n. 265 Giugno 2009 Parroco Tel. e Fax 030.361156 www.caionvico.it [email protected] [email protected] La parola del parroco Concentrare le forze sull’annuncio del Vangelo di don Alessandro Un anno pastorale è trascorso da quando, per Caionvico, è iniziata una nuova stagione pastorale con il venir meno della presenza del curato nella nostra comunità parrocchiale, cosa mai verificatasi prima d’ora. All’indomani della partenza di don Giuseppe per Folzano scrivevo sul bollettino parrocchiale che la nuova situazione costringe ad una maggiore inventiva pastorale e diventa un appel‑ lo ad un più grande coinvolgimento dei laici nella vita della parrocchia. Con il trasferimento della mia abita‑ zione in oratorio ho potuto seguire più da vicino l’andamento della par‑ rocchia con la sue varie iniziative. Mi sono reso conto del grande lavoro di un gruppo di persone sempre presenti a sostenere le molteplici attività con il loro impegno generoso. “Siamo sem‑ pre gli stessi e gli anni vanno su”, mi dicono. Segni di stanchezza si avver‑ tono; alcuni danno le dimissioni. Un ricambio nelle responsabilità è fisio‑ logico in una comunità, purchè non arrivi al 55% d’un solo colpo come è avvenuto per i catechisti nell’ottobre scorso. Ha senso parlare di ricambio se altri subentrano, altrimenti è emor‑ ragia! Un buon numero di giovani si è impegnato a rimpiazzare i catechisti dimissionari e anche tra i genitori dei ragazzi c’è stato chi ha accettato l’invito del parroco a collaborare nel‑ la conduzione del lavoro di gruppo degli adulti che caratterizza il nuovo itinerario di iniziazione cristiana. Ma rimane ancora molto da fare soprat‑ tutto nella formazione degli operatori pastorali. In futuro la parrocchia dovrà concen‑ trare le forze sull’annuncio del van‑ gelo che è il servizio essenziale della chiesa. Molta strada tuttavia resta an‑ cora da percorrere. Troppi battezzati non si sentono parte della comunità ecclesiale e vivono ai margini di essa, rivolgendosi alla parrocchia solo in alcune circostanze per ricevere servi‑ zi religiosi. Pochi sono ancora i laici, in propor‑ zione al numero degli abitanti della parrocchia che, pur professandosi cattolici, sono pronti a rendersi di‑ sponibili per lavorare nei diversi campi apostolici. Certo, non man‑ cano le difficoltà di ordine culturale e sociale, ma, fedeli al mandato del Signore, non possiamo rassegnarci alla conservazione dell’esistente. Fi‑ duciosi nella grazia dello Spirito, che Cristo risorto ci ha garantito, dob‑ biamo riprendere con rinnovata lena il cammino. Quali vie possia‑ mo percorrere? Occorre in primo luogo rinnovare lo sforzo per una formazione più attenta e puntua‑ le alla visione di Chiesa scaturita dal Concilio Vaticano II, e questo da parte tanto dei sacerdoti quan‑ to dei religiosi e dei laici. Capire sempre meglio che cosa è questa Chiesa, questo Popolo di Dio nel Corpo di Cristo. È necessario, al tempo stesso, mi‑ gliorare l’impostazione pastorale, così che, nel rispetto delle voca‑ zioni e dei ruoli dei consacrati e dei laici, si promuova gradualmente la corresponsabilità dell’insieme di tutti i membri del Popolo di Dio. Ciò esige un cambiamento di men‑ talità riguardante particolarmente i laici, passando dal considerarli «collaboratori» del clero a ricono‑ scerli realmente «corresponsabili» dell’essere e dell’agire della Chie‑ sa, favorendo il consolidarsi di un laicato maturo ed impegnato. Questa coscienza comune di tutti i battezzati di essere Chiesa non diminuisce la responsabilità del parroco. Tocca a me promuovere la crescita spirituale e apostolica di quanti sono già assidui e impegnati nella parrocchia: essi sono il nucleo della comunità che farà da fer‑ mento per gli altri. Affinché la nostra comunità non smarrisca la sua identità e il suo vigore, è necessario che sia educata all’ascolto orante della Parola di Dio, ardentemente auspicata dal recente Sinodo dei vescovi. Lo abbiamo fatto attraverso la riproposizione insistente dei Centri di Ascolto che sono sfo‑ ciati negli incontri di preghiera di adorazione, aiutati dal movimento Pro Sanctitate di Calino. Nutriamoci realmente dell’ascolto, della meditazione della Parola di Dio! Alla nostra comunità non deve venir meno la consapevo‑ lezza di essere «Chiesa» perché Cristo, Parola eterna del Padre, la convoca e la fa suo Popolo. La fede, infatti, è da una parte una relazione profondamente personale con Dio, ma possie‑ de una essenziale componente comunitaria e le due dimensioni sono inseparabili. Nella fede in Dio siamo uniti nel Corpo di Cristo e diventia‑ mo tutti uniti nello stesso Corpo e così, proprio credendo profondamente, possiamo sperimen‑ tare anche la comunione tra di noi e superare la solitudine dell’individualismo. Nello stendere queste righe ho davanti a me il discorso pronunciato da Benedetto XVI aprendo il Convegno pastorale della diocesi di Roma. Le riflessioni del papa illuminano anche la nostra situazione di Caionvico e ci conforta‑ no nel sentirci in comunione con tutta la chiesa. “Avrete forza dallo Spirito Santo” disse Gesù agli apostoli il giorno della sua ascensione al cielo. Sentiamo rivolte a noi queste sue parole e ci incoraggino a proseguire con fiducia sulla via di una rinnovata presa di coscienza del nostro essere Chiesa e della corresponsabilità pastora‑ le che tutti siamo chiamati ad esercitare. Nei centri di ascolto ci siamo soffermati sul tema: Vivere da figli. Abbiamo approfondito la preghiera di Gesù, il Padre Nostro, in sei incontri. Il vescovo Luciano raccomanda di non limitarsi a leggere il testo biblico ma di pregarlo perché l’ascolto della Parola ottenga il frutto pieno. Alla fine degli incontri nelle case ci siamo ritrovati tutti in chiesa per una celebrazione di preghiera. Ad animarla sono venuti, da Calino, alcuni membri del movimento Pro Sanctitate e come segno è stato consegnato il seguente testo parafrasato del Padre Nostro Non 2 dire: Padre se ogni giorno non ti comporti da figlio. Non dire: Nostro se vivi soltanto nel tuo egoismo. Non dire: Che sei nei cieli se pensi solo alle cose terrene. Non dire: Venga il tùo Regno se lo confondi con il successo materiale. Non dire: Sia fatta la tua volontà se non l’accetti anche quando è dolorosa. Non dire: Dacci oggi il nostro pane quotidiano se non ti preoccupi della gente che ha fame. Non dire: Perdona i nostri debiti se non sei disposto a perdonare gli altri. Non dire: Non ci indurre in tentazione se continui a vivere nell’ambiguità. Non dire: Liberaci dal male se non ti opponi alle opere malvagie. Non dire: Amen se non prendi sul serio le parole del PADRE NOSTRO. Storia di un Parroco senza curato “Essere giovane per i più giovani e saggio come un asceta per non sfigurare davanti agli anziani; mostrarsi teologo dotto e al contempo appassionato oratore; saper parlar alle spighe del deserto in aramaico, e parafrasare il Vangelo in favola per i bambini in prima fila; mostrarsi pronto a morire sulla croce ogni istante, ed ispirare amore per la vita anche ad un malato che attende l’Estrema Unzione. Ah, e tutto questo in meno di dieci minuti, altrimenti risulti prolisso e la predica annoia.” A questo pensava il buon parroco di quella comunità piccola, ma non certo sperduta in un qualche cantuccio di montagna. Intanto spingeva avanti i chierichetti, nel disperato tentativo di non far inciampare i più piccini nelle tuniche troppo lunghe, o sbandare quelli in testa in un catastrofico cozzare di paramenti: la verità era che non avevano avuto tempo per le prove, ed era davvero difficile risultare coordinati con solo un paio di improvvisazioni sconclusionate alle spalle. Era una celebrazione solenne, di quelle che tutti si aspettano vengano preparate nei minimi dettagli: tutto sommato la funzione stava riuscendo discretamente, ma le occhiate critiche dei parrocchiani erano come tante sbavature di inchiostro sul bianco degli ornamenti. Persino le icone dei santi sembravano guardarlo torvo. “No, ora stai diventando decisamente paranoico” si disse il Don, rincuorato dal sorriso materno che la Madonna gli rivolgeva dall’alto del suo piedistallo di marmo, con un Gesù Bambino tra le braccia talmente bello che non sarebbe poi stata tanto strana la presenza dei Re Magi – con tanto di cammelli e tuniche sgargianti – ad adorarlo. “Andrà tutto bene” concluse con un nuovo moto di risoluzione: dopotutto c’era il Coro, la chiesa gremita, e i chierichetti con i loro visetti angelici suscitavano tenerezza anche con qualche passo di troppo. Era ormai già sull’altare: sbrigò l’introduzione e si abbandonò sul suo scranno, con quella sollevazione raccolta che spetta ad ogni prete dalla Prima Lettura sino al Vangelo. In verità non ne godette poi tanto: difatti il suo sguardo corse subito sulla piccola folla di fedeli, sino a raggiungere il confessionale vuoto, a dir poco desolante con quella lucina spenta e le ante sbarrate. Ebbe un tuffo al cuore nel constatare quanto fosse antiestetico – o più propriamente antispirituale – quel quadretto che neppure il colonnato riusciva a camuffare del tutto. “Dai, forse nessuno vuole confessarsi” azzardò. Ma non era quello il punto: non centrava nulla il colpo di fortuna di una domenica; quella piccola lucina doveva essere una sorta di faro per i fedeli, e lui proprio non poteva giudicare quel suo tacere – che a dirla tutta si ripeteva da diverse settimane – se non come una terribile mancanza. Una mancanza sua, certo; ma soprattutto di chi non c’era. Era forse un atteggiamento troppo “umano” per un vicario di Cristo … ma gli risultava impossibile pensare alla cosa senza un minimo di scoramento. In verità era rimasto solo, senza il suo curato. Se ne era andato un paio di mesi prima, e il Parroco si rendeva conto dell’improbabilità – se non per intercessione dello Spirito Santo presso la Curia vescovile, cosa piuttosto improbabile per una parrocchia di periferia - di trovarne uno di rimpiazzo. Ed ecco che proprio quando confidava nel poter trascorrere gli ultimi anni di mandato in modo … come dire? Più disteso, ecco; la prospettiva di lunghe giornate nei panni di sereno pastore di un altrettanto sereno gregge sfumava irreparabilmente. Duemilacinquecento anime. Duemilacinquecento anime che pretendevano tutte – e in effetti non a torto – un pezzetto della sua. Certo, da molti giungeva un ammirabile sostegno: ma era una collaborazione che giustamente passava in secondo o terzo piano rispetto al lavoro e alle necessità della famiglia. Sta di fatto che quel povero parroco doveva barcamenarsi tra le mille attività della parrocchia, stando ben attento che il nucleo della comunità non divenisse instabile e che qualche pecorella si smarrisse dal gregge: le sue spalle non erano più così forti da riportarla indietro. E per di più, c’era ancora chi insisteva a rimandare il proprio giudizio positivo a quando gli sarebbero spuntate le piaghe, così da metterci il dito a mo’ di S. Tommaso. “Dammi tu la forza Signore” pregava ogni giorno nell’intimità della sacrestia, chiedendosi a malincuore perché – se il Papa ne aveva a migliaia e anche Gesù stesso una dozzina – non spettasse anche a lui un sacerdote collaboratore. Ah, chissà se qualcuno avrebbe mai potuto ‘curare’ una simile mancanza. Valentina Beretti Siamo a 265 Tanti sono i numeri del bollettino parrocchiale “Quest’angolo di terra nostra”. Fu don Franco Pelizzari a cominciare questa avventura; il primo numero porta la data Novembre 1981 e troviamo scritto: Carissimi parrocchiani, così ho pensato di intitolare questo foglio che entrerà nelle case dei caionvichesi per alimentare la comunione di fede e portare le notizie di casa nostra. Ho posto questo frontespizio chiamandolo “Quest’angolo di terra nostra…” perché questa è l’immagine emblematica del nostro paese, lo scorcio panoramico che lo distingue dagli altri che pure spiccano in questa piana della Valverde. Il N. 89 del Dicembre 1990 riporta il primo saluto di don Gian Franco Prati ai 4 parrocchiani di Caionvico e in seguito la numerazione progressiva viene lasciata cadere. Una ricerca nell’archivio parrocchiale ci ha permesso di ricostruire la numerazione: questo bollettino è il duecentosessantacinquesimo della serie. E’ una cifra ragguardevole che dice il lavoro e la passione “giornalistica” della nostra comunità parrocchiale. “Quest’angolo di terra nostra” è fatto interamente in casa, senza ricorrere alla tipografia, e si avvale della collaborazione di tante penne. A loro un grazie sincero come pure a chi impagina gli articoli, a chi stampa, a chi assembla e distribuisce questo foglio senza pretese ma prezioso perché è la voce della nostra comunità. Continua la pubblicazione della storia della sua vita, dall’infanzia ad Auschwitz - Terza parte Massimiliano Maria Kolbe L’IMPORTANZA DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE SOCIALE Tornato in Polonia, Massimiliano capì subito l’importanza dei nuovi mezzi di comunicazio‑ ne sociale. Diceva: «Noi sacerdoti predichiamo soltanto 20 minu‑ ti alla settimana, mentre i nemici della chiesa hanno tutto il resto del tempo a loro disposizio‑ ne, utilizzando la radio e i quotidiani.» Per questo volle fondare una rivista per evan‑ gelizzare attraverso la stampa: Il Cavaliere del‑ l’Immacolata LA PROVVIDENZA DELLA MAMMA Per la stampa del primo numero de «Il Cava‑ liere» aveva contratto con la tipografia un gros‑ so debito. Come saldarlo ? Un giorno esce dal convento per elemosinare un pò di denaro: «Entrai in una cartoleria per chiedere l’offerta per Il Cavaliere ma, confuso per la vergogna, finii invece con l’acquistare io stesso un og‑ gettino qualunque ed uscirmene. Tirai avanti, rimproverandomi di debolezza per non essere riuscito, per amore della Madonna, a reprimere l’istintivo senso di vergogna». Ma fu il Cielo a soccorrerlo: «Dopo aver lungamente pregato notai sopra l’altare una busta. Con sorpresa vi lessi sopra a nitidi caratteri: «Per Te, Madre Immacolata». L’aprii e passando di meraviglia in meraviglia, vi trovai dentro proprio la somma del debito con la tipografia. Compresi tutto e, pieno di la‑ crime, m’inginocchiai riconoscente e adoran‑ te. CRITICHE E AIUTI L’idea della rivista attirò molte critiche e pochi aiuti. Alcuni santi frati, tra cui il P. Venanzio Katarzyniec, collaborarono con entusiasmo alle iniziative di P. Massimiliano. Altri si im‑ pegnarono solo a criticare il suo operato. Una sera durante la ricreazione, uno dei nostri frati credette fare dello spirito e divertire il P. Lo‑ renzo Cyman, un francescano americano in visita ai familiari polacchi, prendendo di mira “Il Cavaliere”. Trovava a ridire circa il modo di redigerlo e poneva in dubbio l’efficacia del medesimo nell’opera di conquista e conver‑ sione delle anime. Intanto il P. Massimiliano, impertubato, né si difendeva né reagiva, ma abbassati gli occhi, taceva. Chi invece rispose fu proprio l’ospite il quale disse con la più so‑ lenne serietà e franchezza: “Se la redazione de Il Cavaliere va male, la colpa in massima parte è di chi, invece di aiutare, sa muovere solo ap‑ punti”. Ed aggiunse che, per quel che rifletteva la redazione letteraria ed il lavoro propriamente tipografico non il solo P. Massimiliano avrebbe dovuto portarne il peso, ma tutti i religiosi ca‑ paci e tutti i conventi della Provincia specie nel sostenere le spese. Rivolto quindi al P. Massi‑ miliano aggiunse : “Per aiutarla, Padre, io per primo darò la mia offerta: ed in così dire conse‑ gno un assegno bancario per cento dollari.” NIEPOKALANOW: LA CITTA’ DELL’IMMACOLATA Per poter risparmiare Padre Massimiliano pen‑ sò di stampare lui stesso la rivista nel convento di Grondo. Ma ben presto lo spazio non bastò più. Era necessario trovare un luogo più grande. Fu ancora la Provvidenza ad aiutarlo. Il princi‑ pe Giovanni Drucki-Lubecki gli fece dono di un vastissimo terreno di fronte alla stazione di Szymanow. Alcuni giorni dopo, P. Massi‑ miliano, già nominato superiore della nuova erigenda casa religiosa si trasferì a Teresin per la fondazione di Niepokalanow, “la Città del‑ l’Immacolata”. Suoi primi collaboratori furono il fratello P. Alfonso e alcuni frati esperti in car‑ penteria. Si costruirono baracche in materiale leggero, rivestite di cartone catramato. GLI EROICI INIZI Nei primi giorni i tavoli da pranzo erano costi‑ tuiti da assi sistemati sopra le valigie, le sedie dal pavimento, i letti da paglia gettata per ter‑ ra. Un giorno un aspirante frate giunse a Niepoka‑ lanow e non pensò certo che quelle povere ba‑ racche fossero il convento che cercava. Padre Massimiliano gli andò incontro e gli disse: “Se ami la Madonna, se apparterrai tutto a Lei, sarai felice, figliolo, felice.” Parlando padre Kolbe sorrideva e il suo viso era raggiante. L’aspirante frate pensò: “Quest’uomo sta vi‑ vendo certamente le parole che dice”. E, con‑ fesserà più tardi, sentì all’improvviso il conta‑ gio di quella contentezza. LA CITTA’ CRESCE Lentamente iniziò a sorgere quello che dove‑ va divenire il più grande convento-tipografia del mondo. Al centro della città il complesso editoriale con la redazione, la biblioteca, la ti‑ poteca, il laboratorio per linotipisti, la zinco‑ grafia con i gabinetti fotografici, le tipografie con i reparti per le relative macchine piane, l’officina dei motori centrali con annessa sot‑ tostazione elettrica ed infine i vari reparti del‑ la legatoria, della spedizione e dei depositi. A sinistra l’ala per l’abitazione dei religiosi con fabbricati distinti per la Cappella, il novizia‑ to, per la direzione generale, per l’infermeria e più in disparte la grande centrale elettrica. Sparsi un po’ dovunque le diverse officine per fabbri e meccanici, i laboratori dei falegnami, calzolai e sarti, nonché le rimesse dei mura‑ tori e dei pompieri. Completa il panorama di Niepokalanow il parco automobilistico e la piccola stazione ferroviaria con il tracciato e relativo, binario di raccordo a quella statale, per facilitare il trasporto dei materiali. Ovun‑ que infine colossali tronchi d’alberi, depositi di legname, tubature in cemento ed in ferro, vario materiale edilizio destinato alle aree an‑ cora disponibili. AD OGNUNO IL SUO COMPITO Nel reparto di redazione ed amministrazione lavoravano 158 frati. Nel reparto tipografico i frati al lavoro erano 103. Gli addetti al repar‑ to tecnico erano 26. Altri 145 si occupavano dell’edilizia, della cucina e della coltivazione agricola. Non mancavano gli spericolati pom‑ pieri e i poco amati dentisti... LA TIPOGRAFIA PIU’ GRANDE D’EUROPA Quella che iniziò nel più povero dei modi divenne la tipografia più grande d’Europa. Il Cavaliere dell’Immacolata passò dalle 5000 copie iniziali del 1924 alle 40000 del 1926 per giungere all’incredibile cifra di 1 milione di copie mensili nel 1939. Accanto a questo mensile erano sorte molte altre pubblicazio‑ ni: Il piccolo cavalierino dedicato ai bambi‑ ni (35.000 copie mensili), Il cavalierino per i giovani (180.000 copie), il Miles Immacula‑ tae, per la formazione teologica dei sacerdoti (15.000 copie). Ma il gioiello dell’intera atti‑ vità era il quotidiano di ispirazione cattolica Maly Dziennik - Il piccolo giornale - (250.000 copie). A queste si aggiungevano altre pubbli‑ cazioni, opuscoli, libri. Una produzione im‑ pressionante, gigantesca. Per tutto questo fu necessaria l’installazione dell’ultimo prodotto tecnologico: la rotativa. DIFFONDERE LA VERITA’ L’obbiettivo di san Massimiliano non era certo quello del guadagno. Egli voleva trasmettere ad ogni uomo la verità del Vangelo di Gesù: Dobbiamo inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana e mariana, in ogni lingua, in ogni luogo, per affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore. COSA DIREBBE SAN FRANCESCO? Un illustre personaggio, durante una visita alla tipografia di Niepokalanow, gli chiese: “Se venisse adesso, che direbbe San Francesco ve‑ dendo queste costosissime macchine ?” Padre Massimiliano rispose: «Rimboccherebbe le maniche della sua tonaca, farebbe andare a tutta velocità le macchine, la‑ vorerebbe come lavorano questi buoni fratelli in maniera così moderna, per diffondere la glo‑ ria di Dio e dell’Immacolata.» Noi religiosi possiamo abitare baracche, gira‑ re con vesti rattoppate, nutrirci modestamente, ma le nostre macchine tipografiche, che servo‑ no a diffondere la gloria di Dio, devono essere le migliori e di ultimo modello. Perché oggi molti cercano di convincere se stes‑ si e gli altri che Dio non esiste, anche se sanno perfettamente che neppure tutti gli scienziati messi insieme sono capaci di dar vita ad una misera zanzara ? Ma affermare che tutto ha ori‑ gine per un puro caso inesplicabile, è una vera e propria assurdità, come se uno potesse pensare che un semplice orologio si sia messo insieme per puro caso, senza l’aiuto di nessuno ! Perché molte persone intelligenti e istruite in diversi settori, non si interessano minimamente di co‑ noscere lo scopo della loro vita e i loro rapporti con Dio ? Perché in altri problemi di solito sono progressisti, mentre in questo, che è il più im‑ portante di tutti, sono tanto arretrati ? LA VERA FELICITA’ Tutti bramano la felicità e aspirano ad essa, ma pochi la trovano, perché la cercano là dove non esiste... il cuore dell’uomo è troppo grande per poter essere riempito dal denaro, dalla sensua‑ lità, dal fumo della gloria che è illusorio. Esso desidera un bene più elevato, senza limiti e che duri eternamente. Ma questo bene è soltanto Dio. Hai mai pensato, a volte, per sapere da dove vieni ? Tu ami, con sentimenti di riconoscen‑ za, i tuoi genitori che ti hanno dato la vita e la formazione, ma sai bene che anch’essi hanno avuto dei genitori e così via. Tuttavia, nessuno dei tuoi antenati è riuscito a ideare le tue mem‑ bra, nessuno di essi ha tracciato il primo pro‑ getto, nessuno ha composto gli atomi della ma‑ teria in modo tale che formassero un occhio in grado di vedere, un orecchio in grado ascoltare, una mano in grado di lavorare. Eppure queste membra servono a te proprio per questi scopi. Ovunque tu scorga una struttura finalizzata ad uno scopo, affermi giustamente che è stata la mano di un uomo, guidata dall’intelligenza, a compiere quell’opera, ad esempio una casa, un treno, un’aereo o altro. Eppure un occhio uma‑ no è assai più perfetto del migliore aereo. Chi lo ha messo insieme? Non l’uomo. Chi dunque ? Questa causa, ed è la prima causa, non prodotta da nessuno, noi la chiamiamo Dio. LA MISSIONE IN GIAPPONE Se di fronte a questo grande successo qualsiasi altro uomo si sarebbe fermato, accontentandosi di quanto fatto, per padre Massimiliano non fu così: volle andare oltre! Il nuovo progetto di evangelizzazione era molto lontano dalla Polo‑ nia, ma non irraggiungibile: costruire una Città dell’Immacolata in Giappone. Il 24 aprile 1930 il Padre Massimiliano con altri due fratelli, fra i quali il fedelissimo fra Zeno Zebrowski, sbar‑ cava a Nagasaki. SUBITO IN STAMPA! L’attività missionaria fu subito folgorante: ap‑ pena dopo un mese dal loro arrivo, uscì il primo numero della rivista in giapponese con il titolo «Mugenzai no Seibo no Kishi » (Il Cavaliere dell’Immacolata); tiratura del primo numero: 10.000 copie (saranno 65.000 nel 1935!). Sem‑ brava un sogno impossibile: l’edizione dopo un solo mese dall’arrivo!. La fede di Padre Massimiliano e il suo spirito d’iniziativa non erano frenati da paralizzanti titubanze... Nel maggio del ’31, anche il con‑ vento e la tipografia, costruiti dagli stessi frati, erano già pronti: imparò gli usi e i costumi lo‑ cali, entrando in contatto e tessendo relazioni e amicizie con quel popolo così diverso da quel‑ lo europeo. TRA LA FEBBRE E LE INCOMPRENSIONI Tutto questo però non fu privo di croci: la pri‑ ma, che padre Massimiliano doveva portare ogni giorno, fu certamente la sua malattia: una tubercolosi contratta già da studente. Il dot‑ tor Tagashi testimoniò così: «La vita di padre Massimiliano Kolbe fu un continuo eroismo. In qualità di medico e radiologo l’ho visitato ed ho dovuto costatare che aveva un polmone molto malato... a me la sua operosità pareva assolutamente impossibile con le sole forze umane, senza uno speciale intervento divino. Aveva frequentemente la febbre sino a 40 gra‑ di e, ciò nonostante, il suo lavoro era davvero straordinario». Un’altra croce, sicuramente più grande, arrivò da alcuni confratelli che, presi dalla stanchezza e dalla nostalgia della patria, iniziarono ad ostacolare alcuni progetti apostolici. Massimiliano confidò in alcune sue lettere: «Mio caro, il nostro compito è molto semplice: sgobbare tutto il giorno, ammazzar‑ si di lavoro, essere ritenuto poco meno che un pazzo da parte dei nostri e, distrutto, morire per l’Immacolata. Non è forse bello questo ideale di vita? Conquistare il mondo intero, il cuore di tutti gli uomini e di ognuno singolarmente, cominciando da se stessi» L’ULTIMA CENA Nel triennio 1936‑1939 P. Massimiliano è nuo‑ vamente superiore di Niepokalanów, la « città dell’Immacolata » polacca. Sono anni densi di attività apostoliche, ma in questo periodo P. Kolbe si dedicherà in modo particolare a tem‑ prare lo spirito francescano e mariano dei suoi discepoli in previsione della tremenda prova della guerra, da lui prevista. Era la domenica del 10 gennaio 1937 e Padre Massimiliano ini‑ ziò a dire: «Figlioli cari, voi sapete che non posso essere sempre con voi, perciò desidero dirvi, a mio ricordo, qualche cosa. Se sapeste figlioli cari come sono felice!... Il cuore ribocca di felicità e di pace... Tanta felicità e tanta pace quanta se ne può gustare quaggiù! Nonostante le contra‑ rietà della vita, nel profondo del mio cuore do‑ mina sempre questa calma ineffabile. Figliuoli cari amate l’Immacolata! Amatela e vi farà fe‑ lici, e confidate in Essa sconfinatamente. Non a tutti è dato comprendere l’Immacolata. Ciò si può ottenere soltanto a mezzo della preghiera. Essa è la Madre di Dio, e solamente lo Spirito Santo può dare la grazia di conoscere la Sua Sposa a chi vuole e quando vuole. Volevo dirvi ancora qualche cosa, ma forse non basta questo?... » Qui ci guardò tutti, con un senso di timidezza, ma noi insistemmo e gli chiedemmo di nulla nasconderci e di rivelarci tutto. «Va bene, ve lo dirò ‑ aggiunse subito ‑; vi ho detto che sono molto felice e riboccante di gioia e ciò, perché con tutta certezza m’è stata data l’assicurazione del Cielo... Figlioli cari, amate la Madonna, amateLa quanto sapete e potete!...» C’era tra gli astanti, chi ancora reclamava per‑ ché entrasse e si estendesse nei particolari, ma tutto fu inutile perché egli altro non volle ag‑ giungere circa questi segreti. Finite le nostre insistenti domande, egli paternamente continuò a parlarci: «Vi ho rivelato il mio segreto e l’ho fatto per infondervi forza ed energia spirituale nelle asprezze della vita. Verranno forse diffi‑ coltà e prove, tentazioni ed abbattimenti dello spirito. In tal caso il ricordo di queste cose vi rinvigorirà a perseverare nella vita religiosa e vi spronerà ai sacrifici che l’Immacolata richie‑ derà a Voi.» Una settimana per la natura, la conoscenza e la gioia di vivere La festa della montagna, organizzata dal Gruppo Ecologico Sella, è giunta alla 33a edizione. Oltre alla descrizione del programma della festa, pubblichiamo anche la riflessione di P. Eugenio che ha celebrato la Messa alla Casina Sella. Tutto il buono che si è compiuto nella settimana della festa della montagna è andato in direzione dell’amicizia e solidarietà. Questo era il nostro scopo e il nostro sforzo, dando fondo a tutte le nostre energie per far incontrare le persone! I buoni pretesti sono stati la maxi tavolata nel nostro bellissimo cortile oratoriale, le serate dedicate al torneo di carte, l’incontro straordinario con il mondo delle icone e poi la serata avventura per scoprire le bellezze del mondo. Inoltre non volevo dimenticare la giornata d’apertura, nel positivo spirito di collaborazione con MOLIM, gli ALPINI di Caionvico, la Squadra Cinofila ANUBI, GECA e la scuola primaria di Caionvico, il sabato dei giochi costruiti con ma‑ teriali semplici e adatto ai bambi‑ ni, fatti per diver‑ tire e stimolare la fantasia più ge‑ nuina aprendosi ad un mondo più autentico e vicino a quello che dovrebbe essere il nostro modo di vivere naturale. Molto apprezzata l’esibizione del gruppo cinofilo che ha mostrato quanto sia importante educare un cane a vivere con l’uomo (entusiasti i bambini!). Riassunto in breve questi gli accadimenti e molto di più, come a esempio la S.Messa sul monte, celebrata da Padre Eugenio Ziliani, quest’anno sentita e con ampia partecipazione al seguito. Credo che per tutti sia stato un momento toccante, un grande giro sul monte vissuto quasi “spiritualmente”, a contatto con i colori, gli odori e tutto quanto il Creato. Per quanto sia un eufemismo anche del buffet sono contento, questo breve “assaggiare” qualcosa avvicina molto le persone. Il semplice concedersi in brevi chiacchiere è lo scambio di opinioni sulla vita, nei brevi istanti di confronto, vi trovo aiuto e conforto. Per dovere di cronaca leggera e locale, voglio sottolineare la fatica di tutti gli amici‑collabora‑ tori del gruppo Sella, che hanno “ingigantito”, con il loro aiuto ed esempio, il significato di amicizia e vicinanza al paese, alle persone che salutiamo per strada e che vorremmo sempre sentire “vicini”, pur nella propria indipendenza di persona. Ma, dicevo, di quelli del Sella, amici su cui fare appoggio e, nella serata finale, dopo un caldo giro pomeridiano collettivo in bi‑ cicletta per le vie dei luoghi vicini, hanno dato una grande mano per il servizio “cathering”, servendo centinaia di per‑ sone! Uno stand straordinario di fiori incorniciava il tutto e un buon gruppo musicale animava la sera‑ ta di festa, gioia, tranquillità e incontro più che pacifico; alla fine stanchi ma contenti. Ringrazio inoltre Don Alessandro per l’ospitalità e tutte le persone che hanno acquistato i biglietti della sottoscri‑ zione a premi, sapendo che i ricavati sarebbero poi andati ai terremotati delle recenti e tristi vicende in Abruzzo. Vi aspettiamo per l’anno venturo, immaginando di fare di più, vedendo il successo della 33a edizione della festa della montagna; alfine, alzandomi in piedi, guardo in prospettiva speranzosa l’idea di lasciare ai nostri giovani il gruppo Sella, portandosi appresso l’amicizia e i valori di una vita spesa per il bene della comunità di Caionvico. Lino Molinari 9 Un 25 Aprile diverso... E’ stato il dover sostituire Padre Umberto, che mi ha permesso di partecipare alla tradizionale iniziativa del “gruppo Sella” di celebrare “La festa della montagna” in un luogo incantevole sopra Caionvico. Accolto con calore e amicizia dal responsabile, signor Lino Molinari e dopo aver salutato il parroco Don Alessandro, abbia‑ mo fatto una preghiera, davanti al Monumento dei Caduti e al cimitero, abbiamo poi iniziato il cammino lungo il sentiero che ci porta alla “Casina Sella”, “piccolo rifugio”, accogliente, senza porte, quasi a significare che nessuno è straniero e ognuno si deve sentire accolto come a casa propria. Percorso un breve tratto di strada campestre, abbiamo iniziato la salita per uno stretto sen‑ tiero, quasi rubato alle rocce della montagna, avvolto in una galleria di verde e costeggiato lungo tutto il suo percorso da tanti fiori. Salendo, nonostante il respiro si facesse più an‑ simante, perché non troppo allenato, gustavo la bellezza della natura. Arrivato alla “casina Sella”, mi sono meravi‑ gliato di vedere tanta gente che aveva precedu‑ to il nostro gruppo, e che ci aspettava, creando già un ambiente di gioia e di accoglienza. Tutto era già preparato in modo perfetto per celebra‑ re l’Eucarestia, la vera azione di grazie a Dio, anche il coro dei giovani era pronto, quasi ag‑ grappato alla roccia che non offre in quel luogo molto spazio comodo per sistemarsi. Nella ri‑ flessione proposta all’omelia, ho trovato belle e adatte alla circostanza le parole di Giovanni Paolo II. Egli dice che “L’uomo deve essere aiutato a sviluppare il rispetto per la natura, perché solo così può gioire dell’armonia della creazione che procura pace e gioia”. E’ più che mai urgente prendere coscienza che la Terra non è un magazzino da saccheggiare, 10 ma un pianeta le cui ricchezze sono riservate allo sfruttamento di pochi. Se l’80% dovesse vivere come fa il 20% della popolazione dei paesi chiamati “ricchi”, ci vorrebbero 4 pianeti Terra per le risorse e 4 pianeti Terra come de‑ posito spazzatura per accogliere i rifiuti! Attuali e profetiche sono ancora le parole di Giovanni Paolo II ai giovani: “Voi giovani dovete trovare il tempo per un contatto immediato con la natura, percepire così il mistero della creazione, scoprendovi i riflessi della grandezza di Colui che ne è all’origine. Sappiate accettare lo sforzo e la fatica che questo contatto comporta, soprattutto quando la meta è impervia. Questa fatica è creativa, stanca il corpo, ma riposa lo spirito e lo apre a nuove prospettive. La natura è un libro, e l’uomo deve leggerlo, non imbrattarlo. Nelle sue pagine vi è un messaggio che attende di essere decifrato: un messaggio d’amore con cui Dio vuol raggiungere il cuore di ciascuno per aprirlo alla speranza”. La celebrazione è stata veramente un momento vissuto con gioia da tutti, e alla fine il “Grup‑ po Sella” ha offerto un gustoso rinfresco, dove il formaggio e un bicchierino di vino bianco davano ancor più sapore alla festa della mon‑ tagna. Un grazie sincero al “Gruppo Sella” che ha così ben organizzato questo incontro, ormai tradizionale per la comunità di Caionvico, e un augurio, - come suggerisce Giovanni Paolo II– che il loro lavoro e la loro dedizione sia‑ no un aiuto e una occasione offerta alle nuove generazioni di sentire come un tesoro da pro‑ teggere la bellezza della Terra, in particolare la montagna che il Signore ha dato a tutti come giardino in cui vivere. Padre Eugenio Ziliani Intervista a Mario Bertulli Chi nel nostro quartiere non conosce Mario Bertulli? Sì, quello delle scarpe? Gli abitanti storici di Caionvico, certamente sì, ma i nuo‑ vi? Forse loro non sanno chi è Mario Bertulli. Due righe serviranno per presentarlo, almeno un po’. Ben messo; rotondetto; capelli tesi, brizzola‑ ti; baffoni candidi, spazzolati; viso rubicondo, pacioccone; due occhi luminosi, chiaroveg‑ genti; un sorriso accattivante; sulla settantina; un uomo che ispira fiducia e serenità, al primo sguardo. Pacato nel parlare, rispettoso, lungimirante, ge‑ niale nel lavoro, riflessivo nelle cose che con‑ tano, è un tipo che tutti vorrebbero per amico. E’ un artigiano coi fiocchi, fabbrica scarpe su misura, per grandi e piccini, donne, vecchi e bambini. Se i tuoi piedi son delicati e non tro‑ vi scarpe confacenti, lui è capace di crearti ad “hoc”, le calzature corroboranti. Il procedimen‑ to è quasi banale: vai da lui, ti prende la forma del piede e ti personalizza la scarpa. Dopo tre giorni ritiri le scarpe agognate e giri, sfarfallan‑ do, per il quartiere, da solo, con amici, moglie e cognate. Per chi ha penato ai piedi, per scarpe rigide e malfatte, può forse trovare da Mario la soluzio‑ ne del problema. Né va sottaciuto il fatto che un paio di buone scarpe ai piedi, rende più felice la vita. Conosco persone che non cambiereb‑ bero le loro scarpe, comode e robuste, con altre punteggiate di rubini, ma dolorose. Se le scarpe fanno male, si è “in croce”: grattano, sfregano, stringono, dolgono, generano vesciche e calli. Dopo tre giorni finiscono in pattumiera. Coi piedi doloranti, si odiano le scarpe e ver‑ rebbe voglia di prendere a calci chi le ha fatte. Per accennare solo a due famosissimi personag‑ gi sportivi del passato, Nereo Rocco e Gianni Brera, essi non si ‘vergognavano’ affatto di usare scarpe fruste, ma comode, in disarmonia col vestito ingessato. Del resto ogni abito può essere adattato, ma le scarpe devono essere perfette per il piede che le indossa. Allora si capisce come anche i “grandi” della terra cerchino un bravo cia‑ battino, per i loro piedi. E la ditta Bertulli li ha soddisfatti. In passato Benito Mussolini e Renato Rascel hanno calzato scarpe speciali per apparire più prestanti. Così puoi ordinare una scarpa, in apparenza normale, ma che ti fa crescere in altezza di dieci-dodici centimetri. E non è un miracolo. Più recentemente ha fat‑ to le scarpe, nel senso letterale del termine, a Sarkozy, a Carla Bruni, ai sovrani di Spagna, a Ton Cruise, ma anche ad Umberto Bossi ed a Roberto Calderoli. Il segreto del successo? La morbidezza della pelle, l’accurata lavorazione a mano, e l’originale estetica, moderna e clas‑ sica, nel contempo. Ho avuto modo di cono‑ scere Mario Bertulli anche per la sua sensibili‑ tà religiosa. Bazzica, quando può, il convento francescano dei frati di Rezzato. Coltiva una sana spiritualità, per nulla bigotta, e sa trovare in quel posto, dei momenti di luce e di pace, nei ritagli della sua attività imprenditoriale. Anche questa dimensione cristiana della vita ci dice qualcosa della personalità di Mario Bertulli. Non ostenta, ma nemmeno si vergogna della propria fede, operosa e solidale. “Quali sono i tuoi progetti futuri?” gli chiesi un giorno, mentre gustavamo l’aperitivo. “Sai”, mi disse, “nella mia vita ho fatto scar‑ pe, solo scarpe, sempre scarpe , è stata la mia passione. Vorrei poterlo fare anche nel “mondo di là”. Sarei orgoglioso di poter fare un paio di scarpe comode, robuste, soavi , perfette anche per i piedi di nostro Signore, Cristo Gesù. Un paio di scarpe che gli permetta di passeggiare nei giardini celesti, con la stessa dolcezza dei capelli sciolti di Maria Maddalena.” Questo è Mario Bertulli con le sue certezze, i suoi sogni, le sue fantasie. Lavora in via san‑ t’Orsola, al numero 292”. Adriano Mor 11 Chiusa la stagione sportiva C.S.I. e ANSPI di calcio Qui USO Caionvico Terminata la stagione sportiva che ha visto protagoniste le nostre quadre di calcio a 7 giocatori. 12 La squadra Juniores chiudeva il campionato con due trasferte, una delle quali particolarmente lunga. L’uscita a Preseglie si svolgeva sotto una pioggia battente che accompagnava la squadra non solo durante la trasferta ma anche per tutta la durata della gara, rendendo il campo un acquitrino al limite della praticabilità. L’entità della trasferta e alcune assenze di rilievo non permettevano ai nostri di sfruttare al meglio le loro possibilità e lasciavano agli avversari ampi margini di manovra. Il Preseglie passava al 10° con un’azione che smarcava un uomo solo davanti al nostro incolpevole portiere. Dopo alcune altre buone occasioni, il Preseglie raddoppiava con le stesse modalità sul finire del primo tempo. All’inizio della ripresa riprendeva l’assedio alla nostra porta. Dopo la traversa colpita dal Preseglie, era Sossi a colpire a sua volta la traversa su punizione. Era comunque il Preseglie a concretizzare le sue occasioni al 7° e al 10°. Poco Caionvico anche nel seguito della gara, con il gol di Danesi e un tiro di Sossi di poco fuori. La gara si chiudeva con altri due gol di un Preseglie ormai scatenato. Dopo la prova incolore della settimana precedente, i ragazzi partivano decisi a concludere con una vittoria il campionato nella trasferta di Prevalle. Giornata molto afosa e clima disteso. Pronti, via e il Caionvico andava in vantaggio con Sossi che approfittava di un rimpallo in area. Solo due minuti e Rivetti regalava un gol con uno dei suoi tiri magistrali da lontano, con stop e tiro di destro. Il Prevalle si svegliava al 10° approfittando della nostra solita distrazione, su azione da calcio d’angolo, ma ci restituiva immediatamente il favore, regalandoci un autogol. Poco dopo Sossi segnava su azione personale. Un attimo di stallo e, in rapida successione, ecco due gol del Prevalle. Prima della fine del primo tempo segnava di nuovo Sossi, prima su un bell’assist di Tomasi D. e poi di testa. Complici le energie spese a causa del caldo, poco gioco nella ripresa. Da segnalare al 7° la solita traversa di Rivetti e il secondo gol di Sossi su assist di Tomasi D., fotocopia del precedente. Un palo anche per Danesi al 15°. Al 16° una papera speciale di Cosi regalava al Prevalle l’ultimo gol. Chiusa la pratica campionato con la conquista del quarto posto, i ragazzi si tuffavano nella Coppa Leonessa. Nessun problema nella trasferta sul campo del Ronco Gussago. Ci si presentava con una squadra con pochissime riserve e con la ghiotta occasione per i giovani di dire la loro. E così accadeva. Al 3° era Russo ad approfittare di un rimpallo in area per portare in vantaggio il Caionvico. Passavano solo due minuti e lo scatenato Russo si ripeteva. Al 10° la pratica poteva già dirsi chiusa con il gol di Sossi da sinistra. Nella ripresa gli avversari le tentavano tutte per rimontare lo svantaggio, ma, nonostante gli sforzi, trovavano Cosi pronto a respingere tutti i loro assalti. Dopo il turno di riposo e con la qualificazione già in tasca, il Caionvico stracciava un Roncadelle demotivato con gol di Russo (al terzo centro in due partite), Sossi, Rivetti (su azione personale) Caldera la mancata qualificazione, e nonostante una partita abbastanza regolare con una squadra ampiamente rimaneggiata per le numerose assenze, si agguantava, con la sconfitta per 7-3 (gol di Cordò e doppietta di Camanini), solo il quarto posto, comunque valido in finale di stagione. Il capocannoniere della nostra squadra (Rivetti con 6 reti) e altri giocatori della nostra rosa sono stati molto apprezzati. Per onor di cronaca il torneo per la categoria Juniores è stato vinto dal Don Bosco Lumezzane, squadra che solo il Caionvico è stato in grado di battere nel corso del torneo. Per la categoria Amatori del campionato ANSPI, grande risultato per la nostra squadra, che vinceva, con buon distacco sulla seconda, il suo girone, dopo un campionato lungo e un po’ sofferto ma comunque decisamente ben condotto. La vittoria del girone consentiva ai nostri l’accesso diretto alla fase a gironi di semifinale. La nostra strada si fermava purtroppo qui, in quanto nel girone l’accesso alle finali arrivava solo per la prima di ogni gironcino. La squadra ha comunque ottenuto ottimi risultati anche quest’anno, con una altissima percentuale di realizzazione in attacco, reparto che da sempre traina la nostra squadra. Per entrambe le squadre, doverosi i ringraziamenti per i dirigenti e i genitori che hanno contribuito all’attività con la loro disponibilità. La nostra speranza è di avere in qualche modo contribuito, con i mezzi a nostra disposizione e il nostro impegno, ad animare la vita dell’oratorio. L’attività dell’U.S.O. Caionvico riprenderà ufficialmente alla fine di agosto con l’organizzazione del Memorial Pierpaolo Molinari. Nel frattempo i dirigenti sono a disposizione di tutti coloro che volessero avere informazioni inerenti la nostra attività. Le intenzioni di proseguire il cammino con la squadra Juniores e, perché no, magari di inventarne un’altra di altra categoria giovanile diversa, non mancano, cercando comunque di non perdere per strada il lavoro già fatto negli scorsi anni da chi ci ha preceduto. Vi aspettiamo numerosi. Alla prossima e …..buona estate a tutti. USO CAIONVICO (su rigore concesso per fallo di mano in area), Sossi (su assist di Tomasi F.), Tomasi F. (con azione personale) Rivetti (dopo una palla respinta dal portiere sul suo primo tiro) e Tomasi F. (su punizione). Da rilevare anche una bellissimo tentativo di Rivetti direttamente da calcio d’angolo che sfiorava la traversa prima di perdersi sul fondo. Finale pressoché tennistico di 8-1. Passato il turno senza grossi problemi, i nostri incontravano la Nova Imperia per l’accesso ai quarti di finale. Il primo quarto d’ora del primo tempo campo solo per gli ospiti, che colpivano a freddo al 5° e al 7°. Al 14° il primo leggero risveglio del Caionvico con il palo colpito da Tomasi F., seguito dal gol di Sossi che accorciava le distanze. Pochi secondi e la Nova Imperia allungava nuovamente. Il tiro al volo di Rivetti colpiva il palo al 16°. Prima della fine del parziale arrivava il quarto gol ospite. Nel secondo tempo il Caionvico le provava tutte per ritrovare il bandolo della matassa, ma arrivava solo al 14° il gol di Tomasi F. su assist di Sossi e, poco dopo, il gol dello stesso Sossi. Nonostante l’arrembaggio alla porta avversaria, il risultato non cambiava più e i nostri rimanevano vittima di quella che potremmo ormai definire “la maledizione degli ottavi”, dato che le nostre avventure in Coppa Leonessa non sono mai andate finora oltre gli ottavi. Ottima anche la partecipazione al torneo giovanile di S. Antonio in città. La squadra, inserita nel girone con Roncadelle e Don Bosco Lumezzane, non faticava particolarmente a qualificarsi come prima di girone, battendo per 8-3 il Roncadelle (gol di Tomasi F. , Caldera, doppietta di Sossi e quattro dello scatenato Rivetti, croce degli avversari che non sono mai riusciti marcarlo) e per 4-1 il Lumezzane (gol di Camanini, Cordò e doppietta di Rivetti, che colpiva anche una traversa). In semifinale i nostri ritrovavano un Virle già incontrato per due volte in campionato, che dimostrava meno paura e più sangue freddo. Difficoltà a fermare i lunghi rinvii del nostro portiere e un centrocampo meno carico del solito, avvantaggiavano gli avversari, che colpivano tre volte affondando la nostra corazzata. Si riusciva comunque a insaccare il gol della bandiera con Russo, che appoggiava in rete un bel tiro di Camanini. La finale per il terzo e quarto posto ci vedeva sfidare il S. Antonio, squadra di casa delusa per 13 La pagina della solidarietà La domenica dopo Pasqua la nostra Parrocchia ha aderito all’appello per una raccolta di offerte a favore delle popolazioni dell’Abruzzo colpite dal terremoto. Il nostro contributo è stato di euro 1.346,68. Il 31 maggio abbiamo partecipato ad una cam‑ pagna per sostenere chi è rimasto senza lavoro a causa della crisi economica. Sono stati rac‑ colti euro 907,62. Anche il Gruppo Missionario Aquilone, con l’iniziativa “Abbiamo riso per una cosa seria”, si è impegnato a vendere riso. Il ricavato (euro 420,00) è andato a favore della popolazione dei Pigmei in Burundi (Africa). Per questa iniziativa è stata preziosa la colla‑ borazione dei ragazzi del catechismo che pro‑ ponevano simpaticamente l’acquisto del riso a tutti coloro che erano in Oratorio. Pure i cresimandi si sono prestati per una gara di solidarietà a favore dei lebbrosi, confezio‑ nando vasetti di miele. Anch’essi hanno rica‑ vato dalla vendita euro 208,00. Aprile 2009 - Giugno 2009 Anagrafe parrocchiale Hanno ricevuto il battesimo • Duina Matilde di Riccardo e Coccoli Enrica • Ghidini Giovanni di Roberto e Botta Anita • Lonati Carolina di Maurizio e Chiesa Federica • Paolini Matilde di Luca e Rinaldini Daniela 26 aprile 21 giugno 21 giugno 21 giugno Si sono uniti in matrimonio • Maccarinelli Alessandro - Guitti Roberta • Turelli Daniele - Greguol Sara 25 aprile 9 maggio La comunità partecipa al lutto dei famigliari per la morte di • Grassi Onorina ved. Lombardi di anni 90 • Oliosi Olga ved. Mirandola di anni 103 • Scalvenzi Maria Santina ved. Esti di anni 94 • Capra Lina ved. Anderloni di anni 94 20 aprile 30 aprile 11 maggio 8 giugno Quando troverò il tempo di pensare a Dio? 14 Che giova all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi perde la propria anima?