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Cover Artist
omar galliani
Nuovi Mantra per Mosca
Grandi mostre
Rodin, Warhol, Mondino e gli altri...
Critica in arte
appuntamento al Mar di Ravenna
Nuovi spazi
(galleria +) oltredimore
A Bologna nel cuore della Manifattura delle Arti
www.espoarte.net
82 ½
In questo numero:
Ugo La Pietra
Beatrice Pediconi
Alessandro Lupi
Daniele Giunta
Andrea Salvetti
Il valore della
“riscoperta”
Renzo Bergamo raccontato da
Caterina Arancio Bergamo
Espoarte Digital
ESPOARTE DIGITAL #82 ½
Espoarte Digital è un progetto editoriale di Espoarte in
edizione esclusivamente digitale, tutto da sfogliare e da
leggere, con i migliori contenuti pubblicati sul sito
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Cover
Omar Galliani, Nuovi Mantra per Mosca, in mostra alla K35 Art Gallery, Mosca, 5 dicembre 2013 – 26 gennaio 2014
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ESPOARTE
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n. 517 del 15 febbraio 2001
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Ufficio Abbonamenti
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Hanno collaborato a questo numero:
Deianira Amico, Niccolò Bonechi, Ginevra Bria,
Francesca Caputo, Silvia Casagrande, Valeria De
Simoni, Francesca Di Giorgio, Matteo Galbiati, Roberto
La Carbonara, Massimo Marchetti, Kevin McManus,
Simone Rebora, Gabriele Salvaterra, Chiara Serri, Site
Specific, Sponge ArteContemporanea, Alessandro
Trabucco, Igor Zanti
(galleria +) oltredimore
Martina Adamuccio
Josef Albers
Flurina Badel
Caterina Arancio Bergamo
Renzo Bergamo
Ashley Bickerton
Ilaria Bignotti
Blumm Prize Art
Irene Calderoni
Carcere di San Vittore
Davide Caroli
Cristiano Carotti
Centre Pompidou
Silvia Cirelli
Collezione Maramotti
Collezione UniCredit
Guido Crepax
Critica in Arte
Giulio De Mitri
Carola Ducoli
Eron
Fabbrica Borroni
Fondazione Lighea
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Fondazione Stelline
Galleria Giovanni Bonelli
Galleria Continua
Galleria Giuseppe Pero
Omar Galliani
GAM
Silvia Giambrone
Daniele Giunta
Sammlung Goetz
Gruppo Credito Valtellinese
Guidi & Schoen Arte Contemporanea
Irascibili
K35 Art Gallery
La Giarina Arte Contemporanea
Ugo La Pietra
Giancarlo Lamonaca
Lisson Gallery
Alessandro Lupi
MAMbo
MAR Ravenna
Jason Martin
Aldo Mondino
Museion
Museo Cantonale d’Arte
Museo d’Arte Lugano
Museo Internazionale della
Calzatura “Pietro Bartolini”
MUST GALLERY
Barbara Nati
Maria Elisabetta Novello
Cristina Nuñez
Isabella Nurigiani
Luigi Ontani
Palazzo Reale
Francesca Pasquali
Beatrice Pediconi
Massimo Pelletti
Lissy Pernthaler
Michelangelo Pistoletto
Jackson Pollock
Premio Nocivelli
Reali Poste
Auguste Rodin
Andrea Salvetti
Maria Savarese
Filippo Sciascia
Simbolismo
Site Specific
Sponge ArteContemporanea
Soft Pictures
Tino Stefanoni
Studio d’Arte Pino Casagrande
The Format Contemporary Culture Gallery
Veronica Veronesi
Andy Warhol
Whitelabs
Driant Zeneli
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Buone Feste
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Cover Artist
Omar Galliani.
Nuovi Mantra per Mosca
Intervista ad omar galliani di chiara serri
Nei giorni in cui a Venezia si conclude la 55. Esposizione Internazionale d’Arte, Omar Galliani, protagonista al Caffè Florian e a Palazzo Barbarigo
Minotto, fa ritorno in Russia, per inaugurare una nuova personale negli ampi spazi di K35 Art Gallery. Un rapporto consolidato, quello con la galleria
moscovita, che ha portato alla realizzazione del progetto Face and Soul, culminato nel 2013 al Museo Storico Statale della città. Volti, paesaggi
cobalto e cupole d’oro: Nuovi Mantra per Mosca, che attingono al passato per dare voce alla contemporaneità. Opere fortemente concettuali che
anticipano la grande mostra in programma nel 2014 alla GAM di Torino…
Il titolo dell’esposizione – Nuovi Mantra per
Mosca – rimanda immediatamente ad alcune tue opere degli anni ’90. Come si coniuga questa ricerca con la città di Mosca? A
chi è indirizzata la tua preghiera?
Quando alla fine degli anni ‘90 realizzai i primi
grandi Mantra, guardavo e pensavo all’Oriente
e all’Occidente, mettendo in evidenza gli aspetti contrapposti delle due culture: immagine aniconica (fondo oro) ed immagine iconica (figura).
Mosca oggi è una città in cui l’immagine è sovrastante, onnipresente. I fondi oro delle icone
sacre recitano un Mantra iconografico uguale
nel tempo. Le cupole delle chiese sono in oro
affinché riflettano con il sole lo splendore di Dio.
Siamo sempre all’interno di una contrapposizione tra mondo profano e mondo sacro. Ho
realizzato per Mosca nuovi Mantra, in cui compaiono alcuni paesaggi blu. Una preghiera per
la salvaguardia della natura…
Le novità insite in questa nuova produzione?
Nei Nuovi Mantra per Mosca sono presenti anche fiori e paesaggi: elementi della natura che,
come i volti, assumono un significato simbolico. Questa indistinzione dei generi fa sì che il
Mantra si estenda al Tutto, anche alla casualità delle immagini, che acquisiscono nelle loro
scelte un valore “altro”.
L’origine del progetto?
Il progetto nasce da un dittico a matita ed oro
di due metri per quattro. Sulla tavola di destra,
un piccolo Lama è sospeso da terra in una
pioggia di fiori di loto. Sulla tavola di sinistra,
il fondo nero mette in risalto un fiore tracciato
a matita, che appare o scompare in rapporto
alla luce.
In questo periodo stai lavorando anche ad
un’importante mostra, che si terrà in febbraio alla GAM di Torino. Qualche anticipazione?
Insieme al curatore, Danilo Eccher, abbiamo
scelto di esporre solo opere di grandi dimen-
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Omar Galliani, Nuovi Mantra per Mosca, pastello e oro su tavola,
cm 100x200
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Omar Galliani, Nuovi Mantra per Mosca, in mostra alla K35 Art Gallery, Mosca, 5 dicembre 2013 – 26 gennaio 2014
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sioni, tra cui cinque lavori a grafite di quattro
metri per quattro. Uno di questi parte dalla citazione di una tavola conservata nelle collezioni
del disegno della GAM. Dopo mesi di lavoro in
studio, è diventata un disegno extra large…
Il Gabinetto disegni e stampe della GAM annovera oltre trentanovemila esemplari, dagli
ultimi decenni del ‘700 a tutto il ‘900. A quale autore ti sei ispirato?
Mi sono ispirato ad Antonio Fontanesi, artista
paesaggista ma profondamente simbolista,
originario come me di Reggio Emilia. Nato nella
prima metà dell’800, visse a lungo in Giappone, dove divenne famoso. Per ragioni diverse
e con altri ritmi, anch’io lavoro ed espongo
in Oriente da tanti anni. Mi hanno affascinato
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queste affinità per cui ho scelto un suo disegno
quale inizio di un nuovo ciclo di opere.
Quali le possibili connessioni tra le tue nuove ricerche e le esperienze concettuali degli anni ’70 maturate all’Accademia di Belle
Arti di Bologna?
Nelle gallerie bolognesi, sul finire degli anni ’70,
navigava di tutto ed io ero una spugna che si
nutriva di ogni cosa, disegnando e dipingendo
dal passato al presente, fondendo linguaggi,
poetiche, tecniche e liriche senza posa. In sottofondo, i King Crimson di Robert Fripp… Alla
GAM di Torino esporrò, oltre al nuovo ciclo di
opere, anche alcuni passaggi significativi degli
anni ‘70 e ‘80. L’ultimo lavoro è un inno al “Sublime”, visto che oggi è tutto transitorio. Sono
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fermo davanti alla tavola, l’opera nasce, si nutre, cresce dai miei muscoli che legano inesorabilmente il cielo alla terra…
Altri progetti?
Novanta artisti per una bandiera al Complesso
del Vittoriano a Roma, terza tappa di un progetto benefico per costruire a Reggio Emilia un
Ospedale della Donna e del Bambino e Vis-àVis con mio figlio Michelangelo alla Galleria Paola Verrengia di Salerno.
L’opera pubblicata in copertina?
La copertina nasce da un viso di donna, riflesso sul finestrino del volo Aeroflot da Mosca a
Milano Malpensa. Di lei ho soltanto uno scatto,
“rapito” velocemente con l’iPhone. Un ricordo
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che, nel mio studio, è diventato un piccolo disegno, parte delle opere selezionate per la Galleria K35. Andata e ritorno di un volto potrebbe
essere un ottimo titolo per una delle prossime
mostre…
Eventi in corso e in apertura:
Nuovi Mantra per Mosca
A cura di Maria Saava
K35 Art Gallery
Savvinskaya Emb. 12/6, Mosca
5 dicembre 2013 – 26 gennaio 2014
Novanta artisti per una bandiera
A cura di Sandro Parmiggiani
Sacrario delle bandiere, Complesso del Vit-
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toriano
Piazza D’Aracoeli, Roma
22 novembre 2013 – 31 gennaio 2014
Omar Galliani – Michelangelo Galliani.
Vis-à-Vis
Galleria Paola Verrengia
Via Fieravecchia 34, Salerno
29 novembre 2013 – 30 gennaio 2014
Grande paesaggio dei miei veleni
A cura di Danilo Eccher
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna
Via Magenta 31, Torino
21 febbraio – 21 maggio 2014
Info: www.omargalliani.com
VISTO IN COVER
Omar Galliani, Nuovi Mantra per Mosca, in mostra alla K35 Art
Gallery, Mosca, 5 dicembre 2013 – 26 gennaio 2014
Omar Galliani, Mantra Buddha, matita su tavola, pastello e oro,
cm 200x400
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Interviste > Personaggi
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
INEDITO > COMING SOON: http://www.espoarte.net/arte/renzo-bergamo-lenergia-della-pittura-e-la-forza-della-materia/
Renzo Bergamo:
l’energia della pittura e la forza della materia
Intervista a CATERINA ARANCIO BERGAMO di Matteo Galbiati
Ritratto di Caterina Arancio Bergamo
Ritratto di Renzo Bergamo,2004
Entrando nella casa-studio di Renzo Bergamo,
per incontrare la moglie e compagna di una
vita Caterina Arancio Bergamo, quando abbiamo realizzato questa intervista, sono stato
accolto immediatamente da un forte senso di
calore umano e di affetto. Un’atmosfera intensa e piena di emozioni che si sono intensificate nel corso di una lunga conversazione.
Lo scopo del dialogo con la signora sarebbe
stato quello di parlare dell’attività dell’archivio
dell’artista, della sua ricerca, del suo lavoro,
eppure il tecnicismo del contenuto ha lasciato
posto all’evidenza dell’aspetto umano che ha
dato un senso ben più profondo alle parole che
ci siamo scambiati.
Le ragioni che spingono ad istituire un archivio
di un artista scomparso sono innanzitutto volte
ad una tutela della sua eredità artistica, in questo caso, pur rimanendo questo lo scopo, la
radice profonda del lavoro di catalogazione che
si sta conducendo resta generato e spinto da
un atto d’amore. Ripetuto e sentito. Un diverso
grado di amore quindi che, pur nella dolorosa
assenza di chi ci ha lasciati, ritrova la ragione
del sentimento e del ricordo in una attività che,
nonostante tutto, riporta al centro dell’analisi
il lavoro dell’uomo prima ancora dell’artista e
dell’intellettuale. Un uomo che oggi resta calorosamente vivo e presente. Non solo come
testimonianza nelle opere, ma anche nella passione con cui queste vengono ri-vissute da chi
resta.
Scopriamo con Caterina Arancio Bergamo la
ricerca di Renzo Bergamo e l’impegnativo lavoro che la vede occupata nella gestione dell’archivio e dell’associazione a lui intitolati:
Quando ha deciso di iniziare l’archiviazione
delle opere di suo marito?
Il lavoro dell’archivio è iniziato nel 2006. La sua
morte improvvisa fu per me uno shock, entrai
in crisi profonda, eravamo molto uniti dopo 27
anni di intenso attaccamento e di condivisione
specialissima. Per me è stato un periodo controverso, non sapevo cosa fosse giusto fare
della sua eredità artistica e spirituale. Ma mi
sono convinta che dovevo muovermi; dovevo
proseguire quello che Renzo ha fatto per tutta la sua vita e in cui ha tanto creduto: la sua
pittura. Sono una creativa anch’io e lo scoglio
da superare era quello di vedermi svolgere un
lavoro da burocrate. Questo aspetto tecnico mi
ha sottratto energie e forze nell’affrontarne la
mole e il carico di impegni.
Cosa ha comportato poi lo svolgimento di
questa impegnativa impresa di registrazione coerente delle opere?
Tolta la grande fatica per gli aspetti che dicevo
burocratici, mi ha dato moltissimo e moltissimo di inatteso. È stata una sorpresa continua:
mettere mano a tutti i lavori di Renzo, alle sue
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carte, ai suoi progetti, ai suoi libri, rivedere tutte
le opere mi ha permesso di leggere il suo lavoro
diversamente. Oltre che di sentirlo ancora vicino e presente.
Che uomo era Renzo Bergamo, che personalità aveva l’artista?
Non dico a caso che ho letto diversamente il
suo lavoro, perché Renzo era un uomo di pochissime parole sul lavoro, quasi segreto e io
non mi sono mai permessa di fargli troppe domande mentre attendeva alle sue cose. Di questo oggi mi sono un po’ pentita… Poi riuscivamo a lavorare anche assieme come quando,
ad esempio, abbiamo creato una collezione di
abiti fatti a mano. Una collezione unica che ci
ha visti condividere un’esperienza irripetibile.
Aveva un atteggiamento molto paterno, amico,
tollerante e paziente. Non solo con me, questo
lo faceva con tutti, era una persona generosissima e attenta agli altri. Archiviare le opere,
riguardare i cataloghi, i suoi appunti mi hanno
permesso di riscoprirlo anche in aspetti che,
forse, non mi erano così definiti. Non era un
uomo di giudizio, non commentava non criticava a sproposito. Osservava il mondo con uno
sguardo sempre pieno di incanto, lui ti portava
a riscoprire la vita. E per me è stato un maestro
di vita.
Come nasce la sua passione per l’arte?
Espoarte Digital
Era un autodidatta acuto e passionale. Da giovane, nel secondo dopoguerra, lavorò in Svizzera facendo il panettiere per potersi permettere gli studi in Accademia. Si mise a dipingere,
ma la svolta determinante avvenne negli Anni
’60 quando si trasferì a Milano – fece il creativo
per Leon Goodman per due-tre anni – dove,
frequentando Brera, conobbe Dova, Scanavino, Manzoni, Bonalumi con cui condivise intense amicizie. Amava il lato umano delle persone,
era quello che cercava maggiormente negli altri:
coltivare l’aspetto umano. Da loro ebbe moltissimo. Iniziò un periodo di vacche magrissime:
rinunciò a fare il pubblicitario perché, grazie alla
frequentazione con gli altri artisti, aveva capito
come questo lavoro fosse inquinante per la sua
ricerca pittorica.
Renzo Bergamo però ha un rapporto stretto
non solo con gli artisti per lui è stato fondamentale anche lo scambio con poeti e
letterati…
Certo, prima di venire a Milano ha frequentato
molti scrittori e poeti come Zanzotto, Soldati,
Pasolini e Comisso, che lo seguiva come un
padre, e anche il musicista Malipiero. Era l’unico pittore, non parlava… dipingeva!
In cosa si concentrava la riflessione di Renzo Bergamo?
Parlava di luce e sostanza; cercava di capire il
mondo con il pensiero di uno scienziato: nelle
sue tele ci sono le prove di come si verifica la
trasformazione delle cose da energia a materia. La spiritualità era il suo carisma forte e la
traduceva nella sua pittura. I suoi dipinti sono
esplosivi, dirompenti. Sono la vita che irrompe,
è la natura che si manifesta.
Abbiamo parlato di pensiero da scienziato,
come ritroviamo l’evidenza scientifica nel
suo approccio pittorico e formale?
Renzo mi diceva di sentirsi un lazzarone, che
doveva lavorare di più ed entrare piùin profondità nelle cose. Voleva verificarle. Io allora non
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avevo ben compreso l’importanza di quello che
mi diceva, ma l’ho riscoperto lavorando all’archiviazione delle sue opere. Le sue esplosioni cromatiche sono la rappresentazione delle
energie cosmiche: parlano di macrograndezze
siderali e di microentità subatomiche. Molti disegni, schizzi e dipinti, che lui fece negli Anni
’60 e ’70, anticipano, nelle strutture e nelle forme, le scoperte scientifiche ed astronomiche
fatte in tempi più recenti. Ha avuto l’intuito e
l’immaginazione del visionario. Renzo cercava
nella pittura l’estetica del Caos, quell’ordine
nuovo delle cose che poteva diventare anche
etico.
Nel 2004 si è aperto il Festival della scienza, lui
se ne era già andato e io l’ho frequentato per
due anni, perché so che Renzo l’avrebbe apprezzato e se ne sarebbe interessato. In questo
contesto ho trovato la conferma a quei concetti che tentava di farmi comprendere. È stata
una conferma, una prova provata. Da questo
momento ho iniziato a riguardare le sue cose,
le sue immagini. Rivelatore è stato l’incontro
con il fisico Fritjof Capra, autore di Il Tao della fisica: a lui ho mostrato, in modo azzardato
e spregiudicato, le opere di Renzo al termine
di una sua conferenza. Le ha apprezzate e ha
compreso il legame stretto che la pittura di mio
marito ha con la scienza. Da qui sono nati poi
legami e incontri anche con Giorello. Il progetto
delle mostra di quest’anno al Castello Sforzesco (Renzo Bergamo. Atomo – Luce – Energia)
nasce da qui.
Il lavoro che ha svolto è davvero encomiabile. Ha organizzato mostre, ha promosso
incontri, ha pubblicato cataloghi… Arriverà
presto il catalogo ragionato?
È sicuramente un passo da fare perché serve
per tutelare e promuovere l’artista anche dentro al sistema dell’arte. Sento di doverglielo, anche se Renzo diceva che i cataloghi diventano
la tomba degli artisti perché chiudono un ciclo.
Lui guardava sempre avanti a quel che c’era da
fare. Credo che oggi, dopo tutto quello che ho
compiuto, siano sforzi che premiano, innanzitutto, il suo merito.
È contenta degli sforzi compiuti fino ad
oggi, di aver dato vita all’archivio e all’associazione?
Avevo un vuoto, un vuoto d’amore. Renzo stava percorrendo un cammino che s’è interrotto
all’improvviso. Ero smarrita. L’archivio nasce da
un atto d’amore, un gesto particolare e dovuto, non potevo non rendere pubblico il lavoro
di una vita e la particolarità del suo percorso
pittorico. Tutto questo lavoro è stato anche
un modo per non lasciarlo andare, ho potuto
ritornare dentro al suo mondo, sono tornata
indietro perché volevo riprendermelo. È stato
un lavoro intensissimo a livello emotivo. Ma la
soddisfazione oggi è grandissima.
Renzo Bergamo per l’arte e per la scienza
Via A.G. Barilli 31, Milano
Info: +39 02 89690787
[email protected]
www.renzobergamo.com
Atomo luce energia, veduta della mostra, Sala panoramica, Castello
Sforzesco, Milano 15 gennaio-31 marzo 2013
In alto:
Renzo Bergamo, s.t., 2003, tecnica mista, cm 56,5x76 (Archeologia
cosmica)
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ANDREA SALVETTI
METALLO. NATURALMENTE.
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Lugano, via del Canvetto
Svizzera
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+41 91 970 21 84
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giovedì 5 dicembre 2013
domenica 19 gennaio 2014
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/galleria-oltredimore-a-bologna-un-nuovo-spaziotempo-di-ozio-creativo/
Interviste > Nuovi Spazi
(galleria +) oltredimore.
A Bologna un nuovo spazio/tempo di ozio creativo
BOLOGNA | (galleria +) Oltredimore | NUOVA SEDE
Intervista a VERONICA VERONESI di Francesca Di Giorgio
Veduta del nuovo spazio (galleria +) Oltredimore, Bologna
Da una piazza del centro storico bolognese
(P.zza San Giovanni in Monte 7) ad un distretto
culturale, Manifattura delle Arti, tra i più estesi
in Europa, a due passi dal MAMbo – Museo
d’Arte Moderna di Bologna e dalla Cineteca di
Bologna… Da appena una settimana la galleria
Oltredimore ha traslocato ed amplia, insieme
allo spazio fisico (150 mq) anche quello concettuale per diventare, in una visione allargata, un
luogo d’ozio attivo a cui all’arte contemporanea
si aggiungono progetti legati al food, all’editoria indipendente pensati come se fossero start
up. In programma per venerdì 29 novembre la
presentazione di Opuscolo Vaticana a cura di
Andrea Renzini e Silvia Spada…
Veronica Veronesi alla guida della galleria bolognese ci racconta cosa sta dietro a certe scelte
e cosa significa per lei quel “(galleria +)” con
un occhio al futuro e all’imminente ArteFiera
2014.
A cosa risponde questo cambio di “dimensioni”? Quando e come hai deciso di trasferire Oltredimore?
Ero stanca degli spazi espositivi tipo white
cube, ambienti sterili e un po’ distaccati, ho
iniziato a pensare ad una galleria dove poter
STARE, DIRE, volendo CAPIRE di sicuro PARTECIPARE. Un luogo di ricerca ma anche di
intrattenimento, spazio critico dove promuovere innovazione sociale, dove testare nuovi
processi, metodologie e nuove forme di azione.
La galleria intesa come punto di snodo dove
è possibile mettere da parte i modelli imposti
a favore dell’ozio creativo. Il nuovo spazio racchiude queste caratteristiche nei suoi 150 metri
quadri divisi in 3 ambienti.
Come vedi questo nuovo spazio e come
vuole interagire con il contesto che lo circonda?
L’idea è quella di uno spazio contaminato, abbiamo voluto infatti inserire nuove attività parallele alle esposizioni in galleria tra le pareti di
via del Porto 48 ci sarà anche un’area riservata
al Food Design, dove trimestralmente verranno
presentati progetti che daranno vita a “residenze temporanee” di progetti gastronomici, in
un’area appositamente creata. Un programma
che non si discosta dalla linea curatoriale della
galleria, dalla sua apertura vicina alle tipicità del
contemporaneo, della società, ad una cultura
ampliata ad altre discipline e tensioni.
Ludovico Pensato e Alessandra Ivul, in arte i
Panem et Circenses, saranno i primi a sperimentare “la cucina” di (galleria +), con l’happening trEATticon, dove l’atto del mangiare è
inteso come modalità per la conoscenza del
mondo. L’universo insomma si amplia. Stiamo,
inoltre, oraganizzando una comunicazione sinergica con le gallerie già esistenti nella Zona,
parliamo la “stessa lingua” e non sarà difficile
coordinarci per far sì che la ZONA MAMBO diventi quello che voleva il progetto iniziale.
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Si aggiunge un segno positivo alla vostra
esperienza… Cosa sta a significare quel
“(galleria +)” del nuovo logo?
La prassi contemporanea vede fondersi le arti
e il più vuole significare proprio questo, arte ma
anche altro, come per esempio la sezione di
editoria indipendente curata da MOTTO Distribution alla quale abbiamo dedicato un angolo/
libreria in continuo aggiornamento.
Come si inserisce il lavoro di Maziar Mokhtari nei 150 mq della galleria? Perché
avete deciso di inaugurare, lo scorso 15 novembre, proprio con il lavoro di un giovane
artista iraniano?
Lavoriamo con Maziar dal 2010 il suo lavoro
dedicato ai muri della sua città in Iran è in continua evoluzione proprio da allora, in questi anni
abbiamo potuto confrontare e testare il suo lavoro in diverse fiere nazionali ed internazionali
era ora di “fare il punto” sul suo lavoro e così la
mostra personale, la sua prima in Italia, a breve anche il libro d’artista con il testo critico di
Eugenio Viola proprio per segnare questa fase
del lavoro.
Novità assoluta per la galleria è la “sezione”
Food Design a cui accennavi prima…
In Europa sono tanti gli spazi culturali dove è
possibile fermarsi bere o mangiare qualche
cosa, io ho voluto lavorare ulteriormente intorno all’idea del cibo ragionato, i progetti che
Espoarte Digital
esporremmo trimestralmente saranno trattai
come delle vere e proprie mostre.
Questa nuova attività è stata inaugurata da
Ludovico Pensato e Alessandra Ivul di Panem et Circenses… Ci raccontate trEATticon, l’opening dello scorso week-end?
Il progetto dei Panem et Circense presenta un excursus evolutivo basato sul rapporto
evolutivo tra uomo e cibo. I tre atti, Materia,
Deleteria e Aetheria, sono una metafora delle
tre età della vita. Il progetto può essere letto,
partecipato e fruito su diversi piani e da diversi
punti di vista. La multistratificazione è stata una
scelta voluta in fase di progettazione. La metafora delle tre età della vita è uno dei livelli del
progetto. L’inaugurazione è stata una sintesi o
meglio l’elemento che collega i tre atti, Ludovico e Alessandra hanno infatti presentato un’installazione di 24 kg di cioccolata una scultura
a forma di piramide simbolo del fuoco che lega
i tre atti, l’installazione poteva essere scolpita
e/o mangiata dagli ospiti della galleria.
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29 – 30 novembre 2013
OPUSCOLO VATICANA è una bibbia tascabile, un breviario, un libro liturgico di immagini fluide che scorrono in sequenza, senza cronologie
temporali né informazioni tecnico o biografiche.
Un cerimoniale di suggestioni attraversate nella
loro esteriorità da un unico foro che unisce le
varie anime che intercorrono nel lavoro di Andrea Renzini, dalla pittura alla musica fino alla
moda. Il foro è il sigillo di un’esecuzione/dissacrazione dell’oggetto sacro per antonomasia di
ogni artista, il feticcio che certifica l’esistenza di
una carriera, diviene in questo caso non il punto ma il foro della situazione, e come in tutti i fori
c’è una via d’entrata ed una importantissima
Quali saranno i prossimi a mettersi alla prova?
Stiamo valutando diversi progetti diversissimi
tra loro l’idea di base rimane la stessa: dare la
possibilità a giovani realtà che sperimentano
nel food di confrontarsi e mettere a punto un
format volendo può essere considerata anche
una sorta di start up.
E in vista di ArteFiera 2014? Progetti all’orizzonte?
In galleria Mattia Barbieri a cura di Maura Pozzati e finalmente ad Arte Fiera nella sezione solo
Show stand monografico di Maziar Mokhtari. Vi
aspettiamo!
(galleria +) oltredimore (NUOVA SEDE)
Via del Porto 48 a/b, Bologna
Orari: martedì e mercoledì 14.30-19.30; giovedì e venerdì 12.00-20.00; sabato 11.0019.00 e su appuntamento
Info: +39 051 6449537
[email protected]
www.oltredimore.it
In corso:
+ Maziar Mokhtari. Yellow Apocalypse
16 novembre 2013 – 11 gennaio 2014
+ Panem Et Circenses _ trEATticon
23 novembre 2013 – 22 febbraio 2014
Appuntamento:
+ Andrea Renzini & Silvia Spada_ Opuscolo
Vaticana
presentazione catalogo venerdì 29 novembre dalle 18.00
Maziar Mokhtari, Pellegrino, 2013, C-Print, cm 100x150
15
d’uscita. Nella versione deluxe OPUSCOLO
VATICANA è avvolto e custodito in un sudario
vescovile con emblema papale.
(galleria +) oltredimore ospita la presentazione di OPUSCOLO VATICANA inaugurando così
la propria sezione dedicata all’editoria. In questa occasione verrà proiettato il video inedito
intitolato Ultrafine, multicolor cartone animato
astratto del 2009 su musica del Teatro Sonico
per Pantone. Le prime 200 copie di OPUSCOLO VATICANA contengono al loro interno un
disegno originale usato per la realizzazione del
video. OPUSCOLO VATICANA è prodotto da
Luigi Tortato e SI Produzioni. Testi in italiano,
francese e giapponese.
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Interviste > Progetti
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Critica in Arte 13. Intervista #1
A Ravenna con Ilaria Bignotti & Francesca Pasquali.
RAVENNA | MAR Museo d’Arte della Città di Ravenna | 15 dicembre 2013 – 12 gennaio 2014
Intervista a ILARIA BIGNOTTI di Matteo Galbiati
Il Museo MAR di Ravenna torna a presentare,
per la sua sesta edizione, uno dei suoi appuntamenti più attesi e caratteristici: Critica in Arte.
Il collaudato format, ideato e voluto da Claudio
Spadoni, direttore scientifico del museo romagnolo, pone al centro dell’attenzione non solo
l’arte giovane, ma anche la riflessione critica della nuova generazione di critici e storici dell’arte
che la sostengono. Accanto agli artisti emergenti trovano, quindi, uno spazio peculiare anche
le voci e le idee critiche che li accompagnano,
rendendo ogni mostra l’esito di un binomio che
fonda la propria dinamica su uno stretto rapporto, confronto e dialogo. Un percorso parallelo
che negli anni ha dato conto di linee e tendenze
dell’arte contemporanea declinata nelle ricerche
più attuali, ponendo questo tris espositivo come
una delle occasioni di approfondimento e verifica
più sperimentale di ogni altra esperienza affine.
Proponiamo un’intervista congiunta ai tre curatori scelti per l’edizione targata 2013 di Critica
in Arte: Ilaria Bignotti (che presenta Francesca
Pasquali), Davide Caroli (che presenta Eron) e
Silvia Cirelli (che presenta Silvia Giambrone).
Iniziamo con Ilaria Bignotti:
Critica in Arte non è solo momento per cui
un artista giovane accede all’esposizione
in un museo, ma protagonista è anche la
critica che lo sostiene. Come valuti questa
esperienza?
Il mio modo di lavorare con gli artisti si basa
su due aspetti imprescindibili: il dialogo come
capacità anche di sapere ascoltare e la compartecipazione alla loro ricerca che deve essere
di arte e vita assieme. Non conosco altro metodo, non credo al distacco tra opera d’arte e
testo critico né alla separazione del critico dalla
persona e dal luogo dove si crea, dove si costruisce, dove si allestisce. In tutto questo, non
ho mai influenzato un artista, ho sempre lasciato
che lavorasse secondo la propria direzione. O
meglio: abbiamo sempre lavorato assieme, in
un confronto incessante e vivo. Credo in questo
dialogo, davvero, è la cosa a cui do più valore.
Anche tra critici. Critica in Arte penso che nasca
da e riconosca tutto questo: per cui, è e resterà
una esperienza importantissima.
Che progetto hai sviluppato con il tuo artista
per la mostra al MAR? Quali sono i contenuti
specifici che avete voluto mettere in evidenza?
Il lavoro di Francesca Pasquali è attuale, indaga le relazioni tra naturale e artificiale attraverso
il riuso critico di prodotti e materiali del nostro
tempo; conosce e approfondisce ad ogni intervento le reazioni e le relazioni tra opera e fruitore, si relaziona con lo spazio nel quale la sua
opera è situata in modo consapevole e nuovo,
riflette sulla mutevole potenzialità dei materiali
plastici e industriali. È legato alle moderne tecnologie, parla di interazione e interdisciplinarietà.
Sa adattarsi al mondo che cambia con esso. È
Ilaria Bignotti
architetturale e scultoreo. Primordiale e modernissimo.
Come vi siete conosciuti e incontrati? Da
quanto tempo lavorate assieme?
Ci siamo conosciute attraverso le selezioni di
un Premio d’Arte. Avevo aperto una delle tante
casse e vi trovai due sue opere scultoree. Pulp
e Cris. Avevano qualcosa di violento, di coinvolgente, di forte e di elegantissimo. La chiamai
dopo il Premio. Era il 2007, credo verso febbraio. Da allora abbiamo spesso lavorato insieme.
Abbiamo allestito tante mostre, in spazi pubblici,
privati, in occasione di premi. La cosa che più mi
affascina è la sua capacità di lavorare con la materia e di agire nello spazio. Il suo lavoro è carico
di colore, è multiforme, è mutevole e in perenne
metamorfosi. Eppure trasmette pace, silenzio,
profonda finitezza, ordine delle cose.
Perché hai scelto proprio quest’artista per
Critica in Arte?
La contemporaneità delle sue opere è anche
nella loro straordinaria capacità di dialogare con
linguaggi e forme antichissimi, classici, moderni.
Al MAR non potevamo non ragionare sul ruolo
della sua ricerca rispetto all’arte musiva e a questa relazione guarda la scelta delle opere esposte, oltre a rendere espliciti i temi centrali del
suo intero lavoro. L’arte, citando a memoria una
riflessione che un grande artista degli Anni ’60,
Paolo Scheggi, fece riprendendo Leibniz, deve
essere “chargé du passé et gros de l’avenir”.
Francesca Pasquali è un’artista colta, che sa
dimenticare a memoria la storia, portandone il
peso e guardando sempre al di là del presente.
In cosa credi sia indicativa della contemporaneità la sua ricerca? In cosa è attuale?
La sua ricerca è coerente, nasce da una profonda analisi della situazione contemporanea,
segue la direzione della relazione con lo spazio
e con i materiali plastici e industriali. Sa di essere figlia delle ricerche monocrome e oggettuali degli Anni ’60, alle quali il suo lavoro è stato
giustamente avvicinato. Al contempo, dimostra
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di avere assimilato gli insegnamenti delle avanguardie programmate, al punto che in occasione di una sua monografia il confronto con le
prime ricerche di Alberto Biasi, anch’egli partito
dalla astrazione del dato naturale, fu necessario.
Il suo lavoro sa trovare una nuova vita nelle cose
che banalmente pensiamo di conoscere: in un
rutilante assemblaggio di oggetti d’uso comune, Francesca Pasquali si fa creatrice di nuovi
mondi, venuti fuori da un antichissimo dissidio
tra la materia e la forma, dissidio oltremodo attuale nello stesso frangente: in questo inno alla
energia delle cose, e dell’uomo che le sa ri-creare, è contemporanea Francesca Pasquali. Dal
progetto, indaga il processo della visione. L’ho
scelta per tutto questo.
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interdisciplinarietà. Abbiamo future mostre che
saranno momenti di dialogo e di riflessione.
Nuovi materiali si stanno profilando che porteranno anche a nuove ricerche, dei quali una
preview è nell’opera inedita che presentiamo in
mostra. Ma il progetto più grande al quale da
sempre lavoriamo è uno solo: l’arte.
Critica in Arte 13
Francesca Pasquali a cura di Ilaria Bignotti,
Eron a cura di Davide Caroli e Silvia Giambrone a cura di Silvia Cirelli
progetto di Claudio Spadoni
in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ravenna
con il sostegno di Fondazione del Monte di
Bologna e Ravenna
Una mostra, un catalogo, un’opera che entra
nelle collezioni: quali scelte avete operato?
Abbiamo scelto innanzitutto di riconoscere l’importanza della sede, e di onorarla, attraverso
un’opera assolutamente inedita, una composizione di piccoli oggetti ludici che sapranno
svegliare innumerevoli immagini e scuotere la
fantasia del visitatore. Abbiamo poi lavorato su
un’altra installazione appositamente creata per
lo spazio, componendo la serie delle Setole
monocrome in un mosaico policromo. Abbiamo
presentato altri due lavori che riusano i materiali
plastici prettamente industriale: Frappa, opera
parlante, metafora della volubile mutevolezza
dell’arte, forse un alter ego di Francesca; Nero,
una presenza che nasce dalla parete, in essa
pare vivere; alcune Straws che rivendicano la
libertà dello sguardo di ciascuno di creare una
propria immagine: l’immaginazione al potere
deve essere un grido attuale.
Cosa può rappresentare per un critico e per
un’artista un’occasione come quella offerta
da Critica in Arte?
Sicuramente un momento di crescita e di confronto con altre ricerche, con critici di alto livello, con artisti anche. È ancora quel dialogo di
cui dicevo poco fa. Un dialogo possibile in una
sede d’eccezione: un’istituzione museale dove
la scientificità e la ricerca storico-critica sono ancora dei valori, e dove si crede nella sperimentazione. Non nella sperimentazione tout-court,
ma nella sperimentazione dell’intelligenza e della
contemporaneità, nel rispetto della storia. Dove
si crede nel pubblico e non gli si rifilano educati
percorsi e (in)quietanti passeggiate prive di contenuto. Siamo ovviamente contentissime.
Quali programmi hai per il futuro con l’artista
che hai presentato? State lavorando a qualche progetto specifico?
Proseguire nella collaborazione. Abbiamo in
progetto un lavoro di analisi critica di una ricerca
sulla relazione tra le opere e il video, nell’ottica
della interazione cinematica e cinetica e della
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15 dicembre 2013 – 12 gennaio 2014
MAR Museo d’Arte della Città di Ravenna
Via di Roma 13, Ravenna
Orari: martedì, giovedì e venerdì 9.00 – 13.30
e 15.00 – 18.00; mercoledì e sabato 9.00 –
13.30; domenica 15.00 – 18.00
Ingresso libero
Info: +39 0544 482477
[email protected]
www.mar.ra.it
Francesca Pasquali, Setola rossa, 2010, cm 30x30x8, Collezione privata
Nella pag. a fianco: Francesca Pasquali, Frappa, 2012, cm 200x130,
Courtesy Tornabuoni Arte Contemporanea
MARCUS JANSEN
Prima mostra personale dell´artista americano in Italia!
28 novembre 2013 - 31 gennaio 2014
GALLERIA BIANCA MARIA RIZZI & MATTHIAS RITTER
Via Cadolini 27, 20137 Milano
T 02 5831 4940 / M 347 3100 295
[email protected]
www.galleriabiancamariarizzi.com
Orari mar/sab ore 15 - 19, lun e dom chiuso
Finissage & presentazione catalogo
con testi di Alessandra Redaelli e Alessandro Riva
Giovedì 30 gennaio 2014
Ufficio Stampa
In collaborazione con
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Critica in Arte 13. Intervista #2
A Ravenna con Davide Caroli & Eron.
RAVENNA | MAR Museo d’Arte della Città di Ravenna | 15 dicembre 2013 – 12 gennaio 2014
Intervista a DAVIDE CAROLI di Matteo Galbiati
Continua la nostra ricognizione all’interno del
progetto Critica in Arte in apertura al Mar di
Ravenna. Dopo aver intervistato Ilaria Bignotti,
una delle curatrici coinvolte in questa edizione, proponiamo le stesse domande a Davide
Caroli, il curatore che ha scelto di presentare il
lavoro di Eron:
Critica in Arte non è solo momento per cui
un artista giovane accede all’esposizione
in un museo, ma protagonista è anche la
critica che lo sostiene. Come valuti questa
esperienza?
Ho seguito il percorso di Critica in Arte fin dalla
sua prima edizione e da subito mi è sembrata
un’intuizione innovativa per il panorama italiano
e, come si è poi dimostrato, di sicuro successo.
In questo progetto la critica è protagonista, con
pari dignità ed interesse rispetto al lavoro degli
artisti: i critici, under 40 come gli artisti, sono,
infatti, scelti dal direttore del MAR per il loro
percorso e viene a loro lasciata carta bianca
per poter procedere con l’individuazione della
proposta espositiva.
Che progetto hai sviluppato con il tuo artista per la mostra al MAR? Quali sono i contenuti specifici che avete voluto mettere in
evidenza?
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Davide Caroli
Eron, Senza titolo, 2009, pittura a spray su tela. Courtesy Terna SpA
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Eron, Senza titolo, 2010, pittura a spray su tela, cm 100x150 Courtesy collezione privata
Per Critica in Arte abbiamo pensato di proporre un approfondimento sul ciclo principale
di opere a cui Eron si sta dedicando intitolato
mindscapes.
Da circa sei anni l’artista riminese sta realizzando questi paesaggi della mente, in cui si fondono realismo e visioni oniriche che danno vita
a scene fantastiche pervase da una poesia dai
tratti teneramente infantili.
Come vi siete conosciuti e incontrati? Da
quanto tempo lavorate assieme?
Questa è la prima volta in cui io ed Eron lavoriamo insieme, ci siamo conosciuti personalmente proprio per preparare questa mostra.
Perché hai scelto proprio questo artista per
Critica in Arte?
Sono l’unico tra i tre curatori che lavora nella
zona romagnola e ho fatto cadere la mia scelta
su Eron perché ho voluto presentare un artista
del mio territorio che è anche quello del MAR,
senza voler dare però una connotazione eccessivamente localistica.
In cosa credi sia indicativa della contemporaneità la sua ricerca? In cosa è attuale?
Eron nasce come street artist, è da molti considerato uno dei più importanti esponenti di
questa storia che per certi versi è ancora con-
siderata borderline, tra il vandalismo e la vera e
propria espressione artistica (proprio in questi
giorni la discussione si è ravvivata grazie al progetto di Banksy a New York).
Il tentativo di voler spostare il suo stile e la sua
tecnica dal muro alla tela mi sembra molto coraggioso e interessante in questo periodo in
cui, per certi versi, la pittura cerca di riconquistare il suo spazio nel confronto con altre realtà
artistiche.
Una mostra, un catalogo, un’opera che entra nelle collezioni: quali scelte avete operato?
Il taglio che abbiamo voluto dare alla mostra è
quello di presentare alcuni lavori più vecchi del
ciclo mindscapes insieme ad alcune tele inedite realizzate appositamente per la mostra.
Sarà inoltre proiettato un video che documenta
l’imponente lavoro For ever and ever… commissionato ad Eron per la volta della Chiesa di
San Martino in Riparotta a Rimini, primo intervento di street art all’interno di un luogo di culto ancora attivo; a fianco di questo, dal molto
grande passando al molto piccolo, troverà spazio una piccola scultura, traduzione in 3D delle
immagini realizzate su tela.
Cosa può rappresentare per un critico e per
un’artista un’occasione come quella offerta
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da Critica in Arte?
Per i protagonisti delle edizioni passate Critica
in Arte è stato un tassello importante per sostenere i passi di una carriera che si stava formando o per puntellare storie già consolidate; per
molti degli artisti esporre al MAR ha costituito
un punto di forza per meritare poi inviti a premi
nazionali ed internazionali o per vincere prestigiose residenze.
Sicuramente confrontarsi con l’imponenza di
un museo – per la sua storia, i suoi spazi e il
suo pubblico – è, sia per un curatore che per
un artista, un’esperienza nuova, più impegnativa e sicuramente diversa rispetto al lavoro che
si può preparare per una galleria.
Quali programmi hai per il futuro con l’artista che hai presentato? State lavorando a
qualche progetto specifico?
Al momento non abbiamo ancora nessun programma congiunto ma, se ci sarà l’occasione,
valuteremo le opportunità che si presenteranno.
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Critica in Arte 13. Intervista #3
A Ravenna con Silvia Cirelli & Silvia Giambrone.
RAVENNA | MAR Museo d’Arte della Città di Ravenna | 15 dicembre 2013 – 12 gennaio 2014
Intervista a SILVIA CIRELLI di Matteo Galbiati
Siamo alla terza ed ultima intervista del ciclo
dedicato a Critica in Arte 13.
Concludiamo la serie di interviste ai curatori di
quest’anno con le risposte di Silvia Cirelli che
presenta la giovane artista Silvia Giambrone…
Critica in Arte non è solo momento per cui
un artista giovane accede all’esposizione
in un museo, ma protagonista è anche la
critica che lo sostiene. Come valuti questa
esperienza?
L’Italia è un paese in cui la giovane creatività è
in continuo fermento, oltre ad un interessante
panorama artistico emergente, si nota da qualche anno un germogliare di figure professionali
– curatori e critici – che seguono questo percorso. Critica in Arte diventa quindi un’importantissima occasione per vedere quanto anche
la giovane critica italiana stia crescendo e si stia
evolvendo.
Silvia Cirelli
Che progetto hai sviluppato con il tuo artista per la mostra al MAR? Quali sono i contenuti specifici che avete voluto mettere in
Silvia Giambrone, Made in Italy (dettaglio #5), 2012 Courtesy l’artista e
Galleria Doppelgaender, Bari
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evidenza?
Per la mostra al MAR io e Silvia Giambrone
abbiamo pensato ad un corpus di opere che
rappresentasse al meglio la sua grande versatilità. Nonostante la giovane età, Silvia è un’artista che ha già sperimentano molti linguaggi
espressivi: si muove dal video all’installazione,
ha una chiara predilezione verso la performance
ed utilizza anche pratiche tradizionali come l’incisione ed il ricamo. La scelta dei mezzi artistici
dipende di volta in volta dal tipo di messaggio
che si vuole raccontare, prima nasce l’idea e
poi, di conseguenza, Silvia decide il linguaggio
più consono.
Da un punto di vista invece tematico e contenutistico abbiamo scelto di evidenziare i concetti che più spesso ritornano nella sua poetica e cioè, da un lato l’indagine degli stereotipi
sociali che purtroppo ancora si annidano nella
cultura contemporanea, e dall’altro il labile
equilibrio fra corpo e linguaggio, con una particolare attenzione verso l’universo emozionale
delle persone.
scambiamo idee e progetti, le prime volte si
trattava di corrispondenza via email o al telefono, vivendo io fra l’Italia e la Cina e lei sempre
un po’ in giro per l’Europa. Ci siamo poi incontrate a Roma, la città in cui lei vive attualmente.
La nostra prima occasione di collaborazione è
stata invece una mostra che ho curato a Ferrara lo scorso Ottobre, una collettiva di artiste
under 35 dove c’erano anche alcuni lavori di
Silvia.
decifrare e raccontare la cultura contemporanea, ma con un taglio sempre personale, quasi
privato. Affronta temi delicati come la questione
femminile e i vincoli sociali che ancora oggi creano rapporti di forza faticosi da abbattere, oppure le difficoltà delle relazioni umane, in bilico
fra bellezza e sofferenza, fra libertà e coercizioni
comportamentali. Il suo è uno sguardo sul presente che esalta però la dialettica dell’emozione e della suggestione.
Perché hai scelto proprio questo artista per
Critica in Arte?
Credo che Silvia Giambrone riassuma al meglio
la giovane creatività italiana. È un’artista molto attenta, preparata, che ama sperimentare e
che investe completamente se stessa nei progetti che realizza, nonostante infatti affronti anche tematiche sociali di carattere collettivo, c’è
sempre una forte componente autobiografica e
personale. È una delle più interessanti voci artistiche italiane e pur essendo molto giovane, ha
già un’impronta stilistica esclusiva ed originale.
Una mostra, un catalogo, un’opera che entra nelle collezioni: quali scelte avete operato?
Così come per tutta la mostra, anche nel catalogo abbiamo deciso di marcare nuovamente
l’obbiettivo del progetto Critica in Arte, e cioè lo
scambio artista – critico. Abbiamo così abbandonato il comune testo critico (scritto da me)
per pubblicare invece un dialogo fra me e Silvia
Giambrone, una chiacchierata in cui non sono
solo io a parlare della sua poetica, ma è la stessa artista che si racconta ai lettori.
Come vi siete conosciuti e incontrati? Da
quanto tempo lavorate assieme?
È da circa un anno che siamo in contatto e che
In cosa credi sia indicativa della contemporaneità la sua ricerca? In cosa è attuale?
Silvia si concentra molto sul presente, cerca di
Cosa può rappresentare per un critico e per
un’artista un’occasione come quella offerta
da Critica in Arte?
Occasioni come quella di Critica in Arte sono
davvero rare in Italia. Non si tratta solo della
promozione della giovane arte, ma è un progetto che mette in luce uno dei passaggi più
importanti nell’organizzazione di una mostra, e
cioè il confronto fra artista e curatore. È proprio questo scambio uno degli aspetti che amo
maggiormente nel mio lavoro, non è una collaborazione fine a se stessa ma è un percorso
che artista e curatore fanno insieme.
Quali programmi hai per il futuro con l’artista che hai presentato? State lavorando a
qualche progetto specifico?
Abbiamo appena chiuso una mostra a Ferrara
dove Silvia era una delle quattro artiste under
35 che avevo invitato, insieme anche a Laurina
Paperina, Elisa Strinna e Ludovica Carbotta.
Questo a Ravenna è quindi il secondo progetto
che ci vede lavorare ancora insieme a distanza
di pochissimo tempo. Quando credo in un’artista mi piace instaurare una collaborazione di
fiducia che non si chiude con la fine di una mostra, ma che segue un percorso più ampio e
a lungo termine. Per il futuro ho tante idee in
mente, fra queste, sicuramente quella di portarla all’estero, ma lei ancora non lo sa…
Silvia Giambrone, 8 Novembre 2011, 2011. Courtesy l’artista e
Fondazione Biagiotti Progetto Arte, Firenze
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BETH MOON
thy kingdom come
gennaio marzo 2014
L’ARIETE artecontemporanea
via d’azeglio 42 bologna www.galleriaariete.it
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Interviste > Arte+Design
Metallo. Naturalmente…
Andrea Salvetti in mostra da MUST GALLERY
LUGANO | MUST GALLERY | 5 dicembre 2013 – 19 gennaio 2014
Intervista ad ANDREA SALVETTI di Valeria De Simoni
Giovedì 5 dicembre Andrea Salvetti inaugura
una mostra personale da MUST GALLERY a
Lugano. Qui, fino al prossimo 19 gennaio, presenta al pubblico la sua multiforme attività che
lo vede, di volta in volta, impegnato sui diversi
fronti delle arti contemporanee muovendosi in
spazi e tematiche interdisciplinari: tra scultura,
design, architettura, performance e cucina. Le
sue opere spesso faticano a riferirsi e affrancarsi a uno solo di questi settori tendendo piuttosto ad unirsi in senso orizzontale…
Metallo. Naturalmente. Il titolo della tua personale da MUST GALLERY a Lugano evoca
una predilezione primaria e spontanea per il
metallo e il forte legame del tuo lavoro con
la natura. Come ha avuto origine il tuo interesse per questo materiale?
Un po’ per caso e un po’ per la professione
di mio padre, un po’ perché Ron Arad è stato
un modello da seguire ma soprattutto perché il
metallo rende metafisiche le forme della natura
che associano le mie idee. La superficie fredda,
la struttura inorganica, la rigidità e la lucentezza
trasportano in una dimensione surreale tutto
ciò che riferisco al mondo naturale e crea un
contrasto e una dissonanza armonica che mi
piace.
Il fatto di vivere in campagna vicino alle Alpi
Apuane in che modo influenza la tua poetica? E una condizione necessaria per il tuo
lavoro?
Mi dedico da sempre all’osservazione delle sfumature della natura iniziando a guardare intorno ai piedi. Partendo dalla realtà più vicina mi
sorprendo ogni volta perché non è necessario
allontanare lo sguardo. Tutto ciò che mi serve
è intorno a me, vicino a casa, e la natura rigogliosa delle mie colline raccoglie un mondo di
infinite meraviglie. Tutto parte da lì e ne sono
dipendente.
Cosa significa per te design autoprodotto?
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Andrea Salvetti, APPARITA, 2010/2013, pezzo unico, fusione di alluminio
lucidato e verniciato, cm 90x117x126
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Andrea Salvetti, CONTROBASSOTTO, 2012, acciaio inox lucidato a
specchio, cm 68x226x86, serie di 8 esemplari +2aps
Autopromozione, rivisitazione del processo
di produzione in attesa di una committenza in senso “classico”, ribaltamento delle
relazioni tra i diversi interlocutori all’interno
dell’intero ciclo produttivo al fine di modificare il concetto stesso di design?
Autoproduzione è una parola che non si usa
nell’arte perché molto spesso l’artista per esprimersi deve lavorare direttamente e di norma
occuparsi di tutti gli aspetti, anche della promozione o della comunicazione. Non mi sento
un designer anche se comprendo le affinità e
il motivo per cui ci finisco sempre dentro ma
il mondo e i meccanismi del design non sono
adatti al mio lavoro. Seguo semmai una strada
più vicina alla scultura che cerca nella funzione
un appiglio per allargare l’orizzonte su tematiche più vicine al carattere della società moderna e si plasma sulle sue preferenze.
La mostra a Lugano ripercorre alcune delle
tappe più rappresentative degli ultimi anni.
Quali momenti hai scelto di raccontare?
Ho scelto di affiancare alcuni lavori recenti e
inediti a progetti già molto conosciuti per dimostrare che il percorso segue una direzione precisa e che confrontando lavori di anni diversi il
panorama è omogeneo. Il fascino per le tematiche inerenti al mondo naturale e la predilezione
per i metalli lucenti sono caratteristiche stabili
del mio lavoro che da diversi anni ruota intorno
ad un cosmo noto.
A destra: Andrea Salvetti, TRONCHI 48484, tv 2/8, 2012, fusione di
alluminio placata oro, cm 165x40x40
Arte e design, ma anche cucina. In che
modo mescoli questi tre ingredienti?
Non provo nessuna difficoltà a muovermi in
ambiti diversi perché non vi è nessuna differenza nello specifico ambito della creatività. Vorrei
anche approfondire la fotografia e la cinematografia, mi affascino di progetti virtuali e dedico
molto tempo all’arte ambientale per la quale,
in questo momento, forse, sento più sintonia.
Quindi seguo con libertà le mie passioni che da
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sole sanno relazionarsi e creare quel percorso
unico che mi rappresenta.
Anticipazioni per il futuro?
Un grande progetto di sculture monumentali pensate apposta per la città di Lucca. Una
mostra pubblica nelle meravigliose piazze della
mia città che, per la prima volta, ospita le mie
opere.
Andrea Salvetti. Metallo. Naturalmente
5 dicembre 2013 – 19 gennaio 2014
Inaugurazione giovedì 5 dicembre 2013 dalle ore 19.30 alle 23.00
MUST GALLERY
via del Canvetto, Lugano
Info: +41 91 970 21 84
[email protected]
www.mustgallery.com
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http://www.espoarte.net/arte/alessandro-lupi-riflessioni-sul-concetto-di-corpo/
Interviste > Arte
Alessandro Lupi:
riflessioni sul concetto di corpo
FIRENZE | Reali Poste, Galleria degli Uffizi | 29 ottobre – 30 novembre 2013
MILANO | WHITELABS | 25 ottobre – 7 dicembre 2013
Intervista ad ALESSANDRO LUPI di Niccolò Bonechi
Il mese di ottobre ha portato ad Alessandro
Lupi numerosi ed importanti impegni. Dalla collettiva Turn on the Bright Light da poco conclusa a Genova negli spazi della galleria genovese
Guidi&Schoen, alla personale Antiego da WhiteLabs di Milano, passando per il Premio Cairo e la partecipazione al progetto Laboratorio
Novecento al Museo degli Uffizi… Facciamo il
punto con l’artista genovese da anni residente
a Berlino…
Con quale spirito hai affrontato queste nuove avventure?
Ne vengo da un anno pieno di progetti e mostre all’estero, mi fa piacere tornare in Italia e
concentrare tutta la mia ricerca degli ultimi anni
in queste esposizioni. Da diversi anni ho base
a Berlino dove ho sviluppato molte idee, sperimentando, inventando nuove tecniche, diverse
tipologie di opere ed installazioni e sviluppando
anche un’evoluzione poetica, filosofica e scientifica.
A Milano da Whitelabs fino al 7 dicembre
sarà possibile vedere una selezione tra i migliori lavori realizzati negli ultimi anni compresi i recentissimi…
Una cosa che ho riscontrato in Italia è un aumento di sinergie, la comunicazione tra le persone, che mai come ora è necessaria in questo
periodo di crisi.
Per Laboratorio Novecento alle Reali Poste
degli Uffizi, al quale partecipi di fianco ad
artisti internazionali (tra gli altri Jan Fabre,
Jeff Koons, Urs Lüthi e Michelangelo Pistoletto), hai presentato un’installazione nella
sala d’ingresso. Come hai pensato di interagire con questo spazio in relazione alla
dimensione didattica del progetto?
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Alessandro Lupi, Laboratorio Novecento, Reali Poste, Galleria degli
Uffizi, 2013
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Alessandro Lupi, Berliner Fenster, 2013, Turn on the Bright Light.
Courtesy Guidi&Schoen Arte Contemporanea
In basso:
Alessandro Lupi, Ombre albero, 2013, Courtesy Whitelabs
Dopo un sopralluogo ho cominciato a lavorare
cercando di respirare lo spazio e relazionandomi con la dimensione formativa del progetto. Ho
scelto di presentare la mia serie dei bauli Densità fluorescenti che perfettamente si integravano
mischiando contemporaneità e antico creando
un legame tra l’identificazione dei bambini che
partecipano al laboratorio e la dimensione di
memoria che i bauli suggeriscono.
In fondo al corridoio inoltre ho presentato un lavoro interattivo intitolato Ombre, un paravento
di opalina su cui un fascio di luce genera ombre
virtuali e ombre reali delle persone che passano
e interagiscono. Anche in questo caso gli spettatori si relazionano con una virtualità, generata
solo da luce ed ombra, con il quale possono
entrare a far parte dell’opera.
Trovo molto interessante la dimensione didattica di questo progetto perché permette alle
nuove generazioni di essere stimolate e libere
di respirare la contemporaneità, strumento fondamentale per poi comprendere meglio l’arte
del passato.
verso gli altri. Per questo lo specchio antiego
diventa un gioco di liberazione dall’ego, quando due persone si specchiano contemporaneamente entrambi riescono a vedere l’altro
ma nessuno riesce a vedere se stesso. Inoltre quello che si vede al posto del proprio viso
sono disegni di luce nel quale l’immaginazione
a sua volta crea diverse immagini, un altro se
stesso, una identità astratta che fa comprendere quanto sia complicata la percezione della
realtà e quanto sia basata su percorsi mnemonici e ripetitivi.
Quali progetti imminenti hai in agenda?
Torno giusto questa settimana a Berlino, e
mi preparo per fare due grandi installazioni e
un workshop con degli studenti a Obidos in
Portogallo in occasione di un evento internazionale incentrato sulla luce. Dopodiché mi
dedicherò a realizzare dei nuovi lavori che presenterò ad Artefiera a Bologna con la galleria
Guidi&Schoen.
La tua ricerca s’incentra in particolar modo
sulla figura umana, attentamente analizzata e sempre ri-contestualizzata. Nell’opera
Antiego Mirror, emblema della personale da
WhiteLabs, utilizzi la tecnologia per annullare la percezione del proprio volto riflesso
nello specchio. Cosa ti ha portato a riflettere sul concetto di identità a partire da questa “privazione”?
Con le Densità fluorescenti ho sempre lavorato sul corpo come presenza tridimensionale
di luce, fitta ma vuota, interconnessa con lo
spazio ed aperta all’interpretazione soggettiva
dello spettatore che guarda. Proprio partendo
da questo concetto di fusione con lo spazio
e basandomi sulla teoria “non esiste nessun
corpo isolabile” negli ultimi anni ho capito che
l’ego è una costruzione indotta ed è l’origine di
ogni conflitto interno ed esterno. Non dico che
bisogna eliminarlo del tutto ma nel momento in
cui lo si mette un po’ da parte si incomincia ad
avere un’apertura più grande verso il mondo e
31
Mostre in corso:
Laboratorio Novecento
29 ottobre – 30 novembre 2013
Reali Poste, Galleria degli Uffizi
Piazzale degli Uffizi, Firenze
Info: +39 055 2388651
www.polomuseale.firenze.it
———————————————–
Alessandro Lupi. Antiego
A cura di Nicola Davide Angerame
25 ottobre – 7 dicembre 2013
WHITELABS
Via Gerolamo Tiraboschi 2, Milano
Orari: da martedi a venerdì 15.00/19.00
sabato su appuntamento
Info: +39 348 90 31 514
[email protected]
www.whitelabs.it
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/a-mondovi-sulle-tracce-di-ugo-la-pietra/
Interviste > Arte
A Mondovì.
Sulle “tracce” di Ugo La Pietra
MONDOVÌ (CN) | Museo della Ceramica | 26 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014
Intervista a UGO LA PIETRA di Matteo Galbiati
Sempre coerente nel linguaggio, pur nella
sorprendente poliedricità delle differenti declinazioni, tecniche e pratiche, definire Ugo La
Pietra (1938) come un personaggio eclettico
e trasversale sarebbe al contempo riduttivo e
impreciso. Riduttivo perché la sua complessità
poetica e intellettuale non si affranca mai ad una
definizione delimitante, ma, al contrario, il suo
sguardo riesce a muoversi in ogni direzione, si
fa antenna ricettiva di quelle tensioni con cui
spesso lo rendono anticipatore di tempi, mode
e gusti. Impreciso perché tali definizioni non
devono far incorrere nell’errore di considerare
ogni sua opera come un qualcosa di sporadico o completamente avulso dal suo percorso.
Tutto si lega in una logica profonda in cui il suo
“segno” si applica come misura uniforme, costante, una variabile di movimento che genera
una ricca differenza di esperienze.
Forse più, e meglio, di chiunque altro la sua
storia artistica, tanto aperta e versatile, si pone
in una logica dialettica che si estende ad esercizi aperti, anche in costante rapporto con
i territori di confine delle attività artistiche. La
Pietra non ha paura di fondere le arti “maggiori”
con le “minori”, differenza che in lui perde di
senso, legando i vari ambiti in una complessa
descrizione unica. Al centro resta sempre la dimensione di ricerca dell’uomo. La Pietra non
fa figli e figliastri, ma unisce e mette in stretta
relazione ogni attività artistica – o del pensiero – dell’uomo per tradurne la sua visione del
mondo. Attivandola sempre dal suo “segno”
inconfondibile nello sperimentalismo.
Lo abbiamo intervistato in occasione di questa sua nuova mostra in cui presenta le opere
ceramiche.
Presenti una mostra di ceramiche, un lavoro cui tieni molto. Quale continuità poetica
offri al pubblico?
In questa mostra di ceramiche vorrei proprio
mostrare la mia continuità di pittore del segno,
dove metto in correlazione queste mie opere
con tutte le altre della mia produzione.
Abbiamo avuto modo di parlare spesso insieme del valore del “segno”, cosa che diventa
significativa fin dall’inizio del tuo percorso,
fin dall’esperienza del Gruppo del Cenobio.
Un segno che esprime sempre l’intensità
della vita. Che valore definisce in te?
Esattamente questo. Il mio segno è gestuale,
nel senso che è frutto di un gesto a cui si vuole dare valore. L’ho espresso anche andando
in opposizione a quello “programmato” che si
diffondeva negli anni ’60, figlio di un pensiero
logico, quasi matematico. Io volevo che il mio
segno fosse randomico, autonomo, a flusso di
coscienza quasi. Da questo nacque il Sistema
Disequilibrante: il gesto, nel segno, diventa pittorico, performativo, scultoreo… Questo è il
valore – e il potere – del segno.
Qui presenti ceramiche e so che tieni molto
a dire che non sono lavori completamente
tuoi. Un gesto di rispetto verso l’artigiano
con cui hai lavorato per l’esecuzione pratica delle opere?
Ogni ceramica reca la mia firma cui si lega
quella dell’artigiano. È per me giusto e fondamentale – l’ho sempre fatto fin dagli anni ’60
– porre il senso del valore di una forte identità
riconoscibile a livello territoriale. Ogni territorio
esprime capacità e tradizioni che le sono propri e che non sono le mie esperienze, ma che,
attraverso il mio lavoro, possono denunciare
l’importanza, il riconoscimento e il valore della
territorialità.
Quindi queste opere sono mie, ma voglio riconoscere che sono state fatte con il preziosissimo aiuto e l’esperienza di altri collaboratori.
Come ho detto, di mio resta riconoscibile l’elemento del segno che endemicamente fa parte
del mio linguaggio e della mia poetica fin dai
miei esordi artistici.
Qui si apre un dibattito sul valore dell’artigianato come patrimonio della tradizione.
Un altro spunto che ti vede militante in questo…
Ho sempre posto il problema della valorizzazione dell’artigianato come topos di una produzione di stile. Certo artigianato di qualità rappresenta la cultura del fare, espressione che in
Italia ha basi antichissime e ricche, che, proprio
per la storia del nostro territorio, ha dato vita
a localismi preziosissimi. L’artigianato esprime
un patrimonio immenso e sommerso di conoscenze – non solo storiche ma anche pratiche
– che non devono essere perdute. Con Abitare
Ugo La Pietra, Tracce, 2013
32
Espoarte Digital
il tempo ho cercato, per esempio, di dare l’opportunità di fare fiere ai mobilieri classici, ebanisti di rara capacità. Da quelle sono derivate poi
mostre di alto profilo e livello.
Questo interesse per l’artigianato – le ceramiche sono un esempio significativo – ti
porta ad una interdisciplinarietà. Cosa ti
preme maggiormente?
Le ceramiche diventano proprio il veicolo per
spiegare – e avere – rapporti tra discipline diverse che trovano unione e rapporto nell’oggetto
finito. Le esperienze dell’artista si basano sul
progetto, questo arriva all’artigiano, che spesso
lavora secondo tradizione. Questa operazione
di considerazione di una progettualità applicata alla tradizione del fare ha un suo esempio
massimo in Gio Ponti. Con questa mostra io
dichiaro la mia posizione di artista evidenziando
ed esprimendo le relazioni e i rapporti che la
ceramica ha con la mia pittura. Anche di oggi.
www.espoarte.net
futuro per questa eredità culturale del localismo rispetto alla cultura globale?
Sono pessimista. A Caltagirone – che ha una
tradizione ceramica fortissima – hanno chiuso
un istituto come il Don Sturzo che ne rappresentava la storia. L’hanno accorpato ad un’altra scuola. Questo è il grave aspetto della situazione attuale: si chiudono gli istituti, i centri
formativi specialistici, le antiche botteghe. L’artigianato di livello, poi, è povero per eccellenza
non avendo mai avuto gallerie, musei o realtà
affini che lo promuovessero. Problema ulteriore sono i designer che perdono i legami con
l’industria e si limitano al disegno, oppure si
adeguano con l’auto-produzione che uccide la
produzione artigianale vera. In Europa c’è un
rispetto maggiore di quella che definiamo arte
applicata.
È un tema importante che merita attenzione e
approfondimenti attraverso dibattiti seri e che
deve stimolare uno scambio continuativo. Cer-
Hai parlato di tradizione, cosa ci dici di
quella di Mondovì?
Mondovì ha una grande storia ceramica che
viene da una tradizione povera nel senso nobile: la sua decorazione era semplice, fatta a
piccoli colpi di spugna. Io ho voluto riprenderla
in alcune opere fatte apposta per la mostra. Mi
ha dato soddisfazione ottenere molto con così
poco.
Cosa ci dici del Museo di Mondovì? Come
hai operato in questo luogo?
Un luogo stupendo, all’avanguardia. Ha un’installazione interattiva di Studio Azzurro che è
sorprendente. Porta nell’attualità il passato e
lo fa meglio conoscere. Questo luogo mi piace perché assolve appieno a quelle missioni
che per me sono fondamentali in un museo: la
conservazione e l’archiviazione, l’acquisizione,
l’attività divulgativa e quella espositiva. Qui nel
piccolo ci sono tutte e tutti lavorano bene.
Sulla tua mostra…?
La mia mostra si colloca nella parte espositiva,
in sale separate, ma ho voluto cercare correlazioni, proprio per la loro bellezza, con i manufatti della loro storia. Mi hanno lasciato operare
in un piccolo laboratorio, uno degli ultimi scrigni
di quel fare antico di cui parlavamo prima. Besio 1842 rimane depositario di una tradizione
che è la ricchezza patrimoniale del localismo.
Questo laboratorio si lega al museo anche per
le future attività dei prossimi anni, un esempio
di reciproco sostegno.
Con certe difficoltà abbiamo comunque realizzato alcune opere fatte appositamente per
questa occasione, sempre guardando alla poesia del mio segno.
Abbiamo parlato di tradizione, come vedi il
Ugo La Pietra, Itinerari, 2013
33
to artigianato ha diritto – e qualità – per entrare
nel mondo e nel mercato dell’arte.
Ugo La Pietra. Tracce. La mia territorialità
a cura di
Christiana Fissore e Riccardo Zelatore
con il patrocinio di Regione Piemonte, Provincia di Cuneo, Città di Mondovì
26 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014
Museo della Ceramica
Palazzo Fauzone di Germagnano
Mondovì piazza, Mondovì (CN)
Orari: venerdì e sabato 15.00-18.00; domenica 10.00-18.00
Info: +39 0174 330358
[email protected]
www.museoceramicamondovi.it
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Il Reportage fotografico
Daniele Giunta. Last paintings
GENOVA | Guidi & Schoen Arte Contemporanea | 29 novembre – 29 dicembre 2013
In attesa di leggere l’intervista a daniele giunta di francesca di giorgio – coming soon su
espoarte.net – vi proponiamo alcuni scatti della personale last paintings da Guidi & Schoen
Arte Contemporanea a genova.
34
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Daniele Giunta. Last Paintings
29 novembre – 29 dicembre 2013
Guidi & Schoen Arte Contemporanea
Vico Casana 31r, Genova
Info: +39 010 2530557
[email protected]
www.guidieschoen.com
Last Paintings è un percorso tra
una serie di lavori che prendono
forma negli inverni trascorsi tra il
2011 e il 2013. Questo tipo di pratica esplora le polarità tra visibilità
e percezione, dove luce e suono sono alcuni
degli elementi che fanno emergere le sembianze dell’ambiente naturale prediletto, in unione
con quello spirituale dell’artista. Giunta, per
declinare il suo territorio pittorico d’elezione,
adotta una visione installativa, confrontandosi costantemente con disegno, pittura di vari
formati e materialità – alcune inedite nella sua
ricerca – forme e sculture nella cristallizzazione
di concrezioni che risiedono tra una dimensione terrena e immaginifica. Tra gli strumenti personali utilizzati nella formalizzazione della sua
visione, costante è l’elemento sonoro.
Genesi, natura, paesaggio e una temporalità infinita si uniscono nella geografia interiore
che affiora dall’esperienza di questi gesti minimi celati tra naturalia e l’esperienza contemplativa della realtà. ll pennello di cui l’artista si
serve è costituito dall’accumulo di esperienze
e pratiche trascorse. Si intravedono tracce di
un passaggio, reso possibile anche grazie al
carattere performativo di abitazione dello spazio, sempre in rinnovamento nella genesi metodologica e concettuale della sua ricerca. Esse
costituiscono le membra separate di un corpo
che si genera del tutto nuovo in questa occasione, ricomponendosi tramite il filo variopinto
soggiacente al concetto di pittura come vera e
propria “esperienza possibile”.
35
grandi
mostre
2013
Il meglio della nuova stagione
>> RECENSIONI
Nello scorso numero di Espoarte Digital era stato incluso uno
speciale sui grandi progetti espositivi previsti per questa nuova
stagione. Ora che alcuni di essi hanno inaugurato, vi proponiamo
le recensioni a cura dei nostri collaboratori..
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/josef-albers-alle-stelline-lo-stupore-per-il-sublime/
Grandi Mostre
Josef Albers:
alle Stelline lo stupore per il sublime
MILANO | Fondazione Stelline | 26 settembre 2013 – 6 gennaio 2014
di MATTEO GALBIATI
sperimenta nelle sue opere e lo comunica. Lo
mette in evidenza con un linguaggio che, nella
sua forza semplice, vale per tutti. Questa tensione alla trasmissione di un valore grande e
trascendente diventa quel messaggio di Josef
Albers che questa mostra riesce molto bene a
raccontare.
La potenza del sublime nel visibile. Sublime
Optics, appunto.
Non solo una geometria ragionata e pensata,
non solo un colore che diventa forma composta. Se si guardano con profondità e attenzione le opere racchiuse in questa pregevolissima
mostra, di Josef Albers (1888-1976) si mette in
luce soprattutto quell’aspetto di intensa dimensione spirituale che è una delle sue prerogative
più forti e decise e che ne ha contraddistinto,
come presenza determinante, tutta la ricerca.
Una spiritualità che non deve essere intesa a
senso unico relegandola nell’alveo di un credo
religioso, ma si deve aprire alla dimensione della
meraviglia e dello stupore per il sublime. Albers
cercava quel culto per l’inesplicabile che le sue
opere avrebbero dovuto tradurre in immagini:
da artista, e da raffinato teorico e pensatore,
ha votato il suo impegno nella descrizione di
quello che colpisce l’immaginazione interiore dell’uomo e che nasce dalla realtà visibile.
Albers ha sempre guardato attorno a sé, alle
cose del e nel mondo, per rivelare ed evocare quella visione miracolosa che si nasconde
dentro al reale.
L’assunto principale del suo impegno era mosso da quel desiderio radicato di poter far connettere la nostra percezione con le frequenze
dell’arte: egli individuava una discrepanza forte
tra la registrazione della fisicità tangibile delle
cose e la loro rilevanza a livello psichico. Un’intuizione determinante per il suo linguaggio,
tanto da fargli porre il principio del ciò che vediamo non coincide esattamente con ciò che
pensiamo di vedere, quale base per ogni sua
considerazione.
La mostra, composta in modo non cronologico
(scelta che risulta coerente e vincente rispetto
la lettura dei lavori e dei materiali esposti), distribuisce i 78 capolavori seguendo le tre tracce guida di linea, forma e colore. Un viaggio
di scoperta che si apre con Untitled del 1921,
opera in vetro proposta al suo arrivo al Bauhaus, per chiudersi con la superlativa Homage to the Square del 1976, che resta quasi un
testamento spirituale dei suoi insegnamenti,
summa definitiva del suo sapere dove forma
e colore toccano la profondità dell’assoluto. Il
percorso – molto ben allestito –, che inizia al
piano seminterrato e risale al piano superiore,
accompagna il visitatore in un viaggio davvero
emozionante: scorrendo le sale, si passano in
rassegna le esperienze artistiche che Albers ha
condotto tra Europa e Stati Uniti dove, dopo
l’insegnamento al Bauhaus, ottiene la cattedra
al Black Mountain College e alla Yale University.
Fondamentale l’analisi dell’architettura moderna, ma anche antica, testimoniata dalla sua
raccolta di immagini di architettura sacra – romanica e gotica soprattutto – e poi il fascino
per quella precolombiana, repertoriata in una
lunga serie di scatti fotografici eseguiti dopo
un soggiorno in Messico. Albers, scrivendo
all’amico Kandinskij, esalta il fascino di questi
luoghi, sottolineando come le antiche popolazioni mesoamericane avessero raggiunto già la
sintesi della spiritualità nelle forme del visibile
e, di più, il senso dell’arte astratta fosse in loro
già presente.
Lo spirituale per Albers si riesce a rintracciare dentro ogni epoca, dentro ogni luogo e là
dove viene scoperto egli si sforza di osservarlo,
di rintracciarlo, di assimilarlo. In ogni modo lo
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Josef Albers: sublime optics
a cura di Nick Murphy su un progetto di Nicholas Fox Weber
in collaborazione con la Josef & Anni Albers
Foundation
con il patrocinio di Regione Lombardia,
Provincia di Milano e
Comune di Milano
26 settembre 2013 – 6 gennaio 2014
Fondazione Stelline
Corso Magenta 61, Milano
Orari: martedì-domenica 10.00-20.00
Ingresso: intero Euro 8,00, ridotto Euro 6,00,
studenti Euro 3,00
Info: +39 02 45462411
www.stelline.it
Josef Albers, Homage to the Square, 1976 © 2013 The Josef and
Anni Albers Foundation / Artists Rights Society New York
In alto:
Josef Albers, Variant / Adobe, Pink Orange Surrounded by 4 Grays,
1947-1952, olio su masonite, 38.1x68.6 cm © 2013 The Josef and
Anni Albers Foundation / Artists Rights Society New York
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/i-marmi-di-rodin-conquistano-milano/
Grandi Mostre
I marmi di Rodin
conquistano Milano
MILANO | Palazzo Reale – Sala delle Cariatidi | 17 ottobre 2013 – 26 gennaio 2014
di IGOR ZANTI
Auguste Rodin è sbarcato, con il suo pesante
carico di oltre sessanta opere in marmo, nella
suggestiva cornice della Sala delle Cariatidi di
Palazzo Reale a Milano.
La mostra milanese, intitolata Rodin: il marmo,
la vita, segue, a due anni di distanza, l’esposizione di Palazzo Leone da Perego di Legnano,
dedicata agli anni giovanili ed alla formazione
dell’artista, e condivide con questa la firma curatoriale di Aline Magnien, conservatore capo
del museo Rodin di Parigi e del talentuoso Flavio Arensi che, anche in questa occasione, si
dimostra studioso attento e raffinato.
stino che, negli intenti, dovrebbe ricreare la
dimensione “del fare” dello studio dell’artista
francese, risultando però un po’ troppo rigido
e seriale, soffocato dalle quinte in tessuto che
annullano il rapporto con l’ evocativo ambiente
della Sala delle Cariatidi.
Palazzo Reale – Sala delle Cariatidi
Rodin: il marmo, la vita
a cura di Aline Magnien in collaborazione
con Flavio Arensi
Info: tel. 199 15 11 14 – prenotazioni
[email protected]
www.mostrarodin.it
Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30
martedì, mercoledì, venerdì, domenica dalle
9.30 alle 19.30
giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30
17 ottobre 2013 – 26 gennaio 2014
Le oltre sessanta opere in mostra indagano il
rapporto dell’artista francese con il marmo. Se
nella prima sezione si evidenziano aspetti di una
ricerca dedicata alla sensualità che culminano
nel celeberrimo Bacio, proseguendo, anche da
un punto di vista squisitamente cronologico, si
nota come l’interesse di Rodin nella sua maturità si sposti verso un’indagine più precisa
della materia, recuperando, in un’accezione
contemporanea, la poetica michelangiolesca
del non finito.
E proprio il Buonarroti diviene l’ideale fil rouge
che mette in relazione questa esposizione con
il territorio milanese. È palese, infatti, lo stretto
rapporto che intercorre tra le opere della maturità di Rodin e la ricerca che sottende alla Pietà
Rondanini custodita nelle collezioni del Castello
Sforzesco, come risulta un evidente omaggio al genio del rinascimento italiano il busto
dell’Uomo con il naso rotto, ispirato al ritratto di
Michelangelo eseguito dal Braghettone, la cui
versione in bronzo, custodita sempre al museo
del Castello, è stata modellata sulla base della
maschera funeraria del Buonarroti.
Questa esposizione ha permesso, inoltre, ai
curatori di indagare il rapporto di Rodin con i
suoi collaboratori nella fase più matura della
sua carriera artistica. In questo senso l’artista
francese può essere inteso come un vero e
proprio anticipatore della pratica contemporanea, delegando agli aiutanti l’esecuzione finale
dell’opera ma, al tempo stesso, sovraintendendo in maniera totale all’ideazione a livello concettuale e poetico.
Unico neo della mostra è rappresentato dal
progetto d’allestimento curato da Didier Fau-
Auguste Rodin, La Mano di Dio, 1896, © Musée Rodin, Parigi. Foto di Christian Baraja
39
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www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/tutti-i-temi-del-simbolismo-a-lugano-in-due-musei/
Grandi Mostre
Tutti i temi del Simbolismo.
A Lugano in due Musei
LUGANO (SVIZZERA) | Museo Cantonale d’Arte e Museo d’Arte Lugano | 15 settembre 2013 – 12 gennaio 2014
di MATTEO GALBIATI
Del Simbolismo, presentato in questa mostra
ricca e corposa, suddivisa nelle due sedi del
Museo d’Arte Lugano e del Museo Cantonale d’Arte, si presenta al pubblico un’analisi
attenta e precisa che – se da un lato si concentra soprattutto sugli artisti svizzeri dall’altro
non omette nemmeno gli importanti riferimenti
all’ambiente internazionale con i suoi protagonisti più illustri – inquadra questo movimento
come una stagione intellettuale e culturale profondamente legata, se non anticipatrice, della
complessa stagione del Novecento avanguardista. Questa la riflessione che si pone come
obiettivo la mostra: far comprendere come
questi artisti abbiano saputo cogliere, in anticipo sui tempi, precisi spunti e tematiche che
sarebbero poi deflagrate nel pieno del secolo
breve.
Le 21 sezioni, suddivise nei due musei luganesi, riescono a catalizzare l’attenzione del visitatore accompagnandolo in un’esplorazione
puntuale di temi e soggetti che, con linguaggi
differenti, sono stati il mezzo degli artisti per affrontare le tensioni e i mutamenti di una società
e di un momento storico cruciale, evidenziando
paure, ansie, angosce e sentimenti di un’epoca
intera. Sono oltre duecento le opere esposte,
che comprendono dipinti, fotografie, sculture,
disegni, incisioni e manifesti e coprono un arco
temporale tra la fine dell’Ottocento e i primissimi anni del Novecento: una richezza di perso-
nalità e poetiche artistiche sapientemente orchestrate da un’attenta regia che ha prodotto
un’esposizione da raffinati specialisti per la tensione intellettuale con cui è stata composta.
Non poteva essere diversamente visto che
la curatrice della mostra, la storica dell’arte
e ricercatrice Valentina Anker, è tra i massimi
esperti e studiosi mondiali proprio del Simbolismo, e nello specifico quello degli autori svizzeri, suo il testo di riferimento, edito nel 2009, Le
Symbolisme suisse. Destins croisés avec l’art
européen.
Anker, in collaborazione con il Kunstmuseum di
Berna che conserva la maggiore collezione di
opere simboliste di Ferdinand Hodler, ha realizzato una mostra significativa e importante: da
studiosa e critica non si è limitata a evidenziare
la peculiarità dei contenuti di questo movimento
di pensiero e a legare gli artisti svizzeri al contesto europeo, ma ha voluto proprio restituire
la pienezza di una stagione che ha avuto una
caratterizzazione e un impatto internazionale.
Nei temi individuati lo sguardo corre meravigliato sui miti e i misteri di dipinti straordinari che,
proprio in questa occasione, lasciano vivere un
dialogo tra autori diversi che riportano all’attenzione una “corrente” che – come ha avuto
modo di dire la stessa curatrice – per la sua
complessità è stata lungamente trascurata con
progetti espositivi specifici.
Le opere di Arnold Böcklin, Ferdinand Hodler,
Giovanni Segantini, Franz von Stuck, Augusto
Giacometti e di molti altri ancora, provenienti
da musei svizzeri, collezioni pubbliche e private
con ricchi prestiti europei, accolgono lo sguardo meravigliato del visitatore e lo accompagnano in un suggestivo viaggio di ri-scoperta
dell’immaginazione che, passando tra i temi
come il sogno, l’inconscio, la donna, la natura,
la morte e l’oscurita, dà il senso dell’attualità
di una storia ancora tutta da ritrovare. Forza
del Simbolismo e del potere di rinnovamento
che ha avuto, rinnovamento che è un’esigenza
di cui oggi abbiamo tanto bisogno. Forse per
questo lo ritroviamo come uno stimolo attivo e
vitale, a noi ancora tanto prossimo.
Come spesso accade per le proposte dal polo
museale luganese, una mostra assolutamente
da vedere.
Miti e misteri. Il Simbolismo e gli artisti svizzeri
a cura di Valentina Anker
15 settembre 2013 – 12 gennaio 2014
Museo Cantonale d’Arte
Via Canova 10, Lugano (Svizzera)
Orari: martedì 14.00-18.00; mercoledì-domenica 10.00-18.00
Museo d’Arte Lugano
Riva Caccia 5, Lugano (Svizzera)
Orari: martedì-domenica 10.00-18.00; venerdì 10.00-21.00
Ingresso un museo intero 12,00 Franchi, ridotto 8,00 Franchi; due musei intero 16,00
Franchi, ridotto 12,00 Franchi; gratuito under 16 e prima domenica del mese
Info: +41 (0)58 8667214
www.mitiemisteri.ch
www.mda.lugano.ch
www.decs-mca.ch
Arnold Böcklin, Rovine sul lungomare / Ruinen am Meer, 1880,
olio su tela, cm 100x141, Aargauer Kunsthaus Depositio della
Fondazione Gottfried Keller, Aarau Cat. 6
40
Espoarte Digital
Grandi Mostre
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/la-pienezza-del-vuoto-antologica-di-tino-stefanoni-al-credito-valtellinese-a-milano/
La pienezza del vuoto: antologica di
Tino Stefanoni al Credito Valtellinese a Milano
Intervista a
Tino Stefanoni
sul #83 di Espoarte
MILANO | Galleria Gruppo Credito Valtellinese | 20 novembre 2013 – 11 gennaio 2014
di KEVIN McMANUS
Ci sono artisti che ad un’occhiata superficiale
sembrano costeggiare le vicende della cultura visiva contemporanea, toccandole solo di striscio,
e che invece – se ci si ferma ad osservare il loro
lavoro con quella calma intellettuale che oggi va
così poco di moda – rivelano un’attenzione, una
presenza sorprendente. Il merito principale della
mostra in corso alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese, forse, è quello di dimostrare come Tino
Stefanoni (1937) sia uno di questi artisti.
Una presenza silenziosa, la sua, ma di un silenzio assordante, che riempie la più piccola delle
stanze come la più vasta delle Kunsthalle; è solo
uno dei tanti piccoli paradossi che caratterizzano
questo lavoro, e che confluiscono nell’azzeccatissimo titolo dell’antologica, L’enigma dell’ovvio. Sono decisamente ovvi questi oggetti, così
paradigmatici, svuotati di specificità; ma proprio
da questa ovvietà, inserita nello spazio della contemplazione, scaturisce la loro carica enigmatica.
La ricerca di Stefanoni sull’oggetto inizia in anni
propizi e ricchi di esperienze analoghe, gli anni
della Pop Art e della Nuova Figurazione da una
parte, delle prime istanze concettualiste dall’altra:
stimoli dai quali Stefanoni si mantiene rispettosamente equidistante, e non per una presunta ingenuità, né tantomeno per la trita retorica dell’artista
“non-etichettabile”, che forse ha finitocol creare
essa stessa un’etichetta, per di più generica.
In Stefanoni, semplicemente, c’è un’attenzione
particolare verso l’oggetto, che va rintracciata più
indietro, e precisamente in quella sensibilità metafisica che nasce dall’amore per Beato Angelico, e
solo in seconda battuta per le atmosfere di Carrà.
L’oggetto è sì freddo, industriale, seriale (anche
letteralmente, in molti casi) nell’aspetto, ma gode
di un respiro, di uno spazio di contemplazione
che non è lo spazio normalmente destinatogli
nella quotidianità: c’è un dialogo tra la poesia che
scaturisce dall’oggetto e la letteralità degli elementi formali che lo costituiscono – linee, colori,
rapporti reciproci, tutti elementi dichiarati ad alta
voce, mostrati nella loro più clamorosa evidenza.
Un’arte, insomma, che per dirla parafrasando
Susan Sontag, va fruita attraverso un’«erotica»
dello sguardo, e non certo attraverso un’«ermeneutica».
Una volta tanto l’allestimento, al quale Stefanoni
stesso ha contribuito in primissima persona, è
veramente parte attiva e “poetica” del progetto di
mostra. La soluzione scelta privilegia innanzitutto
il vuoto rispetto al pieno: i lavori dialogano, da parete a parete, con i rispettivi pannelli esplicativi – o
meglio, “suggestivi” – in una scansione spaziale
che valorizza il ritmo, le pause, la meditazione
piuttosto che il consueto “bombardamento” di
immagini tipico di molte retrospettive. I pannelli si riferiscono ad insiemi di lavori, a ciascuno
dei nove linguaggi in cui l’artista ha suddiviso la
sua produzione ad oggi, dalle “bolle“ dei Riflessi
(1965-65) fino alle contemporanee ricerche attuali
delle Sinopie e dei Senza titolo pittorici e scultorei,
realizzati a partire dagli anni Ottanta. Una successione di “atmosfere” in cui le opere, anziché essere feticizzate nella propria individualità, mostrano
le direzioni di un cammino artistico che ha ancora
molto da dire.
Tino Stefanoni. L’enigma dell’ovvio
a cura di Valerio Dehò
41
20 novembre 2013 – 11 gennaio 2014
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Corso Magenta 59, Milano
Orari: da lunedì a venerdì 13.00-19.30; sabato
9.00-12.00
ingresso libero
Info: +39 02 48008015
[email protected]
www.creval.it
Tino Stefanoni. L’enigma dell’ovvio, veduta della mostra, Galleria
Gruppo Credito Valtellinese, Milano
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/aldo-mondino-a-milano-il-viaggio-continua/
Grandi Mostre
Aldo Mondino:
a Milano il viaggio continua…
MILANO | Galleria Giovanni Bonelli e Giuseppe Pero | 22 novembre 2013 – 1 febbraio 2014
di IGOR ZANTI
Avevamo lasciato Aldo Mondino, quest’estate, al
centro di una serie di mostre tra Venezia e Milano,
constatando come questo fosse l’anno che più
l’ha celebrato dalla sua scomparsa avvenuta nel
2005.
A ribadire questa sensazione di grande interesse
per quello che può essere definito uno dei grandi
maestri dell’arte italiana, contribuisce il particolare progetto espositivo, intitolato Milano, Venezia,
Calcutta, organizzato dalle gallerie milanesi Giovanni Bonelli e Giuseppe Pero.
Il caso, favorito dalla vicinanza fisica degli spazi
espostivi, che si collocano uno di fronte all’altro
nel quartiere Isola, uno dei luoghi emergenti per
l’arte contemporanea milanese, ha permesso ai
due giovani galleristi di creare una mostra antologica che ripercorre varie tappe del lavoro di Aldo
Mondino in momenti diversi della sua carriera.
Il tema del viaggio, del fondersi di culture differenti, tema che è in un certo senso filo conduttore della produzione di Mondino, trova anche in
questo percorso espositivo occasione per esprimersi, ed i galleristi sembrano invitarci in un tour
spazio temporale che tocca tempi e luoghi lontani
tra loro.
Si parte da Venezia, dalla celeberrima sala che
ospitò l’intervento di Aldo Mondino alla Biennale
di Venezia del 1993, riproposta fedelmente negli
spazi della Galleria Giuseppe Pero, dove inizia a
delinearsi, attraverso l’iconica presenza dei dervisci e le influenze della tradizione artigianale, l’interesse di Mondino per la Turchia ed il Medioriente.
A corollario di questo intervento si pongono altri
lavori tipici della produzione di Mondino come Eiffel e Scultura un corno, che palesano l’approccio
ironico che sottende molta produzione dell’artista
piemontese.
Il viaggio prosegue attraversando la strada e, con
pochi passi, nelle spaziose sale della Galleria Giovanni Bonelli, una corposa selezione di opere, di
video, e di materiale editoriale, permette di scoprire e comprendere la passione e l’interesse di
Mondino per il subcontinente indiano, per i suoi
colori, le sue suggestioni estetiche, e per l’influenza che questo luogo ebbe sul suo percorso
spirituale.
Ma come Mondino non amava stare mai fermo,
instancabile viaggiatore nel fisico e nell’anima,
anche questa particolare mostra presenta degli aspetti di dinamicità, quasi il visitatore debba
compiere, a sua volta, un viaggio di conoscenza
e di comprensione, che si dovrebbe concludere
il 1 febbraio 2014 con il finissage e la presenta-
zione del catalogo a firma di Marco Meneguzzo,
curatore del progetto espositivo. Una parabola,
una ulteriore occasione di approfondimento, che
va a chiudere l’anno di Aldo Mondino.
Aldo Mondino. Milano, Venezia, Calcutta
a cura di Marco Meneguzzo
22 novembre 2013 – 1 febbraio 2014
Finissage e presentazione catalogo sabato 1
febbraio 2014 ore 18.30
Galleria Giovanni Bonelli
Via Luigi Porro Lambertenghi 6, Milano
+39 02 87246945
[email protected]
www.galleriagiovannibonelli.it
Galleria Giuseppe Pero
Via Luigi Porro Lambertenghi 3, Milano
+39 02 66823916
[email protected]
www.giuseppepero.it
Veduta allestimento “Aldo Mondino. Milano, Venezia, Calcutta”, Galleria Giovanni Bonelli, Milano. Foto: Laura Fantacuzzi
Veduta allestimento “Aldo Mondino. Milano, Venezia, Calcutta”, Galleria Giuseppe Pero, Milano
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Espoarte Digital
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Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/il-volto-del-900-vis-a-vis-dal-pompidou-a-palazzo-reale-mi/
Grandi Mostre
Il volto del ‘900 “vis-à-vis”.
Dal Pompidou a Palazzo Reale (MI)
MILANO | Palazzo Reale | 25 settembre 2013 – 9 febbraio 2014
di MATTEO GALBIATI
Qualcuno potrebbe pensare che, con l’avvento
della fotografia alla metà dell’800 – e con il suo
rapido perfezionamento, affermazione e diffusione – nelle arti visive il genere del ritratto fosse
destinato ad un definitivo e repentino oblio. Lo
scatto fotografico, replica esatta ed immediata
del vero e della realtà, ha in effetti reso più accessibile e “popolare” questa nuova forma di ritrattistica, ma ciò non ha impedito agli artisti di rinunciare ad un genere che, nella rappresentazione
della figura umana, affonda le proprie radici nella
notte dei tempi dell’arte. La raffigurazione di sé
– come autoritratto – o dell’altro – nel ritratto – fa
parte di un repertorio fondamentale nella storia
artistica e, anzi, proprio dalla fine dell’Ottocento
e per tutto il Novecento, liberatosi da vincoli formali di genere, si apre ad una libera espressione
e interpretazione da parte degli artisti.
Questa mostra guida lo sguardo del visitatore
proprio alla scoperta (o riscoperta) di un “tema”
artistico mostrandone la diversa declinazione
in un secolo costellato di ricerche, tendenze,
correnti che hanno prodotto una proliferazione
di soluzioni che, uscendo da ogni formalismo
precostituito, hanno spinto verso un’evoluzione
dei significati della rappresentazione della figura umana. Le opere esposte provengono dalla
collezione del Centre Pompidou, che vanta un
repertorio davvero ricco di capolavori, di cui si
è fatta un’attenta selezione tesa ad evidenziare,
per exempla, le soluzioni più originali e creative
le cui forme e soggetti, complessi e, al contem-
René Magritte, Lo stupro, 1945, olio su tela, 65.3x50.4 cm (AM
1987-1097) © Centre Pompidou, MNAM-CCI / Christian Bahier et
Philippe Migeat / Dist. RMN-GP
Henri Matisse, Odalisca con i pantaloni rossi, particolare, 1921, olio su tela, 65x90 cm (LUX.0.85 P) © Centre Pompidou, MNAM-CCI / Philippe Migeat / Dist. RMN-GP
po, più liberi, sono indicazioni storicamente e
artisticamente importanti di quel soggettivismo
nell’approccio al ritratto che ha contraddistinto
il secolo scorso.
In rassegna sono raccolti, accanto a nomi che
costituiscono una scoperta, i maggiori autori
del Novecento provenienti dal museo parigino,
i quali sono tutti insieme testimonianza evidente
di come la figurazione dell’immagine della propria immagine resti attiva e presente, certo non
senza risentire dei paralleli accadimenti storici e
artistici: dall’affermazione della psicoanalisi, alla
negazione dell’individuo dei regimi totalitaristici,
dalla fine dell’ideale collettivo alla perdita dei volti
con l’astrazione.
Una scelta importante, che avvantaggia la comprensione del percorso narrativo e i contenuti
della ricerca espositiva, è certamente quella di
non aver assecondato la logica scontata di distribuire le opere secondo una scansione cronologica: la scelta curatoriale ha, invece, privilegiato
la suddivisione per aree tematiche che consente
di legare, per affinità, sensibilità e condivisioni,
contenuti e aspetti interpretativi analoghi.
Entro ogni sezione ritroviamo quella comune
temperatura che codifica legami e intrecci tra
personalità artisticamente lontane e diverse. Gli
oltre ottanta straordinari capolavori raccolgono,
in questo modo, quelle idee che esemplificano una strategia narrativa del taglio curatoriale
che lascia percepire, dalla prima all’ultima sala,
come, nell’arte “moderna” la volontà condivisa
degli artisti sia riuscita, nel ritratto, ad andare
ben oltre la riproduzione schietta e semplice del
44
modello umano che avevano davanti a sé.
Chi si aspetta di ammirare una carrellata di dipinti rimarrà sorpreso nel ritrovare nell’allestimento anche molta scultura, rappresentata con
pezzi davvero di grande bellezza e fascino. Una
raccolta intensa di opere che diventano quasi
epicentro emotivo dell’intera mostra, rendendo
emotivamente presente la tensione vibrante delle “varie facce” del ‘900.
Il volto del ’900. Da Matisse a Bacon. Capolavori dal Centre Pompidou
a cura di Jean-Michel Bouhours
promossa e prodotta da Comune di Milano
– Cultura, Palazzo Reale, Mondo Mostre e
Skira Editore
in collaborazione con Musée National d’Art
Moderne – Centre Pompidou
25 settembre 2013 – 9 febbraio 2014
Palazzo Reale
piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e
sabato 9.30-22.30
Ingresso: intero Euro 11,00; ridotto, gruppi, Euro 9,50; scuole Euro 5,50; famiglia
(adulto+ragazzo inferiore a 14 anni) Euro 15,00
Info: +39 02 92800375
www.ilvoltodel900.it
www.comune.milano.it/palazzoreale
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/gli-irascibili-a-palazzo-reale-lautunno-americano-di-milano/
Grandi Mostre
Gli “Irascibili” a Palazzo Reale:
l’autunno americano di Milano
MILANO | Palazzo Reale | 24 settembre 2013 – 16 febbraio 2014
di MATTEO GALBIATI
indicazione e le spiegazioni su opere e periodi
storici agli interventi diretti del curatore. Un linguaggio preciso ed essenziale che arriva chiaro
ed esaustivo a tutti. Audioguida compresa nel
prezzo del biglietto.
Pollock e gli irascibili. La scuola di New York
a cura di Carter E. Foster e Luca Beatrice
prodotta da Artehemisia Group e da 24Ore
Cultura – Gruppo24Ore
promossa da Assessorato alla Cultura del
Comune di Milano
24 settembre 2013 – 16 febbraio 2014
Il 20 maggio del 1950 un gruppo di artisti, prevalentemente facenti parte dell’Espressionismo
Astratto americano, scrissero una lettera di risentita protesta, pubblicata sul New York Times,
con cui espressero tutto il loro ribelle disappunto per l’ingiusta esclusione delle loro opere da
una grande mostra che il Metropolitan Museum
dedicava all’arte americana. I destinatari erano
Francis Henry Taylor, direttore del Metropolitan
e Robert Beverly Hale, conservatore aggiunto
per l’arte americana dello stesso museo. Tra i
firmatari di quello storico documento – tutti immortalati in una celebre fotografia di Nina Leen
– troviamo quelli più conosciuti di Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Robert
Motherwell e Barnett Newman. Un atto che
passò alla storia e che li rese famosi, secondo
l’etichetta con cui li definì l’Herald Tribune, come
il “gruppo degli Irascibili”.
A Milano ritroviamo il percorso di questa fondamentale fase della storia dell’arte recente – non
solo americana ma internazionale, che contribuì a spostare l’epicentro del fermento artistico
dall’Europa, con Parigi in testa come capitale di
riferimento, agli Stati Uniti e a New York quale
nuova Mecca della contemporaneità – riassunto
in 49 capolavori che tracciano un percorso che
muove dagli anni ’30 agli anni ’60 del Novecento.
La mostra è esito di quella collaborazione che
Palazzo Reale ha avviato con i maggiori musei
internazionali che, con i loro prestiti d’eccezione,
contribuiscono a seguire e tracciare percorsi di
analisi di temi legati alla storia dell’arte: protagonista in questo caso è il Whitney Museum di New
York, istituzione che fin dall’inizio ha sostenuto e
promosso proprio le ricerche degli “Irascibili”.
Se il visitatore poco attento – che non bada ai
sottotitoli delle mostre! – si aspetta la grande
mostra monografica dedicata alla “mitica” figura
di Pollock compie un errore clamoroso e resterà,
forse, deluso: il senso di questa esposizione è
proprio quello di inquadrare un frammento della
storia del recente passato, da cui si sono originate quelle rivoluzioni, soprattutto nel segno
della libertà di pensiero e azione dell’individuo,
che hanno radicalmente mutato gli orientamenti
e i linguaggi dell’arte del secondo Dopoguerra,
partendo da un’attenta selezione dei capolavori delle collezioni del Whitney. Un’analisi quindi
specifica e indirizzata su un nucleo preciso di
opere. Non una personale e non solo i capolavori del maestro del dripping.
Attraverso le opere esposte si potranno leggere
con attenzione tutte le tensioni e i differenti esiti
che si sono verificati in quella stagione, dal gesto
liberatorio e istintivo di Jackson Pollock fino ad
arrivare alla suggestiva poesia cromatica, lirica
e animosa di sentimento, di Mark Rothko. Protagonista il colore che emerge dalla semi oscurità di un allestimento sobrio e senza vezzi che
ne enfatizza la potente individualità: le cromie si
susseguono e ritrovano la vitalità di un reciproco
confronto nelle espressioni dei loro protagonisti.
Questa mostra – celebrazione di avvio dell’Autunno Americano a Milano – mantiene, intensa e
concentrata, uno sguardo preciso, compiendo
un itinerario che si compone spesso di piacevoli
scoperte e visioni inedite o, quanto meno, non
manualistiche.
Agevolano il percorso del pubblico una serie di
filmati e documenti video che aiutano a penetrare con maggior senso le idee e i contenuti delle
ricerche di questi artisti. Non da ultimo ci sentiamo di segnalare l’ottimo lavoro eseguito con le
pratiche audioguide, i cui contenuti alternano le
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Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e
sabato 9.30-22.30
Ingresso: Intero Euro 11,00; ridotto Euro 9,50;
ridotto speciale Euro 5,50; gruppi di almeno
15 persone Euro 9,50 e gruppi Touring Club
e FAI Euro 5,50; scuole Euro 5,50
Info: +39 02 92800375
www.mostrapollock.it
www.comune.milano.it/palazzoreale
Willem de Kooning, Door to the River, 1960, olio su tela,
203.5x178.1 cm, Whitney Museum of American Art, New York;
purchase, with funds from the Friends of the Whitney Museum of
American Art 60.63 © 2013 The Willem de Kooning Foundation /
Artists Rights Society (ARS), New York Foto di Sheldan C. Collins
In alto: Jackson Pollock, Number 27, 1950, olio, smalto e pittura di
alluminio su tela, 124.6x269.4 cm, Whitney Museum of American
Art, New York © 2013 The Pollock-Krasner Foundation / Artists
Rights Society (ARS), New York Foto di Sheldan C. Collins
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/la-magia-di-una-collezione-al-mambo-la-raccolta-di-unicredit/
Grandi Mostre
La “magia” di una collezione:
al MAMbo la raccolta di UniCredit
BOLOGNA | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna | 20 ottobre 2013 – 16 febbraio 2014
di MASSIMO MARCHETTI
La mostra di opere della Collezione UniCredit in
corso al MAMbo di Bologna, La Grande Magia,
è un’occasione offerta al pubblico di verificare
la qualità degli investimenti di questo gruppo
bancario. Questo tipo di attività degli istituti di
credito, pur essendo piuttosto comune, in Italia
diventa particolarmente benemerito dal punto di
vista culturale data la bassa tensione che corre
nel collezionismo d’arte contemporanea. Negli
ultimi anni i musei hanno finalmente iniziato a
mostrare alcuni patrimoni significativi sostanzialmente nascosti alla vista del pubblico, come
quelli dei Righi, dei Fasol, degli Esposito. Qualche
altro grosso collezionista poi ha aperto la propria fondazione ma si tratta ancora di eccezioni,
perché fino a ieri i nostri grandi gruppi industriali
non hanno mostrato particolare interesse verso
gli artisti del presente. Si deve considerare che
un investimento in questo ambito non è solo un
beneficio per l’artista e la sua galleria, ma può
assumere l’importanza di un vero finanziamento alla ricerca culturale qualora si sostengano
anche percorsi poco canonici, come ha dimostrato la storia dell’arte concettuale e della Land
Art negli Stati Uniti. Il guaio è che alla fine l’elite
economica del nostro paese quando – e se – si
occupa di cultura è decisamente conservatrice
e pavida: meglio affidarsi ai valori collaudati dalla
storia.
Meritoriamente UniCredit dedica i propri fondi
anche agli artisti delle ultime generazioni, come
è noto a chi frequenta il museo bolognese dove
è ospitata e periodicamente aggiornata una sezione dedicata alle sue acquisizioni di arte italiana, Focus on Contemporary Italian Art. Come
dichiarato dal titolo, il tema unificante di questa
nutrita scelta, curata da Walter Guadagnini e
dal direttore del MAMbo Gianfranco Maraniello,
è dato dagli aspetti variamente declinati della
magia nell’arte. Nelle dieci sezioni, introdotte
dall’insolito preambolo della prima sala dedicata
a quattro dipinti datati tra il Cinque e Settecento
(tra cui una splendida Psiche di Dosso Dossi)
che ci iniziano alla materia, si susseguono opere
di artisti ormai storici come Gerhard Richter e
Giulio Paolini, mostri sacri del Novecento come
Schwitters e Balla, giovani affermati come Matthias Weischer e Markus Schinwald, e alcuni
nomi poco noti (da noi) che offrono interessanti
suggestioni. Se il cuore della selezione è geograficamente centro-europeo, la mostra è arricchita
anche da due presenze bolognesi come sono
quelle di Luca Caccioni e Marco Di Giovanni.
Il display dell’allestimento tende a sollecitare i
sensi, suggerendo l’interno di una macchinalaboratorio in movimento, grazie ai lavori dinamici di Jeppe Hein e Gilberto Zorio, al cui centro
campeggia la triplice proiezione di frammenti dai
fratelli Lumiére, da Méliés e da Cocteau offerti
dalla Cineteca di Bologna, emblemi di un cinema dello stupore. Se è un’occasione sempre da
cogliere quella di vedere dal vivo opere di autori che troviamo nei manuali di storia dell’arte,
come una piccola macchina di Jean Tinguely, i
lavori fotoconcettuali di Goran Trbuljak, Vladimir
Kupriyanov e Barbara Probst sono incontri particolarmente interessanti proprio perché poco
conosciuti. Altro momento da suggerire è quello per il video Telephones di Christian Marclay,
dove sono condensate e montate secondo una
logica narrativa una serie di azioni legate all’atto
del telefonare prelevate da film hollywoodiani,
un lavoro che si rivela come prova generale di
quel capolavoro che sarà The Clock, premiato
alla scorsa Biennale di Venezia. Un’intera sala,
quella dall’atmosfera forse più autenticamente
magica, “negromantica” secondo il suo titolo, è
infine dedicata alla fotografia storica, con pezzi
tra gli altri di Julia Margaret Cameron, Florence
Henri, Herbert Bayer, immagini al limite dell’evanescenza di mondi ormai lontanissimi. Quei
mondi che l’arte, tuttavia, è sempre in grado di
resuscitare con l’incantesimo delle forme.
La Grande Magia. Opere scelte dalla Collezione UniCredit
a cura di Gianfranco Maraniello e Walter Guadagnini in collaborazione con Bärbel Kopplin
testi critici di Gianfranco Maraniello, Walter
Guadagnini, Bärbel Kopplin, Federico Barbierato, Marco Pasi e Antonio Somaini
20 ottobre 2013 – 16 febbraio 2014
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna
via Don Minzoni 14, Bologna
Orario: martedì, mercoledì e venerdì 12.00-18.00;
giovedì, sabato, domenica e festivi 12.00-20.00
Ingresso - mostre temporanee e collezione permanente: intero Euro 6,00; ridotto Euro 4,00
Info: +39 051 6496611
[email protected]
www.mambo-bologna.org
www.unicreditgroup.eu
La Grande Magia. Opere Scelte dalla Collezione UniCredit, vedute
della mostra. Foto: Matteo Monti
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Espoarte Digital
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Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/il-warhol-che-non-ti-aspetti-e-a-milano-a-palazzo-reale/
Grandi Mostre
Il Warhol che (non) ti aspetti!
è a Milano, a Palazzo Reale
MILANO | Palazzo Reale | 24 ottobre 2013 – 9 marzo 2014
di MATTEO GALBIATI
In molti penseranno: Andy Warhol a Milano…
Ancora?! Se il legame tra il grande artista americano, padre della Pop Art, e la città meneghina
è certamente consolidato da una storia particolare, questa mostra – la prima che lo vede protagonista a Palazzo Reale – riesce a conservare
qualcosa di speciale ed inedito. Aspettarsi di
incontrare opere completamente sconosciute,
di un maestro che ha fatto della serialità e della
ripetizione l’epicentro del suo lavoro, sarebbe
pretenzioso. Un’aspettativa che si scontra con la
matrice stessa del pensiero e dell’atteggiamento
artistico di Warhol. Qui c’è qualcosa di più che è
dato dalla provenienza di questi lavori.
Gli oltre 160 capolavori esposti – in un allestimento gradevole, preciso e puntuale – appartengono alla collezione della Brant Foundation,
istituzione voluta da Peter Brant – che è anche
il curatore della mostra – il quale con Warhol ha
condiviso una lunghissima amicizia, che li ha
potati a condividere gli anni più intensi e vivaci dell’America degli anni Sessanta e Settanta.
Quindi ancora Warhol, ma un altro Warhol! Un
Warhol che viene letto dagli occhi di una persona che allo stesso tempo è stato suo amico,
suo sostenitore, suo collezionista. Un personaggio coinvolto a 360° nella conoscenza di “prima
mano” dell’artista americano.
Attraverso una ricca presenza di capolavori, che
testimoniano la sua ricerca dai primi anni creativi agli ultimi (con alcune opere appartenenti alla
serie dell’Ultima Cena che furono presentate a
Milano nel 1987, la sua ultima mostra prima del-
la sua scomparsa), questa esposizione permette di approfondire ulteriormente la conoscenza
del Warhol artista, e la sua immagine pubblica
di star dell’arte contemporanea, ma anche, proprio per il rapporto stretto con Peter Brant, il suo
profilo più intimo e privato di uomo e amico.
Il campionario di opere selezionate copre, quindi, tutto l’arco temporale della sua appassionata,
diversificata e coerente ricerca, ma qui il visitatore, che non può fare a meno di subire il fascino
del mito warholiano, trova anche delle sorprese:
come una seria di Polaroid con i ritratti di vari
personaggi famosi o meno, esposta in Europa
per la prima volta proprio in questa occasione;
oppure le Shoes degli anni ’50 produzione meno
conosciuta al grande pubblico; o le Silver Coke
Bottles in cui mostra un interesse per la scultura;
e anche moltisimi disegni e una grande e affascinante Oxidation Painting del 1978.
Un tessuto variegato di soggetti diversi che, tra
miti dello spettacolo e della politica, prodotti di
consumo, icone dell’arte e della cultura, nelle
sue opere, vengono “democraticamente” trattati
tutti allo stesso modo.
Pubblicitario, istrione della comunicazione contemporanea, precursore di mode e tendenze,
scopritore di talenti e innovatore, spesso trasgressivo, del linguaggio dell’arte e del costume contemporanei, Worhol torna – ancora – a
Milano e ventisei anni dopo la sua scomparsa,
nonostante la società attuale abbia subito profondi cambiamenti, il valore delle sue opere e del
suo insegnamento e messaggio restano sempre
attualissimi. Un mito che non si spegne mai e
che anzi, nella visione data da Brant, si offre nella complessità più articolata del suo carattere.
Pregevole il catalogo che, secondo le impostazioni di 24 Ore Cultura, ha soluzioni e veste grafica specifiche, realizzate per questa occasione e
non ricalca un format precostituito. Segnaliamo
anche le audioguide che – fornite gratuitamente – rendono piacevole la visita accompagnando lo spettatore con un’alternanza di voci: oltre
a quella che introduce le sezioni e le opere, si
possono ascoltare anche i commenti del cocuratore Francesco Bonami e le battute di un
narratore che interpreta in prima persona i pensieri di Warhol.
Evento centrale dell’Autunno Americano a Milano, questa mostra ha riacceso la warholmania.
E le code fuori da Palazzo Reale si allungano.
Warhol
a cura di Peter Brant e con il contributo di
Francesco Bonami
una mostra: Comune di Milano – Cultura,
Moda, Design; Palazzo Reale; 24 Ore Cultura – Gruppo 24 Ore; Arthemisia Group
24 ottobre 2013 – 9 marzo 2014
Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, Milano
Orari: lunedì 14.30-19.30; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30; giovedì e
sabato 9.30-22.30
Ingresso: Intero Euro 11,00; ridotto Euro
9,50; ridotto speciale Euro 5,50
Info: +39 02 54913
www.warholmilano.it
www.comune.milano.it/palazzoreale
Andy Warhol, Silver Coke Bottles, 1967, Collezione Brant Foundation
© The Brant Foundation, Greenwich (CT), USA © The Andy Warhol
Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2013
47
grandi
mostre
2013
# the end
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/soft-pictures-for-hard-plots-alla-fondazione-sandretto-larte-ha-stoffa/
Interviste > Arte
Soft pictures (for hard plots).
Alla Fondazione Sandretto l’arte “ha stoffa”
TORINO | Fondazione Sandretto Re Rebaudengo | 23 ottobre 2013 – 23 marzo 2014
Intervista a IRENE CALDERONI di Ginevra Bria
Merce per eccellenza, il tessuto rimanda ai
concetti di ricchezza e potere tanto familiari
alle logiche commerciali e di mercato e, implicitamente, alle derivazioni politiche che vi sono
legate. Nell’iter di Soft Pictures, diciotto artisti
si confrontano con un’attività anti-digitale, nel
tentativo di ampliare i confini dell’arte contemporanea. Arazzi, tappeti, abiti, le principali forme di questo nuovo linguaggio, che alla Fondazione Sandretto si fa manifesto di una tendenza
artistica in atto, l’abbandono della tecnologia in
favore della riscoperta dei mezzi della tradizione. La curatrice Irene Calderoni qui ne approfondisce i temi…
A tuo modo di vedere, quale approccio,
quale metodologia, quale sensibilità al Contemporaneo il supporto tessile ispira?
Sicuramente la Storia dell’Arte come la Storia
dell’Uomo restano i punti di riferimento teorici
dai quali partire per sviluppare un discorso critico nei confronti dell’immagine e della trama
che la supporta. Ritengo che l’Arte Concettuale negli Anni Sessanta-Settanta sia stato il
periodo di alterazione del confine tra arti liberali
e arti applicate, designando l’uso del tessuto
come materiale per creare immagini artistiche,
approccio oggi ripreso dagli artisti nelle sue
molteplici valenze, storiche, politiche, sociali e
simboliche, attraverso una ricca trama di significati di cui questa mostra rende conto. Prendendo ad esempio le sperimentazioni di Anni
Albers, mi ha interessato approfondire le ricerche del laboratorio tessile della Bauhaus e gli
esperimenti della Fiber Art per poi arrivare alla
conclusione che oggi non esiste più una forma
di delimitazione tra quella che è la rappresentazione della realtà e le metafore, le simbologie evocate dal supporto tessile. Soft pictures
analizza la relazione (anche materica) tra queste due dimensioni e le rispettive caratteristiche
formali poste in opposizione dialettica.
Che cosa rappresenta il tessuto oggi?
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Andrea Zittel, A-Z Carpet Furniture, 2012. Soft Pictures, Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Foto: Giorgio Perottino
Espoarte Digital
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Pae White, Still, Untitled, 2010. Foto: Giorgio Perottino
Il tessuto diventa oggi a tutti gli effetti una trama
metaforica, un metatesto, un percorso per creare connessioni e strategie, diventando traccia
di migrazioni segniche che amplificano i loro
significati trasponendosi da un medium all’altro. Questa traslitterazione materiale si ripete
identica, ma su altra scala, quando ci si rende
conto che il tessuto ha seguito le trasformazioni antropologiche dell’uomo, che è passato da
una forma di vita nomadica ad una stanziale.
Questa caratteristica, ad esempio, mi ricorda le
forme di ombre migranti descritte da Kentridge
(Sud Africa 1955. Vive a Johannesburg), contorni antichi che si stagliano su mappe geopolitiche poste ai confini del mondo, lungo le rotte
mercantili dei grandi esploratori coloniali.
Soft Pictures, quali reazioni – tra il pubblico, tra gli artisti e gli addetti ai lavori – ha
suscitato?
C’è stato un grande riscontro positivo, soprattutto da parte degli artisti che, grazie agli spazi
ampli, hanno riscoperto nuove relazioni tra i diversi lavori. Credo che ad averli incuriositi sia
stato l’accostamento di poetiche e iconografie, alla fine, inaspettatamente interconnesse.
La seduzione della manifattura, dal vivo, sulle
superfici dei lavori di Soft pictures ha degli effetti di grande fascino sul pubblico. Tanto per
gli addetti ai lavori, quanto per i neofiti, il percorso regala diversi livelli di lettura permettendo
di intravedere come lo statuto dell’immagine,
attraverso il tessuto, mostri frizioni analogiche e
fruizioni digitali, accessibilità e differenze, radici
e contemporaneità.
MoMa, 1935). File distorti che l’artista olandese
fa intessere nuovamente, in una seconda fase,
con telaio Jacquard. Nel tessuto si intrecciano
funzioni rituali e paesaggi politici della rappresentazione che rimettono in circolo tutti gli itinerari dell’immagine, attraverso forme diverse. De
Rooij, ad esempio, propone in Soft pictures un
suo ragionamento su quel che rimane escluso,
alla periferia dell’immagine attraverso la stampa mistica e commerciale del Batik, evocato
attraverso un lembo d’acqua.
Quali lavori in mostra rappresentano maggiormente il percorso di Soft Pictures?
Fra gli altri, sicuramente è da citare il lavoro di
Pae White (USA 1963. Vive a Los Angeles) che
partendo da fotografie di impalpabili volute di
fumo ricrea un mosaico di immagini cucite sulla
superficie di un arazzo. Il contrasto tra la rappresentazione delle cangianze fumogene e la
pesantezza dei fili intrecciati è un dialogo meraviglioso, fonte di grande fascino.
Che cosa non ti aspettavi, quale sorpresa
ha rivelato la concertazione di tanti artisti
differenti tra loro?
Vedere dal vivo lavori che non si aveva avu-
Hai scoperto caratteristiche intrinseche comuni fra gli artisti che hai selezionato?
Una volta installati i lavori, le corrispondenze e i
dialoghi a distanza non si sono fatti attendere.
Ma la coppia di lavori e di artisti che ha reciprocamente creato più riflessi è stata quella degli
olandesi Willem De Rooij (Olanda 1969. Vive a
Berlino) e Vincent Vulsma (Olanda 1982. Vive
ad Amsterdam). Vulsma manipola al PC alcune
foto di Walker Evans esposte nella prima mostra antropologica in cui manufatti tribali venivano presentati in un museo d’arte (New York,
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to modo di visionare prima è sempre fonte di
emozioni. L’esperienza più forte la regala comunque e sempre l’incapacità dell’esperienza
digitale di riprodurre esattamente il reale. Mai
ricomponibile per intero. Dunque sia a monte
dell’organizzazione di Soft pictures, che successivamente all’opening è la superficie, la
consistenza e la tattilità del tessuto a rendere
la percezione della materialità una magnifica
sorpresa.
Soft pictures
a cura di Irene Calderoni
23 ottobre 2013 – 23 marzo 2014
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Via Modane 16, Torino
Info: +39 011 3797600
www.fsrr.org
Veduta della mostra Soft Pictures, Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo, Torino. Foto: Giorgio Perottino
Espoarte Digital
Interviste > Progetti
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http://www.espoarte.net/arte/ritratti-dautore-fondazione-lighea-promuove-un-dialogo-tra-pazienti-ed-artisti/
“Ritratti d’autore”. Fondazione Lighea promuove
un dialogo tra pazienti ed artisti
MILANO | Palazzo di via santa Marta 15 (mostra) e Fondazione Stelline (asta benefica) | 5 – 9 dicembre 2013
Intervista a MARTINA ADAMUCCIO di Deianira Amico
Dal 5 al 9 dicembre presso la Fondazione Lighea di Milano sarà aperta al pubblico una
mostra di opere pittoriche realizzate da pazienti
con disagi psichici e artisti professionisti contemporanei in un doppio percorso che interpreta il ritratto femminile. Un progetto che nasce
dalla lunga attività di terapia con i pazienti e che
si concluderà il 9 dicembre con un’asta benefica a sostegno della Fondazione. Una mostra
che ha il merito di ricordare al pubblico come
l’opera d’arte in quanto rappresentazione sia
sempre manifestazione di un’identità psichica.
Ne parliamo con la curatrice Martina Adamuccio…
Come si struttura la pratica di laboratorio
con i pazienti, occasione in cui sono nati i
lavori in mostra?
Fondazione Lighea ha sviluppato nel corso del
tempo diversi laboratori, da quello di teatro a
quello di musica e arte e tanti altri. In ognuno
di essi i pazienti sono liberi di esprimersi come
preferiscono, naturalmente sotto la visione di
operatori esperti che li seguono cercando di
farli esprimere nel migliore dei modi.
È la prima esposizione alla Fondazione Lighea?
Fondazione Lighea sviluppa un impegno costante in difesa dei diritti sociali e della cura
dei malati psichici realizzando diverse iniziative. Ritratti d’autore è però la prima esposizione d’arte che ha preso forma all’interno della
Fondazione, e lo fa all’interno di uno dei futuri
alloggi predisposti per i pazienti e per il loro
reinserimento all’interno della società.
Come hanno reagito i pazienti all’idea di
un’esposizione dei loro lavori?
I pazienti non sono stati immediatamente informati dell’esposizione del loro lavoro. Si è cercato di non creare ansie o pressioni psicologiche
su di loro, dandogli invece, sotto forma di semplice esercizio, il compito di realizzare un ritratto
femminile. Una volta messi al corrente non si è
nascosto un profondo entusiasmo generale.
Come nasce il dialogo tra gli artisti ed i pazienti in mostra? Gli artisti si sono offerti
come “maestri” durante i laboratori o hanno
aderito successivamente all’iniziativa?
Artisti e pazienti sono legati da un solo filo
conduttore: l’uso della pittura come forma di
ricerca, rinascita e conoscenza, non solo di se
stessi ma di tutto il mondo.
Gli artisti sono stati chiamati a rispondere successivamente a questa chiamata che veniva
da chi non aveva voce, o quantomeno, non
ne aveva abbastanza da andare oltre ciò che
è la barriera che noi stessi creiamo intorno a
noi ogni giorno. Sono rimasta profondamente
colpita dalla sensibilità mostrata da questi artisti nonostante il contesto storico in cui viviamo.
Non dimentichiamo che molti artisti, giovani e
non, vivono di questa grande passione che è
Santiago Ydanez, Senza titolo, 2009, acrilico su tela, cm 100x80
52
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l’arte e “togliere” una possibile fonte di guadagno non è sempre facile. Nonostante ciò, tutti
hanno risposto con estrema sensibilità.
RITRATTI D’AUTORE
a cura di Martina Adamuccio e Fondazione
Lighea Onlus
Il tema della mostra è il ritratto femminile.
Perché questa scelta?
Fin dall’inizio del progetto prendeva vita nella
mia mente l’idea di trovare un modo per non
realizzare la “classica” iniziativa a scopo benefico, ma volevo dare al progetto un valore in più.
Questo valore è dato dal costringere l’artista
che “dona” il proprio lavoro per un’iniziativa simile, ad entrare nell’ottica del progetto stesso.
Dare un tema unico a tutti ha permesso di coinvolgere ancora di più ogni singolo artista che
si è trovato non più solo a donare un proprio
lavoro ma a ricercare o realizzare qualcosa di
specifico per il progetto, impegnandosi ancor
di più a comprendere il valore del tema e la profondità del progetto stesso.
L’idea iniziale del progetto era il ritratto di madre, che caricandosi di troppi profondi significati ci ha portati a cambiare direzione. Da qui,
l’idea del Presidente della Fondazione, Giampietro Savuto, di elaborare il ritratto femminile in
generale. Ecco perché il ritratto femminile, perché guardare il volto di una donna è caricarsi di
significati ed emozioni profonde, che aspettano di essere svelate sempre e da chiunque, in
mille maniere differenti. Guardare il volto di una
donna, in fondo, equivale ogni giorno ad aprire
un vaso di Pandora.
CATALOGO vanillaedizioni
con testi di: Martina Adamuccio, Lorenzo
Canova e Giampiero Savuto (presidente
Fondazione Lighea)
Roberta Coni, Ragazza con turbante azzurro, 2001, olio e acrilico su
tela, cm 50x50
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5 – 9 dicembre 2013
giovedi 5 dicembre ore 18.30
Palazzo di via santa Marta 15, Milano
Asta benefica
lunedì 9 dicembre ore 18.30
Fondazione Stelline
corso Magenta 61, Milano
Gli artisti professionisti: Gabriele Ardemagni
– Giuseppe Bombaci – Barbara Bonfilio – Erica
Campanella – Sara Cancellieri – Maurizio Cariati – Gianni Cella – Francesco Cervelli – Pierluca
Cetera – Roberta Coni – Aldo Damioli – Marco Demis – Stefania Fabrizi – Massimo Festi
– Antonio Finelli – Marco Formisano – Maurizio
Galimberti – Cristina Iotti – Federico Lombardo
– Anna Madia – Paolo Maggis – Ilaria Margutti
– Antonello Matarazzo – Sabrina Milazzo – Davide Puma – Denis Riva – Alessandro Russo –
Giovanni Sesia – Andrea Simoncini – Santiago
Ydanez – Luca Zampetti.
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http://www.espoarte.net/arte/a-terni-lidentita-in-crisi-nelle-opere-di-cristiano-carotti-e-massimiliano-pelletti/
Interviste > Arte
A Terni l’“identità in crisi”
nelle opere di Cristiano Carotti e Massimiliano Pelletti
TERNI | Cenacolo San Marco | 23 novembre – 15 dicembre 2013
Intervista a NICCOLÒ BONECHI di Matteo Galbiati
In occasione dell’XI edizione del Festival Popoli
e Religioni a Terni, la mostra Crisi d’identità, in
cui sono protagonisti gli artisti Cristiano Carotti
(1981) e Massimiliano Pelletti (1975), propone
un’analisi introspettiva sull’arte contemporanea
che, attraverso opere realizzate appositamente per questa esposizione, apre un dialogo di
reciprocità sulle ricerche di due giovani artisti
su temi complessi e profondi che muovono
dall’identità a riflessioni esistenziali, da conside-
razioni sul proprio passato ad una concezione
di un presente e un futuro incerti. Poniamo al
curatore, Niccolò Bonechi, alcune domande:
Come è nato questo progetto? Quali sono
le tematiche importanti che affronta?
L’idea di sviluppare un progetto espositivo che
fosse in sinergia con le tematiche affrontate
dall’XI edizione del Festival Popoli e Religioni
nasce da Virginia Colonna, presidente dell’As-
sociazione 4Start, la quale mi ha invitato a
pensare una mostra per gli spazi del Cenacolo
San Marco, una piccola chiesa sconsacrata nel
centro di Terni. Crisi d’identità vuole interrogare
lo spettatore su alcuni aspetti fondamentali della propria esistenza a partire da una riflessione
sulla figura del Padre, intesa come simbolo di
certezza, emblema di verità e punto di riferimento in un’ottica di accrescimento interiore.
Perché hai scelto di mettere in dialogo questi due giovani artisti?
Cristiano Carotti e Massimiliano Pelletti riescono nella difficile operazione di esprimere
un concetto attraverso una profonda sintesi
espressiva, affrontando ogni nuovo stimolo con
fare ironico ma mai dissacratorio. La mostra,
che ruota attorno al tema centrale del Festival –
la ricerca del Padre -, comporta una necessaria
riflessione sulla propria identità prima che sulla
proiezione di essa verso una figura di riferimento; pertanto ho ritenuto necessario coinvolgere
due artisti che avessero la capacità di imbattersi in un progetto così introspettivo in maniera
diretta ed allo stesso tempo tagliente.
Cosa hai scelto di mettere in evidenza di
ciascuno? Quali sono le loro singole specificità e, invece, i temi condivisi?
Ho chiesto a Carotti di realizzare alcune nuove
opere sul tema della mostra, il che lo ha portato
a lavorare direttamente sullo spazio, scegliendo
di “invadere” due grandi cornici in stucco con
altrettante tele che, dialogando strettamente
tra loro, vanno a formare un perfetto fondale
scenico per il crocifisso che sta ai loro piedi.
Diversamente per Pelletti ho selezionato una
serie di opere recenti che mettono in evidenza
una ricerca eterogenea nella scelta dei medium
utilizzati (sculture in marmo e bronzo, tele etc)
ma omogenea nelle intenzioni. Così facendo ho
voluto sottolineare una predisposizione progettuale nei due artisti, dove in Carotti si esprime
con opere site-specific, mentre in Pelletti nella scelta di costruire un determinato percorso
espositivo.
Massimiliano Pelletti, Untitled, 2013, tela stampata, ossidi tecniche
miste e resina epossidica, 90x70 cm
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Tu hai parlato di contiguità tra le due esperienze artistiche, quasi una fosse logica e
naturale conseguenza dell’altra. In che cosa
si percepisce questo aspetto?
Innanzitutto nella necessità di entrambi di affrontare il proprio lavoro con una estrema libertà espressiva che li conduce ad operare
senza alcuna limitazione, sia essa concettuale
o materiale. Certamente ognuno ha le sue peculiarità e si rende distinguibile dall’altro, ma è
sempre percepibile un filo conduttore che lega
la ricerca di uno all’altro, come se si compensassero a vicenda: entrambi amano testare le
potenzialità dei materiali per capirne le infinite
possibilità di manipolazione; si concentrano
sulla destrutturazione dell’identità umana attraverso interventi di stratificazione o corrosione;
www.espoarte.net
vanno oltre una concezione univoca dei propri
lavori, alimentando pertanto innumerevoli possibilità di interpretazione.
Questa mostra è evento collaterale al Festival Popoli e Religioni, che significato
ulteriore acquisisce il loro lavoro e come si
relazione a questa manifestazione?
La mostra si allaccia direttamente al Festival, è parte integrante della programmazione
ma soprattutto da esso attinge quegli spunti
concettuali su cui ho costruito il concept del
progetto. Certamente questa occasione è un
valore aggiunto al calendario del Festival, che
così amplia i propri interessi anche all’arte contemporanea, ma nello stesso momento sia io
che gli artisti abbiamo dovuto necessariamente
tenerne di conto. Per questo motivo abbiamo
pensato di rafforzare questo ponte con il Festival – soprattutto con i suoi risvolti sociali – attraverso la performance dei MONTSALVAT (di
cui lo stesso Carotti fa parte, oltre all’attore e
regista Riccardo Festa ed il compositore Alessandro De Florio) che riflettono sul concetto di
colpa prendendo le mosse da Lettera al Padre
di F. Kafka e da testimonianze anonime raccolte tramite Facebook dell’azione manipolatrice
che spesso i genitori operano sui figli durante il
processo educativo.
Quali sono i tratti forti che rendono le loro
ricerche contemporanee e attuali?
In un’epoca come quella che stiamo attraversando, dove la maggioranza dei giovani artisti
si imbatte in sperimentazioni ripetitive ed obsolete, credo che la soluzione più attuale a questo
punto sia quella di tornare alle origini. Cristiano
Carotti e Massimiliano Pelletti si confrontano
indifferentemente con la pittura e la scultura,
riuscendo nel tentativo di rendere contemporanee queste soluzione “classiche”.
Crisi d’Identità
a cura di Niccolò Bonechi
evento collaterale al Festival Popoli e Religioni 2013
organizzato dall’Associazione 4Start e realizzato in collaborazione con Galleria Canovaccio, Terni
Artisti: Cristiano Carotti, Massimiliano Pelletti
23 novembre – 15 dicembre 2013
Cenacolo San Marco
via Del Leone 12, Terni
Orari: tutti i giorni 10.00-12.00 e 17.0019.00
Info: +39 0744 424786
Cristiano Carotti, Son, 2013, teca + tecnica mista su tavola,
cm 130x100x35
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http://www.espoarte.net/arte/bali-bule-napoli-chiama-bali/
Interviste > Arte
Bali Bulè…
Napoli chiama Bali
NAPOLI | Museo Archeologico | 20 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014
Intervista a MARIA SAVARESE di Igor Zanti
Si è inaugurata al Museo Archeologico di Napoli
Bali Bulè una mostra che riunisce opere di Luigi
Ontani, Filippo Sciascia e Ashely Bickerton influenzate dalla cultura indonesiana, mettendole
a confronto con i capolavori custoditi in uno dei
più bei musei d’Italia. Espoarte ha incontrato
Maria Savarese, curatrice della mostra ed ideatrice di questo viaggio tra passato e presente,
tra Oriente ed Occidente…
Come nasce l’idea della mostra Bali Bulé e
a cosa fa riferimento il titolo?
L’idea di Bali Bulé è nata nel giugno 2012 in
occasione della personale di Filippo Sciascia
a Castel dell’Ovo. In quella circostanza vennero in città Ashley Bickerton e Tony God-
frey. S’incominciò a parlare di questa mostra
e a dar forma all’idea embrionale. Visitammo
il Museo Archeologico e tutti rimasero molto
colpiti dall’incredibile fascino delle straordinarie
opere custodite. Insieme a Marco De Gemmis
pensammo di proporre l’idea a Luigi Ontani,
il quale, considerando il Museo Archeologico
di Napoli fra i più belli e prestigiosi del mondo, accettò immediatamente. È stato lo stesso
Ontani a suggerirmi il titolo Bali Bulé, tratto da
una sua opera che ho scelto come immagine
guida della mostra. A Bali, i bulè sono gli albini, i bianchi, i portatori di alterità, come Filippo
Sciascia e Ashley Bickerton che hanno scelto
di vivere e lavorare sull’isola o Ontani che vi ha
soggiornato più volte negli anni.
Ashley Bickerton, Gold Head I, 2012, oil acrylic coral and found
object on digital print on plywood, cm 208,3x177,8x17,8
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Espoarte Digital
Ontani, Sciascia e Bickerton sono artisti
che appartengono a generazioni differenti.
Che cosa unisce il loro lavoro?
Tutti e tre usano diversi media linguistici: scultura, pittura, fotografia, insieme ad un utilizzo di
materiali eterogenei; le loro opere nascono da
una riflessione e fusione di linguaggi; il risultato
sono lavori che vanno oltre qualsiasi barriera
spazio-temporale.
Come si inseriscono le opere nel contesto
delle collezioni del Museo Archeologico?
Le opere di questa mostra sono state allestite
nelle sale dell’atrio del Museo Archeologico ed
in quelle della collezione Farnese. Si è creato
un suggestivo confronto con i capolavori d’arte
antica presenti nelle collezioni permanenti. Far
dialogare realtà culturali così distanti cronologicamente e geograficamente non è stato facile,
ma lo stimolo era proprio questo, proporre un
incontro che, superando i confini dello spazio
e del tempo, riuscisse a dare una nuova linfa
all’antico, evidenziando, al tempo stesso, gli
archetipi culturali presenti nelle opere contemporanee.
www.espoarte.net
di eccellenza nel contemporaneo e quindi far
auspicare un nuovo rinascimento napoletano.
scientifico Marco De Gemmis
20 ottobre 2013 – 6 gennaio 2014
Bali Bulé. Ashley Bickerton, Luigi Ontani e
Filippo Sciascia
A cura di Maria Savarese
Ente organizzatore Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei (Servizio Educativo e Museo Archeologico di Napoli) Soprintendente Teresa Elena
Cinquantaquattro Coordinamento tecnico-
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Piazza Museo 19, Napoli
Orari: tutti i giorni dalle 9 alle 19.30. Chiusura settimanale: martedì
Info: +39 081 4422149
Qual è l’influenza della cultura balinese sul
lavoro degli artisti?
Elementi della cultura balinese sono riscontrabili in tutte le opere in mostra. Basti considerare le maschere in legno di pule realizzate da
Ontani, che rimandano ai cerimoniali del teatro
indonesiano e all’importanza che queste hanno
nella statuaria e nella cultura iconografica balinese, così come pure alle mitologie e filosofie
orientali che permeano molta parte della sua
produzione artistica. Ed ancora, i materiali e gli
elementi strutturali e decorativi, come i tronchi
di felce balinese, foglioline decorative, piccole
campanelle che vengono utilizzate nelle funzioni religiose induiste adoperate da Sciascia nella
realizzazione dei suoi lavori.
Napoli con questa mostra e con la recente
riapertura del Madre ritorna ad essere un
centro di eccellenza per il contemporaneo.
Si può parlare di nuovo rinascimento napoletano?
Credo che Napoli stia vivendo un momento
molto difficile dal punto di vista culturale. Manca una visione, una progettualità armonica e a
lungo periodo. Il rischio è ridurre la cultura in
generale, e quella contemporanea in particolare, ad una serie di eventi, di iniziative slegate,
disarmoniche, non inserite in un progetto d’insieme. Al tempo stesso il lavoro e l’impegno
di Andrea Viliani al Museo Madre, o quello di
Marco De Gemmis al Museo Archeologico
Nazionale, così come quello di diversi operatori culturali in città, sta facendo in modo che
Napoli possa avviare nuovamente un percorso
Luigi Ontani, Inconforme, 2007-2009, maschera di legno di pule dipinta, cm 73x37x33
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Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/premio-nocivelli-2013-rispondono-le-vincitrici-nurigiani-e-ducoli/
Interviste > Premi
Premio Nocivelli 2013.
Rispondono le vincitrici Nurigiani e Ducoli
PREMIO NOCIVELLI V edizione
Mentre è in corso la mostra di tutti i vincitori del Premio Nocivelli all’Accademia di Belle Arti di Brescia – Santa Giulia cogliamo l’occasione per intervistare le due vincitrici assolute di questa quinta
edizione del Premio: Isabella Nurigiani per la categoria over 25 – scultura e Carola Ducoli per la
categoria giovani artisti – fotografia. Attendono entrambe due mostre personali nel 2014 nelle gallerie partner dell’evento: Isabella Nurigiani esporrà le sue opere presso Beyond Factory di Verona
e Carola Ducoli presso 28 Piazza di Pietra di Roma.
Conosciamole meglio…
Intervista a ISABELLA NURIGIANI di francesca di giorgio
Con l’opera Colonna Mobile ti sei aggiudicata uno dei due Premi Assoluti… Perché hai deciso di presentare quest’opera, cosa rappresenta all’interno del tuo percorso artistico?
Colonna mobile è una scultura che ho realizzato per partecipare al Premio Nocivelli.
Rappresenta un continuum del mio percorso artistico, caratterizzato dal tentativo di semplificare
progressivamente la materia fino a renderla quasi una percezione di assenza di peso attraverso
l’ondulazione, il movimento, il suono. Nella manipolazione della materia, instauro, con essa, un
rapporto dialogico, quasi intimo, come fosse viva.
La scultura è il tuo “territorio”… Com’è cambiato nel tempo il tuo approccio ai materiali e
soprattutto la concezione del tuo lavoro nello spazio?
Il tempo e l’esperienza aiutano molto nella conoscenza dei materiali, ma il mio approccio era e
rimane sempre un rapporto, oserei dire un rapporto sensuale, che giorno dopo giorno si nutre
attraverso il tatto, l’olfatto e l’udito che mi catapulta in una percezione dello spazio che non ha
dimensione, dove tutto è naturalmente esteso
Insieme alla pittura la scultura rappresenta ancora per molti il simbolo di un legame molto
forte con la “tradizione” artistica del nostro Paese… Quali sono gli artisti contemporanei a
cui guardi oggi con interesse?
Una mappatura della ricerca artistica, soprattutto dell’ultimo periodo, deve necessariamente fare i
conti con un panorama caratterizzato da un numero elevato di artisti in attività, provenienti da tutto
il mondo, che riesce difficile una ricerca della diversità. Gli artisti a cui guardo con grande interesse,
non sono solo i contemporanei e, per fare un breve elenco, sicuramente Brancusi, Giacometti,
Melotti, più vicini Edoardo Chillida, Richard Serra, Eliseo Mattiacci, ma mi fermo qui, altrimenti
rischio un elenco infinito.
Il Premio Nocivelli non è il primo a cui hai partecipato. Cosa ha distinto questa esperienza
dalle altre?
In primo luogo una grande sorpresa, non me lo aspettavo, poi ovviamente una soddisfazione! Il
fatto di essere stata apprezzata mi ha dato una maggiore sicurezza ed un’ulteriore spinta a proseguire nella mia ricerca.
A cosa stai lavorando in questo momento?
Ho appena realizzato una scultura per una mostra collettiva a Budapest ed ora sono in viaggio per
l’inaugurazione!
www.isabellanurigiani.com
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Isabella Nurigiani, Colonna mobile
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Intervista a CAROLA DUCOLI
di francesca di giorgio
www.espoarte.net
L’opera con cui hai vinto il Premio Nocivelli è tratta da un progetto più ampio dal titolo Vasilij
Vasil’evič Kandinskij… Di cosa parla? Ci racconti le scelte che ti hanno portata all’editing
finale di questa fotografia?
Vasilij Vasil’evič Kandinskij è una ricerca fotografica che porta al ritrovamento del tassello mancante
della riflessione di Kandinskij nell’opera “Lo spitiruale dell’arte”. Kandinskij prese in esame il diretto
concatenamento fra l’opera d’arte e la dimensione spirituale dell’uomo, dove il colore può avere un
effetto sia fisico che psichico sullo spettatore, esso ha un odore un sapore ed un suono.
Ed io, assieme alla mia modella, amica e ballerina Noemi, abbiamo cercato di interpretarne invece
il movimento che il colore può sucitare nell’anima e nella capacità interpretativa, di chi, come lei
fa della danza il suo principale canale di espressione. Il progetto ha previsto la selezione di cinque
colori, ad ognuno di loro Kandinskij associò suoni e strumenti noi, in campiture monocomatiche
uniformi, abbiamo studiato e ricercato la danza dei colori. Ho selezionato per la candidatura al
Premio Nocivelli la coppia di movimenti del colore Viola, il mio colore preferito assieme al verde.
Sei giovanissima ma il tuo percorso sembra avere una direzione chiara… Quando e come
è nata la tua passione per l’immagine e quando hai deciso di lavorare nel mondo della fotografia fine-art?
Da bambina scattavo un sacco di fotografie, per ogni occasione che reputavo importante, lo vedevo
fare spesso da mio padre; mia madre ha sempre amato dipingere. Alle scuole medie le mie materie
preferite erano disegno e storia dell’arte, ho iniziato a studiare come danzatrice dai 5 ai 19 anni, mi
sono diplomata in Arte Applicata – decorazione pittorica e scenografica per poi trasferirmi a Milano
per studiare e diplomarmi all’Istitututo italiano di fotografia come fotografa professionista. È da quando ho memoria che amo occuparmi di immagine e espressione, nelle sue varie ed infinite forme e
spero di poterlo continuare a fare per tutta la vita, tra affitti, bollette, gioie, dolori e tutto il resto.
Come per Isabella Nurigiani non sei al primo contatto con un Premio d’arte. Cosa caratterizza il Premio Nocivelli e soprattutto qual è stata la tua esperienza fino a qui?
Sia durante che dopo gli studi di fotografia ho cercato sempre di essere molto attiva nel settore
che ho deciso di intraprendere, credo che qualsiasi creazione esista per essere condivisa. Il Premio
Nocivelli come altri premi fotografici, associazioni, spazi, gallerie, aiutano alla diffusione del concetto di espressione artistica, aiutano a far passare una moltitudine di messaggi e contenuti, quello
che l’arte ha sempre fatto da quando è esistito l’uomo. Continuerò a scattare, a lavorare con la
fotografia e a creare quanti più legami possibili.
A cosa stai lavorando in questo momento?
Al momento sto finendo di organizzare una mia personale a Roma che inaugurerà il 25 ottobre
presso Laboratori Visivi in collaborazione con LoolitArt, lavoro come post produttrice dal lunedì al
venerdì full time in un laboratorio di stampa fine art e presto vorrei realizzare quel progetto fotografico in pellicola sul concetto “Coppia” che ho da molto tempo ho idea di realizzare.
http://caroladucoliphoto.prosite.com
Premio Nocivelli 2013 – V Edizione
A cura di Associazione Culturale Techne
Maddalena Nocivelli
Organizzazione Barbara Bongetta
+39 030 7776718
[email protected]
www.premionocivelli.it
mostra opere vincitrici:
Accademia di Belle Arti di Brescia “SantaGiulia”
via Tommaseo 49, Brescia
Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle
ore 18.30
22 ottobre – 22 novembre 2013
Carola Ducoli, Tratta dal progetto “Vasilij Vasil’evic Kandinskij”
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Espoarte Digital
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Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/sponge-artecontemporanea-chiama-site-specific/
Interviste > Progetti
Sponge ArteContemporanea
chiama SITE SPECIFIC
L’occhio di Sponge… #1
a cura di Sponge ArteContemporanea
Intervista a site specific
Una nuova avventura, pellegrinando per l’Italia
tra strutture autonome che, dall’interno di un
sistema statico, tentano di indicarci nuove direzioni di sperimentazione e di contaminazione
tra mondi altri.
Sponge ArteContemporanea invita a conversare gli indipendenti più affini, in un interscambio
di contenuti, attraverso una serie di dialoghi tra
realtà che condividono una “comunione d’intenti” e una linea di pensiero comune.
Per questo primo appuntamento, Sponge
chiama SITE SPECIFIC. Perché come Sponge,
SITE SPECIFIC porta l’arte contemporanea in
luoghi nuovi da abitare e vivere.
Il luogo d’azione è Scicli (RG) cittadina del ragusano Patrimonio dell’Umanità, dove il barocco siciliano avvolge e coinvolge. A “costruire”
gli eventi i membri dell’associazione Culturale
PASS/O attiva dal 2008. Qui strutture pubbliche e private vengono messe in rete, in funzione di una riflessione sull’identità e le problematiche culturali di un territorio.
Qual è la genesi di SITE SPECIFIC (PASS/O
– CLANG – SITE SPECIFIC) le tappe, l’evoluzione, il qui e ora?
L’associazione culturale PASS/O è stata fondata nel 2008. La prima sede ufficiale è stata
inaugurata a Modica nella storica via Grimaldi.
Successivamente per volontà del Direttore Artistico Sasha Vinci, PASS/O si sposta a Scicli
in una nuova sede, dove prosegue l’attività
di ricerca sviluppando diversi progetti d’arte
contemporanea: mostre personali, collettive,
installazioni urbane, workshop.
Nel dicembre del 2012 PASS/O, in partnership con l’impresa di produzione s.r.l. DEARTE, inaugura il progetto CLANG, uno spazio
di ricerca che sperimenta un nuovo modo per
generare valore fondendo espressioni artistiche
con innovazioni imprenditoriali.
CLANG era un piccolo spazio multifunzionale in
un’intima casa del ‘900 situata nel centro storico di Scicli, in via Francesco Mormino Penna.
Luogo d’arte, di costruzione e di partecipazione CLANG ha visto coinvolti numerosi artisti
del panorama nazionale ed internazionale e
autorevoli critici e curatori – Francesca Alfano
Miglietti, Antonio Arévalo, Luigi Fassi, Zara Audiello, Salvatore Davì, ecc…
Nel settembre del 2013 l’entusiasmante esperienza con il progetto CLANG volge al termine, l’Associazione Culturale PASS/O decide di
espandere l’indagine delle arti contemporanee
in nuovi luoghi, in nuovi spazi di ricerca in cui
“abitare ed esistere”. Da un’idea di Sasha Vinci,
Chiesa di San Matteo, Scicli. Foto Sasha Vinci
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nasce SITE SPECIFIC un progetto ambizioso e
di ampio respiro che mette in rete alcune strutture pubbliche e private della città di Scicli.
SITE SPECIFIC si sviluppa per volontà di un
gruppo di giovani professionisti – Sasha Vinci, Marilina Buscema, Francesca Vinci Mortillaro, Maria Grazia Galesi – che si confrontano
e investono nella propria città per generare un
impulso alla sperimentazione, per raggiungere,
attraverso l’arte, obiettivi comuni.
È così che prende forma una realtà dinamica
che necessita di interagire con spazi differenti;
interventi site-specific che trasformano Scicli in
uno spazio da vivere, in cui gli artisti lasciano
tracce e segni del loro transito.
Attualmente SITE SPECIFIC comprende:
SITE CHURCH | Chiesa di Santa Maria della
Consolazione | Via Santa Maria La Nova – Scicli
SITE CHURCH è un esempio splendido di barocco siciliano, una chiesa monumentale nel
cuore del centro storico di Scicli. Nelle cinque
sale della parte absidale SITE SPECIFIC aspira
a creare un museo dinamico e sperimentale.
SITE ART | Spazio di Ricerca per le Arti Contemporanee | Via Catena n.20 – Scicli
Uno spazio espositivo volto alla ricerca e alla
sperimentazione delle arti contemporanee che
sarà inaugurato a dicembre 2013. All’interno
sarà allestito un art shop per presentare manufatti e oggetti realizzati “con arte” dal Laboratorio di Ricerca Creativa.
SITE GARDEN | Giardino della Chiesa San Giovanni Evangelista | Via Spadaro – Scicli
Un piccolo giardino incastonato nel cuore barocco del centro storico di Scicli. Un’oasi mediterranea immersa in un’atmosfera di suoni,
aromi, luci, parole, un luogo in cui sostare e
rilassarsi per assistere ad eventi di natura diversa.
SITE LAB | Laboratorio di Ricerca Creativa
Il Laboratorio di Ricerca Creativa ha l’obiettivo
di rigenerare il settore manifatturiero e dell’artigianato attraverso l’interazione con la creatività
degli artisti.
Nasce dal desiderio di riconoscere alla tradizione dell’artigianato in Sicilia, il valore che ha
avuto nello sviluppo culturale e artistico dell’intera regione.
SITE RESIDENCE | Case d’arte
SITE SPECIFIC comprende anche tre case
d’arte, messe a disposizione dagli ideatori del
Espoarte Digital
progetto per offrire ospitalità alle personalità
coinvolte nei diversi eventi.
Che cosa significa operare nella provincia
siciliana?
La Sicilia, a partire dalla sua stessa natura territoriale e dalla sua collocazione geografica,
è “centro”, punto di mezzo del Mediterraneo,
un territorio dalle immense potenzialità in gran
parte inespresse.
Scicli è una splendida città d’arte animata da
un’intensa vivacità culturale e da una luce che
permea tutto, un luogo che emoziona e coinvolge appieno i cinque sensi, in un viaggio che
ha il sapore primario di un’esperienza estetica.
Svolgere un’attività creativa, di sperimentazione delle arti contemporanee in una cittadina
che deve ancora esprimere il suo vero potenziale è un’esperienza entusiasmante. Emerge
un’insolita creatività, un dinamismo progettuale
con una forte identità. Per una seria attività professionale è necessario però mantenere uno
sguardo attento sull’età contemporanea, per
non chiudersi in circuiti provinciali che rischiano
di limitare la ricerca.
SITE SPECIFIC è infatti una realtà in movimento che si disloca per creare sempre nuove
possibilità di dialogo e relazioni con altre realtà
nazionali e internazionali.
SITE SPECIFIC si presenta con ORGANUM
un progetto multisensoriale dove le arti visive incontrano la musica, location la chiesa
consacrata di Santa Maria della Consolazione di Scicli, ce ne parlate?
Santa Maria della Consolazione – SITE
CHURCH – è una chiesa consacrata che diventa spazio d’interazione ed espressione per
le arti contemporanee.
Un bene monumentale denso di memorie, in
cui gli artisti – Rebecca Agnes, Daniele Cascone, Claudio Cavallaro, Doren, Francesco Lauretta, Sebastiano Mortellaro, Piero Roccasalvo
Rub, Lino Strangis, Sasha Vinci & Maria Grazia
Galesi – in occasione di ORGANUM hanno creato delle opere che dialogano con l’ambiente,
l’architettura, la simbologia. ORGANUM, scritto da Sasha Vinci e Daniela Galesi, è il primo
evento a cura di SITE SPECIFIC ideato come
una performance culturale per trasformare Scicli in un Teatro Vivo. Un progetto in cui discipline
diverse si uniscono e si concretizzano nell’esecuzione di un evento unico che ci incoraggia ad
osservare e tutelare con attenzione il passato
per connetterlo con l’età contemporanea.
Le opere concepite per ORGANUM interagiscono con il luogo che le accoglie e attraversano i suoni, i pensieri, le memorie di una collettività, creano una forte analogia fra la metafora
anatomica e quella musicale: l’organo come
corporeità in relazione con l’organo in quanto
strumento musicale.
www.espoarte.net
La città di Scicli ha obliato la cura e l’amore
per l’arte organaria. Oggi gli organi rimangono
involucri vuoti e immobili nelle chiese, dimenticati, degradati, ricordi appannati di un passato
glorioso. Attraverso il progetto ORGANUM gli
antichi strumenti concettualmente hanno risuonato e tramite i differenti linguaggi dell’arte è
stata rievocata la loro memoria. Il Progetto ORGANUM ha ricevuto il riconoscimento scientifico dell’Associazione Culturale “Il Saggiatore
musicale”; vanta il patrocinio di Enti autorevoli
come: Dipartimento delle Arti di Bologna, Regione Siciliana – Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Ragusa, Diocesi di Noto,
Comune di Scicli.
Organum è una sorta di work in progress
nella città, ultima fase il 27 dicembre, che
cosa accadrà?
La particolarità di ORGANUM è quella di essere
un progetto che si articola nel tempo in tre differenti momenti.
La prima fase si è svolta all’interno della chiesa di Santa Maria della Consolazione – SITE
CHURCH – con gli interventi di arte contemporanea.
In occasione della seconda fase del progetto
si è tenuta una conferenza nella chiesa di San
Michele Arcangelo sui temi trattati dallo Special
Project Organum, in cui sono intervenuti come
relatori la Dott.ssa Daniela Galesi, il Maestro
Organaro Antonio Bovelacci, la Prof.ssa Maria
Rosa De Luca, il M° Andrea Macinanti, il M°
Diego Cannizzaro, Don Antonio Sparacino e
Sasha Vinci. A conclusione della conferenza
il pubblico si è spostato nella chiesa di Santa
Maria La Nova per assistere al concerto per organo del M° Andrea Macinanti.
L’ultima fase del progetto si svolgerà il 27 dicembre e vedrà coinvolto il M° Diego Cannizzaro, che eseguirà un concerto per organo nella
chiesa di Santa Maria La Nova.
Non ci fermiamo a SITE SPECIFIC, un altro
innesto SEM, Spazi Espressivi Monumentali, che cos’è? Perché la necessità di costruire una piattaforma altra dalla neonata Site
Specific?
SITE SPECIFIC è una piattaforma in cui si sperimentano prevalentemente le arti contemporanee e nasce in seno all’associazione PASS/O.
SEM, acronimo di Spazi Espressivi Monumentali è un modello di sviluppo sostenibile che a
Scicli ridisegna la gestione integrata dei monumenti, unendo strategie fieristiche sostenibili a
contenuti culturali, dell’arte e delle tradizioni.
Gli ideatori di SEM, sono tutti professionisti che
hanno scelto di vivere e costruire il proprio futuro in Sicilia. Sensibili a nuove visioni e ispirati
dal grande potenziale della città, provano a restituire memoria, identità e funzione economica, agli spazi culturali e monumentali di Scicli,
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trasformandoli in motore trainante per le attività
turistico-commerciali, e spingendo tutti i cittadini a partecipare attivamente.
Con SEM i beni monumentali spesso chiusi
e inaccessibili, si aprono a nuove possibilità,
diventando contenitori di eventi culturali, organizzati in una rete di servizi che osserva nuove prospettive ed esalta le diverse identità di
Scicli.
SEM si presenta con Rubino, dall’1 al 3 novembre. Tra le 10.00 e le 18.00, i palazzi, le
chiese, le piazze e le colline di Scicli, diventano un unico itinerario dedicato al vino e alla
cultura, qual è l’importanza di un evento di
questo genere? Snocciolateci il calendario…
Il vino ha sempre avuto varie interpretazioni
simboliche, è un antico prodotto della terra,
elegante e raffinato, che ben rappresenta la
tradizione e la cultura mediterranea. Ispirati dai
molteplici significati che racchiude, dal colore
intenso e dal profumo inebriante, il team di
SEM ha ideato un viaggio sensoriale che vede
il vino protagonista. L’evento Rubino si sviluppa
in più fasi e luoghi della città di Scicli. Si inizia
con l’Expo delle migliori case vinicole siciliane
accolte nelle sale e nei chiostri del Convento
della Croce, si continua con le degustazioni
guidate a cura dell’AIS Sicilia e Slow Food Modica in centro storico e le “cene con i produttori” presso i ristoranti convenzionati.
Durante i tre giorni della manifestazione SEM
ha ideato DITHYRAMBUS, un percorso dedicato all’arte contemporanea, alla musica e
alla poesia per dar vita ad un ritmo di linguaggi
creativi, un “canto corale” che si espande sul
tessuto urbano della città.
SEM ravviva i monumenti della città di Scicli,
spazi espressivi che altrimenti rimarrebbero
chiusi e silenziosi.
Info:
www.passonontemporanea.it
www.clangsite.it
www.sitespecific.it
www.semscicli.it
SEM, Scicli
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/site-specific-chiama-sponge-artecontemporanea/
Interviste > Progetti
SITE SPECIFIC
chiama Sponge ArteContemporanea
L’occhio di Sponge… #2
a cura di Sponge ArteContemporanea
SITE SPECIFIC intervista Sponge ArteContemporanea
Una nuova avventura, pellegrinando per l’Italia
tra strutture autonome che dall’interno di un sistema statico tentano di indicarci nuove visioni
di sperimentazione dell’arte contemporanea.
Sponge ArteContemporanea è un’Associazione Culturale che nasce nel 2008 per promuovere l’arte contemporanea in uno spazio ai
margini del circuito convenzionale.
Due sono le caratteristiche che compongono
l’essenza di Sponge ArteContemporanea: da
una parte la scelta di operare nel territorio della
provincia italiana; dall’altra un’idea innovativa di
ricerca artistica che vede curatori e artisti lavorare insieme rendendo incerta la divisione dei
ruoli. Questi due elementi si fondono sprigionando una grande forza creativa.
Dopo l’intervista che Sponge ha rivolto a SITE
SPECIFIC questa volta, per il secondo episodio
de L’occhio di Sponge…, è la nota Associazio-
ne marchigiana ad essere intervistata.
Si aggiunge un’altra voce che mette in relazione gli indipendenti più affini, in un interscambio
di contenuti, attraverso una serie di dialoghi tra
realtà che condividono una “comunione d’intenti” e una linea di pensiero comune.
Per questo primo appuntamento, SITE SPECIFIC chiama Sponge. Perché come Sponge,
SITE SPECIFIC porta l’arte contemporanea in
luoghi nuovi da abitare e vivere.
Sulla sommità di una collina in un casolare di campagna dell’entroterra marchigiano
vive Sponge. Com’è “germogliata” la vostra
realtà?
Il seme di Sponge ArteContemporanea, piantato nel 2008 da Giovanni Gaggia, oggi è un
albero robusto alimentato da un direttivo che
lavora costantemente e con tenacia, compo-
62
Casa Sponge. Foto: Cristian Iotti
Espoarte Digital
www.espoarte.net
VIDEO-documentario realizzato dalla casa di
produzione milanese LaGalla23productions
regia: Alessandra Galletta
riprese e montaggio: Andrea Giannone
Clicca qui per guardare il video:
http://goo.gl/PI55gy
sto da Federica Mariani, Stefano Verri, Milena
Becci, Paolo Angelosanto, Daniele Vimini. I
suoi rami rigogliosi, che si diffondono in tutta Italia, collaborano ostantemente con realtà come scatolabianca, RAVE e oltre i confini
nazionali grazie Arthub Asia, diretta da Davide
Quadrio. In questi ultimi due anni, in particolare,
abbiamo acquisito una grande forza nel circuito
indipendente dell’arte contemporanea italiana,
partecipando anche a fiere come INDEPENDETS ad ArtVerona, SetUp a Bologna e The
Others a Torino.
Quali sono i valori che avete riscoperto
sperimentando l’arte contemporanea in
uno spazio ai margini del circuito convenzionale?
La nostra sede è immersa nelle colline marchigiane, nella frazione di Mezzanotte a Pergola
(PU), abbiamo scommesso sulla provincia e
siamo stati dei pionieri nelle Marche. Questa
scelta è stata la nostra forza, abbiamo riscoperto il legame con il territorio, il dialogo tra
natura e arte, aprendo la home gallery dove lo
stesso Presidente di Sponge, Giovanni Gaggia,
vive e lavora. La dimensione quotidiana dell’arte riporta al centro dell’attenzione il dialogo tra
estetica ed essenza, tra curatore ed artista,
senza vincoli e senza formalismi.
Cosa vuol dire sperimentare e promuovere una ricerca indipendente nel panorama
dell’arte?
Innanzitutto significa avere coerenza. Essere
indipendenti significa perseguire una strada
difficile, anche economicamente, per portare
avanti le proprie idee. Nel panorama dell’arte
contemporanea di oggi significa aver compreso che siamo di fronte alla trasformazione
storica che sta avvenendo: il sistema dell’arte
sta cambiando velocemente e subisce le congiunture economiche negative, ripensare ad un
nuovo modo di promuovere l’arte è un passo
fondamentale per non arrivare al collasso.
Nella società si assiste ad un appiattimento intellettuale dominante. Come reagisce
Sponge?
Sponge reagisce come ha sempre fatto, focalizzando la sua attenzione sulla ricerca, sul
rapporto informale che si instaura tra il pubblico
che viene a visitare la nostra home gallery e le
opere, facendo dialogare tutti gli attori del mondo dell’arte artisti, curatori , critici e giornalisti
attorno ad una tavola imbandita.
Ultimamente Sponge ha partecipato ad ArtVerona Independents 4 e The Others Art
Fair. Raccontateci la vostra esperienza e
soprattutto, qual é la vostra opinione sul sistema fieristico dell’arte contemporanea?
Premesso che con pochissimi finanziamenti
è difficile partecipare alle fiere d’arte contemporanea, anche in Italia il sistema fieristico sta
lentamente cambiando, da qualche tempo si
è messo in ascolto delle realtà indipendenti riservando loro degli spazi e collaborando con
questo nuovo fenomeno che acquista sempre
più forza. Questo è un passo importante, l’unico modo per rinnovarsi ed aprirsi proponendo
le varie sfaccettature che sta assumendo l’arte
contemporanea di oggi.
Lo scorso 16 novembre 2013, Sponge ha
inaugurato una personale dell’artista spagnola Cristina Nuñez – But Beautiful – a
cura di Carolina Lio. Com’è nato quest’ultimo progetto?
63
Sponge è una delle realtà della rete nazionale del Premio Ora, per ogni edizione ci viene
chiesto di scegliere un vincitore da ospitare,
Cristina Nuñez è il nostro ultimo designato.
Dopo aver guardando attentamente tutto il
materiale di ciascun artista, abbiamo deciso di
tentare con un’artista internazionale e per noi la
più forte, comunicativa ed intensa, appunto la
Nuñez. Quasi una scommessa, mai avremmo
pensato di averla qui a a Mezzanotte di Pergola. Invece fino al 16 dicembre la ospitiamo nelle
nostre 9 stanze ed il 7 e l 8 dicembre l’avremo
fisicamente per presentare una performance e,
in anteprima mondiale, un workshop di autoritratto in video, The Self-Portrait Experience.
LEGGI ANCHE LA RECENSIONE DELLA MOSTRA DI Cristina Nuñez:
http://goo.gl/CJ0P5h
Osservando gli andamenti del sistema
dell’arte contemporanea dove si proietta
Sponge? Cosa immagina, progetta e desidera per il prossimo futuro?
Tutti i nostri progetti sono proiettati verso il futuro, per creare legami stabili e duraturi. Non
possiamo dire ancora con certezza cosa diventeremo, possiamo solo affermare che Sponge
è una struttura dinamica e in quanto tale portata al cambiamento.
Sponge Living Space (Casa Sponge)
Sponge ArteContemporanea
Frazione Mezzanotte 84, Pergola (PU)
Info: +39 339 4918011
[email protected]
www.spongeartecontemporanea.net
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/blumm-prize-art-in-progress-u40-la-prima-edizione-vinta-da-maria-elisabetta-novello/
Interviste > Premi
Blumm Prize Art in progress | U40.
La prima edizione vinta da Maria Elisabetta Novello
Intervista a MARIA ELISABETTA NOVELLO di Matteo Galbiati
Maria Elisabetta Novello (1974) si è aggiudicata
con l’opera Vasi comunicanti la prima edizione
del Blumm Prize Art in progress | U40, recente
manifestazione di promozione internazionale della giovane arte europea. Un premio che
pone nuovamente attenzione sulla profonda e
intensa poesia della giovane artista che in questi anni – la conosciamo ormai da molto tempo
– ci ha abituati ad una coerente e intelligente
riflessione in cui un materiale povero e di recupero, come la cenere, si carica di significazioni
tanto inattese quanto puntuali.
In occasione di questo ultimo suo successo
abbiamo posto a Maria Elisabetta alcune domande:
Un altro premio che ti conferma ulteriormente come protagonista della nuova arte
italiana a livello internazionale. Quali sono
le tue emozioni?
Sarà banale, ma sono felice!
Ci racconti brevemente l’esperienza di questo premio?
Il premio ha chiamato gli artisti ad esprimersi
sulla necessaria compenetrazione tra l’etica e
tutte le sfere dell’esistenza, la coscienza civile,
la trasparenza tra Istituzione e cittadino, attraverso ogni modalità possibile. I partecipanti,
under 40 e provenienti da differenti paesi, sono
stati invitati direttamente dalla curatrice Martina Cavallarin che, con Franco Pomilio, presidente di Pomilio Blumm s.r.l., hanno costituito
un illustre comitato scientifico multidisciplinare. Un’esperienza importantissima e intensa.
Quest’occasione, prima che con gli altri, mi ha
messo in discussione con me stessa rispetto la
mia responsabilità di persona e di artista.
Cosa rappresenta un premio che si è svolto
davanti ad una platea internazionale nella
suggestiva cornice dell’Ambasciata italiana
a Bruxelles?
La Pomilio Blumm – agenzia italiana specializzata nel settore della comunicazione pubblica e istituzionale – dà vita a iniziative culturali
plurali, legate alla comunicazione, chiamando
diverse personalità per discutere delle variabili declinazioni dell’etica. Noi artisti siamo stati
protagonisti in una cornice che, oltre ad essere
suggestiva, è molto significativa. Un premio, finalizzato alla promozione degli artisti e delle arti
contemporanee svolto oggi a Bruxelles, una
delle capitali dell’Unione Europea e che ospita
prestigiose istituzioni sovranazionali, rappresenta e imprime grande valore e forza all’arte.
Come sono stati assegnati i premi?
Tutti gli artisti hanno partecipato attraverso una
piattaforma web nella quale i visitatori potevano
visionare la totalità del percorso di ogni autore
attraverso un portfolio completo e quindi votare l’artista nella sua totalità. Il Blumm prize on
line è stato assegnato al bravissimo Michele
Spanghero. Per quanto riguarda il Blumm prize, il comitato scientifico è stato chiamato a
decretare il vincitore in sede espositiva, dopo
la visione di tutti i lavori installati sul posto. Il
confronto con questi professionisti e con gli
artisti partecipanti alla mostra è stato per me
Maria Elisabetta Novello, Vasi comunicanti, 2013, vasi antichi in vetro e cenere
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Espoarte Digital
un momento di grande crescita personale oltre
che professionale.
Ci racconti nello specifico i contenuti
dell’opera Vasi comunicanti con cui ti sei
aggiudicata questo premio? Di cosa parla?
Il mio lavoro vuole essere sostanzialmente
un’azione, una presa di coscienza e un invito
alla riflessione. Ho suddiviso il mio progetto in
tre fasi analizzando e mettendo in discussione il mio ruolo e la mia responsabilità di artista:
l’azione, l’etica e l’opera. Per questo project
specific ho sentito l’esigenza di indagare la
provenienza della cenere: mi è stato necessario agire e produrla. Bruciare è un atto violento,
una reazione a una provocazione, ma bruciare
è anche atto salvifico, consumare, modificare,
ardere di luce e di calore. Vedo l’artista come
essere in azione che opera nell’atto e nella conseguente responsabilità di esso. Eticamente
l’arte è la possibilità di generare un movimento
che parte dal pensiero e l’artista ha il dovere di
essere responsabile cercando di comprendere
il mondo nella sua complessità. L’opera è una
struttura verticale trasparente che è pilastro, sostegno, contenitore, fondamenta. Al suo interno il materiale combusto, risultanza dell’azione
che ha originato la cenere. L’opera è provocata
da un atto di consunzione e di rigenerazione
al contempo; la materia si trasforma e diventa
cenere, continua a esistere senza una sua forma definitiva. La cenere è contenuto, gli oggetti
bruciati traducono la loro esperienza e la loro
portata culturale e sociale nella polvere che non
si distrugge, ma è materia di nuovo inizio, in
continua trasformazione e evoluzione.
Qualcuno potrebbe dire: ancora la cenere…
Come rispondi a questa critica?
Mi viene detto spesso e quello che rispondo
sempre è che vorrei che si andasse oltre la
cenere, mi piacerebbe essere identificata con
quello che sta tra la mia poetica e il materiale,
ovvero tra ciò che c’è tra il contenuto e la forma, che in qualche modo è il motivo per cui mi
sono avvicinata ad esso. Il materiale che uso
è importante e fa parte del lavoro, ma prima
viene il pensiero. Con il pensiero, poi, seguono
l’azione, il processo, l’opera.
A me, infatti, ha sempre convinto questa tua
capacità innata di costante rinnovamento,
in cui un materiale ripetuto si carica sempre
di tensioni ed energie nuove. Come riesci
ad arrivare a questi esiti? Quali difficoltà implica il tuo lavoro e quali rischi affronti? Se
difficoltà e rischi ci sono…!
Il rischio, se così si può chiamare, è appunto
una critica sulla cenere, ovvero essere super-
www.espoarte.net
ficialmente identificata in un unico materiale.
D’altra parte, paradossalmente, questi esiti
li ottengo forse proprio perché, pur mutando
e arricchendosi, il mio percorso e i miei lavori contengono sempre un senso di incertezza
temporale, di materiale e immateriale, di dubbio, di imponderabile e di non tangibile, che è
dato dalla materia stessa. Riflessioni e ossessioni che fanno parte da sempre del mio lavoro.
Quale destino spetta all’opera vincitrice?
Resta a te o entra in qualche collezione?
L’opera entrerà a far parte della nuova collezione della Pomilio Blumm, ma forse verrà poi
da loro donata ad un’istituzione pubblica europea.
9000 Euro è la cifra assegnata al primo premio. Un capitale consistente e importante
di questi tempi. Come pensi di “investirlo”?
Hai progetti particolari che vorresti realizzare? Sogni nel cassetto?
Lo investirò in lavori nuovi. Il sogno nel cassetto
è sempre quello, riuscire a fare sempre in modo
dignitoso quello che sento di voler esprimere.
Quali programmi hai per l’immediato futuro? Quali mostre stai preparando?
Il prossimo importante appuntamento sarà
al Museo Schauwerk di Sindelfingen vicino a
Stoccarda e poi a Kiel per il Premio Fondazione
VAF. Sono emozionata e orgogliosa di partecipare all’iniziativa di una Fondazione che da
sempre diffonde, rende accessibile e promuove l’arte italiana.
Blumm Prize Art in progress | U40
Artisti: Afterall, AuroraMeccanica, Davide Balliano, Simone Bergantini, Claude Collins Stracensky, Dusica Drazic, Ygor Eskinja, Matteo
Fato, Leonora Hamill, Richard Loskot, Andrea
Mastrovito, Jacopo Mazzonelli, Ivan Moudov, Maria Elisabetta Novello, Yael Plat, David
Rickard, Cagdas Sari, Michele Spanghero, Jonathan Sullam, Lamberto Teotino
Giuria: Martina Cavallarin (critica e curatrice),
Franco Pomilio (presidente di Pomilio Blumm
s.r.l.,), Rosanna Gangemi (direttrice Drome magazine), Simona Gavioli (critica e curatrice), Vania Gransinigh (conservatore dei Civici Musei di
Udine – Casa Cavazzini), Paola Marino (comunicazione applicata alle Arti Contemporanee),
Rizziero Di Sabatino (gallerista)
Info: www.blummprize.eu
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Dall’alto: Ritratto di Maria Elisabetta Novello
Maria Elisabetta Novello, Vasi comunicanti, particolare, 2013, vasi
antichi in vetro e cenere
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Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/when-now-is-minimal-la-collezione-goetz-in-arrivo-al-museion/
Arte > Mostre
When Now Is Minimal.
La collezione Goetz in arrivo al Museion
Intervista a
Ingvild Goetz
sul #83 di Espoarte
BOLZANO | Museion | 23 novembre 2013 – 5 ottobre 2014
di GABRIELE SALVATERRA
La Sammlung Goetz è una tra le più importanti
raccolte private di arte al mondo e vanta una
collezione di più di 5000 pezzi: opere realizzate
nelle tecniche più disparate e in grado di coprire
movimenti artistici e personalità tra le più significative degli ultimi trent’anni. Nella Sammlung
Goetz si possono incontrare gli esponenti di
Arte Povera, artisti come Tracey Emin e Mona
Hatoum, fotografi come Andreas Gursky e William Eggleston, videoartisti come Douglas Gordon e lavori fondamentali per la storia dell’arte
più recente come l’intero ciclo CREMASTER
di Matthew Barney. Nata dall’attività di Ingvild
Goetz, che tra la fine degli anni ’60 e l’inizio
degli anni ’70 apre la casa editrice Edition art in
progress e in seguito la galleria Art in progress,
questa collezione può vantare una reputazione
da istituzione pubblica e la realizzazione di molti
progetti e collaborazioni di livello museale.
Mentre nella sede di Monaco si festeggiano i
vent’anni dalla nascita della collezione con la
mostra Happy Birthday!, al Museion di Bolzano arriva un nucleo di opere neo-minimaliste
When Now is Minimal, veduta della mostra a Museion, 2013. Courtesy Sammlung Goetz. Foto: Luca Meneghel
e una mostra frutto della collaborazione tra
Sammlung Goetz, Museion e New Museum di
Norimberga: When Now Is Minimal. La mostra
prende in considerazione una serie di artisti che
oggi affrontano il linguaggio del minimalismo
assumendo la sua pulizia formale con più elasticità, attenuandone il caratteristico rigore ed
inserendo al suo interno anche elementi spuri.
In questo senso l’appuntamento si inserisce
negli interessi di Museion che da alcuni anni
con mostre come Carl Andre, Migros Meets
Museion o Rosemarie Trockel “Flagrant Delight”, guarda con occhio di riguardo al movimento americano degli anni ’60, non soltanto
nella sua prospettiva storica ma anche attraverso i semi e le filiazioni, perché no divergenti,
riconoscibili nelle generazioni più giovani.
In mostra i lavori sgargianti di Peter Halley, le
strutture sagomate di Imi Knoebel, i grigi impassibili di Alan Charlton, affiancati da artisti più
storicizzati come Blinky Palermo. Aspetteremo
con particolare interesse Wofgang Tillmans, da
sempre in bilico tra fotografia sociale e astrazione, e Andrea Zittel con le sue strutture abitative
in cui la semplicità formale minimalista viene
messa al servizio del vivere quotidiano. La mostra si prospetta interessante, soprattutto per
valutare lo stato della grammatica minimalista
a mezzo secolo dalla nascita del movimento.
Non ci perderemo questa mostra e ne parleremo anche con Ingvild Goetz in un’intervista
esclusiva in uscita sul #83 di ESPOARTE.
When Now is Minimal. Il lato sconosciuto
della Sammlung Goetz
Una cooperazione tra Museion Bolzano,
Sammlung Goetz e Neues Museum, Nürnberg
A cura di Karsten Löckemann, Angelika
Nollert, Letizia Ragaglia
23 novembre 2013 – 05 ottobre 2014
Inaugurazione venerdì 22 novembre 2013
ore 19.00
Museion
Via Dante 6, Bolzano
Info: + 39 0471 223413
[email protected]
www.museion.it
When Now is Minimal, veduta della mostra a Museion, 2013. Courtesy Sammlung Goetz. Foto Luca Meneghel In primo piano: Katja Strunz, Ohne Titel, 2008
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Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/fabbrica-borroni-fenomenologia-dello-spirito-spirito-italiano-atto-iv/
Arte > Mostre
Fabbrica Borroni. Fenomenologia dello “Spirito”:
Spirito Italiano – Atto IV
BOLLATE (MI) | Fabbrica Borroni | 17 ottobre – 20 dicembre 2013
di KEVIN MCMANUS
Parlare di figurazione oggi, soprattutto per chi
predilige – epidermicamente o criticamente –
altri orizzonti della produzione artistica, è come
incamminarsi su un terreno minato; soprattutto
perché, al di là e al di fuori di qualsiasi discorso
puramente qualitativo, il problema è innanzitutto l’inquadramento disciplinare. Appare evidente come la contemporaneità stretta veda ormai
una polarità tra un’arte ancora impegnata a
riflettere sul proprio linguaggio e un’arte impegnata a riflettere sull’immagine: due pratiche
parimenti necessarie, in quanto riposte a due
problemi (o a due categorie di problemi) differenti, per quanto non slegati tra di loro. Altrove
– pensiamo ad esempio all’America – questi
due approcci hanno ormai dato luogo a due
categorie di studiosi, di critici, perlopiù indipendenti l’una dall’altra. Da critico, mi chiedo a
volte se questa soluzione non sia in effetti la migliore, salvo tentennare di fronte a quegli esiti,
e a quegli artisti, capaci di giocare lungo l’asse
che separa i due poli, mettendo in discussione
la polarità stessa e stimolandoci a criticare la
faciloneria con quale l’abbiamo accettata.
La Fabbrica Borroni è uno dei luoghi – nel senso pregnante del termine – in cui questi dubbi
affiorano in modo più chiaro e ricco di spunti.
La difesa strenua della figurazione in quanto
tale, contro una presunta “dittatura dell’avanguardia”, è tentazione alla quale si sono lasciati
andare alcuni tra i critici managerialmente più
abili (e meglio retribuiti) di oggi, spesso invocando quella fantomatica “libertà di pensiero”
che è spesso adesione, tutt’altro che libera, a
una visione dell’arte come forma di intrattenimento elegante e facile ad un tempo.
Merito di Spirito italiano, anche agli occhi di un
sostenitore dell’“avanguardia”, è quello di aver
dimostrato come l’opzione a favore dell’immagine non abbia come conseguenza necessaria
l’“anything goes” della critica “libera”, ma possa al contrario accompagnarsi a una seria, e
questa volta veramente libera, riflessione sulle
opere. Potremo non essere sempre d’accordo
con le scelte (sarebbe anomalo il contrario), ma
la presenza di un progetto e la sua serietà non
si discutono. Questo Atto IV, che ha tutti gli alti
e bassi di una collettiva, si segnala tuttavia per
l’attenzione verso la grammatica dell’immagine,
verso la capacità di “comporre” prima ancora
di rappresentare o esprimere: dal rigore formale di Daniela Ardiri alla lettura quasi surrealista
dello spazio di Francesca De Pieri, dal linearismo austero, orientaleggiante di Irene Balia alla
Daniela Ardiri, dalle serie UP - Con la presunzione di poter sollevare tutto, 2013, stampa fine art su carta cotone, 10x15 cm (particolare)
69
reiterazione di frammenti di Linda Carrara. Il
tutto in una cornice che, benché si sappia che
non è così, sembra fatta apposta per contenere immagini. Gli altri artisti esposti sono Simone
Durante, Francesca Manetta, Chiara Paderi,
Alessio Tibaldi, Angela Viola.
Spirito italiano. Atto IV
a cura di Annalisa Bergo
Artisti: Daniela Ardiri, Irene Balia, Linda Carrara, Francesca De Pieri, Simone Durante,
Francesca Manetta, Chiara Paderi, Alessio
Tibaldi, Angela Viola
17 ottobre – 20 dicembre 2013
Fabbrica Borroni
via Matteotti 19, Bollate (MI)
Orari: lunedì-venerdì 10.00-18.00; sabato
16.00-19.00 (possibili variazioni, verificare
sempre via telefono)
Info: +39 36507381
[email protected]
www.spiritoitaliano.org
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Arte > Mostre
Jason Martin alla Lisson Gallery.
Il verso contrario della pittura
MILANO | Lisson Gallery | 21 novembre 2013 – 10 gennaio 2014
di GINEVRA BRIA
Milano, 20 novembre 2013. Le insidie pittoriche di Jason Martin, le sue volute pigmentali e
le torsioni materiche di superficie, finalmente, si
trasformano. Per la sua sesta personale in collaborazione con Lisson Gallery, la prima realizzata negli spazi di via Zenale a Milano, l’artista
britannico presenta una nuova serie di opere in
rame e nichel.
La galleria è stata suddivisa in due livelli esatti, due letture del suo lungo percorso: al piano
terra sono stati disposti alcuni lavori precedenti
al 2013, dipinti monocromi in cui, talvolta, il livore dell’olio radia la superficie di tele scalfite
da circonferenze ipnotiche. Al piano superiore
invece, invece una serie di otto bassorilievi,
otto superfici metalliche, preziose che oscillano, come di fronte ad uno specchio, tra pittura
e scultura, tra la vitalità singolare e la certezza
seriale, movimento e stasi, e persino tra astrazione e figurazione, come se ogni spettatore si
rispecchiasse nelle levigate sezioni non dipinte
dei supporti. I vortici e i rivoletti serpeggianti ottenuti tramite il gesto pittorico formano mulinelli
senza fine che si scontrano. E tuttavia, sostiene Luca Massimo Barbero, la lucentezza metallica rifiuta e respinge l’interpretazione facile,
rendendo questi oggetti adamantini e al tempo
stesso seduttivi e impenetrabili.
Per la realizzazione dell’opera esposta all’esterno, Jason Martin si è spinto ancora più in là
nell’esplorazione del legame tra pittura e scultura, con una nuova opera scultorea fissata
al suolo: una sorta di gigantesco baccello di
origine aliena o un meteorite cromato, schiantatosi nel cortile della galleria.
In questa mostra, dal titolo Sculpture as pain-
ting, Martin mostra il lato opposto, invisibile
perché riflesso al di là di uno specchio, delle
zampate violente inferte alla materia del colore.
La volumetria pittorica alla quale il campo monocromo lo ha sempre chiamato ad aderire, in
questa personale lascia spazio al calco impreziosito di alcune colate massive, ipostatizzate
dai riflessi dei metalli.
L’artista britannico a Milano mostra il verso
contrario della pittura, avvicinandosi alla perdita
della tridimensionalità schiva, interrotta che lo
ha sempre caratterizzato. L’impasto convulso,
ancora accalorato dall’energia fisica impressa
alle tracce plastiche di pigmento, sotto la superficie metallica trova una fissità che incanta e
che sottrae, questi otto lavori di piccole dimensioni (tutti datati 2013) allo stato della nostra
realtà e alle brutture del tempo.
Jason Martin. Painting as Sculpture
21 novembre 2013 – 10 gennaio 2014
Lisson Gallery
Via Zenale 3, Milano
Orari: lu – ve 9.30 – 13.00 e 15.00 – 18.00
sabato su appuntamento
Info: +39 02 89050608
[email protected]
www.lissongallery.com
Jason Martin. Sculpture as painting. Veduta della mostra,
Lisson Gallery, Milano
70
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Arte > Mostre
Barbara Nati.
Architetture sospese…
MILANO | The Format Contemporary Culture Gallery | 15 novembre – 13 dicembre 2013
di ALESSANDRO TRABUCCO
Questa serie si intitola La casa di questa mia
sera, un riferimento all’ultimo verso di una poesia di Montale che ha colpito l’immaginario
dell’artista. Il componimento finisce con questa frase: “Ed io non so chi va e chi resta”, di
sicuro restano le pareti lacerate e distrutte, le
potenziali storie vissute in quegli ambienti ormai
svuotati, e la forte sensazione di trovarsi di fronte ad un’epoca non bene identificata, oppure,
più efficacemente, alle suggestive fantasie di
un’artista visionaria.
Barbara Nati. Unpredictable Trees
a cura di Massimo Sgroi
15 novembre – 13 dicembre 2013
The Format Contemporary Culture Gallery
Via Giovanni Enrico Pestalozzi 10, Interno
32, Milano
Nell’immaginario visivo di Barbara Nati il paesaggio, e con esso anche alcune considerazioni di tipo ambientalista, trovano espressione in
quanto elementi rappresentativi di un percorso
che fa della fotografia e del fotoritocco digitale i
propri strumenti privilegiati.
Sin dalle serie di immagini, di qualche anno
fa, intitolate Il mondo oltre il mondo e Nebbie
di Avalon, la tecnologia della manipolazione
elettronica è utilizzata dall’artista per creare
scenari inesistenti, ma allo stesso tempo verosimili, perché derivanti da una più approfondita
riflessione su tematiche non molto lontane da
un’effettiva quanto, a volte, drammatica realtà
dei fatti.
Nelle fotografie di Barbara Nati manca comunque la rappresentazione dell’azione che mette
in atto l’evento descritto, l’artista raffigura piuttosto un risultato già avvenuto, senza con questo svelarne con precisione le cause. Possono
essere ricavate ricorrendo all’intuizione, oppure
alla natura stessa dell’immagine, che contiene
alcuni indizi identificativi.
Nelle sei immagini presentate nella personale
dal titolo Unpredictable Trees presso The Format Contemporary Culture Gallery di Milano,
Barbara Nati presenta sei differenti luoghi con
altrettante tipologie di costruzioni abitative sospese su delle strutture verticali, un richiamo
palese alla forma naturale dell’albero. Naturale ed artificiale si uniscono a creare una nuova
entità ibrida, la cui vera origine, però, ci è del
tutto ignota. Costruzioni misteriose che hanno
subìto un’azione traumatica che le ha rese quasi completamente inagibili, o per lo meno non
più integre, ma alcuni elementi testimoniano
che qualche presenza nascosta vi è ancora al
loro interno. Anche in questo caso il segreto
sulla natura di queste esistenze non viene svelato, ma è sufficiente riscontrare che in queste
condizioni di degrado strutturale la dimensione
umana non venga negata completamente, ma
rimanga comunque vitale, seppure come residuo, all’interno di queste architetture in fase di
totale disfacimento.
L’idea della casa sull’albero non può che suscitare reminescenze ludiche di un’età legata
all’infanzia o all’adolescenza, o per lo meno
indicare il tentativo di un ritorno alla natura, o
il rifiuto della dimensione alienante della città
contemporanea, con quegli agglomerati tutti
uguali ed attaccati l’uno all’altro, togliendo il
respiro e la vista dell’orizzonte infinito. Ma in
questo caso c’è come un’eco remota di attaccamento almeno alle comodità di tale stile di
vita, testimoniato dai materiali utilizzati (i canonici mattoni e cemento) ma anche dal ricorso
a fonti di energia non del tutto naturali, come
la luce artificiale (che immaginiamo sia elettrica)
che illumina solo alcuni interni.
71
Info: +39 02 4312 8242
[email protected]
www.theformatgallery.com
Barbara Nati. Unpredictable Trees, a cura di Massimo Sgroi, 15
novembre - 13 dicembre 2013, The Format Contemporary Culture
Gallery, Milano
Sotto: Barbara Nati. Unpredictable Trees
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Arte > Mostre
Pistoletto alla Galleria Continua.
“100 idee per altrettante mostre”
SAN GIMIGNANO (SI) | Galleria Continua | 21 settembre 2013 – 7 gennaio 2014
di NICCOLÒ BONECHI
Si è aperto il 21 settembre il nuovo progetto
espositivo di Michelangelo Pistoletto per la sede
italiana della Galleria Continua. L’artista, reduce
dal successo della grande mostra parigina al
Louvre, si trova a confrontarsi con gli eterogenei spazi dell’ex cinema teatro attraverso una
ricognizione storica del proprio percorso creativo, espresso e condensato nel libro “Cento mostre nel mese di ottobre”, pubblicazione
datata 1976 e realizzata dalla Galleria Giorgio
Persano: una sorta di intimistico prontuario nel
quale sono contenute 100 idee per altrettante
mostre ed opere. In questo dichiara che:
“La progettazione di queste mostre avviene nello stesso modo come per gli Oggetti in
meno del 1966, dove ogni singolo elemento è il
frutto immediato di una necessità contingente.
L’eventuale momento esecutivo a dimensione
reale, anche se sembra contraddire la logica
della contingenza, obbedisce alla logica della
progettazione che nel mio processo non occupa che un solo posto su cento”
affermando così un’attenzione particolare al
processo ideativo al quale Pistoletto ha riservato sempre una puntuale attenzione, antecedendola solamente all’analisi del contesto dove
sarebbe andato ad agire.
Per quanto alcune delle opere in mostra, pur
se realizzate recentemente, trovino spunto da
riflessioni di oltre trenta anni fa, si percepisce
fortemente una coerenza espressiva che contraddistingue da sempre il percorso artistico di
Pistoletto, non tanto per l’uso di quei materiali
che lo hanno reso riconoscibile ed apprezzato
in tutto il mondo ma per la costante attenzione
che ha posto nelle tematiche affrontate nel corso della sua carriera, perseguendo una direttiva
che non ha mai ceduto il passo alle mode del
tempo o alle controverse leggi del mercato (celebre l’aneddoto della conversazione in taxi con
Castelli e Solomon), ma che si persiste tutt’ora
nell’equilibrio e nell’attualità delle opere esposte per questa occasione.
Il percorso espositivo si apre con una serie di
opere dal ciclo Vortice, un nuovo sviluppo della
superficie riflettente che in questo caso viene
“deturpata” della sua candida limpidità – e linearità – con l’inserto di linee d’ombra che modificano la percezione di sé stessi (osservatore) e
dello spazio in cui sono inserite.
L’elemento specchio ritorna ovviamente anche
nelle opere realizzate da “Cento mostre nel
mese di ottobre”, sia nell’opera Altalena dove
è calato dal soffitto per offrirsi al fruitore che ne
può modificare la stabilità strutturale e la sensazione che offre, alterando l’imprescindibile
tangibilità che ci si aspetterebbe da questo; sia
in Specchio di taglio o in Questo spazio non
esiste dove il proposito è indagare sul ruolo
dell’artista e sul suo campo d’azione.
Sono numerose le installazioni “storiche” che
completano la mostra (Il bacio al piede, Il giro
del mondo, Profilo), ma per lo spazio della
platea Pistoletto decide di intervenire con una
interpretazione del concetto di Terzo Paradiso
che dieci anni fa teorizzava nell’omonimo manifesto e ne rendeva nota l’identità visiva: al simbolo matematico dell’infinito (due cerchi significanti natura e artificio) viene inserito un terzo
cerchio a congiunzione e rottura tra i primi due,
ipotizzando nuove relazioni tra uomo e società.
Per questa occasione Pistoletto lo realizza attraverso numerosi e differenti piatti da batteria,
dando vita ad una connessione naturale con
il luogo che la accoglie, e ancor prima con la
fluidità dell’elemento sonoro.
Michelangelo Pistoletto
21 settembre 2013 – 7 gennaio 2014
Galleria Continua
Via del Castello 11, San Gimignano (SI)
Orari: da lunedì a sabato, 10.00 -13.00 /
14.00-19.00
Info: +39 0577943134
[email protected]
www.galleriacontinua.com
Michelangelo Pistoletto, Frammenti di specchio, 2013, specchio,
senza dimensioni. Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano /
Beijing / Le Moulin. Foto: Ela Bialkowska, OKNO STUDIO
72
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Arte > Mostre
Beatrice Pediconi:
Never ending story… alla Collezione Maramotti
Intervista a
Beatrice Pediconi
sul #83 di Espoarte
REGGIO EMILIA | Collezione Maramotti | 6 ottobre 2013 – 9 gennaio 2014
di CHIARA SERRI
Giocata sul binomio luce/ombra, la mostra di
Beatrice Pediconi alla Collezione Maramotti di
Reggio Emilia si configura come un’esperienza
sensoriale, fatta di attraversamenti ed immersioni, di ritmi lenti, adagi ed improvvise accelerazioni. Dal chiarore diffuso della prima sala,
interrotto da sequenze di polaroid che concentrano nella piccola dimensione visioni siderali,
al buio relativo della seconda stanza, dove il
visitatore viene sommerso dalla pittura e proiettato in un mondo “altro”, lontano dalla realtà
e allo stesso tempo vicino, in quanto l’acqua
evoca idee di nascita e gestazione.
Una videoinstallazione ambientale che, come
dichiarato dal titolo della mostra – 9’/ Unlimited
-, si colloca al di fuori del tempo, concentrando nel medesimo istante passato, presente e
futuro. Lo stesso video viene, infatti, proiettato sulle quattro pareti con un solo secondo di
scarto. Pittura mutante che l’artista ottiene attraverso un procedimento tecnico perfezionato
negli anni: all’interno di una vasca immette, a
diverse velocità, liquidi organici ed inorganici,
colori, sostanze alimentari ed estratti vegetali,
abbracciando una casualità veicolata di matrice orientale. Dopo una prima fase di ricerca, in
cui le prove vengono documentate attraverso
l’uso di polaroid formato 10×13 cm, ottenute
con un banco ottico zenitale, si passa al lavoro vero e proprio, con esiti solo parzialmente
controllabili.
Dovendosi confrontare con una Collezione
in cui la pittura è ampiamente rappresentata,
Beatrice Pediconi sceglie di creare un vero e
proprio ambiente pittorico, che si differenzia
dalle sue precedenti produzioni, zen e minimali,
per l’uso di una materia ricca e corposa. Bolle,
accensioni luminose, iniezioni di tempera nera
che entrano nel campo visivo “sporcando” nubi
di panna, ritmi misteriosi generati dal silenzio,
continue contaminazioni che incuriosiscono
l’artista, portandola ad operare come un piccolo chimico. Non a caso, il prezioso volume
che accompagna l’esposizione contiene una
formula chimica elaborata appositamente da
Andrew Lerwill. Libro nella concezione, opera
nella realizzazione: una scatola nera per polaroid che si apre gradualmente, secondo l’idea
di esplorazione connaturata alla mostra. Al suo
interno, fotografie e still da video, ma anche un
haiku di Momoko Kuroda ed un musical score di Lucio Gregoretti, che probabilmente non
sarà mai suonato. «La musica è dentro», spie-
ga Beatrice Pediconi, «visitando questo mondo vorrei che ognuno sentisse il proprio suono:
naturale, istintivo, non predeterminato…».
Info: +39 0522 382484
[email protected]
www.collezionemaramotti.org
Beatrice Pediconi | 9’/ Unlimited
6 ottobre 2013 – 31 gennaio 2014
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia
Orari: giovedì e venerdì 14.30-18.30, sabato
e domenica 10.30-18.30, chiuso 25-26 dicembre, 1 e 6 gennaio
73
Beatrice Pediconi, 9’-Unlimited, 2013, veduta della mostra,
Collezione Maramotti, Reggio Emilia © Beatrice Pediconi.
Foto: Dario Lasagni
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http://www.espoarte.net/arte/cristina-nunez-senza-vergogna-a-casa-sponge/
Arte > Mostre
Cristina Nuñez.
Senza vergogna a Casa Sponge
PERGOLA (PU) | Sponge Living Space (Casa Sponge) | 16 novembre – 16 dicembre 2013
di FRANCESCA DI GIORGIO
Cristina Nuñez. BUT BEAUTIFUL, veduta della mostra da Sponge
Living Space. Foto: Stefano Baraghini
«Preparatevi ad opere scomode, sincere, senza
vergogna» si precisa nella comunicazione e in
effetti a leggere i “passaggi” biografici di Cristina
Nuñez (Figueras, 1962) in mostra, dallo scorso
week-end, da Sponge Living Space di Pergola
c’è da crederci. Le radici militari franchiste della famiglia, l’infanzia come bambina invisibile,
l’adolescenza come eroinomane e prostituta,
uscire dalle droghe in comunità, immigrare in
italia, sposare un fotografo, scoprire la fotografia e iniziare ad usare l’autoritratto come autoterapia, girare il mondo per diffondere il suo
metodo The Self-Portrait Experience…
Com’è arrivata a Casa Sponge? Semplice, ha
vinto la seconda edizione del Premio Ora e l’associazione l’ha scelta per una mostra personale a cura di Carolina Lio. Per un’artista abituata
a riflettere sugli aspetti più intimi dell’esperienza
umana esporre in una casa vissuta rappresenta
un’occasione particolare per porsi in dialogo,
come ci racconta Cristina Nuñez, «con una
casa antica, con una storia, e in campagna.
Ho sempre voluto fare un viaggio nel tempo,
immaginare come vivevano una volta. Esporre
le mie foto a Casa Sponge significa stabilire un
rapporto con gli spiriti della casa, gli antenati,
coloro che in questo luogo hanno vissuto».
Le immagini esposte fanno parte di tre progetti
recenti incentrati sull’autoritratto: Someone to
love: la sua autobiografia in autoritratti, foto di
famiglia, paesaggi… Higher Self, autoritratti
condivisi, prodotti durante i suoi workshop di
autoritratto, sul tema dell’espressione di emozioni; La Vie en Rose, il nuovo progetto in video
e performance, con l’obiettivo di trovare l’amore della sua vita.
Le persone fanno parte della ricerca della
Nuñez a partire dalla loro consistenza fisica
perché, capovolgendo il “tema” della stagione espositiva di Sponge ArteContemporanea
la “Forma è sostanza”, senza mezzi termini,
l’artista spagnola mira a “convertire la merda
in diamanti”:
«Il corpo è sacro, è sublime, non importa l’età,
esprime profondamente l’essenza di quell’essere umano, in tutta la sua molteplicità e plasticità. Mostra i segni del tempo, delle vicende
vissute, delle emozioni ma è anche capace di
cambiare, evolvere e, ogni tanto, mostra altro,
altri esseri, anche iconici, epici. Il corpo nudo ci
mette a contatto con la nascita e la morte, la
vulnerabilità totale, la sessualità, il riprodursi, le
funzioni metaboliche come mangiare, digerire e
defecare, ci porta a fare il viaggio più profondo,
più perturbante».
Cristina Nuñez sente anche l’incedere del tempo e la necessità che l’uomo ha di agire e di
colpire nel segno:
74
«Stiamo distruggendo il pianeta. Il mondo
finirà in meno di 100 anni e noi non avremo capito niente, perché viviamo pensando di essere
qui per fare una bella vita. No, se questo nostro mondo deve finire, noi dobbiamo essere
consci, consapevoli, saggi, forti. Dobbiamo essere guerrieri, pronti al peggio, e determinati a
passare tutte le prove. Dobbiamo concentrarci
nella nostra evoluzione. Non dobbiamo scappare, dobbiamo affrontare tutto a partire da noi
stessi. L’arte può essere uno strumento potente, incredibilmente efficace e catartico, per
farci fare un viaggio verso le nostre profondità
e farci riflettere su chi siamo e che cosa stiamo
facendo».
Una mostra coinvolgente, che non lascia spazio all’indifferenza, con opere che l’artista stessa definisce scomode, perché l’arte e la vita
«rivoltano l’artista come un calzino». In questa
direzione attendiamo il workshop e la performance in programma il 7 e l’8 dicembre.
Cristina Nuñez. But Beautiful
a cura di Carolina Lio
partner: PREMIO ORA, azienda vinicola Terracruda di Fratterosa PU
Sponge Living Space (Casa Sponge)
Sponge ArteContemporanea
Frazione Mezzanotte 84, Pergola (PU)
16 novembre – 16 dicembre 2013
Inaugurazione sabato 16 novembre ore
18.30
Orario: su appuntamento
Workshop e performance: 7/8 dicembre
2013
Info: +39 339 4918011
[email protected]
www.spongeartecontemporanea.net
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Arte > Mostre
Driant Zeneli alla GAM.
Siamo tutti in Vitrine
TORINO | GAM | 16 ottobre 2013 – 12 gennaio 2014
di GINEVRA BRIA
Rievocando il primo, cliccatissimo video di
Chris Crocker (video virale dal titolo Leave Britney alone, 2007), Driant Zeneli (1983, Shkoder,
Albania. Vive e lavora a Torino) presenta, alla
GAM, Leave me alone. Il video, cliccato da
quattro milioni di persone in soli due giorni,
è stato ripreso e imitato come un format gestuale dagli utenti del canale YouTube. Il lavoro
di ricerca intermediale dell’artista albanese si
inserisce all’interno della terza edizione di Vitrine, il progetto dedicato alla ricerca artistica
contemporanea sviluppata in Piemonte. La
curatela della nuova edizione è stata affidata
ad Anna Musini, che ha invitato cinque artisti a
presentare un progetto capace di raggiungere
con immediatezza il pubblico del museo e di
instaurare dialoghi.
Questa terza edizione di Vitrine, prendendo
spunto da un dipinto appartenente alla Collezione GAM, di Renato Guttuso, Gente in Strada (Passaggio Pedonale), eseguito tra il 1956
e il 1957, si propone di suggerire un racconto,
una narrazione visiva sul nostro tempo e sulla contemporaneità storica e artistica. L’opera
cristallizza un momento, una scena rubata dalla strada, dalla quotidianità, un’immagine comune cui siamo abituati, che seppure datata
1956-1957 resta assolutamente attuale. Uno
sguardo aperto sulla società e sulla realtà civile. Vitrine si sviluppa in uno spazio volutamente
non definito e di passaggio come l’atrio del museo, un’area aperta che ospita progetti artistici
proprio come se i lavori venissero posti in vetrina. Una lettura e una riflessione circolare tra
le due parti che trova espressione nell’arte. Gli
artisti selezionati sono: Driant Zeneli, Manuele
Cerutti, Alessandro Quaranta, Alis/Filliol, Felipe
Aguila.
VITRINE
Un progetto della GAM – Galleria Civica
d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Terza edizione: Gente in strada (passaggio
pedonale) a cura di Anna Musini
PRIMO APPUNTAMENTO:
Driant Zeneli. Leave me Alone
A partire dal dipinto di Guttuso, Zeneli si interroga su chi sia la gente di strada oggi, e trova
la risposta, fra i passanti virtuali del web, fra i
navigatori di internet e gli incapricciamenti, i
fad virali che spostano le masse dell’opinione
pubblica giovanile. Zeneli, nel progetto esposto
alla GAM, si ispira all’odierno panorama massmediatico di esibizione accessibile e di guadagno facile attraverso il web, concentrando
l’attenzione sul fenomeno-Crocker. Cercando
in rete, Zeneli compie una selezione, facendo
provini attraverso i quali scrittura gli attori e li
invita a partecipare alla sua pièce cinematografica. Il percorso dell’artista albanese investiga
solitamente aspetti e meccanismi della natura
umana rappresentando situazioni ironiche, momenti surreali, azioni, performance e drammi.
Da ricordare che l’artista, prima di approdare
alla GAM, ha vinto il Young European Artist
Award, a Trieste nel 2009; l’Onufri International
Contemporary Art Prize a Tirana nel 2008 e l’International Film Festival di Pesaro, nel 2007.
17 ottobre 2013 – 12 gennaio 2014
Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea
(GAM)
via Magenta, 31, Torino
Info: +39 011 4429518 (centralino) – +39 011
4429595 (segreteria)
[email protected]
www.fondazionetorinomusei.it
Vitrine, Driant Zeneli. Foto: Biamino
75
Espoarte Digital
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Arte > Mostre
Esperidi… le installazioni di
Giulio De Mitri da Pino Casagrande
ROMA | Studio d’Arte Pino Casagrande | 5 novembre – 31 dicembre 2013
di ROBERTO LA CARBONARA
Un grande bagliore, nella sospensione silenziosa dello spazio, avvolge il lavoro di Giulio
De Mitri ospitato dalla galleria romana di Pino
Casagrande. Tra i maggiori esponenti della
light art italiana, l’artista tarantino presenta un
progetto di armonioso rigore formale e sensibilità estetica: installazioni in grado di trattenere
complesse implicazioni e riferimenti arcaici di
matrice mediterranea e mitologica.
Sin dal titolo della mostra curata da Paolo Aita,
Esperidi, l’artista definisce luogo ed utopia di
un notturno architettonico dove la caducità del
giorno si coniuga all’eterno. Evoca le figlie della
notte e dell’Oceano o di Atlante che di fronte al
loro giardino sostiene la volta celeste. E ricostruisce in pieno la seduzione di quel giardino
immateriale dove è la luce nei toni dell’azzurro a
declinare un orizzonte visivo e memoriale.
L’opera centrale, Eden, una grande circonferenza su cui si adagiano leggeri gli strali di
ampie volute di seta e poliestere, emana la sua
luminosità attraverso centinaia di minuscoli
led azzurri qualificando la scena di una fragile solennità in cui tutto appare evanescente e
precario eppure immutabile ed eterno. Il moto
circolare, al centro dell’installazione, del profilo di una farfalla conferma questa intuizione
e coniuga il simbolismo della bellezza e della
purezza.
Così anche nella vibrazione aerea di Passaggio, la grande parete disseminata di 42 farfalle
recanti ciascuna un punto luce, è la storia della
trasformazione, di un divenire perenne tra nascita e fuga, tra unità e molteplicità.
I riferimenti di Giulio De Mitri sono da sempre di
natura trascendentale e ogni tentativo di trattenere in scultura la leggerezza aerea della luce riposiziona costantemente lo sguardo dell’artista
e dell’uomo rispetto all’immensità delle distese
azzurre, del mare e del cielo. Sia in Lucis, le
tre stelle tridimensionali di dimensioni diverse,
dipinte con smalto metallizzato di colore blu, da
cui irradiano seicento corpi luminosi, che nelle
nove stele di Flux, esili corpi trasparenti verticali, si percepisce l’inarrestabile tensione che
volge verso l’alto e che rende ogni presenza
testimone dell’assoluto.
La mostra di De Mitri segna una tappa fon-
Giulio De Mitri, Eden, 2012
76
damentale nel percorso dell’artista in virtù di
una armoniosa sintesi di un lavoro decennale
in cui dalla scultura alla pittura, dall’installazione alla grafica d’arte e alla performance, tutto
quanto appare inestricabilmente connesso e
sembra ricondurre ad un’esigenza spirituale
ed estetica. Senza alcuna scissione tra i due
termini dell’elaborazione concettuale. Laddove
l’immagine diventa immersiva ed esprime pienamente lo slancio dell’uomo verso l’azzurro
dell’infinito.
Giulio De Mitri. Esperidi
a cura di Paolo Aita
5 novembre – 31 dicembre 2013
Studio d’Arte Pino Casagrande
Via degli Ausoni 7a, Roma (San Lorenzo)
Orari: da lunedì a venerdì - 17.00 / 20.00
Info: +39 06 4463480
[email protected]
www.pinocasagrande.com
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Arte > Mostre
Tre giovani artisti
tra cielo, terra e… carne
VERONA | La Giarina Arte Contemporanea | 26 ottobre 2013 – 15 gennaio 2014
di SIMONE REBORA
Metti una mostra sospesa tra la terra e il paradiso. Mettila in mano a tre giovani artisti: tra
ricami d’amore e di sangue, body parts e nubi
deflagranti, la vedrai crollare nel profondo, fin
sotto la pelle, dentro la carne. Ma, come per
ogni caduta, nel cuore dell’abisso è anche la
scintilla per la risalita.
Alla galleria La Giarina di Verona, Luigi Meneghelli mette così in moto un percorso duplice e
specchiante, catabasi che è anche proiezione.
Nella prima stanza i tre artisti si confrontano direttamente, per poi sviluppare in autonomia i
propri discorsi: sentieri divergenti ma riuniti da
un bisogno comune, da una speranza (e un
malessere) costante. Flurina Badel (Engadina,
1983; vive a Basilea) espone le foto del suo
corpo nudo, abbandonato come resti di carne
nel folto della foresta. Un desiderio di abbandono e dispersione, che si accentua nel video
proiettato sulla superficie lattiginosa di una
tinozza, e poi sprofonda fin sotto la pelle, attraverso la pratica del ricamo. Negli ironici fazzoletti con sopra cucite dichiarazioni d’amore,
ma soprattutto nella perfomance eseguita durante il vernissage (Under my skin II), momento
anch’essa di abbandono e profferta del proprio
essere, che per narrarsi implica però sacrificio,
sangue versato.
Sulla chiave di volta del percorso espositivo, si
situano poi le creazioni di Giancarlo Lamonaca
(Cortina D’Ampezzo, 1973; vive a Varna). Immagini aeree, slanciate verso e oltre il cielo: deflagrazioni di nubi che lasciano però percepire il
senso di una materia ribollente, quasi nebulose
informi sospese nel vuoto, da cui poi sorgeranno nuovi pianeti, stelle e galassie. Le composizioni sono esposte nell’ampia e luminosa sala
finale, che ne esalta la consistenza quasi pittorica: frutto di numerosissime sovrimpressioni
fotografiche, le opere di Lamonaca sembrano
suggerire come proprio nell’apertura sconfina-
ta del cielo si celi un nuovo germe d’abisso.
E il percorso si conclude infatti con la discesa
nel sotterraneo, dove è proiettato il video Dark
Diary – Mein dunkles Tagebuch di Lissy Pernthaler (Bolzano, 1983; vive tra Berlino e l’Alto
Adige). L’avevamo già incontrata nella prima
sala, con le sue immagini disturbanti, legate al
consumo smodato del cibo e allo smembramento del corpo. Qui il discorso è sviluppato
ulteriormente, in una complessa narrazione
a tre canali: ma proprio al momento di sprofondare nell’abisso delle pulsioni, quando la
foresta si fa folta e irrespirabile, uno squarcio
di luce si offre inatteso, impulso a risalire infine
quel sentiero segreto, sospeso Between Heaven and Earth.
Between Heaven and Earth
Flurina Badel, Giancarlo Lamonaca, Lissy
Pernthaler
a cura di Luigi Meneghelli
26 ottobre 2013 – 28 gennaio 2014
La Giarina Arte Contemporanea
Via Interrato Acqua Morta 82, Verona
Orari: dal martedì al sabato 15.30 – 19.30 e
su appuntamento
Info: +39 045 8032316
[email protected]
www.lagiarina.it
In alto:
Between Heaven and Earth - Opening con performance di Flurina
Badel, Under my skin II - sabato 26 ottobre. foto: Anto/Fotoland.
Courtesy La Giarina Arte Contemporanea
Giancarlo Lamonaca, Nube_#21, 2013, stampa a pigmenti su carta cotone, cm 120x120. Courtesy La Giarina Arte Contemporanea, Verona
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Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/visitors-natives-le-scarpe-e-i-talenti-di-domani-in-mostra-a-vigevano/
Design + Lifestyle
“Visitors & Natives”:
le scarpe e i talenti di domani in mostra a Vigevano
VIGEVANO (PV) | Museo Internazionale della Calzatura “Pietro Bartolini” - Castello Sforzesco | 14 settembre – 10 dicembre 2013
di SILVIA CASAGRANDE
«Non giudicare il tuo vicino finché non avrai
camminato per due lune nelle sue scarpe».
Così sentenziavano i Nativi d’America, anticipando visioni contemporanee sull’ingerenza delle calzature nella costruzione identitaria
dell’individuo. Da quando gli abiti non vollero
più saperne di toccare il suolo, le scarpe, “piano terra” dell’edificio stilistico, hanno iniziato a
contribuire alla progettazione di mode e a definire lo stato d’animo di un’epoca, talvolta offuscando l’importanza dell’abito stesso.
una ragazza le scarpe giuste – assicurava Marilyn Monroe – e conquisterà il mondo!”
Da accessorio, dunque secondario e complementare, sono diventate con il tempo elementi
primari dotati di autonomiaformale e oggetti
da esposizione. Con questo spirito il Museo
Internazionale della Calzatura del Comune di
Vigevano, con il patrocinio di Assocalzaturifici e
della Provincia di Pavia, ha organizzato la mostra Visitors & Natives: le scarpe e i talenti del
domani, una vetrina prestigiosa per giovani designers con l’ambizione di diventare nel tempo
un appuntamento annuale. Visitors and Natives
propone le calzature di cinquanta giovani designers di talento, divisi tra “Natives”, italiani, e
“Visitors”, stranieri. Alcuni autori sono già noti,
come Sarah Flint, affermata negli Stati Uniti con
il marchio che porta il suo nome, o Heather Williams, che ha realizzato collezioni per brand importanti come Reebok, Calvin Klein e Tommy
Hilfiger; altri invece, come la designer Shaowei
Wu, sono agli esordi suggerendo però percorsi
promettenti.
Designers: Benjamin Adams, Liza Åslund,
Rosanne Bergsma, Kary Chaudhry, Breno Cintra, Liz Ciokajlo, Maco Custodio, Dukas, Adil
Dzouzi, Sarah Flint, Stephanie Hensley, Kron
Kron, Jenna Lievonen, Vera Meijwaard, Gio
Metodiev, Iva Minkova, Geisa Polina, Anastasia
Radevich, Zuzana Serbáková, Jan Taminiau,
Deniz Terli, Eniko Toth Kern, Anne Vaandrager,
Shaowei Wu, Michelle Wu, Heather Williams,
Rohini Yadav, Mauro Bracalente, Edy Cardinali,
Isabella Cascianelli, Francesca Castagnacci,
Antonio Cesaro, Simona Citarella, Alice Coppola, Graziana De Girolamo, Pietro Paolo Del
Prete, Charline De Luca, Salvatore Grasso,
Giulia Leonardi, Giorgio Properzi, Paolo Ronga,
Giulia Signorini, Vincenzo Somarelli, Gianluca
Tamburini, Sara Tognacci, Simone Traini, Andrea Sara Trezzi, Matteo Vanzolini
Ottanta scarpe-opere d’arte da guardare e da
indossare. Scarpe per percorrere nuove strade
che, tra arte e funzione, spostano l’attenzione
dall’insieme al particolare, come a ricordarci
che nel nostro tempo il senso non è più nei
grandi significati ma nel dettaglio sensibile, nel
frammento. Ci sono state stagioni che hanno
pressoché ignorato le calzature: un semplice
“attacco a terra” dai volumi minimi, quasi invisibile e secondario rispetto ai piani superiori
– gli abiti – ai quali si intonavano per sudditanza. Ora invece la totalità moderna ha ceduto il
posto al frammento postmoderno e il senso si
è parcellizzato, forse, per l’impossibilità di uno
sguardo complessivo o forse perché la scarpa,
senza richiamare l’attenzione direttamente sul
corpo, rappresenta un’estensione del sé meno
ingombrante dell’abito. Comunque sia: “date a
Visitors & Natives.
Le scarpe e i talenti del domani
a cura di Museo della Calzatura del Comune di Vigevano
con il patrocinio di Assocalzaturifici e della
Provincia di Pavia e
Assessorato alla Valorizzazione Culturale
del Comune di Vigevano
14 settembre – 10 dicembre 2013
Scarpe di Vincenzo Somarelli
Museo Internazionale della Calzatura “Pietro Bartolini”
Scuderie Ducali - Castello Sforzesco
Piazza Ducale XX – Castello Sforzesco; accesso disabili da Corso della Repubblica e
Via del Popolo, Vigevano (PV)
Orari: martedì-venerdì 14.00-17.00; sabato,
domenica e festivi 10.00-18.00 (col ripristino dell’ora solare la chiusura è alle 17.30);
chiuso lunedì
Ingresso libero. Scuole su prenotazione
Info: +39 0381691636
[email protected]
www.comune.vigevano.pv.it
https://www.facebook.com/VisitorsAndNatives
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Scarpe di Giulia Leonardi
Espoarte Digital
www.espoarte.net
Leggi su espoarte.net
http://www.espoarte.net/arte/il-sogno-tra-le-sbarre-larte-di-guido-crepax-a-san-vittore/
Fumetto
Il sogno tra le sbarre.
L’arte di Guido Crepax a San Vittore
MILANO | Carcere di San Vittore | 19 novembre – 12 dicembre 2013
di FRANCESCA CAPUTO
È la prima volta che l’arte di Guido Crepax entra
nel Carcere di San Vittore a Milano, con Il sogno
tra le sbarre, la mostra-vendita aperta al pubblico
dal 19 novembre al 12 dicembre 2013. Le adesioni hanno superato le aspettative e non si esclude
l’aggiunta di nuove date a gennaio 2014.
Gli spazi angusti dello storico IV raggio, oggi in disuso e in attesa di restauro, sono ri-animati dai suoi
personaggi più noti: Bianca, Belinda, Anita, Dracula,
Dr Jekyll, Casanova e, naturalmente, Valentina.
Memorabilia, tracce estratte da recenti mostre
prodotte e organizzate dall’Archivio Crepax – a
Palazzo Reale di Milano, Guido Crepax: ritratto
di un’artista, a Palazzo Incontro di Roma, Valentina Movie – per dare vita a una inedita e speciale
esposizione, con un allestimento altamente scenografico e di impatto emotivo.
Sono circa cento le gigantografie, pannelli, sagome a grandezza naturale, copie autenticate
delle tavole illustrate. Esemplari unici, anche se
riproduzioni. Metà del ricavato delle vendite, per
volontà dell’Archivio Crepax, servirà a finanziare le
attività della Sartoria San Vittore. Il fashion brand,
nato dalla collaborazione tra Cooperativa Alice e
la stilista Rosita Onofri, che racchiude un progetto
sociale e imprenditoriale. Costituito da laboratori di
moda (due interni alle sezioni femminili di San Vittore e Bollate, e uno esterno dove lavorano persone
in misura alternativa e a fine pena) che, dal 1992,
impegnano detenute ed ex detenute, in percorsi di
formazione e produzione sartoriale, reinserendole
nel tessuto lavorativo; insegnando loro un mestiere.
È questo il valore aggiunto dell’inconsueta rassegna, frutto di condivisioni e sinergie. Sviluppando
un’intuizione della giornalista Francesca Brunati e
dell’avvocato Alessia Egidi, la realizzazione si deve
a una cooperazione tra l’Archivio Crepax, Sartoria
San Vittore e Direzione del Carcere di San Vittore,
sensibile all’idea di un carcere aperto.
Le riproduzioni delle opere di Crepax acquistate,
potranno essere ritirate a mostra conclusa nella
boutique Sartoria San Vittore a Milano, dove, oltre
alla collezione del marchio, si può trovare la linea di
maglieria e orecchini, creata per l’occasione, che
richiama il mondo di Valentina.
La mostra ospitata in San Vittore, trasformando
una struttura penitenziaria in sede museale temporanea, innesca un processo di connessione tra
mondo interno ed esterno. Il particolare contesto
in cui si trovano le opere di Crepax ci insegna a
sentire sulla nostra pelle, a guardare per comprendere, come si vive negli ambienti carcerari, cosa
significa davvero il sovraffollamento, la chiusura.
Crepax, allestimento “Il sogno tra le sbarre”. Foto di Emanuele Bestetti per Archivio Crepax. Per gentile concessione ARCHIVIO CREPAX
Innesca un dialogo tra i visitatori e alcuni detenuti,
formati dall’Archivio Crepax, che conducono insieme ai figli dell’artista le visite guidate. Determina
un’opportunità per la popolazione carceraria di
conoscere la sua produzione artistica.
La visita è un percorso di esperienza. Dopo aver
depositato carta d’identità e qualsiasi strumento
tecnologico, si è accompagnati in gruppo dalle
guardie penitenziare. Attraverso un labirinto di cancelli si entra in un ambiente dalle volte amplissime,
con affreschi corrosi dall’umidità. Una scala, stretta
e fatiscente, conduce al IV raggio.
Appena entrati, è impressionante il cortocircuito tra
l’eleganza del segno grafico di Crepax e gli ambienti desolati, le celle claustrofobiche, dove non
esiste intimità. Si stenta a credere che, fino a qualche anno fa, questi luoghi fossero vissuti. Sconvolge avvicinarsi alle sbarre delle finestre e vedere
altre celle illuminate, abitate.
L’allestimento attiva un gioco di sovrapposizioni
percettive e di senso, le opere di Crepax diventano
il transfert tra il mondo esterno che si immagina al
sicuro e le stratificazioni di cui sono intrise le pareti
delle celle. Resti di graffiti, scritte (la più frequente è
la parola “libertà”), cartoline, immagini sacre, ritagli
sgualciti di riviste (paesaggi, vedute marine, automobili, calciatori, alcune ricette di cucine, qualche
donna seminuda) e qua e là grossi fogli di carta sui
muri a contenere gli intonaci gonfi.
Una volta fuori, l’immediatezza delle percezioni non
si dirada. Al termine di questo sogno tra le sbarre,
ci si sente come Valentina al risveglio dalle sue incursioni nel mondo onirico, dove esplora costan-
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temente se stessa. Parte di questo sogno resta
impresso alle nostre coscienze. Portiamo con noi
la testimonianza della vita dentro.
IL SOGNO TRA LE SBARRE. Memorabilia dalle ultime mostre di Guido Crepax per un’esposizione nel Quarto raggio di San Vittore
a cura di Archivio Crepax
Casa Circondariale di San Vittore
Piazza Filangieri 2, Milano
Visite guidate: giovedì 21, martedì 26, giovedì
28 novembre / martedì 3 e giovedì 5 dicembre
/ martedì 10 e sabato 12 dicembre
con la possibilità di aggiungerne altre in gennaio, dopo la pausa natalizia
Ogni visita avrà regole precise, dettate anche
da questioni di sicurezza
Per prenotarsi: inviare una mail a crepax.sv@
libero.it., con la scansione del proprio documento di identità
Per ulteriori informazioni:
Antonio Crepax – +39 335 298335 – antonio@
guidocrepax.it
avv. Alessia Egidi – +39 334 1929576 – alessia.
[email protected]
A mostra conclusa, per il ritiro delle opere acquistate:
Sartoria San Vittore
Via Terraggio 28, Milano
www.sartoriasanvittore.com
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