Bruno Munari UNA SOCIETÀ MIGLIORE Elisa Sandro Denis UN MONDO MIGLIORE Una parola di moda Ecologia è una parola entrata da poco nel nostro linguaggio, parlare di ecologia, scrivere di ecologia, dipingere quadri ecologici (che poi non hanno niente a che fare con i veri problemi dell’ecologia) pare che sia molto moderno. Quando una parola diventa di moda allora tutti la usano anche senza conoscerne il vero significato. Si trovano così in commercio dei prodotti ecologici, prodotti industriali, artigianali, artistici; che vengono comperati da persone che non sanno come usarli. Ancora una volta si sfrutta la moda per diffondere, nella ignoranza generale, dei prodotti che non hanno niente a che fare col problema ecologico. Chi li compera lo fa per avere l’impressione di essere moderni, chi li produce e li vende sfrutta, come al solito, l’ignoranza altrui. La stessa cosa è capitato recentemente alla parola “design” e, un giorno, ho visto con sorpresa una insegna di parrucchiere con la scritta “Parrucchiere design”. Tutti questi fenomeni che nascono dall’abitudine alla furberia degli italiani, ad approfittare di una situazione per primi, a far affari sull’ignoranza, vanno combattuti in modo serio e preciso. Occorre che ogni cittadino sia reso cosciente di che cosa è l’ecologia, alla quale lui stesso fa parte, e come dovrebbe essere il suo comportamento per salvare l’ambiente nel quale viviamo. Il folle desiderio del massimo profitto che ognuno di questi furbi crede di fare, porta alla distruzione dell’ambiente vitale. Questi non sanno che anche loro sono oggetto di sfruttamento da altri furbi. Erich Fromm, nel suo libro “Avere o essere?” si domanda giustamente come mai l’individuo da solo ha l’istinto di conservazione, mentre la società non lo ha più e va verso la distruzione. Un grande problema sociale è quindi quello di sensibilizzare la società su questi problemi. E qui comincia il lavoro serio sul come affrontare questo problema. Noi sappiamo che la mentalità degli adulti non si può modificare: se uno è stato educato ad essere maleducato e furbo, diventerà sempre più maleducato e furbo nello svolgersi della sua triste vita. Anche ammesso che si possa modificare il pensiero di questi pazzi, forse si riuscirebbe allo scopo troppo tardi, quando ormai l’individuo è troppo vecchio o addirittura non c’è più. Il futuro è già qui Una cosa molto giusta è quindi quella di preoccuparsi della società futura. Se la società attuale è così malvivente che ci porta tutti alla catastrofe ecologica, bisognerà preoccuparsi di come affrontare il problema di educare i bambini ad avere una mentalità ecologica. I bambini sono la società del futuro che è già qui ora, se ci si occupa di loro, si può pensare di migliorare la società. Troppa gente è abituata a distruggere tutto ciò che non conosce. Lo vediamo nei boschi e nei prati dove comitive di malviventi vanno a sporcare e a distruggere tutto quello che possono. Questi individui si confortano dicendo che quella è roba di nessuno e quindi si può fare quello che si vuole. La prima cosa da far capire a questa gente è che tutto è di tutti, e non di nessuno, che ogni cosa esistente ha una sua ragione di vita ed è legata a tutto il resto dell’ambiente. Occorre che la gente conosca e capisca quello che fa, che cominci ad amare la natura invece che ignorarla e distruggerla. Se faccio capisco Il gioco è una condizione ottimale per i bambini, per assimilare delle conoscenze senza fatica. La stessa azione svolta in altri modi non avrebbe questi risultati. Se i bambini sono costretti a fare qualcosa che non sentono, lo fanno lo stesso ma non ne resta alcuna traccia in loro: finita l’azione, dimenticato tutto. Un antico proverbio cinese dice: se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco. Quindi il messaggio resta meglio nella memoria se l’azione è un’azione voluta, accettata come gioco, un’azione allegra anche se la situazione è drammatica. Lavoro di gruppo Ad esempio l’idea di fare un libro tutti assieme, dà a ognuno la possibilità di partecipazione a un lavoro che sarà di esempio ad altri per continuare in altri paesi questa crescita culturale. Questa faccenda di fare un libro può sembrare una cosa semplice, ma invece mentre si pensa come farlo la cosa diventa sempre più complessa. Fare un lavoro assieme comporta una organizzazione del lavoro. Non è la stessa cosa fare un lavoro di gruppo e fare un lavoro collettivo. Il lavoro collettivo è quando, per esempio, cinque persone trasportano un palo: tutte e cinque fanno la stessa azione. Il lavoro di gruppo è quando ognuno fa un lavoro diverso ma sempre per un unico scopo: chi sceglie il palo da portare, chi lo porta, chi prepara il buco per piantarlo, chi lo pianta. Occorre quindi che l’azione sia ben organizzata strutturando l’operazione in ogni particolare. Relazioni creative Per esempio l’acqua non è solo quella dei fiumi e dei laghi, ma anche la pioggia, la neve, il ghiaccio dei ghiacciai. L’energia che si ricava dall’acqua, l’irrigazione dei campi, le acque minerali, le dighe e i canali, e poi la violenza dell’acqua, la vita e l’acqua, l’industria che usa l’acqua, il tempo libero. L’aria è quella che respiriamo, l’aria pura e l’aria inquinata, il clima, il vento, il fumo, l’aria nelle case e nelle fabbriche, il profumo del bosco e l’aria usata delle città, gli animali che vivono nell’aria, le vie respiratorie, le ali... Il suolo e il territorio sono i campi, la strada, la montagna, il paesaggio e quindi il turismo, l’agricoltura e la vita animale e vegetale, le materie prime, il disboscamento, le frane, gli impianti industriali, i rifiuti urbani e industriali… La vita vegetale e animale è forse quella che attira di più l’immaginazione dei bambini: gli animali domestici e selvatici, il fuoco e la foresta, gli insetti e gli uccelli, gli insetticidi e la caccia, il rimboscamento e la difesa della natura… La società si rivela nel comportamento individuale di fronte alla natura e quindi lo spreco, la violenza, l’ignoranza, la speculazione e il saccheggio del patrimonio collettivo da parte di individui senza senso della collettività, l’abbandono o la conservazione di ambienti e di luoghi, i trasporti collettivi e quelli individuali, la cultura i musei. Le fiere, le altre manifestazioni collettive, la lingua, il dialetto, il gergo degli artigiani e dei lavoratori o delle donne di casa, la cucina, la famiglia... Il bosco è anche lui un soggetto da fiaba e quindi anche lui ha avuto molto interessamento. Finora abbiamo in prima linea il lupo, il bosco e il pericolo. Il lupo, e tutti gli animali; il bosco bello e pauroso nell’incendio, pieno di animaletti e anche di pericoli, di suggestioni perdibili. L’inquinamento è il pericolo più grosso che può essere sentito dai bambini come la morte totale. Una difesa continua Nelle biblioteche di ogni comune ci dovrebbero essere pubblicazioni, opuscoli, libri, manifesti a colori sulla flora da non distruggere, ecc. dove raccogliere i dati necessari. Dappertutto c’è qualche attività umana da conoscere, sia la fabbrica di qualcosa, sia l’allevamento di qualche animale, sia gli impianti di ogni genere. Dopo la visita a queste attività si possono fare delle riunioni per discutere questi problemi, per sapere se hanno o non hanno un aspetto ecologico, invitando genitori e persone estranee alla scuola, distinguere gli interessi personali dall’interesse per la collettività che siamo sempre tutti noi. Raccogliere tutti questi dati e classificarli, per materie, per tempi, per interesse ecologico, per quantità e per qualità. Se si trova inquinamento, far parlare gli inquinati, raccogliere dati prima e dopo l’inquinamento Ricercarne le cause, proporre rimedi. Tutto ciò può diventare materiale di altri libri perché questa presa di coscienza collettiva non vada sfumandosi in nulla. Non bisogna pensare di aver finito. Dato che l’inquinamento continua, la difesa deve essere altrettanto continua. Luca Federico Marco Luisa Elisabetta Partecipare è importante L’importante è abituare la gente a partecipare ai fatti che la riguardano direttamente. Normalmente la gente è stata abituata da sempre a subire tutto quello che succede; lo slogan della rassegnazione è: “tanto non c’è niente da fare”. Invece c’è moltissimo da fare e occorre che tutti prendano coscienza della situazione ecologica specialmente, per cercare di porvi rimedio. Bisogna che la gente si abitui a stare assieme e a comunicare, a scambiarsi dei pensieri ma non solo sulle partite di calcio e sulle canzoni; sui fatti della vita, sull’ambiente nel quale viviamo, sul pericolo della distruzione delle risorse naturali, sull’avvelenamento dell’aria, dell’acqua, dei cibi, sul rumore, su tutto ciò che sfruttatori individualisti fanno a proprio vantaggio e a danno del prossimo. Educazione e industria È necessario che questa autodifesa dell’ambiente diventi un fatto permanente. Che i cittadini si abituino a non inquinare, piuttosto che trovare soluzioni per risolvere il problema dell’inquinamento. In oriente si ha l’abitudine di risolvere i problemi alla base. Per esempio non si studiano nuovi elettrodomestici per pulire più facilmente la casa di abitazione, ma si studia come non sporcare. Il problema non è quindi di come pulire, bensì quello di non sporcare. E un problema che dal campo della progettazione industriale si sposta in quello della educazione e del comportamento civile collettivo. Dominare la natura Pensate a quante macchine ci sono per pulire le strade, pensate ai costi, allo spreco. Un antico proverbio cinese dice: se ogni cittadino tiene pulita la strada davanti a casa sua, tutta la città sarà pulita. Ma questo fa parte del pensiero orientale al quale noi non siamo ancora abituati. Noi occidentali crediamo di essere i padroni del mondo e crediamo fermamente che “l’uomo deve dominare la natura”. Gli orientali dicono invece che l’uomo deve essere nella natura, deve capirla per viverci meglio secondo natura. Infatti se una persona ha il problema di aerare la propria abitazione e se conosce come l’aria si sposta da sola naturalmente, non avrà bisogno di fare un costoso e inutile impianto di aria condizionata per spingere l’aria dove vuole lui, anche contro natura. Se questa persona conosce come si muove l’aria, farà una apertura in basso nella parete nord della casa e una apertura in alto nella parete sud, aperture regolabili a piacere, e così avrà aria fresca anche d’estate senza spesa e senza rumore. Come quell’aria fresca che si trova nei paesi di mare, d’estate col caldo, sotto i portici di qualche casa. Se questi non conosce l’aria e vuole che vada dove vuole lui per avere il fresco, allora costruirà una macchina con percorsi obbligati, con un generatore di freddo dove l’aria si raffredderà per essere spinta con forza entro l’ambiente e cacciare fuori (cioè addosso agli altri) l’aria calda che lui non vuole. Il risultato è che l’aria sarà sì fredda, magari troppo, ma ha un odore di macchina, e poi occorre un altro apparecchio per regolarne la gradazione termica. Si sa che la temperatura nelle strade di New York d’estate, aumenta di qualche grado, grazie a tutti gli scarichi di aria calda che vanno addosso alla gente. Semplificare è difficile Il nostro modo di pensare e quindi di essere nella natura e nella società, è talmente viziato, si potrebbe bene dire inquinato, che non riusciamo più a vedere dov’è l’errore e a correggerci in tempo. Di solito quando qualcosa non va si cerca di porvi rimedio inventando qualcos’altro che neutralizzi gli aspetti nocivi di ciò che non va. Se il condizionamento dell’aria produce aria troppo secca, per esempio, allora si inventa un altro apparecchio per correggere questo difetto e così si creano nuove fabbriche per produrre un ennesimo elettrodomestico che in questo caso sarà l’umidificatore; e così la gente è servita, condizionata, imbrogliata ancora una volta. L’umidificatore è in vendita nei migliori negozi di elettrodomestici; nel caso che l’umidificatore umidifichi troppo allora si può sempre applicare un seccatore, nuovo modello, consumo minimo, pratico ed elegante, può stare in salotto, nuovo design. Semplice ma bello Quando ero negli Stati Uniti, per un corso di design alla Harvard University, abitavo al Faculty Club, dove altri insegnanti abitavano, vicino al posto di lavoro. Avevo una cameretta chiara pulita e sufficiente: c’era un calorifero, un condizionatore d’aria sotto la finestra, un grosso ventilatore sopra la porta. Il calorifero di solito produce aria secca e così io mettevo il tappettino del bagno inzuppato di acqua, sul calorifero alla sera per poter dormire. La finestra, come quasi tutte le finestre in USA, è fissa, incollata dalla vernice, non si può aprire. Qualche volta il calorifero mandava troppo caldo, in tal caso io potevo accendere il condizionatore di aria fredda per diminuire la temperatura. Questo condizionatore dava un tipo di aria usata che sapeva anche di macchina. Dopo un poco dovevo accendere anche il ventilatore per far andare in corridoio l’aria ormai irrespirabile della stanza. Il grosso ventilatore faceva anche un frastuono in rapporto al volume. A questo punto, visto che non si poteva aprire la finestra, scendevo in strada a respirare un poco di aria meno inquinata e usata di quella della stanza. Bastava poter aprire la finestra. Troppo semplice. Bisogna abituare la gente ad essere semplice, a risolvere i suoi problemi col minimo sforzo. Un altro slogan che denuncia la mentalità distorta di molta gente è: “semplice ma bello”. Perché quel ma? Si dovrebbe dire semplice quindi bello. Si confonde il bello con l’ornato, più “lavoro” c’è e più una cosa è bella. Se si mostra a questa gente una soluzione semplice e quindi geniale, la gente di solito dice: come! tutto li?. Vivere senza spreco Quando la gente avrà preso coscienza di questo nuovo modo di vivere non basato sullo spreco, sul complicato, sul lusso vero e finto, sullo sfruttamento; lo sforzo collettivo sarà quello di rendere permanente questa conquista sociale. Far conoscere per esempio, quanto si spende per pulire l’ambiente da tutto ciò che molta gente è abituata a gettare per terra. Se i cittadini educati e civili, non avessero sporcato, con quel denaro si sarebbe potuto fare qualcosa di più utile ai cittadini stessi. Alla base del problema c’è quindi una educazione ecologica, un nuovo comportamento sociale, nuovi rapporti tra gli individui, tutto da conquistare e da conservare: semplificare per vivere meglio. Ma come si può fare per rendere permanente questa coscienza ecologica? Come allargare la conoscenza del problema? Le guardie ecologiche Un esempio è l’istituzione di “guardie ecologiche” per cui alcune decine di ragazzi e ragazze, opportunamente istruiti allo scopo, percorrendo un territorio, per due mesi, hanno avvicinato i turisti invitandoli all’osservazione delle regole ecologiche, a non inquinare, a non gettare tutto per terra, a usare appositi sacchetti per la raccolta dei rifiuti, a rispettare le leggi di protezione dell’ambiente. Non so se questa iniziativa ha avuto dei buoni risultati, io penso che il comportamento civile debba essere insegnato come prima cosa negli asili. Se un bambino si abitua a non gettare a terra ogni cosa, quando sarà adulto non avrà bisogno di nessuno che gli dica come comportarsi. È questa una situazione molto delicata per cui gli adulti si trovano di colpo di fronte alla loro mancanza di educazione e questa presa di coscienza può avere anche reazioni pericolose, soprattutto se la persona che fa notare questa maleducazione è un ragazzo. L’adulto che così all’improvviso si sente rimproverato, sia pure gentilmente, per la sua scarsa (diciamo così) educazione può reagire cercando di comportarsi in modo opposto al richiesto per far vedere che a lui non lo comanda nessuno. Occupiamoci dei bambini Forse ci saranno altri modi per diffondere questa educazione ecologica. Forse ci vorrà molto tempo prima che questa educazione modifichi la nostra società ma se siamo convinti che questo va fatto non dobbiamo abbandonare mai l’impegno e diffondere sempre più questi principi. Gli adulti non cambieranno mai le loro abitudini. Occupiamoci dei bambini per preparare una società migliore. Michela Andrea Monica I disegni degli alberi sono di ragazze e ragazzi di scuola media che nel 1986 hanno partecipato intensamente al laboratorio “Erbe, alberi e bambini” presso la sede degli Itinerari Educativi a Mestre, in via Portara 8. Coordinatrici del laboratorio: Paola MANTOVANI, Amina GASPERI, Maria Carla SPAGNOL. 4 gennaio 2002 Roberto Pittarello La natura e l’educazione ambientale nei libri in foglio: DISEGNARE IL FUOCO / PIOVE! / LA FORMICA È TASCABILE / PERCHÈ LE RAGNATELE SONO TUTTE DIVERSE / ANIMALI COME NOI / CON GLI OCCHI DELLA FORMICA / SOPRATTUTTO FIORI / ALBAREO / SEGNI DI ALBERI E PAROLE / IL SOLE TRADITO Richiedere la collana ‘I libri in foglio’ a: La Scuola del Fare Castelfranco Veneto TV - 0423.496191 / Mestre-Venezia - 041.5343664 www.lascuoladelfare.it / [email protected] Roberto Pittarello via Sturzo 5, 35020 S. Angelo di Piove PD - tel/fax 049.5846592 DTP Sergio Trentin - Castelfranco Veneto - gennaio 2002 Ho conosciuto Munari nel 1979 e in uno dei nostri primi incontri mi ha dato questi testi che trattavano gli argomenti di cui parlavamo ogni volta che ci vedevamo: la natura, l’ecologia (mentale), l’educazione di adulti e bambini. Forse questo testo, in pezzi apparentemente slegati, era la presentazione di un libro o di un catalogo. Di questo non mi ricordo. Munari pubblicò “Disegnare un albero” (ancora disponibile) nel 1978 con l’editore Zanichelli. Io, intanto, sperimentavo concretamente quel percorso con la mia classe e con altri bambini che incontravo nei laboratori. Assai sorpreso dei risultati, Munari commentava ogni albero disegnato. Ne inviò una serie a mio nome perché Mario Lodi la pubblicasse su A&B. Infatti, gli alberi diventarono la copertina del numero 11, novembre 1986, anno III, del giornale di adulti e bambini che vogliono diventare amici. Inoltre, iniziò per me e i miei allievi una collaborazione al giornale e un rapporto di scambio di esperienze e di amicizia con Lodi che ancora oggi dura. Nel 1984 sempre Munari propose all’editore di fare un libro di alberi disegnati dai bambini. Nel 1985 il libro uscì ed è ancora in vendita. Al di là di queste notizie, rileggendo ora questo testo, a cui ho dato personalmente il titolo e la suddivisione in piccoli blocchi, mi pare ancora di sentire la bellissima voce di Munari che senza mai adirarsi affermava il suo credo sul semplificare. Un credo educativo che coinvolge tutta la società, anche quella della produzione che non dovrebbe mai inventare nuovi bisogni, ma innalzare la qualità di vita di tutti con prodotti semplici, dotati possibilmente di una funzione anche estetica. “L’estetica vince la miseria” mi ha ripetuto spesso. Sono passati quasi 20 anni. Allora chiedo a tutti gli insegnanti se i loro allievi disegnano alberi come questi. Chiedo anche agli adulti se è proprio vero che non hanno alcuna intenzione di cambiare. Aspetto. Aspettiamo.