I MISTERI DI ALATRI di Marisa Uberti http://www.duepassinelmistero.com/misteridialatri.htm Acropoli e triplici cinte Occupandoci della presenza della Triplice Cinta in Italia (1), una visita ad Alatri è d'obbligo. In questa ridente cittadina del frosinate, nella Ciociaria storica, è infatti facile imbattersi nel triplice quadrato concentrico inciso sui gradini della chiesa di San Francesco e di S. Lucia, nell'architrave del portone di accesso alla chiesa di S. Silvestro, sul parapetto della cattedrale di San Paolo (eretta nel mezzo dell'Acropoli) e, ancora, su una delle mensole in facciata. Ma ci mancava un esemplare inedito, scoperto dal sig. Ornello Tofani e dal dr. Gianni Boezi (2) su un masso 'fuori contesto' nell'area dell'Acropoli stessa. Siamo andati dunque a prenderne visione, accompagnati dal cortese sig. Tofani, della storica tipografia omonima locale, e da una sua gentile collaboratrice. Ci siamo beati alla vista del bell'esemplare, inciso profondamente nella roccia e che risulta l'unico tra tutti gli altri massi presenti all'intorno. Ornello Tofani ci dice che è perfettamente orientato ai quattro punti cardinali e si dichiara convinto che l'esemplare stesso sia coevo all'Acropoli (per lui antica di oltre 3.000 anni). Ci mostra anche l'enigmatica presenza di una sorta di 'freccia', in corrispondenza di uno dei segmenti perpendicolari, tracciata apposta per indicare qualcosa, una posizione precisa, dice lo studioso. Non sveliamo il seguito, poichè sappiamo che ulteriori e affascinanti studi di approfondimento sono in corso da parte del Tofani, tuttavia non possiamo dirci affatto sicuri della datazione proposta, in quanto mancano dati. E' l'eterno problema delle incisioni! Origini misteriose L'occasione della visita è stata fonte di ulteriori e sorprendenti scoperte, perché la cittadina sembra essere un magico cappello a cilindro, dal quale fuoriescono segreti e misteri poco noti e ancora irrisolti. A partire dal toponimo: Alatri. Da dove arriva questa denominazione? Se svariate ipotesi sono state avanzate, quella che ci ha colpito maggiormente è contenuta in un gruppo di tavolette d'argilla mesopotamiche, in caratteri cuneiformi, note come 'Archivi di Mari' (3), scoperti nel 1934.. In una di esse, risalente al 1700 a.C., è riportata una lettera che il re di Mari, Shamsi-Adat, inviò al figlio Yasmakh e... non vi sarebbe nulla di strano, se non fosse che in detta lettera vengono citate le poderose fortificazioni di Alatri, intesa come città mesopotamica. Della quale si sono perse completamente le tracce...! La tavoletta che riporta il nome della città di Alatri è contrassegnata con la sigla ARM I 39, linee 1-16 e IV 28, linee 1-25 ed è scritta nel seguente modo A-la-at-ru-ù, A-la-at-re-e (Alatrù)(4) Che nesso può legare quella remota città al borgo del frosinate di cui ci stiamo occupando? Armando Frusone in "Conoscere Alatri" (Arti Grafiche Tofani, 1998) scrive "Sarebbe dunque esistita in Mesopotamia una città di nome Alatri i cui abitanti, in età lontanissima e per ragioni sconosciute, avrebbero raggiunto i nostri monti per edificarvi una possente acropoli che nel nome e nella struttura potesse onorare e perpetuare le proprie origini". Il condizionale è più che mai d'obbligo, se pensiamo che non esiste alcuna prova sull'origine nè del nome nè dell'Acropoli alatrense. La cui presenza, che lo si voglia o no, suscita tanti interrogativi. Vederla dal vivo è un'esperienza grandiosa e permette di rivedere i molti assunti storici che la vorrebbero realizzata dai Romani, cosa che francamente è incondivisibile. La tecnica è diversa, l'impiego di enormi monoliti (che è ancora possibile vedere alla base delle mura perimetrali e soprattutto nella Porta Maggiore) impostati uno sull'altro senza uso di malte o collanti, è appannaggio di misteriose culture della pietra, le cui tracce si ritrovano in diversi luoghi del pianeta. Civiltà cosiddette 'megalitiche', che anche in Italia (senza andare troppo lontano) hanno lasciato numerose testimonianze, le quali attendono non solo risposta ma soprattutto interesse da parte degli addetti ai lavori. Ma chi abitava il territorio prima dell'arrivo dei Romani? Anzitutto la presenza umana risale all'Eneolitico, circa 2.000 anni prima di Cristo, e testimonianze di una civiltà stanziale se ne hanno a partire dal X secolo a.C. Dal secolo seguente, in epoca protostorica, appaiono gli Ernici, che vengono genericamente classificati come arcaiche popolazioni 'italiche', che potrebbero avere una continuità con la mitica stirpe dei Pelasgi. Si crea la prima società urbana attorno all'VIII sec. a.C. e, dal VI sec. a.C., si hanno i primi contatti con Roma. Fermiamoci. C'è qualche possibilità che una di queste civiltà abbia realizzato l'opera poligonale alatrense? Anche città vicine presentano analogie con Alatri e, secondo un assunto mitico, esse vennero fondate da Saturno (Atina, Arpino, Ferentino ed Anagni). Tra l'altro ne parlò anche la principessa Marianna Candidi Dionigi (1756-1826), appassionata di archeologia (di cui fu una precorritrice), nella sua opera di divulgazione "Viaggio in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal re Saturno", nella quale ebbe cura di inserire vedute delle città megalitiche laziali, che realizzava personalmente. Lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius (1821-1891), visitando l'Acropoli di Alatri, dichiarò di esserne stato più stupito che per la visita al Colosseo o alle mura dionisiache di Siracusa e scrisse "[...] Qui, davanti a noi, vi sono mura dove ogni pietra non è un grosso quadrone, ma un blocco di roccia dalle pareti appianate, di forma irregolare a più, a molti angoli; e se, meravigliati, domandiamo quale arte meccanica fosse in grado di sovrapporre pezzi di roccia tanto grossi, ancor meno comprendiamo come tale arte fosse in grado di connettere tali massi pluriangolari l'un l'altro con tanta precisione da evitare il minimo vuoto fra di essi e da costruire il più perfetto mosaico gigante". A rendere ancora più fitto il mistero delle sue origini, contribuisce il fatto che il progetto architettonico fu orientato astronomicamente (l'allineamento principale della città era orientato verso il sorgere del sole al solstizio d'estate), e furono calcolate con precisione aperture, spigoli, porte, come è stato verificato da alcuni studiosi. Curioso notare come la costellazione dei Gemelli ricordi la forma dell'Acropoli in modo impressionante, come si fosse voluto replicare il cielo in terra. La presenza di un' arcaica scultura alla base dello spigolo destro del muro est dell'acropoli (detto del 'Pizzale') è anch'essa oggetto di oscure interpretazioni. Sembra raffigurare un'aquila con le ali spiegate, forse un'aquila bicipite, tuttavia ha subito deturpamenti da parte del tempo e intenzionali, che non ne permettono un'adeguata lettura. Il perimetro delle poderose mura misura 4 chilometri, interrotti da sei porte di accesso. Nei secoli la muraglia è stata riadattata a seconda del conquistatore di turno. Si può dire che verso nord c'è la città romana e verso sud quella medievale. La Porta Maggiore, a sud, è costituita da otto macigni sapientemente incastrati e sovrastati da un architrave monolitico lungo 4 metri, si calcola che pesi attorno alle 27 tonnellate ed è apparentemente priva di incisioni ma reca i fori di alloggio dei cardini di una porta o cancello. Sul lato destro è visibile una cisterna di epoca romana. Una scalinata coperta in opera poligonale conduce alla spianata dell'Acropoli. La Porta Minore è di dimensioni molto inferiori alla precedente e si trova sul lato opposto, a nord-ovest. Sono quattro i macigni che la compongono, sovrastati anche in questo caso da un architrave che reca scolpiti 3 falli, simboli ancestrali di fertilità connessi ai riti misterici (culto itifallico). Poco più in basso vi sono dei residui epigrafici, di controversa interpretazione. Anche questo accesso è munito di una scalinata, la cosiddetta 'galleria ascensionale', coperta di monoliti in progressivo aggetto. Ma al momento della nostra visita, non è stato possibile accedervi in quanto la porta è chiusa da inferriata. Lungo le mura, non lontano dalla Porta Maggiore, si aprono delle nicchie, destinate probabilmente a contenere delle statue di divinità tutelari, con funzione protettiva del luogo sacro. Lo studioso Mario Ritarossi ha messo in risalto per primo il fatto che il rapporto tra l'altezza e la larghezza di queste due Porte d'accesso è 'aureo' (divina proporzione). Le chiese cristiane che rimandano a culti primigeni Giunti alla sommità dell'Acropoli, si gode di uno spettacolare panorama, che spazia sui Monti Ernici. Dove oggi sorge la cattedrale di San Paolo apostolo, idealmente al centro dell'Acropoli, sorgeva un santuario di culto pagano, anticamente, dove sembra si svolgessero anche cruenti sacrifici umani. Sul fianco settentrionale l'edificio poggia su uno ierone ciclopico, ovvero un'area sacra centrale che, si dice, sia il punto più esoterico, caratterizzato da mura poligonali maggiormente levigate e dagli incastri millimetrici. La cattedrale svetta imponente come un faro a guardia del suo porto, celando tutti i misteri che si sono accumulati sotto le sue fondamenta. Nei sotterranei dell'attiguo Palazzo Vescovile, effettivamente, sono stati trovati i resti di epoca altomedievale. In genere si assiste sempre allo stesso fenomeno: una chiesa cristiana veniva costruita su un sito pagano, del quale in tal modo veniva cancellata ogni traccia. E' frequentissimo che, durante scavi per lavori di sistemazione delle chiese, vengano fatte scoperte archeologiche di inestimabile valore sia culturale che storico. L'attuale chiesa (1790-1808) è l'ultima risultante di una serie di sovrapposizioni e rifacimenti. Le primissime notizie risalgono al 933, ma la sua importanza comincia nel 1132, quando vennero qui traslate miracolosamente le reliquie di San Sisto (pontefice, martirizzato nel 125 d.C. sotto l'imperatore Adriano). Nel 1228 si verificò il prodigio dell'ostia incarnata, fenomeno che accomuna Alatri ad altre località (sedi del medesimo evento), come Lanciano e Bolsena, per dirne solo un paio (5). Lasciati i gradini della cattedrale, si osservano alcune incisioni della triplice cinta sui parapetti, mentre una si trova sulla mensola della facciata. Ci attende un altro luogo carico di storia e di simbolismo:la splendida chiesa di Santa Maria Maggiore, che affaccia sulla piazza omonima, nel cuore del centro storico cittadino, dove in epoca romana era situato il Foro. Eretta sulle rovine di un santuario di culto pagano (forse dedicato a Giove), si ha notizia di una chiesa paleocristiana nel V secolo, dedicata alla Vergine del Salvatore. Alla base del prospetto settentrionale, si notano avanzi di mura poligonali e all'interno, incassata al rovescio, è stata reimpiegata una lapide romana (età repubblicana), rinvenuta in loco, che cita due fratelli (Marco e Caio Betilieno), funzionari del tesoro monetario che si conservava nel tempio di Giove. La si vede benissimo, questa iscrizione capovolta, nella parte bassa del primo pilastro della navata sinistra, messa in situ durante il rifacimento medievale. Che non fu l'unico, poichè l'edificio subì altri interventi di restauro. Già da lontano ammicca ai nostri occhi il famoso rosone(XIV sec.), che reca centralmente un motivo troppo simile ad un 'tris' (meglio dire 'centro sacro'), il quadrato con otto raggi che qui inscrive una croce conformata a Nodo di Salomone. Il simbolismo sotteso riporta inequivocabilmente alla centralità del Cristo, da cui tutto origina, attorno a cui tutto ruota e e a cui tutto converge. Nel 1900 fu scoperta una misteriosa e indecifrata epigrafe su una delle pietre che chiudono in alto il traforo; alcune parti sono illeggibili e, di quel che resta, è stata avanzata la seguente interpretazione: Christus Rex Imperat Vivus (Cristo Re è vivo e regna), cui segue un'altra frase: Notam Eius Voluntatem Alatrium Impleat (Possa Alatri compiere la sua volontà che le è stata rivelata). Ma cosa significa questa frase sibillina? Che verità è stata rivelata alla città di Alatri? Sembra che nell'epigrafe si nasconda un compito affidato alla città, ma quale? Secondo lo studioso Padre Serafino da Collepardo, autore della verosimile traduzione, questo testo sarebbe originale, cioè coevo alla realizzazione della facciata romanica della chiesa, ma non solo: risulterebbe analogo alle ben note iscrizioni che i Crociati usavano portare sui loro scudi, durante le spedizioni militari in Terrasanta (6). Templari? E' possibile, dal momento che in città erano presenti ospizi per i pellegrini e una chiesa intitolata alla Maddalena, notoriamente cara ai Cavalieri rosso-crociati. Ci corre l'obbligo di menzionare, tra le numerose opere d'arte presenti nella chiesa, un'opera che ci ha affascinato più di tutte, fors'anche perché si incontra appena si entra, sulla sinistra, in una cappella protetta da una cancellata. E' la cosiddetta Madonna di Costantinopoli, opera lignea di influenza bizantina, la cui datazione oscilla a cavallo del 1100-1200. L'autore è ignoto. Il capolavoro si completa con due pannelli laterali che fungevano da ante protettive della statua, quand'era conservata nella sua originaria nicchia e dove veniva esposta alla venerazione dei fedeli. La Vergine con il suo Bambino già grandicello e accolto tra le ginocchia, sono entrambi incoronati. Il loro sguardo sembra fisso nel vuoto, in contemplazione del Mistero della Trinità di cui è incarnazione. Diversi sono i dettagli che la rendono speciale: • il velo quadrato che non ricopre il capo (ma è ripiegato sulle spalle) • l'acconciatura, alla moda delle matrone altomedievali • La 'Bulla' o sigillo etrusco (poi passato ai Romani e da questi alle popolazioni mediorientali), che indicava l'appartenenza ad un ceto sociale elevato. Al contempo, questo era segno di sottomissione alla potestà paterna, forse anche un contenitore di amuleti protettivi, e per una figlia femmina diveniva garanzia della sua verginità. Il giorno del suo matrimonio, veniva infranta e sostituita con l'anello nuziale. La Bulla che porta la Madonna sul petto potrebbe indicare il suo stato virgineo, nonostante il parto di Gesù il quale, invece, non porta alcun sigillo in quanto 'non appartiene a nessuno'. Ma l'elemento che richiama fortemente il senso nascosto o esoterico di quest'opera mirabile è l'uovo, che Nostra Signora tiene nella mano sinistra. In questo piccolo ma fondamentale particolare, l'artista ha voluto estrinsecare un concetto universale e primitivo, poiché l'uovo è un simbolo che in tutte le culture simboleggia il Creatore. “Con la parola uovo, i Saggi vogliono indicare la loro amalgama, disposta nel vaso adatto, e pronta a subire le trasformazioni che saranno provocate dall'azione del fuoco", scrive l'alchimista Fulcanelli (7). Numerose iconografie alchemiche mostrano l' uovo filosofico come protagonista della cosiddetta Terza Opera (o Opera al rosso). "L'involucro o il guscio racchiude in sé il rebis filosofale, formato dal bianco e dal rosso secondo una proporzione simile a quella dell'uovo degli uccelli", prosegue l'Adepto. Nell'antichità romana, durante le feste in onore della dea Cerere (paragonabile all'egizia Iside) che si svolgevano dal 12 aprile e duravano otto giorni, veniva portato in processione un uovo, simbolo del mondo, e ad esso venivano sacrificati dei maiali. Troviamo molto pertinente l'interpretazione che viene fornita sull'opuscolo-guida dell'opera scultorea (8): "La madre vergine (le acque originarie e quindi pre-esistenti) dà origine all'uovo, che è simbolo di fertilità, questo si schiude e nasce il Creatore[...]". Che è-aggiungiamo- la Pietra Filosofale o Lapis Philosophorum. "Una vergine diviene madre e dà alla luce Dio[...]a Terra-madre fecondata dall'alto ('Stillate, o cieli, la vostra rugiada!, dice il profeta Isaia) deve schiudere il suo seno, perché il germe fecondato (l'uovo), possa svilupparsi e dare alla luce il Salvatore. Il fatto che a Pasqua, termine che significa 'passaggio', sia tradizione regalare delle Uova, rivela il sotteso e atavico simbolismo: il mistero del passaggio dalla morte alla vita. L'uovo si configura come sepolcro e germe di vita. Non possiamo soffermarci oltre, ma crediamo che quest'opera debba essere considerata a pieno titolo come una 'dimora filosofale' di fulcanelliana memoria. Il misterioso labirinto Tanto avrebbe ancora Alatri da mostrarci ma il tempo è tiranno. C'è solo la possibilità di accedere privatamente, grazie all'amico ricercatore Giancarlo Pavat e all'Amm.ne Comunale, all'affresco del labirinto, che negli ultimi mesi è uscito prepotentemente alla ribalta e che si trova nella chiesa di San Francesco, realizzata nella seconda metà del XIII secolo (ma ampiamente rimaneggiata nei secoli successivi). La chiesa, che è dotata di un bel rosone che riproduce, in miniatura, lo stesso motivo della chiesa di S. Maria Maggiore, presenta sui gradini esterni svariati schemi di filetto incisi. All'interno, è custodita la reliquia del Mantello considerato del Santo di Assisi. A dire il vero, è stata la curiosità di poter vedere dal vivo l'enigmatico labirinto, a contribuire a spingerci qui, in quanto i nostri lettori ricorderanno che, in questo sito, abbiamo dedicato più volte spazio agli studi di Giancarlo Pavat (9), volti a fare chiarezza sui misteri che avvolgono quest'opera, per secoli dimenticata in un angusto cunicolo ubicato nella zona del chiostro. Cunicolo -o più esattamente un' intercapedine adiacente alla chiesa- che fu aperto solo in occasione di lavori di restauro e che destò impressione per il fetore che emanava in quanto -essendovi un bagno oltre la pareteera invaso fino ad una certa altezza da liquami e fanghiglia. Ma tra il pestifero odore qualcuno si accorse che sulla parete in verticale era visibile uno straordinario affresco, sbiadito finché si vuole, ma ben distinguibile, raffigurante un magnifico labirinto unicursale, con al centro un Cristo Pantocratore, tunicato, i cui attributi visibili sono un nimbo circolare, un anello sull'anulare sinistro e un libro chiuso nella mano sinistra. La mano destra ne stringe un'altra, che spunta misteriosamente da una delle girali labirintiche. Il resto della parete, nella parte inferiore, è decorato con motivi geometrici e vegetali, tra cui spicca il Fiore della Vita. L'ingresso del labirinto è posto ad occidente, tradizionalmente associato alle tenebre, da dove il neofita deve partire per dirigersi, attraverso un cammino periglioso e irto di prove iniziatiche, verso la luce della salvezza. Questo labirinto fu preparato incidendo nella parete dei piccoli e ravvicinati fori che permettessero poi di far aderire meglio la pittura. Ma la parete era vergine quando fu dipinto o, sotto, c'è ancora qualcosa? Il volto dell'Uomo centrale, identificabile con Cristo, a noi desta una certa inquietudine: ha qualcosa di strano... forse è un effetto ottico, ma sembra di scorgere due volti nello spazio racchiuso dal nimbo. Analizzando l'immagine con il software per immagini 'Photoshop', sembrerebbero emergere dei lineamenti forse disegnati prima del volto attualmente visibile del Cristo. Ammesso che ciò sia possibile e non si tratti di una nostra momentanea allucinazione visiva, la cosa non dovrebbe comunque destare sorpresa: con moderne tecniche di analisi stanno emergendo dettagli anche nei dipinti di artisti rinascimentali, particolari che il pittore di turno - in corso d'opera - decise di omettere, dipingendovi sopra il colore, che li nascose alla vista. Nel caso del labirinto di Alatri potrebbe trattarsi di scalfitture della parete, che non è liscia né omogenea, a far vedere ciò che non c'è. Ma potrebbe essere un ulteriore spunto d'indagine, quanto meno per escludere completamente l'eventualità che sotto l'affresco del labirinto non vi sia nulla. Una sorta di arco rampante divide il locale del labirinto da un secondo vano, attiguo, che è ad un livello leggermente più basso, ma c'è da chiedersi quale fosse il piano di calpestio originario, in quanto il pilastro non presenta una vera base, la quale potrebbe trovarsi in realtà molto più in basso. Per saperlo con certezza è necessario fare dei saggi tecnici (con il georadar?) o di scavo. I primi rilievi del labirinto vennero effettuati nel 1996 dal dr. Gianfranco Manchìa, che curò anche una pubblicazione (10) ma da allora, senza che ne conosciamo il motivo, le ricerche vennero sospese, forse in attesa di reperire i fondi per un doveroso restauro. L'umidità e altri fattori deleteri sono i nemici costanti di questo affresco, che peggiora anno dopo anno; malauguratamente potrebbe gonfiarsi e staccarsi, con la conseguenza di perderlo per sempre. L'attuale Amministrazione Comunale si è data l'obiettivo di risanare il locale che ospita il labirinto, facendo apposite richieste di intervento alla competente autorità dei Beni Culturali. Una prima operazione è stata quella di sensibilizzare l'opinione pubblica che, grazie ai lavori di G. Pavat e altri ricercatori, ha proposto fino ad oggi convegni e dibattiti sul tema, pubblicazioni virtuali e cartacee e ha destato l'attenzione perfino della TV di stato (11). Il fatto è che questo affresco alla luce delle conoscenze disponibili - è un 'unicum', reso ancor più speciale dal fatto che la sua struttura sarebbe sovrapponibile a quella del celeberrimo labirinto della cattedrale di Chartres e a quella di Lucca. Cosa lega le tre opere? Quando, da chi e per chi è stato realizzato l'affresco del labirinto di Alatri? A cosa era destinato il locale su cui venne dipinto? Da quanto tempo è segregato nell'intercapedine? E perché fu tenuto nascosto e dimenticato? Sono solo alcuni degli interrogativi che aleggiano intorno ad esso e che, con il coinvolgimento di discipline scientifiche, potranno trovare un'agognata risposta. In via subordinata, dobbiamo dire che è stata un'autentica sorpresa scoprire che la notizia della nostra visita è apparsa in un trafiletto del quotidiano locale, 'Ciociaria oggi', cosa che per noi equivale ad un enorme risalto! Siamo grati al giornalista Massimiliano Pistilli, e lo ringraziamo di questo. Tra l'altro è sua la foto sottostante, che ritrae la scrivente tra Giancarlo Pavat, in piedi, e Giulio Coluzzi. Da parte nostra garantiamo di seguire gli sviluppi di questi studi. Note: 1)- M. Uberti- G. Coluzzi 'I luoghi delle triplici cinte in Italia. Alla ricerca di un simbolo sacro o di un gioco senza tempo?", Eremon Edizioni, 2008 2)- Vedasi il nostro articolo www.duepassinelmistero.com/TCpreromana.htm 3)- Mari era un'antica città siriana, collocata nei pressi dell'odierna Tell Hariri, al limitare del confine con l'Iraq. 4)- Vedasi don Giuseppe Capone "Alatri. Breve exursus su Mito e Storia di una citta", Arti Grafiche Tofani, 2002, pag.12. 5)-Abbiamo affrontato l'argomento in un precedente articolo http://www.duepassinelmistero.com/Il%20mistero%20delle%20reliquie.htm 6)- Vedasi Mario Ritarossi "Aletrium, una visita al centro storico di Alatri", p. 20, Tofani Editore, 1999 7)-Fulcanelli "Il mistero delle cattedrali e l'interpretazione esoterica dei simboli ermetici della Grande Opera", Edizioni Mediterranee, 2001, p.149. 8)- "La Madonna di Costantinopoli. Una statua che è...un libro di teologia", Santa Maria Maggiore, Alatri, Antica Stamperia Tofani, opuscolo estratto dal libro di don Giuseppe Capone "Santa Maria Maggiore. Storia di una chiesa e della vita religiosa di Alatri. Dal Protocenobio della Regula Magistri al sec.XIV" 9)- http://www.duepassinelmistero.com/Labirintoalatri.htm - http://www.duepassinelmistero.com/LabAlatri2.htm 10)- G. Manchìa "Cristo nel labirinto:comunità giudeo-cristiana o presenza Templare?" in Antichità Alatrensi, Quaderni del Museo Civico di Alatri, Assessorato alla Cultura, 2002 11)- La troupe della trasmissione 'Voyager', diretta da Roberto Giacobbo, ha realizzato un filmato sull'argomento, che andrà in onda prossimamente su Rai2. Il sito ufficiale del Comune di Alatri è: http://www.comune.alatri.fr.it/ Bibliografia e webgrafia utile, oltre quella citata nelle Note: 'Il Cristo nel labirinto. Il mistero dell'affresco', testo di Giancarlo Pavat, edito dalla Città di Alatri, Nuova Stampa, Frosinone, 2009 Armando Frusone "Conoscere Alatri", Arti Grafiche Tofani, 1998 Giulio Magli, Atti del Convegno "Dalle Piramidi di Giza all'Acropoli di Alatri", 17 giugno 2006, Edito dalla Città di Alatri, Antica Stamperia Tofani Don Giuseppe Capone "La Progenie Hetea.Annotazioni mitico-storiche su Alatri antica", Terza Ristampa, 2009, Antica Stamperia Tofani http://www.circei.it/storia/poligoni/articoli/ciclopiche1.htm http://www.laciociaria.it/comuni/alatri.htm http://spazioinwind.libero.it/popoli_antichi/altro/Alatri.html http://laziosegreto.blogspot.com/2008/06/alatri-e-dintorni-alla-scoperta-di-mura.html