Anno II - n.3 – maggio - giugno 2008 – Distribuzione gratuita
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TERZO MILLENNIO
OSSERVATORIO GIURIDICO E CULTURALE
Corriere bimestrale
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Per chi ama, cielo e terra si uniscono
Il più grave torto che possiamo fare a Dio è diffidare di Lui
-
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San Pio
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San Pio
San Pio
Il logo dell’Osservatorio TERZO
MILLENNIO ……...……….…. pag. 2
Spigolature
di
legislazione
e
giurisprudenza ……………. pagg. 3 s.
tra cui: - La responsabilità verso terzi
della p.A.: configurabilità ….… pag. 3
Presupposti di legittimità degli
incarichi esterni ….…......…..… pag. 4
I nodi del federalismo fiscale che
vengono al pettine ……..…. pagg. 5 ss.
Il seguito del film comico …….. pag. 8
L’umile frate che stupì il mondo
………………………............ pagg. 9 s.
L’etica tra la politica e l’economia
della globalizzazione …….. pagg. 11 s.
Cronaca
varia
e
costume
……………………………. pagg. 13 ss.
tra cui: Sedicimila al giorno in coda
per San Pio ……..…………. pagg.13 s.
Adesso si accorge, Sig. Presidente?
.............................................. pagg. 14 s.
Benedetto
XVI
nel
Salento
………………………………… pag. 15
Ancora parole nel ricordo di Aldo
Moro: brevi note politicamente
scorrette ……………..…… pagg. 15 s.
Per gli atti legislativi e giurisdizionali si esclude la completezza della loro indicazione,
trattandosi di selezione. La collaborazione sotto ogni forma è gratuita.
Direttore editoriale, redazione: Gr. Uff. Dott. Giuseppe Mario Potenza - Direttore
responsabile: Dott. Salvatore Resta – giornalista pubblicista – Redazione: Via Belotto, 15/A Nardò (Lecce) - E-mail : [email protected]
Iscrizione al n. 961 del registro della Stampa del Tribunale di Lecce in data 19 marzo 2000
1
IL LOGO DELL’OSSERVATORIO
Spero che a quanti siano interessati all’Osservatorio
giuridico e culturale «Terzo Millennio» e a questa
rassegna piaccia il logo da me ideato e disegnato.
Si vive sull’onda evolutiva di questo terzo millennio –
la cui decorrenza, seguita a livello pressoché planetario
dalla nascita di Cristo, denota la rilevanza di tale
evento – sulla base dell’esperienza storica dei primi
due trascorsi: la maggiore dimensione della lettera
«M», che è in cima al logo, sta a significare l’auspicio
di un migliore progresso di civiltà, di pace e di
collaborazione dei popoli rispetto alle due minori «M»
relative ai primi due millenni, delineati alla base del
simbolo.
Nel contenitore temporale sono il diritto (IUS) e il
costume (MOS). Il diritto, inteso non come diritto
elitario o di polizia, ma come diritto equo e «mite»,
come direbbe Gustavo Zagrebelsky. Il costume, inteso
non come costume frivolo e improntato all’egoismo
consumistico, ma come costume permeato di dignità
umana e dei fondamentali principi etici e di altruismo
costruttivo.
Il fas della trilogia romana (ius, mos et fas) è stato
eliminato, stante la modifica del sistema del nostro
periodo storico.
Solo con queste connotazioni è possibile una
corrispondenza, al contempo ideale e concreta, tra
diritto e costume, e cioè tra l’ordinamento giuridico e
la società nei suoi comportamenti e nella scelta dei
valori.
Questa corrispondenza ha incontrato, nella storia
dell’uomo, sbarramenti di varia natura, spesso nefasti,
rappresentati dal doppio circolo della figura nella loro
duplice realtà istituzionale e sotterranea. Le
interruzioni di ciascun circolo intendono denotare i
varchi che l’uomo, con la sua volontà, può trovare per
oltrepassare la cortina, di volta in volta fatta di
razzismo, diffidenza, rivalità, egoistica globalizzazione,
odio tra le etnie. Se, una volta superata la muraglia,
passando attraverso il varco, se ne trova un’altra,
l’uomo non demorde: con la sua tenacia e i suoi
sacrifici troverà un'altra possibilità di apertura per
rompere il circolo vizioso del male.
Nella realtà impastata di questi sbarramenti trovano
posto l’ordina
Posto l’ordinamento statale e il popolo amministrato,
che devono corrispondere l’uno all’altro in una
tensione costante e reciproca. Il diritto deve cercare di
interpretare i bisogni della società e rispecchiare la
volontà popolare nei suoi genuini e più corretti
principi, i cittadini devono accettare la disciplina
statale nel rispetto del principio di legalità, alla quale
soltanto spetta il primato, non già alla politica, che
deve rimanere onesto strumento.
I due poli inseriti nelle interruzioni del circolo esterno
del logo indicano, da una parte, i criteri di
ragionevolezza, equilibrio ed equità intorno ai quali si
deve polarizzare l’attenzione degli organi statali, e,
d’altra parte, i criteri di tolleranza e collaborazione cui
dev’essere informato il comportamento dei cittadini, e
ciò per evitare ogni eccesso, in un senso o nell’altro, e
ogni abuso da parte pubblica e da parte privata, in
occasione di quotidiane tentazioni impeditive del
perseguimento del vero interesse pubblico, anche quale
somma di interessi dei privati.
L’ordinamento deve cogliere, oltre alle esigenze di
carattere materiale della gente, la migliore sensibilità –
etica – popolare per la sua traduzione in leggi, la
società vi si deve adeguare, allargando la sua
attenzione, oltre che all’aspetto dei rapporti civili,
anche alle norrne (etiche) per questi non scritte, e cioè
alla sua posizione personale, interiore. Su questo
secondo versante la situazione ottimale, e comunque al
meglio di quanto si riesca a fare, torna certamente a
vantaggio delle istituzioni, sia all’esterno, nei rapporti
con i cittadini, sia all’interno delle stesse.
La centralità dell’«ET» del logo – che non è mera
congiunzione, ma segno di costante corrispondenza –
denota l’importanza fondamentale di questa
corrispondenza, per evitare, da una parte la mancanza
di democraticità, imparzialità e
trasparenza
dell’apparato statale nell’articolazione dei tre poteri,
legislativo, esecutivo e giudiziario, e, dall’altra
l’elusione della legge, specie attraverso la tendenza
strisciante all’affermazione del primato della politica, i
privilegi, la mafia e l’arroganza, di analoga natura, dei
«colletti bianchi».
(G. M. Potenza)
2
OSSERVATORIO GIURIDICO
Spigolature
di
giurisprudenza
legislazione
Con le due sentenze che seguono della sezione III la
Cassazione civile ha sottolineato, ai fini della
configurabilità della responsabilità verso terzi della
pubblica Amministrazione,
l’importanza dei
presupposti dell’osservanza di norme e regolamenti e
della riferibilità del fatto del dipendente alle finalità
delle sue mansioni.
Discrezionalità e responsabilità civile della p. A.. – La
Corte di Cassazione, Sez. III civile, con sentenza del
18 settembre 2007, n. 19359, ha precisato che la
discrezionalità e la conseguente insindacabilità, da
parte del giudice ordinario, dei criteri con i quali
l’Amministrazione realizza e mantiene un’opera
pubblica, incontrano un limite nell’obbligo che la
stessa ha di osservare le specifiche disposizioni di
legge e di regolamento che tutelino l’incolumità dei
cittadini e l’integrità del loro patrimonio, nonché le
comuni norme di diligenza e prudenza, e che pertanto
l’inosservanza di tali disposizioni e norme comporta la
responsabilità dell’Amministrazione per danni arrecati
a terzi.
La riferibilità del fatto del dipendente alle finalità delle
sue mansioni quale presupposto della responsabilità
civile della p. A. – La Corte di Cassazione, Sez.III
civile, con sentenza dell’8 ottobre 2007, n. 20986, ha
ribadito che l’ente è considerato responsabile per i
danni cagionati a terzi dal dipendente, in via solidale,
solo quando si accerti non solo il nesso causale tra il
fatto posto in essere dallo stesso e il danno causato, ma
anche la riferibilità del fatto alle finalità perseguite
dall’Amministrazione attraverso le sue mansioni.
Nella fattispecie un vigile urbano aveva esploso alcuni
colpi di pistola a un giovane che lo aveva provocato,
causandone la morte: l’accollo all’ente del danno
cagionato ai parenti della vittima conseguiva
all’accertamento del fatto che l’agente avesse agito per
finalità connesse alle sue mansioni, e non solo per un
fine strettamente personale ed egoistico, comunque
estraneo agli scopi perseguiti dal Comune.
e
di Giuseppe Mario Potenza1
Legislazione
– D.l. 1° novembre 2007, n. 181, “Disposizioni
urgenti in materia di allontanamento dal territorio
nazionale per esigenze di pubblica sicurezza”;
– legge 24 dicembre 2007, n. 244, “ Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge finanziaria 2008)”;
– d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, “Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative e disposizioni
urgenti in materia finanziaria”;
– d.l. 29 dicembre 2007, n. 249, “Misure urgenti in
materia di espulsione e di allontanamento per
terrorismo e per motivi imperativi di pubblica
sicurezza”;
d.l. 31 gennaio 2008, convertito in legge 13 marzo
2008, n. 45, “Disposizioni urgenti in materia di
interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno
dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché
relative alla partecipazione delle Forze armate e di
polizia a missioni internazionali”.
Giurisprudenza
CORTE COSTITUZIONALE
La tutela ambientale e paesaggistica è limite alla
tutela degli altri interessi pubblici sul territorio. – La
Corte costituzionale, con sentenza 7 novembre 2007,
n.367, ha dichiarato in parte inammissibili e in parte
infondate le censure sollevate dalle Regioni Toscana,
Calabria e Piemonte avverso lo Stato in ordine alla
legittimità costituzionale del d.lgs. 24 marzo 2006,
n.157, recante disposizioni correttive e integrative al
Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22
gennaio 2004, n. 42), sotto l’aspetto della lesione delle
competenze regionali in materia di valorizzazione dei
beni ambientali e di governo del territorio, nonché del
principio di leale collaborazione.
La Corte ha stabilito che spetta allo Stato, e non alle
regioni (nemmeno d’intesa), la definizione delle
specifiche modalità della tutela dei beni paesaggistici,
mentre alle regioni spetta solo l’individuazione dei beni
e la loro collocazione
nei piani territoriali o
paesaggistici : per questo motivo la legge ha attribuito
alle regioni il compito di redigere i piani paesaggistici,
vincolandoli all’osservanza delle norme di tutela
paesaggistica emanate dallo Stato.
CONSIGLIO DI STATO
Sul divieto di reformatio in pejus del trattamento
economico dei dirigenti. Decisione del Consiglio di
Stato N.14/2006 (segnalata da Vittorio Galatro)2
Il supremo organo di giustizia amministrativa con la
sentenza sopra richiamata ha deciso che in caso di
passaggio del dipendente statale (in questo caso
dirigente) ad altro incarico o ad altra amministrazione,
deve essere assicurato il principio della non reformatio
in pejus con qualche importante precisazione e
limitazione. Infatti, ha rilevato che la struttura del
trattamento economico del dirigente si compone delle
seguenti
voci:
stipendio tabellare; indennità
integrativa speciale; retribuzione individuale di
anzianità, maturato economico annuo, assegno ad
personam o elemento fisso, ove acquisiti e spettanti in
applicazione dei previgenti contratti collettivi nazionali
CORTE DI CASSAZIONE
1
Autore di pubblicazioni in materia amministrativa e
penale, revisore contabile, conferenziere, già segretario
generale della Provincia di Alessandria.
2
Difensore civico appartenente all’Associazione
Ombudsman Innsbruck.
3
Illegittimità del ricorso all’indebitamento finalizzato al
finanziamento di spese diverse da quelle di
investimento. - La Corte dei conti, Sezioni Riunite in
sede giurisdizionale, con sentenza 27 dicembre 2007,
n. 12, ha ritenuto , in tema di ricorso all’indebitamento
per il finanziamento di spese diverse da quelle di
investimento in violazione dell’art. 119 della
Costituzione, che la sanzione va applicata mediante
l’ordinario giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte
dei conti anche in considerazione del fatto che
l’iniziativa, come nel caso di specie, spetta all’attore
pubblico. A tal fine appare necessaria la sussistenza
della colpa grave ovvero del dolo, secondo il chiaro
tenore della normativa in vigore. E’ necessario che la
delibera di contrarre il mutuo sia eseguita con la stipula
del relativo contratto, dovendosi ritenere che la
situazione di pericolo per l’equilibrio di bilancio si
verifica nel momento in cui la delibera è portata ad
esecuzione. Con riferimento ai debiti fuori bilancio, ai
sensi dell’art. 194 del d.lgs. n. 267/2000, ciò che rileva
è la sentenza, e quindi occorre fare riferimento al
momento della pubblicazione della stessa per la
maturazione del debito fuori bilancio. Infine, il
destinatario della sanzione va individuato nell’ente di
appartenenza degli amministratori condannati, essendo
la sanzione finalizzata al ristoro del bene-valore leso, e
cioè all’equilibrio del bilancio dell’ente.
Nella fattispecie la sezione giurisdizionale per la
Regione Sicilia aveva chiesto alle Sezioni Riunite di
pronunciarsi sulla questione articolata nei punti sopra
indicati.
di categoria; retribuzione di posizione - parte fissa;
retribuzione di posizione - parte variabile; retribuzione
di risultato.
La Cassazione ha chiarito quali sono le voci che,
attribuite in maniera continuativa e in misura fissa,
costruiscono quella parte del trattamento economico
che non può subire reformatio in pejus, ai sensi del
principio affermato dall’art. 202 del T.U. 10/1/1957, n.
3 e dall’art. 3 della legge 24/12/1993, n. 537.
Mentre non può sussistere dubbio circa la misura fissa
e continuativa delle voci di cui ai punti 1), 2), 3 e 4, e il
fatto che la retribuzione di risultato appare chiaramente
come un elemento occasionale ed estremamente
variabile, la voce di cui al punto 5), materia del
contendere, che il TAR aveva riconosciuto ai fini della
conservazione del trattamento economico goduto in
precedenza, viene disconosciuta dal Consiglio di Stato
che riforma la precedente sentenza del TAR.
Infatti il Consiglio di Stato ha affermato che “è
significativo rilevare che detta componente retributiva,
diversamente da quella testualmente definita fissa, il
cui ammontare è espressamente indicato dal CCNL,
non riceve da questo precisa quantificazione,
essendone
rimessa
la
determinazione
alla
contrattazione individuale con l’amministrazione, in
riferimento ai compiti di volta in volta conferiti con il
singolo incarico dirigenziale e agli obiettivi a questo
connessi.
Essa, inoltre, appare connotata da un certo grado di
variabilità per la stessa possibilità di modifiche in
aumento o in diminuzione del suo ammontare, che
l’autonomia negoziale consente alla parti.
I nodi del federalismo fiscale che vengono
al pettine: l’abolizione dell’Ici occasione
storica di riflessione sui problemi
CORTE DEI CONTI
Presupposti di legittimità degli incarichi esterni.- La
Corte dei conti, Sez. giurisd. per la Regione Toscana,
con sentenza 5 giugno 2007, n. 516, ha ribadito,
secondo la sua stessa giurisprudenza consolidata, che
l’affidamento di un incarico esterno, comportando una
spesa aggiuntiva rispetto a quella prevista per il
personale, è consentibile solo quando ricorrano le
seguenti condizioni: rispondenza dell’incarico agli
obiettivi dell’Amministrazione; inesistenza all’interno
di figure professionali idonee all’espletamento
dell’attività; specifica indicazione dei contenuti e dei
criteri di svolgimento dell’incarico; indicazione della
durata; proporzione tra i compensi corrisposti e utilità
conseguita dall’Amministrazione.
Nella fattispecie la Procura generale aveva convenuto
in giudizio il Segretario generale della Camera di
commercio di Siena per il risarcimento del danno
erariale conseguente all’incarico a consulente esterno
per l’analisi e l’ approfondimento dei compiti e
funzioni dell’ente ai fini della rideterminazione della
pianta organica in applicazione del nuovo CCNL, e ciò
in relazione all’ esistenza di professionalità adeguate
all’interno della Camera e soprattutto alla scarsa
consistenza dell’attività espletata dal consulente.
di Giuseppe Mario Potenza
Premessa. Il federalismo fiscale, tema vecchio ma
ancora dibattuto. – Quello del federalismo, e i
particolare del federalismo fiscale, che ne costituisce
uno degli aspetti irrinunciabili, è un tema sul quale si
discute, com’è noto, da un bel po’ di tempo e che
ancora oggi presenta problemi di varia natura, forse
sottovalutati. Già diversi anni addietro, sull’onda
euforica nata a seguito di varie riforme, non è mancata
qualche voce di ponderata e realistica critica. Così, ad
esempio, Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, nel
lontano 1996 aveva osservato: “Federalismo ? Una
parola. Facile da promettere, difficile da realizzare,
inutile da costruire se si traduce semplicemente in un
decentramento dallo Stato alla periferia. Anzi, se
questa è la formula che alla fine dovesse prevalere,
persino dannoso” 3.
L’abolizione dell’Ici sulla prima casa. - La recente
decisione di cancellazione dell’imposta comunale sugli
3
Giuseppe De Rita, in Corriere della Sera, 14 giugno
1996, p.7.
4
immobili, auspicata trasversalmente dalle diverse parti
politiche, anche se in modo non unanime, ha suscitato
reazione da parte dei comuni, ma è stato anche motivo
di perplessità e occasione di interrogativi in dottrina.
I sindaci hanno visto eliminare una risorsa che si
aggirava sul 20 per cento delle entrate e hanno mosso
le loro rimostranze, sicché c’è stato l’impegno, da parte
del ministro dell’economia, di sostituire con
trasferimenti statali i due miliardi e 200 milioni annui
di euro (che venivano riscossi da quindici anni). Si è
parlato del nuovo ristoro rappresentato dall’imposta sui
redditi (IRE al posto dell’IRPEF). Ma il risultato
curioso sarà che il cittadino, anziché pagare un’imposta
specifica, si vedrà trattenere automaticamente
l’equivalente, percependo così il peso in modo
indiretto. Non è giusto, è stato detto, che il lavoratore,
per esempio il lavoratore che con i risparmi accumulati
dopo tanti anni di lavoro all’estero si è costruito
un’abitazione, debba essere così colpito da questo
tributo.
Ma con l’applicazione dell’imposta sul reddito
sostitutiva emergerebbe chiara la sperequazione a
carico dei cittadini che non hanno una casa per qualche
motivo di carattere contingente, pur avendo lavorato,
per esempio all’estero, per tanti anni e, a maggior
ragione, dei cittadini che non hanno avuto la possibilità
di lavorare e di risparmiare per motivi diversi
(mancanza di posti di lavoro, salute, ecc.). Essi
rimarrebbero penalizzati in relazione al maggior
prelievo fiscale per un fatto che potrebbe anche essere
estraneo a un quadro di oculata conduzione delle
risorse familiari. Questa considerazione indirizza ad
una rivalutazione forzosa della circostanza – alla luce
di una equilibrata politica fiscale – di avere bisogno, da
parte del cittadino, di una casa, e ciò va detto
indipendentemente dall’esito di tale valutazione, non
entrando, le presenti note, nel merito della valutazione
stessa. Valutazione, che infatti appartiene al legislatore,
che dovrà confrontarsi con l’art. 53 della Costituzione.
Non è mancato chi, nonostante l’impegno governativo
di far recuperare ai comuni quanto ora viene loro tolto,
ha considerato l’ipotesi di una inerzia dello stesso
Governo in tal senso.
ineludibile al nuovo pluralismo democratico. Nella
nuova versione del 2001 si parla di “autonomia
finanziaria di entrata e di spesa” anche per i comuni, le
province e le città metropolitane, oltre che per le
regioni, a riforma inequivocabile del vecchio testo
sostituito dell’art. 119 della Costituzione, laddove si
parlava di “autonomia finanziaria” solo per le regioni,
pur nel coordinamento legislativo con la “finanza dello
Stato, delle Province e dei Comuni”.
Tuttavia non possiamo escludere che il federalismo
fiscale, fondato sull’attuazione di questo disegno di
autonomia finanziaria, che dopo tutti questi anni è
ancora in alto mare, potrà essere attuato solo con il
rispetto del citato art. 53 della Costituzione. Questo
rispetto, invero, non è cosa facile, se appena si
considera la natura del tributo in tutte le sue
implicazioni sociali ed economiche che conducono, per
forza di cose, al vertice statale quale potere centrale
legittimato alla corretta applicazione dello stesso art.
53. Di ciò il legislatore costituzionale si è reso conto,
nel 1948, quando si parlava, a proposito dell’autonomia
finanziaria delle regioni, di “coordinamento con la
finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni” ad
opera delle leggi della Repubblica che stabilivano in
tale senso “forme e limiti” della stessa autonomia. E si
è reso conto anche nel 2001, quando, nella nuova e più
pregnante “autonomia” delle risorse degli enti, che
“stabiliscono ed applicano tributi ed entrate proprie”,
come suona il secondo comma del nuovo art.119, è
caduto il concetto di “forme e limiti” per far posto alle
modalità di previsione e applicazione di tributi ed
entrate proprie, che devono avvenire “in armonia con la
Costituzione e secondo i principi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario”. Quindi
non più “limiti”, di competenza del legislatore
ordinario, alla previsione e applicazione dei tributi, ma
solo di rispetto di princìpi fondamentali (che sono al di
sopra delle leggi ordinarie) che gli enti sono in grado
portare autonomamente : senza l’intervento legislativo?
Se il legislatore del 2001 ha ritenuto questo svincolo
dal legislatore ordinario per la nuova configurazione
dell’autonomia (nella specie sotto l’aspetto finanziario)
locale, sorge il dubbio se questa sia cosa fattibile in
relazione alla molteplice varietà che caratterizza, in
particolare, gli enti locali, nella loro specifica realtà
sociale e politica.
L’autonomia locale nella sua nuova rilevanza
costituzionale
quale
circostanza
per
un
ripensamento dei presupposti necessari per la sua
concreta attuazione. - Ma a questo punto il fatto
dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa offre
l’occasione per un ripensamento della complessa realtà
che riguarda l’autonomia locale, nella sua rilevanza
istituzionale voluta dalla legge n.3 del 2001, sotto
l’aspetto
dell’autonomia
finanziaria
e
della
conseguente (finora tormentata) attuazione del
federalismo fiscale.
Indubbiamente l’evoluzione legislativa, a far tempo
dalla Costituzione del 1948, che fece giustizia della
concezione degli enti locali come mere articolazioni
del potere centrale, attraverso la tappa fondamentale
della legge di riforma n. 142 del 1990, è approdata
all’anzidetta legge costituzionale n. 3 per dare pilastro
Un opportuno excursus sui criteri di svolgimento
delle funzioni da parte degli enti locali. - A questo
punto giova fare una breve digressione a proposito
dell’ “autonomia locale” con specifico riferimento alla
natura
delle
funzioni
dell’ente
locale
e,
conseguentemente, delle spese occorrenti per lo
svolgimento delle funzioni stesse.
In nome della stessa autonomia con l’art. 7 del d.l.
n.702/1978 si abolisce “ad ogni effetto di legge” la
distinzione, fatta nel vecchio t.u. degli enti locali
n.383/1934, tra spese obbligatorie e facoltative (queste
ultime avevano, come punto di riferimento della loro
disciplina e criterio di valutazione per il giudice, l’art.
312 dello stesso t.u.) considerata “anacronistica”, ma la
5
terminologia continua ad essere usata nella
giurisprudenza amministrativa e contabile, che infatti
ritiene l’abolizione della distinzione finalizzata
esclusivamente ad assicurare un unico regime
finanziario e contabile.
Segue, in campo legislativo, tutta una fioritura
terminologica: così, in particolare, si parla di servizi, e
quindi di spese, “essenziali” e “indispensabili”. Le
spese “non previste” impegnano in giurisprudenza per
stigmatizzare lo sperpero del denaro pubblico
nell’osservanza del principio di ragionevolezza, che
rappresenta il limite del principio di insindacabilità
delle scelte discrezionali della p.A 4.
L’illegittimità dell’azione amministrativa, sotto
l’aspetto della spesa, può riferirsi sia all’erogazione di
spese previste sia all’erogazione di spese non previste,
che di solito, rispetto a quella, si presta più tipicamente
ad ambiguità e strumentalizzazione. In giurisprudenza
continuano a fioccare, ma evidentemente più di prima,
le condanne
per
danno erariale scaturente
dall’erogazione di quelle che un tempo erano
denominate
“spese
facoltative”:
spese
di
rappresentanza, viaggi all’estero, e così via.
Si abolisce poi, con l’art. 9, comma 2, della legge
costituzionale n.3/2001, il controllo regionale sugli atti
degli enti locali. La mancanza di questo controllo non
viene affatto colmata, come si era pensato, dai controlli
interni all’ente locale. E le conseguenze non tardano a
farsi sentire. Gli amministratori locali si perseguono,
come mai si era visto, per irregolarità di varia natura
finanziaria: le spese correnti non vengono coperte con
entrate correnti, i mutui non vengono contratti solo per
spese di investimento, si assumono illegittimamente
oneri per lunga durata di tempo, con entrate
straordinarie si finanziano spese correnti, come quelle
conseguenti ( stipendi) ad assunzioni di personale, le
entrate a destinazione specifica si utilizzano per fini
diversi, si gonfiano i residui attivi e si riducono
arbitrariamente quelli passivi .
Di fronte a questo inquietante fenomeno il legislatore,
rivelandosi insufficiente il t.u. degli enti locali
approvato on d.lgs. n.267/2000, cerca di correre ai
ripari con norme-tappo : vedi, in particolare, l’art. 30,
comma 15, della legge finanziaria 2005, l’art.2, commi
281-284, della legge finanziaria 2008.
Il federalismo fiscale ora si presenta come una svolta
storica per un’oculata gestione delle spese, ma gli
strumenti e i controlli sono in alto mare.
federalismo fiscale già (in qualche modo) in atto, è
certo che gli enti locali siano in grado di “stabilire e
applicare i tributi in armonia con la Costituzione e
secondo i princìpi di coordinamento della finanza
locale e del sistema tributario”, come recita il nuovo
art.119, comma 2, della Costituzione ?
Se è vero, com’è vero, che la Corte dei conti è stata
sempre intasata da accertamenti di responsabilità, tanti
seguiti da condanna, e ancor di più da quando è venuto
meno il controllo regionale, che cosa succederà se,
come si teme, gli enti imporranno imposte per far
fronte a spese gestite in modo scriteriato ? La gente
deplora l’allegra finanza, ma la situazione diverrebbe
insopportabile con il finanziamento
realizzato
direttamente sulle tasche private e per spese opinabili.
In questa ottica, infatti, assume indubbiamente
importanza il discorso relativo al tema della natura
delle spese per cui è stato fatto prima un excursus.
Un’attenta osservazione dell’andamento evolutivo
della
legislazione
e,
contestualmente,
degli
orientamenti della giurisprudenza contabile che, in tale
evoluzione, si presentano sostanzialmente costanti nel
tempo, porta alla constatazione dell’enorme rilevanza
della diversità della natura delle funzioni e delle spese
locali
per l’esercizio del potere discrezionale
dell’Amministrazione locale.
Tale potere non può mai fondarsi su scelte “scriteriate”
(secondo la giurisprudenza amministrativa e contabile
che, sotto questo aspetto, è stata sempre costante) per
sconfinare nell’arbitrio, e certamente si avverte la
necessità che qualcuno controlli tutto ciò, ma ci si
chiede : da quando, in barba all’art. 130 della
Costituzione (all’epoca ancora in piedi), è stato
cancellato ogni controllo regionale sugli atti degli enti
locali, sono serviti i controlli interni ? La risposta a
questa domanda è notoriamente negativa : ovviamente
qui si coglie l’andamento prevalente e diffuso, facendo
salvo ogni caso di amministrazione corretta e
lungimirante. Le conseguenze, già deprecabili in un
sistema di finanza derivata, si preannunciano nefaste in
un sistema di federalismo fiscale in relazione alla
gestione autonoma, da parte locale, delle imposte in
quanto voce delle entrate che devono far fronte alle
spese.
La diversa natura delle spese degli enti locali rileva, in
particolare, proprio quando si fa uso scriteriato del
potere di gestione delle spese tradizionalmente
considerate non essenziali o indispensabili.
Posta un’oculata gestione delle spese, di qualsiasi
natura esse siano, in un contesto di entrate all’uopo
sufficienti, e posta una ragionevole imposizione
tributaria, nulla quaestio. Il discorso, però, cambia,
quando l’ente deve tirare la cinghia, il che non appare
improbabile alla luce dei nuovi venti che da qualche
tempo alitano sull’economia, e, in particolare,
sull’economia locale.
Un inquietante interrogativo. - Ci si pone un
inquietante
interrogativo.
Presupponendo
un
4
Per una trattazione articolata della materia v.
Giuseppe Mario Potenza, La legittimità degli atti nel
nuovo ordinamento degli enti locali, Maggioli Ed.,
Rimini, IV ed., 2002, pagg. 619 ss. Cfr. pure, sul punto
dell’interessamento giurisprudenziale e legislativo, in
relazione alle norme sul risanamento finanziario degli
enti locali, Giuseppe Mario Potenza in Ordinamento
finanziario e contabile degli enti locali (AA.VV.),
Giuffrè Ed., Milano, III ed., 1999, pagg. 218 ss.
Considerazioni conclusive. – In conclusione, il
federalismo fiscale ormai si impone come lo sbocco
naturale del processo evolutivo della realtà giuridica e
sociale, che ha visto la sua tappa fondamentale, da
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ultimo, con la legge costituzionale n.3 del 2001, per
quanto non ancora attuata.
Due appaiono i problemi di fondo che attendono la loro
(non facile) risoluzione:
1) l’attribuzione delle risorse tributarie alle regioni in
armonia con l’art. 53 della Costituzione: la riserva di
legge prevista impone la necessità di apposita revisione
costituzionale, non apparendo sufficiente, allo scopo, il
testo dell’attuale normativa (legge n.3/1997 e legge
n.131/2003);
2) la composizione (non facile nemmeno questa)
dell’opposta posizione delle regioni ricche e delle
regioni povere. Il fenomeno di questa differenziazione
(peraltro non esclusivo dello Stato italiano, ma proprio
di altri Stati europei) risale al periodo post-unitario, che
ha visto l’Italia divisa in due. Com’è noto, infatti, ci
sono regioni più ricche (al Nord) e regioni più povere
(al Sud). Le prime mirano ad uno strumento di
perequazione tributaria tale da conservare la loro
posizione (economicamente) migliore: in quanto già
acquisita, tale posizione presenta il timore di un futuro
di “parassitismo” delle regioni povere
Da una parte le regioni più deboli si devono battere
per la realizzazione di un fondo perequativo tale da
permettere il loro riscatto economico, ma al contempo
devono assumere l’impegno di ottenere correttamente
tale riscatto nel tempo. Questo impegno sarà possibile
solo con una autoregolamentazione finanziaria mirata,
che rappresenti un radicale cambio di rotta rispetto
all’abitudine radicata non solo di spreco del denaro ma
anche di “blocco” imprenditoriale.
Sia detto per inciso che evitare lo spreco del denaro è,
ovviamente, un comportamento salutare anche per le
regioni del Nord, tuttavia, nell’ambito delle spese
astrattamente legittime, ma non essenziali, scatta, per
sua natura, un meccanismo di proporzione in relazione
alle risorse disponibili.
Posto che le risorse finanziarie del fisco, salvo quanto
occorra allo Stato centrale per le sue ( insostituibili )
funzioni, vanno devolute alle regioni che producono il
gettito fiscale, si impone un idoneo sistema di controlli
che valga a verificare l’esistenza di questa
autoregolamentazione destinata a sgombrare la via da
ogni impedimento di innegabili condizionamenti
(com’è dimostrato dalla cronaca anche recente)
frapposti dalle regioni del Nord in merito al travaso di
risorse a favore delle regioni più povere che producono
un gettito fiscale inferiore.
Con la nuova realtà del federalismo fiscale, infatti, non
si può più continuare nella logica delle assunzioni
clientelari, dei contributi a pioggia, delle spese a ruota
libera per presupposte “missioni” all’estero,
gemellaggi, e sprechi di vario tipo.
D’altra parte, alle regioni più ricche conviene
collaborare in questo processo di individuazione di un
giusto punto di equilibrio, perché la crescita delle
regioni più povere – e il federalismo fiscale ne
rappresenta l’occasione storica – si risolve in una
crescita dello stesso Stato che poi, ovviamente, torna a
vantaggio di tutte le regioni, comprese quelle più
ricche. Non è difficile capire che le regioni più ricche,
che a causa dello sviluppo economico asimmetrico
della nazione si attendono maggiori risorse, non
vedano di buon occhio il trasferimento al Sud di risorse
che spesso vadano a finire nelle mani della criminalità
organizzata o di chi, anche se non etichettato, agisce
nella nebbia dove non si vede il limite tra legalità e
illegalità.
Ma il Sud istituzionale nell’esercizio delle funzioni
deve incominciare a prefigurarsi come obiettivo il
merito e come strumento di azione la concorrenza nei
vari settori, come, ad esempio, quelli dei servizi idrici,
di trasporto, di smaltimento dei rifiuti (e qui è stato
particolarmente vistoso il caso dei rifiuti napoletani) .
dell’istruzione e della formazione dei giovani, della
selezione e della carriera dei ricercatori e dei docenti,
del servizio sanitario (dove con il federalismo si rischia
di eliminare quegli strumenti di equità che valgono a
cancellare le disuguaglianze), e via dicendo. In tal
senso la recente apertura sul federalismo fiscale del
Governatore della Banca d’Italia è condizionata da uno
sforzo, adeguatamente valutato sul piano legislativo, di
efficienza e di controlli quale presupposto di una spesa
che dia i risultati positivi previsti. Una buona
formazione dei giovani (Ernesto Galli Della Loggia ha
collegato il declino della classe dirigente del Sud alla
fine dell’ intervento straordinario nel Mezzogiorno e
quindi all’archiviazione di fatto della cosiddetta
‘centralità’ della questione meridionale), confortata
dall’onestà delle istituzioni, potrà meglio combattere,
attraverso adeguati controlli, la criminalità organizzata
e quella, non organizzata come “sindacato”, dei
pionieri single, colletti bianchi o privati che siano. In
tal modo si creano le premesse, incartando gli obblighi
(autoregolamentazione e controlli ) in apposite leggi e
disegnando le nuove istituzioni che occorrano, perché
il Nord progredito intraveda la convenienza del suo
aiuto e della sua collaborazione.
Il seguito del film comico
di Angelo Raffaele de Dominicis 5
A sipario abbassato, dopo che il mio progetto di
sceneggiatura di un film (quasi ) comico è stato
prematuramente gettato nel cestino dei rifiuti – ma
perfino il semplice uso di questa parola ci fa
trasecolare! – è impossibile immaginare quali
motivazioni, che ovviamente attendiamo con
trepidazione, i massimi giudici della Consulta porranno
a base della ammissibilità dei tre referendum Guzzetta !
Di quei referendum, cioè, che non sono affatto
abrogativi del “porcellum” – acclamato, invece, come
“lex perfecta” dai fautori della “Casta” – sebbene
confermativi della lista unica nazionale, vanto dei
postfascisti ed, inoltre, referendum manipolativi della
Costituzione, che proclama il pluralismo delle idee e
dei partiti. Insomma, il 16 gennaio scorso siamo finiti
5
Vice procuratore generale della Corte dei conti,
autore di pubblicazioni di diritto, direttore di riviste
amministrative.
7
nel fondo del sacco : tra il porcellum, che vuole
mantenere il privilegio e l’immortalità della “casta”, e
il superporcellum, che utilizzando un referendum
consultivo, oltre che confermativo e manipolativo,
vuole addirittura rafforzarla ! E tutto ciò mentre la
nostra umanissima e modernissima Costituzione
compie i suoi primi sessant’anni ! Orbene, che la nostra
Carta fondamentale sia stata messa sotto i piedi può
cogliersi perfino dalla risposta fornita da un
referendario convinto. Alla domanda, un po’ così, “ma
professore, ci spieghi in due parole cosa volete fare ?”,
l’interlocutore che insegna ha risposto : “vogliamo
cambiare le regole della politica !”. E la Costituzione –
dico io – dove vogliamo gettarla ? Colpito, allora, da
grande sconcerto mi vedo costretto ad indicare due sole
strade : o il ministro Mussi chiude le Università, per
manifesta ignoranza, oppure dobbiamo invocare,
ancora una volta, l’ingresso in politica di Beppe
Grillo!
No, non vorrei chiedere al capocomico da quale senso
di nausea potremmo essere colti se confrontassimo il
vecchio testo dell’articolo 114 della Costituzione con
quello approvato nel 2001, ma piuttosto del caso di
attualità, delle dimissioni del presidente della giunta
Regionale Siciliana, On.le Antonio Cuffaro, detto
“Totò vasa vasa”. La domanda potrebbe essere questa
:e se il nostro politico non si fosse dimesso,
infischiandosene della procedura di sospensione
minacciata dal Governo? La risposta sarebbe stata
probabilmente quest’altra : che lo Stato italiano, forse,
avrebbe rischiato di fare l’ennesima figuraccia ! E ciò
perché Totò non poteva essere sospeso dalle funzioni
di capo del Governo regionale ! E non solo perché nei
suoi confronti non sussiste un irrevocabile giudizio di
colpevolezza, siccome la condanna non è ancora
definitiva (art. 27, secondo comma, Costit.), ma perché
dal pasticciaccio della riforma costituzionale del titolo
V, sembra emergere il principio secondo il quale
nessuna disposizione di legge – neanche di indole
penale ! – al di fuori di quelle costituzionali, può
limitare l’autonomia istituzionale degli organi di
governo di una Regione, anche a statuto speciale. Ed,
infatti, il presidente di una Giunta ragionale è titolare di
esclusive funzioni di indirizzo politico-amministrativo
(art. 121, quarto comma, Costit.) ed, inoltre, sulla
materia è bene che i professori del caso meditino sulla
seguente proposizione : “il Presidente della Giunta
regionale, salvo che lo Statuto regionale disponga
diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il
Presidente eletto nomina e revoca i componenti della
Giunta” (art. 122, ultimo comma, Costit.) ! E’ pur vero
che il presidente della Repubblica ha il potere di
rimuovere il presidente di una Giunta regionale, ma
solo per ragioni di sicurezza nazionale (art. 126, primo
comma, Costit.) . Il capocomico, potrebbe, poi,
incalzarmi soffermandosi sul fatto che i padri della
Repubblica – quei gran signori onestissimi che
sapevano scrivere ! – allo scopo di assicurare che la
pubblica amministrazione fosse sempre imparziale ed
efficiente (art. 97 Costit.) avevano previsto due
disposizioni, poi soppresse dalla riforma del più volte
citato titolo V.
Con l’abrogato articolo 124 veniva prevista la figura
del Commissario di Governo che coordinava le
funzioni amministrative statali con quelle regionali ed,
inoltre, con l’articolo 125, primo comma, parimenti
abrogato, veniva stabilito che la Commissione
Regionale di Controllo presieduta dal suddetto
Commissario di Governo, controllasse gli atti
amministrativi regionali e riferisse al Governo della
Repubblica sui casi di leggi regionali sospettate di
illegittimità costituzionale, al fine di attivare
l’opportuna procedura di impugnazione innanzi alla
Corte Costituzionale. Ora tutto è stato abrogato e
nessuno è in grado di amministrare la nostra
Repubblica… tranne uno ! Ed, infatti, al punto in cui
siamo arrivati, il nostro capocomico mi dovrebbe fare
la seguente domanda : “ma se il Capo dello Stato,
custode della Costituzione, non vuole sciogliere le
Camere, per evitare che si vada a votare con la legge
porcellum – quella del listone unico nazionale e dei
parlamentari delegittimati perché eletti dalle segreterie
politiche e non dal popolo sovrano – non può fare altro
che nominare un Governo del Presidente e sollevare,
nel modo più idoneo, conflitto di attribuzione con
membro del corpo elettorale (oppure, come sostiene un
giurista, addirittura con i partiti !), chiedendo che
finalmente la Corte Costituzionale si pronunci
sull’illegittimità del Porcellum e sui salamini
“derivati”. (Il conflitto con le regole delle democrazia,
infatti, non è putativo…ma reale !). E mentre tutto ciò
noi auspichiamo – (finis
africae) – potremmo
intravedere finalmente i nostri Benigni e Jannacci
ballare il girotondì e il girotondò.
Ringraziamo il Dott. De Dominicis per averci
trasmesso queste note che, nonostante il tempo
trascorso rispetto ai fatti concreti citati, conservano
tutta la loro attualità sotto l’aspetto dottrinale.
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OSSERVATORIO CULTURALE
gli consenta di ritrovare se stesso nell’incontro con
l’amore di Dio e la tenerezza dei fratelli…
Vorrei concludere con le parole del Vangelo di questa
Messa . “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede
in Dio” A questa esortazione di Cristo fa eco il
consiglio che il nuovo Beato soleva ripetere:
“…Abbandonatevi pienamente nel cuore divino di
Gesù, come un bimbo tra le braccia della madre”…
“Santa Maria delle Grazie”, che l’umile cappuccino di
Pietrelcina ha invocato con costante e tenera
devozione, ci aiuti a tenere fissi gli occhi su Dio. Ella
ci prenda per mano e ci spinga a ricercare con ogni
sforzo quella soprannaturale carità che sgorga dal
costato trafitto del Crocifisso…».
Giovanni Scarale, che seguì da vicino il frate
(«l’uomo più straordinario che avessi conosciuto» , si
legge nella sua opera “Padre Pio nel cuore”, 1998,
Rusconi Libri s.r.l., Milano), scrisse, dopo la notizia
della sua morte:
«ORA PADRE PIO È IN NOI
di Giuseppe
Mario Potenza
«L’umile frate che stupì
il mondo»
Domenica, 2 maggio 1999 , Piazza San Pietro: il
Pontefice Giovanni Paolo II rievoca la figura del
nuovo Beato, Padre Pio da Pietrelcina . Si riporta
qualche passaggio dell’omelia fatta in occasione di
quella cerimonia solenne
(cui seguirà la
canonizzazione a breve distanza).
«“ Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio
e abbiate fede anche in me”. Nella pagina
evangelica…abbiamo ascoltato queste parole di Gesù
ai suoi discepoli, bisognosi di un incoraggiamento.
L’accenno, infatti, alla sua prossima dipartita, li aveva
gettati nello sconforto. Temevano di essere
abbandonati, di restare soli e il Signore li solleva con
una precisa promessa: “Vado a prepararvi un posto”; e
poi: “Ritornerò e vi prenderò con me, perché siate
anche voi dove sono io”…
Noi ascoltiamo queste parole di Cristo e il pensiero va
all’umile frate cappuccino del Gargano. Con quale
evidenza esse si sono realizzate nel Beato Pio da
Pietrelcina !...
Chi si recava a San Giovanni Rotondo per partecipare
alla sua Messa, per chiedergli consiglio o confessarsi,
scorgeva in lui un’immagine viva del Cristo sofferente
e risorto. Sul volto di Padre Pio risplendeva la luce
della risurrezione. Il suo corpo, segnato dalle
“stimmate”, mostrava l’intima connessione tra morte e
risurrezione, che caratterizza il mistero pasquale. Per il
beato di Pietrelcina la condivisione della Passione ebbe
toni di speciale intensità: i singolari doni che gli furono
concessi e le sofferenze interiori e mistiche che li
accompagnavano gli consentirono di vivere
un’esperienza coinvolgente e costante dei patimenti del
Signore, nella immutabile consapevolezza che “il
Calvario è il monte dei Santi”.
Non meno dolorose, e umanamente forse ancor più
cocenti, furono le prove che dovette sopportare in
conseguenza, si direbbe, dei suoi singolari carismi.
Nella storia della santità talvolta accade che l’eletto,
per una speciale permissione di Dio, sia oggetto di
incomprensioni. Quando ciò si verifica, l’obbedienza
diventa per lui crogiuolo di purificazione, sentiero di
progressiva assimilazione a Cristo, rinvigorimento
dell’autentica santità…
Al tempo stesso, la sua carità si riversava come
balsamo sulle debolezze e sofferenze dei fratelli. Padre
Pio unì così allo zelo per le anime l’attenzione per il
dolore umano, facendosi promotore a San Giovanni
Rotondo di una struttura ospedaliera, da lui chiamata
“Casa Sollievo della Sofferenza”. Egli la volle come un
ospedale di prim’ordine, ma soprattutto si preoccupò
che in esso si praticasse una medicina veramente
“umanizzata”, in cui il rapporto con il malato fosse
improntato alla più calda premura e alla più cordiale
accoglienza. Sapeva bene che, chi è malato e
sofferente, ha bisogno non solo di una corretta
applicazione dei mezzi terapeutici, ma anche e
soprattutto di un clima umano e spirituale che
Ripeteremo giorno per giorno,
ora per ora, minuto per minuto,
per quanti ce ne restano,
e gli altri ripeteranno agli altri
per quanti ne verranno
di uomini che la terra inchioda,
la tua gloria di sangue.
Hai dato gioia al dolore,
vita al silenzio,
certezza di Dio
a un secolo senza fede.
Per te, o Padre santo,
il Monte ha sua voce
nelle tue rose di sangue,
nel profumo che dal tuo corpo
si diffonde nel mondo».
San Pio in un ritratto giovanile
Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nasce il 25
maggio 1887 a Pietrelcina (BN) da Grazio Forgione e
9
Maria Giuseppa di Nunzio, contadini. Nel gennaio
1903 indossa l’abito cappuccino e cambia il nome di
battesimo in quello di Fra’ Pio da Pietrelcina. Il 27
gennaio1907 Fra’ Pio emette la professione dei voti
solenni per «attendere al bene dell’anima e dedicarmi
intieramente al servizio di Dio». Il 10 agosto 1910
avviene la consacrazione di Fra’ Pio nel duomo di
Benevento. Il 14 agosto 1910 egli celebra a Pietrelcina
la prima Messa solenne ed avverte i primi dolori alle
mani e ai piedi, causati dalle stimmate invisibili. L’8
settembre 1911 confessa al direttore spirituale Padre
Benedetto da San Marco in Lamis di avere «da circa
un anno le stimmate invisibili». Nell’ottobre 1911
Padre Pio è trasferito a Venafro ed è sottoposto a visite
mediche a Napoli. Il 7 dicembre 1911 la sua salute
peggiora ed egli ritorna a Pietrelcina.
Il 10 ottobre 1915 rivela al suo direttore di patire da
anni la coronazione di spine e la flagellazione.Il 6
novembre 1915 è chiamato presso il distretto militare
di Benevento per la visita di leva. Il 18 dicembre 1915
a causa delle precarie condizioni di salute ritorna a
Pietrelcina in licenza di convalescenza. Il 17 febbraio
1916 si trasferisce nel convento di Sant’Anna di
Foggia e diventa membro di quella comunità. Il 28
luglio 1916 Padre Paolino da Casacalenda, per sottrarlo
alla calura estiva, lo conduce nel convento di San
Giovanni Rotondo, dove Egli si trattiene solo una
settimana. Il 13 agosto 1916 Padre Pio scongiura il
superiore provinciale di mandarlo per un po’ di tempo
a San Giovanni Rotondo «dove Gesù mi assicura che
starò meglio» dice. Inoltre spiega un altro motivo
della richiesta: «bisogna sollevare un po’ il fisico per
tenermi pronto ad altre prove, alle quali egli vuole
assoggettarmi».
Il 4 settembre 1916 ottiene di ritornare al convento di
Santa Maria delle Grazie di San Giovanni Rotondo,
assegnatogli come sede provvisoria. Il 18 dicembre
rientra a Napoli per il servizio militare. Il 30 dicembre
1916 a causa delle pessime condizioni fisiche i medici
lo rimandano a casa in licenza «illimitata». Il 19 agosto
1917 torna al distretto militare e contro ogni logica
aspettativa viene dichiarato valido ai servizi interni. Il
12 novembre 1917 rientra a San Giovanni Rotondo e vi
resta fino al 5 marzo 1918, quando riprende il servizio
militare a Napoli. Il 16 marzo 1918 Padre Pio viene
riformato e due giorni dopo torna per sempre nel
convento di San Giovanni Rotondo. La diagnosi parla
di «bronco alveolite doppia».
Dal 5 al 7 agosto 1918 avviene il fenomeno mistico
della «trasverberazione del cuore»: un misterioso
Personaggio celeste trapassa il cuore del Padre con una
lancia, lasciandogli una ferita aperta sanguinante. E’ il
preludio al fenomeno delle «stimmate».
Il 20
settembre 1918 Padre Pio vede di nuovo il misterioso
Personaggio che gronda sangue e si sente trafiggere le
mani e i piedi. Si ritrova così con le stimmate, i segni
visibili della Passione di Cristo, impressi per sempre
sulle mani, sul costato e sui piedi: gli stessi
scompariranno misteriosamente in punto di morte, il
23 settembre 1968.
Si diffonde la notizia della stimmatizzazione e i
pellegrini accorrono a migliaia al Padre, per trarre
vantaggio dai suoi carismi. Nel 1919 le sue stimmate
vengono esaminate dal prof. Luigi Romanelli, primario
dell’Ospedale di Barletta, dal prof. Amico Bignami,
ordinario di Patologia medica presso l’Università di
Roma e dal dott. Giorgio Festa, inviato dal Superiore
Generale dei Cappuccini Padre Venanzio da Lisle.
L’anno successivo il dott. Giorgio Festa e il prof. Luigi
Romanelli visitano insieme Padre Pio. Nel giugno 1921
cominciano a diffondersi le voci di un possibile
trasferimento di Padre Pio, ma i sangiovannesi
insorgono. La folla
urla, piange, e minaccia,
affermando che «nessuno giammai potrà osare di
toglierci il Santo che illumina questa terra, e tanto bene
irradia, coi suoi miracoli e col suo savio consiglio». E
Padre Pio non lascerà più S. Giovanni Rotondo.
Qualche mese dopo l'ingresso dell'Italia nella prima
guerra mondiale, Padre Pio viene chiamato alle armi e
il 6 dicembre del 1915 assegnato alla Decima
Compagnia di Sanità a Napoli. Una malattia bronchiale
induce l'autorità militare a riformarlo dal servizio.
All'iniziale entusiasmo dei fedeli si contrappone la
diffidenza delle alte gerarchie ecclesiastiche. I superiori
di Padre Pio, circospetti, tengono assolutamente celata
la vicenda e la stampa cattolica si comporta allo stesso
modo. Il Sant'Uffizio interviene e limita la libertà di
Padre Pio. Il 2 giugno del 1922, a sei mesi dalla morte
del Papa Benedetto XV, che non aveva mai negato le
sue simpatie per il frate di San Giovanni Rotondo, il
Sant'Uffizio stabilisce che in seguito agli avvenimenti
del 1918 Padre Pio non avrebbe dovuto mostrare le
stigmate a nessuno né parlare delle stesse né,
tantomeno, esporle ai baci dei fedeli. La dolorosa salita
al Calvario era già iniziata e i successivi prodigi del
frate, oltre alle molte opere umanitarie portate a
termine, non gli procurarono che isolamento da una
parte della Chiesa ufficiale. È da ricordare la
realizzazione della Casa Sollievo della Sofferenza,
ospedale divenuto operativo nel 1956.
La fine terrena di Padre Pio si intuisce il 20 settembre
del 1968, nel cinquantesimo anniversario dalla
comparsa delle stigmate sul suo corpo. In quella
circostanza erano giunti a San Giovanni Rotondo molti
pellegrini e, alle 5 del mattino, Padre Pio, pur nelle
precarie condizioni di salute, celebra la Messa per non
deludere le aspettative dei fedeli che avevano trascorso
la notte stipando gli alberghi e dormendo anche
all'interno delle autovetture. L'indomani viene colto da
una violenta crisi che gli impedisce di scendere in
chiesa. Verso le 5 del mattino di domenica 22
settembre le condizioni di Padre Pio paiono registrare
un lieve miglioramento ed egli si appresta a celebrare
la Messa. Al termine della stessa Padre Pio viene colto
da collasso. Accompagnato in cella per un breve
riposo, si affaccia alla finestra verso le 10 per impartire
la benedizione a una folla enorme. Intorno alla
mezzanotte le sue condizioni precipitano e al suo
capezzale è un accorrere di altri religiosi e di medici.
Alle 2,30 Padre Pio chiude gli occhi per l'ultima volta.
(continua)
10
ci chiediamo: quanto incide sul cattivo funzionamento
della nostra politica, la carenza di cultura civica? C’è
almeno una dimensione del fenomeno che va tenuta
presente: la
mancata diffusione di valori che
ostacolino comportamenti opportunistici e illegali:
praticare o tollerare il lavoro nero, l’evasione delle
norme sulla sicurezza, l’evasione fiscale, non
denunciare la richiesta di “pizzo”. Ovvero, accade che
sono in molti a sfuggire alle regole dell’economia, anzi
si fa a gara a chi sfugge per primo. In questo giuoco di
anticipo e furbizia, saltano le regole. Insomma, non può
continuare a prevalere, nel nostro Paese, l’antico
detto:”Fatta la legge trovato l’inganno!”. E in questo
contesto si inquadra la tragedia dei beni comuni i quali,
non essendo attribuiti a singoli soggetti vengono
saccheggiati proprio perché su di essi si scarica il costo
dell’iniziativa economica (un esempio per tutti il
cattivo uso che si è fatto, in diversi casi, specie nel Sud
della Legge 488 del 1992, voluta “ab origine” per
incrementare il settore occupazionale). E a questo
punto ci sembra corretto citare Marx, il quale
sosteneva”Una struttura (nazionale) richiede una
sovrastruttura”. Ovvero, il fatto che oggi, una struttura
economica è una struttura globale, necessita di
istituzioni globali, sopranazionali, capaci di governare
questi fenomeni economici,
che spesso non si
conciliano con il rispetto dei diritti umani,
costringendo gli Stati nazionali a rispettare certe regole
comuni, sempre all’insegna dell’alto valore dell’etica.
Peraltro, Benedetto XVI , in una recente visita all’
Onu, ha espresso un discorso di elevato profilo
intellettuale, con un particolare , riferimento al
necessario uso dell’etica nella gestione dei diritti umani
e dell’economia da parte dei sistemi di potere delle
varie latitudini del globo, che, spesso, tendono a
limitare le prerogative di diritti e di libertà degli
individui e di intere nazioni.
L’etica tra la politica e l’economia della
globalizzazione
di Salvatore Resta6
L’etica senza un’affermazione del senso civico comune
rischia di essere un “corpo estraneo” all’interno del
mondo economico nazionale e globale. Da tempo
siamo entrati in una fase di sviluppo del tutto diversa,
nella quale non sono solo i moralisti a lamentarsi della
mancanza di senso civico e dei suoi corollari: in realtà
sono gli economisti ed i sociologi che hanno scoperto,
con prove sempre più solide, che un “capitale sociale”
appropriato è un potente motore di sviluppo e lo è,
soprattutto, in un contesto di crescente complessità. E
il senso civico, il rispetto delle leggi, la fiducia nelle
istituzioni, la capacità di cooperare onestamente, sono
ingredienti essenziali di quel capitale sociale. Si tratta,
quindi, di attuare una strategia vincente, resistente al
cambiamento dei Governi, per affrontare, in primis, la,
persistente, Questione meridionale. In verità, è il
Mezzogiorno la zona del Paese in cui questi caratteri
negativi: quali, la mancanza di senso civico, una debole
legalità, lo scarso rispetto per tutto ciò che è collettivo,
la sfiducia nello Stato e nelle Istituzioni, trovano,
purtroppo, salvo le dovute eccezioni, una larga
attuazione. Ma c’è di più. La globalizzazione può
spingere il Mezzogiorno a rintanarsi nelle sue più
antiche tane, un esempio per tutti, la Camorra a
Napoli, (”la Camorra ci protegge e se qualcuno vuole
farci del male i clan ci difendono” è quanto affermato
da un’alunna di 13 anni, in un tema in classe, residente
nella periferia nord di Napoli) o, ancor peggio, portare
una grossa componente sociale malavitosa, la stessa
Camorra imprenditrice, (costituita da imprese così
forti, a livello internazionale, che fanno 250 milioni di
euro, di volume d’affari annuo), ad una sempre più
larga affermazione, oltre il territorio nazionale. Stante
questa situazione, è difficile negare che la situazione
italiana sia più critica di quella di altri Paesi per la
carenza di cultura civica.
Pertanto,
il valore
dimenticato della cultura civica può essere attribuito,
senza mezzi termini, ad un indebolimento del ruolo
sociale dei partiti. E, qui, diciamo, senza ombra di
dubbio, che siamo molto lontani dall’etica di De
Gasperi, Presidente del Consiglio negli anni ‘45- ‘46,
con Togliatti, ministro degli Esteri. Stavano insieme
per il bene dell’Italia; certo, si usciva dalla II guerra
mondiale, popolari-democristiani, socialisti e comunisti
avevano fatto la Resistenza, assieme, e assieme
gestirono il passaggio verso l’Italia repubblicana,
dando tempo all’Assemblea Costituente di scrivere la
nuova Costituzione, che entrò in vigore il 1° gennaio
del ‘48. “Nuovi De Gasperi non se ne vedono-ha
sostenuto, recentemente, Claudio Rizza-giornalista de
“Il Messaggero”- Alcide morì povero: non risulta che
altri sedicenti statisti, (negli anni successivi, sino ad
oggi), abbiano fatto la stessa fine”. In particolare, noi
Alcide De Gasperi
Il recepimento, da parte della politica, dei princìpi
fondamentali dell’etica fa assumere alla stessa politica
la giusta posizione anche nel campo dell’economia
della globalizzazione. Per tali motivi diventa
opportuna l’apertura verso le posizioni svincolate da
qualsiasi parte: tra queste, in particolare, la Chiesa
cattolica: «Risalti la civiltà della politica, Bagnasco:
6
Giornalista pubblicista,autore di pubblicazioni in
materia giuridica e informatica.
11
vita, famiglia e libertà di educazione – il Concilio ci
insegna a non negoziare sui valori base… La Chiesa
non fa scelte di schieramento ma ha il dovere di
affermare i valori morali che scaturiscono dalla fede.
Lo ha detto il cardinale Bagnasco nella prolusione del
Consiglio episcopale permanente…» (Mimmo Muolo
in Avvenire, 11 marzo 2008, pp. 1, 6, 7 e 8) (G.M.P.).
erano accusati di essere conniventi con regimi
dittatoriali di destra), non risparmiò durissime critiche
e forti ammonimenti in tutti i suoi viaggi nel
continente. Il 9 maggio 1993 nella Valle dei templi,
prese una posizione durissima contro la mafia
rivolgendosi, quasi urlando, ai responsabili intimando
loro di convertirsi e non solo di pentirsi mettendoli così
di fatto fuori dalla Chiesa. Nell'enciclica Evangelium
Vitae del 1995 riaffermò l'alto valore che ha per la
Chiesa la vita umana. In essa ha inoltre esteso la
condanna dell'aborto, dell'eutanasia e di ogni uso della
pena capitale, chiamandole tutte insieme parte della
«cultura della morte» di cui sarebbe pervaso il mondo
moderno. Le sue posizioni sulla guerra, la pena
capitale, la cancellazione del debito dei paesi poveri, e i
temi sulla povertà sono stati considerati politicamente
liberali, dimostrando che etichette politiche come
«conservatore» e «liberale» non possono essere
facilmente assegnate ai leader religiosi.Papa Wojtyła,
che aveva iniziato il suo pontificato quando i sovietici
controllavano ancora la sua terra natale, la Polonia,
come pure il resto dell'Europa dell'est, è stato un aspro
critico del socialismo reale ed ha offerto supporto a chi
lottava per il cambiamento, come il movimento
polacco Solidarnosc di Lech Walesa. Il leader sovietico
Mikhail Gorbaciov disse una volta che il crollo della
Cortina di ferro sarebbe stato impossibile senza
Giovanni Paolo II. Questo punto di vista è condiviso da
molti negli stati ex-sovietici, che lo vedono, insieme al
presidente statunitense Ronald Reagan, come uno degli
artefici della dissoluzione dell'Unione Sovietica. In
anni successivi, il Papa si mostrò assai critico anche
verso gli eccessi del capitalismo. Nel 2000 firmò
pubblicamente la campagna del Giubileo 2000 sulla
cancellazione del debito africano, assieme alle star
irlandesi del rock Bob Geldof e Bono. Nel 2003,
Giovanni Paolo II divenne un critico di primo piano
sull'Invasione americana dell'Iraq. Mandò il suo
ministro per la pace, il cardinale Pio Laghi, a parlare
con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush per
esprimergli l'opposizione del Vaticano alla guerra.
Giovanni Paolo II affermò che spettasse alle Nazioni
Unite risolvere il conflitto internazionale attraverso la
diplomazia e che un'aggressione unilaterale è un
crimine contro la pace ed una violazione del Diritto
internazionale. Durante i negoziati per la redazione
della nuova Costituzione europea, nel 2003 e 2004, i
rappresentanti del Vaticano fallirono nell'assicurare una
qualsiasi menzione alle «radici cristiane dell'Europa»,
uno degli obiettivi cui il Papa teneva. A più riprese
durante il pontificato il Papa ha infatti sottolineato che
l'Europa ha ricevuto per prima il "dono" della
cristianità. Papa Wojtyła criticò anche il matrimonio tra
persone dello stesso sesso. Nel suo ultimo libro,
Memoria e identità, nel capitolo riguardante il ruolo dei
legislatori, il Papa parla di «pressioni» sul Parlamento
Europeo per permettere il matrimonio omosessuale.
Secondo l'agenzia di stampa Reuters il Papa scrisse a
proposito della corrente ideologico-culturale che
propugna la formalizzazione delle unioni omosessuali:
«È legittimo e necessario chiederci se non sia parte di
Giovanni Paolo II, operatore di pace e di
progresso per l’umanità
(continua il testo dei numeri precedenti)
di Luigi Galeani
Ma soprattutto è possibile notare il cambiamento di
rotta rispetto ai precedenti papati nel dato dei 500 santi
e 1350 beati proclamati, a fronte di 296 santi e 1319
beati da parte di 33 papi precedenti. In particolare,
notevole la differenza è con alcuni degli ultimi papi
come Pio X (1903-14, 4 santi), Benedetto XV (191422, 3 santi), Giovanni XXIII (1958-63, 10 santi).
Inoltre, è da tenere in conto la variegatissima
composizione di provenienze dai nuovi santi, a
differenza della estrema omogeneità dei precendenti.
Anche uno dei temi chiave del pontificato di Giovanni
Paolo II, la pubblicizzazione e la rilevanza data ai
segreti di Fatima, è leggibile come un tentativo di
riportare la fede in una sfera maggiormente mistica..
Scelte di questo tipo sono legate all'obiettivo di
"parlare al cuore" dei fedeli, a differenza di
orientamenti che mirano a “secolarizzare” in parte la
Chiesa, mostrando cautela verso miracoli ed eccessive
concessioni a sentimenti religiosi popolari. Anche
l'ottimo rapporto con i media, e l'immagine "giovane"
che Wojtyła ha creato di se, è considerabile utile al fine
di avvicinare alla Chiesa cattolica persone, ed in
particolare giovani, di tutto il mondo.
Posizioni sociali e politiche - Wojtyła è stato
considerato un conservatore sulla dottrina della Chiesa
cattolica in relazione alla riproduzione e all'ordinazione
sacerdotale femminile. I suoi scritti sulla sessualità
umana, raccolti ne La Teologia del Corpo, sono
un'estesa meditazione sulla natura dei sessi e le
risultanti implicazioni su sesso e amore e diversi critici
li
considerano
un
significativo
sviluppo
dell'insegnamento sessuale della Chiesa, che ha origine
con il Cantico dei Cantici e con l'insegnamento sui
Sacramenti. Riguardo all'aborto, scrisse: «C'è ancora,
tuttavia, una strage legalizzata di esseri umani che sono
stati concepiti ma non sono nati. E questa volta stiamo
parlando di una strage che è stata permessa nientemeno
che da parlamenti democraticamente eletti, dove
normalmente si ascoltano appelli per il progresso civile
della società e di tutta l'umanità.». Sono note le sue
critiche nei confronti della Teologia della Liberazione,
la quale avrebbe calcato troppo la mano sulla
liberazione politica a discapito della liberazione
spirituale. La sua azione a contrasto di questa dottrina,
in Sud America, fu massimamente energica: richiamò
ripetutamente il clero locale per la sua partecipazione
diretta a governi comunisti, promosse a cardinali molti
sacerdoti di opposta posizione politica (anche quando
12
una nuova ideologia del male, forse più insidiosa e
nascosta, che tenta di scagliare i diritti dell'uomo contro
la famiglia e contro l'uomo». Il 13 gennaio 2005,
ricevendo l'allora presidente della regione Lazio
Francesco Storace, espresse «vivo compiacimento per
l'approvazione dello Statuto della regione Lazio. Esso
infatti, oltre a sottolineare il ruolo di Roma come
centro del Cattolicesimo, riconosce esplicitamente il
primato della persona e il valore fondamentale della
vita. Riconosce, inoltre, i diritti della famiglia quale
società naturale fondata sul matrimonio e si propone di
sostenerla nell'adempimento della sua funzione sociale,
facendo esplicita menzione dell'Osservatorio regionale
pemanente sulle famiglie».
quanto ciò derivi dalla fede e quanto dalla curiosità di
vedere con i propri occhi …Padre Pio non è qui, è
molto più in alto. E allora perché ci siamo noi, qui, in
mondovisione ad adorare i suoi resti ? E’ vero, la fede
non è solo pensiero, è anche azione, è stare insieme e
pregare con una voce sola. Ma la nostra speranza non
può essere in questo riaprire una bara, toccare una teca,
far festa su un corpo da strappare al suo naturale
finire…» (Il Messaggero, 25 aprile 2008, p. 22).
Èstata pure interessata la magistratura, che poi ha
rigettato le doglianze degli esponenti. Credo che si sia
ignorata una verità inequivocabile, cioè che la materia
è di competenza dell’Autorità religiosa, che peraltro,
con questo intervento non ha fatto niente di nuovo
rispetto a una tradizione. Una tradizione che avrà
avuto pure i suoi motivi, non certo di ricerca di
clamore o di mondanità. In questa ottica il ricorso alla
magistratura si commenta da sé. Quando si parla di
«kermesse mediatica» se ne ignora la motivazione che
certamente non indirizza allo scopo voluto dalla stessa
Autorità ma all’interessamento dei media, che infatti si
rapportano alla rilevanza che il fatto riveste : tale
interessamento non è altro che l’ineludibile
conseguenza che una certa manifestazione comporta.
Questa conseguenza ha i suoi risvolti di frivola
curiosità, è vero, ma solo per chi non crede o
comunque per chi ritiene di assumere questa presa di
posizione: omnia munda mundis Non si può rinunciare
alla manifestazione, se ritenuta, solo perche esistono
costoro. Esistono infatti tutti quelli che non sono
toccati da frivolezza o mera curiosità, ma solo da
rispetto e fede. Lo stesso discorso poteva valere, ad
esempio, per i funerali di Giovanni Paolo II. Non è
mancato chi ha deplorato come «enfatico» e «teatrale»
lo «spettacolo mediatico» di tali funerali, dimenticando
due circostanze:
1) la figura, autorevole a livello mondiale, del
Pontefice, aggiungendo a ciò il suo particolare
carisma, avvertito pure a tale livello;
2) l’irrinunciabilità all’ intervento dei media
rapportato a questa figura e a questo livello.
Non è difficile dedurne l’adeguatezza del rito, che
perciò si è svolto senza alcuna velleità, da parte della
gerarchia ecclesiastica, di «enfasi», o di «teatro», o di
«spettacolo»: non è difficile argomentare in tal senso,
ma forse non per tutti coloro che assumono una
posizione preconcetta di insofferenza, evidentemente
dovuta al loro ateismo: ma chi è ateo abbia la
correttezza civile di rispettare gli altri, se hanno fede, e
se questa fede ha dimensione mondiale.
Queste considerazioni valgono anche per il caso di
specie.
A parte ciò, giova riportare, qui di seguito, il pensiero
di un autorevole Scrittore, Antonio Socci, a proposito
di uno scritto di Claudio Magris.
Questo Papa, che ha regnato per 27 anni, resterà per
l’umanità intera un faro di luce e di speranza. Di lui
Benedetto XVI ha detto che “ nutriva una fede
straordinaria in Cristo risorto, e con lui intratteneva
una conversazione intima, singolare e ininterrotta. Tra
le tante qualità umane e soprannaturali aveva infatti
anche quella di un’eccezionale sensibilità spirituale e
mistica. Bastava osservarlo mentre pregava: si
immergeva letteralmente in Dio e sembrava che tutto il
resto in quei momenti gli fosse estraneo”. E il
postulatore della causa di beatificazione, don
Slawomir Oder: “poteva accadere che lo si sentisse
parlare durante la sua preghiera e da una stanza o dal
corridoio si poteva pensare che stesse conversando con
qualcuno, invece parlava ad alta voce con il Signore,
cioè dialogava con Dio come appunto è attestato nella
vita di tanti mistici” (n.d.r.) 7.
«Sedicimila al giorno in coda per San Pio. Le
censure infondate dell’esumazione e dell’ostensione
della salma
a cura di Giuseppe Mario Potenza
Sedicimila al giorno. Tutti in fila per Padre Pio. È il
primo bilancio del conta persone attivato a San
Giovanni Rotondo dal 25 aprile, il giorno successivo
all’ostensione del corpo del frate con le stimmate. Per
la precisione, nei sette giorni compresi dal 25 aprile al
1° maggio, sono stati contati 115mila fedeli, 16.400 di
media al giorno…» (Michelangelo Borrillo in Corriere
della Sera, Economia, 5 maggio 2008, p.II). È nota la
reazione, fatta a seguito della notizia della prossima
ostensione della salma, da parte di chi non la
condivideva. Vedi, ad esempio, Sergio Talamo:
«L’OSTENSIONE DEL SANTO, Padre Pio, la
kermesse mediatica e il pudore tradito…Il suo
chierichetto, oggi un anziano frate dal bel sorriso
aperto, ricorda su Rai Uno: “Era amabile con la gente
semplice. Ma quando vedeva che ci poteva essere
esaltazione o venerazione della sua persona andava su
tutte le furie”. Eppure ieri Padre Pio è stato un vero
divo della televisione… Il corpo esposto provoca
lacrime e gemiti commossi. Ma nessuno potrà mai dire
«Qua sotto vi dico cosa penso dell’esposizione del
corpo di Padre Pio che tante polemiche ha suscitato.
Ma prima vi lascio una perla del Padre: “Lo Spirito di
Dio è spirito di pace… Egli ci fa sentire un dolore
tranquillo, umile e fiducioso dovuto precisamente alla
7
Testimonianze raccolte da Luigi Accattoli, in
Corriere della Sera, 3 aprile 2008, p. 27.
13
Sua Misericordia… Invece lo spirito del Male
esaspera… e ci fa provare una specie di ira contro di
noi: mentre proprio nei nostri confronti dovremmo
esercitare la carità più grande.
C’è un “Claudio Magris” dentro ognuno di noi.
Avverto anche io, istintivamente, la repulsione per la
riesumazione del corpo di Padre Pio e per la sua
esposizione alla venerazione dei fedeli (dal 24 aprile)
che stanno per arrivare a milioni a S. Giovanni
Rotondo. La cosa ha indotto lo scrittore triestino a
protestare sul Corriere della Sera. Perché noi, come
lui, siamo naturalmente “spiritualisti”, mentre il
cristianesimo è scandalosamente “materialista”. Anzi,
come hanno detto Giorgio la Pira e Romano Guardini,
“i cristiani sono gli unici, veri materialisti”. La nostra
mentalità naturale – oggi dominante – è quella degli
antichi gnostici: lo schifo della corporeità. Il terrore e la
disperazione della morte. Abbiamo allestito una
colossale macchina sociale per esorcizzare il corpo e i
suoi processi biologici, perché mostrano il suo
continuo disfacimento. Abbiamo orrore di tutti i segni
della decadenza fisica, ci repellono gli umori e gli odori
del corpo, l’imbiancarsi dei capelli, la loro caduta o le
rughe perché questo inesorabile decadere della carne
prefigura la morte. Il lento putrefarsi del corpo ha
bisogno di continui lavori di restauro e manutenzione.
Nella nostra epoca cancelliamo tutto ciò che ci ricorda
la decadenza fisica e la malattia. “La vita moderna, con
i suoi ospedali e i suoi articoli igienici’, scrive la Paglia
‘tiene a distanza e sterilizza questi primordiali misteri
proprio come ha fatto con la morte, un tempo pietosa
incombenza domestica”.
Un tempo, cioè quando si era cristiani. Il cristianesimo
infatti è entrato in questa nostra mentalità naturale
come un ciclone. La Chiesa ha letteralmente inventato
gli ospedali e li ha costruiti al centro delle città, spesso
davanti alle cattedrali, non ai margini dell’abitato come
si usa fare oggi. Il malato che era schifato e
abbandonato nell’antichità greca e romana, è diventato
in tempi cristiani venerato “come Gesù crocifisso”,
accudito, curato, amato pietosamente fin nelle sue
piaghe che naturalmente ci repellono. Citavamo
all’inizio La Pira e Guardini: in effetti “sono i cristiani
i veri materialisti”. Non potrebbe essere altrimenti,
perché sono gli unici a poter abbracciare tutta la realtà,
anche la sua dolente carnalità, senza l’angoscia e la
malinconia del disfacimento fisico e della morte.
Perché il cristianesimo è la notizia di Dio che “si è fatto
carne”, uomo come noi. L’uomo-Dio si è piegato
teneramente su tutte le ferite umane e le ha guarite, ha
preso su di sé, sulla sua stessa carne, tutta la violenza e
la sofferenza del mondo, facendosi macellare e
morendo. Infine è risorto nella carne, mostrando,
facendo toccare con mano il suo stesso corpo
divinizzato come è destinato a diventare il nostro.
Con l’Eucaristia, fatta per struggersi in un cuore
umano, entra nel cristiano la stessa Trinità: “per questo
divino e ineffabile contatto”, dice il teologo, ‘l’anima e
anche il corpo del cristiano diventano più sacri della
pisside e delle stesse specie sacramentali’ (Royo
Marin).
Per questo non stupisce che la Chiesa, nella liturgia
funebre, incensi il corpo dell’uomo che appartiene al
corpo stesso di Cristo. E non stupisce che il corpo dei
santi sia particolarmente venerato. Infatti in molti casi
Dio si degna di fare miracoli proprio attraverso le
reliquie dei santi. Padre Pio oltretutto portò nel suo
stesso corpo i segni prodigiosi della crocifissione di
Gesù, e per 50 anni, contro ogni legge naturale e
biologica. La sua carne e il suo sangue emanavano il
profumo di Cristo.
Il filosofo della Scuola di Francoforte, Theodor
Adorno, pur marxista, osservò che una vera giustizia
richiederebbe un mondo “in cui non solo la sofferenza
presente fosse annullata, ma anche fosse revocato ciò
che è irrevocabilmente passato”. Concluse che dunque
ci vorrebbe “la resurrezione della carne”.
È precisamente questa giustizia che la Chiesa annuncia,
anche con la venerazione del corpo dei santi. Annuncia
la risurrezione. Duemila anni fa gli intellettuali di
Atene – dopo aver ascoltato con interesse Paolo – si
misero di colpo a irriderlo appena annunciò la
risurrezione dei morti. Come se fosse un ciarlatano o
un matto. Il cristianesimo è questa rivoluzione (la
sola!), una ‘notizia da pazzi’, non una minestrina di
regole di buona educazione e di buoni sentimenti.
Infatti si parlò di follia ieri sull’Areopago come oggi
sulle
colonne
del
Corriere
della
Sera».
Adesso si accorge, Sig. Presidente ?
«Napolitano: basta tribune agli ex terroristi
Il Presidente della Repubblica alla giornata della
memoria: ogni dissenso non superi il limite della
legalità
È tempo di calare il sipario sulle passerelle mediatiche
degli ex terroristi, dice severo Giorgio Napolitano.
Vanno chiusi gli spazi di giornali e tv sui quali “si sono
esibiti”, per “dare le loro versioni dei fatti e tentare
giustificazioni”...
”Vorrei che sentiste questa iniziativa come un gesto di
riparazione e vicinanza per ciò che avete sofferto”,
spiega Napolitano introducendo la cerimonia ed
esortando a proiettare questo maggio verso il futuro,
“nel rispetto della memoria”. Un rispetto che, ammette,
è “spesso mancato e proprio da parte dei responsabili
delle azioni terroristiche”, non pochi dei quali sono
rimasti reticenti e tuttora negano la natura criminale di
quanto hanno fatto. Lo Stato si è mostrato ‘generoso
nei loro confronti con il risultato che gli ex terroristi si
sono alternati su ogni possibile tribuna, in qualche caso
pretendendo di ergersi a coscienze critiche del
Paese…» (Marzio Breda, in Corriere della Sera, 10
maggio 2008, p.6).
Ma adesso si accorge di loro il Sig. Presidente ? E’ un
bel po’, mi sembra, che gli ex terroristi pontificano
nella vetrina della stampa e della tv, oltre che nelle
aule universitarie, ed egli (a meno che qualche suo
intervento non mi sia sfuggito) non ha battuto ciglio.
L’ondata di repulsione che si solleva dal Paese non
deve appena lambire, ma deve battere forte, e deve
14
battere insistentemente, alla soglia presidenziale,
perché egli ci senta da quell’orecchio. Ora ci siamo, a
breve distanza dall’occasione del ricordo di Via Fani,
e sarebbe curioso sapere se la commozione provata in
quella occasione ricalchi lo stesso stato d’animo di
altri tempi di “infelice” (ameno per quella gran parte
del popolo italiano che non ha avuto bisogno di
riciclarsi sull’ideologia staliniana) memoria, quando
questi signori, con amorevole tolleranza, erano
considerati i «fratelli che hanno solo sbagliato».
duplice principio dell’esperienza cristiana: quello
mariano e quello petrino». E ancora: «Il mio viaggio in
Puglia è un pellegrinaggio mariano…Maria vi insegna
a restare sempre in ascolto del Signore…ad accogliere
con generosa disponibilità la Sua Parola…», e con
riferimento al principio petrino, ha aggiunto che lo
stesso «vi porterà ad avere il gusto e la passione
dell’unità, della comunione, la gioia di camminare
insieme ai pastori; e al tempo stesso vi parteciperà
l’ansia della missione».
Dopo aver celebrato la S. Messa Benedetto XVI è
ripartito per approdare a Brindisi in serata, accolto
dall’Arcivescovo di Brindisi-Ostuni, Mons. Rocco
Talucci. Anche qui il saluto della folla è arrivato fino
al cielo. Il Papa ha percorso tre chilometri in auto per
arrivare al Piazzale Lenio Flacco, di fronte al porto
«interno», dove è stato sistemato il palco. «Conosco» –
egli ha detto – «il peso che grava su non pochi di voi e
sul vostro futuro a causa del fenomeno drammatico
della disoccupazione che colpisce anzitutto i ragazzi e
le ragazze del Mezzogiorno d’Italia». Ma egli ha
incoraggiato, in particolare i giovani, a non cadere nella
sfiducia, a guardare avanti, a non farsi soffocare
l’entusiasmo dai problemi, a non cedere alle sirene dei
facili guadagni, dei paradisi artificiali, di una vita priva
di valori, a non farsi attrarre «da forme distorte di
soddisfazione materiale» (evidente esortazione, questa,
a stare lontani della rete della criminalità organizzata),
con l’invito, quindi, a non lesinare energie per costruire
una società giusta e aperta al futuro. Il discorso di
Benedetto XVI ha interessato diversi temi etici. Egli,
tra l’altro, ha levato la voce a difesa della famiglia
fondata sul matrimonio, esprimendo la sua
preoccupazione per «il convergente attacco» di
numerose forze che cercano di indebolire la «solida
base» su cui costruire la vita dell’intera società, con
evidente riferimento alla legge regionale della Puglia
che circa due anni addietro ha aperto una breccia a
favore del riconoscimento delle coppie di fatto. Per
quanto riguarda l’immigrazione le sue parole sono
state: «solidarietà e accoglienza per i profughi».
È calata la sera quando per Benedetto XVI è venuto
ormai il momento della via del ritorno: con un tripudio
di applausi di soddisfazione per le sue parole. Seguirà
una veglia di preghiera con canti e riflessioni.
Benedetto XVI nel Salento
Il 14 e 15 giugno c.a. c’è stata, con grande entusiasmo,
la visita pastorale di Benedetto XVI nel Salento. Sabato
14 egli è giunto a S. Maria di Leuca. Un fiume di
persone, in gran parte giovani, ha invaso il porto di
Leuca e il lungomare. L’arrivo in elicottero del Papa è
stato salutato con indescrivibile entusiasmo e con
migliaia di bandierine bianche e gialle che
sventolavano. Gli siedeva accanto il Vescovo di
Ugento-S.Maria di Leuca, Mons. Vito De Grisantis. Si
sono sentiti canti gioiosi e una marea di voci che
scandivano : «Be-ne-det-to» , «Be-ne-det-to»…
Il Pontefice ha rivolto a tutti parole di grande sapienza
e in particolare ai giovani ha raccomandato di credere
nella forza del bene, che è più forte di ogni furbizia,
invitandoli a «non perdere la speranza». «Il bene
vince» – egli ha detto – «e, se a volte può apparire
sconfitto dalla sopraffazione e dalla furbizia, in realtà
continua ad operare nel silenzio e nella discrezione,
portando frutti nel lungo periodo. Questo è il
rinnovamento sociale cristiano, basato sulla
trasformazione delle coscienze, sulla formazione della
morale e sulla preghiera». Per quanto riguarda il ruolo
della Chiesa, egli ha detto : «Il primo nostro servizio è
educare all’attenzione per il prossimo e a un’umanità
rinnovata». Il suo messaggio ha richiamato il contenuto
simbolico del santuario di Santa Maria de finibus
terrae, la cui posizione all’estremo Sud rappresenta
quasi un ponte tra l’Europa che finisce e l’Oriente che
attende un collegamento attraverso questo ponte.
Ancora parole nel ricordo di Aldo Moro: brevi note
politicamente scorrette
L’8 maggio c.a. ha avuto luogo a Nardò (Le), nel
Teatro
comunale,
un
incontro,
patrocinato
dall’Amministrazione comunale, dedicato allo statista
barbaramente assassinato dalle «Brigate Rosse»
trent’anni addietro.
Il Prof. Pantaleo Dell’Anna ha illustrato la figura di
Moro con un articolato excursus biografico,
professionale e politico, compiendo analisi e raffronti
tra le varie circostanze allo scopo di una migliore
comprensione del tragico episodio nel contesto storico
che lo ha visto operare.
Benedetto XVI nel Salento
Secondo la tradizione San Pietro sarebbe approdato qui
in occasione del suo viaggio verso Roma. «In questo
santuario» – ha detto il Papa – «si coniugano la fede di
Pietro e la fede di Maria. Qui si può attingere al
15
L’Avv. Giovanni Pellegrino, Presidente della Provincia
di Lecce, osservatore privilegiato della realtà politica e
sociale dell’epoca in relazione alla sua qualità di
parlamentare (senatore) e anche di Presidente della
Commissione Stragi, ha potuto rievocare i fatti con
dovizia di particolari che hanno dato luce significativa
ai tanti elementi di dubbio sui fatti accaduti, e ciò ad
integrazione di quanto risulta da una recente opera di
Manlio Castronuovo 8.
È intervenuto, infine, quest’ultimo per meglio
evidenziare i termini della sua ricerca, contenuta nella
predetta opera, per le conclusioni che il lettore voglia
trarre secondo le sue valutazioni. «Nel corso della sua
prigionia» – si legge 9 – «Aldo Moro si rese conto di
essere stato abbandonato dall’intero sistema
politico…non sarebbe potuto diventare un elemento di
divisione della DC, contribuendo a disarticolare il
partito che le BR miravano a distruggere con il loro
attacco?». Nella Prefazione fatta da Giovanni
Pellegrino 10 si osserva: «…recentissimi episodi di una
contemporaneità, che resta difficile, hanno a esempio
riacceso il dibattito sulla utilità della fermezza, con
qualche revirement, che ha destato sorpresa, ma che in
realtà rivela un convincimento abbastanza diffuso: con
Moro vivo lo stallo politico degli anni ottanta non vi
sarebbe stato; e nei decenni successivi meno difficile
sarebbe stato l’approdo a un bipolarismo più mite e,
quindi, maturo».
Successivamente si è appresa la notizia 11 di un
tentativo in extremis dei servizi segreti (SISMI), ma
all’insaputa del Governo (che ne aveva fatto divieto),
per salvare Moro: ciò avrebbe rivelato tale Iris Ramires
Sances, detto Carlos, «primula rossa del terrorismo
internazionale», intervistato dall’Ansa, precisando che
il piano, a Beirut, saltò per un intervento degli
americani a seguito di una soffiata e che gli agenti
sarebbero stati poi allontanati o costretti alle
dimissioni.
È cosa ormai assodata la possibilità, all’epoca, di
salvare Moro e la contestuale avvertita determinazione
governativa di lasciarlo al suo destino. Si è visto, con
questo tragico episodio, che la vita di un uomo non
vale più di tanto, è solo tema di manipolazione politica
per una «ragion di Stato» che può intesa a piacere per
essere solo facciata, secondo la logica che fa valere più
il vestito di chi lo indossa e più la casa di chi la abita. E
magari nemmeno per una «ragion di Stato», ma per la
salvaguardia del «partito» (che si identifica con lo
Stato, sotto l’aspetto del potere, solo nelle dittature).
Non è certamente mancato qualche altro caso di
rapimento che abbia visto direttamente coinvolto il
mondo politico, eppure mai si è visto, così accentuato,
il «dibattito sulla utilità della fermezza»: locuzione,
questa, che per l’uomo della strada, che volge la sua
attenzione al valore della vita, potrebbe meglio essere
«dibattito sull’opportunità della fermezza».
È triste, quindi, constatare la strumentalizzazione, da
parte degli esponenti politici dell’epoca, del fatto del
rapimento di Moro, per fini, se non personalistici (di
personale potere politico), almeno «politici». Come
dire che per il «bene» del partito si opta per
l’eliminazione di un uomo: e che cosa rileva il fatto di
un
passivo
atteggiamento
di
acquiescenza
all’assassinio, anziché di un’azione premeditata? In
politica non c’è forse il confronto democratico che
lascia prevalere la forza voluta dall’elettorato? Perfino
alla caduta degli Stati totalitari si processa il dittatore
responsabile prima di mandarlo a morte, se è prevista
la pena di morte (gli eventi di casa nostra degli anni
quaranta non possono certo smentire questo assunto),
mentre nel caso di specie non si può, ovviamente,
prendere in considerazione il processo-farsa celebrato
dalle Br.
Si dica quello che si vuole, però un «revirement» sul
caso è da apprezzare per l’onestà mentale (politica e
umana) e il coraggio del suo autore (che, com’è noto,
ha di recente suscitato turbamento nella classe politica
di appartenenza, attaccata alla sua «coerenza» storica).
La cronaca relativa alle dichiarazioni di Napolitano alla
giornata della memoria (vedi sopra) valgono pure a far
capire in concreto i compromessi tipici all’italiana.
E si è meglio capita, a distanza di tempo, l’ipocrisia
celata dietro certi titoli apparsi sulla stampa all’epoca
del tragico evento, almeno nella misura in cui i testi
siano stati influenzati dalla pluralità dei politici correi,
fatta salva, cioè, ogni buona fede dei cronisti:
«La Dc avrebbe una “strada” per la
liberazione di Moro»: La Gazzetta del
Mezzogiorno, 12 aprile 1978, pp. 1 e 16 ;
«Hanno ucciso Moro ma non la Repubblica –
Gli italiani uniti (forse non tutti «uniti», se fra gli
italiani vanno inclusi certi politici nel mirino dei
sospetti, n.d.r.) nel dolore e nello sdegno per il
barbaro assassinio»: La Gazzetta del Mezzogiorno,
10 maggio 1978, pp. 1 e 16.
Da sn.: Giorgio La Pira, Aldo Moro e Giuseppe
Dossetti
8
Vuoto a perdere, Besa Editrice, Nardò, 2008.
9
P. 397.
10
P. 13 s.
11
Tv., 28 giugno 2008.
16
OSSERVATORIO DEGLI ENTI LOCALI
Allegato a TERZO MILLENNIO, n. 3/2008
«Multe ai semafori valide –
Sono valide le multe accertate agli incroci con i dispositivi automatici
omologati anche senza la presenza del vigile. E per l’installazione dei sistemi photored in ambito urbano è necessaria
una delibera della giunta comunale adeguatamente motivata in relazione alle esigenze della circolazione. Lo ha chiarito
definitivamente l’Avvocatura generale dello stato con il parere n.46819 del 10 aprile 2008» (Stefano Manzelli in ItaliaOggi, 22 aprile 2008, p. 37).
«Elettro-caos – Antenne e ripetitori si moltiplicano ma i controlli diminuiscono –
L’Unione europea chiude un occhio sull’elettrosmog ? Contrariamente a quanto accade in altri settori della vita
comunitaria, le norme sulle emissioni di antenne radio-tv e cellulari sono molto larghe…» (Federico Ferrazza ne
L’Espresso, 24 aprile 2008, p.80 ss.) - «In che modo i cittadini possono ridurre il proprio rischio di esposizione
all’inquinamento elettromagnetico? Per le radiazioni a bassa frequenza degli elettrodotti non c’è molto da fare : “Se c’è
il sospetto che la propria abitazione sia esposta a un campo di intensità elevata, è opportuno chiedere alle strutture
pubbliche competenti una misurazione precisa, per poter accedere a un intervento di risanamento. La lista d’attesa, però,
è lunghissima” afferma Pietro Comba, epidemiologo dell’Istituto superiore di sanità. Qualcosa in più si può fare per le
radiazioni ad alta frequenza. A partire dalla riduzione dell’uso dei cellulari,dichiara Maria Grazia Petronio, vice
presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente: “Quando è possibile, insomma, meglio il fisso…”.
Analogo consiglio per le reti wireless: “Meglio evitarle”…”I cittadini dovrebbero organizzarsi per pretendere di
partecipare ai processi decisionali relativi ai piani di installazione delle antenne, sollecitando i comuni a effettuare una
pianificazione che limiti il rischio di esposizione”, consiglia Petronio: “I comuni possono fare molto, a partire dalla
scelta dell’orientamento delle antenne, che non dovrebbero mai essere rivolte verso le abitazioni ” » (V.Mu, ivi, p.84).
Il tempo libero per lo scambio culturale tra comuni –
Ben vengano i viaggi turistici fuori
d’Italia, che però non escludono, nel frattempo, le escursioni nelle varie località italiane, non meno gratificanti. Spesso
infatti si scopre di non aver avuto occasione di visitare qualcuno dei tanti tesori di cui dispongono i nostri comuni in
terra nostrana. E accade pure di tornare a rivedere con piacere i luoghi già conosciuti, di cui magari si scoprono altri
aspetti che ne arricchiscono il fascino. Particolarmente gradita è stata la gita, organizzata dall’Osservatorio TERZO
MILLENNIO dal 27 aprile al 2 maggio 2008 (il 30 il gruppo ha beneficiato a Roma dell’udienza papale) presso i
Comuni del basso Lazio. Tante sono state le occasioni di impatto storico, artistico e culturale. Così, ad esempio, a
Fiuggi ci si è ritemprato lo spirito nei grandi boschi di castagni, ad Alatri ci si è trovati di fronte alla Reliquia relativa al
miracolo dell’Ostia incarnata e si è avuta l’emozione che lo storico Ferdinand Gregorovius disse di aver provato alla
vista delle mura ciclopiche, più che di fronte al Colosseo di Roma, a Fumone ci si è tuffati in un abitato medioevale
perfettamente conservato e nel «Castello» si è vista l’angusta prigione del Papa Celestino V, rievocando l’incredibile
vicenda che lo vide coinvolto, e si è visto quello che, come riferito, è il corpicino imbalsamato dell’unico figlio
maschio della famiglia De Longhi , assassinato dalle sorelle per mire ereditarie, ad Anagni si è ammirata con stupore
l’incredibile preziosità dei mosaici pavimentali e degli affreschi medioevali del sotterraneo, a Veroli si è rivissuto il
sacrificio di Cristo dinanzi alla Reliquia della Santa Croce, nonché l’approdo a quelle terre di Santa Maria di Salome,
suocera di S.Pietro, citata nel Vangelo, a Isola del Liri si è vista la cascata nei suoi straordinari effetti, e tante altre cose
a Collepardo, a Ferentino, all’abbazia di Casamari... Un vivo ringraziamento si fa a tutti quelli che hanno dato, con
senso di ospitalità, collaborazione, notizie e opuscoli vari illustrativi della bella terra laziale, e in particolare all’ufficio
turistico della Provincia di Frosinone, al Dott. Pierluigi Ambrosetti, vice Sindaco di Fiuggi, all’ufficio Cultura del
Comune di Alatri, alla Pro loco del Comune di Veroli, e al Rag. Franco Potenziani, Sindaco di Fumone, auspicando
futuri incontri.
«VERNOLE – Abusivismo: il sindaco contro se stesso – Abita in una casa abusiva che sta
cercando di salvare dalla demolizione, già ordinata dal Comune. Ma a far rispettare l’ordine di demolizione ora
dovrebbe essere proprio lui, visto che dal 13 aprile è stato eletto sindaco dello stesso Comune…L’intervista: “Solo un
errore. Ma non interferirò” …» (Alfredo Ancora in Quotidiano di Puglia – Lecce, 7 maggio 2008, p. 19).
Stipendi d’oro al Comune di Taranto – Fino a 50.000 euro al mese per una normale attività di routine
spacciata per realizzazione di c.d. progetti-obiettivo. Ci marciavano tutti nella Ragioneria, dal dirigente fino all’ultimo
dipendente. La lucrosa attività risale all’amministrazione Di Bello. Si parla di 50 milioni di risarcimento. L’accusa è di
truffa e falso (Telenorba, 8 maggio 2008, ore 7).
«Il pm contabile : “Consulenti superpagati – La procura della Corte dei conti della Lombardia cita
in giudizio la giunta di Milano, con in testa il sindaco Letizia Moratti, chiedendo più di sette milioni di euro per i danni
subiti dall’erario dopo aver chiuso l’inchiesta sull’assunzione di 91 dirigenti esterni a tempo determinato in
Comune…”» (Giuseppe Guastella in Corriere della Sera, 9 maggio 2008, p. 23).
«Genova, la Vincenti rifiuta di dire addio -…a Palazzo di Giustizia si delineano le prime mosse dei
magistrati, che rimettono in libertà il presidente del Bambin Gesù di Roma, Giuseppe Profiti, ma non gli altri 4 arrestati,
facendo capire che l’inchiesta è ancora lontana dalla parola fine...certo che questa storiaccia di tangenti per
addomesticare gli appalti delle mense di Genova e Savona sta mettendo sottosopra i santuari del potere ligure…»
(Francesco Alberti Erika Dellacasa in Corriere della Sera, 28 maggio 2008, p. 11).
«Concorsi al bando - …Uno dei dati che colpiscono maggiormente, tra quelle sul personale degli enti locali, è
la progressiva diminuzione, negli ultimi quattro anni, dei bandi di concorso per assunzioni a tempo indeterminato: più o
meno, da 1900 a 650, su 8000 enti…» (Bernardo Giorgio Mattarella ne L’espresso, 29 maggio 2008 , p. 45).
Il problema dei rifiuti in Campania.- «Rimuovere i rifiuti dalle strade non è una cosa né di destra né di
sinistra, ma un dovere di civiltà», è stato detto di recente da un esponente politico. Ora si scopre l’acqua calda per
questo servizio in un momento storico drammatico che vede il problema di non facile soluzione, anche in relazione ai
tempi che devono fare i conti con l’incombente pericolo per la salute pubblica. E viene spontaneo chiedersi: ma
l’assunto non era vero anche nel periodo di normale gestione? E soprattutto, se questo già si sapeva, l’accordo
unanime nelle scelte tra tutte le forze politiche (di cui si scopre il pregio) ora invocato non avrebbe forse evitato questa
bruttura? E questo che ora viene detto non vale forse per tutti i servizi, anche se non corredati da emergenza? La
risposta, purtroppo, ancora una volta non può che essere italiana. Intanto, continuano a leggersi gli incidenti : v., ad
esempio: «Rifiuti, guerriglia a Napoli, molotov, cariche e feriti…il bollettino di scontri e feriti nella periferia a nord di
Napoli, si riaccende ieri con la stessa violenza che aveva segnato l’inizio della rivolta di venerdì. L’elenco ufficiale
parla di dodici feriti, c’è chi ne conta venti…» (Conchita Sannino ne La Repubblica, 25 maggio 2008, p. 2).
«Parcheggi, le strisce blu cancellate a Roma dal TAR – Il Tar del Lazio cancella
le strisce blu
in tutta la capitale : la sosta a pagamento dei 95.653 posti auto vale 29 milioni di euro l’anno…Alemanno ha subito
detto che non farà ricorso al Consiglio di Stato perché, durante la giunta Veltroni, dai banchi dell’opposizione si era
sempre espresso, insieme a tutto il centrodestra, contro le strisce blu e ne aveva denunciato “il carattere vessatorio” nei
confronti dei cittadini. Il Tar ha bocciato in particolare la delibera 104 dell’aprile del 2004, una delibera quadro che
regolamentava la sosta tariffata in tutto il territorio comunale “in mancanza di una idonea istruttoria”. I giudici hanno
respinto la richiesta di Carlo Rienzi, Presidente del Codacons che voleva la restituzione delle multe inflitte a fronte
“dell’illegittimo aumento del numero delle aree riservate al parcheggio a pagamento” » (Francesco Di Frischia in
Corriere della Sera, 30 maggio 2008, p. 22).
«Monoposto in pista, Nardò è da Formula 1 -…giovedì prossimo sarà inaugurata a Nardò (Lecce)
la nuova pista di handling che servirà alle case automobilistiche per collaudare i propri prototipi e alle scuderie di
Formula 1 (ma non solo) per testare le monoposto di scena poi sui circuiti del Mondiale. Il tracciato completa il
ventaglio di piste esistenti all’interno del Proving Ground della località salentina. Il circuito, lungo sei chilometri, è
caratterizzato da pendenze longitudinali e curve a diverso raggio appositamente progettate per analizzare il
comportamento dinamico delle vetture. È possibile, peraltro, sperimentare la tenuta su strada del veicolo, anche dei
bolidi che superano i trecento chilometri orari di velocità, attraverso test strumentali di affidabilità e affaticamento di
componenti. I collaudi potranno svolgersi per l’intera durata dell’anno…» (Michele Pennetti in Corriere della Sera,
Mezzogiorno Economia, 2 giugno 2008, p. XIII).
Cancellata l’Ici sull’abitazione principale – Già dal 16 giugno il provvedimento è operativo, anche
se va coordinato, da parte dei comuni, con l’individuazione degli immobili ammessi al beneficio. Tale agevolazione
riguarda le abitazioni principali o assimilate alle abitazioni principali secondo il regolamento comunale) comprese nelle
categorie da A2 ad A7, nonché le pertinenze (box, posto auto, cantina, soffitta, anche se siti nelle adiacenze, e anche se
le pertinenze siano più di una, salvo il limite massimo fissato dal comune), esclusi gli immobili in A1 (case signorili),
A8 (ville) e A9 (palazzi e castelli), anche se adibiti ad abitazione principale. L’Ici non è dovuta sugli immobili dati in
uso gratuito ai familiari (che di regola devono avervi la residenza), con il grado di parentela fissato dal comune, purché
il comune stesso li assimili all’abitazione principale almeno per l’applicazione dell’aliquota ridotta, ma vi sono comuni
che non prevedono questa esenzione. Chi possiede altri immobili deve versare quanto dovuto per il periodo gennaiogiugno con la prima rata, e saldare poi con la seconda. L’abolizione dell’Ici sulla prima casa è occasione di riflessione
sul tema del federalismo fiscale (vedi in questo numero di TERZO MILLENNIO).
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