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CAMERA DEI DEPUTATI
SESSIONE DEL 1861
TORNATA DEL 10 MAGGIO 1861
PRESIDENZA DEL COMMENDATORE TECCHIO VICE-PRESIDENTE.
SOMMARIO. Congedi. =r Presentazione di due disegni di legge del ministro per l'agricoltura e commercio per il ritiramento
delle monete erose nell'Emilia, e concambio di nuove in bronzo, e per aumento di somme stanziate per l'esposizione
italiana in Firenze. — Omaggi, rz Lettera del ministro per l'interno, e trasmissione ad esso di petizioni relative al riordinamento provinciale. — Convalidamelo di un'elezione. — Seguito della discussione del progetto di legge per Vabolizione dei feudi in Lombardia — Discorso del deputato Mazza in difesa della proposta ministeriale all'art. 2, sul consolidamento delle proprietà nell'investito o nel chiamato — Proposizione di chiusura della discussione, oppugnata dai
deputati Mosca, D'Ondes-Reggio e Turati, erigettata — Considerazioni del deputalo Mayr, e sua proposta di emendamento
— Emendamento Ninchi — Discorsi dei deputati Regnoli e Tarati in appoggio della proposta della Giunta — Discorso
del deputato Mosca contro il progetto della Giunta — Proteste, e spiegazioni personali dei deputati Allievi, Trezzi, Turati e Tecchio — Repliche del guardasigilli agli opponenti — Spiegazioni personali del deputato Depretis — Spiegazioni
del deputato Mosca — Chiusura della discussione sull'art. 2.
La sedata è aperta all'una e mezzo pomeridiane.
massari, segretario, dà lettura del processo verbale
della tornata precedente, il quale è in seguilo approvato.
CAVATIMI, segretario, espone il seguente sunto di petizioni:
7100. Pignatari Vincenzo da Collecorvino, provincia di Abruzzo Ulteriore primo, si lagna dell'abbandono in cui furono
dal Governo lasciati i liberali delle provincie napoletane , e
de' favori accordati ai partigiani borbonici; invoca dalla Camera pronti ed efficaci provvedimenti, procurando in ispecie
sia fatto il debito riparto de' sei milioni di ducati decretati
dal dittatore Garibaldi ed un rigoroso scrutinio dei funzionari ed impiegali pubblici che parteggiano pel Borbone.
7101. Il municipio di Santa Maria Maggiore in Terra di
Lavoro domanda la restituzione della somma in capitale ed
interessi, che, per la costruzione di caserme militari fatte
sotto il Governo borbonico, dovette mutuare dalla banca di
sconto.
7102. Alcuni cittadini modenesi, stati danneggiati per
cause politiche, i quali presentarono i documenti comprovanti il loro diritto ai compensi stabiliti per decreti dittatoriali , si lagnano che dal Ministero vogliasi adottare una diversa misura fra essi e gli abitanti delle provincie parmensi,
limitando i compensi a coloro che soffrirono reali confische
ed arbitrarie disposizioni dei loro beni.
7103. 11 Consiglio comunale di Tiesi, circondario di Alghero, ricorre perchè non gli venga più oltre ritardata l'autorizzazione richiesta di vendere una data partita di alberi di
sovero da un bosco comunale, onde valersi del prezzo per
alcune riforme urgenti alla conservazione del bosco medesimo.
7104. I Consigli comunali di Sarteano e di Cetara reclamano contro la proposizione del Consiglio compartimentale
di Siena, relativa al traslocamelo della cancelleria e dell'uffizio del censo di Sarteano a Chiusi.
7103. Cinquanta cittadini di Nulvi, Sardegna, espongono
alcune considerazioni tendenti a dimostrare viziosa , tanto
sotto il punto di vista amministrativo, che per riguardi politici, l'istituzione proposta delle regioni, e confidano che la
Camera non vorrà appoggiarla col suo voto.
7106. Tirelli Ercole, Giovanni ed Agostino, fratelli, di
Stiolo, provincia di Reggio nell'Emilia, reclamano contro una
decisione del soppresso tribunale di revisione in Modena e
ne domandano la revisione da demandarsi a quella Corte o
tribunale che la Camera stimerà opportuno.
7107. Campetti Angelica, di Lucca, allegando essere stato
suo marito vittima delle persecuzioni dell'ex-Governo granducale, domanda di essere provvista di pensione, siccome
vedova di un impiegato civile , stato destituito per fatti politici.
7108. Il municipio di Rossano, in Calabria Citeriore, chiede:
1° venga ultimata la costruzione della strada da Paola a Rossano; 2° si provveda energicamente alla pubblica sicurezza
ed a reprimere i furti di campagna; 3° siano concesse al comune le rendite dell'abbadia di Santa Maria per il mantenimento di un collegio maschile, obbligandosi il comune di
sopperire alle spese d'impianto nel locale del soppresso convento dei cappuccini.
7109. La Giunta municipale di Migliarino, provincia di Ferrara, sottopone al giudizio della Camera varie considerazioni tendenti a dimostrare la convenienza che i comuni e
frazioni che devono formar parte di quel mandamento siano
quelli indicati nel decreto dittatoriale 12 marzo 1860.
ATTI DIVERSI.
H1CHEC.INI. Colla petizione 7107 Angelica Campetti, da
Lucca, allegando essere stato suo marito vittima delle persecuzioni dell'ex-governo granducale, domanda di essere provvista di pensione siccome vedova di un impiegato civile stato
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TORNATA DEL i O MAGGIO
destituito per fatti politici. Ad un tale fine chiede che alla Toscana sia estesa la legge piemontese del 14ottobre 1848.
Prego la Camera di decretare sia riferita urgentemente
questa petizione.
La suddetta legge, con cui si reintegrarono nel loro grado
gl'impiegati civili che dal 1° gennaio 1821 sono stati destituiti per motivi politici all'effetto di essere ammessi alla pensione di ritiro e di dare diritto ad un equo compenso alle
vedove che si trovassero inistrettezze, è già stata estesa alle
Provincie lombarde, modenesi e parmensi, alle Marche ed
all'Umbria. Sembra quindi non solamente giusto, ma ancora
urgente che sia anche applicata alla Toscana, acciò i cittadini
tutti godano di eguali diritti.
(È dichiarata d'urgenza.)
«rikiIjENskoni. Colla petizione 7109 la Giunta municipale di Migliarino, provincia di Ferrara, sottopone allaCafoera
varie considerazioni sulla convenienza di adottare la circoscrizione territoriale portata dal decreto dittatoriale 12 marzo
1860.
Chiedo pertanto che sia dichiarata d'urgenza.
(È dichiarata d'urgenza.)
PA.CE. Colla petizione 7050, 215 cittadini di Cosenza, Calabria Citeriore, rappresentano la convenienza che quel capoluogo, avuto riguardo alla sua posizione geografica, alla
popolazione edal numero degli affari, sia sede d'una gran
Corte d'appello.
Chiedo che questa petizione siadichiarata d'urgenza.
(È dichiarata d'urgenza.)
«amjOzzi. Colla petizione 7101 il municipio di Santa
Maria Maggiore inTerra di Lavoro domanda la restituzione
della somma incapitale edinteressi che per la costruzione di
caserme militari fatte sotto il Governo borbonico dovette mutuare dalla banca di sconto.
Domando che questa petizione sia dichiarata d'urgenza.
(È dichiarata d'urgenza.)
Il signor deputato Giovio, essendo trattenuto a Milano per
circostanze imperiose, chiede uncongedo di sei giorni.
(È accordato.)
Il signor deputato Schininà chiede un congedo di 40 giorni
per affari di famiglia.
(È accordato.)
II signor deputato Pantaleoni chiede parimente, per urgenti
affari, uncongedo di un mese.
(È accordato.)
(Prestano giuramento i deputati Sergardi,Pessina e Nisco.)
Il Comitato veneto centrale scrive quanto segue:
« Facciamo omaggio acotesta illustre Assemblea di cento
copie dell'opuscolo intitolato: Trieste e l'Istria, e loro ragioni
nella questione italiana.
« Ègiusto che la voce di fratelli italiani, tuttavia soggetti
a dominio straniero e reclamanti l'imprescrittibile diritto di
appartenere alla propria patria, si faccia sentire e ottenga
ascolto daquesta rappresentanza nazionale.
« In nome del proclamato principio dell'unità e dell'indipendenza d'Italia gl'Istriani domandano di far parte integrante della patria comune.
« Lanatura, la storia, la nazionalità, gl'interessi commerciali, leragioni geografiche, militari e politiche, e il generale
sentimento italiano del popolo, manifestato anchè testé dalle
legali rappresentanze di Trieste e dell'Istria, concorrono a
consacrare il diritto di questa estrema regione dell'Italia orientale di non restar esclusa dall'italiana famiglia, che sotto
lo scettro costituzionale di Vittorio Emanuele II felicemente
risorge ora a nazione.
« Il Comitato scrivente, interprete dei sentimenti e dei
voti delle province italiane tuttavia soggette all'Austria, adempie con quest'atto adundovere fraterno e patrio.
« Ci segniamo con sincero ossequio.
« Il Comitato veneto centrale
« Firmati: Sebastiano Tecchio, presidente
— G. B. Giustiniani —Guglielmo
D'Onigo —Alberto Cavalletto. »
L'avvocato Raineri fa omaggio alla Camera di due sue
opere, l'una intitolata: Le vite di Dante Alighieri, di Galileo
Galilei, di Nicolò Machiavelli, di Lodovico Ariosto, di lord
G. Byron e di Antonio Canova; el'altra : Storia della Liguria
sino ache sia stata assoggettata dai Romani, edi Porto Maurizio sino ai nostri tempi.
Il deputato Carletti Giampiero faomaggio di 550 copie di
un suo scritto : Osservazioni intorno al progetto di legge
ammiproposto dal ministro dell'interno sull'ordinamento
nistrativo dei comuni.
Il ministro dell'interno scrive.
« Il sottoscritto intende da qualche tempo adordinare a
raccogliere in unvolume i numerosi richiami già trasmessi a
questo Minislero dalle rappresentanze comunali e provinciali
in ordine all'attuale ripartizione amministrativa del regno,
ed è suo desiderio che la Commissione parlamentare o quell'altro Consesso cui verrà deferito il disegno di una nuova
circoscrizione, sia posto in grado di farne giudizio complessivo, senza dover minutamente esaminare la congerie di documenti, bene spesso disseminati inlibri diversi, che suffragano quelle proposte.
« Intale intento giova ch'egli abbia sott'occhio la serie
compiuta di simili atti ; e poiché varie petizioni furono al riguardo presentate direttamente al Parlamento, si pregia perciò di richiedere il signor presidente della Camera dei deputati che voglia ordinare il rilascio a questo Ministero degli
originali, ovvero di copie delle mentovate petizioni. »
PRESIDENTE. Chieggo alla Camera se, nel caso che aderisca alla domanda, intenda trasmettere al Ministero dell'interno in originale odinsemplice copia le petizioni relative
alla circoscrizione amministrativa del regno.
Pongo ai voti la proposta di trasmetterle per originale.
(Segue la prima votazione.)
AM4BI. Io domando che si trasmettano per semplice copia.
Voci. Ègià votato1
AMARI. Si faccia la controprova.
PRESIDENTE. Essendo chiesta lacontroprova, interrogo
la Camera seintenda che queste petizioni siano trasmesse per
semplice copia.
La votazione risultando dubbia, si farà nuova prova.
(Dopo nuova prova e nuova controprova, la Camera delibera negativamente.)
Le petizioni non saranno trasmesse in originale.
Ora interrogo la Camera se intenda che siano trasmesse
per copia. (Ilarità)
(La Camera approva.)
PRESENTAZIONE »1 DUEDISEGNI DI IÌEGKE : 1° PE&
RITIRO DAEi CORSO NEIiEiE PROVINCIE DEMÌ'EMIMA DEBILE MONETE EROSE ; 3° PER .«.»MENTO
RI SOMMA PER Ii'ESPOSIZIONE RI FIRENZE.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il signor ministro
d'agricoltura e commercio per la presentazione di disegni di
legge.
— 900 —
CAMERA DEI DEPUTATI
NATOLI, ministro per l'agricoltura e commercio. Ho l'onore di presentare alla Camera un disegno di legge pel-ritiramento dal corso nelle provincie dell'Emilia delle monete
erose, e concambio delle medesime colle nuove monete di
bronzo.
Ho anche l'onore di presentare alla Camera un disegno di
legge per l'aumento della somma stabilita nel bilancio per
l'esposizione italiana agraria, industriale e artistica, che avrà
luogo in Fireuze.
E poiché per la legge di luglio 1860 questa esposizione
debbe aver luogo nel prossimo settembre, ioprego la Camera
perchè si compiaccia dichiarare d'urgenza il progetto di legge
che ho avuto l'onore di presentarle.
PRESIDENTE. Si dà atto al signor ministro della presentazione di questi due progetti di legge, che saranno stampati e distribuiti agli uffici.
Se non vi è opposizione riguardo all'urgenza domandata
pel progetto di legge per l'aumento di spese per l'esposizione industriale di Firenze, sarà l'urgenza accordata.
(È dichiarato d'urgenza.)
VERIFICAZIONE DI POTERI.
PRESIDENTE. Se vi sono relatori che abbiano rapporti
in pronto sopra elezioni, sono invitati alla ringhiera.
MAZZA, relatore. Ho l'onore di riferire alla Camera sulla
elezione del collegio di Cittanova.
In questo collegio" sono inscritti 735 elettori, dei quali
votarono nel primo squittinio 436. Il signor Diomede Marvaso
ottenne 328 voti ; al signor Spana Bolani ne toccarono 84 ;
gli altri furono dispersi o giudicati nulli.
Il signor Diomede Marvaso, avendo ottenuta la maggioranza
voluta, fu proclamato deputato.
Le operazioni sono tutte regolari ; solamente si fece notare
all'ufficio che il signor Diomede Marvaso era già stato eletto
nelle prime elezioni, e che la sua nomina fu annullata perchè era impiegato ineleggibile. In seguito il signor Diomede
Marvaso rinunciò all'impiego che copriva, e fu affermato all'ufficio che la sua rinuncia venne accettata in tempo utile;
quindi l'ufficio approvò l'elezione e mi diè il mandato di proporvene la validazione, con la solita riserva sul caso in cui
si venisse per avventura a riconoscere che la rinuncia non si
fosse accettata in tempo utile.
(La Camera approva.)
SEGUITO DEIiliA DISCUSSIONE »Eli PROGETTO DI
IiEfiGK PER li'ABOLIZIONE DEI FEBDB IN LQH>
SARDIA.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno porta il seguito della
discussione sull'articolo 2 del progetto di legge per lo svincolamento dei feudi in Lombardia. La parola spetta al deputato Mazza.
MAZZA. Signori, dopo l'ampio e dotto svolgimento che
l'onorevole guardasigilli ha dato nell'ultima tornata alle sue
risposte, io mi restringerò, per non ripetere e non fastidiare
la Camera, a poche e brevi considerazioni di diritto, lasciando
ad altri oratori, i quali sono meglio di me in grado di conoscerle, di svolgere più ampiamente le ragioni di fatto.
Entrerò direttamente nel cuore della quistione, la quale
mi sembra egregiamente posta nel suo notevolissimo rap-
SESSIONE DEL 1861
porto dall'onorevole relatore della Commissione, nel senso
del sistema da lui propugnato.^
L'onorevole relatore della Giunta infatti considera gli attuali investiti come aventi la proprietà dei beni feudali, ma
soggetta a determinati vincoli, quali sono l'inalienabilità, la
trasmissione di essi in un dato ordine di successione. Ed annullando, egli dice, la legge questi vincoli, rinunciando la
sovranità al suodiretto dominio, la piena proprietà si consolida naturalmente nelle mani degli attuali investiti.
Io, signori, non farò questione di termini; considererò
anch'io la sovranità come avente diretto dominio di questi
beni; considererò gli attuali investiti come aventi l'utile dominio dei medesimi.
Ebbene, la nazione, erede oggi della sovranità feudale, rinunciando al suo diretto dominio, esercita un suo diritto,
adempie un suo debito, pel supremo indirizzo che le incombe
della civile società.
Ma, in verità, chi rinuncia ad un dominio deve poter disporre del suo dominio; chi rinunzia ad un diritto deve poter
disporre del suo diritto ; e la sovranità che rinuncia al suo
dominio deve aver facoltà di disporre nel modo che a lei
sembra il migliore. Alei dunque, a lei sola spetta di vedere
e di pronunziare intorno a questo modo. Ma intanto io stabilisco che, quanto al diritto che compete allo Stato, quanto al
diretto dominio che allo Stato si deve riconoscere, che il relatore stesso gli riconosce, nè gli attuali investiti, nè i chiamati vi hanno ragione. Può la sovranità, se lo crede, accordare anche tutto il pieno dominio all'attuale investito. Ma
non si parli, in grazia, di diritto, giacché, se parlaste di diritto, voi sareste in contraddizione con voi stessi, mentre affermate d'altro canto il dominio dello Stato, imperocché voi
m'insegnate che non vi è dominio contro dominio, diritto
contro diritto.
Ma, si può replicare, questo diretto dominio proprio della
sovranità, che cosa è insomma, e in che cosa consiste, se non
nel diritto eventuale della riversibilità? Ora, cessato da lungo
tempo il regime feudale, cessata la speciale protezione che
era quasi il corrispettivo della riversibilità medesima, anche
la riversibilità avrebbe dovuto cessare, e cessare senza compenso , quasi un patto bilaterale a cui manchi l'una delle
parti.
Sia pure ; ma a questo ragguaglio avrebbe pur dovuto cessare quell'ordine privilegiato di successione, in forza del
quale soltanto l'attuale investito fu immesso nel feudo. Eppure non è cessato; e solo oggi si pensa invece a sciogliere
definitivamente in Lombardia i vincoli feudali, solo oggi si
pensa a restituirvi una buona volta l'ordine normale delle
successioni.
Sia pure che lo Stato rinunzi senza compenso al suo diritto;
ma la legge, imparziale qual è, non può non tener conto di
tutte le posizioni aquistate.
Voi oggi, attuali investiti, ed il relatore stesso l'afferma,
voi non avete che l'utile dominio. La proprietà nuda rimane
quasi a dire in sospeso tra voi per il possesso che tenete
del feudo; i chiamati, per la trasmissione che si fonda nelle
tavole feudali; lo Stato, cui può toccare eventualmente il diritto di riversibilità. Ma nè voi, nè i chiamati, nè lo Stato avete assolutamente diritto a questa nuda proprietà. Il legislatore interviene, e dice: dove non è quistione di diritto,
quivi non si può parlare che d'equità, che di riguardi per
tutti; per gli attuali investiti, come per i chiamati, come per
lo Stato. Con questo un fine supremo mi muove, cioè l'immediato svincolo dei beni feudali, l'istituzione immediata del
diritto comune nelle successioni.
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TORNATA DEL 10 MAGGIO
Ma poiché qui non si tratta di diritto, poiché qui non è
quistione che di riguardi, io dichiaro invero di non comprendere come mai chi non ha diritto a nulla possa pretendere
a tutto; dichiaro di non comprendere come mai tutti i riguardi si vogliano avere per i presenti investiti, e nessuno
per i primi chiamati, nessuno per lo Stato. Io posso concedere, se così vi piace, che l'investito, come chiamato effettivo, come chiamato il cui diritto si è già attuato col possesso
del feudo, possa per avventura pretendere ad un riguardo
maggiore ; epperò non mi oppongo al progetto di legge che
riconosce questo maggior riguardo. Ma attribuire tutto agli
investiti, nulla ai chiamati, nulla allo Stato, in verità mi pare,
per troppa equità verso gli uni, voler essere iniqui e duri
contro gli altri.
Si è molto detto dagli oppositori, nell'ultima tornata, che
i chiamati non avevano veramente un diritto, ma solo una
aspettativa.
L'onorevole deputato D'Onde^ dimostrò chiaramente il valore di queste aspettative, né io voglio qui ripetere ciò ch'egli
ha detto così bene. Solo aggiugnerò che i primi chiamati non
vengono già alla successione per la volontà del presente investito, ma, giusta il diritto feudale, vi vengono per diritto
proprio, iure proprio.
Inoltre non hanno mica soltanto l'aspettativa del godimento, ma hanno fin d'ora una vera ingerenza nel feudo.
Infatti il feudatario non può, secondo il diritto feudale,
nulla immutare né nella sostanza del feudo, né nell'ordine di
successione, salvo che intervenga il consenso de' primi chiamati.
Voi vedete che con queste e tali altre ragioni potrei facilmente stabilire anch'io come non soltanto competa ai primi
chiamati un'aspettativa, ma un vero diritto eventuale.
Ma, se questo non si vuol concedere a verun patto, concedetemi almeno che, se i primi chiathati hanno solo un'aspettativa, anche gli attuali investiti non hanno che un'aspettativa.
E, infatti, se i primi chiamati aspettano il godimento, gli attuali investiti non possono che aspettare la consolidazione.
Così per questi, come per quelli, l'aspettativa si fonda nello
stesso titolo feudale, giacché, se i chiamati sono chiamati iure
feudi, anche gl'investiti non posseggono che in virtù del
^eudo.
Or bene, non havvi ragione per cui l'attuale investito consegua la piena proprietà e la trasmetta libera a' suoi successori in danno di altre persone, le quali erano chiamate a parteciparvi in virtù del titolo stesso, pel quale gli investiti attualmente posseggono.
Eccovi, o signori, brevemente esposta la ragione del progetto di legge. Egli soddisfa abbastanza^ se non m'inganno, a
tutte le condizioni che io vi annunciava dapprincipio.
Io ho detto che la prima condizione era che si procedesse
all'immediato svincolo dei beni feudali. E la legge produce
immediatamente questo effetto.
Ho detto ancora che vi erano de' riguardi da avere per
tutte le posizioni acquistate; e la legge osserva appunto tutti
questi riguardi. E pone, in primo luogo, l'attuale investito,
siccome un chiamato effettivo, siccome degno per le sovraddette ragioni di un riguardo maggiore, e gli concede due
terzi. Mette in secondo luogo il primo chiamato, e Io considera all'atto della pubblicazione della legge, e gli concede un
terzo. Finalmente sostituisce in questo terzo lo Stato, quando
non ci sieno chiamati. Tutt'altro sistema diverso da questo
mi pare che avrebbe i più gravi inconvenienti.
In effetto, se si volesse dar tutto agli attuali investiti, egli
è evidente che si verrebbero straordinariamente arricchendo,
privilegiando coloro medesimi, i quali sono attualmente i più
privilegiati, i più arricchiti dalla legge feudale. Sarebbe un
estremo, o signori, e noi non vogliamo estremi.
Similmente, se noi volessimo considerare il primo chiamato al tempo della morte dell'attuale possessoie, noi non
conseguiremmo più il principale effetto della legge,«che è lo
svincolo immediato dei beni feudali ; noi non avremmo più
l'effetto economico.
Finalmente, se noi, mancando i primi chiamati, non concedessimo nulla allo Sfato, noi mancheremmo egualmente al
proposito della legge; noi saremmo estremamente ingiusti,
lasciate che il dica, giacché, secondo il diritto presente, voi
non potete contestarmi che, non essendovi chiamali, lo Stato
avrebbe il diritto di conseguire tutta la proprietà.
Né si dica che, consolidando la piena proprietà nell'attuale
investito soltanto per i due terzi, e, quanto all'altro terzo,
disponendone pel primo chiamato, e, in sostituzione di esso,
per lo Stato, si vengano, come da alcuni oppositori si sostenne, si vengano perpetuando i vincoli feudali. No, o signori , dopo la legge non rimangono più vincoli feudali. Lo
svincolo dei beni è immediato; non ci sarà più diretto dominio, non ci sarà più utile dominio; non ci sarà che piena
proprietà dall'un lato, nuda proprietà, usufrutto dall'altro
lato; e questa nuda proprietà, questo usufrutto senza vincoli
affatto né d'inalienabilità, nè di devoluzione, perfettamente
commerciabili e trasmessibili, giusta la legge comune dei
contratti e delle successioni. Per conseguenza non regge
punto che contro il sistema della proposta legge i vincoli
feudali non siano immediatamente aboliti alla pubblicazione
della legge medesima.
Con questo io lascierò, o signori, a voi stessi la cura di
rispondere alle altre difficoltà di diritto che si possono muovere alla proposta legge, e verrò direttamente alla conclusione.
Si sono citati contro la proposta due esempi : l'esempio
della legge termidoriana e quello della legge di Napoli, che
consolidavano il pieno possesso nell'attuale investito. Io, a
questo riguardo, non ho che una parola da dire : bisogna
diffidarne. La legge termidoriana è dei 29 luglio 1796,
quando già la Francia pendeva a reazione, e, per mezzo del
regime direttoriale, si avviava al 18 brumaio e all'impero. La
legge napoletana è legge borbonica...
Alcune voci. No! no! Èlegge francese.
MAZZA. .. Perdonino; parlo delia legge del 1818.
Atteniamoci piuttostoai domestici esempi del 1851, quando,
nella pratica della libertà, si venivano preparando questi
giorni del riscatto che sono presto venuti, e che frutteranno,
lo spero, se la concordia non ci abbandoni, la compiuta salvezza della nostra nazione.
PBESiDKNTE. È pervenuta al banco della Presidenza la
seguente proposta sottoscritta dal deputato Castellano e da
quindici altri :
« I sottoscritti deputati domandano la chiusura della discussione sull'articolo 2° della presente legge. »
Atermini del regolamento debbo porre ai voti questa proposta.
SBOSCA. Chiedo la parola contro la chiusura.
Io debbo pregare la Camera a permettere che questa discussione si prolunghi in modo che possa toccare alla massima chiarezza.
Uno degli argomenti più gravi che gli oppositori al progetto ministeriale hanno sollevato, si è quello che il voto
stesso della Lombardia reclama l'immediata abolizione dei
feudi nel modo progettato dalla maggioranza della Commis-
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CAMERA DEI DEPUTATI — - SESSIONE DEL
sione. Gli oratori più eloquenti i quali hanno preso parte a
questa discussione ne hanno formato un soggetto di richiamo
all'attenzione della Camera così ben distinto, che io credo
abbia fatto una profonda sensazione, e che debba essere uno
degli argomenti più determinanti a decidere il voto che la
C a m e r a ^a r à per pronunciare.
Ebbene io spero di poter dimostrare che non solo la Lombardia non ha emesso il voto che la Commissione le a t t r i buisce, ma che essa è animata da un sentimento ben diverso
da quello, cioè che essa desidera si solleciti bensì il più possibilmente l'abolizione dei vincoli feudali, ma che giustizia
nello stesso tempo sia fatta, e che, nell'interesse stesso deMa
sollecita liberazione da questi vincoli, sia ad ogni modo
adottato il progetto ministeriale.
Fra cotesti oratori di una potenza incontestabile, i quali
hanno parlato contro il progetto ministeriale, ed in favore
del progetto della maggioranza della Commissione, non ho
sentito che degli oratori certamente splendidi sul punto del
diritto, ma non ho sentito una voce la quale abbia dimostrato come sta praticamente la questione di fatto in Lombardia.
10 attendo fin dal primo giorno la mia volta di parlare ; e
devo rappresentare che, quando questa questione è stata
agitata in Senato, disgraziatamente non sorse un oratore veramente competente, una persona legale, da far giustizia di
certe espressioni e di certi principii dai quali parve predominata tutta la discussione del disegno di legge. Credo quindi
che sia assolutamente necessario, trattandosi di una questione
così essenziale di proprietà, che la discussione si prolunghi
ancora alquanto.
A termini dello Statuto ogni proprietà è sacra ed inviolabile, e non si può affrontare leggermente il pericolo di togliere ad uno quello che gli appartiene, per darlo gratuitamente ad altri.
B E S T E i i b i . Chiedo di parlare.
P S E 8 I D 1 H 8 T E . Il signor relatore parla pro o contro la
chiusura?
r e s t e e i j I , relatore.
In questo sono indifferente, ed a p poggierei anche la chiusura, a patto che fosse riservata la
facoltà di parlare al relatore.
p r e s i d e n t e . È cosa intesa che, dopo la chiusura, è r i servata al relatore la facoltà di parlare.
c a s s i n i » , ministro di grazia e giustizia. Chieggo di
parlare.
presidente.
chiusura?
Il signor ministro parla pro o contro la
c a s s b n i s , ministro
di grazia
e giustizia.
Voglio unica-
mente fare una riserva per gli emendamenti che sono p r o posti, intorno ai quali intendo di potermi pronunciare.
d ' o s o e s - b e k g i o . Chiedo di parlare.
p r e s i d e n t e . Parla pro o contro la chiusura?
r ' o n d e s - r e o s i o . Parlo contro od anche in merito.
p r e s i d e n t e . Quanto alla chiusura non c'è merito (Ilarità) ; bisogna parlare pro o contro.
t u r a t i . Chiedo di parlare.
o ' o s b e s - r e o Caio. Domando se, dopo la chiusura, sarà
permesso di dire qualche cosa sugli emendamenti proposti.
presidente.
S ' i n t e n d e che sarebbe solo c h i u s a l a
discussione sull'articolo 2 .
11 deputato Turati ha facoltà di parlare.
T U RA T I. Prego la Camera di voler permettere che si prolunghi la discussione, e ciò nell'interesse della proposta
della Commissione.
Il principale argomento addotto dal signor guardasigilli si
1861
è il riguardo dovuto alle aspettative dei chiamati. Ora su
questo argomento finora non si è versato che in via m e r a mente astratta, ed io credo che, portata la questione nel
campo positivo, in relazione della tabella dei feudi, la quale
va annessa al rapporto della Commissione, si vedrà che tutti
questi riguardi verso i chiamati sono nulli, o non sono a d e guati ai loro diritti ; ed è questo che io precipuamente mi
proponeva di dimostrare alla Camera, per farla entrare sul
campo positivo, e farle vedere che manca la ragione principale della legge.
« a d d a . Io pregherei la Camera di considerare come le
ragioni speciali a cui ha accennato l'onorevole deputato
Mazza non potrebbero essere presentate dal relatore della
Commissione, il quale è di un'opinione perfettamente c o n traria ; quindi, per parte mia, desidererei che la Camera l a sciasse far luogo anche a queste considerazioni, le quali devono portare un completo sviluppo delia questione, che, a
dir il vero, non mi sembra nullamente esaurita.
Per questi motivi, io desidero che la Camera non voli la
chiusura.
p r e s i d e n t e . Pongo ai voti la chiusura delia discussione sull'articolo 2 della legge.
(Fatta prova e controprova, la chiusura non è ammessa.)
La discussione continua.
Il deputato Mayr ha facoltà di parlare.
MA-ffR. Signori, io intendo di portare la questione che ci
occupa sul terreno del diritto positivo , terreno a r i d o , da
cui non avremmo mai dovuto scostarci, e sul quale soltanto
la questione può essere decisa.
Siamo tutti d'accordo che la feudalità ha cessato di esistere
da gran tempo. Fu abolita in Lombardia da Maria Teresa e
dall'imperatore Giuseppe I I ; fu abolita in tutta l'Italia dalla
rivoluzione francese e d a i g o v e r n i che le successero. Tutto
un sistema politico, l'obbligo del servizio militare, il diritto
giurisdizionale, il vassallaggio, l'omaggio, le regalie, le p r i vative, tutto, tutto cadde dinanzi ai grandi principii della
libertà e dell'uguaglianza ; nulla è rimasto, tranne la parte
meramente civile e contrattuale.
Quello che impropriamente si continua a chiamar feudo
(spesso le cose scompaiono e i nomi restano, producendo
una strana confusione nelle idee), q u e l l o , d i c o , che impropriamente si continua a chiamar feudo non è che l'enfiteusi
chiamata dai giureconsulti un patto o provvidenza gentilizia
o famigliare. L'enfiteusi per patto o provvidenza (lo dico per
lume di quelli fra i miei onorevoli colleglli che non fossero
giureconsulti) aveva luogo quando si dava un fondo in enfiteusi col patto che non vi succedessero se non che i maschi
discendenti e i primogeniti solamente ; alcune volte anche le
f e m m i n e , e c h e , finita la l i n e a , il fondo ritornasse al concedente.
Gli estremi costitutivi dell'enfiteusi per patto o provvidenza sono per conseguenza l'inalienabilità, un ordine p r i vilegiato di successione e la riversibilità. Ora, gli stessi, e
non altri, sono gli estremi costitutivi del feudo.
Nel feudo, il padrone diretto suol essere quella persona
morale che si chiama Stato, ma questo non produce alcuna
diversità di effetti giuridici. Diverse ne sono state le origini, diverse erano le leggi con cui erano regolati i feudi e
le enfiteusi per patto o provvidenza; ma, cessata la feudalità,
queste differenze pure cesseranno; noi dobbiamo riguardare
non ad un passato che più non esiste, ma a ciò che ancora è.
Dunque il feudo e l'enfiteusi per patto e per provvidenza
appartengono alla stessa famiglia, sono una sola e medesima
cosa.
—905—
TORNATA DEL 10 MAGGIO
Ora il feudo e l'enfiteusi per patto e provvidenza sono
fedecommesso per quanto risguarda l'ordine privilegiato di
successione, sono enfiteusi temporarie per tutto il resto.
Signori, i feudi e le enfiteusi per patto e provvidenza abbondano principalmente nell'Emilia e nel Ferrarese. Il dittatore Farini vi ha seguito i principii da me esposti ; egli vi ha
pubblicato la legge abolitiva dei fedecommessi e vi ha compreso i feudi. In quanto sono fedecommessi, in un solo articolo ha detto : « sono aboliti i fedecommessi e i feudi, restando
la metà all'attuale possessore, riservata l'altra metà ai prossimi chiamati. » Dopo ha disposto delle enfiteusi, e in queste
ha compresi i feudi, in quanto sono enfiteusi.
I principii seguiti da Farini, o signori, sono quelli che sono
più conformi ai dettami della giurisprudenza. Invece lo
schema di legge che a noi fu presentato dall'onorevole signor
guardasigilli non si è formato un concetto così chiaro, così
preciso del feudo. Sembra supporre che la feudalità non
fosse ancora interamente abolita, sembra supporre che vi
rimanga qualche cosa oltre alla parte ^contrattuale e civile; non ha distinto l'elemento che vi è dei fedecommessi e
quello che accoglie in sè parimenti di pura enfiteusi ; e da
questo concetto vago, indeterminato, sono derivate disposizioni erronee.
La materia, o signori, è arida, ed io voglio esser breve. È
dunque stabilito che i feudi altro non sono senonchè fedecommessi per quello che riguarda l'ordine prestabilito delle
successioni. Noi dobbiamo essere logici, dobbiamo essere coerenti, e per conseguenza dobbiamo applicarvi la legge abolitiva dei fedecommessi, assegnando la metà all'attuale possessore, e la metà ai prossimi chiamati, come appunto è stato
disposto da Farini, mentre era dittatore nell'Emilia.
Noi, signori, abbiamo molte volte proclamato il principio
dell'uniformità delle leggi, dunque evitiamo lo sconcio, la
mostruosità che nell'Emilia vi sia una legge, e nella Lombardia se ne introduca un'altra ; che nell'Emilia sia riservata la
metà nei fedecommessi, nei feudi ai futuri chiamati, e che
nella Lombardia sia riservato solamente il terzo.
Io, dunque, in nome, non solamente dell'equità e della
giustizia, ma in nome dell'uniformità delle leggi, domando
che sia eseguito quanto è stato eseguito nell'Emilia.
Osservo poi che, quando è riservato l'usufrutto di tutto il
feudo vita naturale durante, all'attuale possessore, gli si riserva in sostanza il quarto, perchè l'usufrutto vitalizio è calcolato approssimativamente il quarto della proprietà ; per
conseguenza, lasciando la metà al futuro chiamato, in sostanza egli non viene ad avere che il quarto.
A quelli che vogliono continuare a distinguere tra il feudo
e fedecommesso io dico: si aboliscano i feudi, si aboliscano i
fedecommessi, sempre si distrugge un ordine prestabilito di
successione. NelPun caso e nell'altro vi sono dei successibili
ai quali si toglie un diritto eventuale, un'aspettativa, se volete, una speranza; ma, nell'uno e nell'altro caso, sempre
questo diritto eventuale si toglie. In entrambi i casi si tratta
di successibili che si trovano in condizioni identiche, per
conseguenza devono avere trattamento uguale, perchè la
stessa disposizione di legge si deve sempre applicare ai casi
conformi e identici.
Si disputa se sia migliore la legge 6 termidoro, oppure la
legge sarda.Questa è questione oziosa; non si tratta ora di
creare una legge nuova per i fedecommessi, ma soltanto di
applicare ai casi identici quella che esiste.
Quanto a me ritengo che la legge sarda sia molto migliore
che la francese; io la credo più giusta e più equa; io la preferisco, perchè è legge italiana, perchè è uscita da un Parla-
mento italiano; io la preferisco, perchè fu sanzionata in tempi
di libertà ordinata, mentre la legge francese è il portato di
convulsioni politiche, di libertà sconfinata. Si è detto che Romagnosi l'ha lodata; sì, o signori, l'ha lodata; ma in tuttele
epoche vi sono state delle infatuazioni a cui hanno dovuto
pagare il loro tributo gli uomini anche più distinti.
Tutto quanto si dice in lode della legge 6 termidoro non
si riduce se non che ad argomenti i quali sono più speciosi
che solidi, a sottigliezze e distinzioni che sono molto ingegnose, ma arbitrarie, che vengono meno dinanzi ai grandi
principii della giustizia, del diritto e dell'equità naturale.
Annullare quello che è stato stabilito da leggi o da convenzioni è sempre una grande ingiustizia ; talvolta è un'ingiustizia necessaria, quando si tratta del bene generale di tutta
la società. Si commetta dunque quest'ingiustizia, ma almeno
se ne mitighino gli effetti. Spogliando la posterità, non si spoglino anche quelli che già esistono.
Basato dunque sopra questo principio del diritto positivo,
sopra quanto già fu fatto nel nostro regno, sopra quanto fu
stabilito da Farini, dittatore dell'Emilia, io propongo un emendamento all'articolo 5, cioè che, invece di un terzo, si
dica una metà.
pkesi oeste. Favorisca di mandare il suo emendamento
al banco della Presidenza.
Intanto do lettura di un altro emendamento pervenuto alla
Presidenza, esso è del deputato Ninchi.
Secondo quest'emendamento l'articolo 2 sarebbe così concepito :
« I beni feudali diventano liberi, riservata la sostituzione
a favore del più vicino chiamato che esista al tempo dell'applicazione della presente legge, ai suoi superstiti alla morte
dell'attuale possessore. »
Domando se questo emendamento è appoggiato.
(È appoggiato.)
Do la parola al deputato Regnoli.
regsol i . Signori, io voto per il progetto modificato dalla
Commissione.
Ho bisogno anzi tutto di giustificare in certo modo questo
mio voto, non solo perchè io appartengo a quella provincia
dell'Emilia cui appartiene l'onorevole Mayr, ma perchè ebbi
una parte più diretta nella promulgazione di quella legge,
dalla quale si vuol dedurre argomento contro al progetto
della Commissione ; la legge che nell'I 1 novembre 18S9 aboliva
nelle Romagne (non nell'Emilia) i feudi, le primogeniture ed
altre sostituzioni fidecommessarie, e che fu la riproduzione
genuina della legge sarda del 18 febbraio 1851. La legge dell'I 1 novembre fu dettata da circostanze speciali, le quali
chiariranno perchè io oggi voti in senso diverso da quella.
Quella legge fu fatta in virtù dei pieni poteri conferiti al
governatore delle Romagne, Farini, dall'Assemblea delle Romagne, la quale, nello sciogliersi, deferiva a lui pienezza di
facoltà perchè compiesse ed affrettasse la congiunzione delle
nostre Romagne collo Stato subalpino.
I termini del decreto erano tali, la volontà del paese e dell'Assemblea era così energicamente espressa, che il Governo
dittatoriale non si credè libero nella scelta.
Quindi pubblicò nell'Emilia lo Statuto e le principali leggi
che il Parlamento subalpino venne promulgando, o in ampliazione dello Statuto medesimo, o per meglio accomodare
al suo spirito varie disposizioni della legge civile.
Questa è la ragione per cui quelle leggi, che poi in genere
erano buone, e che contenevano principii che noi volevamo
attuati, furono da noi accettate senza discussione, perchè non
vi era Assemblea che discutesse; perchè, di fronte all'Europa
— 904 —
CAMERA DEÍ DEPUTATI
SESSIONE DEL
18 6 1
che quasi minacciava di porre ostacolo alla nostra unione, si
voleva fare atto il quale affrettasse l'unione stessa e con essa
agevolasse la futura unificazione d'Italia.
Questo dico per ¡spiegare perchè io, che ebbi qualche parte
nella pubblicazione di quella legge, oggi, come dissi, opini
e voti nel senso più largo; inquantochè, sebbene il principio
sia lo stesso, è naturale che nè io, nè i miei amici e colleghi
che apparteniamo a quelle Provincie abbiamo, colla promulgazione e accettazione di quella o di altre simili leggi, r i nunciato al diritto di propugnare i principii in modo più ampio, quando, per avventura, l'esame e la discussione loro fossero recati al Parlamento della ricostituita nazione.
Se poi in loro diritto non esiste, io non so perchè dobbiamo
noi crearne uno nuovo, e conferirlo arbitrariamente ad un
ordine piuttostochè ad un altro.
Ma vengo ancor più direttamente alla questione. Io credo
che i futuri chiamati non abbiano alcun diritto, tantoché
noi non solo possiamo impunemente, rispetto alle leggi della
morale, negare alcunché ai futuri chiamati, ma siamo in dovere di dare tutto all'attuale possessore, o, per meglio dire,
di rispettare la consolidazione che, indipendentemente dalla
nostra volontà, si effettua per forza delle cose, per legittima conseguenza di quello che stiamo facendo, vale a dire
della totale distruzione del vincolo feudale.
Aggiungerò ancora su quella legge un'osservazione speciale alla quale m'invita quanto disse testé l'onorevole
Mayr.
È vero che alla legge d e l l ' i ! novembre 1859 fu aggiunta
la parola feudi, mentre la legge riguardava principalmente i
fedecommessi; ma fu aggiunta perchè è così minimo, seppur
esiste, il residuo dei vincoli feudali in Romagna...
T R G K Z i . Chiedo di parlare.
ke® k© « J Ì
che parve non meritare una special legge;
ma, per quanto esso fosse impercettibile, si volle per sovrabbondanza provvedervi con quella legge, la quale riguardava
la trasmissione delle successioni in caso di fedecommesso che
sovente ha pur luogo ne'feudi.
Premesse queste dichiarazioni, le quali tendono a giustificare il mio voto rimpetto alla legge promulgata da noi nelle
Romagne, vengo brevemente, non a rientrare nella discussione generale, che parmi oramai pressoché esaurita, ma a rispondere ad alcune osservazioni state messe innanzi dagli
onorevoli propugnatori dell'opposta sentenza ; non posso dire
del progetto ministeriale, di quello già approvato dal Senato,
perchè ciascuno degli egregi propugnatori ha un progetto a
sè. E ciò stesso, questo disaccordo o varietà nel campo avversario mi promette bene circa l'esito di questa legge; perchè noi, che propugniamo l'approvazione del principio opposto, non siamo, nè possiamo essere fra noi dissidenti;
chè tutti vogliamo l'immediato e intero svincolo nell'attual possessore. Quelli invece che sostengono la massima
opposta, sono obbligati, per la posizione falsa o meno
netta in cui si trovano, a propugnare un mezzo di soluzione diverso l'uno dall'altro. Quindi, non solo nei mezzi
di soluzione e nelle porzioni da assegnarsi, ma essi dissentono fra loro nello stesso principio da cui muovono. Gli
onorevoli Gadda, D'Ondes-Reggio, Mayr, se non erro, e certo
l'onorevole Mosca affermano che i primi chiamati hanno effettivamente un diritto acquisito, o almeno valutabile e non
disprezzabile da alcun legislatore. L'egregio signor ministro
e gli onorevoli deputati che sostennero la sua sentenza confessano non avere i futuri chiamati alcun diritto, ma ammettono in loro una certa aspettativa,
che alcuni chiamano legittima, alcuni chiamano più che speranza, ma che non è
diritto.
E qui si presentano due teorie. O noi vogliamo stare strettamente alle teorie del diritto feudale poste avanti e sviluppate dottamente dall'onorevole Ferracciu, ed allora è evidente che, non solo essendo sciolto tutto ciò che riguardava
l'origine e anticamente costituiva l'essenza del feudo, non
solo essendo cessato reciprocamente l'omaggio e la protezione, ma essendo eziandio abolito totalmente il feudo, e volendo noi che scomparisca il nome e lutto ciò che dal feudo
derivava, ne viene di conseguenza che anche ciò che proveniva dal feudo stesso nell'ordine delle successioni, e l'alienabilità, ed anehe la riversibilità, tutto sparisce, e sparisce pur
anche l'infeudante.
Ora io comincio col dire: hanno essi diritto, o non l'hanno?
Se i futuri chiamati hanno diritto, noi non possiamo fare
questa legge, perchè non possiamo spogliare nè un ordine,
nè due, nè alcuno dei futuri chiamati ; allora sarebbe vero
ciò di cui mi pare ci volesse accusare in bel modo l'onorevole D'Ondes, che noi vogliamo fare una legge ingiusta; dico
noi, cioè tanto noi che propugniamo il progetto della Commissione, come l'onorevole ministro e gli altri che sono seco
lui; poiché tutti vogliamo l'abolizione dei fidecommessi
esistenti, tutti vogliamo troncare la serie de'futuri chiamati.
Noi facciamo una legge abolitiva dei feudi, la quale cancella dal libro della civiltà la parola feudo. Non posso quindi
ammettere in questo senso come il diritto del padrone diretto, dell'infeudante, possa in questo caso passare nello Stato,
il quale poi ne disponga a suo talento.
Se noi abbiamo il feudo, in tal caso resta abolito per tutti,
quindi anche per lo Stato, ed anzi specialmente per lo Stato,
che lo abolisce. Ciò secondo le teorie del diritto feudale o
del diritto comune.
Se poi ci atteniamo alle teorie del diritto pubblico e comune circa agli effetti della abolizione di qualche legge eccezionale, come è questa, ed in ispecie delle leggi che governano la materia gravissima delle successioni, allora parmi
che la conseguenza sia molto più agevole a favore dello
schema posto innanzi dalla Commissione, per la ragione che
vengo ad esporre, la quale è comune tanto ai feudi che ai fidecommessi.
Con che risponderò in parte a ciò che l'onorevole D'Ondes
volle porre innanzi, confondendo accortamente, e per suoi
fini, i feudi coi fidecommessi.
Essi possono avere qualche cosa di comune quando le successioni nell'una e nell'altra istituzione avvengono in un
modo privilegiato che si scosta dal modo ordinario.
Ora, in questi casi, a cui piace ad alcuno degli onorevoli
oppositori restringere tutta la questione, trattandosi di leggi
successorie, per necessità lo Stato ha tutto il diritto di mutare la legislazione, senza che si possa opporre ch'esso offenda i diritti di chicchessia. Tutte, in genere, le leggi innovatrici arrecano un pregiudicio agli interessi di qualche privato, ma non per questo ha Io Stato l'obbligo d'indennizzare
que'privati, perchè esso dee provvedere all'interesse comune, anche a costo di qualche danno de'privati, che poi
sono ricompensati nel bene generale.
Le leggi di successione poi hanno questo di speciale, che 9
essendo intimamente connesse alle condizioni politiche di
ogni Stato, sono per ciò stesso più mutevoli e quasi doppiamente nel dominio dell'autorità sovrana. Ora, se nelle successioni legittime, prese nel lato senso, e abbraccianti anche
la porzione legittima, nessuno contesta al legislatore la facoltà di mutare le leggi anche durante la vita di colui, i cui
TO R N ATA DE L
figli a v r e b b e r o a v u t o u n a lt r o d i r i t t o s e fo s s e m o r t o
s e n za
10
MAGGIO
d i p o t e r e e s e r c i t a r e sia s o t t o la fo r m a m o n a r c h i c a , sia s o t t o
c h e si va r ia s s e la l e g g e ; s e co lu i c h e o ggi p e r l e g i t t i m a a -
la fo r m a r e p u b b l i c a n a . Co n ch iu d o in c o n s e g u e n za
ch e la s o -
v r e b b e a vu t o la m e t à , d o m a n i , m u t a t a la l e g i s l a zi o n e , p r i m a
cie t à h a d i r i t t o d i a b o l i r e i fe u d i e i
esist en t i e
fidecom m essi
c h e s ia a p e r t a la s u c c e s s i o n e , n o n a vr à ch e il t e r z o , n e s s u n o
d i t r o n c a r e il co r s o d i q u e l l e vo ca zio n i ch e si p o t e a n o v e r i -
p u ò a c c a g i o n a r e il l e g i s l a t o r e d i q u e s t a q u a s i d i m i n u zi o n e d i
ficare.
d i r i t t o d ' a s p e t t a zi o n e d e l l e g i t t i m a r i o ; n e s s u n o p u ò i n s o m m a
A q u e s t o p u n t o si p r e s e n t a la q u e s t i o n e : s e d e e t u t t o d a r s i
in q u e s t o e s o m i gli a n t i ca s i i m p u g n a r e n e l l e g i s l a t o r e il d i -
a l l ' a t t u a l e p o s s e s s o r e , o s e vu o i s i r i s e r v a r e u n a
r i t t o d i m u t a r e , g i u s t a il p u b b l i c o
i n t e r e s s e o fa r
ch ia m a t i.
q u e l l e c h e si c h i a m a n o aspettative
o d r i t t i c o n d i zi o n a l i .
ces s a r e
Cr e d o c h e , c a n c e l l a t o il fe u d o o il
E q u e s t o c h e io d ico in g e n e r e a v v e n i r e in t u t t e le s u c c e s s i o n i , si ve r i fi ca a n co r p iù n e lla m a t e r i a d e i fe u d i e d e i
fide-
par te ai
fidecom m esso,
e r ive n -
d ica t o l ' i m p e r o d e lla gi u s t i zi a e d e l d i r i t t o c o m u n e , n o n vi è
r a gion e p e r
cu i si fa cci a u n a r i s e r v a p e r a l c u n o , la q u a l e
c o m m e s s i , p e r c h è t u t t i c o n v e n g o n o , e lo s t e s s o S a v i g n y , ca p o
sia d ' o s t a co lo
d e lla s cu o la s t o r i ca , lo a m m e t t e , ch e i fe u d i e i
m e n t o , a v v i e n e i r r e s i s t i b i l m e n t e in q u e lla p a r t e d i p r o p r i e t à
fidecom m essi,
a lla
c o n s o li d a zi o n e
l'im p ed i-
ch e c o n s a c r a n o cla s s i e d o r d in i p r i v i l e g i a t i , s o n o e s s e n zi a l-
c h e r i m a n e s a lva e l i b e r a . Il
m e n t e co n n e s s i co lle co n d izio n i p o li t i ch e d e l p a e s e .
t a n t o p iù p e i fe u d i d e lla Lo m b a r d i a , q u a s i t u t t i oblati,
Or a c h e co s a è la s e r i e , il m o d o p r i vi l e g i a t o d i s u cce s s io n e
n e i fe u d i e n e i
fidecom m essi
? È u n a d is p o s izio n e e c c e zi o n a l e
c h e r e g o l a c e r t e s u c c e s s i o n i , s o t t r a e n d o l e a l d o m i n i o d e lla
fa r r i s e r va è cos a g i u s t a ,
in cu i
la p r o p r i e t à s ' a ve a e d h a u n p a d r o n e , r i g u a r d o a l q u a l e è
ce s s a t a o gn i s p e ci e d i
p a r t icola r
p r o t e zio n e .
Parm i
ch e s a r e b b e u n r is t a b ilir e a n co r a q u es t a m e d e s im a
q u in d i
in giu s t i-
zi a , la q u a l e s i vu o l e c h e v e n g a a c e s s a r e in fo r za d e l l o s p i -
legge co m u n e .
Se a d u n q u e in q u e s t o ca s o il l e g i s l a t o r e h a q u a s i a b d i c a t o
m o m e n t a n e a m e n t e a lla p r o p r i a a u t o r i t à l e g i s l a t i va p e r
r ive -
s t i r n e a lcu n i p r i v a t i , d o vr à fo r s e d e d u r s e n e l' a s s u r d o c h e co n
ciò s ia s i r e s a
n on
c h e , ce s s a t o
i l l u s o r i a , m e n p i e n a l ' a u t o r i t à le gi s la t i va in
r i t o s t e s s o d e lla l e g g e , e ch e sia u n a c o n s e g u e n z a
d ell'a b oli-
zio n e d e i fe u d i la l e g g e ch e o r a fa c c i a m o .
Ma , si d is s e , a v v e r t i t e c h e vi s o n o d e l l e a s p e t t a zio n i c h e s i
d is s e r o a n ch e l e g i t t i m e , c h e vo i d e l u d e t e . Io r i p e t o : la l e g g e ,
q u e s t a p a r t e , e c h e n o n p o s s a p iù il l e g i s l a t o r e fa r m u t a zi o n i
q u a n d o p r o vve d e
n ell'or d in e
q u a l c h e p r i va t o n e s o ffr a ; il p r i va t o r i c u p e r a il b e n e , c h e
d e lle s u cce s s i o n i ? Io d ico c h e il l e g i s l a t o r e , o g n i
al b en p u b b lico,
n on
d e ve gu a r d a r e
se
q u a l vo lt a la p u b b li ca u t i li t à e la giu s t izia lo r i c h i e g g a , p u ò
p e r d e c o m e i n d i vi d u o , n e lla m a s s a d e l b e n e d e lla n a zi o n e d i
e d e ve r ip r e n d e r s i q u est a p a r t e di su a a u t or it à im p r o vvid a -
cu i fa p a r t e .
m e n t e a b b a n d o n a t a d a ' s u o i a n t e ce s s o r i a m a n i d e i p r i v a t i , e
D'a lt r on d e
io p r e g o
la Ca m e r a
d i a vve r t ir e u n a cir co
q u in d i p u ò i n t e r r o m p e r e , t r o n c a r e , q u a n d o m e gli o c o n v e n g a ,
s t a n za , c h e fo r s e p u ò e s s e r e s fu g g i t a a d a l c u n o d e g l i e g r e g i
il co r s o d i q u e s t e s u cce s s i o n i i r r e g o l a r i , e c c e zi o n a l i , e s o r b i -
o r a t o r i c h e m i h a n n o p r e c e d u t o , o c h e io n o n u d i i
t a n t i, e ch e o ggi si r i s co n t r a n o i n gi u s t e .
m e n t e e n u n c i a t a . Q u a n d o si a b o li s c e u n a l e g g e co m e q u e s t a ,
P o s t o ci ò , n o n v e g g o c o m e si p o s s a m e t t e r e in d u b b io ciò
ch ia r a -
la q u a l e fo r m a v a u n a e c c e zi o n e a l d i r i t t o c o m u n e , e q u i n d i
c h e , a m i o a vvi s o , p o s e in d u b b i o l ' o n o r e vo l e d e p u t a t o D ' O n -
a lla g i u s t i zi a , si a b o lis ce p e r c h è si c r e d e i n gi u s t a l' i s t i t u zi o n e
d e s , il d i r i t t o d e l G o ve r n o d i fa r e in q u e s t o ca s o ciò ch e gli
fe u d a l e o
s p e t t a , va l e a d i r e d i r i v e n d i c a r e il d i r i t t o c h e lo St a t o h a .
in giu s t a . O r a , p e r c h è , c a n c e l l a n d o l a , v o g l i a m o
L' o n o r e vo l e D ' O n d e s d is s e r i vo l u zi o n a r i a la l e g g e c h e a -
fidecom m issaria,
si a b o lis ce p e r c h è è e v i d e n t e m e n t e
n oi la s cia r e
s u s s is t e r e le ve s t i g i a d i q u e s t a i n gi u s t i zi a ?
in F r a n c i a . Io d ico c h e in q u e -
Se n oi n o n co n s o li d i a m o t u t t a la p r o p r i e t à n e l l ' a t t u a l e p o s -
s t o ca s o la l e g g e fu e s s e n zi a l m e n t e m o r a l e , p e r c h è n o n fe c e
s e s s o r e , n o i la s ci a m o s o p r a v v i v e r e , finché e gli e s i s t e , n e ' s u o i
ch e r i v e n d i c a r e a llo St a t o u n s u o d i r i t t o , e r i a s s o g g e t t a r e a l -
figli, o a lm e n o n è ' fu t u r i c h i a m a t i , le t r a c c i e d i u n a i n g i u s t i -
b o lì i fe u d i e d i
fidecom m essi
l' im p e r o d el d ir it t o co m u n e
u n a cla s s e d i cit t a d in i c h e vi s i
zia c h e v o r r e m m o c a n c e l l a r e e c h e s t r a n a m e n t e c o n s a c r i a m o ,
v o l e v a s o t t r a r r e , r i p a r a n d o a l l ' o m b r a d i a n t i c h e e n on c o m -
m e n t r e i n v e c e , s e n o i p r o c l a m i a m o la p r o p r i e t à l i b e r a
p a t ib ili i s t i t u zi o n i .
l ' a t t u a l e p o s s e s s o r e , q u e lla i n gi u s t i zi a ce s s a
P e r c o n s e g u e n za c r e d o c h e la p r o p o s t a
di le gge ch e d i-
s c u t i a m o , o ch e s i a b b r a c c i u n p r o g e t t o , o c h e si a b b r a c c i
n el-
s u ll' i s t a n t e
di
e s is t e r e , n on è p iù .
Se o gn i l e g g e d e v e e s s e r e
d e t t a t a d a u n n u o vo m o t i v o , e
l ' a l t r o , s ia e s s e n zi a l m e n t e gi u s t a e n e c e s s a r i a , in q u a n t o c h e
s o p r a t u t t o d a lla g i u s t i zi a , n o n si p u ò c a n c e l l a r e la p r e c e d e n t e
t e n d e a s o p p r i m e r e u n o s t a t o d i co s e e s s e n zi a l m e n t e
in com -
c h e si c r e d e u n ' i n g i u s t i zi a , m a n t e n e n d o t u t t a vi a la s t e s s a i n g i u -
n o s t r e co n d i zi o n i p o l i t i c h e , ed i n c o m p a t i b i l e
s t izia . D e ve d u n q u e la n o s t r a , l' a t t u a le l e g g e p r o c e d e r e s i c u r a ,
p a t ib ile co lle
co llo St a t u t o c h e ci r e g g e ,
e co lla e g u a g l i a n za p r o c l a m a t a
fr a n ca e b a s a t a s o p r a i p r i n ci p i i d i gi u s t i zi a e d ' u g u a g l i a n z a ,
sopr a
d a l l e l e g g i c i vi l i .
A q u e s t e g e n e r a l i o s s e r va zi o n i c h e
fe ci p e r r i b a t t e r e s p e -
c i a l m e n t e le a ccu s e d ' i n gi u s t i zi a ch e si a v v e n t a r o n o s u l l ' a b o li zi o n e in g e n e r e
d e i vi n co li f e u d a l i , s o g g i u n g e r ò c h e , s e
fo s s e v e r o c h e il
l e g i s l a t o r e n o n h a d i r i t t o d i s vi n c o l a r e la
p r o p r ie t à n ell'a t t u a le
p o s s e s s o r e e d i d a r t u t t o a lu i o u n a
i p r i n ci p i i c h e h a s e m p r e p r o c l a m a t o q u e s t o n o s t r o
P a r la m e n t o it a lia n o .
I l s is t e m a o p p o s t o , o s i g n o r i , h a p e r c o n t r o q u e s t o i n c o n v e n i e n t e d i n o n c a n c e l l a r e t u t t a la i n gi u s t i zi a . I o n o n
m u lo c h e il s is t e m a
p r o p o s t o d a va r i i o r a t o r i
d issi-
d e ll'o p p o s t a
o p in io n e , e s p e cia lm e n t e q u e llo d el Min ist er o, st a t o
appro-
p a r t e al p r im o ch ia m a t o, n on a vr e b b e n e p p u r e q u e l d ir it t o
va t o d a l S e n a t o , è i n fo r m a t o a d u n o s p ir it o d i e q u i t à
c h e lo
c h e , p r i m a d e lla r i vo l u z i o n e fr a n c e s e ,
fa i n c e r t o
n a r c h i e fr a n c e s e e d i t a l i a n e ,
com p r es a
eser cit a r on o
la s t e s s a
le
m o-
m on a r ch ia
p i e m o n t e s e , d ' a b b r e v i a r e il p r o g r e s s o d e ' fe u d i e d e i
fidecom -
m o d o a c c e t t e vo l e ; m a n o i d o b b i a m o fa r e
le g g i g i u s t e , s e n za t r o p p o
c o n s i d e r a r e s e s ia n o p iù
a c c e t t e vo l i ; n o n p u ò , n o n d e v e il l e g i s l a t o r e a v e r
o
d elle
m en o
tanti
r i-
m e s s i , il n u m e r o d e i g r a d i , e l i m i t a r l o , c o m e fe c e r o , a q u a t -
g u a r d i a lla e q u i t à ,
t r o o a d u e ; p e r c h è s a r e b b e s e m p r e u n a vi o la zi o n e d i q u e l l a
q u e s t a e q u i t à è co s a co s ì e la s t ica c h e ci a s cu n o p u r t r o p p o la
l e g g e c h e o g g i si v o r r e b b e
c h e n o i r i s p e t t a s s i m o . Co lle d i s -
p e r ch è l' e q u it à d à lu o go a ll' a r b it r io ,
in t en d e a m od o s u o, e d ive r s a m e n t e ;
q u e s t a ve r i t à
e
n o i la
p o s izio n i ch e vo g l i a m o p r e n d e r e a q u e s t o r i g u a r d o , n o n f a c -
ve d i a m o n o n s o lo n e i d i ve r s i e m e n d a m e n t i p r o p o s t i n e l s i -
ci a m o a l t r o c h e p r a t i c a r e l ' e s e r c i zi o d i q u e i d ir it t i c h e la s o -
s t e m a c h e n o i o p p u g n i a m o , m a n e lle s t e s s e l e g g i c h e , a m m e t -
c i e t à , e d il Go ve r n o ch e la r a p p r e s e n t a v a , h a s e m p r e s e n t it o
t e n d o q u e s t o s i s t e m a , fu r o n o s e m p r e d i ve r s e l' u n a d a l l ' a l t r a .
CAME RA DEI DE P UTATI — Discussioni
del 18 6 1.
114
— 906 —
CAMERA DEI DEPUTATI
La legge ligure del 1799 abolitiva dei fedecommessi, te
legge del 13 nevoso anno ix repubblicano del Piemonte, la
legge del 1849 della repubblica francese, la legge di questo
Parlamento del 1851, e la recente legge dell'Umbria, la quale
applicandola vi portò una modificazione, e tante altre leggi
che potrei menzionare, vollero tutte rispettare e tradurre in
atto questa equità, ma non poterono trovare un modo comune, una via che le mettesse d'accordo; appunto la cosiddetta
equità, quando divien pratica, ciascuno la sente a suo modo, o
in modo vago; e infatti essa non ha regole definite e nettecome
la giustizia. Quindi, o si preferirono i successori dell'attuale
possessore, come volle la legge ligure e come vuole presso a
poco l'emendamento dell'onorevole d'Ondes, o si preferirono
gli attualmente esistenti od altri primi chiamati. Insomma
si andò in un terreno sempre diverso, perchè non c'era una
base certa e comune.
Io credo che non si possa far altro che o negar tutto ai futuri chiamati, se non riconosciamo diritto in esso loro, o lasciare che tutti abbiano ciò che l'istituzione originaria destina loro; ma in tal caso, ripeto, non possiamo fare nessuna
legge abolitiva. Noi non possiamo farci arbitri del diritto di
un futuro chiamato escludendo l'altro. Questo diritto o lo
hanno intero o non l'hanno; e se non l'hanno, noi non lo
possiamo accordare.
Nè si dica che coll'abolizione del feudo o del fedecommesso lo Stato viene quasi ad avere in disponibilità tutti
questi beni, e può farne in via di transazione la distribuzione
come gli talenta.
Io ricorderò le parole dette da un onorevole senatore, che
sedeva deputato nel Parlamento subalpino quando si trattò
dell'abolizione dei fedecommessi; l'onorevole Ponza di San
Martino diceva a questo proposito molto giustamente che il
Governo fa delle leggi di successione, ma non si fa quasi giudice di pace a distribuire i beni fra eredi o pretendenti.
Insomma, io ritengo che, per quanto l'equità abbia un lato
sempre lodevole e favorevole, il legislatore debba elevarsi a
sfera molto più alta, a quella della giustizia ; e credo per
conseguenza che noi non dobbiamo ristarci a questi lamenti
che possono muovere coloro i quali pretendono che avrebbero avuto un diritto, se la legge li avesse tuttavia assistiti.
Il loro diritto, si disse da alcuni, è condizionale ; lo è non
solo perchè aspettano il verificarsi della sopravvivenza ad un
altro chiamato, ma è condizionale anche sotto un altro principale aspetto, perchè esso è conseguenza di una legge di
successione, la quale esiste sotto la condizione che lo Stato
la mantenga, non la revochi. Quando questa condizione non
si verifica, quando lo Stato revoca questa legge perchè la
trova ingiusta, la speranza, l'aspettazione, il diritto condizionale od eventuale, come si voglia dire, cessa affatto e interamente.
Non posso por fine alle poche cose dette, meno acconciamente degli oratori che mi precedettero, senza far volo che
si verifichi un fatto della natura di quello che si avverò, dodici anni or sono, nel Parlamento subalpino.
Nell'anno 18U9 si portava alla Camera dei deputati il progetto di legge per l'abolizione dei fedecommessi e dei maggioraseli!, e la Camera approvava un progetto informato agli
stessi principii che or appunto vi propone la Commissione.
Volle essa che l'attuale possessore s'avesse tutto, negò di riconoscere qualsiasi diritto ai successori chiamati. La legge si
portò al Senato; i senatori vi portarono una sostanziale modificazione; essi attribuivano la metà dei beni svincolati al
primo chiamato che esistesse o fosse concepito il giorno della
promulgazione della legge. Tornò allora il progetto alla Ca-
SESSIONE DEL 1861
mera, e fu così approvato. Io spero che oggi avvenga il medesimo quanto alla legge, il contrario quanto alla sede. Questa legge, prima presentata al Senato, sarà, io spero, modificata nel senso largo e liberale proposto dalla Commissione,
e il Senato, alla sua volta, meglio considerando nella sua saviezza la questione e il voto dei rappresentanti del popolo,
farà ciò che fece la Camera dei deputati, dodici anni or sono,
e vorrà consacrarla col suo voto.
pkesìsbekte. La parola è al deputato Ninchi.
nischi. Per ¡sviluppare il mio emendamento?
presidente. La parola le spetta per turno; se vuole
sviluppare il suo emendamento, n' è padrone, dacché fu appoggiato.
isikchi. L'economia del mio emendamento è tutta sul
principio di una specie di quasi-contratto che passa tra il
possessore del feudo ed il prossimo chiamato.
Qualunque cosa si voglia dire della natura del feudo, egli
è certo che, spogliato questo del mito storico, che, messo da
parte il diritto tra l'infeudante ed il possessore del feudo, nei
rapporti subalterni fra il possessore del feudo ed i futuri
chiamati esiste una specie di quasi-contratto , per il quale il
possessore del feudo all'atto dell'immissione in possesso si
obbliga a restituire, a quegli che abbia la doppia fortuna di
essere contemplato nel patto dell'istituzione e di sopravvivere a lui, s'obbliga, dico, di restituire la cosa che va a possedere, piuttosto migliorata ed accresciuta che diminuita.
A me sembra che, volendo conciliare l'interesse della libertà dei beni con la giustizia , noi non possiamo fare una
legge la quale tronchi nel mezzo un tale contratto che ha il
suo principio al momento in cui l'attuale possessore si è
messo in possesso, ed ha il suo fine quando colla sua morte
sarà parificala la vocazione dei prossimi chiamati. La legge
non può avere effetto retroattivo, nè alterare i rapporti giuridici che preesistono, sebbene tuttora siano in pendenza e
variamente risolubili. Una legge diversamente concepita,
mentre lascia al possessore del feudo una non meritata quietanza degl'impegni contratti di mantenere custodita e restituire la cosa infeudata, altera e mette a fascio i diritti del
prossimo chiamato.
Dall'obbligazione di restituire che ha l'attuale possessore ,
certo si deriva nel prossimo chiamato un diritto, non cerco
se personale o reale, giacché non saprei concepire obbligazione, se come correlativo non concepissi un diritto.
Intanto poi limito la riversione ai prossimi chiamati nati e
viventi, in quanto questo quasi contratto che concepisco fra
due persone che esistono, ossia tra l'attuale possessore del
feudo e quello che deve succedergli, non lo posso concepire
tra l'attuale possessore del feudo ed uno che ancora non è
nella natura delle cose.
A me sembra che, volendo conciliare il presente e l'avvenire col passato; volendo mettere in armonia le esigenze
della civiltà nostra e l'interesse della massima mobilizzazione
dei valori, col rispetto ai fatti storici e ai diritti preesistenti,
se possiamo ledere la lontana speranza e il diritto potenziale,
seppur può cosi chiamarsi, dei secondi, dei terzi, dei quarti,
dei quinti, dei sesti chiamati, che forse non sono ancora nati
e concepiti, non possiamo, senza ingiustizia, ledere l'interesse del prossimo chiamato ch'esista, nè depauperarlo di ciò
che gli compete per previdenza de' suoi maggiori, ammessa
come propria dall'attuale investito.
Il prossimo chiamato dovendo, secondo le presunzioni naturali, sopravvivere siccome in genere più giovane all'attuale
possessore, ha tutta la ragione di credersi ricco di un patrimonio che gli deve essere rimesso dall'attuale possessore, e
— 907 —
TORNATA DEL 1 0
che non gli può essere tolto nè dalla volontà del medesimo,
nè dal capriccio degli uomini.
Io ritengo che, dovendosi p u r far qualche lesione, sia m i nor male il ledere una speranza remota, che non una prossima, e che, volendo aver per guida lo spirito di equità e di
giustizia, si debba rispettare colui, il quale, avendo una prossima vocazione, ha un diritto che, se non è condominio ad
un'azione personale, è sempre un che giuridico che deriva
dal quasi contratto. Dio ne scampi dal far leggi che, improntate ad una giustizia capricciosa, diano all'uno ciò che si t o glie all'altro.
Nè si dica che il prossimo chiamato non ha che una mera
speranza, e non neppure un principio di diritto; giacché
quest'asserzione, che è falsa in ogni tempo e luogo, lo è
tanto più, se vogliamo giudicare del valore delle cose dal
concetto che se ne ha nel paese dove esistono. Non bisogna
dimenticare che si tratta di cose lombarde, e che in Lombardia il fidecommesso è considerato attribuire una specie di
condominio al prossimo chiamato, in virtù dell'articolo 626,
mi pare, del Codice austriaco, e che nel diritto feudale, forse
per errore dei prammatici, ma tuttavia è accreditata l'opinione che i prossimi chiamali dividono il condominio del
feudo con l'attuale possessore.
Io dunque ripeto: se nell'ordine morale esiste una specie
di quasi-contratto tra l'attuale possessore ed il prossimo
chiamato ; se nella giurisprudenza forense si è ricevuta l'opinione che esista una specie di condominio tra l'attuale possessore ed il prossimo chiamato; se questa specie di condominio è stato protetto dal Codice austriaco anche nei fidecommessi tra il possessore ed il futuro chiamato, come vorremmo noi avere in non cale l'interesse ed il diritto di
questi prossimi chiamati? Sia pure che necessiti mobilizzare
la ricchezza, t r a d u r r e nelle cose la libertà che privilegia gli
uomini ; sia p u r e che, senza quest'ampliazione della libertà
alle cose, sia essa medesima incerta negli uomini (ho qualche dubbiezza sulla verità assoluta di questi principii, t u t t a via voglio riconoscere con l'universalità della Camera la loro
opportunità), per avere questa libertà, e svolgerla a dovere,
occorre arrestarsi avanti al diritto de' terzi. Noi dobbiamo,
nella legge che ci occupa, mettere in armonia questi grandi
principii d'interesse sociale col diritto individuale, che, in
quanto a me, limito ai prossimi chiamati ora esistenti, e superstiti alla morte dell'attuale possessore. Io voglio che siano
esistenti, perchè, se non esistono, non possono avere acquistato un diritto; voglio che siano superstiti, perchè, se non
intendo con questa legge portare onta ai loro diritti, non intendo neppure ampliarli, liberandoli da quelle condizioni che
avevano avuto a compagne in origine; condizioni che importano la loro sopravvivenza all'attuale possessore. Nè voglio
p r o t r a r r e l'obbligazione di questo ; essa cessa quando la p r e morienza del prossimo chiamato lo libera dall'obbligazione
assunta col possesso condizionato ai patti dell'investitura. In
tal caso deve riuscire libero proprietario, perchè questa legge
abolitiva dei feudi gli rende impossibile il quasi-contratto
feudale col secondo chiamato. Queste sono le ragioni che a p poggiano il mio emendamento.
t ur a t i . Ricapitolando quanto fu detto, mi pare che a
due si riducano gli argomenti addotti a sostegno dell'art. 2
del progetto ministeriale.
Gli onorevoli signori Gadda e D'Ondes, riconoscendo nel
primo chiamato non già una semplice aspettativa od un diritto,
comunque eventuale e condizionato, conchiudono chela compartecipazione del primo chiamato all'ente feudale è fondata
ingiustizia.
MAGGI O
Il signor ministro guardasigilli, non ammettendo il diritto,
giudica meritevole di un equo riguardo l'aspettativa del
primo chiamato, che va ad essere troncata dalla legge, e
quindi proclama come altamente morale, conforme ai sentimenti del cuore e richiesto dalla ragione di convenienza la
divisione del feudo sancita dal èitato articolo 2.
Siccome nel suo discorso di ieri l'altro il signor ministro
ha fatto precipuamente assegno su questa ragione di convenienza e di moralità, così porterò ad essa, prima di tutto, il
mio esame.
Lasciero il campo delle astrazioni entro cui si tennero gli
oratori che mi precedettero, e porterò la questione al positivo, modo più sicuro di convinzione, poiché alle astrazioni
facile è l'opporne a l t r e : i dati positivi non lasciano scampo.
Ecco come l'onorevole guardasigilli espresse nella sua r e lazione quella vantata ragione di moralità e di convenienza.
« Quegli che è primo chiamato al feudo dopo l'attuale possessore, a fronte del prestabilito ordinamento di successione,
a fronte dell'inalienabilità dei beni, era fondato nella fiducia
che i beni vincolati sarebbero poi a lui pervenuti, e, facendo
assegno sul godimento di essi, potè indursi a contrar m a t r i monio, a dar così vita ad una famiglia, o ad assumere altri
impegni, dai quali ragioni di prudenza loavrebbero dissuaso.»
Prego il signor ministro a dare un'occhiata alla tabella dei
feudi esistenti in Lombardia, annessa al pregievole opuscolo
del signor Decio, di cui parlala relazione della Commissione.
Ieri l'altro egli dichiarò di averla scrupolosamente esaminata.
Ebbene, se così è, avrà certamente rilevato che fra i cento ed
un feudi tuttavia esistenti in Lombardia, settantasei sono
forniti di sì tenui rendite (uno o due centinaia di fiorini i n scritti sopra il Monte del regno lombardo-veneto, alcun diritto di pesca, qualche casa d'insignificante prodotto), che sarebbe ridicolezza il supporre abbiano inspirato ai futuri chiamati quei calcoli di cui parla il signor ministro di grazia e
giustizia.
Settantasei stanno a cento uno come tre quarti ad un
quarto. Quindi vedrà l'onorevole signor ministro di grazia e
giustizia che da questo primo appuramento non risulta applicabile la ragione della sua legge a tre quarti di coloro pei
quali fu fatta.
È un pensiero che già dovrebbe far colpo sopra l'animo di
un savio legislatore.
Restano gli altri 2o feudatarii, chiamati a feudi invero di
maggiore rilevanza ; ma se il signor ministro guardasigilli
vorrà consultare una seconda volta la tabella, vedrà che molti
e molti dei maggiori feudi sono di natura dividua (tale essendo la giurisprudenza prevalente in Lombardia, come ebbe
nel suo opuscolo a notare anche il signor Decio).
Se pertanto quei feudi tenuti indivisi avrebbero per avventura potuto spingere i primi chiamati, nell'aspettativa di
conseguirli, a taluno di quei passi meno prudenziali, di cui
parla il signor ministro, è manifesto che, divisi e suddivisi
nei diversi rami delle rispettive famiglie, e frazionate così ed
attenuate le singole quote di rendita, perdettero anch'essi
ogni attitudine a dar origine a calcoli economici meno misurati.
Non sono in grado di precisare il numero dei feudatari che
si trovano in siffatta posizione; ma certo è che questo secondo
appuramento verrà a r i d u r r e sensibilmente il quarto dei già
appurati.
Ma qui non è tutto.
Quanti tra i primi chiamati crede il signor ministro che
saranno, o tuttora nell'utero materno (Si ride) o bambini od
adolescenti o scapoli che non pensano e non pensarono mai
—908—
CAMERA DEI DEPUTATI
al matrimonio? A me pare che non debba esserne sì scarso il
numero.
Ecco dunque la necessità di un terzo appuramento, che impicciolisce, immiserisce in modo la ragione della legge, e la
circoscrive a sì poche individualità, che non sarebbe più
moralità per il legislatore, ma sarebbe abuso di potere l'immolare l'interesse pubblico a simili individualismi.
Senonchè rimangono a fare alcuni altri rilievi.
L'onorevole signor ministro di grazia e giustizia guarda,
come si dice, la medaglia da un lato solo. Guardiamola da
entrambi.
Supponiamo pure che taluni tra i pochissimi usciti dai sopraindicati tre appuramenti, in vista della futura loro chiamata al feudo, siansi effettivamente determinati a contrarre
un matrimonio che senza quella prospettiva non avrebbero
contratto.
10 domando al signor ministro : quale sposa, quale dote,
senza quel seducente titolo di conti in aspettativa del feudoA,
di marchesi in aspettativa del feudo B, avrebbero trovato?
Una sposa forse nobile, ma colla modesta dote di cinquanta,
sessanta, se volete, cento mila lire; ciò mi sembra plausibile.
Invece, perchè si presentarono alle loro fidanzate col prestigio della futura contea, della futura baronìa, del futuro
marchesato, innamorarono facilmente con questo titolo la figlia del dovizioso conte o del marchese, le quali loro recarono in dote uno od anche più milioni (Ilarità) ; e similmente,
se maritarono in seguito la figlia con più alta dote, hanno
anche avuto il compenso nelle doti delle nuove venute col
matrimonio a far parte delle loro famiglie.
Non pare al signor ministro che qui ci sia una compensazione di cui la legge deve tener calcolo? La risposta affermativa a me sembra indubbia; ma, se così è, dove ornai si trova
la vantata ragione di convenienza su cui egli precipuamente
appoggiò l'articolo 2 della sua legge? Sotto il vaglio dell'analisi è tutta passata in mondiglia.
Dirà ancora il signor ministro che la sua legge è morale,
dettata dal sentimento del cuore, ecc. ; ma di qual morale egli
parla? Forse di quella che sacrifica il bene della società all'interesse di pochi individui? Lasciamo questa morale ai fautori del favoritismo. Di qual cuore egli parla? Forse di quello
che s'indura ai tanti e si evidenti pregiudizi che ne verranno
alla Lombardia dall'adottare l'articolo 2 del progetto ministeriale, a preferenza di quello della Commissione?
Mi meraviglio che il signor guardasigilli ci parli di un sentimento del cuore, spurio, che striscia fra l'individualismo,
che io sarei tentato di paragonare ad un moto di compassione femminile verso qualche ammogliato o qualche indebitato (Ilarità generale), che furono delusi nei loro calcoli di
aspettativa, fatti del resto contro ogni precetto di prudenza,
come riconosce lo stesso signor ministro.
11legislatore deve assumere il cuore di legislatore, inaccessibile a queste velleità di sentimento individuale.
Quando avrò brevemente svolto l'altro punto della disputa
a cui ora passo, concernente il preteso diritto eventuale o
condizionato, che gli onorevoli Gadda e D'Ondes attribuiscono ai chiamati, risponderò a quell'altra proposizione del
signor ministro che, col troncare l'aspettativa del primo
chiamato, gli si reca un danno, e per conseguenza che il
Governo, autore di quel danno, deve ripararlo.
La risposta a questa difficoltà discende appunto dalla dimostrazione del nessun diritto nei chiamati, a cui ora
passo.
I feudi ebbero origine da un contralto, disse l'onorevole
signor Gadda. L'investitura determina il modo di trasmis-
SESSIONE DEL 1861
sione, determina le linee chiamate a possedere il feudo. Non
trattasi adunque di una successione ordinaria, che può essere variata dal legislatore; trattasi di una compartecipazione contrattuale pattuita dal primo investito del feudo non
solo per sè, ma anche per la posterità, la quale perciò Ira un
diritto fondato nel titolo originario.
È egli vero, o signori, che la posizione degli attuali chiamati al feudo abbia per base rapporti meramente civili ? Qui
sta l'errore, ed il signor ministro partecipò egli pure a tale
errore, allorché nel suo discorso ci disse che i feudi nella
parte politica furono aboliti già da mezzo secolo, e che non
restò di essi che la parte civile, vale a dire i vincoli della
trasmissione e la riversibilità.
Non è così, o signori ! Le investiture feudali sono patti
politici, puramente politici, che non hanno la minima mistura di stipulazione civile.
Il signore, che non poteva da solo ben amministrare e ben
difendere il territorio conquistato, lo divise fra'suoi compagni d'arme, rimeritandone così i servigi, sotto l'obbligo
della fedeltà e dei servigi militari in futuro. Egli però non
conferì agli infeudati la proprietà piena, ma, onde tenerli
ognora politicamente a sè legati, loro cesse il solo dominio
utile, riservata a sè la proprietà diretta. Questi sono i feudi
primitivi, feudi traditi.
Invalso lo spirito feudale, molti, o per mire d'ambizione o
per mire di sicurezza, amarono di far omaggio al sovrano del
dominio diretto dei loro beni allodiali, ricevendone da lui il
dominio utile a titolo feudale (feudi oblati); altri, in mancanza dì immobili da offrire in feudo, offersero al sovrano
una somma per la relativa concessione (feudi emptitii).
Il diverso modo d'acquisto non toglie che tutti vestano il
medesimo carattere d'inslituzione politica.
Nel feudo tutto si scosta dalle norme civili. E qui prego
tanto il signor ministro, quanto l'onorevole signor D'Ondes,
a ben riflettere come quegli stessi modi obbligati di trasmissione tuttora esistenti in Lombardia, che il primo chiama
civili, ed a cui il secondo nega recisamente il carattere di
feudali, trasformandoli in fedecommessi, siano invece radicati nella primitiva instituzione feudale, e costituiscano, per
così dire, i mezzi con cui l'infeudante si propose di conseguire il suo scopo politico, talché è impossibile il non riconoscere in essi altrettanti avanzi feudali, quasi ultime colonne di un immenso edilìzio crollato.
Nei feudi fu esclusa per massima la successione delle femmine; e per qual motivo? Perchè incapaci alla prestazione
dei servigi militari: motivo puramente politico.
Furono proibite le alienazioni per contratto fra vivi e le
trasmissioni ereditarie; e perchè? Perchè avrebbero fatto
passare il feudo in persone non idonee allo scopo per cui era
stato instituito: motivo puramente politico.
Circoscritta la trasmissione a determinate famiglie, onde
fossero più compatte e più potenti : motivo del pari puramente politico.
Per gli stessi riguardi vietata la concessione del feudo in
enfiteusi, e permessa !a subinfeudazione. Imperocché questa
non poteva farsi che in persone ugualmente atte all'adempimento dei doveri feudali ; laddove l'enfiteusi, essendo aperta
a chiunque pagar potesse Padeale ed i canoni, avrebbe surrogato al belligero feudatario il pacifico agricoltore, e così
snaturata l'indole politica dell'instituzione.
Non è pertanto possibile, senza chiudere volontariamente
gli occhi all'evidenza, il sostenere che le investiture feudali
sono meri contratti, come ha supposto l'onorevole signor
Gadda, oppure hanno una parte politica ed una parte civile,
— 909 —
TORNATA DEL 4 0 MAGGIO
come disse il signor ministro. Desse sono patti puramente
politici.
E questa verità è confermata dalla stessa legislazione feudale, la quale, dapprima sparsa nelle consuetudini, e poscia
raccolta in leggi scritte dagli imperatori Federico li e Corrado il Salico, e finalmente dai giureconsulti milanesi Oberto
Dall'Orto e Gherardo Negro coordinata in un Codice , fu
sempre tenuta distinta dalle leggi civili, e formò un corpo di
diritto a sè, appunto perchè riferibile ad un'istituzione di
natura affatto speciale e ben diversa dagli atti civili.
Senonchè qui taluno dirà : ebbene, siano pure le investiture feudali, anziché un patto civile, un patto politico. Fin
qui non abbiamo che una distinzione nominale.
Signori, la distinzione non è nominale, ma va alla sostanza.
I contratti civili sono basati sull'uguaglianza; in essi nessuna delle parti figura come superiore, come rivestita di una
missione pubblica.
Quindi i patti stipulati vincolano del pari l'uno e l'altro
contraente; e, finché sono d'esecuzione possibile, nessuna
può sciogliersi senza l'adesione dell'altra.
Ma nei patti politici le parti non istanno al medesimo livello. Interviene un superiore rivestito dell'autorità pubblica
ed interviene in questa sua qualità di superiore.
Se nei contralti privati il movente è il vantaggio individuale, nei patti politici è il ben pubblico; ed il suddito, che
interviene a patteggiare col suo sovrano, non può, nè deve
ignorare che, come il pubblico bene fu la causa motrice,
così il pubblico bene è la condizione sine qua non a cui rimane vincolata l'efficacia del patto politico.
Dall'istante che, per le mutate condizioni sociali, ciò che
un giorno era utile allo Stato, diviene dannoso, nasce nel sovrano il diritto alla risolubililà, nè coloro che furono contemplati nel patto politico, e che in base al medesimo hanno
fino a quell'istante goduto di vantaggi o prerogative, possono
chiamarsi lesi nei loro diritti dalla risoluzione mossa da viste
di pubblico bene, appunto perchè questa fin dall'origine fu,
come si disse, la condizione sine qua non, sotto cui dal sovrano vennero a loro concesse quelle prerogative e quei vantaggi.
II sovrano non potrebbe, neppure con un patto espresso,
derogare a tale condizione. Un tal patto sarebbe immorale,
illecito, nullo; giacché, in ultima analisi, si tradurrebbe nella
formola: mi obbligo a nuocere allo Stato.
Applichiamo la teorica ai feudi, e vedremo sfumare da sè
gli argomenti dei propugnatori dei pretesi diritti dei chiamati.
Fu tempo in cui il feudalismo produsse i suoi vantaggi, e
finché tornò utile alla società ebbe anche ragione di esistere.
Ma, surli a vita novella i comuni, e sovr'essi rinforzatasi
l'autorità regia, formate le armate stanziali, e l'assetto sociale voltosi all'unificazione, quella moltiplicilà di pregiudizi
feudali divenne inciampo all'amministrazione uniforme e
forte dello Stato.
Cessata così la ragione politica, da cui erano sorti i feudi,
vale a dire la ragione del ben pubblico, il sovrano cominciò
a far uso del suo diritto di risolubilità, togliendo ai feudatari
i diritti signoriali, e nessuno al certo mai sognò di ravvisare in questa misura un'ingiustizia contro l'investito del
feudo o contro i chiamati.
Sopravvissero per qualche tempo i modi di trasmissione
obbligata, escludenti le femmine, escludenti le ordinarie successioni testamentarie ed intestate, proibitive delle alienazioni, tutti ruderi del feudalismo che, cessata l'istituzione
politica di cui, come si vide, erano mezzi ed elementi, non
avevano più titolo d'esistere. Tanto più che, sottraendo al libero commercio ed all'industria una parte considerevole di
beni, si volgevano in grave danno della società.
Il sovrano, facendo uso un'altra volta del diritto insito all'originario patto politico, proclama per legge che egli rinuncia al diretto dominio, rinuncia ad ogni diritto di riversibilità, e che per tal modo la proprietà piena resta consolidala nell'attuale possessore.
Io domando a chiunque considera le cose imparzialmente,
se egli non sia nel pieno suo diritto! Domando se coloro, i
quali sarebbero stati chiamali al feudo quando il sovrano avesse differito ancora per qualche tempo l'esercizio del diritto
di risolubilità, possano presentarsi al medesimo, e dire: voi
ledete i nostri diritti. E quali, risponderà il sovrano? Forse
quelli scatenìi dall'investitura? Mai no, poiché questa, come
patto pubblico, porta anzi seco la condizione della risolubilità, non sì tosto il ben pubblico lo esiga, ed il giudizio intorno al ben pubblico è mio. Diritti acquisiti a voi non appartengono, giacché non siete ancora entrati nel possesso del
feudo, ed il dominio utile risiede nell'attuale investito, il dominio diretto in me. Diritti condizionali neppure, giacché
ogni vostra aspettativa di entrare nel possesso del feudo era
subordinata al mio esercizio sovrano del diritto di risolubililà.
In altri termini, voi non potevate contare sulla successione al
feudo, se non in quanto io avessi conservata questa successione, e la ragione di ben pubblico non mi avesse determinato a toglierla. Di qual diritto dunque parlate? Dov'è la pretesa lesione ?
Gli stessi ragionamenti servono di risposta anche a coloro i
quali citano Pautorilà, e ne rammentano il cardinale De Luca,
il Woet, il Rosenthal, e tutta la schiera dei trattatisti di diritto feudale.
Consultate, essi dicono, questi autori, e troverete da essi
stabilito: che la posterità chiamata al feudo ha ben altro che
una semplice aspettativa. Essi, all'incontro, le altribuiscono
un diritto proprio, che in lei deriva non dall'attuale possessore, ma dall'istituzione primitiva, talché nessuno compreso
nella vocazione può pregiudicare al diritto dei venturi, e di
conformità, ogniqualvolta si tratti di indurre un'innovazione,
quegli autori vogliono lo si faccia coll'assenso della legittima
rappresentanza dei futuri chiamati.
La risposta a siffatto argomento, che a prima vista pare sì
specioso, emana facilissima dalle cose sopra ragionate.
Gli autori,di cui parliamo, non trattarono la questione politica nei rapporti fra il sovrano ed i chiamati, ma diedero i
dettati della giurisprudenza interna, regolatrice dei rapporti
dei chiamati fra loro, ritenuta la continuazione del feudo.
Senza dubbio, finché il sovrano lascia sussistere il vincolo
feudale, corrono tra i chiamati diritti ed obblighi che nessuno
di essi può arbitrariamente violare, appunto perchè esiste
tuttora l'instituzione feudale. Io ultima analisi si vede che
tutto qui posa sulla continuazione della volontà sovrana,
che non ha fatto per anco uso del suo diritto di risoluzione.
Ma la questione odierna è ben altra. Ora è precisamente il
sovrano che, facendo uso di quel suo diritto, scioglie i vincoli feudali, abdicando il dominio diretto e consolidandolo
nell'attuale investito. A quest'atto legittimo, quale autorità,
qual ragion plausibile possono opporre i chiamati? Nessuna,
io ripeto, come fu sopra all'evidenza dimostrato.
Ed ora il signor ministro vedrà qual valore legale possa
avere la già rammentata sua proposizione: « che, troncando
l'aspettativa del primo chiamato, gli si arreca un danno, e
perciò il Governo, autore di questo danno, deve ripararlo. »
— 910 —
CAMERA DEI DEPUTATI
10 non comprendo come ungiurista sì profondo, qual èil
signor guardasigilli, ci venga qui a parlare di danno. Egli
deve pur sapere che è inconcepibile l'idea di danno, ove non
esiste lesione di diritto. Edegli stesso, il signor ministro, nel
primo chiamato non riconosce verun diritto. Il legislatore,
troncando i vincoli feudali, esercita una prerogativa della
sovranità, quella di curare il pubblico bene, prerogativa che
domina tutte le investiture feudali, come si è dimostrato.
Onde compiere quest'alto suo officio, egli dovrà un corrispettivo , diverrà debitore di un compenso verso i primi chiamati?
Io non comprendo quale nuova specie di giurisprudenza sia
questa, posta dal signor ministro a precipuo fondamento dell'articolo 2del suo progetto di legge.
Nè vale qui l'addurre l'esempio di quanto può essere avvenuto nell'abolizione dei feudi nell'Italia centrale. Quelle leggi,
al certo, non furono discusse nel Parlamento. Ognuno vede
qual differenza passa fra un decreto dittatoriale ed una legge
passata e maturata in mezzo alla discussione delle due Camere.
11 Parlamento italiano non deve prendere esempio da una
legge cattiva per farne un'altra del pari cattiva, deve anzi
correggere ciò che un dittatore od altro funzionario rivestito di poteri eccezionali non ha rettamente ordinato. L'unificazione col mezzo di leggi buone è utile, col mezzo di
leggi cattive è pessima.
Se non che il signor ministro di grazia e giustizia si lusinga che inLombardia la sua legge sarà accolta con generale
soddisfazione, edinprova egli nel suo discorso faceva menzione delle recenti dichiarazioni da parte di alcuni feudatari
i quali si chiamano paghi anche dei due terzi dell'ente feudale, loro attribuiti dall'articolo 2 del progetto ministeriale.
L'opinione della Lombardia il signor ministro la desume
dunque dalla voce di due otre nobili egoisti, i quali forse
non furono mai vivi, perchè non pensarono giammai in loro
vita ai veri interessi generali del paese.
Io mi prendo la libertà di rammentare all'onorevole signor
guardasigilli che, in materia di leggi, egli ha già qualche
altra volta presi degli equivoci sulla posizione della Lombardia e sopni il sentimento ivi dominante.
Abuon conto i giornali hanno disapprovato il suo progetto,
come contrario ai veri interessi della Lombardia, e, seil signor ministro ieri l'altro nel richiamare lepratiche cheebbero luogo nello scorso 1860, non neavesse lasciata la parte
più interessante per l'attuale disputa, la Camera avrebbe potuto meglio assicurarsi che il progetto ministeriale non ha
per sèil suffragio dell'opinione locale.
Deve pertanto sapersi che la Commissione raccoltasi in
Lombardia nello scorso anno, dietro invito del medesimo signor ministro, perchè presentasse il risultato dei proprii
studi e delle proprie vedute sull'argomento, eseguì il suo
compito.
I feudatari delegarono i propri consulenti legali, e questi
in unione adaltri giuristi tennero inMilano varie sedute. In
quell'occasione il signor Decio, per meglio informare la discussione, diede alle stampe il pregievole suo opuscolo superiormente ricordalo.
Furono di mano in mano discussi i punti sul compenso
da darsi allo Stalo, sulla riserva da parte del feudo a favore dei chiamati, ecc. La discussione durò per più giorni, e,
dietro la completa analisi e ponderazione dei vari argomenti
addotti pro e contro, la gran maggioranza conchiuse per l'esclusione d'ogni compenso allo Stato e per lo svincolo del
feudo negli attuali possessori. A tale effetto inviò anche al
Ministero l'analogo schema di legge corredato da un'ampia
relazione dello stesso signor Decio.
SESSIONE DEL ì 861
Perchè il'signor ministro non tenne calcolo dell'opinione
locale a lui significata per mezzo di organi sì competenti?
Perchè lasciò Io schema di legge di cui parlo, in sostanza conforme a quello della Commissione, per dare la preferenza ad
un progetto elaborato dal signor Vigliani, al quale io accorderò tutti i meriti e tutti i pregi, ad esclusione di un solo,
quello, cioè, d'avere studiata la situazione della Lombardia,
allorché ivi fu inqualità di governatore.
Il signor ministro nefa intendere la difficoltà che il Senato
riformi lalegge dalui votata, essendo la medesima basata
sui principii della moralità. Fu dimostrato sopra, quanto
valga questa proposizione.
Ad ogni modo, se mai avvenisse (ciòche io non penso,
perchè troppo rispetto la sapienza edil patriottismo del Senato) che il progetto per discrepanza delie due Camere dovesse aggiornarsi fino alla nuova Sessione, sarà certo per la
Lombardia undanno (edella ben saprà a chi esserne grata),
ma almeno sarà undanno temporaneo; laddove la legge volata nel senso del Ministero sarebbe fonte di danni permanenti.
II signor ministro si èstudiato di attenuarli in relazione
ai terzi possessori col soccorso dell'ordinaria prescrizione.
Ma, trattandosi di prescrizione acquisitiva, che oltre il trentennio richiede titolo legittimo e buona fede, ognuno scorge
quante possano essere, anche rispetto ai terzi possessori, le
liti contingibili. Edove lascia, il signor ministro, lecause di
interruzione della prescrizione? dove lascia la dispositiva del
Codice italiano rimasto in Lombardia in vigore fino al I gennaio 1816, che impediva ogni incominciamento di prescrizione contro i minorenni? Dove lascia tutta la serie degli altri litigi, che per la causa verissima indicata nella relazione
della Commissione, sorgeranno fra gli stessi feudatari? Dove
lascia la spesa di parecchi milioni che èper cagionare la divisione in tre terzi degli stabili feudali che in Lombardia
misurano 116 mila pertiche? Nonè egli meglio che questi
milioni vengano immediatamente convertiti a profitto del
suolo, adottando lo svincolo nell'attuale possessore?E quel
usufrutto poi che il progetto ministeriale è costretto a riservare all'investito sull'intero ente feudale durante la sua
vita, non verrà forse a colpire quelle 116 mila pertiche di
terreno di un vincolo che, se non è feudale, è però eminentemente esso pure contrario al progresso dell'agricoltura, eche d'altronde può estendersi in molti casi a trenta,
a quarantanni e più?
Scorporato colla divisione il terzo del terreno devoluto al
primo chiamato, è evidente che il possessore attuale concentrerà lesue cure ai due terzi che sono proprii, nè si prenderà gran pena di migliorare l'altro terzo.
Ond'è che il progetto ministeriale, non fondato in diritto,
non assistito neppure dalla ragione di convenienza ed in
urto coll'opinione locale (giudice pur troppo competente in
questa materia), manca insieme e della bontà assoluta e
della bontà relativa che deve informare una legge.
Non mi resta che a pregare la Camera a ben pesare il suo
voto in materia tanto grave. Quanto a me, iovoterò pel progetto della Commissione, perchè lo ritengo conforme alla giustizia, conforme all'utilità pubblica, edavrò almeno il testimonio della coscienza di aver fatto il mio dovere.
(Il deputato Di San Donato presta giuramento.)
PRESIDESTE. Il deputato Mosca hafacoltà di parlare.
MOSCA. Signori, sebbene io debba ricordare con riconoscenza che tutte levolte ch'io presi la parola in questa Camera venni ascoltato con cortese benevolenza, in questo
istante specialmente debbo fare un appello alla benignità
o
— Oil
—
TORNATA DEL 1 0 MAGGIO
vostra, attesoché, conscio quale sono e dell'aridità della materia che imprendo a t r a t t a r e , e della pochezza delle mie
forze, e tutto ciò ancora posto a raffronto della vastità e dell'importanza dell'argomento, della moltiplicità e varietà delle
ragioni arrecate dagli oppositori al progetto ministeriale e
della incontrastabile distinta abilità da essi appalesata, sento,
dico, che debbo in modo affatto particolare raccomandarmi
alla vostra cortese attenzione.
Io intendo di parlare in favore dello schema presentato
dal Ministero, j i o n perchè io sia convinto ch'esso sia il migliore fra tutti i progetti possibili, ma perchè, per lo meno,
è quello che si mostra nelle presenti circostanze il più conveniente ad essere adottato per raggiungere quella moltiplicità ed importanza di scopi che non dobbiamo mai perdere
di vista nel deliberare intorno a questa legge.
La questione che è la più vitale, su cui dovettero necessariamente intrattenersi i precedenti oratori, e dalla quale deve
scaturire la soluzione che andiamo cercando da tre giorni, è
quella che tende a risolvere questo quesito: i chiamati hanno
0 no un diritto?
A siffatta questione io voglio portare il concorso delle
tenui mie forze, per far ritenere, come ritengo io stesso, che
1 chiamati hanno un vero diritto. Per ristabilire questa che
io credo una verità, mi è necessario assolutamente di considerare la controversia sotto un doppio aspetto : in prima
dal lato del diritto feudale in genere (ciò che dà alla q u e stione un carattere astratto, teoretico), indi e più particolarmente in relazione alle leggi e consuetudini giudiziarie vigenti in Lombardia.
Debbo specialmente procedere in tal modo nella mia disamina, perchè i vari oratori che hanno parlato contro il progetto ministeriale hanno appunto diversamente portata la
questione su l'uno e sull'altro punto. Sotto l'uno e sotto l'altro
aspetto io mi lusingo che potrò dimostrare che i chiamati
hanno un vero, un positivo diritto, che non può essere leso
senza commettere una grande ingiustizia. La Commissione,
che ha presentato una relazione cotanto forbita ed estesa,
nella sua maggioranza, si è ella p u r e domandato in primo
luogo se i chiamati avessero un diritto.
Essa si è fatta questa domanda prima di l u t t o : a chi a p partiene la proprietà della sostanza feudale? La Giunta risponde a sè stessa: la proprietà della sostanza feudale si divide in dominio diretto, che spetta alla sovranità, e in dominio
utile, che appartiene all'investito.
Io convengo pienamente colla risposta che la Commissione
ha dato a sè stessa, perchè tale risposta combina esattamente
con quella che io domandai non a me stesso, ma bensì alla
legge ed alla giurisprudenza feudale.
Ma che intende poi la Giunta per investito? Non è ciò che
intendo io. L'investito non è solamente il possessore attuale
del feudo, ma è desso colla sua discendenza, è desso colla sua
famiglia, come è contemplalo nel titolo originario d'investitura. E questo è tanto vero, che la parola investitura si prende
in due significati : uno proprio, e significa più precisamente
la costituzione del contralto feudale ; e l'altro, l'atto di ricognizione, mediante il quale tutti quelli che hanno diritto
all'investitura vengono l'uno dopo l'altro a domandare di essere riconosciuti dal signore diretto. E questa infatti si addimanda più propriamente e più specialmente non investitura,
ma rinnovazione d'investitura.
Questo non è un punto sul quale si spieghi una dottrina
arbitraria. Leggete le sentenze di tutti i feudisli, esaminate
tutte le investiture, e troverete che l'originario acquirente
del feudo vien contemplato, secondo la diversa natura del
feudo, acquirente per sè e pe' suoi successori. Questo è tanto
vero, che oltre alle investiture vi sono le coinvesliture, e le
investiture simultanee, per le quali si provvede ad altra linea
di successione pel caso che il feudo si renda vacante; e s'intende che il feudo allora solo si rende vacante, allorché a p punto subentra qualcheduno per cui cessa la linea per la
quale l'investitura era originariamente stabilita.
Non ardirei certamente di tediare la Camera adducendo ora
una lunga serie di citazioni, le quali sarebbero, tutt'al più,
opportune davanti ad un tribunale ; ma mi sarà permesso, io
spero, di ricordare alcuni dei principii più essenziali che costituiscono il fondamento delle materie feudali.
Se adunque il diritto feudale fu in vigore finora, se ad esso
si vuole aver riguardo per riconoscere qual è la vera posizione delle cose su cui si porta la mano del legislatore, è i n dubitato che da queste prime considerazioni possiamo inferire
la conseguenza che i chiamati hanno un positivo diritto; si
chiami desso come si vuole, ma non si potrà a meno di riconoscere che è un diritto esistente.
Alcuni vogliono confondere il diritto coll'aspeltaliva, mentre il diritto feudale è un'altra cosa.
L'aspettativa propriamente di un diritto feudale è la f a coltà che appartiene ai coinvestili ed agli investiti simultanei
di aspirare al feudo nel caso che diventi vacante nella linea
dei vari investiti, e tale deve intendersi la linea del possessore, e non il solo possessore.
Ma fosse anche che questo diritto si dovesse qualificare
aspettativa, questa, in fondo, che cosa è? È qualche cosa che
abbia una qualità spirituale, una qualità morale, e che abbia
un oggetto concreto e determinato?
Questo nessuno porrà in dubbio, e, ciò essendo, bisogna
pur tener conto di questi dati, qualunque sia il fondamento
della legittima posizione, alla quale il legislatore deve aver
riguardo, se vuole conservarsi una riputazione di giustizia.
Ma il miglior modo per dimostrare la mia tesi, credo che
sarà di seguire filo per filo il ragionamento avversario che
leggesi nella relazione della Commissione.
La maggioranza della Giunta ha preso ad esaminare p a r a tamente la posizione giuridica, sia dei chiamati, sia del possessore attuale del feudo, per venire poi a conchiudere che
i chiamali non hanno alcun diritto, e che invece tale e tanto
e così preciso e incontrastabile è il diritto dell'attuale possessore, che non si potrebbe appoggiare la proposta del Governo, di dare una sola part e del feudo, anche dopo che se ne
fosse goduto l'usufrutto per tutta la vita dell'attuale possessore, anche quando il terzo chiamato sia il chiamato dall'investitura, senza ferirne i diritti del possessore, siccome
suonano le precise parole della relazione della Commissione.
Cominciando ad esaminare la posizione giuridica dei chiamati, la relazione fa osservare che il loro diritto o dipende
dal patto feudale, o dipende dalla legge. Se, continua la relazione, si riguarda il palto feudale, questo non ha più ragione d'esistenza, nè di applicazione, perchè è cessato tutto
ciò che ne costituiva la sostanza. Se invece si ha riguardo
alla legge feudale, nemmeno questa può recare impedimento
al legislatore nel regolare in modo totalmente diverso la successione, e più specialmente in quello che è accennato dalla
maggioranza della Commissione.
Io non dubito di affermare che queste deduzioni non sono
nè logiche, nè rigorose. Io rispondo che il diritto del chiamato si fonda insieme e sul patto e sulla legge: si fonda sul
patto, perchè il patto era autorizzato dalla legge; si fonda
sulla legge, perchè appunto il patto riguardava alla legge
CAMERA DEI DEPUTATI
e si riportava alla medesima per determinare l'ordine della
successione.
Il patto feudale ha applicazione in quanto ne può avere secondo le mutate condizioni dei tempi, e ciò appunto fa si
che il feudo non poteva essere convertito in altra cosa che in
una di quejle tante istituzioni le quali senza alcun pericolo si
conservino intatte.
Se l'onorevole Allievi,, a quelli i quali esprimono tanta meraviglia al sentire che vi siano ancora tanti feudi in Lombardia, avesse risposto, come era onesto il rispondere per l'onore
del nostro paese, che non s'illudessero punto sul senso di
questa parola feudo ; se avesse loro risposto che con tal vocabolo non si designa altro che certo ordine di successione
sopra beni speciali vincolati ad un obbligo di trasmissione; se
avesse detto che a questo solo si riduceva e ad una eventuale riversibilità a favore dello Stato, io sono convinto che
questa risposta avrebbe calmato molte inquietudini, e non
avrebbe destato assolutamente scandalo alcuno.
L'onorevole Ferracciu, toccando la questione primaria, ha
appunto detto: ma che venite a parlare di patto feudale, questi han perduto ogni ragione di esistere, e non vi è più ora
rapporto di servizi militari, di omaggio di fedeltà, e di tutte
quelle prestazioni dell'antico vassallaggio; dal momento adunque in cui voi avete sostituito un nuovo ordine politico all'ordine feudale antico, non si può più parlare di feudi, cessa
per sè anche ogni vincolo della sostanza feudale, e per tal
guisa cessa ogni diritto dello Stato di ripetere quella sostanza,
e per conseguenza cessa necessariamente anche il diritto di
distribuirla; ed è falso il vostro ragionamento che si possa
dare una parte di questi beni ai chiamati.
Ma quando è cessato quest'ordine di cose politico, al quale
l'onorevole Ferracciu fa allusione? Forse va a cessafe adesso
e in occasione delia presente legge? Se andasse a cessare
adesso, e in occasione della presente legge, l'argomento potrebbe avere ancora qualche valore; ma sapete voi chi è il
possessore attuale, se sussiste il vostro ragionamento? Il possessore attuale è un usurpatore ; ma allora per qual motivo
non dichiarate invece che la legge feudale ha cessato fin da
50, CO o 70 anni fa, e non accordate agli aventi diritto di
andare a ripetere le rispettive successioni da tutti coloro che
fin d'allora hanno acquistato la libera, la perfetta disponibilità dei loro beni?
FKHft.&cciu. Domando la parola.
mosca
E questo valga anche a rispondere al mio
amico Allievi, quando, ricordandosi di aver studiato giurisprudenza, egli pure si sovvenne di un certo dettato, cioèche in
cose di diritto pubblico non si può contrattare. Non è di
questo che doveva ricordarsi, ma bensì di quell'adagio che si
ripete nelle scuole: non è mai vietato di contrattare in cose
di diritto pubblico. Il matrimonio è una cosa di supremo interesse e di diritto pubblico, eppure costituisce la materia di
un contratto. Quello che non si può contrattare, nè convenire,
è la deroga del diritto pubblico. Ora, quando questi contratti
feudali furono fatti, erano conformi al diritto pubblico; epperciò, giudicando delle conseguenze di un contratto, si deve
aver riguardo alla legge che era in vigore al tempo in cui la
convenzione è stata conchiusa. Questi sono i veri principii
della giurisprudenza.
Stimo poi mio debito di insistere specialmente sopra un argomento, il quale non può a meno di fare una certa impressione particolarmente su coloro che non hanno una coltura
essenzialmente legale; voglio dire l'argomento che si desume
dall'abilità che ha il legislatore di cambiare l'ordine della
successione»
SESSIONE DEL 1861
Si dice : ma quegli che può mutare da oggi a domani, secondo che le convenienze politiche impongono, l'ordine della
successione famigliare, in una materia che, secondo l'opinione di alcuni, non è propriamente di diritto naturale, ma
instituto di diritto civile, perchè non potrà variare l'ordine
della successione feudale? Perchè non potrà sopratutto preferire l'ordine civile della successione, che è quello che è confermato dai bisogni del paese, dalle esigenze della nostra
civiltà, dai sentimenti e dai principii della nostra eguaglianza civile? Perchè non potrà sostituirlo a un ordine di
successione arbitrario, dispotico, lesivo del diritto? Ma, signori, la condizione non è eguale; quando si tratta di successione ordinaria, il diritto non si acquista che all'aprirsi di
essa ; allora sì che io non ho che una specie di aspettazione e
di speranza; ma nel caso della successione feudale, non si
tratta di un diritto che si acquisti all'aprirsi della successione, ma di un diritto già acquistato alla sostanza stessa,
anteriormente, sotto l'impero della legge feudale; sin d'allora è già acquistato questo diritto, ed ha il suo corrispondente oggetto determinatamente concretato e definito, e ha
già un principio di attuazione pratica in tutti i diritti che la
legge accorda mediante l'azione utile ai chiamati, affinchè intervengano a preservativa delle loro ragioni.
Havvi forse qualche cosa di simile nelle successioni ordinarie?
Il diritto che la legge ha creato al legittimario d'avere una
parte riservata sui beni dei genitori è piuttosto un obbligo
che essa ingiunge ai medesimi di provvedere per questo modo
alla sorte dei figli; ma, finché il padre esiste, la sostanza è
libera in lui, e la può anche dissipare per intiero prima che
egli muoia. Dunque, se vi è un'aspettazione, questa è soltanto generica, ma non determinata, non positiva, perchè
non esiste corrispondente oggetto a cui si riferisca.
La differenza sta ancora in ciò che vi possono essere dei
diritti, che non cessano d'essere diritti, che sono sempre
stati considerati come diritti, che, senza sconvolgere il linguaggio giudiziale e legale, e senza rinunziare a tutti i principii più sacri, non si potrebbero mettere in disparte, e che
tuttavia sono in una condizione molto meno perfetta di quello
ch'è il diritto dei chiamati alla successione dei fedecommessi
e dei feudi.
Le nostre leggi austriache permettono
(Rumori)
Voci. Nostre?
MOSCA. Le leggi austriache che sono ancora in vigore in
Lombardia (Interruzioni) mi pare
Foci. Ma non sono nostre!
b»keshi>ente. Lascino che l'oratore continui.
mosca... le leggi austriache, che sonoancora in vigore in
Lombardia, permettono, fra le altre cose, il patto successorio. Voi sapete che il patto successorio è quello con cui si
aliena, se non tutta, una parte dell'eredità futura. Ebbene,
quest'eredità non cambia per ciò di sua indole; è sempre un
diritto che si verifica nella sua quantità, alla morte del contraente, alla morte di quello il quale ha conchiuso il patto
successorio; verrà quindi necessariamente anche per la quantità essa pure soggetta a tutte quelle condizioni, che pare
abbiano arrestata la Commissione nel decidersi ad accordare
la qualità d'un diritto al diritto dei chiamati. Ciò io passerò
fra un momento ad esaminare, e, nondimeno, questo non fu
mai creduto un diritto, ed io credo che il Parlamento non
potrebbe in nessun tempo accordare la nullità di questi contratti, i quali sono conchiusi a titolo oneroso e devono essere
rispettati. Eppure ha molto minor base l'aspettativa del
coniuge, relativamente all'eredità futura del coniuge, di quel
TORNATA DEL 10 MAGGIO
che non abbia diritto il chiamalo alla successione del feudo o
del fedecommesso.
Il grande errore di tutti quelli che si oppongono al progetto ministeriale sta in ciò, che essi confondono la successione nel feudo colla successione alla persona dell'ultimo
possessore; due cose che sono fra loro essenzialmente ed
estremamente diverse. Quando succedo al padre, o per sua
disposizione testamentaria, o secondo l'ordine stabilito dalla
legge, io succedo veramente a lui come suo erede, e lo rappresento; ma il successore nel feudo non è punto chiamato
a rappresentare il suo antecessore, ma rappresenta il fondatore del feudo, o, meglio, tutta la famiglia investita. È dessa
che è feudataria ; tutti insieme i chiamati, e presenti e futuri,
e nati e nascituri, vennero investiti, e tutti hanno acquistato
un diritto, sempreehè si verifichi la condizione della loro
sopravvivenza, che è quella appunto che concreta la loro
qualità morale ; tutti costituiscono l'investito, e hanno diritti
che vogliono essere rispettati.
pkesedesite. Avverto la Camera che essa ora è appena in numero ; prego perciò i signori deputati di non assentarsi.
mosca. La Commissione infatti nella sua relazione si è
fatto uno scrupolo di non riconoscere nei chiamati nessun
diritto, perchè, dice essa, che diritto è questo che è vincolato nientemeno che a quattro condizioni? E in ciò la Giunta
fu modesta, perchè poteva aumentarlo questo numero : non
sono soltanto quattro, ma potevasi benissimo aggiungerne
altre.
Ecco quali sono le quattro condizioni a cui la Commissione
trova che è legato il diritto dei chiamati :
1° Che non sopravvenga alcun altro, il quale abbia qualche
diritto prevalente, od almeno eguale; 2° che i chiamati sopravvivano all'attuale investito ; 3° che il possessore attuale
non perda il feudo per motivo di caducità ; 4° (e questa si
poteva omettere, ed invece metterne molte altre che potevano essere comprese) che non si cambi la giurisprudenza
feudale.
E qui io domando se si può mutare in modo da non avere
alcun rispetto a questi diritti.
Riguardo a queste condizioni, io dirò che nessun numero
di condizioni non può fare che un diritto condizionato non
sia un diritto condizionato; sarà un diritto per la cui attuazione si verificheranno molte minori probabilità che per un
altro, ma la moltitudine delle condizioni non può rendere
minore l'essenza del diritto, la quale per esse non cangia
certamente di natura. Di più queste condizioni, come ho dimostrato poc'anzi, sono tali che possono vincolare qualunque
altro diritto, in particolare quello del patto successorio, il
quale può non solo cessare, ma anche essere diminuito, perchè, come ognun sa, il patto successorio, sebbene sia valido
solamente per le persone determinate dalla legge, soffre una
diminuzione colla sopravvenienza di eredi necessari.
Riguardo alla condizione del possessore delfeudo, la Commissione si esprime recisamente per l'opinione che qualunque diminuzione arrecata nella piena e libera proprietà della
sostanza feudale, al momento in cui venisse pubblicata la
legge, sarebbe assolutamente una vera ed effettiva lesione
del suo diritto.
Ma che è questo possessore? In che modo egli, il cui diritto
era solamente di tenere in godimento questi beni, può dirsi
leso dalla disposizione della legge, che, oltre al lasciargli
tutto ciò che era di suo pieno diritto, gli abbandona anche
due terzi di essi beni in libera proprietà? Come può mai affermarsi che questi in qualche modo sia leso?
CAMERA DEI DEPUTATI —
Discussioni del !SG1.
115
Forse che subentrerà un'altra persona al chiamato naturale ?
Questo Io vedremo a suo tempo, quando io imprenderò ad
esaminare il progetto ministeriale; ma intanto, quello che mi
pare di poter stabilire positivamente sin d'ora si è che non
solamente il possessore attuale non viene pregiudicato in
nessuno de' suoi diritti, perchè questi si limitavano a ciò che
egli conservasse sino alia morte il godimento di tali beni, ma
viene la sua posizione immensamente migliorata dal fatto
della pubblicazione della legge, coll'aver subito disponibili i
due terzi di questi beni.
Ciò premesso, mi sarà facile rispondere ad alcune obbiezioni molto speciose sollevate, specialmente in uno dei più
brillanti discorsi che si siano uditi in questa discussione, voglio dire in quello del mio carissimo amico il deputato Zanardelli.
Le belle forme sotto cui certe difficoltàfuronoposte innanzi
non possono a meno di aver prodotto una grande impressióne,
soprattutto su quelli che, come dissi, non sono pratici di cose
legali.
Così, per esempio, il signor Zanardelli diceva: ma che?
mentre abolite i feudi, volete riconoscere i successori feudali? Questa è una contraddizione flagrante.
Ma dove si trova questa contraddizione? domando io.
Appunto perchè vogliamo sopprimere la legge feudale, riconosciamo che la medesima esiste. Riconosciuto che una
legge esiste, non possiamo dissimularlo, dobbiamo riconoscere
l'effetto che ha prodotto. Bisogna che teniamo conto delle
condizioni che si sono fatte, dei diritti che, si sono stabiliti
pendente l'impero di questa legge; e se noi volessimo abolire
invece i vincoli feudali per lasciar sussistere tutti gli ordini
particolari di successione che stabiliva la legge feudale, allora
vi sarebbe una vera contraddizione ; ma, come già bene osservò l'onorevole Mazza, dopo la pubblicazione di questa legge
non vi è più nulla di feudale ; allora viene intanto restituita al
libero commercio una considerevole quantità di beni feudali,
posciachè i due terzi diventano liberi. Resta un altro terzo
pel quale il vincolo si riduce a tal natura, che non può essere assolutamente respinto disdegnosamente, perchè allora
bisognerebbe sovvertire tutto il piano della nostra legislazione civile, bisognerebbe sopratutto abolire il diritto d'usufrutto.
Nè creda l'onorevole Zanardelli d'aver risposto felicemente
nemmeno alla considerazione che verrò ora accennando, sulla
quale egli si è soffermato, e che credette rimuovere, ma a cui,
secondo me, non ha risposto per niente soddisfacentemente.
Egli disse: uno dei principali argomenti di cui fanno uso 1
propugnatori del progetto ministeriale consiste nel dire : ma
non vedete che questi chiamati sono già riconosciuti in un effettivo esercizio del loro diritto? Non vedete (ed è la verità)
che hanno curatori deputati, i quali vennero molte volte eccitati ad immischiarsi nell'amministrazione, negli atti concernenti i contratti feudali, che in tutte le cause nelle quali era
necessario di avere il loro consenso per fare qualche innovazione a termini della legge feudale furono sempre chiamati e
furono sempre intesi ?
Ebbene, egli dice, ma questa era cosa affatto naturale, finché vi era la legge feudale, perchè ciò che rendeva necessario
il consenso di questi chiamati era appunto l'esistenza della
legge feudale. Ma ora noi questa esistenza della legge feudale
la togliamo di mezzo; dunque non domanderemo più il consenso di nessuno.
Sta bene; abolendo la legge feudale, non ci troveremo più
nella condizione di avere bisogno del consenso dei chiamati
—
9 U
CAMERA DEI DEPUTATI
nell'ordine f e u d a l e ;
ma dobbiamo
riconoscere che,
finché
—
—
SESSIONE DEL
4861
un modo conveniente ai diritti dei chiamati. Esso quindi non
non abbiamo abolita la legge feudale, questi chiamati hanno
accordò
dei diritti e f f e t t i v i ; e dei diritti tanto effettivi, che ne e r a n o
senza ordine di chiamati. Ed anche in questo caso
non volle
nell'effettivo esercizio.
guarentire menomamente
dei
Uno dei mezzi coi quali si è volato s o s t e n e r e il
progetto
della maggioranza della Commissione è stato quello di s t i g -
lo svincolamento
c h e a quelli i quali si trovavano
per la rivendicazione
m a t i , e si contentò di un c o r r e s p e t t i v o tenuissimo,
chia-
cioè
d e c i m o , u n i c a m e n t e per i n t r o d u r r e in tutti gli atti di
del
svin-
matizzare l'esistenza attuale dei feudi coll'impronta austriaca.
colo l'espressa clausula che non s'intendeva di p o r t a r e n e s -
Si è voluto dare specialmente questo c a r a t t e r e alla c o n s e r -
sun pregiudizio ai diritti degli eventuali c h i a m a t i .
vazione dei feudi in Lombardia da una specie di reazione p o litico-austriaca fatta n e l l ' i n t e r e s s e di mera
Dirò di p i ù :
acquistata una
fiscalità.
> S i g n o r i , io credo di non poter e s s e r e ritenuto per
una
la nostra m a g i s t r a t u r a , che
ha
giustamente
riputazione vera di insigne e q u i t à , la
nostra
magistratura i n t e r v e n n e a r i c o n o s c e r e l'esistenza dei
diritt i
persona amante del reggimento a u s t r i a c o , e perciò non temo
dei chiamati, accordando l'azione utile per la
di manifestare doversi r i t e n e r e p e r un pessimo costume quello
d i l u i t o il diritto; il che forma uno stato giuridico di cose t a l i ,
di voler risolvere tutte le questioni i m p o r t a n t i ,
ricorrendo
per cui non si può dubitare della
all'accusa di e s s e r e opera dell'antica dominazione
austriaca;
feudali in Lombardia.
p e r c h è , infine, non si può fare la c a l u n n i a , n e m m e n o a c a rico dei n e m i c i .
Dico di più ; mi pare che si
diminuisca
conservazione
conservazione
dei vincoli
Dico questo per rispondere in p a r t e a quelli i quali hanno
creduto di portar su questo t e r r e n o la q u e s t i o n e , e non p e r -
molto il merito della nostra rivoluzione politica c o l l ' e s a g e -
chè io voglia occuparmi più p r e c i s a m e n t e delle
singole
r a r e , invece di constatare i danni dei quali siamo stati v i t -
sattezze c h e sono occorse n e l l ' e s p o r r e la t e s i ,
p e r c h è credo
tima sotto il governo s t r a n i e r o .
che non sia tale da dover
Il più bel titolo di gloria della rivoluzione italiana non sta
occupare
ine-
la C a m e r a ; e non ci
veggo alcuna utilità di fatto, quando la questione si porta in
s i c u r a m e n t e nell'essersi determinati gl'Italiani a s c u o t e r e il
questi t e r m i n i , e si viene a dire : m a , g u a r d a t e , non vi sono
giogo dello s t r a n i e r o per incomportabilità di tal giogo, ina
n e m m e n o questi feudi; non o c c o r r e avere considerazione pei
bensì in forza di un sublime s e n t i m e n t o nazionale, p e r cui
chiamati. Allora, in nome di Dio, se si porta la q u e s t i o n e su
lotta adesso la povera Venezia, per cui respinge essa qua-
questo t e r r e n o , è egli logico che si proponga
l u n q u e t r a t t a m e n t o , per cui sono persuaso
abolire ciò che non esiste?
respingerebbe
a n c h e le condizioni migliori che potessero a lei proporsi collo
una legge per
In tal caso c o n v e r r e b b e che la Camera r i c o n o s c e s s e
p l i c e m e n t e questo stato di c o s e , e con un ordine
s t a r e a tutti i pesi n o s t r i , a tutti i nostri sacrifizi, e adopran-
dichiarasse che non o c c o r r e provvedere a c o t e s t e
dosi col più grande slancio e coll'animo il più lieto e g e n e -
p e r m a n c a r e il soggetto a cui il disegno di legge si r i f e r i s c e .
roso per r a g g i u n g e r e il supremo ed unico scopo di e s s e r e
Italiani.
del
sem-
scopo di separarla da n o i , adattandosi di preferenza a s o t t o -
giorno
necessità
Riguardo alla causa trattata in Lombardia ed a c c e n n a t a
dall'onorevole Z a n a r d e l l i , io posso far n o t a r e che l'oggetto
Questo, a p a r e r m i o , è un m e r i t o p a r t i c o l a r e di cui dob-^
biamo conservare il pregio con fede i n a l t e r a b i l e ,
mantenen-
della medesima fu t u t t ' a l t r o che quello da lui e s p o s t o ; c h e
non esiste nessuna s e n t e n z a , nessun giudicato p e r cui siasi
stabilito q u a l c h e cosa in c o n t r a r i o alle massime della c o n s e r -
dolo in tutta la sua i n t e g r i t à .
D u n q u e , venendo a questa p a r t e , dirò che il Governo a u striaco non ha p r o p r i a m e n t e nessuna colpa nella
conserva-
vazione dei vincoli f e u d a l i ; anzi aggiungo che nelle m a t e r i e
stesse della volontaria giurisdizione abbiamo molli atti delle
zione dei feudi in Lombardia. Essi vi furono c o n s e r v a t i dal
autorità giudiziarie, le quali p r e s e r o , n e l l ' i n t e r e s s e dei c h i a -
cessato regno italiano. Vi è s e m p r e stata una grande q u e -
m a t i , le disposizioni necessarie p e r c o n s e r v a r n e i diritti.
s t i o n e , se la legge 6 termidoro anno v della r e p u b b l i c a ,
avesse o non li avesse aboliti ; ma il fatto sta
che
li
Non mi occuperò delle diverse autorità che furono citate
questo
in difesa del progetto della Commissione e c o n t r o il progetto
dubbio non è più possibile dopo i decreti del 1 8 0 6 e 1 8 0 7 . E
m i n i s t e r i a l e . Mi pare che siasi già molto risposto riguardo a
qui debbo r i c o r d a r e che questi decreti v e n n e r o r i p u b b l i c a l i
queste autorità.
m o l t e volte in tutta l'estensione del r e g n o , man mano che si
estendeva il dominio italiano.
Non ritengo d'altronde che q u e s t e autorità p o t r e b b e r o in
modo alcuno p r e v a l e r e contro l'autorità della ragione e , s o -
Il d e c r e t o l o aprile 1 8 0 6 è così formale c h e non può essere
p r a b i t o , c o n t r o l ' a u t o r i t à delle cose p a t r i e , p e r c h è infine
assolutamente posto in dubbio. In esso all'articolo 2 si legge
l'autorità delle cose patrie d e b b ' e s s e r e a noi più c a r a degli
che « i beni e le rendite feudali indipendenti
esempi d'altri paesi.
dall'esercizio
di un diritto regale r i m a r r a n n o presso i possessori
attuali,
L'esagerazione stessa de' miei avversari è , secondo m e , un
conservate per ora le obbligazioni i n e r e n t i a detti beni, tanto
a r g o m e n t o del sentimento che provano della debolezza del
a favore dei c h i a m a t i , che dello Stato. »
loro assunto. Si è spinta la loro tesi fino a voler
Vedono a d u n q u e , o signori, che il sistema feudale è stato
conservato in Lombardia, e non lo fu c e r t a m e n t e dal Governo
austriaco. Anzi è giustizia il dire
che i fatti provano ben a l -
rinnegare
non solo, ma condannare la speranza.
Si è detto p e r s o s t e n e r e il progetto m i n i s t e r i a l e : ma infine che cosa è questa speranza, quest'aspettativa? Non se ne
Governo
p a r l i ; è una speranza o r r i b i l e , una speranza a n t i p a t r i o t t i c a ,
su questo proposito; c o m e risulta in parte anche dalla stessa
era la speranza che si conservassero gli ordini politici a n t i -
m e m o r i a tanto r i p o r t a t a , alla quale io mi sento
chi e la dominazione a u s t r i a c a . Meritano forse qualche
t r o che quello che vuoisi m e t t e r e a carico
di quel
poco
incli-
nato di a c c o r d a r e gli epiteti esaltatorii di cui è stata g r a t i f i c a t a , e ch'io, per quanto c o n c e r n e l'esposizione dei fatti, r i -
ri-
guardo quelli che nutrivano di siffatte s p e r a n z e ?
Ma, signori, questo è un fare dei salti meravigliosi n e l l ' a r -
tengo abbastanza esatta. E per verità non si può n e g a r e c h e
g o m e n t a r e . Dico che coloro i quali speravano
il Governo austriaco aveva già da trenta e più anni promosso
delle sostanze goduto dai loro p a r e n t i , non hanno p e r ciò
le indagini più efficaci, onde venir a capo di vedere in
l'usufrutto
che
m e n o m a m e n t e sperato nella conservazione degli ordini a u -
modo potesse realizzare lo svincolo dei feudi, e si e sempre
striaci , ma hanno sperato nella vostra giustizia, ed avean
a r r e s t a t o in considerazione della difficoltà di provvedere
tanto ragione di s p e r a r e in essa, p e r c h è avevano veduto, a l -
in
TORNATA DEL 1 0 MAGGIO
lorchè trattavasi di far cessare diritti positivi, il Parlamento
subalpino osservare gelosamente il principio costituzionale
dando convenienti indennizzazioni. Nei casi nei quali il P a r lamento subalpino prese il partito di accordare delle indennità, si poteva, quanto al diritto alle medesime, dubitare assai più seriamente che sul diritto dei chiamati al fidecommesso.
La giustizia del Parlamento sardo non ha lasciato senza
compenso l'abolizione delle bannalità e delle piazze dei causidici per esempio, e di tante altre cose che dovevano dare
ben altra materia a discutere; poiché, se erano diritti, erano
diritti contrari al dominio pubblico !
Finalmente la Commissione si fece carico di due argomenti invero molto speciosi e che io non voglio lasciare senza
risposta, perchè non ho confidenza che la Camera voglia p e r mettermi di prendere a parlare un'altra volta su questo a r gomento ; così debbo esaurire sin d'ora la mia materia.
La Commissione ha allegato due preziosissimi argomenti ;
essa mette in bocca ai Lombardi queste parole: guardate poi
che infine noi Lombardi ci troviamo in una condizione più
speciale; noi siamo assolutamente la vittima di un'ingiustizia
straordinaria ; questi feudi sono stati aboliti in tutto il resto
d'Italia, senza distinzione di paesi, bene o male, meglio o
peggio governati; il fatto sta che sono stati aboliti dappertutto; noi arriviamo SO anni dopo di quegli altri; ma almeno,
poiché arriviamo tardi, facciamo presto; facciamo dunque di
ottenere tutte le conseguenze, o almeno quasi tutto quello
che han potuto ottenere gli altri, e che noi pure avremmo potuto conseguire, se ci fossimo trovati trattati come gli altri in
questo miglioramento.
Ma, o signori, io vi dico che per me l'argomento non mi
soddisfa niente affatto; all'incontro io dico: appunto perchè
abbiamo aspettato 50 anni, noi non possiamo pretendere di
averla così completa, come può essere desiderio universale,
quando l'avessimo avuta 50 anni prima.
La seconda obbiezione, di cui si giovò molto abilmente anche l'onorevole Regnoli, consiste a dire: voi altri non siete
d'accordo tra di voi ; chi vuole che si dia un terzo, chi vuole
che si dia una metà, chi vuole che si dia tutto al primo chiamato ; chi vuole che si abbia riguardo al chiamato attuale,
chi al chiamato che sarà superstite al tempo della morte ; chi
vuole che si abbia riguardo a tutti i chiamati futuri, anche
ai possibili ; chi invece abbiasi riguardo solo'ai chiamati esistenti. Dunque, si conchiude, questa mancanza di criterio a
determinare quali siano i chiamali a cui vogliasi aver riguardo, e quale sia la misura dei riguardi Bche si meritano,
mostra che noi abbiamo un criterio molto più felice, ed è
quello di dar niente a nessuno, e così risolviamo ogni questione.
Sembrerebbe veramente, come osservava l'onorevole D'Ondes, che la questione avrebbe dovuto avere un altro scioglimento, poiché trovandosi tanto di quelli che vogliono dare il
terzo, come di quelii che vogliono dare la metà od il tutto,
ne risulta che tutti s'accordano in ciò, vale a dire nel dare
qualche cosa.
Del resto, l'opinione di non dar niente è un'opinione come
quella di dare un terzo, come quella di dare la m e t à , come
quella di dare l'intero; essa è un'opinione che non può avere
maggior autorità che quella delle persone speciali di cui
rappresenta il concetto.
Ma se la Commissione non è stata, secondo me, abbastanza
felice nella dimostrazione del proprio assunto, lo fu, per verità, un po' più nell'attaccare il progetto del Ministero.
Veramente, nell'attaccare quel progetto, essa aveva un as-
sunto facilissimo; essa aveva, prima di t u t t o , l'argomento
di cui si è fatto una base, che cioè i chiamati introdotti nel
progetto di legge sono chiamati fittizi, sono chiamati, come
dice l'onorevole Zanardelli, inventati dal Ministero. Ma io
comincierò ad osservare che non è veramente il Ministero
che abbia inventato oggi questi chiamati, perchè vi è già
una legge che li ha inventati prima del ministro Cassinis.
Dunque, egli non ha fatto che seguire il concetto degli altri,
e su questo credo che non abbia diritto al brevetto d'in»
venzione.
A vero dire, se v'ha cosa nella quale poteva essere attaccato personalmente l'onorevole guardasigilli, si è quella che
consiste in certe esitanze, che neppur io non gli so perdonare , perchè furono esse, a mio avviso, che precisamente
hanno alimentate le speranze di abbattere per intiero il suo
sistema; si è pur quella mezza misura di voler fare una differenza fra il fedecommesso e il feudo, di non accordare che
un'aspettativa invece di un diritto, invece di asserire francamente quello che la coscienza ci dice esservi, cioè veramente un diritto; che se questo diritto si voglia anche chiamare aspettativa, gli è pur sempre un diritto, giacché non è
questa per certo l'aspettativa di colui che spera guadagnar
un terno al lotto; ell'è invece un'aspettativa che merita i
riguardi, la contemplazione del legislatore, e quindi non può
essere che un diritto.
Io infatti avrei desiderato che il signor ministro, nel p r o gettare la legge da esso presentataci, si fosse attenuto a ciò
che era già stato fatto per i fedecommessi qui in Piemonte e
per i feudi nell'Emilia, e che si fosse seguilo questo principio di diritto nazionale che si trova già attuato in tanta parte
del regno, e che non tarderà ad esservi nelle rimanenti Provincie.
Tuttavia, se io non approvo quest'atto nel senso di non esserne pienamente contento, in presenza della enormità del
progetto della Commissione mi appiglio disperatamente al
progetto del Ministero, perchè questo almeno, se non mi fa
tutta la giustizia che desidero, me la fa in una gran parte, e,
facendomela in una gran parte, soddisfa se non altro al concetto del mio principio e trasporta la questione sopra un t e r reno di quantità, sul quale la transazione è più facile e possibile, ed almeno inchiude il principio di rispetto ad un
sacrosanto diritto.
Per questo motivo, non sperando che un emendamento
qualunque possa essere accettato in mezzo a questa furia di
emendamenti che si presentano, io mi asterrò dal proporne
alcuno, e soltanto, se mai la proposta del signor Mayr, quella
cioè di ridurre alla metà ciò ch'è stabilito nella misura del
terzo, se mai, dico, questa proposta fosse votala dalla Camera, io la voterò, e la voterò tanto più volentieri, perchè
dirò quello che il signor ministro con una bellissima reticenza
ha voluto tacere nella sua orazione. La voterò, dico, tanto
più volentieri, perchè sono persuaso che il Senato, se noi faremo una legge nella quale il diritto dei chiamati sia pienam e n t e sanzionato, non potrà disporre altrimenti, per questo
motivo che, avendo egli attribuito qualche cosa a questi chiamati, deve aver riconosciuto che hanno un diritto, perchè
senza questo riconoscimento non poteva altrui togliere ciò
ch'era di loro spettanza.
Dunque non è possibile che dopo breve tempo debba il
Senato cambiare la sua opinione su quest'argomento. Dico
quindi che, trattandosi solamente di quantità, può facilmente
accettare che il terzo sia portato alla metà. (Si parla)
Ma, se io sono in qualche modo opponente al progetto ministeriale, lo sono unicamente per queste ragioni di quan-
—-916 —
CAMERA DEI DEPUTATI
tità, nonio sono per altro. Ritengo sopratutto ingiusti gli
attacchi che si sono fatti contro il medesimo, e mi sembra non
essere stato difeso in quel modo in cui avrebbe dovuto esserlo.
Quel progetto si fonda, a parer mio, sopra due grandi e
sacrosanti principii.
Il principio della necessità politica, per una parte, ben riconosciuta, che l'esistenza dei vincoli feudali in Lombardia è
incompatibile col nostro sistema di essere, colle esigenze della
nostra civiltà, coi nostri costumi, coi nostri principii di uguaglianza civile.
Esso si fonda d'altra parte sopra un altro principio non
meno sacro ed augusto, ed è il principio proclamato altamente
dallo Statuto, ed è che ogni proprietà è inviolabile, e che
nessuno può esserne privato senza una conveniente indennizzazione.
E quando si dice proprietà, come insegnano tutti i giureconsulti, e specialmente i costituzionali, non si fa distinzione,
ma si comprende tutto ciò che ci appartiene, tutte le cose
nostre materiali ed incorporee, come definiscono i Codici;
dunque anche questo, comunque vi piaccia di chiamarlo, o
aspettativa, o diritto eventuale, o altra cosa qualunque.
Deciso il Governo di entrare risolutamente nella via di togliere questo sconcio dell'esistenza dei vincoli feudali, era
naturale che cercasse di combinare tra di loro le esigenze dei
due diversi principii da me accennali ; e fortunatamente gli si
presentava in ciò tanto più propizia l'occasione, inquantochè
il fatto stesso dell'abolizione di questi vincoli feudali prestava
la materia di un conveniente soddisfacimento. II Governo
adunque, trovando da una parte una massa di beni disponibili,
e dall'altra una massa di diritti e d'interessi in conflitto fra
dì loro, soddisfacendo al maggiore de' suoi doveri che è di
provvedere, secondo le circostanze, ai bisogni sociali, si è
posto fra loro a mediatore. Ciò stante, che cosa ha fatto e che
cosa doveva fare? Una cosa sola: una finzione. Ora una finzione, voi lo sapete, è un assunto che corrisponde non ad una
verità reale, ma ad una necessità politica altamente riconosciuta; è un assunto che sostituisce una giustizia concreta e
relativa alla giustizia assoluta delle norme ordinarie del
diritto.
Questa è la finzione cui doveva aver riguardo il Governo
nel suo progetto di legge, ed egli appunto introdusse questa
finzione ; egli fece coincidere l'abolizione dei feudi coll'apertura delle successioni feudali nei rispettivi possessori.
Questa è la finzione ; non fategli carico d'avere creato questa
finzione, perchè, in ogni modo, una finzione per venir fuori
di quest'impiccio è necessaria.
Credete voi della Commissione di essere forse più nel
vero? Di non essere nella finzione, allorquando voi volete
accordare tutto all'attuale possessore dei feudi ? Voi siete egualmente in una finzione giuridica ; voi supponete ciò che
non è vero, che egli sia quello che chiuda la linea dei chiamati ; egualmente quelli i quali pretendono di portare tutto
al primo chiamato, e di dare ad esso la totalità di questa sostanza feudale, commettono un'altra finzione, ed è quella di
riconoscere in lui l'ultimo che chiude la linea dei chiamati ;
mentre ciò non è vero, od almeno nella massima parte dei
casi può non esser vero. Una finzione dunque essendo necessaria, io trovo che quella che fu scelta dal Ministero era
la più giusta, la più conveniente, perchè era quella che offriva un terreno di conciliazione possibile a tutte le coscienze
le più timorate ; poiché anche le coscienze le più timorate,
quando la quistione non è più di principii, ma solamente di
quantità, possono più facilmente venire tra di loro a trattative per la definizione del quesito.
SESSIONE DEL 180]
Questo mi pare il modo nel quale dev'essere riguardato il
principio che anima il progetto ministeriale, e questo pensiero io Io trovo gravissimo, improntato di una grande verità legale, e che rende ragione nello stesso tempo ad una
grande verità politica e morale.
Domanderei pochi minuti di riposo.
(Voratore si riposa per cinque minuti.)
Ora, signori, non mi restano che pochissime cose ancora
da dire, che riguardano più precisamente la situazione pratica della Lombardia, e su questo argomento io mi fo animo
d'invocare più particolarmente la vostra attenzione.
I nostri avversari non hanno risparmiato nessuna maniera
di argomenti.
Uno degli argomenti più felici, secondo loro, e che ha dovuto fare certamente una qualche impressione, si riferisce
al modo con cui risultò composta la Commissione.
L'onorevole Zanardelli ha detto : vedete, la Commissione
nella immensa sua maggioranza è composta di giureconsulti
dei più distinti della Lombardia. Ebbene, che cosa essi hanno
conchiuso? Essi vi dicono appunto che il progetto ministesiale è cattivo, e che quello il quale gli vien sostituito è
tutt'altro.
Mi si permetta di fare una breve osservazione.
Nella composizione della Commissione io trovo effettivamente quattro giureconsulti lombardi, e certamente il signor
Zanardelli ha perfettamente ragione di qualificarli per distintissimi della Lombardia; ma sapete che cosa c'è da osservare? Che due di questi quattro giureconsulti lombardi sono
di un parere, e due di un altro perfettamente contrario.
Qui dunque le autorità si elidono completamente, e quindi
l'argomento cade da sè.
Si è voluto, ripetutamente, anche dall'onorevole Turati,
far cenno del voto della Lombardia. Questo, dico la verità,
si è quello che mi dà maggior ragione di temere, e che mi
ha sopratutto spinto a protestare contro la chiusura della
discussione, affinchè anch'io, come Lombardo, potessi proclamare che il voto della Lombardia è ben diverso, ed anzi contrario.
II volo della Lombardia deve essere un voto ragionato,
trattandosi di materia scientifica e giuridica.
Dunque il voto della Lombardia deve essere sopratutto
quello dei legali della Lombardia medesima; ora il voto dei
legali della Lombardia, prego di prestar fede alla mia asserzione, non è quello rappresentalo dalla maggioranza della
Commissione.
Io pure conosco molti distinti legali (certamente non ne
sono del numero), e fra gli altri ho il piacere di vedere che
il mio voto è conforme precisamente a quello di un legale
che noi consideriamo come il principe dei legali lombardi,
cioè l'avvocato Lissoni.
Quanto al voto della Lombardia, voi dovete ben comprendere che ci vuole un po' di cura a determinarlo, specialmente quando vi possono essere degl'interessi obliqui, i quali
abbiano dei mezzi per farsi valere ad ottenere una soluzione
che non sia precisamente quella conforme all'interesse pubblico, ma sibbene quella conforme al loro speciale interesse
privato. (Movimenti diversi)
Verrò a cose più spiegative, perchè i fatti vogliono essere
posti in luce pienamente.
Ieri io intesi l'onorevole signor ministro far cenno di una
Commissione di distinti giureconsulti adunatasi a Milano per
trattare questa materia e per formulare un disegno al Governo, relativo all'abolizione di questi vincoli. Io dico la verità che non ne avrei parlato volentieri, specialmente avendo
917
TORN ATA
DEL 1 0
il signor ministro trascorso molto sfuggevolmente su questa
Commissione ; ma, poiché l'onorevole Turati ha voluto rinforzare l'argomento ed ha esposte anche le cose in un modo
che non è perfettamente consono alla verità, così questo mi
obbliga a spiegare le cose precisamente come sono avvenute.
Sappia dunque la Camera che in Lombardia non vi fu mai
una Commissione istituita ( S e g n i di diniego da varie parli e
dal banco del Ministero)
Quando io parlo di Commissione, intendo che abbia un carico pubblico, perchè commissione viene, almeno credo, da commettere,
e quindi committente.
Dunque io non so che il Governo abbia mai istituita
una tal Commissione; anzi lo nego (Fari
deputati
chiedono
di parlare)
nosco anch' io
perchè la Commissione a cui si allude la co-
C A S S I S I » , ministro
di grazia
e giustizia.
Io non ho p a r -
lato di Commissione.
M O S C I . Non era una Commissione. Vuol sapere la Camera
che cosa fosse? Era una congrega di procuratori dei possessori attuali dei feudi, i quali si erano, trovati insieme per
combinare la maniera d'ottenere, nel modo per loro più conveniente, l'abolizione dei vincoli feudali. Questa era la Commissione che vi e r a , e non ve n'era altra.
banco della
(Mormorio
al
Commissione)
T H E Z Z I , Non è vero, c'era anch'io.
b » r e s i b >E Ì 8 T E , Non interrompa.
MOSCA. C'era a n c h ' i o , e parlo
per conseguenza mi si permetterà
Io infatti fui a questa congrega,
immediatamente precedente in cui
seconda adunanza
di ciò a cui ho assistito ;
di esporre le mie idee.
e vi fui perchè nel giorno
si tenne, mi pare fosse la
E S E P R E T I S . Domando di parlare.
MOSCA
ricevetti una procura da un certo conte Rivola, il quale m'incaricò di rappresentarlo in quest'adunanza;
vi a n d a i . . . . (Bisbiglio)
Io non espongo niente contro la ver i t à ; dunque si domandi la parola quanto si vuole, ciò non
toglie che io narri le cose come passarono ; ciascuno potrà
in seguito rispondere e dire come la pensa ; ciò che io accenno, avvenne precisamente così ; me ne appello agli avvocati Gadda e Lissoni, che erano presenti a n c h ' e s s i ; le cose si
potranno verificare. ( M o v i m e n t i )
Una voce. C'importa ben poco di questo.
MOSCA. Importa molto il sapere in che modo si è f o r mata la così delta voce pubblica, che reclama l'adempimento
del progetto della Commissione, perchè io credo che il P a r lamento non possa essere insensibile a ciò che si espone
come la voce, come il desiderio della Lombardia.
Dunque in questa congrega non si è fatto altro che stabilire quello che era nell'interesse speciale dei possessori a t tuali dei feudi; e ciò è tanto vero, che io proposi che si-facesse un appello alle persone più competenti, onde si rinunziasse a procure d'interessi particolari, e per questo modo io
rinunziai alla mia.
Con questo non voglio sostenere menomamente che quelli
i quali possono aver avuto incarico di rappresentare i a t e ressi particolari, non possano anche nello stesso tempo pronunziarsi, nella qualità di deputati, come loro suggerisce la
coscienza e la giustizia ; ma voglio dire che quel rumore che
si è fatto, quel tanto scrivere sui giornali, e persino quel tale
agente accreditato qui in Torino, che, come si vide stampato
nella Gazzetta
di Torino, è incaricato di dare informazioni
di tutti i progressi e dell'andamento di questa discussione
della Camera, dico che tutto questo si capisce benissimo che
ha potuto travisare le cose, e così formare un'opinione
pubblica affatto fittizia, mentre l'opinione pubblica è quella
M AGGIO
che venne indicata dal signor ministro, secondo la mia opinione particolare, che cioè la Lombardia non desidera che
una cosa s o l a : la più pronta, la più efficace e la più i m m e diata possibile abolizione dei vincoli feudali, senza rischiare
di protrarla ad un altro anno, compromettendola con un
emendamento che difficilmente v e r r e b b e accettato dal Senato.
Debbo ancora dire che fra gli agitatori principali di questo
rumore puramente immaginario vi sono effettivamente certi
possessori di feudi.
Debbo far notare che la massima parte di questi acquirenti
di beni feudali, ben lungi dall'essere in buona fede, erano di
pessima fede, ed hanno eiTettivamente comprato gli stabili,
come lo dimostra il tenue prezzo sborsato, conoscendo quale
era la loro origine. In particolare io posso nominare l ' e g r e gio avvocato Cuzzetti, membro della Commissione, il quale
non potrà negare che nel suo ufficio vi siano pendenti ancora
attualmente molte liti per lesione enorme ed enormissima
commessa nell'acquistare questi beni feudali da persone che
non sono nella migliore condizione per meritare le tenerezze
della Camera. Tali sono le considerazioni ed i fatti che la verità e la coscienza mi hanno mosso ad esporre.
(Movimenti)
Foci.
La c h i u s u r a !
T R E Z Z I . Domando di parlare per respingere
zione che è stata f a t t a . . .
l'insinua-
P R E S I D E N T E . Prima bisogna che io l'accordi a quelli che
precedono in ordine di fatti personali.
Il primo a chiedere la parola per questo motivo è stato il
signor Allievi, poi il signor Trezzi, poi il signor Turati. P e r tanto il deputato Allievi ha facoltà di parlare per un fatto
personale.
A L L I E V I . Io non posso lasciar passare senza risposta le
parole dell'onorevole Mosca in quella parte dov'egli ha voluto lasciar credere che l'opinione sostenuta dalla maggioranza della Commissione non abbia e non possa avere per sè
che dei motivi occulti ed obliqui ; io non faccio che p r o t e stare contro queste parole, nè ho bisogno di aggiungere a l tre p a r o l e ; la dignità mia e la dignità della Camera non mi
permettono di aggiungere una sillaba a questa protesta.
(Bravo ! Bene!)
P R E S I D E N T E . P e r m e t t a un'osservazione.
S e il deputato Mosca avesse fatto un'insinuazione contro
la Commissione o taluno dei membri della medesima, io mi
sarei creduto in debito di chiamare all'ordine l ' o r a t o r e ; m a ,
per quanta attenzione io abbia prestata al discorso di lui, mi
parve solo che egli abbia fatto cenno dei molivi obliqui
da
cui possono essere animati gl'interessati
nella questione, o
come possessori attuali, o come chiamati a ' f e u d i ; mi parve
solo che egli alludesse a persone che sono fuori di questo r e cinto, ed è per ciò che io non ebbi "d'uopo di chiamarlo a l l'ordine, locchè c e r t a m e n t e avrei fatto qualora le sue a l l u sioni fossero state quali vennero inlese o giudicate dall'onorevole Allievi.
Il deputato Trezzi ha la parola.
T R E Z Z I . Io non aveva altro che a respingere quelle parole che furono profferite senza riguardo alle persone che
sono intervenute non alla Commissione, ma ad una riunione
di oneste persone, di onesti legali.
Dirò il fatto.
Fu presentata al signor ministro un'istanza per lo svincolo
dei feudi; il signor ministro, con un decreto, ha risposto a v
questi tali che dovessero riprodurre l'istanza, accompagnata
dal voto di alcuni legali, che egli chiamò distinti.
Il signor Tecchio era fra quelli, vi era anch'io ; io sono a n dato munito di nessuna p r o c u r a ; sono slato chiamalo ad
— 918 - .
CAMERA
DEI DEPUTATI —
esprimere un voto coscienzioso, quel voto coscienzioso che
esprimo alla Camera, clie esprimerò sempre, senza secreto o
reticenze.
Dico questo perchè, siccome molti sanno che io sono intervenuto a quella riunione, non vorrei che sospettassero
di me.
p k e s i w e i s t e , Non vi è nessuno che sospetti nè di lei, nè
di altro deputato.
Il deputalo Turati ha facoltà di parlare.
TUBATI. L'onorevole Mosca mi ha rimproverato di non
aver riferito con tutta verità quanto è accaduto in quella che
egli chiama congrega, e ch'io dirò riunione di distinti legali.
Aquest'accusa di poca veracità non contrapporrò a carico
del signor Mosca che una poca fedeltà di memoria in lui riguardo ai fatti avvenuti.
È verissimo che in una delle prime sedute la riunione era
composta quasi per intiero di coloro che erano stati mandati
dagli stessi feudatari. E ciò avvenne perchè la domanda diretta al Ministero per lo svincolo dei feudi era appunto partita dai feudatari, i quali, avendo ottenuto in risposta dal
Ministero che dovessero concertare qualche progetto, aveano
pei primi delegato i loro rappresentanti. Ora io rammento
all'onorevole Mosca che, verso il finire di quella seduta, egli
stesso sorse adire: gl'intervenuti alla riunione sono quasi
tutti quelli che rappresentano la parte più interessata, vale
a dire i feudatari. Ora, perchè la discussione che stiamo per
fare rappresenti veramente l'opinione pubblica, perchè sia
autorevole, perchè non si possa dire che questa fu una congrega soltanto dei mandatari dei feudatari, converrebbe che
noi diramassimo delle circolari, che invitassimo giureconsulti
distinti, i quali non avessero mandato da alcuno, e che quindi
si riprendessero le sedute e si discutesse nel suo complesso e
nelle sue particolarità tutta la questione, per poter presentare al ministro un voto ragionato, il quale rappresentasse
l'opinione dei giureconsulti, la quale, come dice l'onorevole
Mosca stesso, forma l'opinione pubblica, perchè, in fatto di
questioni legali, i giureconsulti sono quelli che certamente
sono i più competenti per poter dare con conoscenza di causa
il loro parere; così dunque si fece, e, adottato il suo progetto,
si sono le suddette circolari diramate anche nelle altre Provincie, e tra gli altri pure ebbe la bontà d'intervenire alle
sedute il distintissimo avvocato Tecchio. (Ilarità)
E dirò anche di più, che per avere un'altra eminenza legale delle antiche provincie in questo solenne consulto, aveva
anche l'unione di questi giureconsulti invitato alle sedute
l'onorevole signor Rattazzi (Nuova ilarità), il quale però, non
avendo potuto venire per non so quali impedimenti, mandò
una lettera ragionatissima.
(Il vice-presidente Tecchio cede il seggio presidenziale al
vice-presidente Poerio, e va a prender posto nei banchi dei
deputati.)
Dunque nel frattempo che si sono diramate le circolari, e
quando si sono avvertiti questi giureconsulti, il signor Decio, appunto per illuminar meglio coloro che dovevano intervenire alle sedute stampò il suo opuscolo, del quale parla
la Commissione, fu diramato l'opuscolo, e fu incaricato lo
stesso onorevole Decio della relazione, e poi realmente in
ripetute sedute si unirono tutti questi giureconsulti; non
solamente quelli che avevano il mandato dai feudatari, ma
altresì quelli che vi furono invitati, e coll'intervento di tutti
questi, che io non esiterò a chiamare eletti del foro della
Lombardia, si è cominciata la discussione, si sono trattati
tutti gli articoli : quelli che erano contrarii hanno dato lutti
le loro conclusioni (Risa), e la maggioranza ha finito coll'ap-
SESSIONE DEL
1861
provare uno schema di legge con una circostanziata relazione ;
il quale schema venne diretto al ministro di grazia e giustizia, corredalo di una verbalizzazione amplissima delle discussioni, e questo è il progetto di legge appunto che rappresenta l'opinione dei giureconsulti lombardi; esso non accorda allo Stato alcun indennizzo e propone lo svincolo della
proprietà feudale.
Dunque a me pare di aver riferito esattamente come slavano le cose. È la verità che in quella seduta vi era la rappresentanza dell'opinione dei giureconsulti lombardi, e dal
momento che il signor Mosca dice che quella è l'opinione
attendibile
TECCHIO. Chiedo di parlare per un fatto personale.
TUBATI. .. io non posso credere che l'opinione degli uomini legali sia favorevole al progetto del Ministero.
TECCHIO. Giacché si fece allusione al povero mio nome,
dichiaro di essere intervenuto una e due volte alla accennata
adunanza in Milano. Sono intervenuto, perchè richiesto di
esprimere qualunque ella fosse la mia opinione sulla materia
dell'abolizione de' feudi, specialmente in rispetto all'influenza
che per avventura una legge di questa fatta potesse avere
sui feudi tuttavia esistenti nella Venezia, la quale quandochessia verrà anch'essa ad essere rappresentala nel nostro
Parlamento. Sono intervenuto senza essere procuratore di
alcuno. Se mi si domandasse da chi io sia stato chiamato,
anche in questo momento gli risponderei che noi so ; e che
mi è tuttora ignoto il desiderio o l'interesse particolare che
per avventura si avessero coloro che richiesero il mio intervento. Ho dato allora, come in ogni caso e in ogni luogo, e
massime dinanzi al Parlamento , il mio voto imparziale ,
quale me lo dettò la mia coscienza, che è stata sempre la
prima delle mie leggi. (Segni di approvazione)
PHESI»ESTE. 11 ministro per la grazia e la giustizia ha
facoltà di parlare.
CASSINI», ministro di grazia egiustizia. Mi duole assai
che questa questione, dall'alta sfera in cui versava , del diritto, della pubblica utilità, della storia, delle tradizioni,
sia discesa a fatti individuali, i quali veramente non le debbono appartenere. (Bene !)
Quanto fosse grave questa questione, voi lo sapete, e quale
fosse il mio pensiero nel circondarmi di tutti i lumi, i quali
potevano riuscire a dare alla medesima una risoluzione che
fosse giusta, equa ed osservatrice dei principii della scienza
e della pubblica economia nelle provincie a cui la legge si riferiva, voi ben lo comprendete.
Questo è il motivo per cui desiderai, come appare dalla
mia nota del 23 maggio 1860, e della quale già io fei cenno
nel mio discorso precedente, indirizzata ai possessori dei
beni feudali in Lombardia, le nozioni e i documenti che essi
fossero in grado di somministrarmi, e i quali fossero acconci
a mostrare l'origine e la natura di quei feudi ed il partito più
conveniente da adottarsi.
Insomma per certo io desiderai in si grave argomento di
circondarmi di tutti i lumi, e di conoscere tutte le opinioni,
non meno degli interessati che delle persone più versate in
tale materia.
Già era stata emessa una prima opinione, ed era quella accennata dall'onorevole Turati, dal governatore della Lombardia il commendatore Vigliarli, per la quale veniva assegnata la metà ai primi chiamali. Ve ne fu un'altra, ed è
quella del tribunale di terza istanza, secondo la quale erano
loro assegnati due terzi; ve ne fu una terza, infine, ed è
quella espressa nella memoria che mi fu il 27 settembre
presentata dai possessori medesimi dei beni feudali, i quali,
— 919 —
TORNATA
DEL
per le ragioni espresse in quella elaborata scrittura, pensavano che ai chiamali non si dovesse assegnare parte veruna.
Questo è il puro fatto.
Di qui due cose io voglio dedurre : la prima è come
questa materia siasi accuratamente studiata in Lombardia
sotto i moltiplici suoi aspetti. La seconda, come siano sorte
molte e diverse opinioni, ed a me sia parso di stare nel vero
quando, nel conflitto di queste, proposi i termini della legge,
cioè di non dividere fra i possessori ed i chiamati i beni stessi
in parte uguali, di non negare ai chiamati una quota, ma di
transigere fra gl'interessi e le ragioni di entrambi, in modo
che i due terzi avessero gli uni ed un terzo gli altri.
Mi si appuntò testé dall'onorevole Mosca di una tal quale
esitazione intorno ai principii della proposta legge. Non nego,
o signori, che la legge è una transazione in sé, come sempre
avviene in codeste leggi le quali devono servire ad uno scopo
di generale interesse, di pubblica utilità, senza compromettere di troppo le posizioni speciali, e risentono perciò e dell'assoluto rigor dei principii e dei temperamenti dell'equità.
Quindi, o signori, mi pare che queste medesime osservazioni dovrebbero persuadervi ad accettare la legge quale ve
l'ho proposta.
Noi ci troviamo sostanzialmente in presenza delle quistioni
seguenti :
1° Si debbe o non si debbe dare alcuna quota ai chiamati ?
V Quale è la quota che deve darsi ai medesimi ?
5° Debbe questa darsi ai chiamati i quali sono nati o concepiti al tempo della pubblicazione della legge, ovvero al
tempo della morte dell'investito?
4° Ove si ammettano i chiamati, debbe farsi distinzione
fra essi?
A tutte queste questioni si rannodano il progetto del Ministero, quello della Commissione e gli emendamenti proposti.
Io non voglio ritornare, o signori, sulla questione che
ci ha sinora occupati, e che è la prima delle testé accennate,
né voglio ora qui trattare le questioni medesime ; non voglio
far altro che accennarvela in complesso, onde il vostro
giudizio si posi sopra ciò che costituisce e il vero principio
e la vera utilità di questa legge.
Qual è in sostanza lo scopo che la legge si propone? Lo
scopo d'ordine pubblico, l'anima, direi, della legge è di restituire i beni alla libera circolazione. Questo è il vero oggetto
pubblico, questo è il vero scopo d'ordine pubblico che ha la
legge II rimanente tutto è di privala ragione, di privata e slimazione, d'apprezzamento sulla quantità del diritto odella
aspettativa, sul valore giuridico dell'una e dell'altra posizione,
su quelle considerazioni, insomma, per le quali noi secondiamo
all'uno o all'altro principio ; tutte le questioni testé accennate sono d'ordine puramente secondario.
Nulla vi ha d'assoluto in ciò, imperocché già vi accennai
come in Lombardia siano sorte opinioni diverse, ed i vari
emendamenti che si sono proposti fanno palese che nella
guisa stessa diverse sono qui le opinioni; nel che frattanto mi
giova notare che l'opinione di dare alcunché ai chiamati è da
tutti, meno da quello dell'onorevole Trezzi, rappresentala.
Or dunque tutta la questione dove sta? Quando la ragion
pubblica è soddisfatta, quando il pubblico scopo è raggiunto
colla abolizione dei vincoli feudali, la stessa principale questione sinora discussa non è che una questione secondaria,
d'ordine affatto privato.
Ridotta la cosa a questi t e r m i n i , che cosa dobbiamo guardare noi? Se col progetto di legge si rechi danno ad alcuno,
se non si soddisfaccia a tutte le ragionevoli esigenze.
Ciò posto, io credo che nessuno può negare come col pro-
10
MAGGIO
getto di legge non si pregiudichi il diritto di nessuno e si faccia il bene di lutti gli interessati, mentre si raggiunge quello
scopo pubblico e di pubblica utilità a cui mira essenzialmente
la legge.
Si danno due terzi all'attuale possessore, e l'usufrutto; voi
vedete come ciò sia ben più che l'avere la totalità trasmess a l e ai successori.
Dunque esso non ne ha danno veruno ; n'ha di più grande
vantaggio, poiché, effettivamente, se egli alienasse i due terzi
che ha in proprietà, verrebbe assai probabilmente a conseguire una rendita ben superiore all'attuale sua rendita, conserva il capitale ricavato dalla sua alienazione. Non vi ha
dunque ragione per cui non sia soddisfatto.
Diamo un terzo ai chiamati.
Qui non entrerò nell'ardua e difficile questione di qualificare il loro diritto ; io già dissi che, quanto a me, ne sentiva il
dovere, e che lo Stato, padrone diretto di queste proprietà,
tutlavolta che le scioglie, togliendo così il corso alle trasmissioni future, doveva, secondo me, sentire il dovere di soddisfare a tali aspettative, se almeno ciò far si potesse senza
danno di alcuno.
Ora io dimostrai come senza danno degli attuali investiti
ciò avvenga. Dunque sul dare o non dare ai chiamali parmi
oramai non possa più dubitarsi che il nessun danno da una
parte e un principio di giustizia dall'altra debbono far sì che
si dia.
Qui stiamo facendo una legge; dunque a c h e l a distinzione
giuridica tra il diritto e l'equità? Respingiamo i principii di
equità quando si tratta di applicare la legge; ma quando si
sta per farla, l'equità è la legge del legislatore, è la norma da
cui non si può preterire. (Bravo !) Dunque, senza lasciarci
trarre sull'arido terreno d'una arida questione di diritto, noi
domandiamo se l'equità non consigli e non comandi si faccia
ciò che il Ministero ha proposto ; la questione qui, a mio credere, non è dubbia.
È questione sul quanto. Or bene,
metà, chi propone che tutto si dia
vorrete accettare una transazione,
tutte le aspettative, tutti i desiderii,
se vi ha chi propone la
ai chiamati, perchè non
la quale può soddisfare
tutte le speranze?
A chi daremo? Ai presenti, o a quelli che verranno di poi?
Ma voi vedete che in questo modo si protrarrebbe la continuazione del vincolo feudale; ciò non vogliamo, ciò ripugna
allo scopo della legge.
Ammesso il principio di dare, faremo distinzione Ira gli uni
e gli altri chiamati? Egli è evidente che questa distinzione ripugnerebbe al suddivisalo principio, epperciò la si debbe r i cisamente respingere.
A fronte di tutto ciò, o signori, vi è un sistema migliore di
quello che è proposto? Io noi credo. La pubblica utilità è
guarentita da questo? Lo è.
Or bene, preoccupatevi di questi essenziali pensieri: imperocché io tengo per fermo che, ove questo principio non fosse
ammesso, e dovesse ritornare la legge all'altro ramo del Parlamento, quella determinazione presa quasi all'unanimità dal
Senato essendo poggiata sopra un sentimento, un apprezzamento dell'animo, il Senato, credo, non ne potrebbe con
sua dignità e con onore recedere ; non potrebbe adunque
essere questa legge riprodotta che nella futura Legislatura.
Ora io vi domando, o signori, se sia meglio il tenere molti
mesi, od un anno anche, i beni in Lombardia sotto il vincolo
feudale, sottratti alla commerciabilità, soggetti alla riversibilità in favore dello Stato, che non il venire a questa transazione che vi proposi, la quale, dando due terzi all'uno, ed UH
terzo all'altro, appaga tutti quanti gli interessi.
—920—
CÀMERA. DEI DEPUTATI
Io quindi, o signori, mi rivolgo al senno pratico clic vi illumina, a quell'amore del pubblico bene che è guida alle vostre risoluzioni, e vi prego di adottare questo progetto di
legge, nell'interesse non solo delia Lombardia, ma della pubblica economia in generale. (Bravo ! Bene !)
presidente. La parola è al deputato Depretis per un
fatto personale.
Foci. Ai voti ! ai voti !
D E P R E T S S . Io ho chiesto la parola, anziché per un fatto
personale, piuttosto per motivare il mio voto sulla legge in
discussione, voto che avrei manifestato in brevissime parole;
tuttavia riguardo a questo punto mi riserverò la parola nella
discussione sugli emendamenti che furono presentati alla
Camera.
Riguardo alle parole che parvero ferire la Commissione, io
mi limiterò a dichiarare che non ho fatto parte di nessuna
Commissione, che non intervenni a nessuna congrega, che
non sapeva nemmeno che Commissione alcunasifosse convocata per esaminare la questione de'feudi. Dirò che non conosco nè procuratori, nè sollecitatori d'interessi feudali ; non
ho conoscenza nè d'investiti, nè di possessori, nè di primi o
secondi chiamali. La mia convinzione me la sono formata in
quel solo modo nel quale dobbiamo formarcela tutti quanti
siamo a rappresentar la nazione in questa Camera, studiando
accuratamente e coscienziosamente la questione.
La mia convinzione, che è conforme a quella del mio uffizio e della maggioranza della Commissione, me la sono formata procurando di formulare la legge secondo i più sani
principli, illuminandomi sugli antecedenti storici, sugli atti
del Parlamento, e nella discussione ch'ebbe luogo negli uffizi. In questo modo, e non mai in altra guisa, io mi sono
convinto che il voto della maggioranza della Commissione è
secondo giustizia, è consono agli interessi del paese ; com'è
conforme al parere dell'ufficio ch'ebbi l'onore di rappresentare.
P R E S I D E N T E . Esaurito quest'incidente, io domanderò
alla Camera se intende di continuare la discussione.
MOSCA. Io dimando la parola.
Voci. Ai voti! ai voti! (Rumori)
mosca. Io non posso stare sotto il peso d'un'insinuazione
che venne fatta.
Foci. Ai voti ! ai voti !
Altre voci. Parli ! parli !
P R E S I D E N T E . Le do facoltà di parlare per un fatto personale.
MOSCA. Quando ho sentito l'onorevole Tecchio pronunziare dallo scanno della Presidenza le sue savie parole, le
quali mi rendevano perfettamente giustizia, io credeva che
non avrei più avuto occasione di prendere a parlare per un
fatto personale, perchè io non poteva dire nè di più, nè di
meglio di quello, che aveva detto l'onorevole Tecchio.
La mia acquiescenza, il mio silenzio, che era un atto di
compiacenza verso la Camera, bastava quindi a mettermi
d'accordo perfettamente con tutti quelli i quali si sono creduti nella necessità di parlare. Nella più grande quiete dell'anima io ripeto dunque, poiché vedo che sono nella necessità di ripetere qualche cosa, che io sono intervenuto a quest'adunanza, che era composta certamente nella maggior
SESSIONE DEL 1861
parte di procuratori; che è verissimo, per esempio, che il
signor Depretis non vi si trovava presente; che è verissimo
che l'onorevole signor Tecchio, a mia cognizione, non era
portatore di veruna procura ; che sarà benissimo anche
quello che dice l'onorevole collega Trezzi, al quale presto
intieramente fede, e così a tutti quelli i quali possono fare la
medesima dichiarazione, perchè non vi ha possibilità d'ingannarsi.
Soltanto debbo avvertire che, dal momento che il signor
ministro dice che egli è quello stesso il quale desiderò di
sentire questi illustri personaggi, allora bisogna conchiudere
che io non fossi che un intruso, perchè io certamente non
ho mai saputo che il mio voto fosse desiderato dal signor ministro o da altra persona.
Io non so assolutamente che sia il signor ministro quegli
che abbia designato, nè il giureconsulto A, nè il deputato B,
per dare il loro voto; ma la precisa verità di quello che ho
detto in tutta buona fede l'ha confermata l'onorevole Turati
stesso, prestandogli appunto quelle parole e quell'invito perchè fosse meglio rappresentato l'interesse pubblico, non nel
senso che io abbia mai dubitato o potuto dubitare che dei
personaggi così insigni, come sono quelli che vengono onorati della rappresentanza in Parlamento, abbiano a cambiare
di parere per il solo fatto che rappresentano un interesse
particolare, ma soltanto perchè, essendosi citato come un titolo di autorità il voto di questa Commissione, io mi sentiva
in obbligo di protestare innanzi a questa Camera, e di spiegare chiaramente in che termini fossero le cose, e come più
specialmente il soggetto dello studio di questa Commissione era stato l'interesse dei possessori attuali dei feudi.
Nolte voci. Ai voti ! ai voti ! La chiusura ! (Rumori d'impazienza)
presidente. Esauriti i fatti personali, interrogo la Camera se intenda proseguire la discussione sull'articolo 2.
Moltissime voci. No ! no ! La chiusura !
P R E S I D E N T E . Essendosi chiesta la chiusura, domando se
sia appoggiala.
(È appoggiata.)
Dopo poi verrà la discussione sugli emendamenti che furono presentati.
resteiìIìI, relatore. Salva però ancora la facoltà di parlare al relatore.
P R E S I D E N T E . S'intende che il relatore avrà facoltà di
parlare anche dopo dichiarata chiusa la discussione.
Pongo ai voti la chiusura della discussione sull'articolo 2.
(La Camera approva.)
La seduta è levata alle ore 6.
Ordine del giorno per la tornata di domani :
Seguito della discussione sul progetto di legge per l'abolizione dei vincoli feudali in Lombardia,;
Discussione dei progetti di legge:
Sussidio alla società nazionale del tiro a segno ;
Età maggiore nelle provincie lombarde;
Maggiori spese sul bilancio 1860 ed anni precedenti del Ministero dell'interno.
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Resoconto stenografico della seduta