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LETTERE
Esperanto
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del mondo
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Nel numero de "L'Europa'' del 9
maggio scorso Dante Antoniani, in
un articolo intitolato "Una
lingua per l'Europa", dopo aver
escluso che nel continente,
il quale si sta avviando verso
l'integrazione politica, potrà
un giorno prevalere come unica
lingua un idioma a larga
diffusione come l'inglese, oppure
una lingua convenzionale quale
è l'esperanto, sostiene che «la
lingua d'Europa sarà il
risultato di un continuo seppur
lento processo d'integrazione
spontanea, di spontanea fusione di
lingue diverse in una lingua
sola ». Secondo Antoniani un gran
passo verso l'unificazione delle
lingue sarà realizzato quando si
incomincerà ad impartire i
diversi insegnamenti nelle scuole
in una lingua sola. Ci sono
pervenute numerose lettere di
esperantisti contrari alle tesi
sostenute da Dante Antoniani. Le
pubblichiamo dato l'interesse
e la varietà degli argomenti addotti
HA
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AH
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Egregio Direttore,
bo letto sul numero del 9 magaJo l'arti·
colo "Una lingua per l'Europa" di Dante
Antoniani e Le sarò grato se vorrà pulr
blicare le precisazioni che seguono.
Dall'uso neUa propria Hnaua madre di
termini, espressioni, modi di dire di altre
lingue europee all'inteerazione naturale delle varie lingue europee c'è cti mezzo il mare
e con tutto il mio ottimismo, credo che
la cosa sia irrealizzabile e che non possa
essere presa sul serio.
Infatti se ciò fosse possibile (e non bisogna dimenticare che inteerazione linguisti·
ca si~fica integrazione arammaticale e
sintatuca e questa non P.Otrà mai avvenire
naturalmente) sarebbe 111à avvenuto in na.
lioni come la Svizzera o il Belaio o la
Jugoslavia, dove una integrazione linguisti·
ca è sempre stata desiderata ed invece,
per esempio in Svizzera, ciascuna delJe lingue usate ufficialmente ba mantenuto intatte le proprie caratteristiche e nonostante
che i ctiversi in5e1P?ameoti nelle scuole sviz·
zere siano imparuti in lingue diverse, l'unificazione non si è verificata e non è nemmeno cominciata l'int~raz.ione spontanea
cti cui parla l'Aotoni;~w nel suo articolo.
Evidentemente l'Antoniani non conosce
l'Esperanto perché altrimenti non lo chia·
merebbe lingua convenzionale, beosl lingua
internazionale, e quindi più che europea,
dato che la "geniale creazione del medico
polacco" contiene le radicali linguistiche più
internaziona lmente usate, cioè il dr. Zamenbof ha assoggettato a regole fisse quel·
le radicali naturali che si trovano presenti
in un maggior numero di lingue viventi.
Per l'affermazione circa il "sempre decrescente interesse delle masse per l'Esperan·
to", posso soltanto dire ohe probabilmente l'Antoniani non sa che esistono
"leggi" che regolano l'inseenamento dell'Esperanto nelle scuole in Olanda, Austria,
Polonia e che in molte ~i come
Inghilterra, Bulgaria, Juaoslavia, GiappOne,
Polonia, Nuova Zelanda, Australia, Stati Uniti d'America, Brasile, ecc. l'Esperanto è insegnato re~olarmente in base a circolari o
regolamenn.
Anche in Italia è all'esame della VIII commissione permanente della camera dei deputati la proposta di lene n. 1489 per
"l'insegnamento della linaua internazionale
esperanto e della relativa letteratura nelle
scuole elementari e secondarie" presentata
il 23 maggio 1969 dai deputati Nicolazzi,
Cariglia, Racchetti, Napoli, Luccbesi, Bo,
Giorno, Amadei Giuseppe, Bianchi Gerardo,
Benoc:ci, Borghi, Piani, Micheli Pietro, Guerrini Giorgio, Miroglio, Querci, Monti, Pie.
cinelli, Meucci.
Padronissimo l'Antoniani dì non "prendere sul serio" l'Esperanto, però c'è ohi la
pensa diversamente e fra questi vi sono i
milioni di persone obe in tutto il mondo
usano l'Esperanto.
Nel 1966 è stata presentata ali'ONU una
petizione con la quale 72 milioni di persone banno manifestato il loro convincimento nella utilità dell'Esperanto ed hanno
proposto che le Nazioni . Unite risolvano il
problema linguistico mediante un appogaJo
reale ed efficace alla ctiffusione della neu·
trale lingua internazionale Esperanto, rac-
comandando agli stati membri cti favorirne
l'insegnamento e cti incoragaJarne l'uso nelle relazioni internazional.i dei popoli.
Penso possa essere interessante conoscere
le cifre relative all'insegnamento dell'Esperanto nelle scuole durante gli ultimi anni:
1950-51: scuole 114 in 15 nazioni
1955-56: scuole 142 in 22 nazioni
1959-60: scuole 356 in 27 nazioni, allievi 13.137
l96U3: scuole 563 in 32 nazioni, allievi 16172
1965-66: scuole 427 in 37 nazioni, allievi 16.302
1968-69: scuole 691 in 31 nazioni, allievi 18.881
In Esperanto esiste una letteratura originale, costituita da romanzi, novelle, lavori teatrali, poesie, lavori scientifici, opere
filosofiche e politiche.
Molte riviste e periodici vengono editi in
Esperanto in ogni parte del mondo, dagli
Stati Uniti d'America alla Cina Popolare,
dal Vietnam alla Repubblica Federale Tedesca.
Più cti una ventin.a cti stazioni radio,
tra cui Roma, Berna, Varsavia, Zagabria,
Rio de Janeiro, Pechino, Rosario, Budapest, Londra, Valencia, Praga, Vienna e la
voce dell'America usano regolarmente l'Esperanto per le loro trasmissioni dedicate all'estero.
Centinaia di ctitte come la Fiat, la Pbilips, la KLM, I'Ytong e la Gevaert, nonch6
la Repubblica Popolare Cinese e quella bul·
gara, usano l'Esperanto negli scambi c?mmerciali e nel testo dei loro cat~!oahi e
prospetti propagandisti<:i.
E potrei continuare ma preferisco, UICbe
a documentazione di quanto afferma•o. iDviarLe una cOpia della "roposta di lene
n. 1489, una copia delJ'opuscolo "Il valore
educativo d.eU'Ìilseinamento deli'I;:speranto
nelle scuole" ed un pieghevole illustrativo
sull'Esperanto.
Qualora l'Antoniani volesse documentarsi
sull'Esperanto, pOtrà rivolgersi a:
CEKIT (Centro Esperantista per il Com·
mercio, l'Industria e il Turismo) • Via Vii·
loresi, 38 - Milano.
FEDERAZIONE ESPERANTISTA ITALIA·
NA
Via Po, 7 - Torino.
ISTITUTO ITALIANO DI ESPERANTO .
Orup - Università di Padova.
Ringraziando, distintamente La ossequio.
MARIO DAZZINI
Esperanto
unica
speranza
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Sig. Direttore,
nel numero del 9 ma~o 1970 un articolo a finna Dante Antomani ba affrontato
sulla Sua pregevole rivi.s ta il problema di
una lingua per l'Europa. Le sarò grato se
vorrà prendere in considerazione i seguenti
rilievi.
Il primo di essi riguarda l'ottimismo dell'articolista il quale riesce a constatare in
atto un processo di unione politica obe nel
airo cti alcuni anni (5-10?) dovrebbe automaticamente dare oriaine ad una ben funzionante federazione europea.
A me sembra che tale processo non sia
affatto in corso o, quanto meno, che la sua
ve.locità sia talmente modesta da potersi
considerare politicamente nulla.
A titolo di prova basta citare l'attuale
completo disinteresse dei comunisti per le
cose europee e confrontarlo con la mobili·
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a lingua per l'Europa
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Il progetto - "mezzo più poderoso ed
efficace" - per la scuola dovrebbe presupporre da parre degli in~anti la conoscenza di due, tre, quattro lingue. Sembra una
utopia che tutti gli insegnanti siano a
questo livello. A ouesta stregua sarebbe
meglio tornare all'Esperanto e preparare gli
inscenanti, io poco tempo, senza difficoltà
di pronuncia o altro, a dare il loro contributo rielle scuole per la diffusione di
una lingua internazionale, non solo europea
ma mondiale.
Distinti saluti.
ELDA MICHELIS
Verso
il suicidio
linguistico?
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esiste un vero, autentico, pOpolo europeo
di cui essa sarà deri\la.Z.ione; ma un vero,
autentico popolo europeo a sua volta dovrà risultare dalla sintesi e non dalla semplice somma di popoli nazionali come at·
tualmeote si pretende.
Elemento fondamentale di tale sintesi sa·
rà, a mio parere, l'adozione di una lingua
ufficiale europea (seconda lingua di ogni sta.
to) che rappresenti l'anima del nuovo popolo e ne costituisca il cemento spirituale.
La sceha di tale lingua sarà necessaria·
mente fatta con criteri di carattere poli·
tico e, dovendo avere caratteristiche soprannazionali, non potrà cbe essere l'esperanto
ohe possiede tutte le qualità per diVentare
una lingua di massa.
L'esperanto costituisce perciò il mezzo per
creare quel popolo europeo in mancanza
del quale l'unione politica rimarrà sempre
un sogno.
Ma sono lieto di poter concludere questa
lettera, inevitabilmente molto lunga, con
la notizia che è già a buon punto il coordinamento degli esperantisti del mercato comune in forma organizzativa autonoma. Dal
loro primo congresso sorgerà finalmente il
primo nucleo del nuovo popolo europeo.
Nell'attuale situazione politica c'è, secondo il mio pessimistico parere, un solo
motivo di speranza: cbe questo nuovo popolo possa crescere rapidamente e ri,oaliosa·
mente prima che sia troppo tardi.
Grazie per la pubblicazione. Gradisca di·
stinti saluti.
Il presidente del eruppo
esperantista romano
ALBERTO MENABENE
AH
Un progetto
che è
un'utopia
EU
tazione di piazza da essi determinata, a suo
tempo, contro la presentazione del progetto
CED che dell'unione politica avrebbe po·
tuto costituire autentica premessa.
E infatti: non sembra all'arricolista che
il proposto allargamento della comunità
europea alla Gran Bretagna porterà fatalmente ad un ulteriore rallentamento <:Iella
marcia integrazionista poiché tale paese è
sempre stato, c lo è tuttora (anche per
motivi istituzionalì), decisamente ·contra·
rio ad ogni forma di integrazione europea?
Continuando di questo passo, inutile ac·
qua continuerà a scorrere sotto i ponti dell'Europa dei Sogni. Ma non all'infinito: solo
fino al momento in cui i comunisti riuscì·
ranno a raggiungere o almeno a condizionare la direzione •politica di uno de~~lì stati
della comunità iiacché allora la stessa comunità europea avrà finito di esistere.
O fino a quando l'Unione Sovietica e la
Cina, trovato finalmente un ounto d'intesa,
faranno fronte comune contro l'Occidente e
gli stati europei rivivranno l'esperienza della Cecoslovacchia o, pejl&io, del Vietnam.
Quel giorno finirà l'Europa dei Sogni
e, naturalmente, cadrà anche il problema
dell'integrazione linguistica.
Il secondo rilievo è una diretta conseguenza del primo. Dante Antoniani dà per
scontato che si abbiano a disposizione, 20.
40, addirittura 60 anni di comodo tempo
per portare a compimento uno spontaneo
processo di integrazione linguistica delle
principali lingue europee che seguirebbe automaticamente (quale fatto accessorio e
mal'ginale) l'autonomo processo di integrazione politica.
A questo punto devo aprire una rapida
parentesi per sottolineare la contraddizione
m cui l'autore è inconsciamente caduto:
~li inizia negando che l'esperanto possa
d1venire la futura, comune, lingua d'Europa
e scrive poi un intero articolo rper auspi·
care l'avvento, dopo alcune venerazioni, di
un ... esperanto di seconda categoria frutto
di un processo di integrazione spontanc;a.
Non è forse l'attuale esperanto già la
sintesi (ma facile e logica) delle più dif·
fuse lingue europee? Non è forse l'attuale
esperanto la lingua che ogni ragazzo europeo può parlare praticamente dopo un solo
anno di studio?
Egli auspica invece che a tuili i ragazzi
d'Europa vengano fatte studiare sin dall'infanzia 4-5 lingue (quali?), affinché, per sintesi spontanea, nasca dopo qualche generazione, un nuovo esperanto inevitabilmen·
te difficile e illogico come neni lingua spontanea esistente nel mondo.
Alla base di tale ragionamento si avverte
la prevenzione, del tulto ineiustificata, che
molte persone di alta cuhura (in piena buona fede) banno nei confronti dell'esperanto
giacché si ritiene comunemente che una
lingua artificiale non abbia la possibilità
di trasformarsi in lineua viva, naturale.
E' facilissimo invece dimostrare loro il
contrario citando l'inoppu~abile esempio
offerto dalla lingua artifictale " landsmall"
creata a tavolino dal filologo Aasen nel 1848.
Tale lingua è diventata naturale nel momento stesso che ì1 popolo norvegese l'ha
adottata e da quel momento in poi ha su·
bìto tutte le evoluzioni che sono caratteristiche di una lingua naturale. Ogai essa
è denominata "Nynorsk" ed è la lineua più
diffusa in Norvegia.
Il terzo rilievo, quello di fondo, è il seguente. L'unione politica è ancora un sogno q,oìché ancora non esiste una forza
popolare europea capace di obbligare i IJ<>vemi naziooah a compiere i passi decistvi
sulla via dell'unificazione; tale forza popolare non esiste ancora poiché ancora non
Egregio signor Direttore,
mi perdoni se, solo ora, riesamino l'arti·
colo "Una lingua per l'Europa" di Dante
Antoniani pubblicato sulla sua rivista del
9 maggio u.s.
L'autore dell'articolo, a mio parere, vede
le cose troppo facili e pensa che una soluzione si abbia nel giro di qualche anno.
E' dawero la situazione, tale, quale la
descrive, in tutta Europa? Non voglìo dare
una risposta, ma solo citare una frase di
Paolo Monelli in un articolo, "L'italiano
dei nuovi pedanti", del 5 giugno sul "Cor·
riere della Sera": c ... Dirò di più: nessuno
dei giornali d'Europa o d'America che oani
tanto mi capitano in mano mostra nei
titoli, nei testi e nella pubblicità quella
arlecchinesca mescolanza che hanno i nostri, di vocaboli dell'idioma della lineua
nazionale e di altre due o tre forestiere •·
L'Esperanto non mi risulta incontri un
• sempre decrescente interesse delle masse •: 83 anni di vita, 31 mila opere circa IO
milioni di persone che lo parlano, 120
pubblicazioni annuali dall'Olanda, Bulgaria,
Cina, Norvegia, Inghilterra, Brasile, ecc.,
annualmente dai 30 ai 40 congressi; seminari
di studio,~.. incontri, trasmissioni radio eior·
naliere. \.luest'anoo: congresso mondiale a
Vienna, per i ferrovieri a Rimini, per gli
italiani io crociera nel Mediterraneo, corso televisivo, da settembre, io Olanda, ecc.
Egregio signor Direttore,
ho letto nell'ultimo numero della sua
rivista "L'Europa" (n. 14) un articolo di
Dante Antoniani, dal titolo "Una lingua
per l'Europa", che, parendomi impostato in un modo assa.i singolare, mi spinge
a scriverle queste righe, pur sapendo che,
siccome nella sua rivista manca una rubrica di corrispondenza coi lettori, non
potrà pubblicarle.
Per cominciare, mi sembra che la tesi
del suo collaboratore sia un po' utopica:
se veramente la futura lingua europea
dovrà sorgere dalla mescolanza delle lingue parlate oggi in Europa, allora già
oggi si dovrebbero osservare 'tendenze che
comprovino una simile tesi. il fatto ~he
ci siano parole straniere nella nostra lin·
gua non prova nulla: da un can to ce ne
sono sempre state (nel 700 i francesismi
abbondavano, poi a poco a poco sono
stati più o meno "assimilati" o rigeltati,
sostituiti da espressioni puramente italia.
ne), e d'altro canto si tratta o dJ parole
che rieuardano un aspetto particolare del
modo di vivere o della cultura di un popolo straniero (che in Italia non ha un
suo equivalente) oppure di "parole di
moda". Non esistono, per esempio, indizi
che l'italiano stia per accettare forme
grammaticali o sintattiche dell'inglese o
del tedesco (questo sì che sarebbe una
prova della tesi di Antoniani!).
D'ahro canto, ad una simile tendenza aJ.
la "mescolanza" delle lingue manca anche il sostrato psicologico: nessuno può
prevedere una eventualità simile in una
epoca nella quale ogni più piccolo gruppo linguistico tende a far valere il proprio idoma (i baschi, i catalani e i galJeehi in Spagna; i provenzali, i bretoni
e gli alsaziani in Francia; i tedeschi in
Italia; i romanci in Svizzera, ecc.). Non
solo: ci sono persino tentativi di far
rinascere una lingua morta o quasi morta (tentativi talvolta coronati da successo): per esempio l'ebrai.<:o io Israele, l'ir·
landese nell'Irlanda, il sutsilvan nei Gri·
eioni, il serbo-lusaziano nella DDR, ecc.
Ma io credo che la tesi stessa ·del suo
collaboratore sia errata: non esiste in·
fatti nessun esempio storico di "mescolanza" linguistica vera e propria: e mi
stupirebbe se oggi improvvisamente una
simile "mescolanza" potesse formarsi.
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La frase di Antoniani sull'esperanto
"lingua convenzionale" il cui
interesse è sempre "decrescente per
le masse" e che quindi non
"può essere presa sul serio", ha
colpito nel vivo numerosi
esperantisti i quali hanno reagito
vivacemente in difesa della
loro lingua che, secondo uno di
essi, "costituisce il mezzo per
creare quel popolo europeo in
mancanza del quale l'unione
politica rimarrà sempre un sogno"
40
può trarre dalla storia linguistica della
parte fiamminga del Belgio.
Tra gli scopi d'un'Europa unita non
può esserci il suicidio linguistico-culturale.
Anzi, c'è da sperare che lo studio delle
lingue (ed in particola;e della "propria")
prosperi, e che s'istauri una maggior coscienza linguistica.
Ci sono alcuni problemi complementari:
l'Europa unita ha bisogno d'una lingua
comune (per questioni amministrative)
"subito" e non d'un "miscuglio" che comunque si formerà (o, come io ritengo,
"non" si formerà in quanto "miscuglio",
ma in quanto "scomparsa" di fronte ad
un'altra lingua) soltanto tra 200 o 300 anni.
E' infatti impossibile che ognuno riesca a
parlare l'italiano, il francese, il tedesco,
l'inglese, l'olandese, ed in qualche momento poi anche lo spagnolo, le lingue nordi·
che, e chi più ne ha ne metta. Un'ammi·
nistrazione poliglotta a tal punto potrebbe
anche rappresentare la Mecca dei traduttori e degli interpreti, ma non sarebbe
molto "agile" (e i costi?).
Trovo un po' aprioristica la posizione
negativa nei confronti dell'esperanto. Il
suo collaboratore lo rifiuta infatti voiché
le masse se ne disinteressano se m p• e di
più. Questo, a mio parere, non vuoi dir
nulla.
Io non credo che l'esperanto abbia mai
avuto un movimento di massa. E' anzi
stato sempre un movimento d'élites. Cbc
cosa vuoi dire "movimento di massa"? Vuoi
dire movimento formato dalla maggioranza di una certa classe sociale.
Ora, il movimento provenute dei Felibris (Felibrige) è stato, almeno agli iniLi,
un movimento di massa (di tipo borgh~
se). Eppure questo non l'ha salvato dal
fallimento (il provenzale è ormai pr.- ticamente scomparso). Invece la Lia llumant·
scha è sempre stato un movimento ~'<Dl
ristretto (d'élite), eppure grazie allo sua
attività il romaocio ha bloccato l':o\'al\Zata
del tedesco: anzi, in tal.mi viUaa\, il r~
l'!'an~io sembra persino tornare maui~
mano.
La questione non è sicuramenLe quella
del " movimento di massa" ma della necessità di cene soluzioni. Una' lingua per l'Europa è necessaria. Una lingua nazionale
è Impensabile per numerose buone r~oni.
Una "mistura" linguistica è utopic3 (avverrebbe piuttosto la sostitudrne d'una
lingua con un'altra). Dirò eli più: come
appartenente ad una minoranza linguistica
non considero auspicabili queste due ultime "soluzioni" perché porterebbero necessariamente al predominio d'un gruppo economic~linguistico-culturale
su un altro
(anzi, in Europa, sugli altri).
Mi sembra che rimangano due sole s~
lu7.ioni: il poliglot~ismo (utopico pure lui,
nella s~;~a forma mtegrale, e quindi poco
cos~rutuvo), e l'adozione d'una lingua internaZJonale neutra, come per esempio lo
esperanto.
. V~!ia __gra~~· _egregio signor direttore,
1 m1e1 ptu disunn saluti.
UE
,.,.,tillf •t.•ll• .
Se infatti guardiamo 'esempi antichi e
moderni, vedremo che una "hngua è sempre scomparsa a favore di un'altra", senza lasciare "miscugli" più o meno eter~
genei. E questa scomparsa è da addebitare alla migliore organiz:zazione econ~
mica e politica del popolo la cui lingua
si è imposta a confronto di quella del
popolo, la cui lingua è scomparsa. Al
massimo, la lingua scomparsa ha lasciato
in eredità alcune parole, ak:une espressioni, i nomi di luogo, un sottofondo f~
netico (e questo neanche sempre). Ecco alcuni esempi: il latino ha sostituito l'osco, e, più tardi, anche il greco nell'l tali a meridionale {an cbe se l'osco ed
il greoo erano pur lingue di cultura), ma
non s'è formato "un miscuglio". E cosi
il latino ha sostituito pure l'etrusco. Il
latino a sua volta è stato totalmente s~
stituito nell'Mrica settentrionale dall'arabo, il quale a sua volta ha sostituito il
copto io Egitto. Cosi i linguaggi neolatini
sono riusciti a sopprimere totalmente t
linguaggi degli invasori ~ermanici in Italia, Francia e Spagna. L inglese in Irlanda ha sostituito l'irlandese, ed il tedesco, nei Gri~ioni, sta per sconfiggere il
romaocio. Gh esempi si potrebbero moltiplicare.
Quindi, altro che lìoguaggi~miscuglio
"nobili lato" da bardi comuni! Quello che
i bardi canteranno sarà la scomparsa pura e semplice della lingua italiana di fronte alla lingua d'un popolo economicamente più forte, se non ci renderemo conto
a tempo del pericolo.
Io fondo, una simile posizione d'indifferenza di fronte alle sorti della pr~
pria lingua è abbastanza tipica di coloro
che parlano una "grande lingua" non minacciata d'estinzione. Quale inglese s'è infatti mai preoccupato del fatto che nell'Unione Sudafricana la lingua inglese perda terreno di fronte all'afrikaans? Quale
italiano (salvo eccezioni tanto rare quanto
lodevoli) si è mai preoccupato del futuro
della lingua italiana nei cantoni Ticino e
Grigioni? Quale parlante una "grande lingua" si è mai trovato a vivere giorno
per giorno le difficoltà che incontra una
minoranza linguistica (ed economica) nella difesa del proprio patrimonio linguistico-culturale di fronte all'invasione d'un'altra lingua (non necessariamente imposta
dallo stato, come nel conflitto castiglianoca talano: una lingua può avanzare per
ragioni economico-sociali: per esempio, il
tedesco a danno del romancio in Svizzera)?
Se un giorno veramente la lingua italiana dovesse essere in procinto di scomparire di fronte ad una rivale più forte
(perché, ripeto, è "questo" il pericolo al
quale potremmo andare incontro, non
quello d'un'eventuale "mescolanza"!), cioc
quando la classe economicamente dirigente avesse già abbandonato l'italiano, che
si troverebbe così ai limiti dell'imbastardimento, della lingua culturalmente sentita "inferiore", poi della divisione in dialetti e della definitiva scomparsa, allora
credo che anche il suo collaboratore cambierebbe idea. E allora sarebbe in if3do
di capire la lotta degli italofoni in Svizzera, dei romanci nei Griaioni, dei tedeschi
nell'Alto Adige, dei francofoni nel Giura
bemese e nel Québec (con tutti 1 lati oscuraotisti e deplorevoli che tali lotte hanno
potuto portare alla luce).
Sono convinto che una posizione dt
"suicidio linguistico e culturale" sia st~
ricamente regressiva e pericolosa. Ci s~
no stati gruppi sociali che l'hanno praticata. Cosi fino alla fine del secolo scorso
nelle regioni di lingua romaocia si è insegnato solo in tedesco... al punto che se
non si tiravano i remi in barca e se non
s'intensificava l'insegnamento del romancio, oggi il romancio sarebbe solo un ricordo. Altro che "mistura": grazie a quella
politica il tedesco è avanza to a passi da
gigante, invadendo regioni prima prettamente romance. Analogo inseanamento si
TAZIO CARLEVARO
Venti m ilioni
parlano
l'esperanto
Non capita spesso di leggere, in fatto di
lingua internazionale, una trattazione ser~
na e obiettiva come quella apparsa su qu~
sto giornale, il 9 maggio, a firma di Dante
Antoniani. L'argomento è molto importante
talché, confor tato da quanto ha detto Antoniani, vorrei aggiungere alcune consid~
·razioni che mi sembrano utili per una più
ampia informazione dei lettori.
solo quando l'Esperanto sarà così portato
"veramente" a conoscenza delle "masse"
si potrà avere dalle masse quel giudizio
che ali esperantisti auspicano, positivo o
neaativo che sia.
In buona nace con tuili.
A. PERRICONE PIRANDELLO
L'esperanto
va preso
sul ser1o
Il
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Il
UE
Egregio signor Direttore,
ho letto con vivo interesse l'articolo di
Dante Antoniani "Una lingua per l'Europa"
apparso sul suo autorevole giornale il :>
maggio u.s. in proposito del quale desidererei delucidarle solo un punto, che per
la sua anacronistica inesa::ezza m'ha enormemente sorpreso per non dire scandaliz·
zato.
Si tratta dell'interpretazione che l'Antoniani dà per l' "esperanto", l'unica ad avere tutti gli attributi come la sola seconda
lingua per gli europei, definendola di
• ... sempre decrescente interesse per le mas·
se • e che quindi • non possa essere presa
sul serio··
A prescindere dal fatto che solo una linaua neutrale veramente "internazionale",
al di fuori di oani interesse nazionale, può
essere adottata ed acceuata da tutti i popoli senua gravi discriminazioni, per i motivi c i contrasti, dall'altra pane ampiam~n­
te descriui nell'articolo. Ferma restando
l'indiscussa meraviglia di sintesi, J'insuperabile semplicità; appropriata disse il "Corriere della Sera" il 19 ottobre 1969 anche
per "Serenate in Esperanto" e da voi come geniale creazione di Hamenhof.
Volgo al termine citando alcuni dati in·
formativi: per quanto riguarda la mia città, vi sono almeno IO tra scuole e circoli
dove si insegna la lingua internazionale
(Monda Leinguo) dalle università statali e
Bocconi agli Ist. tec. Feltrinelli, al circolo
filologico milanese di S. Giovanni. di Pero, per non contare quelli a carattere
politici o religiosi , con una media annua
di 700 allievi.
Quanto al parlamento le ricordo il proacuo di leage n. 1489, (il 1816 fece appena
in tempo ad essere approvato dalla camera che la legislatura fini) per l'introduzione dell'esperanto nella IV e V classe della
scuola "primaria" e nella "media". l riconoscimenti e l'interesse di enti e personalità suffragati alla lingua universale sono
continui, già aii'ONU se ne parla come
soluzione per i miliardi di dollari sprecaù
per le traduzioni, ecc.
AH
UE
HA
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AH
mento". In quanto alle "masse", esse non
hanno mostrato n~ interesse né disinteresse: non l'hanno semplicemente conosciuto,
come non conoscono " la Criù::a della Ragion Pura" o "Il Paradiso Perduto" senza
che perciò l'opera kantiana e quella di Millon ne risultassero sminuite.
Tutte le lingue convenzionali non hanno
avuto né successo n~ durata. Ciò in quanto
in effetti, non sono state lingue ma "codici". l ' Esperanto ha già 83 anni di vita
ed è in pieno sviluppo. Esso (e questo è il
punto) più che una convenzione è "una
sintesi delle attuali lingue europee". Il
"Medico Polacco", coltissimo e polialotta,
non "creò" una lingua nuova (il che avrebbe dato luogo a un nuovo "codice"), ma
"fondò" su solo 16 reaole (le più rispondenti all'uso medio europeo) una "grammatica comune", alla quale unl come vocabolario " le parole più comuni alle lingue europee"; ed anche altre, purché internazionalmente ben note.
Proprio ciò che ausoica Antoniani. Ed anche di più, perché il "Medico Polacco" (e
lo dichiarò e lo scrisse) volle essere soltanto ."l'iniziatore" della lingua comun~
affidandone il naturale sviluppo alla evo·
luzione che essa avrebbe avuto con l'u~o.
Aperta quindi a lutti auei vocaboli i quali,
per lo stesso fatto di essere entrati nell'uso internazionale, hanno in essa nieno
diritto d'asilo da qualunque parte provengano, dalle lingue morte o dalle vive, dalla
tecnologia o dalla scienza, dalla letteratura
o dalla filosofia. Ed è su queste salde basi
(il " Fondamento") che l'Esperanto si è
diffuso non soltanto in Europa, ma anche
in America, in Asia, in Africa, dovunque. Ci
sono (uno per oani città) 119 centri esperantisti in Inghilterra, 95 negli USA, 145
in Francia, 130 in Germania, 36 in Giap.
pone, 54 in Brasile, 80 in Svaia e via di
seguito. Ce n'è perfino in Corea, nel Con·
go, Mauritania, Cuba, Canarie, Madagascar,
Iran, ecc., dovunque. Trasmettono in Esperanto le stazioni radiofoniche di Roma.
Varsavia, Nata!, Bilbao, Pechino, Berna, Rio
de Janeiro, Vienna, ecc.
Sono stati tradotti in Esperanto i capolavori di tutte le letterature, compresi il
Vecchio ed il Nuovo Testamento, la Divina Commedia; recentemente anche il Corano. Innumerevoli sono ormai i periodici
che si stampano in Esperanto in ogni parte del mondo e numerosissime le opere
originali di prosa e di poesia, scientifiche,
filosofiche, religiose. In ogni nazione c'è
annualmente un congresso nazionale di
Esperanto. Ogni anno, e sempre in una ca·
pitale diversa {quest'anno a Vienna) c'è
il congreso universale. Industrie colossali
come la FlAT e la PHILIPH (per non citarne che due) si servono anche deii'Espe.
ranto per il lancio dei loro prodotti al·
l'estero. Non è il caso che insista nel
citare dati che chiunque del resto può
rilevare liberamente dall'apposito "annuaUnione
rio" (Jarlibro, edito dall'UEA Esperantista Universale - con sede in Rot·
1erdam) e che oanuno può consultare presso
il Gruppo esperantista locale.
HA
EU
Antoniani (la cui opinione laraamente condivido) dice che una lingua internazionale
non può essere n~ una delle lingue attualmente parlate (• oani popolo ~ geloso della
propria •), né una lingua convenlionale.
A una lingua comune si potrebbe giunaere • come risultato di un continuo seppure
"lento" processo d'intearazione spontanea,
di spontanea fusione di lingue diverse in
una lingua sola •·
D'a.ccordo. Sta però di fauo che, da pochi decenni a questa parte, gli uomini
hanno abbandonato i procedimenti lenti
per lanciarsi con un crescendo aberrante
in un corso evolutivo frenetico e senza
precedenti. Per la rapidità dei meui di
comunicazione oggi, in poche ore e con
spesa relativamente modesta, ci si può
recare dovunque nel mondo, e dovunque
restare isolati a causa della diversità di
linguaggio. Oggi, mentre il prog1esso tecnico ci porta sulla luna, le nostre possibilità di comprenderci sulla terra sono minori che nel medioevo! Ciò ha portato in
primo piano, come necessità imp~llcnte. la
soluzione di problemi che vcram.:nte urgenti prima non erano, e tra questi quello
della lingua internazionale. Non si pui> quindi. secondo me, auenderc passJVamt!nte
che un "lento" processo sponwnc<J sfoci.
tra qualche secolo, in una lin<Jua nu•:>\ a.
comprensibile per tuui <~Imeno n Europa.
Che la lingua internazionale n->ll può essere una delle lingue auualmeme parlate
è pacifico non soltanto per le (!iustc 1agioni esposte da Antoniani, ma an:he le
non lievi difficoltà di apprendimento che
esse rappresentano. l 'italiano, per esempio,
è difficile per gli stessi italiani soprattullo
a causa dei verbi irregolari e delle sintassi.
L'inglese a causa della pronuncia c.he una
noùssirna personalità (inalese appunto) eb
be a definire • una vera calamità nazionale •·
E cosl un po' per ruue le linauc. Bisoane·
rebbe ripiegare allora su una delle "lingue"
cosid delle convenzionali ('' Parla" . "Spokil",
Volapiik, ecc.) che Antoniani scarta ugualmente e con ragione. In proposito pe1ò
egli dice: • Quanto all'adozione di una lin·
gua convenzionale come l'Esperanto, il sempre decrescente interesse delle masse pc·
la geniale creazione del medico nolacco è
chiara dimostrazione di come tal.;: lingu<~
non possa ess<~re presa sul serio •·
E' su questo punto che dissento, e per
due ragioni. la prima, perché l'Esperanto
"non" è propriamente una lingua convenzionale. La seconda, perché invocare l'inte
resse o il disinteresse delle masse per dimostrare la validità o no di una lingua in
effetti non dimostra nulla. Perché le ma ,,.e
(i popoli) si interessano ben poco alle
lingue, e milioni di studenti nel mv.ado
non studierebbero neppure la propria ~c
non forse obbligatorio studiarla. Per l'Esperanto io particolare c·~ una raaione di fondo che impedisce di valutario in base al
numero di persone che lo parlano, ed è
questa: che all'Esperanto sono mancate e
mancano le due potenti forze pr..,pultrici
che, da che mondo è mondo, ha.mo "c?stretto" i popoli a "interessarsi" di una
lingua straniera: l'espansione coloniale e
gli interessi politico economici. le linoue che
godono di una certa diffusione fuori patria, la godono soltanto in aree determinato:
e corrispondenti, appunto, alla zona di
esoansione e alla sfera d'interesse di que·
sta o di quella nazione. Invece l'Esperanto
si è diffuso "in ogni parte del mondo''
Una rivista seria e bene informata ( "Epoca" n. 1025 del 10 maagio u.s.) ammette
che gli esperantisti nel mondo sono circa
20 milioni. Venti milioni (preciso io) che
hànno accettalo l'Esperanto "senza esservi
minimamente costretti" e senza prospettiv~
di lucro "il che è sicuro indice di interessa-
A me pare piuttosto che sia il caso di
considerarlo seriamente questo Esperanto.
E di incoraggiarlo, anziché attendere che
"un altro Esperanto" si formi lentamente
su "identiche basi" nella comunità europea: ne abbiamo già uno abbastanza valido in tutto il mondo. All'Esperanto man·
cheranno (mi auguro) le forze oropultrici
del colonialismo. Ma esso potrebbe ben
ricevere la spinta del normale inseanamento nelle scuole. All'estero tale insegnamento è già obbligatorio in alcuni paesi,
facoltativo in altri. In Italia è già presentata in parlamento apposita proposta di
legge che sarà quanto prima discussa. E
A me personalmente dà molte soddisfazioni: dopo due sole laioni ho iniziato la
mia corrispondenza coi più lontani paesi.
Anche quest'anno andrò all' " ltaia kongreso",
il 410, che avverrà in crociera sulla Caribia nella terza settimana di settembre; si
prevedono più di 600 partecipanti d'ogni paese. ed inoltre questa lingua l'amo più di
ogni altra in quanto non essendo di nessuno
stato ~ di tutta la terra e >'luindi la sento mia; mi scusi se le potrà sembrare
banale ma è cosl.
Provi anche lei a studiarla, è la più
economica e proverà la stessa sensazione.
EZIO GALlETTr
41
Un libro di Tiziano Federighi
ro non avrebbo alcun significato.
L'esistenza di un p.p.d., sostiene l'Autore, è necessaria perché oggi l'umanità
possiede già le conoscenze per contro!
!are la propria evoluzione futura; pertanto soltanto una forza che oombim
la conoscenza scientifica con una sicura
volontà democratica può garantire che
il mondo futuro sarà sempre più a mi·
sura dell'Uomo. Le prospettive appaiono interessanti purché l'uomo sappia
sfruttare a proprio vantaggio la più grande forza indiretta, causa di trasformazioni sociali, che si conosca: il progresso
tecnologico.
Questo infatti, anche se può costituì·
re un'arma a doppio taglio non è da
respingere, ma da sviluppare; è proprio
sulla base di una società assai organiz.
zata e altamente produttiva dal punto
di vista economico che sarà possibile
aumentare progressivamente il tempo li·
bero e di puntare quindi ad una società
veramente libera, consentendo all'uomo
di realizzare se stesso non più nel "tem·
po-lavoro" ma nel "tempo-libero".
HA
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AH
UE
HA
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AH
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LA RISPOSTA
DE MOCRA TI CA
Questo libro (La risposta democratica,
Tiziano Federighi. Bulzoni Editore, Roma. Prefazione di Ugo La Malfa) nasce
dalla duplice esperienza dell'Autore, il
quale dopo aver operato per rs anni, come fisico, nel settore della ricerca scien·
tifìca, ha assunto una responsabilità diretta anche nel campo politico come segretario organizzativo nazionale del Partito Repubblicano Italiano. Tuttavia, come
dice giustamente La Malfa nella prefazione, il libro anche se tratta di un tema
squisìtamente politico, è concepito e sviluppato con la mentalità peculiare di un
fisico e rappresenta un interessante tentativo di razionalizzare e di riportare ni
"primi principi" l'attività politica stessa.
Tanto che ne è venuto fuori quello che
potrebbe chiamarsi il primo trattato di
"fisica-politica".
Più precisamente, prendendo le mosse
dalla constatazione dell'insufficienza dell'attuale politica la quale appare del
tutto incapace a comprendere e risolvere
i problemi reali posti alla società del
nostrO tempo dall'enorme progresso delle conoscenze tecnico-scientifiche, l'Autore sviluppa in termini logici e rigorosi
la teoria generale di una forza politica
democratica, la quale sia capace di operare nella realtà della propria società
facendola concretamente progredire sulla strada dello sviluppo democratico.
Questa forza politica (ideale) è denominata partito pragmatista democratico
(p.p.d.) e per il suo antidogmatismo, per
la sua forte carica democratica, per la
sua fiducia nelle conoscenze tecnico-scien.tifiche, rappresenta appunto la "risposta" che i democratici dovrebbero riuscire a dare ai· problemi del nostro tempo. Il p.p.d. infatti è strumento con cui
i democratici dovrebbero riuscire a garantirsi che lo sviluppo di una società
sia da una parte basato sullo sviluppo
tecnologico- (e non contro o prescindendo da esso), e che dall'altra in tale sviluppo siano sempre fatti salvi i valori
dell'uomo.
L'impostazione data all'argomento appare assai originale e interessante; tale
comunque da far meditare tutti coloro
che si occupano delle cose politiche.
Infatti anche se il libro non tratta di
problemi contingenti, la ricerca delle re
gole generali a cui dovrebbe attenersi
nella sua azione un partito democratico,
qualunque sia il paese in ~ui esso opera
e qualunque sia: la situazione contingen·
te in çui esso si trova, non può che
essere di giovamento alla maturazione
e alla conduzione deile proprie battaglie
àa compiere.
Il p.p.d. ha come base culturale la cultura scientifica stessa, che è l'unica veramente universale, e come metodo di lavoro il pragmatismo, cioè lo stesso me·
todo che ispira i ricercatori. Il p.p.d.
pertanto appare come una forza sociale
volontaria che si sovrappone a tutte le
altre forze dirette o indirette che operano nella società, per orientarne le trasformazioni in una direzione di continuo progresso democratico. Col p.p.d.
il dogmatismo viene sepolto e le ideologie schematiche non sono più accef·
tabili perché antiscientifiche. L'ideologia
però non è soppressa: essa ricompare
concepita come la "direzione" secondo
la quale bisogna indirizzare le continue
trasformazioni a cui la società va incontro. Ciò spiega l'abbinamento dell'aggettivo democratico alla parola pragmatismo: in politica il pragmatismo pu·
"lA risposta democratica" di
Tiziano Federighi rappresenta un
interessante tentativo di
razionalizzare e di riportare a.i
primi principi l'attività politica
tanto che potrebbe chiamarsi
il primo trattato
di "fisica politica"
42
Tre criteri
fondamentali
Operando nella realtà della propria
società, il p.p.d. possiede tre criteri fondamentali per valutare quando una trasformazione sociale porta verso una società più democratica. Ciascuno di questi criteri, da impiegare contemporanea·
mente, dà una misura parziale del "con
tenuto democratico" della società. Il
primo è la misura della libertà individuale, il secondo è la misura del potere
decisionale di ogni singolo cittadino, il
terzo è la misura dell'interesse generale.
I tre criteri sono sintetizzati nel prin·
cipio del federalismo, che consente di
costituire associazioni sempre più ampie
di uomini, lasciando a ciascun gruppo
il diritto che tenga conto delle esigenze
generali della collettività. Lo stesso prin·
cipio - da cui discendopo impananti
conseguenze per l'azione e il ruolo delle
forze sindacali e delle organizzazioni territoriali - si applica all'esame della
macchina economica produttiva.
Ancora a giudizio dell'autore, il p.p.d.
nel produrre le trasformazioni di una
società in una direzione di progresso democratico, è molto più efficace nell'azione di qualsiasi altra associazione o
movimento culturale. Esso infatti - combinando la sapienza politica con la volontà democratica - rappresenta la vera
sinistra, concepita come forza capace di
produrre lavoro politico concreto e quindi capace di trasformare direttamente
la società. Le associazioni o i movimen·
ti culturali invece, possono al più fare
lavoro politico indiretto, anche se alcuni, come i movimenti giovanili, possono essere assai impananti a livello
di proposta per le trasformazioni della
società.
Interessante appare il confronto fra
il" p.p.d. e ie forze politiche reali che
o~rano in una· società. Intanto è chiaro
che esso ,non può identificarsi e quindi
pev~. ·combattere tutte le forze sociali
chiaramente contrarie al progresso. Un
giudizio più complesso va invece dato
sulla soluzione dei problemi delle società rappresentate dal comunismo. Que.
sto ha il difetto di essere dogmatico e
quindi antiscientifico, in aggiunta esso è
"parziale" in quanto esaspera uno dei
tre criteri di democraticità (l'int.eresse
ARTE:
NARCOSI
ACCADEMICA
HA
Ci si è spesso chiesti quali fossero le
strutture portanti dell'ideologia della nuova sinistra nei confronti della letteratura,
e più genericamente della cultura, soprattutto alla luce di una ossessiva ansia dis·
sacrante, che in questi ultimi anni nulla
e nessuno ha risparmiato nella sua furia
devastatrice. Una risposta concreta, fonda·
ta cioè su componenti razionali e non cam·
pate in aria, è sempre risultata difficile
e risclliosa, e neppure le numerose riviste
e i tanti giornali di lotta che spuntano come funghi sulla terra ormai bruciata dei
valori tradizionali, ce l'hanno in fondo for·
nita, almeno in una misura consapevolmente convincente, neppure, si vuoi dire,
con una plausiHle dimostrazione a rovescio. Lo sber·leffo e il vilipendio gratuito
erano in fondo le uniche reazioni irrazionali che la nuova sinistra extraparlamen·
tare era in grado di offrire al di là di ogni
possibile dialogo o ragionamento.
Questo libretto intitolato sintomatica·
mente "Letteratura e/o rivoluzione", nel
quale l'editore Feltrinelli ha raccolto tre
saggi apparsi di recente sulla rivista "Kursbuch" che si stampa a Francoforte per i
tipi di una grossa casa editrice, la Suhr·
kamp Verlag, offre almeno una base di
discussione e di confutazione, nella misura
stessa in cui risultano serie e in parte fondate le argomentazioni che vi compaiono.
UE
HA
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di Walter Mauro
J~llZf~llSilt~l'fJf~l·
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Jli•~l••~l '
St~ltltt~i•l•~•·
IJ•~I:tt~t1tl:ttt1'
EU
generale) a svantaggio degli altri due (la
libertà e il potere decisionale). Pertanto
la soluzione comunista è una pseudo-soluzione dei problemi della società, che
per la sua rigidità e anche per le complicazioni internazionali che può provocare, apre più problemi di quanti ne
risolva; essa pertanto appare accetta·
bile sol~anto per quei paesi dove essa
rappresenti una effettiva tappa nel progresso di sviluppo democratico.
Un partito democratico reale, che sia
capace di assimilare la piattaforma cui·
pu-ale descritta può invece arrivare a
identificarsi nel p.p.d. Questo infatti può
esistere in ogni paese dove vi sia un
minimo di consapevolezza democratica.
l p.p.d. esistenti nei vari paesi possono
collegarsi fra loro in una Internazionale
Culturale, e possono fare lavoro politico
supemazionale. Essi hanno in comune la
piattaforn1a culturale, ma non necessa·
1iamente devono fare le stesse battaglie
nel rispettivi paesi. Analogamente, non
è necessario che essi siano strutturati
nello stesso modo (altrimenti sarebbero
affetti da dogmatismo); la struttura cioè,
deve adeguarsi alla realtà specifica di
ogni paese e alle battaglie che il par
tito intende condurre. Tuttavia il p.p.d.
non può mai essere il partito di una
classe, ma piuttosto es!lere il partito
dell'interesse generale; esso può essere
un partito · di minoranza o un partito
maggioritario, mai un partito totalitario.
Anche su questo problema organizza.
tivo e strutturale la differenza rispetto
ai partiti comunisti risulta evidente.
L'Autore, in questo volume, non si è
preoccupato per il momento di analiz.
zare le forze democratiche esistenti nei
vari paesi per valutare quali di queste
si avvicinano alla descrizione del p.p.d.
ideale. Forse questa è un'analisi lasciata
al futuro. Tuttavia l'Autore ritiene che
grazie alla maggiore flessibilità delle
strutture politiche ivi esistenti, il p.p.d.
possa svilupparsi in prima fase soprat
tutto nei paesi dell'Occidente. Nei paesi
del Terzo Mondo, infatti, difficilmente
vi può essere la consapevolezza necessaria. Nei paesi comunisti invece, la
mancanza di libertà rende difficile l'evo·
luzione spontanea dei partiti comunisti
in partiti di tipo p.p.d. Tuttavia questa
evoluzione può essere accelerata se l'Occidente saprà dare per primo validi esem·
pi di partiti che rappresentino una ri·
sposta ai problemi della società che si;,
più valida di quella rappresentata dal
comunismo e elle metta in crisi ideologica il comunismo stesso.
In questo senso il volume potrebbe
essere considerato anche una specie di
Manifesto dell'Occidente, in risposta ai
problemi posti alla cultura occidentale
dallo sviluppo del comunismo.
La lettura del libro è molto scorrevole,
anclle se in realtà il libro, per la mate·
ria trattata e per il distacco dei problemi contingenti, richiede per essere
ben compreso in tutta la sua . portata,
di essere attentamente meditato, special·
mente da tutte le forze di sinistra. Come
conclude infatti La Malfa nella sua
prefazione • il libro è un contributo alla
meditazione perché la classe politica democratica si dia una vera sapienza p<>
litica, abbia cioè la capacità di vincere
. le sue battaglie. Una sinistra che conti·
nui ad essere sempre sconfitta o per
demagogia o per incapacità è una vera
sinistra? ».
L. C.
pj() rivttltl7j()l1(~
... _.ca
~·
l'P] Wnec&.a.Lo·_ ___,
Tre saggi pubblicati da Feltrinelli
fanno molto riflettere perché
per la prima volta offrono determin~te
verifiche · culturali ad una
situazione confusa e caotica.
La strada giilsta è forse
quella di una nuova contestazione
Smantellamento
della letteratura
I 3 saggi son dovuti a Hans Magnus
Enzensberger, a Karl Markus Miche! e a
Peter Schneider: di essi, il più noto è il
primo, Enzensberger, poeta molto conosciuto anche in Italia, esponente di punta
negli anni passati di quel "Gruppo 47",
che sembra ormai aver esaurito la sua fun·
zione d'urto, e viene apertamente contestato dai movimenti spontanei sorti in
Germania. Ha vinto anche parecchi premi
letterari, fra cui il nostro "Etna-Taormina",
e sorprendentemente li ha accettati tutti;
Markus Miche! invece è nato a Hong Kong
nel 1929, ma vive a Francoforte e lavora in
una casa editrice. Il terzo autore, Peter
Schneider, di Lubecca, è il più giovane essendo del 1940, ed è abbastanza noto an·
che da noi, per aver partecipato attivamen·
te al movimento studentesco nell'Università
di Trento e per essere stato poi espulso
dalla polizia italiana. Tanto per clùarirci le
idee, aggiungeremo che Enzensberger discute intorno ad alcuni luoghi comuni concernenti la più recente letteratura, Miche\
fornisce ~e anni forse più aggressive e mor·
denti di dissacrazione della letteratura, giungendo a chiedersi i motivi di fondo di
utilità, marxisticamente, della poesia, e
Schneider infine mostra di aver perfino
superato certe posizioni dei giovani stu·
denti del maggio francese, laddove con·
testa l'immaginazione nel significato freu·
diano della parola e le deviazioni ideologiche che tale concezione può produrre al
vivo della rivoluzione culturale nel signi·
ficato maoistico della parola.
I tre saggi risultano impaginati intelli·
gentemente e pertanto procedono per gra·
di allo smantellamento sistematico della
letteratura, non soltanto nel significato
romantico e quindi tradizionalmente tra·
sfigurante del termine, ma anche nel sen·
so che la rivoluzione d'ottobre, ad esempio,
le aveva assegnato. Enzensberger infatti,
dopo aver partecipato alle esequie uffic.iali
del romanzo e della poesia e di qualsiasi
43
tivi, la cui perdita avrebbe trasformato
d'un tratto la nazione in un corpo senz'anima, anche i cinquanta migliori poeti e i
migliori letterati. Il distacco che si va rea·
liuando in tutta Europa fra letteratura
e società, sotto la spinta di tutte queste
affermazioni programmatiche e soprattutto
come elemento propulsivo di una rivoluzione culturale che propone alternative inesistenti e si colloca su posizioni pararivoluzionarie di evidente estrazione irrazionale, continua a rappresentare il motivo
di maggior preoccupazione, poiché tale con·
dizione offre il fianco ad una connotazione
solamente esteriore del reale drammatico
che ci circonda, senza al contempo fornire
le alternative di un superamento concreto.
Smaltire
il gra.sso ideologico
EU
HA
l " muri parlanti "
del maggio francese
Ma scorriamo ancora più da vtcmo i
"muri parlanti" del maggio francese e le
reazioni degli studenti in quei giorni, poi·
ché mi pare innegabile che talune estreme
e radicali posizioni ideologiche e dissacratorie, son venute di lì, da quei tempi scon·
volgenti: "Plus jamais Claudel", "Va-t'en
vieille barbe", rivolto a l..ouis Aragon sul
Boulevard St. Miche! e "L'art est mort,
Godard n'y pourra rien'", rivolto al cinema
avanguardistico, e infine "L'an est une
nevrose académique" che in fondo sinte·
tizza l'equivoco. Per cui risulta sostanzial·
mente esatto l'interrogativo che si pone lo
stesso Miche!, che mi pare abbia fornito
le argomentazioni più sensate del libro,
quando si chiede come se la sarebbe cavata oggi il buon Saint-Simon, il quale 150
anni fa, nella sua celebre "Parabola", annoverò fra i tremila francesi più produt-
di difendersi a mostrare quali di essi possono essere usati nella nuova società e quali devono scomparire •. Il giorno dopo la
vittoria della rivoluzione russa. un operaio
salì sulla più alta ciminiera <.li Mosca e
con una bandiera rossa fra le mani diresse
le sirene di tutte le fabbriche liberate della città. E come obbedendo ad una precisa
e programmata -partitura, tutte le sirene
di Mosca festeggiarono l'inizio e il trionfo
del socialismo. In tale concerto, Schneider
è in grado di reperire più musica che in
tutte le nostre filarmoniche che seguono
l'inno alla libertà di Beethoven. E allora
c'è da chiedersi fino a che punto tale di·
scorso risulta producente e produttivo e
non scivola invece nella retorica del conformismo, che rifiuta ogni dinamica della
storia e della vita reale. Sappiamo tutti
a quali risultati disastrosi, su tutti i ver·
santi, abbia condotto l'arte ufficiale, l'acquisizione di un realismo socia.lista con·
dotto fino alle estreme conseguenze del
paradosso sociale. E tale concezione, che
potrebbe apparire nuova, con ogni proba·
bilità servirebbe soltanto al recupero di
una condizione umana ed artistica deprecabile e ambiguamente equivoca. Quando,
in altri termini, Scbneider afferma che la
rivoluzione culturale è la conquista della
realtà da parte aell'immaginazione, mentre
nel tardo capitalismo l'arte è la conquista
aell'immaginazione da parte del capitale,
fornisce una definizione retorica priva di
senso, e sposta , artificiosamente i termini
del problema, collocandosi in una posizione di estremo pericolo dal suo stesso versante, poiché potrebbero essere proprio le
argomentazioni marxistc-leniniste a provocargli fra le mani una irreparabile deflagrazione ideologica. E" chiaro che la defi·
nizione di arte-immaginazione fornita da
Marcuse (c L'arte sopravvive solo laddove
superi se stessa e salvi la propria sostanza, rinnegando la propria forma tradizionale, e rinunci quindi alla riconciliazione;
laddove, cioè, diventi surrealista e atonale •) rappresenta una mistificazione del
pensiero di Adorno e propone pertanto soluzioni contraddittorie, perché fondate su
pseudoproblemi, ma quale alternativa
&hneider fornisce sul terreno concreto
delle idee, se non quella basata sulla retorica della dissacrazione astorica e astoricistica?
UE
HA
EU
AH
UE
Quando Miche! parla di una cura dimagrante cui la letteratura dove sottoporsi
per smaltire tutto il grasso ideologico che
finora l'ha tanto appesantita, si serve di
uno slogan e di una fraseologia che può
essere anche divertente e colorita, ma non
definisce assolutamente i termini del problema, tanto più che egli stesso è costretto
ad ammettere subito dopo che la letteratw·a deve avere in sé qualcosa di sociale,
ma deve anche avere "qualcosa in sé", deve cioè riconoscersi in un organismo sui
generis che sappia muoversi anche in un
paesaggio "extraterritoriale". Che significa?
Che sarà indispensabile alla sopravvivenza
della letteratura, oltre che liberarsi delle
sovrastrutture che per secoli l'hanno appesantita e frenata, anche e soprattutto scegliersi nuove idealità e nuove strutture
espressive che servano a consentire un recupero di quanto di più valido il passato
ci ha consegnato.
Oggi si vive in un clima di terrorismo
culturale così pericoloso, da costringere
ognuno di noi a far molta attenzione nell'uso dei vocaboli e delle frasi. Voglio diti!
che le mie parole verranno fatalmente
scambiate per quelle di un reazionario e
di un conservatore, senza che si sappia
bene che cosa tali espressioni vogliano dire
e significare oggi. Quando Magliano, su
L'Europa di "(Jilalche numero fa, ha parlato
di dissacrazione della Resistenza come dissacrazione della cultura, probabilmente ha
voluto mettere il dito proprio su questa
piaga aperta cbe ci tortura tutti: il terrore
della parola, che significa anche e soprattutto negazione della parola, rifiuto del
"prix des mots" di cui parlava Camus in
tempi insospettabili.
AH
altra forma di arte edificante dell'uomo,
deduce le proprie argomentazioni da un
brano di lettera che Regis Debray ba inviato dal carcere boliviano in cui si trova:
• Per la lotta che viene combattuta da·
vanti ai nostri occhi fino alla morte e in
ognuno di noi fra la preistoria e il desi·
derio di vivere in maniera conforme alla
nostra idea dell'uomo, abbiamo bisogno di
opere che ne siano una testimonianza: abbiamo bisogno di brandelli e di grida, abbiamo bisogno della somma di tutte le azioni di cui tali opere danno notizia. Solo
quando le avremo, rapporti semplici e in·
dispensabili, canti per la marcia, grida
d'aiuto e soluzioni per i problemi del gior·
no, solo allora avremo il diritto di godere
delle bellezze letterarie •. Sarebbe facile
dedurre malinconicamente con quanta taci·
lità si possa passare da una retorica al·
l'altra, e collocarsi su un versante lessical·
mente conformistico, quando si è soste·
nuti dall'illusione di rappresentare l'anti·
conformismo ufficiale, ma affidiamoci alle
giustificazioni di Enzensberger. A quest'ultimo risulta estremamente facile rispondere a Debray che una lettrratura di tal
fatta non esiste né in Occidente, né in
Unione Sovietica, dove oggi domina ovvia·
mente il più bieco borghesismo letterario,
sull'esempio paradossale del più borghese
di tutti i personaggi russi, Leonid Breznev. E allora, il problema di fondo mi pare
debba collocarsi nell'esatto significato da
dare al termine borghesia, una volta ai>bandonata e rifiutata la terminologia con
cui il paleomarxismo intendeva definire tale condizione. Non è esatto affermare che
la letteratura come arte sia soltanto e precipuamente un frutto della borghesia, e
l'intera storia della cultura europea è li a
confermare tale confutazione, senza equivoco. E ancora, fino a che punto i movimenti spontanei cui assistiamo e abbiamo
assistito nei momenti cruciali della più seria ribellione del Novecento, non hanno
una matrice borghese che si esprime attraverso una precisa e inconfutabile terminologia? Non hanno forse una matrice ideologicamente e semanticamente borghese
espressioni come: "créativité, spontanéité,
vie"; "liberez les passions"; 'Timagination
au pouvoir" che si leggevano sui muri della Sorbonne e cui giustamente Miche! attribuisce una funzione frenante e conformJStJca, anziché il presupposto di una condizione obiettivamente rivoluzionaria?
Nessuno di noi crede più alla funzione
contemplativa dell'arte, ammesso che l'arte
stessa abbia mai avuto "soltanto" questa
funzione, ma fino a cbe punto l'arte stessa
deve assumere la funzione propagandistica
che le conferisce Schneider? • I quadri di
Bosch, di Brueghel, di Goya non devono
finire nelle lezioni di storia dell'arte, ma
sui tavoli da disegno dei nuovi urbanisti,
dei pianificatori del traffico, dei costruttori di case. Le poesie di Brecht e di
Majakovskij non dovrebbero e!>sere interpretate nei seminari degli studenti di lettere, ma nelle assemblee dei consigli operai
rivoluzionari. Cacciamo i desideri dipinti
dai musei e portiamoli nelle strade. Tiriamo giù i sogni scritti dagli scaffali pericolanti delle biblioteche e mettiamo loro
in mano un sasso. Sarà la loro capacità
Il nuovo
conformismo
Questo numero 26 dei Materiali feltrinel·
liani è destinato a rimanere come uno
dei più importanti della serie, e deve far
molto riflettere, poiché offre per la prima
volta determinanti verifiche culturali ad
. una situazione confusa e caotica. Il risultato più importante che raggiunge, sembra
un paradosso, sta proprio nell'assenza totale di alternative lungo i ripiani di una
terra bruciata da cui non vien fuori un
solo vincitore. Si potrebbe concludere col
dire che questo è lo specchio del tempo,
ma sarebbe definizione troppo semplici·
stica, e questa sì fortemente reazionaria.
Forse la strada giusta ~ quella di una nuova contestazione, che individui quanto di
vecchio, di arido e di stantio sia andato
a radicarsi in un contesto ideologico che
si era mosso da premesse e presupposti
invitanti e nuovi, via via caduti sotto i
colpi inesorabili del nuovo conformismo.
E' questo il primo di una serie di "rapporti" sulle scienze sociali pubblicati ad
iniziativa dell'apposito comitato istituito
dalla Fondazione Olivetti e dalla Fondazione Ford per lo sviluppo di questi studi
in Italia: ne sono annunciati altri nove,
destinati nel loro complesso ad offrire una
esauriente panoramica delle nuove ricerche in Italia. Come nella sua prefazione fa
osservare Norberto Bobbio, l'ordine di edizione non può dirsi casuale: non a caso
infatti "storia e diritto sono fra tutte le
discipline prese in esame, quelle che nel nostro paese hanno una più lunga tradizione,
contano un più nutrito stuolo di cultori,
sono istituzionalmente più consolidate"
(pp. 3-9). I rapporti di Aquarone-Ungari (storia contemporanea e scienze sociali) e di
Rodotà (diritto e politiche del diritto). nel
loro impegnare una polemica contro l'isolamento della storiografia "pura" e contro
l'astrattezza del formalismo giuridico, rive lerebbero dunque una tendenza nettiss i·
ma "che non è solo quella di riconoscere
la legittimità delle scienze sociali, ma anche quella di riconoscersi entro il vasto
spazio delle scienze sociali, come una di·
mensione di quelle".
UE
STORIA,
SCIENZE
SOCIALI
E DI RI TTO
storica in materia, nonché sui limiti di accessibilità e lo stato organi7..zativo dei più
utili archivi pubblici e privati.
Il secondo rapporto, dovuto al civilista
Rodotà, si impernia su una serrata polemi·
ca rivolta ai giuristi italiani • i quali, almeno nella gran parte, hanno per oltre
mezzo secolo sostanzialmente fondato il loro lavoro sul presupposto della netta separazione tra il diritto e le scienze storiche,
economiche e sociali. li diritto, in altri
termini, è stato considerato come la ma·
nifestazione di un mondo di valori perenni ed autonomi, astratti dalle contingenze
storiche, conoscibili attraverso il mero dispiegarsi di attività logica" (p. 94). Riconosciuta la lezione del positivismo giuridico,
che si riassume nell'esigenza del rigore del
metodo giuridico, il rapporto prende a delineare le nuove e necessarie "dimensioni"
del lavoro del giurista: approccio realistico ai dati della sua esperienza, pieno inserimento del lavoro che ne scaturisce nella
prospettiva della Costituzione, attenzione
cos tante al diritto comparato, sensibilità al
discorso della "politica legislativa" che at·
teggia il giurista a collaboratore indispensabile della progettazione sociale. Indicazioni bibliografiche ragionate vengono offerte così in tema di pianificazione, problemi giuridici delle società e delle imprese, proprietà pubblica e privata, diritto del
lavoro, famiglia. Anche sullo stato della do·
cumentazione giuridica e sulle istituzioni
specializzate per la formazione dei giuristi
sono svolti discorsi analoghi a quelli del
primo rapporto. L'opera ne! suo complesso intende rappresentare una introduzione
prospettica e critica ai problemi di due
ordini di discipline che cercano ormai a i
assimilare all'interno del proprio discorso
i risultati più avanzati delle scienze sociali
eà umane.
l . Ch.
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In concreto, Aquarone ed Ungari nel ri·
levare lo straordinario sviluppo della sto,;a contemporanea dal T945 ad oggi (oHrcndo altresì di tali studi una articol;ua sintesi bibliografica orientativa), rilevano come esso sia maturato piuttosto in csten~io­
nc che in profondità, trascurando la possil-lbilitio di riutilizzare a fini storiografici ri·
~ultati e strumenti concettuali delle scienze
sociali c politiche, ovvero acconciandosi a
un tipo di intraprese collettive • che aspi·
rano a tale carauere, ma dove l'interdisciplinarità rimane poi per un verso mero
enunciato programmntico, c per l'altro opera precipua dell'officina del rilegatore. Non
bastano, ovviamente, capitoli introduttivi a[fidati a storici di professione a spostare
la concezione di base di lavori che vorrebbero essere di équipe, ma sembrano
~pesso procedere, appena ammodernandoli,
dai vecchi cataloghi positivistici delle discipline dalla cui convergenza dovrebbe
risultare illuminato il Tutto Sociaie • (pp.
17-18). Urge dunque attrezzarsi, mentalmente e istituzionalmente, in vista di una effct·
tiva progettazione comune: e qui i due
estensori del rapporto passano in ras~egn;.
le carenze degli istituti di perfeziomunento e del training formativo dei giovani storici, lo status accademico della storia contemporanea al 1968, e soprattutto - con
rapidi ma densi suggerimenti - le direzioni d'indagine che appaiono ~inora sacrificate, dalla storia costituzionali' dt>ll' ltalia unita a quelle della sua burocrazia e della
"ua magistratura, d<1lla storia religiosa c
della "pietà" nei suoi risvolti sociali a quella dello sviluppo economico e defl'imprcnditorialità (incluso l'istituto drll'anonima.
le cui vicende concorrono a definire il
• volto giuridico della rivoluzione industriale • (p. 37), dalla storia della "società civile" e delle sue associazioni a quella dei
partiti politici. Soprattutto è mc.,so in rilievo come le • ridotte responsabilità internazionali dell'Italia nel secondo dopoguerra • cd i limiti giuridico-diplomatici insiti
nella cosiddetta "storia dei trattati" abbiano dato vita ad un vero e proprio stato
di sottosviluppo degli studi storici sull'Europa e i continenti extra-europei nell'età
contemporanea: le poche eccezioni non toJ.
gono a quella italiana il carattere di una
"cultura di traduzioni". Concludono il rap.
por to, oltre la citata bibliografia, indicazioni critiche sullo stato della documentazione
Si tratta del primo di una serie
di rapporti sulle scienze sociali
pubblicati ad iniziativa della
Fondazione Olivetti e della
Fondazione Ford per lo sviluppo
di questi studi in Italia. Ne sono
annunciati altri nove destinati
ad offrire una· panoramica
delle nuove ricerche in Italia
Alberto Aquarone · Paolo Ungari · Stefano
Rodotà . Gli srudi di storia e di diritto contem·
poraneo, Edizioni di Comunità, pret. di Norberto Bobbio, pp. 158.
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Il mozzo del vascello fantasma
di C a rlo La urenzi
Per amore dell'avventura un giovane mozzo ha rubato un grosso peschereccio e, governandolo
da solo, lo ha fatto navigare per tre notti e due giorni nelle acque dell'Atlantico
settentrionale. Un raro esempio di capacità marinara. l diritti della poesia e quelli della giustizia
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"Si è trattato del più stu·
pendo esempio di capacità
marinara ..."
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ome in un film di spionaggio ai limiti della fantascienza, aerei e guardacoste della marina reale canadese,
unitamente a guardacoste e ad aerei della marina
degli Stati Uniti, hanno perlustrato il cielo e le acque
della Nuova Scozia, quei fiordi sui quali incombono, fino
alla primavera inoltrata, picchi ammantati di neve.
Cercavano una nave fantasma; un peschereccio d'alto
mare, il "Cape Spry", che p'areva essersi dissolto, o che
comunque aveva preso il largo senza che a bordo, per
quanto era dato supporre, ci fosse anima viva. La perlustrazione è durata tre notti e due giorni. Si è temuto (ma
come poteva· essere successo, se il "Cape Spry" non aveva ufficialmente lasciato la rada di Halifax?) che il pe·
schereccio fosse affondato. E in quali acque? E in
qual modo?
Infine, in una minuscola rada tra Halifax e Lockeport, il peschereccio è stato avvistato. L'avventura ha
perduto ogni rilievo fantascientifico per svelarsi con i Ji.
neamenti (più 'umani, più nobili) di una pagina marinaresca alla Melville o alla Conrad.
Era dunque accaduto che· tre notti prima, mentre
l'intero equipaggio del "Cape Spry" dormiva a terra, un
mozzo, poco più che adolescente, avesse deciso di rubare
il battello. A che scopo, e con quali speranze, non è certo
dato eomprendere: un peschereccio di duecento tonnellate non è come un'automobile pàrcheggiata lungo una strada, che si può cedere a un ricettatore, o dalla quale è al-
....
meno possibile asportare radio e pneumatici. E' presumibile che il ragazzo, il cui nome è Bruce Moore, abb.ia sostanzialmente agito per amore del rischio. L'armatore
del peschereccio ha dettp:
c Si è trattato del più stupendo esempio di capacità
marinarà nella storia delle flotte da pesca. Per la manovra di questo battello ci vogliono almeno dieci uomini;
quel Bruce ha fatto tutto da solo. I casi sono due. O il
ladro è incredibilmente fortunato, oppure è incredibilmente abile "·
La storia di questo strano furto non è - bisogna
riconoscerlo - senza grandezza. In un'epoca di rapine
abbiette, nelle quali non si esita a incrudelire contro gli
inermi (si pensi ai dirottamenti aerei) e perfino a uccidere come in un gioco, il ragazzo di Halifax ha vissuto
un'avventura esaltante, tutto solo fra cielo e mare. Si
emenderà; è probabile che diverrà un capitano eccellente.
Paragonato al protagonista dell'ultimo film di Antonioni il giovane contestatore che ruba un aereo da turismo Bruce è non solo più "vero" (ovviamente) ma più "poetico"; come negarlo?
Però quando l'armatore del peschereccio - dopo
aver pronunciato quegli elogi senza riserve - ha detto:
" E ora è necessario che Bruce vada in galera •. credo che
l'uomo abbia avuto ragione. Ha reso onore alla maestà
della giustizia, la quale deve sempre anteporsi all'audacia
e allo stesso prestigio della poesia.
(continua da pag. 37)
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L'Europa
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tro i turchi a nome di una difesa dei po.
poli d'occidente. Nello stesso tempo appaiono i primi flussi del Rinascimento italiano in Romania e s'i sviluppano i rapporti
tra i principati romeni e la repubblica di
Venezia.
Qual è la dottrina d'oggi, del posto e del
senso della cultura romena?
Dei libri e dei saggi numerosi cercano di
penetrare nel profondo dello spirito romeno, tentando di afferrarne l'essenza storica
e metafisica. Possiamo ricordare fra altro
un volume molto significativo apparso nel
1968, dovuto a llll giovane esperto studioso
della cultura romena, Dan Zamfirescu, e
intitolato La Romania, terra di civiltà e di
sintesi, in cui l'autore cerca di tirar le somme dei dibattiti secolari e dei nuovi studi
nella questione. Si me~tono in rilievo i due
caratteri specifici e quasi contrastanti della cultura romena, vista nel suo sviluppo,
caratteri che sono ambedue un riflesso della posizione di "plaque tournante" del territoriQ romeno, del suo posto intermedio
fra occidente e oriente, fra nord e sud:
~a ~a parte, un tipico radicarsi, una tipica
fissJta secolare, un permanere spinozianamente nella propria essenza; da un'altra
parte, una sua apertura continua, una flessuosità, una elasticità mirabile.
n compito delle generazioni che hanno
creato la Romania · moderna si è concentrato tutto nell'associare lo spirito nazi<>
naie allo spirito universale, ciò che l'i fa
anche oggi. Zamfirescu distingue appunto
come particolare allo spirito romeno da
una parte "un realismo organico", da un'altra una "disponibilità verso l'universale",
con una visione che ritorna a dei concetti
dello storico Nicola lorga. Questo ,.passo ci
sembra particolarmente significativo: c Mettere la realtà al di sopra della teoria, verificare continuamente la teoria sulla realtà
e fare della vita il criterio di verificazione
delle tesi, delle teorie, delle idee, sono tlei
tratti che hanno permesso a Iorga di definire una filosofia nazionale, corrispondente
alla nostra struttura spirituale, quella del
realismo organico • (pag. 132). Tale concetto si connette evidentemente con l'intero
orientamento attuale dello spirito romano,
?ella cultura come della politica, le quali
mvocano sempre gli insegnamenti della vita, del proprio sviluppo storico.
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il pneumatico
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LA CULTURA ROMENA
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più in là di quello dei governi arabi reg<>
lari. Yasser Arafat, nel complesso ancora
il più ragionevole tra loro, richiede che
l'attuale stato di Israele venga sostituito
da uno stato, multirazziale e nor. confessionale, in cui arabi, ebrei e cristiani possano convivere in pace. Non sarebbe il
genocidio ma la fine di Israele quale esso
è e di quello che esso rappresenta.
In queste condizioni non sarebbe facile
nemmeno alla Russia, se lo volesse, portare avanti i suoi amici arabi, governi regolari come guerriglieri, ad accettare una
formula di compromesso: ma con una
Russia la quale appoggia al massimo l'intransigenza araba che si mostra disposta aà
arrivare fino all'intervento militare diretto,
qualsiasi possibilità resta esclusa.
Non si può domandare ai vari governi
europei, direttamente interessati alle questioni del Vicino Oriente ed ai loro possibili sviluppi, di stare con le mani in mano
di fronte a questo putiferio alle porte di
casa loro: non si può domandare ragi<>
nevolmente ad un governo di ammettere
di essere del tutto impotente di fronte a
certi avvenimenti; è difficile persino domandargli di ·crederlo. Ma il risultato pratico di questa buona volontà è molto· aleatorio.
AJla pace del Vicino Oriente, si potrebbe, col tempo ed in mezzo ad infinite difficoltà, arrivare soltanto se.ci fosse una collaborazione vera fra Russia e Stati Uniti.
per portare nel mondo razionale i rispet-
Settimanale
di pol itica
economia
e cultura
HA
SOLITUDINE D'ISRAELE
(continua da pag. 15)
tivi amici. Ora da questo siamo molto
ma molto lontani: e temo assai che non
ci si potrà arrivare che dopo qualéne
forma di confronto diretto: una Cuba
trasportata nel Vicino Oriente. Un confronto che ci farebbe certo passare ciei giorni agitati e delle notti insonni. E non del
tutto a torto: questa volta non ci sarebbe
aall'altra parte un Kruscev con cui, alla fin
dei conti, si poteva ragionare, e, a casa
sua, era in grado di comandare.
A parte questa eventualità, nor. c'è da
sperare che la guerra finisca né che attenui la sua virulenza. Si può certo sperare
che, di fronte ad una situazione senza uscita in quanto - a meno di un improvviso cedimento da parte di una o dell'altra delle
due potenze maggiori - nessuno dei contendenti è in grado di vincere l'altro in modo
da obbligarlo ad accettare le sue condizioni, la stanchezza cominci ad infiltrarsi
nelle masse, da una parte e dall'altra;
e che attraverso la stanchezza delle masse,
la ragione ·cominci ad insinuarsi nei cervelli dei dirigenti.
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annuo
L 10.000
semestr. L
5.200
cfc postale n. 1. 53962
mcestato
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società a responsabilità limitata
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Chi può dire come cambiano in questo nostro tempo i ritmi del pensiero?
Chi può sapere quanto piu rapido, preciso, limpido sarà il linguaggio?
l nostri figli vivranno in un mondo mentalmente diverso, quello di una tecnologia avanzata.
Abbiamo bisogno, per questo, di una mentalità nuova; abbiamo bisogno di piu scienziati.
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LA ESSO LAVORA PER IL PAESE
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Vellenlì 29 maggio i970
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Pagina 8
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QUESTA VOLTA ATORINO
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CALTAGIROXE !Caianial • VlGLIANESJ
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TRAPANI, promm . ZUCC!L.~'
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LEZZI
P~L.IL\ DI ll0~1ECIILIRO (A!ri!UII&) •
VIAREGGIO (LIKt.l) · piazza -!ila· ore 18)~ . LAURICELLA
ore ~l.l!ANC.\
f0LLOX1CA !Grosseto) • ore Il • SI·
PAWLLO (Mod!lll) • ore Il • POR~!ICA GSOPJ
CUNEO • GIOLIITI eldELLINI
MOSTEPUI.CI.l~O (Sitlll) • 01e 11)0 ·
CESENA \forfi). ore !& . C.\TTA!il
SIGNORI
SERA\'Elll (LiilU) · ore 19. PIEiLIC. PI&\'Z.I \SieDI). ore !I. SIG~ORI
CINI
TRAP!:'It. ore211,li.ZUCCAL.~'
LUNEDJ' f' GIUGNO
PERUGIA • SIGNORILE
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ISERNL!, Ji!OriDcia • B.\LZA!IO
X\I'OLI· P'Jll! MJUeol!l • ore 11. IlA.~
ROVIGO prorioria . lUNFRIN
CINI
B.IRCEilo~! (llm) • TE.\IPESriNI BERGA.I!O ·ore 19 • BERIOLDI
1JllBERT1Dl! (Peru:bl . ore i!;l . LA ASTI ·GIOLITTI
VOLPE
,\XCO.~A · ore 18 • MARIOI'fl
~JN!, prorinria . IDIPFSTINI
G(BBIO li'!ro:bl · ore !8,:11. MANCA
CHJUSJ (Sìtrll). ore 21). LIGUORO
P!LERliO • KJisa • ore 18 • !.t\RGIW
SASSUOLO (llodtlll) . ore 211,.ll . FO& RIT! ING.IRGIOL.l
!JJCA
RDI'IGO, prorioria • M!NPRIN
!li.\IAIORB (LalU)· L. MIADEi
OOM . ore 16 •BALL.IRDINI
GAUJCANO (LIIl'Ct) , L: AMADEI
S.~:Eli. IMJnto11) • RENATO CQ.
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TOLDI
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DOMANI
P0=1EVE l!"uetllt) • ore ll,ll ' L.\· MEDOLE (llan!o11). ELEliA C.II'ORASO
tOSI ll'i!w!) . ore 3l,ll . !..\GORIO
MARTEDI' 2 GIUGhO
ROXGIFUXARO (llaoton) •RE~ATO 00.
LO!JJlO
B.\RI • Tt4tro l't!n!l1.ello • ore 1t ·
CICOGSm ()lu!!Oil) • ELE.~A C.IJ'O. JIENNI
RASO
COllO. pro1intil • RALL.\RDL~I
la pensione per la "terza eta'
1
Bella ela 'Iella eia" se visstlla se:ellallletlle,tt111 la possit'AlKà di dedicale llJib •••~ • ·
La petiSÌOIIe è alla base dj qllllsla ma libera ese~ena.
La peQSIOAe IY'f letà malu1a eun p!oblema importante che va affrontato dagiovani.
Ùnproble!lla che ilte~essa, ~alrMnle, chi non g0<1e àl alcuo lrallamento pr&'lidenziale ed Ila, (Jllldf,
la necess~à di costituirsi per quell'età una pel!Sione •personale''.
Ma 111leressa anche eli, pur contando su una pensione d~ previdenu obbigaloria. 11101 prooorar$
un'aHra "entrata" per mantenere, anche da pensionato, ~ livfllo di ma dtl'etì JaY«m
Tutti P'SSOflO cosl1tuirsì una oensione "persooale",
prl)j)OIZÌO~ alle propne e$1Qeoze epossibilità e.oiiOil\IChe,
asSICIX<Ildo~ sulla l'Ila con una nos~a polizza di "Rendila vitalizia differita".
Questa paina vi gaJanlisce una rendila per lutla la vita (penslone ),
a cominciare dall'età da voi prescelta (55 60 o65 mi
Giun6 aquell'eia potrete anche chiedere d1 riscuotere, al posto della reodlla,
una bel~ somma 10 contal\h
Converienle IO ogtv caso, questa pol1zza e
particolarme~~te vantaggiosa se fatta quando~ è glovanl
AssicuraleW emete tranqulih Dietro la YOS1ra se!M Cl Siamo not deiiiNA
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r IL GIORNO • Pagini 16
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LE DECISIONI DEI MINISTRI
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Un italiano alla presidenza
dell'Esecutivo comunitario
TRIBUNALE DI PISA
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DICHIAWIONEDI MORTE PRESUNTA
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Gillella ~ •11J11Xi/llxtxtd0'~
Avant oeoi~tuter oel'~largis~ement oela ~.f.f. kNJE
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l~~ ~ir ~i~m~~~ ~~ r~~~ir~ ~ ~~~~
1~ ~~~ m~m~r~~
~~ 1~ ~~mmiui~~ m11Um
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Apartir du 111 juillet prochaia, la Commission europeenne ne
comptera plus que neuf membres conlre qualone aujourd'bui. La
France, l'Allemagne et l'ltalie auront droil à deux represenlants
cbacun, !es Pays·Bas, la Belgique elle Luxembourg à un chacun.
Les six ministres des affaires étrangéres. qui onl délibére de
celle affaite lundi au cours du déjeuner que leur ofUaiJ M. Pierre
Harmel, ont donc 6ulemenl décidé qui! élail préférable d'appliquer
le lrailé de fusion des exécutik communaulaires signé par JeuB
prtdècesseurs en mil 1965.
Il a été également aDllo~cé que le goumnement italien premterait un candidai pour prendre la successioa de M. Iean Rey à la
file de l'instiiu.tioo bruxelloise.
Les minislres oot ensuite consacré la fin de la jol!rnée de lundi
el la malinée de mardi à la préparation de la négociation mc la
Grande-Brelagne etles trois autres pays mdidats. lls soni panenus
à s'enleodre sur Jous !es points qu'ils mient inscrits à leur ordre
du pour. Dans ces condilions, la négociation s'ouvrira àLuxembourg
le 30 juin si - comme cela est lrès vraisemblable - !es minislres
se mettent d'accor4 au cours de leur prochaine session du 8el du
9 juin sur !es orien'tations devant eire donnees au reDforctmeut de li
communauté.
De notre correspondont porticulier PHILIPPE LEMAITRE
Commun aut éseuro~nnes
(Bruxellesl. - Qui sera le Prt·
mier prèsident it al ien de la
Commission européenne? D est
misemb!able qu'il ne sera offi·
ciellement désigne qu'à la fm du
~m:s, à Rome, où les Six mnt se
retrourer à l'oetasJon du conseil
de l'OTAN.
neur dans le pr~ent gouvemement; Fenooltea. ancien ambas·
sadeur à Washington, et enfin
Malfatti, l'actuel jeune ministre
des ~es rquarante·deux ans1,
delllOCrate-chrétien de la ten·
dance Fanfani. lls exégètes Jta·
liens IJ'anillent dé;à mc achar·
nemen~ ~ur tenl8 de deviner
!eque! de ces quatre a !es meìl·
~ne lble
leures cbanees de l'em~rtu. Un
certain nombre d'entre eux pen.
~eJ ~reJ1~enb << ~ou1~1e~ » sent que c·~ M. Malfattl Mais
al'ouons que, en l'absence d'une
Pour l'instant, M. Aldo 'Moro connaissance suffisante des clans,
s'est contenre de produire une amitiés et rivaUtés existant au
liste des présìdents cJlOSSibles ». sein de la démocratie·chrétienne
On y trouve !es noms de MM.Itv!· ou du parti S()Cialiste !taliens, il
Sandrl. aujourd'hu! vlce-président nous parait lm!JOSSible de suivre
de la Commisslon ; Russo, lUI a !es cheminements d'un te! exer·
été minlstre du commerce exté· cice de voltige polltique.
~s autres pays memòres de·
--- vront également désigner, dans !es
semaines à venir, !es ooms de
leurs représentams. En Be(tque,
rappelons·le, l'affalre se compti·
que
,_ '·du fait du conflit OP!lOSanl
~(l~/)
Avant de discuter de l'élargissement de la C.E.E. f'IDN.Pe
~~'il)
Les Six décident de réduire àneut
le nombre des membres
de la commission européenne
AH
UE
A pulir du l• juillet prochain, la Commission européenne ne
comptera plus que neuf membrea contro quatone aujourd'hui. La
France, l'Allemagne al l'Italia auronl droit à deux représentanls
chacun. les Pays-Bas. la Belglque et le Luxembourg à un cbacun.
Les six ministres des affaires étrangères. qui ont délibéré de
celte affaire lundi au coun du déjeuner qua leur offrait M. Pierre
Harmel, on! donc linalement décido qu'il était préférable d'appliquer
le lraité de fusion des exécutifs communautaires signé pu leurs
prédécesseurs en avril 1965.
Il a élé également annoncé que le gouvernement italien prèsen·
lerait un candida! pour prendre la succession de M. Jean Rey à la
tele de l'institulion bruxelloise.
Les minislres ont ensuite consacré la fin de la journée de lundi
et la matinée de mardi à la préparalion de la négociation avec la
Grande-Bretagne et !es troia autres pays candidats. lls sont parvenus
à s'enlendre sur lous !es points qu'ils avaient inscrits à leur ordre
du pour. Dans ces conditions, la négociation s'ouvrira à Luxembourg
le 30 juin si - comma cela est lrès vraisemblable - !es rninistres
se mettent d'accord au coura de leur p;rochaina session du 8 et du
9 juin sur les orien·t alions devant étn données au ranforc;ement de la
communauté.
EU
De notre correspondont particulier PHILIPPE LEMAITRE
UE
HA
c o m m u n a u t é s européennes
(Bruxelles). - Qui c;era le premier président i t a Il e n de la
commission européenne ? Il est
vraisemblable qu'll ne sera officiellement désigné qu'à la fin du
mois, à Rome. où les Six vont se
retrouver a l'occasion du conse!l
de I'OTAN.
Une liste
des présidenfs « possibles »
HA
EU
AH
Pour l'lnstant. M. Aldo ·Moro
s'est contenté de produlre une
liste des présidents « posslbles >>.
On y trouve les noms de MM. LevlSandri. aujourd'hui vlce-présldent
de la Commlsston ; Russo, }Ul a
été ministre du commcrce exté-
rteur dans le précédent gouvernement ; Fenooltea, ancien ambassadeur à Washlngton, et enfin
Malfatti. l'actuel jeune ministre
des postes (quarante-deux ansi.
démocrate-chrétien de la tendance Fanfani. Les exégètes itallens travaillent déjà avec acharnement pour tenter de deviner
lequel de ces quatre a les meilleures chances de l'emporter. Un
certain nombre d'entre eu.x pensent que c'est M. Malfatti. Mais
avouons que. en l'absence d'une
connalssance sufftsante des clans,
amltlés et rlvalités existant au
scin de la démocratie-chrétienne
ou du parti socialiste italiens. il
nous parait lmposslble de suiyre
les cheminements d'un tel exerclcf' de voltige polltiquc.
Les autres pays membres devront également désigner, dans les
semaines à venir, les noms de
leurs représentants. En Belglque,
rappelons-le, l'affaire se complique du fait du confllt opposant
les deux communautés lingulstiques. Mais. soyons-en sfirs, il n'y
a pas que là que cette opération
suscitera des dlfficultés et des
remous au sein des milieux politlques.
On veut simplement espérer que
la nécessité d'opérer de savants
dosages entre partls et tendances
n'aboutira pas à prher la Commlssion de l'une ou de l'autre de
ses personnalltés les plus marquantes. C'est ainsi que la plupart des observateurs européens.
méme ceux qui ne partagent pas
ses idées en matière de politique
agricole, seraient déçus s'ils devaient apprendre que M. Sicco
Mansholt n'était pas appelé à
faire partte de la nouvelle commlsslon de neuf membres.
No 109 -
..
v
13 mai 1970
ÉCONOMIE E
CEE: •Changement de monture au milieu du gué ,.
La succession du président Rey
est ouvette
(De notre correspondant auprès du Marché commun)
l es min~stres des ~ffaires étrangères des Six ont décidé lundi d'appliquer l':s art1cles du,Tra1t~ de Bruxelles sur la fusion d es institutions européennes pre.voyant la reduchon des membres de la Commission unique en juillet
procham. C'est donc un nouvel exécutif qui défendra le point de vue
communautaire au ,cours des négociations avec la Grande-Bretagne, le
~an emark~ ~a Norvege et l'lrlande. Autre conséquence de la décision des
S1x : le pres1dent Rey aura dans deux mois un successeur italien.
Luxembourg conserve un commissaire, la représentation de la Belgique et des Pays-Bas est réduite de
50 ' l• et celle des • grands " pays de 33 •lo.
La situation est surtout délicate pour la Belgique
à cause des difficultés linguistiques qui assaillent
UE
périodìquement ce pays. C'est d'ailleu1·s la raison
pour laquelle M. Harmel s'était fait le défenseur de
la reconduction de l'actuelle commission pour un
an ... méme s'il affirme bien haut maintenant que
son seul souci était 1'in1érét supérieur de la Communauté. Dans les milieux belges on ne pense pas que
l'un des deux membres actuels de la Commission
conserve finalement son poste. Il est en effet diWcile de rétrograder M. Rey et M. Coppee est actuellement assez effacé. Le candidat qui tient actuellement la corde est M. Fayat (soc. flamand). qui
présida il y a trois ans le Consell des Six en tant
que secrétaire d'Etat aux Affaires étrangères.
HA
EU
AH
Plusieurs commissaires devront se « recfasser » à
l'instar de M. Colonna di Paliano qui, sentant ve~ir
le vent, vient d'accepter un poste dans l'industrie
privée italienne. Qui partira, qui conservera sa
piace ? Te! est aujourd'hui le grand sujet de conversation dans les milieux communautaires de
Bruxelles.
Lors des négociations du traité de fusion, !es
« Six » étaient convenus d'appliquer une formule de
rotatìon pour la présidence de la Commission
européenne. Après Hallstein (Ali.) et Rey (Benelux),
le présìdent de l'exécutif serait italien en 1970.
Cette disposition n'étant pas incluse dans le traité,
les Etats membres sont toutefois libres de ne pas
la respecter et de maintenir M. Rey dans ses fonctions actuelles en vertu de l'adage : « On ne change
pas sa monture au milieu du gué ». Cette solution ne
sera pas cependant retenue, puisque le gouvernement italien s'est déclaré prèt à :faire des propositions à ses cinq partenaires en ce qui concerne la
présidence de la Commission. La nomination Qui
doit se faire à l'unanimité interviendra donc vraisemblablement au cours de la réunion intergouvermentale de Rome prévu~ pour les 28 et 29 mai.
prochalns.
UE
Les « papables »
HA
EU
AH
Quel sera l'élu ? Dans les milieux italiens de
B n•l:ell ~s . on cite volontiers le nom de M. Franco
Mario Malfatti, démocrate-chrétien, actuellement
ministre des PTT, mais deux personnalìtés « disponibles » pourraient le concurrencer. M. Sergio
Fenoaltea, ancien ambassadeur à Washington, qui
quìtla la carrière à la suite d'un différend avec
M. Fanfani, et M. Carlo Russo, ancìen sous-secrétaire d'Etat aux Affaires étrangères, ancien ministre
du Commerce extérieur et ancien ministre des
Relations avec le Parlement. Comme outsider, O!}
parle encore de M. Lionello Levi-Sandri, socialiste,
et vice-président de la Commission européenne. La
solution de la contlnuité prévaudra-t-elle à Rome ?
Il serait, de plus, assez logique qu'un socialiste
succédàt au libéral Rey et au démocrate-chrétien
Hallstein. Mals les socialistes qui gouvernent à
Bonn, à Bruxelles et à Rome n'en feront sans doute
pas une question de principe.
Hu it postes à pourvoir
La réduction de 14 à 9 des membres de la Commission impose un sacrifice différent aux six Etats
xn.emb.res du Marché commun. C'est ainsi que si le
l nvestissements bruts e n Suisse
1969: + 6,3%
En 1969, les investissements bruts ont atteint en
Suisse la somme de 20,8 milliards de fr. s. En francs
constants, ils se sont accrus de 6,3 '/• con tre 4,0 'l•
l'année précédente. Comme cela avaìt été le cas au
cours des années précédentes, ce sont les investissements d'équipement, principalement affectés à des
buts de rationalisation, qui enregistrent, avec 7,9 'l•,
la croìssa.nce réelle la plus forte. Contrairement à
l'évolution qui avait été constatée lors de la période
d'ex,pansion conjoncturelle du début des années
soixante, l'épargne nette de l'économie nationale a
suffi à eHe seule, l'année dernière, à financer entièrement 1es investissements. (B. H.)
Départ de M. Mansholt (?)
En ce qui concerne les Pays-Bas, le départ de
M. Mansholt dont la politique agricole ne fait pas
l'unanimité dans son pays semble acquis. Il serait
remplcé par un ancien minìstre de I'Agriculture,
M. Biesheuvel.
Méme le Luxembourg changerait son représentant. Il est vrai que le candidat probable à la succession de M. Bodson est un Européen de toujou t·s,
puisque M. Mart, l"actuel ministre de l'Economie
grand- ducale est un ancien journaliste accrédité
auprès des institutions communautaires et un ancien
fonctionnaire de la Commission.
Les membres restants appartiendront donc aux
trois grands pays ; ce serait la France qui se montrerait la plus conservatrice en gardant sa confiance à MM. Barre et Deniau (de tendance gouvernementale), tandis que l'Allemagne maintiendrait
M. Haferkamp et l'Italie M . Lev i-Sandri (comme
membre si ce n'est comme présìdent).
Ainsi, il semble bien que la nouvelle Commission
ne comportera pas une majorité d'anciens, ce qui
peut rassurer les Etats membres qui craindraient
des initiatives intempestives de J'exécutif pendant
les négociations avec !es pays candidats.
Elar·gissement : deux formules
Quelle sera enfin la longévité de cette Commission à neuf? n est évident en effet que l'entrée
dans la Communaulé des quatre pays qui fra ppenl
actuellement à sa porte va poser le problème de
son élargissement. Comine il est impensable que
certaìns ·pays ne soient pas représentés en permanence dans l'exécutìf et que !es 4 grands n'aient
pas une représentation plus importante que les
petits, il n'y a guère que deux formules po:;s!bles :
une Commission de 14 membres (;rands
2 membres, petits = l membre) ou 18 membres (grands =
3 membres, petits
l membre). Presque toutes !es
délégatlons penchent en faveur de la première formule, mais certains n'en font pas moins remarquer
que cette répartition accorde un avantage énorme
aux petits pays. A entendre tous ces propos nationalistes, on pourraìt presque se demander si
l'article 157 du Traité de Rome qui stipule que
• !es membres de la Commission exercent leurs
fonctions enpleine indépendance ... et qu'ils ne sollicitent ni n'acceptent d'instructions d'aucun gouvernement • est toujours respecté, si ce n'est dans sa
lettre au moins dans son esprit?
Pierre Collet
=
=
rnica 17 maggio 1970
Un socialista
alla presidenza
della Comunità
Europea
HA
EU
AH
UE
HA
EU
AH
UE
Sulla presidenza della comunità economica europea il
discorso va diventando serra.
to. E' ormai pacifico che la
presidenza biennale sarà que·
sta volta affidata all'Italia che dalla costituzione della ~o.
munità non ha mai ricoperto
questo incarico - e il ministro
degl1 Esteri on. Moro aveva
nel giorni scorsi proposto agli
altri ministri degli Esteri della CEE una rosa di quattro
nomi, che comprendeva i democristiani Malfatti, ministro
delle Poste, e Russo, ex ministro per il Commercio estero,
il socialista Lionello Levi san.
dri, vlcepresidente della CEE e
rl'sponsablle comunitario degli
arrarl sociali e il repubblicano
Fenoaltea, ex-ambasciatore a
Washington, funzione che dovette lasciare anni fa per avera assunto una posizione di
pubblico dissenso col governo
del proprio paese.
Ma le candidature governative italiane sembra si siano intanto ridotte a due, poiché gli
onorevoli Malfatti e Russo avrebbero !atto sapere che non
Intendono concorrere per la
presidenza della CEE, ed è signU!cativo cbe un foglio obbiettivo e neutrale come il
Journal de Geneve abbia scritto mercoledi scorso che è
(punto il momento di una presidenza socialista della CEE
- solo l'Italia può offrirla, in
questo momento, per le ragiOni di alternanza che già esponemmo - anche perché nella
Europa dei sei vi sono tre go-.
vern! dove sono presenti i socialisti, cioè la Repubblica fe·
derale tedesca, l'Italia e il Belgio, per eu! la presidenza
socialista è quanto di meglio
s1 possa fare per favorire le
imminenti trattative per l'en·
trata dell'Inghilterra e dei Paesi scandinavi nella Comunità.
Secondo le notizie che ci
giungono da Bruxelles, la candldatura del compagno Levi
Sandri alla presidenza della
CEE sarebbe la più quotata tra
l ministri degli Esteri della
Comunità, che si riuniranno
di nuovo il 28 maggio e rs giu.
gno per prendere una decisi<>ne in proposito, dopo aver
saggiamente normalizzato a
nove il numero dei membri
della commissione, secondo
quanto stabilito dal trattato
di Roma.
Levi Sandri è infatti ben conosciuto nella Comunità Eu·
ropea non solo per la sua cultura e dirittura morale e per
la sua inequivocablle posizione democratica, ma perché da
anni conosce minutamente,
della CEE, problemi ed ingra.
naggl. E alla testa della Comunità non sl pub stare per
vntù di verbale europeismo,
ma solo per provata competen.
za economica e sociale, specie
mentre sta per aprirsi una dif·
!ielle trattativa Internazionale
e mentre le :forze del lavoro
p~~o per: C?Jltai'e. di più.
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concorrere per la
della CEE, ed. è Si·
che un foglio obneutrale com.e il
Journal de Geneve abbia scrit·
to mercoledl scorso che è
g1unto il momento di una presidenza socialista della CEE
, - solo l'Italia può oftrtrla. in
questo momento, per le ragia.
ni di alternanza che già esponemmo - anche perChé nella
Europa del sei vi sono tre go-.
vem1 dove sono presenti 1 so> clalistl, cioè la Repubblica federale tedesca, l 'Italia e il Belgio, per cui la presidenza
> socialista è quanto di meglio
• SI possa !ere per favorire le
imminenti trattative per l'en·
trata dell'Inghilterra e del Pae• si scandinavi nella Comunità.
Secondo le notizie che ci
giungono da Bruxelles, la can.
dldatura del compagno Levi
• Sandri alla presidenza delle
r- CEE sarebbe la più quotata tra
!a i ministri degli Esteri della
'o Comunità, che si riuniranno
(1.
di nuovo il 28 maggio e 1'8 g1u.
il gno per prendere una decisioi- ne ln proposito, dopo aver
saggiamente normalizzato a
>- nove 11 numero del membri
t- della commissione, secondo
C quanto stabilito dal trattato
l· di Roma.
li
Levi Sandri è intatti ben co.
li noscluto nella Comunità Eu•e ropea non solo per la sua cul·
tura e dirittura morale e per
ll la sua lnequivocabile poslzioe- ne democratica, ma perché da
p- anni conosce minutamente,
i· della CEE, problemi ed. ingra.
't- naggl. E alla testa della Comunità non st può stare per
•l- virtù di verbale europeismo,
a- ma solo per provata competen.
za economica e sociale, specie
a mentre sta per aprirsi una ditst !ielle trattativa inteme.zionale
u- e mentre le forze del lavoro
il premono per contare di più.
E' poi ben nota la passione con
lf"Q CUI il prof. Levi Sandri diri·
se ge, a Bruxelles, la commiss!o'14 ne per rli affari sociali, cui si
è ora amdunto l'Interim degli
affari iòdustriali.
1r
C'è poi da considerare un
~,a· altro aspetto importante della
'e: faccenda, e oioè la necessità
che venga. garantita una auto·r- revole presenza italiana al vertf- tice della Comunità. Se, gra.
e zie a troppo elaborate alchi·
la mle diplomatiche, la presldenta za italiana e socialista dell'ese·
C\ttivo comunitario non pas10 sasse, la posizione italiana nel·
IO la CEE sarebbe seriamente
1e compromessa, sia per quanto
,_ riguarda il compagno Levi
Sandri che per quanto riguar.
,_6 da il democristiano on. Edoardo Marll!no. che nella CEE ha
f- la responsabilità delle relazioe n1 con l'estero.
~Contro la oand.ldatura Fe·
noaltea alia presidenza della
n Comunità sl sarebbe anche
.. espresso, con Rumor e con
!- Moro, il gruppo democristiano
al Parlamento europeo e sem·
•· bra che analoga sia la posizio' ne degn altri gruppi democri1 stle.nl nazionali della stessa
~. Istituzione. Si fa anche osser·
• vare che due o tre anni fa
l'ambasciatore Fenoaltea non
poté ottenere l'incarico di se.
l, gretarlo della UEO (Unione
~ europea occidentale) e che an.
·- che l'associazione dei comuni
[- d'Europa SI è espressa sfe.VO·
,_ revolmente rijtUardO alla p re·- sldenza Fenoaltea. Chiediamo
perciò al p:ovemo una precisa
1
"
scelta conforme agll interessi
'- europei e a quelli italiani. So·
>, lo se questa scelta sarà ine·
'I quivocablle e conforme alle
l- prospettive di sviluppo della
d regione europea agevoleremo
l'opera cul è chiamato n consir- glio dei ministri della Cornuti- nltà.
HA
EU
AH
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HA
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Intendono
presidenza
gnl!lcatlvo
biettivo e
•e-
FIDIA SASSANO
UE
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EU
HA
~~~
Métbode à l'italienne
sm:. ••
IW'i·
.sion
Consequt>ncc des dJlf1cuJte~ df'
iuil- poliLique wténeurr. le gouverne- él
ment italien auralt beaucòup de mal nl
a désigoer son candidai a la ,;uc- Il•
cession de M. Rey [l scmble que et
Rome aH adopté, pour co soa·tir. for
aelle- une métbode asscz · subtile : lancer be>
a).
une série de noms allo que leurs pri,
partenail·es tassenl uu cboix cl intl
qu'ainsi lcs milieux poUiiQues il&· ten
e de- liens soient placés devant une es- pou
ral:,
Jean pèce dc fait accompli
proLes noms les plu:. Créquenuncnt mln
e. en cilés au coun; du développemcnl lout
lais- dc ceLte lactlque sonl ceux dc MM.
l~
Malfatti, ministre des P.T.T. fdt>- nem
.~v~: mocrale-chrétien~, proche dc M. l'ord
Fan.tani et .de M. Sergio Fcnoaltea ce:; ,
~.it.iollS
falt qui a fait une carrlère d'ambassa- adma
deur.
qu'ru
cc Jes r
1
s les
ls sont !es mteux piace~ nt<u~ ·on trioo
avance également Ics noms dc MM. caplt.
32 d Russo (démocrate-chrélten 1 el Levi pas r
'vit~ Sandri <socialiste! ce de•·n•er étant polic(
~ cettè déjà membre de la Commission.
tions
'e. en
PfC\'el
ent le
HA
EU
AH
UE
teJus de
.lem>.C.),
la
ho~-~ z_
Un italiano, non un
portavoce americano
nei confronti della guerra
americana al Vietnam.
La vicenda provocò allora,
negli ambienti politici, vastissime realioni. anche perché
si vide in quel gesto di F'enoaltea - tra l'altro in ambienti socialisti 6 democristia·
ni -una conferma del legame
ombelicale che univa l'c ambasciatore d'Italia • agli am·
bienti più retrivi della dirigenla americana. Vi si vide,
anche, qualcosa di più: una
inammissibile interferenza de·
g!l Stati Uniti nella definizione
dello politica estera italiana.
Ora è del tutto evidente che
un uomo come Sergio F'e•Joaltea è assolutamente improponibile per una carica come
quella alla quale taluni ambienti del quadripartito vorrebbero destinarlo. lA sua
designazione sarebbe una sfi·
da, una prova di servilismo,
un masochis'tico mcoraggiamento - e premio - all'insubordinazione degli altt gra·
di dell'amministrazione. La
si smentisca dunque - e subito - questa voce che ctrco!a ormai con troppa insisten·
za. Per quell'incarico deve
e.~sere de!!ignato un italiano.
non un portavoce americano.
HA
EU
AH
UE
HA
EU
AH
UE
Corre sempre più insistente, negli ambienti politici di
Roma e di Bruxelles. la voce
secondo cui il governo quadri
partito intenderebbe designare
il dr. Sergio Fenoaltea quale
presidente dello Commis.~ione
delle Comunità europee. n 28
maggio il Consiglio dei mim·
stri della Comunità dovrà procedere alla nomina del sue·
cessare di Frey. e - stccome
è stato concordato che l'inca·
rico andrà stavolta a un italiano - il tempo stringe. Ora
deve essere ben chiaro. e sot·
to!ineato con tutta fermezza,
che il dr. Sergio Fenoaltea
non ha i titoli per rapPresentare t'Italia in un incarico di
tanta 1mportanza Chi è. infatti. Sergio renoaltea? Sino al
29 aprile 1!167 è stato amba·
sciatore d'Italia a Washington.
carica dalla quale si dimise
per prole$1a contro le drchla·
razionl sul Vietnam fatte due
giorni prima. aL Senato, dal·
l'allora mir1istro degli Esteri
Fanfani. La notizia fu resa
pubblica.
da
indfscreziont
stampa. alla vigrlia di un
viaggio elle l'ori. Fanfani do•! veva compiere a Mosca. L'accusa di Fenoaltea al governo
italiano era. in sostanza. quela la di aver ammorbid ito L'atteggiamento di c comprensione .,
ser . se.
l l'
BILANCIO DI 10 ANNI ALLA CEE DEL COMPAGNO LIONELLO LEVI SANDRI
l
imperniata sul mondo del lavoro
Le insufficienze della Comunità nel settore sociale e i compiti dei socialisti e
dei sindacalisti europei - Una proposta organica di riforma del fondo sociale
Le sordità dei ministri del La voro e del Consiglio della CEE
HA
UE
AH
EU
EU
e
spicato solo rtn coordinamen·
comunitario, senw predi·
sporre tuttavia mezzi adegua·
ti per realizzar/o. Ha fatto
inoltre difetto, ne! governi più o meno in tutti, a secon·
da dei momenti - tma vera
seria volontà polìtica di avall·
zare assieme, sul piano socia·
le, non solo a causa delle
diverse strutture der sei Stati
membri, che spesso Impongo·
no scelte e priorità dlfferen·
ti. ma per difetto di spirtto
comunitario da parte de1 mi·
nlstri degli A/lari sociali. fa tre, naturalmente, le debite
eccezioni. Basti pensare al
tatto che. approfittando della
crisi nella quale la Francia
aveva trascinato la Comunità,
nella seconda metà del 1965,
essi hanno rinunziato per ben
drte anni a riunirsi in sede di
consiglio ».
« Altre grosse difficoltà so·
no dipese dal limitato impe·
gno comunitario del sindaca·
ti dei lavoratori. Essi hanno
sì creato organi e segretaria·
ti dì collegamento a livello
europeo, ad esempio la Con·
federazione europea del sin·
dacati liberi. costituita dalla
CISL internazionale (cui in
Italia aderiscono la u IL e la
CISL), ma l'attività di que·
ste organizzazioni è stata
sempre limitata. in quanto le
centrali nazionali non hanno
trasferito ad esse sostamiali
poteri; li hanno anzi sempre
gelosamente custoditi, così
come i ministri del Lavoro
custodiscono i Loro. Si ag·
giunga che f sindacati non
sono sempre stati facilitati
dalle istituzioni comunitarie,
e precisamente dal Consiglio
dei ministri. in questo maggior impegno di partecipazlo·
ne alla CEE. Anzi. alcuni an·
m orsono, vi e stato un pe·
riodo nel quale numerosi mi·
nistrt del Lavoro ( devo tuttavia precisare che ciò non
si è mai verificato per 1m
ministro del Lavoro italiano)
st rifiutavano di prendere
contatto con gli esponenti
sindacali, al livello comuni·
tarlo».
Queste sono state e rlman·
gono le insufficienze della CEE
nel settore sociale e Levi San·
drl ha avvertito l'obbligo di
dargli la precedenza. Ma qual·
cosa si è pur tatto, ed è sem·
pre Levi Sandri che ne parla.
«Malgrado le accennate dif·
flcoltà, durante il periodo itl
cui ho avuto la responsabtlltà.
del settore sociale ~tte le a·
:tiont che il trattato prevedeva
sono state tradotte in realtà.
Libertà di circolazione per i la·
voratori, coordinamento det si·
stemi di sicurezza sociale per
i lavoratori migranti, interven·
to del fondo sociale europeo
per favorire la riquallficazio·
ne di oltre mezzo milione di
la~ora~ri disoccupati, deter·
to
HA
ta
UE
BRUXELLES, l. Dopo
dieci anni di intensa attivi·
nel governo della Comt(·
n!tà Economica Europea, che
riconosce essere statt «pieni
di interesse e molto spesso
tonte di entusiasmo », il com·
pagno Lionello Levi Sandri
ha partecipato stamane alla
cerimonia delle consegne dal·
• la vecchia alta nuova com·
missione presieduta dall'ono·
revole Malfatti, e torna a tar
parte del Consiglio di Stato.
Fino ad oggi Levi Sandri
stato vice presidente della
commissione della CEE, ma
con la designazjone. da par·
te del governo italiano (che
per rotazione aveva il diritto
di tarlo) di un ooovo presi·
dente della commissione, al
posto deU'uscente belga Rey,
nella persona dell'ex ministro
delle Poste Malfatti, era evi·
dentemente impossibile che
due italiani fossero presiden·
te e vice presidente del gO·
verno comunitario. Cosl Levi
Sandri giustamente si è riti·
rato, per non arretrare a
semplice membro della com·
missione. dopo essere stato
il candidato del PSI e di tut·
ti i partiti socialisti europei
per la presidenza della Comu·
nità europea, e noi pensiamo
che riconsiderando da !onta·
no l'opera svolta, mirante a
fare della CEE una struttura
dei popoli d'Europa e non
una macchina per ammoder·
nare la logica del profitto. il
socialista Levi Sandri rtuscr·
rà utile - come ama dire
parafrasando Robert Schu·
man alla costruzione di
un'Europa unita. indispensa·
bile al mantenimento della
pace.
I eri si è svolta a Lu.ssem·
burgo la cerimonia simboli·
1 ca, di potente forza sugge·
stiva. del primo contatto con
1 l'Inghilterra e con t danesi, i
norvegesi e gli irlandesi per
il loro ingresso nella CEE,
ma sebbene non aia dato a
Levi Sandrt, con la sua gran·
de esperienza comunitaria, di
svolgere una funzione deciSI·
va in queste tra,ttat!ve, abbia·
mo trovato lo studioso e il
socialista che guarda lontano
contento che questo traguar·
do sia superato, Levi Sandri
è intatti convinto che la se·
conda metà del XX secolo sa·
1·à caratterizzata anche dalla
costruzione concreta dell'uni·
tà dell'Europa. e che la Fe·
derazione europea potrà da·
re un nuovo corso alla poli·
tica e alla storia del mondo.
Quella che tu definit4 la
« piccola Europa », assom·
mando i britannici e altri popoli di profonda tradizione
democratica, è ormai - pen·
sa Levi Sandri - « la sola di·
rnensione che possa garanti·
re un sempre più elevato progresso sociale ». Non vi sa·
rebbe speranza di salvezza e
di sviluppo sulla via del socialismo se l'Europa non sa·
pesse tar sentire una sola voce, « se rimanesse l'espressro·
ne velleitaria di una plurali·
tà. dì Stati che si qualificano
sovrani. ma che. se resteran·
no separati, diverranno necessariamente, a scadenza più o
meno breve, feudo dell!tmo o
dell'altro supergrande ».
Nel corso di questo nostro
ultimo incontro brussellese
col pro/. Levi Sandri. srt due
lustn di intensa attfvit(l eu·
ropeistica. svolta con animo
d1 italiano e di socwllsta,
non potevamo che chiedere
aL nostro compagno qualche
ragguaglio sul settore sociale
della CEE. di cui ha avuto la
responsabilità in tutti questi
anni. Ed ecco la sua rispo·
sta: « Le difficoltà incontrate
nel settore sociale sono dipe·
se, anzitutto. dalla mancan·
za, nel Trattato di Roma, di
disposizioni che permettano
di attuare una vera politica
sociale a livello comunitario.
Gli autori del trattato han·
no riservato la politica SO·
ciale alla responsabllUà dei
$àngoli Stata e ne hanno au·
AH
(Nostro servizio)
,
t
sono state molte nell'Europa
comunitaria. ma vj sono state
anche tante realizzazioni che
hanno già. trasformato lo stes·
~o sistema di Vita degli euro·
pei. Sono profondamente con·
vinto che l'unità dell'Erlropa
si farà. Ma perché essa ri·
sponda alle nostre aspirazioni,
che sono quelle della gra11de
maggioranza degli abitanti dei
nostri paesi, dt un vero socia·
lismo basato sulle libertà ci·
vili e politiche e sulla giustiaia
sociale, occorre che le popola·
ziont, e soprattutto la classe
lavoratrice. si impegnino più
direttamente e più a fondo
nella. costruzione europea. Na·
turalmente dobbiamo presen·
tare loro. come finalità da per·
seguire, una costruzione euro·
pea capace di soddisfare le lo·
ro aspirazioni e i loro biso·
qnt ».
«Occorre infine che Il nostro
partito e f partiti socialisti de·
gli altri paesi non consideri·
no Il problema dell'unità eu·
ropea come uno der tanti prO·
blemi internazionali, al quale
dedicare attenzione solo quan·
do si tratti di votare una mo·
zìone in sede di congresso o
di convegno. Costruire l'Euro·
pa unita rappresenta invece,
ormai, il problema fondamen·
tale. Quello che condiziona tut·
ti t problemi economici e po.
litici della nostra società. Un
vero impegno socialista euro·
peo è la condizione prima per·
ché l'Europa unita che sorge·
rà sia veramente l'Europa di
tutti i lavoratori ».
FIDIA SASSANO
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confatto
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espon~tt
sindaca/t, al livello comunitarlo».
Queste &ono state e rimangono le tnsuf/lcienze della CEE
nel settore sociale e Levi Sandr! ha auvertito l'obbligo di
dargli la precedenza. Ma QU4lj
cosa si è pur /atto. ed è sempre Levi Sandri che ne parla.
«"Malgrado le accennate difflcoltà, durante il periodo in
cut ho avuto la responsabilità
del settore sociale tutte le a;2ioni che il trattato prevedeva r<
sono state tradotte in realtà. r fl"
Libertà di circolazione per i la- ri
voratort, coordinamento dei si- te
stemt di sicurezza sociale per
t lavoratori migranti, interven- n<
to del fondo sociale europeo Pl
per favorire la riqU4lificazio- li
ne di oltre mezzo milìone di c1
lavoratori disoccupati, deter- z:
' minallone dei principi di una s
politica comune di formazione t
professionale: ecco altrettanti ç
compiti che il trattato preve. c
deva e che sono stati adem. 1
pjuti. Attraverso un'ampia se- c
L· rte di studi e di inchieste, di
li riunioni parttarie o trtpartite,
~ di seminari, di colloqui e cono ferenze, sono stati poi messi
' i a confronto i sistemi sociali
àet set paesi, ne sono state
, messe In rilievo analogie e dlf·
ferenze, si è favorita un'armonizzazione che ha già cominciato a manifestarsi in diversi campi, soprattutto in quello della sicurezza sociale. Da
ultimo st sono gett4te le basi
di una politica comune dell'oc' cupaztone, dell4 Quale il fondo soelale, riformato secondo
le proposte fatte al consiglio
oltre un anno fa, dourà essere
lo strumento fondam~tale ».
111 concreto abbiamo ancora chiesto a Levi Sandri sUlla riforma del fondo sOciale, a che punto siamo?
« Della necessità di una Titorma del fondo sociale - ha
detto il compagno Levi Sandr! - si parla dal 1964. Anzi
già allora avevo presentato al
cor1stglto proposte cor1crete di
riforma. Dopo armi di dlscus1 sione esse vennero insabblate.
Un armo fa ho presentato nltO·
ve proposte, e alla conferenza
dell'Afa del 110vembre scorso
i capi di stato e di governo
hanno riconosciuto la necessi• tà della riforma. Pure i ministri dell'Economia, in seno al
Consiglio della CEE, hanno recentemente confermato tale
necessità, al fini della stessa
politica industriale. Ma t mi- •
• nlstrt degli Affari sociali continU4no a rinlliare ogni dect' slone da una seduta all'altra.
Il 25 maggio hanno rinviato al •
> 26 giugno, poi hanno annulla- 1
to tale riurlione e hanno rin- 1
vtato al 27 luglio. Staremo a
vedere ... 11.
Per finire, come soclalislz
abbiamo la coscienza a posto
, in tema di costruèlione dell'Europa? E perché rimane tanta
sordità, Ira la gente, sull'Eu·
ropa unita, sulla dfa.spora naziorzale del continente, che se
per l'oriente e un bene, per' ché evita lo schwcciamento
nell'tndllferenziato, per noi,
tn occidente, è un assurdo e
un motivo di debolez:ta e dt
, stasi?
> «Le delusioni - cl dice anIC()[a il WQ/• .t~ Bandrl -
IUBW Hl :aiJHliSJat
HA
_
•
IlOdet
rRESIDENZA COM!'.USSI Oirs ::'JRO?EA
Presa di posizione
\S~ \/Xt:LL E. )
~ oc ialisti belgi .
z,_ Il ,Partito Socialista Belga, in una nota che appare sta-
mane con rilievo sul quotidiano del Partito "Le Peuple 11 1 sottolinea l ' appoggio del Moviment o Socialista belga al socialista italiano Levi-Sandri
~~ota del
UE
per la presidenza della. Commissione .
Partito belga che , con il Partito Democra-
AH
tico Cristiano part ecipa al Governo bel~a , ri co rda innanzitutto come i socialisti belgi siano d'~ccordo sulla permanenza nella nuova Commissi one del
sta dei tre paesi del Benelux.
EU
socialista olandese Mansholt , che viene considerato rappresentante s ociali-
HA
D'altra parte i socialisti belgi ricordano come , dal l a
sua esistenza , la Commissione del Mercato Comune non sia mai stata presiedu-
UE
ta da un socialista e ricordano la posizione già chiarament e espressa nei
AH
giorni scorsi dai Partiti Socialist i della Comunità che hanno richiesto l a
presidenza del Mercat o Com1ne .
EU
Sottol.i.neando come i l GOverno belga terrà c ertamente
conto dell ' opinione del ?artito Socialista belga ri corda~ i meriti di
Levi-~andri
anche come responsabile della
HA
l
p~litica
sociale comunitaria.
(J
l~
revendiquent
la pré$8dence
AH
du ~1arc~é commun
UE
L•}s socialistes
HA
EU
AH
UE
HA
EU
On a appris hicr dan!l lf's mJ.
Ucnx du !\tarché commun que
Ics partis !rocialistcs de l't:urope
des Six rl'vendiqucnt 1:\ pr ésl·
dl'nl'e du J\Jarché commun.
t::n effet. dcpuis son f'Xisunce
la commisslon du !\tarché com mun n'a jamais été présidée par
un sol'ialiste.
Il scmblc malntenant al'quls
1 que M. Sico l\lansholt rl'préscn·
tl'ra Ics socialistcs dcs trois pays
bénéluxiens. Il f'St donc JlCU proòable qa'un !.Ocialist<' bCIA"e ta sse
partic d'.! la c >J:. ;.tiso;lon.
Enfin, il est ccrta in que l'lta·
lie proposera le maintien de Levi
Sandri q1ù dil"ige actucllement la
dircction gé nérale dcs Affah;es
sociales.
l .a. présidenee de la comrnl!l·
sion pourrait donc ctrc coufiéC'
à. J.evi San•lri, socialiste lta llen
qui a lrs fav<'urs du mouvemcn t
socialiste bE'lge. l.e !l"roupcment
beige cn tien dra certainement
eompte.
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IL COMPAGNO
~IDATO
LEVI
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A Bruxdlcs vi.:O<• dato per
certo eh.; r>•r l'lta!ia s;.rcbb.:ro
wnfcrmati il \'ice prc,idenl<'
Lc1 i·Sandri c l'on. Martino,
m~.onirc l';•r~ha~c-i:Horc Colonna
las.::crcbbr Bnn.::llcs pct· l'ic•n11':\r·c in ItaLa.
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Dal l)l'imo lttglio J'l'Os~imo, i
qunllot·did mc:mhri dcll'atlua.
k C'omrni~'ione dci .\!cre-do .:omune do1Tanuo cssc:-c 1 :dotti
a TlO\ 'C ; in nltre dOI'rdJhC CS~C·
re nominato un nuo1·o pr,·~i·
dcnlc ckll'b:l'cuth·o curO!h'O.
Il probk:uct, ~ehb~-nc non
ri ullìci«ln1 -n:c: sull'ag, nll:t c di
Per la Gcr;n;~ni,,, ~et·onùo l.o
l;woro ckll 1 CE::: - 1.1 com•J;:.
ICilZ<t T't'~l<! ai sci CO\ ,'l'Ili , ·- « Fr,lnkfu: ll'l' Allr.crncinc z,•j.
i; tin cl:l or.t al C<'lltt·o cld!e tung •, w ttC andrehbc Hclidiscussiuni c cl.::lle ~p...·ubiio- Wi!!, m<''l li'<' 1 cstcrchhcro I!;1.
ni nc•gli ambienti cnropd. p.;r fcrkamp c \'on dt•r Crod)C'I,
J'imporlrontro ~cmp•-.:: più I!I<ln- a meno eh,• i lihcra!i non prc·
ctc elle ass'tm.! I'E~r~~u1i\·o di ll·nd;,no uno dd due posti
Bt'll.\<'lks, s<.prattut t o ctn qtt:111· riscr\'a ti ni commi~s.u·i ll:ti('cio, il mr · s,:or~u il Cc-n,.i- scJ.i.
yliu dci mini,tri h~ deciso di
Per i ft ar:ccsi, il problem:\
istituire fnt •!mente lc: , n~ot· 11011 s.:-mhr,, pon·c prohlcmi
se proprie ''· A PO'-'O n pocv '" ~r;IVi: 0 .:11i.mx e Dat re r·~s'l'·
Commissione assumrr1t cOnt[li tchbero, ~e ne andrebbe Roli C l'CSJ')On<;,IJiJitil lhC-' potr.:'J- chercau.
b~:m CS\CI'C QlldJi llpid Òj 1111
Restcr.:bh,•, n<•tumlmenic, lo
S:olct no curop.~o. tr.t l'altru obndcsc \1at t~ltolL
con la rcsnonsr~hilità dt un hi·
Il probknu bell!il, infme. 'l()·
lnntio dc:ll'nrdttte di mir.Jiain )')are com<. uno dci piu thfficili
eli milinrdi di lire.
da riso lve,.:, d au1 la dh•isione
La CN11mi~sionc unica a li nguistica del Paese: se do·,
qumton!i~: membri. che h::: as.
sunto la r'''l".tn:>ah'li•:o prim..
dcll:nuta d;.JI'Aita Atttotilit ùcl·
ln CEC1\, dnlla ('r,tutni:.~ ione
di f.ttl<llom c da lla Cutnmis,ionc della CEE, è c:-~trata il fun7Ì<m.:: il !• ltL 'io 1%7: ent•·o il
30 rnag<:io l'l'O\l'imo i !!OH·rni
dt'\'Ono r innova rla, ddurcndo
contl'tnJlllt·:utt:lmenlc il nume·
l'O dei nwmbri.
Nonosttontc le ripetute smen·
lite Ycnutc da Roma, a Bnlxclk~ :;i continua a prospetta· 1
·' re l'cl•cnfuctHtà d i una pr._:si·
dcn1..a di èo,ilio Colombo, che
c.;rtamentc raccog!icr.:bbc fa
omanirnilà elci con~,·nsi. tamo
piit che ~c.:ondo Jo:,:ica la presidenza to~( lwrcbbc app\lllto a
uu ita lia11o . Se, tuuali<~ , il oni·
ni~t ro del T<'~oro, come è probahilc. tlt>.;linc;·à l'in-..lrlt·o, e
dilhcil.; eh~ rli italiani rn~nlcn·
tr::~no h 1 1··n•i.t c· 1 .ii d mtm
alla pr!!!.ith.rv,t ddlc Co1nunità.
lì···•·
---
A -l
In quc~1:1 ipotesi. !>i p:w!::~ di
un rin00\'0. i'lT un ••nno, del
mandato all'attuale pr··~idcn~c,
il bdga k•.t• Rcy. E' qucHa.
Quanto meno, l'ipotel>i che af.
fncdtt il « l'iu.mcial Tittlcs ».
St•i nr.mi dci futuri nO\'C
com mjs:.••n, la ridda di voci è
1e~se css,'rt> conf,•rmato pr;:.
sidcntc Il.cv, !.t· ne andrebbe
Coppt!, mrntrc ~e dol'csse W·
ni rc un pr-:,ic!::nh' di altra na.
zionalit!l ,;J probl;:nl.l potrebbe
.:sserc ri:-olto con la nomina
-di un nuo1·o commissario
belga .
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• ..
....,.... "· .
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DATE -Df-\TUM:
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~lra=;;iosiiion
de la Commission
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du rv1arché connnun après le l er juiHet
Le Grand-Dllché e8t en faveur
de l'exécution stricte da trailé de fusion
HA
EU
AH
UE
(De notre correspot~dant partiC1~lim· cl T...t"'(:mlmttrg)
Lors d'un récent congrès de rcpr<!l!cntntion uu R('lll de l:l C'om·
frnHn!'ll IH•cìnllstcs d'unr di?.alnr nw;slou r<-òuitR d'un mrmh1 r;,
dc pays eu: ~'J'I('l'l1!; qui s'est lenti Don c, csliHH\ J\1. 'fhom. lo Grt~.ud·
il. Luxembour;:::, M. B0d~on,. mcPt· Duché est :v.scz mnl placé pour
llre luxcmbourgam; a'c !ii."Commis· rcv!'ndlquer le maintlcn de quasi:<slott du Mai·cllé commun, avnlt torze memht·cs à la Comml!>slon
expl'itH6 l'opiniou que la réduetion dc JJru xollcs uprèJ le lcr julllet.
du nombre cle membres de la Com· Préeisons que, r;elon M. Bodson,
mlsslon de quatorze à neuf telle des promessl'l'l lut au:·aient été fa.1·
qu'clle est ['ll'~\·ue dans le tru.lté de tes sclon lcsqucllcs 11 conlinu~'ralt
fu~·don pom· le ler juilleL proch::t.in, à rept-t!~<cntt·t· h1 Gnm1-Duché c.u
pounait ctrc préjucitciable à cer· seln de la Commission de Bmxel·
ta1ns égm·ds. Notamment d ans la les pour un second tctmc. Une
' mcsure où elle risqucrait dc ré- tclle promes>;<• lui auralt l:té faJt~
•dulrc les fonr.t!ons dcs com m issa i· par le prMl'dent g"OUVl'rt\ement
1rcs europi!cn., :\ des Làchcs put·c· chrétien-soelal·l'OCialiste (.M. l3od·
1mcnt admini:;tratives. 1vL Bodson :>on, ane!cn p t ésidcnt de la Cham·
•~valt d(>s lors suggér~ dc sursc>olr bt·c dcs déput('s du Cr:ll\d-Duché
l'rntr(;c e n vi~ueur de cct arlicll! et anc·•pn mlnlstre t-st sotialiste l
du traité de fusion jusqu'au mo- alon1 qu'actucllrmrnt un mlnistère
ment dc l'élargisscmcnt de la clm~ti~n &otlul-libPral N<t cn piace.
Communauté pat· l'admission de Commentulrc dr l\1. Thurn il pro·
nouveaux Etats.
pos dc celte déclaratlon de M.
Dans ks miliC'ux gouvcrnemen- Bodsoo : < C'est un l'~" commc si
taux gTand-ducaux cette argum~n- n~us, minlstrcR, oollll no11s nom·
tntio:t de M. J3odson n'a pa3 l!té m10ns pour dcux mandats. >
sulvie. Pour M. Werner, prél<iùcnt
It. c.
du gouvernNn••nt grand·duc:U, il
ne Raur:llt étrc question pour le ·
Graud-Duché <!'appliquer une poli·
Uquo autJ·e que l'exéeution slricte
· et préelsc deR traltés européens.
l M. 'l'horn, minJstre gJ'and-duciÙ
1 dcs Affa.ires élt·IUJgères, a exprimé
· cles vues lde.Jltlques, estima.nt qu'il
· n'y a. nullcment lieu de modlfier
· le trnlté d1~ 1\Jsion qui pt•évolt ex·
· pressément cettc réduetlon òu
l uombrc des membres de la Com·
misslon du 11-larché commun.
D'ailleurs. note-t-on a Luxem·
bourg. le s~ul pays qni n'auralt
pas à. piHtr du traité dc fuslon est
prècls6nwnt lP Grand ·Duché puls·
Cju'eo tout étnt de cause il gardera
l unlque mrmhre qui le n~présen·
tu1t Jusqu'a rré!òent au sein de 1:~
Commisslrm. Tous !es autrcs Etats
mcmbre11 verront par contre leur
iUNITA ,
Surplace, per il r1nnovo
della commiSSIOne .europea
a
l
EU
HA
UE
La "sfida, di Colombo
La commissione europea ha risposto in modo del tutto insoddisfacente
all'interrogazione che gli era stata rivolta dal deputato olandese Vredeling
sull' "occasione mancata'' che L'Europa
aveva a suo tempo segnalato, quando
il ministro Colombo in consiglio dei
ministri comunitario sfidò i suoi colleghi dice11dosi pronto ad accettare
una decisione comunitaria presa a
maggioranza anche se interessi vitali
italiani erano implicati. Alla condizione beninteso, aggiunse Colombo, che
non si venga più a prendere a pretesto interessi vitali per costringere a
defatiganti dibattiti per raggiungere la
unanimità. Il voto a maggioranza non
ci fu e l'I talia ottenne soddisfazione
ma il meccanismo del voto in consiglio rimase quello elle è invalso dopo
la famosa dichiarazione di Lussemburgo del gennaio 1966. R ispondendo a
Vredeling la commissiOt1e ha detto
che spetta al consiglio dare spiegazioni. La commissione europea però do·
vrebbe opporsi a che le sue proposte
siano manipolate e snaturate in modo da renderle accette a tutti, togliendo loro l'elemento comunitario
e riducendole alla somma di compromessi allineati sul minimo comune denominatore.
Del resto Rey ha dato l'allarme più
volte e ultimamente ha detto che bi-
HA
Intanto tutti i governi dichiarano
formalmente di essere pronti ad applicare il trattato di fusione, che comporta la inesorabile riduzione a 9 del
numero dei commissari. Ma tutti
quanti, nello stesso momento aggitmgono: ci si può peraltro chiedere se
questo sarà possibile e se non sarà
necessaria una proroga dei termini.
In circostanze analoghe i·•governi, non
sapendo che pesci pigliare, si erano
limitati a non far nulla. In tal modo,
la commissione Hallstein è rimasta al
potere per anni dopo la sua scadenza.
Ma questa volta il surplace non serve
percl1é il trattato di fusione comporta
un meccanismo automatico secondo il
luale certi membri scadono automa-
'
AH
ticamente. In tal modo il problema si
autorisolve, per quel che riguarda la
riduzione a nove, ma non risolve per
nulla per quel che riguarda la presidenza, prima -di tutto perché l'eliminazione automatica eliminerebbe proprio l'attuale presidente e poi perché
in ogni caso bisognerebbe procedere
a una nomina. A meno di non affidare
la guida della commissione ad uno
degli attuali vice-presidenti. Questi vice-presidenti sono il tedesco Hellwig,
l'olandese Mansholt, il francese Barre e l'italiano Levi-Sandri. Se si rispetta la regola del "turno" la presidenza '
spetterebbe allora a Levi-Sandri, essendo escluso che un beneluxiano come Mansholt possa succedere ad un
altro heneluxiano, essendo ir:1pensabi-
EU
C'è in corso una specie di partita
di "surplace" nella corsa al rinnovo
della commissione. europea e in particolare della presidenza. Secondo le
notizie che giungono a Roma, le segnalazioni di nomi di possibili candidati italiani alla presidenza hanno fatto arricciare i raffinatissimi nasi europei. Semb ra che l'Italia, se vuoi vedere accolto con considerazione un
proprio candidato, debba prima assicurarsi che questo abbia caratteristiche di credibilità almeno doppie di
qualunque altro candidato di altri
paesi. Non si capisce bene se le sollecitazioni più o meno discrete che
riceve il nostro governo a designare
un candidato alla presidenza mirino
a far comunque fuori Rey, ma facendo
cavar la castagna dal fuoco da qualèun altro in attesa di tempi migliori,
oppure abbiano come scopo di mettere in difficoltà l'Italia per poter tranquillamente "saltare" il suo turno.
Comunque, nulla si muove in superficie e in una recente conferenza stampa Rey si è mostrato molto irritato
quando qualcuno gli ha posto una domanda in relazione con questa situazione. " Non risponderò a nessuna domanda su questo punto» ha detto
Rey. Ed ha aggiunto che era tuttavia
turbato e sdegnato per il fatto che
qualcuno avrebbe detto che almeno
metà dell'équipe che egli dirige è
troppo vecchia e che occorre procedere a un la,·go rinnovo. Quanto a me,
ha detto Rey, che si avvicina alla settantina, non mi sento affatto ve=chio
e ringrazio coloro che ritengono ch'io
possa ancora rendere dei servizi all'Europa.
AH
l
UE
l
le elle i tedeschi designino Hellwig del
quale vogliono visibilmente liberarsi,
ed essendo estremamente improbabile
che i francesi aspirino a scavalcare
gli italiani per portare alla presidenza Barre, che fra l'altro è di più recente nomina.
Il fatto è che ormai Rey ha praticamente posto la sua candidatura ad
•
un rinnovo, pur essendo convinto nel
suo httimo che questo è possibile solo
se il numero dei commissari è mantenuto a quattordici, cioè se non ·si deve
sollevare il problema linguistico belga. Sembra clze sia proprio la Francia
a volersi sbarazzare di Rey, ma ci si
puo' chiedere se non si tratti di una
mossa puramente tattica, sebbene appaia probabile che Pompidou abbia
giudicato "petulante" il comportamento di Rey alla conferer;za deii'Aja.
Qualcuno aggiune che la Francia appunto potrebbe tenere un asso nella
manica. Spingerebbe l'Italia a presentare una candidatura, ciò che implicherebbe di per sé il siluramento
di Jean R ey, pronta ad offrire una
candidatura di ricambio, che potreiJbe essere di grosso calib1o, per
esempio Edgar Faure, o l'ex ministro
dell'agricoltura Pisani, o addirittura, •
l'ex presidente del consiglio di De
Gaulle, Couve de Murville.
sognerebbe ristalJilire· il funzionamento normale del voto in consiglio prima
di procedere all'allargamento. E' ovvio
infatti che se si mantiene il diritto
di veto in una comunità di dieci o
dodici m embri, il funzionamento del
consiglio sarà paralizzato e la comunità sarà la fine di altre istituzioni di
carattere puramente accademico, perdendo tutte le sue qualità politiche.
Gli inglesi hanno dichiarato che accettano i trattati tali e quali, ma è
ovvio che se trovano in uso un certo
sistema di votazione, e cioè la ricerca
ad oltranza della unanimità o la rinuncia al voto, non faranno che alli·
nearsi sugli altri.
Si deve ricordare che è falso ritenere che a Lussemburgo «ci si sia
messi d 'accordo, sul voto all'unanimità: al contrario, ognuno rimase della
propria idea. Ma nella pratica si fece
come se questo accordo ci fosse stato
e così a poco a poco una consuetudine contraria alla legge si sostituisce
a quest'ultima. Il solo modo di reagire è provocare ad ogni pie' sospinto
voti a maggioranza su grosse questioni
(come aveva fatto Colombo), o esigere una dichiarazione solenne e collettiva che confermi l'impegno ad applicare con rigore le regole del trattato in questa materia.
'MUNITA'
Candidatura italiana
alla guida della Commissione?
UE
AH
EU
HA
UE
l"
HA
EU
(ma in realtà le decisioni dovramzo
essere prese non più tardi del prossimo aprile), incomincia a essere dibattuta apertamente rzegli ambierttl
comunitari, e nelle capitali si illco·
minciano a far conoscere alcuni can·
didati o auto-candidati ai quali il
"colpo d'ala" con il quale la comu·
nità europea riesce a sollevarsi at
di sopra delle sabbie mobili nelle quali rischiava di languire, incomincia a
suggerire c/ze l'installarsi a Bruxelles no11 sarebbe poi w1 affare tanto
maivagio.
Come è noto il problema maggiore da risolvere rimane quello del
Belgio. Per le ragioni ben co11osciute
appare quasi impossibile a un governo belga imporre la scelta di ww sola
persona per rappresentar/o nel collegio comunitario, cosa inevitabile se il
numero dei membri deve essere ri·
dotto da 14 a 9 come prescrive il trattato di fusione concluso nel 1965. Desig11are una sola persona significa fare tma scelta tra un fra11cojono e un
fiammingo, e oggi tzel Belgio {àre wta
scelta di questo genere è praticamente
impossibile: tutto deve essere doppio
e l'equilibrio delle due lingue è ricercato con una mittuzia sbalorditiva.
Del resto il problema clze oggi occupa
la maggior parte dell'attività govemat iva, nonostante gli scioperi selvaggi
clte ltanno fatto la loro apparizione
anche a Bruxelles, è, a quanto pare,
appunto la questione linguistica, e se·
condo le notizie provenienti da Bruxelles sembra che uei prossimi giorm
non sia da escludere 1ma crisi della
quale sarebbe vittima il presidente del
consiglio Eyskens, nonostante egti
stesso si definisca un "asessuale linguistico".
Evidentemente, non si tratta di u11
•1wtivo sufficiente per non osservare
'l trattato, o per modificarlo (come
?uo essere fatto, all'uttallimità dci vo!Ì, dal consiglio comunitario). Tutta;ia c'è nelle capitali il sentimento che
.i debba fare qualcosa per aiutare il
!Jelgio a superare questa difficoltà e
1011 creare allo steS!iO tempo tliflicoltci
7er la comunità.
In occasione dell'ultima ritmione d~l
:onsiglw dei ministri temuasi a Bm:elles, nel discreto circolo ristretto
lei ministri degli esteri riunito a coa:iolle da Harmel, il proNema è stato
•revemente evocato. Nel sen~o che
Harmel, mzmstro degli esteri e attualmente presidente del cousiglio comunitario, lta n cordato cl1e esso esiste
e che bisoena trovarvi una soluzione
prima di luglio. Bisogna aggiungere
cl1e il ministro Moro si è se11tito chiedere da più parti se e quwtdo l'Italia
aveva ince11;:,ione di prese11tare la pro•:ma candidatura alla presidenza della
crmunissi011e. come era sttJtn col/venuto in linea di pri11cipio già nel 1966
e confermato poi l'mmo scorso, qumzdo La preside11za di Rey fu prorogato
di un amto. II ministro Moro 11011 lw
dato nessuna risposta precisa, ma non
i1ll neppure rifiutato, assicurando che
il govemo italiatw avrebbe riflettuto
al problema e che eve11tualme11te avrebbe fatto co11oscere le sue decisin·
Ili. Dovrebbe tarlo, secondo quel clte
sembrano aver compreso i suoi ittterlocutori, più o meno da quz a un
m ese.
Evidentemente la situazione ttella
quale si trova la politica italia11a, e
gli incerti sviluppi della crisi in corso,
permettono di dubitare sulla possibilità per l'Italia di prendere posjzio11e
rapidamente su questa questione importante. Nella migliore delle ipotesi
- quella almeno clze si poteva fare
al mometzto i11 cui la crisi si è aperta - l'o11. Moro rimarrebbe alla Farnesina e quindi potrebbe egli stesso
riaprire la pratica della quale conosce i recenti sviluppi e pre11dere le
decisioni necessarie. Ma se altre soluzioni dovessero preselltarsi, tutto potrebbe essere rimesso ilz causa.
Per. quel che riguarda l'Italia, pur
trascurarzdo i problemi di persone,
cioè di coloro e/te già sono m embri
della connnissione, o di coloro cl1e ambirebbero divenirlo, o arzcora di coloro ai quali il governo italiano po.
trebbe chiedere di asswnere un iltcarico di estrema responsabilità, per
l'Italia, diciamo, si tracta principalmente di 11on compromettere le ]Jroprie possibilità c011 mosse intempestive e di valutare tucti gli elemenci
di una situazione nella quale il peso
dei factori di politica imema::.iOitale,
di politica eco11omica e di politica ill·
terna - !;enza contare l'equilibrio dci
partiti - è determi11wlle.
Ovviamente, se l'/wlia favoris:;e la
tesi della riduzioue a 11ove del collegio comunitario, e al tempo stesso
notz ritenesse di dover accogliere l'invito che da piil parti le vie11e rivolto,
di designare urt presitlente, il problema sarebbe semplificato ttll'estremo,
AH
a questione del rinnovo della commissione europea, clze deve avveL
luglio di quest'anno
nire prima del
almcao agli effetti interni. La riduzw
1te a due dei membri italiani /Jc /11
commissione avverrebbe in ogni ca\c
.: senza difficoltà particolari. Si crea
terebbe però ttllora di sapere qual 1
la soluzio11e che 1'/talict auspica p:tr {,
presidenza. Dopo an11i di prestdelt ~c
tedesca e poi di presidenza belga, n
escludendo ~ma presidenza ital.'a11a
11011 rimarrebbe clte scegliere fra
te!>t del cambiamento di nazionalita
e allora passare la mano alla Franc:w
co11 il riscltio di vedere salire alla pii
sidenza l'attuale vice presidetlle Ba n ,
deg11o studioso di cose econom!clu
ma clze 11011 è per 11ulla u11a per:.o1w
lita politica (no11ostmzte le sue simpu
tie golliste, di 1ut!ura però tecnocrali
ca), oppure rassegnarsi ad auspicai
wra certa "contim1ità" e chiedere e/t
ve11ga una volta di più mantenuto an.
presidenza il belga Rey. Nonostante
t11tto questi lza le carte in regola da
pwzto di vista politico e dell' "eurupet
smo", e affrollterebbe con "credibilt
tà" il difficile negoziato co11 la Grm
Bretagna, specialmente se i11 queste.
negoziato la commissione avrà de1
compiti particolarmente importallli.
La designazio11e di Rey alla prest
de11za sarebbe forse l'wzico modo d.
risolvere l'imbroglio belga. Di frotll<
ali'alternativa di rinwtciare, per il mo.
me111o, ad avere un commissario fiam
mi11go ma di co11servare la presiden
za, ovvero di rimmciare alla pre:;f.
de11za per conservare l'equilibrio lhz guist i co, è probabile e/te i fiamminglu
ingoierebbero la pillola.
Naturalmente il govemo italiano p11ò
invece pensare e/te meglio va 1ga usufruire fin d'ora della possibilità per
l'Italia di avere - per la dttrata limitata a due mmi - la presidenza
della commissione. Ma allora il probletlla della perso11a da de!iignare divellta estremamente delicato ed importance. Il presidente della COIIllltissione europea, di una commissione clze
si trova se1tza dubbio ad avere .\e/IL
pre maggiori responsabilità intemazionali, specialmente dopo e/te la comwtita è passata al periodo definitivo, 11011 p11ò che essere wta persona.
lità politica di dime11sioni adegttate,
o ancl1e wt "grmtd commis" cioè 1111
grande b11rocrate ma la CIIi desig1w
zione avrebbe wz sig11i/icato vi:.ibil·
mellle politico.
L'Italia dovrebbe soprattutto evita·
re di presentare cattdidature e/te, per
ragio11i del resto del tutto iudipeml<.!ll·
ti dal valore elf~ttivo della per:;olw·
lità, si prestino a "contesta:io11e'' di
q11alsiasi genere. Certo, con wz'a::.iow:
diplomatica adegu(l(a essa riuscirl'b·
be ad aver ragio11e di codeste cmttestaziorzi ed eve11tualmente a "far pa>sare" o addirittura a "imporre" il proprio candidato. Ma questo tmdrebl1c.:
a tu/lo detrime11to del candidato stc•<;
so e della pos:.ibililù eli a::.ione cfi<.!
eRli avrebbe uel bie11nio di eserc:i?.io
della presidenza. Nou si dimellttchi
i11oltre clte il biennio può es>cre raddoppiato, ma solo a determiuate cou.
di;:,i011Ì.
L'Italia può giocare tma carta, nut
deve giocarla con estrema accorte::.za.
·l mondo
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ATTENTI
Al MALI PASSI A BRUXELLES
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il mandato di cattura dev'essere sempre giu·
pinta un'eccezione contro l'apologia di reato
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preventiva,
.. indipendentemente dalle vicende delle varie fasi del processo penale....
n ministro è corso ai ripari ed ha emanato it decreto
Legge con H quote ha raddoppiato i termini della carcerazione, ascoltando il consiglio della 1entenza della
Corte che aveva affermato che
!e sue statuzioni non precludevano al legislatore una
nuova disciplina de!la materia, eventualmente differenziata -non solo in relazione
UE
AH
EU
nL
sione di governo della Comunità ha una autorità legale indiscutibile, perchè fondata su trattati internazionali, quando risponde alle norme stabillte dal trattati, chiunque può contestarla in linea
di diritto e di fatto se si discosta dai trattati stessi nella
propria struttura e nel proprio operare. Mettiamo infatti che un consorzio o un trust,
colpito da un'ammenda inflitta dalla Commissione della
CEE per qualche illecito, contesti davanti alla Corte dl
giustizia di Lussemburgo Ja
legittimità della stessa composizione dell'Esecutivo comunitario. e veda accolti i
propri rilievi, perchè tutta l'impalcatura comunitaria
venga messa in discussione.
Con questa spada di Damocle
qualche governo potrebbe
manovrare come gli piace la
commissione: guarda che se
mi dai noia - potrebbe in sostanza farle capire - ti faccio dichi::.: ~re ufficialmente
inesistente
Una commissiOne dei quattordici. che indebitamente si
perpetuasse nel tempo, in
spregio a quanto previsto dal
trattato di Roma, sarebbe
dunque priva di ogni autorità
politica e amministrativa; sarebbe costretta a continui sotterfugi per durare, che ne
comprometterebbero 11 prestigio, l'efficienza e l'attività.
Basterebbe li dubbio sul diritto riconosciutole di legHerare e di emanare norme regolamentari, nell'ambito dei
trattati comunitari, per prlvarla di ogni autorità, di ogni
possibilità di azione concreta.
Sarebbe un ulteriore colpo
portato alle istituzioni comunitarie.
La via da seguire per il numero del membri dell'esecutivo comunitario è perciò quella di rispettare il trattato di
Roma. Non va dimenticato
che il rispetto del trattato è
la prima cosa che viene chiesta agli Stati che hanno domandato di aderire alla Comunità europea e che sarebbe
molto strano che i sei soci
fondatori della Comunità,
mentre chiedono che il rispetto del trattato sia la condizione base per nuove adesioni
alla Comunità, dessero al
tempo stesso un cosl cattivo
esempio in tema di commissione di governo della Comunità medesima.
HA
), ad
sper. stendegli
fine.
Jesto
1 vo-
UE
RC
ora rapidamente. Il 30 giugno prossimo, cinque dei
quattordici attuali commissari dell'Esecutivo comunitario
dovrebbero decadere dall'incarico. Si tratta di una norma che non dovrebbe essere
controversa per alcuno, perchè è stata stabilita da tutti
i Paesi della CEE e che i sei
governi potrebbero far decadere in un solo modo, modific:mdo di comune accordo ìl
trattato del 1965, entrato in
vigore nel 1967, e facendo ratificare q uesta modiiica dai
rispettivi Parlamenti nazionali.
Ma non è sul fondamento
giuridico della riduzione a
nove dei membri della Commissione della CEE che vogliamo soffermarci, e neppure
sul fatto che l'attuale commissione dei 14 è pletorlca, e
lo sarebbe ancor più con le
varianti connesse all'entrata
di altri Stati nella Comunità.
Si tratta dì considerazioni validissime g', "l ampiamente
sviluppate in riviste e In pubblicazioni specializzate. Qui
vogliamo toccare un aspetto
del problema che ci sembra
sia sfuggito finora, e cioè che
se con artìfici di dubbia legittimità si lasciassero le cose
come stanno, la Commissione
della CEE potrebbe essere agevolmente contestata proprio
come organo superstatale o
interstatale investito di poteri politici e amministrativi.
Mentre, infatti, la commls-
AH
'lle
Sta per scadere la pletorica « Commissione » di 14 membri
della Comunità europea - Urgente l'esigenza di darle autorità
EU
t la·
L'Esecutivo CEE è legale
se è conforme al trattato
Sulla imminente decisione
del nostro governo per la designazione del presidente della Commissione della Comunità economica europea cioè la nomina del capo dell'Esecutivo comunitario- già
abbiamo formulato l'augurio
che Roma non rinnovi, nel
1970, la rinuncia del 1967, che
ci impedl di avere un presidente italiano, come è nostro
pieno diritto e dovere ad un
tempo. Ed abbia mo anche
scritto che un presidente di
estrazione socialista non solo
risponderebbe ad un equo alternarsi dii correnti ideali alla testa del Mercato comune
europeo, dove finora vi sono
stati presidenti democristiani liberali e anche gollisti. e
mai un presidente socialista,
ma che una scelta sillatta adempirebbe, nel momento più
opportuno, alla esigenza di un
più marcato impegno sociale
della Comunità specie per
quanto riguarda la politica
dell'occupazione, la riforma
del Fondo sociale, l'inserimento effettivo nelle strutture comunitarie delle forz.e del
lavoro affinchè il processo di
formazione dell'Europa unita
riprenda vigore, specie in vista delle non Jon tane trattative con l'Inghilterra e con i
Paesi scandinavi per l'allargamento della Comunità.
Non abbiamo però trattato
il problema del numero dei
membri della Commissione
deUa CEE e vogliamo farlo
al v ari tipi di reato. ma anche in relazione alle varie
fasi del procedimento, purchè però si assicuri in ogni
caso la predeterminazfone di
un ragionevole limite di durate della carcerazione preventiva ...
Con elitra sentenza. la Corte ha dichiarato non fondata la eccezione di incostituzionalità sollevata contro lo
articolo 414 del codice penale che punisce l'apologia di
reato.
Pagina 3
~
i
i
Avanti! • -
F IDIA SA SSANO
----------
Scoperto
un nuovo
farmaco
che stronca
la TBC
U.n nuovo e :forse conclusivo passo avanti per il completo debellamento della tubercolosi è stato compiuto a
Vienna dove si è svolto un
importante convegno, ad al·
to livello scie n ti:fico, sugli attuali sviluppi della terapia
della tubercolosi. L'importanza scienti:fica di questo simposio è derivata soprattutto
dalla constatazione che negli
ultimi 7 anni, secondo quanto riferisce l'organizzazione
mondiale della Sanità. si è
dovuta registrare una recrudescenza delle malattie tubercolari e che il fenomeno rischia di incidere in maniera
preoccupante sul tessuto sociale di almeno quaranta
Paesi del mondo.
Nel corso dei lavori sono
state sottolinl!ate da più parti le capacità terapeutiche di
un nuovo farmaco, la rifampici na scoperta da scienziati
e ricercatori italiani. dl sconf!ggere definitivamente il ba·
cillo di Koch. Dalle relazioni
preséntate e che hanno racchiuso i risultati delle esperienze condotte in tutti i Paesi d'Europa negli ultimi mesi
è risultato intatti che il nuovo farma::o ha fornito ovunque prove estrema~ente positive nella terapia di numerose malattie infettive e so·
prattutto nelle terapie a.nti·
tubercolari <tubercolosi polmonare e uro-genitalel. Nel
corso del simposio è stata anche fatta rilevare l'ef1icacta
della rifampicina in talune
l ntezioni tipiche del territori
asiatici e africani sin qui ritenute incurabili e tuttora temute per la loro azione devastatrice.
Al lavori - presieduti dal
prof. Mlozoch - hanno prese!ltato relazioni tisiologi il·
lustri provenienti da numerosi Paesi eurooei: dal prof.
Stt>inbruck di Berlino. al finlandese Risra, dal polacco
Ziersky di Lodz al rumeno
An ostasatu, dal pror. Favet di
L o sa n n a, al cecoslovacco
Trnka. all'ungherese Boszormenyi. allo svedese Banngren. al prof. Freerksen di
Bornel.
Il convegno s i è concluso
con sei tavole rotonde che
hanno permesso un ulteriore
approfondimento del temi in
discussione: vi hanno partecipato, oltre ai relatori, specialisti svizzeri, rumeni. ungheresi, jugoslavi e polacchi
che hanno potuto cosl avere
un utile e significativo scambio di esperienze di un settore. quello delle malattie tubercolari, tra i più preoccupanti della medicina.
•• •••ouoootOIOI IOOitllltltltftlllltiUIIIIIIItlfllflllltftUotltiiUUIII••••••• •·••
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opportuno a chi se ne servirebbe, vengono imposti a chi non ha modo di
usarli. Al gennaio del 1970 risultano in circolazione soltanto 8 milioni circa
di biglietti da 50 mila lire, contro i 20 milioni di pe7.zi previsti dal decreto
mjnisteriale del 3 luglio 1967. Ancor piu contenuto è il circolante in biglietti
da 100 mila lire: si tratta di circa 3 milioni e mezzo di banconote contro i
20 milioni preventivati. O l'esigenza avvertita dalle autorità monetarie era
sproporzionata, oppure resta ampiamente insoddisfatta per l'inerzia del sistema bancario.
Il fatto fin qui descritto costituisce - possiamo ammetterlo tranquillamente - una disfunzione che non è cos( grave come tante altre che affliggono l'Italia. È parso comunque opportuno scgnalarlo perché permette di risalire ad alcune considerazioni di ordine generale:
t) Contrasto fra propositi e volontà realizzatrice. Come è accaduto per le
grandi rifor-me proposte all'attenzione del Paese, non si è avuto la tenacia di
seguirne f:ìno in fondo la pratica realizzazione. Nella fattispecie, non si è voluto imporre al sistema bancario il necessario adcgunmcnto.
Se si conclude che i « bigliettoni» non servono, si ritirino. Altrimenti, si
salvaguardi il diritto del cittadino a trovnrc ordinariamente presso qualsiasi
sportello bancario il completo assortimento dci biglietti aventi corso legale.
Si tratta di imporre delle scorte r:tgionevoli cd il ricorso a rapide procedure
di rifornimento, cosi come avviene in genere per gli assegni circolari.
2) Concentramento di attività ttei centri cittadini. Anche i servizi bancari
piu elementari - come quello delle banconote - tendono a concentrarsi nel
cuore delle nostre città, aggravando quel congestionamento patologico che
minaccia la sopravvivenza stessa dei centri urbani. Si p:trla di decentramento,
ma in realtà la logica del sistema vuole che anche il « numismatico » che
desidera un « bigliettone » sia costretto a recarsi nel centro della città, alle
sedi centrali dei piu importanti istituti di credito.
3) Inefficienza delle autorità monetarie. La logica del « miracolo economico » ci ha quasi fatto abituare :tlla disfunzione delle istituzioni culturali e
sociali. Con qualche sorpresa e con viva preoccupazione dobbiamo ora registrare incertezze anche da parte di quelle autorità monetarie su cui - in assenza di una vigorosa programmazione - finiscono col gravare grandi responsabilità economiche. È abbastanza incongruente che disfunzioni cosi banali
(si ricordi anche la quasi incredibile vicenda della carestia di monete da 500
lire del 1967) emergano proprio fra le competenze di quelle autorità che non
perdono occasione per esprimere severi moniti alle altre componenti della
vita nazionale. [Tiberio Torrato].
EU
*
HA
QUALCHE VOLTA IL SOTTOGOVF.RNO TROVA L'UOMO GIUSTO:
COME SI È ARRIVATI ALLA NO.MTNA DEL PRESIDENTE DELLA
CEE. Nell'inverno che è seguito al vertice europeo dell'Aia, fra le varie scadenze che la Comunità doveva affrontnre per poter operare il tanto auspicato
<c rilancio europeo», c'era la nomina della nuova Commissione esecutiva che,
dopo il l" luglio 1970, deve succedere a quella presieduta dal belga Jean Rey.
490
IL
HA
EU
AH
UE
HA
EU
AH
UE
Si tratta di un org:mo composto da personalità nominate di comune accordo
dai governi, ma inamovibili per tutta la durata del loro mandato, di 4 anni.
Esse sono indipendenti dai governi ed hanno il compito di sovrintendere a
tutto lo sviluppo comunitario cd esercitare una funzione di stimolo politico,
di proposta e di controllo. Come è noto è proprio sul ruolo della Commissione che si scatenò, a suo tempo, la crisi fra De Gaulle, che la voleva relegare al ruolo di un segretariato c i «cinque» che, almeno cosi affermavano,
le volevano affidare compiti politici.
All'inizio dell'anno i governi degli altri paesi fecero capire al governo italiano che, dopo un Presidente tedesco (Hallstcin) cd uno belga (Rey) era
forse giunto il momento per un italiano come Presidente della Commissione
delle Comunità. Non era offerta da poco, se si pensa che il nuovo Presidente
dovrà guidare la Commissione in una fase cruciale dello sviluppo comunitario, caratterizzata dài negoziati con la Gran Bretagna c dall'impostazione
dell'unione economica c monetaria. Tuttavia, anche a causa del clima politico
interno particolarmente deterioralo, ciò non suscitò in I talia reazioni di rilievo. Del resto il problema, in termini di equilibdo interno, non appariva
drammatico. Era infatti ancora in discussione se ridurre il numero dei Commissari a 9, in base agli impegni esistenti, il che avrebbe dato all'Italia 2
rrH.:mbri, o mantenerlo a 14, cioè tre Commissari italiani. Gli italiani, o meglio i pochissimi « addetù ai lavori», erano piu propensi alla seconda soluzione, che avrebbe consentito dì confermare due dei membri della vecchia
Commissione, Edoardo Martino (DC) c Lionello Levi Sandri (PSI). La sostituzione del terzo membro, l'Ambasciatore Colonna di Paliano, non avrebbe
presentato eccessive difficoltà. Si era comunque scettici sulla possibilità che
un politico italiano di primo piano accettasse la Presidenza, abbandonando
la sua fetta di potere nazionale per tentare una incerta avventura europea.
Dall'estero si suggerivano nomi come Colombo e Cadi. Erano suggerimenti
del tutto irrealistici ed è legittimo il sospetto che si intendesse cosf, mirando
troppo in alto, confermare la predisposizione italiana alla rinuncia, e aprire
la strada alla riconferma di Rcy, che stava particolarmente a cuore al governo belga.
In febbraio si apri la lunga crisi di governo, e naturalmente la questione
fu accantonata. Gli altri paesi però, e .soprattutto la scadenza del 30 maggio,
premevano; si cominciarono quindi discreti sondaggi presso il Presidente
dell'Iri, Petrilli. Dopo avere tergiversato per un po' tuttavia Petrilli, da poco
riconfermato nel suo incarico, decise di rifiutare.
Cominciò cosi un periodo incerto in cui circolavano, ma senza eccessiva
credibilità, nomi come Caron o Ferrari Aggradi, entrambi provenienti ·dalla
DC veneta, vicini a Rumor e in disparte nella vita politica italiana. Nel frattempo i socialisti avanzavano la candidatura di Levi Sandri. Le motivazioni
erano essenzialmente tre: Levi Sandri era già vice-presidente della Commissione esistente e quindi la nomina a Presidente rientrava nell'ordine delle
cose; si tratta di un ex-socialdemocratico rimasto nel PSI dopo la scissione,
e quindi andava premiato; la Commissione ha avuto un Presidente democristiano e uno liberale cd era bene che il terzo fosse socialista. La pretesa
socialista era però piuttosto debole. Innanzitutto la posizione di Levi Sandri
non era forte nella Commissione esistente; inoltre essendo il PSI minori-
491
-
UE
''l
tario nella coalizione di governo italiana, la nomina di un socialista aveva
qualche possibilità di successo solo se fosse stat:t proposta come soluzione
socialista « europea », in altre parole se fosse stata sostenuta dagli altri partiti ed in particolare da quello tedesco. ~ da notare che, puntando direttamente alla Presidenza ed esponendo Levi Sandri allo scontro, i socialisti mettevano in discussione, in caso di insuccesso, anche il diritto del PSI al secondo
membro italiano.
Nel frattempo, dietro una precisa pressione francese, il Consiglio dei Ministri della Comunità decideva di ridurre la Commissione a 9; l'Italia accettava di assumere la Presidenza, riservandosi di designare un candidato.
Fra una candidatura socialista non sufficientemente forte ed una democristiana che non riusciva ad assumere contorni precisi si faceva intanto strada
un nome inaspettato: Sergio Fenoaltea. Si trattava di un esponente della resistenza, proveniente dal partito di azione ed immesso poi nella carriera diplomatica, che era stato per lungo tempo amQasciatore a Washington, posto da
cui si era dimesso per dissensi con alcune osservazioni critiche di Fanfani,
allora Ministro degli Esteri, sulla politica americana nel Vietnam . Sull'origine
di questa candidatura si possono formulare diverse ipotesi, nessuna evidentemente -verificabile fino in fondo. Fcnoaltca è stato iscritto al PRI, guadagnandosi cosi il sostegno di La Malfa; egli è inoltre noto per i suoi sentimenti filo-americani e alcuni ritenevano che in un momento di crescente tensione fra la Comunità e gli Usa era opportuno che la Commissione avesse un
Presidente non ostile nei confronti degli Stati Uniti; simili preoccupazioni
possono avere indotto i massimi responsabili e gli ispiratori del PSU, partito
atlantico per eccellenza, a sostenerlo; Fanfani avrebbe potuto trovare una
buona occasione per sanare un antico dissidio; alcuni interessi economici
avrebbero visto con favore la nomina di una persona a loro vicina; infine il
Presidente del Consiglio Rumor avrebbe manifestato l'opinione che Fenoaltea
era la persona piu indicata a ricoprire un incarico per cui si richiedevano
« decisioni rapide » ed elevate doti tecniche. ~ difficile dire chi per primo
abbia avanzato il nome di Fenoaltea, anche perché tutti tendono a rinviarsi
la palla; è un fatto però che parte delle componenti che abbiamo indicato (se
non tutte) lo hanno sostenuto.
A questo punto è utile una notazione procedurale. In via di principio la
designazione spettava al Governo, cioè al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri. Tuttavia, trattandosi di nomina politica, la questione era
di fatto pertinenza anche dei segretari dci partiti che compongono la çoalizionc, dei rappresentanti di ogni partito in seno al governo e dei ministri particolarmente interessati. Si arrivò quindi nd una riunione a Villa Madama a
cui partecipavano Rumor, Moro, Forlani, La Mnlfa, Reale, Tanassi, Ferri,
Mancini e Dc Martino. Vale la pena di notare, in tutta la vicenda, l'atteggiamento di Moro, che ha mantenuto la posizione di esecutore delle decisioni
della coalizione, senza assumere un ruolo pat ticolarmente attivo. Atteggiamento che potrebbe sorprendere se si pensa che il problema era di estrema
importanza per la politica estera del paese, ma che si spiega con il timore di
compromettere il delicatissimo equilibrio politico interno. Dalla riunione di
Villa Madama usd una rosa di quattro nomi: oltre a Levi Sandri e Fenoaltea,
due democristiani la cui candidatura circolava da giorni, ma che era stata
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smentita dagli interessati, Malfatti c Carlo Russo. La rosa doveva essere proposta da Moro agli altri governi in modo da sottolineare il favore dell'Italia
per Fenoaltea.
Tutta l'operazione, da cui Fcnoaltea risultava per il momento faYorito,
ero però viziata da un difetto tipico del costume politico italiano. Tutto era
stato concepito come parte dcUa spartizione del potere tra i partiti e le correnti della coalizione che investe tuili i posti cosiddetti di « sottogoverno »,
dalla presidenza di un Ente del Turismo a quella della Commissione della
Cee. Questa volta però il problema era piu complicato, poiché si trattava di
un affare in cui erano in gioco importanti interessi sovranazionali.
Infatti, proprio dai centri internazionali fu messa in moto la macchina
destinata a battere Fenoaltea. È difficile dire con quanta convinzione l'abilissimo Ministro deg~i Esteri itali:mo abbia eseguito il suo incarico. È un fatto
che le reazioni negative non tardarono sd arrivare. I primi a protestare furono
i deputati democristiani al Parlamento Europeo, anche, ma non solo, dietro
pressione dei loro colleghi itàliani. fenoaltea infatti spostava l'equilibrio interno della Commissione a sfavore dei democristiani senza peraltro essere un
effettivo rappresentante di alcuna forza socialista. Il Presidente del gruppo
democristiano al Parlamento Europeo, Liicker, quindi protestò violentemente
con Rumor deprecando una decisione presa proprio pochi giorni dopo che a
Bruxelles l'Unione Europea dei Democratici Cristiani aveva deciso di rafforzare la sua struttura con l'istituzione di un organo di collegamento fra l'Unione stessa, il gruppo al Parlamento Europeo c i gruppi democristiani ai Parlamenti nazionali. Ciò provocò una vera processione di deputati democristiani
presso i massimi dirigenti del partito che, da parte loro, erano sempre piu
insoddisfatti di una soluzione che privava la DC di uno strumento di potere
cosi importante. La reazione del PSI fu vivacissima, intanto perché Levi Saodri non poteva essere battuto da chi non aveva dietro di sé nemmeno la giustificazione di essere democristiano, ma soprattutto per i precedenti filo-americani che qualificavano Fenoaltea troppo a destra. Del resto egli, catalogato
formalmente come socialista, rischiava di compromettere la presenza di
Mansholt nella Commissione, estromettendo cosi un socialista di grande influenza e prestigio. Le prime reazioni ufficiali, duramente negative, furono
quelle dei governi olandese c belga, che consideravano l'uomo non sufficientemente rappresentativo. Si tenga presente che l'Italia, poco tempo prima,
aveva proposto Fenoaltea per un'altra carica internazionale molto meno importante della Presidenza della Cee: la segreteria generale dell'Ueo, carica poi
assegnata ad un altro paese. I governi francese c tedesco, che in un primo momento sembravano favorevoli, dimostrarono a loro volta delle <<perplessità».
La candidatura Fenoaltea veniva cosi di fatto a cadere e cominciò, dopo
un debole tentativo sul sottosegretario agli esteri Pedini, una furibonda pressione su Malfatti. Si tratta di un uomo giovane, con una brillante carriera in
corso nel partito e nel governo cd esperto di problemi internazionali. Malfatti si trovava quindi io posizione di forza ben diversa ed è ragionevole che
ponesse precise condizioni. lnnanzitutto garanzie per il rientro futuro nella
politica italiana; inoltre non poteva accettare di essere uno di quattro candidati, ma voleva un esplicito c deciso sostegno da parte del partito e del
governo.
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