— 898 CAMERA DEI DEPUTATI SESSIONE DEL 1861 TORNATA DEL 10 MAGGIO 1861 PRESIDENZA DEL COMMENDATORE TECCHIO VICE-PRESIDENTE. SOMMARIO. Congedi. =r Presentazione di due disegni di legge del ministro per l'agricoltura e commercio per il ritiramento delle monete erose nell'Emilia, e concambio di nuove in bronzo, e per aumento di somme stanziate per l'esposizione italiana in Firenze. — Omaggi, rz Lettera del ministro per l'interno, e trasmissione ad esso di petizioni relative al riordinamento provinciale. — Convalidamelo di un'elezione. — Seguito della discussione del progetto di legge per Vabolizione dei feudi in Lombardia — Discorso del deputato Mazza in difesa della proposta ministeriale all'art. 2, sul consolidamento delle proprietà nell'investito o nel chiamato — Proposizione di chiusura della discussione, oppugnata dai deputati Mosca, D'Ondes-Reggio e Turati, erigettata — Considerazioni del deputalo Mayr, e sua proposta di emendamento — Emendamento Ninchi — Discorsi dei deputati Regnoli e Tarati in appoggio della proposta della Giunta — Discorso del deputato Mosca contro il progetto della Giunta — Proteste, e spiegazioni personali dei deputati Allievi, Trezzi, Turati e Tecchio — Repliche del guardasigilli agli opponenti — Spiegazioni personali del deputato Depretis — Spiegazioni del deputato Mosca — Chiusura della discussione sull'art. 2. La sedata è aperta all'una e mezzo pomeridiane. massari, segretario, dà lettura del processo verbale della tornata precedente, il quale è in seguilo approvato. CAVATIMI, segretario, espone il seguente sunto di petizioni: 7100. Pignatari Vincenzo da Collecorvino, provincia di Abruzzo Ulteriore primo, si lagna dell'abbandono in cui furono dal Governo lasciati i liberali delle provincie napoletane , e de' favori accordati ai partigiani borbonici; invoca dalla Camera pronti ed efficaci provvedimenti, procurando in ispecie sia fatto il debito riparto de' sei milioni di ducati decretati dal dittatore Garibaldi ed un rigoroso scrutinio dei funzionari ed impiegali pubblici che parteggiano pel Borbone. 7101. Il municipio di Santa Maria Maggiore in Terra di Lavoro domanda la restituzione della somma in capitale ed interessi, che, per la costruzione di caserme militari fatte sotto il Governo borbonico, dovette mutuare dalla banca di sconto. 7102. Alcuni cittadini modenesi, stati danneggiati per cause politiche, i quali presentarono i documenti comprovanti il loro diritto ai compensi stabiliti per decreti dittatoriali , si lagnano che dal Ministero vogliasi adottare una diversa misura fra essi e gli abitanti delle provincie parmensi, limitando i compensi a coloro che soffrirono reali confische ed arbitrarie disposizioni dei loro beni. 7103. 11 Consiglio comunale di Tiesi, circondario di Alghero, ricorre perchè non gli venga più oltre ritardata l'autorizzazione richiesta di vendere una data partita di alberi di sovero da un bosco comunale, onde valersi del prezzo per alcune riforme urgenti alla conservazione del bosco medesimo. 7104. I Consigli comunali di Sarteano e di Cetara reclamano contro la proposizione del Consiglio compartimentale di Siena, relativa al traslocamelo della cancelleria e dell'uffizio del censo di Sarteano a Chiusi. 7103. Cinquanta cittadini di Nulvi, Sardegna, espongono alcune considerazioni tendenti a dimostrare viziosa , tanto sotto il punto di vista amministrativo, che per riguardi politici, l'istituzione proposta delle regioni, e confidano che la Camera non vorrà appoggiarla col suo voto. 7106. Tirelli Ercole, Giovanni ed Agostino, fratelli, di Stiolo, provincia di Reggio nell'Emilia, reclamano contro una decisione del soppresso tribunale di revisione in Modena e ne domandano la revisione da demandarsi a quella Corte o tribunale che la Camera stimerà opportuno. 7107. Campetti Angelica, di Lucca, allegando essere stato suo marito vittima delle persecuzioni dell'ex-Governo granducale, domanda di essere provvista di pensione, siccome vedova di un impiegato civile , stato destituito per fatti politici. 7108. Il municipio di Rossano, in Calabria Citeriore, chiede: 1° venga ultimata la costruzione della strada da Paola a Rossano; 2° si provveda energicamente alla pubblica sicurezza ed a reprimere i furti di campagna; 3° siano concesse al comune le rendite dell'abbadia di Santa Maria per il mantenimento di un collegio maschile, obbligandosi il comune di sopperire alle spese d'impianto nel locale del soppresso convento dei cappuccini. 7109. La Giunta municipale di Migliarino, provincia di Ferrara, sottopone al giudizio della Camera varie considerazioni tendenti a dimostrare la convenienza che i comuni e frazioni che devono formar parte di quel mandamento siano quelli indicati nel decreto dittatoriale 12 marzo 1860. ATTI DIVERSI. H1CHEC.INI. Colla petizione 7107 Angelica Campetti, da Lucca, allegando essere stato suo marito vittima delle persecuzioni dell'ex-governo granducale, domanda di essere provvista di pensione siccome vedova di un impiegato civile stato — 899 — TORNATA DEL i O MAGGIO destituito per fatti politici. Ad un tale fine chiede che alla Toscana sia estesa la legge piemontese del 14ottobre 1848. Prego la Camera di decretare sia riferita urgentemente questa petizione. La suddetta legge, con cui si reintegrarono nel loro grado gl'impiegati civili che dal 1° gennaio 1821 sono stati destituiti per motivi politici all'effetto di essere ammessi alla pensione di ritiro e di dare diritto ad un equo compenso alle vedove che si trovassero inistrettezze, è già stata estesa alle Provincie lombarde, modenesi e parmensi, alle Marche ed all'Umbria. Sembra quindi non solamente giusto, ma ancora urgente che sia anche applicata alla Toscana, acciò i cittadini tutti godano di eguali diritti. (È dichiarata d'urgenza.) «rikiIjENskoni. Colla petizione 7109 la Giunta municipale di Migliarino, provincia di Ferrara, sottopone allaCafoera varie considerazioni sulla convenienza di adottare la circoscrizione territoriale portata dal decreto dittatoriale 12 marzo 1860. Chiedo pertanto che sia dichiarata d'urgenza. (È dichiarata d'urgenza.) PA.CE. Colla petizione 7050, 215 cittadini di Cosenza, Calabria Citeriore, rappresentano la convenienza che quel capoluogo, avuto riguardo alla sua posizione geografica, alla popolazione edal numero degli affari, sia sede d'una gran Corte d'appello. Chiedo che questa petizione siadichiarata d'urgenza. (È dichiarata d'urgenza.) «amjOzzi. Colla petizione 7101 il municipio di Santa Maria Maggiore inTerra di Lavoro domanda la restituzione della somma incapitale edinteressi che per la costruzione di caserme militari fatte sotto il Governo borbonico dovette mutuare dalla banca di sconto. Domando che questa petizione sia dichiarata d'urgenza. (È dichiarata d'urgenza.) Il signor deputato Giovio, essendo trattenuto a Milano per circostanze imperiose, chiede uncongedo di sei giorni. (È accordato.) Il signor deputato Schininà chiede un congedo di 40 giorni per affari di famiglia. (È accordato.) II signor deputato Pantaleoni chiede parimente, per urgenti affari, uncongedo di un mese. (È accordato.) (Prestano giuramento i deputati Sergardi,Pessina e Nisco.) Il Comitato veneto centrale scrive quanto segue: « Facciamo omaggio acotesta illustre Assemblea di cento copie dell'opuscolo intitolato: Trieste e l'Istria, e loro ragioni nella questione italiana. « Ègiusto che la voce di fratelli italiani, tuttavia soggetti a dominio straniero e reclamanti l'imprescrittibile diritto di appartenere alla propria patria, si faccia sentire e ottenga ascolto daquesta rappresentanza nazionale. « In nome del proclamato principio dell'unità e dell'indipendenza d'Italia gl'Istriani domandano di far parte integrante della patria comune. « Lanatura, la storia, la nazionalità, gl'interessi commerciali, leragioni geografiche, militari e politiche, e il generale sentimento italiano del popolo, manifestato anchè testé dalle legali rappresentanze di Trieste e dell'Istria, concorrono a consacrare il diritto di questa estrema regione dell'Italia orientale di non restar esclusa dall'italiana famiglia, che sotto lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele II felicemente risorge ora a nazione. « Il Comitato scrivente, interprete dei sentimenti e dei voti delle province italiane tuttavia soggette all'Austria, adempie con quest'atto adundovere fraterno e patrio. « Ci segniamo con sincero ossequio. « Il Comitato veneto centrale « Firmati: Sebastiano Tecchio, presidente — G. B. Giustiniani —Guglielmo D'Onigo —Alberto Cavalletto. » L'avvocato Raineri fa omaggio alla Camera di due sue opere, l'una intitolata: Le vite di Dante Alighieri, di Galileo Galilei, di Nicolò Machiavelli, di Lodovico Ariosto, di lord G. Byron e di Antonio Canova; el'altra : Storia della Liguria sino ache sia stata assoggettata dai Romani, edi Porto Maurizio sino ai nostri tempi. Il deputato Carletti Giampiero faomaggio di 550 copie di un suo scritto : Osservazioni intorno al progetto di legge ammiproposto dal ministro dell'interno sull'ordinamento nistrativo dei comuni. Il ministro dell'interno scrive. « Il sottoscritto intende da qualche tempo adordinare a raccogliere in unvolume i numerosi richiami già trasmessi a questo Minislero dalle rappresentanze comunali e provinciali in ordine all'attuale ripartizione amministrativa del regno, ed è suo desiderio che la Commissione parlamentare o quell'altro Consesso cui verrà deferito il disegno di una nuova circoscrizione, sia posto in grado di farne giudizio complessivo, senza dover minutamente esaminare la congerie di documenti, bene spesso disseminati inlibri diversi, che suffragano quelle proposte. « Intale intento giova ch'egli abbia sott'occhio la serie compiuta di simili atti ; e poiché varie petizioni furono al riguardo presentate direttamente al Parlamento, si pregia perciò di richiedere il signor presidente della Camera dei deputati che voglia ordinare il rilascio a questo Ministero degli originali, ovvero di copie delle mentovate petizioni. » PRESIDENTE. Chieggo alla Camera se, nel caso che aderisca alla domanda, intenda trasmettere al Ministero dell'interno in originale odinsemplice copia le petizioni relative alla circoscrizione amministrativa del regno. Pongo ai voti la proposta di trasmetterle per originale. (Segue la prima votazione.) AM4BI. Io domando che si trasmettano per semplice copia. Voci. Ègià votato1 AMARI. Si faccia la controprova. PRESIDENTE. Essendo chiesta lacontroprova, interrogo la Camera seintenda che queste petizioni siano trasmesse per semplice copia. La votazione risultando dubbia, si farà nuova prova. (Dopo nuova prova e nuova controprova, la Camera delibera negativamente.) Le petizioni non saranno trasmesse in originale. Ora interrogo la Camera se intenda che siano trasmesse per copia. (Ilarità) (La Camera approva.) PRESENTAZIONE »1 DUEDISEGNI DI IÌEGKE : 1° PE& RITIRO DAEi CORSO NEIiEiE PROVINCIE DEMÌ'EMIMA DEBILE MONETE EROSE ; 3° PER .«.»MENTO RI SOMMA PER Ii'ESPOSIZIONE RI FIRENZE. PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il signor ministro d'agricoltura e commercio per la presentazione di disegni di legge. — 900 — CAMERA DEI DEPUTATI NATOLI, ministro per l'agricoltura e commercio. Ho l'onore di presentare alla Camera un disegno di legge pel-ritiramento dal corso nelle provincie dell'Emilia delle monete erose, e concambio delle medesime colle nuove monete di bronzo. Ho anche l'onore di presentare alla Camera un disegno di legge per l'aumento della somma stabilita nel bilancio per l'esposizione italiana agraria, industriale e artistica, che avrà luogo in Fireuze. E poiché per la legge di luglio 1860 questa esposizione debbe aver luogo nel prossimo settembre, ioprego la Camera perchè si compiaccia dichiarare d'urgenza il progetto di legge che ho avuto l'onore di presentarle. PRESIDENTE. Si dà atto al signor ministro della presentazione di questi due progetti di legge, che saranno stampati e distribuiti agli uffici. Se non vi è opposizione riguardo all'urgenza domandata pel progetto di legge per l'aumento di spese per l'esposizione industriale di Firenze, sarà l'urgenza accordata. (È dichiarato d'urgenza.) VERIFICAZIONE DI POTERI. PRESIDENTE. Se vi sono relatori che abbiano rapporti in pronto sopra elezioni, sono invitati alla ringhiera. MAZZA, relatore. Ho l'onore di riferire alla Camera sulla elezione del collegio di Cittanova. In questo collegio" sono inscritti 735 elettori, dei quali votarono nel primo squittinio 436. Il signor Diomede Marvaso ottenne 328 voti ; al signor Spana Bolani ne toccarono 84 ; gli altri furono dispersi o giudicati nulli. Il signor Diomede Marvaso, avendo ottenuta la maggioranza voluta, fu proclamato deputato. Le operazioni sono tutte regolari ; solamente si fece notare all'ufficio che il signor Diomede Marvaso era già stato eletto nelle prime elezioni, e che la sua nomina fu annullata perchè era impiegato ineleggibile. In seguito il signor Diomede Marvaso rinunciò all'impiego che copriva, e fu affermato all'ufficio che la sua rinuncia venne accettata in tempo utile; quindi l'ufficio approvò l'elezione e mi diè il mandato di proporvene la validazione, con la solita riserva sul caso in cui si venisse per avventura a riconoscere che la rinuncia non si fosse accettata in tempo utile. (La Camera approva.) SEGUITO DEIiliA DISCUSSIONE »Eli PROGETTO DI IiEfiGK PER li'ABOLIZIONE DEI FEBDB IN LQH> SARDIA. PRESIDENTE. L'ordine del giorno porta il seguito della discussione sull'articolo 2 del progetto di legge per lo svincolamento dei feudi in Lombardia. La parola spetta al deputato Mazza. MAZZA. Signori, dopo l'ampio e dotto svolgimento che l'onorevole guardasigilli ha dato nell'ultima tornata alle sue risposte, io mi restringerò, per non ripetere e non fastidiare la Camera, a poche e brevi considerazioni di diritto, lasciando ad altri oratori, i quali sono meglio di me in grado di conoscerle, di svolgere più ampiamente le ragioni di fatto. Entrerò direttamente nel cuore della quistione, la quale mi sembra egregiamente posta nel suo notevolissimo rap- SESSIONE DEL 1861 porto dall'onorevole relatore della Commissione, nel senso del sistema da lui propugnato.^ L'onorevole relatore della Giunta infatti considera gli attuali investiti come aventi la proprietà dei beni feudali, ma soggetta a determinati vincoli, quali sono l'inalienabilità, la trasmissione di essi in un dato ordine di successione. Ed annullando, egli dice, la legge questi vincoli, rinunciando la sovranità al suodiretto dominio, la piena proprietà si consolida naturalmente nelle mani degli attuali investiti. Io, signori, non farò questione di termini; considererò anch'io la sovranità come avente diretto dominio di questi beni; considererò gli attuali investiti come aventi l'utile dominio dei medesimi. Ebbene, la nazione, erede oggi della sovranità feudale, rinunciando al suo diretto dominio, esercita un suo diritto, adempie un suo debito, pel supremo indirizzo che le incombe della civile società. Ma, in verità, chi rinuncia ad un dominio deve poter disporre del suo dominio; chi rinunzia ad un diritto deve poter disporre del suo diritto ; e la sovranità che rinuncia al suo dominio deve aver facoltà di disporre nel modo che a lei sembra il migliore. Alei dunque, a lei sola spetta di vedere e di pronunziare intorno a questo modo. Ma intanto io stabilisco che, quanto al diritto che compete allo Stato, quanto al diretto dominio che allo Stato si deve riconoscere, che il relatore stesso gli riconosce, nè gli attuali investiti, nè i chiamati vi hanno ragione. Può la sovranità, se lo crede, accordare anche tutto il pieno dominio all'attuale investito. Ma non si parli, in grazia, di diritto, giacché, se parlaste di diritto, voi sareste in contraddizione con voi stessi, mentre affermate d'altro canto il dominio dello Stato, imperocché voi m'insegnate che non vi è dominio contro dominio, diritto contro diritto. Ma, si può replicare, questo diretto dominio proprio della sovranità, che cosa è insomma, e in che cosa consiste, se non nel diritto eventuale della riversibilità? Ora, cessato da lungo tempo il regime feudale, cessata la speciale protezione che era quasi il corrispettivo della riversibilità medesima, anche la riversibilità avrebbe dovuto cessare, e cessare senza compenso , quasi un patto bilaterale a cui manchi l'una delle parti. Sia pure ; ma a questo ragguaglio avrebbe pur dovuto cessare quell'ordine privilegiato di successione, in forza del quale soltanto l'attuale investito fu immesso nel feudo. Eppure non è cessato; e solo oggi si pensa invece a sciogliere definitivamente in Lombardia i vincoli feudali, solo oggi si pensa a restituirvi una buona volta l'ordine normale delle successioni. Sia pure che lo Stato rinunzi senza compenso al suo diritto; ma la legge, imparziale qual è, non può non tener conto di tutte le posizioni aquistate. Voi oggi, attuali investiti, ed il relatore stesso l'afferma, voi non avete che l'utile dominio. La proprietà nuda rimane quasi a dire in sospeso tra voi per il possesso che tenete del feudo; i chiamati, per la trasmissione che si fonda nelle tavole feudali; lo Stato, cui può toccare eventualmente il diritto di riversibilità. Ma nè voi, nè i chiamati, nè lo Stato avete assolutamente diritto a questa nuda proprietà. Il legislatore interviene, e dice: dove non è quistione di diritto, quivi non si può parlare che d'equità, che di riguardi per tutti; per gli attuali investiti, come per i chiamati, come per lo Stato. Con questo un fine supremo mi muove, cioè l'immediato svincolo dei beni feudali, l'istituzione immediata del diritto comune nelle successioni. — 901 — TORNATA DEL 10 MAGGIO Ma poiché qui non si tratta di diritto, poiché qui non è quistione che di riguardi, io dichiaro invero di non comprendere come mai chi non ha diritto a nulla possa pretendere a tutto; dichiaro di non comprendere come mai tutti i riguardi si vogliano avere per i presenti investiti, e nessuno per i primi chiamati, nessuno per lo Stato. Io posso concedere, se così vi piace, che l'investito, come chiamato effettivo, come chiamato il cui diritto si è già attuato col possesso del feudo, possa per avventura pretendere ad un riguardo maggiore ; epperò non mi oppongo al progetto di legge che riconosce questo maggior riguardo. Ma attribuire tutto agli investiti, nulla ai chiamati, nulla allo Stato, in verità mi pare, per troppa equità verso gli uni, voler essere iniqui e duri contro gli altri. Si è molto detto dagli oppositori, nell'ultima tornata, che i chiamati non avevano veramente un diritto, ma solo una aspettativa. L'onorevole deputato D'Onde^ dimostrò chiaramente il valore di queste aspettative, né io voglio qui ripetere ciò ch'egli ha detto così bene. Solo aggiugnerò che i primi chiamati non vengono già alla successione per la volontà del presente investito, ma, giusta il diritto feudale, vi vengono per diritto proprio, iure proprio. Inoltre non hanno mica soltanto l'aspettativa del godimento, ma hanno fin d'ora una vera ingerenza nel feudo. Infatti il feudatario non può, secondo il diritto feudale, nulla immutare né nella sostanza del feudo, né nell'ordine di successione, salvo che intervenga il consenso de' primi chiamati. Voi vedete che con queste e tali altre ragioni potrei facilmente stabilire anch'io come non soltanto competa ai primi chiamati un'aspettativa, ma un vero diritto eventuale. Ma, se questo non si vuol concedere a verun patto, concedetemi almeno che, se i primi chiathati hanno solo un'aspettativa, anche gli attuali investiti non hanno che un'aspettativa. E, infatti, se i primi chiamati aspettano il godimento, gli attuali investiti non possono che aspettare la consolidazione. Così per questi, come per quelli, l'aspettativa si fonda nello stesso titolo feudale, giacché, se i chiamati sono chiamati iure feudi, anche gl'investiti non posseggono che in virtù del ^eudo. Or bene, non havvi ragione per cui l'attuale investito consegua la piena proprietà e la trasmetta libera a' suoi successori in danno di altre persone, le quali erano chiamate a parteciparvi in virtù del titolo stesso, pel quale gli investiti attualmente posseggono. Eccovi, o signori, brevemente esposta la ragione del progetto di legge. Egli soddisfa abbastanza^ se non m'inganno, a tutte le condizioni che io vi annunciava dapprincipio. Io ho detto che la prima condizione era che si procedesse all'immediato svincolo dei beni feudali. E la legge produce immediatamente questo effetto. Ho detto ancora che vi erano de' riguardi da avere per tutte le posizioni acquistate; e la legge osserva appunto tutti questi riguardi. E pone, in primo luogo, l'attuale investito, siccome un chiamato effettivo, siccome degno per le sovraddette ragioni di un riguardo maggiore, e gli concede due terzi. Mette in secondo luogo il primo chiamato, e Io considera all'atto della pubblicazione della legge, e gli concede un terzo. Finalmente sostituisce in questo terzo lo Stato, quando non ci sieno chiamati. Tutt'altro sistema diverso da questo mi pare che avrebbe i più gravi inconvenienti. In effetto, se si volesse dar tutto agli attuali investiti, egli è evidente che si verrebbero straordinariamente arricchendo, privilegiando coloro medesimi, i quali sono attualmente i più privilegiati, i più arricchiti dalla legge feudale. Sarebbe un estremo, o signori, e noi non vogliamo estremi. Similmente, se noi volessimo considerare il primo chiamato al tempo della morte dell'attuale possessoie, noi non conseguiremmo più il principale effetto della legge,«che è lo svincolo immediato dei beni feudali ; noi non avremmo più l'effetto economico. Finalmente, se noi, mancando i primi chiamati, non concedessimo nulla allo Sfato, noi mancheremmo egualmente al proposito della legge; noi saremmo estremamente ingiusti, lasciate che il dica, giacché, secondo il diritto presente, voi non potete contestarmi che, non essendovi chiamali, lo Stato avrebbe il diritto di conseguire tutta la proprietà. Né si dica che, consolidando la piena proprietà nell'attuale investito soltanto per i due terzi, e, quanto all'altro terzo, disponendone pel primo chiamato, e, in sostituzione di esso, per lo Stato, si vengano, come da alcuni oppositori si sostenne, si vengano perpetuando i vincoli feudali. No, o signori , dopo la legge non rimangono più vincoli feudali. Lo svincolo dei beni è immediato; non ci sarà più diretto dominio, non ci sarà più utile dominio; non ci sarà che piena proprietà dall'un lato, nuda proprietà, usufrutto dall'altro lato; e questa nuda proprietà, questo usufrutto senza vincoli affatto né d'inalienabilità, nè di devoluzione, perfettamente commerciabili e trasmessibili, giusta la legge comune dei contratti e delle successioni. Per conseguenza non regge punto che contro il sistema della proposta legge i vincoli feudali non siano immediatamente aboliti alla pubblicazione della legge medesima. Con questo io lascierò, o signori, a voi stessi la cura di rispondere alle altre difficoltà di diritto che si possono muovere alla proposta legge, e verrò direttamente alla conclusione. Si sono citati contro la proposta due esempi : l'esempio della legge termidoriana e quello della legge di Napoli, che consolidavano il pieno possesso nell'attuale investito. Io, a questo riguardo, non ho che una parola da dire : bisogna diffidarne. La legge termidoriana è dei 29 luglio 1796, quando già la Francia pendeva a reazione, e, per mezzo del regime direttoriale, si avviava al 18 brumaio e all'impero. La legge napoletana è legge borbonica... Alcune voci. No! no! Èlegge francese. MAZZA. .. Perdonino; parlo delia legge del 1818. Atteniamoci piuttostoai domestici esempi del 1851, quando, nella pratica della libertà, si venivano preparando questi giorni del riscatto che sono presto venuti, e che frutteranno, lo spero, se la concordia non ci abbandoni, la compiuta salvezza della nostra nazione. PBESiDKNTE. È pervenuta al banco della Presidenza la seguente proposta sottoscritta dal deputato Castellano e da quindici altri : « I sottoscritti deputati domandano la chiusura della discussione sull'articolo 2° della presente legge. » Atermini del regolamento debbo porre ai voti questa proposta. SBOSCA. Chiedo la parola contro la chiusura. Io debbo pregare la Camera a permettere che questa discussione si prolunghi in modo che possa toccare alla massima chiarezza. Uno degli argomenti più gravi che gli oppositori al progetto ministeriale hanno sollevato, si è quello che il voto stesso della Lombardia reclama l'immediata abolizione dei feudi nel modo progettato dalla maggioranza della Commis- — 902 — CAMERA DEI DEPUTATI — - SESSIONE DEL sione. Gli oratori più eloquenti i quali hanno preso parte a questa discussione ne hanno formato un soggetto di richiamo all'attenzione della Camera così ben distinto, che io credo abbia fatto una profonda sensazione, e che debba essere uno degli argomenti più determinanti a decidere il voto che la C a m e r a ^a r à per pronunciare. Ebbene io spero di poter dimostrare che non solo la Lombardia non ha emesso il voto che la Commissione le a t t r i buisce, ma che essa è animata da un sentimento ben diverso da quello, cioè che essa desidera si solleciti bensì il più possibilmente l'abolizione dei vincoli feudali, ma che giustizia nello stesso tempo sia fatta, e che, nell'interesse stesso deMa sollecita liberazione da questi vincoli, sia ad ogni modo adottato il progetto ministeriale. Fra cotesti oratori di una potenza incontestabile, i quali hanno parlato contro il progetto ministeriale, ed in favore del progetto della maggioranza della Commissione, non ho sentito che degli oratori certamente splendidi sul punto del diritto, ma non ho sentito una voce la quale abbia dimostrato come sta praticamente la questione di fatto in Lombardia. 10 attendo fin dal primo giorno la mia volta di parlare ; e devo rappresentare che, quando questa questione è stata agitata in Senato, disgraziatamente non sorse un oratore veramente competente, una persona legale, da far giustizia di certe espressioni e di certi principii dai quali parve predominata tutta la discussione del disegno di legge. Credo quindi che sia assolutamente necessario, trattandosi di una questione così essenziale di proprietà, che la discussione si prolunghi ancora alquanto. A termini dello Statuto ogni proprietà è sacra ed inviolabile, e non si può affrontare leggermente il pericolo di togliere ad uno quello che gli appartiene, per darlo gratuitamente ad altri. B E S T E i i b i . Chiedo di parlare. P S E 8 I D 1 H 8 T E . Il signor relatore parla pro o contro la chiusura? r e s t e e i j I , relatore. In questo sono indifferente, ed a p poggierei anche la chiusura, a patto che fosse riservata la facoltà di parlare al relatore. p r e s i d e n t e . È cosa intesa che, dopo la chiusura, è r i servata al relatore la facoltà di parlare. c a s s i n i » , ministro di grazia e giustizia. Chieggo di parlare. presidente. chiusura? Il signor ministro parla pro o contro la c a s s b n i s , ministro di grazia e giustizia. Voglio unica- mente fare una riserva per gli emendamenti che sono p r o posti, intorno ai quali intendo di potermi pronunciare. d ' o s o e s - b e k g i o . Chiedo di parlare. p r e s i d e n t e . Parla pro o contro la chiusura? r ' o n d e s - r e o s i o . Parlo contro od anche in merito. p r e s i d e n t e . Quanto alla chiusura non c'è merito (Ilarità) ; bisogna parlare pro o contro. t u r a t i . Chiedo di parlare. o ' o s b e s - r e o Caio. Domando se, dopo la chiusura, sarà permesso di dire qualche cosa sugli emendamenti proposti. presidente. S ' i n t e n d e che sarebbe solo c h i u s a l a discussione sull'articolo 2 . 11 deputato Turati ha facoltà di parlare. T U RA T I. Prego la Camera di voler permettere che si prolunghi la discussione, e ciò nell'interesse della proposta della Commissione. Il principale argomento addotto dal signor guardasigilli si 1861 è il riguardo dovuto alle aspettative dei chiamati. Ora su questo argomento finora non si è versato che in via m e r a mente astratta, ed io credo che, portata la questione nel campo positivo, in relazione della tabella dei feudi, la quale va annessa al rapporto della Commissione, si vedrà che tutti questi riguardi verso i chiamati sono nulli, o non sono a d e guati ai loro diritti ; ed è questo che io precipuamente mi proponeva di dimostrare alla Camera, per farla entrare sul campo positivo, e farle vedere che manca la ragione principale della legge. « a d d a . Io pregherei la Camera di considerare come le ragioni speciali a cui ha accennato l'onorevole deputato Mazza non potrebbero essere presentate dal relatore della Commissione, il quale è di un'opinione perfettamente c o n traria ; quindi, per parte mia, desidererei che la Camera l a sciasse far luogo anche a queste considerazioni, le quali devono portare un completo sviluppo delia questione, che, a dir il vero, non mi sembra nullamente esaurita. Per questi motivi, io desidero che la Camera non voli la chiusura. p r e s i d e n t e . Pongo ai voti la chiusura delia discussione sull'articolo 2 della legge. (Fatta prova e controprova, la chiusura non è ammessa.) La discussione continua. Il deputato Mayr ha facoltà di parlare. MA-ffR. Signori, io intendo di portare la questione che ci occupa sul terreno del diritto positivo , terreno a r i d o , da cui non avremmo mai dovuto scostarci, e sul quale soltanto la questione può essere decisa. Siamo tutti d'accordo che la feudalità ha cessato di esistere da gran tempo. Fu abolita in Lombardia da Maria Teresa e dall'imperatore Giuseppe I I ; fu abolita in tutta l'Italia dalla rivoluzione francese e d a i g o v e r n i che le successero. Tutto un sistema politico, l'obbligo del servizio militare, il diritto giurisdizionale, il vassallaggio, l'omaggio, le regalie, le p r i vative, tutto, tutto cadde dinanzi ai grandi principii della libertà e dell'uguaglianza ; nulla è rimasto, tranne la parte meramente civile e contrattuale. Quello che impropriamente si continua a chiamar feudo (spesso le cose scompaiono e i nomi restano, producendo una strana confusione nelle idee), q u e l l o , d i c o , che impropriamente si continua a chiamar feudo non è che l'enfiteusi chiamata dai giureconsulti un patto o provvidenza gentilizia o famigliare. L'enfiteusi per patto o provvidenza (lo dico per lume di quelli fra i miei onorevoli colleglli che non fossero giureconsulti) aveva luogo quando si dava un fondo in enfiteusi col patto che non vi succedessero se non che i maschi discendenti e i primogeniti solamente ; alcune volte anche le f e m m i n e , e c h e , finita la l i n e a , il fondo ritornasse al concedente. Gli estremi costitutivi dell'enfiteusi per patto o provvidenza sono per conseguenza l'inalienabilità, un ordine p r i vilegiato di successione e la riversibilità. Ora, gli stessi, e non altri, sono gli estremi costitutivi del feudo. Nel feudo, il padrone diretto suol essere quella persona morale che si chiama Stato, ma questo non produce alcuna diversità di effetti giuridici. Diverse ne sono state le origini, diverse erano le leggi con cui erano regolati i feudi e le enfiteusi per patto o provvidenza; ma, cessata la feudalità, queste differenze pure cesseranno; noi dobbiamo riguardare non ad un passato che più non esiste, ma a ciò che ancora è. Dunque il feudo e l'enfiteusi per patto e per provvidenza appartengono alla stessa famiglia, sono una sola e medesima cosa. —905— TORNATA DEL 10 MAGGIO Ora il feudo e l'enfiteusi per patto e provvidenza sono fedecommesso per quanto risguarda l'ordine privilegiato di successione, sono enfiteusi temporarie per tutto il resto. Signori, i feudi e le enfiteusi per patto e provvidenza abbondano principalmente nell'Emilia e nel Ferrarese. Il dittatore Farini vi ha seguito i principii da me esposti ; egli vi ha pubblicato la legge abolitiva dei fedecommessi e vi ha compreso i feudi. In quanto sono fedecommessi, in un solo articolo ha detto : « sono aboliti i fedecommessi e i feudi, restando la metà all'attuale possessore, riservata l'altra metà ai prossimi chiamati. » Dopo ha disposto delle enfiteusi, e in queste ha compresi i feudi, in quanto sono enfiteusi. I principii seguiti da Farini, o signori, sono quelli che sono più conformi ai dettami della giurisprudenza. Invece lo schema di legge che a noi fu presentato dall'onorevole signor guardasigilli non si è formato un concetto così chiaro, così preciso del feudo. Sembra supporre che la feudalità non fosse ancora interamente abolita, sembra supporre che vi rimanga qualche cosa oltre alla parte ^contrattuale e civile; non ha distinto l'elemento che vi è dei fedecommessi e quello che accoglie in sè parimenti di pura enfiteusi ; e da questo concetto vago, indeterminato, sono derivate disposizioni erronee. La materia, o signori, è arida, ed io voglio esser breve. È dunque stabilito che i feudi altro non sono senonchè fedecommessi per quello che riguarda l'ordine prestabilito delle successioni. Noi dobbiamo essere logici, dobbiamo essere coerenti, e per conseguenza dobbiamo applicarvi la legge abolitiva dei fedecommessi, assegnando la metà all'attuale possessore, e la metà ai prossimi chiamati, come appunto è stato disposto da Farini, mentre era dittatore nell'Emilia. Noi, signori, abbiamo molte volte proclamato il principio dell'uniformità delle leggi, dunque evitiamo lo sconcio, la mostruosità che nell'Emilia vi sia una legge, e nella Lombardia se ne introduca un'altra ; che nell'Emilia sia riservata la metà nei fedecommessi, nei feudi ai futuri chiamati, e che nella Lombardia sia riservato solamente il terzo. Io, dunque, in nome, non solamente dell'equità e della giustizia, ma in nome dell'uniformità delle leggi, domando che sia eseguito quanto è stato eseguito nell'Emilia. Osservo poi che, quando è riservato l'usufrutto di tutto il feudo vita naturale durante, all'attuale possessore, gli si riserva in sostanza il quarto, perchè l'usufrutto vitalizio è calcolato approssimativamente il quarto della proprietà ; per conseguenza, lasciando la metà al futuro chiamato, in sostanza egli non viene ad avere che il quarto. A quelli che vogliono continuare a distinguere tra il feudo e fedecommesso io dico: si aboliscano i feudi, si aboliscano i fedecommessi, sempre si distrugge un ordine prestabilito di successione. NelPun caso e nell'altro vi sono dei successibili ai quali si toglie un diritto eventuale, un'aspettativa, se volete, una speranza; ma, nell'uno e nell'altro caso, sempre questo diritto eventuale si toglie. In entrambi i casi si tratta di successibili che si trovano in condizioni identiche, per conseguenza devono avere trattamento uguale, perchè la stessa disposizione di legge si deve sempre applicare ai casi conformi e identici. Si disputa se sia migliore la legge 6 termidoro, oppure la legge sarda.Questa è questione oziosa; non si tratta ora di creare una legge nuova per i fedecommessi, ma soltanto di applicare ai casi identici quella che esiste. Quanto a me ritengo che la legge sarda sia molto migliore che la francese; io la credo più giusta e più equa; io la preferisco, perchè è legge italiana, perchè è uscita da un Parla- mento italiano; io la preferisco, perchè fu sanzionata in tempi di libertà ordinata, mentre la legge francese è il portato di convulsioni politiche, di libertà sconfinata. Si è detto che Romagnosi l'ha lodata; sì, o signori, l'ha lodata; ma in tuttele epoche vi sono state delle infatuazioni a cui hanno dovuto pagare il loro tributo gli uomini anche più distinti. Tutto quanto si dice in lode della legge 6 termidoro non si riduce se non che ad argomenti i quali sono più speciosi che solidi, a sottigliezze e distinzioni che sono molto ingegnose, ma arbitrarie, che vengono meno dinanzi ai grandi principii della giustizia, del diritto e dell'equità naturale. Annullare quello che è stato stabilito da leggi o da convenzioni è sempre una grande ingiustizia ; talvolta è un'ingiustizia necessaria, quando si tratta del bene generale di tutta la società. Si commetta dunque quest'ingiustizia, ma almeno se ne mitighino gli effetti. Spogliando la posterità, non si spoglino anche quelli che già esistono. Basato dunque sopra questo principio del diritto positivo, sopra quanto già fu fatto nel nostro regno, sopra quanto fu stabilito da Farini, dittatore dell'Emilia, io propongo un emendamento all'articolo 5, cioè che, invece di un terzo, si dica una metà. pkesi oeste. Favorisca di mandare il suo emendamento al banco della Presidenza. Intanto do lettura di un altro emendamento pervenuto alla Presidenza, esso è del deputato Ninchi. Secondo quest'emendamento l'articolo 2 sarebbe così concepito : « I beni feudali diventano liberi, riservata la sostituzione a favore del più vicino chiamato che esista al tempo dell'applicazione della presente legge, ai suoi superstiti alla morte dell'attuale possessore. » Domando se questo emendamento è appoggiato. (È appoggiato.) Do la parola al deputato Regnoli. regsol i . Signori, io voto per il progetto modificato dalla Commissione. Ho bisogno anzi tutto di giustificare in certo modo questo mio voto, non solo perchè io appartengo a quella provincia dell'Emilia cui appartiene l'onorevole Mayr, ma perchè ebbi una parte più diretta nella promulgazione di quella legge, dalla quale si vuol dedurre argomento contro al progetto della Commissione ; la legge che nell'I 1 novembre 18S9 aboliva nelle Romagne (non nell'Emilia) i feudi, le primogeniture ed altre sostituzioni fidecommessarie, e che fu la riproduzione genuina della legge sarda del 18 febbraio 1851. La legge dell'I 1 novembre fu dettata da circostanze speciali, le quali chiariranno perchè io oggi voti in senso diverso da quella. Quella legge fu fatta in virtù dei pieni poteri conferiti al governatore delle Romagne, Farini, dall'Assemblea delle Romagne, la quale, nello sciogliersi, deferiva a lui pienezza di facoltà perchè compiesse ed affrettasse la congiunzione delle nostre Romagne collo Stato subalpino. I termini del decreto erano tali, la volontà del paese e dell'Assemblea era così energicamente espressa, che il Governo dittatoriale non si credè libero nella scelta. Quindi pubblicò nell'Emilia lo Statuto e le principali leggi che il Parlamento subalpino venne promulgando, o in ampliazione dello Statuto medesimo, o per meglio accomodare al suo spirito varie disposizioni della legge civile. Questa è la ragione per cui quelle leggi, che poi in genere erano buone, e che contenevano principii che noi volevamo attuati, furono da noi accettate senza discussione, perchè non vi era Assemblea che discutesse; perchè, di fronte all'Europa — 904 — CAMERA DEÍ DEPUTATI SESSIONE DEL 18 6 1 che quasi minacciava di porre ostacolo alla nostra unione, si voleva fare atto il quale affrettasse l'unione stessa e con essa agevolasse la futura unificazione d'Italia. Questo dico per ¡spiegare perchè io, che ebbi qualche parte nella pubblicazione di quella legge, oggi, come dissi, opini e voti nel senso più largo; inquantochè, sebbene il principio sia lo stesso, è naturale che nè io, nè i miei amici e colleghi che apparteniamo a quelle Provincie abbiamo, colla promulgazione e accettazione di quella o di altre simili leggi, r i nunciato al diritto di propugnare i principii in modo più ampio, quando, per avventura, l'esame e la discussione loro fossero recati al Parlamento della ricostituita nazione. Se poi in loro diritto non esiste, io non so perchè dobbiamo noi crearne uno nuovo, e conferirlo arbitrariamente ad un ordine piuttostochè ad un altro. Ma vengo ancor più direttamente alla questione. Io credo che i futuri chiamati non abbiano alcun diritto, tantoché noi non solo possiamo impunemente, rispetto alle leggi della morale, negare alcunché ai futuri chiamati, ma siamo in dovere di dare tutto all'attuale possessore, o, per meglio dire, di rispettare la consolidazione che, indipendentemente dalla nostra volontà, si effettua per forza delle cose, per legittima conseguenza di quello che stiamo facendo, vale a dire della totale distruzione del vincolo feudale. Aggiungerò ancora su quella legge un'osservazione speciale alla quale m'invita quanto disse testé l'onorevole Mayr. È vero che alla legge d e l l ' i ! novembre 1859 fu aggiunta la parola feudi, mentre la legge riguardava principalmente i fedecommessi; ma fu aggiunta perchè è così minimo, seppur esiste, il residuo dei vincoli feudali in Romagna... T R G K Z i . Chiedo di parlare. ke® k© « J Ì che parve non meritare una special legge; ma, per quanto esso fosse impercettibile, si volle per sovrabbondanza provvedervi con quella legge, la quale riguardava la trasmissione delle successioni in caso di fedecommesso che sovente ha pur luogo ne'feudi. Premesse queste dichiarazioni, le quali tendono a giustificare il mio voto rimpetto alla legge promulgata da noi nelle Romagne, vengo brevemente, non a rientrare nella discussione generale, che parmi oramai pressoché esaurita, ma a rispondere ad alcune osservazioni state messe innanzi dagli onorevoli propugnatori dell'opposta sentenza ; non posso dire del progetto ministeriale, di quello già approvato dal Senato, perchè ciascuno degli egregi propugnatori ha un progetto a sè. E ciò stesso, questo disaccordo o varietà nel campo avversario mi promette bene circa l'esito di questa legge; perchè noi, che propugniamo l'approvazione del principio opposto, non siamo, nè possiamo essere fra noi dissidenti; chè tutti vogliamo l'immediato e intero svincolo nell'attual possessore. Quelli invece che sostengono la massima opposta, sono obbligati, per la posizione falsa o meno netta in cui si trovano, a propugnare un mezzo di soluzione diverso l'uno dall'altro. Quindi, non solo nei mezzi di soluzione e nelle porzioni da assegnarsi, ma essi dissentono fra loro nello stesso principio da cui muovono. Gli onorevoli Gadda, D'Ondes-Reggio, Mayr, se non erro, e certo l'onorevole Mosca affermano che i primi chiamati hanno effettivamente un diritto acquisito, o almeno valutabile e non disprezzabile da alcun legislatore. L'egregio signor ministro e gli onorevoli deputati che sostennero la sua sentenza confessano non avere i futuri chiamati alcun diritto, ma ammettono in loro una certa aspettativa, che alcuni chiamano legittima, alcuni chiamano più che speranza, ma che non è diritto. E qui si presentano due teorie. O noi vogliamo stare strettamente alle teorie del diritto feudale poste avanti e sviluppate dottamente dall'onorevole Ferracciu, ed allora è evidente che, non solo essendo sciolto tutto ciò che riguardava l'origine e anticamente costituiva l'essenza del feudo, non solo essendo cessato reciprocamente l'omaggio e la protezione, ma essendo eziandio abolito totalmente il feudo, e volendo noi che scomparisca il nome e lutto ciò che dal feudo derivava, ne viene di conseguenza che anche ciò che proveniva dal feudo stesso nell'ordine delle successioni, e l'alienabilità, ed anehe la riversibilità, tutto sparisce, e sparisce pur anche l'infeudante. Ora io comincio col dire: hanno essi diritto, o non l'hanno? Se i futuri chiamati hanno diritto, noi non possiamo fare questa legge, perchè non possiamo spogliare nè un ordine, nè due, nè alcuno dei futuri chiamati ; allora sarebbe vero ciò di cui mi pare ci volesse accusare in bel modo l'onorevole D'Ondes, che noi vogliamo fare una legge ingiusta; dico noi, cioè tanto noi che propugniamo il progetto della Commissione, come l'onorevole ministro e gli altri che sono seco lui; poiché tutti vogliamo l'abolizione dei fidecommessi esistenti, tutti vogliamo troncare la serie de'futuri chiamati. Noi facciamo una legge abolitiva dei feudi, la quale cancella dal libro della civiltà la parola feudo. Non posso quindi ammettere in questo senso come il diritto del padrone diretto, dell'infeudante, possa in questo caso passare nello Stato, il quale poi ne disponga a suo talento. Se noi abbiamo il feudo, in tal caso resta abolito per tutti, quindi anche per lo Stato, ed anzi specialmente per lo Stato, che lo abolisce. Ciò secondo le teorie del diritto feudale o del diritto comune. Se poi ci atteniamo alle teorie del diritto pubblico e comune circa agli effetti della abolizione di qualche legge eccezionale, come è questa, ed in ispecie delle leggi che governano la materia gravissima delle successioni, allora parmi che la conseguenza sia molto più agevole a favore dello schema posto innanzi dalla Commissione, per la ragione che vengo ad esporre, la quale è comune tanto ai feudi che ai fidecommessi. Con che risponderò in parte a ciò che l'onorevole D'Ondes volle porre innanzi, confondendo accortamente, e per suoi fini, i feudi coi fidecommessi. Essi possono avere qualche cosa di comune quando le successioni nell'una e nell'altra istituzione avvengono in un modo privilegiato che si scosta dal modo ordinario. Ora, in questi casi, a cui piace ad alcuno degli onorevoli oppositori restringere tutta la questione, trattandosi di leggi successorie, per necessità lo Stato ha tutto il diritto di mutare la legislazione, senza che si possa opporre ch'esso offenda i diritti di chicchessia. Tutte, in genere, le leggi innovatrici arrecano un pregiudicio agli interessi di qualche privato, ma non per questo ha Io Stato l'obbligo d'indennizzare que'privati, perchè esso dee provvedere all'interesse comune, anche a costo di qualche danno de'privati, che poi sono ricompensati nel bene generale. Le leggi di successione poi hanno questo di speciale, che 9 essendo intimamente connesse alle condizioni politiche di ogni Stato, sono per ciò stesso più mutevoli e quasi doppiamente nel dominio dell'autorità sovrana. Ora, se nelle successioni legittime, prese nel lato senso, e abbraccianti anche la porzione legittima, nessuno contesta al legislatore la facoltà di mutare le leggi anche durante la vita di colui, i cui TO R N ATA DE L figli a v r e b b e r o a v u t o u n a lt r o d i r i t t o s e fo s s e m o r t o s e n za 10 MAGGIO d i p o t e r e e s e r c i t a r e sia s o t t o la fo r m a m o n a r c h i c a , sia s o t t o c h e si va r ia s s e la l e g g e ; s e co lu i c h e o ggi p e r l e g i t t i m a a - la fo r m a r e p u b b l i c a n a . Co n ch iu d o in c o n s e g u e n za ch e la s o - v r e b b e a vu t o la m e t à , d o m a n i , m u t a t a la l e g i s l a zi o n e , p r i m a cie t à h a d i r i t t o d i a b o l i r e i fe u d i e i esist en t i e fidecom m essi c h e s ia a p e r t a la s u c c e s s i o n e , n o n a vr à ch e il t e r z o , n e s s u n o d i t r o n c a r e il co r s o d i q u e l l e vo ca zio n i ch e si p o t e a n o v e r i - p u ò a c c a g i o n a r e il l e g i s l a t o r e d i q u e s t a q u a s i d i m i n u zi o n e d i ficare. d i r i t t o d ' a s p e t t a zi o n e d e l l e g i t t i m a r i o ; n e s s u n o p u ò i n s o m m a A q u e s t o p u n t o si p r e s e n t a la q u e s t i o n e : s e d e e t u t t o d a r s i in q u e s t o e s o m i gli a n t i ca s i i m p u g n a r e n e l l e g i s l a t o r e il d i - a l l ' a t t u a l e p o s s e s s o r e , o s e vu o i s i r i s e r v a r e u n a r i t t o d i m u t a r e , g i u s t a il p u b b l i c o i n t e r e s s e o fa r ch ia m a t i. q u e l l e c h e si c h i a m a n o aspettative o d r i t t i c o n d i zi o n a l i . ces s a r e Cr e d o c h e , c a n c e l l a t o il fe u d o o il E q u e s t o c h e io d ico in g e n e r e a v v e n i r e in t u t t e le s u c c e s s i o n i , si ve r i fi ca a n co r p iù n e lla m a t e r i a d e i fe u d i e d e i fide- par te ai fidecom m esso, e r ive n - d ica t o l ' i m p e r o d e lla gi u s t i zi a e d e l d i r i t t o c o m u n e , n o n vi è r a gion e p e r cu i si fa cci a u n a r i s e r v a p e r a l c u n o , la q u a l e c o m m e s s i , p e r c h è t u t t i c o n v e n g o n o , e lo s t e s s o S a v i g n y , ca p o sia d ' o s t a co lo d e lla s cu o la s t o r i ca , lo a m m e t t e , ch e i fe u d i e i m e n t o , a v v i e n e i r r e s i s t i b i l m e n t e in q u e lla p a r t e d i p r o p r i e t à fidecom m essi, a lla c o n s o li d a zi o n e l'im p ed i- ch e c o n s a c r a n o cla s s i e d o r d in i p r i v i l e g i a t i , s o n o e s s e n zi a l- c h e r i m a n e s a lva e l i b e r a . Il m e n t e co n n e s s i co lle co n d izio n i p o li t i ch e d e l p a e s e . t a n t o p iù p e i fe u d i d e lla Lo m b a r d i a , q u a s i t u t t i oblati, Or a c h e co s a è la s e r i e , il m o d o p r i vi l e g i a t o d i s u cce s s io n e n e i fe u d i e n e i fidecom m essi ? È u n a d is p o s izio n e e c c e zi o n a l e c h e r e g o l a c e r t e s u c c e s s i o n i , s o t t r a e n d o l e a l d o m i n i o d e lla fa r r i s e r va è cos a g i u s t a , in cu i la p r o p r i e t à s ' a ve a e d h a u n p a d r o n e , r i g u a r d o a l q u a l e è ce s s a t a o gn i s p e ci e d i p a r t icola r p r o t e zio n e . Parm i ch e s a r e b b e u n r is t a b ilir e a n co r a q u es t a m e d e s im a q u in d i in giu s t i- zi a , la q u a l e s i vu o l e c h e v e n g a a c e s s a r e in fo r za d e l l o s p i - legge co m u n e . Se a d u n q u e in q u e s t o ca s o il l e g i s l a t o r e h a q u a s i a b d i c a t o m o m e n t a n e a m e n t e a lla p r o p r i a a u t o r i t à l e g i s l a t i va p e r r ive - s t i r n e a lcu n i p r i v a t i , d o vr à fo r s e d e d u r s e n e l' a s s u r d o c h e co n ciò s ia s i r e s a n on c h e , ce s s a t o i l l u s o r i a , m e n p i e n a l ' a u t o r i t à le gi s la t i va in r i t o s t e s s o d e lla l e g g e , e ch e sia u n a c o n s e g u e n z a d ell'a b oli- zio n e d e i fe u d i la l e g g e ch e o r a fa c c i a m o . Ma , si d is s e , a v v e r t i t e c h e vi s o n o d e l l e a s p e t t a zio n i c h e s i d is s e r o a n ch e l e g i t t i m e , c h e vo i d e l u d e t e . Io r i p e t o : la l e g g e , q u e s t a p a r t e , e c h e n o n p o s s a p iù il l e g i s l a t o r e fa r m u t a zi o n i q u a n d o p r o vve d e n ell'or d in e q u a l c h e p r i va t o n e s o ffr a ; il p r i va t o r i c u p e r a il b e n e , c h e d e lle s u cce s s i o n i ? Io d ico c h e il l e g i s l a t o r e , o g n i al b en p u b b lico, n on d e ve gu a r d a r e se q u a l vo lt a la p u b b li ca u t i li t à e la giu s t izia lo r i c h i e g g a , p u ò p e r d e c o m e i n d i vi d u o , n e lla m a s s a d e l b e n e d e lla n a zi o n e d i e d e ve r ip r e n d e r s i q u est a p a r t e di su a a u t or it à im p r o vvid a - cu i fa p a r t e . m e n t e a b b a n d o n a t a d a ' s u o i a n t e ce s s o r i a m a n i d e i p r i v a t i , e D'a lt r on d e io p r e g o la Ca m e r a d i a vve r t ir e u n a cir co q u in d i p u ò i n t e r r o m p e r e , t r o n c a r e , q u a n d o m e gli o c o n v e n g a , s t a n za , c h e fo r s e p u ò e s s e r e s fu g g i t a a d a l c u n o d e g l i e g r e g i il co r s o d i q u e s t e s u cce s s i o n i i r r e g o l a r i , e c c e zi o n a l i , e s o r b i - o r a t o r i c h e m i h a n n o p r e c e d u t o , o c h e io n o n u d i i t a n t i, e ch e o ggi si r i s co n t r a n o i n gi u s t e . m e n t e e n u n c i a t a . Q u a n d o si a b o li s c e u n a l e g g e co m e q u e s t a , P o s t o ci ò , n o n v e g g o c o m e si p o s s a m e t t e r e in d u b b io ciò ch ia r a - la q u a l e fo r m a v a u n a e c c e zi o n e a l d i r i t t o c o m u n e , e q u i n d i c h e , a m i o a vvi s o , p o s e in d u b b i o l ' o n o r e vo l e d e p u t a t o D ' O n - a lla g i u s t i zi a , si a b o lis ce p e r c h è si c r e d e i n gi u s t a l' i s t i t u zi o n e d e s , il d i r i t t o d e l G o ve r n o d i fa r e in q u e s t o ca s o ciò ch e gli fe u d a l e o s p e t t a , va l e a d i r e d i r i v e n d i c a r e il d i r i t t o c h e lo St a t o h a . in giu s t a . O r a , p e r c h è , c a n c e l l a n d o l a , v o g l i a m o L' o n o r e vo l e D ' O n d e s d is s e r i vo l u zi o n a r i a la l e g g e c h e a - fidecom m issaria, si a b o lis ce p e r c h è è e v i d e n t e m e n t e n oi la s cia r e s u s s is t e r e le ve s t i g i a d i q u e s t a i n gi u s t i zi a ? in F r a n c i a . Io d ico c h e in q u e - Se n oi n o n co n s o li d i a m o t u t t a la p r o p r i e t à n e l l ' a t t u a l e p o s - s t o ca s o la l e g g e fu e s s e n zi a l m e n t e m o r a l e , p e r c h è n o n fe c e s e s s o r e , n o i la s ci a m o s o p r a v v i v e r e , finché e gli e s i s t e , n e ' s u o i ch e r i v e n d i c a r e a llo St a t o u n s u o d i r i t t o , e r i a s s o g g e t t a r e a l - figli, o a lm e n o n è ' fu t u r i c h i a m a t i , le t r a c c i e d i u n a i n g i u s t i - b o lì i fe u d i e d i fidecom m essi l' im p e r o d el d ir it t o co m u n e u n a cla s s e d i cit t a d in i c h e vi s i zia c h e v o r r e m m o c a n c e l l a r e e c h e s t r a n a m e n t e c o n s a c r i a m o , v o l e v a s o t t r a r r e , r i p a r a n d o a l l ' o m b r a d i a n t i c h e e n on c o m - m e n t r e i n v e c e , s e n o i p r o c l a m i a m o la p r o p r i e t à l i b e r a p a t ib ili i s t i t u zi o n i . l ' a t t u a l e p o s s e s s o r e , q u e lla i n gi u s t i zi a ce s s a P e r c o n s e g u e n za c r e d o c h e la p r o p o s t a di le gge ch e d i- s c u t i a m o , o ch e s i a b b r a c c i u n p r o g e t t o , o c h e si a b b r a c c i n el- s u ll' i s t a n t e di e s is t e r e , n on è p iù . Se o gn i l e g g e d e v e e s s e r e d e t t a t a d a u n n u o vo m o t i v o , e l ' a l t r o , s ia e s s e n zi a l m e n t e gi u s t a e n e c e s s a r i a , in q u a n t o c h e s o p r a t u t t o d a lla g i u s t i zi a , n o n si p u ò c a n c e l l a r e la p r e c e d e n t e t e n d e a s o p p r i m e r e u n o s t a t o d i co s e e s s e n zi a l m e n t e in com - c h e si c r e d e u n ' i n g i u s t i zi a , m a n t e n e n d o t u t t a vi a la s t e s s a i n g i u - n o s t r e co n d i zi o n i p o l i t i c h e , ed i n c o m p a t i b i l e s t izia . D e ve d u n q u e la n o s t r a , l' a t t u a le l e g g e p r o c e d e r e s i c u r a , p a t ib ile co lle co llo St a t u t o c h e ci r e g g e , e co lla e g u a g l i a n za p r o c l a m a t a fr a n ca e b a s a t a s o p r a i p r i n ci p i i d i gi u s t i zi a e d ' u g u a g l i a n z a , sopr a d a l l e l e g g i c i vi l i . A q u e s t e g e n e r a l i o s s e r va zi o n i c h e fe ci p e r r i b a t t e r e s p e - c i a l m e n t e le a ccu s e d ' i n gi u s t i zi a ch e si a v v e n t a r o n o s u l l ' a b o li zi o n e in g e n e r e d e i vi n co li f e u d a l i , s o g g i u n g e r ò c h e , s e fo s s e v e r o c h e il l e g i s l a t o r e n o n h a d i r i t t o d i s vi n c o l a r e la p r o p r ie t à n ell'a t t u a le p o s s e s s o r e e d i d a r t u t t o a lu i o u n a i p r i n ci p i i c h e h a s e m p r e p r o c l a m a t o q u e s t o n o s t r o P a r la m e n t o it a lia n o . I l s is t e m a o p p o s t o , o s i g n o r i , h a p e r c o n t r o q u e s t o i n c o n v e n i e n t e d i n o n c a n c e l l a r e t u t t a la i n gi u s t i zi a . I o n o n m u lo c h e il s is t e m a p r o p o s t o d a va r i i o r a t o r i d issi- d e ll'o p p o s t a o p in io n e , e s p e cia lm e n t e q u e llo d el Min ist er o, st a t o appro- p a r t e al p r im o ch ia m a t o, n on a vr e b b e n e p p u r e q u e l d ir it t o va t o d a l S e n a t o , è i n fo r m a t o a d u n o s p ir it o d i e q u i t à c h e lo c h e , p r i m a d e lla r i vo l u z i o n e fr a n c e s e , fa i n c e r t o n a r c h i e fr a n c e s e e d i t a l i a n e , com p r es a eser cit a r on o la s t e s s a le m o- m on a r ch ia p i e m o n t e s e , d ' a b b r e v i a r e il p r o g r e s s o d e ' fe u d i e d e i fidecom - m o d o a c c e t t e vo l e ; m a n o i d o b b i a m o fa r e le g g i g i u s t e , s e n za t r o p p o c o n s i d e r a r e s e s ia n o p iù a c c e t t e vo l i ; n o n p u ò , n o n d e v e il l e g i s l a t o r e a v e r o d elle m en o tanti r i- m e s s i , il n u m e r o d e i g r a d i , e l i m i t a r l o , c o m e fe c e r o , a q u a t - g u a r d i a lla e q u i t à , t r o o a d u e ; p e r c h è s a r e b b e s e m p r e u n a vi o la zi o n e d i q u e l l a q u e s t a e q u i t à è co s a co s ì e la s t ica c h e ci a s cu n o p u r t r o p p o la l e g g e c h e o g g i si v o r r e b b e c h e n o i r i s p e t t a s s i m o . Co lle d i s - p e r ch è l' e q u it à d à lu o go a ll' a r b it r io , in t en d e a m od o s u o, e d ive r s a m e n t e ; q u e s t a ve r i t à e n o i la p o s izio n i ch e vo g l i a m o p r e n d e r e a q u e s t o r i g u a r d o , n o n f a c - ve d i a m o n o n s o lo n e i d i ve r s i e m e n d a m e n t i p r o p o s t i n e l s i - ci a m o a l t r o c h e p r a t i c a r e l ' e s e r c i zi o d i q u e i d ir it t i c h e la s o - s t e m a c h e n o i o p p u g n i a m o , m a n e lle s t e s s e l e g g i c h e , a m m e t - c i e t à , e d il Go ve r n o ch e la r a p p r e s e n t a v a , h a s e m p r e s e n t it o t e n d o q u e s t o s i s t e m a , fu r o n o s e m p r e d i ve r s e l' u n a d a l l ' a l t r a . CAME RA DEI DE P UTATI — Discussioni del 18 6 1. 114 — 906 — CAMERA DEI DEPUTATI La legge ligure del 1799 abolitiva dei fedecommessi, te legge del 13 nevoso anno ix repubblicano del Piemonte, la legge del 1849 della repubblica francese, la legge di questo Parlamento del 1851, e la recente legge dell'Umbria, la quale applicandola vi portò una modificazione, e tante altre leggi che potrei menzionare, vollero tutte rispettare e tradurre in atto questa equità, ma non poterono trovare un modo comune, una via che le mettesse d'accordo; appunto la cosiddetta equità, quando divien pratica, ciascuno la sente a suo modo, o in modo vago; e infatti essa non ha regole definite e nettecome la giustizia. Quindi, o si preferirono i successori dell'attuale possessore, come volle la legge ligure e come vuole presso a poco l'emendamento dell'onorevole d'Ondes, o si preferirono gli attualmente esistenti od altri primi chiamati. Insomma si andò in un terreno sempre diverso, perchè non c'era una base certa e comune. Io credo che non si possa far altro che o negar tutto ai futuri chiamati, se non riconosciamo diritto in esso loro, o lasciare che tutti abbiano ciò che l'istituzione originaria destina loro; ma in tal caso, ripeto, non possiamo fare nessuna legge abolitiva. Noi non possiamo farci arbitri del diritto di un futuro chiamato escludendo l'altro. Questo diritto o lo hanno intero o non l'hanno; e se non l'hanno, noi non lo possiamo accordare. Nè si dica che coll'abolizione del feudo o del fedecommesso lo Stato viene quasi ad avere in disponibilità tutti questi beni, e può farne in via di transazione la distribuzione come gli talenta. Io ricorderò le parole dette da un onorevole senatore, che sedeva deputato nel Parlamento subalpino quando si trattò dell'abolizione dei fedecommessi; l'onorevole Ponza di San Martino diceva a questo proposito molto giustamente che il Governo fa delle leggi di successione, ma non si fa quasi giudice di pace a distribuire i beni fra eredi o pretendenti. Insomma, io ritengo che, per quanto l'equità abbia un lato sempre lodevole e favorevole, il legislatore debba elevarsi a sfera molto più alta, a quella della giustizia ; e credo per conseguenza che noi non dobbiamo ristarci a questi lamenti che possono muovere coloro i quali pretendono che avrebbero avuto un diritto, se la legge li avesse tuttavia assistiti. Il loro diritto, si disse da alcuni, è condizionale ; lo è non solo perchè aspettano il verificarsi della sopravvivenza ad un altro chiamato, ma è condizionale anche sotto un altro principale aspetto, perchè esso è conseguenza di una legge di successione, la quale esiste sotto la condizione che lo Stato la mantenga, non la revochi. Quando questa condizione non si verifica, quando lo Stato revoca questa legge perchè la trova ingiusta, la speranza, l'aspettazione, il diritto condizionale od eventuale, come si voglia dire, cessa affatto e interamente. Non posso por fine alle poche cose dette, meno acconciamente degli oratori che mi precedettero, senza far volo che si verifichi un fatto della natura di quello che si avverò, dodici anni or sono, nel Parlamento subalpino. Nell'anno 18U9 si portava alla Camera dei deputati il progetto di legge per l'abolizione dei fedecommessi e dei maggioraseli!, e la Camera approvava un progetto informato agli stessi principii che or appunto vi propone la Commissione. Volle essa che l'attuale possessore s'avesse tutto, negò di riconoscere qualsiasi diritto ai successori chiamati. La legge si portò al Senato; i senatori vi portarono una sostanziale modificazione; essi attribuivano la metà dei beni svincolati al primo chiamato che esistesse o fosse concepito il giorno della promulgazione della legge. Tornò allora il progetto alla Ca- SESSIONE DEL 1861 mera, e fu così approvato. Io spero che oggi avvenga il medesimo quanto alla legge, il contrario quanto alla sede. Questa legge, prima presentata al Senato, sarà, io spero, modificata nel senso largo e liberale proposto dalla Commissione, e il Senato, alla sua volta, meglio considerando nella sua saviezza la questione e il voto dei rappresentanti del popolo, farà ciò che fece la Camera dei deputati, dodici anni or sono, e vorrà consacrarla col suo voto. pkesìsbekte. La parola è al deputato Ninchi. nischi. Per ¡sviluppare il mio emendamento? presidente. La parola le spetta per turno; se vuole sviluppare il suo emendamento, n' è padrone, dacché fu appoggiato. isikchi. L'economia del mio emendamento è tutta sul principio di una specie di quasi-contratto che passa tra il possessore del feudo ed il prossimo chiamato. Qualunque cosa si voglia dire della natura del feudo, egli è certo che, spogliato questo del mito storico, che, messo da parte il diritto tra l'infeudante ed il possessore del feudo, nei rapporti subalterni fra il possessore del feudo ed i futuri chiamati esiste una specie di quasi-contratto , per il quale il possessore del feudo all'atto dell'immissione in possesso si obbliga a restituire, a quegli che abbia la doppia fortuna di essere contemplato nel patto dell'istituzione e di sopravvivere a lui, s'obbliga, dico, di restituire la cosa che va a possedere, piuttosto migliorata ed accresciuta che diminuita. A me sembra che, volendo conciliare l'interesse della libertà dei beni con la giustizia , noi non possiamo fare una legge la quale tronchi nel mezzo un tale contratto che ha il suo principio al momento in cui l'attuale possessore si è messo in possesso, ed ha il suo fine quando colla sua morte sarà parificala la vocazione dei prossimi chiamati. La legge non può avere effetto retroattivo, nè alterare i rapporti giuridici che preesistono, sebbene tuttora siano in pendenza e variamente risolubili. Una legge diversamente concepita, mentre lascia al possessore del feudo una non meritata quietanza degl'impegni contratti di mantenere custodita e restituire la cosa infeudata, altera e mette a fascio i diritti del prossimo chiamato. Dall'obbligazione di restituire che ha l'attuale possessore , certo si deriva nel prossimo chiamato un diritto, non cerco se personale o reale, giacché non saprei concepire obbligazione, se come correlativo non concepissi un diritto. Intanto poi limito la riversione ai prossimi chiamati nati e viventi, in quanto questo quasi contratto che concepisco fra due persone che esistono, ossia tra l'attuale possessore del feudo e quello che deve succedergli, non lo posso concepire tra l'attuale possessore del feudo ed uno che ancora non è nella natura delle cose. A me sembra che, volendo conciliare il presente e l'avvenire col passato; volendo mettere in armonia le esigenze della civiltà nostra e l'interesse della massima mobilizzazione dei valori, col rispetto ai fatti storici e ai diritti preesistenti, se possiamo ledere la lontana speranza e il diritto potenziale, seppur può cosi chiamarsi, dei secondi, dei terzi, dei quarti, dei quinti, dei sesti chiamati, che forse non sono ancora nati e concepiti, non possiamo, senza ingiustizia, ledere l'interesse del prossimo chiamato ch'esista, nè depauperarlo di ciò che gli compete per previdenza de' suoi maggiori, ammessa come propria dall'attuale investito. Il prossimo chiamato dovendo, secondo le presunzioni naturali, sopravvivere siccome in genere più giovane all'attuale possessore, ha tutta la ragione di credersi ricco di un patrimonio che gli deve essere rimesso dall'attuale possessore, e — 907 — TORNATA DEL 1 0 che non gli può essere tolto nè dalla volontà del medesimo, nè dal capriccio degli uomini. Io ritengo che, dovendosi p u r far qualche lesione, sia m i nor male il ledere una speranza remota, che non una prossima, e che, volendo aver per guida lo spirito di equità e di giustizia, si debba rispettare colui, il quale, avendo una prossima vocazione, ha un diritto che, se non è condominio ad un'azione personale, è sempre un che giuridico che deriva dal quasi contratto. Dio ne scampi dal far leggi che, improntate ad una giustizia capricciosa, diano all'uno ciò che si t o glie all'altro. Nè si dica che il prossimo chiamato non ha che una mera speranza, e non neppure un principio di diritto; giacché quest'asserzione, che è falsa in ogni tempo e luogo, lo è tanto più, se vogliamo giudicare del valore delle cose dal concetto che se ne ha nel paese dove esistono. Non bisogna dimenticare che si tratta di cose lombarde, e che in Lombardia il fidecommesso è considerato attribuire una specie di condominio al prossimo chiamato, in virtù dell'articolo 626, mi pare, del Codice austriaco, e che nel diritto feudale, forse per errore dei prammatici, ma tuttavia è accreditata l'opinione che i prossimi chiamali dividono il condominio del feudo con l'attuale possessore. Io dunque ripeto: se nell'ordine morale esiste una specie di quasi-contratto tra l'attuale possessore ed il prossimo chiamato ; se nella giurisprudenza forense si è ricevuta l'opinione che esista una specie di condominio tra l'attuale possessore ed il prossimo chiamato; se questa specie di condominio è stato protetto dal Codice austriaco anche nei fidecommessi tra il possessore ed il futuro chiamato, come vorremmo noi avere in non cale l'interesse ed il diritto di questi prossimi chiamati? Sia pure che necessiti mobilizzare la ricchezza, t r a d u r r e nelle cose la libertà che privilegia gli uomini ; sia p u r e che, senza quest'ampliazione della libertà alle cose, sia essa medesima incerta negli uomini (ho qualche dubbiezza sulla verità assoluta di questi principii, t u t t a via voglio riconoscere con l'universalità della Camera la loro opportunità), per avere questa libertà, e svolgerla a dovere, occorre arrestarsi avanti al diritto de' terzi. Noi dobbiamo, nella legge che ci occupa, mettere in armonia questi grandi principii d'interesse sociale col diritto individuale, che, in quanto a me, limito ai prossimi chiamati ora esistenti, e superstiti alla morte dell'attuale possessore. Io voglio che siano esistenti, perchè, se non esistono, non possono avere acquistato un diritto; voglio che siano superstiti, perchè, se non intendo con questa legge portare onta ai loro diritti, non intendo neppure ampliarli, liberandoli da quelle condizioni che avevano avuto a compagne in origine; condizioni che importano la loro sopravvivenza all'attuale possessore. Nè voglio p r o t r a r r e l'obbligazione di questo ; essa cessa quando la p r e morienza del prossimo chiamato lo libera dall'obbligazione assunta col possesso condizionato ai patti dell'investitura. In tal caso deve riuscire libero proprietario, perchè questa legge abolitiva dei feudi gli rende impossibile il quasi-contratto feudale col secondo chiamato. Queste sono le ragioni che a p poggiano il mio emendamento. t ur a t i . Ricapitolando quanto fu detto, mi pare che a due si riducano gli argomenti addotti a sostegno dell'art. 2 del progetto ministeriale. Gli onorevoli signori Gadda e D'Ondes, riconoscendo nel primo chiamato non già una semplice aspettativa od un diritto, comunque eventuale e condizionato, conchiudono chela compartecipazione del primo chiamato all'ente feudale è fondata ingiustizia. MAGGI O Il signor ministro guardasigilli, non ammettendo il diritto, giudica meritevole di un equo riguardo l'aspettativa del primo chiamato, che va ad essere troncata dalla legge, e quindi proclama come altamente morale, conforme ai sentimenti del cuore e richiesto dalla ragione di convenienza la divisione del feudo sancita dal èitato articolo 2. Siccome nel suo discorso di ieri l'altro il signor ministro ha fatto precipuamente assegno su questa ragione di convenienza e di moralità, così porterò ad essa, prima di tutto, il mio esame. Lasciero il campo delle astrazioni entro cui si tennero gli oratori che mi precedettero, e porterò la questione al positivo, modo più sicuro di convinzione, poiché alle astrazioni facile è l'opporne a l t r e : i dati positivi non lasciano scampo. Ecco come l'onorevole guardasigilli espresse nella sua r e lazione quella vantata ragione di moralità e di convenienza. « Quegli che è primo chiamato al feudo dopo l'attuale possessore, a fronte del prestabilito ordinamento di successione, a fronte dell'inalienabilità dei beni, era fondato nella fiducia che i beni vincolati sarebbero poi a lui pervenuti, e, facendo assegno sul godimento di essi, potè indursi a contrar m a t r i monio, a dar così vita ad una famiglia, o ad assumere altri impegni, dai quali ragioni di prudenza loavrebbero dissuaso.» Prego il signor ministro a dare un'occhiata alla tabella dei feudi esistenti in Lombardia, annessa al pregievole opuscolo del signor Decio, di cui parlala relazione della Commissione. Ieri l'altro egli dichiarò di averla scrupolosamente esaminata. Ebbene, se così è, avrà certamente rilevato che fra i cento ed un feudi tuttavia esistenti in Lombardia, settantasei sono forniti di sì tenui rendite (uno o due centinaia di fiorini i n scritti sopra il Monte del regno lombardo-veneto, alcun diritto di pesca, qualche casa d'insignificante prodotto), che sarebbe ridicolezza il supporre abbiano inspirato ai futuri chiamati quei calcoli di cui parla il signor ministro di grazia e giustizia. Settantasei stanno a cento uno come tre quarti ad un quarto. Quindi vedrà l'onorevole signor ministro di grazia e giustizia che da questo primo appuramento non risulta applicabile la ragione della sua legge a tre quarti di coloro pei quali fu fatta. È un pensiero che già dovrebbe far colpo sopra l'animo di un savio legislatore. Restano gli altri 2o feudatarii, chiamati a feudi invero di maggiore rilevanza ; ma se il signor ministro guardasigilli vorrà consultare una seconda volta la tabella, vedrà che molti e molti dei maggiori feudi sono di natura dividua (tale essendo la giurisprudenza prevalente in Lombardia, come ebbe nel suo opuscolo a notare anche il signor Decio). Se pertanto quei feudi tenuti indivisi avrebbero per avventura potuto spingere i primi chiamati, nell'aspettativa di conseguirli, a taluno di quei passi meno prudenziali, di cui parla il signor ministro, è manifesto che, divisi e suddivisi nei diversi rami delle rispettive famiglie, e frazionate così ed attenuate le singole quote di rendita, perdettero anch'essi ogni attitudine a dar origine a calcoli economici meno misurati. Non sono in grado di precisare il numero dei feudatari che si trovano in siffatta posizione; ma certo è che questo secondo appuramento verrà a r i d u r r e sensibilmente il quarto dei già appurati. Ma qui non è tutto. Quanti tra i primi chiamati crede il signor ministro che saranno, o tuttora nell'utero materno (Si ride) o bambini od adolescenti o scapoli che non pensano e non pensarono mai —908— CAMERA DEI DEPUTATI al matrimonio? A me pare che non debba esserne sì scarso il numero. Ecco dunque la necessità di un terzo appuramento, che impicciolisce, immiserisce in modo la ragione della legge, e la circoscrive a sì poche individualità, che non sarebbe più moralità per il legislatore, ma sarebbe abuso di potere l'immolare l'interesse pubblico a simili individualismi. Senonchè rimangono a fare alcuni altri rilievi. L'onorevole signor ministro di grazia e giustizia guarda, come si dice, la medaglia da un lato solo. Guardiamola da entrambi. Supponiamo pure che taluni tra i pochissimi usciti dai sopraindicati tre appuramenti, in vista della futura loro chiamata al feudo, siansi effettivamente determinati a contrarre un matrimonio che senza quella prospettiva non avrebbero contratto. 10 domando al signor ministro : quale sposa, quale dote, senza quel seducente titolo di conti in aspettativa del feudoA, di marchesi in aspettativa del feudo B, avrebbero trovato? Una sposa forse nobile, ma colla modesta dote di cinquanta, sessanta, se volete, cento mila lire; ciò mi sembra plausibile. Invece, perchè si presentarono alle loro fidanzate col prestigio della futura contea, della futura baronìa, del futuro marchesato, innamorarono facilmente con questo titolo la figlia del dovizioso conte o del marchese, le quali loro recarono in dote uno od anche più milioni (Ilarità) ; e similmente, se maritarono in seguito la figlia con più alta dote, hanno anche avuto il compenso nelle doti delle nuove venute col matrimonio a far parte delle loro famiglie. Non pare al signor ministro che qui ci sia una compensazione di cui la legge deve tener calcolo? La risposta affermativa a me sembra indubbia; ma, se così è, dove ornai si trova la vantata ragione di convenienza su cui egli precipuamente appoggiò l'articolo 2 della sua legge? Sotto il vaglio dell'analisi è tutta passata in mondiglia. Dirà ancora il signor ministro che la sua legge è morale, dettata dal sentimento del cuore, ecc. ; ma di qual morale egli parla? Forse di quella che sacrifica il bene della società all'interesse di pochi individui? Lasciamo questa morale ai fautori del favoritismo. Di qual cuore egli parla? Forse di quello che s'indura ai tanti e si evidenti pregiudizi che ne verranno alla Lombardia dall'adottare l'articolo 2 del progetto ministeriale, a preferenza di quello della Commissione? Mi meraviglio che il signor guardasigilli ci parli di un sentimento del cuore, spurio, che striscia fra l'individualismo, che io sarei tentato di paragonare ad un moto di compassione femminile verso qualche ammogliato o qualche indebitato (Ilarità generale), che furono delusi nei loro calcoli di aspettativa, fatti del resto contro ogni precetto di prudenza, come riconosce lo stesso signor ministro. 11legislatore deve assumere il cuore di legislatore, inaccessibile a queste velleità di sentimento individuale. Quando avrò brevemente svolto l'altro punto della disputa a cui ora passo, concernente il preteso diritto eventuale o condizionato, che gli onorevoli Gadda e D'Ondes attribuiscono ai chiamati, risponderò a quell'altra proposizione del signor ministro che, col troncare l'aspettativa del primo chiamato, gli si reca un danno, e per conseguenza che il Governo, autore di quel danno, deve ripararlo. La risposta a questa difficoltà discende appunto dalla dimostrazione del nessun diritto nei chiamati, a cui ora passo. I feudi ebbero origine da un contralto, disse l'onorevole signor Gadda. L'investitura determina il modo di trasmis- SESSIONE DEL 1861 sione, determina le linee chiamate a possedere il feudo. Non trattasi adunque di una successione ordinaria, che può essere variata dal legislatore; trattasi di una compartecipazione contrattuale pattuita dal primo investito del feudo non solo per sè, ma anche per la posterità, la quale perciò Ira un diritto fondato nel titolo originario. È egli vero, o signori, che la posizione degli attuali chiamati al feudo abbia per base rapporti meramente civili ? Qui sta l'errore, ed il signor ministro partecipò egli pure a tale errore, allorché nel suo discorso ci disse che i feudi nella parte politica furono aboliti già da mezzo secolo, e che non restò di essi che la parte civile, vale a dire i vincoli della trasmissione e la riversibilità. Non è così, o signori ! Le investiture feudali sono patti politici, puramente politici, che non hanno la minima mistura di stipulazione civile. Il signore, che non poteva da solo ben amministrare e ben difendere il territorio conquistato, lo divise fra'suoi compagni d'arme, rimeritandone così i servigi, sotto l'obbligo della fedeltà e dei servigi militari in futuro. Egli però non conferì agli infeudati la proprietà piena, ma, onde tenerli ognora politicamente a sè legati, loro cesse il solo dominio utile, riservata a sè la proprietà diretta. Questi sono i feudi primitivi, feudi traditi. Invalso lo spirito feudale, molti, o per mire d'ambizione o per mire di sicurezza, amarono di far omaggio al sovrano del dominio diretto dei loro beni allodiali, ricevendone da lui il dominio utile a titolo feudale (feudi oblati); altri, in mancanza dì immobili da offrire in feudo, offersero al sovrano una somma per la relativa concessione (feudi emptitii). Il diverso modo d'acquisto non toglie che tutti vestano il medesimo carattere d'inslituzione politica. Nel feudo tutto si scosta dalle norme civili. E qui prego tanto il signor ministro, quanto l'onorevole signor D'Ondes, a ben riflettere come quegli stessi modi obbligati di trasmissione tuttora esistenti in Lombardia, che il primo chiama civili, ed a cui il secondo nega recisamente il carattere di feudali, trasformandoli in fedecommessi, siano invece radicati nella primitiva instituzione feudale, e costituiscano, per così dire, i mezzi con cui l'infeudante si propose di conseguire il suo scopo politico, talché è impossibile il non riconoscere in essi altrettanti avanzi feudali, quasi ultime colonne di un immenso edilìzio crollato. Nei feudi fu esclusa per massima la successione delle femmine; e per qual motivo? Perchè incapaci alla prestazione dei servigi militari: motivo puramente politico. Furono proibite le alienazioni per contratto fra vivi e le trasmissioni ereditarie; e perchè? Perchè avrebbero fatto passare il feudo in persone non idonee allo scopo per cui era stato instituito: motivo puramente politico. Circoscritta la trasmissione a determinate famiglie, onde fossero più compatte e più potenti : motivo del pari puramente politico. Per gli stessi riguardi vietata la concessione del feudo in enfiteusi, e permessa !a subinfeudazione. Imperocché questa non poteva farsi che in persone ugualmente atte all'adempimento dei doveri feudali ; laddove l'enfiteusi, essendo aperta a chiunque pagar potesse Padeale ed i canoni, avrebbe surrogato al belligero feudatario il pacifico agricoltore, e così snaturata l'indole politica dell'instituzione. Non è pertanto possibile, senza chiudere volontariamente gli occhi all'evidenza, il sostenere che le investiture feudali sono meri contratti, come ha supposto l'onorevole signor Gadda, oppure hanno una parte politica ed una parte civile, — 909 — TORNATA DEL 4 0 MAGGIO come disse il signor ministro. Desse sono patti puramente politici. E questa verità è confermata dalla stessa legislazione feudale, la quale, dapprima sparsa nelle consuetudini, e poscia raccolta in leggi scritte dagli imperatori Federico li e Corrado il Salico, e finalmente dai giureconsulti milanesi Oberto Dall'Orto e Gherardo Negro coordinata in un Codice , fu sempre tenuta distinta dalle leggi civili, e formò un corpo di diritto a sè, appunto perchè riferibile ad un'istituzione di natura affatto speciale e ben diversa dagli atti civili. Senonchè qui taluno dirà : ebbene, siano pure le investiture feudali, anziché un patto civile, un patto politico. Fin qui non abbiamo che una distinzione nominale. Signori, la distinzione non è nominale, ma va alla sostanza. I contratti civili sono basati sull'uguaglianza; in essi nessuna delle parti figura come superiore, come rivestita di una missione pubblica. Quindi i patti stipulati vincolano del pari l'uno e l'altro contraente; e, finché sono d'esecuzione possibile, nessuna può sciogliersi senza l'adesione dell'altra. Ma nei patti politici le parti non istanno al medesimo livello. Interviene un superiore rivestito dell'autorità pubblica ed interviene in questa sua qualità di superiore. Se nei contralti privati il movente è il vantaggio individuale, nei patti politici è il ben pubblico; ed il suddito, che interviene a patteggiare col suo sovrano, non può, nè deve ignorare che, come il pubblico bene fu la causa motrice, così il pubblico bene è la condizione sine qua non a cui rimane vincolata l'efficacia del patto politico. Dall'istante che, per le mutate condizioni sociali, ciò che un giorno era utile allo Stato, diviene dannoso, nasce nel sovrano il diritto alla risolubililà, nè coloro che furono contemplati nel patto politico, e che in base al medesimo hanno fino a quell'istante goduto di vantaggi o prerogative, possono chiamarsi lesi nei loro diritti dalla risoluzione mossa da viste di pubblico bene, appunto perchè questa fin dall'origine fu, come si disse, la condizione sine qua non, sotto cui dal sovrano vennero a loro concesse quelle prerogative e quei vantaggi. II sovrano non potrebbe, neppure con un patto espresso, derogare a tale condizione. Un tal patto sarebbe immorale, illecito, nullo; giacché, in ultima analisi, si tradurrebbe nella formola: mi obbligo a nuocere allo Stato. Applichiamo la teorica ai feudi, e vedremo sfumare da sè gli argomenti dei propugnatori dei pretesi diritti dei chiamati. Fu tempo in cui il feudalismo produsse i suoi vantaggi, e finché tornò utile alla società ebbe anche ragione di esistere. Ma, surli a vita novella i comuni, e sovr'essi rinforzatasi l'autorità regia, formate le armate stanziali, e l'assetto sociale voltosi all'unificazione, quella moltiplicilà di pregiudizi feudali divenne inciampo all'amministrazione uniforme e forte dello Stato. Cessata così la ragione politica, da cui erano sorti i feudi, vale a dire la ragione del ben pubblico, il sovrano cominciò a far uso del suo diritto di risolubilità, togliendo ai feudatari i diritti signoriali, e nessuno al certo mai sognò di ravvisare in questa misura un'ingiustizia contro l'investito del feudo o contro i chiamati. Sopravvissero per qualche tempo i modi di trasmissione obbligata, escludenti le femmine, escludenti le ordinarie successioni testamentarie ed intestate, proibitive delle alienazioni, tutti ruderi del feudalismo che, cessata l'istituzione politica di cui, come si vide, erano mezzi ed elementi, non avevano più titolo d'esistere. Tanto più che, sottraendo al libero commercio ed all'industria una parte considerevole di beni, si volgevano in grave danno della società. Il sovrano, facendo uso un'altra volta del diritto insito all'originario patto politico, proclama per legge che egli rinuncia al diretto dominio, rinuncia ad ogni diritto di riversibilità, e che per tal modo la proprietà piena resta consolidala nell'attuale possessore. Io domando a chiunque considera le cose imparzialmente, se egli non sia nel pieno suo diritto! Domando se coloro, i quali sarebbero stati chiamali al feudo quando il sovrano avesse differito ancora per qualche tempo l'esercizio del diritto di risolubilità, possano presentarsi al medesimo, e dire: voi ledete i nostri diritti. E quali, risponderà il sovrano? Forse quelli scatenìi dall'investitura? Mai no, poiché questa, come patto pubblico, porta anzi seco la condizione della risolubilità, non sì tosto il ben pubblico lo esiga, ed il giudizio intorno al ben pubblico è mio. Diritti acquisiti a voi non appartengono, giacché non siete ancora entrati nel possesso del feudo, ed il dominio utile risiede nell'attuale investito, il dominio diretto in me. Diritti condizionali neppure, giacché ogni vostra aspettativa di entrare nel possesso del feudo era subordinata al mio esercizio sovrano del diritto di risolubililà. In altri termini, voi non potevate contare sulla successione al feudo, se non in quanto io avessi conservata questa successione, e la ragione di ben pubblico non mi avesse determinato a toglierla. Di qual diritto dunque parlate? Dov'è la pretesa lesione ? Gli stessi ragionamenti servono di risposta anche a coloro i quali citano Pautorilà, e ne rammentano il cardinale De Luca, il Woet, il Rosenthal, e tutta la schiera dei trattatisti di diritto feudale. Consultate, essi dicono, questi autori, e troverete da essi stabilito: che la posterità chiamata al feudo ha ben altro che una semplice aspettativa. Essi, all'incontro, le altribuiscono un diritto proprio, che in lei deriva non dall'attuale possessore, ma dall'istituzione primitiva, talché nessuno compreso nella vocazione può pregiudicare al diritto dei venturi, e di conformità, ogniqualvolta si tratti di indurre un'innovazione, quegli autori vogliono lo si faccia coll'assenso della legittima rappresentanza dei futuri chiamati. La risposta a siffatto argomento, che a prima vista pare sì specioso, emana facilissima dalle cose sopra ragionate. Gli autori,di cui parliamo, non trattarono la questione politica nei rapporti fra il sovrano ed i chiamati, ma diedero i dettati della giurisprudenza interna, regolatrice dei rapporti dei chiamati fra loro, ritenuta la continuazione del feudo. Senza dubbio, finché il sovrano lascia sussistere il vincolo feudale, corrono tra i chiamati diritti ed obblighi che nessuno di essi può arbitrariamente violare, appunto perchè esiste tuttora l'instituzione feudale. Io ultima analisi si vede che tutto qui posa sulla continuazione della volontà sovrana, che non ha fatto per anco uso del suo diritto di risoluzione. Ma la questione odierna è ben altra. Ora è precisamente il sovrano che, facendo uso di quel suo diritto, scioglie i vincoli feudali, abdicando il dominio diretto e consolidandolo nell'attuale investito. A quest'atto legittimo, quale autorità, qual ragion plausibile possono opporre i chiamati? Nessuna, io ripeto, come fu sopra all'evidenza dimostrato. Ed ora il signor ministro vedrà qual valore legale possa avere la già rammentata sua proposizione: « che, troncando l'aspettativa del primo chiamato, gli si arreca un danno, e perciò il Governo, autore di questo danno, deve ripararlo. » — 910 — CAMERA DEI DEPUTATI 10 non comprendo come ungiurista sì profondo, qual èil signor guardasigilli, ci venga qui a parlare di danno. Egli deve pur sapere che è inconcepibile l'idea di danno, ove non esiste lesione di diritto. Edegli stesso, il signor ministro, nel primo chiamato non riconosce verun diritto. Il legislatore, troncando i vincoli feudali, esercita una prerogativa della sovranità, quella di curare il pubblico bene, prerogativa che domina tutte le investiture feudali, come si è dimostrato. Onde compiere quest'alto suo officio, egli dovrà un corrispettivo , diverrà debitore di un compenso verso i primi chiamati? Io non comprendo quale nuova specie di giurisprudenza sia questa, posta dal signor ministro a precipuo fondamento dell'articolo 2del suo progetto di legge. Nè vale qui l'addurre l'esempio di quanto può essere avvenuto nell'abolizione dei feudi nell'Italia centrale. Quelle leggi, al certo, non furono discusse nel Parlamento. Ognuno vede qual differenza passa fra un decreto dittatoriale ed una legge passata e maturata in mezzo alla discussione delle due Camere. 11 Parlamento italiano non deve prendere esempio da una legge cattiva per farne un'altra del pari cattiva, deve anzi correggere ciò che un dittatore od altro funzionario rivestito di poteri eccezionali non ha rettamente ordinato. L'unificazione col mezzo di leggi buone è utile, col mezzo di leggi cattive è pessima. Se non che il signor ministro di grazia e giustizia si lusinga che inLombardia la sua legge sarà accolta con generale soddisfazione, edinprova egli nel suo discorso faceva menzione delle recenti dichiarazioni da parte di alcuni feudatari i quali si chiamano paghi anche dei due terzi dell'ente feudale, loro attribuiti dall'articolo 2 del progetto ministeriale. L'opinione della Lombardia il signor ministro la desume dunque dalla voce di due otre nobili egoisti, i quali forse non furono mai vivi, perchè non pensarono giammai in loro vita ai veri interessi generali del paese. Io mi prendo la libertà di rammentare all'onorevole signor guardasigilli che, in materia di leggi, egli ha già qualche altra volta presi degli equivoci sulla posizione della Lombardia e sopni il sentimento ivi dominante. Abuon conto i giornali hanno disapprovato il suo progetto, come contrario ai veri interessi della Lombardia, e, seil signor ministro ieri l'altro nel richiamare lepratiche cheebbero luogo nello scorso 1860, non neavesse lasciata la parte più interessante per l'attuale disputa, la Camera avrebbe potuto meglio assicurarsi che il progetto ministeriale non ha per sèil suffragio dell'opinione locale. Deve pertanto sapersi che la Commissione raccoltasi in Lombardia nello scorso anno, dietro invito del medesimo signor ministro, perchè presentasse il risultato dei proprii studi e delle proprie vedute sull'argomento, eseguì il suo compito. I feudatari delegarono i propri consulenti legali, e questi in unione adaltri giuristi tennero inMilano varie sedute. In quell'occasione il signor Decio, per meglio informare la discussione, diede alle stampe il pregievole suo opuscolo superiormente ricordalo. Furono di mano in mano discussi i punti sul compenso da darsi allo Stalo, sulla riserva da parte del feudo a favore dei chiamati, ecc. La discussione durò per più giorni, e, dietro la completa analisi e ponderazione dei vari argomenti addotti pro e contro, la gran maggioranza conchiuse per l'esclusione d'ogni compenso allo Stato e per lo svincolo del feudo negli attuali possessori. A tale effetto inviò anche al Ministero l'analogo schema di legge corredato da un'ampia relazione dello stesso signor Decio. SESSIONE DEL ì 861 Perchè il'signor ministro non tenne calcolo dell'opinione locale a lui significata per mezzo di organi sì competenti? Perchè lasciò Io schema di legge di cui parlo, in sostanza conforme a quello della Commissione, per dare la preferenza ad un progetto elaborato dal signor Vigliani, al quale io accorderò tutti i meriti e tutti i pregi, ad esclusione di un solo, quello, cioè, d'avere studiata la situazione della Lombardia, allorché ivi fu inqualità di governatore. Il signor ministro nefa intendere la difficoltà che il Senato riformi lalegge dalui votata, essendo la medesima basata sui principii della moralità. Fu dimostrato sopra, quanto valga questa proposizione. Ad ogni modo, se mai avvenisse (ciòche io non penso, perchè troppo rispetto la sapienza edil patriottismo del Senato) che il progetto per discrepanza delie due Camere dovesse aggiornarsi fino alla nuova Sessione, sarà certo per la Lombardia undanno (edella ben saprà a chi esserne grata), ma almeno sarà undanno temporaneo; laddove la legge volata nel senso del Ministero sarebbe fonte di danni permanenti. II signor ministro si èstudiato di attenuarli in relazione ai terzi possessori col soccorso dell'ordinaria prescrizione. Ma, trattandosi di prescrizione acquisitiva, che oltre il trentennio richiede titolo legittimo e buona fede, ognuno scorge quante possano essere, anche rispetto ai terzi possessori, le liti contingibili. Edove lascia, il signor ministro, lecause di interruzione della prescrizione? dove lascia la dispositiva del Codice italiano rimasto in Lombardia in vigore fino al I gennaio 1816, che impediva ogni incominciamento di prescrizione contro i minorenni? Dove lascia tutta la serie degli altri litigi, che per la causa verissima indicata nella relazione della Commissione, sorgeranno fra gli stessi feudatari? Dove lascia la spesa di parecchi milioni che èper cagionare la divisione in tre terzi degli stabili feudali che in Lombardia misurano 116 mila pertiche? Nonè egli meglio che questi milioni vengano immediatamente convertiti a profitto del suolo, adottando lo svincolo nell'attuale possessore?E quel usufrutto poi che il progetto ministeriale è costretto a riservare all'investito sull'intero ente feudale durante la sua vita, non verrà forse a colpire quelle 116 mila pertiche di terreno di un vincolo che, se non è feudale, è però eminentemente esso pure contrario al progresso dell'agricoltura, eche d'altronde può estendersi in molti casi a trenta, a quarantanni e più? Scorporato colla divisione il terzo del terreno devoluto al primo chiamato, è evidente che il possessore attuale concentrerà lesue cure ai due terzi che sono proprii, nè si prenderà gran pena di migliorare l'altro terzo. Ond'è che il progetto ministeriale, non fondato in diritto, non assistito neppure dalla ragione di convenienza ed in urto coll'opinione locale (giudice pur troppo competente in questa materia), manca insieme e della bontà assoluta e della bontà relativa che deve informare una legge. Non mi resta che a pregare la Camera a ben pesare il suo voto in materia tanto grave. Quanto a me, iovoterò pel progetto della Commissione, perchè lo ritengo conforme alla giustizia, conforme all'utilità pubblica, edavrò almeno il testimonio della coscienza di aver fatto il mio dovere. (Il deputato Di San Donato presta giuramento.) PRESIDESTE. Il deputato Mosca hafacoltà di parlare. MOSCA. Signori, sebbene io debba ricordare con riconoscenza che tutte levolte ch'io presi la parola in questa Camera venni ascoltato con cortese benevolenza, in questo istante specialmente debbo fare un appello alla benignità o — Oil — TORNATA DEL 1 0 MAGGIO vostra, attesoché, conscio quale sono e dell'aridità della materia che imprendo a t r a t t a r e , e della pochezza delle mie forze, e tutto ciò ancora posto a raffronto della vastità e dell'importanza dell'argomento, della moltiplicità e varietà delle ragioni arrecate dagli oppositori al progetto ministeriale e della incontrastabile distinta abilità da essi appalesata, sento, dico, che debbo in modo affatto particolare raccomandarmi alla vostra cortese attenzione. Io intendo di parlare in favore dello schema presentato dal Ministero, j i o n perchè io sia convinto ch'esso sia il migliore fra tutti i progetti possibili, ma perchè, per lo meno, è quello che si mostra nelle presenti circostanze il più conveniente ad essere adottato per raggiungere quella moltiplicità ed importanza di scopi che non dobbiamo mai perdere di vista nel deliberare intorno a questa legge. La questione che è la più vitale, su cui dovettero necessariamente intrattenersi i precedenti oratori, e dalla quale deve scaturire la soluzione che andiamo cercando da tre giorni, è quella che tende a risolvere questo quesito: i chiamati hanno 0 no un diritto? A siffatta questione io voglio portare il concorso delle tenui mie forze, per far ritenere, come ritengo io stesso, che 1 chiamati hanno un vero diritto. Per ristabilire questa che io credo una verità, mi è necessario assolutamente di considerare la controversia sotto un doppio aspetto : in prima dal lato del diritto feudale in genere (ciò che dà alla q u e stione un carattere astratto, teoretico), indi e più particolarmente in relazione alle leggi e consuetudini giudiziarie vigenti in Lombardia. Debbo specialmente procedere in tal modo nella mia disamina, perchè i vari oratori che hanno parlato contro il progetto ministeriale hanno appunto diversamente portata la questione su l'uno e sull'altro punto. Sotto l'uno e sotto l'altro aspetto io mi lusingo che potrò dimostrare che i chiamati hanno un vero, un positivo diritto, che non può essere leso senza commettere una grande ingiustizia. La Commissione, che ha presentato una relazione cotanto forbita ed estesa, nella sua maggioranza, si è ella p u r e domandato in primo luogo se i chiamati avessero un diritto. Essa si è fatta questa domanda prima di l u t t o : a chi a p partiene la proprietà della sostanza feudale? La Giunta risponde a sè stessa: la proprietà della sostanza feudale si divide in dominio diretto, che spetta alla sovranità, e in dominio utile, che appartiene all'investito. Io convengo pienamente colla risposta che la Commissione ha dato a sè stessa, perchè tale risposta combina esattamente con quella che io domandai non a me stesso, ma bensì alla legge ed alla giurisprudenza feudale. Ma che intende poi la Giunta per investito? Non è ciò che intendo io. L'investito non è solamente il possessore attuale del feudo, ma è desso colla sua discendenza, è desso colla sua famiglia, come è contemplalo nel titolo originario d'investitura. E questo è tanto vero, che la parola investitura si prende in due significati : uno proprio, e significa più precisamente la costituzione del contralto feudale ; e l'altro, l'atto di ricognizione, mediante il quale tutti quelli che hanno diritto all'investitura vengono l'uno dopo l'altro a domandare di essere riconosciuti dal signore diretto. E questa infatti si addimanda più propriamente e più specialmente non investitura, ma rinnovazione d'investitura. Questo non è un punto sul quale si spieghi una dottrina arbitraria. Leggete le sentenze di tutti i feudisli, esaminate tutte le investiture, e troverete che l'originario acquirente del feudo vien contemplato, secondo la diversa natura del feudo, acquirente per sè e pe' suoi successori. Questo è tanto vero, che oltre alle investiture vi sono le coinvesliture, e le investiture simultanee, per le quali si provvede ad altra linea di successione pel caso che il feudo si renda vacante; e s'intende che il feudo allora solo si rende vacante, allorché a p punto subentra qualcheduno per cui cessa la linea per la quale l'investitura era originariamente stabilita. Non ardirei certamente di tediare la Camera adducendo ora una lunga serie di citazioni, le quali sarebbero, tutt'al più, opportune davanti ad un tribunale ; ma mi sarà permesso, io spero, di ricordare alcuni dei principii più essenziali che costituiscono il fondamento delle materie feudali. Se adunque il diritto feudale fu in vigore finora, se ad esso si vuole aver riguardo per riconoscere qual è la vera posizione delle cose su cui si porta la mano del legislatore, è i n dubitato che da queste prime considerazioni possiamo inferire la conseguenza che i chiamati hanno un positivo diritto; si chiami desso come si vuole, ma non si potrà a meno di riconoscere che è un diritto esistente. Alcuni vogliono confondere il diritto coll'aspeltaliva, mentre il diritto feudale è un'altra cosa. L'aspettativa propriamente di un diritto feudale è la f a coltà che appartiene ai coinvestili ed agli investiti simultanei di aspirare al feudo nel caso che diventi vacante nella linea dei vari investiti, e tale deve intendersi la linea del possessore, e non il solo possessore. Ma fosse anche che questo diritto si dovesse qualificare aspettativa, questa, in fondo, che cosa è? È qualche cosa che abbia una qualità spirituale, una qualità morale, e che abbia un oggetto concreto e determinato? Questo nessuno porrà in dubbio, e, ciò essendo, bisogna pur tener conto di questi dati, qualunque sia il fondamento della legittima posizione, alla quale il legislatore deve aver riguardo, se vuole conservarsi una riputazione di giustizia. Ma il miglior modo per dimostrare la mia tesi, credo che sarà di seguire filo per filo il ragionamento avversario che leggesi nella relazione della Commissione. La maggioranza della Giunta ha preso ad esaminare p a r a tamente la posizione giuridica, sia dei chiamati, sia del possessore attuale del feudo, per venire poi a conchiudere che i chiamali non hanno alcun diritto, e che invece tale e tanto e così preciso e incontrastabile è il diritto dell'attuale possessore, che non si potrebbe appoggiare la proposta del Governo, di dare una sola part e del feudo, anche dopo che se ne fosse goduto l'usufrutto per tutta la vita dell'attuale possessore, anche quando il terzo chiamato sia il chiamato dall'investitura, senza ferirne i diritti del possessore, siccome suonano le precise parole della relazione della Commissione. Cominciando ad esaminare la posizione giuridica dei chiamati, la relazione fa osservare che il loro diritto o dipende dal patto feudale, o dipende dalla legge. Se, continua la relazione, si riguarda il palto feudale, questo non ha più ragione d'esistenza, nè di applicazione, perchè è cessato tutto ciò che ne costituiva la sostanza. Se invece si ha riguardo alla legge feudale, nemmeno questa può recare impedimento al legislatore nel regolare in modo totalmente diverso la successione, e più specialmente in quello che è accennato dalla maggioranza della Commissione. Io non dubito di affermare che queste deduzioni non sono nè logiche, nè rigorose. Io rispondo che il diritto del chiamato si fonda insieme e sul patto e sulla legge: si fonda sul patto, perchè il patto era autorizzato dalla legge; si fonda sulla legge, perchè appunto il patto riguardava alla legge CAMERA DEI DEPUTATI e si riportava alla medesima per determinare l'ordine della successione. Il patto feudale ha applicazione in quanto ne può avere secondo le mutate condizioni dei tempi, e ciò appunto fa si che il feudo non poteva essere convertito in altra cosa che in una di quejle tante istituzioni le quali senza alcun pericolo si conservino intatte. Se l'onorevole Allievi,, a quelli i quali esprimono tanta meraviglia al sentire che vi siano ancora tanti feudi in Lombardia, avesse risposto, come era onesto il rispondere per l'onore del nostro paese, che non s'illudessero punto sul senso di questa parola feudo ; se avesse loro risposto che con tal vocabolo non si designa altro che certo ordine di successione sopra beni speciali vincolati ad un obbligo di trasmissione; se avesse detto che a questo solo si riduceva e ad una eventuale riversibilità a favore dello Stato, io sono convinto che questa risposta avrebbe calmato molte inquietudini, e non avrebbe destato assolutamente scandalo alcuno. L'onorevole Ferracciu, toccando la questione primaria, ha appunto detto: ma che venite a parlare di patto feudale, questi han perduto ogni ragione di esistere, e non vi è più ora rapporto di servizi militari, di omaggio di fedeltà, e di tutte quelle prestazioni dell'antico vassallaggio; dal momento adunque in cui voi avete sostituito un nuovo ordine politico all'ordine feudale antico, non si può più parlare di feudi, cessa per sè anche ogni vincolo della sostanza feudale, e per tal guisa cessa ogni diritto dello Stato di ripetere quella sostanza, e per conseguenza cessa necessariamente anche il diritto di distribuirla; ed è falso il vostro ragionamento che si possa dare una parte di questi beni ai chiamati. Ma quando è cessato quest'ordine di cose politico, al quale l'onorevole Ferracciu fa allusione? Forse va a cessafe adesso e in occasione delia presente legge? Se andasse a cessare adesso, e in occasione della presente legge, l'argomento potrebbe avere ancora qualche valore; ma sapete voi chi è il possessore attuale, se sussiste il vostro ragionamento? Il possessore attuale è un usurpatore ; ma allora per qual motivo non dichiarate invece che la legge feudale ha cessato fin da 50, CO o 70 anni fa, e non accordate agli aventi diritto di andare a ripetere le rispettive successioni da tutti coloro che fin d'allora hanno acquistato la libera, la perfetta disponibilità dei loro beni? FKHft.&cciu. Domando la parola. mosca E questo valga anche a rispondere al mio amico Allievi, quando, ricordandosi di aver studiato giurisprudenza, egli pure si sovvenne di un certo dettato, cioèche in cose di diritto pubblico non si può contrattare. Non è di questo che doveva ricordarsi, ma bensì di quell'adagio che si ripete nelle scuole: non è mai vietato di contrattare in cose di diritto pubblico. Il matrimonio è una cosa di supremo interesse e di diritto pubblico, eppure costituisce la materia di un contratto. Quello che non si può contrattare, nè convenire, è la deroga del diritto pubblico. Ora, quando questi contratti feudali furono fatti, erano conformi al diritto pubblico; epperciò, giudicando delle conseguenze di un contratto, si deve aver riguardo alla legge che era in vigore al tempo in cui la convenzione è stata conchiusa. Questi sono i veri principii della giurisprudenza. Stimo poi mio debito di insistere specialmente sopra un argomento, il quale non può a meno di fare una certa impressione particolarmente su coloro che non hanno una coltura essenzialmente legale; voglio dire l'argomento che si desume dall'abilità che ha il legislatore di cambiare l'ordine della successione» SESSIONE DEL 1861 Si dice : ma quegli che può mutare da oggi a domani, secondo che le convenienze politiche impongono, l'ordine della successione famigliare, in una materia che, secondo l'opinione di alcuni, non è propriamente di diritto naturale, ma instituto di diritto civile, perchè non potrà variare l'ordine della successione feudale? Perchè non potrà sopratutto preferire l'ordine civile della successione, che è quello che è confermato dai bisogni del paese, dalle esigenze della nostra civiltà, dai sentimenti e dai principii della nostra eguaglianza civile? Perchè non potrà sostituirlo a un ordine di successione arbitrario, dispotico, lesivo del diritto? Ma, signori, la condizione non è eguale; quando si tratta di successione ordinaria, il diritto non si acquista che all'aprirsi di essa ; allora sì che io non ho che una specie di aspettazione e di speranza; ma nel caso della successione feudale, non si tratta di un diritto che si acquisti all'aprirsi della successione, ma di un diritto già acquistato alla sostanza stessa, anteriormente, sotto l'impero della legge feudale; sin d'allora è già acquistato questo diritto, ed ha il suo corrispondente oggetto determinatamente concretato e definito, e ha già un principio di attuazione pratica in tutti i diritti che la legge accorda mediante l'azione utile ai chiamati, affinchè intervengano a preservativa delle loro ragioni. Havvi forse qualche cosa di simile nelle successioni ordinarie? Il diritto che la legge ha creato al legittimario d'avere una parte riservata sui beni dei genitori è piuttosto un obbligo che essa ingiunge ai medesimi di provvedere per questo modo alla sorte dei figli; ma, finché il padre esiste, la sostanza è libera in lui, e la può anche dissipare per intiero prima che egli muoia. Dunque, se vi è un'aspettazione, questa è soltanto generica, ma non determinata, non positiva, perchè non esiste corrispondente oggetto a cui si riferisca. La differenza sta ancora in ciò che vi possono essere dei diritti, che non cessano d'essere diritti, che sono sempre stati considerati come diritti, che, senza sconvolgere il linguaggio giudiziale e legale, e senza rinunziare a tutti i principii più sacri, non si potrebbero mettere in disparte, e che tuttavia sono in una condizione molto meno perfetta di quello ch'è il diritto dei chiamati alla successione dei fedecommessi e dei feudi. Le nostre leggi austriache permettono (Rumori) Voci. Nostre? MOSCA. Le leggi austriache che sono ancora in vigore in Lombardia (Interruzioni) mi pare Foci. Ma non sono nostre! b»keshi>ente. Lascino che l'oratore continui. mosca... le leggi austriache, che sonoancora in vigore in Lombardia, permettono, fra le altre cose, il patto successorio. Voi sapete che il patto successorio è quello con cui si aliena, se non tutta, una parte dell'eredità futura. Ebbene, quest'eredità non cambia per ciò di sua indole; è sempre un diritto che si verifica nella sua quantità, alla morte del contraente, alla morte di quello il quale ha conchiuso il patto successorio; verrà quindi necessariamente anche per la quantità essa pure soggetta a tutte quelle condizioni, che pare abbiano arrestata la Commissione nel decidersi ad accordare la qualità d'un diritto al diritto dei chiamati. Ciò io passerò fra un momento ad esaminare, e, nondimeno, questo non fu mai creduto un diritto, ed io credo che il Parlamento non potrebbe in nessun tempo accordare la nullità di questi contratti, i quali sono conchiusi a titolo oneroso e devono essere rispettati. Eppure ha molto minor base l'aspettativa del coniuge, relativamente all'eredità futura del coniuge, di quel TORNATA DEL 10 MAGGIO che non abbia diritto il chiamalo alla successione del feudo o del fedecommesso. Il grande errore di tutti quelli che si oppongono al progetto ministeriale sta in ciò, che essi confondono la successione nel feudo colla successione alla persona dell'ultimo possessore; due cose che sono fra loro essenzialmente ed estremamente diverse. Quando succedo al padre, o per sua disposizione testamentaria, o secondo l'ordine stabilito dalla legge, io succedo veramente a lui come suo erede, e lo rappresento; ma il successore nel feudo non è punto chiamato a rappresentare il suo antecessore, ma rappresenta il fondatore del feudo, o, meglio, tutta la famiglia investita. È dessa che è feudataria ; tutti insieme i chiamati, e presenti e futuri, e nati e nascituri, vennero investiti, e tutti hanno acquistato un diritto, sempreehè si verifichi la condizione della loro sopravvivenza, che è quella appunto che concreta la loro qualità morale ; tutti costituiscono l'investito, e hanno diritti che vogliono essere rispettati. pkesedesite. Avverto la Camera che essa ora è appena in numero ; prego perciò i signori deputati di non assentarsi. mosca. La Commissione infatti nella sua relazione si è fatto uno scrupolo di non riconoscere nei chiamati nessun diritto, perchè, dice essa, che diritto è questo che è vincolato nientemeno che a quattro condizioni? E in ciò la Giunta fu modesta, perchè poteva aumentarlo questo numero : non sono soltanto quattro, ma potevasi benissimo aggiungerne altre. Ecco quali sono le quattro condizioni a cui la Commissione trova che è legato il diritto dei chiamati : 1° Che non sopravvenga alcun altro, il quale abbia qualche diritto prevalente, od almeno eguale; 2° che i chiamati sopravvivano all'attuale investito ; 3° che il possessore attuale non perda il feudo per motivo di caducità ; 4° (e questa si poteva omettere, ed invece metterne molte altre che potevano essere comprese) che non si cambi la giurisprudenza feudale. E qui io domando se si può mutare in modo da non avere alcun rispetto a questi diritti. Riguardo a queste condizioni, io dirò che nessun numero di condizioni non può fare che un diritto condizionato non sia un diritto condizionato; sarà un diritto per la cui attuazione si verificheranno molte minori probabilità che per un altro, ma la moltitudine delle condizioni non può rendere minore l'essenza del diritto, la quale per esse non cangia certamente di natura. Di più queste condizioni, come ho dimostrato poc'anzi, sono tali che possono vincolare qualunque altro diritto, in particolare quello del patto successorio, il quale può non solo cessare, ma anche essere diminuito, perchè, come ognun sa, il patto successorio, sebbene sia valido solamente per le persone determinate dalla legge, soffre una diminuzione colla sopravvenienza di eredi necessari. Riguardo alla condizione del possessore delfeudo, la Commissione si esprime recisamente per l'opinione che qualunque diminuzione arrecata nella piena e libera proprietà della sostanza feudale, al momento in cui venisse pubblicata la legge, sarebbe assolutamente una vera ed effettiva lesione del suo diritto. Ma che è questo possessore? In che modo egli, il cui diritto era solamente di tenere in godimento questi beni, può dirsi leso dalla disposizione della legge, che, oltre al lasciargli tutto ciò che era di suo pieno diritto, gli abbandona anche due terzi di essi beni in libera proprietà? Come può mai affermarsi che questi in qualche modo sia leso? CAMERA DEI DEPUTATI — Discussioni del !SG1. 115 Forse che subentrerà un'altra persona al chiamato naturale ? Questo Io vedremo a suo tempo, quando io imprenderò ad esaminare il progetto ministeriale; ma intanto, quello che mi pare di poter stabilire positivamente sin d'ora si è che non solamente il possessore attuale non viene pregiudicato in nessuno de' suoi diritti, perchè questi si limitavano a ciò che egli conservasse sino alia morte il godimento di tali beni, ma viene la sua posizione immensamente migliorata dal fatto della pubblicazione della legge, coll'aver subito disponibili i due terzi di questi beni. Ciò premesso, mi sarà facile rispondere ad alcune obbiezioni molto speciose sollevate, specialmente in uno dei più brillanti discorsi che si siano uditi in questa discussione, voglio dire in quello del mio carissimo amico il deputato Zanardelli. Le belle forme sotto cui certe difficoltàfuronoposte innanzi non possono a meno di aver prodotto una grande impressióne, soprattutto su quelli che, come dissi, non sono pratici di cose legali. Così, per esempio, il signor Zanardelli diceva: ma che? mentre abolite i feudi, volete riconoscere i successori feudali? Questa è una contraddizione flagrante. Ma dove si trova questa contraddizione? domando io. Appunto perchè vogliamo sopprimere la legge feudale, riconosciamo che la medesima esiste. Riconosciuto che una legge esiste, non possiamo dissimularlo, dobbiamo riconoscere l'effetto che ha prodotto. Bisogna che teniamo conto delle condizioni che si sono fatte, dei diritti che, si sono stabiliti pendente l'impero di questa legge; e se noi volessimo abolire invece i vincoli feudali per lasciar sussistere tutti gli ordini particolari di successione che stabiliva la legge feudale, allora vi sarebbe una vera contraddizione ; ma, come già bene osservò l'onorevole Mazza, dopo la pubblicazione di questa legge non vi è più nulla di feudale ; allora viene intanto restituita al libero commercio una considerevole quantità di beni feudali, posciachè i due terzi diventano liberi. Resta un altro terzo pel quale il vincolo si riduce a tal natura, che non può essere assolutamente respinto disdegnosamente, perchè allora bisognerebbe sovvertire tutto il piano della nostra legislazione civile, bisognerebbe sopratutto abolire il diritto d'usufrutto. Nè creda l'onorevole Zanardelli d'aver risposto felicemente nemmeno alla considerazione che verrò ora accennando, sulla quale egli si è soffermato, e che credette rimuovere, ma a cui, secondo me, non ha risposto per niente soddisfacentemente. Egli disse: uno dei principali argomenti di cui fanno uso 1 propugnatori del progetto ministeriale consiste nel dire : ma non vedete che questi chiamati sono già riconosciuti in un effettivo esercizio del loro diritto? Non vedete (ed è la verità) che hanno curatori deputati, i quali vennero molte volte eccitati ad immischiarsi nell'amministrazione, negli atti concernenti i contratti feudali, che in tutte le cause nelle quali era necessario di avere il loro consenso per fare qualche innovazione a termini della legge feudale furono sempre chiamati e furono sempre intesi ? Ebbene, egli dice, ma questa era cosa affatto naturale, finché vi era la legge feudale, perchè ciò che rendeva necessario il consenso di questi chiamati era appunto l'esistenza della legge feudale. Ma ora noi questa esistenza della legge feudale la togliamo di mezzo; dunque non domanderemo più il consenso di nessuno. Sta bene; abolendo la legge feudale, non ci troveremo più nella condizione di avere bisogno del consenso dei chiamati — 9 U CAMERA DEI DEPUTATI nell'ordine f e u d a l e ; ma dobbiamo riconoscere che, finché — — SESSIONE DEL 4861 un modo conveniente ai diritti dei chiamati. Esso quindi non non abbiamo abolita la legge feudale, questi chiamati hanno accordò dei diritti e f f e t t i v i ; e dei diritti tanto effettivi, che ne e r a n o senza ordine di chiamati. Ed anche in questo caso non volle nell'effettivo esercizio. guarentire menomamente dei Uno dei mezzi coi quali si è volato s o s t e n e r e il progetto della maggioranza della Commissione è stato quello di s t i g - lo svincolamento c h e a quelli i quali si trovavano per la rivendicazione m a t i , e si contentò di un c o r r e s p e t t i v o tenuissimo, chia- cioè d e c i m o , u n i c a m e n t e per i n t r o d u r r e in tutti gli atti di del svin- matizzare l'esistenza attuale dei feudi coll'impronta austriaca. colo l'espressa clausula che non s'intendeva di p o r t a r e n e s - Si è voluto dare specialmente questo c a r a t t e r e alla c o n s e r - sun pregiudizio ai diritti degli eventuali c h i a m a t i . vazione dei feudi in Lombardia da una specie di reazione p o litico-austriaca fatta n e l l ' i n t e r e s s e di mera Dirò di p i ù : acquistata una fiscalità. > S i g n o r i , io credo di non poter e s s e r e ritenuto per una la nostra m a g i s t r a t u r a , che ha giustamente riputazione vera di insigne e q u i t à , la nostra magistratura i n t e r v e n n e a r i c o n o s c e r e l'esistenza dei diritt i persona amante del reggimento a u s t r i a c o , e perciò non temo dei chiamati, accordando l'azione utile per la di manifestare doversi r i t e n e r e p e r un pessimo costume quello d i l u i t o il diritto; il che forma uno stato giuridico di cose t a l i , di voler risolvere tutte le questioni i m p o r t a n t i , ricorrendo per cui non si può dubitare della all'accusa di e s s e r e opera dell'antica dominazione austriaca; feudali in Lombardia. p e r c h è , infine, non si può fare la c a l u n n i a , n e m m e n o a c a rico dei n e m i c i . Dico di più ; mi pare che si diminuisca conservazione conservazione dei vincoli Dico questo per rispondere in p a r t e a quelli i quali hanno creduto di portar su questo t e r r e n o la q u e s t i o n e , e non p e r - molto il merito della nostra rivoluzione politica c o l l ' e s a g e - chè io voglia occuparmi più p r e c i s a m e n t e delle singole r a r e , invece di constatare i danni dei quali siamo stati v i t - sattezze c h e sono occorse n e l l ' e s p o r r e la t e s i , p e r c h è credo tima sotto il governo s t r a n i e r o . che non sia tale da dover Il più bel titolo di gloria della rivoluzione italiana non sta occupare ine- la C a m e r a ; e non ci veggo alcuna utilità di fatto, quando la questione si porta in s i c u r a m e n t e nell'essersi determinati gl'Italiani a s c u o t e r e il questi t e r m i n i , e si viene a dire : m a , g u a r d a t e , non vi sono giogo dello s t r a n i e r o per incomportabilità di tal giogo, ina n e m m e n o questi feudi; non o c c o r r e avere considerazione pei bensì in forza di un sublime s e n t i m e n t o nazionale, p e r cui chiamati. Allora, in nome di Dio, se si porta la q u e s t i o n e su lotta adesso la povera Venezia, per cui respinge essa qua- questo t e r r e n o , è egli logico che si proponga l u n q u e t r a t t a m e n t o , per cui sono persuaso abolire ciò che non esiste? respingerebbe a n c h e le condizioni migliori che potessero a lei proporsi collo una legge per In tal caso c o n v e r r e b b e che la Camera r i c o n o s c e s s e p l i c e m e n t e questo stato di c o s e , e con un ordine s t a r e a tutti i pesi n o s t r i , a tutti i nostri sacrifizi, e adopran- dichiarasse che non o c c o r r e provvedere a c o t e s t e dosi col più grande slancio e coll'animo il più lieto e g e n e - p e r m a n c a r e il soggetto a cui il disegno di legge si r i f e r i s c e . roso per r a g g i u n g e r e il supremo ed unico scopo di e s s e r e Italiani. del sem- scopo di separarla da n o i , adattandosi di preferenza a s o t t o - giorno necessità Riguardo alla causa trattata in Lombardia ed a c c e n n a t a dall'onorevole Z a n a r d e l l i , io posso far n o t a r e che l'oggetto Questo, a p a r e r m i o , è un m e r i t o p a r t i c o l a r e di cui dob-^ biamo conservare il pregio con fede i n a l t e r a b i l e , mantenen- della medesima fu t u t t ' a l t r o che quello da lui e s p o s t o ; c h e non esiste nessuna s e n t e n z a , nessun giudicato p e r cui siasi stabilito q u a l c h e cosa in c o n t r a r i o alle massime della c o n s e r - dolo in tutta la sua i n t e g r i t à . D u n q u e , venendo a questa p a r t e , dirò che il Governo a u striaco non ha p r o p r i a m e n t e nessuna colpa nella conserva- vazione dei vincoli f e u d a l i ; anzi aggiungo che nelle m a t e r i e stesse della volontaria giurisdizione abbiamo molli atti delle zione dei feudi in Lombardia. Essi vi furono c o n s e r v a t i dal autorità giudiziarie, le quali p r e s e r o , n e l l ' i n t e r e s s e dei c h i a - cessato regno italiano. Vi è s e m p r e stata una grande q u e - m a t i , le disposizioni necessarie p e r c o n s e r v a r n e i diritti. s t i o n e , se la legge 6 termidoro anno v della r e p u b b l i c a , avesse o non li avesse aboliti ; ma il fatto sta che li Non mi occuperò delle diverse autorità che furono citate questo in difesa del progetto della Commissione e c o n t r o il progetto dubbio non è più possibile dopo i decreti del 1 8 0 6 e 1 8 0 7 . E m i n i s t e r i a l e . Mi pare che siasi già molto risposto riguardo a qui debbo r i c o r d a r e che questi decreti v e n n e r o r i p u b b l i c a l i queste autorità. m o l t e volte in tutta l'estensione del r e g n o , man mano che si estendeva il dominio italiano. Non ritengo d'altronde che q u e s t e autorità p o t r e b b e r o in modo alcuno p r e v a l e r e contro l'autorità della ragione e , s o - Il d e c r e t o l o aprile 1 8 0 6 è così formale c h e non può essere p r a b i t o , c o n t r o l ' a u t o r i t à delle cose p a t r i e , p e r c h è infine assolutamente posto in dubbio. In esso all'articolo 2 si legge l'autorità delle cose patrie d e b b ' e s s e r e a noi più c a r a degli che « i beni e le rendite feudali indipendenti esempi d'altri paesi. dall'esercizio di un diritto regale r i m a r r a n n o presso i possessori attuali, L'esagerazione stessa de' miei avversari è , secondo m e , un conservate per ora le obbligazioni i n e r e n t i a detti beni, tanto a r g o m e n t o del sentimento che provano della debolezza del a favore dei c h i a m a t i , che dello Stato. » loro assunto. Si è spinta la loro tesi fino a voler Vedono a d u n q u e , o signori, che il sistema feudale è stato conservato in Lombardia, e non lo fu c e r t a m e n t e dal Governo austriaco. Anzi è giustizia il dire che i fatti provano ben a l - rinnegare non solo, ma condannare la speranza. Si è detto p e r s o s t e n e r e il progetto m i n i s t e r i a l e : ma infine che cosa è questa speranza, quest'aspettativa? Non se ne Governo p a r l i ; è una speranza o r r i b i l e , una speranza a n t i p a t r i o t t i c a , su questo proposito; c o m e risulta in parte anche dalla stessa era la speranza che si conservassero gli ordini politici a n t i - m e m o r i a tanto r i p o r t a t a , alla quale io mi sento chi e la dominazione a u s t r i a c a . Meritano forse qualche t r o che quello che vuoisi m e t t e r e a carico di quel poco incli- nato di a c c o r d a r e gli epiteti esaltatorii di cui è stata g r a t i f i c a t a , e ch'io, per quanto c o n c e r n e l'esposizione dei fatti, r i - ri- guardo quelli che nutrivano di siffatte s p e r a n z e ? Ma, signori, questo è un fare dei salti meravigliosi n e l l ' a r - tengo abbastanza esatta. E per verità non si può n e g a r e c h e g o m e n t a r e . Dico che coloro i quali speravano il Governo austriaco aveva già da trenta e più anni promosso delle sostanze goduto dai loro p a r e n t i , non hanno p e r ciò le indagini più efficaci, onde venir a capo di vedere in l'usufrutto che m e n o m a m e n t e sperato nella conservazione degli ordini a u - modo potesse realizzare lo svincolo dei feudi, e si e sempre striaci , ma hanno sperato nella vostra giustizia, ed avean a r r e s t a t o in considerazione della difficoltà di provvedere tanto ragione di s p e r a r e in essa, p e r c h è avevano veduto, a l - in TORNATA DEL 1 0 MAGGIO lorchè trattavasi di far cessare diritti positivi, il Parlamento subalpino osservare gelosamente il principio costituzionale dando convenienti indennizzazioni. Nei casi nei quali il P a r lamento subalpino prese il partito di accordare delle indennità, si poteva, quanto al diritto alle medesime, dubitare assai più seriamente che sul diritto dei chiamati al fidecommesso. La giustizia del Parlamento sardo non ha lasciato senza compenso l'abolizione delle bannalità e delle piazze dei causidici per esempio, e di tante altre cose che dovevano dare ben altra materia a discutere; poiché, se erano diritti, erano diritti contrari al dominio pubblico ! Finalmente la Commissione si fece carico di due argomenti invero molto speciosi e che io non voglio lasciare senza risposta, perchè non ho confidenza che la Camera voglia p e r mettermi di prendere a parlare un'altra volta su questo a r gomento ; così debbo esaurire sin d'ora la mia materia. La Commissione ha allegato due preziosissimi argomenti ; essa mette in bocca ai Lombardi queste parole: guardate poi che infine noi Lombardi ci troviamo in una condizione più speciale; noi siamo assolutamente la vittima di un'ingiustizia straordinaria ; questi feudi sono stati aboliti in tutto il resto d'Italia, senza distinzione di paesi, bene o male, meglio o peggio governati; il fatto sta che sono stati aboliti dappertutto; noi arriviamo SO anni dopo di quegli altri; ma almeno, poiché arriviamo tardi, facciamo presto; facciamo dunque di ottenere tutte le conseguenze, o almeno quasi tutto quello che han potuto ottenere gli altri, e che noi pure avremmo potuto conseguire, se ci fossimo trovati trattati come gli altri in questo miglioramento. Ma, o signori, io vi dico che per me l'argomento non mi soddisfa niente affatto; all'incontro io dico: appunto perchè abbiamo aspettato 50 anni, noi non possiamo pretendere di averla così completa, come può essere desiderio universale, quando l'avessimo avuta 50 anni prima. La seconda obbiezione, di cui si giovò molto abilmente anche l'onorevole Regnoli, consiste a dire: voi altri non siete d'accordo tra di voi ; chi vuole che si dia un terzo, chi vuole che si dia una metà, chi vuole che si dia tutto al primo chiamato ; chi vuole che si abbia riguardo al chiamato attuale, chi al chiamato che sarà superstite al tempo della morte ; chi vuole che si abbia riguardo a tutti i chiamati futuri, anche ai possibili ; chi invece abbiasi riguardo solo'ai chiamati esistenti. Dunque, si conchiude, questa mancanza di criterio a determinare quali siano i chiamali a cui vogliasi aver riguardo, e quale sia la misura dei riguardi Bche si meritano, mostra che noi abbiamo un criterio molto più felice, ed è quello di dar niente a nessuno, e così risolviamo ogni questione. Sembrerebbe veramente, come osservava l'onorevole D'Ondes, che la questione avrebbe dovuto avere un altro scioglimento, poiché trovandosi tanto di quelli che vogliono dare il terzo, come di quelii che vogliono dare la metà od il tutto, ne risulta che tutti s'accordano in ciò, vale a dire nel dare qualche cosa. Del resto, l'opinione di non dar niente è un'opinione come quella di dare un terzo, come quella di dare la m e t à , come quella di dare l'intero; essa è un'opinione che non può avere maggior autorità che quella delle persone speciali di cui rappresenta il concetto. Ma se la Commissione non è stata, secondo me, abbastanza felice nella dimostrazione del proprio assunto, lo fu, per verità, un po' più nell'attaccare il progetto del Ministero. Veramente, nell'attaccare quel progetto, essa aveva un as- sunto facilissimo; essa aveva, prima di t u t t o , l'argomento di cui si è fatto una base, che cioè i chiamati introdotti nel progetto di legge sono chiamati fittizi, sono chiamati, come dice l'onorevole Zanardelli, inventati dal Ministero. Ma io comincierò ad osservare che non è veramente il Ministero che abbia inventato oggi questi chiamati, perchè vi è già una legge che li ha inventati prima del ministro Cassinis. Dunque, egli non ha fatto che seguire il concetto degli altri, e su questo credo che non abbia diritto al brevetto d'in» venzione. A vero dire, se v'ha cosa nella quale poteva essere attaccato personalmente l'onorevole guardasigilli, si è quella che consiste in certe esitanze, che neppur io non gli so perdonare , perchè furono esse, a mio avviso, che precisamente hanno alimentate le speranze di abbattere per intiero il suo sistema; si è pur quella mezza misura di voler fare una differenza fra il fedecommesso e il feudo, di non accordare che un'aspettativa invece di un diritto, invece di asserire francamente quello che la coscienza ci dice esservi, cioè veramente un diritto; che se questo diritto si voglia anche chiamare aspettativa, gli è pur sempre un diritto, giacché non è questa per certo l'aspettativa di colui che spera guadagnar un terno al lotto; ell'è invece un'aspettativa che merita i riguardi, la contemplazione del legislatore, e quindi non può essere che un diritto. Io infatti avrei desiderato che il signor ministro, nel p r o gettare la legge da esso presentataci, si fosse attenuto a ciò che era già stato fatto per i fedecommessi qui in Piemonte e per i feudi nell'Emilia, e che si fosse seguilo questo principio di diritto nazionale che si trova già attuato in tanta parte del regno, e che non tarderà ad esservi nelle rimanenti Provincie. Tuttavia, se io non approvo quest'atto nel senso di non esserne pienamente contento, in presenza della enormità del progetto della Commissione mi appiglio disperatamente al progetto del Ministero, perchè questo almeno, se non mi fa tutta la giustizia che desidero, me la fa in una gran parte, e, facendomela in una gran parte, soddisfa se non altro al concetto del mio principio e trasporta la questione sopra un t e r reno di quantità, sul quale la transazione è più facile e possibile, ed almeno inchiude il principio di rispetto ad un sacrosanto diritto. Per questo motivo, non sperando che un emendamento qualunque possa essere accettato in mezzo a questa furia di emendamenti che si presentano, io mi asterrò dal proporne alcuno, e soltanto, se mai la proposta del signor Mayr, quella cioè di ridurre alla metà ciò ch'è stabilito nella misura del terzo, se mai, dico, questa proposta fosse votala dalla Camera, io la voterò, e la voterò tanto più volentieri, perchè dirò quello che il signor ministro con una bellissima reticenza ha voluto tacere nella sua orazione. La voterò, dico, tanto più volentieri, perchè sono persuaso che il Senato, se noi faremo una legge nella quale il diritto dei chiamati sia pienam e n t e sanzionato, non potrà disporre altrimenti, per questo motivo che, avendo egli attribuito qualche cosa a questi chiamati, deve aver riconosciuto che hanno un diritto, perchè senza questo riconoscimento non poteva altrui togliere ciò ch'era di loro spettanza. Dunque non è possibile che dopo breve tempo debba il Senato cambiare la sua opinione su quest'argomento. Dico quindi che, trattandosi solamente di quantità, può facilmente accettare che il terzo sia portato alla metà. (Si parla) Ma, se io sono in qualche modo opponente al progetto ministeriale, lo sono unicamente per queste ragioni di quan- —-916 — CAMERA DEI DEPUTATI tità, nonio sono per altro. Ritengo sopratutto ingiusti gli attacchi che si sono fatti contro il medesimo, e mi sembra non essere stato difeso in quel modo in cui avrebbe dovuto esserlo. Quel progetto si fonda, a parer mio, sopra due grandi e sacrosanti principii. Il principio della necessità politica, per una parte, ben riconosciuta, che l'esistenza dei vincoli feudali in Lombardia è incompatibile col nostro sistema di essere, colle esigenze della nostra civiltà, coi nostri costumi, coi nostri principii di uguaglianza civile. Esso si fonda d'altra parte sopra un altro principio non meno sacro ed augusto, ed è il principio proclamato altamente dallo Statuto, ed è che ogni proprietà è inviolabile, e che nessuno può esserne privato senza una conveniente indennizzazione. E quando si dice proprietà, come insegnano tutti i giureconsulti, e specialmente i costituzionali, non si fa distinzione, ma si comprende tutto ciò che ci appartiene, tutte le cose nostre materiali ed incorporee, come definiscono i Codici; dunque anche questo, comunque vi piaccia di chiamarlo, o aspettativa, o diritto eventuale, o altra cosa qualunque. Deciso il Governo di entrare risolutamente nella via di togliere questo sconcio dell'esistenza dei vincoli feudali, era naturale che cercasse di combinare tra di loro le esigenze dei due diversi principii da me accennali ; e fortunatamente gli si presentava in ciò tanto più propizia l'occasione, inquantochè il fatto stesso dell'abolizione di questi vincoli feudali prestava la materia di un conveniente soddisfacimento. II Governo adunque, trovando da una parte una massa di beni disponibili, e dall'altra una massa di diritti e d'interessi in conflitto fra dì loro, soddisfacendo al maggiore de' suoi doveri che è di provvedere, secondo le circostanze, ai bisogni sociali, si è posto fra loro a mediatore. Ciò stante, che cosa ha fatto e che cosa doveva fare? Una cosa sola: una finzione. Ora una finzione, voi lo sapete, è un assunto che corrisponde non ad una verità reale, ma ad una necessità politica altamente riconosciuta; è un assunto che sostituisce una giustizia concreta e relativa alla giustizia assoluta delle norme ordinarie del diritto. Questa è la finzione cui doveva aver riguardo il Governo nel suo progetto di legge, ed egli appunto introdusse questa finzione ; egli fece coincidere l'abolizione dei feudi coll'apertura delle successioni feudali nei rispettivi possessori. Questa è la finzione ; non fategli carico d'avere creato questa finzione, perchè, in ogni modo, una finzione per venir fuori di quest'impiccio è necessaria. Credete voi della Commissione di essere forse più nel vero? Di non essere nella finzione, allorquando voi volete accordare tutto all'attuale possessore dei feudi ? Voi siete egualmente in una finzione giuridica ; voi supponete ciò che non è vero, che egli sia quello che chiuda la linea dei chiamati ; egualmente quelli i quali pretendono di portare tutto al primo chiamato, e di dare ad esso la totalità di questa sostanza feudale, commettono un'altra finzione, ed è quella di riconoscere in lui l'ultimo che chiude la linea dei chiamati ; mentre ciò non è vero, od almeno nella massima parte dei casi può non esser vero. Una finzione dunque essendo necessaria, io trovo che quella che fu scelta dal Ministero era la più giusta, la più conveniente, perchè era quella che offriva un terreno di conciliazione possibile a tutte le coscienze le più timorate ; poiché anche le coscienze le più timorate, quando la quistione non è più di principii, ma solamente di quantità, possono più facilmente venire tra di loro a trattative per la definizione del quesito. SESSIONE DEL 180] Questo mi pare il modo nel quale dev'essere riguardato il principio che anima il progetto ministeriale, e questo pensiero io Io trovo gravissimo, improntato di una grande verità legale, e che rende ragione nello stesso tempo ad una grande verità politica e morale. Domanderei pochi minuti di riposo. (Voratore si riposa per cinque minuti.) Ora, signori, non mi restano che pochissime cose ancora da dire, che riguardano più precisamente la situazione pratica della Lombardia, e su questo argomento io mi fo animo d'invocare più particolarmente la vostra attenzione. I nostri avversari non hanno risparmiato nessuna maniera di argomenti. Uno degli argomenti più felici, secondo loro, e che ha dovuto fare certamente una qualche impressione, si riferisce al modo con cui risultò composta la Commissione. L'onorevole Zanardelli ha detto : vedete, la Commissione nella immensa sua maggioranza è composta di giureconsulti dei più distinti della Lombardia. Ebbene, che cosa essi hanno conchiuso? Essi vi dicono appunto che il progetto ministesiale è cattivo, e che quello il quale gli vien sostituito è tutt'altro. Mi si permetta di fare una breve osservazione. Nella composizione della Commissione io trovo effettivamente quattro giureconsulti lombardi, e certamente il signor Zanardelli ha perfettamente ragione di qualificarli per distintissimi della Lombardia; ma sapete che cosa c'è da osservare? Che due di questi quattro giureconsulti lombardi sono di un parere, e due di un altro perfettamente contrario. Qui dunque le autorità si elidono completamente, e quindi l'argomento cade da sè. Si è voluto, ripetutamente, anche dall'onorevole Turati, far cenno del voto della Lombardia. Questo, dico la verità, si è quello che mi dà maggior ragione di temere, e che mi ha sopratutto spinto a protestare contro la chiusura della discussione, affinchè anch'io, come Lombardo, potessi proclamare che il voto della Lombardia è ben diverso, ed anzi contrario. II volo della Lombardia deve essere un voto ragionato, trattandosi di materia scientifica e giuridica. Dunque il voto della Lombardia deve essere sopratutto quello dei legali della Lombardia medesima; ora il voto dei legali della Lombardia, prego di prestar fede alla mia asserzione, non è quello rappresentalo dalla maggioranza della Commissione. Io pure conosco molti distinti legali (certamente non ne sono del numero), e fra gli altri ho il piacere di vedere che il mio voto è conforme precisamente a quello di un legale che noi consideriamo come il principe dei legali lombardi, cioè l'avvocato Lissoni. Quanto al voto della Lombardia, voi dovete ben comprendere che ci vuole un po' di cura a determinarlo, specialmente quando vi possono essere degl'interessi obliqui, i quali abbiano dei mezzi per farsi valere ad ottenere una soluzione che non sia precisamente quella conforme all'interesse pubblico, ma sibbene quella conforme al loro speciale interesse privato. (Movimenti diversi) Verrò a cose più spiegative, perchè i fatti vogliono essere posti in luce pienamente. Ieri io intesi l'onorevole signor ministro far cenno di una Commissione di distinti giureconsulti adunatasi a Milano per trattare questa materia e per formulare un disegno al Governo, relativo all'abolizione di questi vincoli. Io dico la verità che non ne avrei parlato volentieri, specialmente avendo 917 TORN ATA DEL 1 0 il signor ministro trascorso molto sfuggevolmente su questa Commissione ; ma, poiché l'onorevole Turati ha voluto rinforzare l'argomento ed ha esposte anche le cose in un modo che non è perfettamente consono alla verità, così questo mi obbliga a spiegare le cose precisamente come sono avvenute. Sappia dunque la Camera che in Lombardia non vi fu mai una Commissione istituita ( S e g n i di diniego da varie parli e dal banco del Ministero) Quando io parlo di Commissione, intendo che abbia un carico pubblico, perchè commissione viene, almeno credo, da commettere, e quindi committente. Dunque io non so che il Governo abbia mai istituita una tal Commissione; anzi lo nego (Fari deputati chiedono di parlare) nosco anch' io perchè la Commissione a cui si allude la co- C A S S I S I » , ministro di grazia e giustizia. Io non ho p a r - lato di Commissione. M O S C I . Non era una Commissione. Vuol sapere la Camera che cosa fosse? Era una congrega di procuratori dei possessori attuali dei feudi, i quali si erano, trovati insieme per combinare la maniera d'ottenere, nel modo per loro più conveniente, l'abolizione dei vincoli feudali. Questa era la Commissione che vi e r a , e non ve n'era altra. banco della (Mormorio al Commissione) T H E Z Z I , Non è vero, c'era anch'io. b » r e s i b >E Ì 8 T E , Non interrompa. MOSCA. C'era a n c h ' i o , e parlo per conseguenza mi si permetterà Io infatti fui a questa congrega, immediatamente precedente in cui seconda adunanza di ciò a cui ho assistito ; di esporre le mie idee. e vi fui perchè nel giorno si tenne, mi pare fosse la E S E P R E T I S . Domando di parlare. MOSCA ricevetti una procura da un certo conte Rivola, il quale m'incaricò di rappresentarlo in quest'adunanza; vi a n d a i . . . . (Bisbiglio) Io non espongo niente contro la ver i t à ; dunque si domandi la parola quanto si vuole, ciò non toglie che io narri le cose come passarono ; ciascuno potrà in seguito rispondere e dire come la pensa ; ciò che io accenno, avvenne precisamente così ; me ne appello agli avvocati Gadda e Lissoni, che erano presenti a n c h ' e s s i ; le cose si potranno verificare. ( M o v i m e n t i ) Una voce. C'importa ben poco di questo. MOSCA. Importa molto il sapere in che modo si è f o r mata la così delta voce pubblica, che reclama l'adempimento del progetto della Commissione, perchè io credo che il P a r lamento non possa essere insensibile a ciò che si espone come la voce, come il desiderio della Lombardia. Dunque in questa congrega non si è fatto altro che stabilire quello che era nell'interesse speciale dei possessori a t tuali dei feudi; e ciò è tanto vero, che io proposi che si-facesse un appello alle persone più competenti, onde si rinunziasse a procure d'interessi particolari, e per questo modo io rinunziai alla mia. Con questo non voglio sostenere menomamente che quelli i quali possono aver avuto incarico di rappresentare i a t e ressi particolari, non possano anche nello stesso tempo pronunziarsi, nella qualità di deputati, come loro suggerisce la coscienza e la giustizia ; ma voglio dire che quel rumore che si è fatto, quel tanto scrivere sui giornali, e persino quel tale agente accreditato qui in Torino, che, come si vide stampato nella Gazzetta di Torino, è incaricato di dare informazioni di tutti i progressi e dell'andamento di questa discussione della Camera, dico che tutto questo si capisce benissimo che ha potuto travisare le cose, e così formare un'opinione pubblica affatto fittizia, mentre l'opinione pubblica è quella M AGGIO che venne indicata dal signor ministro, secondo la mia opinione particolare, che cioè la Lombardia non desidera che una cosa s o l a : la più pronta, la più efficace e la più i m m e diata possibile abolizione dei vincoli feudali, senza rischiare di protrarla ad un altro anno, compromettendola con un emendamento che difficilmente v e r r e b b e accettato dal Senato. Debbo ancora dire che fra gli agitatori principali di questo rumore puramente immaginario vi sono effettivamente certi possessori di feudi. Debbo far notare che la massima parte di questi acquirenti di beni feudali, ben lungi dall'essere in buona fede, erano di pessima fede, ed hanno eiTettivamente comprato gli stabili, come lo dimostra il tenue prezzo sborsato, conoscendo quale era la loro origine. In particolare io posso nominare l ' e g r e gio avvocato Cuzzetti, membro della Commissione, il quale non potrà negare che nel suo ufficio vi siano pendenti ancora attualmente molte liti per lesione enorme ed enormissima commessa nell'acquistare questi beni feudali da persone che non sono nella migliore condizione per meritare le tenerezze della Camera. Tali sono le considerazioni ed i fatti che la verità e la coscienza mi hanno mosso ad esporre. (Movimenti) Foci. La c h i u s u r a ! T R E Z Z I . Domando di parlare per respingere zione che è stata f a t t a . . . l'insinua- P R E S I D E N T E . Prima bisogna che io l'accordi a quelli che precedono in ordine di fatti personali. Il primo a chiedere la parola per questo motivo è stato il signor Allievi, poi il signor Trezzi, poi il signor Turati. P e r tanto il deputato Allievi ha facoltà di parlare per un fatto personale. A L L I E V I . Io non posso lasciar passare senza risposta le parole dell'onorevole Mosca in quella parte dov'egli ha voluto lasciar credere che l'opinione sostenuta dalla maggioranza della Commissione non abbia e non possa avere per sè che dei motivi occulti ed obliqui ; io non faccio che p r o t e stare contro queste parole, nè ho bisogno di aggiungere a l tre p a r o l e ; la dignità mia e la dignità della Camera non mi permettono di aggiungere una sillaba a questa protesta. (Bravo ! Bene!) P R E S I D E N T E . P e r m e t t a un'osservazione. S e il deputato Mosca avesse fatto un'insinuazione contro la Commissione o taluno dei membri della medesima, io mi sarei creduto in debito di chiamare all'ordine l ' o r a t o r e ; m a , per quanta attenzione io abbia prestata al discorso di lui, mi parve solo che egli abbia fatto cenno dei molivi obliqui da cui possono essere animati gl'interessati nella questione, o come possessori attuali, o come chiamati a ' f e u d i ; mi parve solo che egli alludesse a persone che sono fuori di questo r e cinto, ed è per ciò che io non ebbi "d'uopo di chiamarlo a l l'ordine, locchè c e r t a m e n t e avrei fatto qualora le sue a l l u sioni fossero state quali vennero inlese o giudicate dall'onorevole Allievi. Il deputato Trezzi ha la parola. T R E Z Z I . Io non aveva altro che a respingere quelle parole che furono profferite senza riguardo alle persone che sono intervenute non alla Commissione, ma ad una riunione di oneste persone, di onesti legali. Dirò il fatto. Fu presentata al signor ministro un'istanza per lo svincolo dei feudi; il signor ministro, con un decreto, ha risposto a v questi tali che dovessero riprodurre l'istanza, accompagnata dal voto di alcuni legali, che egli chiamò distinti. Il signor Tecchio era fra quelli, vi era anch'io ; io sono a n dato munito di nessuna p r o c u r a ; sono slato chiamalo ad — 918 - . CAMERA DEI DEPUTATI — esprimere un voto coscienzioso, quel voto coscienzioso che esprimo alla Camera, clie esprimerò sempre, senza secreto o reticenze. Dico questo perchè, siccome molti sanno che io sono intervenuto a quella riunione, non vorrei che sospettassero di me. p k e s i w e i s t e , Non vi è nessuno che sospetti nè di lei, nè di altro deputato. Il deputalo Turati ha facoltà di parlare. TUBATI. L'onorevole Mosca mi ha rimproverato di non aver riferito con tutta verità quanto è accaduto in quella che egli chiama congrega, e ch'io dirò riunione di distinti legali. Aquest'accusa di poca veracità non contrapporrò a carico del signor Mosca che una poca fedeltà di memoria in lui riguardo ai fatti avvenuti. È verissimo che in una delle prime sedute la riunione era composta quasi per intiero di coloro che erano stati mandati dagli stessi feudatari. E ciò avvenne perchè la domanda diretta al Ministero per lo svincolo dei feudi era appunto partita dai feudatari, i quali, avendo ottenuto in risposta dal Ministero che dovessero concertare qualche progetto, aveano pei primi delegato i loro rappresentanti. Ora io rammento all'onorevole Mosca che, verso il finire di quella seduta, egli stesso sorse adire: gl'intervenuti alla riunione sono quasi tutti quelli che rappresentano la parte più interessata, vale a dire i feudatari. Ora, perchè la discussione che stiamo per fare rappresenti veramente l'opinione pubblica, perchè sia autorevole, perchè non si possa dire che questa fu una congrega soltanto dei mandatari dei feudatari, converrebbe che noi diramassimo delle circolari, che invitassimo giureconsulti distinti, i quali non avessero mandato da alcuno, e che quindi si riprendessero le sedute e si discutesse nel suo complesso e nelle sue particolarità tutta la questione, per poter presentare al ministro un voto ragionato, il quale rappresentasse l'opinione dei giureconsulti, la quale, come dice l'onorevole Mosca stesso, forma l'opinione pubblica, perchè, in fatto di questioni legali, i giureconsulti sono quelli che certamente sono i più competenti per poter dare con conoscenza di causa il loro parere; così dunque si fece, e, adottato il suo progetto, si sono le suddette circolari diramate anche nelle altre Provincie, e tra gli altri pure ebbe la bontà d'intervenire alle sedute il distintissimo avvocato Tecchio. (Ilarità) E dirò anche di più, che per avere un'altra eminenza legale delle antiche provincie in questo solenne consulto, aveva anche l'unione di questi giureconsulti invitato alle sedute l'onorevole signor Rattazzi (Nuova ilarità), il quale però, non avendo potuto venire per non so quali impedimenti, mandò una lettera ragionatissima. (Il vice-presidente Tecchio cede il seggio presidenziale al vice-presidente Poerio, e va a prender posto nei banchi dei deputati.) Dunque nel frattempo che si sono diramate le circolari, e quando si sono avvertiti questi giureconsulti, il signor Decio, appunto per illuminar meglio coloro che dovevano intervenire alle sedute stampò il suo opuscolo, del quale parla la Commissione, fu diramato l'opuscolo, e fu incaricato lo stesso onorevole Decio della relazione, e poi realmente in ripetute sedute si unirono tutti questi giureconsulti; non solamente quelli che avevano il mandato dai feudatari, ma altresì quelli che vi furono invitati, e coll'intervento di tutti questi, che io non esiterò a chiamare eletti del foro della Lombardia, si è cominciata la discussione, si sono trattati tutti gli articoli : quelli che erano contrarii hanno dato lutti le loro conclusioni (Risa), e la maggioranza ha finito coll'ap- SESSIONE DEL 1861 provare uno schema di legge con una circostanziata relazione ; il quale schema venne diretto al ministro di grazia e giustizia, corredalo di una verbalizzazione amplissima delle discussioni, e questo è il progetto di legge appunto che rappresenta l'opinione dei giureconsulti lombardi; esso non accorda allo Stato alcun indennizzo e propone lo svincolo della proprietà feudale. Dunque a me pare di aver riferito esattamente come slavano le cose. È la verità che in quella seduta vi era la rappresentanza dell'opinione dei giureconsulti lombardi, e dal momento che il signor Mosca dice che quella è l'opinione attendibile TECCHIO. Chiedo di parlare per un fatto personale. TUBATI. .. io non posso credere che l'opinione degli uomini legali sia favorevole al progetto del Ministero. TECCHIO. Giacché si fece allusione al povero mio nome, dichiaro di essere intervenuto una e due volte alla accennata adunanza in Milano. Sono intervenuto, perchè richiesto di esprimere qualunque ella fosse la mia opinione sulla materia dell'abolizione de' feudi, specialmente in rispetto all'influenza che per avventura una legge di questa fatta potesse avere sui feudi tuttavia esistenti nella Venezia, la quale quandochessia verrà anch'essa ad essere rappresentala nel nostro Parlamento. Sono intervenuto senza essere procuratore di alcuno. Se mi si domandasse da chi io sia stato chiamato, anche in questo momento gli risponderei che noi so ; e che mi è tuttora ignoto il desiderio o l'interesse particolare che per avventura si avessero coloro che richiesero il mio intervento. Ho dato allora, come in ogni caso e in ogni luogo, e massime dinanzi al Parlamento , il mio voto imparziale , quale me lo dettò la mia coscienza, che è stata sempre la prima delle mie leggi. (Segni di approvazione) PHESI»ESTE. 11 ministro per la grazia e la giustizia ha facoltà di parlare. CASSINI», ministro di grazia egiustizia. Mi duole assai che questa questione, dall'alta sfera in cui versava , del diritto, della pubblica utilità, della storia, delle tradizioni, sia discesa a fatti individuali, i quali veramente non le debbono appartenere. (Bene !) Quanto fosse grave questa questione, voi lo sapete, e quale fosse il mio pensiero nel circondarmi di tutti i lumi, i quali potevano riuscire a dare alla medesima una risoluzione che fosse giusta, equa ed osservatrice dei principii della scienza e della pubblica economia nelle provincie a cui la legge si riferiva, voi ben lo comprendete. Questo è il motivo per cui desiderai, come appare dalla mia nota del 23 maggio 1860, e della quale già io fei cenno nel mio discorso precedente, indirizzata ai possessori dei beni feudali in Lombardia, le nozioni e i documenti che essi fossero in grado di somministrarmi, e i quali fossero acconci a mostrare l'origine e la natura di quei feudi ed il partito più conveniente da adottarsi. Insomma per certo io desiderai in si grave argomento di circondarmi di tutti i lumi, e di conoscere tutte le opinioni, non meno degli interessati che delle persone più versate in tale materia. Già era stata emessa una prima opinione, ed era quella accennata dall'onorevole Turati, dal governatore della Lombardia il commendatore Vigliarli, per la quale veniva assegnata la metà ai primi chiamali. Ve ne fu un'altra, ed è quella del tribunale di terza istanza, secondo la quale erano loro assegnati due terzi; ve ne fu una terza, infine, ed è quella espressa nella memoria che mi fu il 27 settembre presentata dai possessori medesimi dei beni feudali, i quali, — 919 — TORNATA DEL per le ragioni espresse in quella elaborata scrittura, pensavano che ai chiamali non si dovesse assegnare parte veruna. Questo è il puro fatto. Di qui due cose io voglio dedurre : la prima è come questa materia siasi accuratamente studiata in Lombardia sotto i moltiplici suoi aspetti. La seconda, come siano sorte molte e diverse opinioni, ed a me sia parso di stare nel vero quando, nel conflitto di queste, proposi i termini della legge, cioè di non dividere fra i possessori ed i chiamati i beni stessi in parte uguali, di non negare ai chiamati una quota, ma di transigere fra gl'interessi e le ragioni di entrambi, in modo che i due terzi avessero gli uni ed un terzo gli altri. Mi si appuntò testé dall'onorevole Mosca di una tal quale esitazione intorno ai principii della proposta legge. Non nego, o signori, che la legge è una transazione in sé, come sempre avviene in codeste leggi le quali devono servire ad uno scopo di generale interesse, di pubblica utilità, senza compromettere di troppo le posizioni speciali, e risentono perciò e dell'assoluto rigor dei principii e dei temperamenti dell'equità. Quindi, o signori, mi pare che queste medesime osservazioni dovrebbero persuadervi ad accettare la legge quale ve l'ho proposta. Noi ci troviamo sostanzialmente in presenza delle quistioni seguenti : 1° Si debbe o non si debbe dare alcuna quota ai chiamati ? V Quale è la quota che deve darsi ai medesimi ? 5° Debbe questa darsi ai chiamati i quali sono nati o concepiti al tempo della pubblicazione della legge, ovvero al tempo della morte dell'investito? 4° Ove si ammettano i chiamati, debbe farsi distinzione fra essi? A tutte queste questioni si rannodano il progetto del Ministero, quello della Commissione e gli emendamenti proposti. Io non voglio ritornare, o signori, sulla questione che ci ha sinora occupati, e che è la prima delle testé accennate, né voglio ora qui trattare le questioni medesime ; non voglio far altro che accennarvela in complesso, onde il vostro giudizio si posi sopra ciò che costituisce e il vero principio e la vera utilità di questa legge. Qual è in sostanza lo scopo che la legge si propone? Lo scopo d'ordine pubblico, l'anima, direi, della legge è di restituire i beni alla libera circolazione. Questo è il vero oggetto pubblico, questo è il vero scopo d'ordine pubblico che ha la legge II rimanente tutto è di privala ragione, di privata e slimazione, d'apprezzamento sulla quantità del diritto odella aspettativa, sul valore giuridico dell'una e dell'altra posizione, su quelle considerazioni, insomma, per le quali noi secondiamo all'uno o all'altro principio ; tutte le questioni testé accennate sono d'ordine puramente secondario. Nulla vi ha d'assoluto in ciò, imperocché già vi accennai come in Lombardia siano sorte opinioni diverse, ed i vari emendamenti che si sono proposti fanno palese che nella guisa stessa diverse sono qui le opinioni; nel che frattanto mi giova notare che l'opinione di dare alcunché ai chiamati è da tutti, meno da quello dell'onorevole Trezzi, rappresentala. Or dunque tutta la questione dove sta? Quando la ragion pubblica è soddisfatta, quando il pubblico scopo è raggiunto colla abolizione dei vincoli feudali, la stessa principale questione sinora discussa non è che una questione secondaria, d'ordine affatto privato. Ridotta la cosa a questi t e r m i n i , che cosa dobbiamo guardare noi? Se col progetto di legge si rechi danno ad alcuno, se non si soddisfaccia a tutte le ragionevoli esigenze. Ciò posto, io credo che nessuno può negare come col pro- 10 MAGGIO getto di legge non si pregiudichi il diritto di nessuno e si faccia il bene di lutti gli interessati, mentre si raggiunge quello scopo pubblico e di pubblica utilità a cui mira essenzialmente la legge. Si danno due terzi all'attuale possessore, e l'usufrutto; voi vedete come ciò sia ben più che l'avere la totalità trasmess a l e ai successori. Dunque esso non ne ha danno veruno ; n'ha di più grande vantaggio, poiché, effettivamente, se egli alienasse i due terzi che ha in proprietà, verrebbe assai probabilmente a conseguire una rendita ben superiore all'attuale sua rendita, conserva il capitale ricavato dalla sua alienazione. Non vi ha dunque ragione per cui non sia soddisfatto. Diamo un terzo ai chiamati. Qui non entrerò nell'ardua e difficile questione di qualificare il loro diritto ; io già dissi che, quanto a me, ne sentiva il dovere, e che lo Stato, padrone diretto di queste proprietà, tutlavolta che le scioglie, togliendo così il corso alle trasmissioni future, doveva, secondo me, sentire il dovere di soddisfare a tali aspettative, se almeno ciò far si potesse senza danno di alcuno. Ora io dimostrai come senza danno degli attuali investiti ciò avvenga. Dunque sul dare o non dare ai chiamali parmi oramai non possa più dubitarsi che il nessun danno da una parte e un principio di giustizia dall'altra debbono far sì che si dia. Qui stiamo facendo una legge; dunque a c h e l a distinzione giuridica tra il diritto e l'equità? Respingiamo i principii di equità quando si tratta di applicare la legge; ma quando si sta per farla, l'equità è la legge del legislatore, è la norma da cui non si può preterire. (Bravo !) Dunque, senza lasciarci trarre sull'arido terreno d'una arida questione di diritto, noi domandiamo se l'equità non consigli e non comandi si faccia ciò che il Ministero ha proposto ; la questione qui, a mio credere, non è dubbia. È questione sul quanto. Or bene, metà, chi propone che tutto si dia vorrete accettare una transazione, tutte le aspettative, tutti i desiderii, se vi ha chi propone la ai chiamati, perchè non la quale può soddisfare tutte le speranze? A chi daremo? Ai presenti, o a quelli che verranno di poi? Ma voi vedete che in questo modo si protrarrebbe la continuazione del vincolo feudale; ciò non vogliamo, ciò ripugna allo scopo della legge. Ammesso il principio di dare, faremo distinzione Ira gli uni e gli altri chiamati? Egli è evidente che questa distinzione ripugnerebbe al suddivisalo principio, epperciò la si debbe r i cisamente respingere. A fronte di tutto ciò, o signori, vi è un sistema migliore di quello che è proposto? Io noi credo. La pubblica utilità è guarentita da questo? Lo è. Or bene, preoccupatevi di questi essenziali pensieri: imperocché io tengo per fermo che, ove questo principio non fosse ammesso, e dovesse ritornare la legge all'altro ramo del Parlamento, quella determinazione presa quasi all'unanimità dal Senato essendo poggiata sopra un sentimento, un apprezzamento dell'animo, il Senato, credo, non ne potrebbe con sua dignità e con onore recedere ; non potrebbe adunque essere questa legge riprodotta che nella futura Legislatura. Ora io vi domando, o signori, se sia meglio il tenere molti mesi, od un anno anche, i beni in Lombardia sotto il vincolo feudale, sottratti alla commerciabilità, soggetti alla riversibilità in favore dello Stato, che non il venire a questa transazione che vi proposi, la quale, dando due terzi all'uno, ed UH terzo all'altro, appaga tutti quanti gli interessi. —920— CÀMERA. DEI DEPUTATI Io quindi, o signori, mi rivolgo al senno pratico clic vi illumina, a quell'amore del pubblico bene che è guida alle vostre risoluzioni, e vi prego di adottare questo progetto di legge, nell'interesse non solo delia Lombardia, ma della pubblica economia in generale. (Bravo ! Bene !) presidente. La parola è al deputato Depretis per un fatto personale. Foci. Ai voti ! ai voti ! D E P R E T S S . Io ho chiesto la parola, anziché per un fatto personale, piuttosto per motivare il mio voto sulla legge in discussione, voto che avrei manifestato in brevissime parole; tuttavia riguardo a questo punto mi riserverò la parola nella discussione sugli emendamenti che furono presentati alla Camera. Riguardo alle parole che parvero ferire la Commissione, io mi limiterò a dichiarare che non ho fatto parte di nessuna Commissione, che non intervenni a nessuna congrega, che non sapeva nemmeno che Commissione alcunasifosse convocata per esaminare la questione de'feudi. Dirò che non conosco nè procuratori, nè sollecitatori d'interessi feudali ; non ho conoscenza nè d'investiti, nè di possessori, nè di primi o secondi chiamali. La mia convinzione me la sono formata in quel solo modo nel quale dobbiamo formarcela tutti quanti siamo a rappresentar la nazione in questa Camera, studiando accuratamente e coscienziosamente la questione. La mia convinzione, che è conforme a quella del mio uffizio e della maggioranza della Commissione, me la sono formata procurando di formulare la legge secondo i più sani principli, illuminandomi sugli antecedenti storici, sugli atti del Parlamento, e nella discussione ch'ebbe luogo negli uffizi. In questo modo, e non mai in altra guisa, io mi sono convinto che il voto della maggioranza della Commissione è secondo giustizia, è consono agli interessi del paese ; com'è conforme al parere dell'ufficio ch'ebbi l'onore di rappresentare. P R E S I D E N T E . Esaurito quest'incidente, io domanderò alla Camera se intende di continuare la discussione. MOSCA. Io dimando la parola. Voci. Ai voti! ai voti! (Rumori) mosca. Io non posso stare sotto il peso d'un'insinuazione che venne fatta. Foci. Ai voti ! ai voti ! Altre voci. Parli ! parli ! P R E S I D E N T E . Le do facoltà di parlare per un fatto personale. MOSCA. Quando ho sentito l'onorevole Tecchio pronunziare dallo scanno della Presidenza le sue savie parole, le quali mi rendevano perfettamente giustizia, io credeva che non avrei più avuto occasione di prendere a parlare per un fatto personale, perchè io non poteva dire nè di più, nè di meglio di quello, che aveva detto l'onorevole Tecchio. La mia acquiescenza, il mio silenzio, che era un atto di compiacenza verso la Camera, bastava quindi a mettermi d'accordo perfettamente con tutti quelli i quali si sono creduti nella necessità di parlare. Nella più grande quiete dell'anima io ripeto dunque, poiché vedo che sono nella necessità di ripetere qualche cosa, che io sono intervenuto a quest'adunanza, che era composta certamente nella maggior SESSIONE DEL 1861 parte di procuratori; che è verissimo, per esempio, che il signor Depretis non vi si trovava presente; che è verissimo che l'onorevole signor Tecchio, a mia cognizione, non era portatore di veruna procura ; che sarà benissimo anche quello che dice l'onorevole collega Trezzi, al quale presto intieramente fede, e così a tutti quelli i quali possono fare la medesima dichiarazione, perchè non vi ha possibilità d'ingannarsi. Soltanto debbo avvertire che, dal momento che il signor ministro dice che egli è quello stesso il quale desiderò di sentire questi illustri personaggi, allora bisogna conchiudere che io non fossi che un intruso, perchè io certamente non ho mai saputo che il mio voto fosse desiderato dal signor ministro o da altra persona. Io non so assolutamente che sia il signor ministro quegli che abbia designato, nè il giureconsulto A, nè il deputato B, per dare il loro voto; ma la precisa verità di quello che ho detto in tutta buona fede l'ha confermata l'onorevole Turati stesso, prestandogli appunto quelle parole e quell'invito perchè fosse meglio rappresentato l'interesse pubblico, non nel senso che io abbia mai dubitato o potuto dubitare che dei personaggi così insigni, come sono quelli che vengono onorati della rappresentanza in Parlamento, abbiano a cambiare di parere per il solo fatto che rappresentano un interesse particolare, ma soltanto perchè, essendosi citato come un titolo di autorità il voto di questa Commissione, io mi sentiva in obbligo di protestare innanzi a questa Camera, e di spiegare chiaramente in che termini fossero le cose, e come più specialmente il soggetto dello studio di questa Commissione era stato l'interesse dei possessori attuali dei feudi. Nolte voci. Ai voti ! ai voti ! La chiusura ! (Rumori d'impazienza) presidente. Esauriti i fatti personali, interrogo la Camera se intenda proseguire la discussione sull'articolo 2. Moltissime voci. No ! no ! La chiusura ! P R E S I D E N T E . Essendosi chiesta la chiusura, domando se sia appoggiala. (È appoggiata.) Dopo poi verrà la discussione sugli emendamenti che furono presentati. resteiìIìI, relatore. Salva però ancora la facoltà di parlare al relatore. P R E S I D E N T E . S'intende che il relatore avrà facoltà di parlare anche dopo dichiarata chiusa la discussione. Pongo ai voti la chiusura della discussione sull'articolo 2. (La Camera approva.) La seduta è levata alle ore 6. Ordine del giorno per la tornata di domani : Seguito della discussione sul progetto di legge per l'abolizione dei vincoli feudali in Lombardia,; Discussione dei progetti di legge: Sussidio alla società nazionale del tiro a segno ; Età maggiore nelle provincie lombarde; Maggiori spese sul bilancio 1860 ed anni precedenti del Ministero dell'interno.