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7-10-2008
16:14
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MARKETING
& FORMAZIONE
Bellezza Farmacia
DAL SELF SERVICE IN FARMACIA
ALLE PRIVATE LABEL
LA STORIA SENZA FINE DELLA LIBERALIZZAZIONE DELL’OTC
School of Management
www.sdabocconi.it
Sandro Castaldo
Sandro Castaldo
Professore di Economia e
Gestione delle Imprese presso
il Dipartimento di Economia
Aziendale dell’Università
Commerciale L.Bocconi di
Milano e Direttore dell’Area
Marketing della SDA Bocconi
Erika Mallarini
SDA Professor presso l'area
Public Management & Policy
della Scuola di direzione
aziendale dell'Università
Bocconi,è coordinatrice del
corso Marketing management
della Farmacia dal 1999.
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Il lancio dei primi farmaci Otc a marca
commerciale (private label) da parte di
alcune imprese della Gdo (Grande
distribuzione organizzata) rappresenta
un ulteriore fotogramma di un trend
evolutivo del settore della
distribuzione del farmaco già
sperimentato in altri Paesi europei.
Sarebbe un errore focalizzarsi solo su
quest’ultimo evento senza valutare ciò
che è accaduto in precedenza.
Vediamo di ricostruire i principali fatti.
1. Molti dei lettori ricorderanno che nel
2001 con la Legge 405 fu resa
possibile la commercializzazione dei
prodotti OTC secondo i principi del
self-service, senza obbligare la
consegna del prodotto al cliente
dalle mani del farmacista. Appena
entrata in vigore questa normativa
immediatamente alcune aziende
farmaceutiche hanno proposto in
farmacia display ed espositori selfservice dei propri prodotti con
“presa diretta” da parte del cliente.
In questo modo le imprese di
produzione hanno tentato di
avvicinare il proprio brand al cliente,
in modo da “sfuggire” dalle mani del
farmacista.
2. Il fotogramma successivo si è
presentato con l’introduzione degli
sconti in farmacia (Legge
149/2005). Dopo aver “liberato” i
prodotti OTC dal diretto controllo
del farmacista si è passati a
renderne più libero il prezzo. Si
scatena così, in modo un pò
paradossale per un canale
specializzato, la prima campagna
promozionale “cut price” nel canale
farmacia. Self service e promozioni
di prezzo, due novità introdotte in
pochi anni. Quindi una farmacia
sempre più orientata a manovrare le
tipiche leve del retailing mix
utilizzate dalla grande distribuzione.
3. Terzo e quarto fotogramma: il
farmaco senza obbligo di
prescrizione entra in altri canali,
supermercati e ipermercati inclusi
(Legge 248/06). Il cliente è ormai
stato abituato in farmacia alla
formula del self service come pure
agli sconti e alle promozioni di
prezzo, quindi non vede
controindicazioni, ma solo possibili
vantaggi perchè ora ha più punti di
vendita dove trovare il farmaco.
Subito dopo la Legge Finanziaria
per il 2007 (Legge 296/06) stabilisce
che il prezzo al pubblico dei
medicinali non soggetti a
prescrizione sia stabilito da ciascun
titolare di farmacia o di esercizio di
vendita, liberalizzando
definitivamente la leva del pricing.
4. Quinto fotogramma di un film che
deve ancora svilupparsi nelle sue
scene clou, il lancio dell’aspirina a
marchio commerciale “Sugli scaffali
di 80 CoopSalute in tutta Italia il
primo farmaco a marchio Coop. Un
farmaco per la cura degli stati
febbrili, ma anche un analgesico
(come il “Vivin C”), prezzo di 2 euro,
ovvero meno della metà dei prodotti
analoghi di marca. E’ una
dimostrazione concreta di quanto si
può ancora fare portando avanti la
liberalizzazione del mercato
farmaceutico a beneficio di tutti i
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consumatori.” Questa la dichiarazione
di Coop.
Insomma dagli eventi appena citati
appare chiaro che i format
commerciali della farmacia, suo
malgrado, vengono ad assomigliare
sempre più al supermercato, senza
averne però i tipici punti di forza,
ovvero dimensioni nettamente
maggiori, spiccate capacità di
marketing e significative economie di
scala sulle principali funzioni e attività.
Ma la grande distribuzione, da par
suo, cerca di ricostruire nei propri
punti vendita la farmacia secondo una
logica di “shop in shop”, con tanto di
farmacista che fornisce precise e
accorate informazioni, quelle che il
famoso “Signor Mario” – protagonista
dei comunicati pubblicitari promossi
dall’associazione dei farmacisti riceve in farmacia. Insomma una parte
del supermercato si fa farmacia vera,
con opuscoli, farmacisti, servizi
accessori e farmaci generici con tanto
di brand insegna. La farmacia si ispira
al super, mentre quest’ultimo tende
ad imitare la farmacia.
Ma, a questo punto alcune domande
sorgono spontanee. Cosa accade
quando si va verso una maggiore
liberalizzazione dei canali? La
farmacia fa bene ad imitare il tipo
approccio al mercato della grande
distribuzione? Quale il fotogramma
successivo. Cerchiamo di fornire
qualche risposta a questi quesiti che
molti si pongono nel settore.
1. La liberalizzazione dei canali è un
dato di fatto e non più uno scenario
possibile. Va gestita tutelando
prima di tutto la salute dei cittadini:
di qui si accresce la rilevanza del
ruolo degli ordini professionali, che
dovranno innovare i processi per
garantire ai cittadini i requisiti di
professionalità e la correttezza del
comportamento degli iscritti.
2. La condotta non corretta è che la
farmacia faccia di tutto per
somigliare al supermercato.
Sarebbe un grave errore. E’ anzi
necessario che se ne distanzi il più
possibile, in quanto non può
competere sullo stesso terreno. Non
è colpa dei farmacisti, che
avrebbero fatto a meno molto
volentieri degli sconti e anche del
self service. Ma oramai lo scenario
peggiore si è verificato: prima selfservice e sconti in farmacia e
adesso l’ingresso di un nuovo
canale, ben più dotato sul fronte
delle capacità di acquisto e di
marketing, risponde con riduzioni di
prezzo ancor più aggressive e
marche commerciali. Si consideri
che se l’aspirina coop ha un prezzo
di 2 euro, quelle vendute nel Regno
Unito da Asda, Tesco e Sainsbury
(le principali catene di supermercati
anglosassoni) si attestano a 0,80
sterline (ovvero poco più di un
euro). E le farmacie non dispongono
delle medesime risorse delle grandi
imprese commerciali per rispondere
e comunque sarebbe un errore
grave scendere sullo stesso terreno
di confronto. A questo punto, però,
il futuro è nelle mani dei farmacisti e
della loro capacità di consolidare il
rapporto fiduciario (fortunatamente
ancora molto solido) con la loro
clientela, e di differenziare
effettivamente il servizio e
l’immagine dei loro punti di vendita
rispetto a quello della grande
distribuzione.
3. Per la terza domanda ci sarebbe
molto da dire, guardando
l’evoluzione del settore nei Paesi
esteri che ci hanno preceduto sul
fronte della liberalizzazione: lo
sviluppo delle supermarket
pharmacies, delle catene
specializzate, del category
mangement anche in farmacia sono
alcuni fenomeni riscontrabili sul
mercato anglosassone, su quello
olandese e in quello francese. Il
capitolo che oggi viviamo potrebbe
senza dubbio intitolarsi “private
labels” e in questo caso è un po’ più
complesso giustificare le differenze di
prezzo fra il prodotto di marca
nazionale e quello a marca del
distributore. Il paracetamolo a marca
privata da 16 compresse viene
commercializzato nel regno Unito da
Tesco, Sainsbury, Asda e Morrison a
16 penny (meno di 25 centesimi). I
capitoli successivi potrebbero essere
intitolati “supermarket pharmacies” o
“liberalizzazione della pianta
organica”. Prepariamoci perciò con
piglio manageriale a ripensare gli
assetti delle relazioni di canale nel
settore del farmaco cercando di
immaginare anche i fotogrammi
successivi di questo processo di
graduale liberalizzazione, che oggi è
in evoluzione. A tal riguardo è
opportuno immaginare scenari diversi
per la farmacia – ottimistici, ma anche
pessimistici - in modo da non essere
impreparati di fronte alle eventuali
novità.
Oramai non si può gestire più il nostro
business (e non dobbiamo
vergognarci di definirlo così, anche se
siamo professionisti del farmaco)
guardando negli specchietti
retrovisori, così come quando
guidiamo la nostra auto è necessario
vedere avanti e immaginare gli itinerari
futuri. Simulazioni, business plan,
store wars sono strumenti molto utili
in questi casi per prepararsi a
fronteggiare gli eventi futuri. Le
imprese più evolute nell’ambito della
filiera si stanno attrezzando in tal
senso. L’atteggiamento meno corretto
sarebbe indubbiamente quello di
mettere la testa sotto la sabbia e
ignorare che il mondo sta cambiando.
Insomma la strategia dello struzzo non
paga più, bisogna iniziare a volare alto
per rilanciare una professione, quella
del farmacista, e un format
commerciale, quello della farmacia,
che gode ancora di un enorme
patrimonio di fiducia sul mercato e
che ha ancora tante carte da giocare,
specie se le gioca in gruppo.
I
Di Sandro Castaldo ed Erika Mallarini
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