Anno 2, n. 10
• Settimanale gratuito di fatti e di opinioni • Reg. Trib. di Siracusa n°1509 del 25/08/2009
• E-mail: [email protected] • Direttore: Franco Oddo • Vicedirettore: Marina De Michele
Sabato 13 Marzo 2010
edizione online: www.lacivettapress.it
DEGRADO
SANTI NICITA
PIPPO RUSSO
In via Torino
bambini giocano
tra le macerie
Il congresso PD
può diventare
punto di svolta
“Latte svenduto
Aziende montane
in crisi nera”
PAG.13 (Perna)
PAG.14
PAG.12 (Fianchino)
Due imprese tenevano in nero tutti i propri dipendenti. Uno studio della UIL
Ispezioni in aziende. Irregolari
duemila lavoratori su 3600
A Cassibile tutti
contro la tendopoli
Il presidente del Consiglio di circoscrizione i consiglieri comunali
Casella e Romano, il consigliere
provinciale Saitta e i responsabili
locali del Pdl, del Pd, dell’Udc e
dell’Mpa hanno dichiarato la loro
assoluta contrarietà alla istallazione della tendopoli.
PAG. 8 (Perna)
I giovani
“Anche la Provincia, come
il Comune, ha pochissime
risorse disponibili”.
A PAG. 2 (Mainenti)
Progetto
PIPPO MANGIAFICO
Pochissimi gli imprenditori
“Molti violentano il nostro territorio”
Autistici
Ai bambini non solo scuola e terapia, ma anche
sport, scout, teatro.
A PAG. 15 (Ricciardi)
Bus urbani
Pavia
Il ministro Prestigiacomo
finanzia un progetto innovativo. Ma non a Siracusa.
A PAG. 20 (Fianchino)
Gozzo: “Sì alla torcia
anche col referendum”
“La torcia è sicura. Saranno
smaltite solo biomasse dissociabili senza emissioni inquinanti. Il Comune risparmierà oltre
100.000 euro al mese. Con i rifiuti di Solarino e Canicattini, l’impianto sarà saturo. Pronti anche a
indire un referendum popolare”.
PAGG. 10-11 (Rossitto)
Provincia
Melilli
La piscina
PAGINA 7 (Oddo - De Michele)
La piscina comunale è
pronta. Manca soltanto un
ultimo collaudo.
PAG. 17 (Privitera)
Sai 8: “Sia l’Ato a dirci
dove finiscono i soldi”
“Mai l’ente gestore ha pensato di non pagare il canone,
però vorrebbe pagare solo
quello che è dovuto: si era
detto che l’acquisizione dei
Comuni sarebbe avvenuta, secondo un accordo con
l’ATO, nei tre anni successivi alla data di sottoscrizione
del contratto. Era scontato
che quei Comuni che ancora non erano gestiti da Sai8,
introitando le tariffe derivanti dalla gestione del servizio idrico, pagassero da sé i
propri mutui. L’ATO non la
pensa così: ci è stato scritto
che, nel caso non avessimo
provveduto al pagamento, la
gestione sarebbe stata interrotta. In data odierna daremo
mandato alla banca di procedere al pagamento”.
A PAG. 4
Un poliziotto di guardia
ogni 120 detenuti
pagina 13
2
13 Marzo 2010
Amministrazioni e politiche giovanili. Provincia come il Comune. Tanto fumo e niente arrosto
Paola Consiglio: “I ragazzi che emigrano in altre città
spesso lo fanno per capriccio. Questione di mentalità”
di ISABELLA MAINENTI ([email protected])
Seconda tappa del nostro viaggio nelle politiche giovanili. La
prima fermata l’avevamo fatta
al Comune due settimane fa,
raccogliendo le dichiarazioni
dell’assessore Alessandro Spadaro. Dalle parole dell’assessore comunale era emerso un
impegno a dir poco esiguo in
questo settore e abbiamo allora
voluto fare un passo verso l’alto
e allargare la visuale approdando negli uffici della Provincia
al tavolo dell’assessore Paola
Consiglio. Anche in questo caso
si tratta di una “rubrica” (come
piace definirla agli assessori)
nata da poco: l’insediamento
risale al 16 luglio del 2008 e anche in questo caso si tratta di un
assessore che amministra più
di un settore. Un assessore che
tiene a sottolineare l’impegno
a circondarsi di uno staff competente e che ci presenta subito
il desiderio di creare una ‘rete
lavoro’ che possa dare sia alle
imprese che ai giovani posti di
lavoro.
“Dedicarsi ai giovani è per me
una funzione di responsabilità
perché ci sono giovani che magari non hanno avuto la fortuna
di completare gli studi o che
fanno l’università che hanno
difficoltà enormi”. Il problema, secondo la Consiglio, è
stato sinora rappresentato dalla
mancanza di programmazione.
“Noi stiamo presentando una
serie di progetti anche in ambito
europeo” e ci elenca di seguito
qualche progetto che prevede
la cooperazione con la Tunisia
e con Malta. Quando però le
chiediamo in cosa consistono
questi progetti l’assessore ci
inizia a parlare delle energie
rinnovabili e del fatto che per lo
più le direttive della comunità
europea sono rivolte all’ambiente. Non riusciamo però a
ricevere notizie più concrete su
questi lavori.
L’assessore continua la presentazione del proprio operato
presentandoci un opuscolo in
cui vengono descritti dei concorsi che riguardano le scuole
superiori: il concorso ‘cre@
l’impres@’, per esempio, rivolto agli studenti degli ultimi anni
delle superiori e, riportando le
testuali parole, “mirato alla diffusione della cultura di impresa”. All’interno del concorso
vengono date ai partecipanti
nozioni di marketing ed economia aziendale in modo che
in una seconda fase possano
stilare un proprio business plan.
Altro concorso è quello intitolato ‘a scuola si fa spot’, comunque legato al precedente poiché
si tratta di creare uno spot per
il progetto dei partecipanti a
‘cre@ l’impres@’. Riceviamo
poi conferma dell’esistenza
di uno sportello, o meglio, del
S.U.A.P. (sportello unico per
le attività produttive), strumento attraverso il quale vengono
affiancati tutti coloro che decidono di intraprendere un cammino territoriale e che permette
di ridurre i tempi burocratici. Si
tratta di un coordinamento in
cui vengono coinvolti diversi
enti, dalla prefettura alla provincia, ai comuni alla camera
di commercio. C’è da dire che
l’altra volta però, al comune,
l’assessore Spadaro non sapeva
dell’esistenza di questo sportel-
lo. Ma sorvoliamo. Chiediamo
di seguito all’assessore Consiglio, come d’altra parte avevamo fatto già con Spadaro, se
esistono delle consulte giovanili che affianchino l’assessorato
nel suo operato e che possano
permettere di individuare real-
mente quali sono i bisogni dei
giovani siracusani. Ma la risposta è stata: “Per la Provincia
no”.
E siamo a due. Niente giovani
né alla provincia né al comune.
Chiediamo però se non si pensi all’utilità che una consulta
del genere potrebbe avere e la
risposta che riceviamo è “tutto
diventa utile se fatto con raziocinio e la consapevolezza di
fare bene. Però prima dobbiamo mettere ordine nel disordine che c’è. Anche perché penso
che ci siano delle priorità. Nel
momento in cui si mette ordine,
queste sono cose che vengono
naturalmente. Però bisogna fare
una cosa alla volta. La cosa più
importante in questo momento
è fermarsi e riflettere”. E noi, riflettendo, riteniamo che sia meglio sorvolare anche su questo
punto.
Siamo alle battute finali. Tanti
giovani lasciano la nostra città, chi per università, chi per
lavoro e pochi sono quelli che
ritornano al ‘nido’. Cosa ci
mette l’istituzione provinciale
per riattirare questi emigrati in
patria, cioè, fuor di metafora,
in città? La Consiglio risponde così : “Mi piace guardare
entrambi i lati della medaglia.
Non dobbiamo sempre incolpare la politica e quello che c’è
all’interno di un sistema politico. Dall’altra parte c’è la mentalità”. L’assessore spiega che
i giovani di oggi non sono abituati al sacrificio e che il fatto
che cambino città non è dovuto
spesso a un’esigenza, ma quasi
a un capriccio. I genitori di oggi
danno la possibilità ai propri figli di andare fuori, ma non bisogna pensare che Roma o Milano siano chissà quali luoghi del
mondo! “Forse è anche peggio
della nostra terra. I giovani
hanno la possibilità di rientrare
nella loro terra. È ovvio che in
questo momento c’è una crisi
mondiale per cui anche un giovane che si sposta a New York
ha le stesse difficoltà”. E poi
aggiunge che fuori dalla propria
città è “anche peggio perché
almeno qui avrebbe gli affetti.
Oggi si sta proprio perdendo il
valore della famiglia”. E certo.
Viviamo in una città con le stesse possibilità di New York e non
ce ne siamo mai accorti. Non
solo questi giovani di oggi non
hanno responsabilità, senso del
sacrificio e nessun valore che li
tenga uniti alla propria famiglia,
ma tra l’altro sono pure talmente presi dai propri capricci, dal
proprio desiderio di espatriare
e di andare a divertirsi altrove
che non si rendono conto delle
enormi, ma che diciamo enormi, mastodontiche possibilità
che hanno di sistemarsi qui.
Concludiamo la nostra intervista chiedendo quanto viene
investito,
economicamente
parlando, nelle politiche giovanili e anche in questo caso
riceviamo una risposta vaga: si
sta preparando il bilancio che
verrà firmato a maggio. Punto.
Insomma, tiriamo le somme
alle interviste ai due assessori,
Spadaro per il comune e Consiglio per la provincia. L’altra
volta avevamo concluso assicurando ai giovani siracusani
che sicuramente rimanendo qui
se la sarebbero ‘spassata’ tra lo
sport e l’utopico centro giovanile ideato dal comune. Adesso
possiamo concludere che non
solo avremo dei giovani in forma, ma che, inoltre, questi giovani potranno sentirsi come a
New York. È proprio vero: tutto
il mondo è paese!
Il sindaco Visentin dica alla cittadinanza se ci sono ulteriori misteriosi impedimenti
Gibellino (IdV): “La Procura dopo il sequestro dei cassoni
non ha bloccato il cantiere. Ma i lavori sono ancora fermi”
Il coordinamento cittadino
dell’Italia dei Valori di Siracusa,
facendosi partecipe del disagio
della popolazione siracusana di
fronte al silenzio tombale successivo al sequestro cautelativo
dei “cassoni” della nostra Marina, chiede al Signor Sindaco della nostra città di chiarire qual è la
posizione dell’Amministrazione
nei confronti di questa ulteriore
incresciosa vicenda.
Non vorremmo che, facendosi
scudo e sfruttando l’ iniziativa
giudiziaria, si volesse spostare il
tiro dalle reali responsabilità che riguardano, fino a prova contraria, l’uso di cemento depotenziato da parte della ditta appaltatrice
e la scarsa attenzione dell’ufficio tecnico competente, scaricando
la responsabilità dei ritardi sulla Procura della Repubblica che,
d’altronde, nota bene, non ha bloccato i lavori del cantiere.
Visto che, ad oggi, non risulta alcuna ripresa di attività da parte
del suddetto cantiere, ci chiediamo e chiediamo al nostro Primo
Cittadino se per caso sussistano ulteriori impedimenti di cui non
siamo al corrente o se siamo di fronte al solito becero gioco di una
politica che di fronte all’opinione pubblica cerca di non assumersi
le proprie responsabilità (che sono tante), scaricandone il peso su
chi svolge con impegno il proprio ruolo istituzionale.
Il Coordinatore dott. Gaetano Gibellino
Organizzato da 25 associazioni: “La serenità non si può compensare”
Corteo contro il rigassificatore
oggi pomeriggio a Priolo
In concomitanza alla manifestazione che si terrà a Livorno,
anche Priolo Melilli e Augusta hanno deciso di sfilare oggi
per le vie cittadine di Priolo Gargallo per ribadire di essere
contro la realizzazione dell’impianto di rigassifigazione. Si
partirà da Piazza Reno (San Focà) alle 16,30 e si percorreranno le vie Salso, Pentapoli, Castel lentini per arrivare poi
in Piazza 4 Canti.
Il presidente del Comitato dell’associazione culturale “Priolo
Parla”, Stefano Pennisi, ha sintetizzato i motivi della manifestazione in una nota. Sicurezza e salute sono al primo posto
ma anche l’occupazione, vi si dice, “è un diritto sancito dalla costituzione e passa da una pianificazione seria del futuro
della zona industriale e non da continui provvedimenti tampone”. I manifestanti ammoniscono che “la serenità di un popolo non si può compensare” e, del resto, “il nostro territorio
ha già contribuito alle esigenze di interesse nazionale”. Se nel
triangolo industriale si vuole passare dal polo chimico al polo
energetico, prima di tutto “occorre bonificare e ammodernare
l’area” e in seguito è opporthno scegliere “tecnologia e innovazione eco compatibili e sostenibili”.
Alla manifestazione aderiscono: Ass. Culturale “Priolo Parla”, Comitato Priolese No al Rigassificatore, PD, Libera Democrazia, UDC, Associazione Liberamente, Associazione
Risvegli, Con Toppi per Priolo, Cittadini Attivi, Movimenti
Democratici, IDV, Comitato in difesa del referendum STAVOLTA DECIDI TU, Federazione Provinciale dei Verdi,
Associazione Neverland, Legambiente, Rifondazione Comunista, La Sinistra Priolo, Polisportiva Angelo Custode, Sinistra Ecologia Libertà di Siracusa, Decontaminazione Sicilia,
AugustAmbiente, Comitato No al Rigassificatore di Melilli,
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13 Marzo 2010
“Si è ricorso agli interinali quando occorrevano maestranze per lavori specifici e a tempo
Il presidente Lo Monaco: “Il canone non è per l’acqua in sé
ma per trasporto, elettricità, serbatoi, condutture e altro”
Il presidente del CdA della Sai 8, dott. Riccardo
Lo Monaco, spiega i motivi che lo hanno indotto
a tenere una conferenza stampa: confutare le ‘false’ accuse, rivolte tendenziosamente da giornali,
politici, cittadini e comitati, aggiungendo che: “il
canone non è dovuto per l’acqua in sé ma per una
serie di servizi e di costi. Fra questi vi sono: trasporto, elettricità, tubi, serbatoi, condutture e poi
la purificazione dell’acqua di ritorno”.
Sulla situazione dei lavoratori, spiega: “Nella
nostra società ci sono lavori che vengono effettuati tutti i giorni e altri che richiedono l’intervento di maestranze per lavori specifici dalla durata ben precisa: in questo caso, si è fatto ricorso
agli interinali”.
Il prof. Bartolo Pellegrino promette: “Quando
saranno ultimate le procedure, gli abitanti di
Casebianche zona Vecchiolepre, che da 30 anni
abitano lì, avranno finalmente una rete fognaria
e idrica”.
“Da un lato ci chiedono di costruire le opere, dall’altro ci viene impedito di farlo”
Ferraglio (Sai 8): “Tra progetti e finanziamenti bloccati 60 milioni
Per gli investimenti non possiamo far nulla se non aspettare”
Il POT contiene scadenze irrealizzabili.
La SAI 8, attraverso il suo manager, ingegner Ferraglio, nella conferenza stampa
svoltasi pochi giorni fa è stato categorico:
“I tre anni stabiliti per la realizzazione del
piano territoriale ottimale sono pochi perché si pensava che i progetti, che hanno
un valore circa di 70 mln di euro tra finanziamento pubblico e privato, fossero
realizzati e collaudati entro quella data.
Oggi noi dobbiamo registrare che non è
così. In questo momento, gli unici due
impianti che stiamo seguendo, Palazzolo e il depuratore di Siracusa, hanno un
valore di 5 mln 470 mila euro. Dopo di
che, abbiamo 13 mln 600 mila euro in
attesa di finanziamento, fermi all’Arra;
circa 26 mln e 100 mila euro, in attesa di
approvazione all’ATO, abbiamo progetti
di variante della PQ in fase d’istruttoria,
pari a circa 9 mln e in attesa della ratifica
dell’Arra, più altri 10-11 mln sempre per
la medesima variante. Gli unici progetti in corso approvazione sono pari a 6,5
mln. Sostanzialmente non possiamo fare
più nulla, se non aspettare che qualcuno
ci dia la possibilità di realizzare gli investimenti. Invece le manutenzioni, come si
vede tutti i giorni sulle strade, ordinarie
e straordinarie, aumentano vertiginosamente perché se non si fa un intervento
corposo sulle reti fognarie e idriche si va
a riparare solo le perdite, buttando via denari. Da un lato, ci viene chiesto perché
non investiamo e dall’altro ci viene impedito di farlo. È una situazione assurda, le
cui ricadute sono sull’utente”.
Sulla questione dell’albo delle imprese,
dice: “Noi sin dall’inizio, ci siamo dotati di un regolamento per cui c’è un albo
delle imprese fornitrici. Tutte le imprese
siracusane, visto che il contratto prevede
un occhio di riguardo verso di loro, possono chiedere di essere inserite purché ne
abbiano i requisiti. Tale elenco l’abbiamo
fornito al consorzio ATO circa sei mesi
fa”.
Sul discorso degli allacci recita un mea
culpa ammettendo che i tempi sono troppo lunghi, ma dicendo anche: “ci sono gli
spazi per ridurli enormemente”.
“Giusto lamentarsi se una bolletta ha dati falsati ma è stato il Comune a darci le anagrafiche”
Casadei: “Siamo noi a chiedere all’ATO come sono stati distribuiti
i 2,2 milioni che abbiamo già dato e gli 1,4 che versiamo oggi”
La dottoressa Casadei parla
della querelle su fideiussione
e contratto di finanziamento,
sostenendo che: “la prima, rilasciata da Banca Intesa, vale
3 mln di euro ed è stata consegnata all’ATO alla stipula del
contratto, esattamente come
prevedeva il bando di gara.
Non comprendiamo le motivazioni per cui taluni parlino
di fideiussioni non consegnate o non rispettose di quanto
stabilito. Diverso è il riferimento ai tanto citati 14 mln di
euro. Questi si riferiscono a
un contratto di finanziamento
che, secondo l’accordo sottoscritto con l’ATO l’8 febbraio
2008, doveva essere firmato
con la banca entro quattro
mesi da tale data: l’abbiamo
fatto. Le illazioni riguardanti
l’inaffidabilità della società o,
peggio ancora, il non rispetto
delle clausole contrattuali le
respingiamo al mittente”.
Sul canone di gestione, precisa: “Mai l’ente gestore ha
pensato di non pagare il canone, però vorrebbe pagare solo
quello che è dovuto: più volte
è stato detto che l’acquisizione dei Comuni sarebbe avvenuta, secondo un accordo
sottoscritto con l’ATO, nei tre
anni successivi alla data di
sottoscrizione del contratto.
Era scontato, dal nostro pun-
to di vista, che quei Comuni
che ancora non erano gestiti
da Sai8, introitando le tariffe
derivanti dalla gestione del
servizio idrico, pagassero da
sé i propri mutui. L’ATO non
la pensa così: ci è stato scritto che, nel caso non avessimo
provveduto al pagamento, la
gestione sarebbe stata interrotta. In data odierna daremo
mandato alla banca di procedere al pagamento, anche
se lo riteniamo un atto non
dovuto. Va precisato che tutto questo ha un’incidenza rispetto ai rincari che stiamo
applicando, di circa il 20%.
Da ultimo va detto che esiste
un articolo della convenzione
che obbliga l’ATO a concertare col gestore la distribuzione
di queste cifre: noi ci accontenteremmo che si limitasse
a rendicontarle. Chiediamo
all’ATO come siano stati distribuiti 2,2 mln di euro che
finora
abbiamo
versato
(2008-09) e sopratutto, come
intende usare gli 1,4 mln che
verseremo oggi”.
Sui numerosi disguidi della
Sai8, ammette: “E’ giusto che
ci si lamenti col gestore se
una bolletta non arriva correttamente, ma si deve anche sapere che le anagrafiche le abbiamo ricevute dal Comune”.
Sull’acquisizione dei Comu-
ni, spiega: “Buona parte di
quelli che avremmo dovuto
acquisire nel secondo anno
non vengono ancora gestiti
da noi, nonostante sia stato espressamente richiesto
all’ATO di provvedere alla
consegna degli impianti. Abbiamo inoltre chiesto, ormai
da più di un mese, di poter
acquisire anche la gestione
di quei Comuni che avremmo
dovuto rilevare a partire dal
terzo anno: a tutt’oggi non
abbiamo ricevuto riscontri.
Questo crea una grave danno
economico e finanziario”.
Circa il presunto atteggiamento vessatorio, la dirigente sostiene che il fatto che
“arrivino due bollette spesso è dovuto a inadempienze
dell’utente, anche nei confronti di SOGEAS. Detto questo, la procedura che noi seguiamo attentamente prevede
che, se dopo 240 giorni dalla
data di scadenza l’utente non
ha pagato o non ha contattato
l’azienda, per contestare errori o chiedere una rateizzazione, avvenga il distacco. Sai8
vive delle bollette degli utenti, quindi non può non chiedere di essere pagata”.
E veniamo al problema dei
lavoratori dell’azienda: “Nel
bando di gara – è la risposta
di Sai 8 - era previsto che tutti
i dipendenti assunti alla data
del luglio 99 dovevano essere
obbligatoriamente assunti da
sai8. E’ stato fatto esattamente questo, anzi la proposta di
assunzione è stata estesa a
tutti i dipendenti, anche presi
in data successiva”.
Sulle quote di partecipazione, spiega: “si richiese ai soci
di aumentare il capitale per
disporre di maggiori risorse,
senza dover così ricorrere al
mercato del credito”.
La dottoressa Casadei conclude parlando di carta dei ser-
vizi e bozza di regolamento:
“La prima è stata consegnata
a settembre 2008, la seconda
a maggio 2008 in una prima
versione e, un anno dopo, in
una nuova con le modifiche
imposte dall’ATO”.
13 Marzo 2010
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Bellassai (servizio rischi ambientali): “Le industrie possono resistere a un terremoto”
Tarascio (Protezione Civile): “Nel territorio il rischio più grave
è l’eventuale formazione di una nube tossica su Belvedere”
di ISABELLA MAINENTI ([email protected])
Ultimamente nel nostro Paese
si sente spesso, forse troppo,
parlare di protezione civile. Tra
scandali ed emergenze non c’è
proprio pace! Nel sito della protezione civile si legge: “le parole
‘protezione civile’ indicano tutte
le attività e le strutture predisposte dallo Stato al fine di tutelare
l’integrità della vita, i beni, gli
insediamenti e l’ambiente dai
danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da
catastrofi e da altri eventi calamitosi”. E a noi della Civetta non
può non sorgere una domanda: e
a Siracusa? Quanto siamo tutelati
dalla protezione civile?
Tante sono le tematiche che si
possono affrontare trattando della protezione civile, da quella
del disastrato centro operativo
su un’area di 44 mila mq completamente degradata, all’attività
di prevenzione e controllo nella
zona industriale. Tanto si è detto
in passato. Per esempio sul web
scoviamo un’intervista al Quotidiano di Sicilia del 13 febbraio
di Salvatore Cocina, ex dirigente
generale della protezione civile
servizi rischi ambientali e industriali, che dichiara la criticità nei
sistemi di sicurezza all’interno
delle tre aree a grande rischio
ambientale. In relazione a Priolo rivela poi che alcuni impianti
entrati in funzione circa sessant’anni fa (o comunque prima
del 1981-82) non hanno garanzie
sotto il profilo antisismico e che
sussistono per determinate località gravi problemi in relazione
alle vie di fuga in caso di incidente. E riprendiamo anche un’intervista di qualche settimana fa della nostra Stefania Festa a Biagio
Bellassai, architetto del servizio
rischi ambientali di Siracusa,
che sostanzialmente nega quanto
detto da Cocina affermando che
“le strutture delle zone industriali sono, come tutte le strutture di
un qualsiasi impianto industriale, progettate per poter resistere
anche ad azioni sismiche. (…)
Comunque la zona industriale
è stata già progettata in origine
con determinati canoni di sicurezza. Bisogna vedere se poi nel
tempo questi margini di sicurezza sono stati mantenuti, se sono
state fatte le manutenzioni. Tutte
le strutture sono state autorizzate
dal genio civile. Probabilmente
le aziende più antiche forse non
sono state adeguate, ma questo
non è compito di protezione civile”. Per quanto riguarda invece
le vie di fuga, Bellassai, concordando con Cocina, ammette che
nelle aree di Priolo e Augusta ci
sono delle difficoltà oggettive
per la conformazione degli stessi
comuni. E lo stesso vale per le
aree dei centri commerciali da
cui si esce per una sola strada la
cui fruibilità è resa ancora più
complessa dalla presenza delle
rotatorie.
Basandoci sull’intervista a Biagio Bellassai e sulle dichiarazioni di Salvatore Cocina, abbiamo
rivolto le nostre domande al dottor Sebastiano Tarascio, tecnico
della scientifica e della pianificazione della protezione civile.
La protezione Civile ha ancora
il proprio centro operativo sito
presso l’ex base Agip? Se si, in
che condizioni è al momento
il sito?Versa ancora in condizioni di degrado e abbandono
o sono stati investiti dei fondi
per ridargli dignità?
“Il Centro Operativo Comunale
(C.O.C.) è attualmente ubicato
presso l’ex base Agip in via Elorina, 148. Inizialmente era dislocato in un altro fabbricato ora
inagibile e sono stati effettuati
dei lavori che finalmente hanno
messo in condizioni noi operatori di lavorare con maggiore
dignità”. Il trasferimento cui si
riferisce Tarascio è in realtà uno
spostamento di 50 metri, un passaggio da un prefabbricato all’altro per problemi di ‘buchi ai pavimenti’che rendevano inagibili
le strutture.
Tempo fa si era diffusa noti-
zia dell’allestimento del nuovo
centro operativo (7500mq) sulla 124 per Floridia con un’area
per attendamenti e container
di 74mila mq. Sarebbero dovuti essere stanziati 6 miliardi
e mezzo di lire per queste procedure. Cosa c’è di realizzato
rispetto a questi progetti?
“Il nuovo centro operativo comunale sarà ubicato, non appena
costruito, sulla SS124 per Floridia. I progetti sono stati già approvati da tempo e siamo in attesa dell’aggiornamento dei prezzi
e la relativa rimodulazione delle
spese da parte dei progettisti, per
via del tempo perso purtroppo a
causa degli espropri. Il sito relativo al Centro Operativo Comunale è circa mq 5.000 con un finanziamento originario di 5 mld
di vecchie lire, mentre accanto è
prevista un’area polifunzionale
di circa 80.000 mq per tende e
roulotte con un finanziamento di
11 mld di lire”.
Si suole distinguere in genere
tra aree di attesa, aree di ricovero e aree di ammassamento.
Quali sono in teoria le caratteristiche-tipo di ogni specie
di area e realmente quali frazioni del territorio siracusano
le possiedono? Tanto per fare
un esempio: tra le aree di attesa vi è via Ozanam nella zona
Epipoli. Non sembra un’area
“pronta” ad accogliere la cittadinanza in caso di pericolo,
quanto, invece, campagna allo
stato brado.
“Ecco una distinzione tra le aree
di emergenza previste nel piano
di emergenza sismico:
-Area di raccolta o di attesa: aree
o slarghi a bassa vulnerabilità
che devono essere raggiunte dalla popolazione dopo un evento
sismico (se necessario).
-Aree di ricovero o attendamento: aree o slarghi a bassa vulnerabilità dove verranno installate
le tende per il ricovero dei senza
tetto a causa di in sisma.
-Aree di ammassamento: aree
o slarghi a bassa vulnerabilità
dove verranno ammassati i soccorsi che verranno utilizzati per
l’emergenza.
Tutte le zone del territorio di Siracusa sono in possesso di aree
di raccolta e di ricovero. Le aree
di ammassamento sono ubicate una presso il campo SIS alle
spalle del bar Gelati Sun di viale
Paolo Orsi, ed una in Viale Epipoli alle spalle di Zuccalà. Le
aree di raccolta devono essere se
possibile ubicate in slarghi ubicati lontano da pericoli derivanti
da eventuali crolli e facilmente
raggiungibili dai mezzi di soccorso: a volte, purtroppo non è
così facile trovarle in quartieri
“saturi” come quelli dei centri
storici. Tuttavia le aree ubicate
in zone o quartieri come Epipoli,
che hanno strade molto larghe e
malgrado a volte necessiterebbero di manutenzioni non sempre
così puntuali, sono, come la via
Ozanam, sicuramente a bassissima vulnerabilità sismica”.
Il nostro territorio corre dei
rischi dal punto di vista geologico e idrogeologico?
“Dal punto di vista del rischio
geologico, la nostra città è tra le
più fortunate di quelle ubicate in
Sicilia, al contrario la mancata
pulizia di canali e torrenti aumenta da vulnerabilità dal punto
di vista idrologico (vedi bacini di
Anapo). Nel settembre del 2003
le forti piogge che si abbatterono nel nostro territorio misero in
evidenza i nostri punti critici che
in parte vennero risolti dagli enti
preposti”.
La zona industriale possiede
delle strutture progettate per
resistere ad azioni sismiche?
Vengono fatti dei monitoraggi
nella zona industriale per saggiare la conformità delle strutture ai canoni di sicurezza?
“Le strutture a rischio presenti nella zona industriale sono
antisismiche e in caso di sisma
vanno in blocco per sicurezza. Parecchi scenari sono stati
studiati nei piani di emergenza
delle industrie ubicate nel nostro
territorio e nei piani di emergenza esterni studiati dagli enti
pubblici. Parecchie esercitazioni
vengono effettuate ogni anno per
testare il grado di efficienza degli impianti e la risposta immediata che i comuni devono dare
subito dopo un evento”.
Quali sono i rischi maggiore
che la popolazione che dimora
nei pressi della zona industriale correrebbe in caso di calamità?
“Nel nostro territorio, il rischio
più grave che potrebbe interessarci è l’eventuale formazione
di una nube tossica che potrebbe
portarsi nei nostri centri abitati di
Belvedere e nella zona alta, anche se i venti predominanti non
prevedono tale rischio. È allo
studio un sistema di call center
capace di effettuare migliaia di
chiamate al minuto; e comunque nel piano di emergenza sono
previste delle squadre che eventualmente avviserebbero, con
l’ausilio di altoparlanti, la popolazione con molta celerità”.
Da 1 a 10 la macchina della protezione civile quanto è
pronta ad entrare in azione
in caso di necessità? Vi sono
carenz3 da un punto di vista
personale, strumentale e finanziario?
“Non è possibile valutare con
un numero il lavoro certosino effettuato dagli operatori di
protezione civile per il piano di
emergenza, tuttavia se i nostri
uffici potessero avere delle maggiori risorse finanziarie sarebbe
possibile la realizzazione in breve tempo di alcuni accorgimenti
importanti necessari ad una serena e costante programmazione
della pianificazione: meglio pianificare per tempo che correre
nelle emergenze…”
6
13 Marzo 2010
Documentato no di Decontaminazione Sicilia e AugusAmbiente al Consiglio megarese
Nella zona del rigassificatore anche incidenti modesti
potrebbero innescare catastrofici effetti domino
Ecco il documento presentato
lunedì scorso al Consiglio comunale di Augusta da Decontaminazione Sicilia e AugustAmbiente, le due organizzazioni
che da anni lottano contro la
devastazione dell’ambiente in
tutta la zona industriale.
“L’Assessorato Territorio e
Ambiente, in relazione alla
richiesta avanzata dalla Società Ionio Gas per il rilascio
dell’autorizzazione per la costruzione di un terminale di
rigassificazione di gas naturale
liquefatto (GNL) da realizzarsi nel Comune di Melilli, nella
Conferenza dei servizi conclusiva, tenutasi a Palermo il
26/11/2009, ha rappresentato
quanto segue: “il sito scelto per
la realizzazione dell’opera è
ubicato su un tratto di costa che
vede la presenza di stabilimenti
che determinano la movimentazione, nel porto di Augusta,
di oltre 50 milioni di tonnellate
annue di merci, che riguardano
principalmente prodotti petroliferi”.
“La presenza massiva dei suddetti impianti ha determinato la
dichiarazione della zona “area
ad elevato rischio di crisi ambientale”. Come riportato nel
DPR 17/1/95: «Le attività produttive del Polo petrolchimico
ed i relativi stoccaggi di sostanze pericolose per caratteristiche di tossicità e/o infiammabilità risultano concentrati in
una ristretta fascia di territorio
dislocata lungo la costa. Tali
insediamenti sono classificabili
industrie a rischio ai sensi del
D P R 175/88, in quanto fonti
di rischio di eventi incidentali
signifìcativi in termini di estensioni areali e gravità delle con-
seguenze per la popolazione.
Infatti possono determinare effetti assai gravi, soprattutto sulle aree urbanizzate circostanti
gli insediamenti industriali».
“Infatti nell’Inventario Nazionale degli Stabilimenti suscettibili di causare incidenti
rilevanti, predisposto dal Ministero dell’Ambiente ai sensi
del D. Lgs. 334/1999, sono inclusi alcune attività produttive
del nostro polo petrolchimico
come la Raffineria Esso, la Sasol Italy, la Polimeri Europa, la
ISAB Raffinerie Impianti Nord
e Sud, la Isab Energy, la Jonica
Gas (deposito gas liquefatti), la
Pravisani (produzione/deposito
esplosivi), la Maxcom Petroli di Augusta, la Air Liquide e
l’etilenodotto da Priolo a Ragusa e a Gela.
“Una condizione di rischio per
il territorio è legata, oltre che
agli impianti presenti e agli
stoccaggi di sostanze infiammabili e/o tossiche, anche al
trasporto di sostanze pericolose, in particolare di quello da
o verso gli stabilimenti ubicati nell’area, soprattutto lungo
la ex SS-114 che costeggia la
zona industriale, la nuova Catania Siracusa, la rete ferrovia
nella tratta Augusta-Targia, i
pontili nel porto di Augusta e,
nella baia di Santa Panagia, la
rete di condotte che attraversano l’area e collegano fra loro
alcuni stabilimenti.
“Per i motivi suesposti il parere dell’Assessorato Regionale
T. A. è stato negativo, parere
che si è basato anche su una serie di altri rischi: la prossimità
dell’impianto proposto ai centri abitati; il rischio sismico con
conseguente rischio maremoto;
il rischio militare con possibilità di attentati; il rischio da
traffico navale; la linea ferrata
all’interno di aree destinate a
deposito gas.
“A comprova di ciò citiamo
la relazione dell’ex dirigente
generale del Dipartimento Regionale della protezione civile
Servizi rischi ambientali e industriali di Siracusa, Salvatore Cocina, dalla quale emerge
come nel polo petrolchimico
Priolo-Melilli esiste una situazione preoccupante, contrassegnata da un elevato numero di
incidenti. Dai dati riportati in
una tabella, relativa al periodo
gennaio 2007 - dicembre 2009,
sono 193 quelli accaduti, dei
quali 96 solo nella raffineria
Isab Impianti Nord, proprio
dove dovrebbe sorgere il rigassificatore. In detta relazione viene ipotizzata l’esistenza
di una qualche “fragilità” nel
sistema impiantistico nell’area
della raffineria dell’Isab Nord.
“Nella lista non è compreso
l’incidente rilevante del 30
aprile 2006 accaduto proprio
alla Erg Nord, che causò ingenti danni e la chiusura per
tre giorni dei collegamenti
ferroviari e stradali. Né si può
dimenticare la disastrosa esplosione dell’Icam del maggio
1985, impianto che fu necessario ricostruire ed adiacente
al sito destinato ad ospitare il
rigassificatore.
“Pertanto il rigassificatore,
anche se è sicuramente un impianto che con le dovute cautele è relativamente sicuro, non
è tale se immesso in una situazione di rischio preesistente e
sottoposto ad effetto domino.
“Dato il sito prescelto, anche
un incidente non immediatamente catastrofico, avrebbe
grandi probabilità di innescare
un effetto “domino” che potrebbe concretizzarsi in un rischio disastroso per gli insediamenti umani limitrofi, in aperto
contrasto con le Direttive Seveso 96/82/CEE e 2003/105/
CEE che consigliano la loro
ubicazione in aree isolate o
off-shore a 15-20 km dalla costa. Quest’ultima allocazione è
stata reputata inattuabile dagli
stessi ingegneri della Ionio Gas
per il tipo di fondali marini e
noi aggiungiamo perché ad 8
km al largo, parallelamente
alla costa, passa la faglia ibleomaltese.
“Inoltre l’adozione obbligatoria delle norme della circolare 11/12/2006 dell’IMO
(International Maritime Organization), che regolamentano
il traffico della gasiere, prescrive una “zona di sicurezza
di 2 chilometri di raggio” attorno all’impianto, nella quale
sono permanentemente vietati
il transito, l’ancoraggio, lo
stazionamento di navi in attesa
e qualsiasi altra attività durante le operazioni di scarico del
GNL”.
Alte quanto un palazzo di dieci piani, il loro pescaggio potrebbe smuovere i fanghi tossici
Ogni anno arriverebbero nel porto 150 navi metaniere
che paralizzerebbero il traffico portuale. Altro che hub!
“L’incompatibilità del rigassificatore appare evidente, non soltanto con i traffici marittimi militari e Nato (il cui pontile disterebbe circa 200 m.
dall’attracco della metaniera) ed i programmi di
sviluppo dei traffici marittimi commerciali, ma
anche con l’operatività attuale del Porto. Infatti
ogni anno arriverebbero nel porto 150 metaniere
che per circa 24 ore paralizzerebbero il traffico
portuale: altro che pensare a porto hub!
“Qui di seguito si riportano le conclusioni dell’Assessorato Regionale T. A. a firma
dell’Avv. Rossana Interlandi Dirigente Generale
e del Dott. Antonino Cuspilici Dirigente responsabile Aree a rischio della Sicilia “Il sito prescelto ha un grado di pericolosità tale da rendere necessario un approfondimento e una riduzione del
rischio prima della realizzazione di un impianto
quale è il rigassificatore e pertanto non risulta
coerente con i principi di risanamento ambientale e di contenimento e riduzione dei rischi con
il Piano di Risanamento ambientale che prevede
la bonifica del porto e dei siti contaminati. Per
quanto sopra rappresentato, nell’ottica della prevenzione, della sicurezza e del contenimento e
riduzione degli incidenti derivanti dai rischi prima evidenziati, si esprime parere negativo alla
realizzazione dell’opera nell’area prevista dal
progetto. L’opera potrebbe risultare compatibile
con il territorio interessato qualora si riuscisse
ad abbassare il livello di rischio che lo caratterizza”.
Di fatto dovrebbero scomparire le industrie esistenti ed i loro camini perennemente accesi!!
“Ai motivi elencati dall’Assessorato T. A., che
ostano la realizzazione del rigassificatore nel
sito scelto dalla Ionio Gas, noi aggiungiamo
altre importanti controindicazioni ed irregolarità: 1) il grave problema del risollevamento dei
fanghi inquinati da mercurio e da altre sostanze
tossiche presenti per molti metri di spessore nel
porto di Augusta, risollevamento determinato
dal moto e dal pescaggio delle metaniere; 2) la
mancata valutazione dell’impatto dell’uso del
cloro come biocida nel trattamento delle acque
di scarico del terminale GNL (circa 50.000 t/
anno); 3) il raddoppio del metanodotto che devasterebbe il territorio; 4) la mancata informazione ai cittadini residenti ai sensi della Direttiva
96/82/CE, recepita con D. Lgs. 17 agosto 1999
n. 334, all’art. 23, la quale prevede che la popolazione interessata deve essere messa in grado
di esprimere il proprio parere in caso di progetti
relativi a nuovi stabilimenti a rischio di incidenti
rilevanti. Al contrario la Ionio Gas ha addirittura
presentato ricorso al Tar contro l’indizione del
referendum consultivo del Comune Priolo sul
rigassificatore di Melilli!! 5) il 19 marzo 2009 la
Commissione Europea ha messo in mora l’Italia
per violazione dell’art. 13 par. 1 della Direttiva
96/82/CE per non avere informato i cittadini
delle misure di sicurezza previste per i piani di
emergenza esterni (PEE) che ad oggi non sono
stati pubblicizzati pur essendo il progetto già in
fase autorizzativa; 6) violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza: la legislazione italiana ha sottratto al rischio d’impresa i gestori
degli impianti di rigassificazione con delibera n.
178/2005 dell’Autorità Nazionale per l’Energia,
che impegna lo Stato a rimborsarli delle perdite
in caso di riduzione o mancanza dell’afflusso di
metano.
“Lo Stato Italiano si impegna a corrispondere per
20 anni ai gestori di impianti di rigassificazione
il 71,5% dei ricavi di riferimento anche in caso
di inutilizzo dell’impianto (ovviamente il denaro
necessario proverrebbe dalle nostre bollette).
“Non va ignorata la circostanza che i Paesi produttori di GNL (Paesi “liquefattori” per un totale
di 17 impianti) non hanno tanta disponibilità di
gas da far fronte alle richieste dei 53 rigassificatori già esistenti su tutto il pianeta. E’ ragione-
vole, quindi, dedurre che i ben 15 rigassificatori progettati in Italia potrebbero restare a corto
di rifornimenti ed i gestori avrebbero lo stesso
gli utili derivanti dal dettato della citata delibera, mentre a noi rimarrebbe solo il pericolo e
il danno economico, ed i 50 posti di lavoro del
rigassificatore di Melilli diventare 50 nuovi cassaintegrati .
“Quando il rigassificatore funzionerà a regime, 50 nuovi posti di lavoro non risolveranno
il problema occupazionale, mentre le bonifiche
del porto e dei siti inquinati, la messa in sicurezza degli impianti esistenti, la possibilità di un
grande porto commerciale al centro del mediterraneo, ne creerebbero migliaia e ne gioverebbe
anche la nostra salute.
“Il rigassificatore può essere costruito a qualche
decina di km di distanza in altra area non a rischio dove la possibilità di incidenti sia estremamente rara.
“Ciò che abbiamo percepito durante le campagne referendarie di Melilli e Priolo, conclusesi
con un NO plebiscitario al rigassificatore, è che
le popolazioni del triangolo industriale non vogliono compensazioni per i rischi ma chiedono
di vivere in maggiore sicurezza ed in un ambiente più salubre”.
13 Marzo 2010
7
“La classe politica oggi ha capito di aver avuta troppa fiducia in alcuni personaggi”
Pippo Mangiafico: “So di dire cose spiacevoli. A Siracusa
non ci sono imprenditori, solo costruttori ed è già dire molto”
di ODDO – DE MICHELE
Ci sono un paio di cose per cui stravede: la Madonna e l’Italia.
La Madonna, a suo dire, l’ha acciuffato in punto di morte e l’ha
riportato ai suoi cari (“Io l’ho vista”, ci dice. “Mi è apparsa in una
gran luce”); l’Italia lo fa struggere al punto che accarezza l’idea,
poi non è detto che lo faccia, di foderare di bianco rosso e verde
il palazzo che sta costruendo accanto all’Agenzia delle Entrate.
Per la Madonna ha costruito una grande statua all’ingresso della Mazzarrona; per l’Italia, quest’estate a Zakopane, una località
montana della Polonia, dinanzi a un nutrito gruppo di leghisti ha
improvvisato a squarciagola un “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta” che ha coinvolto tutti i turisti italioti, direttore della Civetta
compreso. C’è poi un’altra cosa che da uno come lui non ti aspetti. Non ti aspetti che uno di sessantanove anni si scateni in balli
già indiavolati per conto loro, con energia e resistenza.
Parliamo del dottor Giuseppe Mangiafico, ex sindaco di Solarino,
uno che poteva diventare deputato, che stava diventando presidente della Camera di Commercio al posto di Colajanni (una storia tutta da scrivere) e che poi alla fine è diventato imprenditore
edile. “Imprenditore – dice -, non costruttore” e vediamo subito
perchè nell’intervista a due voci, di Franco Oddo e di Marina De
Michele.
Oddo. Anni fa mi trovavo al Teatro Greco di Siracusa insieme
al direttore dell’Opera di Varsavia e a un noto palazzinaro
siracusano. Il direttore dell’Opera, Slavomir Pietras, dinanzi
alla vastità del paesaggio, mormorò: “Mi sento schiacchiato
da tremila anni di storia!” Il palazzinaro indugiò con lo sguardo sulla prospettiva del Porto Grande e disse: “Un palazzo qui
avrebbe avuto un panorama superbo”. La mia domanda è: i
costruttori hanno un’anima, passioni sociali, orgogli identitari o in nome dell’affare e del mercato sono sordi a qualsiasi
richiamo culturale?
“Cercherò di rispondere. Vorrei distinguere due figure: quella del
costruttore e quella dell’imprenditore. Il primo è colui che si avvale delle leggi ma spesso sfiora l’illegalità e per arrivare a un
profitto immediato, o di breve termine, arriva a violentare e distruggere il territorio.
L’imprenditore invece, se è un imprenditore illuminato, cerca di
raggiungere un obiettivo di crescita, di migliorare il territorio e
insieme di operare sulla scorta delle leggi dell’economia, certo
per ottenere che i ricavi siano superiori ai costi ma insieme per
contribuire a un benessere collettivo. Due figure lontane quindi.
A Siracusa, so di dire cose che non piaceranno, per la maggior
parte non vi sono imprenditori bensì costruttori, anzi, a volte, è
già molto dire costruttori”.
Oddo. Eppure nel sentire comune, anche nello stesso giudizio
della classe politica, non sono pochi i costruttori che passano
per imprenditori.
“Ritengo che la classe politica di oggi, dopo tutte le esperienze
che la città ha avuto, abbia capito di aver avuto troppo fiducia in
personaggi che nulla avevano a che fare con gli imprenditori e che
erano piuttosto dei violentatori del territorio”.
De Michele.Ma se realmente ci fosse tale consapevolezza, oggi
vedremmo comportamenti consequenziali che non sembra vi
siano. Che cosa la induce a pensare che vi sia questa nuova
lungimiranza?
“Si avverte da più parti una certa preoccupazione per quanto sta
accadendo a livello urbanistico, un desiderio di tornare indietro,
ciò a prescindere da alcune posizioni oltranziste e veementi che a
me paiono in verità strumentalizzate da alcuni. Penso agli attacchi
di alcune associazioni ambientaliste”.
Oddo. In effetti, sebbene al momento dell’approvazione il prg
di Siracusa sia stato presentato dall’allora sindaco Bufardeci
come un evento storico, esso ha suscitato moltissime perplessità e proteste in vari ambienti, inducendo la stessa commissione consiliare all’urbanistica a un lungo lavoro finalizzato a
correggerne le storture. In particolare si eccepisce che il Piano
permette un’eccessiva cementificazione della costa, sconvolge
la salvaguardia delle aree intorno alle mura dionigiane, stravolge alcuni importanti scorci paesaggistici. Secondo lei queste critiche sono fondate?
“Il piano regolatore è legge “disegnata” per cui lo sforzo fatto da
La città a cui non ti abitui
Tremiliia-manutenzione stradale da 13 giorni... finchè qualcuno si ammazza
tutto il consiglio comunale, dal centrodestra come dal centrosinistra, ha consentito di avere uno strumento per lavorare senza
creare abusivismi. Il nostro prg, che è stato valutato anche da tutti
gli organi tecnici e dagli ordini professionali, ha avuto il beneplacito di tutti, però oggi quelli che lo hanno approvato, i politici
come i tecnici, fanno il mea culpa e non dovrebbero. Io difendo
l’operato di Bufardeci, un uomo del fare, ma nel prg c’è un vizio originario, di impostazione, che in parte ne mina la validità.
Alle imprese di costruzioni si sarebbe dovuto imporre di cedere
al Comune un 50% dell’area edificabile per creare spazi vivibili,
per realizzare servizi, per migliorare l’estetica della città. Ma qui
ritorna il problema sollevato prima: mancano i veri imprenditori
e chi costruisce non solo non è disposto a cedere nulla ma cerca
anche di non sottostare alle regole per ottenere il massimo con il
minimo impegno finanziario”.
Oddo. Un problema di controlli, quindi!
“Certo, i controlli dovrebbero essere più stringenti e capillari e
anche la commissione urbanistica dovrebbe vigilare perché si applichi la legge generale”.
De Michele. Non crede che nei regolamenti edilizi l’amministrazione comunale avrebbe dovuto imporre regole costruttive più moderne, più rispettose dell’ambiente, più attente al
risparmio energetico e alla bioedilizia?
“Il futuro dell’imprenditoria è proprio nel trovare un punto di
equilibrio nel rispetto del territorio, nel guardare anche al costo
finale dell’opera per cui un edificio deve mantenere prezzi accessibili, non improponibili, che sarebbero insostenibili per i più, e
insieme dare all’acquirente il massimo delle nuove tecnologie”.
Oddo. Lei è stato sindaco di Solarino. Si ha la sensazione che
da qualche tempo, in seguito alla riduzione dei trasferimenti
dallo Stato, alcuni comuni della provincia, soprattutto quelli
più piccoli, qualunque sia il colore politico dell’amministrazione, hanno potuto tirare avanti solo con gli oneri di urbanizzazione e pertanto hanno dato una sorta di via libera all’edilizia. “Senza tali oneri - mi diceva un sindaco - i trasferimenti
statali non sarebbero sufficienti nemmeno a pagare gli stipendi”. Lei è d’accordo con chi dice che, fino a quando l’abuso del
suolo significherà maggiori entrate per i comuni, la battaglia
per uno sviluppo edilizio ragionato sarà sempre persa?
“Vorrei andare alla base del problema senza offendere nessuno.
La politica è amore verso il prossimo, servizio, progettualità.
Molti sindaci hanno perso di vista questi principi fondamentali
per cui pensano soltanto di dover gestire potere, ma il potere distrugge se non si crea equilibrio e coesione fra chi governa e chi
è amministrato. Se pagare gli oneri di urbanizzazione e il costo
di costruzione è un peso per tanti imprenditori, vuol dire che con
un edificio pensano di arricchirsi, ma se il lucro è quel quid del
10% - questo sarebbe il giusto - più il 13% degli oneri generali,
allora si possono affrontare tranquillamente tanto gli oneri di urbanizzazione quanto il costo di costruzione. Non solo: è indispensabile costruire sempre guardando alla salvaguardia del contesto
ambientale e paesaggistico senza stravolgere il territorio”.
De Michele. Ma oggi si costruiscono solo quartieri dormitorio,
spesso senza alcuna cura né estetica né rispetto per la qualità
della vita. Comuni come Melilli, Floridia, la stessa Siracusa,
che hanno subito processi rapidi di inurbamento, sembrano
avere smarrito la loro identità storica, non hanno più quella comunanza di tradizioni che un tempo, in quartieri come
Ortigia e Santa Lucia, si respirava a pieni polmoni. Ritiene
che sia un’involuzione ineluttabile della modernità o che nella
classe dirigente degli ultimi quarant’anni non ci sia stata lungimiranza nelle scelte urbanistiche?
“Siracusa ancora oggi è una delle più belle città d’Italia ma occorre certo valutare il processo storico economico delle trasformazioni. Lo sviluppo caotico degli anni 80 è dipeso anche dal fatto che
molti hanno ritenuto che comprando un terreno non solo ne erano
i proprietari ma anche che ne potevano fare tutto quello che volevano, senza regole. Un difetto del Mezzogiorno, perché a nord è
stato diverso. Così si è edificato senza tenere in alcun conto tutte
le sensibilità culturali”.
Oddo. Tra i quartieri meno dotati di servizi, pubblici e privati,
quello della Mazzarrona è il più derelitto. Spesso si è parlato
di progetti di recupero ma, lanciata la proposta, l’amministrazione non ha poi fatto nulla. Eppure si dice che lei voglia puntare molti suoi investimenti proprio lì, come mai?
“Mazzarrona rappresenta il vulnus di tutte le amministrazioni, il
quartiere più abbandonato. Nell’immaginario collettivo Mazzarrona è eguale a degrado, eppure la sua posizione, le sue strade
ampie e scorrevoli, la rendono un quartiere ancora pieno di potenzialità. Io penso che possa partire una reale opera di riqualificazione a cui io intendo contribuire come uomo prima che come
imprenditore. Mazzarrona non ha bisogno di un centro commerciale perché non sarebbe questa la strada giusta bensì di servizi
pubblici, di un punto di legalità, di aree a verde, di una piazza
che sia centro di aggregazione. Esiste un vecchio progetto del soprintendente Giuseppe Voza che lì immaginava un nuovo teatro
greco: si potrebbe tornare a parlarne”.
8
13 Marzo 2010
Nella frazione si respira, coi caporali, l’aria impura dello sfruttamento di esseri umani
A Cassibile, sindaco in testa, tutti contro la tendopoli
Gli immigrati servono come braccia ma dormano altrove
di MASSIMILIANO PERNA ([email protected])
Anche quest’anno la “questione
Cassibile” ha alzato il sipario, lasciando spazio ai soliti protagonisti, alle loro consuete battute,
prese di posizione, analisi varie.
L’esplosione della vicenda Rosarno ha creato nelle istituzioni la
paura che scene di inaudita disumanità potessero ripetersi in tutti
quei luoghi rurali che periodicamente divengono tappa dei lavoratori immigrati che si spostano
da una parte all’altra del Paese
per guadagnare qualche soldo da
utilizzare per sopravvivere o da
mandare in patria. È il fenomeno
degli “stagionali”, i quali, colmi
di fatica e di silenziosa pazienza,
ormai da diversi anni riempiono
i campi di raccolta di pomodori,
fragole, patate, lattuga, agrumi,
ecc., a Foggia come a Rosarno,
nella Valle del Sele come a Cassibile. Un lavoro durissimo, sottopagato e sottoposto al dominio
illegale dei caporali, assoldati da
imprenditori italiani senza scrupoli. A Cassibile la concentrazione massima di lavoratori stagionali si ha tra l’inizio di marzo e
la fine di giugno, principalmente
per la raccolta delle patate, ma
già a fine febbraio arrivano i primi lavoratori, provenienti da altre
zone, non solo del Sud Italia. Anche quest’anno, i primi sono già
arrivati.
La mattina del primo marzo, nella piazza centrale di Cassibile, si
vedevano già i caporali all’opera, con maggiore discrezione a
causa del presidio organizzato,
in occasione dello sciopero dei
migranti, dalla Lega Antirazzista
Catanese e da altre associazioni,
con la presenza anche di qualche
media nazionale. La presenza di
una telecamera e gli occhi degli
attivisti richiedevano maggiore
prudenza, ma ciò non ha impedito di scorgere furgoncini e
automobili che, rapidamente, lasciavano salire i lavoratori “prescelti” per la giornata e poi ripartivano alla volta dei campi. Una
scena che è possibile vedere ogni
mattina e che si ripete da tempo.
Così come da tempo si può osservare il balletto monotono delle
istituzioni, con le solite riunioni
per far fronte all’emergenza, il
consueto rimpallo di responsabilità, la difesa delle proprie posizioni, l’assenza di soluzioni che
siano legate ad una progettualità
a lungo termine.
Da anni si respira, in questa
provincia e in particolare a Cassibile, l’aria impura dello sfruttamento di esseri umani giunti
qui per lavorare, ma di fronte a
tale fenomeno le istituzioni, nel
loro insieme, nulla fanno se non
organizzare tavoli di confronto,
che culminano in protocolli sterili e privi di capacità risolutive. Il
problema è che non ci può essere
un intervento serio se si continua
a ragionare in termini di ordine
pubblico e se si continua ad indicare nel migrante non la vittima bensì il responsabile della
sua condizione di non-diritto. La
soluzione approntata quest’anno
deriva direttamente dal ministero
dell’Interno, che tramite il prefetto di Siracusa ha previsto l’istal-
lazione di una tendopoli alle porte di Cassibile, per accogliere i
lavoratori stagionali, dando loro
servizi igienici e un luogo in cui
dormire. Una soluzione che, in
linea di principio, eviterebbe agli
immigrati di dover ricorrere ad
alloggi di fortuna, tipo case diroccate e baracche abbandonate,
o di dormire all’aperto in mezzo
ai campi, sotto gli alberi, esposti
alle intemperie e agli atti di violenza di chi pensa che i “negri”
siano bersagli da colpire. Una soluzione valida solo per i regolari, mentre per gli irregolari nulla
cambierebbe: stesso sfruttamento, stessa angoscia, stesso dolore
di sempre.
La stretta impressa dal governo con il reato di clandestinità,
infatti, impedisce di accogliere
in una tendopoli voluta dal Viminale i migranti che non sono
esattamente in regola rispetto
alla legge. Si tratta, dunque, di
un intervento emergenziale, che
poco risolve sul piano dei diritti
e della lotta allo sfruttamento del
lavoro immigrato. Ancor meno
risolutivo è quanto proposto dal
Consiglio circoscrizionale e da
alcuni rappresentanti politici di
Cassibile, come sempre attivi nel
periodo di avvio della stagione
di raccolta. Sono gli stessi che in
passato sfornavano numeri fantasiosi, parlando di 1000-2000 stagionali, quando invece la punta
massima non ha mai raggiunto
le 500 presenze. Il presidente
del Consiglio di circoscrizione, Maria La Runa, i consiglieri
comunali Casella e Romano, il
consigliere provinciale Saitta e
i responsabili locali del Pdl, del
Pd, dell’Udc e dell’Mpa hanno
dichiarato ripetutamente la loro
assoluta contrarietà alla istallazione della tendopoli nella frazione siracusana, con motivazioni di vario tipo. Ipotizzano: un
eccesso di manodopera rispetto
alle esigenze del mercato, considerato anche il presunto calo di
produzione esistente, e ciò determinerebbe il “bivacco gratuito”
dei migranti non assorbiti nel
lavoro agricolo; la presenza delle
tende alimenterebbe “tensione”
(perché?).
La soluzione alternativa, a loro
dire, sarebbe l’assunzione di
responsabilità dei datori di lavoro riguardo alla necessità di
fornire un alloggio ai lavoratori
stagionali ingaggiati. Su questa
falsariga è stata presentata una
interrogazione del consigliere
comunale Paolo Romano, “arricchita” da un excursus sulle
radici storiche della migrazione
e sulle “conseguenze disastrose”
che essa avrebbe comportato al
territorio cassibilese. Secondo
Romano la tendopoli determinerebbe “l’espansione del fenomeno del caporalato”, la creazione
di disservizi per la cittadinanza
locale, l’incentivazione di “fenomeni speculativi già diffusi”,
e alimenterebbe addirittura “il fenomeno dell’immigrazione clandestina”. Tutte preoccupazione
non avvalorate da dati concreti,
ma affidate piuttosto a una libera
e pretestuosa interpretazione del
fenomeno migratorio. Nel corso
di una sessione straordinaria del
Consiglio di quartiere allargato,
svoltasi il 9 marzo, alla presenza,
tra gli altri, del sindaco Visentin,
il fronte del no ha trovato una
sponda nello stesso sindaco, il
quale ha espresso la volontà di
non permettere che la tendopoli
venga situata a Cassibile, richiamandosi anche all’esperienza
“fallimentare” del 2007, quando
poche decine di migranti si servirono della struttura.
Peccato che nessuno abbia detto
che la tendopoli poteva accogliere una settantina di persone circa,
un numero esiguo rispetto ai 450
stagionali che si recano a lavorare nel quartiere agricolo aretuseo. Peccato anche che nessuno
abbia detto che i migranti non si
fidano, nemmeno quando sono in
regola, se nessuno li rassicura e
li informa. La presenza costante
delle forze dell’ordine, necessa-
ria per ragioni di sicurezza, non
è proprio il modo migliore per
interfacciarsi con chi ha paura
di uno Stato che ti parla solo di
documenti e burocrazia. Forse
bisognerebbe andare più a fondo nell’animo dei migranti, se
si vuole comprendere davvero qualcosa. Il vero fallimento,
quello del 2008, invece, è tutto da
addebitarsi a chi ha scelto di spostare la tendopoli ad Avola, rimasta pressoché deserta in quanto
molto distante dai luoghi di lavoro degli stagionali, i quali chiaramente preferivano rimanere nei
dintorni di Cassibile, piuttosto
che fare 7 km a piedi ogni sera
e ogni mattina, dato che la “selezione” dei caporali da sempre
avviene di prima mattina nella
piazza della frazione siracusana.
Insomma, dal consiglio di quartiere allargato non è uscito altro
che il solito no della gente che
governa Cassibile, un no legato a
motivazioni fragili e contraddittorie, alimentato principalmente
da esigenze di “immagine”, dalla
paura di rovinare il biglietto da
visita di un quartiere che si sente
città, ma che in realtà è un piccolo borgo, attraversato da una
lunga strada principale e che ha
origine proprio dall’emigrazione
interna di stagionali dell’agricoltura provenienti da varie parti
della Sicilia. Il sindaco Visentin
ha annunciato la sua intenzione
di incontrare il prefetto per invitarlo a non realizzare la tendopoli, ponendo poi l’accento sul
senso di responsabilità dei datori
di lavoro.
Cosa ne pensano gli imprenditori? I responsabili delle associazioni datoriali hanno spudoratamente affermato, in questi anni,
la totale assenza di sfruttamento
in quel di Cassibile, almeno per
quel che riguarda le aziende siracusane associate, e la non necessità di manodopera ulteriore
rispetto a quella già disponibile.
Un controsenso rispetto a quanto
avviene la mattina, con il viavai
di caporali che trasportano gli
aspiranti lavoratori dalla piazza
ai campi. Uno sfruttamento che
è visibile, che è stato denunciato
anche da organizzazioni umanitarie, come Msf, ma di cui qualcuno non vuole rendersi conto.
Uno sfruttamento contro cui da
Cassibile nessuna istituzione o
associazione di categoria ha speso una parola di denuncia, forte,
decisa. Si preferisce sprecare fiato per attaccare la stampa, i giornalisti, rei di non aver raccontato
la verità su Rosarno e su Cassibile, o per difendersi da pericoli di
“contaminazione” culturale, per
proteggere la propria chiusura
nei confronti dei nuovi arrivati,
quelli che fanno comodo come
braccia da sfruttare e che poi è
meglio se non si fanno vedere, se
affollano altre città, altre piazze,
altri campi adibiti a dormitorio.
Schiavi senza nome, senza diritti, senza voce: questo è ciò che
serve. Se cominciano ad avere
volti, nomi, se iniziano a rivendicare, allora divengono fastidiosi.
Sono i capri espiatori del nostro
buon vivere, del nostro bearci di
essere occidentali. Ben vengano
nelle campagne, nei cantieri, nei
bagni pubblici, nelle case a lavorare a basso costo e senza tregua,
come bestie da soma, ma guai
se provano a farci vedere le loro
sembianze umane, guai se le loro
braccia da lavoro cercano di riposarsi in un abbraccio.
Questa è l’Italia, questa è anche
Cassibile. È vero che i fenomeni
globali non possono essere scaricati interamente su realtà locali,
inadeguate a far fronte da sole a
questioni complesse; è chiaro che
Cassibile non può sobbarcarsi il
peso di una pochezza istituzionale assordante, però non è neanche
il caso di far pagare il prezzo a
chi è per primo vittima di questo
sistema, cioè gli immigrati. Sarebbe meglio se ci si indignasse
di fronte allo sfruttamento, alla
miseria, alla negazione dei diritti che si vive davanti ai nostri
occhi e si tendesse una mano ai
migranti, facendo fronte comune
con essi, non a parole, per poi nei
fatti chiederne l’allontanamento
dalla propria vista o vita. È inutile celare la propria mentalità
xenofoba dietro quell’irritante
“però” che segue una frase ultimamente troppo abusata: “Non
sono razzista…”.
13 Marzo 2010
9
Non funziona la trappola per gonzi. Ricostruiamo il puzzle del passaggio ai privati
Altro che il 60%! Il Comune aveva in Sai 8 il 49,2%
il socio privato di Sogeas il 32,8 e Saceccav il 18; ora il 39
di MARINA DE MICHELE ([email protected])
“L’acqua resta pubblica perché tutte le fonti di
approvvigionamento sono di proprietà del pubblico.
La Sai8 gestisce il servizio che garantisce il trasporto dell’acqua dai pozzi ai serbatoi fino ai rubinetti di casa e poi alla depurazione”. Questo il
verbo secondo Riccardo Lo Monaco, presidente
della Sai8, nomina politica, e Monica Casadei,
amministratore delegato alle finanze.
“Siamo qui perché Sogeas, società che ancora
detiene il 51% delle azioni di SAI8, è partecipata dal comune e per parti parasociali designa
dei rappresentanti nel consiglio e indica anche la
presidenza” ha aggiunto Lo Monaco. Lo avevamo chiesto con una domanda esplicita, scritta,
due settimane fa ai vertici della società: “Qual
è attualmente la composizione societaria della
Sai8: come sono ripartite le quote societarie e
chi sono i soci? Sappiamo che il comune ha ceduto proprie quote: chi le ha acquistate e a quanto? Risponde al vero che siano state acquistate
dalla Saceccav a 1 euro?”
È stata una delle domande a cui si è ritenuto opportuno non rispondere. Probabilmente per non
riconoscere in forma scritta, chiara e palese, ciò
che in realtà è già noto ma poco ripetuto mentre molto ripetuto, come in questa occasione, è
l’altro refrain, falso, che la Sai8 rimane a componente pubblica maggioritaria. Non è mai stato
vero, lo abbiamo spesso rimarcato; non lo era
neanche al momento della prima costituzione
dell’associazione temporanea di imprese quando
si giocava con i numeri e le percentuali e si diceva che la Saceccav aveva acquisito il 18% delle
quote e Sogeas il restante 82% e che quindi, poiché il Comune di Siracusa era in Sogeas socio
di maggioranza con il 60%, lo era, tout court,
anche in Sai8. Conteggi alla fimminina, buoni
solo per gli sprovveduti perché la realtà era allora un’altra – per inciso oggi è peggio -, cioè,
fatti i conti e le dovute proporzioni, il 50,80% di
azioni Sai8 in mano ai privati e solo il 49,20% di
titolarità pubblica.
Per amore di precisione, per non essere tacciati
di fare il gioco delle tre carte ed essere anche noi
dei mestatori, proviamo a spiegarlo. Fatto salvo
il 18% alla Saceccav, nel restante 82% della Sai8
occorre far rientrare il 60% del Comune e il 40%
del socio privato di Sogeas. Il calcolo, a prova di
contestazioni, va fatto così: 0,82 x 0,60 = 0,492
cioè il 49,2%; 0,82 x 0,40 = 0,328 pari a 32,8%.
Quindi il comune di Siracusa possiede – possedeva – in Sai8 il 49,2%, il socio privato di
Sogeas il 32,8%, Saceccav il 18%. Proviamo a
sommare 49,2 + 32,8 + 18,0: viene un bel totale tondo tondo pari a 100. Proviamo a sommare
sulla scorta delle elucubrazioni che ancora oggi
ci vengono proposte implicitamente dandoci dei
cretini: 60 (quote comune Sogeas) + 40 (quote
privati in Sogeas) + 18 (quote di Saceccav). Ohibò! arriviamo a 118, i conti non tornano.
Dunque, forse per una diabolica casualità, quel
18% assegnato a Saceccav dai nostri politici amministratori ha fatto sì che il comune di Siracusa,
la parte pubblica del nuovo gestore del servizio
idrico della provincia, si trovasse drammaticamente a un meno 8 centesimi di punto in percentuale rispetto al privato: socio di minoranza!
Ma chi mai possedeva quel 40% in Sogeas?
All’inizio del 2006 la Crea-Sigesa (società che
fa capo al gruppo francese Saur ed è partecipata
dalla Acea, in Italia regina del settore idrico con
il 15% del mercato nazionale, e forti interessi a
livello internazionale), la quale in aprile decide
improvvisamente di vendere il proprio pacchetto
azionario e il credito che vanta in Sogeas (1.600
euro) passando, come previsto da statuto interno,
il diritto di prelazione al Comune di Siracusa.
Ma il comune, pur a un passo dall’accordo con
Saceccav per creare la nuova società, decide di
non sfruttare l’opportunità di trasformare la Sogeas in una società a partecipazione interamente
pubblica, semmai coinvolgendo l’ente provincia
o gli altri comuni, per giocare così da socio forte
la complessa partita sull’acqua. Anzi “dimentica” di esercitare il diritto di prelazione anche
perché dissuaso “per la scarsa convenienza della
proposta” dal proprio amministratore delegato,
ingegner Giuseppe Marotta, oggi socio Sogeas
e quindi Sai8.
Meglio lasciar fare ai privati: alla Sorgesa, società a responsabilità limitata con capitale sociale
pari a 10mila euro (così nella sua carta intestata)
nata nel 2005, composta al 34% da Saceccav, al
33% da Siri e all’altro 33% da Irem. Si portava così a buon compimento quanto stabilito in
alcuni accordi “riservati” intercorsi nel marzo
precedente proprio con l’Irem. Tutto questo senza che della delibera si sapesse nulla, senza che
si procedesse con la dovuta affissione all’albo
pretorio e soprattutto arrogandosi un potere che
non era della Giunta: “In caso non di vendita, ma
di acquisto di quote in Sogeas, la competenza a
deliberare non è della Giunta ma del Consiglio
Comunale a cui l’Ufficio avrebbe dovuto girare la proposta e che invece è stato tenuto fuori
dai giochi. La Giunta avrebbe avuto competenza
solo se si fosse trattato di vendere quote. Siamo
davanti a un abuso in atti di ufficio” chiariva in
quei giorni Fabrizio Ardita.
Ma oggi la composizione societaria è nuovamente mutata. Ci risulta non solo la sparizione
della Sorgesa ma anche che, sebbene ancora il
passaggio di un 10% delle quote pubbliche del
comune ai privati non sia stato perfezionato, sia
già dato per avvenuto, non sappiamo con quali
vantaggi per l’ente locale. Sicuramente irrisori,
se non esistenti, se si deve giudicare dal percorso compiuto finora; un paradosso tenuto conto
che almeno altre amministrazioni, per cedere
la gestione del servizio idrico, hanno chiesto
corrispettivi pari a svariati milioni di euro. Attualmente dunque non solo Saceccav possiede
nominalmente il 51% delle azioni in Sai8 – non
si comprenderebbe altrimenti perché, e sarebbe
interessante sentire la spiegazione del presidente Lo Monaco, nel consiglio di amministrazione
della società i soci di parte pubblica siano 5 e
quelli di parte privata 6 – ma a queste somma anche un 10% di quote Sogeas. Al Comune, sottraendo le azioni acquistate dal sedicente “gruppo”
Marotta, il 20%, resta un misero bottino che vale
solo il 39,2%, altro che il 60%. In questa irrisoria
partecipazione tutta la debolezza contrattuale del
pubblico, in linea si deve dire con le ultime disposizioni del governo Berlusconi che null’altro
avrebbe potuto fare, per sua natura, se non svendere ai privati la stessa vita dei cittadini.
Studio UIL. Nel Siracusano il fatturato sommerso sul PIL del 16%, 1 mld e 200 mln
Nelle ispezioni del 2009 trovati 2000 lavoratori irregolari su 3.600
In due aziende il caso limite del 100% di lavoratori in nero
È, naturalmente, nel Mezzogiorno il tasso percentuale più alto di lavoro sommerso: 21 lavoratori su
100, contro i 15 del Centro e i 13 del Nord. La cifra
del fatturato che sfugge a qualsiasi controllo è di
52,3 miliardi di euro (il 10,3%) del prodotto interno lordo prodotto al sud, di 30,2 miliardi (il 9,6%)
per il centro e di 71,5 miliardi (l’8,6%) per il nord.
Sono cifre che fanno riflettere, quelle snocciolate
in un recente studio della Uil condotto non senza
difficoltà proprio perché si tratta di un fenomeno
complesso, difficile da valutare e conoscere nelle
sue articolazioni ma che merita un’attenta considerazione per la sua veloce propagazione in tutto
il territorio nazionale e, con effetti drammatici, nel
meridione.
Tra le 8 regioni il cui tasso di irregolarità supera la
media nazionale 6 sono nel Mezzogiorno: la Sicilia
con un’economia sommersa pari a 14,1 miliardi di
euro (22,7%) si colloca seconda dopo la Calabria.
Tra le province siciliane Siracusa mantiene in classifica, nel biennio 2008-2009, una posizione intermedia tra la rilevazione massima di Agrigento
(tasso di irregolarità al 25,3% e di incidenza del
fatturato sommerso sul Pil di 21,5%) e quella minima di Messina (il 21,9% e il 15,5%).
I lavoratori irregolari superano i 25mila con un
tasso in percentuale del 22% sul lavoro regolare
mentre il fatturato sommerso è valutabile intorno
al miliardo e 200 milioni con un’incidenza del fatturato sommerso sul pil del 16%. “Questo studio
della UIL – commenta Salvatore Lantieri - come
ha anche evidenziato il segretario confederale Guglielmo Loy, mostra con tutta evidenza come il
lavoro sommerso e irregolare sia fortemente “insediato” nel Sud, sebbene trovi terreno fertile anche
nelle zone più “ricche” del Paese. Si tratta di una
distorsione del sistema che non può essere tollerata più a lungo perché è un dramma che colpisce
soprattutto i più deboli e indifesi. Tra questi naturalmente gli immigrati che non vanno considerati però come una causa dell’economia sommersa
bensì, più correttamente, come le più docili vittime
di speculatori e schiavisti. Per affrontare il problema non può certo giovare quell’allentamento
dell’attività ispettiva che si è registrata a seguito di
un certo orientamento del governo perché occorrerebbero al contrario controlli più continuativi e
capillari sul territorio. Né d’altra parte lo strumento
dei voucher, i buoni lavoro, sembra efficace quale
deterrente al sommerso, anzi piuttosto rischia di
produrre l’effetto opposto andando a incidere su
chi ha un lavoro regolare”.
I successi realizzati negli ultimi tempi dall’ispettorato provinciale del lavoro di Siracusa, impegnato in un’attenta opera di controllo del territorio (
i provvedimenti di sospensione dell’attività sono
stati pari al 90% rispetto al 2008: 190 in tutto di
cui però 160 sono stati revocati per successiva regolarizzazione) non sono che la conferma di un
fenomeno ormai presente in tutti i settori ma di
maggiore incidenza laddove non siano richieste
competenze specialistiche e il sistema produttivo
sia caratterizzato da piccole aziende che operano
in settori marginali. Nel corso delle ispezioni effettuate nel 2009, oltre mille, sono stati individuati
2000 lavoratori irregolari su 3.600 e in due aziende
il caso limite del 100% di lavoratori in nero. Un
danno non solo per le minori entrate tributarie e
previdenziali e per la concorrenza sleale che si viene a determinare tra le imprese ma soprattutto un
rischio per le condizioni di sicurezza e tutela della
salute dei lavoratori per nulla garantite.
Tra le cause del fenomeno, ai primi posti, l’eccessivo carico fiscale sulle imprese cui va aggiunta
una sperequazione tra quanto versato al fisco e i
servizi ottenuti che genera sfiducia nella pubblica
amministrazione e il desiderio di sottrarsi a obblighi ritenuti vessatori e improduttivi oltre che non
equi. Determinante anche l’alto costo del lavoro,
l’eccesso di regolamenti, l’elevata disoccupazione
che genera un eccesso di domanda a scapito del
rispetto di diritti fondamentali del lavoratore, le
diffuse condizioni di disagio e di povertà che inducono ad accettare condizioni di lavoro sempre più
vicine a nuove forme di schiavismo. Ad aggravare
la situazione l’habitus tutto italico alla corruzione,
la scarsa propensione al rispetto della legalità, il limitato senso civico e la mancata percezione della
responsabilità del singolo nei confronti della collettività.
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13 Marzo 2010
“COLLABORANO CON NOI SIA L’ISTITUTO DI CHIM
“Risparmi per oltre centomila euro al mese. Con Solarino e Canicattini impianto saturo”
L’ass. Nino Gozzo (Floridia): “La torcia al plasma va realizzata
Saranno smaltite solo biomasse dissociabili senza conseguenze”
Sulla questione della torcia al plasma, come già annunciato in
precedenza, chiediamo il parere dell’assessore Nino Gozzo.
I nuovi orientamenti del governo regionale in materia di raccolta differenziata probabilmente costituiscono uno stop per
altre iniziative. E’ ancora il caso di pensare alla realizzazione di una torcia al plasma a Floridia?
“Sì, va realizzata! A maggior ragione: le disposizioni che impongono la raccolta differenziata rafforzano le motivazioni del
progetto. I rifiuti solidi urbani (carta, involucri vari e residuo di
prodotti alimentari) sono costituiti per circa il 60% da biomasse,
che oggi destiniamo alle discariche, mentre si tratta di prodotti
naturali destinabili alla produzione di energia elettrica ed altro.
Il discorso vale anche per gli scarti di lavorazione dei prodotti
ortofrutticoli come agrumi ed ortaggi in genere. Ma vale anche
per altre biomasse derivanti da lavorazioni agricole come potature: la legna, che tradizionalmente si brucia o si tritura per pulire
i campi”.
Può spiegare in due parole ai cittadini le caratteristiche della
torcia?
“La torcia è un congegno tecnologicamente avanzato che disintegra e converte la materia grazie ad elevatissime temperature.
Occorre precisare che non si tratta di combustione e che non ci
sono fumi. La biomassa viene convertita dalla torcia senza provocare inquinamento. Dal processo si ottiene energia pulita (per
la quale vengono rilasciati dall’Unione Europea certificati verdi)
ed anche syngas ad elevato contenuto di idrogeno”.
E le temute nanoparticelle? Sono effluvi odorosi gradevoli o
possibili insidie per la salute? La torcia non emette nulla in
aria?
“Le microparticelle non ci saranno, se la torcia trasformerà solo
biomasse. Confermo che da esse si otterranno solo idrogeno e
composti di carbonio, che non saranno rilasciati nell’ambiente, ma opportunamente utilizzati per altre produzioni utili, come
quelle di biocarburanti. I cittadini avranno una conferma di ciò a
fine aprile, durante un convegno di esperti e ricercatori”.
Chi le ha suggerito la torcia al plasma? Ha fiducia in lui?
“Come direttore di Federcoltivatori mi son dovuto occupare di
produzioni agricole innovative, da cui si possono ottenere biocarburanti, ed ho avuto modo di avviare dei contatti con ambienti
scientifici catanesi, messinesi e sassaresi. Si discuteva appunto di
produzioni agricole per biocarburanti. Dal processo che mi veniva illustrato venivano fuori, purtroppo ed in quantità ragguardevole, sottoprodotti come il glicerolo e altri scarti di difficile
smaltimento. Fu il problema posto da questi sottoprodotti a spingere l’attenzione dei miei interlocutori sulla torcia. L’argomento
mi ha entusiasmato. Quanto agli interlocutori… sì, ho fiducia in
loro: si tratta di ricercatori di alto valore, non di rappresentanti
di commercio interessati a vendere un prodotto per poi scomparire dalla scena. L’idea prevede una collaborazione tra l’Istituto
di chimica biomolecolare del CNR e l’Italplasma, che in Italia
opera su licenza della Westinghouse americana, detentrice del
brevetto. Trovo il progetto interessante per gli Enti Locali come
motore di sviluppo dell’economia e dell’occupazione locale”.
Perché nel piccolo territorio di Floridia e non in zone lontane
da ambienti abitati?
“Da floridiano, avendo ricevuto assicurazioni sull’assenza di inquinanti e sul fatto che verrebbe attivata, come misura di garanzia, una rete di sorveglianza e di controllo dell’aria, ho ritenuto
di proporre la creazione di una iniziativa pilota a Floridia. Altre
torce potrebbero sorgere poi altrove, nella nostra ed in altre regioni. Perché no? Il sindaco Spadaro ed io abbiamo già ricevuto la
visita di tecnici che hanno espresso una valutazione sui possibili
siti da destinare all’impianto. Si tratta di una superficie nell’ordine dei duemila metri quadrati… Non occorre molto spazio”.
Per alimentare la torcia occorrerà un afflusso continuo di rifiuti da smaltire? Avremo un viavai di camion come ai tempi
della costruzione della diga? Quali conseguenze ne deriveranno per la viabilità e la sicurezza?
“La torcia funzionerà inizialmente con attività limitata al trattamento di una tonnellata al giorno di biomasse, ma la potenzialità,
a pieno regime, sarà di 30 o 35 tonnellate al giorno.
“La produzione quotidiana di biomassa da parte della popolazione del Comune di Floridia è di 18 tonnellate su 30 di rifiuti solidi
totali. Per questo motivo la differenziata non è inconciliabile ma,
anzi, da integrare con lo smaltimento per torcia. Non dover
più trasportare questo prodotto altrove, consentirà al Comune, e
quindi a noi cittadini di Floridia, di risparmiare oltre centomila
euro al mese tra carburante per il trasporto e costi di consegna
alla discarica di Costa Gigia (in territorio di Augusta), che per
altro è destinata alla chiusura tra non molto.
“Se alla quantità di biomassa prodotta come rifiuto solido urbano
a Floridia aggiungiamo gli scarti della produzione agricola, la
legna, la biomassa prodotta a Solarino e a Canicattini saremo già
al massimo della potenzialità dell’impianto. Non avremo afflussi
considerevoli di camion, anzi risparmieremo viaggi ai nostri automezzi compattatori, per i quali otterremmo anche il biocarburante. In totale: più risparmio e meno inquinamento”.
Secondo informazioni in possesso de La Civetta, gli impianti
operativi presenti nel mondo sono individuati in poche unità,
distribuite tra l’Inghilterra, il Giappone e gli Stati Uniti. Lei
sa se siano state sperimentate altre torce al plasma nel mondo? Dove? Per quanto tempo? Con quali risultati a medio e
lungo termine? Sono stati raccolti dati statistici sull’evoluzione delle malattie in zone che le hanno ospitate? Dobbiamo
fungere da cavie?
“Il sistema delle torce è di recentissima applicazione (nell’attività civile, mentre nel sistema aerospaziale ha tradizioni ventennali) e quindi non si dispone di esperienze a medio e lungo termine.
Tuttavia la questione non è rilevante, perché non c’è camino o
ciminiera, non c’è combustione e non c’è rilascio alcuno di inquinanti. Le microparticelle potrebbero essere prodotte solo se
si bruciassero gomma e rifiuti speciali derivati del petrolio. Il
che non avverrà. Il Centro Nazionale di Ricerca (CNR) Dipartimento Nazionale e le sue diramazioni di Catania, Messina e
Sassari approfondiranno, in laboratorio, le emissioni di inquinanti in caso di dissociazione molecolare dei Rifiuti Solidi Urbani
indifferenziati. In ogni caso il Comune ha optato per la differenziata e punta sulla torcia solo per le biomasse dissociabili senza
conseguenze. In prosieguo, si valuterà la possibilità di trattare
anche altri prodotti che non determino fattori inquinanti o residui
pericolosi”.
E questo lascia ancora qualche preoccupazione. Lei dice che,
in seguito a sperimentazioni di laboratorio condotte altrove,
si potrà dare il via al trattamento di “altri prodotti che non
determinino fattori inquinanti o residui pericolosi”. Se in seguito a tali sperimentazioni si desse poi il via al trattamento
di altri rifiuti (magari contenenti amianto), ritenendoli dissociabili senza rischio, e si scoprisse poi, a distanza di tempo,
una maggiore incidenza di malattie come il mesotelioma da
inalazione di particelle di amianto?
“Se, sulla base di sperimentazioni condotte altrove, mi si dimostrerà che la torcia potrà trattare altri prodotti (compreso
l’amianto) senza conseguenze… si potrà eventualmente decidere
di conseguenza, previa consultazione anche referendaria della
nostra cittadinanza. Se l’amianto vetrificato sarà innocuo, perché
lasciarlo nell’ambiente?”
Se la sente di affermare e professare un nuovo dogma in tema
di infallibilità della scienza e della tecnica o condivide lo scetticismo di molti cittadini in ordine a qualsiasi dogma?
“Non me la sento e non voglio neanche provarci. Ma ribadisco
che per il principio della prudenza si utilizzeranno solo biomasse… sino a prova provata che anche altri rifiuti siano trattabili
senza emissioni di alcun genere. Non farei affidamento sulle previsioni degli studiosi, ma sulle prove”.
Assessore Gozzo
Pistolotto finale del ci
Sottraete affari illeciti a persone poco affidabili. Bene! Ma se poi consegnate la gestione di
un impianto al plasma ai privati, non rischiate
di affidare la pecora al lupo? Il compito degli
amministratori pubblici dovrebbe essere quello
di far funzionare al meglio la pubblica amministrazione ed i pubblici servizi, non quello di
affidarli a privati affinché ci lucrino sopra. Lei
come pubblico amministratore, come assessore, dovrebbe mettere la sua testa sotto la mannaia per garantire il miglior funzionamento di
un impianto del genere e dei relativi controlli
incrociati, da affidare ad una struttura pubblica
e a vari organismi autonomi e responsabili: rilevatori interni all’azienda municipalizzata, vigili urbani con mansioni sanitarie, strutture dell’
ASL e dell’ ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente), rete di rilevamento provinciale dell’inquinamento, magistratura, ecc. Alla
prima trasgressione dovrebbe licenziare in tronco il responsabile della gestione o… lasciare
la sua testa sul patibolo (metaforicamente, ma
significativamente). Affidare a privati è trop-
po rischioso e, soprattut
quanto si creano le cond
elusione dei controlli o,
mina una situazione di i
cittadino, ritengo questo
la torcia stessa. Di essa
opportunamente control
to) potrà fare l’uso mig
di un servizio; il privato
possibile in funzione d
fitto. Da cittadino non
pur mantenendo qualch
dichiarato a Lei ed al mi
sioni… Ma da amico la
la prospettiva di una co
e privato nella gestione
che può essere uno stru
ecologico di rifiuti inn
bomba ecologica al rall
prudentemente, da priv
base di previsioni edulco
ancora, per lo smaltimen
non autorizzati. Pensi p
13 Marzo 2010
di CONCETTO ROSSITTO
11
MICA MOLECOLARE DEL CNR CHE L’ITALPLASMA”
“Nessun problema, non si formeranno diossine né furani o altri composti chimici pericolosi”
“Un referendum? E’ possibile. I cittadini sceglieranno con noi
Per evitare furbizie il Consiglio farà un regolamento rigido”
Lei non esclude che la torcia al plasma possa domani trattare
altri rifiuti. In particolare, potrebbe essere autorizzato anche il
trattamento di manufatti di amianto e cemento (cioè prodotti
Eternit, per intenderci) e di altri oggetti contenenti metalli. Quale
sarebbe il risultato?
“Se dovesse risultare del tutto innocuo (cioè a zero emissioni) il trattamento di altri rifiuti come quelli da lei citati, il risultato sarebbe questo: una scoria di magma vetrificato. (L’assessore Gozzo mi mostra
un pezzetto di ossidiana o di qualcosa che sembra proprio ossidiana,
montato dimostrativamente su una basetta di legno)”.
Esiste un progetto preciso sulla destinazione dei residui pesanti
vetrificati? Si utilizzeranno come inerti per l’edilizia? Saranno
impiegati per la pavimentazione di aree pubbliche?
“E’ prematuro parlarne”.
Come pensa di garantire che plastica e gomma non finiscano in
torcia?
“La differenziata ci consente di recuperare la plastica delle bottiglie
e le gomme, per il riciclaggio delle quali esiste già, nella nostra zona
artigianale, un’azienda che provvede allo smaltimento. Potremmo
fornire ai cittadini sacchetti biodegradabili e/o imporne l’uso ai commercianti. Inoltre si potrebbe ricorrere ad appositi contenitori per
la differenziata, da svuotare quotidianamente. Sta già funzionando
egregiamente il sistema delle compostiere, fornite a richiesta dal Comune ai cittadini che dispongono di aree verdi in cui possono allocarle per trasformare l’umido in compost per le loro aiuole private. Io ho
fiducia nella collaborazione intelligente e responsabile dei cittadini a
un pubblico servizio, che deve funzionare egregiamente nell’interesse di tutti”.
E rifiuti speciali di altro genere? Rifiuti ospedalieri? Materiali da
laboratorio radiografico e simili? Scorie radioattive?
“Nulla di tutto questo è previsto attualmente. I materiali radioattivi li
escluderei categoricamente anche per il futuro”.
Lei li esclude. Ma chi deciderà e gestirà l’impianto in futuro?
“Per garantire il funzionamento dell’impianto solo nel rispetto delle
condizioni previste sarà varato un regolamento rigido da parte del
Consiglio Comunale. L’impianto sarà bloccato, immediatamente e
prudenzialmente, qualora si discosti dalle condizioni normali di funzionamento”.
Che significa “condizioni normali di funzionamento”? Se un
giorno la torcia non dovesse funzionare per il meglio che cosa
potrebbe succedere?
“Se non funzionerà alla perfezione, potrà esserci solo qualche modesto rilascio di composti del carbonio o di idrogeno. Non ci sono
diossine di mezzo, né altre sostanze quali furani o altri composti chimici pericolosi”.
o, mi consenta…
ittadino intervistatore
tto, poco rassicurante in
dizioni per una migliore
, quanto meno, si deterinteresse ad eluderli. Da
o fatto più rischioso dela il gestore pubblico (se
llato e responsabilizzagliore possibile in vista
o ne farà l’uso migliore
dell’interesse per il promi opporrò alla torcia,
he perplessità. L’ho già
io sindaco in altre occaa diffido dal considerare
ommistione tra pubblico
e del delicato congegno,
umento di smaltimento
nocui o una pericolosa
lentatore... se usata imvati senza scrupoli sulla
orate di rischi o, peggio
nto clandestino di rifiuti
piuttosto ad un consor-
zio tra comuni e CNR, che dalla cogestione
dell’impianto potrebbe trarre utili finanziamenti
da destinare alla ricerca pubblica. Questo, tra
l’altro ci garantirebbe, anche in futuro, la collaborazione di personale altamente qualificato per
il controllo del congegno.
Ringraziandola per la cortesia dimostrata nel
rispondere a tutte le domande, la invito a percorrere con decisione l’unica strada che un cittadino possa indicare ad un suo amministratore
eletto: quella di assumersi, come pubblico amministratore, sanzionabile giudiziariamente e
politicamente, ogni responsabilità amministrativa e gestionale del complesso marchingegno,
se intende andare avanti nella realizzazione. I
privati è bene che competano fra loro, in regime di libero mercato, nel produrre e commerciare beni non pubblici. Le risorse pubbliche
è bene che siano sottratte al loro controllo ed
allo loro gestione. Per questo eleggiamo i pubblici amministratori. O li destituiamo. Grazie
ed auguri.
Concetto Rossitto
La sua è un’idea o una proposta concreta? Il sindaco e l’amministrazione la condividono? Il Consiglio Comunale ne è informato? Esiste qualche delibera in merito?
“Sono stati avviati rapporti con il Dipartimento di Biochimica molecolare, in particolare col direttore dottor Viticoli di Roma e col suo
staff di ricercatori di Catania, Messina e Sassari. Siamo in una fase di
studio preliminare del progetto. Il Sindaco è particolarmente attento,
anche come medico, a tutta la problematica connessa. Tutti gli altri
passi sono ancora da compiere con la dovuta gradualità, dopo che
si acquisiranno certezze sulla concreta possibilità di realizzazione.
Si vuole responsabilmente proporre al dibattito un progetto sicuro e
concretamente attuabile”.
E se la popolazione dovesse pronunciarsi contro questa iniziativa, magari a lavori avviati? Ha pensato di chiedere un parere
preventivo? Ha pensato ad un referendum?
“Sicuramente! Il regolamento relativo ai referendum è stato approvato dal nostro Consiglio Comunale recentemente ed è uno strumento al
quale si potrà ricorrere. La cittadinanza sarà puntualmente informata
e probabilmente anche chiamata a compartecipare alla decisione”.
Dunque non ci troveremo con un progetto avviato senza che i
cittadini siano stati avvisati preventivamente come nel caso della
privatizzazione dell’acqua?
“No! Lo escludo, abbiamo previsto anche dei convegni sull’argomento”.
Qualcuno sostiene che la torcia non si farà, ma che intanto si tritureranno risorse per studi di fattibilità, consulenze, progetti…
Come stanno le cose?
“Il Comune di Floridia, pur essendo potenzialmente partner del progetto, non ha speso e non spenderà un centesimo per studi di fattibilità e consulenze, che sono totalmente a carico del CNR e degli altri
partner del progetto”.
A proposito di costi… Probabilmente l’altissimo livello tecnologico dell’impianto, unitamente agli alti costi di realizzazione e di
gestione, hanno frenato altrove l’entusiasmo degli amministratori. Lei invece si mantiene ottimista. Perché. Come sarà finanziato
complessivamente il progetto? E’ prevista la partecipazione di
capitali privati? Chi deterrebbe il controllo della maggioranza?
“Trattandosi di progetto pilota e di ricerca, si potrà attingere per la
prima fase a finanziamenti nazionali e comunitari e, subito dopo,
avuta la certezza della validità dell’iniziativa, il Comune e i privati cittadini potrebbero costituire un consorzio. Il Comune ne potrà
trarre solo benefici, se si pensa che oggi si spendono 120 mila euro al
mese per trasportare e conferire ad una discarica i rifiuti solidi. Sono
favorevole all’inclusione dei privati nella gestione e nel finanziamento della torcia. La maggioranza sarà riservata alla parte pubblica, ma
non avrei nulla in contrario alla eventuale detenzione della maggioranza da parte dei privati”.
Io sì. Chi può garantire che un gestore privato non approfitti
della torcia per smaltirvi, occultamente ed alla chetichella, rifiuti
speciali poco ingombranti?
“E chi può garantire che il funzionario pubblico, se corrotto, non possa fare la stessa cosa?”
Un sistema di controlli pubblici e gli stessi dipendenti pubblici. I
dipendenti di un’azienda retta da un privato sono ricattabilissimi. E i controlli sono più facilmente eludibili se la gestione sarà
affidata a privati. La logica del privato è quella di massimizzare
i profitti, non quella di assicurare il servizio migliore possibile.
Dopo lo scandalo di Tributi Italia, rivelato proprio da “La civetta”, si può ancora aver fiducia cieca nel privato che dice di porsi
al servizio di una funzione pubblica?
“Ho fiducia nella correttezza delle persone e in un sistema di controlli che verranno individuati e puntualmente regolamentati. Aggiungo
e preciso che per privato intendo soprattutto i nostri concittadini e i
formatori del personale specializzato per il funzionamento dell’impianto”.
A suo avviso, chi dovrebbe gestire la torcia e chi si occuperebbe
dei controlli?
“L’attività preliminare sarà affidata al CNR e alla Facoltà di Medicina dell’Università di Catania. Successivamente saranno gli amministratori di Floridia, unitamente al CNR ed ai privati coofinanziatori
(tra cui qualche banca), a proporre le modalità di gestione e le regole
di funzionamento, che dovranno essere approvate dal Consiglio Comunale”.
Come mai non viene adottato in Campania il sistema delle torce
al plasma? Se gli opposti schieramenti di centrodestra e di centrosinistra non hanno puntato sulle torce in quella regione, ci dovrà pur essere un motivo? Nessuno ha proposto torce al plasma
nella regione in cui il problema dello smaltimento è più grave? O
nessuno le ha prese in considerazione?
“In Campania succedono molte cose strane, difficilmente spiegabili.
Spero che anche lì puntino sulle torce al plasma. Sarebbe una soluzione ottimale. Ma incontrerebbe molte resistenze forse proprio per
questo…”
Capisco... C’è chi sostiene che la realizzazione di un impianto di
questo tipo crei problemi a chi gestisce lo smaltimento illegale
dei rifiuti, alle ecomafie, ad altri impianti di smaltimento oggi
in funzione e ai gestori di discariche più o meno autorizzate. Mi
pare che Ella condivida questa posizione.
“La sottoscrivo in pieno. Sottraiamo affari illeciti ai privati… meno
affidabili”.
Sostanziali differenze tra inceneritore
tradizionale e inceneritore al plasma
12
13 Marzo 2010
“Le quote di Siciliana Zootecnica promesse agli allevatori e poi vendute fuori regione. Un business...”
Pippo Russo: “Per la sopravvivenza della zootecnia
il latte dovrebbe costare 45 centesimi, ma è a 28-30”
di CORRADO FIANCHINO
Quote latte e una parte di Siciliana Zootecnica che doveva essere consegnata agli allevatori sono i temi caldi di questo inizio
primavera che per le aziende zootecniche della zona montana si
preannuncia densa di preoccupazioni. Ne parliamo con il dottor
Giuseppe Russo, presidente del Collegio provinciale degli Agrotecnici ed esperto del comparto.
Cosa ne pensa del nuovo decreto legge “ sulle misure urgenti
in materia di produzione lattiera” approvato dal Consiglio dei
Ministri su proposta del ministro delle Politiche Agricole, on.
Luca Zaia?
“Come dichiarato da alcuni autorevoli presidenti delle organizzazioni professionali agricole nel decreto legge sulle quote latte, vi
erano luci ed ombre che sono stati chiariti in buona parte in sede
di conversione parlamentare. E’ certamente un provvedimento
che conferisce certezza legislativa per le imprese zootecniche che
intendono rientrare nelle regole e che risolve sicuramente molte
questioni come il consolidamento della quota B tagliata, l’attribuzione di quota agli affittuari e l’istituzione di un fondo da destinare ai produttori che hanno acquistato una quota nel corso degli
anni. Cosi come la chiarezza imposta dal provvediment all’intero
sistema delle quote latte deve essere l’opportunita’ per le imprese
zootecniche non in regola di regolarizzare la propria posizione”.
Quali sono i punti chiave delle nuove quote latte?
“I nuovi quantitativi di latte ottenuti da Bruxelles, pari complessivamente a 840 mila tonnellate, sono stati assegnati da un commissario governativo già dal 15 aprile 2009. E’stata data la priorita’,
nell’ordine, in base alla effettiva produzione delle ultime cinque
campagne: affittuari e splafonatori di pianura, montagna, e aree
svantaggiate; giovani imprenditori che operano in montagna e
aree svantaggiate, anche se non titolari di quota”.
Cosa ci sa dire sulla quota della Siciliana Zootecnica che era
stata promessa ai nostri allevatori?
“Avrei preferito non rispondere a questa domanda perchè, aldilà
dei proclami della politica del tempo e delle richieste giuste e legittime degli allevatori e dei rappresentanti delle organizzazioni
professionali agricole e dei Consorzi allevatori di Sicilia, e in
particolare del Consorzio allevatori di Siracusa in quel tempo presieduto e guidato dall’on. avv. Carlo Giuliano, che richiedevano
che la quota latte rimanesse in Sicilia per distribuirla ai nostri
allevatori facilitandone l’acquisto (in relazione anche al fatto che
buona parte della predetta quota era di proprietà dell’Ente di Sviluppo Agricolo e quindi della Regione Sicilia ed in minor misura
della dismessa societa’ di Catania, la “Siciliana Zootecnica”, dove
un tempo erano allevati circa 5.000 capi bovini da latte), pare
che, stranamente, al di là dei proclami della politica del tempo, la
quota sia stata venduta in parte fuori regione ed in parte a qualche
società o industria del settore; sicuramente un bel business per
queste e un’altra grande delusione e beffa per i nostri allevatori
che sono costretti a vendere il latte prodotto forse in nero a prezzi
collassanti.
“Insomma un vero guaio per i nostri allevatori (quelli che noi
chiamiamo custodi dell’ambiente e che oggi vediamo marciare
con i trattori su Roma e Palermo occupando sale consiliari e palazzi delle istituzioni o sostando e protestando nelle piazze) per
rivendicare giusti e migliori interventi per la loro sopravvivenza.
Basterebbe guardare meglio queste carte del tempo per darsi le
risposte e la politica, e non solo. dovrebbe interrogarsi sulle cause
del mancato sviluppo del comparto zootecnico”.
I produttori continuano a lamentarsi del prezzo del latte sostenendo che non ce la fanno. E’ così?
“Il prezzo del latte in questo momento dovrebbe attestarsi, perchè le nostre aziende zootecniche possano sopravvivere, almeno
a 43-45 centesimi, invece attualmente si attesta a 28-30 centesimi;
questo perchè la grande industria si comporta con indifferenza, si
rifiuta di sedersi attorno al tavolo delle trattative e in questo modo
le aziende zootecniche, che sono già in agonia, sono destinate a
chiudere. Immagini quale conseguenze per tutto l’indotto in termine di perdita di lavoro”.
Infine, cosa ne pensa dell’istituendo Parco degli Iblei?
“Sono convinto che il presidente della Provincia Bono e l’assessore Reale hanno dimostrato grande sensibilità per l’istituzione
del Parco e stanno svolgendo le azioni necessarie per fare in questa fase aggregazione ma anche per raccogliere ulteriori pareri dagli studi economici della provincia e delle associazioni, compresa
quella promotrice dell’istituzione del parco degli Iblei. Penso che
rappresenti un valore aggiunto per le imprese e che rivisitando ed
approfondendo meglio la perimetrazione e qualche alto aspetto
dell’istituendo Parco esso rappresenti una grande opportunita’ di
sviluppo per le imprese agricole. per la commercializzazione dei
prodotti di eccellenza ma anche per la tutela e salvaguardia delle
bellezze paesaggistiche, ambientali, monumentali che abbiamo
nel nostro territorio e che l’intero mondo sicuramente ci invidia”.
“Siamo riusciti a far dare 40 mila euro per rimuovere le carcasse degli animali, una piaga”
Amenta (Alleanza Azzurra) : “La mia iniziativa più visibile
la rimozione di materiali inerti in una zona di agriturismi”
di SALVATORE PETRUZZELLI
Dopo circa un anno e mezzo dalla sua elezione, facciamo un resoconto del lavoro portato
a termine dal consigliere provinciale di Canicattini Gaetano Amenta, eletto con oltre duemila voti nella lista “Alleanza Azzurra” che
appoggiava il candidato, poi uscito vincitore,
on. Nicola Bono.
Consigliere Amenta, rivolgendosi ai suoi
elettori e a tutti i suoi concittadini, cosa
può dire di avere realizzato per la sua comunità e quali azioni è sino ad ora riuscito
a portare a termine?
“L’intervento di maggiore rilevanza, e forse più percepibile, è sicuramente quello effettuato sulla
“Mare–Monti”, all’altezza
dell’ingresso di contrada Bosco di Sotto, che
ha portato alla rimozione di materiali inerti
in una zona dove sono allocati diversi agriturismi, che per l’incuria dell’uomo era stata trasformata in una vera e propria discarica
dove venivano gettati materiali di ogni tipo;
poiché chi come me sostiene il turismo e ama
il proprio territorio non può assistere a questi scempi senza muovere alcun dito, questo è
stato uno tra i miei primi impegni; per me si
trattava di un dovere morale prima ancora che
di un interesse politico. Questo intervento,
denominato “Tolleranza Zero”, che ha portato risultati non irrilevanti, è stato possibile, oltre al mio interessamento, anche grazie
alla volontà del presidente della Provincia,
dell’assessore all’ambiente, Reale, ma soprattutto grazie alla sinergia tra la polizia provinciale e i vigili urbani di Canicattini che lavorano costantemente affinché il lavoro svolto
non vada perso, non permettendo il ricrearsi
di discariche a cielo aperto. Altro impegno
a cui si è dato seguito è stato il sostegno al
comparto degli allevatori con un’azione volta
al rilancio della mostra bovina che si svolge
ogni anno al foro boario nel territorio di Canicattini, la progettazione del frigo-macello che
insisterà sul territorio di Palazzolo Acreide, e
sempre per il comparto agricolo, con la collaborazione del consigliere Di Lorenzo e del
presidente del consiglio provinciale Michele
Mangiafico, siamo riusciti a fare stanziare
40.000 euro per la rimozione e lo smaltimento delle carcasse degli animali, vera piaga per
tutti gli allevatori.
“Altro intervento è stato quello apportato
all’impianto di illuminazione sulla MareMonti nel tratto vicino Canicattini, con la
sostituzione di 96 lampade, che ha permesso
il riutilizzo dell’impianto. Altre attività che
mi hanno visto partecipe insieme agli altri
consiglieri della zona montana ed in collaborazione con l’Unione dei Comuni, grazie ad
un’attenta vigilanza sugli impegni di bilancio, sono state quelle che ci hanno permesso
di sostenere importanti iniziative di sviluppo
locale che danno visibilità ai piccoli centri,
come il “Med - Fest” di Buccheri, il Festival
Jazz e il Raduno Bandistico di Canicattini e
“l’Agrimontana” di Palazzolo.
Qualche rammarico per qualcosa che si era
riproposto e che non è ancora riuscito a
concretizzare?
“Fin ora posso dirmi soddisfatto di tutto il
mio operato, ma il vero obbligo, quello che
mi sono imposto al momento della mia candidatura e per cui ho profuso e continuo tutt’oggi a spendere il maggiore impegno, rimane
la regolamentazione del tratto viario tra Siracusa e Palazzolo all’altezza di Canicattini,
ovvero le famose rotatorie in corrispondenza
degli ingressi cittadini, dove sono avvenuti
purtroppo diversi incidenti anche mortali, il
cui iter è già ad un buon livello per quanto
riguarda la progettazione”.
13 Marzo 2010
13
Tra via Ancona e via Venezia sui pedoni pendono balaustre ballonzolanti
Nelle traverse di via Torino tra case diroccate e macerie
gruppi di bambini che salgono su scale dal tetto divelto
di MASSIMILIANO PERNA
La Borgata è il secondo quartiere storico della città, un
luogo dalle tante suggestioni, a ridosso della Riviera,
una delle anime di Siracusa.
Il valore del quartiere è noto,
tanto che esso è finito al
centro di progetti di riqualificazione che, però, lasciano
molte perplessità. L’ombra
dello sviluppo commerciale
aleggia su quella che è l’area
“sacra” del capoluogo, che
rischia di vedere la sua fisionomia storica completamente
stravolta per lasciar spazio ai
templi del consumo. E la sensazione spiacevole è assistere
alla solitudine di questa zona,
una solitudine che risparmia
soltanto piazza Santa Lucia,
luogo simbolo del quartiere
e, inevitabilmente, sottoposto
ad una maggiore attenzione.
Per il resto, solo buio e silenzio. Facendo una passeggiata
per alcune vie della Borgata,
in una mattina tranquilla, può
capitare di entrare in strade
circondate da case basse, a
un piano, o perfino in seminterrati annunciati da piccoli
giardini.
Percorrendo a scendere la
centrale via Torino ci si imbatte in tutta una serie di
traverse, poste sulla sinistra,
in fondo a cui si scorge la
nuova arteria sorta al posto
della ferrovia e non ancora
ultimata. È proprio al termine di questa nuova strada che
si può scorgere un caseggiato diroccato, accerchiato da
piccoli cumuli di macerie,
sintomo innegabile di crolli
e testimoni di una pericolosa
fragilità strutturale. Un edificio pericolante, a ridosso
della nuova strada e di alcune
abitazioni, con decine di var-
chi da cui chiunque può accedere, a rischio della propria
incolumità. Davvero difficile
comprendere la ragione per
cui, in fase di realizzazione
dell’arteria che scende in via
Arsenale, non si sia provveduto a demolire questo scheletro pericolante di mattoni
che incombe sul marciapiede
nuovo di zecca.
All’interno delle vie che circondano la via Torino è possibile riscontrare altri casi di
edifici meno voluminosi e
devastati, ma altrettanto pericolosi, specialmente se si
pensa alla presenza di bambini nei dintorni. Ad esempio,
all’angolo tra via Ancona e
via Venezia, c’è una casa disabitata, in parte murata, in
parte chiusa solo da una porta
a sbarre da cui si vede l’interno: la casa è tutta a piano
terra, ma in alto, sotto quello
che sembra un terrazzino, ci
sono delle massicce balaustre, prive di reti di protezione, che non hanno l’aria
di essere molto stabili e che
rischiano di cadere sulla testa
di qualche malcapitato. Solo
una di esse è protetta da una
rete, messa lì chissà quando.
Nella stessa strada, poi, vi
sono dei garage: da uno di
questi viene fuori un cinguettio continuo e assordante,
segno tangibile della presenza di una voliera clandestina
all’interno.
Continuiamo a camminare,
ci spostiamo in via Milano
e ci accorgiamo di una casa
abbandonata con un portone a vetri divelto, una scala
che porta a un soffitto che
però è in parte squarciato da
un crollo. Una signora affacciata nel palazzo di fronte ci
racconta che il proprietario
ha abbandonato lo stabile e
che dei ragazzini hanno rotto
il portone e salgono, attraverso la scala malconcia su
cui è crollato parte del tetto,
a giocare nella terrazza. Un
rischio evidente, che l’incoscienza dell’età spesso impedisce di calcolare. E se questi
sono casi “minori”, ma che
nell’ambito della sicurezza
e della pubblica incolumità
meriterebbero un sopralluogo
da chi di dovere, c’è un caso
ormai atavico, che attiene
alla questione della sicurezza
in caso di calamità naturali,
in primis il terremoto, considerata l’elevata sismicità
del nostro territorio. Ci si riferisce all’area compresa tra
le vie San Giuliano, Napoli,
Genova e Bologna. Centinaia di famiglie affidate a una
sola via di fuga, che però ha
la spiacevole caratteristica di
essere molto stretta e di impedire il defluire rapido di
veicoli e l’accesso contemporaneo di mezzi di soccorso.
Considerando che la via San
Giuliano è esclusivamente
pedonale e non ha un’ampiezza tale da far passare
nemmeno
un’ambulanza,
l’unico percorso di fuga rimane quello che da via Genova sbuca in via Bologna
per poi arrivare in via Torino.
Una situazione di emergenza,
che, alla fine del 2001, dopo
l’esposto di un residente,
venne confermata dall’ufficio
comunale di Protezione Civile. La soluzione della vicenda passava (e passa tutt’ora)
dall’abbattimento di un muro
condominiale (non previsto
nella cartografia comunale)
che ostruisce il passaggio che
dalla fine di via Napoli conduce a via Politi Laudien.
Nonostante le battaglie di
molti cittadini e le promesse
di qualche amministratore
comunale, niente è cambiato e le centinaia di residenti
della zona interessata continuano a restare intrappolati,
senza una soluzione circa il
diritto alla loro sicurezza,
in una città ad alto rischio
sismico. Una costante per
questo storico quartiere di Siracusa dimenticato dalle amministrazioni.
Il vicesegretario Sebastiano Bongiovanni scrive alle autorità politiche siracusane
L’UGL: “Nel carcere di Augusta gravissima carenza
di polizia penitenziaria, videosorveglianza inadeguata”
L’interessamento che la organizzazione sindacale UGL Polizia Penitenziaria chiede
alla “politica” presente nella stessa provincia ove si trova situata la Casa di Reclusione
di Augusta è finalizzato a sensibilizzare le
alte cariche dell’Amministrazione Penitenziaria e se del caso lo stesso Ministro della
Giustizia, a considerare una volta per tutte
la precarietà in cui l’istituto megarese vive
da diversi anni, sostanzialmente per tre problemi principali, ovverossia per la rilevante
carenza di organico della polizia penitenziaria che ad oggi è diminuita di oltre 120 unità
e per la insufficienza strutturale: cedimento
delle inferriate esterne solo parzialmente ripristinate, cedimento muretto cortile
passeggi dimenticato, possibili cedimenti e
continui allagamenti delle zone sotterranee
dell’istituto, mal funzionamento del gruppo
elettrogeno in caso di black out, inadeguatezza dei sistemi di video sorveglianza (che,
se modernizzata e strategicamente posta
nelle aree esterne all’istituto, contribuirebbe
in modo rilevante a dar sicurezza, nonché
ad ottimizzare le risorse umane presenti)
eccetera.
Ancora, l’istituto urge di sostentamenti economici per tutta una serie di situazioni che
allo stato attuale non consentono agli operatori della sicurezza di lavorare in condizioni
sufficienti ed il rischio per ogni poliziotto è
quello di non poter espletare con professionalità il proprio lavoro.
Se poi si aggiunge l’impossibilità di poter
fruire di congedi e/o riposi quando richiesti,
la continua necessità da parte dell’Amministrazione di far effettuare straordinario
ai poliziotti pur in presenza di persone non
disponibili a farlo, la percezione di un palese disinteressamento dell’Amministrazione
Centrale verso le problematiche importanti
che l’istituto penitenziario di Augusta vive,
allora in mancanza di tutto ciò è inevitabile
che dilaghino il malcontento e lo stress lavorativo, lo strumento dell’assenza per malattia, ulteriore carenza d’organico.
Sicurezza e trattamento devono necessariamente viaggiare di pari passo. Per questo
sarebbe utile, oltre ad un immediato interessamento per ripristinare l’organico di p.p.
, stanziare soldi per la messa in sicurezza
di tutte le aree dell’istituto e trovare spazi
idonei ove l’utenza possa trascorrere parte
della giornata anziché farli “oziare” in cella.
Aumentare gli spazi per l’utenza e quindi le
attività trattamentali (a tal proposito si ricorda che l’istituto di Augusta è una casa di reclusione) renderebbe meno pesante anche il
lavoro degli agenti che, altrimenti, dovranno continuare a restare a vigilare all’interno
dei reparti detentivi con circa 120 detenuti
in ogni piano chiusi per la stragrande maggioranza delle ore quotidiane nella propria
cella, ognuno con le proprie esigenze (certamente ampliate dalla permanenza in carcere) ed a farne le spese psicologicamente
e tal volta, purtroppo, anche fisicamente è
sempre e solo il poliziotto penitenziario, soprattutto nei periodi particolari della stagione estiva, allorquando una fascia di detenuti prevalentemente di nazionalità straniera,
già problematici per motivi psichiatrici, se
non adeguatamente seguiti sono oggetto di
situazioni spiacevoli.
Sebastiano Bongiovanni
14
13 Marzo 2010
Gestione unitaria non solo su Presidente, Segretario e Vice ma anche su un programma condiviso
Il Congresso provinciale PD di aprile può diventare
un punto di svolta decisivo per la politica siracusana
di SANTI NICITA
Gli attuali organismi del
Partito Democratico hanno
avviato, nei giorni scorsi, le
procedure per la celebrazione del primo Congresso del
partito a metà aprile. Potranno votare ed essere eletti tutti gli iscritti al 21 luglio del
2009 (6.800), mentre quelli
che si sono iscritti dopo possono essere eletti ma non votare. Il Congresso si svolge
in un momento in cui esiste
una grave situazione politica, economica e sociale della
nostra provincia, che vede un
centrodestra impegnato particolarmente a trovare punti
di equilibrio nella gestione
degli enti locali e nel sottogoverno tralasciando di affrontare in maniera organica
ogni ipotesi di sviluppo basato su una precisa e positiva
programmazione. Il PD, se
vuole diventare forza capace
di rilanciare una nuova fase
politica al servizio degli interessi della nostra popolazione, deve uscire dal prossimo
congresso con un programma
organizzativo,
economico,
sociale, culturale di alto livello, capace di incidere su una
opinione pubblica diventata
indifferente, perplessa, disamorata perché non adeguatamente governata.
Ad oggi, l’elettorato ha sempre scelto il centrodestra affidando ai gruppi dirigenti
della coalizione il compito
di promuovere iniziative politiche valide, per assicurare
buon governo, sviluppo, occupazione, specie giovanile,
legalità, trasparenza. Le attese sono andate deluse. La tesi
secondo cui i risultati operativi degli enti locali sarebbero stati positivi veniva sottolineata col fatto che si aveva
una omogeneità politica tra i
governi nazionale, regionale
e locale. L’opinione pubbliva
ha creduto a questo invito e ha
votato massicciamente per il
centrodestra sia alle elezioni
nazionali e regionali che alle
europee e per gli enti locali.
I risultati, che sono sotto gli
occhi di tutti, sono deludenti e addirittura negativi. La
nostra provincia, in tutte le
graduatorie formulate da organismi specializzati o dalla
stampa, viene collocata sempre agli ultimi posti. I quotidiani o i settimanali locali,
in continuazione, sottolineano l’assenza di una politica
credibile ed efficiente, non
trovando riscontro nelle iniziative degli enti. I gruppi dirigenti dei vari partiti seguono i loro disegni egemonici
rimanendo sordi alle richieste
dell’opinione pubblica. L’arroganza la fa da padrona. Le
proposte del movimento sindacale, quasi sempre, cadono
nel vuoto anche se, a volte,
formalmente vengono giudicate degne di attenzione. La
stessa cosa avviene per tutti
i gruppi intermedi della società che trovano espressione
nell’associazionismo. La rappresentatività delle varie associazioni professionali viene
svilita da una politica che al
massimo può essere paternalistica.
I diritti vengono così compressi e tutto diventa clientelismo. Chi non si assoggetta rimane isolato e inascoltato. Se
la situazione è questa, obiettivamente non c’è speranza
nell’avvenire, anche perché
manca l’ipotesi di una alternativa politica credibile capace di introdurre nel dibattito
politico impostazioni idonee
a determinare una svolta e a
coinvolgere energie nuove
al servizio di un vero cambiamento e rinnovamento.
Spesso non trovano ascolto
le prese di posizione critiche
che maturano nell’interesse
dello stesso centrodestra o negli organismi rappresentativi,
come sono i consigli comunali e provinciali.
Il PD, impegnato da diverso
tempo a darsi una specifica
organizzazione al servizio
di una nuova fase politica,
con l’elezione a segretario
dell’on. Bersani comincia a
portare avanti una politica
per realizzare a tutti i livelli
un’alternativa credibile, pagando un qualche prezzo con
l’uscita dal partito di alcune
personalità. La mancanza di
un’alternativa credibile ha
rafforzato il governo Berlusconi e ha consentito al centrodestra di conseguire risultati elettorali positivi negli
ultimi due anni, nonostante la
sua politica fallimentare, ancora non entrata in crisi per la
enfatizzazione data all’eliminazione dei rifiuti a Napoli e
per la gestione dell’emergenza a L’Aquila provocata dal
terremoto.
Ora la situazione comincia ad
essere diversa: i disoccupati sono più di due milioni, la
cassa integrazione è esplosa,
la politica antimeridionalistica è diventata evidente, le risorse previste e destinate per
il Mezzogiorno sono state in
parte impegnate al Nord, le
piccole e medie imprese sono
in crisi. Il prodotto interno
lordo in due anni è diminuito di oltre il 5% e il debito
pubblico è salito dal 103 al
116% del PIL, le entrate del-
lo Stato sono diminuite del
2%, la condotta personale di
Berlusconi si è rivelata non
consona al prestigio e alla figura di un uomo di Stato, il
Parlamento da cinque mesi è
impegnato a trovare soluzioni
legislative che servono a impedire che Berlusconi sia giudicato dalla magistratura per
una serie di ipotesi di reato
commesse dopo la sua discesa
in campo politico.
Oggi, dopo il tenativo di fare
approvare leggi ad personam
a favore di Berlusconi, il
governo ha fatto un decreto
legge per assicurare la partecipazione delle liste del PDL
anche se sono stati commessi errori plateali nella presentazione delle liste. Tutto
questo, come riportato dal
Corriere della Sera, ha per la
prima volta scalfito la credibilità del governo facendo
registrare, nei sondaggi, una
diminuzione di consensi di
oltre il 4%. Peraltro, la credibilità del Presidente Berlusconi, nei sondaggi, è passata
dal 68 al 49%, mentre quella
del Capo dello Stato è oltre il
90%, quella di Fini oltre l’80
e quella di Bersani del 56%.
Per non parlare della grave
spaccatura del centrodestra
che si è verificata in Sicilia,
dove il governatore Raffaele
Lombardo d’intesa col sottosegretario Miccichè hanno
dato vita a un governo minoritario esprimendo giudizi negativi sui governi di centrodestra che hanno retto la Sicilia
negli ultimi 12 anni. Al di là
si questa situazione politica,
che avrà uno sbocco fra qualche mese, un dato è incontrovertibile: la Sicilia annega
nelle sue contraddizioni e nelle sue difficoltà economiche e
sociali con gravi conseguenze
nella nostra provincia, dove
assistiamo a continui cambi
di casacca che si verificano
non su basi politiche o ideologiche quanto piuttosto sulle aspirazioni di un deteriore
personalismo.
Per tutti questi motivi, il prossimo congresso del Partito
Democratico può diventare
un punto di svolta positivo e
decisivo per la politica provinciale. L’avere confermato
all’unanimità Giovanni Cafeo
come l’unico candidato alla
segreteria provinciale costituisce un punto di partenza
significativo per avviare un
congresso unitario, superando
le varie riserve. La gestione
unitaria del partito non avviene solo sulla scelta condivisa
del Segretario, del Presidente
e del Vice Segretario unico ma
anche su un programma condiviso che punta alla riapertura di un confronto con tutte
le forze sociali, economiche
e culturali per realizzare una
politica di sviluppo che veda
come protagonisti il ceto medio, i professionisti, il mondo
del lavoro e delle piccole e
medie imprese, impegnati a
realizzare programmi di sintesi condivisi al fine di creare
condizioni di coesione sociale, si solidarietà, di tutela ambientale, di un sistema sanitario efficiente, di attenzione per
risolvere i problemi dei diversi
settori produttivi e di servizio.
Se il Congresso del PD saprà dare risposte convincenti,
sarà più facile aprire una nuova fase di confronto con tutte
le forze sociali e politiche. Sicuramente la politica e i suoi
gruppi dirigenti faranno un
salto di qualità e si potrà pensare a costruire un’alternativa
su basi nuove.
Nei prossimi giorni in tv a “Ciao Darwin”, il programma di Bonolis e Laurenti
L’augustana Lisitano: “Sono protagonista
di un film girato da un regista siciliano”
L’augustana Elisa Lisitano, salita
alla ribalta nel 2006 con il concorso Miss Italia, ritorna sulle reti
televisive nazionali partecipando
alla puntata belli contro brutti di
“Ciao Darwin”, programma condotto da Paolo Bonolis e Luca
Laurenti su Canale 5.
Nei prossimi giorni la bella Elisa
dovrà districarsi dalle insidiose
prove previste dal noto programma televisivo.
«Questa è un’ottima occasione per
rappresentare ancora una volta la
città di Augusta a livello nazionale
– dichiara Elisa che per l’occasio-
ne sarà interamente vestita dalla
boutique “La Mostarda” di Augusta –. Sono lusingata dalle numerose attestazioni di stima ricevute
dai miei concittadini e dallo stesso sindaco Carrubba con cui mi
sono incontrata nei giorni scorsi
e dal quale ho ricevuto l’augurio
a nome della città per la mia carriera».
Elisa, dopo l’esperienza di Miss
Italia, che l’ha lanciata nel mondo della televisione, ha recitato ne
“L’ultima estate”, l’ultimo film di
Eleonora Giorgi uscito nelle sale
cinematografiche il 15 dicembre
scorso e in arrivo anche in Sicilia.
Grazie all’agenzia Luca Napoli
Management, che si occupa della sua immagine e dei suoi impegni professionali nel mondo dello
spettacolo, ha lavorato, occupandosi di sport, cucina e pubblicità,
con la locale emittente Telecolor.
«Numerosi impegni, in questi ultimi tempi, mi hanno trattenuta in
Sicilia – confessa Elisa – ma sto
nuovamente pensando di spostare gli interessi lavorativi oltre lo
stretto».
Intanto l’agenda della miss augustana la vede protagonista di nu-
merose serate di moda e di beneficenza in Sicilia. Il mese prossimo
sarà impegnata allo stadio Massimino di Catania per la VI edizione
di “Un goal per la solidarietà” nella quale saranno presenti anche i
ragazzi di “Amici” e Rosaria Cannavò.
Anche l’esperienza con il cinema
continua per la bella Elisa. «Non
sarebbe ancora il momento di dirlo – ammette – ma sto lavorando a
un film in cui sarò prima protagonista. Un film girato in Sicilia per
la regia di un noto siciliano. Non
posso aggiungere altro!».
13 Marzo 2010
15
Progetto biennale per favorire integrazione e autonomia per autistici e disagiati psichici
Francesca De Benedictis: “Non solo scuola e riabilitazione
A questi ragazzi vanno dati gioco, teatro, pittura, relazioni”
di VALERIO RICCIARDI
Nei prossimi giorni avrà inizio a Siracusa il progetto “Percorsi di integrazione e transizione verso
l’autonomia per l’autismo e il disagio psichico”
la cui redazione è stata curata dal dott. Sebastiano
Anastasi della cooperativa San Martino. Il progetto
è vincitore del bando socio-sanitario 2009 indetto
da Fondazione per il Sud, un’alleanza fra fondazioni bancarie e il mondo del volontariato, che
tramite il finanziamento di progetti particolarmente validi mira a promuovere iniziative sociali nel
meridione. Cofinanziatori del progetto sono ERG
e TEAM Network. Qulache giorno fa ha avuto luogo il primo incontro di coordinamento della rete
di partner costituita dalla cooperativa San Martino,
da CON.SOLIDA.S, dall’università Kore di Enna,
dall’ASP, dall’assessorato alle Politiche Sociali,
dalle associazioni delle famiglie (ANGSA Siracusa “I figli delle fate” e AFADIPSI), dall’associazione MUS-E Siracusa e dalle associazioni di
volontariato Vita e Cultura e AVULSS.
La Civetta ha intervistato il capo progetto, la dott.
ssa Francesca De Benedictis.
Dottoressa, come nasce l’idea di un progetto per
l’autismo e per il disagio psichico e con quali
obiettivi?
“Il progetto nasce da una realtà, quella della cooperativa San Martino, che lavora con l’autismo
dal 2003 e che in questi anni ha maturato la convinzione che un intervento socio-sanitario globale
debba coinvolgere diversi momenti della vita. Inoltre da circa 3 anni è stato avviato un progetto sperimentale di educativa territoriale per soggetti con
disagio psichico, finanziato prima dalla Provincia
e poi dal Comune di Siracusa. La cooperativa sperimenta già interventi di carattere riabilitativo di
tipo specialistico realizzati in modo ambulatoriale
e contestualmente interventi educativi realizzati
nel territorio e maggiormente finalizzati allo sviluppo di processi di integrazione sociale. Con questo progetto intendiamo rafforzare questa modalità
di intervento e farla diventare un modello in grado
di orientare le politiche sociali e sanitarie del nostro territorio. Il progetto partirà con trenta utenti
tra bambini, ragazzi e alcuni adulti, ma l’obiettivo è di ampliare il numero a sessanta soggetti con
autismo; saranno coinvolti inoltre 20 soggetti con
disagio psichico. Chiaramente questo porterà come
effetto sul territorio una migliore integrazione sotto diversi punti di vista compresa la possibilità di
dare lavoro a cinque persone con autismo e cinque
persone affette da disagio psichico per un anno.
Quali saranno le modalità d’attuazione?
“Abbiamo creato appositi spazi presso i locali del-
la cooperativa, che abbiamo definito di transizione,
ma chiaramente dobbiamo immaginare altri ambienti, come una ludoteca, una scuola ecc. perché il
movimento secondo noi è proprio quello che manca nella cultura della disabilità in generale, sempre
confinata in luoghi specifici. Va bene che il disabile
faccia riabilitazione o che vada a scuola, ma poi
per lui non esiste il gioco, non esistono gli scout,
non esiste il lavoro, non esistono le relazioni umane. Questo è quello che dobbiamo superare. Quindi
nelle modalità d’integrazione il gioco avrà un ruolo fondamentale insieme alle attività artistiche; ci
saranno tanti laboratori, che avranno a che fare col
teatro, con la pittura, con la manipolazione”.
Che cos’è l’autismo?
“Un bambino autistico è un bambino che ha un diverso funzionamento neuro-biologico del cervello.
Il contesto, a cui corrisponde uno specifico comportamento, viene decodificato con enorme difficoltà. Alcuni definiscono questi bambini speciali
perché sono dotati di una grande sincerità, difficilmente riescono a mentire, e di una sensibilità sensoriale particolare, per cui stimoli visivi, uditivi,
tattili, per noi banali, possono provocare in loro un
grave disagio. Bisogna davvero conoscerlo a fondo
l’autismo per potere modificare un po’ l’ambiente
e il nostro approccio, senza mai dimenticare però il
bambino che abbiamo davanti, la sua quotidianità e
il suo bisogno di gioco e di integrazione”.
Crede ci sia una corretta conoscenza dell’autismo?
“Se ne parla molto in questi ultimi anni rispetto a
prima, nel mondo scientifico; in televisione, sono
anche stati trasmessi alcuni film sull’argomento.
Non credo tuttavia che questo significhi avere una
maggiore consapevolezza e che le persone quando
entrano in contatto con i bambini autistici sappiano
cosa devono fare. Perché la conoscenza è la base,
ma dopo questo bisogna anche sapersi approcciare.
Non è la stessa cosa sapere cos’è l’autismo e sapere
come comportarsi con un autistico. Probabilmente
è necessaria, tra l’altro è un principio del progetto,
la formazione, un‘opera di sensibilizzazione, tramite attività rivolte alle famiglie e agli insegnanti,
al fine di migliorare la capacità di entrare in relazione con la persona con autismo, considerando
che ogni persona è diversa. Un altro obiettivo
prossimo del progetto è quello di dare una valenza
scientifica al nostro lavoro, perciò una psicologa
dell’università di Enna avrà il compito di raccogliere i dati, le osservazioni, i test all’interno di tutte le attività svolte, affinché queste attività abbiano
valido riconoscimento. Il progetto copre la durata
di due anni, tuttavia speriamo di trovare il modo di
continuare questo lavoro, magari grazie ai finanziamenti previsti dal decreto regionale del 2005
che prevede che lo 0,1% del budget della ASP sia
destinato all’autismo”.
Una parte consistente dei destinatari del progetto sono adolescenti; spesso in questa fase della
vita i ragazzi si comportano in maniera intollerante nei confronti del diverso, accade la stessa
cosa nei confronti dei ragazzi autistici e dei ragazzi affetti da disagio psichico?
“Se non c’è una preparazione di base, si. La nostra
esperienza in una scuola superiore nella quale si sta
lavorando da tre anni sull’integrazione ci conferma
che l’integrazione è possibile. I coetanei hanno imparato a comunicare con il ragazzo autistico, e a
conoscere i suoi limiti e le sue capacità. Senza fare
niente è chiaro che la persona con autismo tende
ad emarginarsi; se poi neanche gli insegnanti conoscono le difficoltà e come comportarsi di conseguenza, possono nascere incomprensioni. Se ad
esempio l’insegnante grida, un autistico potrebbe
non sopportarlo mettendo in atto comportamenti
che lo farebbero apparire aggressivo, mentre sapere che la sua soglia dell’udito è diversa aiuterebbe
a comprendere il suo comportamento e ancora me-
glio a prevenirlo”.
Avete fiducia nella possibilità di migliorare
le condizioni e le possibilità di integrazione di
autistici e di persone con disagio psichico fino
a raggiungere l’obiettivo dell’inserimento lavorativo?
“Siamo fiduciosi perché abbiamo già sperimentato
buoni risultati nel campo dell’inserimento lavorativo di soggetti con disagio psichico e pensiamo
di poter ampliare l’esperienza anche all’autismo.
Con alcuni ragazzi adolescenti autistici stiamo ad
esempio sperimentando percorsi di orientamento
lavorativo all’interno della biblioteca comunale
dove stanno prendendo contatto con il mondo del
lavoro, perché sono persone sistematiche, ordinate,
capaci di orientarsi bene all’interno dell’organizzazione. Questi ragazzi sono apprezzati dai dipendenti della biblioteca comunale, perché sanno che
quando arrivano loro si lavora benissimo, perché
non sbagliano, non si stancano. E mi interessa sottolineare il fatto che oltre all’inserimento lavorativo abbiamo intenzione di sperimentare soluzioni
innovative per la residenzialità di queste persone,
attraverso l’avvio di piccoli Gruppi Appartamento
che possano consentire una vita autonoma e dignitosa, con il supporto di educatori specializzati”.
16
13 Marzo 2010
Riflessioni postume sulla Festa della Donna: “Ancora discriminazioni in casa e in ufficio”
Giovanna Agnello: “Sembra di vivere un’eterna pagliacciata”
Greco: “La libertà sessuale non è pagarsi lo spogliarellista”
di MONICA LANAIA ([email protected])
Signore e signorine siracusane,
donne, bambine, fanciulle, adolescenti – l’età anagrafica non
conta – il lunedì appena trascorso era la vostra – anzi la nostra,
dato che chi scrive rientra nella
categoria – festa. La festa della donna, l’otto marzo. Ora, di
questo giorno esistono svariate
interpretazioni. La prima è fatta
propria, perlopiù, dagli uomini
e dalle donne meno inclini a festeggiare le ricorrenze: “L’otto
marzo? La festa della donna?
Ma figuriamoci se si tratta di
una celebrazione rilevante”. La
seconda interpretazione è quella adottata dalla maggior parte
delle esponenti del gentil sesso:
“Abbiamo una festa, un’intera
giornata ogni 365 dedicata solo
a noi, dunque ci toccano auguri, mimose coloratissime e profumatissime e, per concludere
in bellezza, pranzo, merenda o
cena con le amiche, magari in un
locale attrezzato con spettacolini di uomini simil-centocelle”
(domanda: la festa della donna
autorizza le donne a comportarsi come gli uomini? – senza
offesa per gli uomini tout court);
a tal proposito c’è chi ha asserito che l’otto marzo è un’occasione come un’altra per “far
girare l’economia”; ma si tratta
di un commento pronunciato,
presumibilmente, da esponenti
del primo gruppo in riferimento
agli esponenti di questo secondo
gruppo.
Esiste, infine, una sparuta minoranza di donne e uomini avveduti che ricorda che questa
data non è stata istituita per festeggiare, indiscriminatamente
e immotivatamente, una delle
due categorie del genere umano: l’otto marzo ricorda la morte delle operaie di un’industria
tessile di New York a causa di
un rogo che è divampato nella fabbrica nel 1908. Che poi
le mimose, le passeggiate, gli
auguri e tutto il resto, possano
contribuire a ravvivare i festeggiamenti di questa giornata internazionale della donna, va da
sé; tuttavia l’obiettivo da non
perdere di vista è quello di ricordare, in questa data soprattutto,
sia le conquiste sociali, politiche
ed economiche delle donne, sia
le discriminazioni e le violenze
che le donne subiscono, tuttora,
in molte parti del mondo.
La giornata internazionale del
genere femminile dà, inoltre,
spunti ai dibattiti che coinvolgono le donne: le quote rosa
sono un’opportunità o una limitazione? Quanto ancora la
parità è un concetto ammirevole
ma astratto e quanto si è, invece, concretizzato? Le donne in
parlamento, nelle aziende, nei
partiti, nei mass media (ai fini
dell’informazione seria, non
del cabaret) contano – di fatto
– quanto gli uomini? Nel ventunesimo secolo, e pur vantandoci
di un avanzamento culturale dal
quale i paesi musulmani sono
ancora lontani, è vero che le discriminazioni vivono, silenti e
indisturbate, fra le mura domestiche e quelle dell’ufficio? Le
donne possono emergere solo
nella contrapposizione con gli
uomini o è la complementarietà
la scelta vincente?
Abbiamo, in merito, raccolto i
pareri di due donne siracusane
– due lavoratrici, due madri di
famiglia, due signore normalissime nelle loro particolarità, due
donne che combattono giornalmente contro i piccoli e grandi
problemi della vita mantenendo,
quasi costantemente, un sorriso
a fior di labbra – Anna Maria
Greco e Giovanna Agnello.
La prima ha commentato: “Le
origini della ricorrenza dell’otto
marzo sono nobilissime perchè
si fondano sulla volontà di non
dimenticare un evento drammatico e se celebrare l’otto marzo
significa non far dimenticare ai
cittadini e ai governi di tutto il
mondo la condizione attuale
della donna, condizione che in
molti paesi, e mi riferisco soprattutto alle discriminazioni
degli stati musulmani ma non
solo, è ancora da migliorare
profondamente, allora questa
dovrebbe essere una data importante non solo per ogni donna, ma per ogni essere umano.
Deploro invece fortemente quei
fenomeni deteriori di costume,
più o meno alimentati dal consumismo, si pensi ai gruppi di
donne che si riuniscono in locali
o ristoranti scimmiottando gli
stag’s party, costumi che hanno
svilito una tematica socialmente e politicamente importante,
facendola divenire puro e frivolo intrattenimento. Le donne
dovrebbero capire che non è
assorbendo gli aspetti peggiori
di certa cultura maschile, anche
perché la libertà sessuale delle donne va molto al di là del
pagarsi uno spogliarellista, ma
anzi rivendicando rispetto per
la propria diversità, che si fonda e si conquista l’uguaglianza
e la dignità delle donne. Ecco
perchè non sono favorevole
alle quote rosa che rendono le
donne quasi una categoria da
proteggere perché più debole e
bisognosa; chiediamoci, piuttosto, perchè le donne non sono
ancora abbastanza presenti in
politica. Di ciò non trovo giusto
colpevolizzare gli uomini, forse
dovremmo essere noi donne ad
impegnarci maggiormente, ad
essere più presenti e credibili”.
Giovanna Agnello esordisce: “È
senz’altro positivo che le donne abbiano una loro rilevanza
nell’esercizio di cariche istituzionali e questo fa onore a chi
propone e promuove le quote
rosa. Analizziamo, però, la realtà della situazione: quanto le
donne sono davvero libere nello
svolgimento di questi impieghi?
Riescono concretamente a non
essere succubi degli uomini? O
subiscono, invece, l’influenza
dei colleghi maschi, che non
consente loro di esercitare liberamente la carica cui sono state
chiamate ed elette in maniera
indipendente? Sembra strano
ma, se riflettiamo, notiamo che
in Italia non abbiamo grandi
donne politiche come Hillary
Clinton o Angela Merkel. La
Clinton, negli Stati Uniti, deve
la sua fama non al marito, che
pure l’ha sostenuta politicamente e ha ricoperto, prima di lei,
una carica importante, bensì alle
sue idee e alla sua mentalità.
Abbiamo equivalenti in Italia, o
le donne non sono ancora ritenute capaci quanto gli uomini?
Certo, in Italia ci sono donne
con una propria rilevanza politica, la Bonino ad esempio, ma
tali donne non ricoprono grandi
ruoli. Perchè? Dovremmo credere che il nostro stato non sia
capace di sfornare donne con
grandi ideali politici? Sembra
improbabile. Piuttosto è nel
modo di condurre la politica
nostrana che si deve cercare la
risposta a questa carenza.
Per quanto riguarda il femminismo, si tratta di un concetto
molto soggettivo: femministe,
oggi, si dicono quelle donne
che partecipano ai reality show
o che si mettono al fianco di un
qualche conduttore sfoggiando
il proprio fisico senza dire una
parola e mostrando la propria
intelligenza in maniera molto
dubbia. Come ogni cosa, anche
il femminismo ha i suoi estremi,
i suoi poli opposti: c’è il femminismo che sfocia in un vero
e proprio antagonismo con gli
uomini e c’è il femminismo di
quelle donne che, pur riempiendosi la bocca di questa parola, in
realtà non sanno neppure cosa
significa parità di diritti con
l’uomo. La complementarietà
uomo-donna? Aiuterebbe, ma
si è mai vista in Italia una cosa
del genere? Per quanto si sia
tentato e si tenti di dare rilevanza alle donne sembra di vivere
un’eterna pagliacciata. L’uomo
ha sempre un qualcosa in più,
ha sempre quella briciola di potere in più. Per quanto riguarda
la festa delle donne ricordiamoci che questa festa nasce da una
tragedia, nasce da un giorno di
grande lutto che dovrebbe portare anno dopo anno una altrettanto grande riflessione e un altrettanto grande impegno; l’otto
marzo è la festa della mimosa,
dei cioccolatini e degli auguri:
ma le donne di oggi ricordano
quelle donne di ieri che morirono lavorando?”
Ricostruito un percorso ideale sulla base delle diverse campagne di scavo
Interessante mostra al “Quintiliano” aperta fino a marzo
“Il linguaggio della pietra all’alba del cristianesimo”
La mostra didattica è stata allestita dagli studenti del Liceo Statale Polivalente “Quintiliano” di Siracusa che hanno partecipato al
corso extracurricolare di pittura “Il segno
grafico nel luogo di culto”, progetto reso operativo nei primi tre mesi dell’anno scolastico
2009-2010.
Gli allievi corsisti sono stati guidati dai professori di arte Emanuele Dimauro e Salvatore Formica.
Come filo conduttore dello spazio espositivo
è stato scelto il tema sacro del “linguaggio
della pietra all’alba del cristianesimo”, con
riferimento al complesso catacombale di San
Giovanni Evangelista.
Hanno partecipato e frequentato il corso circa quarantacinque alunni appartenenti ai vari
indirizzi di studio presenti al Quintiliano.
L’attività di laboratorio è stata preceduta da
un’accurata indagine storico-artistica e da vi-
site guidate effettuate all’interno della Basilica e dell’attigua Cripta di S. Marciano.
Durante la fase operativa sono stati eseguiti
schizzi dal vero, rilievi grafici e fotografici
che hanno permesso agli alunni di ripercorrere e rivivere, anche se virtualmente, le tappe salienti della nascente comunità cristiana
guidata dal vescovo Marciano che San Pietro,
da Antiochia, inviò direttamente a Siracusa
per evangelizzare la nostra città che divenne,
così, la seconda chiesa del mondo cristiano.
Gli allievi corsisti, seguendo le orme del
grande archeologo Paolo Orsi, hanno ricostruito un percorso ideale elaborato sulla
base delle diverse campagne di scavo che
hanno interessato il sito di questo importante
luogo di culto protetto e nascosto dalla saggezza del tempo.
I rilievi grafici e fotografici, riproducenti i
vari particolari architettonici e plastici del
complesso catacombale, sono stati personalizzati in sede di laboratorio con procedimenti classici di tipo accademico, in quanto basati sullo studio del disegno, della prospettiva e
del chiaroscuro, o mediante il metodo cubista
del collage.
I lavori sono stati eseguiti su tela, cartoncino e cartonpane, poi dipinti o colorati con la
tempera, i pastelli, il carboncino e l’inchiostro di china su carta lucida.
Alcuni allievi, avendo raggiunta una buona
padronanza tecnico-pittorica, hanno realizzato, inoltre, alcune composizioni cromatiche
ispirate ai temi dei grandi maestri del Novecento; un tentativo, senz’altro positivo, considerati i buoni risultati raggiunti.
La mostra, esposta nei locali d’ingresso del
Quintiliano, rimarrà aperta al pubblico nei
mesi di Gennaio-Febbraio dalle ore 8.00 alle
ore 18.00, escluso il sabato pomeriggio.
Editrice:
Associazione
Culturale Minerva
Via Simeto, 4 - Siracusa
Tel. 0931.462633
Direttore: Franco Oddo
[email protected]
Vice direttore: Marina De Michele
[email protected]
Redazione, Amministrazione:
Viale Teocrito, 71 - Siracusa
Pubblicità: cell. 333.1469405
e-mail: [email protected]
Reg. Trib. di Siracusa n°1509
del 25/08/2009
Stampa: Tipolitografia Geny
Canicattini Bagni (SR)
13 Marzo 2010
17
MELILLI - L’assessore: “Per sicurezza, igiene e qualità ci siamo rivolti alla FIN, tramite il CONI”
La Rosa: “A 40 anni dal primo tentativo di realizzare la piscina
l’abbiamo fatta, manca solo il collaudo tecnico amministrativo”
di ALESSANDRA PRIVITERA ([email protected])
Per 40 anni tutte le giunte comunali che si sono avvicendate a Melilli
hanno promesso che avrebbe trovato
realizzazione il progetto della piscina comunale. E a ogni tornata elettorale i melillesi a sperare che fosse
vero, che quelle pozze dietro il campo
sportivo venissero rifinite, per essere
utilizzate. Poi, durante la prima giunta Sorbello, la sorpresa: cominciano i
lavori per una nuova struttura in contrada Cavittula, lavori che – in tempo record - sembrano far diventare il
sogno realtà. Già nel bilancio sociale
del 2006 il Comune di Melilli vantava la messa in opera della stessa realizzazione. E nel luglio 2008 l’AR.
LI. s.n.c. della provincia di Agrigento
si aggiudicava la gara d’appalto per
la realizzazione delle nuove piscine
comunali (II° stralcio esecutivo) per
un importo complessivo a base d’asta
(compresi oneri per la sicurezza) di
€ 717.626,00. Per il paese sono già
state fissate le indicazioni stradali per
la piscina comunale che da almeno
un anno sembra pronta. Perché non
sia ancora fruibile, però, lo chiediamo all’assessore allo Sport, turismo
e spettacolo di Melilli, ing. Salvo La
Rosa.
A che punto sono i lavori ad oggi?
“I lavori per la realizzazione della piscina comunale sono stati ultimati, è
stato emesso lo stato finale, è stato già
eseguito il collaudo statico, restiamo
in attesa della redazione del collaudo
tecnico-amministrativo, per poi convocare la commissione che dovrà certificare l’agibilità dell’impianto”.
È possibile stimare quanto tempo
passerà ancora perché si abbia la
consegna in modo definitivo?
“Stiamo lavorando per cercare di
avere l’agibilità nel più breve tempo possibile, spero al massimo tra
un mese. Nel frattempo, essendosi
l’amministrazione affidata a un soggetto professionalmente competente
ed esperiente nella gestione e formazione qual è il presidente della Scuola Regionale di Sport CONI Sicilia e
presidente del Comitato Provinciale
CONI di Ragusa, vista la complessità
della struttura, già da oltre due mesi
tutti gli impianti tecnologici della
piscina comunale sono in marcia, al
fine di verificare il buon funzionamento degli stessi a regime, cercando
di anticipare i tempi per la messa in
esercizio, nelle more del rilascio del
certificato di agibilità”.
Si discute animatamente, a Melilli,
della gestione (o, meglio, di chi e di
quanti prenderanno in gestione) di
questa nuova struttura. Si stanno
già vagliando delle ipotesi?
“Che si discuta animatamente della
gestione della piscina è sicuramente positivo. Dopo il primo tentativo
di oltre 40 anni fa di realizzare una
piscina comunale, finalmente dopo
circa 10 anni dall’avvio del secondo tentativo, grazie alla mia ferma
volontà nel realizzarla e al costante
supporto amministrativo e finanziario
delle amministrazioni Sorbello, oggi
a Melilli si discute della gestione di
una struttura sportiva “realizzata” e
non di una incompiuta.
“Vi pongo io una domanda: a che
serve costruire impianti sportivi se
non c’è una utenza organizzata che
ne usufruisce in maniera corretta, se
mancano gli operatori che la fanno
funzionare, se non c’è un management motivato e competente? Partendo da tale interrogativo abbiamo
cercato di affrontare il nodo gestione
e cioè di quel complesso di attività
che coinvolgono persone, attrezzature, mezzi organizzativi e finanziari
che sono necessari per amministrare
ed utilizzare un impianto natatorio di
prima generazione qual è il nostro.
Adottando come principio ispiratore
quello di affidarci a personale altamente specializzato e qualificato, che
ci consenta di puntare a un ottimo livello di sicurezza, di igiene e di qualità del servizio offerto, compatibili con
la funzione sociale che dovrà avere la
piscina, ci siamo rivolti all’ente pubblico più qualificato del settore, qual
è la F.I.N. per il tramite del CONI”.
Lei crede che possa essere sfruttata la gestione della piscina come
possibilità di impiego per i giovani
disoccupati?
“Sicuramente. Quanti sono professionalmente qualificati e preparati,
nonché abilitati, potranno avere una
opportunità lavorativa”.
Le attività della piscina comunale
di Melilli si inseriranno in un territorio su cui insistono già realtà
altamente qualificate (Priolo con
una realtà comunale e una privata,
Città Giardino con una privata, per
non parlare di Augusta e Siracusa).
Lei crede che il bacino di utenza
della struttura melillese resterà
solamente cittadino o ci sono possibilità perché si allarghi a livello
provinciale?
“Tutto dipenderà dalla capacità gestionale del concessionario. Considerate le premesse, però, ci sono buone
probabilità che il bacino di utenza
possa essere extracittadino”.
I soggetti con questa patologia sono cinquemila in Sicilia e 400 a Siracusa
L’uno per mille delle entrate ASP per cure agli autistici
Sì della commissione Sanità alla proposta De Benedictis
Una notizia buona finalmente è
in arrivo per chi è affetto da autismo. La settimana scorsa l’on.
De Benedictis ha presentato un
emendamento alla legge finanziaria regionale che prevede
di utilizzare l’1 per mille delle
risorse delle aziende sanitarie
per chi è affetto dalla sindrome
di Kanner. “La commissione
sanità - ci spiega De Benedictis - ha già espresso parere favorevole; adesso il d.d.l. andrà
in aula e dovrà diventare legge.
Personalmente ritengo che non
troverà ostacoli in commissione bilancio poiché la proposta
non prevede aggravi di spese
e inoltre l’emendamento è stato
votato alla presenza dell’assessore al ramo che ha mostrato
di condividerlo. In verità la
norma, che regolamenta che le
Asl destinino l’1 per mille delle
proprie entrate e dunque delle
proprie risorse a chi è soggetto
a tale disturbo, esiste dal 2006
ma accade che alcune aziende
utilizzino i fondi per la gestione
ordinaria, uno tra questi quello
relativo alla neuropsichiatria
infantile. L’emendamento chiarisce invece che i fondi devono
essere esclusivamente utilizzati per interventi terapeuticoriabilitativi e socio-riabilitativi
rivolti verso gli autistici.
“Purtroppo questo disturbo si
manifesta con una certa frequenza ed è fortemente presente sul territorio sebbene il
problema venga poco discusso
ed affrontato. Solo nella nostra
regione i soggetti affetti da patologie autistiche sono 5000
ed oltre 400 nella nostra provincia. Inoltre, poiché appunto
non si tratta di una malattia ma
di una condizione che impedisce ai soggetti di relazionarsi
con gli altri, ne viene colpito
non solo il singolo ma l’intera
famiglia, che vive le difficoltà
della persona all’interno del nucleo familiare. Invece le terapie
hanno compiuto notevoli passi avanti ed è stato dimostrato
che è indispensabile intervenire
non appena si manifesta il problema, poiché prima si agisce
maggiori sono i risultati che si
raggiungono, ovviamente sempre che ci si affidi a specialisti
dato che il soggetto avrà bisogno di interventi specifici. Dunque un maggiore investimento
economico sul disturbo può
consentire sia alla famiglia che
all’intera società e all’individuo
una ulteriore possibilità di vita
normale e lavorativa”.
Concetta La Leggia
18
13 Marzo 2010
“Sono in corso conferenze e incontri in molte scuole su violenza domestica e bullismo”
Adriana Prazio (La Nereide): “Noi non smetteremo mai
di reclamare l’immediata riapertura della casa rifugio”
di CONCETTA LA LEGGIA ([email protected])
La settimana scorsa, sulla proposta di legge relativa alla prevenzione ed al contrasto della
violenza di genere, abbiamo
sentito l’opinione della professoressa Lucia Rita Storaci, portavoce del comitato 100 donne
e della consigliera comunale
Carmen Castelluccio e questa
settimana, poiché è sempre
meglio parlarne affinché le
coscienze non si addormentino, abbiamo scelto di tornare
sull’argomento con Adriana
Prazio, responsabile del Centro Antiviolenza “La Nereide”,
Onlus, da sempre impegnata
nel sociale.
Signora Prazio, cosa ne pensa
della proposta di legge appena presentata? Vi è una speranza adesso che la casa rifugio di Siracusa sia riaperta?
“In questi giorni si parla tanto della presentazione alla
Regione Siciliana di ben tre
proposte di legge da parte dei
nostri deputati regionali, come
decreto legislativo “Norme per
il contrasto e la prevenzione
della violenza di genere”. Hanno detto bene i nostri deputati
Bruno Marziano e Roberto De
Benedictis durante la presentazione, ribadendo che l’approvazione di questa legge permetterà l’apertura di almeno
una casa rifugio per le donne
vittime della violenza (in provincia di Siracusa, la riapertura
di quella esistente gestita dalla
Provincia) e l’istituzione di un
centro antiviolenza in ogni provincia. La legge è già stata esitata dalla commissione affari
costituzionali dell’Assemblea
regionale e adesso dovrà essere approvata dall’aula, hanno
spiegato i due deputati siracusani.
“Quella presentata da De Benedictis e Marziano è diventata
la base di lavoro del disegno di
legge definitivo. Un primo ddl è
stato presentato dall’onorevole
Vinciullo del Pdl, un secondo da
un gruppo di deputate dell’Assemblea. I deputati del Pd hanno chiarito che la loro proposta è stata presentata dopo una
lunga consultazione avuta con
le donne che nella pratica si occupano di violenza. Insomma, il
disegno di legge affronta il problema dal punto di vista delle
donne prendendo in considerazione le necessità di chi subisce
violenza e di chi si adopra per
prevenirla. Pertanto noi, come
“La Nereide”, abbiamo dato il
nostro contributo con la legale della nostra associazione e
con le donne che nella pratica si
occupano di violenza. Noi non
smetteremo mai di far giungere
il cosiddetto “grido di dolore”
per l’immediata apertura della
casa rifugio”.
Eppure la casa rifugio è chiusa da due anni!
“Da due anni la nostra associazione lotta facendo appelli
in trasmissioni nelle TV locali,
nella stampa, in seminari, convegni ed incontri anche alla
presenza delle autorità preposte ma ad oggi non si prevede
alcuna certezza. Confidiamo
nell’assessore Paola Consiglio
e soprattutto ci auguriamo che
in questo mese si possa dare
la notizia che tanto aspettiamo.
Purtroppo, ci tengo a precisarlo,
giorno dopo giorno lavoriamo
con l’ansia e la preoccupazione
di non potere accogliere le richieste delle donne che necessitano di essere accolte in un rifugio sicuro anche perché spesso
corrono pericolo di vita per se
stesse e per i loro figli. In questi ultimi giorni siamo riuscite,
grazie all’interessamento delle
forze dell’ordine della provincia di Siracusa, ad assicurare
un alloggio a quattro donne con
figli a seguito. Siamo grate a
chi ci ha consentito di farlo ma
non si tratta di case rifugio vere
e proprie, ove le donne vittime
possano ricevere un aiuto concreto per la loro fuoriuscita dalla violenza. Naturalmente, non
smettiamo di sollecitare e fare
appelli, in tutti i nostri seminari
e conferenze, per la riapertura
della casa, che per noi operatrici del Centro Antiviolenza
costituisce una importantissima
indispensabile risorsa.
“Ci rivolgiamo in particolare
al presidente della Provincia,
ma anche al prefetto, al sindaco di Siracusa, che riteniamo
egualmente responsabili di questa grave disattenzione verso
il mondo femminile. Tutte le
autorità pubbliche hanno il dovere di intervenire per trovare
una soluzione, anche per evitare che una struttura già dedicata allo scopo ed utilizzata per
soli tre anni non divenga uno
squallido rudere e vani siano
stati i finanziamenti pubblici a
suo tempo erogati per renderla
“casa”. Riteniamo inoltre che i
sindaci degli altri comuni della
provincia dovrebbero interessarsi parimenti alla riapertura
del presidio che spesso è stato
utilizzato per accogliere anche
le donne ed i bambini dei loro
paesi”.
Oltre alle leggi e alla riapertura della casa rifugio, quali
iniziative concrete tendete a
realizzare sul territorio per
prevenire la violenza sulle
donne?
“Per questo mese di marzo,
dedicato alla donna, io e Rita
Disco, rispettivamente responsabili del Centro Antiviolenza
“La Nereide, Onlus (telef.0931
61000 – cell 349 7586157) e
Scuola e Formazione di Cittadinanzattiva, supportate dall’Ufficio Scolastico Provinciale che
ne ha approvato i contenuti,
abbiamo scelto di realizzare in
molti istituti scolastici di Siracusa e Provincia, con la collaborazione di esperti (psicologi,
avvocati, operatori socio-sanitari, consoulers, psicopedagogisti
e forze dell’ordine), incontri e
conferenze, volti a sensibilizzare alunni, insegnanti e famiglie
sulla necessità di contrastare il
gravissimo fenomeno della violenza domestica e del bullismo
e a stimolare la riflessione degli
studenti e delle studentesse sul
valore delle diversità e sull’ importanza, nella nostra società, di
una partecipazione corresponsabile fra uomini e donne, nel
rispetto dell’altro come valore
universale e fondamento giuridico, etico e sociale della nostra
Costituzione.
“Molti di detti incontri sono
già stati realizzati presso gli
istituti comprensivi e superiori
di Siracusa e della provincia e
si protrarranno sino al mese di
maggio. Inoltre il Centro Antiviolenza “La Nereide”, onlus, insieme alla Rete Scuola e
Formazione di Cittadinanzattiva hanno riproposto a tutte le
scuole di ogni ordine e grado
della provincia di Siracusa, il
concorso in oggetto segnato, in
ciò supportati dall’Ufficio Scolastico Provinciale che ne ha approvato i contenuti e diramato
il regolamento annesso. Come
già lo scorso anno, la scelta di
questa tematica vuole sottolineare il ruolo degli studenti e
delle donne nella vita sociale,
culturale, scientifica, produttiva
e politica del nostro Paese e il
loro impegno in difesa dei valori democratici e dei diritti umani. Il progetto rientra, inoltre,
nella Campagna internazionale
di Cittadinanzattiva “IMPARARESICURI” ed ha tra i suoi
obiettivi: contribuire alla messa
in sicurezza delle scuole italiane; lavorare per il radicamento
della cultura della sicurezza
(compresa la lotta alla violenza
e al bullismo) e della salute tra i
più giovani; creare collegamenti stabili tra le scuole e il territorio per la gestione comune dei
rischi legati allo specifico territorio di appartenenza”.
Qualche mese fa avete aderito a un importante progetto
che ha ottenuto finanziamenti nazionali e che ha visto le
province di Siracusa e Ragusa collaborare.
“Si tratta del progetto S.T.O.P.,
Sistema Territoriale Operazio-
ne Prevenzione, contro la violenza sulle donne, un progetto
finanziato dalla presidenza del
consiglio dei ministri, dipartimento per le pari opportunità,
che risale al bando emanato nel
2008 con un budget finanziario
di 180.000 euro. La Provincia
regionale di Siracusa, insieme
alla Provincia regionale di Ragusa, sono partner coofinanziatori con una quota di 5.000 euro
ciascuno. Al progetto aderiscono anche tre associazioni: due
di Siracusa - il Centro Antiviolenza La Nereide della quale
sono presidente, l’associazione
Netum che ha sede a Noto e si
occupa di prevenzione sul tema
della violenza - e una a Ragusa, l’associazione Nuova Vita.
L’ente capofila è il CE.SI.S. che
realizza progetti per nuove strategie territoriali.
“Il progetto assegna agli enti e
alle associazioni dei ruoli ben
definiti: le due Province devono
realizzare opere di sensibilizzazione sul territorio sulla tematica della violenza di genere, investire nella comunicazione del
fenomeno attraverso i media e
dare servizi creando rete, mentre le associazioni devono realizzare un’indagine sul territorio
per verificare quali sono i tempi,
le strutture, il dato fenomenico
legato appunto alla violenza.
Quindi il progetto, che avviato a
marzo si concluderà il 27 agosto
2011, comprende anche delle
azioni formative che si svilupperanno adesso in primavera
per tutti gli operatori del servizio e si prefigge quale obiettivo
generale il potenziamento del
sistema locale degli attori istituzionali e privati, coinvolti nella prevenzione, nel contrasto e
nella tutela delle donne vittime
di violenza sessuale e di genere, con particolare riguardo alle
manifestazioni di violenza in
ambito familiare”.
Giornata della Memoria per ricordare tutte le vittime delle mafie
Martedì conferenza stampa a Villa Reimann
in preparazione della fiaccolata del 27
Si svolgerà martedì mattina a Villa
Reimann la conferenza “Lotta alla
mafia un impegno di vita” in preparazione della fiaccolata per le vittime
della mafia programmata per il 27
marzo. Tante le adesioni, sia individuali che collettive: fra gli altri, vi
saranno le associazioni Libera, Raciti, Gesci, Confesercenti e Confocommercio.
“La XV “Giornata della Memoria e
dell’Impegno in ricordo di tutte le Vittime delle mafie” quest’anno si terrà a
Sortino, il 26 Marzo, e a Siracusa, sabato 27. L’iniziativa è organizzata da:
LIBERA-Associazioni, Nomi e numeri contro le mafie, AGESCI-Siracusa 2 Grottasanta, quasi tutti i gruppi Scout della provincia di Siracusa,
associazione Antiracket di Siracusa,
Coordinamento Provinciale Antiracket, Unione degli Studenti, Ce.na.
co. via Tisia, Camera di Commercio,
Confesercenti, Confcommercio”.
Entrambe le manifestazioni sono
aperte a tutti i cittadini. Pertanto gli
organizzatori invitano ad aderire in
massa in modo da lanciare un forte
segnale. Per informazioni, si può contattare l’Antiracket, di cui forniamo
ancora una volta, il numero di telefono: 346.3634326.
13 Marzo 2010
19
La politica non ha saputo programmare l’espansione della città dal ‘60 in poi
La classe dirigente e il “vivere civile”. Ma è civiltà
una differenziata al 3/4%, nessun verde pubblico…?
di SEBASTIANO DI MARIA ([email protected])
Società civile, civile convivenza, istituzione civile: ma qual
è il vero significato dell’aggettivo “civile”? In senso stretto,
si può affermare che il termine, dal latino “civis”, è tutto
ciò che riguarda il cittadino.
Più in generale, invece, si deve
fare riferimento al comportamento, all’esercizio dei diritti
e all’osservanza dei doveri del
cittadino medesimo, sia rispetto
ai suoi simili che nei confronti
delle organizzazioni che regolano la vita della comunità. Il
“vivere civile”, insomma, è la
sfera di libertà di ognuno rispetto a quella degli altri, nell’osservanza di leggi emanate dalle
istituzioni centrali e periferiche
a tutela dell’ intera collettività.
In parole povere, a determinare
la “civiltà” della popolazione
è il suo virtuosismo in tutte le
sue manifestazioni: artistiche,
sociali e politiche. Ciò posto,
scendiamo nel concreto e chiediamoci: così come dettato e garantito dalla Carta costituzionale, siamo veramente tutti uguali
di fronte alla Legge e messi in
condizioni di assoluta parità per
esercitare, senza impedimento alcuno, i diritti e i doveri di
cittadino? Per contro, lo Stato
nelle sue varie forme e organizzazioni eroga equamente beni e
servizi a tutti i cittadini, senza
disparità di trattamento? In definitiva, l’agire dei singoli cittadini in uno all’efficienza delle
Istituzioni “produce” nel nostro
Paese “civiltà”? Alla luce di una
lunga esperienza crediamo proprio di no.
Per un’analisi comprensibile,
attingiamo alla quotidianità di
chi vive la propria vita in una
città come Siracusa. Siracusa
nei secoli passati ha inciso sulla storia dell’intera zona sudorientale se non addirittura di
tutta la Sicilia. Per non allargare
troppo l’orizzonte, limitiamoci
ad esaminare i fatti dell’ultimo mezzo secolo, dal secondo dopoguerra ad oggi. Non è
secondario evidenziare che lo
sbarco degli alleati in Sicilia,
lungo la fascia che va da Gela
a Cassibile, ha profondamente
modificato il comportamento
dei cittadini siracusani e dell’intera provincia; la liberazione del
territorio prima e la nascita in
forma autonoma della Regione
Siciliana, poi, hanno influenzato positivamente tutte le attività
umane e l’economia dell’intera
provincia. Facciamo due esempi significativamente importanti, registrati dalla fine degli anni
quaranta in poi: 1) Siracusa,
ha conosciuto una esplosione
dei flussi turistici, favoriti dal
passaparola delle truppe alleate che, rimpatriando, hanno
riferito mirabilia della nostra
gente, dell’accoglienza ricevuta
e della bellezza dei nostri luoghi; 2) La nostra provincia nello stesso periodo ha registrato
l’insediamento della più grande concentrazione industriale
del sud Europa, nel triangolo
Priolo-Augusta–Melilli, grazie
ai vantaggi fiscali concessi dal
governo agli imprenditori italiani e stranieri.
Questi due fenomeni, a suo tempo, hanno risvegliato dal torpore l’intera popolazione, dedita
prevalentemente all’agricoltura, migliorando sensibilmente
le condizioni economiche delle
famiglie. Dal nulla sono nati
come funghi bar, trattorie e ristoranti; sono stati restaurati e
costruiti numerosi alberghi; al
normale flusso di turisti, italiani
e stranieri, si è aggiunto quello
religioso in conseguenza dello
straordinario evento della lacrimazione della Madonna. Sul
versante dell’occupazione, la
costruzione degli impianti alla
Targia ha determinato la nascita di una generazione di operai
qualificati e specializzati che
a migliaia, dismessi gli attrezzi agricoli, hanno indossato la
tuta blu. Particolarmente attiva
è stata l’edilizia che, oltre a ricostruire le case bombardate,
ha fornito alloggi a quanti, per
raggiungere più facilmente il
posto di lavoro, hanno preferito
trasferirsi a Siracusa e nei paesi limitrofi. Questo processo di
sviluppo e di benessere diffuso è passato alla storia come il
“boom economico”.
Per tutti gli anni sessanta sono
fiorite tante rose ma, come sempre, non sono mancate le spine.
La voglia di rialzare la testa, di
superare le ristrettezze imposte
dalla guerra e di rimarginare le
ferite, ha determinato un vero e
proprio arrembaggio; si è edificato freneticamente e frettolosamente senza la guida di
validi progetti urbanistici, con
l’inevitabile conseguenza di
deturpare il territorio e gettare
nel caos il traffico urbano che
via via aumentava. Chi doveva
programmare e pilotare con
lungimiranza questo processo?
Ovviamente la politica, da sempre deputata a garantire uno
sviluppo ordinato ed efficiente,
funzionale al vivere “civile”.
E torniamo a considerare il grado di civiltà pervenuta all’oggi.
E’ civiltà il disordine edilizio
determinato dalle costruzioni di
palazzoni a dieci e dodici piani,
da piazza Adda alla tonnara di
Santa Panagia? E’ civiltà non
avere previsto, anzi non avere
obbligato, i costruttori a tenere
conto dell’aumento del traffico
veicolare e quindi dell’esigenza
di nuovi parcheggi sotterranei
e a cielo aperto? E’ civiltà non
avere progettato e realizzato,
in relazione alle esigenze delle
famiglie, asili comunali, nuove
scuole, ospedali modernamente attrezzati e validi centri per
anziani? E’ civiltà non avere
adeguatamente valorizzato un
inestimabile patrimonio archeologico, fonte di sicura ricchezza
economica e culturale? E’ civiltà non avere abbastanza acqua
nelle case, sebbene strapagata
con bollette salatissime, per la
gioia del gestore privato? E’
civiltà attestare la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani
intorno al 3-4%? E’ civiltà non
avere, in cinquant’anni, dotato
la città di verde pubblico adeguato al numero degli abitanti,
perennemente intossicati da
ogni sorta di inquinamento? E’
civiltà buttare milioni di euro
nel “pozzo di San Patrizio “ qual
è il teatro comunale di Siracusa,
mentre Avola e Noto hanno restaurato in pochi anni un identico contenitore culturale?
Potremmo continuare all’infinito ad elencare le carenze
croniche di questa sfortunata
città, in mano ad una classe politica vociante e inconcludente,
fiera solo di avere rinnovato le
basole di un breve tratto del
corso Umberto, la cui perizia
tecnica è stata fortemente rimessa in discussione. Ora la
zona industriale sta smobilitando, così come boccheggia
la stazione ferroviaria, mentre
avanza la cementificazione
del porto grande. Chiudono i
battenti tanti artigiani e molti
esercizi commerciali, con la
conseguenza tragica di un aumento vertiginoso della disoccupazione. Muore la speranza
di tanti giovani di trovare un
qualsiasi lavoro nella terra
che li ha generati, ma con la
certezza di doverlo andare a
cercare all’estero, ovunque sia.
E questa che consegniamo ai
nostri figli e a nostri nipoti possiamo chiamarla “civiltà”?
Risus in pagina
I quattro tipi di cognata: bruttina ma simpatica
carina e antipatica, bellina e (ahi!) bella da miss
di GIUSY SCARCELLA ([email protected])
Questa settimana parliamo di famiglia, naturale e acquisita. Ma non discutiamo di ex
mogli, ex mariti e relativi figli che si ritrovano a dover combattere con tre o più genitori,
come se non bastassero quelli di “origine”.
No, stavolta parliamo di fidanzate e/o partner di cognati e affini. Che quando entrano
in famiglia, ufficialmente, con inviti a pranzi,
cene, feste e anniversari, bisogna frequentare, volenti o nolenti, con un bel sorriso sulle
labbra. I casi che si profilano in genere sono
quattro: a) cognata bruttina, ma simpatica.
Il vostro commento sarà “E’ un tipo interessante”, diventerete la sua migliore amica e vi
comporterete da cognata chioccia. Caso b)
cognata bruttina e antipatica. Cercherete di
giustificare il suo atteggiamento, attribuendo
il suo brutto carattere al suo aspetto non proprio felice, facendo notare con nonchalance
la vostra superiorità in ambedue i campi. In
effetti questo è il caso ideale, perchè qualsiasi
paragone è già vinto. Caso c) cognata bellina, ma con comportamenti inaccettabili. Di
solito si tratta di esponenti di sesso femminile tipo “gatte morte”, che sanno di essere
carine e sfruttano questa caratteristica a loro
vantaggio, riuscendo a far fare qualsiasi cosa
al primo maschio che gira nei dintorni, compreso lavare i piatti, fare il bucato e stirare. Il
maschio ha anche il coraggio di ringraziarle
di avergli fatto questo onore. Queste tizie non
riescono a capire di essere anacronistiche,
perché ormai non esiste più l’uomo che apre
la portiera o che ti accompagna quando sei
sola. O meglio, non esiste un compagno così,
ma un maschio sì, e loro, le “gatte morte”,
sono capaci di riuscire a capire da un solo
sguardo quale può essere la vittima di turno,
meglio se già accoppiato. Capita anche che le
“gatte morte” si lamentino pure della carenza di uomini veri che riescano a farle felici.
Che sfacciate. Queste tizie sono da eliminare
dalla faccia della Terra, ci stiamo lavorando,
noi non-gatte-morte, ma è un processo lungo
e difficoltoso. In realtà stiamo pensando se
non sia meglio dichiararci sconfitte e unirci
a loro.
L’ultimo caso di esponente di cognata, che
gli inglesi chiamano “sister in law”, sorella nella legge, mica per niente, è il caso d)
cognata bella e simpatica. Questo è forse il
caso più brutto che si possa affrontare, so-
prattutto quando la cognata non è solo bella,
ma potrebbe benissimo fare Miss Italia ed essere eletta all’unanimità. E soprattutto dopo
che avete passato la maggior parte della frequentazione di vostro cognato a dirgli “Dai,
quand’è che mi regali una cognata? Forza,
quand’è che metti su famiglia?”. E quando lo
sporco traditore, che è pur sempre il vostro
“brother in law”, decide finalmente di darvi
retta, chi è che vi porta a casa? La bellissima
copia di Milla Jovovich, che sembra, e si dimostrerà pure, una ragazza che non si dà per
niente delle arie, ma anzi è tranquillamente
inconscia del suo potenziale. Parla e dice
cose sensate, si veste e non indossa vestiti
scollacciati, ha dei capelli bellissimi ma sembra siano là per caso, senza nessuno sforzo.
E l’atteggiamento nei vostri confronti sarà
della stessa stoffa: contenta di fare la vostra
conoscenza, ma non al punto da pendere dalle
vostre labbra. E naturalmente, dulcis in fundo, è pure più giovane! In realtà, voi non lo
sapete, ma vostro cognato vi ha fatto un favore, perché se resistete a questo tipo di stress
comparativo la vostra autostima ne uscirà triplicata, e, se ben riflettete, il colpevole, per
presentare una compagna che sia alla vostra
altezza, è andato a prendersi Miss Italia!
È o non è uno splendido esempio di rigiramento di frittata?
Però, mi raccomando, usate una padella antiaderente e… non fatelo capire a vostro marito.
20
13 Marzo 2010
Una volta gli uomini di governo informavano i Comuni sui progetti finanziabili, ora non più
Il Ministero Ambiente finanzia display elettronici e semafori
intelligenti per i bus urbani. Non a Siracusa ma a Pavia
di CORRADO FIANCHINO
La Prestigiacomo le fa le cose,
eccome! Però, altrove. A Pavia, per esempio. Semafori
intelligenti che riconoscono
l’autobus e gli danno la precedenza, display che indicano
i minuti di attesa per i clienti.
Dal ministero dell’Ambiente,
secondo quanto hanno riferito
gli amministratori del Comune di Pavia in una conferenza
stampa, arriverà mezzo milione di euro, a fondo perduto.
Altri 300 mila euro li metteranno una ditta privata e il
Comune («ma la nostra quota
sarà minima», precisa il sindaco). I tempi: «Nel giro di pochi
giorni sarà presentato un piano
operativo alla giunta e dentro
marzo dovremmo completare
gli ultimi passaggi burocratici
per il finanziamento».
I dettagli vengono forniti dal
comandante dei vigili urbani,
che con i suoi collaboratori
sta definendo nel dettaglio il
progetto da presentare alla
giunta: «Saranno identificate
35 postazioni alle pensiline spiega - dove ci sarà una precisa indicazione del tempo di
attesa per gli autobus. Saranno in centro storico, ma anche
in periferia». Perché il tutto
funzioni è necessario anche
che i mezzi siano attrezzati:
«Ottanta autobus saranno dotati di sistema satellitare Gps.
Comunicheranno con una
centrale operativa, segnalando sempre la propria posizione». Le novità non finiscono
qui. Il comandante annuncia
anche quelle che definisce le
«corsie preferenziali elettroniche». Si tratta di semafori
intelligenti, una quindicina,
che «riconosceranno» gli autobus in arrivo e daranno loro
automaticamente la precedenza, facendo scattare il verde.
«Oggi c’è un unico impianto,
in viale Matteotti. In realtà è a
chiamata, nel senso che quando sta arrivando l’autobus il
conducente preme un telecomando. Il nuovo sistema sarà
più sofisticato». Insomma,
tutto come a Siracusa.
Il sindaco di Pavia ha sottolineato sottolinea: «E’ il terzo
bando che vinciamo nel settore della mobilità. Si è parlato
del taglio di 240 mila euro,
a seguito dei finanziamenti
regionali che non arrivano.
Grazie a questo intervento
verranno impiegati nella mobilità 800mila di euro, quindi mezzo milione in più». A
Siracusa, ai tempi della DC,
vigeva una regola. Se un cittadino era assessore regionale
faceva sapere agli amministratori che il suo assessorato
era in condizione di erogare
finanziamenti per opere di cui
aveva la gestione delle risorse, sollecitandoli a presenta-
re i progetti. Evidentemente,
questo sistema non si usa più.
Pavia gode e Siracusa si tiene
il trasporto pubblico che ha.
“Sì, sono di Catania e ho fatto un percorso inverso. Il vero fallimento sarebbe stato non provarci”
Monica Lanaia: “Amo il giornalismo. Immagino il mio futuro
come una risma di pagine candide tutte ancora da scrivere”
Età anagrafica ventuno, ma il numero è
indicativo poiché alterno momenti in cui
tento di riacciuffare i brandelli dell’adolescenza da poco conclusa a momenti in
cui mi proietto verso il futuro, sentendomi
donna e matura. Studentessa di giurisprudenza: leggi, codici e norme giuridiche
sono miei fedeli compagni da tre anni ormai. Segni particolari: catanese. Sì sì, non
si tratta di un refuso, Siracusa è, da qualche
mese, la mia città adottiva. Solitamente, a
questa affermazione seguono i commenti
sorpresi: “Ma non dire che ti sei trasferita
qui solo per il giornale, complicandoti la
vita, già complessa, di universitaria. E poi,
di solito, il flusso è inverso: gli studenti si
trasferiscono da Siracusa a Catania”. E, a
queste esternazioni, non è semplice rispondere con una frase raziocinante o con un
concetto logico ed è arduo, d’altro canto,
spiegare a parole l’entusiasmo che ho provato quando ho sentito che la strada giusta
da prendere era questa, quando sono entrata a far parte di questa squadra di giornalisti vivaci, competenti e indipendenti,
quando mi sono resa conto di aspettare
con impazienza le riunioni settimanali in
redazione. Le cose sono andate più o meno
così: in un piovoso settembre, giunta a una
fase di profonda insoddisfazione di fronte alla situazione priva di prospettive che
mi circondava, mi sono posta la domanda
che tutti, almeno una volta, forse anche
più di una volta, si pongono: cosa voglio
realmente nella mia vita? L’età tendente
ancora all’adolescenza e l’impulsività del
mio carattere hanno intavolato una lunga
querelle con la lungimiranza e con il senso
del dovere. Ho più volte accarezzato l’idea
di emigrare, di scappare all’estero in cerca
di fortuna, in cerca di un altro corso di laurea, in cerca di nuove possibilità e – chissà
– lo avrei fatto se il destino non mi aves-
se servito, al momento giusto, questa opportunità. Così, un gesto che può apparire
tendente alla follia – quello di traslocare,
nel giro di una settimana appena, con gatto
e vestiario e spazzolino appresso, in una
stanza locata qui a Siracusa – si spiega solo
conoscendo queste tribolazioni vissute dal
mio essere al termine dell’afosa estate, si
spiega solo a chi sa assaporare il gusto delle passioni e dei sogni e a chi ritiene che un
pezzo di carta e una penna (o una pagina di
Word e una tastiera) siano il non plus ultra
della felicità.
La vita non è per nulla semplice, gli ostacoli si erigono proporzionalmente agli ideali che si perseguono e anche le delusioni
sono commisurate alla speranza che si ripone nelle proprie possibilità e nei propri
progetti. Ma il vero fallimento non è fallire, è non provarci. I sogni sono materia
evanescente, la realtà ci dimostra, minuto
per minuto, la sua imponderabile capacità
di modificarsi, di ribaltarsi, di sorprenderci, nel bene e nel male. Eppure che mondo sarebbe (Nutella a parte) senza sogni?
Non ci è dato conoscere nulla del secondo
successivo ad ogni nostro respiro, figuriamoci quanto è ridicolo progettare gli anni
a venire; tuttavia, pur rendendoci conto, se
ci soffermiamo a riflettere, della precarietà
del tutto, cosa ci rimarrebbe se non avessimo, almeno, i sogni, che altro non sono se
non le idealizzazioni dei nostri propositi?
Mi rendo conto di essere in controtendenza
rispetto ai tanti miei coetanei che bramano
il grande fratello e il successo facile, che
ritengono scriteriate le mie scelte, che mi
rivolgono dei sorrisi di commiserazione,
ma la prova del nove della validità delle
mie decisioni è data dal fatto che, adesso,
mi sento felice, felice davvero; avevo tentato di accantonare i miei ideali e ripetermi
che il mestiere di avvocato è molto più re-
munerativo di quello del giornalista, avevo
tentato di far miei dei progetti che erano
imposti dalla contingenza, dal momento di
crisi economica anche. Ma i sogni – quelli
miei, quelli veri – hanno bussato indefessi
e imperiosi alla porta, finché non mi sono
decisa ad accoglierli di nuovo, costi quel
che costi.
La cosa più bizzarra è che ho trascorso tutte
le estati della mia infanzia sulle spiagge (o
quel che ne resta) siracusane e, ogni anno,
puntualmente, contavo i giorni che mancavano al rientro a Catania, non vedevo
l’ora di tornare dagli amici e alla mia vita
consueta: quasi detestavo Siracusa. Chi
(genitori e parenti) ha convissuto con questi miei capricci è rimasto basito quando
ho comunicato la mia scelta di trasferirmi
proprio qua; mai dire mai, ho risposto con
una risata, ed è questo, al momento, l’insegnamento più grande che sto apprendendo:
non esistono solo il bianco e il nero, bensì
tante sfumature, non una verità, ma tante
relatività, non si resta precisamente identici in ogni momento della vita, anche perché, se così accadesse, il tutto risulterebbe
molto monotono.
Non so cosa riserva il futuro e sarebbe superfluo pure tentare di fare supposizioni,
ma adesso ho capito pienamente che quello che conta è svegliarsi con il sorriso ogni
mattina, combattere le avversità della vita
con grinta e fiducia in se stessi, guardarsi
allo specchio e sentirsi contenti e appagati
da quello che si fa e da quello che si è o,
perlomeno, si cerca di fare e di essere. Io
immagino il mio futuro come una risma di
pagine candide, tutte ancora da scrivere: ci
saranno gli scarabocchi, i momenti in cui il
polso si affatica e scriverà con più lentezza, gli errori sottolineati in blu o in rosso a
seconda della loro gravità, degli sprazzi di
evidenziatore per mettere in risalto i mo-
menti più importanti, di tanto in tanto qualche lacrima – di gioia
o di dolore – che bagnerà il foglio, saranno annotati i nomi dei
posti che si visiteranno e delle persone che si conosceranno, le
emozioni che si proveranno e sarà bello sfogliare a ritroso le pagine e rifletterci su e comprendersi e sorridere di sé. Finché la parola
“fine” non apparirà, tutto resta ancora da scrivere.
Monica Lanaia
([email protected])
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n.10 - La Civetta di Minerva