GENN 1:GENN 1 11-01-2010 10:36 Pagina 1 CAMBIO ALLA ACCOMUNATI Ampio dibattito al Convegno promosso ad Auronzo dagli alpinisti NELLE STESSE DOLOMITI-UNESCO, COME PROCEDERE COMUNITAʼ MONTANA ATTESE CENTRO CADORE C mondo non sembra che se ne siano accorti in molti), ma non è ancora finito il tempo degli auguri, che gli uomini si scambiano da quando la percezione e la preoccupazione del futuro sono entrate a far parte dei loro anche minimi pensieri. Perché l’augurio è anzitutto un gesto di amicizia e di solidarietà: proveniente dall’augur latino, promotore e annunciatore di (buone) notizie, la parola contiene il senso di una promessa, di un momento felice sempre ben accetto e condiviso. Una delle formule di saluto degli antichi romani era per l’appunto “cupio omnia quae vis”, ossia i miei desideri siano anche i tuoi, e da allora i termini di una tale complicità sono rimasti sostanzialmente gli stessi: dal momento che tutti vogliamo che il futuro ci sorrida, tutti cerchiamo di farcelo amico e riversiamo su di esso le nostre speranze, soprattutto la speranza che sia migliore del presente. Saremo delusi? E’ possibile, forse probabile, e tuttavia non rinunceremo mai a pensare che il domani possa sorriderci più dell’oggi. L’esercito degli ottimisti è sempre in marcia dietro alle sue nobili bandiere, che siano un filosofo come Leibniz o un eroe della fiducia come il Candido di Voltaire; persino certi pessimisti sistematici, i cantori del dolore come il nostro Leopardi hanno saputo trovare qualche fessura nel muro della negatività. Dunque il futuro. Che non è lo stesso per tutti ma tutti ci accomuna nelle attese: anche qui, nel Cadore della natura e della storia, l’augurio è ancora una volta quello che chiama alla pace e alla concordia tra gli uomini, e con esso, quello di un ritrovato impulso, di una rinnovata alacrità della economia, e insieme, di un ritorno ai valori sui quali si è fondata una cultura identitaria forte, più forte della stessa lontananza di tanti suoi figli. E’ chiedere troppo? Ennio Rossignoli E LA CRISI? sulla montagna Dolomitica sono il Club Alpino Italiano, le associazioni alpinistiche e quelle ambientaliste che hanno partecipato il 19 dicembre al convegno di Auronzo, organizzato dalla locale Sezione CAI, cercando di rispondere ad una domanda: QUALE OCCASIONE PER IL FUTURO? Sono intervenuti sotto le simboliche Tre Cime, dopo il saluto del sindaco di Auronzo Bruno Zandegiacomo, Annibale Salsa presidente CAI Nazionale ed Emilio Bertan presidente del CAI Veneto, Matteo Toscani assessore provinciale, il presidente della locale Sezione CAI Massimo Casagrande, l’architetto Fabrizio Toscani, il presidente dell’Alpenverein Georg Simeoni, Toio de Savorgnani per Mountain Wilderness, DOMANDE E RISPOSTE PER ANDARE AVANTI ASSIEME ai quali si sono aggiunti gli interventi da parte del pubblico assiepato nella sala del Cinema Kursaal, sotto l’abile coordinamento del giornalista Bepi Casagrande. Proprio a Auronzo ad agosto, con inaspettata visita, il presidente della Repubblica Napolitano aveva scoperto una targa celebrativa del riconoscimento UNESCO. (segue a pag. 4) di Renato De Carlo IL TURISMO NEL FUTURO DELCOMELICO entre entra nel vivo la stagione M del turismo invernale, Brochure del Consorzio su itinerari, appuntamenti e tradizioni del Comelico Gianluigi Topran Auspichiamo partecipazione è anche tempo per un primo bilancio a diciotto mesi dalla nomina di Gianluigi Topran alla guida del Consorzio Val Comelico Dolomiti. Quali sono stati i problemi affrontati dal nuovo direttivo? “Fin dall’inizio sapevamo che il compito che ci attendeva era difficile. Abbiamo riscontrato una grande frammentazione di iniziative ed una mancanza di unità negli operatori che a vario titolo si interessano del settore turistico. Abbiamo quindi cercato di avviare un’operazione di sintesi e aggregazione per valorizzare le pur importanti risorse locali in tema di offerta turistica. Il numero degli associati in questo periodo è praticamente raddoppiato raggiungendo quasi quota 200. Naturalmente c’è ancora molto da fare per convincere tutti che l’unica strada per crescere è quella di fare squadra”. Concretamente cosa siete riusciti a realizzare? “Già nella scorsa stagione estiva abbiamo realizzato una brochure molto apprezzata contenente tutti gli appuntamenti di interesse turistico nei cinque Comuni del Comelico. L’operazione è stata ripetuta con successo anche per questa stagione invernale, grazie alla collaborazione di tutte le associazioni presenti sul territorio molte delle quali CONSORZIO di Livio Olivotto sono anche associate al consorzio. Non solo. La pubblicazione contiene anche la proposta per una decina di itinerari di trekking invernale in zone di grande valore ambientale e naturalistico, oltre naturalmente a promuovere le competizioni invernali e il tradizionale carnevale comeliano che ha in Santa Apollonia a Dosoledo la sua massima espressione. Colgo l’occasione per invitare tutti i responsabili delle associazioni a programmare con anticipo le date degli avvenimenti così da consentire una migliore promozione e diffusione delle notizie. Passi avanti ne abbiamo fatti visto che nella pubblicazione appena uscita abbiamo già inserito alcuni appuntamenti agonistici di rilievo per la prossima prima(segue a pag. 4) vera-estate. Svaluto Ferro è il presidente ier Luigi Svaluto Ferro, è il nuovo P presidente della Comunità Montana Centro Cadore. Nel corso nel consiglio tenutosi nella sala consigliare di Domegge di Cadore il 21 dicembre, il primo cittadino del comune di Perarolo è stato eletto all’unanimità come successore di Flaminio Da Deppo, per molti fruttuosi anni alla guida dell’Ente. La giunta, ancora in fase di definizione per quanto riguarda le competenze, risulta composta dal sindaco di Domegge Lino Paolo Fedon (vicepresidente) e dagli assessori Mirna Antoniacomi, Walter Antoniol, Primo Barbon, Luca De Carlo e Gianni Martagon. Mancano per scelta i rappresentanti di Valle e Vigo, le cui amministrazioni comunali saranno rinnovate nella prossima tornata elettorale. Gli altri consiglieri sono: Lionello Bertagnin, Matteo Bianchi, Ezio Ciliotta, Liana Ciotti (dimissionaria), Marco D’Ambros, Ruggero Da Rin Bettina, Francesco Del Longo, Francesco Dorigo Cattaruzza, Antonella Galante, Mauro Giavi, Alberto Lorenzet, Mario Manfreda, Silvano Martini, Luigi Pinazza, Guido Pinazza, Omar Pilotto, Enrico Pilotto, Andreas Quinz, Mario Tremonti, Ludovico Zanella. Svaluto Ferro assume la presidenza della Comunità Montana in un momento non certo facile per Enti montani, che, come spiegato nel suo programma per il prossimo quinquennio, stanno vivendo un periodo di grande incertezza. Nonostante ciò i territori rurali montani diventano oggi sempre più strategici per un nuovo modello di sviluppo virtuoso e un vero uso sostenibile dell’ambiente. (segue a pag. 4) Rina Barnabò L’IMPEGNATIVO COMPITO DI SVALUTO SARA’ QUELLO DI RIPENSARE LO SVILUPPO DEL TERRITORIO VAL COMELICO MOSTRA CARTOGRAFICA ALLA MAGNIFICA COMUNITAʼ a Pag. 3 Kostner atale è alle nostre spalle N e sono ormai passati i giorni della bontà (anche se nel he il riconoscimento dell’UNESCO delle Dolomiti quale patrimonio dell’umanità sia una opportunità è chiaro a tutti. Logico quindi che tutti vogliano parteciparvi per dire la loro e, meglio, crearsi una nicchia. Se la Provincia, che avrà la sede della Fondazione a Belluno è in prima fila, fortemente interessati al progetto IN 300 ALLA COMELGO LOPPET a Pag. 22 Pag 2_ok:APRILE 4-5 11-01-2010 10:38 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2010 2 A POINT OF YOU mod. CHAMPION RACING SUNGLASSES SINCE 1956 1 GENN 3:GENN 3 1 11-01-2010 10:41 Pagina 1 ANNO LVIII Gennaio 2010 3 CADORE, TIROLO, EUROPA UN TIZIANO MOSTRA CARTOGRAFICA ALLA MAGNIFICA ESPOSTO A I SAN VITO cadorino-tirolese attraverso una cartografia datata fra il 1550 e il 1640, successiva quindi alle guerre cambraiche, documenti alcuni noti e altri di rara fruibilità. Tra le opere esposte, prestate dalla Biblioteca Storica Cadorina di Vigo e da collezionisti privati italiani ed austriaci, spiccano le mappe di Munster, Gastaldi, Ortelius, del Mercador, Magini, Blaeu, nonché la xilografia “Vittoria di Cadore” del Sarvognan, una stampa da incisione a rame del Klei- ner, un’incisione di Burgkmair der Altere della “Battaglia di Cadore” vista da parte degli imperiali. L’esposizione, voluta dalla Presidenza della Magnifica Comunità è stata curata da Antonio Genova unitamente ad Alessandra Cason, Giovanna Deppi e Silvia Miscellaneo. Citato anche dal Vasari, il ritratto di Zuan Paolo Da Ponte era in California on l’esposizione di un quadro del TiC ziano, San Vito ha scoperto i fili che legano tra di loro arte, cultura, promozio- foto Tommaso Albrizio nteressanti documenti cartografici del XVI e XVII secolo sono esposti dal 28 dicembre nel salone della Magnifica Comunità a Pieve di Cadore. E’ un’esposizione circoscritta ma significativa che rappresenta il territorio ne. E’ stata una vetrina di eccezione, con i riflettori accesi su un evento inconsueto ma di grande impatto emotivo: il ritratto di Zuan Paolo da Ponte, un’opera che il grande cadorino realizzò nel 1534 su commissione di un nobile veneziano e di cui praticamente si erano perse le tracce. Una decina di anni fa, grazie all’intuito di un fine intenditore veneziano, Pietro Scarpa, il quadro è emerso dalle brume di un esilio mortificante: era in un caveau della California, praticamente negletto e dimenticato. Portato in patria, il quadro è stato restaurato, sottoposto a tutti gli accertamenti chimicofisici e, altra sorpresa, riconosciuto come opera del grande Tiziano. Entrato nei circuiti delle rassegne più prestigiose, per le feste dell’Immacolata è stato esposto a San Vito, grazie ai buoni uffici di Giovanna Klinger, responsabile degli eventi e delle pubbliche relazioni del comune sanvitese ma prima ancora amica dei galleristi Scarpa. L’intrigante storia del ritratto è stata raccontata proprio da uno di loro, Sebastiano, nel corso di un incontro con un pubblico foltissimo, attento e partecipe. Molti i colpi di scena di una vicenda intrigante e Conferenza a Pieve di Cadore di Lionello Puppi ed Enrico Maria Dal Pozzolo sulle opere del Giorgione in mostra a Castelfranco all’11 dicembre è aperta a Castelfranco Veneto una grande mostra su Giorgione, organizzata dal Comune in collaborazione con Villaggio Globale International per celebrare il mezzo millennio dalla morte dell’insigne pittore, che fu maestro di Tiziano. Curata da Lionello Puppi (presidente del Comitato Regionale per le celebrazioni), da Antonio Paolucci (Direttore dei Musei Vaticani) e da chi scrive, presenta un’ampia selezione di opere del maestro, provenienti dai maggiori musei d’Italia e d’Europa. Si tratta di un evento davvero straordinario, di difficile organizzazione per l’esiguità del catalogo di originali e per la loro quasi impossibile concessione in prestito. Inoltre le nebbie che avvolgono la figura di Giorgione sono fittissime e quasi impenetrabili. Infatti di lui non ci è giunto un solo dipinto firmato o datato e una segnatura di suo pugno non compare in calce ad alcun documento pervenutoci. Se non fosse per le registrazioni delle commissioni di un telero per Palazzo Ducale e degli affreschi eseguiti sulla facciata del Fondaco dei Tedeschi (tra il 1507 e il 1508), nonché per uno scambio di missive tra Isabella d’Este e un suo emissario lagunare, in teoria Giorgione potrebbe anche non essere mai esistito. Le poche informazioni si ricavano dalla segnalazione di dodici dipinti visti da Marcantonio Michiel tra il 1525 e il 1543 nelle case di alcuni collezio- foto Tommaso Albrizio D nisti veneziani (tra essi la Tempesta e i Tre filosofi) e dalle meno solide indicazioni fornite dalle prime fonti, anzitutto da Vasari. In tale cornice si può comprendere la difficoltà di organizzare una mostra su di lui. E per di più nella piccola Castelfranco, che ovviamente è del tutto al di fuori del circuito di relazioni e scambi che regolano il sistema di simili grandi eventi. Eppure ne è sortita una mostra davvero speciale. Vuoi per la determinazione di un’Amministrazione con le idee chiare fin da subito, vuoi per il sostanzioso sostegno della Regione del Veneto e della Fondazione Montepaschi, vuoi per il lavoro complementare dei tre curatori, che hanno delineato un progetto scientifico che ha saputo riscuotere ampio credito internazionale, con la conseguente concessione di prestiti quasi impossibili: per questi e altri fattori il risultato cui si è giunti è stato addirittura superiore alle aspettative. Nella quattrocentesca pa- molti gli interrogativi appagati. Il pubblico ne è rimasto rapito. Con l’occasione è stato distribuito un opuscolo illustrato, edito dalla Grafica Sanvitese, curato dall’Antichità Scarpa e dalla stessa Klinger, con il patrocinio della regione Veneto e della provincia di Belluno; nell’opuscolo è stata ricostruita con cura, anche attraverso i documenti (il quadro è stato citato anche dal Vasari nelle sue famose “storie”) una vicenda ricca di interrogativi e di colpi di scena, conclusa nel migliore dei modi. Unanimi i commenti positivi per l’iniziativa. “Un modo diverso e culturalmente qualificato per aprire la stagione turistica invernale”, ha detto il sindaco Andrea Fiori, anticipando che in futuro saranno molte le occasioni in cui cultura e turismo si troveranno d’accordo. Bortolo De Vidoa NEI 500 ANNI DALLA MORTE DI GIORGIONE PITTORE Nella mostra anche due tavole giovanili di Tiziano, l’Orfeo ed Euridice e la Nascita di Adone lazzina che ospita la mostra si potranno ammirare circa 130 pezzi tra dipinti, disegni, stampe, sculture e documenti, disposti secondo il seguente percorso. La prima sezione consiste in un’Introduzione documentaria in cui - partendo dal contesto evocato dalle mappe del Veneto dell’epoca - si dispongono i documenti cartacei delle commissioni pubbliche, le lettere di Isabella, le tracce del primo collezionismo, le incisioni dalle opere perdute e le tappe della storiografia antica. La seconda sezione è relativa alle Opere autografe, ripartite in quattro nuclei. Il primo con l’allineamento di ciò che è lecito presumere componga quel che resta del suo avvio: ossia il Saturno in esilio della National Gallery di Londra, le due tavole degli Uffizi con Mosè e Salomone, la Madonna col Bambino dell’Ermitage e le due tavolette dei Musei Civici di Padova. Il secondo dà risalto alla presenza, in questa stessa sala, del Fregio da lui eseguito verso il 14991500: 30 metri di un’ideale mensola umanistica su cui sfilano, come in una metafisica natura morta ante litteram, oggetti di vario genere imperniati sulla tematica astrologica e sul richiamo all’esercizio della virtù. Il terzo nucleo è riservato ai ritratti e alle mezze figure: si parte con le Tre età dell’uomo di Palazzo Pitti, cui s’affiancano l’Arciere della National Gallery di Edimburgo, il Doppio ritratto di Palazzo Venezia e l’Alabardiere di Vienna. La quarta tranche di questa sezione è dedicata alla nascita del paesaggio, con la sequenza della Tempesta, del cosiddetto Tramonto della National Gallery di Londra e di tre disegni di puro paesaggio (dal Louvre e dagli Uffizi) solitamente ascritti a Giulio Campagnola, ma per alcuni specialisti invece dello stesso Giorgione. La sezione successiva accoglie quelle che si sono volute definire Sfide, capolavori in bilico tra più opzioni, che si rilanciano al visitatore: la Sacra Contemplazione delle Gallerie dell’Accademia è di Giorgione o Sebastiano del Piombo? il Porta- croce di San Rocco di Giorgione o Tiziano (Vasari era incerto)? A queste tre prime sezioni incentrate sulla figura del maestro ne seguono altrettante che ne delineano le frequentazioni e l’ambiente. Ai Colleghi e creati è riservato lo spazio che illustra la produzione più giorgionesca di coloro che furono con lui in attestato rapporto personale: Vincenzo Catena, Sebastiano del Piombo, Tiziano e Giulio Campagnola. Di Tiziano in particolare sono presentate due tavole giovanili, databili più o meno nel periodo in cui collaborò con Giorgione nell’affrescatura del Fondaco dei Tedeschi: l’Orfeo ed Euridice dell’Accademia Carrara di Bergamo e la Nascita di Adone dei Musei Civici di Padova, entrambe caratterizzate da un’estrema ariosità impaginativa e da una pennellata fluida e mobile. Non solo: tra i disegni attribuiti a Giulio Campagnola, ve n’è uno al Louvre che un giovane studioso - Antonio Carradore - propone con ragioni convincenti di ascrivere appunto al genio cadorino. Tra i Compagni di strada si assiste agli incroci con Dürer, Bellini e Cima, Perugino e Costa, Giovanni Agostino da Lodi e Previtali, Boccaccino e Garofalo, fino a Leonardo. Due criteri hanno orientato la scelta di tali opere: l’individuazione del miglior livello qualitativo e la coerenza cronologica rispetto alle date giorgionesche. Chiudono il percorso due ultime tappe. La prima, in mostra, con la presentazione di volumi illustrati, piccole sculture e oggetti d’arte, che servono a ricomporre idealmente il Laboratorio umanistico che tanto incise sulla specificità del pittore. La seconda, appena usciti dalla sede espositiva, nella cappella in duomo a poche decine di metri, dove si conserva la Pala voluta da Tuzio Costanzo: una pagina toccante per la storia evocata (la tragica morte del figlio del committente, Matteo) e per la delicatezza degli accenti narrativi, ma - più ancora del Battesimo di Bellini a Vicenza - un autentico spartiacque tra il ‘400 e il ‘500 veneto. Enrico Maria Dal Pozzolo Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore GENN 4-5:GENN 4-5 11-01-2010 11:07 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2010 4 CAMBIO ALLA COMUNITAʼ MONTANA dalla prima pagina In quest’ottica l’obiettivo diventa quello di riportare l’attenzione sulla montagna, come opportunità e non solo come problema, favorendo la crescita di consapevolezza e responsabilità, partendo dall’imprescindibile ruolo dei Comuni per riscrivere un moderno e funzionale modello di “governance territoriale” che si basi sull’autodeterminazione dei cittadini e sulla valorizzazione delle risorse ambientali. Da qui l’introduzione di un nuovo metodo di lavoro ispirato ai criteri di trasparenza, collegialità, collaborazione e progettualità, che identifichi una reale comunanza di obiettivi programmatici non fondata su esigenze di breve periodo, personalistiche o partitiche, ma intenzionata a dare stabilità e rilancio al ruolo della Comunità Montana e per essa ai Comuni associati, alla luce delle recenti volontà, da più parti espresse o di sopprimerla o di ridurne le capacità operative o di inglobare compiti e funzioni in altri Enti istituzionali. Emerge quindi la necessità di una omogeneità collaborativa, indipendentemente dalla collocazione politica dei singoli, attraverso la condivisione di un programma, che mira a dare il via ad uno sviluppo socio-economico sosteni- Rina Barnabò bile, integrato ed innovativo che riguarda il sistema territoriale comprensoriale, nei suoi profili antropici, culturali e ambientali, capace di valorizzarne le potenzialità economiche e fondato su principi della specificità territoriale, della coesione economica, dello sviluppo sostenibile e della sussidiarietà. Non è forse superfluo ricordare che le Comunità montane non sono enti inutili, basti pensare ai numerosi servizi erogati, che i comuni singolarmente non potrebbero offrire. Il Cadore Centrale per le sue caratteristiche peculiari rappresenta un patrimonio e una specificità da salvaguardare e valorizzare. L’impegnativo compito che attende nel prossimo lustro il Presidente della Comunità Montana Centro Cadore e i suoi collaboratori sarà dunque quello di pensare ad uno sviluppo futuro del territorio compatibile con la qualità della vita dei cittadini che vi abitano, uno sviluppo che deve eliminare la visone della montagna come area debole, incapace di proporre occasioni di vita e di reddito, per riaffermarne invece le potenzialità che debbono essere considerate come risorsa complessiva dell’intera società provinciale, regionale e nazionale. MAGNIFICA COMUNITAʼ: APPROVATO IL BILANCIO DI PREVISIONE 2010 ’ stato approvato col voto E unanime positivo dei consiglieri il bilancio di previsione 2010 della Magnifica Comunità. In sede di illustrazione della filosofia che ha guidato la stesura del documento contabile, il presidente Renzo Bortolot e il segretario Marco Genova hanno fornito gli elementi di chiarezza delle singole voci. In sintesi, le previsioni di entrata corrente consentono di sostenere spese correnti per 314.400 euro mentre le entrate in conto capitale, unitamente all’applicazione dell’avanzo di amministrazione presunto, consentono di sostenere spese in conto capitale per 192.000 euro. “E’ un bilancio di previsione veritiero che consentirà di conseguire due obiettivi fondamentali: portare a termine iniziative già avviate e proporne di altre”, ha commentato il presidente, ribadendo che un ente storico e culturale, come la Magnifica Comunità, non ignora l’importanza di operare concretamente sul territorio. Qualche dato delle entrate: il fitto dei terreni a Cima Gogna porterà nelle casse della Magnifica 140.000 euro, il provento per il taglio delle piante 36.000 euro, l’affitto del gran caffè Tiziano 50.400, incassi per abbonamenti, inserzioni e contributi al mensile Il Cadore previsti per 66.000 euro; tra le spese: per il personale 60.000 euro, per la stampa e spedizione del mensi- di Bortolo De Vido Consentirà di portare a termine iniziative già avviate e di proporne altre - evidenzia il presidente Bortolot Entrate per 461.400 euro e spese correnti per 322.400 euro APERTA UNA MOSTRA DI CARTOGRAFIA STORICA DATATA TRA IL 1550 E IL 1640 le Il Cadore 54.000 euro, per attività e iniziative culturali 10.000 euro. Ma in programma c’è anche l’avvio del book-shop al gran caffè Tiziano (15.000 euro), l’adeguamento funzionale del palazzo comunitativo (20.000 euro) e la realizzazione della collocazione dell’archivio corrente (20.000 euro). Nella stessa seduta sono state nominate le commissioni consiliari che saranno coordinate dagli assessori Andrea Costa (territorio e ambiente), Maria Giovanna Coletti (cultura), Giulia De Mario (giovani, dalla prima pagina TARIFFE ABBONAMENTO ITALIA € 25,00 - ESTERO € 25,00 PAESI EXTRAEUROPEI € 34.00 SOSTENITORE € 50,00 - BENEMERITO da € 75,00 in su COME ABBONARSI A MANO: Segreteria Magnifica Comunità di Cadore, Pieve di Cadore CONTO CORRENTE POSTALE: N. 12237327 intestato a “Il Cadore” - Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL) ASSEGNO BANCARIO o VAGLIA POSTALE a: ”Il Cadore” Piazza Tiziano - 32044 Pieve di Cadore (BL) - Italia BONIFICO BANCARIO presso: Unicredit Banca Spa di Pieve di Cadore (BL) intestato a “Magnifica Comunità di Cadore”, causale “abbonamento” DALL’ITALIA: UNCRITB1D41 Codice IBAN IT21I0200861230000000807811 DALL’ESTERO: UNCRITB1M90 codice IBAN IT21I0200861230000000807811 TARIFFE INSERZIONI (per un centimetro di altezza, base una colonna): 12 inserzioni mensili € 13,00; 6 inserzioni mensili € 10.20; a 4 colori e in ultima pagina tariffa doppia. IVA sempre esclusa. La Direzione e l’Editore non rispondono delle opinioni degli articolisti. Foto e articoli non pubblicati saranno restituiti solo a richiesta. QUESTO NUMERO Eʼ STATO CHIUSO AL 4.1.2010 premi di studio) e Giovanni Varettoni (archivi e musei). La riunione di consiglio ha poi registrato una appendice di alta valenza culturale: l’esposizione di venti pezzi di cartografia storica intitolata “Cadore, Tirolo, Europa dopo Massimiliano I: l’eredità geografica”, documenti redatti tra il 1550 e il 1640, alcuni di rara fruibilità e incentrati sulla rappresentazione dei territori nel periodo successivo alle guerre cambraiche; a parlarne, oltre al presidente, sono stati Maria Giovanna Coletti, Silvia DOLOMITI-UNESCO COME PROCEDERE? E l’invito era stato chiaro: “ora... contano i comportamenti di ciascuno per salvaguardare una ricchezza comune da trasmettere alle future generazioni”. Un primo passo, ha annunciato l’assessore provinciale Matteo Toscani, sarà effettivo a gennaio con la con la registraziofondato nel 1953 ne legale della FondazioEditrice ne Unesco-Dolomimiti DIRETTORE RESPONSABILE Magnifica Comunità di Cadore che avrà sede a Belluno Presidente Renato De Carlo e la costituzione da parte Renzo Bortolot VICE DIRETTORE delle cinque Province inCancelliere Livio Olivotto teressate (Belluno, BolMarco Genova zano, Trento, Udine, PorSegreteria denone) di una “camera Annalisa Santato REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE alta” che dovrà dare gli Palazzo della Comunità - Piazza Tiziano 32044 Pieve di Cadore indirizzi, mentre una “catel. 0435.32262 fax 0435.32858 - EMail: [email protected] mera bassa” avrà compiti [email protected] operativi. Dopo la prima Spedizione in abbonamento postale - Pubblicità inferiore al 40% fase dell’investitura, ocFotocomp.: Aquarello - Il Cadore - Stampa: Tipografia Tiziano Pieve di Cadore corre attuare le politiche Reg.Tribunale di Belluno ordinanza del 5.4.1956 di conservazione - ha detto l’assessore - coinUNA COPIA € 2.10 - ARRETRATO: IL DOPPIO Resp. trattamento dati (ex D.lgs 30.6.03 n.196): Renato De Carlo 1 Renato De Carlo volgere tutti i portatori d’interessi e la popolazione. E ha assicurato l’interessamento affinché il documento del CAI possa diventare il documento base della Fondazione. Nel documento, presentato da Emilio Bertan, le Sezioni CAI avevano riaffermato l’impegno di portare il proprio contributo tecnico e formativo, chiedendo strutture organizzative e di finanziamento ove siano previsti strumenti di partecipazione. Sui principi va bene, ma come lavoriamo? - interroga Toio de Savorgnani di Mountain Wilderness che non si trova d’accordo sull’attuale gestione dei parchi e sul piano neve regionale. Zambon del CIPRA auspica che il riconoscimento non sia una patacca ma un vantaggio per chi vive in montagna. Annibale Salsa del CAI pone l’accento sulla comunicazione, per far sapere quello che si fa. Tante le posizioni, ma se c’è dibattito, c’è interesse. Miscellaneo, Antonio Genova e Lionello Puppi, che si sono soffermati sul significato di una iniziativa che poteva essere considerata un invito alla lettura della propria terra. Tra i documenti esposti, grande emozione ha suscitato tra il numeroso pubblico presente la testimonianza sulla “battaglia di Cadore” vista dalla parte delle truppe imperiali di Massimiliano I d’Asburgo, evento storico di spicco di cui sono stati ricordati da poco e proprio dalla Magnifica i 500 anni. IL TURISMO NEL FUTURO DEL COMELICO dalla prima pagina Altra iniziativa importante è stata quella di procedere ad una classificazione degli appartamenti per facilitarne la promozione sviluppata anche con nuovi contatti con agenzie e work shop, in accordo con il Consorzio Dolomiti”. E per quanto riguarda la risorsa Internet? “Abbiamo sviluppato un progetto per un nuovo portale turistico che ci sta dando già delle soddisfazioni - informa Gianluigi Topran . Molti associati sono presenti con la loro offerta e le informazioni e prenotazioni avvengono direttamente con internet. Ormai la rete è il futuro della comunicazione Livio Olivotto e stiamo lavorando per migliorare la nostra posizione sui motori di ricerca”. Quali sono le vostre maggiori necessità? “E’ evidente che per ottenere risultati servono risorse. L’aumento del numero degli associati ha già portato ad un incremento, ma è necessario compiere uno sforzo aggiuntivo. Nel mese di gennaio promuoveremo degli incontri con gli associati e con le amministrazioni locali per illustrare il ruolo di promozione e valorizzazione del Consorzio per tutti i Comuni del Comelico. Auspichiamo la più ampia partecipazione visto che il turismo rappresenta il nostro sviluppo futuro”. GENN 4-5:GENN 4-5 1 11-01-2010 11:07 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 5 NUOVI ACCOMPAGNATORI CAI PER LʼALPINISMO GIOVANILE iornata molto significativa G il 22 novembre a Pedavena per il Club Alpino Italiano ed in particolare per l’Alpinismo Giovanile: in occasione del XXIV Congresso per Accompagnatori di A.G. del Veneto e Friuli Venezia Giulia ha avuto luogo la presentazione dei nuovi titolati ASAG e AAG. Il tema del congresso riguardava la “Preparazione di un progetto educativo per le tre fasce di età dell’Alpinismo Giovanile; finalità, obiettivi, contenuti, metodologie, verifica”. L’intervento è stato guidato ed approfondito dal dott. Federico Mucelli, pedagogista clinico e docente presso la facoltà di Scienze della Formazione all’Università di Trieste, inoltre durante la mattinata hanno potuto partecipare gli allievi del XI corso di formazione con la presentazione di tre progetti educativi, uno per ogni fascia di età (8-11, 11-14, 14-17 anni). Gli allievi hanno lavorato in gruppi nei mesi precedenti con la collaborazione del relatore; questa modalità ha permesso di progettare delle attività concrete realizzabili sul territorio e di analizzare insieme alla platea punti di forza e di debolezza dei lavori. Il congresso è stata la tappa finale della formazione dei nuovi accompagnatori che hanno cominciato la loro avventura il 31 gennaio 2009 a Palus San Marco di Auronzo. Il corso è stato condotto dalla Scuola Interregionale di AG del Veneto e Friuli Venezia Giulia ed ha proposto lezioni teoriche e pratiche in vari tipi ambiente. Particolarmente impegnativa, ma ricca di soddisfazione da parte di tutti, è stata la progettazione e la realizzazione di quattro giorni di trekking sulle Marmarole durante il quale gli allievi hanno avuto la possibilità di condurre un’escursione con piccoli gruppi di adolescenti. Il corso si è concluso molto bene: ci sono 26 nuovi accompagnatori! Per quanto riguarda LA GIORNATA DELLʼEMIGRANTE Lʼappuntamento a Pieve è diventato annuale - il saluto di Ruggero Valmassoi oci e simpatizzanti di sono ritrovati a Pieve di CaS dore per l’oramai tradizionale “Giornata dell’Emigrante”, organizzata dalla Famiglia Emigranti ed ex Emigranti del Cadore con il patrocinio della Magnifica Comunità di Cadore. Nella prima edizione, gli organizzatori si erano ripromessi di far diventare questa festa un appuntamento annuale e così è stato. Lo scopo era anche quello di incrementare il numero degli associati, risultato abbondantemente raggiunto. Il pranzo, presso il ristorante “Bocon de vino”, è stato preceduto da una messa officiata nella chiesa parrocchiale. Un po’ meno numerosi quest’anno i partecipanti, probabilmente anche a causa della data scelta, concomitante con la festa di Santa Lucia, molto sentita in diversi paesi del bellunese. Presenti il sindaco di Pieve di Cadore Antonia Ciotti, il neo presidente della Magnifica Comunità di Cadore Renzo Bortolot, il presidente dell’ABM Gioachino Bratti; Max Pachner ha portato i saluti dell’assessore alle politiche per i flussi migratori Oscar De Bona, mentre l’onorevole Maurizio Paniz, impossibilitato a partecipare, ha voluto essere “simbolicamente” presente attraverso l’invio di un telegramma. Il Presidente pro tempore della Famiglia Emigranti ed Ex Emigranti del Cadore, Ruggero Valmassoi, dopo aver dato il benvenuto ai presenti, ha ricordato il compianto presidente Siro Da Rolt, scomparso nello scorso mese di aprile. Nonostante fosse già malato, non aveva voluto mancare all’appuntamento con la “Giornata dell’Emigrante” che si era svolta ad Auronzo di Cadore nel novembre 2008, sottolineandone l’importanza. La giornata è proseguita in allegria, allietata dalla musica di “Stelio e Giusy” nonché dall’immancabile lotteria. Appuntamento alla prossima edizione. Rina Barnabò le sezioni locali, i nuovi titolati AAG sono: Anna De Candido (sezione Comelico), Rita Frescura (sezione Pieve di Cadore), Massimo Polo (sezione Forni di Sopra), Rolando Nassivera (sezione Forni di Sopra). Adesso inizia, anzi prosegue l’avventura con i ragazzi del posto. Le attività proposte dall’Alpinismo Giovanile offrono ai giovani occasioni di formazione e maturazione che diventano sempre più rare nella società attuale. La possibilità di fare un’escursione in compagnia e in sicurezza, sperimentare la fatica e la soddisfazione di arrivare in cima ad una vetta, la meraviglia di scoprire qualche animale, qualche pianta o qualche fossile visti solo sui libri, conoscere la montagna attraverso l’esperienza personale, trovare nuovi amici: sono cose semplici, ma sono quelle che chiedono i ragazzi. Sezione CAI di Pieve di Cadore Si sono formati al corso condotto dalla Scuola Int. di AG del Veneto e Friuli Impegnativa e ricca di soddisfazioni è stata la progettazione e la realizzazione di 4 giorni di trekking sulle Marmarole Anna De Candido (Sez. Comelico), Rita Frescura (Sez. Pieve), Rolando Nassivera e Massimo Polo (Sez. Forni di Sopra) GENN 6-7:GENN 6-7 11-01-2010 11:25 Pagina 2 6 ANNO LVIII Gennaio 2010 1 IN MOSTRA AL MUSEO DELLʼOCCHIALE DOLOMITI E STELLE inaugurata lo scorso 27 dicembre I la mostra fotografica “Dolomiti e Stelle”, ospitata presso il Cos.Mo. di Pieve di Cadore. L’esposizione comprende le immagini più belle della mostra “Stars & Mountains” di Cortina d’Ampezzo, che la scorsa estate ha riscosso moltissimo successo con un grande afflusso di visitatori. Lo scopo per il quale gli scatti sono giunti nel palazzo cadorino che accoglie il Museo dell’Occhiale è quello di offrire anche agli abitanti e alle scuole del Cadore la possibilità di ammirare le suggestive immagini delle Dolomiti, fotografate assieme a pianeti e stelle, realizzate dagli astrofili dell’Associazione Astronomica di Cortina. L’Associazione, nata nel 1972 dall’entusiasmo di una ventina di soci fondatori aveva come scopo principale quello di costruire un osser vatorio astronomico che permettesse di sfruttare al meglio la trasparenza e la purezza dell’aria, che fanno di Cortina una delle mete privilegiate del turismo mondiale. Fu così, che dopo immani sforzi economici ed organizzativi, sorse nel 1975 l’Osservatorio Astronomico del Col Drusciè, situato alla sommità dell’omonimo colle ai piedi del massiccio delle Tofane. Qui, a 1780 metri di quota, trovava posto un telescopio Newton-Cassegrain, al tempo il più grande d’Italia. Dopo alcuni anni di rodaggio e di messa a punto degli strumenti, si iniziarono a riprendere le prime foto di livello professionale. Da allora l’Osservatorio è visitato annualmente da centinaia di appassionati, studenti e curiosi, i quali possono ammirare le meraviglie che il cielo offre da una postazione molto privilegiata. Attualmente l’Osservatorio Astronomico del Col Drusciè è l’unica struttura, gestita da astrofili, completamente automatizzata. Il sistema computerizzato presiede al puntamento, alla ripresa, ed all’archiviazione delle immagini. Il tutto può essere comandato, via modem, anche a distanza. Grazie anche alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie di ripresa delle immagini, i soci dell’Associazione si occupano principalmente di studi riguardanti le comete ed osservazioni di galassie per la ricerca di supernovae. Nell’ambito del programma C.R.O.S.S. (Col drusciè Remote Obser vator y Supernovae Search program) sono già state scoperte 13 supernovae ed un pianetino, chiamato “Cortina d’Ampezzo”. Oggi l’Associazione, con oltre 100 soci, è una delle più numerose ed attive d’Italia. Tornando alla mostra di Pieve, un avvincente percorso guidato accompa- Le immagini più belle della mostra “Stars & Mountains” di Cortina dʼAmpezzo esposte a Pieve di Cadore Un avvincente percorso impegnerà il visitatore alla scoperta delle meraviglie del cielo gnerà il visitatore alla scoperta delle meraviglie del cielo, prendendo spunto proprio dalle spettacolari immagini del cielo stellato con lo sfondo delle Dolomiti. La rassegna è suddivisa in quattro sezioni: Sole, Luna e pianeti; Corpi minori del Sistema Solare e fenomeni atmosferici; Stelle, nebulose e galassie; Il cielo a 360°. In ogni sezione poi il visitatore potrà approfondire le proprie nozioni astronomiche grazie alle esaurienti e semplici spiegazioni che accompagnano tutte le immagini. “Dolomiti e Stelle” rimarrà aperta al pubblico fino al prossimo 27 febbraio, visitabile dal martedì al sabato dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30. Soddisfatta dell’iniziativa la curatrice del museo, Laura Zandonella: “E’ un percorso guidato estremamente coinvolgente che vuole far scoprire le meraviglie della volta celeste partendo dalla maestosa bellezza delle Dolomiti. Il materiale della mostra arriva da Cortina ed è esposto a Pieve come manifestazione conclusiva degli eventi galileiani, che continueranno così fino alla fine di febbraio”. Un apprezzamento giunto durante la cerimonia d’inaugurazione anche dall’assessore alla cultura di Pieve, Maria Giovanna Coletti: “Pieve è sempre stata al top delle località turistiche della montagna ed è forse l’unica ad aver affrontato negli ultimi dieci anni il problema del nuovo turismo, che deve offrire una componente culturale molto importante per i visitatori del territorio. Sarà un percorso molto lungo ma noi stiamo facendo del nostro meglio, dall’archeologia all’arte, con la presenza di Tiziano, all’architettura, ai centri culturali come la Fondazione centro studi Tiziano e alla stessa Magnifica Comunità. Un sfida che con questa mostra è stata affrontata nel miglior modo possibile anche dal Museo dell’Occhiale”. Daniele Collavino GENN 6-7:GENN 6-7 1 11-01-2010 11:25 Pagina 3 7 ANNO LVIII Gennaio 2010 l gruppo d.o.c., che sta per I di origine comeliana, è un gruppo di giovani che ha preso a prestito una sigla tanto famosa nel campo alimentare, un sinonimo di qualità, perché ritiene che anche essere comeliani, ed orgogliosi di esserlo, sia indice di qualità. Questo è un gruppo di giovani ventenni che credono nel Comelico, che vogliono investire in una vallata tanto bella e poco apprezzata, ma che ancora non ha avuto l’opportunità di dire la sua. “Siamo studenti e lavoratori, tutti ugualmente convinti che il Co- In Comelico i giovani D.O.C. chiamano a discutere gli amministratori I GIOVANI E IL TERRITORIO NEL FUTURO CONCERTO DI NATALE AD AURONZO Hanno partecipato insieme il Corpo Musicale di Auronzo, il Coretto DOREMI di Auronzo, La Sorgente Gospel Choir, il tenore Cristian Minato rande successo ha avuG to ad Auronzo il tradizionale Concerto di Natale a formazioni riunite organizzato dal Circolo Val d’Ansiei. Il 26 dicembre scorso nella Chiesa Parrocchiale di S. Giustina V.M. di Auronzo di Cadore vi erano il Corpo Musicale di Auronzo di Cadore, il Coretto DO.RE.MI. di Auronzo, “La Sorgente Gospel Choir” e il tenore Cristian Minato (117 tra strumentisti e coristi) che hanno proposto brani tratti dal repertorio sacro e della tradizione natalizia per voce e banda. Il Corpo Musicale di Auronzo di Cadore, diretto dal Maestro Rodolfo De Rigo, ha esordito il 12 luglio 1998 ed attualmente è costituito da una trentina di esecutori provenienti da Auronzo, dal Centro Cadore e dal Comelico. La presenza del Corpo Musicale alle manifestazioni civili e religiose del paese di Auronzo di Cadore ha creato una serie di tradizionali appuntamenti di richiamo sia locale che turistico; per citarne alcuni: “la Processione del Corpus Domini”, “la Festa delle Bande”, “il Concerto di Mezza Estate” e “il Concerto di Natale”. Le due tournèe più significative de il Corpo Musicale di Auronzo sono state effettuate in Brasile nello stato del “Rio Grande Do Sul”. La prima nel 2005 su invito dell’ “Associazione Bellunesi nel Mondo” in occasione delle manifestazioni organizzate in Brasile per i 130 anni dell’emigrazione italiana, e veneta in particolare, la seconda nel 2008 per accompagnare l’Amministrazione comunale di Auronzo di Cadore in occasione della sottoscrizione in forma ufficiale e solenne del gemellaggio tra Auronzo di Cadore e la città di Ilòpolis. Il Coretto DO.RE.MI. di Auronzo di Cadore è sorto nel gennaio del 1997 su iniziativa di Claudio Vecellio Reane, attuale Direttore. Ne fanno parte bambini provenienti sia da Auronzo che dai paesi limitrofi, ed attualmente è composto da una quarantina di elementi dai 5 ai 15 anni. L’attività principale consiste nel solennizzare le celebrazioni liturgiche in occasione delle più importanti festività nelle tre Parrocchie di Auronzo di Cadore. Ha cantato in diversi Santuari d’Italia ed ha avuto un’esperienza all’estero animando una celebrazione a Klagenfurt, in Austria. Nel 2007 ha inciso il suo primo cd dal titolo “La pace chiediamo…”. Nel mese luglio si è esibito in un concerto durante la presentazione della squadra della Lazio in ritiro ad Auronzo. La Sorgente Gospel Choir, attualmente diretto da Agnese Molin, nasce ufficialmente nel 2007. Ultima nata tra le formazioni orchestrali della cooperativa “La Sorgente” di Domegge di Cadore, il Gospel Choir riunisce quarantacinque elementi provenienti dal Cadore, Ampezzano, Comelico e Sappada. Nell’estate del 2007 è stato invitato da Veneto Jazz a chiudere la settimana del “Summer Festival” di Cortina d’Ampezzo. Il 12 Gennaio 2008 si è esibito in un importante concerto presso la Sala Giovanni XXIII a Belluno organizzato dalla Diocesi di BellunoFeltre. Il 12 aprile dello stesso anno ha tenuto un concerto per gli 800 anni della Parrocchia di Auronzo di Cadore. Nel vasto repertorio vengono proposti brani della tradizione gospel, spirituals e africana, proposti al pubblico in forma di coro misto a cappella. Il tenore Cristian Minato nasce a Castelfranco Veneto nel 1978. Si è avvicinato allo studio del canto grazie al Maestro Renzo Simonetto con il quale ha lungamente collaborato come solista in numerosi concerti lirici e sacri con l’orchestra filarmonica di Castelfranco Veneto ed il coro polifonico Salvarosa. Successivamente ha continuato lo studio con il Basso Enrico Rinaldo, docente di canto al Conservatorio “Tartini” di Trieste, e suo attuale insegnante. Il suo repertorio passa dall’ambito sacro a quello operistico e recentemente si è esibito in un concerto di musica sacra presso il tempio della Sagrada Famiglia a Barcellona. Elena Rigato (componente del Corpo Musicale di Auronzo di Cadore) A Santo Stefano di Cadore tentativi di capirsi e di sostenersi fra giovani e amministratori del Comelico “Siamo appagati dallʼaffluenza, dal clima e dai temi trattati” dichiara il portavoce del gruppo Manuel Baldissarutti melico rappresenti le nostre radici, ma anche il nostro futuro. Non vogliamo essere parte della “fuga di cervelli” che caratterizza i nostri paesi, vogliamo dimostrare che si può rimanere anche qui e fare cose importanti.” Spiega Giulia De Mario membro del gruppo, che aggiunge “questo nostro gruppo non nasce con l’idea di sovrapporsi ad altre realtà già presenti sul territorio, si tratta piuttosto di un gruppo “di sostegno” alle varie iniziative in favore del Comelico, ma anche uno sprone nei confronti di gruppi ed istituzioni affinché vengano valutate problematiche che magari fino ad ora sono rimaste un po’ in ombra.” Il gruppo ha organizzato una serata, che si è svolta in Comunità Montana Comelico e Sappada lo scorso dicembre, alla quale hanno partecipato tutti gli amministratori del Comelico per un dibattito pubblico inconsueto, ma che si è rivelato essere propositivo. “Era la nostra prima uscita e, come sempre in questi casi, le aspettative erano tante, ma ancor maggiori le perplessità” così spiega Manuel Baldissarutti, facendosi portavoce del gruppo giovani doc. “Siamo appagati dall’affluenza, dal clima e dai temi trattati. Abbiamo raggiunto uno dei nostri intenti: creare motivo di dialogo con le amministrazioni e tra le amministrazioni”. L’idea del gruppo di giovani ha piacevolmente sorpreso tutti gli amministratori della vallata, che hanno accettato d’essere presenti alla serata e di rispondere alle domande poste loro dai ragazzi. “Ringraziamo Marco Da Rin Zanco, assessore alle politiche giovanili del comune di Belluno, che si è reso disponibile a fare da mediatore al nostro incontro” ci tiene a sottolineare Giulia De Mario. La serata si è basata su una tornata di domande che ha dato modo a tutti gli amministratori di toccare temi caldi della quotidianità della Val Comelico. Si è parlato di progetti da attuare e di passi fatti. E’ emersa essenzialmente la necessità di operare insieme, di creare una solida squadra con la quale prefiggersi gli obiettivi da raggiungere. Raf faella Mario, vicesindaco di Comelico Superiore, ha evidenziato come il Comune da lei rappresentato abbia puntato molto sul turismo. “Riteniamo sia il primo motore di sviluppo della vallata. Non c’è bisogno di riconvertirci alla vocazione dell’ospitalità, perché questa vocazione è insita nel nostro territorio da anni. Occorre rendersene conto e potenziarla in sinergia.” Ha aggiunto “il turismo va di pari passo con l’agricoltura. Questa è un settore che è stato colonna portante degli anni passati, oggi serve riscoprirlo in modalità moderna, in modo da essere competitivi. A questo proposito, in giunta, abbiamo approvato un regolamento che dà la possibilità, dopo l’accertamento delle caratteristiche, di utilizzare la de.co., cioè la denominazione di origine comunale. Non è un marchio di qualità - spiega - ma è un piccolo passo per legare i prodotti del nostro territorio al nostro territorio.” Ha terminato auspicando che le scarse risorse di cui la zona dispone non vengano utilizzate per giustificare le limitate possibilità amministrative, poiché anche con poco si può aspirare a raggiungere ciò che sia ha a cuore. Virginio Menia Cadore, sindaco di Danta, ha portato l’esempio della sua amministrazione comunale che, nel suo piccolo, ha realizzato progetti di valore come le torbiere. “Con le risorse che abbiamo siamo intervenuti in opere che, unite ad altre, possono ampliare l’offerta del Comelico. Non sono imprese faraoniche, ma in ottica di sviluppo danno un valore aggiunto al territorio” Il sindaco del piccolo paese ha anche fatto luce sul progetto “Interreg” che potrebbe concretizzare una collaborazione tra Danta, un pic- colo Comune dell’Alto Adige e un altro austriaco. Giancarlo Ianese, sindaco di San Nicolò, ha esposto le prospettive per lo sviluppo di Monte Zovo con strutture tali da renderlo punto di accoglienza e ristoro, nonché partenza per attività sportive. Inoltre ha parlato dei successi del suo comune, che vive grazie allo sfruttamento dell’energia ricavata dalla centralina idroelettrica. Sul tema dello sviluppo dell’area sportiva di Lacuna ha informato che la gestione della palestra sportiva non verrà data a privati, ma resterà nelle mani dell’amministrazione. Silvano Pontil Scala, sindaco di San Pietro, ha voluto ribadire “l’importanza della Val Visdende che potrebbe essere il propulsore turistico del Comelico. A riguardo, però, le difficoltà di intervento non mancano”. Ha fatto luce sul tema della centralina la cui costruzione dovrebbe partire nel 2011 “a breve avremmo un incontro volto ad illustrare i dettagli tecnici dell’opera di cui Enel e Bim, insieme al comune di San Pietro, detengono una percentuale della proprietà.” Alessandra Buzzo, sindaco di Santo Stefano di Cadore ha parlato del territorio da lei rappresentato come “sede naturale” dei servizi. (segue a pag. 21) Maria Ioppi GENN 8-9:GENN 8-9 11-01-2010 11:26 Pagina 2 8 ANNO LVIII Gennaio 2010 MASI SIMONETTI biografia ZOPPEʼ RICORDA IL SUO ILLUSTRE PITTORE E POETA ommaso nasce a Zoppè il 27 T marzo 1903 da Carlo Simonetti e Romana Bortolot e rimane orfa- oppè ricorda con orgoglio Z uno dei suoi figli artisti, Masi Simonetti, con un’interessante mostra di opere tra le quali spicca “La morte del poeta”, un grande quadro proveniente dal Museo Civico di Belluno e che appartiene all’ultimo periodo pittorico di questi (1964-65). “L’occasione, ricorda il sindaco Renzo Bortolot nell’affollata sala del Municipio il 20 dicembre, sono i quarant’anni dalla morte di Masi Simonetti (1903 - 1969) un pittore che ha percorso le strade dell’arte nel Novecento spingendosi sino a Parigi ma tornando sempre al suo paese natale per riprendersi quell’autenticità che considerava in gran parte perduta”.E’ anche un messaggio lanciato ai tanti emigranti di Zoppè di Cadore sparsi per l’Europa a non dimenticare il piccolo paese natio alle pendici del Pelmo e a ritornare ogni qualvolta possibile (come molti di loro fanno) in questa comunità autentica. Noi oggi, continua il sindaco rivolto ai suoi concittadini, ammiriamo nelle opere di Masi Simonetti le tante rappresentazioni di questo Zoppè vero o immaginato, con le sue miserie ed i suoi splendori; dovremmo però essere capaci d’andare oltre la semplice impressione visiva per cogliere il nostro passato e costruire il nostro futuro”. Non deve essere stato facile per un piccolo Comune quale è Zoppè di Cadore riuscire ad organizzare un’esposizione che si è dimostrata di qualità: l’opera “La morte del Poeta” corredata da una serie di disegni e pitture collegate, il tutto ben rappresentato e descritto in un video assieme alla vita ed alle altre opere di Masi Simonetti. E il ringraziamento del sindaco non è mancato agli ideatori della mostra prof. Donato Maria Bortolot e arch. Paolo Simonetti, come a quanti hanno collaborato per l’allestimento presso la Scuola elementare, ai critici Oscar Bertaggia, Nicoletta Comar e Benedetta Salerno che hanno commentato “La morte del poeta” sotto i diversi aspetti, alla soprano Josephine Pilar che ha presentato tre melodie da canzonieri. L’iniziativa del Comune di Zoppè di Cadore è stata effettuata con la collaborazione dell’Union di Ladign de Zopè, Pro Loco e Casa del Sordo, è stata realizzata per la disponibilità del Museo Civico di Belluno e con il sostegno finanziario della Regione Veneto, Fondazione Cariverona, Consorzio BIM Piave di Belluno. 1 MASI MASI SIMONETTI SIMONETTI “LA “LA MORTE MORTE DEL DEL POETA” POETA” no in tenera età. Trascorre l’infanzia in paese con la nonna Anna Maria Menegus e lo zio Bortolo. Dice di sè: Fu copiando un quadro di Tiziano nella chiesa del paese con le rispettive barbe bianche dei personaggi sui quaderni di scuola che ho cominciato a disegnare.Con lo zio nel 1919 emigra a Pavia come aiutante nella vendita di dolciumi e poi lavora come decoratore. Dopo il servizio militare, nel 1925 raggiunge la sorella Amalia a Parigi, nel 1933 si sposa con Madaleine Aubert: qui frequenta gli ambienti artistici di Montparnasse ed Il grande dipinto è in mostra a Zoppè di Cadore che così intende onorare lʼillustre concittadino a quarantʼanni dalla morte espone i suoi dipinti in molte gallerie francesi. Molteplici le opere (dipinti e disegni): è passato dall’Impressionismo all’Espressionismo, dal Cubismo all’Astrattismo, con scorci di Parigi, paesaggi, scene di guerra; di questo periodo anche un autoritratto. Compie numerosi viaggi in Belgio ed in Spagna, ritorna in Italia e a Zoppè dove dal 1953 si ferma sempre più spesso sia per il rapporto affettivo con la gente del paese, sia per lavorare su alcuni temi pittorici come le maschere, le tradizioni e l’ambiente. E’ la testimonianza del suo legame ma anche del rammarico per le trasformazioni avvenute. Nel 1964-65 porta a termine quello che considera il proprio testamento artistico, “La morte del poeta”, preparato per una mostra allestita al Museo Civico di Belluno. Nel 1968 lascia per l’ultima volta Zoppè e parte per Parigi dove muore il 21.2.1969. IL QUADRO “La morte del poeta” appresentazione sacra ad alto R contenuto simbolico, con forti venature ironico-grottesche. L’opera “La morte del poeta” può essere considerata una sorta di testamento spirituale dell’uomo e dell’artista commenta Benedetta Salerno -. Al- la base di questo dipinto vi è un’operazione di per sè suggestiva: Masi Simonetti si fa fotografare appeso alla porta del suo studio, nella medesima posa del poeta morente rappresentato alla sinistra del quadro. E dalla foto, con scrupolosità e metodo, si sviluppa e prende forma l’opera: la folla insignificante e indifferente alla tragedia, groviglio di volti per lo più mascherati nei quali si ri- conoscono personaggli familiari all’artista, maschere che diventano i volti che l’uomo sceglie per se stesso. Al centro della rappresentazione il personaggio del furbo, l’unico che s’accorge del dramma e ferma il corteo con gesto imperioso, mentre più in là, il personaggio a cavallo è il potere che scruta la scena insidioso e malevolo.“La morte del poeta” nasce dalla voglia di raccontare e rac- contarsi. Dal punto di vista tecnico e pittorico, Simonetti mette a punto delle soluzioni artistiche nuove: quasi come un fotografo che ha usato per anni la pellicola a colori, decide di tornare all’antico bianco e nero, una monocromia solo apparente ma che diventa soluzione tecnica da lui stesso definita dei “grigi colorati”. GENN 8-9:GENN 8-9 1 11-01-2010 11:26 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 9 LEGAME ANTICO CON IL CADORE LA TRADIZIONE E IL FUTURO IN MONTAGNA ’ il più alto(1478 m.) e E più piccolo Comune del Cadore, a ridosso del i dice che il Padreterno S quando ha creato il mondo si è seduto sul caregon Pelmo. Le origini conosciute di Zoppè partono dal 1198 quando era un maso (terreno comprendente casa, fienile e stalla, orto campi, prati e parte di bosco) dei signori zoldani che lo godevano ad uso di pascolo e da dove ricavavano legname per approvigionare di carbone le loro officine. Alla fine del 1400 troviamo qui tre masi, nel laudo del 1535 si registrano 14 famiglie, le più antiche delle quali portano i cognomi Livan e Bortolot, locate in tre borgate che sono Bortolot (il centro col municipio), Sagui e Villa, per un totale di circa 500 abitanti. Gli abitanti guardano ai paesi limitrofi della Comunità di Cadore con i quali hanno in comune pascoli e boschi, nonché parentele e affinità di parlata, mentre il confine a sud con Zoldo corre appena sotto il paese. Se fino al 1700 gli abitanti di Zoppè erano dediti all’agricoltura e pastorizia nei pascoli comuni della Regola dei Monti da Vodo, e producevano nei boschi carbone che veniva venduto ai forni ed alle officine del confinante Zoldo, nel 1700 alcuni di loro cominciarono ad emigrare a Perarolo come menadas e come fabbri per la Repubblica Veneta. Durante le guerre napoleoniche l’economia di Zoppè ebbe un tracollo e nel 1800 vi fu una nuova emigrazione stagionale come venditori in pianura di dolciumi e castagne. Quando Zoppè passò sotto il Regno d’Italia nel 1866 c’erano 42 persone che d’inverno giravano le città del triveneto vendendo chiodi. Secondo una tradizione orale, uno dei giovani del paese a bottega di pasticceria a Venezia imparò a confezionare il sorbetto (l’antenato del gelato): certo è che una compagnia di zoppedini la si trova nel 1873 a Vienna a vendere canditi e sorbetti: da qui gli offelieri-gelatieri con i loro carrettini si sparsero fin a Lipsia, Kiel, Bremen, a Potsdam in Germania, a Brunn in Moravia, a Budapest in Ungheria, ma anche a Ferrara e Rovigo, assumendo, di conseguenza al lavoro, del personale pure a Zoldo e a Venas. Tanta fu la volontà e l’intraprendenza di questi emigranti, anche quando per le guerre perdevano ogni cosa. Dopo l’ultima guerra i gelatieri di Zoppè ripresero in massa la strada della Germania e si fecero onore nella loro particolare attività che è sì dolce ma faticosa e talvolta accompagnata da nostalgia per il paese e gli amici lasciati. Infatti, due terzi della popolazione emigra stagionalmente per lavoro e, oggi 20 dicembre, sono circa 300 gli abitanti che risultano presenti in paese, ma fra un paio di mesi ne rimarranno poco più di 100. Chi resta si dà però un gran daffare: non sia mai che Zoppè muoia. del Pelmo, ha preso il compasso e ha girato il mondo. Per noi è il più bel posto del mondo”. Scherza e ride sotto i baffoni, ma non troppo, Zeno Sagui Lotto presidente dell’Union dei Ladign de Zopé, il gruppo storico che mantiene vivi la lingua, le tradizioni e un saldo legame con il Cadore, crea motiva- SERVIZIO di Renato De Carlo ZOPPEʼ DI CADORE PICCOLO GRAZIOSO PAESE SOTTO IL PELMO zioni e iniziative perchè il piccolo paese non debba assolutamente morire. E l’impresa pur non facile (“delle 280 persone ora in paese ne rimmaranno 50 fra un mese e mezzo, solo 5 bambini frequentano le elementari”), sembra riuscire proprio per la vivacità e caparbietà di amministratori e residenti, e pure per quel pizzico d’interessi e nostalgia degli emigrati stagionali. “Che si voglia o no, tutta la montagna cambia. Ma noi non vogliamo che Zoppè muoia - è categorico Sagui e cerchiamo anno dopo anno di far capire che mettendosi assieme si può fare ancora qualcosa: organizzare una bella mostra come questa su Masi Simonetti, mantenere fruibile il Museo etnografico che materialmente con i suoi oggetti parla della nascita e della vita del paese, recuperare queste case che poi fanno parte della storia. C’è il gruppo dei Ladini, il gruppo del Museo, c’è un circolo Culturale, c’è la Proloco, c’è un po’ di tutto, la gente si tira su le maniche”. Però la gente è poca... “ Per fortuna la maggior parte dei gelatieri è stagionale e rientra per riposarsi ed accudire le proprie cose, quindi d’inverno il paese rivive, è pieno d’iniziative”. A Zoppè nel 2011 avremo addirittura un incontro di tutti i carbonai d’Europa”. Ve ne sono ancora? “Checché se ne dica, la gente qui a Zoppé faceva carbone, che veniva poi adoperato dai ciodarot nelle varie fucine, carbone molto prezioso, importante e redditizio. Il primo forno era vicino al cimitero, c’era la strada del ferro attraverso le montagne, quindi si lavorava il ferro qui. Finché non si prese la decisione di emigrare e di andare a fare gelato. A risvegliare l’interesse per l’attività del carbone (poiat) fu il prof. Bortolot con gli ultimi due carbonai del paese, Felice e Mariano, negli anni ‘70. Ora, proprio nel rifare la carbonaia presso il Museo con i due figli di detti carbonai e nel presen- tarla alla tanta gente che era salita a Zoppè, abbiamo avuto la gradita sorpresa di essere invitati da amici tedeschi a Rostock e spronati a tenere nel 2011 l’Incontro Europeo dei Carbonai al quale partecipano ben 8 nazioni (Germania, Polonia, Svizzera, Italia, Olanda, Francia...). Il che vuol dire che la tradizione, il lavoro andato perso, il lavoro sporco, al quale noi non diamo importanza, in alcuni paesi è ancora fonte di sopravvivenza e di commercio. E’ una piccola nicchia”. Zoppè come piccolo paese di tradizione e cultura montanara sito in un’ambiente splendido. Un’alternativa per i turisti nella pace della montagna? “Anche. Basta che vogliano vivere il paese e la montagna così com’è”. “Zoppè, il più bel posto al mondo”, parola del presidente dei Ladign Giovanni Sagui qui con i gelatieri Claudio Bortolot, Stefano Bortolot e la soprano Josephine Pilar de Pilars TUTTI GELATIERI ALLʼESTERO CON LA FOTO DEL PELMO ui a Zoppè sono tutti gelatieri, Q in attività o a riposo. Claudio Bortolot è uno di questi, vive in Germania a Duisburg nella zona del Reno vicino l’Olanda, e già il suo faccione attira simpatia. Perché? è la domanda scontata. “E’ un’attività che faceva già mio nonno, mio padre…, sono andato lassù che avevo 13 anni. Ogni famiglia, come i Bortolot, Pompanin, Sagui, Mattiuzzi, Livan... ha avuto persone che hanno fatto questo lavoro. E’ una scelta obbligata nella tradizione perché le prospettive professionali da queste parti erano abbastanza esigui, poi la possibilità di raggiungere un tenore economico soddisfacente conduce la maggior parte delle persone a tentare questa via. Molti si sono fatti una dimora dove lavorano, sono diventati proprietari di immobili, tanti non rientrano in paese. Adesso il problema è il ricambio generazionale che sta sta mancando, ci sono pochi figli, e chi è andato a scuola preferisce fare un altro lavoro…” Pur soddisfatti, all’estero ci si sente sempre un po’ emigranti, con la nostalgia del paese. “Certamente. Quando incontro ex compaesani sento in loro un forte ricordo e un pochettino di nostalgia. Ma se uno rientra al paese con un decoroso bagaglio economico allora va tutto bene…, però c’è gente che è rientrata tentando di crearsi qua un attività e si è trovato di fronte ad una burocrazia distruttrice, ed è diverso da quanto succede nella società tedesca che dà delle chances notevoli. Si ritorna comunque sempre volen- tieri, per riposarsi in un ambiente salu- laboratorio e poi uscivano per le strade bre e ritrovare parenti ed amici”. coi carrettini. Chi imparava il mestiere veniva anche aiutato ad intraprendere Stefano Bortolot sta a Cochem l’attività. sulla Mosella, zona che ricorda i caQui si viveva di pastorizia e campi, stelli francesi rinomata per la produ- una attività impossibile in inverno. zione del vino Riesling. Qui fa la sta- Zoppè è un paese dove il 70% degli abigione e ha alle spalle (“nonostante la tanti fa questo mestiere: noi si rientra mia presenza giovanile”, scherza) ol- col bisogno di staccare la spina, un ritre 30 anni da gelatiere. “Stiamo man- poso mentale più che fisico, si sta qui dando avanti la tradizione di famiglia per mesi e poi alla fiera del gelato si riche risale al 1893, da quando Celeste, prende tutto il discorso per la successiva Angelo e Vittorio erano andati a Vien- stagione lavorativa. na col carrettino dei gelati: una volta Il gelato come arte o mestiere? iniziavano da ambulanti, avevano un “Siamo nati imparando a fare il ge- lato, anche qui a Zoppè dove la nonna aveva un bar. Penso che uno debba farlo con passione per creare qualcosa..., come da tradizione. Oggi però le aziende tendono ad una produzione livellata”. Si può investire sul paese? “Si deve; molta gente quel che ha fatto in Germania l’ha investito qui in paese; la speranza è che altri portino qui famiglie e figli. Io, con tre figli, la mia parte per il ripopolamento della montagna l’ho data con entusiasmo, poi … (e ride di gusto accompagnando le sue parole)”. Fontana Arreda Santo Stefano di Cadore Ambientazioni personalizzate anche su misura Via Medola, 21 - Tel. 0435.62377 Fax 0435.62985 - Cell. 338.9418974 e-mail: [email protected] GENN 10-11:GENN 10-11 11-01-2010 10:51 Pagina 2 10 ANNO LVIII Gennaio 2010 1 Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni • Lettere & Opinioni TANTI AUGURI A NILLA MARINELLO QUANDO DON SESTO E DON CARETTA ANDARONO A TROVARE I CONTERRANEI Gent.mo Direttore, un anno è già passato e non manco di rinnovare l’abbonamento al bel “Cadore”, augurando a lei e ai suoi collaboratori un Buon Natale e Anno Nuovo. Un cordiale saluto a tutti. Nilla Marinello Fombor Brema - GERMANIA Grazie degli auguri che volentieri ricambiamo a Nilla nostra abbonata sostenitrice (nella foto) alla quale il giornale porta sicuramente ogni mese una ventata di casa. BUON ANNO A QUANTI CI HANNO SCRITTO Numerosissimi e da tutto il mondo sono pervenuti biglietti di auguri, mail e telefonate in occasione delle passate festività. Come ho già avuto occasione di scrivere, è il segno d’un affetto sincero verso il mensile Il Cadore e verso quanto que- sto giornale rappresenta. La Direzione e la Redazione ringraziano tutti (anche coloro che non citiamo espressamente) e rinnovano loro gli auguri per un proficuo e sereno 2010. Un fervido augurio di 2008 INVERNI A 2009 CONFRONTO La foto in alto ci viene inviata da Marco Zennaro da Pieve di Cadore. “Un immagine curiosa dello scorso inverno - osserva - nella quale il Maestro sembra essere salito in cima alla montagna di neve che occupava la piazza Tiziano...” Tutt’altra cosa la neve quest’inverno, meno abbondante ma suggestiva nel suo manto gelato. La foto è di Carla Livan. Buon Anno è rivolto agli abbonati e ai lettori de Il Cadore dal presidente Renzo Bortolot, che riafferma la sua vicinanza ideale a tutti i Cadorini i quali potranno sempre trovare un punto di riferimento nella Magnifica Comunità di Cadore. Un particolare saluto: a Agata Zambelli da Sudbury - CANADA a Giò e Enrica Crepaldi da Laval - CANADA a Cirillo Baracco da Wavecrest - CANADA a Mirko Della Libera da Kalw - GERMANIA a Mercedes Genova Perissinotto da Treviso; a suor Angela De Podestà Rengo da Padova che ci scrive puntalmente ogni mese commentando gli argomenti del giornale. Ricambiamo gli auguri pervenutici da Sindaci, enti, associazioni e amici. Con gli auguri di BUONE FESTE e il rinnovo dell’abbonamento, invio una foto del 1968, di quando (TANTI ANNI FA) don Sesto Da Pra Parroco di Lorenzago ha fatto insieme a don Caretta una visita ad Ottawa, CANADA, incontrando Paesani e Parrocchiani. Sono, da destra: Giuseppe De Michiel, Daniele Zanella, Danilo De Michiel, Don Caretta, Don Sesto, Natalia e Remo De Marco. Alcuni di loro non sono più tra noi. Cordialmente Remo De Marco Ottawa - CANADA Ecco una foto significativa dell’affetto che legava un tempo i conterranei e li spingeva anche a varcare l’oceano pur di rivedersi. Auspichiamo che la foto di De Marco, che salutiamo e ringraziamo per la rinnova- ta fedeltà a Il Cadore, possa essere motivo di sprone per tanti nostri connazionali all’estero a riprendere in mano le loro vecchie foto e raccontarle brevemente a noi, sempre curiosi di conoscere. SU YOU TUBE UN FILM SULLʼOPERA DI VALENTE Rivolgo a lei sig. Direttore e per tutti i suoi collaboratori e loro famiglie i miei più fervidi e sinceri auguri di Buone Feste. Cordialmente. PS: Ora questo Dvd (un documentario del regista Mantova sull’architetto Valente, ndr) è su You Tube, sito antoniovalente.it. Maddalena Del Favero Valente Cadorina di Cibiana Roma Ringraziamo e contrac- l’architetto e inventore Antocambiamo gli auguri. L’ope- nio Valente, scomparso molra di Maddalena nel tenere ti anni fa, è encomiabile. viva la memoria del marito Ma anche la precisazione in calce alla sua firma -“Cadorina di Cibiana” - è significativa: lei, appartiene a questa terra. I COMPLIMENTI DELLA CROCEROSSINA MERCEDES Egregio Direttore, chiedo venia per il mio mancato ringraziamento per il bellissimo articolo a mio riguardo. Sinceramente, mi sembra solamente di aver adempiuto ad un dovere preso nel giorno in cui mi è stata appuntata la Croce Rossa sull’uniforme. Ringrazio il cielo di avermi dato la possibilità fisica e mentale per ben 50 anni di servizio attivo a rendere un po’ di aiuto al prossimo. (...) Complimenti per il giornale, sembra più interessante e molto apprezzato da tutti. Cordiali saluti e SANI! Mercedes Genova Perissinotto Treviso Sempre modesta lei, ma le opere fatte rimangono. Ci vedremo per quel “piatto de bona ziera” che sta aspettandomi; sono sicuro che arriverà il tempo propizio, cosicché ce la potremo raccontare. GENN 10-11:GENN 10-11 1 11-01-2010 10:51 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 11 Lettere & opinioni • Lettere & opinioni • Lettere & opinioni PESCASPORTIVI CENTRO CADORE PREMIATI COMMEMORAZIONE DI ODORICO LARESE Magnifica Comunità comparabile a Belluno. “Voglio per parte mia adIN TOSCANA PER LA GESTIONE DELLE ACQUE diLaCadore ha voluto comHa fondato e diretto, con ditare al pubblico quest’uoUn riconoscimento per la buona gestione dei nostri corsi d’acqua è stata data all’APS Centro Cadore - Bacino di pesca n.4 nel corso del 13° TROFEO BISENZIO organizzato dal Prato Mosca Club. Una manifestazione di livello nazionale che é specifica per chi pratica la pesca a mosca rilasciando il pesce catturato. Gli organizzatori ci hanno contattato ed invitato a partecipare con uno stand per pubblicizzare le nostre zone, vista la frequentazione di molti pescaturisti sia della Toscana che da tutta Italia e anche dall’estero. Oltre a questo ci é stato comunicato che eravamo stati segnalati da molti pescatori all’organizzazione per la nostra buona gestione delle acque, in particolare per il Piave a Perarolo. (...) Ovviamente abbiamo accettato il gradito invito e ci siamo organizzati con opuscoli che davano informazioni sul nostro territorio, sulla nostra Provincia e su alcuni locali della zona (alberghi, ristoranti, bar, negozi …). E’ stato un succes- so e abbiamo avuto moltissime richieste di informazioni. E siamo stati premiati. E’ stato molto importante il riconoscimento che ci é stato assegnato per la gestione delle nostre acque. Apprezzato con un lungo applauso dei pescatori presenti e i complimenti degli organizzatori per il nostro impegno, nella salvaguardia dei nostri corsi d’acqua, a detta di tutti, splendidi e ricchi di pesci di qualità, in particolare di “trote marmorate” e di “temoli”. Ritengo questo riconoscimento estremamente importante visto i lavori che si vogliono fare sia sul Lago del Centro Cadore ed in alveo nel Piave. Lavori che potrebbero creare molti danni al nostro patrimonio ittico ambientale, ed avendo raggiunto questi risultati di grande prestigio sarebbe grave perdere tutto. I pescaturisti che oramai frequentano le nostre zone danno una mano al nostro turismo che deve essere rilanciato e per questo è da tenere in forte considerazione che é un ambiente che va salvaguardato! Il Piave a Perarolo ed il Comune di Perarolo grazie ai pescatori é conosciuto oramai in tutta Italia ed all’estero, sulle riviste specializzatte vengono fatti molti articoli che parlano delle nostre acque l’ultimo é stato pubblicato sulla rivista Pescare (mosca e spinnig) dove oltre a raccontare del nostro territorio si dice che oramai abbiamo raggiunto e talvolta superato riserve piu blasonate, austriache e slovene. Il Club Italiano Pesca a Mosca organizzerà il 10 e 11 luglio la manifestazione IL CADORE LE DOLOMITI E LA PESCA A MOSCA, due giorni dove si pescherà nelle nostre zone. www.cipm-nazionale.it o Danesi Emilo 328.6593228 Infine, un ringraziamento particolare per l’ottimo risultato ottenuto al Consiglio Direttivo, del Bacino di Pesca nr. 4 ai Pescatori che ci aiutano nei lavori di gestione, ai Sindaci dei Comuni del Centro Cadore alla Provincia di Belluno, e al Signor Angelo Piller. Giacobbi Giuseppe Calalzo memorare lo scorso 4 dicembre l’avv. Odorico Larese di Auronzo, splendida figura di Avvocato e di Amministratore che l’Ente ebbe come presidente. Nel suo intervento, il Vice Presidente della Magnifica Comunità Emanuele D’Andrea ha ricordato fra l’altro: “La Magnifica non ha trascurato di rendere omaggio a Odorico Larese in vita con una pubblica cerimonia in questa sala nel 1995 per dimostrargli, come voleva l’allora Presidente De Martin, l’affetto della Comunità per i 50 anni di partecipazione”. “Odorico Larese Cella (1922 - 2000) avvocato a soli 25 anni, ha esercitato la professione in modo in- pochissimi collaboratori, fra i quali la moglie, il settimanale “Giornale del Cadore”, dal Febbraio al Luglio 1946”, ha “promosso fin dal 1952 la nascita del periodico della Comunità Il Cadore. Durante il suo mandato presidenziale e con il sollecito contributo di Giovanni Fabbiani e Giuseppe D’Andrea nel 1975 elaborò l’acquisto della Biblioteca Tizianesca. Partecipe della Comunità per 50 anni come consulente, ma anche come Consigliere, prestò la propria esperienza, continuamente e disinteressatamente, per la tutela del patrimonio e dell’identità della Magnifica. Quest’onere è privo di qualsiasi compenso o rimborso”. mo che ha disinteressatamente dedicato tanta parte del suo tempo e del suo sapere a questa istituzione che rappresenta pubblicamente e indiscutibilmente l’unione del popolo cadorino e tale egli era e si sentiva”. La commemorazione ufficiale nel salone della Magnifica Comunità è stata tenuta dall’avv. Ivone Cacciavillani di Venezia, alla quale si sono succeduti gli interventi del Presidente della Magnifica Renzo Bortolot, del sindaco di Auronzo Bruno Zandegiacomo Orsolina, del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Belluno Avv. Gianfranco Tandura, del presidente della Camera Penale Bellunese avv. Roberto Pregaglia. LʼAUTOSTRADA FINO A MACCHIETTO? Il Dr. Mario Ferruccio Belli, da attento studioso della storia del suo Cadore, lo ama tanto da non perdere nessuna occasione per preservarlo da eventi, a suo parere, in grado di colpire il territorio e i cadorini che lo abitano stabilmente. Non poteva non prendere la penna e dirci la sua. Non preoccuparti caro amico Dr. Belli, è tutta una farsa “pre-elettorale”. I fatti sono noti a coloro che seguono, come faccio io, questa vicenda e sono questi: il Friuli Venezia Giulia ha un’idea diversa del tunnel sotto la Mauria; ritiene meno costoso e migliore il collegamento tra la A28 alla A23 con una bretella da Cimpiello tra Pordenone e Portogruaro, che arrivi a Tolmezzo via Se- quals. La A 23 è intasata di traffico e non è possibile fare una terza corsia nella parto finale verso Tarvisio. Il secondo aspetta è molto chiaro a chi conosce la carta geografica che allego. Non si va a Nord: o si va a Ovest verso il valico del Brennero o a Est verso I Tauri. Una terza autostrada che corra tra le due che ci sono: la A22 e la A23 resta un desiderio che dura ormai da circa 40 anni. I Bavaresi, gli Austriaci e gli Altotesini, dopo aver valutato i costi e i benefici ad inizio degli anni ‘70, e poi ripetutamente, hanno abbandonato il progetto. Il Presidente della Provincia di Treviso, assunta la Presidenza della Autostrada VENEZIA MONACO SpA ha riaperto i giochi senza guardare le carte. (...) Una provocazione per il turismo del Cadore-Ampezzo, che è quello che ci interessa. Nei periodi caldi dei fine settimana o dei picchi di agosto e durante il Natale e l’Epifania, quando i camion non circolano, si può adottare questo provvedimento. Nelle ore del mattino, le gallerie dopo Pian di Vedola diventano a senso unico a doppia corsia verso Nord. Tutto il contrario nelle ore pomeridiane. L’ANAS ha un piano per la 51 di Alemagna che prevede la circonvallazione di Longarone che eliminerebbe la sole strozzatura sull’incrocio con la Val Zoldana. Difficile? La volontà e il buon senso sono gli ingredienti che i Cadorini devono mettere in campo uniti. Dino Fava - CIPRA Italia GENN 12-13:GENN 12-13 11-01-2010 11:29 Pagina 2 12 ANNO LVIII Gennaio 2010 Dicono di loro • Dicono la loro Eʼ TORNATA A SQUILLARE LA CAMPANA DELLʼARENGO? C onsiderando la storia dell’ente prestigioso che è la Magnifica Comunità del Cadore della quale è stato eletto il 23 ottobre il nuovo presidente nella persona di Renzo Bortolot per i prossimi cinque anni, si viene a conoscenza che fin dal 1338 il Cadore era riuscito a darsi statuti di autogoverno, strutturandosi in 27 regole e 10 centurie. La costruzione del Palazzo, voluta dai rappresentanti del popolo, risale al 1525 e da allora ha avuto sede la democrazia cadorina, del suo parlamento, chiamato “maggior e general consiglio” Non mancarono le decisioni importanti durante il corso della storia, nell’unità degli intenti, per proteggere una popolazione al confine delle Alpi, soggetta al dominio di Conti, di Signorie e di protettorati con la Repubblica di Venezia. Nel 1807, con l‘introduzione del modello amministrativo e del codice civile di Napoleone, finì l’autogoverno ed il territorio cadorino fu suddiviso in 19 Comuni, riaggre- Sotto lʼegida della Magnifica i Cadorini potrebbero raggiungere diversi importanti obiettivi gati nei due cantoni di Auronzo e Pieve, che facevano capo alla prefettura di Belluno. La Magnifica Comunità del Cadore, dopo l’occupazione della Francia e dell’Austria, con la costituzione del Regno d’Italia, nel 1875 si ricostituisce come Ente morale con l’intento di conservare e promuovere l’unità culturale e spirituale del territorio. Nei saluti di commiato del Presidente uscente Emanuele D’Andrea e nella presentazione degli obiettivi del nuovo Renzo Bortolot, pur nella intesa di proseguire a dar valore all’immagine ed al ruolo istituzionale, vi si possono cogliere fattori di novità, là dove ci si propone un nuovo costante rapporto con i Comuni e le Comunità Montane, nella veste di interlocutori importanti che operano nel territorio per un confronto di idee con l’avvio di programmazioni economiche sociali; un risvolto politico per far valere “anche i diritti del Cadore verso le autorità e i poteri superiori”. E’ tornata a squillare la campana dell’Arengo sulla torre della Comunità, per questi motivi? L’elemento fondamentale che deve unire tutti i cadorini e le loro istituzioni sotto l’egida della Magnifica è la conservazione ed il corretto uso del territorio. Nessun momento è più opportuno di questo per affrontare un serio dibattito sull’uso e sull’abuso del territorio e sulla tutela del paesaggio che è un caposaldo del voto unanime dell’UNESCO nel definire le Dolomiti quale patrimonio dell’umanità. Il territorio con una superficie di circa km2 1.427.221 ed una popolazione di circa 33.500 lungo le valli del Piave, del Boite e dell’Ansie è rappresentato da 22 Comuni le cui Amministrazioni, essendo molte in difficoltà economiche, potrebbero sentire la necessità di ridursi uni- ficandosi. Esso è regolato da P.R.G.-Piani Regolatori Generali Comunali- mentre vi è la necessità di una identità e di un linguaggio che faciliti una visione oltre i confini purtroppo campanilistici delle Amministrazioni locali. Al centro dell’interesse comune vi deve essere una unica pianificazine urbanistica territoriale ed un unico regolamento edilizio con piani settoriali per il traffico, i parcheggi e gli itinerari ciclo-pedonali. L’autostrada - si o no - nel piano settoriale potrà essere sostituita da uno studio complessivo di percorsi stradali fluidi evitando l’attraversamento dei paesi. E’ indispensabile adottare un efficace sistema di protezione collettiva del patrimonio naturale e culturale, evitando la costruzione di edifici in zone a rischio e di edifici di abitazione di seconde case in un programma integrato di riqualificazione urbana. I problemi da affrontare sono vasti e complessi e democraticamente vi deve essere la par tecipazione degli abitanti attivando il loro interesse. Il mensile “Cadore” potrebbe inserire una rubrica dal titolo” Attività della Magnifica Comunità del Cadore” riportando i contenuti delle riunioni, dei dibattiti e dei programmi. Roberto Valmassoi • 1 Dicono di loro Cosa valorizzare per le celebrazioni dei 150 anni dellʼUnità dʼItalia nei nostri paesi? IL SACRARIO DEGLI ALPINI IN SAN FRANCESCO DʼORSINA R ecentemente è apparso un articolo degli apprezzati Musizza e De Donà, a proposito delle celebrazioni da tenersi per i prossimi 150 anni dell’ Unità d’Italia. I due storici si chiedono che cosa di “risorgimentale” si potrà restaurare in Cadore, in vista delle cerimonie patriottiche del 2011 . Le loro analisi del Risorgimento cadorino ci trovano tutti d’accordo: difatti, come non cominciare da Pier Fortunato Calvi e dall’epopea del 1848 ? E’ proprio da allora che nelle valli del Cadore - passando attraverso altre date fatidiche come il 1866, il 1915-1918 e il 1945 - il viandante incontra lapidi e cippi che ci tramandano il ricordo di battaglie e imboscate avvenute in questa terra di frontiera. Credo peraltro che non sarebbe bene disperdere in mille rivoli i limitati fondi che lo Stato metterà a disposizione per le celebrazioni. Col rischio, magari, di rinfrescare, un po’ qua e un po’ là, tanti segni che il tempo farà nuovamente sbiadire in pochi decenni. Certamente, del recupero di alcune testimonianze storiche potrà farsi carico il volontariato entro i prossimi due anni. Sarà bene che l’Associazione Nazionale Alpini promuova presto nei Comuni una maggior cura dei Monumenti ai Caduti della Prima Guerra mondiale, presenti in ogni piazza del Cadore. Qualcosa verrà anche dalle scuole, ove di sicuro gli insegnanti faranno la loro parte educativa in vista delle solenni celebrazioni dell’Unità d’Italia. Tuttavia, per la zona del Cadore sarebbe più opportuno concentrare i finanziamenti statali in un solo sito: quello che risulta essere per noi il più significativo di tutti, poiché già racchiude, come in uno scrigno, le nostre più preziose memorie risorgimentali. E’ il Sacrario degli Alpini di San Francesco d’Orsina, situato tra Calalzo e Pieve. Proprio qui, nel 1935, un’operazione consimile fu attuata dall’ A.N.A. nel ventennale della Grande Guerra, con una memorabile Adunata degli Alpini che intese riconsacrare la chiesetta del 1512 dopo un lunghissimo abbandono. E ‘ da allora che, in un sarcofago romano donato dai principi Colonna, qui riposano i patrioti di Calvi del 1848 caduti a Termine, combattendo le truppe asburgiche che risalivano la valle del Piave (e tra quei caduti mi piace ricordare il compaesano Giobatta De Carlo di Rizzios). Nel 1935 all’ interno della chiesetta furono inumati i resti mortali del pluridecorato don Piero Zangrando di Perarolo, Cappellano del 7° Reggimento Alpini a Monte Piana e alle Tre Cime di Lavaredo. Anche le spoglie del capitano Celso Coletti, il comandante dei Volontari Alpini del Cadore nel 1915 -1918 sul fronte dolomitico, sono custodite in questo sacello dall’anno della sua morte, avvenuta nel 1937. E chi non conosce quella famosissima canzone degli Alpini che è “Il testamento del Capitano” ? Quando nel 1968 fu aperto il testamento del capitano Camillo De Carlo, Medaglia d’Oro al V.M. nella Grande Guerra per le sue temerarie imprese oltre le linee nemiche nel 1918, si lesse che anch’egli voleva essere sepolto a San Francesco d’ Orsina. Dal secondo dopoguerra il sagrato della chiesetta ospita il Monumento ai Caduti partigiani. Dagli anni ‘50 alcuni di essi sono stati sepolti proprio sotto quel marmo: tra loro vi è Renato Frescura di Pieve, caduto al Passo della Mauria nel 1944 mentre azionava la sua mitragliatrice. E col figlio Renato, nel 1951, volle riposare per sempre anche il padre Cornelio, Volontario Alpino del Cadore e Medaglia d’Argento nella Grande Guerra per le sue audaci gesta sulle balze del Forame. Oggi fortuna vuole che tra pochi mesi, all’ ingresso di Calalzo, verrà inaugurata una nuova rotatoria stradale che renderà giustizia alla Chiesetta degli Alpini, da troppo tempo oppressa da una viabilità che la penalizza. Tra poco verranno così liberati nuovi spazi a beneficio del tempio di proprietà dell’ A.N.A. che, acquistato dalla famiglia Palatini negli anni ‘30, nel 2012 compirà La chiesetta del 1512 dopo un lungo abbandono venne riconsacrata nel 1935 e è adibita a sacrario ANA GENN 12-13:GENN 12-13 1 11-01-2010 11:29 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 13 LAUREE Monica Giustina di San Vito di Cadore con lusinghiera votazione si è laureata all’Università di Trieste in Architettura, corso di laurea specialistica, discutendo la tesi: “Nuova piazza in zona Rusecco a San Vito di Cadore”, relatori Prof. Giovanni Fraziano, Claudio Meninno e Luigi di Dato. Congratulazioni vivissime. Sabina Rossignoli di Valle di Cadore, Venas, dopo la laurea triennale in Scienze e tecniche dell’Interculturalità a Trieste e la laurea specialistica in Antropologia delle religioni a Parigi, ha ora concluso una laurea in Antropologia sociale alla London School of Economics di Londra. Attualmente conduce una ricerca antropologica sulle pratiche di socializzazione di giovani appartenenti a minoranze etniche a Londra, Berlino e Parigi. anch’ esso nientemeno che … 500 anni. Vi sono quindi oggi tanti e nobili motivi affinché i cadorini facciano riferimento, in vista delle celebrazioni dei 150 anni dell’ Unità d’Italia, al progetto già elaborato dall’ A.N.A Cadore del presidente Cason, che mira a valorizzare al meglio la Chiesetta degli Alpini e le sue adiacenze. Ottenute da tempo le prescritte autorizzazioni della Sovraintendenza, il progetto attende di essere finanziato per dare adeguato risalto ad un luogo sacro in cui le rimembranze del 4 novembre e del 25 aprile hanno pari dignità. Il Sacrario di San Francesco (Patrono d’Italia) merita la nostra riverente attenzione non solo per il suo valore artistico tardo-gotico, ma anche per il suo simbolico significato di luogo della riconciliazione, nella morte e nei secoli, tra fratelli cadorini . Un abbraccio ideale unisce da tanto tempo in quei sepolcri tutti i Caduti del nostro Risorgimento. Ci piace sperare che il loro sacrificio, testimoniato dalle loro “urne de’ forti”, possa indicare alle future generazioni un’ unità che - da Roma capitale fino alle più alte valli delle Dolomiti - appaia non solo come patrimonio storico dal 1861, ma sia oggi soprattutto il simbolo di una ritrovata comunione morale tra italiani . Negli intendimenti del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sappiamo che proprio questo dovrà essere il senso più profondo delle celebrazioni del 2011 Guglielmo De Bon Amico degli Alpini tessera n. 17514 I “GREEN GRASS GARDEN” SI RACCONTANO BAND razie ad un progetto G dell’istituto superiore Enrico Fermi dello scorso anno scolastico, sono nati i “Green Grass Garden”, un gruppo musicale formato dagli studenti. Venerdì 18 dicembre, la rock band ha preso parte ad un concerto all’ITI di Pieve, organizzato dai rappresentanti di “Musica nel sangue on tour”. Grazie ad un’ottima prova sulle note di “The wall” e “Smoke on the water”, i Green Grass Garden si sono qualificati alla semifinale della competizione musicale. Questo ed altri i temi trattati nell’intervista alla cantante e al bassista del gruppo: la prima, Lisa Vettore, diciassettenne, frequentante la quarta ITI; il secondo, Gregorio De Podestà, diciottenne laggese della quinta IPSIA. Lisa, parliamo della vostra nascita musicale… “Grazie al progetto musicale organizzato dal nostro istituto, è nata l’idea della formazione di un gruppo musicale della scuola stessa. Inizialmente, essendo nato come corso per musicisti, io non ne facevo parte; un giorno di maggio, poi, davanti a scuola, mi è giunta la notizia della ricerca di una cantante per la fondazione della band: così non mi sono lasciata sfuggire l’occasione”. Gregorio, raccontaci l’origine del vostro nome. “E’ indubbiamente un motivo banale, che rivelo oggi per la prima volta anche ai miei compagni. Una volta composto il gruppo, è sorta la questione di come presentarci. Così una mattina, in corriera, passando davanti ad un giardino verde e mi è venuta l’idea: “Green Grass Garden”, “Il giardino dell’erba verde”. Mi piace come suona, sembra un gioco di parole, che, tra l’altro, iniziano tutte come il mio nome. L’ho proposto agli altri ed è subito piaciuto: per questo ci chiamiamo così”. Lisa, come è compo- Lisa e Gregorio parlano della band nata da un progetto dellʼIstituto Sup.E.Fermi sta la vostra band? “Il nostro gruppo è formato da cinque elementi: la sottoscritta, Lisa Vettore, alla voce; Gregorio De Podestà al basso, Christian Doriguzzi alla batteria, Giovanni Castoldi e la “new entry”, Piercarlo Bozza, alla chitarra”. Gregorio, quante volte vi siete esibiti? “La prima opportunità di metterci in mostra, poco dopo la nostra fondazione, è stata al teatro comunale di Belluno, in occasione della premiazione di alcune scuole, tra cui il liceo scientifico di Pieve, per il concorso di “Lettura pensata”. Fu una vera e propria avventura, perché eravamo ancora alle fasi di programmazione. Ci presentammo con due brani, diremo oggi, ai limiti dell’ascoltabile: ci sentimmo comunque soddisfatti, eravamo riusciti a rompere il ghiaccio. Una seconda occasione è stata il concerto di fine anno scolastico, il giugno scorso; un terzo concerto lo abbiamo tenuto a “La Pineta” di Calalzo: in entrambe le occasioni un ringraziamento di cuore va ai Planet Brain per il sostegno audio”. E arriviamo all’ultima esibizione: Lisa, in che cosa consiste il progetto “Musica nel sangue on tour” ? “Si tratta di un concorso a livello scolastico organizzato dall’AVIS Veneto, quest’anno alla seconda edizione, che propone alle varie scuole di presentare i propri gruppi musicali. Le possibilità sono tre: o ci si presenta con delle cover, o con canzoni proprie, originali, o con “canzoni modificate”. Dopo la fase “scolastica”, si passa a semifinale e finale: chi vince ha diritto a incidere e vince premi come strumentazioni musicali e sale di registrazione. All’ultimo concerto, oltre a noi, hanno preso parte altre due band, i giovani “Zingars” con alcune cover e i “Never Mind” con quattro brani propri. Noi abbiamo suonato per ultimi, presentando gran parte del nostro repertorio. E’ stato veramente bellissimo: eccetto qualche problema di acustica, siamo rimasti tutti molto soddisfatti, ci siamo divertiti e abbiamo suonato veramente bene. Adesso ci aspetta la semifinale del concorso”. Gregorio, quali sono i vostri progetti futuri? “Sicuramente ci concentreremo sulla semifinale di “Musica nel sangue on tour”: non sappiamo ancora né data né luogo, ma quello che conta è che ci siamo qualificati. Inoltre speriamo di continuare a coltivare il rapporto musicale con “La Pineta”, a mio giudizio, da mantenere assolutamente”. Mario Da Rin GENN 14-15:GENN 14-15 11-01-2010 11:35 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2010 14 ’ passata nel più comE pleto silenzio la ricorrenza della morte tragica di Rodolfo, figlio primogenito di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e d’Ungheria. La data sembra essere stata sospinta nell’oblio non solo da noi ma persino a Vienna. Eppure è stata la tragedia che ha segnato l’inizio della fine degli Asburgo dalla storia dei popoli. Ne parliamo perché quel giovane di trentuno anni aveva trascorso in Ampezzo, alcuni giorni felici nell’estate del 1877. In maggio, appena dichiarato maggiorenne la mamma Elisabetta, la mitica Sissi, l’aveva portato in Inghilterra. Per la prima volta loro due assieme! Più tardi scrisse che era stato il più bel periodo della sua vita. Fatto ritorno aveva ottenuto di viaggiare da solo. Scelse il Tirolo e arrivò in Ampezzo dove lo attendevano fin da quando, diciannove anni prima, la sua nascita era stata così salutata. <Li 22 aprile 1858 N. 372. Al signor capo comune di Ampezzo… si dà la fausta notizia che giusta dispaccio telegrafico sua maestà l’Imperatrice alle ore 5 di questa mattina divenne madre d’un principino. L’imperiale regio pretore>. Il clero era stato il primo a partecipare la sua adesione. <Alle 8 antimeridiane del giorno 27 corrente aprile sarà cantata nella chiesa della Beata Vergine della Difesa una messa onde ringraziare Iddio del felice parto di sua maestà l’augusta nostra imperatrice Elisabetta e invito le autorità ad intervenire. Giovanni Maria Barbaria, parroco e decano.> Così il 22 settembre 1877 le due carrozze imperiali si arrestarono davanti all’Aquila Nera. Il principe era un appassionato di caccia. Ci pensarono i due figli di Gaetano Ghedina Tomash, proprietario dell’hotel, appena scomparso, Luigi (il pittore) e Cesare, che mandava avanti l’albergo, ad accompagnarlo per tre giorni sulle montagne di Cortina a caccia di camosci. Il 26 all’alba lasciò la conca dando l’incarico a chi di dovere di far sapere alla popolazione il suo grande rimpianto. Nella mattinata un gendarme portava al sindaco questa missiva. <Sua altezza imperiale il principe ereditario arciduca Rodolfo nell’abbandonare oggi questo distretto giudiziale mi dava l’alto ed onorevole incarico di manifestare alla popolazione di Ampezzo i suoi ringraziamenti e la sua soddisfazione per la festosa 1 Rodolfo e quei tre giorni di caccia in Ampezzo - Una vita infelice che culminò con lʼomicidio dellʼamante e il suo suicidio il 1 febbraio 1899 PER GLI ASBURGO MORIʼ DI COLPO APOPLETTICO Rodolfo d’Asburgo Mary Vetzera Figlio di Francesco Giuseppe e di Sissi, il principe ereditario Rodolfo ebbe unʼeducazione rigida, fu sposato alla principessa Stefania del Belgio ma preferì morire a 31 anni con la giovane Mary Vetzera ed entusiastica accoglienza fatta all’Altezza Imperiale durante il suo soggiorno di tre giorni in questo capoluogo. Nel mentre, colla massima compiacenza, mi affretto di portare queste benevoli esternazioni a conoscenza del signor capo comune, adempiendo così ai voleri del serenissimo ed augusto principe lo invito a portarle nel modo che riterrà più opportuno a pubblica conoscenza. Io pure, da parte mia, esterno la speciale soddisfazione e riconoscenza al signor capo comune ed a tutti i suoi rappresentanti per avere, anche in questa solenne occasione, nulla omesso per dare espressione al sempre dimostrato patriottismo ed a quei sentimenti di verace attaccamento e devozione più inconcussa da cui fu sempre, ed è, animato al pari dei suoi avi questo alpestre e bel paese verso i membri augustissimi della imperiale casa regnante. L’imperial regio capitano distrettuale Gennari.> L’erede al trono non aveva avuto un’infanzia felice. Com’era usanza nella corte asburgica era stata tolto alla madre, fin dalla tenera età, e affidato a uno stuolo di governanti, gentiluomini e gentildonne di sicura fede monarchica. Il primo era stato il generale Gondrecourt del quale si ricordano alcune manie salutiste. Il bambino di quattro anni era obbligato a fare ginnastica nella neve all’aperto d’inverno; veniva spesso risveglia- to all’improvviso con lo sparo di rivoltellate; stava tenuto al buio in una stanza, con la porta sbarrata, e qualcuno gli gridava <attento, arriva il cinghiale>. Naturalmente erano mezzi studiati per rinforzarne la salute (!) e il carattere. Dopo le proteste di Elisabetta che minacciò di andarsene l’imperatore, a malincuore, cambiò istitutore assegnandogli il colonnello Latour di Thurmberg di cui Rodolfo diceva che, perlomeno, non era un sadico! In compenso, più tardi, aveva avuto eccellenti istitutori così poteva dirsi persona colta, a differenza del padre, la cui formazione non andava oltre l’aspetto militare. Oltre dunque a parlare ben quattro lingue (delle dieci ufficiali in Austria!) conosceva il francese, il latino ed era buon conoscitore della storia e delle scienze, tanto che a 20 anni aveva dato alle stampe il volume “Quindici giorni sul Danubio” in cui raccontava le sue avventure di caccia. L’anno dopo aveva pubblicato un libro intitolato “La nobiltà austriaca e il suo compito istituzionale”. Era anonimo, ma, come la zelantissima polizia lo fece arrivare sul tavolo dell’imperatore, questi comprese chi l’aveva scritto e non ne fu contento. Anzitutto per le considerazioni che oggi si direbbero moderne e che egli trovò socialiste, anzi rivoluzionarie. Non lo disse al figlio, unico maschio ed erede al trono, col quale non c’era mai stata comunicazione, ma se ne lamentò con i consiglieri. Quando Rodolfo compì ventitre anni, forse anche per rimediare ai capricci giovanili, la corte decise che doveva sposarsi. La prescelta fu Stefania, figlia del ricchissimo re del Belgio, che aveva sedici anni, era biondissima, magra e di carnagione pallida. Esattamente l’opposto del genere di donna che egli avrebbe voluto. Tutta l’Austria fu pervasa dal giubilo con canti, spari di mortaretti, donazioni benefiche, cerimonie religiose, sfilate davanti ai palazzi imperiali e gran lavoro per i telegrafi di stato. A Cortina il sindaco fece stampare un manifesto. <In occasione dell’auspicato connubio di sua altezza imperiale il serenissimo principe ereditario l’arciduca Rodolfo colla serenissima principessa Stefania del Belgio… lo scrivente confida che anche la popolazione di Ampezzo non verrà meno in questo incontro alle avite tradizioni e per questo faustissimo avvenimento ed in questa fiducia esso invita la popolazione d’illuminare le proprie case la sera dei 9 andante, ed accendere fuochi in montagna ed in campagna.> Si sposarono il 10 maggio 1881 nel duomo di Santo Stefano, con una cerimonia fastosissima. Dopo la morte del marito Stefania scrisse. “Non sapevamo cosa dirci; eravamo estranei l’uno all’altra; invano aspettai una parola tenera e amorosa che potesse liberarmi dal mio stato d’animo”. E più oltre, addirittura: “La prima notte fu di tormento, orrore e rivolta”. Due anni più tardi l’imperatrice ereditaria partorì una bimba cui venne dato il nome della suocera Elisabetta. Purtroppo il parto non era stato facile; anzi i medici tolsero subito alla povera neo mamma la speranza di avere in futuro altri figli. Rodolfo cominciò a pensare al divorzio. Ma, invece di seguire i canali regolari e riservati, scrisse una lettera personale e diretta al Santo Padre il quale, altrettanto incautamente, rispose all’ imperatore. Un disastro! L’opinione pubbli- ca ne fu informata. In una riunione tempestosa Rodolfo dovette discolparsi davanti al padre e alla madre, la sola con cui aveva ancora un dialogo. Non gli restò che gettarsi in ciò che più gradiva e che era il suo vero mondo, prima di tutto la caccia a qualunque specie di selvatico esistente, in qualsiasi epoca dell’anno. Per averne un’idea riportiamo come la praticò nelle due ultime settimane di vita, gennaio 1889, <passò parecchie notti alla caccia alle aquile marine nelle isole danubiane, uccidendone sei; il 18 fu a caccia di otarde; il 20 uccise sette cerve nelle riserve dell’arciduca Giovanni; il 23 uccise una martora nei giardini di Huetteldorf>. L’altro hobby era lo studio delle scienze e darne il resoconto nei libri e sui giornali. Riprese a collaborare, spesso in forma anonima, a diversi giornali; pubblicò due volumi intitolati <Viaggio in oriente nell’anno 1881 descritto dal principe ereditario Rodolfo d’Austria> e un terzo sulla caccia <Jagden und Beobactungen>. Ma la vera protesta verso quella corte che non lo gradiva e che, inutilmente, aveva provato a cambiare, era la sua vita disordinata. Mentre la salute si stava guastando egli abbinava il lavoro connesso con il suo ruolo di principe ereditario, in cui credeva senza tentennamenti, con le notti nelle orge; le cacce estenuanti con gli impegni politici. Uno dei valletti che lo seguiva, dopo la sua morte, depose davanti alla commissione. <Ogni minuto della sua giornata era impegnato in un’attività frenetica. Quando rincasava a tarda notte continuava a lavorare per ore, occupandosi della corrispondenza o di scritti politici. Per reggersi beveva champagne ghiacciato misto a cognac, fumando sigarette e finendo spesso a letto alle due o tre del mattino, per ricominciare il giorno dopo la stessa vita>. Aveva trenta anni quando casualmente entrò nella sua vita la diciassettenne Mary, figlia del barone Vétzera. <Non era molto alta, aveva la figura morbida, il busto ben sviluppato, la bocca rossa voluttuosa, piccoli di Mario Ferruccio Belli denti bianchi e acuti, il naso sottile, un viso leggiadro, occhi d’un cupo azzurro con le lunghe ciglia sotto sopracciglia fini ed esatte, capelli scuri e lunghissimi, belle mani. Camminava con una grazia ondulante e con una seduzione irresistibile>. Il modello di donna che aveva sempre desiderato. L’attrazione fu reciproca e immediata. Per la baronessina egli era il principe azzurro che mai avrebbe osato sognare. Nel giro di appena tre mesi si realizzò fra i due amanti l’intesa perfetta con un appuntamento tragico che, secondo l’infelice erede degli Asburgo, avrebbe risolto ogni problema fissato per la notte del 29 gennaio. Il segreto fu completo. Al mattino del 30, dopo aver sfondato la porta della camera nel castello di Mayerling, il suo cameriere trovò nel letto insanguinato Rodolfo che teneva nella mano destra ancora la pistola. Accanto a lui con la tempia squarciata dalla pallottola la giovanissima amante che non aveva mai visto le montagne innevate, anzi che non era mai uscita da quell’ambiente dorato e solo in apparenza felice e invece fatuo, angusto e colmo di falsità. Due giorni più tardi il telegrafo portava la notizia in poche righe. “Li 1° Febbrajo 1889 N. 376. Soddisfacendo ad un mesto dovere sua eccellenza il signor imperial regio Luogotenente, con dispaccio di jeri, mi ha notiziato essere sua altezza imperiale il serenissimo principe ereditario Rodolfo, il giorno 30 ultimo scorso gennajo, morto di colpo apoplettico. Ciò partecipo con dolore. L’imperial regio capitano distrettuale Potschka”. Questo era il volere dell’imperatore dopo aver lasciato cadere i tanti messaggi di aiuto lanciati dal figlio. Nulla aveva fatto per fermare la sua mano assassina nei confronti della giovane amante e verso sé stesso. Ora tentava di nascondere la verità ai sessanta milioni di sudditi. Naturalmente non una lacrima per la dolce piccola Mary Vetzera. Cento e venti anni or sono. GENN 14-15:GENN 14-15 1 11-01-2010 11:35 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 n anni in cui la fantasia I di Fleming era ancora lungi dal partorire la figura di James Bond e le sue eccitanti missioni, Camillo De Carlo (famiglia originaria da Rizzios di Calalzo) costituì un mirabile esempio di 007 fatto in casa, di eroe che si meritò davvero le sue molte medaglie: una d’oro, due d’argento, una di bronzo. La motivazione della prima definiva “vita di leggenda” quella da lui vissuta in territorio nemico, e si può dire una volta tanto che la retorica romana non suonava stonata. Egli fu Tenente di Cavalleria (Reggimento Lancieri di Firenze), addetto al Battaglione Squadriglie Aviatori e Osservatore 1° Gruppo Aeroplani. Le sue imprese sono raccontate nel volume V, tomo 2, de “L’Esercito italiano nella Grande Guerra”, a cura dell’Ufficio storico dello SME, uscito nel 1988. Qui sono riportati documenti della III Armata, Ufficio informazioni, datati 18 luglio 1918 e firmati dal colonnello caposezione informazioni Ercole Smaniotto, che trattano dei sistemi operativi italiani adottati in territori invasi dagli austriaci e relaziona sui due centri organizzativi a Vittorio Veneto e Pordenone per la messa a punto di raid 15 CAMILLO DE CARLO, LO 007 CADORINO Tenente di cavalleria, si portò oltre il Piave nelle linee austriache per segnalare i movimenti del nemico Ebbe una medaglia d’oro, due d’argento, una di bronzo Avrebbe voluto essere sepolto a Calalzo presso la chiesetta di S. Francesco Il De Carlo in Piazza Tiziano a Pieve di Cadore il 5 novembre 1918 e alcuni “agenti segreti” spionistici, con personale che “oltre a riunire le necessarie doti di coraggio, di fermezza, di riservatezza, avesse nei paesi, ove avrebbe dovuto andare a svolgere la sua attività, larghe aderenze e fedeli amicizie”. Per il centro di Vittorio Veneto venne scelto appunto il tenente di cavalleria Camillo De Carlo, aviatore del primo Gruppo aeroplani, che volle avere come compagno un soldato bersagliere, nativo di Fregona. Per portare il nostro 007 oltre il Piave si offerse il capitano aviatore Gelmetti, pilota di Voisin e, dopo una lunga preparazione, la notte fra il 30 e il 31 maggio, il De Carlo ed il soldato bersagliere partivano dal campo di Marcon (Venezia). Il Voisin atterrava sul campo di aviazione di Aviano, deponeva i suoi intrepidi e ritornava a Marcon dopo un’ora e 40 minuti di viaggio complessivi. Due giorni dopo il De Carlo da una prestabilita località nei pressi di Vittorio, segnalava a mezzo dì lenzuola ai nostri ricognitori il suo felice arrivo, per cui si poteva provvedere nottetempo al lancio di piccioni, a mezzo di paracadute, a lui destinati. Dopo alcune difficoltà iniziali, il sistema funzionò bene, tanto che dei 31 piccioni lanciati dal 1° giugno al 10 luglio, ne ritornarono alla base ben 21, con una percentuale del 70 per cento. Il De Carlo mandò per questa via notizie molto interessanti sulle forze del nemico il 29 giugno, il 2 luglio (due volte) e il 5 luglio. Sappiamo poi da altra fonte che egli, falliti i tentativi di rientro alle nostre linee per via aerea, riuscì a tornare fortunosamente via mare entro le no- LE CASERME STORICHE DEL BTG PIEVE DI CADORE Verba volant, scripta manent. E fu cosi che alla recente festa dei Veci del btg. Pieve di Cadore, mi incontrai con alcuni “esploratori” del tempo e, rovistando tra ricordi e foto, ritrovai la bozza delle “Memorie Storiche” anno 1986 redatte nel centesimo anniversario della costituzione del Battaglione. Testimonianze di Veci, notizie più o meno attendibili, cronaca del tempo e documenti ufficiali hanno consentito, sia pure in stretta sintesi, di abbozzare liberamente un profilo sulla storia delle tre caserme dove alloggiò il Battaglione. Invito chi legge, tra i meno Veci, a continuare la storia fino ai giorni più recenti …. Mar. Magg. Aiutante (ris.) Alessandro Fummi LA CASERMA BUFFA DI PERERO I l giorno 28 ottobre 1872 giunse dalla Prefettura di Belluno al Palazzo Municipale di Pieve di Cadore un dispaccio nel quale si annunciava la disposizione del Ministero della Guerra di istituire, a partire dall’aprile dell’anno successivo, alcune compagnie alpine al fine di creare una protezione ai vicini valichi. Una successiva lettera da parte del Genio Militare di Venezia datata 28 dicembre 1872, esortava il Comune di Pieve di Cadore a disporre il necessario per la costruzione di una baracca in legno atta ad offrire il temporaneo acquartieramento di una compagnia. Di conseguenza l’immediata deliberazione della Giunta Municipale che approvava tale costruzione e affidava il compito di eseguirla all’ ingeniere civile Palatini. La perizia, curata da quest’ultimo su ordine del capitano del Genio cav. Bianchi, stabiliva che sarebbe stata costruita una tettoia ad uso di caserma provvisoria sull’altipiano di Pecol, a settentrione del caseggiato di Pieve. Essa avrebbe avuto forma rettangolare col lato maggiore di m. 64 e col mi- nore di m. 12.50, costituita di legno di abete e avrebbe ospitato circa 180 alpini. La medesima perizia stabilì inoltre un costo complessivo di tutti i lavori da eseguirsi in £. 12.452 (il contratto d’appalto fu stipulato con il sig. De Polo Leopoldo il 29 gennaio 1873). Il 24 maggio 1873 prese possesso del baraccamento, per la durata del periodo estivo, la 14a Compagnia Alpini comandata dal Capitano De Vecchi. Nell’ anno 1875 venne stipulata tra l’Amministrazione Militare e il Municipio un contratto di locazione di 4 fabbricati. ad uso della compagnia alpina, previa corresponsione di un canone annuo di lire 1300 pagabile in due rate. Alla fine dello stesso anno, precisamente il 31 dicembre, fu presentato su ordine del Genio Militare un progetto di restauro delle baracche: contemplava la costruzione in muro delle fondamenta e di tutto il piano terra della tettoia ad uso caserma. Ebbe l’appalto il sig. Giacobbi Giovanni per il prezzo di £. 2.516,95. Circa due anni dopo dal Ministero della Guerra giun- se, con lettera datata 18 dicembre 1877, la notizia della decisione di portare a 250 uomini la forza della compagnia. Si rendeva quindi necessario ricercare un nuovo sito ove poter alloggiare convenientemente la truppa; ciò creò non poco imbarazzo presso la Giunta Municipale, prendendo piede l’eventualità che il precedente baraccamento divenisse un complesso inutile sia per uso militare che per quello civile. Il Genio Militare di Venezia risolse la vertenza richiedendo solamente per il periodo estivo un nuovo edificio previo corresponsione di un canone mensile di affitto. L’accordo fu raggiunto con la sig.ra Fumei Cristina, proprietaria di un caseggiato nella frazione di Pozzale, e prevedeva un canone di lire 350 pagabile in due rate per una durata di otto mesi ( dal 15 marzo al 14 novembre 1878). Nei periodi successivi, pur continuando il rapporto di affittanza sia del baraccamento di Pecol che del caseggiato della Fumei, il Genio Militare prese in considerazione la costruzione di una nuova caserma in luogo diverso, avendo oltretutto constatato sia lo stato di degrado del materiale che componeva le baracche sia l’insalubrità del luogo ove esso era situato. Ma nonostante tali preoccupazioni non si giunse ad alcun cambiamento finche il 2 luglio 1913 l’intero baraccamento prese fuoco finendo completamente bruciato. La ricostruzione avvenne nell’anno successivo ad opera della ditta Caldart. La nuova caserma si presentava interamente in muratura e in parte modificata rispetto alla stre linee. Nel pieno della ritirata austriaca, alle ore 3 del 4 novembre, fu ancora lui ad apparire improvviso a Cibiana, sceso audacemente dalla Forcella del Serva per organizzare una banda armata alle spalle del nemico. Ricordiamo di aver visto il suo viso semplice e sorridente sotto la statua del Tiziano a Pieve di Cadore in una istantanea scattata il 5 novembre. Non ci è parso di scorgere in lui alcunché di dannunziano e ancora meno dì futurista: un viso da uomo di monta- di Walter Musizza Giovanni De Donà gna, senza retorica e tutto sommato ben lontano dall’enfasi narcisista del “beau geste” fine a se stesso. Dal 31 maggio 1918 rimase in forza alla III Armata e venne promosso Capitano. Fu anche Podestà di Vittorio Veneto ed autore del libro “Noi non per noi” (1927), in cui narra con stile asciutto ed originale i fatti che lo videro protagonista. Il recente annuncio fatto dal Sindaco di Calalzo Luca De Carlo circa la possibilità di traslare i resti di Camillo De Carlo (1892-1968), eroe della Grande Guerra, da Vittorio Veneto nella chiesa di San Francesco d’Orsina, non può che essere vista con favore. Tale gesto infatti, oltre a esaudire le volontà espresse dall’ufficiale, mai dimentico delle origini calaltine della sua famiglia, salda un debito di gratitudine dell’intero Cadore per quanto da lui fatto nel 1917 e 1918. E non basta ancora: è una cerimonia che, promuovendo il ruolo della storica chiesa a piccolo pantheon delle più sacre memorie patrie, si colloca idealmente nel contesto delle celebrazioni per l’imminente 150° dell’Unità nazionale. Ritrovate delle memorie storiche redatte nel 1986 centenario della costituzione del Battaglione struttura precedente. All’inizio della prima guerra mondiale l’edificio venne adibito ad ospedale militare. Tale rimase anche quando, dopo la disfatta di Caporetto, fu occupato dalle truppe Austriache. La funzione di ospedale terminò dopo la pace del novembre 1918 e l’edificio torno ad avere il proprio ruolo di caserma, assumendo il nome del Magg. Buffa di Persero morto eroicamente durante il conflitto mondiale. Si ebbe un notevole afflusso di truppe nel periodo 1937-1940, continuato negli anni della guerra fino all’estate del 1943. Conseguentemente al termine del conflitto, poiche venne meno l’esigenza di riordinare le truppe alpine, la caserma fu adibita ad edificio scolastico e ivi trovò sede la scuola media inferiore di Pieve. Nello stesso periodo il Genio Militare offrì al Comune di Pieve il possesso dello stabile per un prezzo assai favorevole. Ma il suddetto non sfruttò tempestivamente l’occasione cosicché nell’anno 1955 il Ministero della Guerra, riorganizzato il battaglione Pieve, vide necessario rilevare la disponibilità degli edifici. All’interno di essi si alternarono varie compagnie del Pieve: la 75^ compagnia fino al trasferimento a S.- Stefano e la 68^ compagnia fino al 1992 quando fu trasferita a Tai di Cadore nella caserma Calvi (segue a pag. 16) GENN 16-17:GENN 16-17 11-01-2010 11:36 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2009 16 STORIA E COSTUME 1 Per Brigida di Lorenzago AVENDO CONSIGLI DELLO ZIO ABATE GIUSEPPE GLI INGREDIENTI... CADORIN ALLA NIPOTE SPOSA Da un opuscoletto stampato ntro a par te del“E l’allegrezza dei nostri parenti ed amici per il tuo matrimonio coll’onorevole signor Natale Benedetti”… Così esordiva lo zio, nell’imminenza delle nozze della nipote. Correva l’anno 1850 e il fratello del padre della sposa, il celebre abate Giuseppe Cadorin, partecipava, lieto, all’evento. La ventiduenne Brigida, figlia di Giusto Cadorin, ricco commerciante di legname di Lorenzago, assai referenziato in Cadore e a Venezia, andava in moglie all’illustre signor Natale Benedetti, di Godega. Un matrimonio alla pari, come si conveniva. Reputati, i Cadorin, la cui brillante ascesa sociale era, in paese, attestata da un sontuoso palazzo. Eppoi c’erano le proprietà a Venezia e la signorile dimora che avevano acquistato a San Fior. Senza dire della popolarità di recente acquisita dal fratello della fanciulla, Giovanni Battista, che era stato uno dei luogotenenti di Pier Fortunato Calvi nel corso dei moti del 1848 in Cadore. Altrettanto referenziati i Benedetti, appartenenti al ceto notabile e possidente delle loro parti. Padre dello sposo era l’avvocato Bortolo, morto nel 1836, marito della contessa Giulia della Corte. Di quell’unione vi fu un gran parlare. Oltretutto per la fama di cui godeva lo zio di Brigida, l’abate Cadorin, esperto di storia dell’arte, ed in particolare di quella veneziana, grande conoscitore delle opere di Tiziano Vecellio, e noto Correva l’anno 1850 e l’unione tra Brigida Cadorin e Natale Benedetti fece un gran parlare Come omaggio del celebre zio alcuni precetti: “Guai se i genitori prendono il primo che si dia innanzi per iscorta” per le sue pubblicazioni. Con lui si felicitava per il lieto evento l’amico avvocato Giovanni Meneguzzi, cadorino di San Vito, che esercitava a Pieve, il quale nell’occasione gli dedicò il suo lavoro “Del corso antico del Piave”, edito dalla tipografia Alvisopoli. Nella fausta circostanza non poteva mancare il personale omaggio dello zio, partecipe di tanto gaudio. Omaggio che consistette nella pubblicazione della “Lettera intorno all’educazione familiare dei figliuoli”, uscita a Venezia per i tipi di Giovanni Cecchini. Non era la prima volta che il Cadorin si cimentava nel genere. Quattro anni prima aveva fatto pubblicare una lettera per le nozze di Marietta, sorella di Brigida, contenente consigli sul buon governo della famiglia, sulla necessità del contegno religioso e morale che la moglie deve praticare. Erano discorsi che potevano andare per le lunghe. Lo zio abate ne era conscio e pertanto si ripromise di condensare i suoi consigli in poche pagine. “M’avvengo - precisava -, che i detti miei sarebbero vani se al cielo non piacesse rendere fecondo il tuo matrimonio, come fu fecondissimo quello di tua sorel- Per i tuoi peccati di gola la, che fin’ora si vide coronata di tredici figliuoli, dei quali la maggior parte già fruisce dell’eterna vita, ma Dio in cui pongo ogni mia speranza, vorrà esaudire i miei voti col farti madre di prole dabbene, e dar ti il conforto di vedere i figli dei figli tuoi fino alla quar ta generazione”. E avanti con i preziosi precetti. La buona madre doveva infatti essere conscia che “il fanciullo è come tavola rasa e pulita su cui è dato al pittore il colorire la figura che più gli aggrada, è come pianticella, che si piega, si torce, si alza a piacere del coltivatore”. Forbito letterato, Cadorin, per meglio far risaltare i suoi concetti ricorreva a forbite similitudini ed efficaci paragoni, con ricorrenti ammonimenti. Crescano i figli timorati di Dio, ammaestrati alle regole della buona educazione e moderati nei moti d’animo. E attenzione a certi errori. “Io non intendo di fare da maestro di color che sanno, ma veggo genitori e non pochi, che fatti ciechi da questo amore, non pensano per tempo a fornire i figli di virtù, ma sotto vani pretesti a lasciarli in balia delle loro passioni, le quali nemiche di ogni disciplina severa, li spronano alla presunzione, all’orgoglio, all’insubordinazione, e forse all’egoismo, alla per fidia, al tradimento, in somma al libertinaggio”. L’abate concludeva la “lettera” raccomandando alla nipote la scelta di un buon maestro, pubblico o privato che fosse. Anche in questo caso era bene agire oculatamente: “Ma pensa, che fare scelta di un maestro e trovarlo buono, è pure un gran fatto! Sia leale, dotto, cristiano, ed i tuoi sonni saranno tranquilli riposando sulla sua fede. Guai se i genitori prendono il primo che si dia innanzi per iscor ta. Che sarà s’è ignorante o goffo, o peggio, s’è scostumato, o libertino! Il figlio sarà come pecora al lupo raccomandata”. Natale Costantino Pacifico Benedetti “padre af fettuoso” - si legge in una lapide dedicatagli dai figli mancò a questa vita il 1 febbraio 1882 all’età di 67 anni e 13 mesi. “Licenziato il cadavere dalle autorità locali - si legge nella nota redatta nel registro parrocchiale di Godega – fu seppellito da me don Ottone Cordenonesi parroco il giorno 2 dello stesso in questo cimitero parrocchiale coi consueti cattolici riti funebri”. La moglie Brigida gli sopravisse di 28 anni, spegnendosi il 7 novembre 1910 all’età di 82 anni di “consunzione senile”. Così attestava il parroco, precisando che “fu munita di tutti i confor ti religiosi e morì santamente assistita con Affetto e sentimento religioso da tutti i suoi figli”. PASTICCERIA CAFFETTERIA LE CASERME DEL BTG PIEVE DI C. da pag. 13 LA PIER FORTUNATO CALVI DI TAI L’AMORE PER LA PROPRIA TERRA NEL SEGNO DELL’ ACCOGLIENZA Il dolce di produzione propria, la ricerca esclusiva di nuove mète del gusto. Prodotti che coniugano esperienza e innovazione confezionati artigianalmente per ritrovare i sapori di una volta Anche da asporto e su ordinazione In un ambiente confortevole potrai trascorrere momenti indimenticabili assaporando anche bevande di Tuo maggior gradimento Dosoledo di Comelico Superiore (BL) - Borgata” Sacco Via Roma, 18 - Tel. 0435 68376 su carta velina, semplici (?) rimedi per medicarsi da sé di Bruno De Donà osì iniziava: Opuscolo C di settantadue segreti necessari nelle famiglie per conservare la salute prescritti dal professore chirurgo dentista Capitanio Vincenzo di Seriate presso Bergamo - Mantova Tipografia Nazionale Apollonio, 1870. Lo scrittore, che era anche professore, chirurgo e dentista, nella prefazione avverte: “Questo opuscoletto fu scritto appositamente a sollievo dell’umanità sofferente, esso contiene settantadue medicamenti e modo di prepararli, colla relativa maniera di farne uso. Per ogni età e sesso si troveranno esposti, adattatissimi e semplici rimedi, in modo che ad ognuno può essere facile il medicarsi da se. Soddisfattissimo se incontrerà il pubblico favore, pieno di gratitudine si sottosegna jggio sul Mincio, 21 luglio 1870, Prof. Capitanio Vincenzo”. E’ un opuscoletto di quaranta pagine, stampato su carta velina e con un formato di 15 centimetri per 10, attualmente in possesso dei familiari di Gelindo Rocchi di Calalzo di Cadore. Penso proprio che il chiarissimo professore abbia avuto qualche problema ad avere il pubblico favore nonostante la sua seria volontà di fornire un manuale utile a tutti coloro che avevano delle necessità inerenti ad alcune malattie. Il tutto si può riassumere in questo: la facilità, o meno, di avere a disposizione gli ingredienti che costituiscono la base delle ricette stesse. Ad esempio, il quarto segreto suggerito per “far spuntare i denti ai bambini di latte con poco dolore, prescriveva: Darci nelle mani dei fichi secchi e dei corpi duri e cilindrici da morsicare facendovi delle fregazioni colle scorze di limone sopra le gengive due volte al giorno, non più, e se abbonda la salivazione si darà qualche cucchiaino di sciroppo di ipecaquana. Alle volte nello spuntare i denti li assale la febbre: in questo caso si dia qualche cucchiaino di sciroppo di cicoria e questo ogni due ore sicché cessa”. Ora, siccome in casa tutti possiedono sia lo sciroppo di cicoria, come quello di ipecaquana si vede come queste ricet- Nell’aprile del 1879 la 35a compagnia, accasermata in Pecol di Pieve di Cadore, raggiunse l’organico di 250 alpini e vide la necessità di disporre di un nuovo edificio. Provvisoriamente si ricorse ad un alloggio privato nell’abitato di Tai ma già nel luglio del 1879 il colonnello del Genio Alessandro Sala iniziò i sondaggi del terreno in località Agarole, situata tra Tai e Pieve, per la costruzione di una caserma.La scelta di tale luogo fu consigliata dalla salubrità dello stesso e dalla facilità di reperire le sorgenti idriche. Nota storica di rilievo rappresenta il ritrovamento di monete romane e statuette paleolitiche venete durante l’operazione. Si giunse alla favorevole delibera della Giunta Municipale, cosicché negli anni 1881-1882 si portò a compimento l’opera che venne adibita a sede estiva della 67a e 68a compagnia, inquadrate nel 6° Reggimento. La 75a compagnia, di nuova costituzione, alloggiò invece nel casermone di Pecol. Il 1° agosto 1887 tali unità formarono il battaglione “Pieve di Cadore” con decreto ministeriale del 10 luglio 1887. Il reclutamento si esternò an- te siano state facilissimamente usate. Solo per quegli inesperti di farmacologia, che sono pochissimi, dirò che la ipecacuana è una pianta delle Rubiacee, dell’America meridionale, dalla cui radice si estrae un emetico, cioè un medicamento che ha la virtù (!) di far vomitare. Un altro ‘saggio’ consiglio è il sedicesimo e riguarda il modo di sradicare i calli ed occhi di pollini ai piedi, dove occhio pollino sta per callo tra dito e dito, meglio conosciuto come occhio di pernice. “Far dei bagni ai piedi con semola di frumento cotta nell’acqua, tagliando poi il più duro che trovasi sopra i calli od occhi di pollini riempiendo dipoi i buchi con delle capsule di zolfanelli e darvi fuoco in modo che si abbrucci. Replicando questo tre volte si avrà perfetta guarigione. Avvertire di usare scarpe grandi”. Fin qui per le ricette proposte, ma quando si doveva essere in possesso del grasso di orso per confezionare la ricetta di far nascere i capelli dopo che si era stati ammalati di tigna, oppure del grasso di mulo utile nella ricetta consigliata per guarire i geloni alle mani ed ai piedi, allora il problema diventava più serio. Se si doveva invece guarire dalle buganze, che sono gli stessi geloni ma chiamati col nome dialettale veneto, occorrevano grasso di gatto e fuliggine. Il grasso di maiale vecchio almeno di tre anni unito alla trementina erano i componenti del trentunesimo segreto, quello per guarire i dolori alle reni. Il latte di cerva al quale si doveva unire lana di agnello serviva per sradicare le posteme (ascessi) nelle orecchie. E che dire delle foglie di unizzi (usate nella ricetta per levare i porri da qualsiasi parte del corpo) e dell’erba cordiana (ricetta contro le palpitazioni di cuore)? Specialissimo risulta però essere il consiglio numero 20, suggerito per risanare i tagli semplici in dodici ore. Trovandosi in campagna si può adoperare il latte dei gelsi e fasciarsi con la scorza dei medesimi; all’incontro se trovasi in casa, è eccellentissima la tela de i ragni. Marcello Rosina che alle altre valli confinanti col Cadore. Completati gli ultimi lavori con la costruzione di un nuovo acquedotto in cooperativa con l’ Amministrazione locale, la bella caserma fu pronta per l’inaugurazione ufficiale domenica 10 settembre 1905. La cerimonia risultò imponente e la caserma venne dedicata all’eroe cadorino Pier Fortunato Calvi. Durante la grande guerra la caserma fu adibita a magazzino logistico in sostegno al Battaglione che operava nel settore GENN 16-17:GENN 16-17 1 11-01-2010 11:36 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2009 17 ra le figure del mondo reliT gioso-sacerdotale di Lozzo che ho conosciuto e di cui conservo nel cuore lieto e grato ricordo, posso annoverare i fratelli Del Favero Goto: Don Giuseppe e fratel Lorenzo, entrambi salesiani. Ero ancora bambino ma già mi impressionavano le prediche tenute nella nostra parrocchiale da Don Giuseppe nei suoi non frequenti rientri a Lozzo, ospite della sorella Pina, in occasione di particolari solennità o per brevi vacanze estive. Erano prediche di una semplicità disarmante, tutte soffuse di intensa spiritualità, indirizzate a noi ragazzi, ma allo stesso tempo erano prediche che rivelavano una profondità di dottrina e di cultura non comuni. E poi si intuiva la innata, salesiana specializzazione di un approccio particolarmente efficace al mondo giovanile. Ebbi modo di dialogare con Don Giuseppe in molteplici occasioni e da studente, a Belluno, di lui mi parlarono in termini elogiativi e di grande stima i suoi confratelli Don Giovanni Longo (insegnante all’Istituto Catullo) e l’intrepido Don Girolamo De Martin di Padola, leggendaria figura di perseguitato per la fede nell’ex Jugoslavia titina. Divenuto adulto, la mia frequentazione ed amicizia si rafforzò. L’INTENSA VITA DI DON GIUSEPPE Della multiforme opera di Don Bepi, degli incarichi ricoperti e della sua intensa vita si trova traccia sia presso l’archivio Fabbiani che nel volumetto edito nel 150° della Parrocchia di Lozzo a cura della Prof. Carla Laguna. Nato nel 1895, giovinetto tredicenne “sentì” la vocazione salesiana e frequentò la scuola presso il collegio Astori di Mogliano fino al 1914. Dovette però interrompere gli studi a causa della chiamata alle armi. Arruolato in sanità, nel 1915 passò a Roma alla scuola carabinieri. Fu poi anche telegrafista. Peregrinò per varie caserme della penisola (Firenze, Alessandria, Lecce) ed infine partecipò alle battaglie sull’altopiano di Asiago dove combatté valorosamente. Dopo la vittoria, lo troviamo a Trieste ed a Pola dove visse molte peripezie. Nel 1919 arrivò a Pieve dove fu finalmente congedato. Nel 1920 poté riprendere gli Lavaredo. Dopo Caporetto venne frequentata da reparti austro-ungarici. Al ritorno del Battaglione, con l’avvento dell’era fascista e il notevole aumento dell’organico, fu costruita una nuova palazzina. Nel settembre del 1943, a seguito degli eventi determinati dall’armistizio, la caserma fu abbandonata per lo scioglimento del Battaglione. Si susseguirono nuclei di soldati tedeschi e dopo la guerra rivide le nappine rosse del “Pieve di Cadore” ricostituito il 1° settembre 1953. Alla “Calvi” alloggiò il Comando di battaglione, la Compagnia Comando e Servizi, la 67a compagnia alpini “la saetta” e la 167a compagnia “la signora” mortai. Mentre alla “Buffa” di Pieve si accasarono la 68a compagnia “la manera” e la 75a compagnia “la camoscio”. LA CASERMA CARLO CALBO A S. STEFANO I primi lavori per la costruzione di questa caserma in località S. Stefano di Cadore risalgono agli anni 1938 - 1939. LA FORZA MORALE E CIVILE DEI DUE SALESIANI DI LOZZO Don Giuseppe e Fratel Lorenzo Del Favero furono attivi nell’aiutare le popolazioni là dove c’erano tensioni sociali e politiche degli anni ‘40 Un saldo affetto col paese natale a cui lasciarono parte dei loro averi Don Giuseppe studi e fu ordinato sacerdote dal venerabile Mons. Longhin nel 1925. In quel periodo conseguì anche la maturità magistrale e l’abilitazione all’insegnamento della matematica e del francese. Inizia nel 1927 la sua peregrinazione con incarichi vari per tutto il Triveneto e l’Istria. Nel 1927 lo troviamo a Pordenone co-fondatore di quel Collegio e dell’Ist. ginnasiale di quella città. Viene anche nominato cappellano del distretto di Udine con giurisdizione su Aviano e Pordenone. Nel 1931 viene trasferito a Belluno, quale responsabile del locale Convitto ed insegnante di Religione nelle scuole pubbliche e dove presta la sua opera in diverse parrocchie. Nel 1933 va a S. Donà quale direttore dell’Ist. Don Bosco e dove esplica multiformi attività (fondatore di quel Ginnasio, istituisce una filodrammatica, apre un cinematografo, caldeggia la formazione di una banda cittadina, fonda la sezione alpini). Nel 1936 guida la Casa di Rovigno d’Istria ed insegna francese e storia presso la Ragioneria di quel centro. Assu- L’ appalto venne concesso alla ditta Dalla Corte di Feltre. L’impresa interruppe i lavori il giorno 8 settembre 1943 per la smobilitazione delle truppe e solo dieci anni dopo fu deciso di terminare la costruzione, per opera questa volta della ditta Smit di Candide. L’ 11 agosto 1953 giunse da Paluzza e precisamente dal poligono di Casteons il 3° Gruppo del 12° Raggruppamento di frontiera che alloggiò in alcuni baraccamenti all’inteno della caserma non ancora ultimata. Nel luglio 1954 il Gruppo passa alle dipendenze della Brigata Cadore e assume la denominazione di Gruppo Sbarramenti Cadore. Successivamente, nel 1957, si trasformò in Battaglione Alpino di Posizione e, nel gennaio 1963, in Battaglione Alpini d’ Arresto “Val Cismon” che mantenne fino allo scioglimento. Dal 27 ottobre 1977 alloggia alla caserma Calbo la 75a compagnia del btg. Pieve di Cadore, affiancata dalla 67a trasferita da Tai di Cadore il 1° dicembre 1982. Fratel Lorenzo me dalla Prefettura incarichi civili per la distribuzione di aiuti alla popolazione slava. Infine, dal 1939 al 1948 è a Chioggia dove vive le drammatiche tensioni sociali e politiche del dopoguerra. Si prodiga all’inverosimile per aiutare la popolazione e per sollevare le sorti dell’istruzione giovanile di quella che allora era una delle aree più degradate del Veneto. Esplica le funzioni di direttore dell’Ist. Salesiano e riesce a nascondere fuoriusciti ricercati dai fascisti. Si dice che riuscì perfino, con trattative assai pericolose, ad evitare la distruzione della città da parte delle truppe tedesche in ritirata. Stressato da tante fatiche e dai pericoli corsi, i superiori, vista la sua necessità di recuperare le forze, nel 1948 lo inviano a VeneziaCanareggio all’Ist. Coletti quale insegnante. Ma la miseria di quel dopoguerra e la sensibilità sociale del prete impongono a Don Bepi di prodigarsi nell’aiuto ai più bisognosi e nella difesa dei diritti dei lavoratori, tanto che fu definito ben presto “buon prete dei facchini”. Nel 1951, finalmente, ritorna al suo amato collegio di Mogliano dove riprende l’insegnamento fino alla quiescenza, nel 1968. Nella sua vita, a suggello e riconoscimento della sua opera, fu insignito dei titoli di Cavaliere uff. al merito della Repubblica, Commendatore, cavaliere di Vittorio Veneto, oltre alla croce di guerra assegnatagli nel 1927 per il suo valoroso comportamento nelle battaglie dell’altopiano di Asiago. Don Bepi muore nella sua Mogliano a 90 anni, nel 1985, lasciando generale rimpianto. FRATEL LORENZO IMPAREGGIABILE PER SEMPLICITA’ Ma se con don Bepi il rapporto fu di amicizia quasi filiale, ancora più umanamente valido era il dialogo che riuscivo ad intrattenere con il fratello Lorenzo conosciuto a Lozzo come “fratel Ciuto de Goto”. Uomo di impareggiabile semplicità e candore, appena lo sentivi parlare nel nostro dialetto nelle forme più desuete, ti rendevi subito conto di trovarti di fronte ad un uomo che viveva il cristianesimo in modo totalizzante. L’umiltà e la modestia innate non lo facevano mai parlare dei suoi trascorsi e dei riconoscimenti ottenuti durante la sua lunga militanza salesiana, particolarmente in quel di Roma e di Venezia. Sapevo però, da fonte certa, che egli aveva ricoperto posti di alta responsabilità sia presso la tipografia vaticana che presso l’Osser vatore Romano e che era stato insignito di ambiti riconoscimenti. Papà mi aveva più volte ricordato le tante persone di Lozzo da fratel Lorenzo “beneficiate” in vario modo. Con lui si poteva parlare di tutto, in libertà, mettendoti egli a tuo agio, e non ti lasciava mai senza una parola buona, un incoraggiamento, un incitamento alla perseveranza. Fui ospite all’isola di S.Giorgio a Venezia dove mi volle alla sua tavola. Erano anni per me difficili, da poco avevo perso mia madre e lui mi sollecitava a farmi coraggio... I cenni sulla vita e le opere di Fratel Lorenzo Del Favero si possono desumere dall’Archivio Fabbiani e dalle altre fonti. Lorenzo era nato a Lozzo nel 1905 e nel 1923 partì per Venezia (patronato Leone XIII°) quale aspirante novizio salesiano. Passò poi a Padova ed a Este dove completò il noviziato. Nell’Ottobre del 1924 fu a Belluno dove collaborò all’apertura della Casa “Orfanatrofio Sperti” e dove fu assistente degli orfani. Nel 1925 lo troviamo a Trieste con l’incarico di sacrista. Infine venne trasferito a Rovigno d’Istria (dove passerà anche il fratello Don Bepi). Nel suo peregrinare toccò poi Rovereto in qualità di “provveditore assistente” del direttore ed infine Verona. E’ di questo periodo l’acquisizione del diploma di infermiere. Nel 1932 viene infine inviato a Roma presso la Tipografia Vaticana e l’Osservatore Romano. E qui la sua versatilità fu subito apprezzata tanto da meritare la fiducia e l’amicizia personale del futuro Sostituto della Segreteria di Stato Mons. G.Battista Montini. Si sa che Lorenzo fu tra gli accompagnatori di Pio XII° al quartiere S. Lorenzo distrutto dalle bombe. In quella occasione vide il Papa con la veste insanguinata del sangue di un ragazzino che aveva abbracciato e che, prima di morire, gli aveva gridato: “Santità, sono anch’io dell’Azione Cattolica!” Mons. Montini (futuro Papa Paolo VI°) spesso si avvaleva dell’opera di fratel Lorenzo soprattutto per nascondere fuoriusciti, ricercati dai fascisti e personalità politiche di varia estrazione alla macchia. E di pericoli il nostro non parlava volentieri anche se sappiamo che ne corse parecchi; interrogato, egli si limitava a ringraziare il Signore e Maria Ausiliatrice per averlo sempre protetto. Alcune personalità, come l’ammiraglio Paolo Thon di Revel, vari alti ufficiali e politici di rango e molti ebrei, ebbero salva la vita proprio grazie alla frenetica attività di questo umile e coraggioso religioso cadorino. Di tutto questo Lorenzo non menò mai vanto e non fece mai menzione se non per sottolineare e rendere testimonianza dell’opera meritoria delle gerarchie e della Santa Sede dell’epoca. Per la sua intensa e benefica attività gli venne conferito, tra l’altro, il Cavalierato dell’Ordine di S. Gregorio Magno. Nel 1959, stanco e debilitato nel fisico, fratel Lorenzo chiese di poter rientrare a VeneziaS.Giorgio dove svolse mansioni di assistente e di infermiere di quel collegio salesiano fino alla quiescenza. Si spense il 21.6.1986 (un anno dopo il f/llo) e riposa insieme a Don Giuseppe in quel di Mogliano. Ricordo volentieri i due fratelli Del Favero per il bene profuso a piene mani a tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerli. Entrambi non hanno mai dimenticato il paese natale alla cui Casa di Riposo hanno lasciato parte dei loro averi. Giuseppe Zanella GENN18-19:GENN18-19 11-01-2010 11:37 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2010 18 RASSEGNE TEATRO IN SUD AMERICA COL CORO COMELICO S ono stati dieci giorni intensi e appassionanti quelli vissuti dal Coro Comelico nella prestigiosa trasferta in Uruguay e Brasile, realizzata con il contributo ed il patrocinio della Regione del Veneto e della Comunità Montana Comelico e Sappada e conclusasi ai primi di dicembre. Inizialmente il Coro diretto da Luciano Casanova ha partecipato alla Consulta Regionale dei Veneti nel Mondo che ha avuto luogo a Montevideo. I lavori sono stati presieduti dall’assessore regionale Oscar De Bona, alla presenza dell’Ambasciatore italiano a Montevideo e di altre autorità locali. Davanti ai delegati delle famiglie venete provenienti da tutto il mondo, il Coro ha aperto ufficialmente l’incontro con l’Inno di Mameli, quindi ha proposto alcuni canti del repertorio originale, oltre ad alcuni classici come “La Montanara” e “Signore delle Cime”. Successivamente la delegazione guidata dall’assessore provinciale Silver De Zolt, si è recata nello Stato di Santa Caterina, nel sud est del Brasile, per una serie di concerti a Concordia, Criciuma e Rio Maina. L’accoglienza delle locali famiglie venete (molte di origine bellunese) è stata ovunque eccezionale. Specialmente a Concordia la Famiglia guidata da Elena Zucchi ha voluto ospitare personalmente tutti i componenti della delegazione, coristi e seguito, 1 Nella visita alle Famiglie Venete in Uruguay e Brasile, tanta commozione presso le singole famiglie di origine veneta. Ciò ha consentito di conoscere meglio i discendenti dei primi emigranti veneti in Brasile di fine ‘800 e si sono stretti ancor di più i legami con que- sile nel timore che un nuovo conflitto portasse al fronte i giovani figli. A Criciuma il Coro Comelico ha anche partecipato con successo ad una rassegna internazionale di corali proponendo ad ghiera. La trasferta in Sud America che ha offerto anche l’opportunità per approfondire vari aspetti del mondo della scuola e del lavoro, con l’impegno profuso dai molti discendenti di emigranti italiani, si è conclusa con un ultimo concerto per varie famiglie venete e lombarde di Criciuma. E’ stata una esperienza ricca di momenti indimenticabili. Grazie all’affetto dei veneti in Sud America, al loro parlare in “taliàn” - un singolare mix di veneto, portoghese e italiano A CRICIUMA IN BRASILE IL CORO COMELICO - peraltro molto HA PARTECIPATO CON SUCCESSO AD UNA comprensibile RASSEGNA INTERNAZIONALE DI CORALI ste persone che hanno ancora forte l’orgoglio per le proprie origini italiane, nonostante siano ormai da moltissimi anni perfettamente integrati nella vita sociale e nel mondo del lavoro in Brasile. Sono emerse storie particolari e commoventi, che collegano l’emigrazione non solo ai problemi di natura economica, ma anche all’odio verso la guerra e le sue atrocità. Così accadde che nel 1945/1946, varie famiglie venete decisero di emigrare in Uruguay e Bra- un folto pubblico per la gran parte di origine italiana, i canti che hanno segnato la storia della musica popolare e di montagna. Grazie al coordinamento del presidente dell’associazione delle famiglie venete di Criciuma, Itamar Benedet, il Coro Comelico ha anche accompagnato una messa solenne nella cattedrale di Criciuma, riscuotendo applausi fragorosi in occasione della esecuzione dell’“Ave Maria brasiliana” versione in lingua portoghese della pre- Rappresentazione teatrale curata e messa in scena dalla Compagnia teatrale “Lavori in Corso” di Valle di Cadore GALILEO SUI PALCOSCENICI DEL CADORE P er i 400 anni dalle scoperte di Galileo Galilei, grazie all’uso del telescopio, anche in Cadore, patria dell’occhiale (e quindi delle lenti!) si è reso omaggio al fondatore della scienza moderna con una mostra, allestita tra Cortina e Pieve, al Museo dell’occhiale, con conferenze e articoli, e anche con una rappresentazione teatrale, curata e messa in scena dalla Compagnia teatrale “Lavori in Corso” di Valle di Cadore. Un lavoro intenso di preparazione, con la regia di Claudio Michelazzi, ha consentito di poter realizzare il progetto di una prima teatrale a conclusione dell’anno dedicato al grande scienziato toscano. L’allestimento scenico di “Chiara è la notte” (questo il titolo dato al lavoro) ha avuto il suo battesimo nel “Teatruto” del Gruppo musicale di Costalta a Costalissoio, nell’ambito della manifestazione “Paesi di confine/…o”. La vicenda umana di Galileo è molto “di confine” e rappresenta per la storia del pensiero scientifico moderno proprio il passaggio tra il passato dogmatico e deduttivo e l’inizio dell’autonomia della scienza basata sulle prove. E’ quello che la Compagnia Lavori in Corso ha messo al centro della sua interpretazione di Galilei, facendo risaltare la figura di uno studioso molto attento alla divulgazione ed alla dimostrazione delle sue scoperte. Accanto allo scienziato, interpretato da Nanni Dorigo, girano personaggi di diversa normalità quotidiana, dal ed efficace. Oppure nel canto sempre presente e commovente in tutti i luoghi visitati: “Merica, Merica, cosa saralo sta Merica” che per i nostri emigranti è sentito quasi più dell’Inno di Mameli. E infine anche in Sud America, come nel 2008 in Canada e negli Stati Uniti, l’omaggio spontaneo della standing ovation al termine dei concerti con centinaia di persone in piedi ad applaudire e più di qualche lacrima sui volti. Livio Olivotto E’ un Galileo leggero ed ironico quello messo in scena dagli attori diretti da Michelazzi ragazzo curioso di apprendere le novità controverse, alla domestica ignara e anche sprezzante, ai commercianti interessati alla vendita del nuovo telescopio, all’amico matematico dell’Università di Padova, fino ai prelati e cardinali, che lo contrastavano ed alla fine lo hanno incarcerato e costretto all’abiura. E’ un Galileo leggero ed ironico, quello messo in scena dagli attori diretti da Michelazzi, che sembra prendersi gioco dell’ignoranza di vicini e familiari (anche la figlia Virginia), irridere le categorie ormai superate dell’antico procedimento filosofico –scientifico, sfidare con sufficienza il dogmatismo ecclesiastico. Efficace la trovata scenica di rompere i colloqui dal vivo con la proiezione di un filmato, interpretato dagli stessi attori in costumi richiamanti l’epoca seicentesca, dove l’uso della maschera, come nei carnevali veneziani, diventa simbolico nel distinguere i personaggi ipocriti legati al potere oscurantista dagli uomini attenti al progresso della scienza. GENN18-19:GENN18-19 1 11-01-2010 11:37 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 19 RASSEGNE Una bella mostra a Conegliano ricorda il pittore di Pieve di Cadore VITTORIO SCHWEIGER UN’ARTE COSMOPOLITA S i intitola “L’arte di Vittorio Schweiger in un secolo inquieto, 1910-2005” e ripercorre 70 anni di pittura di un grande maestro che scelse Pieve di Cadore per la sua vita professionale ed artistica. Si tratta della mostra allestita presso il Centro per la Cultura e le Arti Visive “Le Venezie”, che, con il Patrocinio del Comune di Treviso, presenta nella sua magnifica sede di Villa Letizia in Via Tandura a Treviso una trentina di opere a cura di Luigina Bortolatto e Gianpietro Botteon. L’esposizione costituisce una bella occasione per rendere onore, seppur solo postumo, ad un artista schivo e modesto, che seppe coniugare in una singolare osmosi patria d’origine e patria d’adozione. Triestino di nascita e viennese d’origine, Schweiger respirò sempre cultura mit- teleuropea, avendo inizialmente come insegnante di disegno Lenhardt, famoso esponente della Scuola di Monaco, e viaggiando poi moltissimo (Parigi, Madrid, Monaco, India, Nepal, Egitto, Thailandia e Yemen) per carpire atmosfere e lezioni inusitate. Tale bagaglio di sensazioni ed influenze le decantò poi nella patria di Tiziano, dove aveva deciso di risiedere fin dal 1930, continuando ad essere artista ma anche apprezzato odontotecnico, fino alla morte intervenuta nel 2005. In Cadore ebbe come amici molti pittori cadorini e bellunesi, tra i quali Solero, D’Ambros, Tomea, Murer, Milani. La sua prima mostra risaliva al 1933 e fino agli anni ’50 egli partecipò attivamen- te alle più importanti collettive della Regione Veneto. Fu l’unico bellunese ad esporre nel ‘48 alla Biennale di Venezia e poi fu presente nel ‘51 alla Fondazione Bevilaqua La Masa a Venezia e alla Quadriennale di Roma. Sempre nel 1951 vinse il Premio di Pittura ‘La Colomba’, noto concorso veneziano. A partire dagli anni ’60, non condividendo aspetti e tendenze della pittura del tempo e sempre estraneo alle ragioni mercantili, abbandonò la scena della ribalta, continuando comunque nella sua pittura, sempre figurativa ed essenziale, tesa perennemente ad umanizzare la società. Il suo tema preferito è stato la donna, che con la sua stessa fertilità incarna il calore e l’importanza della famiglia. I soggetti sono infatti prevalentemente generose figure femminili, spesso colte in abbracci materni, figure caratterizzate da una linea scura e pura, che esalta l’armonia dei movimenti e richiama non poco le atmosfere di Matisse. Schweiger era tornato in pubblico solo nell’ultimo decennio della sua vita e, dopo una personale a Venezia al Centro d’Arte San Vidal nel 1991, aveva voluto essere presente, a 94 anni, alla sua ultima personale alla galleria De Marchi di Conegliano nel 2004. Walter Musizza Giovanni De Donà Un bel libretto di Antonio Chiades sulle Chiesette del Cadore Testimonianze di una profonda odici piccole chiese del Si incontrano poi la chiesetta no ricevuto la visita di papa GioD Cadore, quasi sempre ap- (in attesa di restauro) e il con- vanni Paolo II (la Difesa a Lo- vita spirituale partate, testimonianza della pro- vento dei Romiti, i monaci vissu- renzago) e di Benedetto XVI a UN ANTICO IMPLORARE fondità della vita spirituale che, attraverso i secoli, ha caratterizzato la nostra terra. Sono edifici spesso incastonati in modo mirabile tra la purezza dei boschi e delle montagne. E’ questo il contenuto del più recente libro di Antonio Chiades - “Un antico implorare” - edito da Canova di Treviso e stampato dalla Cooperativa Sociale Solidarietà (pagine 94, euro 5,00). Sono dodici soste di un pellegrinaggio lento e meditato, in sintonia con l’afflato religioso delle antiche genti del Cadore: un volo leggero dell’anima che vuole abbracciare quei luoghi immersi nel respiro della natura, scrutando i segni e i volti delle pareti, le effigi dei santi, le loro storie avvolte nel mistero, non di rado il sacrificio del loro martirio. Si parte dalla cinquecentesca chiesetta di Auronzo, dedicata a S. Caterina d’Alessandria (la giovane martire egiziana rappresentata nell’iconografia tradizionale a fianco di una ruota dentata e patrona di filosofi e studenti), per arrivare al tempietto fatto erigere nel ‘600 a Valle, in onore della Madonna del Carmine. ti in territorio di Domegge fino al tempo delle soppressioni napoleoniche, oppure lo stupendo edificio sacro con affreschi trecenteschi che si trova nel paese abbandonato di Damos. E ancora il santuario del Cristo a Pieve, meta attraverso i secoli di ininterrotti pellegrinaggi e di eventi prodigiosi, dopo il misterioso ritrovamento nel ‘500 di un crocifisso occultato nel terreno, davanti al quale i buoi, per non calpestarlo mentre aravano, si erano rifiutati di proseguire. A Rizzios, suggestivo paese appena fuori Calalzo composto di poche case, parte in legno, la sosta è prevista in una chiesetta dedicata a S.Anna che contiene, insieme a vari dipinti originali del ‘600, la pianeta indossata dal beato Marco d’Aviano durante la Messa celebrata sul monte Kahlenberg, sopra Vienna, prima della decisiva battaglia nella quale nel 1683 erano stati sconfitti i turchi che si apprestavano a conquistare l’Europa. Due piccole chiese cadorine, poi, in anni recenti han- Anche la scena della reclusione in prigione e della abiura è affidata alla proiezione sullo schermo di immagini in bianco-nero, girate negli spazi della casa di Tiziano l’Oratore. Colpisce la delusione di chi sperava in una resistenza ad oltranza di Galileo, come aveva fatto all’inizio del secolo Giordano Bruno, bruciato sul rogo a Campo dei Fiori a Roma, dopo la sentenza pronunciata dal tribunale ecclesiastico. In questo senso è stata efficace l’interpretazione di Diana Francescato nel ruolo del giovane studente deluso dal voltafaccia del maestro. Un’ottima Giorgia Sonego nel doppio ruolo di Virginia e fidanzato; una ironica Silvia Da Rin nei panni di un cardinale romano; una surreale Raffaella Giacobbi nel ruolo di donna di servizio; buone interpretazioni di altri personaggi da parte di Pina Sciulara, Chiara Sciuro e Salvatore Sciulara; il lavoro dietro le quinte di Sandro Nuzzo e Flora Pais a completare l’ottima riuscita del lavoro. “Chiara è la notte” ha superato il primo palcoscenico tra gli applausi del numeroso pubblico presente e si appresta a portare Galileo in altre sale del Cadore e della provincia. Lucio Eicher Clere Lozzo, dove dal ‘600 si venera la Madonna di Loreto. Altre realtà descritte nel libro di Chiades riguardano le chiesette di San Nicolò a Cibiana, della Madonna del Molinà a Domegge, di Santa Margherita a Laggio, di San Rocco a Perarolo. Proprio sulla figura trecentesca di San Rocco, così presente in territorio cadorino e viva nella devozione popolare, si sofferma ripetutamente l’autore, ricordandone il carisma di guarigione rivolto in particolare a coloro che venivano colpiti dalla peste. Il testo è impreziosito da una serie di disegni di Franco Losso che accompagnano ciascuna visita, esaltando con grazia e maestria la sagoma architettonica delle chiesette cadorine. “Un antico implorare” si apre con una breve, intensa presentazione degli assessori alla cultura e al turismo della Provincia di Belluno, Daniela Templari e Matteo Toscani. Maria Giacin RECENSIONI 11-01-2010 11:39 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2010 20 Inte chesto sfoi se dora la grafia de l Istituto Ladin de la Dolomites a cura di FRANCESCA LARESE FILON Cadorins L ativité dal Grupo musical d Costauta intrà canzogn e teatro “DISTANZE”, UN NOVO DISCO D CIANTADE LADINE DLE DOLOMITI I né gnu fora a la fin dl ön al novo disco dal Grupo musical d Costauta, intitoló “Distanze”. Un laoro ch era in cantiör bel da un pai d ane, ma che par podöi otgnì un bon resultato, söia pla registrazion, che par la stanpa, inà avù bisogno d pi tenpo par staighi dòi. Pla registrazion, infate, al grupo d Costauta ne n é du zna sala aposta, ma inà fato ntin a l ota, zun nasché möide intrà al 2008 e al 2009, ilò zal “studio d arte Giovanni De Bettin”, gno ch al musicista e esperto di programes dal conpiuter Daniele inà btu insieme duce i bocogn e dute el canzogn, finamai a la conclusion dla fadia. Sto disco iné la cuatordicesma incision dal grupo d Costauta, a partì da la cassöta “Al valzer dal Comelgo” dal 1986, fin al disco “Che bel ch iné l Comelgo dal 2007”. E cuatordes iné anche el canzogn registrede su sta nova òra intitoleda “Distanze”. Nascuante iné nassude dinze di spetacui di ane passade, come presenpio “Foresto”, e parla di temes dle parsone btude dna banda o considrede foreste da tance, ma dögne d considra- zion conpagn d cöi ch se conosse da vizin; nascuante parla d amor e d sentimöinte; una iné dedicheda a Primo Carnera, al grön pugilator, ch al grupo d Costauta inà ciantó a Sequals in ocasion da zentanario da cuön ch l era nassù. Un bel missiot d agromöinte e d motive musicai, ch va a insiorà al banco de sponda dl ativité cultural dal Grupo musical d Costauta, gno ch iné stó btu inze ntin de dalduto, canzogn, teatro, libre, videocassöte, manifestaziogn, incontre aped etre grupes e parsone zun cuase trenta ane d inpögno par mantgnì e föi crösse la cultura ladina dal Comelgo e dle Dolomiti. Al disco “Distanze” iné stó presentó a Sa Stefin a la fin de dizenbre, e sarà portó in giro par al Cadore e otró zun duce i spetacui e apuntamöinte ch al Grupo musical d Costauta inà in programa o gno ch al sarà ciamó via par l anada dal 2010. Ades al grupo iné dòi a parcesse par un spetacul in ricordo de Fabrizio De Andrè e par un teatro-canzon su l argomöinto dl arte e dla diversité, ch sarà intitoló come al disco, “Distanze”. (lec) LA NEVE DE NA OTA L a neve de na ota tomàa ntin pì bianca (almanco cossì la paréa) e le nebie da lontan scuerdéa le nostre crode co na tenda de coton che someàa ntin sporca ma piena de magia. E duto par sote giràa come na fameja de formie piene de laoro da finì. De seguro l era solo na ilusion davante ai ocie del tosato pien de fantasia ma la neve de ncuoi toma tanto pì de manco; la sparisse quasi prima de tàcase su la tera. Le nebie che penela i nostre bosche somea pì strache e quasi vuoite de chela magia che npizàa malinconia… Adeodato Piazza Nicolai 1 NOSOLOPUPE - PAR NO DESMENETEASE rmis Vincenzotto E de Domeje l à laurou nte chiste mes par parecià prima de Nadal n autro libro scrito par ladin co le foto de tante pupe de peza de Licia Fedon co apede la descrizion de come che se se viestea na ota par i daore e da la festa. La maestra de Domeje l é na apasionada de le tradizion e de l ladin e nte chisti ane la à belo fato belo n par i tosate de le scole par nparà al ladin cadorin e n libro su le erbe e su chel che se fasea na ota. Chesto é al terzo libro che la parecia fasendose idà da l so on che l é dal Comelgo, da Licia Fedon che la sa tante robe su chel che era al vive de na ota e da Teza che à metesto aposto al ladin de Domeje. A la fin al libro al contien tante informazion su par al vive de na ota, chel che se fasea, chel che se dorea par le varie ocasion: da la medalana a la cianeipa, da l sorgo ai peduoge, da chel che se fasea a Nadal a come che se se viestia cuanche se se maridea. Al libro l é anche pien de foto de le pupe de peza de Licia che le fa vede n piciol come che se se vistia e chel che se fasea na ota. Licia la fa le so pupe a man dorando roba da vestì de na ota e zercando de riproduse i mestier e duto chel che se fasea. Chesta femena l à fato oramai tante mostre co le so pupe che le vien senpre esposte par l istade al museo de la lataria de Loze. Ades se volarae fei n museo vero e proprio par le so pupe e speron che rue l finanziamento che é stou domandou su par la lege par le minoranze linguistiche. Ma par ades dute puo’ vedele nte le foto de chesto libro che l se ciatarà a Demeje sote Nadal. E tante conplimenti a Ermis Vincenzotto e a la so pasion. Francesca Larese Filon CANCHE REANE DUTE PI PUARETE é tante che dis: na I ota, canche reane pizi, se se golea pì ben. Dute se adiaa. Nesùn se tiraa indos a daighe na man a chi outre, a chi che aea bisogno. L’era tanto laoro: al fen, al besteame, la legnes, i ciampe; ma l’era anche tanta desgrazies: e i doven e chi omen s’en dia, restaa la femenes e chi riede; la famees les era pì unides; e l’era chi pì puarete, chi con tante fioi ize ciasa, chi che no aea guoia de laurà, chi che beea, chi che sen dia... ma, daparduto, agnò che ocorea, l’era na man sporta. Zenza invidies o roseghin de ize. Se i aea argo da te dì, i te l disea sul mostaze. Parchè pì o manco dute i era compagn, i fasea i stese laore, no i aea festide che un l’aése pì de chel outro. Se son arlevade co la porta da ciasa verta, dute podea dì de ize canche i golea o canche ocorea. La visinanza, riguardosa e pronta, no la manciaa mai. Sul ben e sul mal. “Par piazer, me inprestao na scudela de zucro, an filon de pan, doi piere, an tin de sal,...”; “aeo bisogno de argo”, “diseme, son ca”...duto conzà co an piato de bona ziera. Adès? Co la scusa de la television, dei ladre che ien ize par fenestra, dei zingre che te varda ize i guoie e t’indormiza...dute sera la porta a ciae. Se te gos te sones al ciampanel e se ai guoia te verdo; se no, men stago de ize e studo la luce. Canche se camina par strada, carche ota al bondì al stenta a ruà. Chi doven po’ no i te saluda quasi mai. An torto se sel recorda fin che se vive. Guai se te as argo de pì de chi outre. No i te l perdona pì. Somea che te aibes robà. E, a proposito, le chela, la roba, che conta senpre de pì. Desmenteandose che un al val par che che l’é no par chel che l’a. Ce pecà! Tante i dis che na ota se dia pì d’acordo, se vivea senza al velen de l’invidia un cun l’outro, senza golé ingrumà roba e schei; mah! no se sa se l é proprio da sen ... ocore dì che i tenpe i é canbiade, che dute stason meo, aon la machina e la television, la ciasa (carche ota doi o tre), che l’é fazile pensà a na ota come fuse al paradìs ...ma sone propio segure che na ota l’era meo de ades? Bortolo De Vido Peruto San Vido ORAZION anta Chiara S prestemé la ostra scala, fin che vado in paradìs a vede che bel vis se l e vivo, se l e morto, la Madona in medo all’orto che tuoi su i garofolini a vestì i suoi banbini, i banbini i va via cantando la Madona lagremando al Signor in denocion: mare, mare, che bela orazion. (dal libro POZZALE DI CADORE di G. B. Da Forno) a es to p n e d p ap gn vo co n v pa to Calabrò GENN 20-21:GENN 20-21_new GENN 20-21:GENN 20-21_new 1 11-01-2010 11:39 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 21 ALPINISMO - PER NUOVA VIA AL CAMPANILE DI TUORO IN RICORDO DI CAMILLO TABACCHI l Socio più anziano del I Gruppo Rocciatori Ragni, Camillo Tabacchi ci ha lasciato dopo un lungo periodo di malattia. Socio fondatore nei primi anni Quaranta con la Società Roccia e Neve Ragni (1942 ) e poi con il Gruppo Rocciatori Ragni, si distinse sempre come giovane attivo nelle varie specialità, in particolar modo con l’arrampicata aprendo un nuovo itinerario sul Campanil di Tuoro, e nel Bob divenendo poi anche Azzurro d’Italia. Rientrava nel suo Cadore pochi giorni all’anno per le vacan- Dal libro “La storia del gruppo Rocciatori Ragni di Pieve di Cadore” di Paolo Bonetti E ra il 1939 quando Guerrino Ciotti convinse Renato Frescura ‘Nécoli’, allora sedicenne, a tentare un’impresa che ora può far sorridere ma che allora era un tabù: la salita del Cìdol, o se preferiamo del Crépo di Sottocastello, uno strapiombante affioramento roccioso che incombe per alcune decine di metri sul camposanto del paese. La progettata scalata fallì, i due decisero allora che avrebbero disceso la parete in doppia e così fecero dopo che Guerino ebbe cementato sul bordo del baratro un chiodone. Del resto questa piccola ma difficilissima parete sarà salita la prima volta solo negli anni Sessanta dal grande Ignazio Piussi. Poco tempo dopo Guerino vestì il grigio-verde e partì per la Grecia da dove non sarebbe tornato. Dopo l’avventura del Cìdol, Renato, in possesso di... tecnica e prudente coraggio..., si sentiva pronto per imprese più ardue e assieme a Duilio De Polo frequentò assiduamente il Cornaviera. In breve entrambi i ragazzi furono in grado di condurre una cordata e il 25 agosto 1940, assieme al più giovane Camillo I GIOVANI E IL TERRITORIO segue da pagina 7 “In agenda - ha detto abbiamo il mantenimento degli esistenti ed il loro potenziamento.” Ad esempio ha citato “l’importante trattativa per mantenere la caserma dei carabinieri e la costruzione della nuova sede per i vigili del fuoco a Campolongo. Ancora, l’intento di aprire i corsi alla scuola del legno.” “E’ fondamentale che la vocazione naturale a centro del commercio e dei servizi, insita nella realtà di Santo Stefano, venga riconosciuta anche dai paesi della vallata.” Come ha osservato il mediatore Marco Da Rin la neces- Maria Ioppi sità tra i comuni del Comelico è operare insieme, perché la comunione di intenti è l’unica carta da giocare per agire in una zona montana come la Val Comelico. Infine l’intervento di Lionello Virgili, vicepresidente della Comunità Montana Comelico e Sappada, si è incentrato sulla finalità della Comunità Montana che, ha detto, “nasce dal principio di comunanza di intenzioni, in quanto si fa carico di servizi che sarebbero onerosi per i singoli comuni.” Ha aggiunto: “occorre che ogni amministrazione faccia la propria Tabacchi, superando difficoltà di quarto e quinto grado, realizzarono la prima via nuova dei futuri Ragni sulla parete nord est del Campanile del Toro. Un’impresa della quale, nello stile e secondo i dettami dell’epoca, fu pubblicata notizia su un quotidiano specificando... “I coraggiosi Giovani Fascisti sono i camerati: Renato Frescura, De Polo Duilio e Camillo Tabacchi, ai quali rivolgiamo vivo meritato plauso”. A testimonianza di questa impresa i nostri lasciarono la relazione tecnica pubblicata qui sopra. parte e lo faccia per l’intera vallata, evitando “doppioni” che in una realtà così limitata non hanno motivo d’esistere.” Infine il saluto del assessore regionale Silver De Zolt che ha ringraziato per l’invito e ribadito la necessità di fare squadra tra i comuni e operare tutti insieme. “Visti i buoni risultati” termina Manuel Baldissarutti “continueremo a portare le nostre idee e sfamare la nostra curiosità dialogando con il territorio in cui viviamo e a cui ci sentiamo inscindibilmente legati. Non nascondiamo che tra i nostri desideri c’è, senza dubbio, la volontà di creare nuove opportunità di confronto”. ze estive e quelle invernali, ma sempre presente nelle ricorrenze del sodalizio con la sua forte personalità e autorevolezza, custode morale del Gruppo, riprendendo anche a volte dei “giovani” meno propensi a regole e doveri di un Gruppo. Camillo “Rosso” (soprannome per il colore dei capelli) come altri suoi compagni d’avventure è andato avanti, ma il suo ricordo resterà sempre Vivo in Noi. Il Gruppo Rocciatori Ragni di Pieve di Cadore GENN 22-23:GENN 22-23 11-01-2010 11:40 Pagina 2 ANNO LVIII Gennaio 2010 22 1 SCI DA FONDO - 300 ATLETI ALLA 1ª EDIZIONE DELLA “COMELGO LOPPET” 30 KM SULL’ANELLO DI VALGRANDE olto combattuta la M prima edizione della “Comelgo Loppet” svoltasi a Padola il 3 gennaio. 30 km decisi in tre secondi. Quelli che separano il vincitore Florian Kostner dal terzo Bruno Carrara, con in mezzo Fabio Santus. Un rush finale tra i tre compagni di squadra dei Carabinieri, dopo una gara regolare che per l’intero primo giro non aveva avuto scossoni. Ai 15 chilometri il gruppone dei migliori passava nello stadio del fondo guidato da Carrara davanti ad Antonio Pontel, Fabio Santus e Giovanni Pezzo. Poi, a metà del secondo giro, la prima selezione che lasciava al comando i migliori cinque: oltre ai tre carabinieri anche Pezzo del Corpo Forestale e Ivan De Bertolis del Gruppo sportivo Hartmann. La fase finale sul rettilineo vedeva lo sprint bruciante di Kostner che ha chiuso la sua fatica con il tempo di 1h 07:03, davanti a Santus e Carrara. Pezzo concludeva a 12 secondi, De Bertolis a 14, Agostino Zortea a 38. Completa il successo della “benemerita” il 7°posto di Mirco Pezzo, staccato di 39 secondi; 8° si classifica Antonio Pontel del Corpo Forestale con 1’34 di ritardo, menVeronica De Martin tre vanno segnalati gli ottimi piazzamenti nei primi dieci di due atleti comeliani che cor- Martin, 9° a 2’50 e Stefano altri tre atleti del Comelico: al rono per il Gruppo sportivo D’Ambros, 10° a 3’25 dal 17° posto Stefano De MarHartmann, Riccardo De vincitore. Nei primi 20 anche tin Pinter, al 19° Valentino COMELGO LOPPET A PADOLA Trionfa Florian Kostner con un tris da podio per i Carabinieri Tra le donne, vittoria di Veronica De Martin e terzo posto per Marlene De Martin Riccardo De Martin De Martin Bianco, al 20° Andrea Zandonella. Nella classifica femminile dominio assoluto della padolese Veronica De Martin, Stefano D’Ambros Molto staccata a più di 5 minuti, la compagna di squadra Eugenia Biciugova; completa il podio femminile lo splendido terzo posto dell’altra padolese Marlene De Martin dell’Unione Sportiva Valpadola che precede di soli 40 secondi la compaesana Yasmine Pocchiesa. Al 5° posto Tamara Buzzetto dell’Unione Sportiva Valpadola, al 6° Annemarie Straub, G.S. Bassano e al 7° ancora una padolese, Simonetta Carbogno che tiene alto l’onore di casa De Zolt, visto che il marito Roberto non ha partecipato per organizzare meglio la competizione; 8° posto per Claudia Ferrazzi, Montegrappa. Una meravigliosa giornata di sole ha accolto i trecento atleti, pur in presenza di un vento gelido che, specialmente al mattino, ha un po’ disturbato i partecipanti. La pista ottimamente preparata dall’associazione Comelico Nordic Ski ha testimoniato ancora una volta la professionalità e la capacità organizzativa dei fondisti comeliani. Non per niente Padola, assieme a Sappada, fa parte del prestigioso circuito Dolomiti Nordic Ski che riunisce tutte le più importanti località del Bellunese e dell’Alto Adige. Gruppo sportivo Hartmann, che resta in testa per tutta la gara, chiudendo con l’ottimo tempo di 1h18:38, 37° assoluto a 11 minuti dal vincitore. SERVIZIO e foto di Livio Olivotto PATTINAGGIO ARTISTICO VANNO FORTE LE ATLETE DELLA U.S. TRE CIME L’impegno delle ragazze guidate da Natascia Vecellio si è tradotto in risultati brillanti Anche la nazionale Chiara De Martin allenata da Natascia GENN 22-23:GENN 22-23 1 11-01-2010 11:40 Pagina 3 ANNO LVIII Gennaio 2010 a squadra del Gran L Bar Piave è la vincitrice del “Torneo Castellani 2° trofeo Ivan Valmassoi” di calcetto, alla 17a edizione. Il quintetto comeliano si è imposto per 2-0 nella finalissima contro l’ottima selezione composta da Il Riccio. Una partita piuttosto equilibrata che ha visto molte occasioni da ambo le parti. A far cambiare il risultato ci ha pensato nel corso della seconda frazione il mattatore del torneo, Andrea Buzzo, con un gol di rapina da pochi passi. A sigillare il punteggio è arrivata poi la rete del compagno Igor De Mattia. A nulla sono valsi gli attacchi degli avversari che hanno trovato in Luca Fedon un ostacolo davvero insuperabile. Nella finalina a guadagnarsi l’ultima piazza del podio ci hanno pensato i ragazzi della Macelleria Da Col che hanno battuto agevolmente la Marengon Impianti Elettrici con il punteggio di cinque a uno in un match a senso unico. Un torneo che come ogni anno ha richiamato sul parquet del palazzetto Mario Cian Toma moltissimi ragazzi e atleti del comprensorio, pronti a sfidarsi in una manifestazione avvincente. Dodici le squadre partecipanti che nell’arco di tre giorni, dal 28 al 30 dicembre, si sono sfidate alla conquista dell’ambita coppa. Numeroso anche il pubblico accorso sulle gradinate ad incitare gli amici impegnati atascia Vecellio: è una N professoressa di lingue con la passione del pattinaggio la maestra che sta portando in altro il pattinaggio artistico cadorino negli ultimi anni. Lei, un passato da atleta e la grande passione per il pattinaggio artistico, concilia l’insegnamento a scuola con gli allenamenti di una squadra che è oggi in cima alle classifiche del Veneto (US Tre Cime). Impegno e passione che la hanno portata a completare la formazione come allenatore di II° livello e a frequentare stage di formazione con importanti allenatori internazionali come ad esempio Peter Grutter (allenatore di Stephane Lambiei il campione svizzero) per poter trasferire alle sue ragazze una formazione atletica per eccellere. E i risultati di tanto impegno si traducono in successi per le sue atlete: la figlia Karen Pontil Scala da sempre è ai primi posti delle categorie nazionali per l’età e la scorsa stagione si è classificata 2a al Trofeo delle Regioni di Zanica. Quest’anno, purtroppo, la ragazza è ferma per un incidente in pista, ma sarà pronta per la prossima stagione. Lucrezia Gennaro, la più piccola agonista del club, conquista sempre i primi posti e quest’anno è arrivata 3° alla Coppa dell’Amicizia (gara internazionale), la tradizionale gara che da l’avvio alla stagione. Anna De Nes, 9° posto alla Coppa dell’Amicizia per la categoria principianti A si prepara per la prossima gara: il Campionato Triveneto. Cecilia Larese De Santo, 23 CALCETTO A DOMEGGE - La squadra del Gran Bar Piave la spunta su Il Riccio e s’aggiudica il trofeo, terza la Macelleria Da Col sulla Marengon Impianti SEMPRE AVVINCENTE IL TROFEO CASTELLANI sul rettangolo di gioco. Insomma un’altra edizione che si può archiviare come un vero successo. I premi individuali sono stati assegnati ad Andrea Buzzo del Gran Bar Piave che si è laureato capocannoniere della fase a gironi, a Stefano De Marchi della Macelleria Da Col che si è dimostrato il miglior giocatore della competizione e a Luca Fedon del Gran Bar Piave, il più bravo a difendere la propria porta. La coppa disciplina invece è andata alla Pizzeria Da Giorgio. L’evento ha visto sfidarsi nel palazzetto cadorino anche le formazioni giovanili del Domegge Calcio e del Cadore 1919 in un simbolico torneo riservato alle categorie dei piccoli amici, dei pulcini e degli esordienti. Un buon allenamento per i tanti ragazzi scesi in campo visto che i relativi campionati durante la stagione invernale sono sospesi per il maltempo. Al termine delle partite la dirigenza del Domegge Calcio, organizzatrice dell’intera manifestazione, ha distribuito a tutti i piccoli atleti un che gareggia per le categorie free, si è piazzata 3a nella prima gara che ha coinvolto gli altleti del triveneto a Cavalese in novembre. Ed ora “affilano le lame” per le prossime competizioni le altre atlete del club: Marianna Battaglia, Anna Del Favero, Sofia Buzzi, Siria Mario e Federica Jar vis. Dal luglio 2009 anche Chiara De Martin, atleta della squadra nazionale di pattinaggio artistico viene allenata da Natascia Vecellio: la ragazza ha superato in settembre la verifica nazionale è ha conquistato il 2° posto nella Coppa dell’Amicizia di Merano. Nelle gare nazionali di categoria junior si è classificata 13° e 11° migliorando il punteggio in una categoria che la mette a confronto con atlete fino a 5 anni più vecchie. Ai Campionati Italiani Assoluti svoltisi a Brescia il 16-18 dicembre è stato conquistato il 10° posto. Ma oltre alle ragazze agoniste ci sono piccole che incominciano a pattinare e se avranno passione e costanza potranno entrare nella squadra agonista: si tratta di un’importante opportunità per il nostro territorio e per i nostri giovani. E nonostante le mille difficoltà, la chiusura dello stadio per 6 mesi all’anno, le pesanti trasferte all’estero o distante, anche i nostri club sportivi fanno crescere atleti di ottimo livello e permettono ai nostri giovani di confrontarsi nello sport con beneficio per la salute e lo spirito. Francesca Larese Filon cesto natalizio condito da dolciumi di ogni sorta. Un’iniziativa importante per evitare che si creino, almeno tra i più giovani, inutili campanilismi. Daniele Collavino La squadra del Gran Bar Piave vincitrice; (sotto) le formazioni giovanili del Domegge Calcio e del Cadore 1919 che si sono sfidate al Palazzetto M.Cian Toma Il primo mutuo casa con assicurazione sul debito residuo. 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