Anno 2, n. 10 • Settimanale gratuito di fatti e di opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 • E-mail: [email protected] • Direttore: Franco Oddo • Vicedirettore: Marina De Michele Sabato 13 Marzo 2010 edizione online: www.lacivettapress.it DEGRADO SANTI NICITA PIPPO RUSSO In via Torino bambini giocano tra le macerie Il congresso PD può diventare punto di svolta “Latte svenduto Aziende montane in crisi nera” PAG.13 (Perna) PAG.14 PAG.12 (Fianchino) Due imprese tenevano in nero tutti i propri dipendenti. Uno studio della UIL Ispezioni in aziende. Irregolari duemila lavoratori su 3600 A Cassibile tutti contro la tendopoli Il presidente del Consiglio di circoscrizione i consiglieri comunali Casella e Romano, il consigliere provinciale Saitta e i responsabili locali del Pdl, del Pd, dell’Udc e dell’Mpa hanno dichiarato la loro assoluta contrarietà alla istallazione della tendopoli. PAG. 8 (Perna) I giovani “Anche la Provincia, come il Comune, ha pochissime risorse disponibili”. A PAG. 2 (Mainenti) Progetto PIPPO MANGIAFICO Pochissimi gli imprenditori “Molti violentano il nostro territorio” Autistici Ai bambini non solo scuola e terapia, ma anche sport, scout, teatro. A PAG. 15 (Ricciardi) Bus urbani Pavia Il ministro Prestigiacomo finanzia un progetto innovativo. Ma non a Siracusa. A PAG. 20 (Fianchino) Gozzo: “Sì alla torcia anche col referendum” “La torcia è sicura. Saranno smaltite solo biomasse dissociabili senza emissioni inquinanti. Il Comune risparmierà oltre 100.000 euro al mese. Con i rifiuti di Solarino e Canicattini, l’impianto sarà saturo. Pronti anche a indire un referendum popolare”. PAGG. 10-11 (Rossitto) Provincia Melilli La piscina PAGINA 7 (Oddo - De Michele) La piscina comunale è pronta. Manca soltanto un ultimo collaudo. PAG. 17 (Privitera) Sai 8: “Sia l’Ato a dirci dove finiscono i soldi” “Mai l’ente gestore ha pensato di non pagare il canone, però vorrebbe pagare solo quello che è dovuto: si era detto che l’acquisizione dei Comuni sarebbe avvenuta, secondo un accordo con l’ATO, nei tre anni successivi alla data di sottoscrizione del contratto. Era scontato che quei Comuni che ancora non erano gestiti da Sai8, introitando le tariffe derivanti dalla gestione del servizio idrico, pagassero da sé i propri mutui. L’ATO non la pensa così: ci è stato scritto che, nel caso non avessimo provveduto al pagamento, la gestione sarebbe stata interrotta. In data odierna daremo mandato alla banca di procedere al pagamento”. A PAG. 4 Un poliziotto di guardia ogni 120 detenuti pagina 13 2 13 Marzo 2010 Amministrazioni e politiche giovanili. Provincia come il Comune. Tanto fumo e niente arrosto Paola Consiglio: “I ragazzi che emigrano in altre città spesso lo fanno per capriccio. Questione di mentalità” di ISABELLA MAINENTI ([email protected]) Seconda tappa del nostro viaggio nelle politiche giovanili. La prima fermata l’avevamo fatta al Comune due settimane fa, raccogliendo le dichiarazioni dell’assessore Alessandro Spadaro. Dalle parole dell’assessore comunale era emerso un impegno a dir poco esiguo in questo settore e abbiamo allora voluto fare un passo verso l’alto e allargare la visuale approdando negli uffici della Provincia al tavolo dell’assessore Paola Consiglio. Anche in questo caso si tratta di una “rubrica” (come piace definirla agli assessori) nata da poco: l’insediamento risale al 16 luglio del 2008 e anche in questo caso si tratta di un assessore che amministra più di un settore. Un assessore che tiene a sottolineare l’impegno a circondarsi di uno staff competente e che ci presenta subito il desiderio di creare una ‘rete lavoro’ che possa dare sia alle imprese che ai giovani posti di lavoro. “Dedicarsi ai giovani è per me una funzione di responsabilità perché ci sono giovani che magari non hanno avuto la fortuna di completare gli studi o che fanno l’università che hanno difficoltà enormi”. Il problema, secondo la Consiglio, è stato sinora rappresentato dalla mancanza di programmazione. “Noi stiamo presentando una serie di progetti anche in ambito europeo” e ci elenca di seguito qualche progetto che prevede la cooperazione con la Tunisia e con Malta. Quando però le chiediamo in cosa consistono questi progetti l’assessore ci inizia a parlare delle energie rinnovabili e del fatto che per lo più le direttive della comunità europea sono rivolte all’ambiente. Non riusciamo però a ricevere notizie più concrete su questi lavori. L’assessore continua la presentazione del proprio operato presentandoci un opuscolo in cui vengono descritti dei concorsi che riguardano le scuole superiori: il concorso ‘cre@ l’impres@’, per esempio, rivolto agli studenti degli ultimi anni delle superiori e, riportando le testuali parole, “mirato alla diffusione della cultura di impresa”. All’interno del concorso vengono date ai partecipanti nozioni di marketing ed economia aziendale in modo che in una seconda fase possano stilare un proprio business plan. Altro concorso è quello intitolato ‘a scuola si fa spot’, comunque legato al precedente poiché si tratta di creare uno spot per il progetto dei partecipanti a ‘cre@ l’impres@’. Riceviamo poi conferma dell’esistenza di uno sportello, o meglio, del S.U.A.P. (sportello unico per le attività produttive), strumento attraverso il quale vengono affiancati tutti coloro che decidono di intraprendere un cammino territoriale e che permette di ridurre i tempi burocratici. Si tratta di un coordinamento in cui vengono coinvolti diversi enti, dalla prefettura alla provincia, ai comuni alla camera di commercio. C’è da dire che l’altra volta però, al comune, l’assessore Spadaro non sapeva dell’esistenza di questo sportel- lo. Ma sorvoliamo. Chiediamo di seguito all’assessore Consiglio, come d’altra parte avevamo fatto già con Spadaro, se esistono delle consulte giovanili che affianchino l’assessorato nel suo operato e che possano permettere di individuare real- mente quali sono i bisogni dei giovani siracusani. Ma la risposta è stata: “Per la Provincia no”. E siamo a due. Niente giovani né alla provincia né al comune. Chiediamo però se non si pensi all’utilità che una consulta del genere potrebbe avere e la risposta che riceviamo è “tutto diventa utile se fatto con raziocinio e la consapevolezza di fare bene. Però prima dobbiamo mettere ordine nel disordine che c’è. Anche perché penso che ci siano delle priorità. Nel momento in cui si mette ordine, queste sono cose che vengono naturalmente. Però bisogna fare una cosa alla volta. La cosa più importante in questo momento è fermarsi e riflettere”. E noi, riflettendo, riteniamo che sia meglio sorvolare anche su questo punto. Siamo alle battute finali. Tanti giovani lasciano la nostra città, chi per università, chi per lavoro e pochi sono quelli che ritornano al ‘nido’. Cosa ci mette l’istituzione provinciale per riattirare questi emigrati in patria, cioè, fuor di metafora, in città? La Consiglio risponde così : “Mi piace guardare entrambi i lati della medaglia. Non dobbiamo sempre incolpare la politica e quello che c’è all’interno di un sistema politico. Dall’altra parte c’è la mentalità”. L’assessore spiega che i giovani di oggi non sono abituati al sacrificio e che il fatto che cambino città non è dovuto spesso a un’esigenza, ma quasi a un capriccio. I genitori di oggi danno la possibilità ai propri figli di andare fuori, ma non bisogna pensare che Roma o Milano siano chissà quali luoghi del mondo! “Forse è anche peggio della nostra terra. I giovani hanno la possibilità di rientrare nella loro terra. È ovvio che in questo momento c’è una crisi mondiale per cui anche un giovane che si sposta a New York ha le stesse difficoltà”. E poi aggiunge che fuori dalla propria città è “anche peggio perché almeno qui avrebbe gli affetti. Oggi si sta proprio perdendo il valore della famiglia”. E certo. Viviamo in una città con le stesse possibilità di New York e non ce ne siamo mai accorti. Non solo questi giovani di oggi non hanno responsabilità, senso del sacrificio e nessun valore che li tenga uniti alla propria famiglia, ma tra l’altro sono pure talmente presi dai propri capricci, dal proprio desiderio di espatriare e di andare a divertirsi altrove che non si rendono conto delle enormi, ma che diciamo enormi, mastodontiche possibilità che hanno di sistemarsi qui. Concludiamo la nostra intervista chiedendo quanto viene investito, economicamente parlando, nelle politiche giovanili e anche in questo caso riceviamo una risposta vaga: si sta preparando il bilancio che verrà firmato a maggio. Punto. Insomma, tiriamo le somme alle interviste ai due assessori, Spadaro per il comune e Consiglio per la provincia. L’altra volta avevamo concluso assicurando ai giovani siracusani che sicuramente rimanendo qui se la sarebbero ‘spassata’ tra lo sport e l’utopico centro giovanile ideato dal comune. Adesso possiamo concludere che non solo avremo dei giovani in forma, ma che, inoltre, questi giovani potranno sentirsi come a New York. È proprio vero: tutto il mondo è paese! Il sindaco Visentin dica alla cittadinanza se ci sono ulteriori misteriosi impedimenti Gibellino (IdV): “La Procura dopo il sequestro dei cassoni non ha bloccato il cantiere. Ma i lavori sono ancora fermi” Il coordinamento cittadino dell’Italia dei Valori di Siracusa, facendosi partecipe del disagio della popolazione siracusana di fronte al silenzio tombale successivo al sequestro cautelativo dei “cassoni” della nostra Marina, chiede al Signor Sindaco della nostra città di chiarire qual è la posizione dell’Amministrazione nei confronti di questa ulteriore incresciosa vicenda. Non vorremmo che, facendosi scudo e sfruttando l’ iniziativa giudiziaria, si volesse spostare il tiro dalle reali responsabilità che riguardano, fino a prova contraria, l’uso di cemento depotenziato da parte della ditta appaltatrice e la scarsa attenzione dell’ufficio tecnico competente, scaricando la responsabilità dei ritardi sulla Procura della Repubblica che, d’altronde, nota bene, non ha bloccato i lavori del cantiere. Visto che, ad oggi, non risulta alcuna ripresa di attività da parte del suddetto cantiere, ci chiediamo e chiediamo al nostro Primo Cittadino se per caso sussistano ulteriori impedimenti di cui non siamo al corrente o se siamo di fronte al solito becero gioco di una politica che di fronte all’opinione pubblica cerca di non assumersi le proprie responsabilità (che sono tante), scaricandone il peso su chi svolge con impegno il proprio ruolo istituzionale. Il Coordinatore dott. Gaetano Gibellino Organizzato da 25 associazioni: “La serenità non si può compensare” Corteo contro il rigassificatore oggi pomeriggio a Priolo In concomitanza alla manifestazione che si terrà a Livorno, anche Priolo Melilli e Augusta hanno deciso di sfilare oggi per le vie cittadine di Priolo Gargallo per ribadire di essere contro la realizzazione dell’impianto di rigassifigazione. Si partirà da Piazza Reno (San Focà) alle 16,30 e si percorreranno le vie Salso, Pentapoli, Castel lentini per arrivare poi in Piazza 4 Canti. Il presidente del Comitato dell’associazione culturale “Priolo Parla”, Stefano Pennisi, ha sintetizzato i motivi della manifestazione in una nota. Sicurezza e salute sono al primo posto ma anche l’occupazione, vi si dice, “è un diritto sancito dalla costituzione e passa da una pianificazione seria del futuro della zona industriale e non da continui provvedimenti tampone”. I manifestanti ammoniscono che “la serenità di un popolo non si può compensare” e, del resto, “il nostro territorio ha già contribuito alle esigenze di interesse nazionale”. Se nel triangolo industriale si vuole passare dal polo chimico al polo energetico, prima di tutto “occorre bonificare e ammodernare l’area” e in seguito è opporthno scegliere “tecnologia e innovazione eco compatibili e sostenibili”. Alla manifestazione aderiscono: Ass. Culturale “Priolo Parla”, Comitato Priolese No al Rigassificatore, PD, Libera Democrazia, UDC, Associazione Liberamente, Associazione Risvegli, Con Toppi per Priolo, Cittadini Attivi, Movimenti Democratici, IDV, Comitato in difesa del referendum STAVOLTA DECIDI TU, Federazione Provinciale dei Verdi, Associazione Neverland, Legambiente, Rifondazione Comunista, La Sinistra Priolo, Polisportiva Angelo Custode, Sinistra Ecologia Libertà di Siracusa, Decontaminazione Sicilia, AugustAmbiente, Comitato No al Rigassificatore di Melilli, Alternativa Comunista, Sinistra in Movimento, Studenti non indifferenti Augusta. CO.PRO.M. Sicilia S.r.l. Costruzioni Progettazioni Manutenzioni Siracusa - Via Turchia, 2 - Tel./fax: 0931 754570 Amm. Unico Dott. 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BONAIUTO Cell. 329.9554716 4 13 Marzo 2010 “Si è ricorso agli interinali quando occorrevano maestranze per lavori specifici e a tempo Il presidente Lo Monaco: “Il canone non è per l’acqua in sé ma per trasporto, elettricità, serbatoi, condutture e altro” Il presidente del CdA della Sai 8, dott. Riccardo Lo Monaco, spiega i motivi che lo hanno indotto a tenere una conferenza stampa: confutare le ‘false’ accuse, rivolte tendenziosamente da giornali, politici, cittadini e comitati, aggiungendo che: “il canone non è dovuto per l’acqua in sé ma per una serie di servizi e di costi. Fra questi vi sono: trasporto, elettricità, tubi, serbatoi, condutture e poi la purificazione dell’acqua di ritorno”. Sulla situazione dei lavoratori, spiega: “Nella nostra società ci sono lavori che vengono effettuati tutti i giorni e altri che richiedono l’intervento di maestranze per lavori specifici dalla durata ben precisa: in questo caso, si è fatto ricorso agli interinali”. Il prof. Bartolo Pellegrino promette: “Quando saranno ultimate le procedure, gli abitanti di Casebianche zona Vecchiolepre, che da 30 anni abitano lì, avranno finalmente una rete fognaria e idrica”. “Da un lato ci chiedono di costruire le opere, dall’altro ci viene impedito di farlo” Ferraglio (Sai 8): “Tra progetti e finanziamenti bloccati 60 milioni Per gli investimenti non possiamo far nulla se non aspettare” Il POT contiene scadenze irrealizzabili. La SAI 8, attraverso il suo manager, ingegner Ferraglio, nella conferenza stampa svoltasi pochi giorni fa è stato categorico: “I tre anni stabiliti per la realizzazione del piano territoriale ottimale sono pochi perché si pensava che i progetti, che hanno un valore circa di 70 mln di euro tra finanziamento pubblico e privato, fossero realizzati e collaudati entro quella data. Oggi noi dobbiamo registrare che non è così. In questo momento, gli unici due impianti che stiamo seguendo, Palazzolo e il depuratore di Siracusa, hanno un valore di 5 mln 470 mila euro. Dopo di che, abbiamo 13 mln 600 mila euro in attesa di finanziamento, fermi all’Arra; circa 26 mln e 100 mila euro, in attesa di approvazione all’ATO, abbiamo progetti di variante della PQ in fase d’istruttoria, pari a circa 9 mln e in attesa della ratifica dell’Arra, più altri 10-11 mln sempre per la medesima variante. Gli unici progetti in corso approvazione sono pari a 6,5 mln. Sostanzialmente non possiamo fare più nulla, se non aspettare che qualcuno ci dia la possibilità di realizzare gli investimenti. Invece le manutenzioni, come si vede tutti i giorni sulle strade, ordinarie e straordinarie, aumentano vertiginosamente perché se non si fa un intervento corposo sulle reti fognarie e idriche si va a riparare solo le perdite, buttando via denari. Da un lato, ci viene chiesto perché non investiamo e dall’altro ci viene impedito di farlo. È una situazione assurda, le cui ricadute sono sull’utente”. Sulla questione dell’albo delle imprese, dice: “Noi sin dall’inizio, ci siamo dotati di un regolamento per cui c’è un albo delle imprese fornitrici. Tutte le imprese siracusane, visto che il contratto prevede un occhio di riguardo verso di loro, possono chiedere di essere inserite purché ne abbiano i requisiti. Tale elenco l’abbiamo fornito al consorzio ATO circa sei mesi fa”. Sul discorso degli allacci recita un mea culpa ammettendo che i tempi sono troppo lunghi, ma dicendo anche: “ci sono gli spazi per ridurli enormemente”. “Giusto lamentarsi se una bolletta ha dati falsati ma è stato il Comune a darci le anagrafiche” Casadei: “Siamo noi a chiedere all’ATO come sono stati distribuiti i 2,2 milioni che abbiamo già dato e gli 1,4 che versiamo oggi” La dottoressa Casadei parla della querelle su fideiussione e contratto di finanziamento, sostenendo che: “la prima, rilasciata da Banca Intesa, vale 3 mln di euro ed è stata consegnata all’ATO alla stipula del contratto, esattamente come prevedeva il bando di gara. Non comprendiamo le motivazioni per cui taluni parlino di fideiussioni non consegnate o non rispettose di quanto stabilito. Diverso è il riferimento ai tanto citati 14 mln di euro. Questi si riferiscono a un contratto di finanziamento che, secondo l’accordo sottoscritto con l’ATO l’8 febbraio 2008, doveva essere firmato con la banca entro quattro mesi da tale data: l’abbiamo fatto. Le illazioni riguardanti l’inaffidabilità della società o, peggio ancora, il non rispetto delle clausole contrattuali le respingiamo al mittente”. Sul canone di gestione, precisa: “Mai l’ente gestore ha pensato di non pagare il canone, però vorrebbe pagare solo quello che è dovuto: più volte è stato detto che l’acquisizione dei Comuni sarebbe avvenuta, secondo un accordo sottoscritto con l’ATO, nei tre anni successivi alla data di sottoscrizione del contratto. Era scontato, dal nostro pun- to di vista, che quei Comuni che ancora non erano gestiti da Sai8, introitando le tariffe derivanti dalla gestione del servizio idrico, pagassero da sé i propri mutui. L’ATO non la pensa così: ci è stato scritto che, nel caso non avessimo provveduto al pagamento, la gestione sarebbe stata interrotta. In data odierna daremo mandato alla banca di procedere al pagamento, anche se lo riteniamo un atto non dovuto. Va precisato che tutto questo ha un’incidenza rispetto ai rincari che stiamo applicando, di circa il 20%. Da ultimo va detto che esiste un articolo della convenzione che obbliga l’ATO a concertare col gestore la distribuzione di queste cifre: noi ci accontenteremmo che si limitasse a rendicontarle. Chiediamo all’ATO come siano stati distribuiti 2,2 mln di euro che finora abbiamo versato (2008-09) e sopratutto, come intende usare gli 1,4 mln che verseremo oggi”. Sui numerosi disguidi della Sai8, ammette: “E’ giusto che ci si lamenti col gestore se una bolletta non arriva correttamente, ma si deve anche sapere che le anagrafiche le abbiamo ricevute dal Comune”. Sull’acquisizione dei Comu- ni, spiega: “Buona parte di quelli che avremmo dovuto acquisire nel secondo anno non vengono ancora gestiti da noi, nonostante sia stato espressamente richiesto all’ATO di provvedere alla consegna degli impianti. Abbiamo inoltre chiesto, ormai da più di un mese, di poter acquisire anche la gestione di quei Comuni che avremmo dovuto rilevare a partire dal terzo anno: a tutt’oggi non abbiamo ricevuto riscontri. Questo crea una grave danno economico e finanziario”. Circa il presunto atteggiamento vessatorio, la dirigente sostiene che il fatto che “arrivino due bollette spesso è dovuto a inadempienze dell’utente, anche nei confronti di SOGEAS. Detto questo, la procedura che noi seguiamo attentamente prevede che, se dopo 240 giorni dalla data di scadenza l’utente non ha pagato o non ha contattato l’azienda, per contestare errori o chiedere una rateizzazione, avvenga il distacco. Sai8 vive delle bollette degli utenti, quindi non può non chiedere di essere pagata”. E veniamo al problema dei lavoratori dell’azienda: “Nel bando di gara – è la risposta di Sai 8 - era previsto che tutti i dipendenti assunti alla data del luglio 99 dovevano essere obbligatoriamente assunti da sai8. E’ stato fatto esattamente questo, anzi la proposta di assunzione è stata estesa a tutti i dipendenti, anche presi in data successiva”. Sulle quote di partecipazione, spiega: “si richiese ai soci di aumentare il capitale per disporre di maggiori risorse, senza dover così ricorrere al mercato del credito”. La dottoressa Casadei conclude parlando di carta dei ser- vizi e bozza di regolamento: “La prima è stata consegnata a settembre 2008, la seconda a maggio 2008 in una prima versione e, un anno dopo, in una nuova con le modifiche imposte dall’ATO”. 13 Marzo 2010 5 Bellassai (servizio rischi ambientali): “Le industrie possono resistere a un terremoto” Tarascio (Protezione Civile): “Nel territorio il rischio più grave è l’eventuale formazione di una nube tossica su Belvedere” di ISABELLA MAINENTI ([email protected]) Ultimamente nel nostro Paese si sente spesso, forse troppo, parlare di protezione civile. Tra scandali ed emergenze non c’è proprio pace! Nel sito della protezione civile si legge: “le parole ‘protezione civile’ indicano tutte le attività e le strutture predisposte dallo Stato al fine di tutelare l’integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi”. E a noi della Civetta non può non sorgere una domanda: e a Siracusa? Quanto siamo tutelati dalla protezione civile? Tante sono le tematiche che si possono affrontare trattando della protezione civile, da quella del disastrato centro operativo su un’area di 44 mila mq completamente degradata, all’attività di prevenzione e controllo nella zona industriale. Tanto si è detto in passato. Per esempio sul web scoviamo un’intervista al Quotidiano di Sicilia del 13 febbraio di Salvatore Cocina, ex dirigente generale della protezione civile servizi rischi ambientali e industriali, che dichiara la criticità nei sistemi di sicurezza all’interno delle tre aree a grande rischio ambientale. In relazione a Priolo rivela poi che alcuni impianti entrati in funzione circa sessant’anni fa (o comunque prima del 1981-82) non hanno garanzie sotto il profilo antisismico e che sussistono per determinate località gravi problemi in relazione alle vie di fuga in caso di incidente. E riprendiamo anche un’intervista di qualche settimana fa della nostra Stefania Festa a Biagio Bellassai, architetto del servizio rischi ambientali di Siracusa, che sostanzialmente nega quanto detto da Cocina affermando che “le strutture delle zone industriali sono, come tutte le strutture di un qualsiasi impianto industriale, progettate per poter resistere anche ad azioni sismiche. (…) Comunque la zona industriale è stata già progettata in origine con determinati canoni di sicurezza. Bisogna vedere se poi nel tempo questi margini di sicurezza sono stati mantenuti, se sono state fatte le manutenzioni. Tutte le strutture sono state autorizzate dal genio civile. Probabilmente le aziende più antiche forse non sono state adeguate, ma questo non è compito di protezione civile”. Per quanto riguarda invece le vie di fuga, Bellassai, concordando con Cocina, ammette che nelle aree di Priolo e Augusta ci sono delle difficoltà oggettive per la conformazione degli stessi comuni. E lo stesso vale per le aree dei centri commerciali da cui si esce per una sola strada la cui fruibilità è resa ancora più complessa dalla presenza delle rotatorie. Basandoci sull’intervista a Biagio Bellassai e sulle dichiarazioni di Salvatore Cocina, abbiamo rivolto le nostre domande al dottor Sebastiano Tarascio, tecnico della scientifica e della pianificazione della protezione civile. La protezione Civile ha ancora il proprio centro operativo sito presso l’ex base Agip? Se si, in che condizioni è al momento il sito?Versa ancora in condizioni di degrado e abbandono o sono stati investiti dei fondi per ridargli dignità? “Il Centro Operativo Comunale (C.O.C.) è attualmente ubicato presso l’ex base Agip in via Elorina, 148. Inizialmente era dislocato in un altro fabbricato ora inagibile e sono stati effettuati dei lavori che finalmente hanno messo in condizioni noi operatori di lavorare con maggiore dignità”. Il trasferimento cui si riferisce Tarascio è in realtà uno spostamento di 50 metri, un passaggio da un prefabbricato all’altro per problemi di ‘buchi ai pavimenti’che rendevano inagibili le strutture. Tempo fa si era diffusa noti- zia dell’allestimento del nuovo centro operativo (7500mq) sulla 124 per Floridia con un’area per attendamenti e container di 74mila mq. Sarebbero dovuti essere stanziati 6 miliardi e mezzo di lire per queste procedure. Cosa c’è di realizzato rispetto a questi progetti? “Il nuovo centro operativo comunale sarà ubicato, non appena costruito, sulla SS124 per Floridia. I progetti sono stati già approvati da tempo e siamo in attesa dell’aggiornamento dei prezzi e la relativa rimodulazione delle spese da parte dei progettisti, per via del tempo perso purtroppo a causa degli espropri. Il sito relativo al Centro Operativo Comunale è circa mq 5.000 con un finanziamento originario di 5 mld di vecchie lire, mentre accanto è prevista un’area polifunzionale di circa 80.000 mq per tende e roulotte con un finanziamento di 11 mld di lire”. Si suole distinguere in genere tra aree di attesa, aree di ricovero e aree di ammassamento. Quali sono in teoria le caratteristiche-tipo di ogni specie di area e realmente quali frazioni del territorio siracusano le possiedono? Tanto per fare un esempio: tra le aree di attesa vi è via Ozanam nella zona Epipoli. Non sembra un’area “pronta” ad accogliere la cittadinanza in caso di pericolo, quanto, invece, campagna allo stato brado. “Ecco una distinzione tra le aree di emergenza previste nel piano di emergenza sismico: -Area di raccolta o di attesa: aree o slarghi a bassa vulnerabilità che devono essere raggiunte dalla popolazione dopo un evento sismico (se necessario). -Aree di ricovero o attendamento: aree o slarghi a bassa vulnerabilità dove verranno installate le tende per il ricovero dei senza tetto a causa di in sisma. -Aree di ammassamento: aree o slarghi a bassa vulnerabilità dove verranno ammassati i soccorsi che verranno utilizzati per l’emergenza. Tutte le zone del territorio di Siracusa sono in possesso di aree di raccolta e di ricovero. Le aree di ammassamento sono ubicate una presso il campo SIS alle spalle del bar Gelati Sun di viale Paolo Orsi, ed una in Viale Epipoli alle spalle di Zuccalà. Le aree di raccolta devono essere se possibile ubicate in slarghi ubicati lontano da pericoli derivanti da eventuali crolli e facilmente raggiungibili dai mezzi di soccorso: a volte, purtroppo non è così facile trovarle in quartieri “saturi” come quelli dei centri storici. Tuttavia le aree ubicate in zone o quartieri come Epipoli, che hanno strade molto larghe e malgrado a volte necessiterebbero di manutenzioni non sempre così puntuali, sono, come la via Ozanam, sicuramente a bassissima vulnerabilità sismica”. Il nostro territorio corre dei rischi dal punto di vista geologico e idrogeologico? “Dal punto di vista del rischio geologico, la nostra città è tra le più fortunate di quelle ubicate in Sicilia, al contrario la mancata pulizia di canali e torrenti aumenta da vulnerabilità dal punto di vista idrologico (vedi bacini di Anapo). Nel settembre del 2003 le forti piogge che si abbatterono nel nostro territorio misero in evidenza i nostri punti critici che in parte vennero risolti dagli enti preposti”. La zona industriale possiede delle strutture progettate per resistere ad azioni sismiche? Vengono fatti dei monitoraggi nella zona industriale per saggiare la conformità delle strutture ai canoni di sicurezza? “Le strutture a rischio presenti nella zona industriale sono antisismiche e in caso di sisma vanno in blocco per sicurezza. Parecchi scenari sono stati studiati nei piani di emergenza delle industrie ubicate nel nostro territorio e nei piani di emergenza esterni studiati dagli enti pubblici. Parecchie esercitazioni vengono effettuate ogni anno per testare il grado di efficienza degli impianti e la risposta immediata che i comuni devono dare subito dopo un evento”. Quali sono i rischi maggiore che la popolazione che dimora nei pressi della zona industriale correrebbe in caso di calamità? “Nel nostro territorio, il rischio più grave che potrebbe interessarci è l’eventuale formazione di una nube tossica che potrebbe portarsi nei nostri centri abitati di Belvedere e nella zona alta, anche se i venti predominanti non prevedono tale rischio. È allo studio un sistema di call center capace di effettuare migliaia di chiamate al minuto; e comunque nel piano di emergenza sono previste delle squadre che eventualmente avviserebbero, con l’ausilio di altoparlanti, la popolazione con molta celerità”. Da 1 a 10 la macchina della protezione civile quanto è pronta ad entrare in azione in caso di necessità? Vi sono carenz3 da un punto di vista personale, strumentale e finanziario? “Non è possibile valutare con un numero il lavoro certosino effettuato dagli operatori di protezione civile per il piano di emergenza, tuttavia se i nostri uffici potessero avere delle maggiori risorse finanziarie sarebbe possibile la realizzazione in breve tempo di alcuni accorgimenti importanti necessari ad una serena e costante programmazione della pianificazione: meglio pianificare per tempo che correre nelle emergenze…” 6 13 Marzo 2010 Documentato no di Decontaminazione Sicilia e AugusAmbiente al Consiglio megarese Nella zona del rigassificatore anche incidenti modesti potrebbero innescare catastrofici effetti domino Ecco il documento presentato lunedì scorso al Consiglio comunale di Augusta da Decontaminazione Sicilia e AugustAmbiente, le due organizzazioni che da anni lottano contro la devastazione dell’ambiente in tutta la zona industriale. “L’Assessorato Territorio e Ambiente, in relazione alla richiesta avanzata dalla Società Ionio Gas per il rilascio dell’autorizzazione per la costruzione di un terminale di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) da realizzarsi nel Comune di Melilli, nella Conferenza dei servizi conclusiva, tenutasi a Palermo il 26/11/2009, ha rappresentato quanto segue: “il sito scelto per la realizzazione dell’opera è ubicato su un tratto di costa che vede la presenza di stabilimenti che determinano la movimentazione, nel porto di Augusta, di oltre 50 milioni di tonnellate annue di merci, che riguardano principalmente prodotti petroliferi”. “La presenza massiva dei suddetti impianti ha determinato la dichiarazione della zona “area ad elevato rischio di crisi ambientale”. Come riportato nel DPR 17/1/95: «Le attività produttive del Polo petrolchimico ed i relativi stoccaggi di sostanze pericolose per caratteristiche di tossicità e/o infiammabilità risultano concentrati in una ristretta fascia di territorio dislocata lungo la costa. Tali insediamenti sono classificabili industrie a rischio ai sensi del D P R 175/88, in quanto fonti di rischio di eventi incidentali signifìcativi in termini di estensioni areali e gravità delle con- seguenze per la popolazione. Infatti possono determinare effetti assai gravi, soprattutto sulle aree urbanizzate circostanti gli insediamenti industriali». “Infatti nell’Inventario Nazionale degli Stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti, predisposto dal Ministero dell’Ambiente ai sensi del D. Lgs. 334/1999, sono inclusi alcune attività produttive del nostro polo petrolchimico come la Raffineria Esso, la Sasol Italy, la Polimeri Europa, la ISAB Raffinerie Impianti Nord e Sud, la Isab Energy, la Jonica Gas (deposito gas liquefatti), la Pravisani (produzione/deposito esplosivi), la Maxcom Petroli di Augusta, la Air Liquide e l’etilenodotto da Priolo a Ragusa e a Gela. “Una condizione di rischio per il territorio è legata, oltre che agli impianti presenti e agli stoccaggi di sostanze infiammabili e/o tossiche, anche al trasporto di sostanze pericolose, in particolare di quello da o verso gli stabilimenti ubicati nell’area, soprattutto lungo la ex SS-114 che costeggia la zona industriale, la nuova Catania Siracusa, la rete ferrovia nella tratta Augusta-Targia, i pontili nel porto di Augusta e, nella baia di Santa Panagia, la rete di condotte che attraversano l’area e collegano fra loro alcuni stabilimenti. “Per i motivi suesposti il parere dell’Assessorato Regionale T. A. è stato negativo, parere che si è basato anche su una serie di altri rischi: la prossimità dell’impianto proposto ai centri abitati; il rischio sismico con conseguente rischio maremoto; il rischio militare con possibilità di attentati; il rischio da traffico navale; la linea ferrata all’interno di aree destinate a deposito gas. “A comprova di ciò citiamo la relazione dell’ex dirigente generale del Dipartimento Regionale della protezione civile Servizi rischi ambientali e industriali di Siracusa, Salvatore Cocina, dalla quale emerge come nel polo petrolchimico Priolo-Melilli esiste una situazione preoccupante, contrassegnata da un elevato numero di incidenti. Dai dati riportati in una tabella, relativa al periodo gennaio 2007 - dicembre 2009, sono 193 quelli accaduti, dei quali 96 solo nella raffineria Isab Impianti Nord, proprio dove dovrebbe sorgere il rigassificatore. In detta relazione viene ipotizzata l’esistenza di una qualche “fragilità” nel sistema impiantistico nell’area della raffineria dell’Isab Nord. “Nella lista non è compreso l’incidente rilevante del 30 aprile 2006 accaduto proprio alla Erg Nord, che causò ingenti danni e la chiusura per tre giorni dei collegamenti ferroviari e stradali. Né si può dimenticare la disastrosa esplosione dell’Icam del maggio 1985, impianto che fu necessario ricostruire ed adiacente al sito destinato ad ospitare il rigassificatore. “Pertanto il rigassificatore, anche se è sicuramente un impianto che con le dovute cautele è relativamente sicuro, non è tale se immesso in una situazione di rischio preesistente e sottoposto ad effetto domino. “Dato il sito prescelto, anche un incidente non immediatamente catastrofico, avrebbe grandi probabilità di innescare un effetto “domino” che potrebbe concretizzarsi in un rischio disastroso per gli insediamenti umani limitrofi, in aperto contrasto con le Direttive Seveso 96/82/CEE e 2003/105/ CEE che consigliano la loro ubicazione in aree isolate o off-shore a 15-20 km dalla costa. Quest’ultima allocazione è stata reputata inattuabile dagli stessi ingegneri della Ionio Gas per il tipo di fondali marini e noi aggiungiamo perché ad 8 km al largo, parallelamente alla costa, passa la faglia ibleomaltese. “Inoltre l’adozione obbligatoria delle norme della circolare 11/12/2006 dell’IMO (International Maritime Organization), che regolamentano il traffico della gasiere, prescrive una “zona di sicurezza di 2 chilometri di raggio” attorno all’impianto, nella quale sono permanentemente vietati il transito, l’ancoraggio, lo stazionamento di navi in attesa e qualsiasi altra attività durante le operazioni di scarico del GNL”. Alte quanto un palazzo di dieci piani, il loro pescaggio potrebbe smuovere i fanghi tossici Ogni anno arriverebbero nel porto 150 navi metaniere che paralizzerebbero il traffico portuale. Altro che hub! “L’incompatibilità del rigassificatore appare evidente, non soltanto con i traffici marittimi militari e Nato (il cui pontile disterebbe circa 200 m. dall’attracco della metaniera) ed i programmi di sviluppo dei traffici marittimi commerciali, ma anche con l’operatività attuale del Porto. Infatti ogni anno arriverebbero nel porto 150 metaniere che per circa 24 ore paralizzerebbero il traffico portuale: altro che pensare a porto hub! “Qui di seguito si riportano le conclusioni dell’Assessorato Regionale T. A. a firma dell’Avv. Rossana Interlandi Dirigente Generale e del Dott. Antonino Cuspilici Dirigente responsabile Aree a rischio della Sicilia “Il sito prescelto ha un grado di pericolosità tale da rendere necessario un approfondimento e una riduzione del rischio prima della realizzazione di un impianto quale è il rigassificatore e pertanto non risulta coerente con i principi di risanamento ambientale e di contenimento e riduzione dei rischi con il Piano di Risanamento ambientale che prevede la bonifica del porto e dei siti contaminati. Per quanto sopra rappresentato, nell’ottica della prevenzione, della sicurezza e del contenimento e riduzione degli incidenti derivanti dai rischi prima evidenziati, si esprime parere negativo alla realizzazione dell’opera nell’area prevista dal progetto. L’opera potrebbe risultare compatibile con il territorio interessato qualora si riuscisse ad abbassare il livello di rischio che lo caratterizza”. Di fatto dovrebbero scomparire le industrie esistenti ed i loro camini perennemente accesi!! “Ai motivi elencati dall’Assessorato T. A., che ostano la realizzazione del rigassificatore nel sito scelto dalla Ionio Gas, noi aggiungiamo altre importanti controindicazioni ed irregolarità: 1) il grave problema del risollevamento dei fanghi inquinati da mercurio e da altre sostanze tossiche presenti per molti metri di spessore nel porto di Augusta, risollevamento determinato dal moto e dal pescaggio delle metaniere; 2) la mancata valutazione dell’impatto dell’uso del cloro come biocida nel trattamento delle acque di scarico del terminale GNL (circa 50.000 t/ anno); 3) il raddoppio del metanodotto che devasterebbe il territorio; 4) la mancata informazione ai cittadini residenti ai sensi della Direttiva 96/82/CE, recepita con D. Lgs. 17 agosto 1999 n. 334, all’art. 23, la quale prevede che la popolazione interessata deve essere messa in grado di esprimere il proprio parere in caso di progetti relativi a nuovi stabilimenti a rischio di incidenti rilevanti. Al contrario la Ionio Gas ha addirittura presentato ricorso al Tar contro l’indizione del referendum consultivo del Comune Priolo sul rigassificatore di Melilli!! 5) il 19 marzo 2009 la Commissione Europea ha messo in mora l’Italia per violazione dell’art. 13 par. 1 della Direttiva 96/82/CE per non avere informato i cittadini delle misure di sicurezza previste per i piani di emergenza esterni (PEE) che ad oggi non sono stati pubblicizzati pur essendo il progetto già in fase autorizzativa; 6) violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza: la legislazione italiana ha sottratto al rischio d’impresa i gestori degli impianti di rigassificazione con delibera n. 178/2005 dell’Autorità Nazionale per l’Energia, che impegna lo Stato a rimborsarli delle perdite in caso di riduzione o mancanza dell’afflusso di metano. “Lo Stato Italiano si impegna a corrispondere per 20 anni ai gestori di impianti di rigassificazione il 71,5% dei ricavi di riferimento anche in caso di inutilizzo dell’impianto (ovviamente il denaro necessario proverrebbe dalle nostre bollette). “Non va ignorata la circostanza che i Paesi produttori di GNL (Paesi “liquefattori” per un totale di 17 impianti) non hanno tanta disponibilità di gas da far fronte alle richieste dei 53 rigassificatori già esistenti su tutto il pianeta. E’ ragione- vole, quindi, dedurre che i ben 15 rigassificatori progettati in Italia potrebbero restare a corto di rifornimenti ed i gestori avrebbero lo stesso gli utili derivanti dal dettato della citata delibera, mentre a noi rimarrebbe solo il pericolo e il danno economico, ed i 50 posti di lavoro del rigassificatore di Melilli diventare 50 nuovi cassaintegrati . “Quando il rigassificatore funzionerà a regime, 50 nuovi posti di lavoro non risolveranno il problema occupazionale, mentre le bonifiche del porto e dei siti inquinati, la messa in sicurezza degli impianti esistenti, la possibilità di un grande porto commerciale al centro del mediterraneo, ne creerebbero migliaia e ne gioverebbe anche la nostra salute. “Il rigassificatore può essere costruito a qualche decina di km di distanza in altra area non a rischio dove la possibilità di incidenti sia estremamente rara. “Ciò che abbiamo percepito durante le campagne referendarie di Melilli e Priolo, conclusesi con un NO plebiscitario al rigassificatore, è che le popolazioni del triangolo industriale non vogliono compensazioni per i rischi ma chiedono di vivere in maggiore sicurezza ed in un ambiente più salubre”. 13 Marzo 2010 7 “La classe politica oggi ha capito di aver avuta troppa fiducia in alcuni personaggi” Pippo Mangiafico: “So di dire cose spiacevoli. A Siracusa non ci sono imprenditori, solo costruttori ed è già dire molto” di ODDO – DE MICHELE Ci sono un paio di cose per cui stravede: la Madonna e l’Italia. La Madonna, a suo dire, l’ha acciuffato in punto di morte e l’ha riportato ai suoi cari (“Io l’ho vista”, ci dice. “Mi è apparsa in una gran luce”); l’Italia lo fa struggere al punto che accarezza l’idea, poi non è detto che lo faccia, di foderare di bianco rosso e verde il palazzo che sta costruendo accanto all’Agenzia delle Entrate. Per la Madonna ha costruito una grande statua all’ingresso della Mazzarrona; per l’Italia, quest’estate a Zakopane, una località montana della Polonia, dinanzi a un nutrito gruppo di leghisti ha improvvisato a squarciagola un “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta” che ha coinvolto tutti i turisti italioti, direttore della Civetta compreso. C’è poi un’altra cosa che da uno come lui non ti aspetti. Non ti aspetti che uno di sessantanove anni si scateni in balli già indiavolati per conto loro, con energia e resistenza. Parliamo del dottor Giuseppe Mangiafico, ex sindaco di Solarino, uno che poteva diventare deputato, che stava diventando presidente della Camera di Commercio al posto di Colajanni (una storia tutta da scrivere) e che poi alla fine è diventato imprenditore edile. “Imprenditore – dice -, non costruttore” e vediamo subito perchè nell’intervista a due voci, di Franco Oddo e di Marina De Michele. Oddo. Anni fa mi trovavo al Teatro Greco di Siracusa insieme al direttore dell’Opera di Varsavia e a un noto palazzinaro siracusano. Il direttore dell’Opera, Slavomir Pietras, dinanzi alla vastità del paesaggio, mormorò: “Mi sento schiacchiato da tremila anni di storia!” Il palazzinaro indugiò con lo sguardo sulla prospettiva del Porto Grande e disse: “Un palazzo qui avrebbe avuto un panorama superbo”. La mia domanda è: i costruttori hanno un’anima, passioni sociali, orgogli identitari o in nome dell’affare e del mercato sono sordi a qualsiasi richiamo culturale? “Cercherò di rispondere. Vorrei distinguere due figure: quella del costruttore e quella dell’imprenditore. Il primo è colui che si avvale delle leggi ma spesso sfiora l’illegalità e per arrivare a un profitto immediato, o di breve termine, arriva a violentare e distruggere il territorio. L’imprenditore invece, se è un imprenditore illuminato, cerca di raggiungere un obiettivo di crescita, di migliorare il territorio e insieme di operare sulla scorta delle leggi dell’economia, certo per ottenere che i ricavi siano superiori ai costi ma insieme per contribuire a un benessere collettivo. Due figure lontane quindi. A Siracusa, so di dire cose che non piaceranno, per la maggior parte non vi sono imprenditori bensì costruttori, anzi, a volte, è già molto dire costruttori”. Oddo. Eppure nel sentire comune, anche nello stesso giudizio della classe politica, non sono pochi i costruttori che passano per imprenditori. “Ritengo che la classe politica di oggi, dopo tutte le esperienze che la città ha avuto, abbia capito di aver avuto troppo fiducia in personaggi che nulla avevano a che fare con gli imprenditori e che erano piuttosto dei violentatori del territorio”. De Michele.Ma se realmente ci fosse tale consapevolezza, oggi vedremmo comportamenti consequenziali che non sembra vi siano. Che cosa la induce a pensare che vi sia questa nuova lungimiranza? “Si avverte da più parti una certa preoccupazione per quanto sta accadendo a livello urbanistico, un desiderio di tornare indietro, ciò a prescindere da alcune posizioni oltranziste e veementi che a me paiono in verità strumentalizzate da alcuni. Penso agli attacchi di alcune associazioni ambientaliste”. Oddo. In effetti, sebbene al momento dell’approvazione il prg di Siracusa sia stato presentato dall’allora sindaco Bufardeci come un evento storico, esso ha suscitato moltissime perplessità e proteste in vari ambienti, inducendo la stessa commissione consiliare all’urbanistica a un lungo lavoro finalizzato a correggerne le storture. In particolare si eccepisce che il Piano permette un’eccessiva cementificazione della costa, sconvolge la salvaguardia delle aree intorno alle mura dionigiane, stravolge alcuni importanti scorci paesaggistici. Secondo lei queste critiche sono fondate? “Il piano regolatore è legge “disegnata” per cui lo sforzo fatto da La città a cui non ti abitui Tremiliia-manutenzione stradale da 13 giorni... finchè qualcuno si ammazza tutto il consiglio comunale, dal centrodestra come dal centrosinistra, ha consentito di avere uno strumento per lavorare senza creare abusivismi. Il nostro prg, che è stato valutato anche da tutti gli organi tecnici e dagli ordini professionali, ha avuto il beneplacito di tutti, però oggi quelli che lo hanno approvato, i politici come i tecnici, fanno il mea culpa e non dovrebbero. Io difendo l’operato di Bufardeci, un uomo del fare, ma nel prg c’è un vizio originario, di impostazione, che in parte ne mina la validità. Alle imprese di costruzioni si sarebbe dovuto imporre di cedere al Comune un 50% dell’area edificabile per creare spazi vivibili, per realizzare servizi, per migliorare l’estetica della città. Ma qui ritorna il problema sollevato prima: mancano i veri imprenditori e chi costruisce non solo non è disposto a cedere nulla ma cerca anche di non sottostare alle regole per ottenere il massimo con il minimo impegno finanziario”. Oddo. Un problema di controlli, quindi! “Certo, i controlli dovrebbero essere più stringenti e capillari e anche la commissione urbanistica dovrebbe vigilare perché si applichi la legge generale”. De Michele. Non crede che nei regolamenti edilizi l’amministrazione comunale avrebbe dovuto imporre regole costruttive più moderne, più rispettose dell’ambiente, più attente al risparmio energetico e alla bioedilizia? “Il futuro dell’imprenditoria è proprio nel trovare un punto di equilibrio nel rispetto del territorio, nel guardare anche al costo finale dell’opera per cui un edificio deve mantenere prezzi accessibili, non improponibili, che sarebbero insostenibili per i più, e insieme dare all’acquirente il massimo delle nuove tecnologie”. Oddo. Lei è stato sindaco di Solarino. Si ha la sensazione che da qualche tempo, in seguito alla riduzione dei trasferimenti dallo Stato, alcuni comuni della provincia, soprattutto quelli più piccoli, qualunque sia il colore politico dell’amministrazione, hanno potuto tirare avanti solo con gli oneri di urbanizzazione e pertanto hanno dato una sorta di via libera all’edilizia. “Senza tali oneri - mi diceva un sindaco - i trasferimenti statali non sarebbero sufficienti nemmeno a pagare gli stipendi”. Lei è d’accordo con chi dice che, fino a quando l’abuso del suolo significherà maggiori entrate per i comuni, la battaglia per uno sviluppo edilizio ragionato sarà sempre persa? “Vorrei andare alla base del problema senza offendere nessuno. La politica è amore verso il prossimo, servizio, progettualità. Molti sindaci hanno perso di vista questi principi fondamentali per cui pensano soltanto di dover gestire potere, ma il potere distrugge se non si crea equilibrio e coesione fra chi governa e chi è amministrato. Se pagare gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione è un peso per tanti imprenditori, vuol dire che con un edificio pensano di arricchirsi, ma se il lucro è quel quid del 10% - questo sarebbe il giusto - più il 13% degli oneri generali, allora si possono affrontare tranquillamente tanto gli oneri di urbanizzazione quanto il costo di costruzione. Non solo: è indispensabile costruire sempre guardando alla salvaguardia del contesto ambientale e paesaggistico senza stravolgere il territorio”. De Michele. Ma oggi si costruiscono solo quartieri dormitorio, spesso senza alcuna cura né estetica né rispetto per la qualità della vita. Comuni come Melilli, Floridia, la stessa Siracusa, che hanno subito processi rapidi di inurbamento, sembrano avere smarrito la loro identità storica, non hanno più quella comunanza di tradizioni che un tempo, in quartieri come Ortigia e Santa Lucia, si respirava a pieni polmoni. Ritiene che sia un’involuzione ineluttabile della modernità o che nella classe dirigente degli ultimi quarant’anni non ci sia stata lungimiranza nelle scelte urbanistiche? “Siracusa ancora oggi è una delle più belle città d’Italia ma occorre certo valutare il processo storico economico delle trasformazioni. Lo sviluppo caotico degli anni 80 è dipeso anche dal fatto che molti hanno ritenuto che comprando un terreno non solo ne erano i proprietari ma anche che ne potevano fare tutto quello che volevano, senza regole. Un difetto del Mezzogiorno, perché a nord è stato diverso. Così si è edificato senza tenere in alcun conto tutte le sensibilità culturali”. Oddo. Tra i quartieri meno dotati di servizi, pubblici e privati, quello della Mazzarrona è il più derelitto. Spesso si è parlato di progetti di recupero ma, lanciata la proposta, l’amministrazione non ha poi fatto nulla. Eppure si dice che lei voglia puntare molti suoi investimenti proprio lì, come mai? “Mazzarrona rappresenta il vulnus di tutte le amministrazioni, il quartiere più abbandonato. Nell’immaginario collettivo Mazzarrona è eguale a degrado, eppure la sua posizione, le sue strade ampie e scorrevoli, la rendono un quartiere ancora pieno di potenzialità. Io penso che possa partire una reale opera di riqualificazione a cui io intendo contribuire come uomo prima che come imprenditore. Mazzarrona non ha bisogno di un centro commerciale perché non sarebbe questa la strada giusta bensì di servizi pubblici, di un punto di legalità, di aree a verde, di una piazza che sia centro di aggregazione. Esiste un vecchio progetto del soprintendente Giuseppe Voza che lì immaginava un nuovo teatro greco: si potrebbe tornare a parlarne”. 8 13 Marzo 2010 Nella frazione si respira, coi caporali, l’aria impura dello sfruttamento di esseri umani A Cassibile, sindaco in testa, tutti contro la tendopoli Gli immigrati servono come braccia ma dormano altrove di MASSIMILIANO PERNA ([email protected]) Anche quest’anno la “questione Cassibile” ha alzato il sipario, lasciando spazio ai soliti protagonisti, alle loro consuete battute, prese di posizione, analisi varie. L’esplosione della vicenda Rosarno ha creato nelle istituzioni la paura che scene di inaudita disumanità potessero ripetersi in tutti quei luoghi rurali che periodicamente divengono tappa dei lavoratori immigrati che si spostano da una parte all’altra del Paese per guadagnare qualche soldo da utilizzare per sopravvivere o da mandare in patria. È il fenomeno degli “stagionali”, i quali, colmi di fatica e di silenziosa pazienza, ormai da diversi anni riempiono i campi di raccolta di pomodori, fragole, patate, lattuga, agrumi, ecc., a Foggia come a Rosarno, nella Valle del Sele come a Cassibile. Un lavoro durissimo, sottopagato e sottoposto al dominio illegale dei caporali, assoldati da imprenditori italiani senza scrupoli. A Cassibile la concentrazione massima di lavoratori stagionali si ha tra l’inizio di marzo e la fine di giugno, principalmente per la raccolta delle patate, ma già a fine febbraio arrivano i primi lavoratori, provenienti da altre zone, non solo del Sud Italia. Anche quest’anno, i primi sono già arrivati. La mattina del primo marzo, nella piazza centrale di Cassibile, si vedevano già i caporali all’opera, con maggiore discrezione a causa del presidio organizzato, in occasione dello sciopero dei migranti, dalla Lega Antirazzista Catanese e da altre associazioni, con la presenza anche di qualche media nazionale. La presenza di una telecamera e gli occhi degli attivisti richiedevano maggiore prudenza, ma ciò non ha impedito di scorgere furgoncini e automobili che, rapidamente, lasciavano salire i lavoratori “prescelti” per la giornata e poi ripartivano alla volta dei campi. Una scena che è possibile vedere ogni mattina e che si ripete da tempo. Così come da tempo si può osservare il balletto monotono delle istituzioni, con le solite riunioni per far fronte all’emergenza, il consueto rimpallo di responsabilità, la difesa delle proprie posizioni, l’assenza di soluzioni che siano legate ad una progettualità a lungo termine. Da anni si respira, in questa provincia e in particolare a Cassibile, l’aria impura dello sfruttamento di esseri umani giunti qui per lavorare, ma di fronte a tale fenomeno le istituzioni, nel loro insieme, nulla fanno se non organizzare tavoli di confronto, che culminano in protocolli sterili e privi di capacità risolutive. Il problema è che non ci può essere un intervento serio se si continua a ragionare in termini di ordine pubblico e se si continua ad indicare nel migrante non la vittima bensì il responsabile della sua condizione di non-diritto. La soluzione approntata quest’anno deriva direttamente dal ministero dell’Interno, che tramite il prefetto di Siracusa ha previsto l’istal- lazione di una tendopoli alle porte di Cassibile, per accogliere i lavoratori stagionali, dando loro servizi igienici e un luogo in cui dormire. Una soluzione che, in linea di principio, eviterebbe agli immigrati di dover ricorrere ad alloggi di fortuna, tipo case diroccate e baracche abbandonate, o di dormire all’aperto in mezzo ai campi, sotto gli alberi, esposti alle intemperie e agli atti di violenza di chi pensa che i “negri” siano bersagli da colpire. Una soluzione valida solo per i regolari, mentre per gli irregolari nulla cambierebbe: stesso sfruttamento, stessa angoscia, stesso dolore di sempre. La stretta impressa dal governo con il reato di clandestinità, infatti, impedisce di accogliere in una tendopoli voluta dal Viminale i migranti che non sono esattamente in regola rispetto alla legge. Si tratta, dunque, di un intervento emergenziale, che poco risolve sul piano dei diritti e della lotta allo sfruttamento del lavoro immigrato. Ancor meno risolutivo è quanto proposto dal Consiglio circoscrizionale e da alcuni rappresentanti politici di Cassibile, come sempre attivi nel periodo di avvio della stagione di raccolta. Sono gli stessi che in passato sfornavano numeri fantasiosi, parlando di 1000-2000 stagionali, quando invece la punta massima non ha mai raggiunto le 500 presenze. Il presidente del Consiglio di circoscrizione, Maria La Runa, i consiglieri comunali Casella e Romano, il consigliere provinciale Saitta e i responsabili locali del Pdl, del Pd, dell’Udc e dell’Mpa hanno dichiarato ripetutamente la loro assoluta contrarietà alla istallazione della tendopoli nella frazione siracusana, con motivazioni di vario tipo. Ipotizzano: un eccesso di manodopera rispetto alle esigenze del mercato, considerato anche il presunto calo di produzione esistente, e ciò determinerebbe il “bivacco gratuito” dei migranti non assorbiti nel lavoro agricolo; la presenza delle tende alimenterebbe “tensione” (perché?). La soluzione alternativa, a loro dire, sarebbe l’assunzione di responsabilità dei datori di lavoro riguardo alla necessità di fornire un alloggio ai lavoratori stagionali ingaggiati. Su questa falsariga è stata presentata una interrogazione del consigliere comunale Paolo Romano, “arricchita” da un excursus sulle radici storiche della migrazione e sulle “conseguenze disastrose” che essa avrebbe comportato al territorio cassibilese. Secondo Romano la tendopoli determinerebbe “l’espansione del fenomeno del caporalato”, la creazione di disservizi per la cittadinanza locale, l’incentivazione di “fenomeni speculativi già diffusi”, e alimenterebbe addirittura “il fenomeno dell’immigrazione clandestina”. Tutte preoccupazione non avvalorate da dati concreti, ma affidate piuttosto a una libera e pretestuosa interpretazione del fenomeno migratorio. Nel corso di una sessione straordinaria del Consiglio di quartiere allargato, svoltasi il 9 marzo, alla presenza, tra gli altri, del sindaco Visentin, il fronte del no ha trovato una sponda nello stesso sindaco, il quale ha espresso la volontà di non permettere che la tendopoli venga situata a Cassibile, richiamandosi anche all’esperienza “fallimentare” del 2007, quando poche decine di migranti si servirono della struttura. Peccato che nessuno abbia detto che la tendopoli poteva accogliere una settantina di persone circa, un numero esiguo rispetto ai 450 stagionali che si recano a lavorare nel quartiere agricolo aretuseo. Peccato anche che nessuno abbia detto che i migranti non si fidano, nemmeno quando sono in regola, se nessuno li rassicura e li informa. La presenza costante delle forze dell’ordine, necessa- ria per ragioni di sicurezza, non è proprio il modo migliore per interfacciarsi con chi ha paura di uno Stato che ti parla solo di documenti e burocrazia. Forse bisognerebbe andare più a fondo nell’animo dei migranti, se si vuole comprendere davvero qualcosa. Il vero fallimento, quello del 2008, invece, è tutto da addebitarsi a chi ha scelto di spostare la tendopoli ad Avola, rimasta pressoché deserta in quanto molto distante dai luoghi di lavoro degli stagionali, i quali chiaramente preferivano rimanere nei dintorni di Cassibile, piuttosto che fare 7 km a piedi ogni sera e ogni mattina, dato che la “selezione” dei caporali da sempre avviene di prima mattina nella piazza della frazione siracusana. Insomma, dal consiglio di quartiere allargato non è uscito altro che il solito no della gente che governa Cassibile, un no legato a motivazioni fragili e contraddittorie, alimentato principalmente da esigenze di “immagine”, dalla paura di rovinare il biglietto da visita di un quartiere che si sente città, ma che in realtà è un piccolo borgo, attraversato da una lunga strada principale e che ha origine proprio dall’emigrazione interna di stagionali dell’agricoltura provenienti da varie parti della Sicilia. Il sindaco Visentin ha annunciato la sua intenzione di incontrare il prefetto per invitarlo a non realizzare la tendopoli, ponendo poi l’accento sul senso di responsabilità dei datori di lavoro. Cosa ne pensano gli imprenditori? I responsabili delle associazioni datoriali hanno spudoratamente affermato, in questi anni, la totale assenza di sfruttamento in quel di Cassibile, almeno per quel che riguarda le aziende siracusane associate, e la non necessità di manodopera ulteriore rispetto a quella già disponibile. Un controsenso rispetto a quanto avviene la mattina, con il viavai di caporali che trasportano gli aspiranti lavoratori dalla piazza ai campi. Uno sfruttamento che è visibile, che è stato denunciato anche da organizzazioni umanitarie, come Msf, ma di cui qualcuno non vuole rendersi conto. Uno sfruttamento contro cui da Cassibile nessuna istituzione o associazione di categoria ha speso una parola di denuncia, forte, decisa. Si preferisce sprecare fiato per attaccare la stampa, i giornalisti, rei di non aver raccontato la verità su Rosarno e su Cassibile, o per difendersi da pericoli di “contaminazione” culturale, per proteggere la propria chiusura nei confronti dei nuovi arrivati, quelli che fanno comodo come braccia da sfruttare e che poi è meglio se non si fanno vedere, se affollano altre città, altre piazze, altri campi adibiti a dormitorio. Schiavi senza nome, senza diritti, senza voce: questo è ciò che serve. Se cominciano ad avere volti, nomi, se iniziano a rivendicare, allora divengono fastidiosi. Sono i capri espiatori del nostro buon vivere, del nostro bearci di essere occidentali. Ben vengano nelle campagne, nei cantieri, nei bagni pubblici, nelle case a lavorare a basso costo e senza tregua, come bestie da soma, ma guai se provano a farci vedere le loro sembianze umane, guai se le loro braccia da lavoro cercano di riposarsi in un abbraccio. Questa è l’Italia, questa è anche Cassibile. È vero che i fenomeni globali non possono essere scaricati interamente su realtà locali, inadeguate a far fronte da sole a questioni complesse; è chiaro che Cassibile non può sobbarcarsi il peso di una pochezza istituzionale assordante, però non è neanche il caso di far pagare il prezzo a chi è per primo vittima di questo sistema, cioè gli immigrati. Sarebbe meglio se ci si indignasse di fronte allo sfruttamento, alla miseria, alla negazione dei diritti che si vive davanti ai nostri occhi e si tendesse una mano ai migranti, facendo fronte comune con essi, non a parole, per poi nei fatti chiederne l’allontanamento dalla propria vista o vita. È inutile celare la propria mentalità xenofoba dietro quell’irritante “però” che segue una frase ultimamente troppo abusata: “Non sono razzista…”. 13 Marzo 2010 9 Non funziona la trappola per gonzi. Ricostruiamo il puzzle del passaggio ai privati Altro che il 60%! Il Comune aveva in Sai 8 il 49,2% il socio privato di Sogeas il 32,8 e Saceccav il 18; ora il 39 di MARINA DE MICHELE ([email protected]) “L’acqua resta pubblica perché tutte le fonti di approvvigionamento sono di proprietà del pubblico. La Sai8 gestisce il servizio che garantisce il trasporto dell’acqua dai pozzi ai serbatoi fino ai rubinetti di casa e poi alla depurazione”. Questo il verbo secondo Riccardo Lo Monaco, presidente della Sai8, nomina politica, e Monica Casadei, amministratore delegato alle finanze. “Siamo qui perché Sogeas, società che ancora detiene il 51% delle azioni di SAI8, è partecipata dal comune e per parti parasociali designa dei rappresentanti nel consiglio e indica anche la presidenza” ha aggiunto Lo Monaco. Lo avevamo chiesto con una domanda esplicita, scritta, due settimane fa ai vertici della società: “Qual è attualmente la composizione societaria della Sai8: come sono ripartite le quote societarie e chi sono i soci? Sappiamo che il comune ha ceduto proprie quote: chi le ha acquistate e a quanto? Risponde al vero che siano state acquistate dalla Saceccav a 1 euro?” È stata una delle domande a cui si è ritenuto opportuno non rispondere. Probabilmente per non riconoscere in forma scritta, chiara e palese, ciò che in realtà è già noto ma poco ripetuto mentre molto ripetuto, come in questa occasione, è l’altro refrain, falso, che la Sai8 rimane a componente pubblica maggioritaria. Non è mai stato vero, lo abbiamo spesso rimarcato; non lo era neanche al momento della prima costituzione dell’associazione temporanea di imprese quando si giocava con i numeri e le percentuali e si diceva che la Saceccav aveva acquisito il 18% delle quote e Sogeas il restante 82% e che quindi, poiché il Comune di Siracusa era in Sogeas socio di maggioranza con il 60%, lo era, tout court, anche in Sai8. Conteggi alla fimminina, buoni solo per gli sprovveduti perché la realtà era allora un’altra – per inciso oggi è peggio -, cioè, fatti i conti e le dovute proporzioni, il 50,80% di azioni Sai8 in mano ai privati e solo il 49,20% di titolarità pubblica. Per amore di precisione, per non essere tacciati di fare il gioco delle tre carte ed essere anche noi dei mestatori, proviamo a spiegarlo. Fatto salvo il 18% alla Saceccav, nel restante 82% della Sai8 occorre far rientrare il 60% del Comune e il 40% del socio privato di Sogeas. Il calcolo, a prova di contestazioni, va fatto così: 0,82 x 0,60 = 0,492 cioè il 49,2%; 0,82 x 0,40 = 0,328 pari a 32,8%. Quindi il comune di Siracusa possiede – possedeva – in Sai8 il 49,2%, il socio privato di Sogeas il 32,8%, Saceccav il 18%. Proviamo a sommare 49,2 + 32,8 + 18,0: viene un bel totale tondo tondo pari a 100. Proviamo a sommare sulla scorta delle elucubrazioni che ancora oggi ci vengono proposte implicitamente dandoci dei cretini: 60 (quote comune Sogeas) + 40 (quote privati in Sogeas) + 18 (quote di Saceccav). Ohibò! arriviamo a 118, i conti non tornano. Dunque, forse per una diabolica casualità, quel 18% assegnato a Saceccav dai nostri politici amministratori ha fatto sì che il comune di Siracusa, la parte pubblica del nuovo gestore del servizio idrico della provincia, si trovasse drammaticamente a un meno 8 centesimi di punto in percentuale rispetto al privato: socio di minoranza! Ma chi mai possedeva quel 40% in Sogeas? All’inizio del 2006 la Crea-Sigesa (società che fa capo al gruppo francese Saur ed è partecipata dalla Acea, in Italia regina del settore idrico con il 15% del mercato nazionale, e forti interessi a livello internazionale), la quale in aprile decide improvvisamente di vendere il proprio pacchetto azionario e il credito che vanta in Sogeas (1.600 euro) passando, come previsto da statuto interno, il diritto di prelazione al Comune di Siracusa. Ma il comune, pur a un passo dall’accordo con Saceccav per creare la nuova società, decide di non sfruttare l’opportunità di trasformare la Sogeas in una società a partecipazione interamente pubblica, semmai coinvolgendo l’ente provincia o gli altri comuni, per giocare così da socio forte la complessa partita sull’acqua. Anzi “dimentica” di esercitare il diritto di prelazione anche perché dissuaso “per la scarsa convenienza della proposta” dal proprio amministratore delegato, ingegner Giuseppe Marotta, oggi socio Sogeas e quindi Sai8. Meglio lasciar fare ai privati: alla Sorgesa, società a responsabilità limitata con capitale sociale pari a 10mila euro (così nella sua carta intestata) nata nel 2005, composta al 34% da Saceccav, al 33% da Siri e all’altro 33% da Irem. Si portava così a buon compimento quanto stabilito in alcuni accordi “riservati” intercorsi nel marzo precedente proprio con l’Irem. Tutto questo senza che della delibera si sapesse nulla, senza che si procedesse con la dovuta affissione all’albo pretorio e soprattutto arrogandosi un potere che non era della Giunta: “In caso non di vendita, ma di acquisto di quote in Sogeas, la competenza a deliberare non è della Giunta ma del Consiglio Comunale a cui l’Ufficio avrebbe dovuto girare la proposta e che invece è stato tenuto fuori dai giochi. La Giunta avrebbe avuto competenza solo se si fosse trattato di vendere quote. Siamo davanti a un abuso in atti di ufficio” chiariva in quei giorni Fabrizio Ardita. Ma oggi la composizione societaria è nuovamente mutata. Ci risulta non solo la sparizione della Sorgesa ma anche che, sebbene ancora il passaggio di un 10% delle quote pubbliche del comune ai privati non sia stato perfezionato, sia già dato per avvenuto, non sappiamo con quali vantaggi per l’ente locale. Sicuramente irrisori, se non esistenti, se si deve giudicare dal percorso compiuto finora; un paradosso tenuto conto che almeno altre amministrazioni, per cedere la gestione del servizio idrico, hanno chiesto corrispettivi pari a svariati milioni di euro. Attualmente dunque non solo Saceccav possiede nominalmente il 51% delle azioni in Sai8 – non si comprenderebbe altrimenti perché, e sarebbe interessante sentire la spiegazione del presidente Lo Monaco, nel consiglio di amministrazione della società i soci di parte pubblica siano 5 e quelli di parte privata 6 – ma a queste somma anche un 10% di quote Sogeas. Al Comune, sottraendo le azioni acquistate dal sedicente “gruppo” Marotta, il 20%, resta un misero bottino che vale solo il 39,2%, altro che il 60%. In questa irrisoria partecipazione tutta la debolezza contrattuale del pubblico, in linea si deve dire con le ultime disposizioni del governo Berlusconi che null’altro avrebbe potuto fare, per sua natura, se non svendere ai privati la stessa vita dei cittadini. Studio UIL. Nel Siracusano il fatturato sommerso sul PIL del 16%, 1 mld e 200 mln Nelle ispezioni del 2009 trovati 2000 lavoratori irregolari su 3.600 In due aziende il caso limite del 100% di lavoratori in nero È, naturalmente, nel Mezzogiorno il tasso percentuale più alto di lavoro sommerso: 21 lavoratori su 100, contro i 15 del Centro e i 13 del Nord. La cifra del fatturato che sfugge a qualsiasi controllo è di 52,3 miliardi di euro (il 10,3%) del prodotto interno lordo prodotto al sud, di 30,2 miliardi (il 9,6%) per il centro e di 71,5 miliardi (l’8,6%) per il nord. Sono cifre che fanno riflettere, quelle snocciolate in un recente studio della Uil condotto non senza difficoltà proprio perché si tratta di un fenomeno complesso, difficile da valutare e conoscere nelle sue articolazioni ma che merita un’attenta considerazione per la sua veloce propagazione in tutto il territorio nazionale e, con effetti drammatici, nel meridione. Tra le 8 regioni il cui tasso di irregolarità supera la media nazionale 6 sono nel Mezzogiorno: la Sicilia con un’economia sommersa pari a 14,1 miliardi di euro (22,7%) si colloca seconda dopo la Calabria. Tra le province siciliane Siracusa mantiene in classifica, nel biennio 2008-2009, una posizione intermedia tra la rilevazione massima di Agrigento (tasso di irregolarità al 25,3% e di incidenza del fatturato sommerso sul Pil di 21,5%) e quella minima di Messina (il 21,9% e il 15,5%). I lavoratori irregolari superano i 25mila con un tasso in percentuale del 22% sul lavoro regolare mentre il fatturato sommerso è valutabile intorno al miliardo e 200 milioni con un’incidenza del fatturato sommerso sul pil del 16%. “Questo studio della UIL – commenta Salvatore Lantieri - come ha anche evidenziato il segretario confederale Guglielmo Loy, mostra con tutta evidenza come il lavoro sommerso e irregolare sia fortemente “insediato” nel Sud, sebbene trovi terreno fertile anche nelle zone più “ricche” del Paese. Si tratta di una distorsione del sistema che non può essere tollerata più a lungo perché è un dramma che colpisce soprattutto i più deboli e indifesi. Tra questi naturalmente gli immigrati che non vanno considerati però come una causa dell’economia sommersa bensì, più correttamente, come le più docili vittime di speculatori e schiavisti. Per affrontare il problema non può certo giovare quell’allentamento dell’attività ispettiva che si è registrata a seguito di un certo orientamento del governo perché occorrerebbero al contrario controlli più continuativi e capillari sul territorio. Né d’altra parte lo strumento dei voucher, i buoni lavoro, sembra efficace quale deterrente al sommerso, anzi piuttosto rischia di produrre l’effetto opposto andando a incidere su chi ha un lavoro regolare”. I successi realizzati negli ultimi tempi dall’ispettorato provinciale del lavoro di Siracusa, impegnato in un’attenta opera di controllo del territorio ( i provvedimenti di sospensione dell’attività sono stati pari al 90% rispetto al 2008: 190 in tutto di cui però 160 sono stati revocati per successiva regolarizzazione) non sono che la conferma di un fenomeno ormai presente in tutti i settori ma di maggiore incidenza laddove non siano richieste competenze specialistiche e il sistema produttivo sia caratterizzato da piccole aziende che operano in settori marginali. Nel corso delle ispezioni effettuate nel 2009, oltre mille, sono stati individuati 2000 lavoratori irregolari su 3.600 e in due aziende il caso limite del 100% di lavoratori in nero. Un danno non solo per le minori entrate tributarie e previdenziali e per la concorrenza sleale che si viene a determinare tra le imprese ma soprattutto un rischio per le condizioni di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori per nulla garantite. Tra le cause del fenomeno, ai primi posti, l’eccessivo carico fiscale sulle imprese cui va aggiunta una sperequazione tra quanto versato al fisco e i servizi ottenuti che genera sfiducia nella pubblica amministrazione e il desiderio di sottrarsi a obblighi ritenuti vessatori e improduttivi oltre che non equi. Determinante anche l’alto costo del lavoro, l’eccesso di regolamenti, l’elevata disoccupazione che genera un eccesso di domanda a scapito del rispetto di diritti fondamentali del lavoratore, le diffuse condizioni di disagio e di povertà che inducono ad accettare condizioni di lavoro sempre più vicine a nuove forme di schiavismo. Ad aggravare la situazione l’habitus tutto italico alla corruzione, la scarsa propensione al rispetto della legalità, il limitato senso civico e la mancata percezione della responsabilità del singolo nei confronti della collettività. 10 13 Marzo 2010 “COLLABORANO CON NOI SIA L’ISTITUTO DI CHIM “Risparmi per oltre centomila euro al mese. Con Solarino e Canicattini impianto saturo” L’ass. Nino Gozzo (Floridia): “La torcia al plasma va realizzata Saranno smaltite solo biomasse dissociabili senza conseguenze” Sulla questione della torcia al plasma, come già annunciato in precedenza, chiediamo il parere dell’assessore Nino Gozzo. I nuovi orientamenti del governo regionale in materia di raccolta differenziata probabilmente costituiscono uno stop per altre iniziative. E’ ancora il caso di pensare alla realizzazione di una torcia al plasma a Floridia? “Sì, va realizzata! A maggior ragione: le disposizioni che impongono la raccolta differenziata rafforzano le motivazioni del progetto. I rifiuti solidi urbani (carta, involucri vari e residuo di prodotti alimentari) sono costituiti per circa il 60% da biomasse, che oggi destiniamo alle discariche, mentre si tratta di prodotti naturali destinabili alla produzione di energia elettrica ed altro. Il discorso vale anche per gli scarti di lavorazione dei prodotti ortofrutticoli come agrumi ed ortaggi in genere. Ma vale anche per altre biomasse derivanti da lavorazioni agricole come potature: la legna, che tradizionalmente si brucia o si tritura per pulire i campi”. Può spiegare in due parole ai cittadini le caratteristiche della torcia? “La torcia è un congegno tecnologicamente avanzato che disintegra e converte la materia grazie ad elevatissime temperature. Occorre precisare che non si tratta di combustione e che non ci sono fumi. La biomassa viene convertita dalla torcia senza provocare inquinamento. Dal processo si ottiene energia pulita (per la quale vengono rilasciati dall’Unione Europea certificati verdi) ed anche syngas ad elevato contenuto di idrogeno”. E le temute nanoparticelle? Sono effluvi odorosi gradevoli o possibili insidie per la salute? La torcia non emette nulla in aria? “Le microparticelle non ci saranno, se la torcia trasformerà solo biomasse. Confermo che da esse si otterranno solo idrogeno e composti di carbonio, che non saranno rilasciati nell’ambiente, ma opportunamente utilizzati per altre produzioni utili, come quelle di biocarburanti. I cittadini avranno una conferma di ciò a fine aprile, durante un convegno di esperti e ricercatori”. Chi le ha suggerito la torcia al plasma? Ha fiducia in lui? “Come direttore di Federcoltivatori mi son dovuto occupare di produzioni agricole innovative, da cui si possono ottenere biocarburanti, ed ho avuto modo di avviare dei contatti con ambienti scientifici catanesi, messinesi e sassaresi. Si discuteva appunto di produzioni agricole per biocarburanti. Dal processo che mi veniva illustrato venivano fuori, purtroppo ed in quantità ragguardevole, sottoprodotti come il glicerolo e altri scarti di difficile smaltimento. Fu il problema posto da questi sottoprodotti a spingere l’attenzione dei miei interlocutori sulla torcia. L’argomento mi ha entusiasmato. Quanto agli interlocutori… sì, ho fiducia in loro: si tratta di ricercatori di alto valore, non di rappresentanti di commercio interessati a vendere un prodotto per poi scomparire dalla scena. L’idea prevede una collaborazione tra l’Istituto di chimica biomolecolare del CNR e l’Italplasma, che in Italia opera su licenza della Westinghouse americana, detentrice del brevetto. Trovo il progetto interessante per gli Enti Locali come motore di sviluppo dell’economia e dell’occupazione locale”. Perché nel piccolo territorio di Floridia e non in zone lontane da ambienti abitati? “Da floridiano, avendo ricevuto assicurazioni sull’assenza di inquinanti e sul fatto che verrebbe attivata, come misura di garanzia, una rete di sorveglianza e di controllo dell’aria, ho ritenuto di proporre la creazione di una iniziativa pilota a Floridia. Altre torce potrebbero sorgere poi altrove, nella nostra ed in altre regioni. Perché no? Il sindaco Spadaro ed io abbiamo già ricevuto la visita di tecnici che hanno espresso una valutazione sui possibili siti da destinare all’impianto. Si tratta di una superficie nell’ordine dei duemila metri quadrati… Non occorre molto spazio”. Per alimentare la torcia occorrerà un afflusso continuo di rifiuti da smaltire? Avremo un viavai di camion come ai tempi della costruzione della diga? Quali conseguenze ne deriveranno per la viabilità e la sicurezza? “La torcia funzionerà inizialmente con attività limitata al trattamento di una tonnellata al giorno di biomasse, ma la potenzialità, a pieno regime, sarà di 30 o 35 tonnellate al giorno. “La produzione quotidiana di biomassa da parte della popolazione del Comune di Floridia è di 18 tonnellate su 30 di rifiuti solidi totali. Per questo motivo la differenziata non è inconciliabile ma, anzi, da integrare con lo smaltimento per torcia. Non dover più trasportare questo prodotto altrove, consentirà al Comune, e quindi a noi cittadini di Floridia, di risparmiare oltre centomila euro al mese tra carburante per il trasporto e costi di consegna alla discarica di Costa Gigia (in territorio di Augusta), che per altro è destinata alla chiusura tra non molto. “Se alla quantità di biomassa prodotta come rifiuto solido urbano a Floridia aggiungiamo gli scarti della produzione agricola, la legna, la biomassa prodotta a Solarino e a Canicattini saremo già al massimo della potenzialità dell’impianto. Non avremo afflussi considerevoli di camion, anzi risparmieremo viaggi ai nostri automezzi compattatori, per i quali otterremmo anche il biocarburante. In totale: più risparmio e meno inquinamento”. Secondo informazioni in possesso de La Civetta, gli impianti operativi presenti nel mondo sono individuati in poche unità, distribuite tra l’Inghilterra, il Giappone e gli Stati Uniti. Lei sa se siano state sperimentate altre torce al plasma nel mondo? Dove? Per quanto tempo? Con quali risultati a medio e lungo termine? Sono stati raccolti dati statistici sull’evoluzione delle malattie in zone che le hanno ospitate? Dobbiamo fungere da cavie? “Il sistema delle torce è di recentissima applicazione (nell’attività civile, mentre nel sistema aerospaziale ha tradizioni ventennali) e quindi non si dispone di esperienze a medio e lungo termine. Tuttavia la questione non è rilevante, perché non c’è camino o ciminiera, non c’è combustione e non c’è rilascio alcuno di inquinanti. Le microparticelle potrebbero essere prodotte solo se si bruciassero gomma e rifiuti speciali derivati del petrolio. Il che non avverrà. Il Centro Nazionale di Ricerca (CNR) Dipartimento Nazionale e le sue diramazioni di Catania, Messina e Sassari approfondiranno, in laboratorio, le emissioni di inquinanti in caso di dissociazione molecolare dei Rifiuti Solidi Urbani indifferenziati. In ogni caso il Comune ha optato per la differenziata e punta sulla torcia solo per le biomasse dissociabili senza conseguenze. In prosieguo, si valuterà la possibilità di trattare anche altri prodotti che non determino fattori inquinanti o residui pericolosi”. E questo lascia ancora qualche preoccupazione. Lei dice che, in seguito a sperimentazioni di laboratorio condotte altrove, si potrà dare il via al trattamento di “altri prodotti che non determinino fattori inquinanti o residui pericolosi”. Se in seguito a tali sperimentazioni si desse poi il via al trattamento di altri rifiuti (magari contenenti amianto), ritenendoli dissociabili senza rischio, e si scoprisse poi, a distanza di tempo, una maggiore incidenza di malattie come il mesotelioma da inalazione di particelle di amianto? “Se, sulla base di sperimentazioni condotte altrove, mi si dimostrerà che la torcia potrà trattare altri prodotti (compreso l’amianto) senza conseguenze… si potrà eventualmente decidere di conseguenza, previa consultazione anche referendaria della nostra cittadinanza. Se l’amianto vetrificato sarà innocuo, perché lasciarlo nell’ambiente?” Se la sente di affermare e professare un nuovo dogma in tema di infallibilità della scienza e della tecnica o condivide lo scetticismo di molti cittadini in ordine a qualsiasi dogma? “Non me la sento e non voglio neanche provarci. Ma ribadisco che per il principio della prudenza si utilizzeranno solo biomasse… sino a prova provata che anche altri rifiuti siano trattabili senza emissioni di alcun genere. Non farei affidamento sulle previsioni degli studiosi, ma sulle prove”. Assessore Gozzo Pistolotto finale del ci Sottraete affari illeciti a persone poco affidabili. Bene! Ma se poi consegnate la gestione di un impianto al plasma ai privati, non rischiate di affidare la pecora al lupo? Il compito degli amministratori pubblici dovrebbe essere quello di far funzionare al meglio la pubblica amministrazione ed i pubblici servizi, non quello di affidarli a privati affinché ci lucrino sopra. Lei come pubblico amministratore, come assessore, dovrebbe mettere la sua testa sotto la mannaia per garantire il miglior funzionamento di un impianto del genere e dei relativi controlli incrociati, da affidare ad una struttura pubblica e a vari organismi autonomi e responsabili: rilevatori interni all’azienda municipalizzata, vigili urbani con mansioni sanitarie, strutture dell’ ASL e dell’ ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente), rete di rilevamento provinciale dell’inquinamento, magistratura, ecc. Alla prima trasgressione dovrebbe licenziare in tronco il responsabile della gestione o… lasciare la sua testa sul patibolo (metaforicamente, ma significativamente). Affidare a privati è trop- po rischioso e, soprattut quanto si creano le cond elusione dei controlli o, mina una situazione di i cittadino, ritengo questo la torcia stessa. Di essa opportunamente control to) potrà fare l’uso mig di un servizio; il privato possibile in funzione d fitto. Da cittadino non pur mantenendo qualch dichiarato a Lei ed al mi sioni… Ma da amico la la prospettiva di una co e privato nella gestione che può essere uno stru ecologico di rifiuti inn bomba ecologica al rall prudentemente, da priv base di previsioni edulco ancora, per lo smaltimen non autorizzati. Pensi p 13 Marzo 2010 di CONCETTO ROSSITTO 11 MICA MOLECOLARE DEL CNR CHE L’ITALPLASMA” “Nessun problema, non si formeranno diossine né furani o altri composti chimici pericolosi” “Un referendum? E’ possibile. I cittadini sceglieranno con noi Per evitare furbizie il Consiglio farà un regolamento rigido” Lei non esclude che la torcia al plasma possa domani trattare altri rifiuti. In particolare, potrebbe essere autorizzato anche il trattamento di manufatti di amianto e cemento (cioè prodotti Eternit, per intenderci) e di altri oggetti contenenti metalli. Quale sarebbe il risultato? “Se dovesse risultare del tutto innocuo (cioè a zero emissioni) il trattamento di altri rifiuti come quelli da lei citati, il risultato sarebbe questo: una scoria di magma vetrificato. (L’assessore Gozzo mi mostra un pezzetto di ossidiana o di qualcosa che sembra proprio ossidiana, montato dimostrativamente su una basetta di legno)”. Esiste un progetto preciso sulla destinazione dei residui pesanti vetrificati? Si utilizzeranno come inerti per l’edilizia? Saranno impiegati per la pavimentazione di aree pubbliche? “E’ prematuro parlarne”. Come pensa di garantire che plastica e gomma non finiscano in torcia? “La differenziata ci consente di recuperare la plastica delle bottiglie e le gomme, per il riciclaggio delle quali esiste già, nella nostra zona artigianale, un’azienda che provvede allo smaltimento. Potremmo fornire ai cittadini sacchetti biodegradabili e/o imporne l’uso ai commercianti. Inoltre si potrebbe ricorrere ad appositi contenitori per la differenziata, da svuotare quotidianamente. Sta già funzionando egregiamente il sistema delle compostiere, fornite a richiesta dal Comune ai cittadini che dispongono di aree verdi in cui possono allocarle per trasformare l’umido in compost per le loro aiuole private. Io ho fiducia nella collaborazione intelligente e responsabile dei cittadini a un pubblico servizio, che deve funzionare egregiamente nell’interesse di tutti”. E rifiuti speciali di altro genere? Rifiuti ospedalieri? Materiali da laboratorio radiografico e simili? Scorie radioattive? “Nulla di tutto questo è previsto attualmente. I materiali radioattivi li escluderei categoricamente anche per il futuro”. Lei li esclude. Ma chi deciderà e gestirà l’impianto in futuro? “Per garantire il funzionamento dell’impianto solo nel rispetto delle condizioni previste sarà varato un regolamento rigido da parte del Consiglio Comunale. L’impianto sarà bloccato, immediatamente e prudenzialmente, qualora si discosti dalle condizioni normali di funzionamento”. Che significa “condizioni normali di funzionamento”? Se un giorno la torcia non dovesse funzionare per il meglio che cosa potrebbe succedere? “Se non funzionerà alla perfezione, potrà esserci solo qualche modesto rilascio di composti del carbonio o di idrogeno. Non ci sono diossine di mezzo, né altre sostanze quali furani o altri composti chimici pericolosi”. o, mi consenta… ittadino intervistatore tto, poco rassicurante in dizioni per una migliore , quanto meno, si deterinteresse ad eluderli. Da o fatto più rischioso dela il gestore pubblico (se llato e responsabilizzagliore possibile in vista o ne farà l’uso migliore dell’interesse per il promi opporrò alla torcia, he perplessità. L’ho già io sindaco in altre occaa diffido dal considerare ommistione tra pubblico e del delicato congegno, umento di smaltimento nocui o una pericolosa lentatore... se usata imvati senza scrupoli sulla orate di rischi o, peggio nto clandestino di rifiuti piuttosto ad un consor- zio tra comuni e CNR, che dalla cogestione dell’impianto potrebbe trarre utili finanziamenti da destinare alla ricerca pubblica. Questo, tra l’altro ci garantirebbe, anche in futuro, la collaborazione di personale altamente qualificato per il controllo del congegno. Ringraziandola per la cortesia dimostrata nel rispondere a tutte le domande, la invito a percorrere con decisione l’unica strada che un cittadino possa indicare ad un suo amministratore eletto: quella di assumersi, come pubblico amministratore, sanzionabile giudiziariamente e politicamente, ogni responsabilità amministrativa e gestionale del complesso marchingegno, se intende andare avanti nella realizzazione. I privati è bene che competano fra loro, in regime di libero mercato, nel produrre e commerciare beni non pubblici. Le risorse pubbliche è bene che siano sottratte al loro controllo ed allo loro gestione. Per questo eleggiamo i pubblici amministratori. O li destituiamo. Grazie ed auguri. Concetto Rossitto La sua è un’idea o una proposta concreta? Il sindaco e l’amministrazione la condividono? Il Consiglio Comunale ne è informato? Esiste qualche delibera in merito? “Sono stati avviati rapporti con il Dipartimento di Biochimica molecolare, in particolare col direttore dottor Viticoli di Roma e col suo staff di ricercatori di Catania, Messina e Sassari. Siamo in una fase di studio preliminare del progetto. Il Sindaco è particolarmente attento, anche come medico, a tutta la problematica connessa. Tutti gli altri passi sono ancora da compiere con la dovuta gradualità, dopo che si acquisiranno certezze sulla concreta possibilità di realizzazione. Si vuole responsabilmente proporre al dibattito un progetto sicuro e concretamente attuabile”. E se la popolazione dovesse pronunciarsi contro questa iniziativa, magari a lavori avviati? Ha pensato di chiedere un parere preventivo? Ha pensato ad un referendum? “Sicuramente! Il regolamento relativo ai referendum è stato approvato dal nostro Consiglio Comunale recentemente ed è uno strumento al quale si potrà ricorrere. La cittadinanza sarà puntualmente informata e probabilmente anche chiamata a compartecipare alla decisione”. Dunque non ci troveremo con un progetto avviato senza che i cittadini siano stati avvisati preventivamente come nel caso della privatizzazione dell’acqua? “No! Lo escludo, abbiamo previsto anche dei convegni sull’argomento”. Qualcuno sostiene che la torcia non si farà, ma che intanto si tritureranno risorse per studi di fattibilità, consulenze, progetti… Come stanno le cose? “Il Comune di Floridia, pur essendo potenzialmente partner del progetto, non ha speso e non spenderà un centesimo per studi di fattibilità e consulenze, che sono totalmente a carico del CNR e degli altri partner del progetto”. A proposito di costi… Probabilmente l’altissimo livello tecnologico dell’impianto, unitamente agli alti costi di realizzazione e di gestione, hanno frenato altrove l’entusiasmo degli amministratori. Lei invece si mantiene ottimista. Perché. Come sarà finanziato complessivamente il progetto? E’ prevista la partecipazione di capitali privati? Chi deterrebbe il controllo della maggioranza? “Trattandosi di progetto pilota e di ricerca, si potrà attingere per la prima fase a finanziamenti nazionali e comunitari e, subito dopo, avuta la certezza della validità dell’iniziativa, il Comune e i privati cittadini potrebbero costituire un consorzio. Il Comune ne potrà trarre solo benefici, se si pensa che oggi si spendono 120 mila euro al mese per trasportare e conferire ad una discarica i rifiuti solidi. Sono favorevole all’inclusione dei privati nella gestione e nel finanziamento della torcia. La maggioranza sarà riservata alla parte pubblica, ma non avrei nulla in contrario alla eventuale detenzione della maggioranza da parte dei privati”. Io sì. Chi può garantire che un gestore privato non approfitti della torcia per smaltirvi, occultamente ed alla chetichella, rifiuti speciali poco ingombranti? “E chi può garantire che il funzionario pubblico, se corrotto, non possa fare la stessa cosa?” Un sistema di controlli pubblici e gli stessi dipendenti pubblici. I dipendenti di un’azienda retta da un privato sono ricattabilissimi. E i controlli sono più facilmente eludibili se la gestione sarà affidata a privati. La logica del privato è quella di massimizzare i profitti, non quella di assicurare il servizio migliore possibile. Dopo lo scandalo di Tributi Italia, rivelato proprio da “La civetta”, si può ancora aver fiducia cieca nel privato che dice di porsi al servizio di una funzione pubblica? “Ho fiducia nella correttezza delle persone e in un sistema di controlli che verranno individuati e puntualmente regolamentati. Aggiungo e preciso che per privato intendo soprattutto i nostri concittadini e i formatori del personale specializzato per il funzionamento dell’impianto”. A suo avviso, chi dovrebbe gestire la torcia e chi si occuperebbe dei controlli? “L’attività preliminare sarà affidata al CNR e alla Facoltà di Medicina dell’Università di Catania. Successivamente saranno gli amministratori di Floridia, unitamente al CNR ed ai privati coofinanziatori (tra cui qualche banca), a proporre le modalità di gestione e le regole di funzionamento, che dovranno essere approvate dal Consiglio Comunale”. Come mai non viene adottato in Campania il sistema delle torce al plasma? Se gli opposti schieramenti di centrodestra e di centrosinistra non hanno puntato sulle torce in quella regione, ci dovrà pur essere un motivo? Nessuno ha proposto torce al plasma nella regione in cui il problema dello smaltimento è più grave? O nessuno le ha prese in considerazione? “In Campania succedono molte cose strane, difficilmente spiegabili. Spero che anche lì puntino sulle torce al plasma. Sarebbe una soluzione ottimale. Ma incontrerebbe molte resistenze forse proprio per questo…” Capisco... C’è chi sostiene che la realizzazione di un impianto di questo tipo crei problemi a chi gestisce lo smaltimento illegale dei rifiuti, alle ecomafie, ad altri impianti di smaltimento oggi in funzione e ai gestori di discariche più o meno autorizzate. Mi pare che Ella condivida questa posizione. “La sottoscrivo in pieno. Sottraiamo affari illeciti ai privati… meno affidabili”. Sostanziali differenze tra inceneritore tradizionale e inceneritore al plasma 12 13 Marzo 2010 “Le quote di Siciliana Zootecnica promesse agli allevatori e poi vendute fuori regione. Un business...” Pippo Russo: “Per la sopravvivenza della zootecnia il latte dovrebbe costare 45 centesimi, ma è a 28-30” di CORRADO FIANCHINO Quote latte e una parte di Siciliana Zootecnica che doveva essere consegnata agli allevatori sono i temi caldi di questo inizio primavera che per le aziende zootecniche della zona montana si preannuncia densa di preoccupazioni. Ne parliamo con il dottor Giuseppe Russo, presidente del Collegio provinciale degli Agrotecnici ed esperto del comparto. Cosa ne pensa del nuovo decreto legge “ sulle misure urgenti in materia di produzione lattiera” approvato dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro delle Politiche Agricole, on. Luca Zaia? “Come dichiarato da alcuni autorevoli presidenti delle organizzazioni professionali agricole nel decreto legge sulle quote latte, vi erano luci ed ombre che sono stati chiariti in buona parte in sede di conversione parlamentare. E’ certamente un provvedimento che conferisce certezza legislativa per le imprese zootecniche che intendono rientrare nelle regole e che risolve sicuramente molte questioni come il consolidamento della quota B tagliata, l’attribuzione di quota agli affittuari e l’istituzione di un fondo da destinare ai produttori che hanno acquistato una quota nel corso degli anni. Cosi come la chiarezza imposta dal provvediment all’intero sistema delle quote latte deve essere l’opportunita’ per le imprese zootecniche non in regola di regolarizzare la propria posizione”. Quali sono i punti chiave delle nuove quote latte? “I nuovi quantitativi di latte ottenuti da Bruxelles, pari complessivamente a 840 mila tonnellate, sono stati assegnati da un commissario governativo già dal 15 aprile 2009. E’stata data la priorita’, nell’ordine, in base alla effettiva produzione delle ultime cinque campagne: affittuari e splafonatori di pianura, montagna, e aree svantaggiate; giovani imprenditori che operano in montagna e aree svantaggiate, anche se non titolari di quota”. Cosa ci sa dire sulla quota della Siciliana Zootecnica che era stata promessa ai nostri allevatori? “Avrei preferito non rispondere a questa domanda perchè, aldilà dei proclami della politica del tempo e delle richieste giuste e legittime degli allevatori e dei rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole e dei Consorzi allevatori di Sicilia, e in particolare del Consorzio allevatori di Siracusa in quel tempo presieduto e guidato dall’on. avv. Carlo Giuliano, che richiedevano che la quota latte rimanesse in Sicilia per distribuirla ai nostri allevatori facilitandone l’acquisto (in relazione anche al fatto che buona parte della predetta quota era di proprietà dell’Ente di Sviluppo Agricolo e quindi della Regione Sicilia ed in minor misura della dismessa societa’ di Catania, la “Siciliana Zootecnica”, dove un tempo erano allevati circa 5.000 capi bovini da latte), pare che, stranamente, al di là dei proclami della politica del tempo, la quota sia stata venduta in parte fuori regione ed in parte a qualche società o industria del settore; sicuramente un bel business per queste e un’altra grande delusione e beffa per i nostri allevatori che sono costretti a vendere il latte prodotto forse in nero a prezzi collassanti. “Insomma un vero guaio per i nostri allevatori (quelli che noi chiamiamo custodi dell’ambiente e che oggi vediamo marciare con i trattori su Roma e Palermo occupando sale consiliari e palazzi delle istituzioni o sostando e protestando nelle piazze) per rivendicare giusti e migliori interventi per la loro sopravvivenza. Basterebbe guardare meglio queste carte del tempo per darsi le risposte e la politica, e non solo. dovrebbe interrogarsi sulle cause del mancato sviluppo del comparto zootecnico”. I produttori continuano a lamentarsi del prezzo del latte sostenendo che non ce la fanno. E’ così? “Il prezzo del latte in questo momento dovrebbe attestarsi, perchè le nostre aziende zootecniche possano sopravvivere, almeno a 43-45 centesimi, invece attualmente si attesta a 28-30 centesimi; questo perchè la grande industria si comporta con indifferenza, si rifiuta di sedersi attorno al tavolo delle trattative e in questo modo le aziende zootecniche, che sono già in agonia, sono destinate a chiudere. Immagini quale conseguenze per tutto l’indotto in termine di perdita di lavoro”. Infine, cosa ne pensa dell’istituendo Parco degli Iblei? “Sono convinto che il presidente della Provincia Bono e l’assessore Reale hanno dimostrato grande sensibilità per l’istituzione del Parco e stanno svolgendo le azioni necessarie per fare in questa fase aggregazione ma anche per raccogliere ulteriori pareri dagli studi economici della provincia e delle associazioni, compresa quella promotrice dell’istituzione del parco degli Iblei. Penso che rappresenti un valore aggiunto per le imprese e che rivisitando ed approfondendo meglio la perimetrazione e qualche alto aspetto dell’istituendo Parco esso rappresenti una grande opportunita’ di sviluppo per le imprese agricole. per la commercializzazione dei prodotti di eccellenza ma anche per la tutela e salvaguardia delle bellezze paesaggistiche, ambientali, monumentali che abbiamo nel nostro territorio e che l’intero mondo sicuramente ci invidia”. “Siamo riusciti a far dare 40 mila euro per rimuovere le carcasse degli animali, una piaga” Amenta (Alleanza Azzurra) : “La mia iniziativa più visibile la rimozione di materiali inerti in una zona di agriturismi” di SALVATORE PETRUZZELLI Dopo circa un anno e mezzo dalla sua elezione, facciamo un resoconto del lavoro portato a termine dal consigliere provinciale di Canicattini Gaetano Amenta, eletto con oltre duemila voti nella lista “Alleanza Azzurra” che appoggiava il candidato, poi uscito vincitore, on. Nicola Bono. Consigliere Amenta, rivolgendosi ai suoi elettori e a tutti i suoi concittadini, cosa può dire di avere realizzato per la sua comunità e quali azioni è sino ad ora riuscito a portare a termine? “L’intervento di maggiore rilevanza, e forse più percepibile, è sicuramente quello effettuato sulla “Mare–Monti”, all’altezza dell’ingresso di contrada Bosco di Sotto, che ha portato alla rimozione di materiali inerti in una zona dove sono allocati diversi agriturismi, che per l’incuria dell’uomo era stata trasformata in una vera e propria discarica dove venivano gettati materiali di ogni tipo; poiché chi come me sostiene il turismo e ama il proprio territorio non può assistere a questi scempi senza muovere alcun dito, questo è stato uno tra i miei primi impegni; per me si trattava di un dovere morale prima ancora che di un interesse politico. Questo intervento, denominato “Tolleranza Zero”, che ha portato risultati non irrilevanti, è stato possibile, oltre al mio interessamento, anche grazie alla volontà del presidente della Provincia, dell’assessore all’ambiente, Reale, ma soprattutto grazie alla sinergia tra la polizia provinciale e i vigili urbani di Canicattini che lavorano costantemente affinché il lavoro svolto non vada perso, non permettendo il ricrearsi di discariche a cielo aperto. Altro impegno a cui si è dato seguito è stato il sostegno al comparto degli allevatori con un’azione volta al rilancio della mostra bovina che si svolge ogni anno al foro boario nel territorio di Canicattini, la progettazione del frigo-macello che insisterà sul territorio di Palazzolo Acreide, e sempre per il comparto agricolo, con la collaborazione del consigliere Di Lorenzo e del presidente del consiglio provinciale Michele Mangiafico, siamo riusciti a fare stanziare 40.000 euro per la rimozione e lo smaltimento delle carcasse degli animali, vera piaga per tutti gli allevatori. “Altro intervento è stato quello apportato all’impianto di illuminazione sulla MareMonti nel tratto vicino Canicattini, con la sostituzione di 96 lampade, che ha permesso il riutilizzo dell’impianto. Altre attività che mi hanno visto partecipe insieme agli altri consiglieri della zona montana ed in collaborazione con l’Unione dei Comuni, grazie ad un’attenta vigilanza sugli impegni di bilancio, sono state quelle che ci hanno permesso di sostenere importanti iniziative di sviluppo locale che danno visibilità ai piccoli centri, come il “Med - Fest” di Buccheri, il Festival Jazz e il Raduno Bandistico di Canicattini e “l’Agrimontana” di Palazzolo. Qualche rammarico per qualcosa che si era riproposto e che non è ancora riuscito a concretizzare? “Fin ora posso dirmi soddisfatto di tutto il mio operato, ma il vero obbligo, quello che mi sono imposto al momento della mia candidatura e per cui ho profuso e continuo tutt’oggi a spendere il maggiore impegno, rimane la regolamentazione del tratto viario tra Siracusa e Palazzolo all’altezza di Canicattini, ovvero le famose rotatorie in corrispondenza degli ingressi cittadini, dove sono avvenuti purtroppo diversi incidenti anche mortali, il cui iter è già ad un buon livello per quanto riguarda la progettazione”. 13 Marzo 2010 13 Tra via Ancona e via Venezia sui pedoni pendono balaustre ballonzolanti Nelle traverse di via Torino tra case diroccate e macerie gruppi di bambini che salgono su scale dal tetto divelto di MASSIMILIANO PERNA La Borgata è il secondo quartiere storico della città, un luogo dalle tante suggestioni, a ridosso della Riviera, una delle anime di Siracusa. Il valore del quartiere è noto, tanto che esso è finito al centro di progetti di riqualificazione che, però, lasciano molte perplessità. L’ombra dello sviluppo commerciale aleggia su quella che è l’area “sacra” del capoluogo, che rischia di vedere la sua fisionomia storica completamente stravolta per lasciar spazio ai templi del consumo. E la sensazione spiacevole è assistere alla solitudine di questa zona, una solitudine che risparmia soltanto piazza Santa Lucia, luogo simbolo del quartiere e, inevitabilmente, sottoposto ad una maggiore attenzione. Per il resto, solo buio e silenzio. Facendo una passeggiata per alcune vie della Borgata, in una mattina tranquilla, può capitare di entrare in strade circondate da case basse, a un piano, o perfino in seminterrati annunciati da piccoli giardini. Percorrendo a scendere la centrale via Torino ci si imbatte in tutta una serie di traverse, poste sulla sinistra, in fondo a cui si scorge la nuova arteria sorta al posto della ferrovia e non ancora ultimata. È proprio al termine di questa nuova strada che si può scorgere un caseggiato diroccato, accerchiato da piccoli cumuli di macerie, sintomo innegabile di crolli e testimoni di una pericolosa fragilità strutturale. Un edificio pericolante, a ridosso della nuova strada e di alcune abitazioni, con decine di var- chi da cui chiunque può accedere, a rischio della propria incolumità. Davvero difficile comprendere la ragione per cui, in fase di realizzazione dell’arteria che scende in via Arsenale, non si sia provveduto a demolire questo scheletro pericolante di mattoni che incombe sul marciapiede nuovo di zecca. All’interno delle vie che circondano la via Torino è possibile riscontrare altri casi di edifici meno voluminosi e devastati, ma altrettanto pericolosi, specialmente se si pensa alla presenza di bambini nei dintorni. Ad esempio, all’angolo tra via Ancona e via Venezia, c’è una casa disabitata, in parte murata, in parte chiusa solo da una porta a sbarre da cui si vede l’interno: la casa è tutta a piano terra, ma in alto, sotto quello che sembra un terrazzino, ci sono delle massicce balaustre, prive di reti di protezione, che non hanno l’aria di essere molto stabili e che rischiano di cadere sulla testa di qualche malcapitato. Solo una di esse è protetta da una rete, messa lì chissà quando. Nella stessa strada, poi, vi sono dei garage: da uno di questi viene fuori un cinguettio continuo e assordante, segno tangibile della presenza di una voliera clandestina all’interno. Continuiamo a camminare, ci spostiamo in via Milano e ci accorgiamo di una casa abbandonata con un portone a vetri divelto, una scala che porta a un soffitto che però è in parte squarciato da un crollo. Una signora affacciata nel palazzo di fronte ci racconta che il proprietario ha abbandonato lo stabile e che dei ragazzini hanno rotto il portone e salgono, attraverso la scala malconcia su cui è crollato parte del tetto, a giocare nella terrazza. Un rischio evidente, che l’incoscienza dell’età spesso impedisce di calcolare. E se questi sono casi “minori”, ma che nell’ambito della sicurezza e della pubblica incolumità meriterebbero un sopralluogo da chi di dovere, c’è un caso ormai atavico, che attiene alla questione della sicurezza in caso di calamità naturali, in primis il terremoto, considerata l’elevata sismicità del nostro territorio. Ci si riferisce all’area compresa tra le vie San Giuliano, Napoli, Genova e Bologna. Centinaia di famiglie affidate a una sola via di fuga, che però ha la spiacevole caratteristica di essere molto stretta e di impedire il defluire rapido di veicoli e l’accesso contemporaneo di mezzi di soccorso. Considerando che la via San Giuliano è esclusivamente pedonale e non ha un’ampiezza tale da far passare nemmeno un’ambulanza, l’unico percorso di fuga rimane quello che da via Genova sbuca in via Bologna per poi arrivare in via Torino. Una situazione di emergenza, che, alla fine del 2001, dopo l’esposto di un residente, venne confermata dall’ufficio comunale di Protezione Civile. La soluzione della vicenda passava (e passa tutt’ora) dall’abbattimento di un muro condominiale (non previsto nella cartografia comunale) che ostruisce il passaggio che dalla fine di via Napoli conduce a via Politi Laudien. Nonostante le battaglie di molti cittadini e le promesse di qualche amministratore comunale, niente è cambiato e le centinaia di residenti della zona interessata continuano a restare intrappolati, senza una soluzione circa il diritto alla loro sicurezza, in una città ad alto rischio sismico. Una costante per questo storico quartiere di Siracusa dimenticato dalle amministrazioni. Il vicesegretario Sebastiano Bongiovanni scrive alle autorità politiche siracusane L’UGL: “Nel carcere di Augusta gravissima carenza di polizia penitenziaria, videosorveglianza inadeguata” L’interessamento che la organizzazione sindacale UGL Polizia Penitenziaria chiede alla “politica” presente nella stessa provincia ove si trova situata la Casa di Reclusione di Augusta è finalizzato a sensibilizzare le alte cariche dell’Amministrazione Penitenziaria e se del caso lo stesso Ministro della Giustizia, a considerare una volta per tutte la precarietà in cui l’istituto megarese vive da diversi anni, sostanzialmente per tre problemi principali, ovverossia per la rilevante carenza di organico della polizia penitenziaria che ad oggi è diminuita di oltre 120 unità e per la insufficienza strutturale: cedimento delle inferriate esterne solo parzialmente ripristinate, cedimento muretto cortile passeggi dimenticato, possibili cedimenti e continui allagamenti delle zone sotterranee dell’istituto, mal funzionamento del gruppo elettrogeno in caso di black out, inadeguatezza dei sistemi di video sorveglianza (che, se modernizzata e strategicamente posta nelle aree esterne all’istituto, contribuirebbe in modo rilevante a dar sicurezza, nonché ad ottimizzare le risorse umane presenti) eccetera. Ancora, l’istituto urge di sostentamenti economici per tutta una serie di situazioni che allo stato attuale non consentono agli operatori della sicurezza di lavorare in condizioni sufficienti ed il rischio per ogni poliziotto è quello di non poter espletare con professionalità il proprio lavoro. Se poi si aggiunge l’impossibilità di poter fruire di congedi e/o riposi quando richiesti, la continua necessità da parte dell’Amministrazione di far effettuare straordinario ai poliziotti pur in presenza di persone non disponibili a farlo, la percezione di un palese disinteressamento dell’Amministrazione Centrale verso le problematiche importanti che l’istituto penitenziario di Augusta vive, allora in mancanza di tutto ciò è inevitabile che dilaghino il malcontento e lo stress lavorativo, lo strumento dell’assenza per malattia, ulteriore carenza d’organico. Sicurezza e trattamento devono necessariamente viaggiare di pari passo. Per questo sarebbe utile, oltre ad un immediato interessamento per ripristinare l’organico di p.p. , stanziare soldi per la messa in sicurezza di tutte le aree dell’istituto e trovare spazi idonei ove l’utenza possa trascorrere parte della giornata anziché farli “oziare” in cella. Aumentare gli spazi per l’utenza e quindi le attività trattamentali (a tal proposito si ricorda che l’istituto di Augusta è una casa di reclusione) renderebbe meno pesante anche il lavoro degli agenti che, altrimenti, dovranno continuare a restare a vigilare all’interno dei reparti detentivi con circa 120 detenuti in ogni piano chiusi per la stragrande maggioranza delle ore quotidiane nella propria cella, ognuno con le proprie esigenze (certamente ampliate dalla permanenza in carcere) ed a farne le spese psicologicamente e tal volta, purtroppo, anche fisicamente è sempre e solo il poliziotto penitenziario, soprattutto nei periodi particolari della stagione estiva, allorquando una fascia di detenuti prevalentemente di nazionalità straniera, già problematici per motivi psichiatrici, se non adeguatamente seguiti sono oggetto di situazioni spiacevoli. Sebastiano Bongiovanni 14 13 Marzo 2010 Gestione unitaria non solo su Presidente, Segretario e Vice ma anche su un programma condiviso Il Congresso provinciale PD di aprile può diventare un punto di svolta decisivo per la politica siracusana di SANTI NICITA Gli attuali organismi del Partito Democratico hanno avviato, nei giorni scorsi, le procedure per la celebrazione del primo Congresso del partito a metà aprile. Potranno votare ed essere eletti tutti gli iscritti al 21 luglio del 2009 (6.800), mentre quelli che si sono iscritti dopo possono essere eletti ma non votare. Il Congresso si svolge in un momento in cui esiste una grave situazione politica, economica e sociale della nostra provincia, che vede un centrodestra impegnato particolarmente a trovare punti di equilibrio nella gestione degli enti locali e nel sottogoverno tralasciando di affrontare in maniera organica ogni ipotesi di sviluppo basato su una precisa e positiva programmazione. Il PD, se vuole diventare forza capace di rilanciare una nuova fase politica al servizio degli interessi della nostra popolazione, deve uscire dal prossimo congresso con un programma organizzativo, economico, sociale, culturale di alto livello, capace di incidere su una opinione pubblica diventata indifferente, perplessa, disamorata perché non adeguatamente governata. Ad oggi, l’elettorato ha sempre scelto il centrodestra affidando ai gruppi dirigenti della coalizione il compito di promuovere iniziative politiche valide, per assicurare buon governo, sviluppo, occupazione, specie giovanile, legalità, trasparenza. Le attese sono andate deluse. La tesi secondo cui i risultati operativi degli enti locali sarebbero stati positivi veniva sottolineata col fatto che si aveva una omogeneità politica tra i governi nazionale, regionale e locale. L’opinione pubbliva ha creduto a questo invito e ha votato massicciamente per il centrodestra sia alle elezioni nazionali e regionali che alle europee e per gli enti locali. I risultati, che sono sotto gli occhi di tutti, sono deludenti e addirittura negativi. La nostra provincia, in tutte le graduatorie formulate da organismi specializzati o dalla stampa, viene collocata sempre agli ultimi posti. I quotidiani o i settimanali locali, in continuazione, sottolineano l’assenza di una politica credibile ed efficiente, non trovando riscontro nelle iniziative degli enti. I gruppi dirigenti dei vari partiti seguono i loro disegni egemonici rimanendo sordi alle richieste dell’opinione pubblica. L’arroganza la fa da padrona. Le proposte del movimento sindacale, quasi sempre, cadono nel vuoto anche se, a volte, formalmente vengono giudicate degne di attenzione. La stessa cosa avviene per tutti i gruppi intermedi della società che trovano espressione nell’associazionismo. La rappresentatività delle varie associazioni professionali viene svilita da una politica che al massimo può essere paternalistica. I diritti vengono così compressi e tutto diventa clientelismo. Chi non si assoggetta rimane isolato e inascoltato. Se la situazione è questa, obiettivamente non c’è speranza nell’avvenire, anche perché manca l’ipotesi di una alternativa politica credibile capace di introdurre nel dibattito politico impostazioni idonee a determinare una svolta e a coinvolgere energie nuove al servizio di un vero cambiamento e rinnovamento. Spesso non trovano ascolto le prese di posizione critiche che maturano nell’interesse dello stesso centrodestra o negli organismi rappresentativi, come sono i consigli comunali e provinciali. Il PD, impegnato da diverso tempo a darsi una specifica organizzazione al servizio di una nuova fase politica, con l’elezione a segretario dell’on. Bersani comincia a portare avanti una politica per realizzare a tutti i livelli un’alternativa credibile, pagando un qualche prezzo con l’uscita dal partito di alcune personalità. La mancanza di un’alternativa credibile ha rafforzato il governo Berlusconi e ha consentito al centrodestra di conseguire risultati elettorali positivi negli ultimi due anni, nonostante la sua politica fallimentare, ancora non entrata in crisi per la enfatizzazione data all’eliminazione dei rifiuti a Napoli e per la gestione dell’emergenza a L’Aquila provocata dal terremoto. Ora la situazione comincia ad essere diversa: i disoccupati sono più di due milioni, la cassa integrazione è esplosa, la politica antimeridionalistica è diventata evidente, le risorse previste e destinate per il Mezzogiorno sono state in parte impegnate al Nord, le piccole e medie imprese sono in crisi. Il prodotto interno lordo in due anni è diminuito di oltre il 5% e il debito pubblico è salito dal 103 al 116% del PIL, le entrate del- lo Stato sono diminuite del 2%, la condotta personale di Berlusconi si è rivelata non consona al prestigio e alla figura di un uomo di Stato, il Parlamento da cinque mesi è impegnato a trovare soluzioni legislative che servono a impedire che Berlusconi sia giudicato dalla magistratura per una serie di ipotesi di reato commesse dopo la sua discesa in campo politico. Oggi, dopo il tenativo di fare approvare leggi ad personam a favore di Berlusconi, il governo ha fatto un decreto legge per assicurare la partecipazione delle liste del PDL anche se sono stati commessi errori plateali nella presentazione delle liste. Tutto questo, come riportato dal Corriere della Sera, ha per la prima volta scalfito la credibilità del governo facendo registrare, nei sondaggi, una diminuzione di consensi di oltre il 4%. Peraltro, la credibilità del Presidente Berlusconi, nei sondaggi, è passata dal 68 al 49%, mentre quella del Capo dello Stato è oltre il 90%, quella di Fini oltre l’80 e quella di Bersani del 56%. Per non parlare della grave spaccatura del centrodestra che si è verificata in Sicilia, dove il governatore Raffaele Lombardo d’intesa col sottosegretario Miccichè hanno dato vita a un governo minoritario esprimendo giudizi negativi sui governi di centrodestra che hanno retto la Sicilia negli ultimi 12 anni. Al di là si questa situazione politica, che avrà uno sbocco fra qualche mese, un dato è incontrovertibile: la Sicilia annega nelle sue contraddizioni e nelle sue difficoltà economiche e sociali con gravi conseguenze nella nostra provincia, dove assistiamo a continui cambi di casacca che si verificano non su basi politiche o ideologiche quanto piuttosto sulle aspirazioni di un deteriore personalismo. Per tutti questi motivi, il prossimo congresso del Partito Democratico può diventare un punto di svolta positivo e decisivo per la politica provinciale. L’avere confermato all’unanimità Giovanni Cafeo come l’unico candidato alla segreteria provinciale costituisce un punto di partenza significativo per avviare un congresso unitario, superando le varie riserve. La gestione unitaria del partito non avviene solo sulla scelta condivisa del Segretario, del Presidente e del Vice Segretario unico ma anche su un programma condiviso che punta alla riapertura di un confronto con tutte le forze sociali, economiche e culturali per realizzare una politica di sviluppo che veda come protagonisti il ceto medio, i professionisti, il mondo del lavoro e delle piccole e medie imprese, impegnati a realizzare programmi di sintesi condivisi al fine di creare condizioni di coesione sociale, si solidarietà, di tutela ambientale, di un sistema sanitario efficiente, di attenzione per risolvere i problemi dei diversi settori produttivi e di servizio. Se il Congresso del PD saprà dare risposte convincenti, sarà più facile aprire una nuova fase di confronto con tutte le forze sociali e politiche. Sicuramente la politica e i suoi gruppi dirigenti faranno un salto di qualità e si potrà pensare a costruire un’alternativa su basi nuove. Nei prossimi giorni in tv a “Ciao Darwin”, il programma di Bonolis e Laurenti L’augustana Lisitano: “Sono protagonista di un film girato da un regista siciliano” L’augustana Elisa Lisitano, salita alla ribalta nel 2006 con il concorso Miss Italia, ritorna sulle reti televisive nazionali partecipando alla puntata belli contro brutti di “Ciao Darwin”, programma condotto da Paolo Bonolis e Luca Laurenti su Canale 5. Nei prossimi giorni la bella Elisa dovrà districarsi dalle insidiose prove previste dal noto programma televisivo. «Questa è un’ottima occasione per rappresentare ancora una volta la città di Augusta a livello nazionale – dichiara Elisa che per l’occasio- ne sarà interamente vestita dalla boutique “La Mostarda” di Augusta –. Sono lusingata dalle numerose attestazioni di stima ricevute dai miei concittadini e dallo stesso sindaco Carrubba con cui mi sono incontrata nei giorni scorsi e dal quale ho ricevuto l’augurio a nome della città per la mia carriera». Elisa, dopo l’esperienza di Miss Italia, che l’ha lanciata nel mondo della televisione, ha recitato ne “L’ultima estate”, l’ultimo film di Eleonora Giorgi uscito nelle sale cinematografiche il 15 dicembre scorso e in arrivo anche in Sicilia. Grazie all’agenzia Luca Napoli Management, che si occupa della sua immagine e dei suoi impegni professionali nel mondo dello spettacolo, ha lavorato, occupandosi di sport, cucina e pubblicità, con la locale emittente Telecolor. «Numerosi impegni, in questi ultimi tempi, mi hanno trattenuta in Sicilia – confessa Elisa – ma sto nuovamente pensando di spostare gli interessi lavorativi oltre lo stretto». Intanto l’agenda della miss augustana la vede protagonista di nu- merose serate di moda e di beneficenza in Sicilia. Il mese prossimo sarà impegnata allo stadio Massimino di Catania per la VI edizione di “Un goal per la solidarietà” nella quale saranno presenti anche i ragazzi di “Amici” e Rosaria Cannavò. Anche l’esperienza con il cinema continua per la bella Elisa. «Non sarebbe ancora il momento di dirlo – ammette – ma sto lavorando a un film in cui sarò prima protagonista. Un film girato in Sicilia per la regia di un noto siciliano. Non posso aggiungere altro!». 13 Marzo 2010 15 Progetto biennale per favorire integrazione e autonomia per autistici e disagiati psichici Francesca De Benedictis: “Non solo scuola e riabilitazione A questi ragazzi vanno dati gioco, teatro, pittura, relazioni” di VALERIO RICCIARDI Nei prossimi giorni avrà inizio a Siracusa il progetto “Percorsi di integrazione e transizione verso l’autonomia per l’autismo e il disagio psichico” la cui redazione è stata curata dal dott. Sebastiano Anastasi della cooperativa San Martino. Il progetto è vincitore del bando socio-sanitario 2009 indetto da Fondazione per il Sud, un’alleanza fra fondazioni bancarie e il mondo del volontariato, che tramite il finanziamento di progetti particolarmente validi mira a promuovere iniziative sociali nel meridione. Cofinanziatori del progetto sono ERG e TEAM Network. Qulache giorno fa ha avuto luogo il primo incontro di coordinamento della rete di partner costituita dalla cooperativa San Martino, da CON.SOLIDA.S, dall’università Kore di Enna, dall’ASP, dall’assessorato alle Politiche Sociali, dalle associazioni delle famiglie (ANGSA Siracusa “I figli delle fate” e AFADIPSI), dall’associazione MUS-E Siracusa e dalle associazioni di volontariato Vita e Cultura e AVULSS. La Civetta ha intervistato il capo progetto, la dott. ssa Francesca De Benedictis. Dottoressa, come nasce l’idea di un progetto per l’autismo e per il disagio psichico e con quali obiettivi? “Il progetto nasce da una realtà, quella della cooperativa San Martino, che lavora con l’autismo dal 2003 e che in questi anni ha maturato la convinzione che un intervento socio-sanitario globale debba coinvolgere diversi momenti della vita. Inoltre da circa 3 anni è stato avviato un progetto sperimentale di educativa territoriale per soggetti con disagio psichico, finanziato prima dalla Provincia e poi dal Comune di Siracusa. La cooperativa sperimenta già interventi di carattere riabilitativo di tipo specialistico realizzati in modo ambulatoriale e contestualmente interventi educativi realizzati nel territorio e maggiormente finalizzati allo sviluppo di processi di integrazione sociale. Con questo progetto intendiamo rafforzare questa modalità di intervento e farla diventare un modello in grado di orientare le politiche sociali e sanitarie del nostro territorio. Il progetto partirà con trenta utenti tra bambini, ragazzi e alcuni adulti, ma l’obiettivo è di ampliare il numero a sessanta soggetti con autismo; saranno coinvolti inoltre 20 soggetti con disagio psichico. Chiaramente questo porterà come effetto sul territorio una migliore integrazione sotto diversi punti di vista compresa la possibilità di dare lavoro a cinque persone con autismo e cinque persone affette da disagio psichico per un anno. Quali saranno le modalità d’attuazione? “Abbiamo creato appositi spazi presso i locali del- la cooperativa, che abbiamo definito di transizione, ma chiaramente dobbiamo immaginare altri ambienti, come una ludoteca, una scuola ecc. perché il movimento secondo noi è proprio quello che manca nella cultura della disabilità in generale, sempre confinata in luoghi specifici. Va bene che il disabile faccia riabilitazione o che vada a scuola, ma poi per lui non esiste il gioco, non esistono gli scout, non esiste il lavoro, non esistono le relazioni umane. Questo è quello che dobbiamo superare. Quindi nelle modalità d’integrazione il gioco avrà un ruolo fondamentale insieme alle attività artistiche; ci saranno tanti laboratori, che avranno a che fare col teatro, con la pittura, con la manipolazione”. Che cos’è l’autismo? “Un bambino autistico è un bambino che ha un diverso funzionamento neuro-biologico del cervello. Il contesto, a cui corrisponde uno specifico comportamento, viene decodificato con enorme difficoltà. Alcuni definiscono questi bambini speciali perché sono dotati di una grande sincerità, difficilmente riescono a mentire, e di una sensibilità sensoriale particolare, per cui stimoli visivi, uditivi, tattili, per noi banali, possono provocare in loro un grave disagio. Bisogna davvero conoscerlo a fondo l’autismo per potere modificare un po’ l’ambiente e il nostro approccio, senza mai dimenticare però il bambino che abbiamo davanti, la sua quotidianità e il suo bisogno di gioco e di integrazione”. Crede ci sia una corretta conoscenza dell’autismo? “Se ne parla molto in questi ultimi anni rispetto a prima, nel mondo scientifico; in televisione, sono anche stati trasmessi alcuni film sull’argomento. Non credo tuttavia che questo significhi avere una maggiore consapevolezza e che le persone quando entrano in contatto con i bambini autistici sappiano cosa devono fare. Perché la conoscenza è la base, ma dopo questo bisogna anche sapersi approcciare. Non è la stessa cosa sapere cos’è l’autismo e sapere come comportarsi con un autistico. Probabilmente è necessaria, tra l’altro è un principio del progetto, la formazione, un‘opera di sensibilizzazione, tramite attività rivolte alle famiglie e agli insegnanti, al fine di migliorare la capacità di entrare in relazione con la persona con autismo, considerando che ogni persona è diversa. Un altro obiettivo prossimo del progetto è quello di dare una valenza scientifica al nostro lavoro, perciò una psicologa dell’università di Enna avrà il compito di raccogliere i dati, le osservazioni, i test all’interno di tutte le attività svolte, affinché queste attività abbiano valido riconoscimento. Il progetto copre la durata di due anni, tuttavia speriamo di trovare il modo di continuare questo lavoro, magari grazie ai finanziamenti previsti dal decreto regionale del 2005 che prevede che lo 0,1% del budget della ASP sia destinato all’autismo”. Una parte consistente dei destinatari del progetto sono adolescenti; spesso in questa fase della vita i ragazzi si comportano in maniera intollerante nei confronti del diverso, accade la stessa cosa nei confronti dei ragazzi autistici e dei ragazzi affetti da disagio psichico? “Se non c’è una preparazione di base, si. La nostra esperienza in una scuola superiore nella quale si sta lavorando da tre anni sull’integrazione ci conferma che l’integrazione è possibile. I coetanei hanno imparato a comunicare con il ragazzo autistico, e a conoscere i suoi limiti e le sue capacità. Senza fare niente è chiaro che la persona con autismo tende ad emarginarsi; se poi neanche gli insegnanti conoscono le difficoltà e come comportarsi di conseguenza, possono nascere incomprensioni. Se ad esempio l’insegnante grida, un autistico potrebbe non sopportarlo mettendo in atto comportamenti che lo farebbero apparire aggressivo, mentre sapere che la sua soglia dell’udito è diversa aiuterebbe a comprendere il suo comportamento e ancora me- glio a prevenirlo”. Avete fiducia nella possibilità di migliorare le condizioni e le possibilità di integrazione di autistici e di persone con disagio psichico fino a raggiungere l’obiettivo dell’inserimento lavorativo? “Siamo fiduciosi perché abbiamo già sperimentato buoni risultati nel campo dell’inserimento lavorativo di soggetti con disagio psichico e pensiamo di poter ampliare l’esperienza anche all’autismo. Con alcuni ragazzi adolescenti autistici stiamo ad esempio sperimentando percorsi di orientamento lavorativo all’interno della biblioteca comunale dove stanno prendendo contatto con il mondo del lavoro, perché sono persone sistematiche, ordinate, capaci di orientarsi bene all’interno dell’organizzazione. Questi ragazzi sono apprezzati dai dipendenti della biblioteca comunale, perché sanno che quando arrivano loro si lavora benissimo, perché non sbagliano, non si stancano. E mi interessa sottolineare il fatto che oltre all’inserimento lavorativo abbiamo intenzione di sperimentare soluzioni innovative per la residenzialità di queste persone, attraverso l’avvio di piccoli Gruppi Appartamento che possano consentire una vita autonoma e dignitosa, con il supporto di educatori specializzati”. 16 13 Marzo 2010 Riflessioni postume sulla Festa della Donna: “Ancora discriminazioni in casa e in ufficio” Giovanna Agnello: “Sembra di vivere un’eterna pagliacciata” Greco: “La libertà sessuale non è pagarsi lo spogliarellista” di MONICA LANAIA ([email protected]) Signore e signorine siracusane, donne, bambine, fanciulle, adolescenti – l’età anagrafica non conta – il lunedì appena trascorso era la vostra – anzi la nostra, dato che chi scrive rientra nella categoria – festa. La festa della donna, l’otto marzo. Ora, di questo giorno esistono svariate interpretazioni. La prima è fatta propria, perlopiù, dagli uomini e dalle donne meno inclini a festeggiare le ricorrenze: “L’otto marzo? La festa della donna? Ma figuriamoci se si tratta di una celebrazione rilevante”. La seconda interpretazione è quella adottata dalla maggior parte delle esponenti del gentil sesso: “Abbiamo una festa, un’intera giornata ogni 365 dedicata solo a noi, dunque ci toccano auguri, mimose coloratissime e profumatissime e, per concludere in bellezza, pranzo, merenda o cena con le amiche, magari in un locale attrezzato con spettacolini di uomini simil-centocelle” (domanda: la festa della donna autorizza le donne a comportarsi come gli uomini? – senza offesa per gli uomini tout court); a tal proposito c’è chi ha asserito che l’otto marzo è un’occasione come un’altra per “far girare l’economia”; ma si tratta di un commento pronunciato, presumibilmente, da esponenti del primo gruppo in riferimento agli esponenti di questo secondo gruppo. Esiste, infine, una sparuta minoranza di donne e uomini avveduti che ricorda che questa data non è stata istituita per festeggiare, indiscriminatamente e immotivatamente, una delle due categorie del genere umano: l’otto marzo ricorda la morte delle operaie di un’industria tessile di New York a causa di un rogo che è divampato nella fabbrica nel 1908. Che poi le mimose, le passeggiate, gli auguri e tutto il resto, possano contribuire a ravvivare i festeggiamenti di questa giornata internazionale della donna, va da sé; tuttavia l’obiettivo da non perdere di vista è quello di ricordare, in questa data soprattutto, sia le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze che le donne subiscono, tuttora, in molte parti del mondo. La giornata internazionale del genere femminile dà, inoltre, spunti ai dibattiti che coinvolgono le donne: le quote rosa sono un’opportunità o una limitazione? Quanto ancora la parità è un concetto ammirevole ma astratto e quanto si è, invece, concretizzato? Le donne in parlamento, nelle aziende, nei partiti, nei mass media (ai fini dell’informazione seria, non del cabaret) contano – di fatto – quanto gli uomini? Nel ventunesimo secolo, e pur vantandoci di un avanzamento culturale dal quale i paesi musulmani sono ancora lontani, è vero che le discriminazioni vivono, silenti e indisturbate, fra le mura domestiche e quelle dell’ufficio? Le donne possono emergere solo nella contrapposizione con gli uomini o è la complementarietà la scelta vincente? Abbiamo, in merito, raccolto i pareri di due donne siracusane – due lavoratrici, due madri di famiglia, due signore normalissime nelle loro particolarità, due donne che combattono giornalmente contro i piccoli e grandi problemi della vita mantenendo, quasi costantemente, un sorriso a fior di labbra – Anna Maria Greco e Giovanna Agnello. La prima ha commentato: “Le origini della ricorrenza dell’otto marzo sono nobilissime perchè si fondano sulla volontà di non dimenticare un evento drammatico e se celebrare l’otto marzo significa non far dimenticare ai cittadini e ai governi di tutto il mondo la condizione attuale della donna, condizione che in molti paesi, e mi riferisco soprattutto alle discriminazioni degli stati musulmani ma non solo, è ancora da migliorare profondamente, allora questa dovrebbe essere una data importante non solo per ogni donna, ma per ogni essere umano. Deploro invece fortemente quei fenomeni deteriori di costume, più o meno alimentati dal consumismo, si pensi ai gruppi di donne che si riuniscono in locali o ristoranti scimmiottando gli stag’s party, costumi che hanno svilito una tematica socialmente e politicamente importante, facendola divenire puro e frivolo intrattenimento. Le donne dovrebbero capire che non è assorbendo gli aspetti peggiori di certa cultura maschile, anche perché la libertà sessuale delle donne va molto al di là del pagarsi uno spogliarellista, ma anzi rivendicando rispetto per la propria diversità, che si fonda e si conquista l’uguaglianza e la dignità delle donne. Ecco perchè non sono favorevole alle quote rosa che rendono le donne quasi una categoria da proteggere perché più debole e bisognosa; chiediamoci, piuttosto, perchè le donne non sono ancora abbastanza presenti in politica. Di ciò non trovo giusto colpevolizzare gli uomini, forse dovremmo essere noi donne ad impegnarci maggiormente, ad essere più presenti e credibili”. Giovanna Agnello esordisce: “È senz’altro positivo che le donne abbiano una loro rilevanza nell’esercizio di cariche istituzionali e questo fa onore a chi propone e promuove le quote rosa. Analizziamo, però, la realtà della situazione: quanto le donne sono davvero libere nello svolgimento di questi impieghi? Riescono concretamente a non essere succubi degli uomini? O subiscono, invece, l’influenza dei colleghi maschi, che non consente loro di esercitare liberamente la carica cui sono state chiamate ed elette in maniera indipendente? Sembra strano ma, se riflettiamo, notiamo che in Italia non abbiamo grandi donne politiche come Hillary Clinton o Angela Merkel. La Clinton, negli Stati Uniti, deve la sua fama non al marito, che pure l’ha sostenuta politicamente e ha ricoperto, prima di lei, una carica importante, bensì alle sue idee e alla sua mentalità. Abbiamo equivalenti in Italia, o le donne non sono ancora ritenute capaci quanto gli uomini? Certo, in Italia ci sono donne con una propria rilevanza politica, la Bonino ad esempio, ma tali donne non ricoprono grandi ruoli. Perchè? Dovremmo credere che il nostro stato non sia capace di sfornare donne con grandi ideali politici? Sembra improbabile. Piuttosto è nel modo di condurre la politica nostrana che si deve cercare la risposta a questa carenza. Per quanto riguarda il femminismo, si tratta di un concetto molto soggettivo: femministe, oggi, si dicono quelle donne che partecipano ai reality show o che si mettono al fianco di un qualche conduttore sfoggiando il proprio fisico senza dire una parola e mostrando la propria intelligenza in maniera molto dubbia. Come ogni cosa, anche il femminismo ha i suoi estremi, i suoi poli opposti: c’è il femminismo che sfocia in un vero e proprio antagonismo con gli uomini e c’è il femminismo di quelle donne che, pur riempiendosi la bocca di questa parola, in realtà non sanno neppure cosa significa parità di diritti con l’uomo. La complementarietà uomo-donna? Aiuterebbe, ma si è mai vista in Italia una cosa del genere? Per quanto si sia tentato e si tenti di dare rilevanza alle donne sembra di vivere un’eterna pagliacciata. L’uomo ha sempre un qualcosa in più, ha sempre quella briciola di potere in più. Per quanto riguarda la festa delle donne ricordiamoci che questa festa nasce da una tragedia, nasce da un giorno di grande lutto che dovrebbe portare anno dopo anno una altrettanto grande riflessione e un altrettanto grande impegno; l’otto marzo è la festa della mimosa, dei cioccolatini e degli auguri: ma le donne di oggi ricordano quelle donne di ieri che morirono lavorando?” Ricostruito un percorso ideale sulla base delle diverse campagne di scavo Interessante mostra al “Quintiliano” aperta fino a marzo “Il linguaggio della pietra all’alba del cristianesimo” La mostra didattica è stata allestita dagli studenti del Liceo Statale Polivalente “Quintiliano” di Siracusa che hanno partecipato al corso extracurricolare di pittura “Il segno grafico nel luogo di culto”, progetto reso operativo nei primi tre mesi dell’anno scolastico 2009-2010. Gli allievi corsisti sono stati guidati dai professori di arte Emanuele Dimauro e Salvatore Formica. Come filo conduttore dello spazio espositivo è stato scelto il tema sacro del “linguaggio della pietra all’alba del cristianesimo”, con riferimento al complesso catacombale di San Giovanni Evangelista. Hanno partecipato e frequentato il corso circa quarantacinque alunni appartenenti ai vari indirizzi di studio presenti al Quintiliano. L’attività di laboratorio è stata preceduta da un’accurata indagine storico-artistica e da vi- site guidate effettuate all’interno della Basilica e dell’attigua Cripta di S. Marciano. Durante la fase operativa sono stati eseguiti schizzi dal vero, rilievi grafici e fotografici che hanno permesso agli alunni di ripercorrere e rivivere, anche se virtualmente, le tappe salienti della nascente comunità cristiana guidata dal vescovo Marciano che San Pietro, da Antiochia, inviò direttamente a Siracusa per evangelizzare la nostra città che divenne, così, la seconda chiesa del mondo cristiano. Gli allievi corsisti, seguendo le orme del grande archeologo Paolo Orsi, hanno ricostruito un percorso ideale elaborato sulla base delle diverse campagne di scavo che hanno interessato il sito di questo importante luogo di culto protetto e nascosto dalla saggezza del tempo. I rilievi grafici e fotografici, riproducenti i vari particolari architettonici e plastici del complesso catacombale, sono stati personalizzati in sede di laboratorio con procedimenti classici di tipo accademico, in quanto basati sullo studio del disegno, della prospettiva e del chiaroscuro, o mediante il metodo cubista del collage. I lavori sono stati eseguiti su tela, cartoncino e cartonpane, poi dipinti o colorati con la tempera, i pastelli, il carboncino e l’inchiostro di china su carta lucida. Alcuni allievi, avendo raggiunta una buona padronanza tecnico-pittorica, hanno realizzato, inoltre, alcune composizioni cromatiche ispirate ai temi dei grandi maestri del Novecento; un tentativo, senz’altro positivo, considerati i buoni risultati raggiunti. La mostra, esposta nei locali d’ingresso del Quintiliano, rimarrà aperta al pubblico nei mesi di Gennaio-Febbraio dalle ore 8.00 alle ore 18.00, escluso il sabato pomeriggio. Editrice: Associazione Culturale Minerva Via Simeto, 4 - Siracusa Tel. 0931.462633 Direttore: Franco Oddo [email protected] Vice direttore: Marina De Michele [email protected] Redazione, Amministrazione: Viale Teocrito, 71 - Siracusa Pubblicità: cell. 333.1469405 e-mail: [email protected] Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009 Stampa: Tipolitografia Geny Canicattini Bagni (SR) 13 Marzo 2010 17 MELILLI - L’assessore: “Per sicurezza, igiene e qualità ci siamo rivolti alla FIN, tramite il CONI” La Rosa: “A 40 anni dal primo tentativo di realizzare la piscina l’abbiamo fatta, manca solo il collaudo tecnico amministrativo” di ALESSANDRA PRIVITERA ([email protected]) Per 40 anni tutte le giunte comunali che si sono avvicendate a Melilli hanno promesso che avrebbe trovato realizzazione il progetto della piscina comunale. E a ogni tornata elettorale i melillesi a sperare che fosse vero, che quelle pozze dietro il campo sportivo venissero rifinite, per essere utilizzate. Poi, durante la prima giunta Sorbello, la sorpresa: cominciano i lavori per una nuova struttura in contrada Cavittula, lavori che – in tempo record - sembrano far diventare il sogno realtà. Già nel bilancio sociale del 2006 il Comune di Melilli vantava la messa in opera della stessa realizzazione. E nel luglio 2008 l’AR. LI. s.n.c. della provincia di Agrigento si aggiudicava la gara d’appalto per la realizzazione delle nuove piscine comunali (II° stralcio esecutivo) per un importo complessivo a base d’asta (compresi oneri per la sicurezza) di € 717.626,00. Per il paese sono già state fissate le indicazioni stradali per la piscina comunale che da almeno un anno sembra pronta. Perché non sia ancora fruibile, però, lo chiediamo all’assessore allo Sport, turismo e spettacolo di Melilli, ing. Salvo La Rosa. A che punto sono i lavori ad oggi? “I lavori per la realizzazione della piscina comunale sono stati ultimati, è stato emesso lo stato finale, è stato già eseguito il collaudo statico, restiamo in attesa della redazione del collaudo tecnico-amministrativo, per poi convocare la commissione che dovrà certificare l’agibilità dell’impianto”. È possibile stimare quanto tempo passerà ancora perché si abbia la consegna in modo definitivo? “Stiamo lavorando per cercare di avere l’agibilità nel più breve tempo possibile, spero al massimo tra un mese. Nel frattempo, essendosi l’amministrazione affidata a un soggetto professionalmente competente ed esperiente nella gestione e formazione qual è il presidente della Scuola Regionale di Sport CONI Sicilia e presidente del Comitato Provinciale CONI di Ragusa, vista la complessità della struttura, già da oltre due mesi tutti gli impianti tecnologici della piscina comunale sono in marcia, al fine di verificare il buon funzionamento degli stessi a regime, cercando di anticipare i tempi per la messa in esercizio, nelle more del rilascio del certificato di agibilità”. Si discute animatamente, a Melilli, della gestione (o, meglio, di chi e di quanti prenderanno in gestione) di questa nuova struttura. Si stanno già vagliando delle ipotesi? “Che si discuta animatamente della gestione della piscina è sicuramente positivo. Dopo il primo tentativo di oltre 40 anni fa di realizzare una piscina comunale, finalmente dopo circa 10 anni dall’avvio del secondo tentativo, grazie alla mia ferma volontà nel realizzarla e al costante supporto amministrativo e finanziario delle amministrazioni Sorbello, oggi a Melilli si discute della gestione di una struttura sportiva “realizzata” e non di una incompiuta. “Vi pongo io una domanda: a che serve costruire impianti sportivi se non c’è una utenza organizzata che ne usufruisce in maniera corretta, se mancano gli operatori che la fanno funzionare, se non c’è un management motivato e competente? Partendo da tale interrogativo abbiamo cercato di affrontare il nodo gestione e cioè di quel complesso di attività che coinvolgono persone, attrezzature, mezzi organizzativi e finanziari che sono necessari per amministrare ed utilizzare un impianto natatorio di prima generazione qual è il nostro. Adottando come principio ispiratore quello di affidarci a personale altamente specializzato e qualificato, che ci consenta di puntare a un ottimo livello di sicurezza, di igiene e di qualità del servizio offerto, compatibili con la funzione sociale che dovrà avere la piscina, ci siamo rivolti all’ente pubblico più qualificato del settore, qual è la F.I.N. per il tramite del CONI”. Lei crede che possa essere sfruttata la gestione della piscina come possibilità di impiego per i giovani disoccupati? “Sicuramente. Quanti sono professionalmente qualificati e preparati, nonché abilitati, potranno avere una opportunità lavorativa”. Le attività della piscina comunale di Melilli si inseriranno in un territorio su cui insistono già realtà altamente qualificate (Priolo con una realtà comunale e una privata, Città Giardino con una privata, per non parlare di Augusta e Siracusa). Lei crede che il bacino di utenza della struttura melillese resterà solamente cittadino o ci sono possibilità perché si allarghi a livello provinciale? “Tutto dipenderà dalla capacità gestionale del concessionario. Considerate le premesse, però, ci sono buone probabilità che il bacino di utenza possa essere extracittadino”. I soggetti con questa patologia sono cinquemila in Sicilia e 400 a Siracusa L’uno per mille delle entrate ASP per cure agli autistici Sì della commissione Sanità alla proposta De Benedictis Una notizia buona finalmente è in arrivo per chi è affetto da autismo. La settimana scorsa l’on. De Benedictis ha presentato un emendamento alla legge finanziaria regionale che prevede di utilizzare l’1 per mille delle risorse delle aziende sanitarie per chi è affetto dalla sindrome di Kanner. “La commissione sanità - ci spiega De Benedictis - ha già espresso parere favorevole; adesso il d.d.l. andrà in aula e dovrà diventare legge. Personalmente ritengo che non troverà ostacoli in commissione bilancio poiché la proposta non prevede aggravi di spese e inoltre l’emendamento è stato votato alla presenza dell’assessore al ramo che ha mostrato di condividerlo. In verità la norma, che regolamenta che le Asl destinino l’1 per mille delle proprie entrate e dunque delle proprie risorse a chi è soggetto a tale disturbo, esiste dal 2006 ma accade che alcune aziende utilizzino i fondi per la gestione ordinaria, uno tra questi quello relativo alla neuropsichiatria infantile. L’emendamento chiarisce invece che i fondi devono essere esclusivamente utilizzati per interventi terapeuticoriabilitativi e socio-riabilitativi rivolti verso gli autistici. “Purtroppo questo disturbo si manifesta con una certa frequenza ed è fortemente presente sul territorio sebbene il problema venga poco discusso ed affrontato. Solo nella nostra regione i soggetti affetti da patologie autistiche sono 5000 ed oltre 400 nella nostra provincia. Inoltre, poiché appunto non si tratta di una malattia ma di una condizione che impedisce ai soggetti di relazionarsi con gli altri, ne viene colpito non solo il singolo ma l’intera famiglia, che vive le difficoltà della persona all’interno del nucleo familiare. Invece le terapie hanno compiuto notevoli passi avanti ed è stato dimostrato che è indispensabile intervenire non appena si manifesta il problema, poiché prima si agisce maggiori sono i risultati che si raggiungono, ovviamente sempre che ci si affidi a specialisti dato che il soggetto avrà bisogno di interventi specifici. Dunque un maggiore investimento economico sul disturbo può consentire sia alla famiglia che all’intera società e all’individuo una ulteriore possibilità di vita normale e lavorativa”. Concetta La Leggia 18 13 Marzo 2010 “Sono in corso conferenze e incontri in molte scuole su violenza domestica e bullismo” Adriana Prazio (La Nereide): “Noi non smetteremo mai di reclamare l’immediata riapertura della casa rifugio” di CONCETTA LA LEGGIA ([email protected]) La settimana scorsa, sulla proposta di legge relativa alla prevenzione ed al contrasto della violenza di genere, abbiamo sentito l’opinione della professoressa Lucia Rita Storaci, portavoce del comitato 100 donne e della consigliera comunale Carmen Castelluccio e questa settimana, poiché è sempre meglio parlarne affinché le coscienze non si addormentino, abbiamo scelto di tornare sull’argomento con Adriana Prazio, responsabile del Centro Antiviolenza “La Nereide”, Onlus, da sempre impegnata nel sociale. Signora Prazio, cosa ne pensa della proposta di legge appena presentata? Vi è una speranza adesso che la casa rifugio di Siracusa sia riaperta? “In questi giorni si parla tanto della presentazione alla Regione Siciliana di ben tre proposte di legge da parte dei nostri deputati regionali, come decreto legislativo “Norme per il contrasto e la prevenzione della violenza di genere”. Hanno detto bene i nostri deputati Bruno Marziano e Roberto De Benedictis durante la presentazione, ribadendo che l’approvazione di questa legge permetterà l’apertura di almeno una casa rifugio per le donne vittime della violenza (in provincia di Siracusa, la riapertura di quella esistente gestita dalla Provincia) e l’istituzione di un centro antiviolenza in ogni provincia. La legge è già stata esitata dalla commissione affari costituzionali dell’Assemblea regionale e adesso dovrà essere approvata dall’aula, hanno spiegato i due deputati siracusani. “Quella presentata da De Benedictis e Marziano è diventata la base di lavoro del disegno di legge definitivo. Un primo ddl è stato presentato dall’onorevole Vinciullo del Pdl, un secondo da un gruppo di deputate dell’Assemblea. I deputati del Pd hanno chiarito che la loro proposta è stata presentata dopo una lunga consultazione avuta con le donne che nella pratica si occupano di violenza. Insomma, il disegno di legge affronta il problema dal punto di vista delle donne prendendo in considerazione le necessità di chi subisce violenza e di chi si adopra per prevenirla. Pertanto noi, come “La Nereide”, abbiamo dato il nostro contributo con la legale della nostra associazione e con le donne che nella pratica si occupano di violenza. Noi non smetteremo mai di far giungere il cosiddetto “grido di dolore” per l’immediata apertura della casa rifugio”. Eppure la casa rifugio è chiusa da due anni! “Da due anni la nostra associazione lotta facendo appelli in trasmissioni nelle TV locali, nella stampa, in seminari, convegni ed incontri anche alla presenza delle autorità preposte ma ad oggi non si prevede alcuna certezza. Confidiamo nell’assessore Paola Consiglio e soprattutto ci auguriamo che in questo mese si possa dare la notizia che tanto aspettiamo. Purtroppo, ci tengo a precisarlo, giorno dopo giorno lavoriamo con l’ansia e la preoccupazione di non potere accogliere le richieste delle donne che necessitano di essere accolte in un rifugio sicuro anche perché spesso corrono pericolo di vita per se stesse e per i loro figli. In questi ultimi giorni siamo riuscite, grazie all’interessamento delle forze dell’ordine della provincia di Siracusa, ad assicurare un alloggio a quattro donne con figli a seguito. Siamo grate a chi ci ha consentito di farlo ma non si tratta di case rifugio vere e proprie, ove le donne vittime possano ricevere un aiuto concreto per la loro fuoriuscita dalla violenza. Naturalmente, non smettiamo di sollecitare e fare appelli, in tutti i nostri seminari e conferenze, per la riapertura della casa, che per noi operatrici del Centro Antiviolenza costituisce una importantissima indispensabile risorsa. “Ci rivolgiamo in particolare al presidente della Provincia, ma anche al prefetto, al sindaco di Siracusa, che riteniamo egualmente responsabili di questa grave disattenzione verso il mondo femminile. Tutte le autorità pubbliche hanno il dovere di intervenire per trovare una soluzione, anche per evitare che una struttura già dedicata allo scopo ed utilizzata per soli tre anni non divenga uno squallido rudere e vani siano stati i finanziamenti pubblici a suo tempo erogati per renderla “casa”. Riteniamo inoltre che i sindaci degli altri comuni della provincia dovrebbero interessarsi parimenti alla riapertura del presidio che spesso è stato utilizzato per accogliere anche le donne ed i bambini dei loro paesi”. Oltre alle leggi e alla riapertura della casa rifugio, quali iniziative concrete tendete a realizzare sul territorio per prevenire la violenza sulle donne? “Per questo mese di marzo, dedicato alla donna, io e Rita Disco, rispettivamente responsabili del Centro Antiviolenza “La Nereide, Onlus (telef.0931 61000 – cell 349 7586157) e Scuola e Formazione di Cittadinanzattiva, supportate dall’Ufficio Scolastico Provinciale che ne ha approvato i contenuti, abbiamo scelto di realizzare in molti istituti scolastici di Siracusa e Provincia, con la collaborazione di esperti (psicologi, avvocati, operatori socio-sanitari, consoulers, psicopedagogisti e forze dell’ordine), incontri e conferenze, volti a sensibilizzare alunni, insegnanti e famiglie sulla necessità di contrastare il gravissimo fenomeno della violenza domestica e del bullismo e a stimolare la riflessione degli studenti e delle studentesse sul valore delle diversità e sull’ importanza, nella nostra società, di una partecipazione corresponsabile fra uomini e donne, nel rispetto dell’altro come valore universale e fondamento giuridico, etico e sociale della nostra Costituzione. “Molti di detti incontri sono già stati realizzati presso gli istituti comprensivi e superiori di Siracusa e della provincia e si protrarranno sino al mese di maggio. Inoltre il Centro Antiviolenza “La Nereide”, onlus, insieme alla Rete Scuola e Formazione di Cittadinanzattiva hanno riproposto a tutte le scuole di ogni ordine e grado della provincia di Siracusa, il concorso in oggetto segnato, in ciò supportati dall’Ufficio Scolastico Provinciale che ne ha approvato i contenuti e diramato il regolamento annesso. Come già lo scorso anno, la scelta di questa tematica vuole sottolineare il ruolo degli studenti e delle donne nella vita sociale, culturale, scientifica, produttiva e politica del nostro Paese e il loro impegno in difesa dei valori democratici e dei diritti umani. Il progetto rientra, inoltre, nella Campagna internazionale di Cittadinanzattiva “IMPARARESICURI” ed ha tra i suoi obiettivi: contribuire alla messa in sicurezza delle scuole italiane; lavorare per il radicamento della cultura della sicurezza (compresa la lotta alla violenza e al bullismo) e della salute tra i più giovani; creare collegamenti stabili tra le scuole e il territorio per la gestione comune dei rischi legati allo specifico territorio di appartenenza”. Qualche mese fa avete aderito a un importante progetto che ha ottenuto finanziamenti nazionali e che ha visto le province di Siracusa e Ragusa collaborare. “Si tratta del progetto S.T.O.P., Sistema Territoriale Operazio- ne Prevenzione, contro la violenza sulle donne, un progetto finanziato dalla presidenza del consiglio dei ministri, dipartimento per le pari opportunità, che risale al bando emanato nel 2008 con un budget finanziario di 180.000 euro. La Provincia regionale di Siracusa, insieme alla Provincia regionale di Ragusa, sono partner coofinanziatori con una quota di 5.000 euro ciascuno. Al progetto aderiscono anche tre associazioni: due di Siracusa - il Centro Antiviolenza La Nereide della quale sono presidente, l’associazione Netum che ha sede a Noto e si occupa di prevenzione sul tema della violenza - e una a Ragusa, l’associazione Nuova Vita. L’ente capofila è il CE.SI.S. che realizza progetti per nuove strategie territoriali. “Il progetto assegna agli enti e alle associazioni dei ruoli ben definiti: le due Province devono realizzare opere di sensibilizzazione sul territorio sulla tematica della violenza di genere, investire nella comunicazione del fenomeno attraverso i media e dare servizi creando rete, mentre le associazioni devono realizzare un’indagine sul territorio per verificare quali sono i tempi, le strutture, il dato fenomenico legato appunto alla violenza. Quindi il progetto, che avviato a marzo si concluderà il 27 agosto 2011, comprende anche delle azioni formative che si svilupperanno adesso in primavera per tutti gli operatori del servizio e si prefigge quale obiettivo generale il potenziamento del sistema locale degli attori istituzionali e privati, coinvolti nella prevenzione, nel contrasto e nella tutela delle donne vittime di violenza sessuale e di genere, con particolare riguardo alle manifestazioni di violenza in ambito familiare”. Giornata della Memoria per ricordare tutte le vittime delle mafie Martedì conferenza stampa a Villa Reimann in preparazione della fiaccolata del 27 Si svolgerà martedì mattina a Villa Reimann la conferenza “Lotta alla mafia un impegno di vita” in preparazione della fiaccolata per le vittime della mafia programmata per il 27 marzo. Tante le adesioni, sia individuali che collettive: fra gli altri, vi saranno le associazioni Libera, Raciti, Gesci, Confesercenti e Confocommercio. “La XV “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo di tutte le Vittime delle mafie” quest’anno si terrà a Sortino, il 26 Marzo, e a Siracusa, sabato 27. L’iniziativa è organizzata da: LIBERA-Associazioni, Nomi e numeri contro le mafie, AGESCI-Siracusa 2 Grottasanta, quasi tutti i gruppi Scout della provincia di Siracusa, associazione Antiracket di Siracusa, Coordinamento Provinciale Antiracket, Unione degli Studenti, Ce.na. co. via Tisia, Camera di Commercio, Confesercenti, Confcommercio”. Entrambe le manifestazioni sono aperte a tutti i cittadini. Pertanto gli organizzatori invitano ad aderire in massa in modo da lanciare un forte segnale. Per informazioni, si può contattare l’Antiracket, di cui forniamo ancora una volta, il numero di telefono: 346.3634326. 13 Marzo 2010 19 La politica non ha saputo programmare l’espansione della città dal ‘60 in poi La classe dirigente e il “vivere civile”. Ma è civiltà una differenziata al 3/4%, nessun verde pubblico…? di SEBASTIANO DI MARIA ([email protected]) Società civile, civile convivenza, istituzione civile: ma qual è il vero significato dell’aggettivo “civile”? In senso stretto, si può affermare che il termine, dal latino “civis”, è tutto ciò che riguarda il cittadino. Più in generale, invece, si deve fare riferimento al comportamento, all’esercizio dei diritti e all’osservanza dei doveri del cittadino medesimo, sia rispetto ai suoi simili che nei confronti delle organizzazioni che regolano la vita della comunità. Il “vivere civile”, insomma, è la sfera di libertà di ognuno rispetto a quella degli altri, nell’osservanza di leggi emanate dalle istituzioni centrali e periferiche a tutela dell’ intera collettività. In parole povere, a determinare la “civiltà” della popolazione è il suo virtuosismo in tutte le sue manifestazioni: artistiche, sociali e politiche. Ciò posto, scendiamo nel concreto e chiediamoci: così come dettato e garantito dalla Carta costituzionale, siamo veramente tutti uguali di fronte alla Legge e messi in condizioni di assoluta parità per esercitare, senza impedimento alcuno, i diritti e i doveri di cittadino? Per contro, lo Stato nelle sue varie forme e organizzazioni eroga equamente beni e servizi a tutti i cittadini, senza disparità di trattamento? In definitiva, l’agire dei singoli cittadini in uno all’efficienza delle Istituzioni “produce” nel nostro Paese “civiltà”? Alla luce di una lunga esperienza crediamo proprio di no. Per un’analisi comprensibile, attingiamo alla quotidianità di chi vive la propria vita in una città come Siracusa. Siracusa nei secoli passati ha inciso sulla storia dell’intera zona sudorientale se non addirittura di tutta la Sicilia. Per non allargare troppo l’orizzonte, limitiamoci ad esaminare i fatti dell’ultimo mezzo secolo, dal secondo dopoguerra ad oggi. Non è secondario evidenziare che lo sbarco degli alleati in Sicilia, lungo la fascia che va da Gela a Cassibile, ha profondamente modificato il comportamento dei cittadini siracusani e dell’intera provincia; la liberazione del territorio prima e la nascita in forma autonoma della Regione Siciliana, poi, hanno influenzato positivamente tutte le attività umane e l’economia dell’intera provincia. Facciamo due esempi significativamente importanti, registrati dalla fine degli anni quaranta in poi: 1) Siracusa, ha conosciuto una esplosione dei flussi turistici, favoriti dal passaparola delle truppe alleate che, rimpatriando, hanno riferito mirabilia della nostra gente, dell’accoglienza ricevuta e della bellezza dei nostri luoghi; 2) La nostra provincia nello stesso periodo ha registrato l’insediamento della più grande concentrazione industriale del sud Europa, nel triangolo Priolo-Augusta–Melilli, grazie ai vantaggi fiscali concessi dal governo agli imprenditori italiani e stranieri. Questi due fenomeni, a suo tempo, hanno risvegliato dal torpore l’intera popolazione, dedita prevalentemente all’agricoltura, migliorando sensibilmente le condizioni economiche delle famiglie. Dal nulla sono nati come funghi bar, trattorie e ristoranti; sono stati restaurati e costruiti numerosi alberghi; al normale flusso di turisti, italiani e stranieri, si è aggiunto quello religioso in conseguenza dello straordinario evento della lacrimazione della Madonna. Sul versante dell’occupazione, la costruzione degli impianti alla Targia ha determinato la nascita di una generazione di operai qualificati e specializzati che a migliaia, dismessi gli attrezzi agricoli, hanno indossato la tuta blu. Particolarmente attiva è stata l’edilizia che, oltre a ricostruire le case bombardate, ha fornito alloggi a quanti, per raggiungere più facilmente il posto di lavoro, hanno preferito trasferirsi a Siracusa e nei paesi limitrofi. Questo processo di sviluppo e di benessere diffuso è passato alla storia come il “boom economico”. Per tutti gli anni sessanta sono fiorite tante rose ma, come sempre, non sono mancate le spine. La voglia di rialzare la testa, di superare le ristrettezze imposte dalla guerra e di rimarginare le ferite, ha determinato un vero e proprio arrembaggio; si è edificato freneticamente e frettolosamente senza la guida di validi progetti urbanistici, con l’inevitabile conseguenza di deturpare il territorio e gettare nel caos il traffico urbano che via via aumentava. Chi doveva programmare e pilotare con lungimiranza questo processo? Ovviamente la politica, da sempre deputata a garantire uno sviluppo ordinato ed efficiente, funzionale al vivere “civile”. E torniamo a considerare il grado di civiltà pervenuta all’oggi. E’ civiltà il disordine edilizio determinato dalle costruzioni di palazzoni a dieci e dodici piani, da piazza Adda alla tonnara di Santa Panagia? E’ civiltà non avere previsto, anzi non avere obbligato, i costruttori a tenere conto dell’aumento del traffico veicolare e quindi dell’esigenza di nuovi parcheggi sotterranei e a cielo aperto? E’ civiltà non avere progettato e realizzato, in relazione alle esigenze delle famiglie, asili comunali, nuove scuole, ospedali modernamente attrezzati e validi centri per anziani? E’ civiltà non avere adeguatamente valorizzato un inestimabile patrimonio archeologico, fonte di sicura ricchezza economica e culturale? E’ civiltà non avere abbastanza acqua nelle case, sebbene strapagata con bollette salatissime, per la gioia del gestore privato? E’ civiltà attestare la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani intorno al 3-4%? E’ civiltà non avere, in cinquant’anni, dotato la città di verde pubblico adeguato al numero degli abitanti, perennemente intossicati da ogni sorta di inquinamento? E’ civiltà buttare milioni di euro nel “pozzo di San Patrizio “ qual è il teatro comunale di Siracusa, mentre Avola e Noto hanno restaurato in pochi anni un identico contenitore culturale? Potremmo continuare all’infinito ad elencare le carenze croniche di questa sfortunata città, in mano ad una classe politica vociante e inconcludente, fiera solo di avere rinnovato le basole di un breve tratto del corso Umberto, la cui perizia tecnica è stata fortemente rimessa in discussione. Ora la zona industriale sta smobilitando, così come boccheggia la stazione ferroviaria, mentre avanza la cementificazione del porto grande. Chiudono i battenti tanti artigiani e molti esercizi commerciali, con la conseguenza tragica di un aumento vertiginoso della disoccupazione. Muore la speranza di tanti giovani di trovare un qualsiasi lavoro nella terra che li ha generati, ma con la certezza di doverlo andare a cercare all’estero, ovunque sia. E questa che consegniamo ai nostri figli e a nostri nipoti possiamo chiamarla “civiltà”? Risus in pagina I quattro tipi di cognata: bruttina ma simpatica carina e antipatica, bellina e (ahi!) bella da miss di GIUSY SCARCELLA ([email protected]) Questa settimana parliamo di famiglia, naturale e acquisita. Ma non discutiamo di ex mogli, ex mariti e relativi figli che si ritrovano a dover combattere con tre o più genitori, come se non bastassero quelli di “origine”. No, stavolta parliamo di fidanzate e/o partner di cognati e affini. Che quando entrano in famiglia, ufficialmente, con inviti a pranzi, cene, feste e anniversari, bisogna frequentare, volenti o nolenti, con un bel sorriso sulle labbra. I casi che si profilano in genere sono quattro: a) cognata bruttina, ma simpatica. Il vostro commento sarà “E’ un tipo interessante”, diventerete la sua migliore amica e vi comporterete da cognata chioccia. Caso b) cognata bruttina e antipatica. Cercherete di giustificare il suo atteggiamento, attribuendo il suo brutto carattere al suo aspetto non proprio felice, facendo notare con nonchalance la vostra superiorità in ambedue i campi. In effetti questo è il caso ideale, perchè qualsiasi paragone è già vinto. Caso c) cognata bellina, ma con comportamenti inaccettabili. Di solito si tratta di esponenti di sesso femminile tipo “gatte morte”, che sanno di essere carine e sfruttano questa caratteristica a loro vantaggio, riuscendo a far fare qualsiasi cosa al primo maschio che gira nei dintorni, compreso lavare i piatti, fare il bucato e stirare. Il maschio ha anche il coraggio di ringraziarle di avergli fatto questo onore. Queste tizie non riescono a capire di essere anacronistiche, perché ormai non esiste più l’uomo che apre la portiera o che ti accompagna quando sei sola. O meglio, non esiste un compagno così, ma un maschio sì, e loro, le “gatte morte”, sono capaci di riuscire a capire da un solo sguardo quale può essere la vittima di turno, meglio se già accoppiato. Capita anche che le “gatte morte” si lamentino pure della carenza di uomini veri che riescano a farle felici. Che sfacciate. Queste tizie sono da eliminare dalla faccia della Terra, ci stiamo lavorando, noi non-gatte-morte, ma è un processo lungo e difficoltoso. In realtà stiamo pensando se non sia meglio dichiararci sconfitte e unirci a loro. L’ultimo caso di esponente di cognata, che gli inglesi chiamano “sister in law”, sorella nella legge, mica per niente, è il caso d) cognata bella e simpatica. Questo è forse il caso più brutto che si possa affrontare, so- prattutto quando la cognata non è solo bella, ma potrebbe benissimo fare Miss Italia ed essere eletta all’unanimità. E soprattutto dopo che avete passato la maggior parte della frequentazione di vostro cognato a dirgli “Dai, quand’è che mi regali una cognata? Forza, quand’è che metti su famiglia?”. E quando lo sporco traditore, che è pur sempre il vostro “brother in law”, decide finalmente di darvi retta, chi è che vi porta a casa? La bellissima copia di Milla Jovovich, che sembra, e si dimostrerà pure, una ragazza che non si dà per niente delle arie, ma anzi è tranquillamente inconscia del suo potenziale. Parla e dice cose sensate, si veste e non indossa vestiti scollacciati, ha dei capelli bellissimi ma sembra siano là per caso, senza nessuno sforzo. E l’atteggiamento nei vostri confronti sarà della stessa stoffa: contenta di fare la vostra conoscenza, ma non al punto da pendere dalle vostre labbra. E naturalmente, dulcis in fundo, è pure più giovane! In realtà, voi non lo sapete, ma vostro cognato vi ha fatto un favore, perché se resistete a questo tipo di stress comparativo la vostra autostima ne uscirà triplicata, e, se ben riflettete, il colpevole, per presentare una compagna che sia alla vostra altezza, è andato a prendersi Miss Italia! È o non è uno splendido esempio di rigiramento di frittata? Però, mi raccomando, usate una padella antiaderente e… non fatelo capire a vostro marito. 20 13 Marzo 2010 Una volta gli uomini di governo informavano i Comuni sui progetti finanziabili, ora non più Il Ministero Ambiente finanzia display elettronici e semafori intelligenti per i bus urbani. Non a Siracusa ma a Pavia di CORRADO FIANCHINO La Prestigiacomo le fa le cose, eccome! Però, altrove. A Pavia, per esempio. Semafori intelligenti che riconoscono l’autobus e gli danno la precedenza, display che indicano i minuti di attesa per i clienti. Dal ministero dell’Ambiente, secondo quanto hanno riferito gli amministratori del Comune di Pavia in una conferenza stampa, arriverà mezzo milione di euro, a fondo perduto. Altri 300 mila euro li metteranno una ditta privata e il Comune («ma la nostra quota sarà minima», precisa il sindaco). I tempi: «Nel giro di pochi giorni sarà presentato un piano operativo alla giunta e dentro marzo dovremmo completare gli ultimi passaggi burocratici per il finanziamento». I dettagli vengono forniti dal comandante dei vigili urbani, che con i suoi collaboratori sta definendo nel dettaglio il progetto da presentare alla giunta: «Saranno identificate 35 postazioni alle pensiline spiega - dove ci sarà una precisa indicazione del tempo di attesa per gli autobus. Saranno in centro storico, ma anche in periferia». Perché il tutto funzioni è necessario anche che i mezzi siano attrezzati: «Ottanta autobus saranno dotati di sistema satellitare Gps. Comunicheranno con una centrale operativa, segnalando sempre la propria posizione». Le novità non finiscono qui. Il comandante annuncia anche quelle che definisce le «corsie preferenziali elettroniche». Si tratta di semafori intelligenti, una quindicina, che «riconosceranno» gli autobus in arrivo e daranno loro automaticamente la precedenza, facendo scattare il verde. «Oggi c’è un unico impianto, in viale Matteotti. In realtà è a chiamata, nel senso che quando sta arrivando l’autobus il conducente preme un telecomando. Il nuovo sistema sarà più sofisticato». Insomma, tutto come a Siracusa. Il sindaco di Pavia ha sottolineato sottolinea: «E’ il terzo bando che vinciamo nel settore della mobilità. Si è parlato del taglio di 240 mila euro, a seguito dei finanziamenti regionali che non arrivano. Grazie a questo intervento verranno impiegati nella mobilità 800mila di euro, quindi mezzo milione in più». A Siracusa, ai tempi della DC, vigeva una regola. Se un cittadino era assessore regionale faceva sapere agli amministratori che il suo assessorato era in condizione di erogare finanziamenti per opere di cui aveva la gestione delle risorse, sollecitandoli a presenta- re i progetti. Evidentemente, questo sistema non si usa più. Pavia gode e Siracusa si tiene il trasporto pubblico che ha. “Sì, sono di Catania e ho fatto un percorso inverso. Il vero fallimento sarebbe stato non provarci” Monica Lanaia: “Amo il giornalismo. Immagino il mio futuro come una risma di pagine candide tutte ancora da scrivere” Età anagrafica ventuno, ma il numero è indicativo poiché alterno momenti in cui tento di riacciuffare i brandelli dell’adolescenza da poco conclusa a momenti in cui mi proietto verso il futuro, sentendomi donna e matura. Studentessa di giurisprudenza: leggi, codici e norme giuridiche sono miei fedeli compagni da tre anni ormai. Segni particolari: catanese. Sì sì, non si tratta di un refuso, Siracusa è, da qualche mese, la mia città adottiva. Solitamente, a questa affermazione seguono i commenti sorpresi: “Ma non dire che ti sei trasferita qui solo per il giornale, complicandoti la vita, già complessa, di universitaria. E poi, di solito, il flusso è inverso: gli studenti si trasferiscono da Siracusa a Catania”. E, a queste esternazioni, non è semplice rispondere con una frase raziocinante o con un concetto logico ed è arduo, d’altro canto, spiegare a parole l’entusiasmo che ho provato quando ho sentito che la strada giusta da prendere era questa, quando sono entrata a far parte di questa squadra di giornalisti vivaci, competenti e indipendenti, quando mi sono resa conto di aspettare con impazienza le riunioni settimanali in redazione. Le cose sono andate più o meno così: in un piovoso settembre, giunta a una fase di profonda insoddisfazione di fronte alla situazione priva di prospettive che mi circondava, mi sono posta la domanda che tutti, almeno una volta, forse anche più di una volta, si pongono: cosa voglio realmente nella mia vita? L’età tendente ancora all’adolescenza e l’impulsività del mio carattere hanno intavolato una lunga querelle con la lungimiranza e con il senso del dovere. Ho più volte accarezzato l’idea di emigrare, di scappare all’estero in cerca di fortuna, in cerca di un altro corso di laurea, in cerca di nuove possibilità e – chissà – lo avrei fatto se il destino non mi aves- se servito, al momento giusto, questa opportunità. Così, un gesto che può apparire tendente alla follia – quello di traslocare, nel giro di una settimana appena, con gatto e vestiario e spazzolino appresso, in una stanza locata qui a Siracusa – si spiega solo conoscendo queste tribolazioni vissute dal mio essere al termine dell’afosa estate, si spiega solo a chi sa assaporare il gusto delle passioni e dei sogni e a chi ritiene che un pezzo di carta e una penna (o una pagina di Word e una tastiera) siano il non plus ultra della felicità. La vita non è per nulla semplice, gli ostacoli si erigono proporzionalmente agli ideali che si perseguono e anche le delusioni sono commisurate alla speranza che si ripone nelle proprie possibilità e nei propri progetti. Ma il vero fallimento non è fallire, è non provarci. I sogni sono materia evanescente, la realtà ci dimostra, minuto per minuto, la sua imponderabile capacità di modificarsi, di ribaltarsi, di sorprenderci, nel bene e nel male. Eppure che mondo sarebbe (Nutella a parte) senza sogni? Non ci è dato conoscere nulla del secondo successivo ad ogni nostro respiro, figuriamoci quanto è ridicolo progettare gli anni a venire; tuttavia, pur rendendoci conto, se ci soffermiamo a riflettere, della precarietà del tutto, cosa ci rimarrebbe se non avessimo, almeno, i sogni, che altro non sono se non le idealizzazioni dei nostri propositi? Mi rendo conto di essere in controtendenza rispetto ai tanti miei coetanei che bramano il grande fratello e il successo facile, che ritengono scriteriate le mie scelte, che mi rivolgono dei sorrisi di commiserazione, ma la prova del nove della validità delle mie decisioni è data dal fatto che, adesso, mi sento felice, felice davvero; avevo tentato di accantonare i miei ideali e ripetermi che il mestiere di avvocato è molto più re- munerativo di quello del giornalista, avevo tentato di far miei dei progetti che erano imposti dalla contingenza, dal momento di crisi economica anche. Ma i sogni – quelli miei, quelli veri – hanno bussato indefessi e imperiosi alla porta, finché non mi sono decisa ad accoglierli di nuovo, costi quel che costi. La cosa più bizzarra è che ho trascorso tutte le estati della mia infanzia sulle spiagge (o quel che ne resta) siracusane e, ogni anno, puntualmente, contavo i giorni che mancavano al rientro a Catania, non vedevo l’ora di tornare dagli amici e alla mia vita consueta: quasi detestavo Siracusa. Chi (genitori e parenti) ha convissuto con questi miei capricci è rimasto basito quando ho comunicato la mia scelta di trasferirmi proprio qua; mai dire mai, ho risposto con una risata, ed è questo, al momento, l’insegnamento più grande che sto apprendendo: non esistono solo il bianco e il nero, bensì tante sfumature, non una verità, ma tante relatività, non si resta precisamente identici in ogni momento della vita, anche perché, se così accadesse, il tutto risulterebbe molto monotono. Non so cosa riserva il futuro e sarebbe superfluo pure tentare di fare supposizioni, ma adesso ho capito pienamente che quello che conta è svegliarsi con il sorriso ogni mattina, combattere le avversità della vita con grinta e fiducia in se stessi, guardarsi allo specchio e sentirsi contenti e appagati da quello che si fa e da quello che si è o, perlomeno, si cerca di fare e di essere. Io immagino il mio futuro come una risma di pagine candide, tutte ancora da scrivere: ci saranno gli scarabocchi, i momenti in cui il polso si affatica e scriverà con più lentezza, gli errori sottolineati in blu o in rosso a seconda della loro gravità, degli sprazzi di evidenziatore per mettere in risalto i mo- menti più importanti, di tanto in tanto qualche lacrima – di gioia o di dolore – che bagnerà il foglio, saranno annotati i nomi dei posti che si visiteranno e delle persone che si conosceranno, le emozioni che si proveranno e sarà bello sfogliare a ritroso le pagine e rifletterci su e comprendersi e sorridere di sé. Finché la parola “fine” non apparirà, tutto resta ancora da scrivere. Monica Lanaia ([email protected])