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CAMBIO ALLA
ACCOMUNATI Ampio dibattito al Convegno promosso ad Auronzo dagli alpinisti
NELLE STESSE DOLOMITI-UNESCO, COME PROCEDERE COMUNITAʼ MONTANA
ATTESE
CENTRO CADORE
C
mondo non sembra che se ne
siano accorti in molti), ma non è
ancora finito il tempo degli auguri, che gli uomini si scambiano da quando la percezione e la
preoccupazione del futuro sono
entrate a far parte dei loro anche minimi pensieri. Perché
l’augurio è anzitutto un gesto di
amicizia e di solidarietà: proveniente dall’augur latino, promotore e annunciatore di (buone)
notizie, la parola contiene il senso di una promessa, di un momento felice sempre ben accetto e condiviso. Una delle formule di saluto degli antichi romani
era per l’appunto “cupio omnia
quae vis”, ossia i miei desideri
siano anche i tuoi, e da allora i
termini di una tale complicità
sono rimasti sostanzialmente gli
stessi: dal momento che tutti vogliamo che il futuro ci sorrida,
tutti cerchiamo di farcelo amico
e riversiamo su di esso le nostre
speranze, soprattutto la speranza che sia migliore del presente.
Saremo delusi? E’ possibile,
forse probabile, e tuttavia non
rinunceremo mai a pensare che
il domani possa sorriderci più
dell’oggi. L’esercito degli ottimisti è sempre in marcia dietro
alle sue nobili bandiere, che
siano un filosofo come Leibniz
o un eroe della fiducia come il
Candido di Voltaire; persino
certi pessimisti sistematici, i
cantori del dolore come il nostro Leopardi hanno saputo trovare qualche fessura nel muro
della negatività.
Dunque il futuro. Che non è
lo stesso per tutti ma tutti ci accomuna nelle attese: anche qui,
nel Cadore della natura e della
storia, l’augurio è ancora una
volta quello che chiama alla pace e alla concordia tra gli uomini, e con esso, quello di un ritrovato impulso, di una rinnovata
alacrità della economia, e insieme, di un ritorno ai valori sui
quali si è fondata una cultura
identitaria forte, più forte della
stessa lontananza di tanti suoi figli. E’ chiedere troppo?
Ennio Rossignoli
E LA CRISI?
sulla montagna Dolomitica sono il Club Alpino Italiano, le associazioni alpinistiche e
quelle ambientaliste
che hanno partecipato
il 19 dicembre al convegno di Auronzo, organizzato dalla locale
Sezione CAI, cercando
di rispondere ad una
domanda: QUALE OCCASIONE PER IL FUTURO?
Sono intervenuti sotto le simboliche Tre Cime, dopo il saluto del
sindaco di Auronzo
Bruno Zandegiacomo,
Annibale Salsa presidente CAI Nazionale
ed Emilio Bertan presidente del CAI Veneto,
Matteo Toscani assessore provinciale, il presidente della locale Sezione CAI Massimo
Casagrande, l’architetto Fabrizio Toscani, il
presidente dell’Alpenverein Georg Simeoni,
Toio de Savorgnani per
Mountain Wilderness,
DOMANDE E RISPOSTE PER
ANDARE AVANTI ASSIEME
ai quali si sono aggiunti gli interventi da parte del pubblico assiepato nella sala del Cinema Kursaal, sotto l’abile coordinamento del
giornalista Bepi Casagrande.
Proprio a Auronzo ad
agosto, con inaspettata
visita, il presidente della
Repubblica Napolitano
aveva scoperto una targa celebrativa del riconoscimento UNESCO.
(segue a pag. 4)
di Renato De Carlo
IL TURISMO NEL FUTURO DELCOMELICO
entre entra nel
vivo la stagione
M
del turismo invernale,
Brochure del Consorzio
su itinerari, appuntamenti e
tradizioni del Comelico
Gianluigi Topran
Auspichiamo partecipazione
è anche tempo per un
primo bilancio a diciotto mesi dalla nomina di
Gianluigi Topran alla
guida del Consorzio Val
Comelico Dolomiti.
Quali sono stati i problemi affrontati dal nuovo direttivo?
“Fin dall’inizio sapevamo che il
compito che ci attendeva era difficile. Abbiamo riscontrato una
grande frammentazione di iniziative ed una mancanza di unità negli operatori che a vario titolo si interessano del settore turistico. Abbiamo quindi cercato
di avviare un’operazione di sintesi e aggregazione per valorizzare le pur importanti risorse locali in tema di offerta turistica.
Il numero degli associati in questo periodo è praticamente raddoppiato raggiungendo quasi
quota 200. Naturalmente c’è ancora molto da fare per convincere tutti che l’unica strada per
crescere è quella di fare squadra”.
Concretamente cosa siete riusciti a realizzare?
“Già nella scorsa stagione estiva abbiamo realizzato una brochure molto apprezzata contenente tutti gli appuntamenti di
interesse turistico nei cinque Comuni del Comelico. L’operazione è stata ripetuta con successo
anche per questa stagione invernale, grazie alla collaborazione
di tutte le associazioni presenti
sul territorio molte delle quali
CONSORZIO
di Livio Olivotto
sono anche associate al
consorzio. Non solo. La
pubblicazione contiene
anche la proposta per
una decina di itinerari
di trekking invernale in
zone di grande valore
ambientale e naturalistico, oltre
naturalmente a promuovere le
competizioni invernali e il tradizionale carnevale comeliano che
ha in Santa Apollonia a Dosoledo la sua massima espressione.
Colgo l’occasione per invitare tutti i responsabili delle associazioni
a programmare con anticipo le
date degli avvenimenti così da
consentire una migliore promozione e diffusione delle notizie.
Passi avanti ne abbiamo fatti visto che nella pubblicazione appena uscita abbiamo già inserito
alcuni appuntamenti agonistici
di rilievo per la prossima prima(segue a pag. 4)
vera-estate.
Svaluto Ferro è il presidente
ier Luigi Svaluto Ferro, è il nuovo
P
presidente della Comunità Montana Centro Cadore. Nel corso nel consiglio tenutosi nella sala consigliare di
Domegge di Cadore il 21 dicembre, il
primo cittadino del comune di Perarolo
è stato eletto all’unanimità come successore di Flaminio Da Deppo, per
molti fruttuosi anni alla guida dell’Ente.
La giunta, ancora in fase di definizione per quanto riguarda le competenze, risulta composta dal sindaco di
Domegge Lino Paolo Fedon (vicepresidente) e dagli assessori Mirna Antoniacomi, Walter Antoniol, Primo Barbon, Luca De Carlo e Gianni Martagon. Mancano per scelta i rappresentanti di Valle e Vigo, le cui amministrazioni comunali saranno rinnovate
nella prossima tornata elettorale. Gli
altri consiglieri sono: Lionello Bertagnin, Matteo Bianchi, Ezio Ciliotta,
Liana Ciotti (dimissionaria), Marco
D’Ambros, Ruggero Da Rin Bettina,
Francesco Del Longo, Francesco Dorigo Cattaruzza, Antonella Galante,
Mauro Giavi, Alberto Lorenzet, Mario Manfreda, Silvano Martini, Luigi
Pinazza, Guido Pinazza, Omar Pilotto,
Enrico Pilotto, Andreas Quinz, Mario Tremonti, Ludovico Zanella.
Svaluto Ferro assume la presidenza
della Comunità Montana in un momento non certo facile per Enti montani, che, come spiegato nel suo programma per il prossimo quinquennio,
stanno vivendo un periodo di grande
incertezza. Nonostante ciò i territori
rurali montani diventano oggi sempre
più strategici per un nuovo modello di
sviluppo virtuoso e un vero uso sostenibile dell’ambiente. (segue a pag. 4)
Rina Barnabò
L’IMPEGNATIVO
COMPITO DI
SVALUTO
SARA’
QUELLO DI
RIPENSARE
LO SVILUPPO
DEL TERRITORIO
VAL COMELICO
MOSTRA
CARTOGRAFICA
ALLA
MAGNIFICA
COMUNITAʼ
a Pag. 3
Kostner
atale è alle nostre spalle
N
e sono ormai passati i
giorni della bontà (anche se nel
he il riconoscimento dell’UNESCO delle Dolomiti
quale patrimonio dell’umanità sia una opportunità è chiaro a tutti. Logico quindi che
tutti vogliano parteciparvi per dire la loro e,
meglio, crearsi una nicchia.
Se la Provincia, che
avrà la sede della Fondazione a Belluno è in
prima fila, fortemente
interessati al progetto
IN 300
ALLA
COMELGO
LOPPET
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A POINT OF YOU
mod. CHAMPION
RACING SUNGLASSES SINCE 1956
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CADORE, TIROLO, EUROPA
UN TIZIANO
MOSTRA CARTOGRAFICA ALLA MAGNIFICA ESPOSTO A
I
SAN VITO
cadorino-tirolese attraverso
una cartografia datata fra il
1550 e il 1640, successiva
quindi alle guerre cambraiche, documenti alcuni noti e
altri di rara fruibilità.
Tra le opere esposte, prestate dalla Biblioteca Storica
Cadorina di Vigo
e da collezionisti
privati italiani ed
austriaci, spiccano le mappe di
Munster, Gastaldi, Ortelius, del
Mercador, Magini, Blaeu, nonché la xilografia
“Vittoria di Cadore” del Sarvognan, una stampa da incisione a
rame del Klei-
ner, un’incisione di Burgkmair der Altere della “Battaglia di Cadore” vista da parte
degli imperiali.
L’esposizione, voluta dalla
Presidenza della Magnifica
Comunità è stata curata da
Antonio Genova unitamente
ad Alessandra Cason, Giovanna Deppi e Silvia Miscellaneo.
Citato anche dal
Vasari, il ritratto di
Zuan Paolo Da Ponte
era in California
on l’esposizione di un quadro del TiC
ziano, San Vito ha scoperto i fili che
legano tra di loro arte, cultura, promozio-
foto Tommaso Albrizio
nteressanti documenti
cartografici del XVI e
XVII secolo sono esposti dal
28 dicembre nel salone della
Magnifica Comunità a Pieve
di Cadore. E’ un’esposizione
circoscritta ma significativa
che rappresenta il territorio
ne. E’ stata una vetrina di eccezione, con i
riflettori accesi su un evento inconsueto
ma di grande impatto emotivo: il ritratto di
Zuan Paolo da Ponte, un’opera che il grande cadorino realizzò nel 1534 su commissione di un nobile veneziano e di cui praticamente si erano perse le tracce. Una decina di anni fa, grazie all’intuito di un fine intenditore veneziano, Pietro Scarpa, il quadro è emerso dalle brume di un esilio mortificante: era in un caveau della California,
praticamente negletto e dimenticato. Portato in patria, il quadro è stato restaurato,
sottoposto a tutti gli accertamenti chimicofisici e, altra sorpresa, riconosciuto come
opera del grande Tiziano. Entrato nei circuiti delle rassegne più prestigiose, per le
feste dell’Immacolata è stato esposto a San
Vito, grazie ai buoni uffici di Giovanna Klinger, responsabile degli eventi e delle pubbliche relazioni del comune sanvitese ma
prima ancora amica dei galleristi Scarpa.
L’intrigante storia del ritratto è stata
raccontata proprio da uno di loro, Sebastiano, nel corso di un incontro con un pubblico foltissimo, attento e partecipe. Molti
i colpi di scena di una vicenda intrigante e
Conferenza a Pieve di Cadore di Lionello Puppi ed Enrico Maria
Dal Pozzolo sulle opere del Giorgione in mostra a Castelfranco
all’11 dicembre è
aperta a Castelfranco
Veneto una grande mostra
su Giorgione, organizzata
dal Comune in collaborazione con Villaggio Globale International per celebrare il
mezzo millennio dalla morte
dell’insigne pittore, che fu
maestro di Tiziano. Curata
da Lionello Puppi (presidente del Comitato Regionale
per le celebrazioni), da Antonio Paolucci (Direttore dei
Musei Vaticani) e da chi scrive, presenta un’ampia selezione di opere del maestro,
provenienti dai maggiori musei d’Italia e d’Europa. Si tratta di un evento davvero
straordinario, di difficile organizzazione per l’esiguità
del catalogo di originali e per
la loro quasi impossibile concessione in prestito. Inoltre
le nebbie che avvolgono la figura di Giorgione sono fittissime e quasi impenetrabili.
Infatti di lui non ci è giunto
un solo dipinto firmato o datato e una segnatura di suo
pugno non compare in calce
ad alcun documento pervenutoci. Se non fosse per le
registrazioni delle commissioni di un telero per Palazzo
Ducale e degli affreschi eseguiti sulla facciata del Fondaco dei Tedeschi (tra il 1507 e
il 1508), nonché per uno
scambio di missive tra Isabella d’Este e un suo emissario lagunare, in teoria Giorgione potrebbe anche non
essere mai esistito. Le poche
informazioni si ricavano dalla segnalazione di dodici dipinti visti da Marcantonio
Michiel tra il 1525 e il 1543
nelle case di alcuni collezio-
foto Tommaso Albrizio
D
nisti veneziani (tra essi la
Tempesta e i Tre filosofi) e
dalle meno solide indicazioni
fornite dalle prime fonti, anzitutto da Vasari.
In tale cornice si può comprendere la difficoltà di organizzare una mostra su di lui.
E per di più nella piccola Castelfranco, che ovviamente è
del tutto al di fuori del circuito di relazioni e scambi che
regolano il sistema di simili
grandi eventi. Eppure ne è
sortita una mostra davvero
speciale. Vuoi per la determinazione di un’Amministrazione con le idee chiare fin
da subito, vuoi per il sostanzioso sostegno della Regione
del Veneto e della Fondazione Montepaschi, vuoi per il
lavoro complementare dei
tre curatori, che hanno delineato un progetto scientifico
che ha saputo riscuotere ampio credito internazionale,
con la conseguente concessione di prestiti quasi impossibili: per questi e altri fattori
il risultato cui si è giunti è
stato addirittura superiore alle aspettative.
Nella quattrocentesca pa-
molti gli interrogativi appagati. Il pubblico
ne è rimasto rapito. Con l’occasione è stato distribuito un opuscolo illustrato, edito
dalla Grafica Sanvitese, curato dall’Antichità Scarpa e dalla stessa Klinger, con il patrocinio della regione Veneto e della provincia di Belluno; nell’opuscolo è stata ricostruita con cura, anche attraverso i documenti (il quadro è stato citato anche dal
Vasari nelle sue famose “storie”) una vicenda ricca di interrogativi e di colpi di
scena, conclusa nel migliore dei modi.
Unanimi i commenti positivi per l’iniziativa. “Un modo diverso e culturalmente qualificato per aprire la stagione turistica invernale”, ha detto il sindaco Andrea Fiori,
anticipando che in futuro saranno molte le
occasioni in cui cultura e turismo si troveranno d’accordo.
Bortolo De Vidoa
NEI 500 ANNI
DALLA MORTE
DI GIORGIONE
PITTORE
Nella mostra anche due tavole
giovanili di Tiziano, l’Orfeo ed
Euridice e la Nascita di Adone
lazzina che ospita la mostra si
potranno ammirare circa 130
pezzi tra dipinti, disegni,
stampe, sculture e documenti, disposti secondo il seguente percorso. La prima sezione
consiste in un’Introduzione
documentaria in cui - partendo dal contesto evocato dalle
mappe del Veneto dell’epoca
- si dispongono i documenti
cartacei delle commissioni
pubbliche, le lettere di Isabella, le tracce del primo collezionismo, le incisioni dalle
opere perdute e le tappe della
storiografia antica. La seconda sezione è relativa alle Opere autografe, ripartite in quattro nuclei. Il primo con l’allineamento di ciò che è lecito
presumere componga quel
che resta del suo avvio: ossia
il Saturno in esilio della National Gallery di Londra, le
due tavole degli Uffizi con
Mosè e Salomone, la Madonna col Bambino dell’Ermitage e le due tavolette dei Musei Civici di Padova. Il secondo dà risalto alla presenza, in
questa stessa sala, del Fregio
da lui eseguito verso il 14991500: 30 metri di un’ideale
mensola umanistica su cui
sfilano, come in una metafisica natura morta ante litteram,
oggetti di vario genere imperniati sulla tematica astrologica e sul richiamo all’esercizio
della virtù. Il terzo nucleo è
riservato ai ritratti e alle mezze figure: si parte con le Tre
età dell’uomo di Palazzo Pitti,
cui s’affiancano l’Arciere della
National Gallery di Edimburgo, il Doppio ritratto di Palazzo Venezia e l’Alabardiere di
Vienna. La quarta tranche di
questa sezione è dedicata alla
nascita del paesaggio, con la
sequenza della Tempesta, del
cosiddetto Tramonto della
National Gallery di Londra e
di tre disegni di puro paesaggio (dal Louvre e dagli Uffizi)
solitamente ascritti a Giulio
Campagnola, ma per alcuni
specialisti invece dello stesso
Giorgione. La sezione successiva accoglie quelle che si
sono volute definire Sfide, capolavori in bilico tra più opzioni, che si rilanciano al visitatore: la Sacra Contemplazione delle Gallerie dell’Accademia è di Giorgione o Sebastiano del Piombo? il Porta-
croce di San Rocco di Giorgione o Tiziano (Vasari era
incerto)?
A queste tre prime sezioni
incentrate sulla figura del
maestro ne seguono altrettante che ne delineano le frequentazioni e l’ambiente. Ai
Colleghi e creati è riservato
lo spazio che illustra la produzione più giorgionesca di
coloro che furono con lui in
attestato rapporto personale:
Vincenzo Catena, Sebastiano del Piombo, Tiziano e
Giulio Campagnola. Di Tiziano in particolare sono presentate due tavole giovanili,
databili più o meno nel periodo in cui collaborò con Giorgione nell’affrescatura del
Fondaco dei Tedeschi: l’Orfeo ed Euridice dell’Accademia Carrara di Bergamo e la
Nascita di Adone dei Musei
Civici di Padova, entrambe
caratterizzate da un’estrema
ariosità impaginativa e da
una pennellata fluida e mobile. Non solo: tra i disegni attribuiti a Giulio Campagnola,
ve n’è uno al Louvre che un
giovane studioso - Antonio
Carradore - propone con ragioni convincenti di ascrivere appunto al genio cadorino. Tra i Compagni di strada
si assiste agli incroci con Dürer, Bellini e Cima, Perugino
e Costa, Giovanni Agostino
da Lodi e Previtali, Boccaccino e Garofalo, fino a Leonardo. Due criteri hanno orientato la scelta di tali opere:
l’individuazione del miglior
livello qualitativo e la coerenza cronologica rispetto alle
date giorgionesche. Chiudono il percorso due ultime
tappe. La prima, in mostra,
con la presentazione di volumi illustrati, piccole sculture
e oggetti d’arte, che servono
a ricomporre idealmente il
Laboratorio umanistico che
tanto incise sulla specificità
del pittore. La seconda, appena usciti dalla sede espositiva, nella cappella in duomo
a poche decine di metri, dove si conserva la Pala voluta
da Tuzio Costanzo: una pagina toccante per la storia evocata (la tragica morte del figlio del committente, Matteo) e per la delicatezza degli
accenti narrativi, ma - più ancora del Battesimo di Bellini
a Vicenza - un autentico spartiacque tra il ‘400 e il ‘500 veneto.
Enrico Maria Dal Pozzolo
Fondazione Centro Studi
Tiziano e Cadore
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CAMBIO ALLA
COMUNITAʼ MONTANA
dalla prima pagina
In quest’ottica
l’obiettivo diventa quello di riportare l’attenzione sulla montagna,
come opportunità e
non solo come problema, favorendo la crescita di consapevolezza
e responsabilità, partendo dall’imprescindibile ruolo dei Comuni
per riscrivere un moderno e funzionale modello di “governance
territoriale” che si basi
sull’autodeterminazione dei cittadini e sulla
valorizzazione delle risorse ambientali.
Da qui l’introduzione di un nuovo metodo
di lavoro ispirato ai criteri di trasparenza, collegialità, collaborazione e progettualità, che
identifichi una reale
comunanza di obiettivi
programmatici
non
fondata su esigenze di
breve periodo, personalistiche o partitiche,
ma intenzionata a dare
stabilità e rilancio al
ruolo della Comunità
Montana e per essa ai
Comuni associati, alla
luce delle recenti volontà, da più parti
espresse o di sopprimerla o di ridurne le
capacità operative o di
inglobare compiti e
funzioni in altri Enti
istituzionali. Emerge
quindi la necessità di
una omogeneità collaborativa, indipendentemente dalla collocazione politica dei singoli,
attraverso la condivisione di un programma, che mira a dare il
via ad uno sviluppo socio-economico sosteni-
Rina Barnabò
bile, integrato ed innovativo che riguarda il
sistema
territoriale
comprensoriale, nei
suoi profili antropici,
culturali e ambientali,
capace di valorizzarne
le potenzialità economiche e fondato su
principi della specificità territoriale, della coesione economica, dello sviluppo sostenibile
e della sussidiarietà.
Non è forse superfluo ricordare che le
Comunità
montane
non sono enti inutili,
basti pensare ai numerosi servizi erogati,
che i comuni singolarmente non potrebbero
offrire. Il Cadore Centrale per le sue caratteristiche peculiari rappresenta un patrimonio e una specificità da
salvaguardare e valorizzare.
L’impegnativo compito che attende nel
prossimo lustro il Presidente della Comunità
Montana Centro Cadore e i suoi collaboratori
sarà dunque quello di
pensare ad uno sviluppo futuro del territorio
compatibile con la qualità della vita dei cittadini che vi abitano, uno
sviluppo che deve eliminare la visone della
montagna come area
debole, incapace di
proporre occasioni di
vita e di reddito, per riaffermarne invece le
potenzialità che debbono essere considerate come risorsa complessiva dell’intera società provinciale, regionale e nazionale.
MAGNIFICA COMUNITAʼ: APPROVATO
IL BILANCIO DI PREVISIONE 2010
’ stato approvato col voto
E
unanime positivo dei
consiglieri il bilancio di previsione 2010 della Magnifica Comunità. In sede di illustrazione
della filosofia che ha guidato la
stesura del documento contabile, il presidente Renzo Bortolot e il segretario Marco Genova hanno fornito gli elementi di
chiarezza delle singole voci.
In sintesi, le previsioni di entrata corrente consentono di
sostenere spese correnti per
314.400 euro mentre le entrate
in conto capitale, unitamente
all’applicazione dell’avanzo di
amministrazione
presunto,
consentono di sostenere spese
in conto capitale per 192.000
euro. “E’ un bilancio di previsione veritiero che consentirà di
conseguire due obiettivi fondamentali: portare a termine iniziative già avviate e proporne
di altre”, ha commentato il presidente, ribadendo che un ente
storico e culturale, come la Magnifica Comunità, non ignora
l’importanza di operare concretamente sul territorio. Qualche dato delle entrate: il fitto
dei terreni a Cima Gogna porterà nelle casse della Magnifica
140.000 euro, il provento per il
taglio delle piante 36.000 euro,
l’affitto del gran caffè Tiziano
50.400, incassi per abbonamenti, inserzioni e contributi al
mensile Il Cadore previsti per
66.000 euro; tra le spese: per il
personale 60.000 euro, per la
stampa e spedizione del mensi-
di Bortolo De Vido
Consentirà di portare a termine iniziative già avviate
e di proporne altre - evidenzia il presidente Bortolot
Entrate per 461.400 euro e spese correnti per 322.400 euro
APERTA UNA MOSTRA DI CARTOGRAFIA
STORICA DATATA TRA IL 1550 E IL 1640
le Il Cadore 54.000 euro, per attività e iniziative culturali
10.000 euro. Ma in programma
c’è anche l’avvio del book-shop
al gran caffè Tiziano (15.000
euro), l’adeguamento funzionale del palazzo comunitativo
(20.000 euro) e la realizzazione
della collocazione dell’archivio
corrente (20.000 euro).
Nella stessa seduta sono
state nominate le commissioni
consiliari che saranno coordinate dagli assessori Andrea
Costa (territorio e ambiente),
Maria Giovanna Coletti (cultura), Giulia De Mario (giovani,
dalla prima pagina
TARIFFE ABBONAMENTO
ITALIA € 25,00 - ESTERO € 25,00 PAESI EXTRAEUROPEI € 34.00
SOSTENITORE € 50,00 - BENEMERITO da € 75,00 in su
COME ABBONARSI
A MANO: Segreteria Magnifica Comunità di Cadore, Pieve di Cadore
CONTO CORRENTE POSTALE: N. 12237327 intestato a
“Il Cadore” - Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL)
ASSEGNO BANCARIO o VAGLIA POSTALE a:
”Il Cadore” Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL) - Italia
BONIFICO BANCARIO presso: Unicredit Banca Spa di Pieve di Cadore (BL)
intestato a “Magnifica Comunità di Cadore”, causale “abbonamento”
DALL’ITALIA: UNCRITB1D41
Codice IBAN IT21I0200861230000000807811
DALL’ESTERO: UNCRITB1M90
codice IBAN IT21I0200861230000000807811
TARIFFE INSERZIONI
(per un centimetro di altezza, base una colonna):
12 inserzioni mensili € 13,00; 6 inserzioni mensili € 10.20;
a 4 colori e in ultima pagina tariffa doppia. IVA sempre esclusa.
La Direzione e l’Editore non rispondono delle opinioni degli articolisti.
Foto e articoli non pubblicati saranno restituiti solo a richiesta.
QUESTO NUMERO Eʼ STATO CHIUSO AL 4.1.2010
premi di studio) e Giovanni
Varettoni (archivi e musei).
La riunione di consiglio ha
poi registrato una appendice
di alta valenza culturale: l’esposizione di venti pezzi di
cartografia storica intitolata
“Cadore, Tirolo, Europa dopo
Massimiliano I: l’eredità geografica”, documenti redatti tra
il 1550 e il 1640, alcuni di rara
fruibilità e incentrati sulla rappresentazione dei territori nel
periodo successivo alle guerre cambraiche; a parlarne, oltre al presidente, sono stati
Maria Giovanna Coletti, Silvia
DOLOMITI-UNESCO COME PROCEDERE?
E l’invito era stato chiaro:
“ora... contano i comportamenti
di ciascuno per salvaguardare
una ricchezza comune da trasmettere alle future generazioni”.
Un primo passo, ha annunciato l’assessore provinciale Matteo Toscani,
sarà effettivo a gennaio
con la con la registraziofondato nel 1953
ne legale della FondazioEditrice
ne Unesco-Dolomimiti
DIRETTORE RESPONSABILE Magnifica Comunità di Cadore
che avrà sede a Belluno
Presidente
Renato De Carlo
e la costituzione da parte
Renzo Bortolot
VICE DIRETTORE
delle cinque Province inCancelliere
Livio Olivotto
teressate (Belluno, BolMarco Genova
zano, Trento, Udine, PorSegreteria
denone) di una “camera
Annalisa Santato
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE
alta” che dovrà dare gli
Palazzo della Comunità - Piazza Tiziano 32044 Pieve di Cadore
indirizzi, mentre una “catel. 0435.32262 fax 0435.32858 - EMail: [email protected]
mera bassa” avrà compiti
[email protected]
operativi. Dopo la prima
Spedizione in abbonamento postale - Pubblicità inferiore al 40%
fase dell’investitura, ocFotocomp.: Aquarello - Il Cadore - Stampa: Tipografia Tiziano Pieve di Cadore
corre attuare le politiche
Reg.Tribunale di Belluno ordinanza del 5.4.1956
di conservazione - ha
detto l’assessore - coinUNA COPIA € 2.10 - ARRETRATO: IL DOPPIO
Resp. trattamento dati (ex D.lgs 30.6.03 n.196): Renato De Carlo
1
Renato De Carlo
volgere tutti i portatori d’interessi
e la popolazione. E ha assicurato
l’interessamento affinché il documento del CAI possa diventare il
documento base della Fondazione.
Nel documento, presentato da
Emilio Bertan, le Sezioni CAI avevano riaffermato l’impegno di portare il proprio contributo tecnico e
formativo, chiedendo strutture organizzative e di finanziamento ove
siano previsti strumenti di partecipazione. Sui principi va bene, ma
come lavoriamo? - interroga Toio
de Savorgnani di Mountain Wilderness che non si trova d’accordo
sull’attuale gestione dei parchi e
sul piano neve regionale. Zambon
del CIPRA auspica che il riconoscimento non sia una patacca ma un
vantaggio per chi vive in montagna. Annibale Salsa del CAI pone
l’accento sulla comunicazione, per
far sapere quello che si fa.
Tante le posizioni, ma se c’è dibattito, c’è interesse.
Miscellaneo, Antonio Genova
e Lionello Puppi, che si sono
soffermati sul significato di
una iniziativa che poteva essere considerata un invito alla
lettura della propria terra. Tra
i documenti esposti, grande
emozione ha suscitato tra il
numeroso pubblico presente
la testimonianza sulla “battaglia di Cadore” vista dalla parte delle truppe imperiali di
Massimiliano I d’Asburgo,
evento storico di spicco di cui
sono stati ricordati da poco e
proprio dalla Magnifica i 500
anni.
IL TURISMO NEL FUTURO
DEL COMELICO
dalla prima pagina
Altra iniziativa importante è stata quella
di procedere ad una classificazione degli appartamenti per facilitarne la
promozione sviluppata anche con nuovi contatti con
agenzie e work shop, in accordo con il Consorzio Dolomiti”.
E per quanto riguarda la
risorsa Internet?
“Abbiamo sviluppato un
progetto per un nuovo portale turistico che ci sta dando
già delle soddisfazioni - informa Gianluigi Topran .
Molti associati sono presenti
con la loro offerta e le informazioni e prenotazioni avvengono direttamente con
internet. Ormai la rete è il
futuro della comunicazione
Livio Olivotto
e stiamo lavorando per migliorare la nostra posizione
sui motori di ricerca”.
Quali sono le vostre
maggiori necessità?
“E’ evidente che per ottenere risultati servono risorse. L’aumento del numero
degli associati ha già portato ad un incremento, ma
è necessario compiere uno
sforzo aggiuntivo. Nel mese
di gennaio promuoveremo
degli incontri con gli associati e con le amministrazioni locali per illustrare il
ruolo di promozione e valorizzazione del Consorzio
per tutti i Comuni del Comelico. Auspichiamo la più
ampia partecipazione visto
che il turismo rappresenta
il nostro sviluppo futuro”.
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NUOVI ACCOMPAGNATORI CAI
PER LʼALPINISMO GIOVANILE
iornata molto significativa
G
il 22 novembre a Pedavena per il Club Alpino Italiano ed
in particolare per l’Alpinismo
Giovanile: in occasione del
XXIV Congresso per Accompagnatori di A.G. del Veneto e
Friuli Venezia Giulia ha avuto
luogo la presentazione dei nuovi
titolati ASAG e AAG. Il tema del
congresso riguardava la “Preparazione di un progetto educativo
per le tre fasce di età dell’Alpinismo Giovanile; finalità, obiettivi,
contenuti, metodologie, verifica”. L’intervento è stato guidato
ed approfondito dal dott. Federico Mucelli, pedagogista clinico
e docente presso la facoltà di
Scienze della Formazione all’Università di Trieste, inoltre durante la mattinata hanno potuto
partecipare gli allievi del XI corso di formazione con la presentazione di tre progetti educativi,
uno per ogni fascia di età (8-11,
11-14, 14-17 anni).
Gli allievi hanno lavorato in
gruppi nei mesi precedenti con
la collaborazione del relatore;
questa modalità ha permesso di
progettare delle attività concrete realizzabili sul territorio e di
analizzare insieme alla platea
punti di forza e di debolezza dei
lavori. Il congresso è stata la
tappa finale della formazione
dei nuovi accompagnatori che
hanno cominciato la loro avventura il 31 gennaio 2009 a Palus
San Marco di Auronzo. Il corso
è stato condotto dalla Scuola Interregionale di AG del Veneto e
Friuli Venezia Giulia ed ha proposto lezioni teoriche e pratiche
in vari tipi ambiente.
Particolarmente impegnativa,
ma ricca di soddisfazione da
parte di tutti, è stata la progettazione e la realizzazione di quattro giorni di trekking sulle Marmarole durante il quale gli allievi hanno avuto la possibilità di
condurre un’escursione con
piccoli gruppi di adolescenti. Il
corso si è concluso molto bene:
ci sono 26 nuovi accompagnatori! Per quanto riguarda
LA GIORNATA
DELLʼEMIGRANTE
Lʼappuntamento a Pieve è diventato
annuale - il saluto di Ruggero Valmassoi
oci e simpatizzanti di sono ritrovati a Pieve di CaS
dore per l’oramai tradizionale “Giornata dell’Emigrante”, organizzata dalla Famiglia Emigranti ed ex
Emigranti del Cadore con il patrocinio della Magnifica
Comunità di Cadore. Nella prima edizione, gli organizzatori si erano ripromessi di far diventare questa festa
un appuntamento annuale e così è stato. Lo scopo era
anche quello di incrementare il numero degli associati,
risultato abbondantemente raggiunto. Il pranzo, presso
il ristorante “Bocon de vino”, è stato preceduto da una
messa officiata nella chiesa parrocchiale. Un po’ meno
numerosi quest’anno i partecipanti, probabilmente anche a causa della data scelta, concomitante con la festa
di Santa Lucia, molto sentita in diversi paesi del bellunese. Presenti il sindaco di Pieve di Cadore Antonia
Ciotti, il neo presidente della Magnifica Comunità di
Cadore Renzo Bortolot, il presidente dell’ABM Gioachino Bratti; Max Pachner ha portato i saluti dell’assessore alle politiche per i flussi migratori Oscar De Bona,
mentre l’onorevole Maurizio Paniz, impossibilitato a
partecipare, ha voluto essere “simbolicamente” presente attraverso l’invio di un telegramma.
Il Presidente pro tempore della Famiglia Emigranti
ed Ex Emigranti del Cadore, Ruggero Valmassoi, dopo
aver dato il benvenuto ai presenti, ha ricordato il compianto presidente Siro Da Rolt, scomparso nello scorso
mese di aprile. Nonostante fosse già malato, non aveva
voluto mancare all’appuntamento con la “Giornata dell’Emigrante” che si era svolta ad Auronzo di Cadore
nel novembre 2008, sottolineandone l’importanza.
La giornata è proseguita in allegria, allietata dalla
musica di “Stelio e Giusy” nonché dall’immancabile
lotteria. Appuntamento alla prossima edizione.
Rina Barnabò
le sezioni locali, i nuovi titolati
AAG sono: Anna De Candido
(sezione Comelico), Rita Frescura (sezione Pieve di Cadore), Massimo Polo (sezione Forni di Sopra), Rolando Nassivera
(sezione Forni di Sopra). Adesso inizia, anzi prosegue l’avventura con i ragazzi del posto.
Le attività proposte dall’Alpinismo Giovanile offrono ai giovani
occasioni di formazione e maturazione che diventano sempre
più rare nella società attuale. La
possibilità di fare un’escursione
in compagnia e in sicurezza, sperimentare la fatica e la soddisfazione di arrivare in cima ad una
vetta, la meraviglia di scoprire
qualche animale, qualche pianta
o qualche fossile visti solo sui libri, conoscere la montagna attraverso l’esperienza personale,
trovare nuovi amici: sono cose
semplici, ma sono quelle che
chiedono i ragazzi.
Sezione CAI
di Pieve di Cadore
Si sono formati al corso condotto dalla
Scuola Int. di AG del Veneto e Friuli
Impegnativa e ricca di soddisfazioni è
stata la progettazione e la realizzazione
di 4 giorni di trekking sulle Marmarole
Anna De Candido (Sez. Comelico), Rita Frescura (Sez. Pieve),
Rolando Nassivera e Massimo Polo (Sez. Forni di Sopra)
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IN MOSTRA AL MUSEO DELLʼOCCHIALE
DOLOMITI E STELLE
inaugurata lo scorso 27 dicembre
I
la mostra fotografica “Dolomiti e
Stelle”, ospitata presso il Cos.Mo. di
Pieve di Cadore. L’esposizione comprende le immagini più belle della mostra “Stars & Mountains” di Cortina
d’Ampezzo, che la scorsa estate ha riscosso moltissimo successo con un
grande afflusso di visitatori. Lo scopo
per il quale gli scatti sono giunti nel
palazzo cadorino che accoglie il Museo dell’Occhiale è quello di offrire anche agli abitanti e alle scuole del Cadore la possibilità di ammirare le suggestive immagini delle Dolomiti, fotografate assieme a pianeti e stelle, realizzate dagli astrofili dell’Associazione Astronomica di Cortina.
L’Associazione, nata nel 1972 dall’entusiasmo di una ventina di soci fondatori aveva come scopo principale
quello di costruire un osser vatorio
astronomico che permettesse di sfruttare al meglio la trasparenza e la purezza dell’aria, che fanno di Cortina
una delle mete privilegiate del turismo
mondiale. Fu così, che dopo immani
sforzi economici ed organizzativi, sorse nel 1975 l’Osservatorio Astronomico del Col Drusciè, situato alla
sommità dell’omonimo colle ai piedi
del massiccio delle Tofane. Qui, a 1780
metri di quota, trovava posto un telescopio Newton-Cassegrain, al tempo il
più grande d’Italia. Dopo alcuni anni di
rodaggio e di messa a punto degli strumenti, si iniziarono a riprendere le prime foto di livello professionale. Da allora l’Osservatorio è visitato annualmente da centinaia di appassionati, studenti e curiosi, i quali possono ammirare le meraviglie che il cielo offre da
una postazione molto privilegiata. Attualmente l’Osservatorio Astronomico
del Col Drusciè è l’unica struttura, gestita da astrofili, completamente automatizzata. Il sistema computerizzato
presiede al puntamento, alla ripresa,
ed all’archiviazione delle immagini. Il
tutto può essere comandato, via modem, anche a distanza.
Grazie anche alle possibilità offerte
dalle nuove tecnologie di ripresa delle
immagini, i soci dell’Associazione si
occupano principalmente di studi riguardanti le comete ed osservazioni
di galassie per la ricerca di supernovae. Nell’ambito del programma
C.R.O.S.S. (Col drusciè Remote Obser vator y Supernovae Search program) sono già state scoperte 13 supernovae ed un pianetino, chiamato
“Cortina d’Ampezzo”. Oggi l’Associazione, con oltre 100 soci, è una delle
più numerose ed attive d’Italia.
Tornando alla mostra di Pieve, un
avvincente percorso guidato accompa-
Le immagini più belle
della mostra
“Stars & Mountains”
di Cortina dʼAmpezzo
esposte
a Pieve di Cadore
Un avvincente
percorso impegnerà
il visitatore alla
scoperta delle
meraviglie del cielo
gnerà il visitatore alla scoperta delle
meraviglie del cielo, prendendo spunto proprio dalle spettacolari immagini
del cielo stellato con lo sfondo delle
Dolomiti. La rassegna è suddivisa in
quattro sezioni: Sole, Luna e pianeti;
Corpi minori del Sistema Solare e fenomeni atmosferici; Stelle, nebulose e galassie; Il cielo a 360°. In ogni sezione
poi il visitatore potrà approfondire le
proprie nozioni astronomiche grazie
alle esaurienti e semplici spiegazioni
che accompagnano tutte le immagini.
“Dolomiti e Stelle” rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 27
febbraio, visitabile dal martedì al sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30
alle 18.30. Soddisfatta dell’iniziativa la
curatrice del museo, Laura Zandonella: “E’ un percorso guidato estremamente coinvolgente che vuole far scoprire le
meraviglie della volta celeste partendo
dalla maestosa bellezza delle Dolomiti.
Il materiale della mostra arriva da
Cortina ed è esposto a Pieve come manifestazione conclusiva degli eventi galileiani, che continueranno così fino alla fine di febbraio”. Un apprezzamento
giunto durante la cerimonia d’inaugurazione anche dall’assessore alla cultura di Pieve, Maria Giovanna Coletti:
“Pieve è sempre stata al top delle località turistiche della montagna ed è forse
l’unica ad aver affrontato negli ultimi
dieci anni il problema del nuovo turismo, che deve offrire una componente
culturale molto importante per i visitatori del territorio. Sarà un percorso
molto lungo ma noi stiamo facendo del
nostro meglio, dall’archeologia all’arte,
con la presenza di Tiziano, all’architettura, ai centri culturali come la Fondazione centro studi Tiziano e alla stessa
Magnifica Comunità. Un sfida che con
questa mostra è stata affrontata nel miglior modo possibile anche dal Museo
dell’Occhiale”.
Daniele Collavino
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l gruppo d.o.c., che sta per
I
di origine comeliana, è un
gruppo di giovani che ha preso a
prestito una sigla tanto famosa
nel campo alimentare, un sinonimo di qualità, perché ritiene che
anche essere comeliani, ed orgogliosi di esserlo, sia indice di
qualità. Questo è un gruppo di
giovani ventenni che credono
nel Comelico, che vogliono investire in una vallata tanto bella e
poco apprezzata, ma che ancora
non ha avuto l’opportunità di dire la sua.
“Siamo studenti e lavoratori, tutti ugualmente convinti che il Co-
In Comelico i giovani D.O.C. chiamano a discutere gli amministratori
I GIOVANI E IL TERRITORIO NEL FUTURO
CONCERTO
DI NATALE
AD AURONZO
Hanno partecipato insieme
il Corpo Musicale di Auronzo,
il Coretto DOREMI di Auronzo,
La Sorgente Gospel Choir,
il tenore Cristian Minato
rande successo ha avuG
to ad Auronzo il tradizionale Concerto di Natale a
formazioni riunite organizzato dal Circolo Val d’Ansiei. Il
26 dicembre scorso nella
Chiesa Parrocchiale di S. Giustina V.M. di Auronzo di Cadore vi erano il Corpo Musicale di Auronzo di Cadore, il Coretto DO.RE.MI. di Auronzo,
“La Sorgente Gospel Choir” e il
tenore Cristian Minato (117
tra strumentisti e coristi) che
hanno proposto brani tratti
dal repertorio sacro e della
tradizione natalizia per voce e
banda.
Il Corpo Musicale di Auronzo di Cadore, diretto dal Maestro Rodolfo De Rigo, ha esordito il 12 luglio 1998 ed attualmente è costituito da una trentina di esecutori provenienti
da Auronzo, dal Centro Cadore e dal Comelico. La presenza
del Corpo Musicale alle manifestazioni civili e religiose del
paese di Auronzo di Cadore ha
creato una serie di tradizionali
appuntamenti di richiamo sia
locale che turistico; per citarne alcuni: “la Processione del
Corpus Domini”, “la Festa delle Bande”, “il Concerto di
Mezza Estate” e “il Concerto
di Natale”. Le due tournèe più
significative de il Corpo Musicale di Auronzo sono state effettuate in Brasile nello stato
del “Rio Grande Do Sul”. La
prima nel 2005 su invito dell’
“Associazione Bellunesi nel
Mondo” in occasione delle manifestazioni organizzate in Brasile per i 130 anni dell’emigrazione italiana, e veneta in particolare, la seconda nel 2008 per
accompagnare l’Amministrazione comunale di Auronzo di
Cadore in occasione della sottoscrizione in forma ufficiale e
solenne del gemellaggio tra
Auronzo di Cadore e la città di
Ilòpolis.
Il Coretto DO.RE.MI. di
Auronzo di Cadore è sorto nel
gennaio del 1997 su iniziativa
di Claudio Vecellio Reane, attuale Direttore. Ne fanno parte bambini provenienti sia da
Auronzo che dai paesi limitrofi, ed attualmente è composto
da una quarantina di elementi
dai 5 ai 15 anni. L’attività principale consiste nel solennizzare le celebrazioni liturgiche in
occasione delle più importanti
festività nelle tre Parrocchie di
Auronzo di Cadore. Ha cantato in diversi Santuari d’Italia
ed ha avuto un’esperienza all’estero animando una celebrazione a Klagenfurt, in Austria.
Nel 2007 ha inciso il suo primo
cd dal titolo “La pace chiediamo…”. Nel mese luglio si è
esibito in un concerto durante
la presentazione della squadra
della Lazio in ritiro ad Auronzo.
La Sorgente Gospel Choir,
attualmente diretto da Agnese
Molin, nasce ufficialmente nel
2007. Ultima nata tra le formazioni orchestrali della cooperativa “La Sorgente” di Domegge
di Cadore, il Gospel Choir riunisce quarantacinque elementi provenienti dal Cadore,
Ampezzano, Comelico e Sappada. Nell’estate del 2007 è
stato invitato da Veneto Jazz a
chiudere la settimana del
“Summer Festival” di Cortina
d’Ampezzo. Il 12 Gennaio 2008
si è esibito in un importante
concerto presso la Sala Giovanni XXIII a Belluno organizzato dalla Diocesi di BellunoFeltre. Il 12 aprile dello stesso
anno ha tenuto un concerto
per gli 800 anni della Parrocchia di Auronzo di Cadore. Nel
vasto repertorio vengono proposti brani della tradizione gospel, spirituals e africana, proposti al pubblico in forma di
coro misto a cappella.
Il tenore Cristian Minato
nasce a Castelfranco Veneto
nel 1978. Si è avvicinato allo
studio del canto grazie al Maestro Renzo Simonetto con il
quale ha lungamente collaborato come solista in numerosi
concerti lirici e sacri con l’orchestra filarmonica di Castelfranco Veneto ed il coro polifonico Salvarosa. Successivamente ha continuato lo studio
con il Basso Enrico Rinaldo,
docente di canto al Conservatorio “Tartini” di Trieste, e suo
attuale insegnante. Il suo repertorio passa dall’ambito sacro a quello operistico e recentemente si è esibito in un concerto di musica sacra presso il
tempio della Sagrada Famiglia
a Barcellona.
Elena Rigato
(componente del Corpo Musicale
di Auronzo di Cadore)
A Santo Stefano di Cadore tentativi di capirsi e di
sostenersi fra giovani e amministratori del Comelico
“Siamo appagati dallʼaffluenza, dal clima e dai temi trattati”
dichiara il portavoce del gruppo Manuel Baldissarutti
melico rappresenti le nostre
radici, ma anche il nostro
futuro. Non vogliamo essere
parte della “fuga di cervelli”
che caratterizza i nostri paesi, vogliamo dimostrare che
si può rimanere anche qui e
fare cose importanti.” Spiega Giulia De Mario membro del gruppo, che aggiunge “questo nostro gruppo non nasce con l’idea di
sovrapporsi ad altre realtà
già presenti sul territorio, si
tratta piuttosto di un gruppo
“di sostegno” alle varie iniziative in favore del Comelico, ma anche uno sprone nei
confronti di gruppi ed istituzioni affinché vengano valutate problematiche che magari fino ad ora sono rimaste un po’ in ombra.”
Il gruppo ha organizzato
una serata, che si è svolta
in Comunità Montana Comelico e Sappada lo scorso
dicembre, alla quale hanno
partecipato tutti gli amministratori del Comelico per
un dibattito pubblico inconsueto, ma che si è rivelato essere propositivo.
“Era la nostra prima
uscita e, come sempre in
questi casi, le aspettative
erano tante, ma ancor maggiori le perplessità” così
spiega Manuel Baldissarutti, facendosi portavoce
del gruppo giovani doc.
“Siamo appagati dall’affluenza, dal clima e dai temi trattati. Abbiamo raggiunto uno dei nostri intenti: creare motivo di dialogo
con le amministrazioni e
tra le amministrazioni”.
L’idea del gruppo di giovani ha piacevolmente sorpreso tutti gli amministratori della vallata, che hanno
accettato d’essere presenti
alla serata e di rispondere
alle domande poste loro dai
ragazzi.
“Ringraziamo
Marco Da Rin Zanco, assessore alle politiche giovanili del comune di Belluno,
che si è reso disponibile a fare da mediatore al nostro incontro” ci tiene a sottolineare Giulia De Mario.
La serata si è basata su
una tornata di domande
che ha dato modo a tutti gli
amministratori di toccare
temi caldi della quotidianità della Val Comelico. Si è
parlato di progetti da attuare e di passi fatti. E’ emersa
essenzialmente la necessità di operare insieme, di
creare una solida squadra
con la quale prefiggersi gli
obiettivi da raggiungere.
Raf faella Mario, vicesindaco di Comelico Superiore, ha evidenziato come
il Comune da lei rappresentato abbia puntato molto sul turismo. “Riteniamo
sia il primo motore di sviluppo della vallata. Non c’è
bisogno di riconvertirci alla
vocazione dell’ospitalità,
perché questa vocazione è
insita nel nostro territorio
da anni. Occorre rendersene conto e potenziarla in sinergia.” Ha aggiunto “il turismo va di pari passo con
l’agricoltura. Questa è un
settore che è stato colonna
portante degli anni passati,
oggi serve riscoprirlo in
modalità moderna, in modo
da essere competitivi. A questo proposito, in giunta, abbiamo approvato un regolamento che dà la possibilità,
dopo l’accertamento delle
caratteristiche, di utilizzare
la de.co., cioè la denominazione di origine comunale.
Non è un marchio di qualità - spiega - ma è un piccolo
passo per legare i prodotti
del nostro territorio al nostro territorio.” Ha terminato auspicando che le scarse
risorse di cui la zona dispone non vengano utilizzate
per giustificare le limitate
possibilità amministrative,
poiché anche con poco si
può aspirare a raggiungere
ciò che sia ha a cuore.
Virginio Menia Cadore, sindaco di Danta, ha
portato l’esempio della sua
amministrazione comunale che, nel suo piccolo, ha
realizzato progetti di valore come le torbiere. “Con le
risorse che abbiamo siamo
intervenuti in opere che,
unite ad altre, possono ampliare l’offerta del Comelico. Non sono imprese faraoniche, ma in ottica di sviluppo danno un valore aggiunto al territorio” Il sindaco del piccolo paese ha
anche fatto luce sul progetto “Interreg” che potrebbe
concretizzare una collaborazione tra Danta, un pic-
colo Comune dell’Alto Adige e un altro austriaco.
Giancarlo Ianese, sindaco di San Nicolò, ha
esposto le prospettive per
lo sviluppo di Monte Zovo
con strutture tali da renderlo punto di accoglienza e ristoro, nonché partenza per
attività sportive. Inoltre ha
parlato dei successi del suo
comune, che vive grazie allo sfruttamento dell’energia ricavata dalla centralina
idroelettrica. Sul tema dello
sviluppo dell’area sportiva
di Lacuna ha informato che
la gestione della palestra
sportiva non verrà data a
privati, ma resterà nelle
mani dell’amministrazione.
Silvano Pontil Scala,
sindaco di San Pietro, ha
voluto ribadire “l’importanza della Val Visdende che
potrebbe essere il propulsore
turistico del Comelico. A riguardo, però, le difficoltà di
intervento non mancano”.
Ha fatto luce sul tema della
centralina la cui costruzione dovrebbe partire nel
2011 “a breve avremmo un
incontro volto ad illustrare i
dettagli tecnici dell’opera di
cui Enel e Bim, insieme al
comune di San Pietro, detengono una percentuale
della proprietà.”
Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano di
Cadore ha parlato del territorio da lei rappresentato
come “sede naturale” dei
servizi. (segue a pag. 21)
Maria Ioppi
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MASI SIMONETTI
biografia
ZOPPEʼ RICORDA
IL SUO ILLUSTRE
PITTORE E POETA
ommaso nasce a Zoppè il 27
T
marzo 1903 da Carlo Simonetti e Romana Bortolot e rimane orfa-
oppè ricorda con orgoglio
Z
uno dei suoi figli artisti, Masi Simonetti, con un’interessante
mostra di opere tra le quali spicca
“La morte del poeta”, un grande
quadro proveniente dal Museo
Civico di Belluno e che appartiene all’ultimo periodo pittorico di
questi (1964-65).
“L’occasione, ricorda il sindaco
Renzo Bortolot nell’affollata sala
del Municipio il 20 dicembre, sono i quarant’anni dalla morte di
Masi Simonetti (1903 - 1969) un
pittore che ha percorso le strade
dell’arte nel Novecento spingendosi sino a Parigi ma tornando sempre al suo paese natale per riprendersi quell’autenticità che considerava in gran parte perduta”.E’ anche un messaggio lanciato ai tanti
emigranti di Zoppè di Cadore
sparsi per l’Europa a non dimenticare il piccolo paese natio alle
pendici del Pelmo e a ritornare
ogni qualvolta possibile (come
molti di loro fanno) in questa comunità autentica.
Noi oggi, continua il sindaco rivolto ai suoi concittadini, ammiriamo nelle opere di Masi Simonetti le tante rappresentazioni di questo Zoppè vero o immaginato, con
le sue miserie ed i suoi splendori;
dovremmo però essere capaci d’andare oltre la semplice impressione
visiva per cogliere il nostro passato
e costruire il nostro futuro”.
Non deve essere stato facile per
un piccolo Comune quale è Zoppè
di Cadore riuscire ad organizzare
un’esposizione che si è dimostrata di qualità: l’opera “La morte del
Poeta” corredata da una serie di
disegni e pitture collegate, il tutto
ben rappresentato e descritto in
un video assieme alla vita ed alle
altre opere di Masi Simonetti.
E il ringraziamento del sindaco
non è mancato agli ideatori della
mostra prof. Donato Maria Bortolot e arch. Paolo Simonetti, come
a quanti hanno collaborato per
l’allestimento presso la Scuola
elementare, ai critici Oscar Bertaggia, Nicoletta Comar e Benedetta Salerno che hanno commentato “La morte del poeta” sotto i diversi aspetti, alla soprano
Josephine Pilar che ha presentato
tre melodie da canzonieri.
L’iniziativa del Comune di Zoppè di Cadore è stata effettuata
con la collaborazione dell’Union
di Ladign de Zopè, Pro Loco e Casa del Sordo, è stata realizzata per
la disponibilità del Museo Civico
di Belluno e con il sostegno finanziario della Regione Veneto, Fondazione Cariverona, Consorzio
BIM Piave di Belluno.
1
MASI
MASI SIMONETTI
SIMONETTI
“LA
“LA MORTE
MORTE DEL
DEL POETA”
POETA”
no in tenera età. Trascorre l’infanzia
in paese con la nonna Anna Maria
Menegus e lo zio Bortolo. Dice di
sè: Fu copiando un quadro di Tiziano nella chiesa del paese con le rispettive barbe bianche dei personaggi sui
quaderni di scuola che ho cominciato
a disegnare.Con lo zio nel 1919 emigra a Pavia come aiutante nella vendita di dolciumi e poi lavora come
decoratore. Dopo il servizio militare,
nel 1925 raggiunge la sorella Amalia
a Parigi, nel 1933 si sposa con Madaleine Aubert: qui frequenta gli ambienti artistici di Montparnasse ed
Il grande dipinto
è in mostra a
Zoppè di Cadore
che così intende
onorare lʼillustre
concittadino a
quarantʼanni
dalla morte
espone i suoi dipinti in molte gallerie
francesi. Molteplici le opere (dipinti e
disegni): è passato dall’Impressionismo all’Espressionismo, dal Cubismo
all’Astrattismo, con scorci di Parigi,
paesaggi, scene di guerra; di questo
periodo anche un autoritratto.
Compie numerosi viaggi in Belgio
ed in Spagna, ritorna in Italia e a Zoppè dove dal 1953 si ferma sempre più
spesso sia per il rapporto affettivo
con la gente del paese, sia per lavorare su alcuni temi pittorici come le maschere, le tradizioni e l’ambiente. E’
la testimonianza del suo legame ma
anche del rammarico per le trasformazioni avvenute. Nel 1964-65 porta
a termine quello che considera il proprio testamento artistico, “La morte
del poeta”, preparato per una mostra
allestita al Museo Civico di Belluno.
Nel 1968 lascia per l’ultima volta
Zoppè e parte per Parigi dove muore il 21.2.1969.
IL QUADRO
“La morte del poeta”
appresentazione sacra ad alto
R
contenuto simbolico, con forti
venature ironico-grottesche. L’opera “La morte del poeta” può essere
considerata una sorta di testamento
spirituale dell’uomo e dell’artista commenta Benedetta Salerno -. Al-
la base di questo dipinto vi è un’operazione di per sè suggestiva: Masi
Simonetti si fa fotografare appeso
alla porta del suo studio, nella medesima posa del poeta morente rappresentato alla sinistra del quadro.
E dalla foto, con scrupolosità e metodo, si sviluppa e prende forma l’opera: la folla insignificante e indifferente alla tragedia, groviglio di volti
per lo più mascherati nei quali si ri-
conoscono personaggli familiari all’artista, maschere che diventano i
volti che l’uomo sceglie per se stesso.
Al centro della rappresentazione il
personaggio del furbo, l’unico che
s’accorge del dramma e ferma il corteo con gesto imperioso, mentre più
in là, il personaggio a cavallo è il
potere che scruta la scena insidioso
e malevolo.“La morte del poeta” nasce dalla voglia di raccontare e rac-
contarsi.
Dal punto di vista tecnico e pittorico, Simonetti mette a punto delle
soluzioni artistiche nuove: quasi come un fotografo che ha usato per anni la pellicola a colori, decide di tornare all’antico bianco e nero, una
monocromia solo apparente ma che
diventa soluzione tecnica da lui stesso definita dei “grigi colorati”.
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LEGAME
ANTICO CON
IL CADORE
LA TRADIZIONE
E IL FUTURO IN
MONTAGNA
’ il più alto(1478 m.) e
E
più piccolo Comune
del Cadore, a ridosso del
i dice che il Padreterno
S
quando ha creato il
mondo si è seduto sul caregon
Pelmo. Le origini conosciute di Zoppè partono dal 1198
quando era un maso (terreno comprendente casa, fienile e stalla, orto campi, prati e parte di bosco) dei signori zoldani che lo godevano ad uso di pascolo e da dove ricavavano legname per
approvigionare di carbone
le loro officine. Alla fine del
1400 troviamo qui tre masi,
nel laudo del 1535 si registrano 14 famiglie, le più antiche delle quali portano i
cognomi Livan e Bortolot,
locate in tre borgate che sono Bortolot (il centro col
municipio), Sagui e Villa,
per un totale di circa 500
abitanti. Gli abitanti guardano ai paesi limitrofi della
Comunità di Cadore con i
quali hanno in comune pascoli e boschi, nonché parentele e affinità di parlata,
mentre il confine a sud con
Zoldo corre appena sotto il
paese.
Se fino al 1700 gli abitanti
di Zoppè erano dediti all’agricoltura e pastorizia nei
pascoli comuni della Regola
dei Monti da Vodo, e producevano nei boschi carbone
che veniva venduto ai forni
ed alle officine del confinante Zoldo, nel 1700 alcuni di
loro cominciarono ad emigrare a Perarolo come menadas e come fabbri per la
Repubblica Veneta.
Durante le guerre napoleoniche l’economia di Zoppè ebbe un tracollo e nel
1800 vi fu una nuova emigrazione stagionale come venditori in pianura di dolciumi e
castagne. Quando Zoppè
passò sotto il Regno d’Italia
nel 1866 c’erano 42 persone
che d’inverno giravano le città del triveneto vendendo
chiodi. Secondo una tradizione orale, uno dei giovani del
paese a bottega di pasticceria a Venezia imparò a confezionare il sorbetto (l’antenato del gelato): certo è che
una compagnia di zoppedini
la si trova nel 1873 a Vienna
a vendere canditi e sorbetti:
da qui gli offelieri-gelatieri
con i loro carrettini si sparsero fin a Lipsia, Kiel, Bremen,
a Potsdam in Germania, a
Brunn in Moravia, a Budapest in Ungheria, ma anche a
Ferrara e Rovigo, assumendo, di conseguenza al lavoro,
del personale pure a Zoldo e
a Venas.
Tanta fu la volontà e l’intraprendenza di questi emigranti, anche quando per le
guerre perdevano ogni cosa.
Dopo l’ultima guerra i gelatieri di Zoppè ripresero in
massa la strada della Germania e si fecero onore nella loro particolare attività che è
sì dolce ma faticosa e talvolta accompagnata da nostalgia per il paese e gli amici lasciati.
Infatti, due terzi della popolazione emigra stagionalmente per lavoro e, oggi 20
dicembre, sono circa 300 gli
abitanti che risultano presenti in paese, ma fra un
paio di mesi ne rimarranno
poco più di 100. Chi resta si
dà però un gran daffare: non
sia mai che Zoppè muoia.
del Pelmo, ha preso il compasso e ha girato il mondo.
Per noi è il più bel posto del
mondo”. Scherza e ride sotto
i baffoni, ma non troppo, Zeno Sagui Lotto presidente
dell’Union dei Ladign de Zopé, il gruppo storico che
mantiene vivi la lingua, le
tradizioni e un saldo legame
con il Cadore, crea motiva-
SERVIZIO di Renato De Carlo
ZOPPEʼ DI CADORE
PICCOLO GRAZIOSO PAESE SOTTO IL PELMO
zioni e iniziative perchè il
piccolo paese non debba assolutamente morire. E l’impresa pur non facile (“delle
280 persone ora in paese ne
rimmaranno 50 fra un mese
e mezzo, solo 5 bambini frequentano le elementari”),
sembra riuscire proprio per
la vivacità e caparbietà di
amministratori e residenti, e
pure per quel pizzico d’interessi e nostalgia degli emigrati stagionali.
“Che si voglia o no, tutta
la montagna cambia. Ma
noi non vogliamo che Zoppè
muoia - è categorico Sagui e cerchiamo anno dopo anno
di far capire che mettendosi
assieme si può fare ancora
qualcosa: organizzare una
bella mostra come questa su
Masi Simonetti, mantenere
fruibile il Museo etnografico
che materialmente con i suoi
oggetti parla della nascita e
della vita del paese, recuperare queste case che poi fanno parte della storia. C’è il
gruppo dei Ladini, il gruppo
del Museo, c’è un circolo
Culturale, c’è la Proloco, c’è
un po’ di tutto, la gente si tira su le maniche”.
Però la gente è poca...
“ Per fortuna la maggior
parte dei gelatieri è stagionale e rientra per riposarsi ed
accudire le proprie cose, quindi d’inverno il paese rivive, è
pieno d’iniziative”. A Zoppè
nel 2011 avremo addirittura
un incontro di tutti i carbonai
d’Europa”.
Ve ne sono ancora?
“Checché se ne dica, la
gente qui a Zoppé faceva carbone, che veniva poi adoperato dai ciodarot nelle varie
fucine, carbone molto prezioso, importante e redditizio.
Il primo forno era vicino al
cimitero, c’era la strada del
ferro attraverso le montagne, quindi si lavorava il ferro qui. Finché non si prese la
decisione di emigrare e di
andare a fare gelato.
A risvegliare l’interesse
per l’attività del carbone
(poiat) fu il prof. Bortolot
con gli ultimi due carbonai
del paese, Felice e Mariano,
negli anni ‘70. Ora, proprio
nel rifare la carbonaia presso il Museo con i due figli di
detti carbonai e nel presen-
tarla alla tanta gente che era
salita a Zoppè, abbiamo avuto la gradita sorpresa di essere invitati da amici tedeschi
a Rostock e spronati a tenere
nel 2011 l’Incontro Europeo
dei Carbonai al quale partecipano ben 8 nazioni (Germania, Polonia, Svizzera,
Italia, Olanda, Francia...).
Il che vuol dire che la tradizione, il lavoro andato perso,
il lavoro sporco, al quale noi
non diamo importanza, in
alcuni paesi è ancora fonte
di sopravvivenza e di commercio. E’ una piccola nicchia”.
Zoppè come piccolo paese di tradizione e cultura
montanara sito in un’ambiente splendido. Un’alternativa per i turisti nella pace
della montagna?
“Anche. Basta che vogliano vivere il paese e la montagna così com’è”.
“Zoppè, il più bel posto al mondo”, parola del presidente dei Ladign Giovanni Sagui qui
con i gelatieri Claudio Bortolot, Stefano Bortolot e la soprano Josephine Pilar de Pilars
TUTTI GELATIERI
ALLʼESTERO
CON LA FOTO
DEL PELMO
ui a Zoppè sono tutti gelatieri,
Q
in attività o a riposo. Claudio
Bortolot è uno di questi, vive in Germania a Duisburg nella zona del Reno
vicino l’Olanda, e già il suo faccione attira simpatia. Perché? è la domanda
scontata.
“E’ un’attività che faceva già mio
nonno, mio padre…, sono andato lassù
che avevo 13 anni. Ogni famiglia, come i Bortolot, Pompanin, Sagui, Mattiuzzi, Livan... ha avuto persone che
hanno fatto questo lavoro. E’ una scelta
obbligata nella tradizione perché le prospettive professionali da queste parti
erano abbastanza esigui, poi la possibilità di raggiungere un tenore economico soddisfacente conduce la maggior
parte delle persone a tentare questa
via. Molti si sono fatti una dimora dove
lavorano, sono diventati proprietari di
immobili, tanti non rientrano in paese.
Adesso il problema è il ricambio generazionale che sta sta mancando, ci sono
pochi figli, e chi è andato a scuola preferisce fare un altro lavoro…”
Pur soddisfatti, all’estero ci si sente
sempre un po’ emigranti, con la nostalgia del paese.
“Certamente. Quando incontro ex
compaesani sento in loro un forte ricordo e un pochettino di nostalgia. Ma se
uno rientra al paese con un decoroso
bagaglio economico allora va tutto bene…, però c’è gente che è rientrata tentando di crearsi qua un attività e si è
trovato di fronte ad una burocrazia distruttrice, ed è diverso da quanto succede nella società tedesca che dà delle
chances notevoli.
Si ritorna comunque sempre volen-
tieri, per riposarsi in un ambiente salu- laboratorio e poi uscivano per le strade
bre e ritrovare parenti ed amici”.
coi carrettini. Chi imparava il mestiere
veniva anche aiutato ad intraprendere
Stefano Bortolot sta a Cochem l’attività.
sulla Mosella, zona che ricorda i caQui si viveva di pastorizia e campi,
stelli francesi rinomata per la produ- una attività impossibile in inverno.
zione del vino Riesling. Qui fa la sta- Zoppè è un paese dove il 70% degli abigione e ha alle spalle (“nonostante la tanti fa questo mestiere: noi si rientra
mia presenza giovanile”, scherza) ol- col bisogno di staccare la spina, un ritre 30 anni da gelatiere. “Stiamo man- poso mentale più che fisico, si sta qui
dando avanti la tradizione di famiglia per mesi e poi alla fiera del gelato si riche risale al 1893, da quando Celeste, prende tutto il discorso per la successiva
Angelo e Vittorio erano andati a Vien- stagione lavorativa.
na col carrettino dei gelati: una volta
Il gelato come arte o mestiere?
iniziavano da ambulanti, avevano un
“Siamo nati imparando a fare il ge-
lato, anche qui a Zoppè dove la nonna
aveva un bar. Penso che uno debba farlo con passione per creare qualcosa...,
come da tradizione. Oggi però le aziende tendono ad una produzione livellata”.
Si può investire sul paese?
“Si deve; molta gente quel che ha fatto in Germania l’ha investito qui in
paese; la speranza è che altri portino
qui famiglie e figli. Io, con tre figli, la
mia parte per il ripopolamento della
montagna l’ho data con entusiasmo,
poi … (e ride di gusto accompagnando
le sue parole)”.
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Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni
TANTI AUGURI A NILLA MARINELLO QUANDO DON SESTO E DON CARETTA
ANDARONO A TROVARE I CONTERRANEI
Gent.mo Direttore, un anno è già passato e non manco di rinnovare l’abbonamento al bel “Cadore”, augurando a lei e ai
suoi collaboratori un Buon Natale e Anno
Nuovo. Un cordiale saluto a tutti.
Nilla Marinello Fombor
Brema - GERMANIA
Grazie degli auguri che volentieri ricambiamo a Nilla nostra abbonata sostenitrice
(nella foto) alla quale il giornale porta sicuramente ogni mese una ventata di casa.
BUON ANNO
A QUANTI CI
HANNO SCRITTO
Numerosissimi e da tutto
il mondo sono pervenuti biglietti di auguri, mail e telefonate in occasione delle
passate festività. Come ho
già avuto occasione di scrivere, è il segno d’un affetto
sincero verso il mensile Il
Cadore e verso quanto que-
sto giornale rappresenta.
La Direzione e la Redazione ringraziano tutti (anche coloro che non citiamo
espressamente) e rinnovano loro gli auguri per un
proficuo e sereno 2010.
Un fervido augurio di
2008
INVERNI A 2009
CONFRONTO
La foto in alto ci viene
inviata da Marco Zennaro da Pieve di Cadore.
“Un immagine curiosa
dello scorso inverno - osserva - nella quale il Maestro sembra essere salito
in cima alla montagna di
neve che occupava la
piazza Tiziano...”
Tutt’altra cosa la neve
quest’inverno, meno abbondante ma suggestiva
nel suo manto gelato. La
foto è di Carla Livan.
Buon Anno è rivolto agli
abbonati e ai lettori de Il
Cadore dal presidente Renzo Bortolot, che riafferma
la sua vicinanza ideale a
tutti i Cadorini i quali potranno sempre trovare un
punto di riferimento nella
Magnifica Comunità di
Cadore.
Un particolare saluto:
a Agata Zambelli da Sudbury - CANADA a Giò e Enrica Crepaldi
da Laval - CANADA a Cirillo Baracco da Wavecrest - CANADA a Mirko Della Libera da
Kalw - GERMANIA a Mercedes Genova Perissinotto da Treviso;
a suor Angela De Podestà
Rengo da Padova che ci
scrive puntalmente ogni
mese commentando gli argomenti del giornale.
Ricambiamo gli auguri
pervenutici da Sindaci,
enti, associazioni e amici.
Con gli auguri di
BUONE FESTE e
il rinnovo dell’abbonamento, invio
una foto del 1968,
di quando (TANTI
ANNI FA) don Sesto Da Pra Parroco
di Lorenzago ha
fatto insieme a don
Caretta una visita
ad Ottawa, CANADA, incontrando
Paesani e Parrocchiani.
Sono, da destra:
Giuseppe De Michiel, Daniele Zanella, Danilo De
Michiel, Don Caretta, Don Sesto, Natalia e
Remo De Marco. Alcuni di
loro non sono più tra noi.
Cordialmente
Remo De Marco
Ottawa - CANADA
Ecco una foto significativa
dell’affetto che legava un
tempo i conterranei e li spingeva anche a varcare l’oceano pur di rivedersi.
Auspichiamo che la foto di
De Marco, che salutiamo e
ringraziamo per la rinnova-
ta fedeltà a Il Cadore, possa
essere motivo di sprone per
tanti nostri connazionali all’estero a riprendere in mano le loro vecchie foto e raccontarle brevemente a noi,
sempre curiosi di conoscere.
SU YOU TUBE UN FILM SULLʼOPERA DI VALENTE
Rivolgo a lei sig. Direttore e per tutti i suoi collaboratori e loro famiglie
i miei più fervidi e sinceri auguri di Buone Feste.
Cordialmente.
PS: Ora questo Dvd
(un documentario del
regista Mantova sull’architetto Valente, ndr) è
su You Tube, sito
antoniovalente.it.
Maddalena
Del Favero Valente
Cadorina di Cibiana
Roma
Ringraziamo e contrac- l’architetto e inventore Antocambiamo gli auguri. L’ope- nio Valente, scomparso molra di Maddalena nel tenere ti anni fa, è encomiabile.
viva la memoria del marito
Ma anche la precisazione
in calce alla sua firma -“Cadorina di Cibiana” - è significativa: lei, appartiene a
questa terra.
I COMPLIMENTI DELLA CROCEROSSINA MERCEDES
Egregio Direttore,
chiedo venia per il mio
mancato ringraziamento
per il bellissimo articolo a
mio riguardo. Sinceramente, mi sembra solamente di aver adempiuto
ad un dovere preso nel
giorno in cui mi è stata appuntata la Croce Rossa
sull’uniforme.
Ringrazio il cielo di avermi dato la possibilità fisica
e mentale per ben 50 anni
di servizio attivo a rendere
un po’ di aiuto al prossimo.
(...) Complimenti per il
giornale, sembra più interessante e molto apprezzato da tutti. Cordiali saluti e
SANI!
Mercedes
Genova Perissinotto
Treviso
Sempre modesta lei, ma le
opere fatte rimangono.
Ci vedremo per quel “piatto de bona ziera” che sta
aspettandomi; sono sicuro
che arriverà il tempo propizio, cosicché ce la potremo
raccontare.
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Lettere & opinioni • Lettere & opinioni • Lettere & opinioni
PESCASPORTIVI CENTRO CADORE PREMIATI COMMEMORAZIONE DI ODORICO LARESE
Magnifica Comunità comparabile a Belluno.
“Voglio per parte mia adIN TOSCANA PER LA GESTIONE DELLE ACQUE diLaCadore
ha voluto comHa fondato e diretto, con ditare al pubblico quest’uoUn riconoscimento per la
buona gestione dei nostri
corsi d’acqua è stata data
all’APS Centro Cadore - Bacino di pesca n.4 nel corso
del 13° TROFEO BISENZIO organizzato dal Prato
Mosca Club. Una manifestazione di livello nazionale
che é specifica per chi pratica la pesca a mosca rilasciando il pesce catturato.
Gli organizzatori ci hanno contattato ed invitato a
partecipare con uno stand
per pubblicizzare le nostre
zone, vista la frequentazione di molti pescaturisti sia
della Toscana che da tutta
Italia e anche dall’estero.
Oltre a questo ci é stato comunicato che eravamo stati
segnalati da molti pescatori
all’organizzazione per la
nostra buona gestione delle
acque, in particolare per il
Piave a Perarolo. (...)
Ovviamente abbiamo accettato il gradito invito e ci
siamo organizzati con opuscoli che davano informazioni sul nostro territorio,
sulla nostra Provincia e su
alcuni locali della zona (alberghi, ristoranti, bar, negozi …). E’ stato un succes-
so e abbiamo avuto moltissime richieste di informazioni. E siamo stati premiati. E’ stato molto importante il riconoscimento che ci
é stato assegnato per la gestione delle nostre acque.
Apprezzato con un lungo
applauso dei pescatori presenti e i complimenti degli
organizzatori per il nostro
impegno, nella salvaguardia dei nostri corsi d’acqua,
a detta di tutti, splendidi e
ricchi di pesci di qualità, in
particolare di “trote marmorate” e di “temoli”.
Ritengo questo riconoscimento estremamente importante visto i lavori che si
vogliono fare sia sul Lago
del Centro Cadore ed in alveo nel Piave. Lavori che potrebbero creare molti danni
al nostro patrimonio ittico
ambientale, ed avendo raggiunto questi risultati di
grande prestigio sarebbe
grave perdere tutto. I pescaturisti che oramai frequentano le nostre zone danno una
mano al nostro turismo che
deve essere rilanciato e per
questo è da tenere in forte
considerazione che é un ambiente che va salvaguardato!
Il Piave a Perarolo ed il Comune di Perarolo grazie ai
pescatori é conosciuto oramai in tutta Italia ed all’estero, sulle riviste specializzatte
vengono fatti molti articoli
che parlano delle nostre acque l’ultimo é stato pubblicato sulla rivista Pescare (mosca e spinnig) dove oltre a
raccontare del nostro territorio si dice che oramai abbiamo raggiunto e talvolta
superato riserve piu blasonate, austriache e slovene.
Il Club Italiano Pesca a
Mosca organizzerà il 10 e
11 luglio la manifestazione
IL CADORE LE DOLOMITI E LA PESCA A MOSCA,
due giorni dove si pescherà
nelle nostre zone.
www.cipm-nazionale.it o
Danesi Emilo 328.6593228
Infine, un ringraziamento
particolare per l’ottimo risultato ottenuto al Consiglio Direttivo, del Bacino di
Pesca nr. 4 ai Pescatori che
ci aiutano nei lavori di gestione, ai Sindaci dei Comuni del Centro Cadore alla
Provincia di Belluno, e al
Signor Angelo Piller.
Giacobbi Giuseppe
Calalzo
memorare lo scorso 4 dicembre l’avv. Odorico Larese di Auronzo, splendida figura di Avvocato e di Amministratore che l’Ente ebbe come presidente. Nel
suo intervento, il Vice Presidente della Magnifica Comunità Emanuele D’Andrea ha ricordato fra l’altro:
“La Magnifica non ha trascurato di rendere omaggio a Odorico Larese in vita
con una pubblica cerimonia in questa sala nel 1995
per dimostrargli, come voleva l’allora Presidente De
Martin, l’affetto della Comunità per i 50 anni di partecipazione”.
“Odorico Larese Cella
(1922 - 2000) avvocato a soli 25 anni, ha esercitato la
professione in modo in-
pochissimi collaboratori,
fra i quali la moglie, il settimanale “Giornale del Cadore”, dal Febbraio al Luglio
1946”, ha “promosso fin dal
1952 la nascita del periodico della Comunità Il Cadore. Durante il suo mandato
presidenziale e con il sollecito contributo di Giovanni
Fabbiani e Giuseppe D’Andrea nel 1975 elaborò l’acquisto della Biblioteca Tizianesca.
Partecipe della Comunità
per 50 anni come consulente, ma anche come Consigliere, prestò la propria
esperienza, continuamente
e disinteressatamente, per
la tutela del patrimonio e
dell’identità della Magnifica.
Quest’onere è privo di qualsiasi compenso o rimborso”.
mo che ha disinteressatamente dedicato tanta parte
del suo tempo e del suo sapere a questa istituzione che
rappresenta pubblicamente
e indiscutibilmente l’unione
del popolo cadorino e tale
egli era e si sentiva”.
La commemorazione ufficiale nel salone della Magnifica Comunità è stata tenuta
dall’avv. Ivone Cacciavillani
di Venezia, alla quale si sono succeduti gli interventi
del Presidente della Magnifica Renzo Bortolot, del sindaco di Auronzo Bruno
Zandegiacomo Orsolina,
del presidente dell’Ordine
degli Avvocati di Belluno
Avv. Gianfranco Tandura,
del presidente della Camera
Penale Bellunese avv. Roberto Pregaglia.
LʼAUTOSTRADA FINO A MACCHIETTO?
Il Dr. Mario Ferruccio
Belli, da attento studioso
della storia del suo Cadore,
lo ama tanto da non perdere nessuna occasione per
preservarlo da eventi, a suo
parere, in grado di colpire il
territorio e i cadorini che lo
abitano stabilmente. Non
poteva non prendere la
penna e dirci la sua.
Non preoccuparti caro
amico Dr. Belli, è tutta una
farsa “pre-elettorale”. I fatti
sono noti a coloro che seguono, come faccio io, questa vicenda e sono questi: il
Friuli Venezia Giulia ha un’idea diversa del tunnel sotto
la Mauria; ritiene meno costoso e migliore il collegamento tra la A28 alla A23 con
una bretella da Cimpiello tra
Pordenone e Portogruaro,
che arrivi a Tolmezzo via Se-
quals. La A 23 è intasata di
traffico e non è possibile fare
una terza corsia nella parto
finale verso Tarvisio. Il secondo aspetta è molto chiaro
a chi conosce la carta geografica che allego. Non si va
a Nord: o si va a Ovest verso
il valico del Brennero o a Est
verso I Tauri. Una terza autostrada che corra tra le due
che ci sono: la A22 e la A23
resta un desiderio che dura
ormai da circa 40 anni. I Bavaresi, gli Austriaci e gli Altotesini, dopo aver valutato i
costi e i benefici ad inizio degli anni ‘70, e poi ripetutamente, hanno abbandonato
il progetto. Il Presidente della Provincia di Treviso, assunta la Presidenza della Autostrada VENEZIA MONACO SpA ha riaperto i giochi
senza guardare le carte. (...)
Una provocazione per il turismo del Cadore-Ampezzo,
che è quello che ci interessa.
Nei periodi caldi dei fine
settimana o dei picchi di
agosto e durante il Natale e
l’Epifania, quando i camion
non circolano, si può adottare questo provvedimento.
Nelle ore del mattino, le gallerie dopo Pian di Vedola diventano a senso unico a doppia corsia verso Nord. Tutto
il contrario nelle ore pomeridiane. L’ANAS ha un piano
per la 51 di Alemagna che
prevede la circonvallazione
di Longarone che eliminerebbe la sole strozzatura sull’incrocio con la Val Zoldana.
Difficile? La volontà e il
buon senso sono gli ingredienti che i Cadorini devono
mettere in campo uniti.
Dino Fava - CIPRA Italia
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Dicono di loro
•
Dicono la loro
Eʼ TORNATA A SQUILLARE LA
CAMPANA DELLʼARENGO?
C
onsiderando
la storia dell’ente prestigioso
che è la Magnifica
Comunità del Cadore della quale è stato
eletto il 23 ottobre il
nuovo presidente
nella persona di
Renzo Bortolot per i
prossimi cinque anni, si viene a conoscenza che fin dal
1338 il Cadore era
riuscito a darsi statuti di autogoverno,
strutturandosi in 27
regole e 10 centurie.
La costruzione
del Palazzo, voluta
dai rappresentanti
del popolo, risale al
1525 e da allora ha
avuto sede la democrazia cadorina, del
suo
parlamento,
chiamato “maggior
e general consiglio”
Non mancarono
le decisioni importanti durante il corso della storia, nell’unità degli intenti,
per proteggere una
popolazione al confine delle Alpi, soggetta al dominio di
Conti, di Signorie e
di protettorati con la
Repubblica di Venezia.
Nel 1807, con
l‘introduzione del
modello amministrativo e del codice
civile di Napoleone,
finì l’autogoverno
ed il territorio cadorino fu suddiviso in
19 Comuni, riaggre-
Sotto lʼegida della Magnifica i
Cadorini potrebbero raggiungere
diversi importanti obiettivi
gati nei due cantoni
di Auronzo e Pieve,
che facevano capo
alla prefettura di
Belluno.
La Magnifica Comunità del Cadore,
dopo l’occupazione
della Francia e dell’Austria, con la costituzione del Regno
d’Italia, nel 1875 si
ricostituisce come
Ente morale con
l’intento di conservare e promuovere
l’unità culturale e
spirituale del territorio.
Nei saluti di commiato del Presidente
uscente Emanuele
D’Andrea e nella
presentazione degli
obiettivi del nuovo
Renzo Bortolot, pur
nella intesa di proseguire a dar valore all’immagine ed al
ruolo istituzionale,
vi si possono cogliere fattori di novità, là
dove ci si propone
un nuovo costante
rapporto con i Comuni e le Comunità
Montane, nella veste di interlocutori
importanti che operano nel territorio
per un confronto di
idee con l’avvio di
programmazioni
economiche sociali;
un risvolto politico
per far valere “anche
i diritti del Cadore
verso le autorità e i
poteri superiori”. E’
tornata a squillare la
campana dell’Arengo sulla torre della
Comunità, per questi motivi?
L’elemento fondamentale che deve
unire tutti i cadorini
e le loro istituzioni
sotto l’egida della
Magnifica è la conservazione ed il corretto uso del territorio. Nessun momento è più opportuno
di questo per affrontare un serio dibattito sull’uso e sull’abuso del territorio e
sulla tutela del paesaggio che è un caposaldo del voto
unanime dell’UNESCO nel definire le
Dolomiti quale patrimonio dell’umanità.
Il territorio con
una superficie di circa km2 1.427.221 ed
una popolazione di
circa 33.500 lungo le
valli del Piave, del
Boite e dell’Ansie è
rappresentato da 22
Comuni le cui Amministrazioni, essendo molte in difficoltà
economiche, potrebbero sentire la necessità di ridursi uni-
ficandosi. Esso è regolato da P.R.G.-Piani Regolatori Generali Comunali- mentre vi è la necessità
di una identità e di
un linguaggio che
faciliti una visione oltre i confini purtroppo
campanilistici
delle Amministrazioni locali. Al centro dell’interesse comune vi deve essere
una unica pianificazine urbanistica territoriale ed un unico
regolamento edilizio
con piani settoriali
per il traffico, i parcheggi e gli itinerari
ciclo-pedonali. L’autostrada - si o no - nel
piano settoriale potrà essere sostituita
da uno studio complessivo di percorsi
stradali fluidi evitando l’attraversamento
dei paesi. E’ indispensabile adottare
un efficace sistema
di protezione collettiva del patrimonio
naturale e culturale,
evitando la costruzione di edifici in zone a rischio e di edifici di abitazione di
seconde case in un
programma integrato di riqualificazione
urbana.
I problemi da affrontare sono vasti e
complessi e democraticamente
vi deve essere la
par tecipazione
degli abitanti attivando il loro interesse.
Il mensile “Cadore” potrebbe
inserire una rubrica dal titolo”
Attività della Magnifica Comunità
del Cadore” riportando i contenuti delle riunioni, dei dibattiti e
dei programmi.
Roberto
Valmassoi
•
1
Dicono di loro
Cosa valorizzare per le celebrazioni dei 150
anni dellʼUnità dʼItalia nei nostri paesi?
IL SACRARIO DEGLI ALPINI
IN SAN FRANCESCO DʼORSINA
R
ecentemente è apparso un articolo degli apprezzati Musizza e De Donà,
a proposito delle celebrazioni da tenersi per i prossimi
150 anni dell’ Unità d’Italia. I
due storici si chiedono che
cosa di “risorgimentale” si
potrà restaurare in Cadore,
in vista delle cerimonie patriottiche del 2011 .
Le loro analisi del Risorgimento cadorino ci trovano
tutti d’accordo: difatti, come
non cominciare da Pier Fortunato Calvi e dall’epopea
del 1848 ?
E’ proprio da allora che
nelle valli del Cadore - passando attraverso altre date
fatidiche come il 1866, il
1915-1918 e il 1945 - il viandante incontra lapidi e cippi
che ci tramandano il ricordo
di battaglie e imboscate avvenute in questa terra di
frontiera.
Credo peraltro che non sarebbe bene disperdere in
mille rivoli i limitati fondi
che lo Stato metterà a disposizione per le celebrazioni.
Col rischio, magari, di rinfrescare, un po’ qua e un po’
là, tanti segni che il tempo
farà nuovamente sbiadire in
pochi decenni. Certamente,
del recupero di alcune testimonianze storiche potrà farsi carico il volontariato entro
i prossimi due anni. Sarà bene che l’Associazione Nazionale Alpini promuova presto nei Comuni una maggior cura dei Monumenti ai
Caduti della Prima Guerra
mondiale, presenti in ogni
piazza del Cadore. Qualcosa
verrà anche dalle scuole,
ove di sicuro gli insegnanti
faranno la loro parte educativa in vista delle solenni celebrazioni dell’Unità d’Italia.
Tuttavia, per la zona del
Cadore sarebbe più opportuno concentrare i finanziamenti statali in un solo sito:
quello che risulta essere per
noi il più significativo di tutti, poiché già racchiude, come in uno scrigno, le nostre
più preziose memorie risorgimentali.
E’ il Sacrario degli Alpini
di San Francesco d’Orsina,
situato tra Calalzo e Pieve.
Proprio qui, nel 1935,
un’operazione consimile fu
attuata dall’ A.N.A. nel ventennale della Grande Guerra, con una memorabile
Adunata degli Alpini che intese riconsacrare la chiesetta del 1512 dopo un lunghissimo abbandono.
E ‘ da allora che, in un sarcofago romano donato dai
principi Colonna, qui riposano i patrioti di Calvi del
1848 caduti a Termine, combattendo le truppe asburgiche che risalivano la valle
del Piave (e tra quei caduti
mi piace ricordare il compaesano Giobatta De Carlo
di Rizzios).
Nel 1935 all’ interno della
chiesetta furono inumati i
resti mortali del pluridecorato don Piero Zangrando di
Perarolo, Cappellano del 7°
Reggimento Alpini a Monte
Piana e alle Tre Cime di Lavaredo. Anche le spoglie del
capitano Celso Coletti, il comandante dei Volontari Alpini del Cadore nel 1915 -1918
sul fronte dolomitico, sono
custodite in questo sacello
dall’anno della sua morte,
avvenuta nel 1937.
E chi non conosce quella
famosissima canzone degli
Alpini che è “Il testamento
del Capitano” ? Quando nel
1968 fu aperto il testamento
del capitano Camillo De Carlo, Medaglia d’Oro al V.M.
nella Grande Guerra per le
sue temerarie imprese oltre
le linee nemiche nel 1918, si
lesse che anch’egli voleva
essere sepolto a San Francesco d’ Orsina.
Dal secondo dopoguerra il
sagrato della chiesetta ospita il Monumento ai Caduti
partigiani. Dagli anni ‘50 alcuni di essi sono stati sepolti
proprio sotto quel marmo:
tra loro vi è Renato Frescura
di Pieve, caduto al Passo della Mauria nel 1944 mentre
azionava la sua mitragliatrice. E col figlio Renato, nel
1951, volle riposare per sempre anche il padre Cornelio,
Volontario Alpino del Cadore e Medaglia d’Argento
nella Grande Guerra per le
sue audaci gesta sulle balze
del Forame.
Oggi fortuna vuole che tra
pochi mesi, all’ ingresso di
Calalzo, verrà inaugurata
una nuova rotatoria stradale
che renderà giustizia alla
Chiesetta degli Alpini, da
troppo tempo oppressa da
una viabilità che la penalizza. Tra poco verranno così
liberati nuovi spazi a beneficio del tempio di proprietà
dell’ A.N.A. che, acquistato
dalla famiglia Palatini negli
anni ‘30, nel 2012 compirà
La chiesetta
del 1512 dopo
un lungo
abbandono
venne
riconsacrata
nel 1935 e
è adibita a
sacrario ANA
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LAUREE
Monica Giustina di San
Vito di Cadore con lusinghiera votazione si è laureata all’Università di Trieste
in Architettura, corso di laurea specialistica, discutendo la tesi: “Nuova piazza in
zona Rusecco a San Vito di
Cadore”, relatori Prof. Giovanni Fraziano, Claudio Meninno e Luigi di Dato.
Congratulazioni vivissime.
Sabina Rossignoli di
Valle di Cadore, Venas, dopo la laurea triennale in
Scienze e tecniche dell’Interculturalità a Trieste e la
laurea specialistica in Antropologia delle religioni a
Parigi, ha ora concluso una
laurea in Antropologia sociale alla London School of
Economics di Londra.
Attualmente conduce una
ricerca antropologica sulle
pratiche di socializzazione
di giovani appartenenti a
minoranze etniche a Londra, Berlino e Parigi.
anch’ esso nientemeno che … 500 anni.
Vi sono quindi oggi tanti
e nobili motivi affinché i
cadorini facciano riferimento, in vista delle celebrazioni dei 150 anni dell’ Unità
d’Italia, al progetto già elaborato dall’ A.N.A Cadore
del presidente Cason, che
mira a valorizzare al meglio la Chiesetta degli Alpini e le sue adiacenze. Ottenute da tempo le prescritte
autorizzazioni della Sovraintendenza, il progetto
attende di essere finanziato
per dare adeguato risalto
ad un luogo sacro in cui le
rimembranze del 4 novembre e del 25 aprile hanno
pari dignità.
Il Sacrario di San Francesco (Patrono d’Italia) merita la nostra riverente attenzione non solo per il suo valore artistico tardo-gotico,
ma anche per il suo simbolico significato di luogo della riconciliazione, nella
morte e nei secoli, tra fratelli cadorini . Un abbraccio
ideale unisce da tanto tempo in quei sepolcri tutti i
Caduti del nostro Risorgimento. Ci piace sperare
che il loro sacrificio, testimoniato dalle loro “urne
de’ forti”, possa indicare alle future generazioni un’
unità che - da Roma capitale fino alle più alte valli delle Dolomiti - appaia non solo come patrimonio storico
dal 1861, ma sia oggi soprattutto il simbolo di una
ritrovata comunione morale tra italiani .
Negli intendimenti del
Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sappiamo che proprio questo
dovrà essere il senso più
profondo delle celebrazioni
del 2011
Guglielmo De Bon
Amico degli Alpini
tessera n. 17514
I “GREEN GRASS GARDEN” SI RACCONTANO
BAND
razie ad un progetto
G
dell’istituto superiore Enrico Fermi dello
scorso anno scolastico, sono nati i “Green Grass
Garden”, un gruppo musicale formato dagli studenti. Venerdì 18 dicembre, la
rock band ha preso parte
ad un concerto all’ITI di
Pieve, organizzato dai rappresentanti di “Musica nel
sangue on tour”. Grazie ad
un’ottima prova sulle note
di “The wall” e “Smoke on
the water”, i Green Grass
Garden si sono qualificati
alla semifinale della competizione musicale. Questo ed altri i temi trattati
nell’intervista alla cantante e al bassista del gruppo:
la prima, Lisa Vettore, diciassettenne, frequentante
la quarta ITI; il secondo,
Gregorio De Podestà,
diciottenne laggese della
quinta IPSIA.
Lisa, parliamo della vostra nascita musicale…
“Grazie al progetto musicale organizzato dal nostro
istituto, è nata l’idea della
formazione di un gruppo
musicale della scuola stessa. Inizialmente, essendo
nato come corso per musicisti, io non ne facevo parte;
un giorno di maggio, poi,
davanti a scuola, mi è
giunta la notizia della ricerca di una cantante per
la fondazione della band:
così non mi sono lasciata
sfuggire l’occasione”.
Gregorio, raccontaci
l’origine del vostro nome.
“E’ indubbiamente un
motivo banale, che rivelo
oggi per la prima volta anche ai miei compagni. Una
volta composto il gruppo, è
sorta la questione di come
presentarci. Così una mattina, in corriera, passando
davanti ad un giardino
verde e mi è venuta l’idea:
“Green Grass Garden”, “Il
giardino dell’erba verde”.
Mi piace come suona, sembra un gioco di parole, che,
tra l’altro, iniziano tutte come il mio nome. L’ho proposto agli altri ed è subito
piaciuto: per questo ci chiamiamo così”.
Lisa, come è compo-
Lisa e Gregorio parlano della band nata
da un progetto dellʼIstituto Sup.E.Fermi
sta la vostra band?
“Il nostro gruppo è formato da cinque elementi:
la sottoscritta, Lisa Vettore, alla voce; Gregorio De
Podestà al basso, Christian Doriguzzi alla batteria, Giovanni Castoldi e
la “new entry”, Piercarlo
Bozza, alla chitarra”.
Gregorio, quante volte vi siete esibiti?
“La prima opportunità di
metterci in mostra, poco dopo la nostra fondazione, è
stata al teatro comunale di
Belluno, in occasione della
premiazione di alcune scuole, tra cui il liceo scientifico
di Pieve, per il concorso di
“Lettura pensata”. Fu una
vera e propria avventura,
perché eravamo ancora alle
fasi di programmazione. Ci
presentammo con due brani, diremo oggi, ai limiti
dell’ascoltabile: ci sentimmo comunque soddisfatti,
eravamo riusciti a rompere
il ghiaccio. Una seconda occasione è stata il concerto
di fine anno scolastico, il
giugno scorso; un terzo concerto lo abbiamo tenuto a
“La Pineta” di Calalzo: in
entrambe le occasioni un
ringraziamento di cuore va
ai Planet Brain per il sostegno audio”.
E arriviamo all’ultima
esibizione: Lisa, in che
cosa consiste il progetto
“Musica nel sangue on
tour” ?
“Si tratta di un concorso
a livello scolastico organizzato dall’AVIS Veneto, quest’anno alla seconda edizione, che propone alle varie
scuole di presentare i propri gruppi musicali. Le possibilità sono tre: o ci si presenta con delle cover, o con
canzoni proprie, originali,
o con “canzoni modificate”.
Dopo la fase “scolastica”, si
passa a semifinale e finale:
chi vince ha diritto a incidere e vince premi come
strumentazioni musicali e
sale di registrazione. All’ultimo concerto, oltre a noi,
hanno preso parte altre due
band, i giovani “Zingars”
con alcune cover e i “Never
Mind” con quattro brani
propri. Noi abbiamo suonato per ultimi, presentando gran parte del nostro repertorio. E’ stato veramente bellissimo: eccetto qualche problema di acustica,
siamo rimasti tutti molto
soddisfatti, ci siamo divertiti e abbiamo suonato veramente bene. Adesso ci
aspetta la semifinale del
concorso”.
Gregorio, quali sono i
vostri progetti futuri?
“Sicuramente ci concentreremo sulla semifinale di
“Musica nel sangue on
tour”: non sappiamo ancora né data né luogo, ma
quello che conta è che ci
siamo qualificati. Inoltre
speriamo di continuare a
coltivare il rapporto musicale con “La Pineta”, a mio
giudizio, da mantenere assolutamente”.
Mario Da Rin
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’ passata nel più comE
pleto silenzio la ricorrenza della morte tragica di
Rodolfo, figlio primogenito
di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e d’Ungheria. La data sembra essere stata sospinta nell’oblio
non solo da noi ma persino a
Vienna. Eppure è stata la tragedia che ha segnato l’inizio
della fine degli Asburgo dalla storia dei popoli. Ne parliamo perché quel giovane di
trentuno anni aveva trascorso in Ampezzo, alcuni giorni
felici nell’estate del 1877.
In maggio, appena dichiarato maggiorenne la mamma Elisabetta, la mitica Sissi,
l’aveva portato in Inghilterra. Per la prima volta loro
due assieme! Più tardi scrisse che era stato il più bel periodo della sua vita. Fatto ritorno aveva ottenuto di viaggiare da solo. Scelse il Tirolo
e arrivò in Ampezzo dove lo
attendevano fin da quando,
diciannove anni prima, la sua
nascita era stata così salutata. <Li 22 aprile 1858 N. 372.
Al signor capo comune di
Ampezzo… si dà la fausta notizia che giusta dispaccio telegrafico sua maestà l’Imperatrice alle ore 5 di questa mattina divenne madre d’un
principino. L’imperiale regio
pretore>. Il clero era stato il
primo a partecipare la sua
adesione. <Alle 8 antimeridiane del giorno 27 corrente
aprile sarà cantata nella
chiesa della Beata Vergine
della Difesa una messa onde
ringraziare Iddio del felice
parto di sua maestà l’augusta
nostra imperatrice Elisabetta
e invito le autorità ad intervenire. Giovanni Maria Barbaria, parroco e decano.>
Così il 22 settembre 1877
le due carrozze imperiali si
arrestarono davanti all’Aquila Nera. Il principe era
un appassionato di caccia.
Ci pensarono i due figli di
Gaetano Ghedina Tomash,
proprietario dell’hotel, appena scomparso, Luigi (il
pittore) e Cesare, che mandava avanti l’albergo, ad accompagnarlo per tre giorni
sulle montagne di Cortina a
caccia di camosci. Il 26 all’alba lasciò la conca dando
l’incarico a chi di dovere di
far sapere alla popolazione il
suo grande rimpianto. Nella
mattinata un gendarme portava al sindaco questa missiva. <Sua altezza imperiale il
principe ereditario arciduca
Rodolfo nell’abbandonare oggi questo distretto giudiziale
mi dava l’alto ed onorevole
incarico di manifestare alla
popolazione di Ampezzo i
suoi ringraziamenti e la sua
soddisfazione per la festosa
1
Rodolfo e quei tre giorni di caccia in Ampezzo - Una vita infelice che
culminò con lʼomicidio dellʼamante e il suo suicidio il 1 febbraio 1899
PER GLI ASBURGO MORIʼ
DI COLPO APOPLETTICO
Rodolfo d’Asburgo
Mary Vetzera
Figlio di Francesco Giuseppe e di
Sissi, il principe ereditario Rodolfo ebbe unʼeducazione rigida, fu
sposato alla principessa Stefania
del Belgio ma preferì morire a 31
anni con la giovane Mary Vetzera
ed entusiastica accoglienza
fatta all’Altezza Imperiale
durante il suo soggiorno di
tre giorni in questo capoluogo. Nel mentre, colla massima compiacenza, mi affretto
di portare queste benevoli
esternazioni a conoscenza
del signor capo comune,
adempiendo così ai voleri del
serenissimo ed augusto principe lo invito a portarle nel
modo che riterrà più opportuno a pubblica conoscenza.
Io pure, da parte mia, esterno la speciale soddisfazione e
riconoscenza al signor capo
comune ed a tutti i suoi rappresentanti per avere, anche
in questa solenne occasione,
nulla omesso per dare espressione al sempre dimostrato
patriottismo ed a quei sentimenti di verace attaccamento e devozione più inconcussa
da cui fu sempre, ed è, animato al pari dei suoi avi questo alpestre e bel paese verso i
membri augustissimi della
imperiale casa regnante.
L’imperial regio capitano distrettuale Gennari.>
L’erede al trono non aveva
avuto un’infanzia felice. Com’era usanza nella corte
asburgica era stata tolto alla
madre, fin dalla tenera età, e
affidato a uno stuolo di governanti, gentiluomini e
gentildonne di sicura fede
monarchica. Il primo era
stato il generale Gondrecourt del quale si ricordano
alcune manie salutiste. Il
bambino di quattro anni era
obbligato a fare ginnastica
nella neve all’aperto d’inverno; veniva spesso risveglia-
to all’improvviso con lo sparo di rivoltellate; stava tenuto al buio in una stanza, con
la porta sbarrata, e qualcuno gli gridava <attento, arriva il cinghiale>. Naturalmente erano mezzi studiati
per rinforzarne la salute (!)
e il carattere. Dopo le proteste di Elisabetta che minacciò di andarsene l’imperatore, a malincuore, cambiò
istitutore assegnandogli il
colonnello Latour di Thurmberg di cui Rodolfo diceva
che, perlomeno, non era un
sadico! In compenso, più tardi, aveva avuto eccellenti
istitutori così poteva dirsi
persona colta, a differenza
del padre, la cui formazione
non andava oltre l’aspetto
militare. Oltre dunque a parlare ben quattro lingue (delle dieci ufficiali in Austria!)
conosceva il francese, il latino ed era buon conoscitore
della storia e delle scienze,
tanto che a 20 anni aveva dato alle stampe il volume
“Quindici giorni sul Danubio” in cui raccontava le sue
avventure di caccia. L’anno
dopo aveva pubblicato un libro intitolato “La nobiltà austriaca e il suo compito istituzionale”. Era anonimo,
ma, come la zelantissima
polizia lo fece arrivare sul
tavolo dell’imperatore, questi comprese chi l’aveva
scritto e non ne fu contento.
Anzitutto per le considerazioni che oggi si direbbero
moderne e che egli trovò
socialiste, anzi rivoluzionarie. Non lo disse al figlio,
unico maschio ed erede al
trono, col quale non c’era
mai stata comunicazione,
ma se ne lamentò con i consiglieri. Quando Rodolfo
compì ventitre anni, forse
anche per rimediare ai capricci giovanili, la corte decise che doveva sposarsi. La
prescelta fu Stefania, figlia
del ricchissimo re del Belgio, che aveva sedici anni,
era biondissima, magra e di
carnagione pallida. Esattamente l’opposto del genere
di donna che egli avrebbe
voluto. Tutta l’Austria fu
pervasa dal giubilo con canti, spari di mortaretti, donazioni benefiche, cerimonie
religiose, sfilate davanti ai
palazzi imperiali e gran lavoro per i telegrafi di stato. A
Cortina il sindaco fece stampare un manifesto. <In occasione dell’auspicato connubio di sua altezza imperiale
il serenissimo principe ereditario l’arciduca Rodolfo colla
serenissima principessa Stefania del Belgio… lo scrivente confida che anche la popolazione di Ampezzo non verrà meno in questo incontro
alle avite tradizioni e per
questo faustissimo avvenimento ed in questa fiducia
esso invita la popolazione
d’illuminare le proprie case
la sera dei 9 andante, ed accendere fuochi in montagna
ed in campagna.> Si sposarono il 10 maggio 1881 nel
duomo di Santo Stefano,
con una cerimonia fastosissima. Dopo la morte del marito Stefania scrisse. “Non
sapevamo cosa dirci; eravamo estranei l’uno all’altra;
invano aspettai una parola
tenera e amorosa che potesse
liberarmi dal mio stato d’animo”. E più oltre, addirittura: “La prima notte fu di tormento, orrore e rivolta”. Due
anni più tardi l’imperatrice
ereditaria partorì una bimba
cui venne dato il nome della
suocera Elisabetta. Purtroppo il parto non era stato facile; anzi i medici tolsero subito alla povera neo mamma
la speranza di avere in futuro altri figli. Rodolfo cominciò a pensare al divorzio.
Ma, invece di seguire i canali regolari e riservati, scrisse una lettera personale e
diretta al Santo Padre il quale, altrettanto incautamente,
rispose all’ imperatore. Un
disastro! L’opinione pubbli-
ca ne fu informata. In una riunione tempestosa Rodolfo
dovette discolparsi davanti
al padre e alla madre, la sola
con cui aveva ancora un dialogo.
Non gli restò che gettarsi
in ciò che più gradiva e che
era il suo vero mondo, prima
di tutto la caccia a qualunque
specie di selvatico esistente,
in qualsiasi epoca dell’anno.
Per averne un’idea riportiamo come la praticò nelle due
ultime settimane di vita, gennaio 1889, <passò parecchie
notti alla caccia alle aquile
marine nelle isole danubiane,
uccidendone sei; il 18 fu a
caccia di otarde; il 20 uccise
sette cerve nelle riserve dell’arciduca Giovanni; il 23 uccise una martora nei giardini
di Huetteldorf>. L’altro
hobby era lo studio delle
scienze e darne il resoconto
nei libri e sui giornali. Riprese a collaborare, spesso in
forma anonima, a diversi
giornali; pubblicò due volumi intitolati <Viaggio in
oriente nell’anno 1881 descritto dal principe ereditario
Rodolfo d’Austria> e un terzo
sulla caccia <Jagden und Beobactungen>. Ma la vera protesta verso quella corte che
non lo gradiva e che, inutilmente, aveva provato a cambiare, era la sua vita disordinata. Mentre la salute si stava guastando egli abbinava il
lavoro connesso con il suo
ruolo di principe ereditario,
in cui credeva senza tentennamenti, con le notti nelle orge; le cacce estenuanti con
gli impegni politici. Uno dei
valletti che lo seguiva, dopo
la sua morte, depose davanti
alla commissione. <Ogni minuto della sua giornata era
impegnato in un’attività frenetica. Quando rincasava a
tarda notte continuava a lavorare per ore, occupandosi
della corrispondenza o di
scritti politici. Per reggersi beveva champagne ghiacciato
misto a cognac, fumando sigarette e finendo spesso a letto
alle due o tre del mattino, per
ricominciare il giorno dopo la
stessa vita>. Aveva trenta anni quando casualmente entrò nella sua vita la diciassettenne Mary, figlia del barone
Vétzera. <Non era molto alta, aveva la figura morbida,
il busto ben sviluppato, la bocca rossa voluttuosa, piccoli
di Mario Ferruccio Belli
denti bianchi e acuti, il naso
sottile, un viso leggiadro, occhi d’un cupo azzurro con le
lunghe ciglia sotto sopracciglia fini ed esatte, capelli scuri e lunghissimi, belle mani.
Camminava con una grazia
ondulante e con una seduzione irresistibile>. Il modello di
donna che aveva sempre desiderato. L’attrazione fu reciproca e immediata. Per la baronessina egli era il principe
azzurro che mai avrebbe
osato sognare.
Nel giro di appena tre mesi si realizzò fra i due amanti l’intesa perfetta con un appuntamento tragico che, secondo l’infelice erede degli
Asburgo, avrebbe risolto
ogni problema fissato per la
notte del 29 gennaio. Il segreto fu completo. Al mattino del 30, dopo aver sfondato la porta della camera nel
castello di Mayerling, il suo
cameriere trovò nel letto insanguinato Rodolfo che teneva nella mano destra ancora la pistola. Accanto a lui
con la tempia squarciata dalla pallottola la giovanissima
amante che non aveva mai
visto le montagne innevate,
anzi che non era mai uscita
da quell’ambiente dorato e
solo in apparenza felice e invece fatuo, angusto e colmo
di falsità. Due giorni più tardi il telegrafo portava la notizia in poche righe. “Li 1°
Febbrajo 1889 N. 376. Soddisfacendo ad un mesto dovere sua eccellenza il signor
imperial regio Luogotenente,
con dispaccio di jeri, mi ha
notiziato essere sua altezza
imperiale il serenissimo
principe ereditario Rodolfo,
il giorno 30 ultimo scorso
gennajo, morto di colpo apoplettico. Ciò partecipo con
dolore. L’imperial regio capitano distrettuale Potschka”.
Questo era il volere dell’imperatore dopo aver lasciato
cadere i tanti messaggi di
aiuto lanciati dal figlio. Nulla aveva fatto per fermare la
sua mano assassina nei confronti della giovane amante
e verso sé stesso. Ora tentava di nascondere la verità ai
sessanta milioni di sudditi.
Naturalmente non una lacrima per la dolce piccola
Mary Vetzera. Cento e venti
anni or sono.
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n anni in cui la fantasia
I
di Fleming era ancora
lungi dal partorire la figura
di James Bond e le sue eccitanti missioni, Camillo De
Carlo (famiglia originaria da
Rizzios di Calalzo) costituì
un mirabile esempio di 007
fatto in casa, di eroe che si
meritò davvero le sue molte
medaglie: una d’oro, due
d’argento, una di bronzo. La
motivazione della prima definiva “vita di leggenda” quella da lui vissuta in territorio
nemico, e si può dire una
volta tanto che la retorica romana non suonava stonata.
Egli fu Tenente di Cavalleria (Reggimento Lancieri di
Firenze), addetto al Battaglione Squadriglie Aviatori e
Osservatore 1° Gruppo Aeroplani. Le sue imprese sono raccontate nel volume V,
tomo 2, de “L’Esercito italiano nella Grande Guerra”, a
cura dell’Ufficio storico dello
SME, uscito nel 1988. Qui
sono riportati documenti
della III Armata, Ufficio informazioni, datati 18 luglio
1918 e firmati dal colonnello
caposezione informazioni
Ercole Smaniotto, che trattano dei sistemi operativi italiani adottati in territori invasi
dagli austriaci e relaziona sui
due centri organizzativi a
Vittorio Veneto e Pordenone
per la messa a punto di raid
15
CAMILLO DE CARLO, LO 007 CADORINO
Tenente di cavalleria,
si portò oltre il Piave
nelle linee austriache
per segnalare i
movimenti del nemico
Ebbe una medaglia
d’oro, due d’argento,
una di bronzo
Avrebbe voluto essere
sepolto a Calalzo
presso la chiesetta
di S. Francesco
Il De Carlo in Piazza Tiziano a Pieve di Cadore il 5 novembre 1918 e alcuni “agenti segreti”
spionistici, con personale
che “oltre a riunire le necessarie doti di coraggio, di fermezza, di riservatezza, avesse
nei paesi, ove avrebbe dovuto
andare a svolgere la sua attività, larghe aderenze e fedeli
amicizie”. Per il centro di Vittorio Veneto venne scelto appunto il tenente di cavalleria
Camillo De Carlo, aviatore
del primo Gruppo aeroplani,
che volle avere come compagno un soldato bersagliere,
nativo di Fregona. Per portare il nostro 007 oltre il Piave
si offerse il capitano aviatore
Gelmetti, pilota di Voisin e,
dopo una lunga preparazione, la notte fra il 30 e il 31
maggio, il De Carlo ed il soldato bersagliere partivano
dal campo di Marcon (Venezia). Il Voisin atterrava sul
campo di aviazione di Aviano, deponeva i suoi intrepidi
e ritornava a Marcon dopo
un’ora e 40 minuti di viaggio
complessivi. Due giorni dopo il De Carlo da una prestabilita località nei pressi di
Vittorio, segnalava a mezzo
dì lenzuola ai nostri ricognitori il suo felice arrivo, per
cui si poteva provvedere nottetempo al lancio di piccioni,
a mezzo di paracadute, a lui
destinati. Dopo alcune difficoltà iniziali, il sistema funzionò bene, tanto che dei 31
piccioni lanciati dal 1° giugno al 10 luglio, ne ritornarono alla base ben 21, con una
percentuale del 70 per cento.
Il De Carlo mandò per questa via notizie molto interessanti sulle forze del nemico il
29 giugno, il 2 luglio (due
volte) e il 5 luglio. Sappiamo
poi da altra fonte che egli, falliti i tentativi di rientro alle
nostre linee per via aerea, riuscì a tornare fortunosamente via mare entro le no-
LE CASERME STORICHE DEL
BTG PIEVE DI CADORE
Verba volant, scripta manent. E fu cosi che alla recente festa dei Veci del btg. Pieve di Cadore, mi incontrai
con alcuni “esploratori” del tempo e, rovistando tra ricordi e foto, ritrovai la bozza delle “Memorie Storiche”
anno 1986 redatte nel centesimo anniversario della costituzione del Battaglione. Testimonianze di Veci, notizie più o meno attendibili, cronaca del tempo e documenti ufficiali hanno consentito, sia pure in stretta sintesi, di abbozzare liberamente un profilo sulla storia
delle tre caserme dove alloggiò il Battaglione.
Invito chi legge, tra i meno Veci, a continuare la storia fino ai giorni più recenti ….
Mar. Magg. Aiutante (ris.) Alessandro Fummi
LA CASERMA BUFFA DI PERERO
I
l giorno 28 ottobre 1872
giunse dalla Prefettura
di Belluno al Palazzo Municipale di Pieve di Cadore un
dispaccio nel quale si annunciava la disposizione del Ministero della Guerra di istituire, a partire dall’aprile dell’anno successivo, alcune
compagnie alpine al fine di
creare una protezione ai vicini valichi. Una successiva lettera da parte del Genio Militare di Venezia datata 28 dicembre 1872, esortava il Comune di Pieve di Cadore a
disporre il necessario per la
costruzione di una baracca
in legno atta ad offrire il temporaneo acquartieramento
di una compagnia.
Di conseguenza l’immediata deliberazione della
Giunta Municipale che approvava tale costruzione e affidava il compito di eseguirla
all’ ingeniere civile Palatini.
La perizia, curata da quest’ultimo su ordine del capitano del Genio cav. Bianchi,
stabiliva che sarebbe stata
costruita una tettoia ad uso
di caserma provvisoria sull’altipiano di Pecol, a settentrione del caseggiato di Pieve. Essa avrebbe avuto forma rettangolare col lato
maggiore di m. 64 e col mi-
nore di m. 12.50, costituita di
legno di abete e avrebbe
ospitato circa 180 alpini. La
medesima perizia stabilì
inoltre un costo complessivo
di tutti i lavori da eseguirsi in
£. 12.452 (il contratto d’appalto fu stipulato con il sig.
De Polo Leopoldo il 29 gennaio 1873).
Il 24 maggio 1873 prese
possesso del baraccamento,
per la durata del periodo
estivo, la 14a Compagnia Alpini comandata dal Capitano
De Vecchi.
Nell’ anno 1875 venne stipulata tra l’Amministrazione
Militare e il Municipio un
contratto di locazione di 4
fabbricati. ad uso della compagnia alpina, previa corresponsione di un canone annuo di lire 1300 pagabile in
due rate. Alla fine dello stesso anno, precisamente il 31
dicembre, fu presentato su
ordine del Genio Militare un
progetto di restauro delle baracche: contemplava la costruzione in muro delle fondamenta e di tutto il piano
terra della tettoia ad uso caserma. Ebbe l’appalto il sig.
Giacobbi Giovanni per il
prezzo di £. 2.516,95.
Circa due anni dopo dal
Ministero della Guerra giun-
se, con lettera datata 18 dicembre 1877, la notizia della
decisione di portare a 250
uomini la forza della compagnia. Si rendeva quindi necessario ricercare un nuovo
sito ove poter alloggiare convenientemente la truppa; ciò
creò non poco imbarazzo
presso la Giunta Municipale,
prendendo piede l’eventualità che il precedente baraccamento divenisse un complesso inutile sia per uso militare
che per quello civile. Il Genio Militare di Venezia risolse la vertenza richiedendo
solamente per il periodo estivo un nuovo edificio previo
corresponsione di un canone mensile di affitto. L’accordo fu raggiunto con la sig.ra
Fumei Cristina, proprietaria
di un caseggiato nella frazione di Pozzale, e prevedeva
un canone di lire 350 pagabile in due rate per una durata
di otto mesi ( dal 15 marzo al
14 novembre 1878).
Nei periodi successivi, pur
continuando il rapporto di affittanza sia del baraccamento
di Pecol che del caseggiato
della Fumei, il Genio Militare prese in considerazione la
costruzione di una nuova caserma in luogo diverso,
avendo oltretutto constatato
sia lo stato di degrado del
materiale che componeva le
baracche sia l’insalubrità del
luogo ove esso era situato.
Ma nonostante tali preoccupazioni non si giunse ad
alcun cambiamento finche il
2 luglio 1913 l’intero baraccamento prese fuoco finendo completamente bruciato.
La ricostruzione avvenne
nell’anno successivo ad opera della ditta Caldart. La nuova caserma si presentava interamente in muratura e in
parte modificata rispetto alla
stre linee.
Nel pieno della ritirata austriaca, alle ore 3 del 4 novembre, fu ancora lui ad apparire improvviso a Cibiana,
sceso audacemente dalla
Forcella del Serva per organizzare una banda armata alle spalle del nemico. Ricordiamo di aver visto il suo viso semplice e sorridente sotto la statua del Tiziano a Pieve di Cadore in una istantanea scattata il 5 novembre.
Non ci è parso di scorgere in
lui alcunché di dannunziano
e ancora meno dì futurista:
un viso da uomo di monta-
di Walter Musizza Giovanni De Donà
gna, senza retorica e tutto
sommato ben lontano dall’enfasi narcisista del “beau
geste” fine a se stesso. Dal 31
maggio 1918 rimase in forza
alla III Armata e venne promosso Capitano. Fu anche
Podestà di Vittorio Veneto
ed autore del libro “Noi non
per noi” (1927), in cui narra
con stile asciutto ed originale i fatti che lo videro protagonista.
Il recente annuncio fatto
dal Sindaco di Calalzo Luca
De Carlo circa la possibilità
di traslare i resti di Camillo
De Carlo (1892-1968), eroe
della Grande Guerra, da Vittorio Veneto nella chiesa di
San Francesco d’Orsina, non
può che essere vista con favore. Tale gesto infatti, oltre
a esaudire le volontà espresse dall’ufficiale, mai dimentico delle origini calaltine della sua famiglia, salda un debito di gratitudine dell’intero
Cadore per quanto da lui fatto nel 1917 e 1918. E non basta ancora: è una cerimonia
che, promuovendo il ruolo
della storica chiesa a piccolo
pantheon delle più sacre memorie patrie, si colloca idealmente nel contesto delle celebrazioni per l’imminente
150° dell’Unità nazionale.
Ritrovate delle memorie storiche
redatte nel 1986 centenario della
costituzione del Battaglione
struttura precedente.
All’inizio della prima guerra mondiale l’edificio venne
adibito ad ospedale militare.
Tale rimase anche quando,
dopo la disfatta di Caporetto,
fu occupato dalle truppe Austriache. La funzione di
ospedale terminò dopo la pace del novembre 1918 e l’edificio torno ad avere il proprio
ruolo di caserma, assumendo il nome del Magg. Buffa
di Persero morto eroicamente durante il conflitto mondiale.
Si ebbe un notevole afflusso di truppe nel periodo
1937-1940, continuato negli
anni della guerra fino all’estate del 1943. Conseguentemente al termine del conflitto, poiche venne meno l’esigenza di riordinare le truppe
alpine, la caserma fu adibita
ad edificio scolastico e ivi
trovò sede la scuola media
inferiore di Pieve.
Nello stesso periodo il Genio Militare offrì al Comune
di Pieve il possesso dello
stabile per un prezzo assai
favorevole. Ma il suddetto
non sfruttò tempestivamente l’occasione cosicché nell’anno 1955 il Ministero della Guerra, riorganizzato il
battaglione Pieve, vide necessario rilevare la disponibilità degli edifici. All’interno di essi si alternarono varie compagnie del Pieve: la
75^ compagnia fino al trasferimento a S.- Stefano e la
68^ compagnia fino al 1992
quando fu trasferita a Tai di
Cadore nella caserma Calvi
(segue a pag. 16)
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STORIA E COSTUME
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Per Brigida di Lorenzago
AVENDO
CONSIGLI DELLO ZIO ABATE GIUSEPPE GLI INGREDIENTI...
CADORIN ALLA NIPOTE SPOSA
Da un opuscoletto stampato
ntro a par te del“E
l’allegrezza dei nostri parenti ed amici per il
tuo matrimonio coll’onorevole signor Natale Benedetti”… Così esordiva lo zio,
nell’imminenza delle nozze della nipote.
Correva l’anno 1850 e il
fratello del padre della
sposa, il celebre abate Giuseppe Cadorin, partecipava, lieto, all’evento. La ventiduenne Brigida, figlia di
Giusto Cadorin, ricco commerciante di legname di
Lorenzago, assai referenziato in Cadore e a Venezia, andava in moglie all’illustre signor Natale Benedetti, di Godega.
Un matrimonio alla pari,
come si conveniva. Reputati, i Cadorin, la cui brillante ascesa sociale era, in
paese, attestata da un sontuoso palazzo. Eppoi c’erano le proprietà a Venezia e
la signorile dimora che
avevano acquistato a San
Fior. Senza dire della popolarità di recente acquisita dal fratello della fanciulla, Giovanni Battista, che
era stato uno dei luogotenenti di Pier Fortunato
Calvi nel corso dei moti
del 1848 in Cadore. Altrettanto referenziati i Benedetti, appartenenti al ceto
notabile e possidente delle
loro parti. Padre dello sposo era l’avvocato Bortolo,
morto nel 1836, marito
della contessa Giulia della
Corte.
Di quell’unione vi fu un
gran parlare. Oltretutto
per la fama di cui godeva
lo zio di Brigida, l’abate
Cadorin, esperto di storia
dell’arte, ed in particolare
di quella veneziana, grande conoscitore delle opere
di Tiziano Vecellio, e noto
Correva l’anno 1850 e l’unione
tra Brigida Cadorin e Natale
Benedetti fece un gran parlare
Come omaggio del celebre zio
alcuni precetti: “Guai se i
genitori prendono il primo che
si dia innanzi per iscorta”
per le sue pubblicazioni.
Con lui si felicitava per il
lieto evento l’amico avvocato Giovanni Meneguzzi,
cadorino di San Vito, che
esercitava a Pieve, il quale
nell’occasione gli dedicò il
suo lavoro “Del corso antico del Piave”, edito dalla tipografia Alvisopoli.
Nella fausta circostanza
non poteva mancare il personale omaggio dello zio,
partecipe di tanto gaudio.
Omaggio che consistette
nella pubblicazione della
“Lettera intorno all’educazione familiare dei figliuoli”, uscita a Venezia per i tipi di Giovanni Cecchini.
Non era la prima volta
che il Cadorin si cimentava nel genere. Quattro anni prima aveva fatto pubblicare una lettera per le
nozze di Marietta, sorella
di Brigida, contenente
consigli sul buon governo
della famiglia, sulla necessità del contegno religioso
e morale che la moglie deve praticare.
Erano discorsi che potevano andare per le lunghe.
Lo zio abate ne era conscio e pertanto si ripromise di condensare i suoi
consigli in poche pagine.
“M’avvengo - precisava -,
che i detti miei sarebbero
vani se al cielo non piacesse rendere fecondo il tuo
matrimonio, come fu fecondissimo quello di tua sorel-
Per i tuoi
peccati di gola
la, che fin’ora si vide coronata di tredici figliuoli, dei
quali la maggior parte già
fruisce dell’eterna vita, ma
Dio in cui pongo ogni mia
speranza, vorrà esaudire i
miei voti col farti madre di
prole dabbene, e dar ti il
conforto di vedere i figli dei
figli tuoi fino alla quar ta
generazione”.
E avanti con i preziosi
precetti. La buona madre
doveva infatti essere conscia che “il fanciullo è come tavola rasa e pulita su
cui è dato al pittore il colorire la figura che più gli aggrada, è come pianticella,
che si piega, si torce, si alza
a piacere del coltivatore”.
Forbito letterato, Cadorin, per meglio far risaltare
i suoi concetti ricorreva a
forbite similitudini ed efficaci paragoni, con ricorrenti ammonimenti. Crescano i figli timorati di
Dio, ammaestrati alle regole della buona educazione e moderati nei moti d’animo. E attenzione a certi
errori. “Io non intendo di
fare da maestro di color che
sanno, ma veggo genitori e
non pochi, che fatti ciechi
da questo amore, non pensano per tempo a fornire i
figli di virtù, ma sotto vani
pretesti a lasciarli in balia
delle loro passioni, le quali
nemiche di ogni disciplina
severa, li spronano alla
presunzione, all’orgoglio,
all’insubordinazione, e forse all’egoismo, alla per fidia, al tradimento, in somma al libertinaggio”.
L’abate concludeva la
“lettera” raccomandando
alla nipote la scelta di un
buon maestro, pubblico o
privato che fosse. Anche
in questo caso era bene
agire oculatamente: “Ma
pensa, che fare scelta di un
maestro e trovarlo buono, è
pure un gran fatto! Sia leale, dotto, cristiano, ed i tuoi
sonni saranno tranquilli riposando sulla sua fede.
Guai se i genitori prendono
il primo che si dia innanzi
per iscor ta. Che sarà s’è
ignorante o goffo, o peggio,
s’è scostumato, o libertino!
Il figlio sarà come pecora
al lupo raccomandata”.
Natale Costantino Pacifico Benedetti “padre af fettuoso” - si legge in una lapide dedicatagli dai figli mancò a questa vita il 1
febbraio 1882 all’età di 67
anni e 13 mesi. “Licenziato
il cadavere dalle autorità
locali - si legge nella nota
redatta nel registro parrocchiale di Godega – fu
seppellito da me don Ottone
Cordenonesi parroco il
giorno 2 dello stesso in questo cimitero parrocchiale
coi consueti cattolici riti funebri”.
La moglie Brigida gli sopravisse di 28 anni, spegnendosi il 7 novembre
1910 all’età di 82 anni di
“consunzione senile”. Così
attestava il parroco, precisando che “fu munita di
tutti i confor ti religiosi e
morì santamente assistita
con Affetto e sentimento religioso da tutti i suoi figli”.
PASTICCERIA
CAFFETTERIA
LE CASERME
DEL BTG
PIEVE DI C.
da pag. 13
LA PIER
FORTUNATO
CALVI DI TAI
L’AMORE PER
LA PROPRIA TERRA
NEL SEGNO
DELL’ ACCOGLIENZA
Il dolce di produzione propria, la ricerca esclusiva di nuove mète
del gusto. Prodotti che coniugano esperienza e innovazione
confezionati artigianalmente per ritrovare i sapori di una volta
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su carta velina, semplici (?)
rimedi per medicarsi da sé
di Bruno De Donà
osì iniziava: Opuscolo
C
di settantadue segreti
necessari nelle famiglie per
conservare la salute prescritti
dal professore chirurgo dentista Capitanio Vincenzo di Seriate presso Bergamo - Mantova Tipografia Nazionale
Apollonio, 1870. Lo scrittore, che era anche professore, chirurgo e dentista, nella
prefazione avverte: “Questo
opuscoletto fu scritto appositamente a sollievo dell’umanità sofferente, esso contiene
settantadue medicamenti e
modo di prepararli, colla relativa maniera di farne uso.
Per ogni età e sesso si troveranno esposti, adattatissimi e
semplici rimedi, in modo che
ad ognuno può essere facile il
medicarsi da se. Soddisfattissimo se incontrerà il pubblico
favore, pieno di gratitudine si
sottosegna jggio sul Mincio,
21 luglio 1870, Prof. Capitanio Vincenzo”.
E’ un opuscoletto di quaranta pagine, stampato su
carta velina e con un formato
di 15 centimetri per 10, attualmente in possesso dei familiari di Gelindo Rocchi di
Calalzo di Cadore.
Penso proprio che il chiarissimo professore abbia
avuto qualche problema ad
avere il pubblico favore nonostante la sua seria volontà
di fornire un manuale utile a
tutti coloro che avevano delle necessità inerenti ad alcune malattie. Il tutto si può riassumere in questo: la facilità, o meno, di avere a disposizione gli ingredienti che
costituiscono la base delle
ricette stesse. Ad esempio,
il quarto segreto suggerito
per “far spuntare i denti ai
bambini di latte con poco dolore, prescriveva: Darci nelle
mani dei fichi secchi e dei
corpi duri e cilindrici da
morsicare facendovi delle fregazioni colle scorze di limone
sopra le gengive due volte al
giorno, non più, e se abbonda
la salivazione si darà qualche cucchiaino di sciroppo di
ipecaquana. Alle volte nello
spuntare i denti li assale la
febbre: in questo caso si dia
qualche cucchiaino di sciroppo di cicoria e questo ogni
due ore sicché cessa”. Ora,
siccome in casa tutti possiedono sia lo sciroppo di cicoria, come quello di ipecaquana si vede come queste ricet-
Nell’aprile del
1879 la 35a compagnia,
accasermata in Pecol
di Pieve di Cadore,
raggiunse l’organico
di 250 alpini e vide la
necessità di disporre di un
nuovo edificio.
Provvisoriamente si ricorse ad un alloggio privato nell’abitato di Tai ma già
nel luglio del 1879 il colonnello del Genio Alessandro
Sala iniziò i sondaggi del
terreno in località Agarole,
situata tra Tai e Pieve, per
la costruzione di una caserma.La scelta di tale luogo fu consigliata dalla salubrità dello stesso e dalla facilità di reperire le sorgenti idriche. Nota storica di
rilievo rappresenta il ritrovamento di monete romane e statuette paleolitiche
venete durante l’operazione.
Si giunse alla favorevole
delibera della Giunta Municipale, cosicché negli anni 1881-1882 si portò a
compimento l’opera che
venne adibita a sede estiva
della 67a e 68a compagnia,
inquadrate nel 6° Reggimento. La 75a compagnia,
di nuova costituzione, alloggiò invece nel casermone di Pecol. Il 1° agosto
1887 tali unità formarono il
battaglione “Pieve di Cadore” con decreto ministeriale del 10 luglio 1887. Il reclutamento si esternò an-
te siano state facilissimamente usate. Solo per quegli
inesperti di farmacologia,
che sono pochissimi, dirò
che la ipecacuana è una pianta delle Rubiacee, dell’America meridionale, dalla cui radice si estrae un emetico,
cioè un medicamento che ha
la virtù (!) di far vomitare.
Un altro ‘saggio’ consiglio
è il sedicesimo e riguarda il
modo di sradicare i calli ed occhi di pollini ai piedi, dove
occhio pollino sta per callo
tra dito e dito, meglio conosciuto come occhio di pernice. “Far dei bagni ai piedi con
semola di frumento cotta nell’acqua, tagliando poi il più
duro che trovasi sopra i calli
od occhi di pollini riempiendo
dipoi i buchi con delle capsule
di zolfanelli e darvi fuoco in
modo che si abbrucci. Replicando questo tre volte si avrà
perfetta guarigione. Avvertire
di usare scarpe grandi”.
Fin qui per le ricette proposte, ma quando si doveva
essere in possesso del grasso di orso per confezionare
la ricetta di far nascere i capelli dopo che si era stati ammalati di tigna, oppure del
grasso di mulo utile nella ricetta consigliata per guarire i
geloni alle mani ed ai piedi,
allora il problema diventava
più serio. Se si doveva invece
guarire dalle buganze, che
sono gli stessi geloni ma
chiamati col nome dialettale
veneto, occorrevano grasso
di gatto e fuliggine. Il grasso
di maiale vecchio almeno di
tre anni unito alla trementina erano i componenti del
trentunesimo segreto, quello
per guarire i dolori alle reni.
Il latte di cerva al quale si doveva unire lana di agnello
serviva per sradicare le posteme (ascessi) nelle orecchie. E che dire delle foglie di
unizzi (usate nella ricetta per
levare i porri da qualsiasi
parte del corpo) e dell’erba
cordiana (ricetta contro le
palpitazioni di cuore)?
Specialissimo risulta però
essere il consiglio numero
20, suggerito per risanare i
tagli semplici in dodici ore.
Trovandosi in campagna si
può adoperare il latte dei gelsi e fasciarsi con la scorza dei
medesimi; all’incontro se trovasi in casa, è eccellentissima la tela de i ragni.
Marcello Rosina
che alle altre valli confinanti col Cadore.
Completati gli ultimi lavori con la costruzione di
un nuovo acquedotto in cooperativa con l’ Amministrazione locale, la bella
caserma fu pronta per l’inaugurazione ufficiale domenica 10 settembre 1905.
La cerimonia risultò imponente e la caserma venne
dedicata all’eroe cadorino
Pier Fortunato Calvi.
Durante la grande guerra la caserma fu adibita a
magazzino logistico in sostegno al Battaglione che
operava nel settore
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ra le figure del mondo reliT
gioso-sacerdotale di Lozzo
che ho conosciuto e di cui conservo nel cuore lieto e grato ricordo,
posso annoverare i fratelli Del Favero Goto: Don Giuseppe e fratel
Lorenzo, entrambi salesiani.
Ero ancora bambino ma già mi
impressionavano le prediche tenute nella nostra parrocchiale da
Don Giuseppe nei suoi non frequenti rientri a Lozzo, ospite della sorella Pina, in occasione di
particolari solennità o per brevi
vacanze estive. Erano prediche di
una semplicità disarmante, tutte
soffuse di intensa spiritualità, indirizzate a noi ragazzi, ma allo
stesso tempo erano prediche che
rivelavano una profondità di dottrina e di cultura non comuni. E
poi si intuiva la innata, salesiana
specializzazione di un approccio
particolarmente efficace al mondo giovanile.
Ebbi modo di dialogare con
Don Giuseppe in molteplici occasioni e da studente, a Belluno, di
lui mi parlarono in termini elogiativi e di grande stima i suoi confratelli Don Giovanni Longo (insegnante all’Istituto Catullo) e
l’intrepido Don Girolamo De
Martin di Padola, leggendaria figura di perseguitato per la fede
nell’ex Jugoslavia titina. Divenuto
adulto, la mia frequentazione ed
amicizia si rafforzò.
L’INTENSA VITA
DI DON GIUSEPPE
Della multiforme opera di Don
Bepi, degli incarichi ricoperti e
della sua intensa vita si trova traccia sia presso l’archivio Fabbiani
che nel volumetto edito nel 150°
della Parrocchia di Lozzo a cura
della Prof. Carla Laguna. Nato nel
1895, giovinetto tredicenne “sentì” la vocazione salesiana e frequentò la scuola presso il collegio
Astori di Mogliano fino al 1914.
Dovette però interrompere gli
studi a causa della chiamata alle
armi. Arruolato in sanità, nel
1915 passò a Roma alla scuola carabinieri. Fu poi anche telegrafista. Peregrinò per varie caserme
della penisola (Firenze, Alessandria, Lecce) ed infine partecipò
alle battaglie sull’altopiano di
Asiago dove combatté valorosamente. Dopo la vittoria, lo troviamo a Trieste ed a Pola dove visse
molte peripezie. Nel 1919 arrivò a
Pieve dove fu finalmente congedato. Nel 1920 poté riprendere gli
Lavaredo. Dopo Caporetto venne frequentata da reparti austro-ungarici. Al ritorno del Battaglione, con l’avvento dell’era fascista e il notevole aumento dell’organico,
fu costruita una nuova palazzina. Nel settembre del 1943,
a seguito degli eventi determinati dall’armistizio, la caserma fu abbandonata per lo
scioglimento del Battaglione.
Si susseguirono nuclei di soldati tedeschi e dopo la guerra
rivide le nappine rosse del
“Pieve di Cadore” ricostituito
il 1° settembre 1953. Alla
“Calvi” alloggiò il Comando di
battaglione, la Compagnia Comando e Servizi, la 67a compagnia alpini “la saetta” e la
167a compagnia “la signora”
mortai. Mentre alla “Buffa” di
Pieve si accasarono la 68a
compagnia “la manera” e la
75a compagnia “la camoscio”.
LA CASERMA
CARLO CALBO
A S. STEFANO
I primi lavori per la costruzione di questa caserma in località S. Stefano di Cadore risalgono agli anni 1938 - 1939.
LA FORZA MORALE E CIVILE
DEI DUE SALESIANI DI LOZZO
Don Giuseppe e Fratel Lorenzo Del
Favero furono attivi nell’aiutare le
popolazioni là dove c’erano tensioni
sociali e politiche degli anni ‘40
Un saldo affetto col paese natale a
cui lasciarono parte dei loro averi
Don Giuseppe
studi e fu ordinato sacerdote dal
venerabile Mons. Longhin nel
1925. In quel periodo conseguì
anche la maturità magistrale e l’abilitazione all’insegnamento della
matematica e del francese.
Inizia nel 1927 la sua peregrinazione con incarichi vari per tutto
il Triveneto e l’Istria. Nel 1927 lo
troviamo a Pordenone co-fondatore di quel Collegio e dell’Ist. ginnasiale di quella città. Viene anche nominato cappellano del distretto di Udine con giurisdizione
su Aviano e Pordenone. Nel 1931
viene trasferito a Belluno, quale
responsabile del locale Convitto
ed insegnante di Religione nelle
scuole pubbliche e dove presta la
sua opera in diverse parrocchie.
Nel 1933 va a S. Donà quale direttore dell’Ist. Don Bosco e dove
esplica multiformi attività (fondatore di quel Ginnasio, istituisce
una filodrammatica, apre un cinematografo, caldeggia la formazione di una banda cittadina, fonda
la sezione alpini). Nel 1936 guida
la Casa di Rovigno d’Istria ed insegna francese e storia presso la
Ragioneria di quel centro. Assu-
L’ appalto venne concesso alla ditta Dalla Corte di Feltre.
L’impresa interruppe i lavori
il giorno 8 settembre 1943
per la smobilitazione delle
truppe e solo dieci anni dopo
fu deciso di terminare la costruzione, per opera questa
volta della ditta Smit di Candide. L’ 11 agosto 1953 giunse da Paluzza e precisamente
dal poligono di Casteons il 3°
Gruppo del 12° Raggruppamento di frontiera che alloggiò in alcuni baraccamenti all’inteno della caserma non ancora ultimata.
Nel luglio 1954 il Gruppo
passa alle dipendenze della
Brigata Cadore e assume la
denominazione di Gruppo
Sbarramenti Cadore.
Successivamente, nel 1957,
si trasformò in Battaglione
Alpino di Posizione e, nel
gennaio 1963, in Battaglione
Alpini d’ Arresto “Val Cismon” che mantenne fino allo
scioglimento.
Dal 27 ottobre 1977 alloggia alla caserma Calbo la 75a
compagnia del btg. Pieve di
Cadore, affiancata dalla 67a
trasferita da Tai di Cadore il
1° dicembre 1982.
Fratel Lorenzo
me dalla Prefettura incarichi civili
per la distribuzione di aiuti alla
popolazione slava. Infine, dal
1939 al 1948 è a Chioggia dove vive le drammatiche tensioni sociali e politiche del dopoguerra. Si
prodiga all’inverosimile per aiutare la popolazione e per sollevare
le sorti dell’istruzione giovanile
di quella che allora era una delle
aree più degradate del Veneto.
Esplica le funzioni di direttore
dell’Ist. Salesiano e riesce a nascondere fuoriusciti ricercati dai
fascisti. Si dice che riuscì perfino,
con trattative assai pericolose, ad
evitare la distruzione della città
da parte delle truppe tedesche in
ritirata.
Stressato da tante fatiche e dai
pericoli corsi, i superiori, vista la
sua necessità di recuperare le forze, nel 1948 lo inviano a VeneziaCanareggio all’Ist. Coletti quale
insegnante. Ma la miseria di quel
dopoguerra e la sensibilità sociale del prete impongono a Don Bepi di prodigarsi nell’aiuto ai più
bisognosi e nella difesa dei diritti
dei lavoratori, tanto che fu definito ben presto “buon prete dei facchini”. Nel 1951, finalmente, ritorna al suo amato collegio di Mogliano dove riprende l’insegnamento fino alla quiescenza, nel
1968. Nella sua vita, a suggello e
riconoscimento della sua opera,
fu insignito dei titoli di Cavaliere
uff. al merito della Repubblica,
Commendatore, cavaliere di Vittorio Veneto, oltre alla croce di
guerra assegnatagli nel 1927 per
il suo valoroso comportamento
nelle battaglie dell’altopiano di
Asiago. Don Bepi muore nella
sua Mogliano a 90 anni, nel 1985,
lasciando generale rimpianto.
FRATEL LORENZO
IMPAREGGIABILE PER
SEMPLICITA’
Ma se con don Bepi il rapporto
fu di amicizia quasi filiale, ancora
più umanamente valido era il dialogo che riuscivo ad intrattenere
con il fratello Lorenzo conosciuto
a Lozzo come “fratel Ciuto de Goto”. Uomo di impareggiabile semplicità e candore, appena lo sentivi parlare nel nostro dialetto nelle
forme più desuete, ti rendevi subito conto di trovarti di fronte ad
un uomo che viveva il cristianesimo in modo totalizzante. L’umiltà
e la modestia innate non lo facevano mai parlare dei suoi trascorsi e dei riconoscimenti ottenuti
durante la sua lunga militanza salesiana, particolarmente in quel
di Roma e di Venezia. Sapevo però, da fonte certa, che egli aveva
ricoperto posti di alta responsabilità sia presso la tipografia vaticana che presso l’Osser vatore Romano e che era stato insignito di
ambiti riconoscimenti. Papà mi
aveva più volte ricordato le tante
persone di Lozzo da fratel Lorenzo “beneficiate” in vario modo.
Con lui si poteva parlare di tutto,
in libertà, mettendoti egli a tuo
agio, e non ti lasciava mai senza
una parola buona, un incoraggiamento, un incitamento alla perseveranza. Fui ospite all’isola di
S.Giorgio a Venezia dove mi volle
alla sua tavola. Erano anni per me
difficili, da poco avevo perso mia
madre e lui mi sollecitava a farmi
coraggio...
I cenni sulla vita e le opere di
Fratel Lorenzo Del Favero si possono desumere dall’Archivio Fabbiani e dalle altre fonti. Lorenzo
era nato a Lozzo nel 1905 e nel
1923 partì per Venezia (patronato
Leone XIII°) quale aspirante novizio salesiano. Passò poi a Padova
ed a Este dove completò il noviziato. Nell’Ottobre del 1924 fu a Belluno dove collaborò all’apertura
della Casa “Orfanatrofio Sperti” e
dove fu assistente degli orfani.
Nel 1925 lo troviamo a Trieste con
l’incarico di sacrista. Infine venne
trasferito a Rovigno d’Istria (dove
passerà anche il fratello Don Bepi). Nel suo peregrinare toccò poi
Rovereto in qualità di “provveditore assistente” del direttore ed infine Verona. E’ di questo periodo
l’acquisizione del diploma di infermiere. Nel 1932 viene infine inviato a Roma presso la Tipografia Vaticana e l’Osservatore Romano. E
qui la sua versatilità fu subito apprezzata tanto da meritare la fiducia e l’amicizia personale del futuro Sostituto della Segreteria di
Stato Mons. G.Battista Montini. Si
sa che Lorenzo fu tra gli accompagnatori di Pio XII° al quartiere S.
Lorenzo distrutto dalle bombe. In
quella occasione vide il Papa con
la veste insanguinata del sangue
di un ragazzino che aveva abbracciato e che, prima di morire, gli
aveva gridato: “Santità, sono anch’io dell’Azione Cattolica!”
Mons. Montini (futuro Papa
Paolo VI°) spesso si avvaleva dell’opera di fratel Lorenzo soprattutto per nascondere fuoriusciti, ricercati dai fascisti e personalità
politiche di varia estrazione alla
macchia. E di pericoli il nostro
non parlava volentieri anche se
sappiamo che ne corse parecchi;
interrogato, egli si limitava a ringraziare il Signore e Maria Ausiliatrice per averlo sempre protetto.
Alcune personalità, come l’ammiraglio Paolo Thon di Revel, vari alti ufficiali e politici di rango e molti ebrei, ebbero salva la vita proprio grazie alla frenetica attività di
questo umile e coraggioso religioso cadorino.
Di tutto questo Lorenzo non menò mai vanto e non fece mai menzione se non per sottolineare e
rendere testimonianza dell’opera
meritoria delle gerarchie e della
Santa Sede dell’epoca. Per la sua
intensa e benefica attività gli venne conferito, tra l’altro, il Cavalierato dell’Ordine di S. Gregorio
Magno. Nel 1959, stanco e debilitato nel fisico, fratel Lorenzo chiese di poter rientrare a VeneziaS.Giorgio dove svolse mansioni di
assistente e di infermiere di quel
collegio salesiano fino alla quiescenza. Si spense il 21.6.1986 (un
anno dopo il f/llo) e riposa insieme a Don Giuseppe in quel di Mogliano.
Ricordo volentieri i due fratelli
Del Favero per il bene profuso a
piene mani a tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerli. Entrambi non hanno mai dimenticato
il paese natale alla cui Casa di Riposo hanno lasciato parte dei loro
averi.
Giuseppe Zanella
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RASSEGNE
TEATRO
IN SUD AMERICA COL CORO COMELICO
S
ono stati dieci giorni
intensi e appassionanti quelli vissuti dal Coro Comelico nella prestigiosa trasferta in Uruguay e Brasile,
realizzata con il contributo
ed il patrocinio della Regione del Veneto e della Comunità Montana Comelico e
Sappada e conclusasi ai primi di dicembre.
Inizialmente il Coro diretto da Luciano Casanova
ha partecipato alla Consulta
Regionale dei Veneti nel
Mondo che ha avuto luogo
a Montevideo. I lavori sono
stati presieduti dall’assessore regionale Oscar De Bona, alla presenza dell’Ambasciatore italiano a Montevideo e di altre autorità locali.
Davanti ai delegati delle
famiglie venete provenienti
da tutto il mondo, il Coro ha
aperto ufficialmente l’incontro con l’Inno di Mameli,
quindi ha proposto alcuni
canti del repertorio originale, oltre ad alcuni classici
come “La Montanara” e “Signore delle Cime”. Successivamente la delegazione guidata dall’assessore provinciale Silver De Zolt, si è recata nello Stato di Santa Caterina, nel sud est del Brasile, per una serie di concerti
a Concordia, Criciuma e Rio
Maina. L’accoglienza delle
locali famiglie venete (molte di origine bellunese) è
stata ovunque eccezionale.
Specialmente a Concordia la Famiglia guidata da
Elena Zucchi ha voluto
ospitare personalmente tutti i componenti della delegazione, coristi e seguito,
1
Nella visita alle Famiglie Venete in
Uruguay e Brasile, tanta commozione
presso le singole famiglie di
origine veneta. Ciò ha consentito di conoscere meglio
i discendenti dei primi emigranti veneti in Brasile di fine ‘800 e si sono stretti ancor di più i legami con que-
sile nel timore che un nuovo conflitto portasse al fronte i giovani figli. A Criciuma
il Coro Comelico ha anche
partecipato con successo ad
una rassegna internazionale di corali proponendo ad
ghiera.
La trasferta in Sud America che ha offerto anche l’opportunità per approfondire
vari aspetti del mondo della
scuola e del lavoro, con l’impegno profuso dai molti discendenti
di
emigranti italiani, si è conclusa
con un ultimo
concerto per
varie famiglie
venete e lombarde di Criciuma. E’ stata una
esperienza ricca di momenti
indimenticabili.
Grazie all’affetto dei veneti in
Sud America, al
loro parlare in
“taliàn” - un singolare mix di
veneto, portoghese e italiano
A CRICIUMA IN BRASILE IL CORO COMELICO
- peraltro molto
HA PARTECIPATO CON SUCCESSO AD UNA
comprensibile
RASSEGNA INTERNAZIONALE DI CORALI
ste persone che hanno ancora forte l’orgoglio per le
proprie origini italiane, nonostante siano ormai da moltissimi anni perfettamente
integrati nella vita sociale e
nel mondo del lavoro in
Brasile. Sono emerse storie
particolari e commoventi,
che collegano l’emigrazione
non solo ai problemi di natura economica, ma anche
all’odio verso la guerra e le
sue atrocità. Così accadde
che nel 1945/1946, varie famiglie venete decisero di
emigrare in Uruguay e Bra-
un folto pubblico per la gran
parte di origine italiana, i
canti che hanno segnato la
storia della musica popolare
e di montagna. Grazie al coordinamento del presidente
dell’associazione delle famiglie venete di Criciuma, Itamar Benedet, il Coro Comelico ha anche accompagnato una messa solenne
nella cattedrale di Criciuma,
riscuotendo applausi fragorosi in occasione della esecuzione dell’“Ave Maria
brasiliana” versione in lingua portoghese della pre-
Rappresentazione teatrale
curata e messa in scena dalla
Compagnia teatrale “Lavori
in Corso” di Valle di Cadore
GALILEO SUI
PALCOSCENICI
DEL CADORE
P
er i 400 anni dalle scoperte di Galileo Galilei, grazie all’uso del telescopio, anche in Cadore, patria
dell’occhiale (e quindi delle lenti!) si è reso omaggio al
fondatore della scienza moderna con una mostra, allestita tra Cortina e Pieve, al Museo dell’occhiale, con
conferenze e articoli, e anche con una rappresentazione
teatrale, curata e messa in scena dalla Compagnia teatrale “Lavori in Corso” di Valle di Cadore.
Un lavoro intenso di preparazione, con la regia di
Claudio Michelazzi, ha consentito di poter realizzare il
progetto di una prima teatrale a conclusione dell’anno
dedicato al grande scienziato toscano. L’allestimento
scenico di “Chiara è la notte” (questo il titolo dato al lavoro) ha avuto il suo battesimo nel “Teatruto” del Gruppo musicale di Costalta a Costalissoio, nell’ambito della
manifestazione “Paesi di confine/…o”.
La vicenda umana di Galileo è molto “di confine” e
rappresenta per la storia del pensiero scientifico moderno proprio il passaggio tra il passato dogmatico e deduttivo e l’inizio dell’autonomia della scienza basata sulle
prove. E’ quello che la Compagnia Lavori in Corso ha
messo al centro della sua interpretazione di Galilei, facendo risaltare la figura di uno studioso molto attento alla divulgazione ed alla dimostrazione delle sue scoperte.
Accanto allo scienziato, interpretato da Nanni Dorigo,
girano personaggi di diversa normalità quotidiana, dal
ed efficace. Oppure nel canto sempre presente e commovente in tutti i luoghi visitati: “Merica, Merica, cosa
saralo sta Merica” che per i
nostri emigranti è sentito
quasi più dell’Inno di Mameli. E infine anche in Sud
America, come nel 2008 in
Canada e negli Stati Uniti,
l’omaggio spontaneo della
standing ovation al termine
dei concerti con centinaia di
persone in piedi ad applaudire e più di qualche lacrima sui volti.
Livio Olivotto
E’ un Galileo leggero ed ironico
quello messo in scena dagli
attori diretti da Michelazzi
ragazzo curioso di apprendere le novità controverse, alla domestica ignara e anche sprezzante, ai commercianti interessati alla vendita del nuovo telescopio, all’amico
matematico dell’Università di Padova, fino ai prelati e
cardinali, che lo contrastavano ed alla fine lo hanno incarcerato e costretto all’abiura.
E’ un Galileo leggero ed ironico, quello messo in scena
dagli attori diretti da Michelazzi, che sembra prendersi
gioco dell’ignoranza di vicini e familiari (anche la figlia
Virginia), irridere le categorie ormai superate dell’antico
procedimento filosofico –scientifico, sfidare con sufficienza il dogmatismo ecclesiastico. Efficace la trovata scenica
di rompere i colloqui dal vivo con la proiezione di un filmato, interpretato dagli stessi attori in costumi richiamanti l’epoca seicentesca, dove l’uso della maschera, come nei carnevali veneziani, diventa simbolico nel distinguere i personaggi ipocriti legati al potere oscurantista
dagli uomini attenti al progresso della scienza.
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ANNO LVIII
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RASSEGNE
Una bella mostra a Conegliano ricorda il pittore di Pieve di Cadore
VITTORIO SCHWEIGER
UN’ARTE COSMOPOLITA
S
i intitola “L’arte di Vittorio Schweiger in un
secolo inquieto, 1910-2005”
e ripercorre 70 anni di pittura di un grande maestro
che scelse Pieve di Cadore
per la sua vita professionale
ed artistica. Si tratta della
mostra allestita presso il
Centro per la Cultura e le
Arti Visive “Le Venezie”,
che, con il Patrocinio del
Comune di Treviso, presenta nella sua magnifica sede
di Villa Letizia in Via Tandura a Treviso una trentina di
opere a cura di Luigina Bortolatto e Gianpietro Botteon.
L’esposizione costituisce
una bella occasione per rendere onore, seppur solo postumo, ad un artista schivo
e modesto, che seppe coniugare in una singolare osmosi patria d’origine e patria
d’adozione.
Triestino di nascita e viennese d’origine, Schweiger
respirò sempre cultura mit-
teleuropea, avendo inizialmente come insegnante di
disegno Lenhardt, famoso
esponente della Scuola di
Monaco, e viaggiando poi
moltissimo (Parigi, Madrid,
Monaco, India, Nepal, Egitto, Thailandia e Yemen) per
carpire atmosfere e lezioni
inusitate. Tale bagaglio di
sensazioni ed influenze le
decantò poi nella patria di Tiziano, dove aveva deciso di
risiedere fin dal 1930, continuando ad essere artista ma
anche apprezzato odontotecnico, fino alla morte intervenuta nel 2005. In Cadore ebbe come amici molti pittori
cadorini e bellunesi, tra i
quali Solero, D’Ambros, Tomea, Murer, Milani.
La sua prima mostra risaliva al 1933 e fino agli anni
’50 egli partecipò attivamen-
te alle più importanti collettive della Regione Veneto.
Fu l’unico bellunese ad
esporre nel ‘48 alla Biennale
di Venezia e poi fu presente
nel ‘51 alla Fondazione Bevilaqua La Masa a Venezia e
alla Quadriennale di Roma.
Sempre nel 1951 vinse il
Premio di Pittura ‘La Colomba’, noto concorso veneziano.
A partire dagli anni ’60,
non condividendo aspetti e
tendenze della pittura del
tempo e sempre estraneo alle ragioni mercantili, abbandonò la scena della ribalta,
continuando comunque nella sua pittura, sempre figurativa ed essenziale, tesa perennemente ad umanizzare
la società.
Il suo tema preferito è stato la donna, che con la sua
stessa fertilità incarna il
calore e l’importanza della
famiglia. I soggetti sono
infatti prevalentemente
generose figure femminili, spesso colte in abbracci
materni, figure caratterizzate da una linea scura e
pura, che esalta l’armonia
dei movimenti e richiama
non poco le atmosfere di
Matisse.
Schweiger era tornato
in pubblico solo nell’ultimo decennio della sua vita
e, dopo una personale a
Venezia al Centro d’Arte
San Vidal nel 1991, aveva
voluto essere presente, a
94 anni, alla sua ultima
personale alla galleria De
Marchi di Conegliano nel
2004.
Walter Musizza
Giovanni De Donà
Un bel libretto di Antonio Chiades sulle Chiesette del Cadore
Testimonianze
di una
profonda
odici piccole chiese del
Si incontrano poi la chiesetta no ricevuto la visita di papa GioD Cadore, quasi sempre ap- (in attesa di restauro) e il con- vanni Paolo II (la Difesa a Lo- vita spirituale
partate, testimonianza della pro- vento dei Romiti, i monaci vissu- renzago) e di Benedetto XVI a
UN ANTICO IMPLORARE
fondità della vita spirituale che,
attraverso i secoli, ha caratterizzato la nostra terra. Sono edifici
spesso incastonati in modo mirabile tra la purezza dei boschi e
delle montagne.
E’ questo il contenuto del più
recente libro di Antonio Chiades
- “Un antico implorare” - edito da
Canova di Treviso e stampato
dalla Cooperativa Sociale Solidarietà (pagine 94, euro 5,00).
Sono dodici soste di un pellegrinaggio lento e meditato, in sintonia con l’afflato religioso delle
antiche genti del Cadore: un volo
leggero dell’anima che vuole abbracciare quei luoghi immersi
nel respiro della natura, scrutando i segni e i volti delle pareti, le
effigi dei santi, le loro storie avvolte nel mistero, non di rado il
sacrificio del loro martirio.
Si parte dalla cinquecentesca
chiesetta di Auronzo, dedicata a
S. Caterina d’Alessandria (la giovane martire egiziana rappresentata nell’iconografia tradizionale
a fianco di una ruota dentata e
patrona di filosofi e studenti), per
arrivare al tempietto fatto erigere
nel ‘600 a Valle, in onore della
Madonna del Carmine.
ti in territorio di Domegge fino
al tempo delle soppressioni napoleoniche, oppure lo stupendo
edificio sacro con affreschi trecenteschi che si trova nel paese
abbandonato di Damos.
E ancora il santuario del Cristo a Pieve, meta attraverso i secoli di ininterrotti pellegrinaggi
e di eventi prodigiosi, dopo il misterioso ritrovamento nel ‘500 di
un crocifisso occultato nel terreno, davanti al quale i buoi, per
non calpestarlo mentre aravano,
si erano rifiutati di proseguire.
A Rizzios, suggestivo paese appena fuori Calalzo composto di poche case, parte in
legno, la sosta è prevista in
una chiesetta dedicata a
S.Anna che contiene, insieme a vari dipinti originali del
‘600, la pianeta indossata dal
beato Marco d’Aviano durante la Messa celebrata sul
monte Kahlenberg, sopra
Vienna, prima della decisiva
battaglia nella quale nel 1683
erano stati sconfitti i turchi
che si apprestavano a conquistare l’Europa.
Due piccole chiese cadorine, poi, in anni recenti han-
Anche la scena della reclusione in prigione e della
abiura è affidata alla proiezione sullo schermo di immagini in bianco-nero, girate negli spazi della casa di Tiziano l’Oratore. Colpisce la delusione di chi sperava in una resistenza ad oltranza di Galileo, come aveva fatto all’inizio
del secolo Giordano Bruno, bruciato sul rogo a Campo dei
Fiori a Roma, dopo la sentenza pronunciata dal tribunale ecclesiastico. In questo senso è stata efficace l’interpretazione
di Diana Francescato nel ruolo del giovane studente deluso
dal voltafaccia del maestro.
Un’ottima Giorgia Sonego nel doppio ruolo di Virginia e
fidanzato; una ironica Silvia Da Rin nei panni di un cardinale romano; una surreale Raffaella Giacobbi nel ruolo di donna di servizio; buone interpretazioni di altri personaggi da
parte di Pina Sciulara, Chiara Sciuro e Salvatore Sciulara; il
lavoro dietro le quinte di Sandro Nuzzo e Flora Pais a completare l’ottima riuscita del lavoro.
“Chiara è la notte” ha superato il primo palcoscenico tra
gli applausi del numeroso pubblico presente e si appresta a
portare Galileo in altre sale del Cadore e della provincia.
Lucio Eicher Clere
Lozzo, dove dal ‘600 si venera la
Madonna di Loreto.
Altre realtà descritte nel libro
di Chiades riguardano le chiesette di San Nicolò a Cibiana, della
Madonna del Molinà a Domegge, di Santa Margherita a Laggio,
di San Rocco a Perarolo.
Proprio sulla figura trecentesca di San Rocco, così presente
in territorio cadorino e viva nella
devozione popolare, si sofferma
ripetutamente l’autore, ricordandone il carisma di guarigione rivolto in particolare a coloro che
venivano colpiti dalla peste.
Il testo è impreziosito da una
serie di disegni di Franco Losso
che accompagnano ciascuna visita, esaltando con grazia e maestria la sagoma architettonica
delle chiesette cadorine.
“Un antico implorare” si apre
con una breve, intensa presentazione degli assessori alla cultura
e al turismo della Provincia di
Belluno, Daniela Templari e
Matteo Toscani.
Maria Giacin
RECENSIONI
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ANNO LVIII
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Inte chesto sfoi se dora la
grafia de l Istituto Ladin
de la Dolomites
a cura di FRANCESCA LARESE FILON
Cadorins
L ativité dal Grupo musical d Costauta intrà canzogn e teatro
“DISTANZE”, UN NOVO DISCO
D CIANTADE LADINE DLE DOLOMITI
I
né gnu fora a la fin dl
ön al novo disco dal
Grupo musical d Costauta,
intitoló “Distanze”. Un laoro ch era in cantiör bel da
un pai d ane, ma che par
podöi otgnì un bon resultato, söia pla registrazion,
che par la stanpa, inà avù
bisogno d pi tenpo par staighi dòi. Pla registrazion, infate, al grupo d Costauta ne
n é du zna sala aposta, ma
inà fato ntin a l ota, zun nasché möide intrà al 2008 e
al 2009, ilò zal “studio d arte Giovanni De Bettin”, gno
ch al musicista e esperto di
programes dal conpiuter
Daniele inà btu insieme duce i bocogn e dute el canzogn, finamai a la conclusion dla fadia. Sto disco iné
la cuatordicesma incision
dal grupo d Costauta, a partì da la cassöta “Al valzer
dal Comelgo” dal 1986, fin
al disco “Che bel ch iné l
Comelgo dal 2007”. E cuatordes iné anche el canzogn registrede su sta nova
òra intitoleda “Distanze”.
Nascuante iné nassude dinze di spetacui di ane passade, come presenpio “Foresto”, e parla di temes dle
parsone btude dna banda o
considrede foreste da tance, ma dögne d considra-
zion conpagn d cöi ch se
conosse da vizin; nascuante parla d amor e d sentimöinte; una iné dedicheda
a Primo Carnera, al grön
pugilator, ch al grupo d Costauta inà ciantó a Sequals
in ocasion da zentanario da
cuön ch l era nassù. Un bel
missiot d agromöinte e d
motive musicai, ch va a insiorà al banco de sponda dl
ativité cultural dal Grupo
musical d Costauta, gno ch
iné stó btu inze ntin de dalduto, canzogn, teatro, libre,
videocassöte, manifestaziogn, incontre aped etre
grupes e parsone zun cuase trenta ane d inpögno par
mantgnì e föi crösse la cultura ladina dal Comelgo e
dle Dolomiti.
Al disco “Distanze” iné
stó presentó a Sa Stefin a la
fin de dizenbre, e sarà portó
in giro par al Cadore e otró
zun duce i spetacui e apuntamöinte ch al Grupo musical d Costauta inà in programa o gno ch al sarà ciamó
via par l anada dal 2010.
Ades al grupo iné dòi a
parcesse par un spetacul in
ricordo de Fabrizio De Andrè e par un teatro-canzon
su l argomöinto dl arte e dla
diversité, ch sarà intitoló come al disco, “Distanze”.
(lec)
LA NEVE DE NA OTA
L
a neve de na ota
tomàa ntin pì bianca
(almanco cossì la paréa)
e le nebie da lontan
scuerdéa le nostre crode
co na tenda de coton
che someàa ntin sporca
ma piena de magia.
E duto par sote giràa
come na fameja de formie
piene de laoro da finì.
De seguro l era solo na
ilusion davante ai ocie
del tosato pien de fantasia
ma la neve de ncuoi toma
tanto pì de manco; la
sparisse quasi prima de
tàcase su la tera. Le nebie
che penela i nostre bosche
somea pì strache e quasi
vuoite de chela magia
che npizàa malinconia…
Adeodato
Piazza Nicolai
1
NOSOLOPUPE - PAR NO DESMENETEASE
rmis Vincenzotto
E
de Domeje l à laurou nte chiste mes par parecià prima de Nadal n autro libro scrito par ladin
co le foto de tante pupe de
peza de Licia Fedon co
apede la descrizion de come che se se viestea na
ota par i daore e da la festa. La maestra de Domeje l é na apasionada de
le tradizion e de l ladin
e nte chisti ane la à belo fato belo n par i tosate de le scole par nparà
al ladin cadorin e n libro su le erbe e su
chel che se fasea na
ota. Chesto é al terzo
libro che la parecia fasendose idà da l so on
che l é dal Comelgo,
da Licia Fedon che la
sa tante robe su chel
che era al vive de na
ota e da Teza che à
metesto aposto al ladin de Domeje. A la
fin al libro al contien tante informazion su par al vive
de na ota, chel che se fasea, chel che se dorea par
le varie ocasion: da la medalana a la cianeipa, da l
sorgo ai peduoge, da chel
che se fasea a Nadal a come che se se viestia cuanche se se maridea.
Al libro l é anche pien
de foto de le pupe de peza
de Licia che le fa vede n
piciol
come che se se vistia e
chel che se fasea na ota.
Licia la fa le so pupe a
man dorando roba da vestì de na ota e zercando
de riproduse i mestier e
duto chel che se fasea.
Chesta femena l à fato
oramai tante mostre co le
so pupe che le vien senpre esposte par l istade al
museo de la lataria de Loze. Ades se volarae fei n museo
vero e proprio
par le so pupe e
speron che rue l
finanziamento
che é stou domandou su par la lege
par le minoranze
linguistiche. Ma
par ades dute puo’
vedele nte le foto
de chesto libro che
l se ciatarà a Demeje sote Nadal. E tante conplimenti a Ermis Vincenzotto e a
la so pasion.
Francesca
Larese Filon
CANCHE REANE DUTE PI PUARETE
é tante che dis: na
I
ota, canche reane pizi, se se golea pì ben. Dute se adiaa. Nesùn se tiraa
indos a daighe na man a
chi outre, a chi che aea bisogno. L’era tanto laoro:
al fen, al besteame, la legnes, i ciampe; ma l’era
anche tanta desgrazies: e
i doven e chi omen s’en
dia, restaa la femenes e
chi riede; la famees les
era pì unides; e l’era chi pì
puarete, chi con tante fioi
ize ciasa, chi che no aea
guoia de laurà, chi che
beea, chi che sen dia...
ma, daparduto, agnò che
ocorea, l’era na man sporta. Zenza invidies o roseghin de ize. Se i aea argo
da te dì, i te l disea sul mostaze. Parchè pì o manco
dute i era compagn, i fasea i stese laore, no i aea
festide che un l’aése pì de
chel outro.
Se son arlevade co la
porta da ciasa verta, dute
podea dì de ize canche i
golea o canche ocorea. La
visinanza, riguardosa e
pronta, no la manciaa
mai. Sul ben e sul mal.
“Par piazer, me inprestao
na scudela de zucro, an filon de pan, doi piere, an
tin de sal,...”; “aeo bisogno de argo”, “diseme,
son ca”...duto conzà co an
piato de bona ziera.
Adès? Co la scusa de la
television, dei ladre che
ien ize par fenestra, dei
zingre che te varda ize i
guoie e t’indormiza...dute
sera la porta a ciae. Se te
gos te sones al
ciampanel e se
ai guoia te verdo; se no, men
stago de ize e
studo la luce.
Canche se camina par strada,
carche ota al bondì al
stenta a ruà. Chi doven
po’ no i te saluda quasi
mai. An torto se sel recorda fin che se vive. Guai se
te as argo de pì de chi outre. No i te l perdona pì.
Somea che te aibes robà.
E, a proposito, le chela, la
roba, che conta senpre
de pì. Desmenteandose
che un al val par che che
l’é no par chel che l’a.
Ce pecà! Tante i dis
che na ota se dia pì d’acordo, se vivea senza al velen
de l’invidia un cun l’outro,
senza golé ingrumà roba
e schei; mah! no se sa se
l é proprio da sen ... ocore
dì che i tenpe i é canbiade, che dute stason meo,
aon la machina e la television, la ciasa (carche ota
doi o tre), che l’é fazile
pensà a na ota come fuse
al paradìs ...ma sone propio segure che na ota l’era
meo de ades?
Bortolo De Vido
Peruto
San Vido
ORAZION
anta Chiara
S
prestemé la ostra scala,
fin che vado in paradìs
a vede che bel vis
se l e vivo,
se l e morto,
la Madona in medo all’orto
che tuoi su i garofolini
a vestì i suoi banbini,
i banbini i va via cantando
la Madona lagremando
al Signor in denocion:
mare, mare,
che bela orazion.
(dal libro
POZZALE DI CADORE
di G. B. Da Forno)
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p
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Calabrò
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ALPINISMO - PER NUOVA VIA
AL CAMPANILE DI TUORO
IN RICORDO
DI CAMILLO
TABACCHI
l Socio più anziano del
I
Gruppo Rocciatori Ragni,
Camillo Tabacchi ci ha lasciato
dopo un lungo periodo di malattia. Socio fondatore nei primi
anni Quaranta con la Società
Roccia e Neve Ragni (1942 ) e
poi con il Gruppo Rocciatori
Ragni, si distinse sempre come
giovane attivo nelle varie specialità, in particolar modo con
l’arrampicata aprendo un nuovo itinerario sul Campanil di
Tuoro, e nel Bob divenendo
poi anche Azzurro d’Italia.
Rientrava nel suo Cadore pochi giorni all’anno per le vacan-
Dal libro “La storia del gruppo Rocciatori
Ragni di Pieve di Cadore” di Paolo Bonetti
E
ra il 1939 quando
Guerrino Ciotti convinse Renato Frescura ‘Nécoli’, allora sedicenne, a tentare
un’impresa che ora può far
sorridere ma che allora era
un tabù: la salita del Cìdol, o
se preferiamo del Crépo di
Sottocastello, uno strapiombante affioramento roccioso
che incombe per alcune decine di metri sul camposanto
del paese. La progettata scalata fallì, i due decisero allora
che avrebbero disceso la parete in doppia e così fecero
dopo che Guerino ebbe cementato sul bordo del baratro un chiodone. Del resto
questa piccola ma difficilissima parete sarà salita la prima
volta solo negli anni Sessanta
dal grande Ignazio Piussi.
Poco tempo dopo Guerino
vestì il grigio-verde e partì
per la Grecia da dove non sarebbe tornato. Dopo l’avventura del Cìdol, Renato, in
possesso di... tecnica e prudente coraggio..., si sentiva
pronto per imprese più ardue e assieme a Duilio De
Polo frequentò assiduamente il Cornaviera. In breve entrambi i ragazzi furono in
grado di condurre una cordata e il 25 agosto 1940, assieme al più giovane Camillo
I GIOVANI E IL TERRITORIO
segue da pagina 7
“In agenda - ha detto abbiamo il mantenimento degli
esistenti ed il loro potenziamento.” Ad esempio ha citato “l’importante trattativa per mantenere la caserma dei carabinieri
e la costruzione della nuova sede per i vigili del fuoco a Campolongo. Ancora, l’intento di
aprire i corsi alla scuola del legno.” “E’ fondamentale che la
vocazione naturale a centro del
commercio e dei servizi, insita
nella realtà di Santo Stefano,
venga riconosciuta anche dai
paesi della vallata.”
Come ha osservato il mediatore Marco Da Rin la neces-
Maria Ioppi
sità tra i comuni del Comelico
è operare insieme, perché la
comunione di intenti è l’unica
carta da giocare per agire in
una zona montana come la Val
Comelico.
Infine l’intervento di Lionello Virgili, vicepresidente della
Comunità Montana Comelico
e Sappada, si è incentrato sulla
finalità della Comunità Montana che, ha detto, “nasce dal
principio di comunanza di intenzioni, in quanto si fa carico
di servizi che sarebbero onerosi
per i singoli comuni.” Ha aggiunto: “occorre che ogni amministrazione faccia la propria
Tabacchi, superando difficoltà di quarto e quinto grado, realizzarono la prima via
nuova dei futuri Ragni sulla
parete nord est del Campanile del Toro. Un’impresa della
quale, nello stile e secondo i
dettami dell’epoca, fu pubblicata notizia su un quotidiano
specificando... “I coraggiosi
Giovani Fascisti sono i camerati: Renato Frescura, De Polo Duilio e Camillo Tabacchi,
ai quali rivolgiamo vivo meritato plauso”.
A testimonianza di questa
impresa i nostri lasciarono
la relazione tecnica pubblicata qui sopra.
parte e lo faccia per l’intera vallata, evitando “doppioni” che in
una realtà così limitata non
hanno motivo d’esistere.”
Infine il saluto del assessore
regionale Silver De Zolt che
ha ringraziato per l’invito e ribadito la necessità di fare
squadra tra i comuni e operare
tutti insieme.
“Visti i buoni risultati” termina Manuel Baldissarutti “continueremo a portare le nostre
idee e sfamare la nostra curiosità dialogando con il territorio
in cui viviamo e a cui ci sentiamo inscindibilmente legati.
Non nascondiamo che tra i nostri desideri c’è, senza dubbio,
la volontà di creare nuove opportunità di confronto”.
ze estive e quelle invernali, ma
sempre presente nelle ricorrenze del sodalizio con la sua
forte personalità e autorevolezza, custode morale del Gruppo,
riprendendo anche a volte dei
“giovani” meno propensi a regole e doveri di un Gruppo.
Camillo “Rosso” (soprannome per il colore dei capelli) come altri suoi compagni d’avventure è andato avanti, ma il
suo ricordo resterà sempre Vivo in Noi.
Il Gruppo Rocciatori Ragni
di Pieve di Cadore
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SCI DA FONDO - 300 ATLETI ALLA 1ª EDIZIONE DELLA “COMELGO LOPPET” 30 KM SULL’ANELLO DI VALGRANDE
olto combattuta la
M
prima edizione della
“Comelgo Loppet” svoltasi a
Padola il 3 gennaio. 30 km
decisi in tre secondi. Quelli
che separano il vincitore
Florian Kostner dal terzo
Bruno Carrara, con in mezzo Fabio Santus. Un rush finale tra i tre compagni di
squadra dei Carabinieri, dopo una gara regolare che
per l’intero primo giro non
aveva avuto scossoni. Ai 15
chilometri il gruppone dei
migliori passava nello stadio
del fondo guidato da Carrara davanti ad Antonio Pontel, Fabio Santus e Giovanni Pezzo. Poi, a metà del secondo giro, la prima selezione che lasciava al comando i
migliori cinque: oltre ai tre
carabinieri anche Pezzo del
Corpo Forestale e Ivan De
Bertolis del Gruppo sportivo Hartmann. La fase finale
sul rettilineo vedeva lo
sprint bruciante di Kostner
che ha chiuso la sua fatica
con il tempo di 1h 07:03, davanti a Santus e Carrara.
Pezzo concludeva a 12 secondi, De Bertolis a 14,
Agostino Zortea a 38.
Completa il successo della
“benemerita” il 7°posto di
Mirco Pezzo, staccato di 39
secondi; 8° si classifica Antonio Pontel del Corpo Forestale con 1’34 di ritardo, menVeronica De Martin
tre vanno segnalati gli ottimi
piazzamenti nei primi dieci di
due atleti comeliani che cor- Martin, 9° a 2’50 e Stefano altri tre atleti del Comelico: al
rono per il Gruppo sportivo D’Ambros, 10° a 3’25 dal 17° posto Stefano De MarHartmann, Riccardo De vincitore. Nei primi 20 anche tin Pinter, al 19° Valentino
COMELGO LOPPET A PADOLA
Trionfa Florian Kostner con un tris da podio per i Carabinieri
Tra le donne, vittoria di Veronica De Martin e terzo posto per
Marlene De Martin
Riccardo De Martin
De Martin Bianco, al 20°
Andrea Zandonella.
Nella classifica femminile
dominio assoluto della padolese Veronica De Martin,
Stefano D’Ambros
Molto staccata a più di 5 minuti, la compagna di squadra
Eugenia Biciugova; completa il podio femminile lo
splendido terzo posto dell’altra padolese Marlene De
Martin dell’Unione Sportiva
Valpadola che precede di soli 40 secondi la compaesana
Yasmine Pocchiesa. Al 5°
posto Tamara Buzzetto dell’Unione Sportiva Valpadola,
al 6° Annemarie Straub,
G.S. Bassano e al 7° ancora
una padolese, Simonetta
Carbogno che tiene alto l’onore di casa De Zolt, visto
che il marito Roberto non ha
partecipato per organizzare
meglio la competizione; 8°
posto per Claudia Ferrazzi,
Montegrappa.
Una meravigliosa giornata di sole ha accolto i trecento atleti, pur in presenza di
un vento gelido che, specialmente al mattino, ha un po’
disturbato i partecipanti. La
pista ottimamente preparata
dall’associazione Comelico
Nordic Ski ha testimoniato
ancora una volta la professionalità e la capacità organizzativa dei fondisti comeliani. Non per niente Padola,
assieme a Sappada, fa parte
del prestigioso circuito Dolomiti Nordic Ski che riunisce tutte le più importanti
località del Bellunese e dell’Alto Adige.
Gruppo sportivo Hartmann,
che resta in testa per tutta la
gara, chiudendo con l’ottimo
tempo di 1h18:38, 37° assoluto a 11 minuti dal vincitore.
SERVIZIO e foto
di Livio Olivotto
PATTINAGGIO ARTISTICO
VANNO FORTE LE ATLETE
DELLA U.S. TRE CIME
L’impegno
delle ragazze
guidate da
Natascia
Vecellio si è
tradotto in
risultati brillanti
Anche la nazionale
Chiara De Martin
allenata da Natascia
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11-01-2010
11:40
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ANNO LVIII
Gennaio 2010
a squadra del Gran
L
Bar Piave è la vincitrice del “Torneo Castellani 2° trofeo Ivan Valmassoi” di
calcetto, alla 17a edizione. Il
quintetto comeliano si è imposto per 2-0 nella finalissima contro l’ottima selezione
composta da Il Riccio. Una
partita piuttosto equilibrata
che ha visto molte occasioni
da ambo le parti. A far cambiare il risultato ci ha pensato nel corso della seconda
frazione il mattatore del torneo, Andrea Buzzo, con un
gol di rapina da pochi passi.
A sigillare il punteggio è arrivata poi la rete del compagno Igor De Mattia. A nulla
sono valsi gli attacchi degli
avversari che hanno trovato
in Luca Fedon un ostacolo
davvero insuperabile.
Nella finalina a guadagnarsi l’ultima piazza del podio ci hanno pensato i ragazzi della Macelleria Da Col
che hanno battuto agevolmente la Marengon Impianti Elettrici con il punteggio di cinque a uno in un
match a senso unico.
Un torneo che come ogni
anno ha richiamato sul parquet del palazzetto Mario
Cian Toma moltissimi ragazzi e atleti del comprensorio, pronti a sfidarsi in una
manifestazione avvincente.
Dodici le squadre partecipanti che nell’arco di tre
giorni, dal 28 al 30 dicembre, si sono sfidate alla conquista dell’ambita coppa.
Numeroso anche il pubblico
accorso sulle gradinate ad
incitare gli amici impegnati
atascia Vecellio: è una
N
professoressa di lingue con la passione del pattinaggio la maestra che sta portando in altro il pattinaggio
artistico cadorino negli ultimi
anni. Lei, un passato da atleta
e la grande passione per il
pattinaggio artistico, concilia
l’insegnamento a scuola con
gli allenamenti di una squadra che è oggi in cima alle
classifiche del Veneto (US
Tre Cime). Impegno e passione che la hanno portata a
completare la formazione come allenatore di II° livello e a
frequentare stage di formazione con importanti allenatori internazionali come ad
esempio Peter Grutter (allenatore di Stephane Lambiei il
campione svizzero) per poter
trasferire alle sue ragazze
una formazione atletica per
eccellere.
E i risultati di tanto impegno si traducono in successi
per le sue atlete: la figlia Karen Pontil Scala da sempre
è ai primi posti delle categorie nazionali per l’età e la
scorsa stagione si è classificata 2a al Trofeo delle Regioni di
Zanica. Quest’anno, purtroppo, la ragazza è ferma per un
incidente in pista, ma sarà
pronta per la prossima stagione. Lucrezia Gennaro, la
più piccola agonista del club,
conquista sempre i primi posti e quest’anno è arrivata 3°
alla Coppa dell’Amicizia (gara
internazionale), la tradizionale gara che da l’avvio alla stagione. Anna De Nes, 9° posto alla Coppa dell’Amicizia
per la categoria principianti A
si prepara per la prossima gara: il Campionato Triveneto.
Cecilia Larese De Santo,
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CALCETTO A DOMEGGE - La squadra del Gran Bar Piave la spunta su Il Riccio
e s’aggiudica il trofeo, terza la Macelleria Da Col sulla Marengon Impianti
SEMPRE AVVINCENTE IL TROFEO CASTELLANI
sul rettangolo di gioco. Insomma un’altra edizione
che si può archiviare come
un vero successo.
I premi individuali sono
stati assegnati ad Andrea
Buzzo del Gran Bar Piave
che si è laureato capocannoniere della fase a gironi, a
Stefano De Marchi della
Macelleria Da Col che si è
dimostrato il miglior giocatore della competizione e a
Luca Fedon del Gran Bar
Piave, il più bravo a difendere la propria porta. La
coppa disciplina invece è andata alla Pizzeria Da Giorgio.
L’evento ha visto sfidarsi nel palazzetto cadorino anche le formazioni giovanili del Domegge Calcio e del
Cadore 1919 in un
simbolico torneo riservato alle categorie
dei piccoli amici, dei
pulcini e degli esordienti. Un buon allenamento per i tanti ragazzi scesi in campo
visto che i relativi
campionati durante la
stagione invernale sono sospesi per il maltempo.
Al termine delle partite la
dirigenza del Domegge Calcio, organizzatrice dell’intera manifestazione, ha distribuito a tutti i piccoli atleti un
che gareggia per le categorie
free, si è piazzata 3a nella prima gara che ha coinvolto gli
altleti del triveneto a Cavalese in novembre.
Ed ora “affilano le lame”
per le prossime competizioni
le altre atlete del club: Marianna Battaglia, Anna Del
Favero, Sofia Buzzi, Siria
Mario e Federica Jar vis.
Dal luglio 2009 anche Chiara De Martin, atleta della
squadra nazionale di pattinaggio artistico viene allenata da
Natascia Vecellio: la ragazza
ha superato in settembre la
verifica nazionale è ha conquistato il 2° posto nella Coppa dell’Amicizia di Merano.
Nelle gare nazionali di categoria junior si è classificata
13° e 11° migliorando il punteggio in una categoria che la
mette a confronto con atlete
fino a 5 anni più vecchie. Ai
Campionati Italiani Assoluti
svoltisi a Brescia il 16-18 dicembre è stato conquistato il
10° posto.
Ma oltre alle ragazze agoniste ci sono piccole che incominciano a pattinare e se
avranno passione e costanza
potranno entrare nella squadra agonista: si tratta di
un’importante opportunità
per il nostro territorio e per
i nostri giovani. E nonostante le mille difficoltà, la chiusura dello stadio per 6 mesi
all’anno, le pesanti trasferte
all’estero o distante, anche i
nostri club sportivi fanno
crescere atleti di ottimo livello e permettono ai nostri
giovani di confrontarsi nello
sport con beneficio per la
salute e lo spirito.
Francesca Larese
Filon
cesto natalizio condito da
dolciumi di ogni sorta. Un’iniziativa importante per evitare che si creino, almeno
tra i più giovani, inutili campanilismi.
Daniele Collavino
La squadra del Gran
Bar Piave vincitrice;
(sotto) le formazioni
giovanili del Domegge
Calcio e del Cadore 1919
che si sono sfidate al
Palazzetto M.Cian Toma
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