evoss FiloF una porta aperta FEDERAZIONE DEI SERVIZI DI VOLONTARIATO SOCIO SANITARIO - N.3 SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 In caso di mancato recapito rinviare all’Agenzia P.T. di VR CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. - Poste Italiane S.p.A. - SPEDIZIONE IN A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB VERONA 3 Associazioni e fundraising pagg.2-4 ATTUALITÀ Volontari e volontariato pagg. 6-7 SOLIDARIETÀ L’Ossario di Custoza pag. 15 CULTURA Foto di Federica Calò La sfida della Fondazione DI ALFREDO DAL CORSO H o visto un'anziana veronese rovistare in un cassonetto della spazzatura per estrarvi del cibo. Ho raccolto la rabbia di un papà che non sapeva affrontare la sua famiglia per aver perso il posto di lavoro. Ho incontrato una persona dimessa dall'ospedale bisognosa di cura, disorientata perché a casa non aveva più nessuno. Ho condiviso lo sfogo di chi, impotente, vive situazioni assurde e incredibili. Così ho pensato alla sfida contro le povertà che la Fevoss potrebbe affrontare, prima di tutto con se stessa, nel trasformarsi in Fondazione. Ho avuto paura. Mi è capitata tra le mani una riflessione di Madre Teresa di Calcutta: “Il frutto del silenzio è la preghiera, il frutto della preghiera è la fede, il frutto della fede è l'amore, il frutto dell'amore è il servizio, il frutto del servizio è la pace”. Mi sono detto: sarà il nostro programma di futuro servizio verso i bisognosi, malati, sofferenti. Dal silenzio alla Pace. Ritrovare il carisma originario sarà tuttavia possibile nel frastuono che stiamo vivendo e in questa situazione di crisi? Dentro all'attuale babele di lingue auto-referenziali, dov'è quella che ci parla ancora di diritto, verità, amore? È urgente e non delegabile il saper farsi prossimo a chi soffre di un disagio psichico, spirituale o fisico e alle ri spettive famiglie. È quanto mai necessaria una vicinanza umana, capace di accogliere l'altro, non solo in modo personalistico, ma istituzionale nel saper attivare interventi qualificati di prevenzione, cura e promozione di politiche di inclusione sociale. Non possiamo girare la testa coccolati nel nostro “mondo di buoni samaritani”. Quanto disagio c'è attorno a noi, forse dentro di noi! Sappiamo che la responsabilità della qualità del nostro vivere civile è di chi ci governa, ma pure che essa interpella ogni cittadino in qualsivoglia situazione sociale. Non esiste povertà più di quella di chi non sa donare. Perciò, a conclusione di questo anno sociale, sento forte il richiamo al valore della fortezza pur consapevole delle nostre fragilità, omissioni, colpe. Dunque la Fondazione Fevoss non potrà essere un contenitore giuridico vuoto, perché la sua luminosa strategia sarà forgiata dalla storia dalle tante persone solidali, volontari e benefattori, che si sono succedute negli anni. Sarà espressione del cuore popolare! C'è un mondo di bene fatto di tante realtà che operano quotidianamente nelle periferie umane senza scalpore, di cui la società contemporanea ha estremo bisogno per non smarrirsi. E tra queste realtà ci sarà anche la nostra. ATTUALITÀ Fundraising, come una raccolta fondi può cambiare le sorti di un'associazione «È necessario un cambio di marcia» secondo l'esperto Luciano Zanin. Un approccio strategico a sostegno dello sviluppo delle organizzazioni non profit, affinché possano perseguire la propria mission DI RENZO PULIERO F undraising, ovvero raccolta fondi. «Significa cercare donatori, siano essi persone fisiche, persone giuridiche, enti, fondazioni, imprese, che abbiano desiderio di donare risorse, intese anche come tempo, conoscenze, beni, strumenti, servizi, per un progetto, uno scopo, che possono essere, ad esempio, la ricerca sul cancro come l’acquisto di un furgone per la Fevoss, o il rimborso spese al volontario che dona il suo tempo». Luciano Zanin aggiunge che «Fundraising costruisce relazioni tra chi è disponibile a donazioni e chi ne ha bisogno, cosa ben diversa dalla sponsorizzazione, e il fundraiser è la figura professionale che sa usare tutta una serie di strumenti a questo scopo». – Come si esprime l’attività di consulenza? «In sostanza in tre fasi: mettere le organizzazioni non profit in condizioni di capire se sono in grado di fare fundraising e, se del caso, come dovrebbero strutturarsi per farlo; insegnare loro a fare un fundraising “a misura” delle proprie necessità e contesti; accompagnarle finché non siano autonome e poi andarmene, delle volte con le “pive nel sacco” e delle altre volte con grandi soddisfazioni». FiloFevoss una porta aperta SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 2 – In quali mercati opera il fundraising? «Sono quattro: persone fisiche; fondazioni ed enti di erogazione, vedi Cariverona, associazioni Pro Loco e altri; imprese; pubbliche amministrazioni. All’interno di queste possiamo usare una serie di strumenti che vanno dall’inviare lettere e bollettini al parlare e spiegare iniziative, all’avviare proposte e progetti con imprese. Quando le fondazioni fanno i bandi, si presentano i progetti mentre le pubbliche amministrazioni danno contributi». – Qual è il mercato che produce più donazioni? «Il settore delle persone fisiche dona il 75 per cento del totale. Si va da bollettini, bonifici bancari, piattaforme on line sino ai lasciti testamentari. Quest’ultimo è uno dei settori più interessanti e avrà sviluppo in futuro». – Perché? «Tra il 2004 e il 2020 si estingueranno 338 mila famiglie per mancanza di eredi legittimi e questo significa 107,1 miliardi di euro di patrimonio che, se nessuno rivendicherà, andrà allo Stato. Solo il 7 per cento degli italiani, però, fa testamento. È così anche per ignoranza. Tutto questo patrimonio, invece, potrebbe essere a disposizione del bene comune, se si decidesse da vivi cosa fare delle ricchezze FUNDRAISER PER PASSIONE L ibero professionista, consulente in Fund Raising, Luciano Zanin, vicentino di Caldogno, è convinto assertore del fatto che l’economia abbia senso se produce felicità, ovvero se migliora la qualità della vita di tutti senza lasciare indietro nessuno. Si è laureato in Economia delle imprese cooperative e organizzazioni non profit all’Università di Bologna alla veneranda età di 40 anni, dopo averne fatto parecchi di esperienza come dirigente di aziende non profit. Ha conseguito il certificato in Fund Raising Management alla Fund Raising School di Forlì, anche se i migliori insegnamenti li ha tratti dalle persone con le quali ha avuto la fortuna di collaborare. È presidente dell’Associazione italiana Fund Raising. Zanin, “Fundraiser per passione”, scrive: c’è ancora tanto da fare in questo mondo per renderlo migliore e noi, assieme a voi, vogliamo essere i protagonisti di questo cambiamento. È tempo che la società civile si riorganizzi assumendosi maggiore responsabilità nei confronti della realtà che la circonda. Solo condividendo questa convinzione si può capire come il fundraising, lungi dall’essere un’attività di beneficenza, con cui spesso erroneamente viene confusa, rappresenti un’indispensabile attività strategica per le organizzazioni non profit che vogliono sia garantire i diritti delle persone più fragili ed assicurare loro la vita dignitosa che meritano, sia contribuire a sviluppare nuovi modelli di welfare attraverso i quali le comunità che rappresentano, possano svilupparsi e crescere senza “lasciare nessuno da solo”. In questo senso il fundraising non è esclusivamente o principalmente una semplice pratica di raccolta fondi, ma piuttosto un approccio strategico a sostegno dello sviluppo delle organizzazioni non profit, affinché possano perseguire la propria mission. Il fundraising è, quindi, ciò che l’organizzazione non profit fa per creare rapporti di interesse e scambi sociali fra chi chiede risorse relazionali, economiche, materiali e chi è potenzialmente disponibile a donarle. R. Pul. più impegnate nel fare e poco nel dire. Siamo nel mondo della comunicazione e bisogna utilizzare internet. Investire qualcosa in qualcuno che comunichi è importantissimo: si deve entrare nella rete on line, utilizzare i siti e i social network, bisogna far conoscere quello che si fa per chiedere di avere un aiuto e poi raccontare quello che si è fatto. È come un matrimonio con il donatore: prima ci si conosce, poi ci si fidanza, ci si sposa. E se non sai cosa è stato fatto, ci si separa». – La strada da percorrere, allora, è quella della comunicazione. – In che modo? «In primis, l’obiettivo è costruire relazioni con i possibili donatori, in modo da dare loro l’opportunità di fare una cosa bella, utile e che sia esperienza positiva per il donatore. Il nostro capo spirituale, Henry Rosso, fondatore della prima scuola di fundraising alla Columbia University nel 1993, dice che il fundraising è la nobile arte di insegnare a persone la forza di donare». – Fundraising è carità? «No. E non è elemosina. Fundraising è reciprocità: io do a te non perché hai bisogno, ma perché tu possa perseguire la tua mission. Se faccio una donazione alla Fevoss, non è perché la Fevoss è senza soldi, ma perché mi aspetto che la Fevoss utilizzi il denaro per qualcuno che ne ha bisogno. La Fevoss, poi, deve dimostrarmi, in un momento successivo, che ha fatto quanto aveva promesso. Se la Fevoss, grazie alla donazione, acquista un pulmino e vedo che questo gira per Verona al servizio della gente, la prossima volta sarò portato a fare ancora donazione». – È utile, insomma, che l’iniziativa sia pubblicizzata. «Le associazioni sono poco abituate a rendicontare. Sono – Cosa deve fare un’organizzazione non profit per questo cambio culturale? «È necessario un cambio della classe dirigente, il che non significa buttar via gli ultra sessantenni. Vuol dire che è molto difficile che una persona abituata a fare in un certo modo, con certi metodi utilizzati per 40 anni, riesca a cambiare completamente. Bisogna, allora, usare la saggezza e l’esperienza dei sessantenni, ma anche la brillantezza, l’innovazione, le idee, anche la spregiudicatezza e l’incoscienza dei giovani». – Esempio «La Fevoss nasce per favorire la mobilità delle persone, convinta che, attraverso questa, può migliorare la qualità della vita delle stesse? Se la Fevoss non si rinnova, invece di servire mille persone, ne servirà 700 e 300 perderanno questa possibilità. Non sarà colpa diretta della Fevoss, ma se il suo scopo è quello e non lo fa, qualche responsabilità ce l’ha». – Restando sull’esempio, la Fe voss, indubbiamente, fa quello che può. «Vero, ma non è sufficiente: bisogna anche capire se si può SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 3 «Negli ultimi 20-25 anni, sono state abituate a essere foraggiate dalle pubbliche amministrazioni. Ora, venendo meno, in parte, il finanziamento pubblico ed essendo in un periodo in cui aumentano i bisogni, ci si sposta verso il privato, ma le organizzazioni non profit devono trovare altre forme di sostenibilità e devono imparare a usare strumenti, metodi, strategie per entrare in contatto con i donatori. Se c’è il donatore può esserci il dono. Fundraising aiuta a trovare i donatori». una porta aperta – Come devono regolarsi le organizzazioni non profit? FiloFevoss accumulate, ma gli italiani sono scaramantici e pensano che il testamento sia collegato alla morte, eppure non costa soldi. Faccio presente che il primo beneficiario dei lasciti testamentari è lo Stato, il secondo la Chiesa cattolica. Le donazioni, in Italia, sono, più o meno, di 5,8-6 miliardi di euro». «Sì, perché è strettamente collegata alla raccolta fondi. Qui c’è tutta una serie di professionalità che le associazioni sono poco abituate a utilizzare e poco propense a investire. È, invece, un cambiamento culturale che l’associazione deve fare, soprattutto in previsione delle nuove generazioni. C’è chi ha conosciuto il mondo prima di internet e chi solo dopo internet. I giovani sono figli del nostro tempo. Non si può non avere un sito. Chi è nato dopo il 2000, usa solo WhatsApp e piattaforme on line, cioè immagine e poche parole. I giovani non usano più nemmeno Facebook, se ne vanno perché lì ci sono i quarantenni». fare di più, tirando dentro persone giovani, che facciano raccolta fondi, che utilizzino nuovi strumenti. Ci sono associazioni che hanno leadership forti da vent’anni che, da una parte, hanno permesso di svilupparsi, ma, dall’altra, hanno creato un buco tra direzione e successiva generazione. E dico questo con la massima stima delle persone che hanno lavorato per tanti anni e continuano a farlo. Le nuove strategie hanno a che fare con aperture che non si fanno perché si ha paura. Invece bisogna aprirsi a nuove persone, a nuova raccolta fondi, e questo implica rischio e paura di sbagliare: ma questo non deve bloccare un’organizzazione non profit». – Come si arriva a migliorare la comunicazione, a fare nuove aperture? «Attraverso il marketing, che significa usare strumenti per capire nuovi bisogni, nuovi mercati, gruppi di persone che capiscano di cosa abbia bisogno la Fevoss, o chi per essa, rispetto a vent’anni fa. C’è, ad esempio, tutto un contesto di persone vulnerabili che prima non c’era, quelle di persone che nel giro di dodici mesi possono trovarsi in situazione di povertà». – E poi? «Bisogna ragionare in termini di sviluppo di impresa, quindi formazione, creazione di strutture diverse, organizzazione aziendale pura. Servono figure di coordinamento e queste bisogna pagarle e per pagarle devi fare fundraising e per fare fundraising devi fare comunicazione. Cito la Fevoss, ma il 70 per cento delle organizzazioni non profit è così. Bisogna che il terzo settore prenda consapevolezza del suo ruolo all’interno della società e decida di giocarlo tutto, senza paura. La pubblica amministrazione continua a mantenere tutti i suoi obblighi, ma si tratta di quello che viene chiamato welfare generativo. Ma l’obiettivo delle organizzazioni non profit deve essere quello di produrre parte delle risorse da se stesse». – Per combattere la Sla, ci si è inventati il giochino della secchiata di acqua gelida in testa. FiloFevoss una porta aperta SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 4 «Va bene anche quello. C’è stata una campagna marke- In Italia dona una persona su tre Il dato Doxa dimostra la solidarietà degli italiani. Nel 2013, il 29,7 per cento ha donato in modo regolare per almeno una organizzazione (leggero aumento rispetto al 2012: 29,6). Una ricerca della Fondazione Zancan di Padova dice che il 22-23 per cento degli italiani fa volontariato. I dati emersi dal censimento del 2011, prodotti da Istat, indicano che il no profit consiste di 301 mila organizzazioni, per circa 4 milioni e mezzo di volontari, 6 milioni di persone assistite, 64 miliardi di euro di volume, pari al 4,3 per cento del Prodotto interno lordo, per 670 mila lavoratori dipendenti. L’opera delle organizzazioni no profit influisce tantissimo sulla qualità di vita della gente. R. Pul. ting virale, l’utilizzo del web, il presidente del Consiglio si dà la secchiata e l’immagine fa il giro del mondo, altri lo fanno, altri contribuiscono. E questo diventa contaminante». – Altri esempi? «Charitywater.org è un sito americano. Il 70 per cento della raccolta fondi lo fa con iniziative che il volontariato mette in atto nel giorno del suo compleanno, quando ognuno dice: invece di farmi un regalo, fai questa donazione. È il gioco delle tre effe: Family, Friends, Fans. Le relazioni, così, si moltiplicano. Su cellulare, tablet, ipod si possono avere 900 contatti e se c’è un’iniziativa, una donazione, una proposta in atto che va bene, c’è chi la comunica a tutti 900. È possibile che la metà di loro intervenga, contribuisca. Sapere utilizzare la rete, i social network, i siti è una nuova professionalità. È la potenza del virale attraverso internet». – È necessario un cambio di marcia. «Tutto questo, rimanendo in Fevoss, non sostituisce quanto ha fatto e continua a fare, ma non ne può più prescindere. Bisogna capire questo, altrimenti non si esce da un sistema in cui è da trent’anni. È vero, in questo sistema è cresciuta, ma adesso cambia il contesto del mondo della comunicazione e diventano importanti cose che prima non lo erano e viceversa. Curare le relazioni, perseguire l’economia delle conoscenze è il vero cambio di passo per continuare a fare meglio quello per cui la Fevoss e le organizzazioni non profit sono nate. È la rivoluzione culturale del terzo settore. Non è, ribadisco, un problema di soldi. Vorrei che la Fevoss raccontasse quello che fa, anche se non avesse bisogno di denaro. La crisi, sotto questo aspetto, è una grande opportunità. Einstein diceva che è una benedizione per i popoli perché è nei momenti di crisi che si tira fuori il meglio di se stessi». una porta aperta FiloFevoss SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 5 UN POʼ DI NUMERI Volontari e volontariato lo stato delle cose Presentato lo scorso 23 luglio il report sulle “Attività gratuite a beneficio degli altri” relativo al 2013. Analizziamo insieme al direttore del Csv Fabio Fornasini i punti di forza, le criticità e le prospettive future DI SARA DI BIASE P arte dalla convenzione stipulata tra Istat, Csvnet (la rete dei Centri di servizio per il volontariato) e Fondazione volontariato e partecipazione la prima rilevazione sul lavoro volontario, i cui dati sono stati diffusi lo scorso 23 luglio. Lo studio è stato effettuato su attività volontarie svolte da 6,6 milioni di persone in quattro settimane prese come riferimento. A partire dai valori ottenuti è possibile definire lo stato delle cose in tema di volontari e volontariato. Cosa dona il volontariato? Il “guadagno” di chi pratica attività volontarie una porta aperta FiloFevoss SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 6 L'identikit del volontario Circa un italiano su otto si dedica al volontariato. Ciò si traduce in una cifra pari a 6,63 milioni di persone, corrispondente a un tasso di volontariato totale del 12,6%. Gli uomini sono più attivi rispetto alle donne (13,3% contro 11,9%). La fascia d’età maggiormente impegnata nel volontariato è quella che si aggira tra i 55 e i 64 anni, dove il tasso di volontariato è massimo e raggiunge il 15,9%. Più in generale è possibile affermare che la percentuale di volontari è maggiore nelle classi di età centrali della popolazione. Di particolare interesse il rapporto di chi presta attività volontarie con il titolo di studio. Il tasso di volontariato totale infatti aumenta in modo pressoché lineare al crescere del grado di istruzione e raggiunge il suo massimo tra i laureati (22,1%). Anche i volontari veronesi si allineano a questo identikit, come conferma Fabio Fornasini, direttore del Csv: «Coloro che fanno riferimento ad associazioni iscritte al registro regionale costituiscono un’ampia rete che riteniamo sia formata da oltre 8 mila persone sensibili e appassionate. L’età media è over 50-55. I giovani non sono tuttavia distanti dal volontariato, anzi! Tendono però di più a “cogliere l’attimo” impegnandosi in singoli eventi e in particolari iniziative. I volontari inoltre sono sempre più istruiti e preparati». Fornasini pone l’accento proprio sull’aspetto della formazione, come caratteristica dei volontari odierni: «Rispetto al passato il volontario è più competente. Volontari non ci si improvvisa. È un po’ illusoria l’idea che basti dare qualche ora e si possa fare volontariato in qualsiasi ambito. Per questo motivo ogni associazione ha corsi introduttivi al servizio, alla sicurezza e così via. Da parte nostra come Csv continuiamo a sostenere queste necessità con competenze di consulenza, formazione e supporto». A completare il ritratto del volontario contribuiscono anche aspetti quali il tenore di vita e la disponibilità in termini di tempo riservata alle attività gratuite. Ecco allora che i membri di famiglie agiate svolgono attività volontarie quasi due volte e mezzo in più rispetto a coloro che vivono in famiglie con risorse economiche insufficienti, con un tasso di volontariato del 23,4% contro un 9,7%. Per quel che riguarda invece il “monte-ore” dedicato alle attività volontarie, considerando una “settimana lavorativa” di 36 ore, l’ammontare del lavoro volontario si può considerare equivalente a circa 875 mila unità occupate a tempo pieno. Questo si traduce in un impegno medio per ciascun volontario di 19 ore (sempre in relazione al periodo di riferimento di quattro settimane). Sotto la lente d’ingrandimento Il tasso di volontariato totale più elevato, per quello che riguarda la distribuzione delle attività sul territorio, si registra nel Nord-est (16%), seguono Nord-ovest (13,9%) e Centro (13,4%). Il Sud si caratterizza con livelli di partecipazione sensibilmente più bassi (8,6%). Verona, in pieno accordo con la statistica, si inserisce tra le città che maggiormente avvertono i crescenti bisogni ciazioni non-profit (2,9%), o nelle imprese, tra cui le cooperative sociali (0,5%). Non va poi dimenticato un nutrito gruppo di volontari, circa il 23,2%, che è attivo in gruppi con finalità religiose. Si parla prevalentemente di donne (29,7% contro il 17,5% degli uomini), residenti nel Centro Sud e con un basso titolo di studio. Le classi di età prevalenti in questo gruppo sono rappresentate dai giovani tra 14 e 24 anni e dagli anziani di 75 anni e più, con un tasso di volontariato rispettivamente del 29,7% e del 30,5%. Prospettive future Definito il quadro generale della situazione attuale del volontariato si può pensare al volontario di domani, a come sarà e al contesto in cui si muoverà. Ad aiutarci nel tracciare i contorni ovviamente incerti e possibilistici interviene Fornasini. «Alcune esperienze che stiamo analizzando ci portano a pensare che il volontariato del futuro avrà una sensibilità sempre più “individuale”, soprattutto nei giovani. La pratica volontaria diventa un modo per fare cittadinanza attiva, fare un’esperienza che può essere anche una soft skill del proprio curriculum vitae» prosegue ancora il direttore del Csv. «Altro connotato che caratterizzerà il volontariato, sarà la dimensione di partecipazione all’innovazione sociale, cioè idee e novità che possano dare un contributo alla gestione del bene comune». Relativamente al territorio veronese, al fine di non perdere questo inestimabile patrimonio di individui dediti all’aiuto e al sostegno dei meno fortunati e addirittura per alimentare tutto il movimento del volontariato, Fornasini punta su strategie diverse: «Si potrebbero ideare percorsi temporanei, progetti a tempo, proposte ben calibrate nella loro durata. In ogni caso l’aspetto davvero fondamentale e importante è il clima dell’organizzazione. Da una ricerca del 2013, realizzata insieme all’Università di Verona, si è visto come il volontario cerchi un ambiente strutturato, funzionale, ricco di relazioni ed empatia. Ciò è fondamentale per stabilizzare e avvicinare le persone, nella collaborazione e nel contatto umano». una porta aperta Perché si diventa volontari? Le motivazioni che spingono allʼattività volontaria Fabio Fornasini, direttore del Csv di Verona FiloFevoss SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 7 sociali e forniscono il loro supporto a chi ha più bisogno. «Nella nostra città il tessuto volontario è molto forte e radicato – conferma Fornasini –. Le associazioni nella provincia iscritte al volontariato sono circa 440, uno dei numeri più elevati della regione Veneto insieme alle cifre rilevate a Treviso. Non bisogna dimenticare, inoltre, la presenza di una rete di associazioni non iscritte, ma altrettanto folta e impegnata». Le attività di volontariato possono essere distinte in due filoni principali: quelle svolte attraverso gruppi e organizzazioni e quelle a cui ci si dedicata individualmente. Da un punto di vista professionale le prime risultano più qualificate. Per quel che riguarda la continuità nel prestare servizio, nel volontariato non organizzato nel 48,9% dei casi ci si dedica da meno di due anni all’attività. Diverso è, invece, il comportamento dei volontari organizzati, per i quali bisogna sottolineare che nel 76,9% dei casi l’attività praticata è la stessa da tre anni o più; in particolare ben il 37,7% persegue l’impegno da più di dieci anni. L’attività volontaria diventa dunque una pratica ripetuta nel tempo e consolidata che consente all’associazione di fare affidamento sull’esperienza accumulata. Fornasini pone attenzione su un’interessante conseguenza di questo aspetto: «Molte associazioni di volontariato giorno dopo giorno riescono a generare vere e proprie aree di lavoro sociale. La loro attività si evolve, matura, cresce e consente di aprire, in alcuni casi, piccoli spazi di professionalità, quindi posti di lavoro. Questo non è un fatto negativo, tutt’altro. Le associazioni talvolta chiedono aiuto per “gemmare” la loro attività in soluzioni professionali separando il tutto dal volontariato. In questo senso il volontariato è veramente “start up” di impresa sociale, purché, è sempre bene tenerlo presente, si separino bene gli aspetti». A oggi sono presenti diversi tipi di organizzazioni, alle quali, chi si dedica a queste attività si può aggregare. Nello specifico il numero più grande di adesioni è rilevato nelle associazioni di promozione sociale e onlus (24,3%), mentre il 15,8% dei volontari presta servizio presso associazioni culturali e sportive. Più raro è lo svolgimento dell’attività volontaria presso partiti e sindacati (3,2%), in altre asso- La Fevoss in prima fila alla festa del volontariato O FiloFevoss una porta aperta SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 8 ltre 80 associazioni solidali attive tra città e provincia, domenica 28 settembre, hanno partecipato alla quattordicesima edizione della Festa del volontariato. Per l'occasione Piazza Bra si è riempita di stand e di una miriade di persone che insieme rappresentano il cuore e il motore del Terzo settore, un popolo solidale stimato, soltanto nel Veronese, in un esercito di oltre novemila volontari, compresi i volontari della Fevoss che, per l'intera giornata, in un accogliente stand hanno dato informazioni sulle attività della onlus (dai servizi di trasporto all'assistenza sanitaria) e hanno spiegato con opuscoli e materiale informativo la sfida della trasformazione in Fondazione. La manifestazione è stata realizzata dal Centro Servizio per il Volontariato (Csv) di Verona in coorganizzazione con l’Assessorato ai Servizi sociali e famiglia del Comune e grazie al sostegno della Banca Popolare di Verona e il supporto di Acque Veronesi e Amia. Obiettivo dell'evento, ha spiegato la presidente del Csv Chiara Tommasini, è stato «raccontare chi sono e che cosa fanno quotidianamente associazioni e volontari per contribuire al miglioramento della vita di tutti attraverso una costante attenzione ai bisogni del territorio in cui hanno sede, e al conseguente sviluppo di progetti e attività in ambito socio sanitario, nell’aiuto e sviluppo della persona, nel soccorso e in supporto all’ambiente e ai beni culturali». Idea riassunta nell'immagine stilizzata, scelta da quest'anno come logo della Festa, che attraverso le forme e i colori sottolinea l’importanza dell'operato di ciascun volontario, di tutti gli ambiti del sociale, di ogni singola associazione che, insieme e in rete, rappresentano la vera forza del Terzo settore. GRUPPI Ciao Gaetano! Sei stato esempio di dinamismo e vitalità I volontari piangono la scomparsa di Gaetano Grezzani, uno dei primi fondatori del Gruppo Fevoss di Borgo Milano. “Se mi cercate, cercatemi nei vostri cuori è lì che mi troverete” coinvolge nel suo vorticoso svolgersi fino a farti dimenticare le persone più vicine. “Se mi cercate, cercatemi nei vostri cuori, è lì che mi troverete sempre” così recitava la bella frase scritta in capo al necrologio che annun ciava la morte di Gaetano. Poche, ma molto significative parole che richiamano coloro che l’hanno conosciuto a restituirgli quell’eternità terrena che appartiene solo al ricordo. Come sempre si fa per una persona cara che lascia questa nostra terra, abbiamo citato solo le sue virtù dimenticandoci dei suoi difetti: e perché ciò? Forse le risposte possono essere tante, una di queste potrebbe trovarsi in quest’atto di purificazione che rende le persone a noi care così leggere da elevarsi in cielo fino a toccare il Paradiso o l’Olimpo, poiché i nostri morti sono e saranno sempre i nostri Santi o i nostri Dei. Ciao Gaetano una porta aper FiloFev oss ta 2014 a a pagare A VERON si impegn 2, DCB te che 1, comma al mitten zione 46) art. restitu 2004 n. per la conto in L. 27/02/ ore del (conv. 03 detent CMP 353/20 D.L. di VR P.T. IN A.P. nzia IONE e all’Age - SPEDIZ o rinviar e S.p.A. to recapit Italian di manca - Poste In caso a tariffa. la relativ FEDERA ZIONE DEI SERVIZ I DI VOLON TARIAT O SOCIO SANITA RIO - N.2 MAGG IO-AGOSTO FEDERA In caso la relativdi manca a tariffa.to recapit - Poste rio lo chef volontaa Toscan Marzio Erbici, io di Santa al Conviv I GRUPP e è artefic Ciascuno destino o del propri IO OSCOP CALEID DEI SERVIZ I DI VOLON TARIAT una O SOCIO porta aper nzia - SPEDIZP.T. di IONE VR CMP IN A.P. detent ore del - D.L. 353/20 conto 03 (conv.per la restitu in L. 27/02/zione al mitten 2004 te che n. 46) si impegn art. 1, comma a 2, DCB a pagare VERON A SANITA RIO - N.3 SETTEM BRE-DI CEMBR ta E 2014 3 pagg.2-3 LA STORIA sino e Marche Buttapietra il nuovo pulmino in festa per ZIONE o rinviar Italian e all’Age e S.p.A. 2 Associazioni e fundra ATTUA ising LITÀ pagg.10-11 Volontari pag.15 SOLIDA e volonta RIETÀ La sfida della Fon dazione pagg.2-4 riato pagg.6-7 L’Ossario ia e di Custoz Foto di na di economDobFederica a co Pescanti CULTU paura. 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Se na si fragilità, ione e tema organizzazio zione sociale settore tata perch bisognosa di dimessa dal- È urgente , amore? del propri sse la Fevoss verso l'ambizioue la a di del Terzo risultaFonda cura, disori potrà essere si inseri- efficacia dell’az é a casa cooperative, azioni di promo si pross e non delega suno. ste preme è in cammino zione zzazioni , i suoi Fondazione non nel La Fevoss enbile imo e Ho Fevos riato, associ delle organi ha un valore È necessario re più alto”: di diventare fase nuova impotente, condiviso aveva più nes- psichico, a chi soffre il saper far- vuoto, perch un contenitore s non fermerebbe.in questo mondo rdo una ha un il volontariato dimostrati. in grado di spiritu di coml’Italia si vive situazlo sfogo di spetti titolo, so tragua per vivere e crescita incred ale o fisicoun disagio gia sarà forgiaé la sua lumin giuridico prossimo o essere ed essere i ibili. osa ioni assur chi, saria ve famiglie. ta dalla sce, a pieno rivolta al fa la diffe- Fevoss Onlus amenti te e grand ere ti devon Così ho È quant e alle ri- te persone solida storia strateuna de e e conosc impegno i. a di cambi delica Il volonne e pensato fattori, quale l'opera accogliere vicinanza umano mai neces li, volon dalle tanpover ariato? ai pro- dunqutrare se il nostro i più efficac è la positiv a, con sfide organizzazio alla sfida tà che la tari e benedi il volont a, capac - anni. che si sono ? Vi metod valore. Santa sonalistico,l'altro, non contro Fevos tare, succe Sarà e misurare una soluzionentali del dimos o se ci sono del volontariato una plessiv unità a livello Convivio di solo di prima s potreb dute espre ma istituz in modo popolare! Perché del be affronle attivare trasformars di tutto con perpuò essere mici, ambie qua- renza,è oggi il ruolo are al non profit dove opport . La ripresa ionale C'è un ssione del negli io. tariato i in Fonda se stessa - venzio interventi qualif nel saper di tante realtà mondo cuore , econo abile della i- Qual za ad assegn è chiamato ne, cura o servizi a ne è un esemp , nel di bene zione. che blemi socialirisorsa rinnovutilizzo possib tenden riparatoria: o o non posson e promo icati di pre- namente fatto Ho avuto che di inclus r nelle perifeoperano quotid ne Toscan Paese; unao fare il miglio alutato, e misu- funzione Non possia ione social zione di politi- scalpore, non voglionha una funzio iadi cui la rie umane mo girare e. ranea le è obblig ariato è sottov ai volontari un Stato o profitIl non profit senza società ha e la testa contempole. Il volont tto darebb per il loro impe- intervenire. coccolati smarrirsi. estremo bisogn E tra o anche zamento può misurare, rarne l'impa la nostra queste realtàper non apprez si senso di ciò che non . ci sarà gno. Infatti FILOFEVOSS CERCA AMICI 2015 Filofevoss è il periodico di contatto con ogni persona solidale che sceglie di andare controcorrente, mentre la mentalità dell’effimero, dell’individualismo e dell’efficienza a tutti i costi sembra prevalere. Piccoli gesti di affettuosa partecipazione al Bene comune sono oggi quantomai necessari per affermare la ragione del cuore che non si ferma dinanzi a nessun ostacolo esistenziale. Sostieni e diffondi Filofevoss! Troverai in questo numero il bollettino del c/c postale per il versamento, il quale può essere utilizzato per detrazioni a fini fiscali. LE EDITORIA ss c’è La Fevo H S Queste le quote: simpatizzante euro 20, sostenitore euro 50 e oltre, benefattore euro 500 e oltre. Grazie per la generosa adesione. una porta aperta s evos FiloF SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 9 Tiziano, Silvana, Ivano, Marisa, Renata, Lamberto, Giovanni, Oreste, Giuliana, Assunta, M.Rosa, Marina, Sara, Amerigo, M.Teresa. FiloFevoss I l Gruppo della Fevoss di Borgo Milano piange la scomparsa di uno dei suoi primi fondatori: venerdì 3 ottobre si è spento nella sua casa Gaetano Grezzani. La tessera numero 247 ne testimonia l’adesione a quello sparuto manipolo di pionieri della solidarietà che nei primi anni Novanta del secolo scorso sono riusciti a dar vita al Gruppo Fevoss di Borgo Milano e a organizzare in via Fratelli Rosselli l’ambulatorio tutt’ora in funzione. Gaetano era uno di questi: persona attiva, ingegnosa e affidabile. Grande trascinatore e punto di riferimento per tutti. Ciò che di lui colpiva erano sicuramente l'autorevolezza e il dinamismo. La prima gli derivava certamente dal carattere ponderato e dall'intelligenza, che gli permettevano di cogliere con lucidità la realtà delle cose e, di conseguenza, di trovare le soluzioni più adeguate con quel senso di sicurezza che però non si trasformava mai in arroganza. Il suo dinamismo nasceva dalla prorompente vitalità che dava un senso profondo alla sua esistenza. Proverbiali erano le sue campagne per la distribuzione del calendario della Fevoss, importanti per l’associazione sia come fonte di finanziamento che come pubblicità. Se dovessimo, come per gli orientali, immaginare Gaetano in un'esistenza del mondo animale potremmo vederlo nelle vesti di un’ape regina a dirigere un alveare, oppure di un castoro indaffarato tutto il giorno a costruire, come un valente ingegnere, straordinarie opere di sbarramento nel fiume. La malattia invalidante che lo ha portato alla morte, è stata molto lunga: sembra impossibile, ma solo la perfida fantasia dell’esistenza poteva colpire una persona così attiva, costringendola su una sedia a rotelle prima e poi inferma su di un letto. In questi undici anni Gaetano è stato amorevolmente assistito dai suoi familiari e confortato da una tenace Fede Cristiana. La moglie Adriana con le figlie Flavia e Stefania lo ha custodito come un tesoro prezioso non solo prestandogli le cure mediche indispensabili, ma anche conservando la sua presenza nella comunità familiare per restituirgli quella dignità di persona che la malattia tende a togliere. Nel 2011, in occasione del ventennale della Fevoss, siamo andati con Gianni Cailotto a trovare Gaetano per consegnargli il distintivo d’oro. È stato un piacevole incontro in cui Gaetano si era commosso perché aveva capito che non ci eravamo dimenticati di lui. L’accoglienza dei familiari ha fatto sì che una semplice visita per la consegna di un distintivo si fosse trasformata in un evento speciale. Dopo l’uscita da quella casa un po’ di rimorso, però, l’abbiamo sentito per il fatto che le nostre visite erano rare e ci siamo resi conto di come la vita ti TESTIMONIANZE Momenti “esclusivi” A tu per tu con Madre Teresa A Calcutta, il 29 gennaio 1988, fortuite coincidenze permisero l’emozione e l’orgoglio di un’intervista. In ricordo un autografo su una piccola stampa e un beneaugurante “God bless you” (“Dio ti benedica”) DI CLAUDIO BECCALOSSI L FiloFevoss una porta aperta SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 10 auro Coletta, compagno ritrovato delle elementari con trascorsi in Gran Bretagna ed in India, ed io nel gennaio 1988 ci recammo per un’impegnativa full im mersion nel Paese-continente asiatico. Infatti l’amico era una quale guida esperta per miei intenti giornalistici. In effetti da quel tour indiano tornai con un notevole materiale di appunti e foto che, poi, elaborati in articoli, interviste e reportages, trovarono pubblicazione su varie testate (come “L’Arena” di Verona e “L’Adige” di Trento). Sulle vicissitudini del nostro itinerario fummo perfino intervistati, prima del ritorno in Italia, dalla reporter Farah Ahmed di “Indian Express” (Express Towers, Nariman Point, Bombay). Partimmo dall’aeroporto romano di Fiumicino e, dopo scali ad Atene, Kuwait City (Madinat al-Kuwait) e Dubai (Dābāyā’), giungemmo a Bombay (dal 1995 Mumbai), capitale dello Stato indiano del Maharashtra, prima tappa del nostro particolare itinerario tra ashram (che, in sanscrito, significa “luogo di meditazione e romitaggio” ed anche “uno dei quattro stadi della vita”), guru (termine sanscrito che, per gli induisti, indica il “maestro” od il “precettore spirituale”) ed affascinanti, stridenti contraddizioni. Nel corso del faticoso tragitto, non scevro di pericoli ed imprevisti, da Bombay a Pune (Poona), Bangalore (Bengaluru), Puttaparthi, Madras, Pondicherry o Pondichéry (Puducherry), Calcutta, Tiljala, Mayapur, Delhi ed ancora Bombay (“base” d’arrivo e partenza da e per Roma), avvicinammo una consistente serie di personaggi, tra cui i consoli generali d’Italia, a Bombay Francesco Orazi Flavoni, ed a Calcutta Gerardo Zampaglione, l’intraprendente uomo d’affari Cesare Rossi, i “santi” padri salesiani Antonio Alessi ed Aurelio Maschio, i celebri mistici Bhagwan Shree Rajneesh (Osho Rajneesh), Sathya Sai Baba (nato Sathya Narayana Raju Ratnakaram), Prabhat Ranjan Sarkar (Shrii Shrii Anandamurti, chiamato Baba dai suoi discepoli). Il 28 gennaio, proprio nella data del mio compleanno, in un paio d’ore di volo ci spostammo dalla città di Madras (l’odierna Chennai, capitale del Tamil Nadu, affacciata sul golfo del Bengala) a Calcutta (ufficialmente Kolkata, capitale del Bengala Occidentale, West Bengal). Prendemmo alloggio presso l’Hotel West End (11, Waterloo Street) al cui ristorante, la sera, festeggiammo alla buona, tra noi due, la ricorrenza della mia nascita. Il giorno dopo ci avviammo verso la sede delle Missionaries of Charity (Missionarie della Carità), la congregazione fondata da Madre Teresa, al 54A, Lower Circular Road, confidando di trovarvi la famosa suora, spesso in giro per il mondo a causa dei suoi molteplici impegni. Fummo fortunati perché la giovane religiosa che ci diede retta al portone in legno, confermò la presenza di Madre Teresa nell’edificio, ma disse anche che, in quei momenti, stava riposando e che avremmo potuto incontrarla più tardi, dopo le 15. Ci ripresentammo all’ora indicata, alquanto eccitati per l’insperata opportunità. Saliti al primo piano affacciato su un cortiletto interno, vedemmo subito l’illustre suora dialogare in piedi con un signore e per questo stemmo a debita distanza, seduti su una panca, per rispettare la loro privacy. Intanto osservai Madre Teresa: il viso tormenta- I GRANDI SEGNI VERGATI DALLA “PICCOLA MATITA NELLE MANI DI DIO” una porta aperta to da profonde rughe e da serissima malinconia o da un’enorme stanchezza, piccola di statura, quasi minuta, ingobbita, con il caratteristico sari e il velo fin quasi sugli occhi del suo ordine e un maglione blu chiuso da bottoni sul davanti. Era scalza e mi colpirono i suoi piedi, tozzi e deformi. Dopo che il suo interlocutore se ne fu andato, si avvicinò a noi parlando in inglese e avvisandoci subito che aveva poco tempo da dedicarci, che non voleva né rilasciare interviste e nemmeno farsi fotografare. Per qualche strano meccanismo favorevole, però, riuscii a convincerla a rispondere ad alcune mie domande (che mi ero preparato in precedenza sull’agenda e che “condirono” il mio lungo “pezzo” dedicato a Madre Teresa, consegnato nelle stesse mani del direttore responsabile de “L’Arena” d’allora Giuseppe Brugnoli e pubblicato sulla terza pagina del quotidiano veronese il 9 marzo 1988) mentre Lauro ci scattava delle fotografie, due mentre conversavamo e una quasi in posa, con lei che guardava in basso e non l’obiettivo. Ricordo che, prima dell’ultima foto, volendo averla più vicina a me, le misi una mano sulla spalla per trarla accanto ma lei si scostò bruscamente, mantenendo un certo distacco. Mi consolai con il suo autografo su una piccola stampa con la sua foto e una preghiera dedicata a “Mary, Mother of Jesus…”, la sua firma scritta in rosso e con un beneaugurante (specie da Madre Teresa) “God bless you” (“Dio ti benedica”)… Fotografie con lei e suo autografo che conservo con orgoglio e gelosia in archivio assieme ad altra copiosa documentazione su quel mio lontano incontro con l’India, terra d’innata e trasversale spiritualità... FiloFevoss adre Teresa, al secolo Anjëzë Gonxhe Bojaxhiu, venne alla luce a Skopje (allora sotto l’Impero Ottomano) il 26 agosto 1910 da genitori benestanti albanesi originari del Kosovo. S’avvicinò all’India leggendo e ascoltando la lettura di testimonianze di missionari gesuiti operanti nel Bengala. Nel 1928 entrò come aspirante tra le Suore di Loreto dell’Istituto della Beata Vergine Maria, che si dedicava ad attività missionarie nel subcontinente asiatico. Da Parigi, dove affrontò un colloquio preliminare, venne mandata a Dublino, in Irlanda. L’India fu il passo successivo, compiuto nel gennaio 1929. Da Calcutta passò nella municipality di Darjeeling a proseguire la propria preparazione. Pronunciò i voti temporanei il 24 maggio 1931 e il nome che scelse, Maria Teresa, fu anche per devozione a Santa Teresa di Lisieux o Santa Teresa del Bambino Gesù. Presi i voti, Anjëzë-Madre Teresa abbandonò Darjeeling e tornò a Calcutta restandovi per 17 anni. Visse il suo impegno nel collegio cattolico “Saint Mary’s High School” di Entally. Per pronunciare i voti perpetui, nel 1937 rifece il tragitto verso Darjeeling assumendo il nome di Madre Teresa. A Calcutta salì la scala gerarchica venendo nominata direttrice del collegio nel 1944, in piena guerra, quando il convento venne requisito e adibito dagli inglesi a ospedale militare fino al termine del conflitto. Nel 1946 Madre Teresa rimase traumatizzata dalle conseguenze sanguinose degli scontri tra le varie fazioni indipendentiste. Decise di cambiare la propria missione e la sera del 10 settembre salì sul convoglio diretto a Darjeeling per una decina di giorni d’esercizi spirituali. Fu in quella fatidica notte in treno che s’innescò il meccanismo spirituale della “chiamata nella chiamata”. La religiosa volle lasciarsi alle spalle il convento per avvicinare e servire i più poveri e abbandonati. Nel 1948 ottenne dal Vaticano l’autorizzazione a seguire da sola i propri progetti nei sobborghi di Calcutta a patto che rispettasse sempre i voti. Lasciò il velo nero delle Suore di Loreto il 15 agosto 1948 e nello stesso anno acquisì la cittadinanza dell’India indipendente dalle catene inglesi, “sposandosi” con l’umanità povera, negletta e bistrattata degli slums indiani. Nel 1950 fondò la “sua” congregazione, quella delle Missionarie della Carità, subito supportata dalle prime dodici ragazze, tra le quali non potevano mancare alcune sue ex studentesse del collegio “Saint Mary’s High School”. Le Missionarie non s’occuparono solo di “intoccabili”, infermi o all’ultimo stadio della vita. I campi d’azione s’allargarono al reinserimento lavorativo dei guariti e alla cura dei piccoli abbandonati o orfani. E, in seguito, all’assistenza dei lebbrosi. Papa Paolo VI attribuì alle Missionarie della Carità, nel febbraio 1965, il titolo di “Congregazione di diritto pontificio” concedendo loro la facoltà d’allargarsi oltre i confini indiani. L’internazionalizzazione prese piede il 26 luglio 1965 con la prima apertura d’una casa delle Missionarie della Carità a Cocorote (Venezuela), poi a Colombo (Sri Lanka) nel 1967, in Africa, America, Asia ed Europa. Il frequente contatto con Papa Giovanni Paolo II agevolò l’apertura di tre sedi a Roma. Nel 1979 Madre Teresa ricevette il Premio “Nobel” per la pace grazie al suo “lavoro compiuto nella lotta per vincere la povertà e la miseria che costituiscono anche una minaccia per la pace”. Morì il 5 settembre 1997, all’età di 87 anni, provocando commoventi impennate di costernata emozione mondiale. L’India le tributò un funerale di Stato a cui parteciparono una folla strabocchevole e esponenti internazionali. L’ultima collocazione di madre Teresa fu un’umile tomba bianca all’interno della casa madre delle Missionarie della Carità, a Calcutta, con scritto l’estremo ammonimento evangelico: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”, riassunto e volontà d’una lunga vita dall’energica e laboriosa fede. SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 11 M A TU PER TU La comunicazione nella relazione: il potere del nostro agire Quando l'amore fa male? Il 27 novembre al Centro di Santa Toscana si parla di discorso amoroso e strategie comunicative che possono modificare alcune dinamiche all'interno della relazione di coppia DI LUCIA PIZZIOLO e PATRIZIA GUADAGNINI Q FiloFevoss una porta aperta SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 12 uando si parla di amore, discorso amoroso, coppia, si fa comunemente riferimento a un sentimento di affetto, attaccamento, amorevolezza, benevolenza, predilezione che per la persona amata si concretizza nel desiderio di procurare al proprio compagno uno stato di benessere. La voglia di rappresentare una “relazione felice”, in cui i membri costruiscono insieme la loro storia nella ricerca di un arricchimento scambievole e di una condizione di benessere reciproco, è l’aspettativa della maggior parte delle per- sone che decidono di vivere un rapporto di coppia. Nella relazione la comunicazione diventa veicolante di sentimenti di stima, aiuto, solidarietà, alleanza, rispetto e ognuno dei partner, nella propria individualità, riesce a essere tutt’uno con l’altro. La progettualità diventa un “mondo” di potenziamento reciproco dove solidarietà e complicità sono i punti saldi sui quali contare nei momenti di debolezza e bisogno. Tutto ciò, in genere, deriva da un sincero e profondo sentimento di fiducia che sta alla base di un solido rapporto sentimentale. Contrariamente a ciò, sempre più spesso si sente parlare di “amore che fa male”. Ma in realtà cosa significa questo modo di intendere l'amore? Può accadere ad esempio di incontrare una persona “sbagliata” o di ritrovarsi in una situazione “sbagliata”, che non fa sentire bene, diminuisce la fiducia in se stessi, e quindi l’autostima, e che può indurre a sfruttare o ad approfittarsi dell’altro, invece di accoglierne debolezze e difficoltà. In sintesi tale stato di cose può creare malessere e può portare uno dei partner a ritrovarsi “vittima”, o in senso psicologico, o anche “fisico”, o nella peggiore delle ipotesi, in entrambe le situazioni. Questa contraddizione rispetto all’attesa e al significato stesso della relazione d’amore, crea confusione e disordine. In un simile contesto può accadere di sentirsi colpevoli per la propria infelicità, di non ritenersi all’altezza dell’altro, o di essere disorientati a tal punto da pensare di meritare una tale brutale “croce”. Si delineano delle fragilità per cui, immersi in questo film paradossale, ci si può ritrovare a “soccombere” alla persona amata o a quella situazione “sbagliata”, pensando, pur sapendo di stare male, di non poterne più fare a meno e allo stesso tempo, di rimanere in qualche modo “intrappolati” in quella situazione, eludendo tuttavia, la possibilità di individuare una qualche soluzione “all'amore che fa male”. Una relazione si costruisce attraverso la comunicazione, scegliendo parole, frasi e contenuti che rispecchiano la propria intenzione rispetto a ciò che si sta provando e vivendo. La scelta di alcuni vocaboli piuttosto che di altri e la modalità comunicativa utilizzata guidano un modo di essere e fare all’interno del rapporto stesso. Le parole e i loro significati trascinano con sé le azioni che vi fanno da specchio. Decisamente impegnativo è il tentativo di cambiare una relazione che “fa male”. Riuscire a fare chiarezza, dunque, prendere coscienza delle dinamiche relazionali in cui si è “vittima” o "complice inconsapevole", è un percorso complesso, ma è il solo inizio ipotizzabile per un percorso di cambiamento. Quando si parla di comunicazione e uso della parola, in base a come la utilizziamo nel descriverci, la comunicazione può avere una connotazione negativa in virtù della quale si svaluta la nostra persona e le nostre azioni, senza lasciare spazio a una riflessione che permetta di trovare delle alternative alle scelte non funzionali. P er chi fosse interessato si prospetta l'occasione di poter parlare di discorso amoroso e strategie comunicative che possono modificare alcune dinamiche relazionali. Vi invitiamo dunque a partecipare alla serata: La comunicazione nella relazione: il potere del nostro agire. “Quando l’amore fa male”, che si terrà il 27 novembre (alle 21) presso la sede centrale della Fevoss in via Santa Toscana 9 a Verona. Abbandono, solitudine, emarginazione... Discorsi su donne che vogliono cambiare Parola chiave è cambiamento. E la condizione senza la quale si po' immaginare un cambiamento è la coscienza dell'avere bisogno di qualcosa e avere chiaro chi si vuole effettivamente diventare DI LUCIA PIZZIOLO e PATRIZIA GUADAGNINI una porta aperta C hi fosse interessato ad approfondire quest’argomento, è invitato a partecipare alla serata dal titolo: Abbandono, solitudine, emarginazione... Discorsi intorno alle donne che vogliono cambiare, che si terrà nella giornata del 29 gennaio 2015 (alle 21) presso la sede centrale della Fevoss in via Santa Toscana 9 a Verona. FiloFevoss queste devono essere considerate, sia sotto il profilo affettivo e sia sotto quello emotivo, in situazioni di “difficoltà” in relazione a: se stesse, gli altri e il mondo in cui si sperimentano, ma anche al ruolo “dell'altro” che incontrano come interlocutore. Inoltre non sono da trascurare gli schemi di valutazione e reazione insiti nel gioco delle parti, con il senso comune e i discorsi che si fanno intorno a esso. A riguardo le moderne teorie socio-psicologiche portano sempre più a riflettere intorno all’importanza acquisita, all’interno della moderna società, dalle dimensioni relazionali, interattive ed emotivo-affettive nei percorsi di crescita ed apprendimento. In questo senso i più autorevoli esperti in materia hanno da tempo evidenziato come la maggior parte della vita si svolga in contesti di relazioni e interazioni, anche di gruppo. Unitamente a ciò, hanno sottolineato l'importanza di come l'altro sia una risorsa preziosissima per l’acquisizione di quelle competenze e abilità sociali, emotive e interattive fondamentali affinché ogni persona possa costruire un proprio benessere personale all’interno dello specifico contesto socio-culturale in cui si trova a vivere . Tuttavia, “gestire relazioni” e stare bene insieme agli altri, siano essi interlocutori significativi o meno, e interagire in modo efficace e soddisfacente all’interno di un contesto familiare, di gruppo, lavorativo e nel territorio, non è questione di buoni sentimenti, né dell’essere più o meno generosi o volenterosi, ma è frutto di un processo di consapevolezza. SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 13 M entre si scrive in merito alle donne, si pensa a quante subiscono relazioni in cui sono fagocitate da giochi di potere, dai quali non è facile uscire. La parola “chiave” che con maggior frequenza viene proposta, come soluzione a un disagio, è cambiamento. Cambiamento sembra una parola magica, proposta al fine di poter trovare delle soluzioni utili a situazioni scomode, ma tale percorso non è facile e nemmeno scontato. Le domande più frequenti potrebbero essere: perché cambiare? Cosa vuol dire cambiare? Come si fa a cambiare? Sappiamo che nessuno può cambiare qualcun altro, ma che il cambiamento è un'azione volontaria e responsabile che può derivare solo dalla scelta del singolo individuo di avviare questo percorso, che diversamente non sarebbe attuabile. Quindi, è auspicabile il cambiamento di qualcuno solo se desidera diventarne l'attivo protagonista. A tal fine la condizione senza la quale non si può immaginare un cambiamento, è la presa di coscienza della propria identità, del “chi sono” – come persona, donna, madre, moglie, lavoratrice, amica – e aver chiaro “chi si vuole diventare”. Lo scarto tra chi sono e chi voglio diventare automaticamente genererà quella che chiameremo coscienza del cambiamento. Prendere coscienza di sé è un passaggio antecedente alla conoscenza dell’aver bisogno di qualcosa, come pure l’essere nella condizione di comprendere la propria identità personale e sociale, rende possibili la richiesta di aiuto per un cambiamento. Le resistenze che derivano dai nostri abituali modi di pensare e agire in merito ai problemi e alle situazioni di difficoltà, costruiscono “gabbie” che ci rendono prigionieri dei vecchi stili o stereotipi e non ci permettono di liberarci dal “problema” e nello stesso tempo ci mantengono schiavi della situazione da cui paradossalmente vorremmo liberarci. Infatti, anche se molti di noi sarebbero disponibili al cambiamento, le costrizioni date dagli stili di vita, dagli schemi nostri e degli altri con cui interagiamo (come ad esempio la fissità dei ruoli, le attese sociali ed istituzionali, i bisogni imposti e prescritti dal contesto socio-culturale di appartenenza), limitano i vantaggi dati dalla stabilità, precludendo la possibilità di riuscita. A questo si aggiunge il fatto che nei contesti sociali in cui quotidianamente viviamo, il cambiamento di prospettiva, anche ammesso che riusciamo a determinarlo, genera scenari nuovi che comportano ulteriori cambiamenti che spesso non abbiamo messo in conto e rispetto ai quali ci si trova impreparati. La stabilità ha un vantaggio: So che sto male, ma conosco lo scenario... Se sto bene non lo riconosco più e non mi riconosco più... Il cambiamento che ho desiderato, determinato e voluto mi sta bene, ma all’interno dei sistemi ci saranno altre cose che si modificheranno e anche rispetto a queste si dovrà esser pronte a coglierne la variazioni, con la coscienza di non poterle controllare, dunque nella posizione o meno di poterle gestire. Nello specifico, se parliamo delle donne in situazioni di difficoltà, Dicembre in casa Fevoss Sabato 6 dicembre, ore 20 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Cena con menu arabo per far conoscere sapori e culture di altri Paesi. Seguono danze, musica, letture di poesie e cerimonia del tè. Serata di raccolta fondi a sostegno delle attività della Fevoss. Prenotazione obbligatoria. Domenica 7 dicembre, ore 20 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Cena con menu rumeno per far conoscere sapori e culture di altri Paesi. Seguono danze, musica e lettura di poesie. Serata di raccolta fondi a sostegno delle attività della Fevoss. Prenotazione obbligatoria. Lunedì 8 dicembre, ore 20 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Cena con menu peruviano per far conoscere sapori e culture di altri Paesi. Seguono danze, musica e lettura di poesie. Serata di raccolta fondi a sostegno delle attività della Fevoss. Prenotazione obbligatoria. Venerdì 12 dicembre (ore 12-19) e sabato 13 dicembre (ore 9.30-18) Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 La Camiceria Hermo propone a prezzi di fabbrica i suoi capi di abbigliamento. L’ingresso è aperto al pubblico. Domenica 14 dicembre Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Alle 12.30 pranzo di ringraziamento dedicato a tutti i benefattori, sostenitori della Fevosse loro consorti. Alle 9.30, nella chiesa di Santa Toscana, possibilità di partecipare alla Santa Messa presieduta dal rettore don Adriano Avesani. La prenotazione è obbligatoria. Da sabato 6 a giovedì 18 dicembre Polo Confortini dell'Ospedale di Borgo Trento Mostra “La bellezza della solidarietà”. Amore che sorprende. FiloFevoss una porta aperta SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 14 Martedì 23 dicembre, ore 21 Chiesa di Santa Toscana – Piazza XVI Ottobre, 27 (zona Porta Vescovo) Concerto Gospel Santa Messa di Natale mercoledì 24 dicembre, ore 16 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 La tradizione vuole che alla Vigilia del S. Natale il Centro si trasformi accogliendo i partecipanti alla Santa Messa di Natale con il tradizionale scambio degli auguri. Momento di forte spiritua- Convivio di Santa Toscana È aperto tutti i giorni dalle 12 alle 14.30 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Il Convivio di Santa Toscana è un luogo di accoglienza in cui è possibile condividere il pranzo cucinato da cuochi professionisti con alimenti genuini alcuni dei quali donati alla onlus. Un modo sereno per lasciarsi alle spalle le molteplici difficoltà esistenziali. lità preludio alla festività più cara alla gente dell'indomani. Giovedì 25 dicembre, ore 12.30 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Pranzo di Natale. Prenotazione obbligatoria. Sabato 27 dicembre, ore 21 PalaOlimpia di Verona – Piazzale Atleti Azzurri d'Italia, 1 Spettacolo “Notte di Luce” a cura dell'associazione Libero il Cielo. Due ore di musica, danza e poesia. Biglietti: 10 euro (adulti) e 5 euro (bambini fino a 13 anni). Il ricavato verrà devoluto alla Fevoss. Mercoledì 31 dicembre, ore 20 Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Cena di Capodanno con musica e danze. Prenotazione obbligatoria. Il programma potrà subire variazioni. Per informazioni: recarsi alla sede della Fevoss via Santa Toscana, 9; telefonare ai numeri 346 504 8525 o 045 8002511; inviare un fax allo 045 593412. La domenica al Centro di Santa Toscana Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Ogni domenica, dalle 12.45 alle 14, la cucina del Centro di Santa Toscana accende i fornelli per i soci (volontari, benemeriti) loro famigliari e gli amici della Fevoss che intendono trascorrere il pranzo in compagnia. Il menù prevede un primo piatto, seconda portata a base di bollito misto con pearà, dessert. Offerta libera a sostegno delle attività della onlus. Prenotazione consigliata al numero 347 8335268 (Fausto). Anziani Protagonisti nel quartiere di Veronetta Centro di Santa Toscana – Via Santa Toscana, 9 Il progetto Anziani Protagonisti nel quartiere di Veronetta è animato dai volontari della Fevoss nella sede dell'associazione. Tra le attività in programma la mattina: corsi di ginnastica medica, ginnastica dolce, corsi di danza; nel pomeriggio laboratori di macramè, sartoria, realizzazione di anelli, spille e oggetti regalo, lettura dei quotidiani, ballo, tombola, giochi e intrattenimento. Apertura: dalle 9 alle 11.30 e dalle 15 alle 17.30. Il Centro rimarrà chiuso dal 31 dicembre al 6 gennaio 2015. Alcuni appuntamenti: – Venerdì 5 dicembre, ore 15.30 Benedizione della statua della Madonna. – Martedì 9 dicembre, ore 15.30 Coro dell'Università della Terza età con canti natalizi. – Venerdì 19 dicembre, ore 16.30 Giardino dell’arte con concerto di Natale. CULTURA L’Ossario di Custoza: onore ai caduti e ammonimento ai vivi Visibile da lontano, alto sul colle del Belvedere, da 135 anni il mausoleo testimonia il sacrificio di tanti soldati italiani e austriaci, morti nelle battaglie di Custoza della prima e della terza guerra di indipendenza una porta aperta cura e l’ordine di un giardino. Sui lati maggiori del mausoleo larghe gradinate conducono alle quattro sontuose porte, ornate ciascuna da un pronao con colonne di marmo bianco di Sant’Ambrogio, ingentilite da capitelli a volute e a fogliami, opera dello scultore veronese Salesio Pegrassi, le quali conducono tutte alla cappella dipinta al centro dell’ossario, ricca di scritti e di oggetti significativi, tra cui il ritratto di don Gaetano Pivatelli. La cappella, sul cui altare si può celebrare la messa e pregare Dio almeno per la felicità eterna dei caduti, è infatti il logico coronamento della cripta sottostante ampia ed illuminata da quattro finestre, la quale accoglie in urne trasparenti ossa senza nome dei caduti, e allineati con cura su mensole sovrapposte, fissate tutto intorno alle pareti, innumerevoli crani, impressionanti alcuni, che conservano l’ultima espressione del volto del soldato al momento della morte: la bocca aperta in un urlo, i denti stretti forse per il dolore, o la fatica. Tuttavia il mausoleo di Custoza, sebbene fosse stato costruito anche perché “La nobile Austria e la nobile Italia non più né padrone, né serve, ma compagne sulla via della civiltà, ma unite nella libertà e nella mesta religione dei defunti si (dessero)... con affetto rispettoso la mano”, purtroppo non riuscì ad impedire nel 1914 lo scoppio della disastrosa prima guerra mondiale, con la quale si completò l’unità d’Italia, bene di cui i caduti che per essa hanno combattuto, non hanno potuto godere, e che invece godiamo noi senza alcun merito se non quello almeno della riconoscenza commemorando quest’anno 2014 il centenario di quel tragico evento. FiloFevoss A lto sul colle del Belvedere e visibile da lontano nel suo candore, l’Ossario di Custoza da 135 anni testimonia il sacrificio di tanti soldati italiani ed austriaci, morti nelle due battaglie combattute proprio nel territorio di Custoza nella prima e nella terza guerra di indipendenza: “Nemici in vita, morte li adeguò, pietà li raccolse - 1848-1866”. Così si legge infatti nell’opuscolo commemorativo. E la pietà per quei corpi sepolti alla rinfua in un’unica fossa nella campagna fu quella di don Gaetano Pivatelli, dal 1872 parroco di Custoza, che spesso andava a pregare sul loro indecoroso sepolcro e spesso gli accadeva di dover consolare anche qualche madre che non sapeva dove poter piangere il figlio caduto in guerra. Così una sera, appena rientrato dalla visita alla tomba dei caduti, ubbidendo ad un irresistibile impulso, prese carta e penna e cominciò a scrivere lettere all’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, a Vittorio Emanuele II, re d’Italia, a persone importanti, ai giornali per sensibilizzare l’opinione pubblica, affinchè si costruisse un ossario che accogliesse senza distinzione di nazionalità e desse dignità di sepoltura ai poveri corpi, abbandonati nella campagna, di tanti soldati caduti nelle battaglie di Custoza della prima e della terza guerra di indipendenza. Il desiderio di don Pivatelli è accolto e, per subito realizzarlo, si costituisce un comitato promotore, formato anche da veronesi illustri come Giulio Camuzzoni, Angelo Messedaglia ed il poeta Aleardo Aleardi, che il 20 gennaio 1878 bandisce la gara per la costruzione del monumento, vinta dall’ingegnere Giacomo Franco assieme all’impresa Francesco Podestà. La spesa è sostenuta da compagnie di reduci, dall’Esercito Regio, dalla Presidenza del Consiglio, dalla Casa Reale italiana e dalla Casa Imperiale austriaca come segno dell’avvenuta concordia. E l’ossario, costruito in poco più di un anno, viene inaugurato il 26 giugno 1879 alla presenza delle più alte autorità civili e militari. In esso finalmente sono onorati e trovano pace i soldati di qualsiasi nazionalità, caduti nelle battaglie di Custoza, come recita l’iscrizione a caratteri cubitali, incisa alta sul frontone sopra l’ingresso principale:“Pace ai forti caduti su questi campi nelle battaglie del 25 luglio 1848 e 24 giugno 1866 - Italia 24 giugno 1879”. L’Italia infatti, anche se non completamente, era ormai unita e costituiva un unico stato. L’ossario, di forma ottagonale, largo circa dieci metri alla base, assottigliandosi si eleva con la torre che lo sovrasta oltre il balcone marmoreo della specola, ad un’altezza di trentotto metri, da sui si ammira la bellezza del vasto territorio sottostante e delle distese di vigneti, coltivati con la SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 - PAG. 15 DI RENATA DALLI CANI APPUNTAMENTO CON LʼARTE La guerra che verrà non è la prima Grande Guerra 1914 - 2014 Fino al 20 settembre il Mart di Rovereto ospita una mostra dedicata al Centenario della Prima guerra mondiale. Punto di partenza di un’indagine più ampia che attraversa il XX secolo e arriva ai conflitti dei nostri giorni Fortunato Depero, "Guerra-festa" (1925) una porta aperta FiloFevoss SETTEMBRE-DICEMBRE - PAG. 16 L a guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente. Trae ispirazione dalla celebre poesia di Bertolt Brecht il titolo della mostra “La guerra che verrà non è la prima”, visitabile, fino al 20 settembre 2015, al Mu seo di arte moderna e contemporanea Mart di Rovereto. È stata realizzata con il patrocinio della Presidenza del Con siglio dei Ministri - Struttura di missione per gli anniversari di interesse nazionale, in collaborazione con im portanti istituzioni culturali nazionali. L’esposizione si allontana dalla semplice riflessione sulla storia. Offre invece uno sguardo più complesso sull’attualità del conflitto, ancora oggi al cen- tro del dibattito contemporaneo. La Prima guerra mondiale, di cui ricorre quest'anno il Centenario ed è da ricordare tra gli eventi più drammatici e significativi della storia, rappresenta il punto di partenza di un’indagine ampia che attraversa il XX secolo e arriva ai conflitti dei nostri giorni. Una narrazione dalla quale scaturisce un intenso viaggio che affonda le sue radici nelle guerre di un secolo, ritrovandosi nella più tragica storia recente. L’arte entra in contatto con la quotidianità, i capolavori delle avanguardie dialogano con la propaganda, la grammatica espositiva completa e rinnova il valore di documenti, reportage, testimonianze. Instal lazioni, disegni, incisioni, fotografie, dipinti, manifesti, cartoline, corrispondenze, diari condividono gli oltre 3 mila metri quadrati del piano superiore del museo e si misurano con sperimentazioni artistiche più recenti, installazioni sonore, narrazioni cinematografiche tra cui documentari originali, video e film. Sono esposti anche numerosi reperti bellici, il cui ritrovamento è il capitolo più recente di una vicenda ancora attuale, nella quale ogni oggetto racconta la propria vicenda. L’esposizione presenta alcuni capolavori storici provenienti dalle collezioni del Mart, fra i quali opere di Giacomo Balla, Anselmo Bucci, Fortunato De pero e Gino Severini. Una lunga serie di prestigiosi prestiti nazionali e internazionali provenienti da collezioni pubbliche e private e gallerie completa il progetto. Numerose sono le opere di artisti che hanno vissuto il dramma del conflitto. Oltre ai maestri dell’avan- guardia italiana, l'elenco comprende Max Beckmann, Marc Chagall, Albin Egger-Lienz, Adolf Helmberger, Osvaldo Licini, Arturo Martini, Pietro Mo rando, Mario Sironi. La mostra inoltre è integrata dai lavori di registi dell’epoca come Filippo Butera, Segundo de Chomón, Abel Gance. Il museo Museo di arte moderna e contemporanea Mart Corso Bettini, 43 a Rovereto (Trento) Orario di apertura: domenica, ore 10-18; da martedì a venerdì, ore 10-21 www.mart.tn.it FiloFevoss una porta aperta FEDERAZIONE DEI SERVIZI DI VOLONTARIATO SOCIO SANITARIO - N.3 SETTEMBRE-DICEMBRE 2014 In caso di mancato recapito rinviare all’Agenzia P.T. di VR CMP detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa. - Poste Italiane S.p.A. - SPEDIZIONE IN A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB VERONA 3 Associazioni e fundraising pagg.2-4 ATTUALITÀ Volontari e volontariato pagg. 6-7 SOLIDARIETÀ L’Ossario di Custoza pag. 15 CULTURA Foto di Federica Calò La sfida della Fondazione DI ALFREDO DAL CORSO paura. Mi è capitata tra le mani una riflessione di Madre Teresa di Calcutta: “Il frutto del silenzio è la preghiera, il frutto della preghiera è la fede, il frutto della fede è l'amore, il frutto dell'amore è il servizio, il frutto del servizio è la pace”. Mi sono detto: sarà il nostro programma di futuro servizio verso i bisognosi, malati, sofferenti. Dal silenzio alla Pace. Ritrovare il carisma originario sarà tuttavia possibile nel frastuono che stiamo vivendo e in questa situazione di crisi? Dentro all'attuale babele di lingue auto-referenziali, dov'è quella che ci parla ancora di diritto, verità, amore? È urgente e non delegabile il saper farsi prossimo a chi soffre di un disagio psichico, spirituale o fisico e alle rispettive famiglie. È quanto mai necessaria una vicinanza umana, capace di accogliere l'altro, non solo in modo personalistico, ma istituzionale nel saper attivare interventi qualificati di prevenzione, cura e promozione di politiche di inclusione sociale. Non possiamo girare la testa coccolati nel nostro “mondo di buoni samaritani”. Quanto disagio c'è attorno a noi, forse dentro di noi! Sappiamo che la responsabilità della qualità del nostro vivere civile è di chi ci governa, ma pure che essa interpella ogni cittadino in qualsivoglia situazione sociale. Non esiste povertà più di quella di chi non sa donare. Perciò, a conclusione di questo anno sociale, sento forte il richiamo al valore della fortezza pur consapevole delle nostre fragilità, omissioni, colpe. Dunque la Fondazione Fevoss non potrà essere un contenitore giuridico vuoto, perché la sua luminosa strategia sarà forgiata dalla storia dalle tante persone solidali, volontari e benefattori, che si sono succedute negli anni. Sarà espressione del cuore popolare! C'è un mondo di bene fatto di tante realtà che operano quotidianamente nelle periferie umane senza scalpore, di cui la società contemporanea ha estremo bisogno per non smarrirsi. E tra queste realtà ci sarà anche la nostra. FILOFEVOSS: Periodico iscritto al Tribunale di Verona il 4/2/1997 N. 1249, edito da FEVOSS (FEDERAZIONE DEI SERVIZI DI VOLONTARIATO SOCIO SANITARIO ONLUS) PRESIDENTE: Alfredo Dal Corso REDAZIONE: Via S. Toscana, 9 (Porta Ve sco vo) 37129 Verona. Telefono 0458002511; telefax 045593412; email [email protected] email redazione [email protected], sito internet www.fevoss.org REDAZIONE: Marta Bicego (direttore responsabile) Claudio Beccalossi, Renata Dalli Cani, Sara Di Biase, Lucia Pizziolo, Renzo Puliero (redattori)) HANNO COLLABORATO: Alfredo Dal Corso, Patrizia Guadagnini PROGETTO GRAFICOE IMPAGINAZIONE: Ettore Tanara STAMPA: Grafiche Aurora s.r.l. - Verona RESPONSABILE SPEDIZIONE: Aldo Lampariello H o visto un'anziana veronese rovistare in un cassonetto della spazzatura per estrarvi del cibo. Ho raccolto la rabbia di un papà che non sapeva affrontare la sua famiglia per aver perso il posto di lavoro. Ho incontrato una persona dimessa dall'ospedale bisognosa di cura, disorientata perché a casa non aveva più nessuno. Ho condiviso lo sfogo di chi, impotente, vive situazioni assurde e incredibili. Così ho pensato alla sfida contro le povertà che la Fevoss potrebbe affrontare, prima di tutto con se stessa, nel trasformarsi in Fondazione. Ho avuto DIFFUSIONE EDITORIALE: Nuova Zai s.n.c. (VR) Se vuoi aiutare la FEVOSS con liberi contributi che potranno essere deducibili nella dichiarazione dei redditi. Versamento bancario su BANCO POPOLARE IBAN: IT48I-05034-11711-000000004438. Versamento bancario su UNICREDIT BANCA SPA IBAN: IT 64 U 02008 11704 000005545465. Versamento su c/c postale n. 11903374, intestati a FEVOSS ONLUS. Con la destinazione del 5 per mille nell’apposito riquadro, la firma e il C.F. 93024890233. Filofevoss accoglie volentieri collaboratori disposti ad arricchirlo di nuovi contenuti, di cui gli autori si assumono piena responsabilità. 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