che balza all’occhio è un’alterazione singola nel soma di L2, tondeggiante, ipointensa in tutte le pesate, e senza significativo enhancement postcontrasto, dunque a contenuto in prima ipotesi calcifico. L’indagine di Tomografia Computerizzata (TC) mirata alla vertebra in questione (3) conferma lesione focale addensante del versante posteriore del soma, a margini netti. Gli esami del sangue hanno evidenziato un lieve rialzo degli indici di flogosi, delle transaminasi epatiche e della fosfatasi alcalina. È stata poi eseguita biopsia mirata (4) con controllo radiografico. RX (1), proiezione frontale RX (1), proiezione latero-laterale RM (2), sezione sagittale, T1-pesata RM (2), sezione sagittale, STIR Ipotesi Diagnostiche Di • • • • • cosa potrebbe trattarsi? Metastasi singola da carcinoma mammario Linfoma Paget Spondilite Sapho TC (3), sezione assiale RX (4), particolare in proiezione frontale RM (2), sezione sagittale, T1-pesata post-gadolinio RX (4), particolare in proiezione latero-laterale 23 CORSI E CONGRESSI Chirurgia vertebrale sempre più di confine Un congresso incentrato su deformità e patologia degenerativa sarà l’ennesima occasione di confronto e aggiornamento clinico per chirurghi vertebrali di diversa estrazione L’interesse del professor Pier Paolo Mura per la chirurgia della colonna vertebrale è cominciata venticinque anni or sono. “Da allora - ricorda - ho seguito un lungo percorso chirurgico, scientifico, di ricerca, di education”. Uno dei frutti di questo percorso è il congresso che presiederà i prossimi 8 e 9 aprile presso il Su Gologone Country Resort a Oliena, in provincia di Nuoro. Il professor Mura non è nuovo a questo tipo di eventi in terra di Sardegna, che offre location indubbiamente suggestive ma richiede di superare le difficoltà di una posizione decentrata, anche se i collegamenti aerei con il resto del mondo - grazie agli aeroporti di Cagliari e Olbia la rendono molto più facilmente raggiungibile di quanto si pensi. Le ragioni di questa scelta sono intuibili e ce le spiega lo stesso Pier Paolo Mura. La scelta di fare il congresso in Sardegna è chiara, perché il Presidente è sardo e ama la propria isola, dove tanti anni fa ha cominciato a praticare questa delicata chirurgia. “In Sardegna, vicino a Cagliari, c’è un parco scientifico tecnologico dove si fa ricerca ad altissimi livelli, dove io sono presente e dove ho organizzato il congresso nel 2009” ci ha spiegato il chirurgo. Professor Mura, quale il significato del titolo del Congresso, “Chirurgia vertebrale: deformità e patologia degenerativa”? Il congresso ha l’intento di favorire un confronto tra colleghi relativamente a tutto ciò che quotidianamente facciamo per il bene dei nostri malati, valutando l'indicazione al trattamento, i risultati ottenuti e le eventuali possibili complicanze, per cercare di comprenderne poi il significato. È stato organizzato mettendo insieme un gruppo di esperti del settore al fine di affrontare gli argomenti specifici ai più alti livelli e per cercare un consenso. A proposito di argomenti: nello scorrere il programma si nota la presenza contemporanea di numerose tematiche diverse… L’eterogeneità degli argomenti scaturisce dal fatto che, ormai da alcuni anni, si è stabilito un rapporto professionale sempre più frequente e intenso, in termini di chirurgia vertebrale, tra i chirurghi vertebrali di estrazione ortopedica e neurochirurgica su argomenti come la spondilolistesi e la stenosi, mentre a tutt’oggi le deformità vengono trattate dall’ortopedico: ho ritenuto pertanto che fosse interessante fare un mix in questo senso. La formula ideale per un evento scientifico probabilmente non esiste. La struttura a tavola rotonda con la presentazione di casi clinici offre la possibilità di concentrarsi sul dialogo e sul confronto diretto e immediato su fatti concreti e di attualità clinica. Ritengo che non siano ancora sufficientemente diffuse conoscenza e informazioni corrette e adeguate in merito alla chirurgia vertebrale, non solo nel cosiddetto cittadino comune, ma anche presso figure professionali di estrazione differente. Per questa ragione, ritengo indispensabile trovare i canali giusti per fare una corretta informazione. In tema di spondilolistesi, è ancora viva la memoria del congresso di Pula del 2009. Due anni non sono molti, ma il settore è in continua evoluzione… Per quanto concerne la spondilolistesi non vi sono novità eclatanti, ma la conoscenza migliora sempre, come pure la competenza in termini di indicazione al trattamen- CHIRURGIA VERTEBRALE: DEFORMITÀ E PATOLOGIA DEGENERATIVA Pier Paolo Mura è direttore del Dipartimento di ortopedia e responsabile dell’Uoc di chirurgia vertebrale e centro scoliosi kinetika sardegna del Policlinico Sant'Elena di Quartu Sant’Elena (Cagliari). È inoltre docente presso l’Università di Roma “La Sapienza”, Polo Pontino. Mura nel 2007 ha organizzato e presieduto il 30esimo congresso della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (Gis), che per la prima volta nella sua storia si è svolto in Sardegna, a Cagliari. 8-9 aprile Oliena (NU), Su Gologone Country Resort Segreteria organizzativa: My Meeting srl Tel. 051.796971 - Fax 051.795270 [email protected] - www.mymeetingsrl.com to, mentre le metodiche chirurgiche diventano sempre meno invasive e gli strumentari protesici sempre più sofisticati, con percentuali più elevate di buoni risultati. Un altro argomento su cui si discuterà al congresso è la scoliosi dell’adulto, piuttosto trascurato in passato Il discorso sulla scoliosi dell’adulto è di estremo interesse, in quanto si tratta di una patologia di sempre più frequente osservazione nei nostri pazienti. Questa scoliosi può determinare dei sintomi particolarmente gravi e invalidanti che hanno un carattere progressivo e in cui le cure farmacologiche, fisioterapiche, motorie e ortopediche non danno alcun beneficio. Sono questi i casi che hanno un’indicazione chirurgica, anche se prima ovviamente si prova ad affrontare la scoliosi dell’adulto con le cure meno complicate. Si tratta di una patologia di acquisizione relativamente recente, ma cominciano a essere disponibili protocolli di maggiore chiarezza. La percentuale di rischio in questi trattamenti è elevata perché si tratta di pazienti anziani, in cui alla scoliosi degenerativa si associano osteoporosi, stenosi, instabilità, discopatie, ernie del disco e comorbilità di vario genere. Tuttavia va detto che valide alternative alla chirurgia in pazienti gravemente sofferenti, oggi non esistono. Una tavola rotonda verrà poi dedicata agli interventi di revisione nelle patologie degenerative lombari. Quali le peculiarità di questa chirurgia? Gli interventi di questo tipo sono sempre particolarmente complessi e difficili, con minori percentuali di successo rispetto a quanto si può ottenere con la chirurgia primaria. Il chirurgo cerca di prevedere tutto il prevedibile, ma non sempre questo è possibile. E anche l’errore umano, se pur raro, esiste. Le complicanze non si possono evitare completamente, ma si possono minimizzare aumentando la conoscenza e la competenza, rifinendo ulteriormente l'indicazione al trattamento. Relativamente alle cifosi, si parlerà dei trattamenti che oggi appaiono più promettenti? Per quanto riguarda l’approccio chirurgico, le correzioni mediante tecniche di osteotomia vertebrale e sistemi di stabilizzazione con viti - anche viti specifiche per il paziente osteoporotico e viti canulate per l'introduzione di cemento laddove sia necessario - permettono di ottenere risultati eccellenti con notevole riduzione dei tempi di degenza in ospedale e di riabilitazione. L’approccio multidisciplinare è sempre auspicabile perché il paziente ne trae maggiori vantaggi. Anche dalle diverse culture ed esperienze portate dal chirurgo, dal fisiatra e fisioterapista e dal posturologo, il paziente avrà ulteriori e più rapidi benefici. Questo vale sempre anche per le scoliosi operate… Sì, questo vale sempre e inoltre, nel trattamento chirurgico delle scoliosi dell’adulto, vale la pena di focalizzarsi sulle nuove tecniche percutanee mini-invasive. Ci si può oggi avvalere di accessi che fanno soffrire meno i tessuti muscolari rispetto a quelli tradizionali, che possono venire scollati e trazionati con minore sanguinamento e dolore nel post-operatorio. chirurgia di revisione nelle deformità. Gli interventi di revisione nella chirurgia delle deformità devono con maggiore frequenza affrontare la mobilizzazione degli impianti protesici in vertebre osteoporotiche oppure per la frattura della vertebra sovrastante la fissazione protesica, sempre per motivi di osteoporosi. Le problematiche in questi casi sono molto impegnative e comportano la necessità di estendere la strumentazione chirurgica e di adottare tutti i particolari di tecnica per aumentare la tenuta degli impianti stessi. Infine, il tema della sesta sessione sarà la Renato Torlaschi Agenda Eventi CHIRURGIA VERTEBRALE: I PROSSIMI APPUNTAMENTI IN ITALIA 15-16 aprile, Cioccaro di Penango, Asti Rachide cervicale C0-C7: chirurgia e pitfalls nella patologia degenerativa e traumatica 5-7 maggio, Vicenza XXXIV Congresso Nazionale GIS 5-7 giugno, Firenze 60° Congresso Nazionale SINch 15 ottobre, Selva di Fasano (Brindisi) XII Congresso regionale Aploto La colonna lombare stenotica 16-18 ottobre, Roma Spinal surgery across mediterranean 1-2 dicembre, Roma Congresso Rome Spine 24 CORSI E CONGRESSI 25 CORSI E CONGRESSI Congresso della Società italiana di fissazione esterna Traumi del piede e della caviglia Un convegno internazionale sulla degenerazione articolare Apre a Bari (Hotel Sheraton Nicolaus) giovedì 12 maggio il congresso della Società italiana di fissazione esterna (Sife), che si occuperà delle deviazioni assiali dell’arto inferiore e della fissazione esterna in traumatologia dell’arto inferiore. "Nelle due giornate di congresso sarà dedicato ampio spazio alla discussione interattiva con televoto di casi clinici complessi di ortopedia e traumatologia" ci ha spiegato Vito Nicola Galante, Presidente del Congresso e Direttore di ortopedia e traumatologia all'Asl di Taranto. I lavori si apriranno con un corso di istruzione sulle deviazioni assiali dell'arto inferiore: "Una formula, quella del corso precongressuale, che intende semplificare e rendere chiaro a tutti i partecipanti un argomento di non facile interpretazione" ha detto Galante. Oltre alle tematiche cliniche si parlerà anche di etica comportamentale e di scelte terapeutiche che possono essere oggetto di risvolti medico-legali significativi. Spazio infine a una sessione Da martedì 12 a giovedì 14 aprile, presso l'Ospedale CTO di Torino (via Zuretti 29) si terrà un corso teorico pratico di chirurgia dei traumi del piede e della caviglia. Accreditato Siot, il corso distribuirà 27 crediti Ecm e vedrà la partecipazione in qualità di relatori e operatori chirurgici alcuni ortopedici proprio del CTO di Torino, come Bruno Battiston, Teresa Benigno, Raul Cerlon, Walter Daghino, Daniela Decaroli, Massimo Navissano e Gabriele Vasario, e Luigi Milano dell'Istituto Clinico Humanitas. Tre le sessioni previste nel programma: le lesioni traumatiche della caviglia, del retropiede e del mesopiede/avampiede, ognuna con una parte di esercitazioni pratiche, per le quali è prevista la possibilità di seguire a turno gli interventi al tavolo operatorio. Una sala adiacente sarà collegata audio/video con la sala operatoria per consentire a tutti i discenti di comunicare interattivamente durante l’intervento. Ma soprattutto i partecipanti potranno eseguire in prima persona le tecniche chirurgiche oggetto del corso su modelli appositamente costruiti nei workshop, con l’assistenza di tutor dedicati. "La degenerazione articolare nel giovane attivo: un tema apparentemente inflazionato da numerosi congressi ma che continua ad essere di estrema rilevanza per gli ampi interrogativi che sempre più frequentemente ci pone". È con queste parole che Francesco Falez, dell'unità operativa complessa di ortopedia dell'Ospedale Santo Spirito di Roma, presenta il convegno internazionale che si terrà a Roma il 12 e 13 maggio. Presso l’Auditorium Parco della Musica (viale P. De Coubertin 10) si cercherà allora di dare una risposta a questi interrogativi con sedute di relazioni contenute seguite dagli ormai collaudati “incontri socratici“, nei quali ci sarà ampio spazio per la discussione che, basata sulla maieutica socratica, cercherà di dar luce a delle risposte condivise. Novità di questa edizione saranno le “fighting arena”: sessioni di “combattimento” nelle quali due relatori si confronteranno con posizioni opposte sullo stesso argomento, cercando di fornire alla platea elementi scientifici per validare la loro posizione. Ma torniamo al tema congressuale. È lo stesso Falez a presentare nel dettaglio gli aspetti clinici che sono ancora da investigare: "Le biotecnologie sembrano di fatto offrirci valide soluzioni in grado di allontanare interventi sostitutivi, ma quando questi ultimi rimangono la sola opzione ci si trova ad affrontare tematiche complesse: come identificare il paziente giovane e attivo, quali per infermieri e terapisti della riabilitazione, i preziosi collaboratori del chirurgo. Presidente onorario del congresso sarà il professor Francesco Pipino, che agli inizi degli anni Ottanta aveva compreso come con la metodica della fissazione esterna, se ben utilizzata, era possibile trattare con successo diverse patologie ortopediche e traumatologiche. Presieduta da Maurizio Catagni e Franco Lavini, la Sife nasce dalla fusione dell'Associazione per lo studio e l’applicazione del metodo di Ilizarov (Asami) e del Gruppo italiano fissazione esterna (Gife) e si appresta ora a dare vita al suo primo congresso. Per informazioni MDM Congress srl Tel. 080.5218500 - Fax 080.5234333 [email protected] - www.mdmcongress.it Congresso Sotimi-Sato Da giovedì 5 a sabato 7 maggio a Sorrento (Centro Congressi Hilton Sorrento Palace) si terrà il 104esimo congresso della Società ortopedica e traumatologica dell'Italia meridionale e insulare (Sotimi), che insieme alla prestigiosa Società spagnola di ortopedia (Sato) farà il punto su cartilagine, osteoporosi e fattori di crescita. "Si tratta di temi non solo attuali ma in continua evoluzione scientifica e tendenti a spiegare e interpretare le tematiche biologiche e cliniche del futuro" ha commentato Franco Laurenza, primario della divisione di ortopedia e traumatologia dell’Azienda ospedaliera San GiovanniAddolorata di Roma e presidente del congresso. Le relazioni cercheranno di offrire risposte ai tuttora numerosi quesiti aperti in questi ambiti. Nella giornata di venerdì si parlerà di cartilagine e osteoporosi, mentre nella mattinata di sabato l'attenzione si sposterà sui fattori di crescita. "Sono inoltre previste due tavole rotonde - ci ha spiegato Laurenza -. Una sul trattamento delle infezioni meticillo resistenti, l'altra sull’evoluzione dei concetti della traumatologia. La giornata di giovedì e in parte quel- Per informazioni la del sabato saranno dedicate alle sessioni di comunicazione libere, così da permettere un'ampia partecipazione a tutti i giovani colleghi, come da tradizione della nostra Società". Una novità di questa edizione sarà la presenza, giovedì mattina, di tre corsi rivolti soprattutto a specializzandi e giovani medici. Paolo Tranquilli Leali affronterà tematiche di scienza di base; Michele D’Arienzo parlerà di chirurgia della mano; Raffaele Russo introdurrà i temi della patologia di spalla. Particolarmente curiosa poi la relazione degli ortopedici spagnoli, prevista per la giornata di venerdì, che faranno una panoramica tra storia e clinica sull'evoluzione della protesi d'anca. Osru - Settore formazione Tel. 011.6933509/918 - Fax 011.6933355 [email protected] Il piede diabetico complicato - Ipersensibilità ai metalli in chirurgia protesica ti, confrontandosi sulle prime esperienze e Venerdì 27 maggio a Caramanico Terme soluzioni nelle articolazioni più frequente(PE), presso l'Hotel La Réserve si terrà una giormente protesizzate. nata congressuale su una tematica molto inte"Questa giornata di lavoro ci aiuterà a ressante e spesso trascurata: l'ipersensibilità ai fornire delle soluzioni per pazienti con metalli nella protesica in ortopedia, con partiipersensibilità ai metalli - ha detto colare attenzione alla diagnosi, prevenzione, Scarchilli -, per fare il punto su una causa esperienze cliniche e soluzioni possibili. di fallimento negli impianti, per troppo I lavori saranno presieduti da Alberto tempo ignorata". Scarchilli, da anni impegnato nella chirurgia Per concludere verranno discussi gli aspetprotesica, coadiuvato da Giovanni Di Ianni, Alberto Scarchilli ti medico-legali e la riabilitazione postCasa di Cura Pierangeli(PE). operatoria. Prima di concludere i lavori, "Le tematiche affrontate nei congressi riguardo verrà inoltre presentato da Giovanni Bollea il progetto di la chirurgia protesica sembrano ormai ristagnare su probleuno studio italiano multicentrico nel paziente allergico con matiche sempre dibattute ma ormai analizzate in ogni miniimpianto di protesi di ginocchio. Un'iniziativa senza dubmo dettaglio" ci ha spiegato Alberto Scarchilli. Ecco allora bio fondamentale per ampliare le conoscenze sull'allergia l'idea di dedicare un'intera giornata di studio all'allergia ai ai metalli nella chirurgia protesica in ortopedia. materiali protesici, sempre più attuale ed epidemiologicamente significativa. L’aspetto della diagnosi e della prevenPer informazioni zione nell’allergia agli elementi costituenti le protesi verrà analizzata grazie al contributo di specialisti allergologi e Balestra Congressi immunologi dell’Università “La Sapienza”, mentre sulla cliniTel. 06.2148068 ca interverranno ortopedici che vantano casistiche importanwww.balestracongressi.com Per informazioni AIM Group International Tel. 06.330531 - Fax 06.23325622 [email protected] www.aimgroup.eu/2011/degenerazione IL BIOREATTORE CHE RIPRODUCE TESSUTO BIOLOGICO Per informazioni Balestra Congressi Tel. 06.2148068 - Fax 06.62277364 www.balestracongressi.com [email protected] sono gli elementi decisionali e il giusto timing che devono guidarci tra scelte terapeutiche conservative e sostitutive? Quali accorgimenti chirurgici e tecnologici dobbiamo porre in atto per permettere prestazioni elevate e prolungate nel tempo?" si chiede il chirurgo romano, che poi sottolinea come i cambiamenti sociali hanno di fatto modificato la tipologia e le esigenze dei pazienti. "Oggi richieste funzionali e prestazioni elevate sono proprie non solo di pazienti molto giovani ma anche di pazienti nella loro sesta-settima decade di vita - ha detto Falez -, mentre pazienti in età lavorativa chiedono di poter tornare sul posto di lavoro in tempi sempre più brevi, con limitazioni funzionali ridotte e tempi di durata degli impianti quanto maggiori possibile". Tutti temi che verranno ampiamente dibattuti al convegno, che conterrà anche due simposi su temi di estrema attualità quali la prevenzione della TVP con antiaggreganti orali o convenzionali e le metodiche di contenimento del sanguinamento perioperatorio biologiche o meccaniche. L'approccio multidisciplinare al piede diabetico sarà il tema del prossimo corso monotematico organizzato dalla Società Italiana della Caviglia e del Piede (Sicp), in programma per la giornata di sabato 26 marzo a Parma presso l'Ospedale Maggiore. "Le complicanze del diabete a livello del piede coinvolgono il lavoro di numerose figure professionali - spiega Francesco Ceccarelli, Presidente del corso -. È ormai ampiamente riconosciuto in letteratura che l’applicazione di strategie multidisciplinari in centri dedicati rappresenta lo sforzo organizzativo principale necessario per il trattamento di queste problematiche. Nell’ambito di tali strategie, tutte le figure professionali coinvolte devono intervenire nella prevenzione, diagnosi e trattamento in maniera coordinata e specifica a seconda delle necessità, con uno scopo comune rappresentato dal salvataggio dell’arto" ha concluso Ceccarelli, che è Direttore della struttura complessa di patologia dell'apparato locomotore dell'Azienda OspedalieroUniversitaria di Parma. Il corso monotematico riunisce figure professionali diverse e di grande esperienza in questa patologia, per aprire un dibattito multidisciplinare sull'argomento e delineare le prospettive future di diagnosi e terapia. Per informazioni MV Congressi Tel. 0521.290191 - Fax 0521.291314 [email protected] - www.simcp.it Il bioreattore per applicazioni di medibase dei tessuti biologici, di tipologia cina rigenerativa inventato e brevettato e caratteristiche ottimali. da un giovane ricercatore dell’IRCCS Rispetto alle tradizionali colture celluIstituto Ortopedico Galeazzi di Milano, lari in vitro, questo rivoluzionario l’ingegner Matteo Moretti, in colladispositivo permetterà di raggiungere borazione con il Massachusetts Institute risultati qualitativamente superiori e of Technology (MIT), sarà tra i protagodi realizzare applicazioni cliniche più nisti di Stazione Futuro, mostra allestita sicure ed economicamente sostenibili a Torino nell’ambito di Esperienza nell’ambito della medicina rigeneratiItalia, la manifestazione che celebra i va e delle terapie cellulari. 150 anni dell’unità nazionale. Al momento il bioreattore è stato utiMatteo Moretti Il bioreattore è stato scelto come una lizzato per applicazioni in ambito delle novità più interessanti in ambito muscoloscheletrico e cardiaco, ma è scientifico in Italia. Si tratta di un dispopotenzialmente estendibile ad altri sitivo che permette di coltivare cellule tessuti ed organi. "Una parte imporin modo automatizzato, controllato e tante della ricerca dell'IRCCS riproducibile, al fine di ottenere un tesGaleazzi è indirizzata verso la medisuto biologico adatto all’impianto. È cina rigenerativa - spiega il professor uno strumento di contenute dimensioni, Giuseppe Banfi, Direttore scientifiin cui vengono introdotte le cellule preco IRCCS Istituto Ortopedico levate dal paziente stesso e tramite una Galeazzi –. Lo sviluppo di una tecnoparticolare oscillazione, le cellule venlogia presso il nostro Istituto, come gono trattenute da un supporto polimequella scelta da Esperienza Italia, rico poroso tridimensionale, tecnicasarà fondamentale, in collaborazione Giuseppe Banfi mente definito “scaffold”, attraverso cui con altri istituti e con l'industria, per viene perfuso un liquido nutriente che permetterà di facilitare e standardizzare la produzione di tessuti, ottimizzare e migliorare la crescita cellulare in 3D e a partire dalle cellule del paziente, da impiantare in di produrre la matrice extracellulare, componente seguito nello stesso soggetto che ne ha necessità". Gli unici esemplari al mondo sono attualmente in uso presso l’IRCCS Galeazzi ed il MIT di Boston, che collaborano in questo ambito. La fase di industrializzazione è realizzata da SKE, impresa italiana, licenziataria del brevetto, che si occupa di soluzioni tecnologiche innovative per le terapie avanzate, con cui l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi lavora in sinergia per portare sul mercato questo prodotto. Evidence Based Meeting Isico È giunto alla sua settima edizione l’Evidence Based Meeting “R&R 2011 - Rachide e Riabilitazione multidisciplinare” che quest’anno si svolgerà sabato 26 marzo presso il Centro Congressi di Assago (Milano). Il Congresso, organizzato dall'Istituto Scientifico Italiano Colonna Vertebrale (Isico), è diventato un appuntamento fisso in Italia per chi si occupa, a livello diagnostico, terapeutico o preventivo, di riabilitazione delle disabilità che hanno origine da problemi della colonna vertebrale. E, anche nella sua settima edizione, sarà un’occasione di aggiornamento e formazione per i partecipanti, che ormai superano le 700 presenze in sala. Il meeting sarà presieduto da Stefano Negrini e Michele Romano. L’essenza del congresso sta nella capacità di coniugare scienza e pratica: oltre a costituire la chiave del suc- cesso dell’evento, è la caratteristica di Isico, la struttura che promuove l’iniziativa con il supporto del Gruppo di Studio della Scoliosi e patologie vertebrali (GSS), una realtà consolidata dal 1978 sulla riabilitazione delle patologie della colonna. Come è avvenuto nel corso degli anni le lezioni magistrali degli ospiti stranieri saranno accompagnate dalle sessioni parallele, una parte pratica operativa, oltre naturalmente allo spazio dato alla ricerca con “Isico Award”. La parte pratica in particolare sarà dedicata a temi di immediato riscontro quotidiano: le indicazioni della terapia con esercizi (con sessione video pratica); la terapia manuale; il trattamento ortesico delle fratture vertebrali. Una novità di quest’edizione è la “parola al chirurgo” che vedrà come protagonista un chirurgo italiano di fama: Franco Postacchini, presidente della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (Gis). Gli ospiti internazionali saranno l’americana Mehrsheed Sinaki, professoressa di medicina di fisica e riabilitazione presso la Mayo Clinic, un vero “mostro sacro” nell’ambito dell’osteoporosi. L’indiano Rajasekaran Shanmugabathan è invece un esperto sulle potenzialità di ricostruzione della vertebra in età di crescita, mentre il polacco Tomasz Kotwicki, past president Sosort, è ortopedico specializzato in chirurgia pediatrica e vertebrale. Per informazioni Gaby Engelhorn Tel. 320.8144339 (dalle ore 10 alle ore 16) Fax 02.93661376 www.isico.it/rer2011 - [email protected] 26 FOCUS ON Traumatologia di guerra e fase postbellica Un’esperienza professionale unica e stimolante Lavorare in uno di questi ospedali costituisce un’esperienza professionale e umana di valore inestimabile. Il grande afflusso di pazienti traumatizzati, spesso con fratture esposte o gravi lesioni delle parti molli costituisce per un giovane ortopedico un momento di impatto inconsueto in Italia, ma mette anche a volte a dura prova le competenze di un più maturo specialista. La necessità di prendere in tempi brevi decisioni operative che condizioneranno poi tutto l'iter terapeutico, la difficoltà di raccogliere un’anamnesi attendibile, la complessità delle lesioni, che possono richiedere un approccio integrato con il chirurgo generale, sono tutti elementi affascinanti di un’esperienza che oltre a mettere alla prova le proprie competenze e accrescerle, è determinante nel destino di quel traumatizzato. Se infatti in Italia spesso convivono più divisioni di ortopedia e traumatologia anche a poche decine di chilometri l'una dall'al- L'esperienza di Emergency raccontata dal dottor Sebastiano Girmenia, chirurgo ortopedico dell’Ospedale di Macerata, attualmente in missione presso l'Ospedale di Emergency a Freetown, in Sierra Leone La fase postbellica: impossibile bonificare dalle mine antiuomo La fase postbellica si caratterizza per le sequele traumatiche, tra cui osteomieliti e infezioni croniche delle parti molli, pseudartrosi, vizi di consolidazione, ecc. C'è poi un altro aspetto che caratterizza le guerre moderne e che ha un impatto drammatico sulla popola- zione civile e sull'economia di questi Paesi. Si tratta delle mine antiuomo o anticarro, ancora largamente impiegate dai contendenti, nonostante i vari trattati di messa al bando della produzione, commercializzazione e impiego delle stesse. Molto spesso le mine vengono poste in luoghi strategici come strade, perimetri abitativi e sorgenti d'acqua, restando attive in attesa delle vittime per decenni, trasportate magari anche lontano dalle piogge, senza che venga il più delle volte stilata una mappa delle loro posizioni, in modo da consentire un tentativo di bonifica che sarà sempre parziale. Si aggiunga che oggi la quantità di munizionamento inesploso è in costante aumento per l'impiego di cluster bombs che in alcuni casi (fino al 45%) restano inesplose ma attive nel terreno, in agguato per colpire la popolazione civile alla ripresa per esempio delle attività agricole. La riduzione che viene a volte riferita di vittime di mine è spesso legata, come personalmente verificato in Cambogia, più dall'abbandono di estese aree coltivabili da parte dei contadini, fatto che “ La giornata inizia con un briefing tra il personale internazionale e i medici locali per discutere dei casi; poi sala operatoria, giro delle corsie, ambulatori, sempre pronti ad affrontare una nuova urgenza, che immancabilmente arriva quando si credeva finita la giornata in ospedale. La sera tutti insieme a cena, il momento delle conversazioni e del relax, poi ognuno nel suo alloggio. Questo accade in tutto il mondo in tutti gli ospedali di Emergency, dalla Cambogia all'Afghanistan, dal Sudan alla Repubblica Centrafricana, alla Sierra Leone “ N ella valutazione della patologia ortopedico-traumatologica in Paesi in guerra o nella fase postbellica occorre tener conto di alcune fondamentali differenze. La chirurgia traumatologica di guerra, quella cioè che si realizza nel pieno degli eventi bellici, ha infatti dinamiche logistiche molto complesse: trasferimento dei feriti in un posto di primo soccorso, triage, bilancio lesionale, stabilizzazione dei parametri vitali e delle lesioni, trasferimento in un ospedale adeguatamente attrezzato per il trattamento chirurgico necessario. Questa sequenza di operazioni inoltre deve prevedere anche una flessibilità per poter gestire eventi che si verificano su fronti molto spesso mobili, dai confini incerti, come avviene sempre più di frequente nelle guerre moderne, in cui la popolazione civile è tragicamente coinvolta, con un rapporto di morti e feriti in crescita esponenziale rispetto ai combattenti. contribuisce all'inurbamento e all'incremento della motorizzazione, con conseguente crescita dei traumi della strada. La crescita esponenziale delle infezioni Un altro aspetto che ha ripercussioni in ambito ortopedico è costituito dal fatto che durante il conflitto inevitabilmente si arresta tutta la catena vaccinale. Da qui la ripresa di infezioni come la poliomielite, che in guerre come quelle moderne, sempre più lunghe, può interessare anche più di una generazione, con esiti invalidanti che richiedono una complessa chirurgia ricostruttiva ortopedica, non disponibile in Paesi del Terzo Mondo. Strutture ospedaliere e formazione di personale medico locale La guerra, con la distruzione delle già fragili strutture sanitarie (distruzione delle infrastrutture ambulatoriali e ospedaliere, uccisione o fuga di medici e personale sanitario, ecc.) lascia il paese completamente privo anche di quel poco di sanità pubblica preesistente, come ho sperimentato in Ruanda, Cambogia, Sierra Leone. Questa seconda fase postbellica richiede pertanto un approccio ancora più complesso, che va dalla costruzione di nuovi ospedali alla formazione di una nuova classe medica e più in generale di operatori sanitari in grado di affrontare sia le patologie esito della guerra, sia quelle che si producono nella fase di ripresa disordinata della vita civile, dove sostanziali cambiamenti sociali (inurbamento, incremento di veicoli circolanti, incerta percezione del valore della vita, mancanza di tutele dei lavoratori) si accompagnano a una nuova epidemia costituita dalla traumatologia della strada e del lavoro. Tutto ciò si realizza oltretutto in Paesi del Terzo Mondo che presentano un’intrinseca fragilità delle strutture economiche, politiche e sociali, con carenze infrastrutturali drammatiche, prive di tutti quei servizi, dalla sanità gratuita agli ammortizzatori sociali, 27 con basso tasso di alfabetizzazione, spesso con economie di sussistenza, che nei paesi occidentali e in parte nei paesi emergenti sono ormai patrimonio acquisito dato per scontato: paesi nei quali pertanto il precario equilibrio in cui vive la maggior parte della popolazione si rompe con effetti drammatici. Il contributo delle Ong: gli ospedali di Emergency In questo contesto diventa fondamentale l'intervento di tutela della salute che può venire dagli organismi non governativi che, sia per l'esperienza specifica acquisita sul campo che per la posizione di assoluta neutralità, possono svolgere più efficacemente un compito così delicato. Sin dalla sua nascita nel 1994 Emergency ha sviluppato una lunga esperienza nell'assistenza alle vittime civili delle guerre e della povertà, offrendo spesso, come in Sierra Leone, cure ortopediche gratuite altamente specializzate non disponibili in altri ospedali del Paese. Emergency costruisce ospedali secondo una logica che tiene conto delle particolari condizioni della regione. In particolare si occupa di allestire un pronto soccorso in grado di affrontare ogni emergenza, sale operatorie operative 24 ore al giorno, ambienti di degenza di dimensioni adeguate, ambulatori, farmacia interna, servizi di radiologia, laboratorio analisi e annessa banca del sangue, servizio di fisioterapia idoneo a favorire il più precoce recupero funzionale dei traumatizzati, scuola per i bambini degenti e cucine che garantiscano sia i pasti per i pazienti che la mensa per tutto il personale in servizio. Oltre a queste strutture e servizi, trovano posto i locali per la manutenzione (dalla lavanderia alle officine di manutenzione di ogni sezione dell'ospedale), per la logistica, oltre agli uffici amministrativi. In molti di questi ospedali è inoltre prevista una foresteria che accoglie i parenti dei pazienti provenienti dalle regioni più lontane. FOCUS ON tra, in Sierra Leone quello di Emergency è l'unico centro di riferimento per la patologia ortopedicotraumatologica di un Paese di oltre cinque milioni di abitanti, per i quali esserci o meno può fare la differenza tra la vita e la morte, tra un’invalidità permanente che non consente di provvedere al sostentamento della propria famiglia e il recupero funzionale di quell'arto. C'è poi l'esperienza stimolante del rapporto con i giovani medici locali, che Emergency assume in accordo con la controparte governativa, e che dal personale internazionale vengono formati nei vari ambiti specialistici, perché poi trasferiscano questa esperienza nella cura della popolazione locale nei vari ospedali regionali in cui vengono successivamente assegnati. Certo occorre quella dote di flessibilità, intuito e competenza nell'affrontare chirurgicamente situazioni nelle quali a volte sembra difficile trovare valide soluzioni; la frattura esposta che appare di semplice trattamento può nascondere una lesione da schiacciamento delle parti molli che potrà rendere necessaria la successiva copertura con lembi fasciomiocutanei; una frattura sovracondiloidea di omero in un bambino che presenta un gomito gonfio e coperto di flittene potrà testimoniare di un inutile tentativo di cura con impacchi caldi di erbe, pratica diffusa in molti Paesi del Terzo Mondo. Nel giro mattutino tra le corsie o nelle poche battute scambiate in sala operatoria con il paziente prima dell'intervento, si ritrova anche quella relazione di fiducia che oramai appare persa nel Primo Mondo e che non ammette leggerezza, ma costringe a uno scrupolo ancora più vigile. Dott. Sebastiano Girmenia EMERGENCY RICERCA CHIRURGHI ORTOPEDICI PER LE SUE MISSIONI IN AFGANISTAN, CAMBOGIA E SIERRA LEONE La missione in Sierra Leone REQUISITI: È proprio in Sierra Leone che torno per la seconda missione di un anno. L’ospedale sta per essere completamente ristrutturato, dopo 10 anni dalla sua costruzione, appena terminata la lunga guerra per il controllo delle miniere diamantifere, risorsa preziosa e dannazione di questo Paese. Il Paese adesso è apparentemente stabile, anche se con gli indicatori di sviluppo umano tra i più drammatici del pianeta. Le regole di Emergency prevedono che a guidare le macchine ufficiali sia solo l'autista, ed è meglio così: oggi la nuova guerra si combatte ogni giorno sulle strade del Paese, in un affollamento di motociclette che sfidano le leggi della fisica su strade dove neanche i fuoristrada si trovano a loro agio. Di fronte a questo scenario non meraviglia il dato dell'Oms che rivela come l'85% degli incidenti della strada si concentri nel Terzo Mondo, con una mortalità che supera quella di Aids, malaria e tubercolosi insieme! Credo che basti questo freddo dato a spiegare il bisogno di ortopedici in questi Paesi: per me che ho sempre lavorato da trent'anni nel servizio sanitario nazionale è apparso naturale interessarmi già agli inizi della professione di quanto accadeva in quest'altra parte di mondo, nella convinzione che il diritto a cure adeguate e gratuite faccia parte dei diritti fondamentali dell'essere umano. La passione per la chirurgia ortopedica, in particolare la traumatologia degli arti, continua a rendere ogni giorno più stimolante questa esperienza con Emergency, un’esperienza che mi sento di raccomandare ad ogni ortopedico che senta lo stimolo di una crescita professionale ed umana, che oltre ad arricchirlo lasci al suo rientro non solo un elenco di pazienti che hanno potuto beneficiare delle sue competenze ma, forse ancora più significativo, una trasmissione del sapere di inestimabile valore. Dott. Sebastiano Girmenia • Laurea in Medicina & Chirurgia, Specializzazione in Ortopedia & Traumatologia; • Significativa esperienza in traumatologia, soprattutto d’urgenza, con un buon livello di autonomia in tutte le procedure di traumatologia cruenta ed incruenta, e di ortopedia ricostruttiva. COMPLETANO IL PROFILO: Capacità di adattamento a lavorare secondo protocolli clinici e operativi standardizzati. Capacità di adattamento alle norme di lavoro e di sicurezza. Predisposizione alla vita comunitaria. Rispetto della cultura e delle tradizioni locali. Buona conoscenza della lingua inglese scritta e parlata. Ogni espatriato è portatore di un prezioso contributo, non solo mettendo in pratica le sue competenze professionali, ma anche insegnando, formando e supervisionando: Emergency pone infatti molta attenzione alla formazione dello staff locale, cui un giorno poter affidare in totale autonomia il progetto.Sono a tal fine richieste buona conoscenza della lingua inglese e disponibilità di permanenza presso il progetto di almeno 3 mesi al fine di consentire un inserimento all’interno del team e svolgere adeguatamente l’attività formativa. Le condizioni di inserimento prevedono: collaborazione retribuita, la copertura delle spese di vitto, alloggio, viaggio e assicurazione. Gli interessati possono trovare maggiori dettagli sulle posizioni offerte sul sito www.emergency.it, nella sezione “lavora con noi”. Per candidarsi occorre inviare una e-mail a [email protected], allegando un dettagliato CV, oppure utilizzare l’application form sul sito. L’iter selettivo prevede: valutazione del curriculum vitae e di un questionario specifico, colloquio finale di selezione presso la sede di Milano con prova di inglese. 28 FOCUS ON Questione di classe CLASSE SOCIALE E SALUTE DAL GIAPPONE ALL'EUROPA Anche il tasso di mortalità è influenzato dal livello socioeconomico di una persona: le fasce più basse corrono rischi maggiori L 'appartenenza a fasce di popolazione svantaggiate dal punto di vista sociale, economico e culturale, ha un'influenza negativa anche sulla salute (e sui tassi di mortalità). Secondo il dottor Dunstan di Melbourne, la mortalità aumenta in chi guarda troppo la tv. Kim T. B. Knoops dichiara che la dieta mediterranea dimezza la mortalità tra gli anziani. Cioccolato fondente, papaya, alimentazione vegetariana, fare le scale a piedi... ognuno ha una sua ricetta per vivere bene e più a lungo. Quel che in genere manca sono i dati a supporto di queste tesi. E servono ricerche rigorose, che isolino i fattori considerati e che siano estese a un numero sufficientemente ampio di persone. Mortalità e condizione economica Uno studio che soddisfa questi criteri porta la firma italiana di Silvia Stringhini, è stato effettuato sulla popolazione londinese ed è finito sulle pagine della più popolare rivista americana di medicina: Jama - The Journal of the American Medical Association. Le conclusioni dello studio hanno una componente sociale e politica molto forte: il livello socioeconomico di una persona è associato al tasso di mortalità. Può sembrare la scoperta dell'acqua calda, visto che dovrebbe essere evidente a chiunque l'influenza che la disponibilità economica e il contesto in cui si vive determinano nell'offrire accesso alle informazioni e nel favorire l'adozione di comportamenti salutari. Ma sono le cifre a rendere significativa l'affermazione. A cominciare dal campione studiato e dalla durata delle osservazioni effettuate: circa 10.000 persone per 24 anni, dal 1985 al 2009. I risultati mostrano differenze rilevanti tra la popolazione e una superiore mortalità nelle fasce svantaggiate dal punto di vista socio-economico. Un totale di 654 partecipanti è deceduto durante i 24 anni di follow-up. I ricercatori hanno riscontrato che, nelle analisi aggiustate per i fattori sesso e anno di nascita, le persone che appartengono alle Condizione socio-economica Mortalità complessiva Mortalità dovuta a cancro Mortalità dovuta a malattie cardiovascolari Mortalità dovuta ad altre cause Elevata 2,99 1,57 0,63 0,78 Intermedia 3,68 1,86 0,95 0,88 Bassa 4,93 1,56 2,21 1,16 Tab. 1: mortalità rilevata in funzione della posizione socio-economica. OSTEOPOROSI E ALIMENTAZIONE Prima di influire sulle percentuali di mortalità, i comportamenti e lo stile di vita hanno un effetto sulla salute: anche in ortopedia... Katherine L. Tucker, dello Human Nutrition Research Center on Aging presso la Tufts University di Boston, ha approfondito il ruolo dell'alimentazione nella prevenzione dell'osteoporosi. Se molti attribuiscono una grande importanza al calcio e alla vitamina D, alcune ricerche recenti hanno permesso di comprendere che anche altre sostanze, presenti negli alimenti più comuni o facilmente reperibili come additivi, possono avere un'influenza sulla genesi e sull'evoluzione di questa patologia. Anzi, secondo la Tucker, la fiducia riposta nel calcio e nella vitamina D sarebbe eccessiva, mentre l'assunzione di frutta, verdura e latticini assicurerebbe elementi protettivi essenziali per la salute delle ossa. La ricercatrice li passa in rassegna in un articolo pubblicato su Current Osteoporosis Reports, basando le proprie affermazioni su un esame dei contributi comparsi di recente in letteratura. Tra gli elementi nutrizionali che si stanno dimostrando più importanti di quanto si pensasse finora, ci sono il magnesio, il potassio, la vitamina C, la vitamina K, diverse vitamine del gruppo B e i carotenoidi. Mentre assistiamo alla crescente popolarità di certe diete ipoproteiche, sembra invece che un buon apporto di proteine svolga un'azione utile per le ossa, soprattutto nelle persone anziane. Un consumo regolare di bevande alla cola risulta essere dannosa, contrariamente a una moderata assunzione di alcool, che avrebbe effetti benefici particolamente nelle donne anziane. Se gli studi continueranno, in futuro potremo forse disporre di una dieta ritagliata su misura per la prevenzione dell'osteoporosi. Katherine L. Tucker. Osteoporosis Prevention and Nutrition. Current Osteoporosis Reports 2009, 7:111–117. classi socioeconomiche più svantaggiate hanno un rischio di morte superiore del 60% rispetto a chi ha la fortuna di far parte delle classi più elevate - indipendentemente dalla causa del decesso! Fattori concomitanti Si conferma l'effetto sulla salute prodotto da fattori quali il fumo, l'alimentazione scorretta, l'insufficiente attività fisica, il consumo di alcool: e questi comportamenti sono risultati più diffusi tra le persone a basso reddito e bassa scolarità. Queste differenze nello stato di salute tra le varie fasce sociali vengono attribuite dagli studiosi alle abitudini comportamentali, a fattori psicosociali e alla disponibilità economica. Possono entrare in gioco anche elementi come l'esposizione a rischi ambientali e lavorativi oppure l'accesso alle cure mediche, anche se il campione preso in esame in questo studio mostrava differenze minime da questo punto di vista. I risvolti politici dello studio Lo studio ha evidentemente risvolti politici messi bene in evidenza dagli stessi autori. “I nostri risultati possono non comportare implicazioni politiche dirette, tuttavia mettono in evidenza che le politiche sanitarie e gli interventi focalizzati sui comportamenti degli individui hanno il potenziale di migliorare la salute delle persone e di ridurre sostanzialmente le forti disuguaglianze che tuttora esistono a questo riguardo”. La tabella mostra i tassi di mortalità per 1000 persone-anno, standardizzati per Fattori socioeconomici e salute: una correlazione esiste, si esprime a vari livelli e con modalità differenti ed è oggetto di crescente interesse da parte degli studiosi di tutto il mondo. Un'ampia ricerca descrive il fenomeno in una società avanzata ma per molti aspetti diversa dalla nostra: quella giapponese. Il Giappone è una delle nazione più egualitarie al mondo e gli indici che misurano la salute generale della popolazione sono tra i più elevati. Tuttavia i risultati dello studio indicano che, anche in questo caso, i differenti contesti socioeconomici e le disuguaglianze influenzano la mortalità, i tassi di morbilità e i fattori di rischio biologici e comportamentali. In particolare, tra i giapponesi è particolarmente forte l'influenza negativa sulla salute esercitata dallo stato occupazionale e dal livello di scolarità e i fattori culturali sembrano incidere al pari di quelli strettamente economici. Persino la forma fisica degli adolescenti risente della fascia sociale di appartenenenza. L'indagine stavolta è stata condotta nel nostro continente, da studiosi spagnoli che hanno controllato l'influenza del Family Affluence Scale (un indice composito che incorpora lo status economico, sociale e professionale) su alcuni indicatori di salute e forma fisica come l'agilità, la forza muscolare e l'efficienza cardio-respiratoria. Anche in questo caso è stata misurata una correlazione positiva, che si conferma anche indipendentemente da altri fattori come l'obesità o la regolare attività fisica. Bibliografia (1) Stringhini S, Sabia S, Shipley M, Brunner E, Nabi H, Kivimaki M, Singh-Manoux A. Association of socioeconomic position with health behaviors and mortality. JAMA. 2010 Mar 24;303(12):1159-66. (2) Dunstan DW, Barr EL, Healy GN, Salmon J, Shaw JE, Balkau B, Magliano DJ, Cameron AJ, Zimmet PZ, Owen N. Television viewing time and mortality: the Australian Diabetes, Obesity and Lifestyle Study (AusDiab). Circulation. 2010 Jan 26;121(3):384-91. Epub 2010 Jan 11. (3) Knoops KT, de Groot LC, Kromhout D, Perrin AE, MoreirasVarela O, Menotti A, van Staveren WA. Mediterranean diet, lifestyle factors, and 10-year mortality in elderly European men and women: the HALE project. JAMA. 2004 Sep 22;292(12):14339. (4) Kagamimori S, Gaina A, Nasermoaddeli A. Socioeconomic status and health in the Japanese population. Soc Sci Med. 2009 Jun;68(12):2152-60. Epub 2009 Apr 16. (5) Jiménez Pavón D, Ortega FP, Ruiz JR, España Romero V, García Artero E, Moliner Urdiales D, Gómez Martínez S, Vicente Rodríguez G, Manios Y, Béghin L, Répasy J, Sjöstrom M, Moreno LA, González Gross M, Castillo MJ; HELENA Study Group. Socioeconomic status influences physical fitness in European adolescents independently of body fat and physical activity: the HELENA study. Nutr Hosp. 2010 Mar-Apr;25(2):311-6. età e sesso. Sono stati presi in considerazione i decessi avvenuti in seguito a cancro, a patologie cardiovascolari e per altre cause non riconducibili alle due più frequenti. Le analisi di dettaglio, troppo specifiche per essere qui riportate, incrociano le cause di mortalità, suddivise nelle tre macrocategorie citate, con i comportamenti che hanno una valenza per la salute: abitudine al fumo (i soggetti analizzati sono stati suddivisi tra non fumatori, fumatori occasionali e fumatori abituali), consumo di alcool (assente, moderato o forte), attività fisica (sedentarietà, attività moderata, attività intensa) e tipo di alimentazione (salutare, mediamente equilibrata, non equilibra- ta). In generale si è riscontrata una correlazione statistica tra i singoli comportamenti e percentuali di mortalità, con poche eccezioni: l'associazione tra la dieta e la mortalità per malattie cardiovascolari e quella tra l'attività fisica e la mortalità per cancro non sono state stabilite e dovranno essere eventualmente approfondite da ulteriori studi. Sono per certi versi sorprendenti i dati relativi al'uso di alcool: i forti consumatori si sono mostrati a maggior rischio di mortalità per cancro, ma i completamente astemi, nel campione esaminato, hanno avuto percentuali più elevate di decesso per patologie cardiovascolari. Giampiero Pilat 30 CORSI E CONGRESSI L’Agenda dell’Ortopedico 1-2 aprile EFORT Instructional Course Sommerfeld 2011 HIP replacement in the young patient 13-16 aprile Clinica e imaging del trauma muscolo-scheletrico in urgenza 14 maggio Corso di chirurgia artroscopica dell'anca Berlino, Germania Torino, Aula Magna CTO M. Adelaide Segreteria Organizzativa: Efort www.efort.org/ic/sommerfeld2011 Segretria Organizzativa: fara Congressi [email protected] - [email protected] Segreteria Organizzativa: Dynamicom srl Tel. 02.89693766 - Fax 02.201176 [email protected] 2-3 aprile Convegno Exercise is medicine 15 aprile Skeletal Endocrinology Merano Brescia Segreteria Organizzativa: DMC Italia srl Tel. 051.9912164 - [email protected] www.dmcitaliasrl.com Segreteria organizzativa: Euro Conventions Tel. 0523.335732 - Fax 0523.334997 www.skeletal-endocrinology.org [email protected] 8-9 aprile Chirurgia vertebrale: deformità e patologia degenerativa Oliena (NU), Su Gologone Country Resort Segreteria Organizzativa: My Meeting srl Tel. 051.796971 - Fax 051.795270 [email protected] Napoli, Hotel Excelsior 14 maggio XI corso di aggiornamento reumatologico Le terapie termali nelle malattie reumatiche: fenomeno di costume o realtà terapeutica? Porretta Terme, Bologna Segreteria Organizzativa: Planning Congressi srl Tel. 051.300100 - Fax 051.309477 [email protected] - www.planning.it 16 aprile Il ginocchio degenerativo e traumatico dell’anziano 15-19 maggio Isakos 2011 Catanzaro Rio De Janeiro, Brasile Segreteria Organizzativa: CSR Congressi srl Tel. 051.765357 - Fax 051.765195 [email protected] - www.csrcongressi.com www.isakos.com/meetings/2011congress 12-14 aprile Corso teorico-pratico di chirurgia dei traumi del piede e della caviglia 28-29 aprile Nordic Advanced Instructional ClubFoot Course 18-20 maggio 24th Annual Meeting of the European MusculoSkeletal Oncology Society (EMSOS) and 12th Symposium of the EMSOS Nurses Group Torino, Ospedale CTO St. Olavs Hospital, Trodheim, Norvegia Het Pand, Ghent, Belgio Segreteria organizzativa: Osru - Settore formazione Tel. 011.6933918 - [email protected] Segreteria Organizzativa: [email protected] www.emsos2011.be 1-3 maggio Corso Cadaver Lab SIA-SIGASCOT 18-20 maggio EPOS-EFORT BAT Instructional Course I Basics I/II in childrens orthopaedics Rosemont, USA Anno VI - numero 3 - marzo 2011 Direttore responsabile Paolo Pegoraro [email protected] Redazione Andrea Peren [email protected] Tel. 031.789085 Consulenza grafica Minù Art - boutique creativa. www.minuart.it Hanno collaborato Lorenzo Castellani, Giorgio Castellazzi, Sebastiano Girmenia, Claudia Grisanti, Matteo Laccisaglia, Giovanni Lodi, Vincenzo Marra, Giampiero Pilat, Antonio Ravaglioli, Renato Torlaschi Foto Archivio Griffin srl PUBBLICITÀ Direttore commerciale Giuseppe Roccucci [email protected] Vendite Manuela Pavan (Agente) [email protected] Sergio Hefti (Agente) [email protected] Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo [email protected] Tel. 031.789085 Abbonamento annuale Italia: euro 2.25 Singolo fascicolo: euro 0.25 Griffin Editore srl Piazza Castello 5/E - Carimate (Como) www.griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Associazione Nazionale Editoria Periodica Specializzata L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Testata associata Tiratura del presente numero: 8.000 copie Stampa Artigrafiche Boccia spa Via Tiberio Claudio Felice, 7 - 84131 Salerno Tabloid di Ortopedia, periodico mensile Copyright© Griffin Editore srl Registrazione del Tribunale di Como N. 17/06 del 26.10.2006 Iscrizione nel Registro degli Operatori di Comunicazione con il n. 14370 in data 31.07.2006 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art 1 comma 1, DCB Milano Taxe Perçue Tutti gli articoli pubblicati su Tabloid di Ortopedia sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. 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Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi. 5-7 maggio Congresso congiunto Sotimi e Sato Osteoporosi - cartilagine: fattori di crescita e nuove tecnologie in ortopedia Sorrento (NA), Centro Congressi Hilton Sorrento Palace Segreteria Organizzativa: Balestra Congressi Tel. 06.2148065/8 - Fax 06.62277364 [email protected] 5-7 maggio XXXIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia Vertebrale (GIS) Vicenza Segreteria Organizzativa: CSR Congressi srl Tel. 051.765357 - Fax 051.765195 [email protected] - www.csrcongressi.com 6-7 maggio Le infezioni in chirurgia ortopedica Pietra Ligure, Ospedale Santa Corona Segreteria Organizzativa: Centro Formazione e Aggiornamento Tel. 019.6234932 - Fax 019.6234943 [email protected] - www.fondazione.it 9-14 maggio 8th International Symposium on Experimental Spinal Cord Repair and Regeneration Spine and spinal cord international week Vienna, Austria www.efort.org/ic/epos2011/basic1 19-21 maggio Clinical Orthopaedics and Related Research (CORR) Writing Workshop @ IOR Bologna 2011 Bologna, Istituto Ortopedico Rizzoli Clinica ortopedica dell’Università di Bologna Tel. 051.6366669 - Fax 051.334342 19-21 maggio 42° Congresso Nazionale Ortopedici e Traumatologi Ospedalieri d'Italia (OTODI) Milano Segreteria Organizzativa: CSR Congressi srl Tel. 051.765357 - Fax 051.765195 [email protected] 26 maggio Corso teorico pratico avanzato sull'accesso anteriore intermuscolare all'anca con paziente in decubito laterale Siena, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese Segregteria Organizzativa: Dr. Mattia Fortina - [email protected] 26-28 maggio XI Congress of European Federation for Research in Rehabilitation Riva Del Garda, Congress Palace Segregteria Organizzativa: Medi-K srl Tel. 049.8170700 - Fax 049.2106351 [email protected] - www.efrr2011.it Brescia Segreteria Organizzativa: Segreteria Fondazione Giorgio Brunelli Sig.ra Lucia Rossetti - Tel. 030.3385131 Fax 030.3387595 - [email protected] 11-14 maggio Annual Meeting of The Pediatric Orthopaedic Society of North America (POSNA) 27-28 maggio Corso avanzato di riabilitazione della spalla Milano, Istituto Clinico Humanitas Segregteria Organizzativa: Velox Point Tel. 02.45866470 - [email protected] Montreal, Quebec, Canada, Fairmont Queen Elizabeth 8-9 giugno Mendrisio Medical Meeting Segreteria Organizzativa: Aaos - [email protected] Mendrisio, EspoCongressi Hotel Coronado 12-13 maggio 1° Congresso Nazionale SIFE Deviazioni assiali e traumatologia dell'arto inferiore: tecniche e indicazioni alla fissazione esterna Segreteria organizzativa: Associazione MMM Tel. 0041.799468103 - Fax 0041.919508156 [email protected] - www.medical-meeting.ch Bari Segreteria Organizzativa: MDM Congress srl Tel. 080.5218500 - Fax 080.234333 [email protected] - www.sife2011.it 12-13 maggio Attualità e prospettive nelle protesi di anca e ginocchio. La degenerazine articolare nel giovane attivo: dalla conservazione alla sostituzione Roma, Auditorium Parco della Musica Segreteria Organizzativa: AIM Congress - Sig.ra Negroni Tel. 06.33053241 - Fax 06.33053229 [email protected] ! Tabloid di Ortopedia Mensile di informazione, cultura, attualità Segreteria Organizzativa: Agenzia Dynamicom Tel. 02.89693766 - Fax 02.201176 Sig.ra Mortara - [email protected] Or torisposta Risposta al quesito di questo numero ! La biopsia della lesione ha dato come risultato “metastasi da carcinoma mammario”.