LibertàEdizioni
Filippo Pirro
ASFALTO ROSSO
POEMETTO
LibertàEdizioni
ad Anna
mia dolce autista
ASFALTO ROSSO
PREFAZIONE
Una poesia su un incidente d‟auto è quasi scontata per chi si cimenti nella scrittura creativa e per
chi la pratichi da persona già affermata, così comune è tale evento nella sfera d‟esperienza di ognuno.
Ma un‟intera collana di poesie sull‟evento “incidente automobilistico”, per quanto mi consta, è cosa insolita. Questo ha fatto Filippo Pirro componendo Asfalto rosso: un serto di testi che ha una sua
fisionomia, forse non subito colta nella convenzionalità del titolo. Asfalto ci rimanda alle rotabili,
rosso al sangue versato su di esse – sistema di segni
fin troppo semplice e di quasi ovvio valore simbolico. Non ovvia la raccolta in sé, né la complessiva,
sapiente costruzione di Pirro.
Abbiamo ventitré brani, riuniti in una sezione
centrale dall‟intestazione “Vento tra le lamiere”,
anch‟essa simbolicamente prevedibile: dopo i referenti a cui ci rinviano l‟asfalto e il rosso, non possiamo che aspettarci lamiere – probabilmente quelle attorte a cui ci ha avvezzati la cronaca televisiva.
Ciascuna delle poesie è intitolata a un modello
d‟automobile o a una casa produttrice d‟auto, e identificata addirittura da una targa completa (che
sarà magari di invenzione, ma è da noi recepita
come segno reale o realistico). Anche questa è esperienza comune nei centri abitati (è orgoglio di
certi genitori il pargolo che riconosce a colpo
d‟occhio marca e modello delle auto di passaggio),
ma meno comunemente sistematizzata in raccolte
9
di poesia. E così abbiamo un impianto, una architettura tutto sommato originale, eppure strettamente
legata al nostro vissuto.
Questo basterebbe ad assicurarci della volontà
dell‟Autore di accedere a contenuti moderni, non
attraverso casualità o rapsodicità di osservazione,
ma secondo uno schema pensato, e quindi una disciplina, cioè un‟esperienza riflessa e ordinata nella
propria dimora psichica. E ciò già lo raccomanda
alla nostra attenzione. Ma non basta, poiché non ci
troviamo su terreno filosofico o sociale, ma in quel
territorio altamente velleitario (sic) che è la creazione poetica. E perciò ci aspettiamo che i dati che
l‟Autore pretende di socializzare, e con noi condividere, vengano da lui veicolati in parole, modi, espedienti retorici che li rendano interessanti e duraturi nella mente del lettore, cioè veicolati in maniera “comunicativa” sotto specie poetica. Che‚ se così
non fosse, anche un catalogo o un resoconto giornalistico potrebbero rimpiazzarli.
Ed ecco che Pirro usa intanto espedienti grafici:
maiuscoli improvvisi, varietà di caratteri, lettere
che gradualmente crescono in altezza (quanto aiuta,
oggi, l‟uso del computer come tipografia domestica!):
elementari artifici da desktop che celano al fondo una
storia di ibridazioni con il visivo neanch‟esse nuove
(a voler indugiare un po‟, risaliremmo se non ai
calligrammi apollineriani e a estrosità futuristiche,
un poco certo al coup de dés, il “lancio di dadi”, di
Stephane Mallarmé, almeno per quel suo uso di vistosi maiuscoli). Pirro non si spinge fino a scomporre i blocchi grafici e “spargerli” sulla pagina;
ma non è del tutto forzato un richiamo alle figurazioni e al visivo, poiché l‟Autore, al di là del suo
lavoro di insegnante di scuola superiore, è anche
10
pittore e scultore popolare nella zona in cui vive, la
Puglia dauna.
L‟altro aspetto da mettere a fuoco è il trattamento del lessico: terminologia contemporanea (air
bag, cellulare, CD, ralenti), con inserti mistilingui
anche non gergali (seta soft, Insh‟Allah, nuovo
look, boia fauss, rien ne va plus), onomatopee da
fumetti (crash, sbang, wraaang). Segni di modernità che si coniugano ad altri referenti lessicali del
nostro vivere giornaliero: i cantanti pop chiamati
per nome, le parole delle canzoni che informano la
nostra vita, i vezzi linguistici borghesi (adagio
papy), nomi di stilisti famosi fusi in un endecasillabo (nel brano Nissan). Sotto quest‟ultimo aspetto,
Pirro eccede in virtuosismo nel primo testo della
raccolta, che fa sezione a sé, col titolo Antifona,
dove elenca quarantacinque marche o modelli
d‟auto infilati in dodici endecasillabi. A simile impasto linguistico si mescolano richiami da formazione classica: Husserl e Marx, Saffo, Archimede,
Empedocle; e richiami lessicali (e chiaramente contenutistici) a certa realtà sociale: per esempio
l‟immigrazione (Alì, io risparmiare…) o la strage
di Capaci. Da aggiungere a tutto questo qualche caso di sillabazione o, forse, balbettio in versicoli (Co
me in re play…).
Questa variegata ingegneria espressiva che Pirro
si è creata viene tenuta insieme da un fondo lirico
affidato in primo luogo alla prosodia – un ritmo di
endecasillabi, variato da versi liberi e occasionalmente colorito di rime – e poi a scorci descrittivi
accennati, a tratti di sentimento (il pathos è
l‟estremo di questa tensione, ma serpeggia senza
venire allo scoperto); infine al contrasto tra la truculenza dell‟incidente e il sogno di aspirazioni terrene, spezzate e finite nell‟evento tragico.
11
Tutto questo è sufficiente – confiderei – a dare
idea dell‟amalgama linguistico e del tipo di comunicazione a cui la raccolta ci espone. Ma non puramente linguistico: Pirro non è poeta sperimentale
“puro”, impegnato cioè sulla forma di per sé: più
che esperimento formale il suo è realismo, quasi rispecchiamento dell‟universo semiologico che plasma le nostre vite. Gli interessa tale realistica veicolazione per dare un proprio giudizio, benché implicito, sull‟evento intriso di quel linguaggio e di quei
segnali.
E sbocchiamo nell‟ideologia sottesa al mondo
qui rappresentato e all‟Autore. Ideologia tutto
sommato tradizionale, e affiorante nel rituale religioso a cui rimandano i due isolati brani d‟apertura
e di chiusura, con i titoli di sezione loro assegnati:
Antifona e Kyrie eleison. Rimandi a una formazione religiosa che è bagaglio giovanile dell‟Autore.
Una volta detti tutti questi elementi, indebitamente isolati e tolti all‟unità del loro momento
compositivo, bisogna aggiungere che l‟interesse
complessivo, l‟attrattiva, non è in questo o quello
degli aspetti evidenziati, per quanto possiamo apprezzare certo lirismo o l‟esperimento moderno, o
ci possa consolare il fondo religioso opposto alla
disgrazia. L‟abilità dell‟Autore sta nell‟aver saputo
creare l‟insieme, equilibrando tutti questi elementi,
e diciamo anche armonizzando le pulsioni che lo
hanno mosso: né troppa indulgenza al sentimento
umanitario, né gusto esclusivo del gioco verbale.
12
È il cammino compiuto da Pirro fin dagli anni
giovanili, in cui scrisse versi in gran parte memoriali e di sentimento privato (aspetti che oggi riserva, con risultati buoni, a esercizi nel suo vernacolo
garganico). Ed è cammino che qui viene palesemente attestato e accreditato.
Cosma Siani
13
14
Antifona
15
16
Crudele
ignara benna
stritola schianta artiglia
AlfaromeoGiuliettaMaserati
JaguarMercedesGolfBugattiFord
ToyotaTwingoPandaCabriolet
RoverVolvoNissanLanciaPeugeot
Ruggine di pietà
ricopre il vento
sotto la luna assorta
SeicentoCinquecentoPuntoKà
CentoventottoCentoventisette
OttocentocinquantaMillecento
DauphineGiemmeCryslerPassatPrinz
Concorrenza spietata
affratellata
in reliquiari di ultimi sospiri
FerrariFiatOpelCitroën
BalillaTopolinoLimousine
RollsroyceCoupéBerlinaCadillac
MiniminorVolkswagenRitmoFiesta
La festa la tragedia
in sarabanda
sopra
l‟asfalto rosso
17
18
Vento
tra le lamiere
19
20
TEMPRA
TO-G34769
– “Epochè”
mettere in parentesi…
semplice
caro Husserl...
come dire clonare Pilato
tirarsi fuori dall‟impegno –
Certo
il muro di Berlino
caduto
la cosa uno e due
ma nella sua mente ben saldo
il monumento a Marx
– La Verità
ma quale verità
cos‟è la Verità? –
Gliela tuonò
rombando in doppler
saltando la corsia un autotreno
di schianto
apparve il vero
senza air-bag
21
CHAMADE
TO D665787
E questa volta non poteva no
arrivare secondo
l‟appuntamento in borsa poi l‟appalto
la transazione la fideiussione
il fax la concessione il bancomat
– Ma tu guarda che ingorgo
Malediz…
Oggi che la sua mente funzionava
e sì che qualche colpo
di nebbia cerebrale
da qualche mese lo perseguitava
mancati appuntamenti
il cellulare eterno irraggiungibile
a fargli andare in tilt le provvigioni
Schiacciò a tavoletta e la ripresa
gli riaccese la grinta
scalando in quinta scavalcando il rosso
gustò ancora il sapore riagguantato
del poker dopo il bluff della sua vita
– Ci mancava la nebbia boja fauss
Ho già perso tre appalti dannazione
ma stavolta non mollo la conosco
come le tasche questa tangenziale
22
Ma davanti improvvisi quei due STOP
in zummata a ingrandirsi
così rossi
così vici
ni CRASH
un nero
d‟inutile frenata
la firma del destino
sull‟asfalto
vecchio croupier
Monsieur, rien ne va plus.
23
PANDA
AP 658 WS
Voli di storni ed oleandri in corsa
a fargli festa lungo l‟autostrada
insieme a De Gregori che gli canta
Adelante adelante e Generale
e La donna cannone dal CD
E nella gola il gusto della vita
a tutto gas quasi a sfidar la morte
come i nidi intessuti delle gazze
nella trama dei fili a mille volt
dei tralicci
profumi di ginestre
Adelante adelante
e Morgana negli occhi del poeta
che più non vede triangoli sbarrati
triangoli all‟in giù ma primavera
sorridere sul fiume nella valle...
e con le mani amore…
non torneremo più-ù-ù-ù
ma un tir col suo ruggito
ha solo fame d‟asfalto e gli fa dono
d‟incontrare l‟eterno e naufragare
dolce incastrato sotto lo chassis.
24
YPSILON 10
AC 483 TZ
Km.327
statale 16 schegge di sole
sul parabrezza infranto accappottato
quel che resta dei sogni di un ragazzo
– Guardate sotto il fodero – Trovato?
– Senza patente… Almeno un documento per avvertire
qualcuno
– Guarda nelle tasche
Quattro fototessere in sequenza
sorriso linguaccia marameo
e poi due serie per la prima carta
d‟identità per i suoi diciott‟anni
Il rap di Jovannotti È qui la festa?
e poi semel in anno una sniffata
che sarà mai... ma sì proviamo il buco
e nell‟alba leggeri
volare 110 sulla 16
120 leggeri 130
the show must go on
140 domani è un altro giormo
papy saprà trovarmi un posto in banca
150 e poi successo e sesso
sesso 160… DIO
LA CURVA
25
BMW
BB 742 ST
– C‟è traccia di frenata?
– Nessuna. Come se il volante un cieco
drizzasse contro il palo
Se l‟era meritato quel salotto
in radica e velluto che filava
a centottanta il Vasco che gridava
una vita così piena di guai
come la sua sprecata al Roxy bar
Se l‟era meritato non importa
se a tre lolite le ali d‟innocenza
aveva mozze sopra il marciapiede
Sfilavano sui bordi del gard-rail
donnine da cartelli fluorescenti
nelle pupille torbide di sesso
virtuale in video-game
Come vero il refrain Bella la vita
che se ne va di Zero mentre gli occhi
la stanchezza del giorno chiude a tratti
a sognare collant di seta soft
Notte che accendi un abat-jour di luna
pietosa anche per lui il tuo pareo
di stelle stenderai su quel salotto
tranciato nel pilone in calcestruzzo?
26
UNO
BA 985478
Cordone ombelicale
che ogni sera
lo riannodava al nido
la strada
Ogni tornante serpeggiante fosso
o dosso
lui sapeva
ogni pietra miliare
anche nel grigio pesto della nebbia
Grigio
c‟era pur stato un po‟ d‟azzurro
nella sua vita
gli occhi di Maria
poi il sorriso di Marco Lina Rita
calamitato sul cruscotto a dirgli
adagio papy
quel papy così stupido ma tenero
Ma poi trent‟anni casa ufficio casa
e le basette grigie grigio il cuore
e grigio il mondo
grigia quella sera
nello schianto del giallo di due occhi
spietati FRONTALI di antinebbia.
27
850
FG 232764
Tornavano al tramonto smarmittando
sull‟interpoderale crivellata
verso il casone putrido violato
sporchi di oro rosso
– Alì, io risparmiare
io non volere birra al bar domani
spedire soldi casa. Miei bambini
malati, tanta fame...
– Io no bambini offrire io. Tu bere
tu non preoccupare… Insh‟Allah
E al bar la gola un attimo l‟arsura
avevano calmato Alì e Ibrahìm
– Ancora un goccio, fammi compagnia
poi riposare sognare Medina
– Non bere Alì poi non guidare bene
– Ancora birra ancora ancora un‟altra
– Frenare Alì la curva
sul can a le
Tra le marane un chiassare di rane
Alì ed Ibrahìm sognano insieme
una fetta d‟anguria
la mezzaluna rossa
mentre cala a mezzasta
sul minareto d‟una canna al vento.
28
NISSAN
AP 986 ZX
Rivedeva al volante il defilé
con la Naomi
ironica e ammiccante
nel celare svelando in calze a rete
le forme del suo ebano intagliate
… Forti raffiche di vento sull‟A 4
Già il vento proprio come Marilyn
nella celebre posa casta oscena
lo scoop del nuovo look
la Shiffer in felpato nonchalanche
visonata versace
armanikriziaguccivalentino
… un violento uragano tra l‟incrocio…
Sull‟incrocio delle spalle
un tocco di giuggiaro lei sognava
perché quello che conta è l‟apparire
due gambe patinate sguardo sexy
nel decolté abissale un crocifisso
intruso come un prete in discoteca
e sotto nulla
e il nulla
fu a inghiottirla a centottanta
nel salto dal viadotto dopo il tunnel.
29
JAGUAR
W54ZR
Il volto della sindone al semaforo
stampato in fondo agli occhi
di un bimbo lavavetri
– Sì, sofferenza! Andassero all‟inferno
rumeni vucumprà scansafatiche…
So io le sofferenze
di montepaschimediobancasella!
Le vere sofferenze
insolvenze cambiali moratorie
assegni a vuoto
calo del Pil calo del Dow Jones
la tua croce il rovello dei tuoi giorni
e gli incubi notturni
come quadrare il cerchio
di una partita doppia, ripulire
in paradisi all‟estero
frutto di pizzi rapine estorsioni
– Io fame non mangiare io tre giorni…
– Tornate a casa, andate a lavorare!
Maledizione, ho altro da pensare!
30
Sgommi dribblando sull‟altra corsia
inferocito dall‟irap che scade
dal Tir che non si scosta
impetuoso impietoso che ti stìmpana
che ciarla al cellulare che non vede
che non frena – MALED… – che ti scartoccia.
31
ROLLS-ROYCE
200EX Concept
Cloche con rubino incastonato, radica,
ogni comfort dell‟ultima hi-tech
e tu al volante in trono, a cavalcare
trecento accappì a tutto gas.
Sei un gentleman incensurato e sai
come far scivolare, inosservata,
in tasca una mazzetta di contanti
alla talpa di turno alla dogana.
Colpo geniale quella tua trovata
del doppio fondo, sotto lo schienale
foderato di cifre a nove zeri,
e già pregusti fughe in paradisi
fiscali, per un‟holiday perenne.
Paletta rossa, stop: “Il passaporto,
prego, signore!” Tu che sbianchi in volto
– non è la talpa che sapevi, è un altro –,
tu che ingrani e schiacciando a tavoletta
parti sparato travolgendo il blocco.
32
L‟Eden, la frontiera, oltre il passaggio
a livello. E tu voli verso quelle
sbarre abbassate, lampeggianti in rosso,
inseguito dal doppler di sirene
e gazzelle che sfiancano e speronano…
Ed è un impatto, un CRASH di carne e acciaio
a darti il paradiso in un inferno.
33
SUZUKI
VC33XR
– Questioni d‟ermeneutica
generi letterari formgeschichte
Un Dio vasaio l‟arca di Noè
le dieci piaghe e tutto il Pentateuco
e l‟acqua in vino e la Risurrezione
Sogni di beduini deliranti
categorie semitiche di nomadi –
Nella sua mente salda inattaccabile
la nuova Bibbia: Darwin Plank Einstein
Sì Zarathustra ha vinto
Dio è morto
Dello splendore rampante di Chartres
relitto solamente un capitello
a ricordargli il buon samaritano
– Non c‟è rimasto che un ethos da salvare:
dare una mano ai poveri di turno
trafitti dalla storia in questa barca
alla deriva senza senso senza…
disgraziato ciclista ma che fai
in contromano!!! Idiota svolta! CRASH
Gli tocca ora guidarlo tra le stelle
capriolando gli anelli di Saturno
a illustrargli che immensa bara è il cosmo
per le infinite spoglie
di un Dio morto.
34
MASERATI
MI Z666666
Azioni in borsa
Toro con Gemelli
garantivano e successo in amore
quel giorno e l‟ascendente in Capricorno
con l‟amuleto d‟agata
sul pomo della cloche incastonato
la sua assicurazione
di trionfi potere eternità
– Che fa quel pazzo
mi taglia la strada
vigliacco criminSBANG
Chi mai gli insegnerà
ora
la strada
oltre Plutone Cigno Cassiopea
Arturo
Sirio Vega
Aldebaran?
35
TIR
BO S665389
Asfissiare di ottani
le pulci utilitarie
la sua goduria massima
dal suo trono dall‟alto cabinato
in sorpassi improvvisi
gelando il sangue
ai vecchi in motorino
a sbandare costretti
tra il fosso o il salto dentro la cunetta
tyrannosaurus rex ad ogni incrocio
l‟unica legge quella darwiniana
la colonna sonora e la sequenza
di Duel in gratuito sadismo
ruggendo in doppler su viadotti in curva
che carica gli davano poi quando
inseriva la quinta
le donnine adesive ai finestrini
dei poster del Pirelli
e fu la bruta legge del più forte
a ridurlo impotente scarafaggio
kafkiano sui binari
dell‟ESPRESSO
nell‟alba che le palpebre pesanti
invano gli feriva nello schianto
36
CROMA
SX 762 TY
Paletta alzata disco rosso mitra
– Mannaggia ‟a morte! ‟O blocche!
Aggire ampress „ngrana abbasce ‟o puorte…
Effetto testacoda a tavoletta
sgommando a tutto gas
– San Genna‟, san Genna‟ t‟appicce ‟o lume
ma mo datte na mossa
simme mariule, sì, ma pe campa‟…
Nello specchietto Centauri zoom
in virata radente sull‟asfalto
in
-Totò, gira a sinistra mitte a quarta
fa ‟mpressa, spacca o cambie, ca ci arrìvene…
Un sibilo alle gomme
che scoppiano che sbandano
che sbattono
il traliccio che trancia
– San Gennaaa‟
37
RITMO
CB 354342
Finalmente
la patente
a cinquant‟anni
Finalmente cartelli e pali in corsa
sul liscio nastro nero bitumato
lontano il pane e cacio
e lo sterrato di fango e di pietre
lontano lontano il carro e il mulo…
Ma gli occhi perché mai sognano ancora
il brivido dei grilli nelle sere
di maggio ed il tratturo
festoso di papaveri sui cigli
e il sole e il vento e il pappo dei soffioni?
Fari abbaglianti e il sogno che disfiocca
un‟alfa che rimbalza in contromano
Coma profondo il sogno in un replay
nella cunetta erbosa a ricordargli
il profumo di malva e nepitella
ma saturo di nafta
e kerosene.
38
HONDA
BN 665930
La messa alle18
poi l‟incontro coi giovani un battesimo
quel giorno
un giorno pieno come sempre
e lui col fiato corto il cuore riarso
dall‟ansia del sociale
senza breviario ritiri preghiera
da molti mesi o anni
col cellulare acceso notte e giorno
e sempre più la mano sulla cloche
sempre meno a sgranare
i grani del rosario
E poi non ci pensava sant‟Antonio
magnetizzato e in mostra sul cruscotto
se la prudenza non era il suo forte
nei sorpassi agli stop e negli incroci?
La messa alle 18
e non scalò
Ma il sacro zelo non capì la curva
a gomito sull‟orrido sospesa
C‟era una legge fisica centrifuga
da onorare come i comandamenti.
39
MERCEDES
PA 765 RZ
Pirati paparazzi a violentare
con raffiche di flash un bacio un sì
d‟una gazzella tradita
inseguita
Inutile lo slalom impazzito
a centottanta
Nel tunnel muore il sogno
mezzanotte rintocca
Cenerentola
Il sogno il tuo diritto il tuo bisogno
d‟amore oltre ogni fede
ogni bandiera
La favola incantata delle nozze
i biondi principini
sul fondo della retina in eterno
l‟incontro con la madre di Calcutta
E turbini di flash scatti impietosi
gli zoom sugli occhi aperti ancora belli.
40
CITROËN
PA G554007
– Sarà duro ma sento un vento nuovo
su queste sciare a lutto…
Pensavi, ma sapevi che il cervello
dell‟idra era nel cuore del Palazzo
e che nessuna scorta
bastava e che i tuoi passi i tuoi pensieri
schedati condannati
– Bisognerà filtrare in contropiede
prima che si ricos – WRAAANG
Un lampo
ed è un inferno di lapilli
di carne battezzata
lo stato di diritto
che va in schegge
Archimede ed Empedocle
stuprati
Lucia Rosalia rimutilate
Sciascia Bufalino incaprettati
sbrandellati sull‟asfalto
che deflagra
Aghi di fichidindia
in controsole
il cielo di Capaci crocifiggono.
41
MINIMINOR
UD 859773
A chii-iì
sorriderò... Leali in terzinato
dal mangianastri
sulla spalla di lui perduta lei
col pendulo peluche a dirgli
ti amo
ad ogni sbalzo della provinciale
Poi Baglioni a tenerli stretti stretti
e Battisti coi versi di Mogol
cosa vuol dir sono una donna ormai
E l‟assurdo
di un urlo
in kawasaki
che piomba deragliando sul lunotto
Un ralenti di fari anabbaglianti
le luci che sognavano nel duomo
una sirena l‟organo ed il coro
la notte ha preparato
mentre d‟un telo bianco li ricopre
e di stelle
sposando i due peynet
sul talamo d‟asfalto
in casto petting
42
UNO
FG 348452
a mio figlio
– Un lunedì dell‟Angelo speciale
– Dai su con le Spice-girls e i Litfiba
Ma lui metteva per scaramanzia
i Nomadi con “Noi non ci saremo”
Pasquetta sui tornanti a Pugnochiuso
l‟architiello l‟incanto del Varano
e baia delle zagare e la cala
di punta rossa a dare sangue ai versi
defunti nelle ore di latino
sentire sul trabucco ancora Lesbia
donare baci a mille al suo Catullo
C‟è solo un tarlo sordo
che rode rode rompe
(– non ci allontaneremo che di un passo
il traffico – lo so papà – gli ubriachi
fradici di pasquetta –)
quella bugìa che rode rode rompe
romba sparata -frena-in curva – il muro –
il pirata che sgomma e non soccorre
l‟Uno che s‟accartoccia
ed il miracolo
– Vivi... Dio ti ringrazio... siamo vivi
Mai tarlo fu più dolce in fondo al cuore.
43
RENAULT
FG 365884
a Leonardo
– Se na cosa l‟a fa‟, la da fa‟ bbona
e sùbbete – era il modo per mostrare
la tua gioia nel dare, nel precorrere
il desiderio d‟una scarpinata
per funghi, per castagne, per carducci.
Quell‟allegria poi quando, mastro, invece
facevi a me da manovale, e muschio
e pietre mi porgevi, e ti beavi
a vedermi dipingere il fondale
per il presepe dell‟Elementari.
Il gusto di stupirci l‟umiltà:
– Che te serve cumpà mo vaje ì –
il cesto generoso di porcini
ed il rispetto degli appuntamenti.
Quella mattina viscida di pioggia,
in corsa, come sempre nel tuo stile:
– megghie aspetta‟ che fàrete aspetta‟ –
pronto all‟appuntamento alla stazione,
per riabbracciare il figlio che tornava.
44
Ed eri tu quel figlio che voleva
riabbracciare il Padre oltre le stelle.
L‟appuntamento, quello, era per te
quella mattina, in curva, allo svoltare
presso l‟incrocio con la ventitré
45
GIULIETTA
Roma B647932
Volti di nylon e un flash di fuoco al petto
l‟ultimo fotogramma in fondo agli occhi.
Co me in re play
la fe sta
del pa e se
un ve lo ed i
con fe tti
sul sa gra to
e tan te tan te
ste lle
ne lla se ra
di ma dre per la
so pra il
cam pa ni le
non questa a cinque punte con lo spray
nebulizzata sull‟asfalto rosso
dove giaci inchiodato col cartiglio
ciclostilato dialettico assurdo
46
RENAULT 4
Roma H778654
Ove finita sei
ove baciare
la tua lamiera
il cofano pietoso?
In quale ammasso
quale caterpillar
ti risparmiò lo strazio dello sfascio
ti fece spazio
madre di Cecilia
tra le carcasse piano dolcemente
posandoti reliquia
preziosa
Brigate sorde
al grido di san Pietro
ti rubarono empie a farti bara
Tu placenta
di vita sempiterna
tu culla a consolare
il belato di Abele ancora ucciso
dai figli di Caino
nell‟abbraccio di Abramo
Di quell‟uomo conservane il profumo
forte per i miei figli
la stella come un‟INRI sul suo capo.
47
48
Kyrie eleison
49
50
Nell‟alta
notte
il vento
un‟elegia
pietosa
arpeggia
da tergicristalli
vibrando
in un crescendo
Kyrie, eleison
Un lampo
abbaglia
i catarifrangenti
ed un clangore
scuote
la ferraglia
un tuono
sulle scocche
Kyrie, eleison
Ed è un pianto
celeste
ora la pioggia
sulle lamiere
mutilate
attorte
sui loghi
in nichel-cromo
Kyrie, eleison
51
52
INTERVENTI CRITICI
di
Leonardo Aucello, Michele Coco, Domenico Guerra
53
54
Leonardo Aucello
IL CAMMINO DI FILIPPO PIRRO
NELLA POESIA E NELL’ARTE
L‟incontro di questa sera denota una singolare
peculiarità: presentare il libro per festeggiare
l‟artista. Infatti in ricorrenza del compleanno di Filippo Pirro, che nel settembre scorso ha compiuto i
suoi buoni sessant‟anni, si vuol intraprendere un
viaggio a ritroso per ripercorrere le tappe fondamentali del suo excursus di pittore-scultore e di poeta.
Il cammino artistico-intellettuale si sa che ha delle
connotazioni specifiche divise per tappe, a seconda,
appunto, del momento particolare della vita
dell‟autore e delle caratteristiche di ispirazione che
lo indirizzano verso un tipo di creatività affinata su
modelli a lui congeniali e fondamentali per abbozzare delle linee generali da cui poter avviare
un‟analisi di giudizio attendibile.
È importante certo effettuare costantemente dei
bilanci; ma si sa pure che un qualsiasi bilancio presuppone spesso il rovescio della medaglia: di non
guardare, cioè, sempre e solo a ciò che si è fatto,
ma anche a ciò che non si è voluto o potuto realizzare. E qui, molte volte, ci si creda o no, subentra
quella sorta di fatalità, o capacità di intuire la strada
giusta su cui incamminarsi, che porta ognuno di noi
a definirsi, per usare dei termini ricorrenti, fortunato o sfortunato. Tutta la vita, insomma, viene commisurata su questo parallelismo bilaterale di fortuna
55
e sfortuna, che si manifesta in atteggiamenti e stati
d‟animo di gioia o dì dolore, riuscita o perdita.
Anche per quanto riguarda Filippo Pirro, in virtù
proprio della sua età anagrafica e della sua lunga
esperienza di artista, o di vita intellettuale in genere, vanno ricercati dei punti essenziali per ricavare,
nell‟insieme, un definitivo quadro dell‟intera opera.
Il nostro artista non ha bisogno di presentazione
poiché è sotto gli occhi di tutti la sua, è il caso di
dire, fortunata e poliedrica attività creativa. Egli è
nato nel 1944 a San Marco in Lamis, conosciuto
familiarmente, prima di divenire il popolare pittore
che sappiamo, come lu figghie de Tonino
l‟ugghiarale, ossia il figlio di Tonino 1‟oliandolo, il
rivenditore di olio al minuto. La mia citazione non
vuole apparire come una reminiscenza pittoresca o
come una semplice nota di colore; a mio modesto
parere, essa costituisce la cellula primordiale
dell‟ispirazione di Filippo Pirro. Infatti se andiamo
a scovare nella realtà, oggi che siamo pervasi
dall‟inclemenza del consumismo dei grandi magazzini superprovvisti del necessario e, persino, del
soverchio, non riusciamo ad immaginare di incontrare per le nostre strade, zeppe solo di macchine in
sosta, ma prive della gioconda vivacità fanciullesca
di una volta, persone, come Antonio, che svolgano
un mestiere del genere, ormai desueto. Ebbene,
questa tradizione di famiglia è rimasta fortemente
impressa nel cuore del figlio artista, il quale, nelle
sue tele e nelle sue raccolte poetiche, ricerca, quasi
ostinatamente, di riportare alla luce e tramandare i
valori e i simboli di quel mondo arcaico-contadino
che la società odierna, “con la sua scienza esatta”,
per citare un felice verso di Quasimodo, vuole misconoscere. In tal modo si protrae ugualmente, per
dirla con una metafora, il mestiere del padre.
56
Pirro ha messo in atto una certa propensione alla
pittura fin da bambino, quando disegnava “a carbonella” i muri della strada dello Scalone, ai margini
di Corso Matteotti, per poi maturarla nella decennale permanenza a Torino, dove si è laureato in Filosofia e dove ha vissuto, nel contempo, l‟intensa esperienza artistica. Dal 1977 è rientrato definitivamente nel paese di origine, impegnandosi nella duplice attività: quella professionale di docente di
Materie letterarie negli Istituti superiori, attualmente in pensione, e quella di pittore, grafico, scultore,
acquerellista e, infine, poeta. È padre di quattro figli e da circa due anni, nel fondo rustico situato in
contrada Pozzatina, in agro di Sannicandro Garganico, ha progettato un vero e proprio museo poetico
denominato “Il Sentiero dell‟anima”, in cui l‟autore
ha inciso su delle tavolette pirografate i versi di un
discreto numero di poeti di una certa levatura, ornate dalla bellezza di alcune statue in legno grezzo
che fanno da corona al paesaggio circostante. Il
“Sentiero” è aperto al pubblico ed è visitabile per
tutto l‟anno.
Egli ha allestito delle personali di pittura in tutta
Italia, in gallerie pubbliche e private, con riconoscimenti unanimi di critici e di visitatori. Anche a
San Marco è presente con quadri, disegni e stampe
in numerose collezioni private; mentre si staglia nel
centro cittadino il trittico bronzeo di San Pio da
Pietrelcina in compagnia dei suoi due Padri spirituali, padre Benedetto e padre Agostino, entrambi
originari sammarchesi. E un‟altra figura scolpita,
anch‟essa di bronzo, con la sola immagine benedicente del Cappuccino delle stimmate, è adagiata
davanti all‟ingresso dell‟ospedale civico. Va constatato che ben sei statue di Padre Pio da Pietrelcina
di Pirro (comprese naturalmente le due locali) sono
57
collocate nelle piazze di alcuni centri pugliesi e
non. Va menzionata pure, sempre qui a San Marco,
la scultura in bronzo di San Francesco, nei pressi
della caserma dei carabinieri, mentre è intento – per
dirla con le parole del Poverello d‟Assisi – a laudare “l‟Onnipotente bon Signore, cum tucte le sue
creature”.
Un discorso a parte meriterebbero sia gli affreschi nell‟abside della chiesa di Sant‟Antonio Abate,
che riproducono figure stilizzate di donne e di contadini di un tempo con lo sguardo proiettato verso
un cielo dipinto con tonalità cromatica di un azzurro sfumato ed evanescente; sia quelli dalla volta
della chiesa vecchia di San Giuseppe, con scene,
personaggi, immagini e scorci paesaggistici locali
trasferiti nella narrazione evangelica e ottenuti con
una tecnica simbolico-figurativa tipica della pittura
di Pirro. Infatti l‟artista, attraverso la celebrazione
di un passato più naturale, più genuino, più semplice e meno contaminato di quello attuale, ritrae con
maestria la civiltà contadina che non rinasce soltanto attraverso una rappresentazione folcloristica
piuttosto stantia e datata, ma si mostra fresca e
zampillante nei colori tenui e delicati con una cromia chiara e pulita: rievocazione, insomma, di un
mondo e di anni remoti che possono apparire surreali, percepibili appena dalla nostra sensibilità di osservatori.
Tornando al tema principale della manifestazione, possiamo individuare un denominatore comune
nei temi e nella sensibilità dell‟artista-poeta. Tanto
è vero che la produzione letteraria di Filippo Pirro è
successiva a quella grafico-pittorica e scultorea.
Sono chiaramente frequenti le analogie tra il campo
figurativo e quello espressivo; anzi si può dire che i
due aspetti siano complementari tra di loro, poiché
58
i motivi ispiratori di tutta la variegata produzione si
incontrano lungo tracciati uniformi e contigui. La
stessa magia del passato rinvigorisce la memoria
del poeta con la riscoperta di un “piccolo mondo
antico”, per dirla con Fogazzaro, che genera sensazioni puramente nostrane, legate al pudore e alla
generosità della gente di una volta, che viveva il
comune dramma della povertà e della miseria, ma
unita da una profonda fede nei valori familiari e religiosi.
L‟insieme di questi vincoli sociali e comunitari
permetteva allora di conservare salde le tradizioni
di padre in figlio, nelle quali generazioni di uomini
si sono riconosciuti: piccoli artigiani e contadini
dallo sguardo aspro e rugoso come la materia grezza che affinavano o come i terreni aridi e rocciosi
che dissodavano.
La raccolta di poesie qui presentata, che come
quasi tutte le sillogi di Pirro assume più l‟aspetto
del “poemetto postmoderno”, sia nello stile sia
nell‟impostazione tematica, è affidata all‟analisi dei
brani svolta dal preside Michele Coco. Il libretto,
intitolato Asfalto rosso, è stato pubblicato alcuni
mesi fa, con la prefazione del professor Cosma
Siani, dalle Edizioni Le Nuove Muse della Scuola
Media De Carolis di San Marco in Lamis. Ripropone nella struttura il modello dei personaggi
dell‟Antologia di Spoon River del grande poeta americano Lee Master, oppure dei racconti cimiteriali dello scrittore francese Guy De Maupassant, in
cui voci simili a quelle delle due opere citate rievocano dall‟aldilà situazioni, fatti e intrecci della vita
privata e personale di chi va inavvertitamente e casualmente incontro alla morte lungo un asfalto
stradale, alla stregua, potremmo aggiungere, di una
tragedia annunciata.
59
Ma il cursus poetico di Filippo Pirro rimanda agli inizi degli anni Ottanta il debutto letterario, precisamente nel 1982, quando appare il suo primo libretto di poesie intitolato La Casa del Bosco, pubblicato dall‟Editrice La Vallisa di Bari, diretta dal
professor Daniele Giancane, critico letterario, che
gli è valso il Premio Città di Salerno. La prefazione
è affidata alla penna del noto poeta italo-americano,
Joseph Tusiani, che scorge nel dualismo arte-poesia
il proseguimento della produzione pittorica di Pirro. La raccolta, in generale, come si è già ricordato,
ha l‟aspetto di un vero e proprio poemetto sulla natura e sulla vita campestre e urbana del paese di
San Marco in Lamis. In questi componimenti egli
si richiama ai metri della poesia classica italiana
con la scelta di versi che vanno dal quinario, al novenario, all‟intramontabile endecasillabo, accompagnati da rime quasi sempre alternate e incrociate;
inoltre effettua una rielaborazione di tipo espressivo, ma anche strutturale delle Miyricae del Pascoli
e di elementi crepuscolari di Guido Gozzano, riallacciandosi con la descrizione minuziosa del rapporto intimo e familiare, a personaggi molto vicini
al poeta.
Si notano infatti liriche dedicate ai figli e alla
madre, la quale rimane un punto fermo
nell‟ispirazione dell‟autore, verso cui egli dimostra
molta tenerezza e premuroso attaccamento filiale.
Questo susseguirsi di attimi di affettuosa cordialità
si rinvigorisce e prende forza con un gioco sapido
di brevi sussulti sentimentali reso ancor più lieto da
una buona dose di gioioso buonumore.
Sia nelle suddette poesie sia nelle susseguenti,
come meglio precisa Tusiani nella prefazione citando la Lettera scarlatta di Hawthorne, “le passioni umane sono tutte sorelle”, quindi i componimen60
ti di Pirro, lungo la scia già tracciata nella pittura, si
trasformano in affreschi poetici anche nell‟arte della scrittura.
La prima raccolta di poesie non rimane
un‟esperienza chiusa in sé, ma costituisce
l‟intelaiatura di un discorso più organico e profondo che proseguirà due anni dopo con una nuova
pubblicazione. Le prime due, insieme a una successiva, daranno vita a un‟unica trilogia con impostazione e caratteri non difformi l‟una dall‟altra. La
seconda e la terza silloge conservano entrambe le
stesse caratteristiche stilistico-formali e lessicali,
oltre all‟uguale struttura metrica, ma con l‟aggiunta
di versi liberi a cui l‟ autore, sulla falsariga di Ungaretti, attribuisce una forte connotazione espressiva al valore intrinseco di ogni termine che diventa
epifania, cioè rivelazione di un‟idea, di
un‟immagine, di un‟emozione.
Nel 1985 esce la seconda raccolta di poesie, intitolata Quel Segreto sui Monti con il sottotitolo Colori e poesia di Faeto, edita da I Quaderni del Provenzale (Premio Città di Avellino e Prometeo
d‟Argento Città di Viterbo). Ogni componimento è
accompagnato da un acquerello dell‟autore che sintetizza, con una riproduzione pittorica, il punto rilevante del messaggio che intende inviare al lettore.
La seconda parte è interamente corredata di una serie di acquerelli ispirata al canto Cumme un suajme
luntane di don Raffaele Castielli, futuro vescovo,
se non vado errato, della Diocesi di Lucera, originario di Faeto.
Il Segreto consiste nella scoperta dei luoghi, degli scorci paesaggistici e dell‟animo della gente di
Faeto. Lo fa bene intendere nella prefazione al libro
Michele Coco, che riesce ad offrire una precisa analisi formale, in un continuo alternarsi di aspetti
61
comparativi con la pittura e la composizione dei testi.
Completa la trilogia il volume Ombre Tra le Doline
pubblicato nel 1987 dall‟Editrice Bose Giesse di
Palermo (Premio Il Barrese-Città di Enna e Premio
Città di Cortona). La giuria dell‟ultimo premio era
formata da poeti e critici di fama come Ferruccio
Ulivi, insigne studioso, tra l‟altro, del Manzoni, insieme ai poeti Giorgio Caproni ed Elio Filippo Accrocca, che hanno espresso giudizi lusinghieri
sull‟opera di Pirro. La prefazione al libro porta la
firma di Domenico La Mura, medico e scrittore di
Trinitapoli, che pone l‟accento su argomenti ormai
consueti nei diversi componimenti di Pirro.
In questa nuova raccolta il richiamo alla natura
contro le mistificazioni della società industriale e
consumistica si trasforma, alla stregua di militanza
ambientalista, quasi in un pianto e un lamento lacerante dell‟animo affinché ognuno vada alla ricerca,
per quanto gli sia possibile, di una natura ancora
incontaminata, soprattutto l‟amata terra degli avi,
quale unico refrigerio a un crudele dissolvimento
irreversibile. In essa l‟autore riscopre i segreti di
una natura rigenerativa, richiamandosi, inavvertitamente, al mondo selvaggio del romanzo pedagogico Emilio o dell‟educazione di Jean Jacques
Rousseau.
Ci sono altri volumi scritti o curati da Filippo
Pirro: primo fra tutti l‟Antologia poetica Il Colore
dell‟Anima, pubblicata presso il Centro Grafico
Meridionale di Foggia nel 1986, in cui ripropone
brani di alcuni poeti pugliesi e aggiunge pure 14
Tavole a colori, che riproducono gli originali ad
acquerello ricostruendo il ritratto ideale degli autori
e dei loro versi.
Infine va ricordata la plaquette intitolata Natale,
edita nel 1996 in occasione, appunto, della ricor62
renza: un insieme di componimenti in lingua e in
dialetto riguardanti le festività natalizie nella tradizione locale, osservate con la lente del periodo giovanile, in cui fanno capolino i rituali sacri e popolari ormai scomparsi insieme a quel magico mondo
natalizio. Anche qui si attesta come figura imperante il carattere volitivo della madre del poeta, come
protagonista di antiche tradizioni nostrane, ma soprattutto come vincolo di passaggio da una generazione all‟altra di tali riti secolari.
Non ci troviamo di fronte a un dialetto oleografico e di maniera, quello riproposto da Pirro nel volumetto, quasi un opuscolo, facendo leva su una
conoscenza diretta della lingua dei padri, ma anche
di altri testi, come la ricca produzione dialettale di
Tusiani, sa imprimere all‟idioma sammarchese la
forza necessaria per renderlo vivo ed attuale, cosa
non sempre facile per chi spesso è alle prese, ve lo
può confermare il sottoscritto, con la scrittura del
proprio dialetto, che è da considerarsi a tutti gli effetti una lingua se non morta, comunque chiusa in
un ristrettissimo ambito comunicativo.
Ricordo una scena di circa venti anni fa – ahimé
come corre il tempo! –, avvenuta in una cella del
convento di San Matteo: c‟eravamo io, il preside
Pasquale Soccio e Filippo Pirro. Il preside Soccio
mi stava dettando alcune Stanze evocative sulla
personalità di padre Agostino Castrillo, francescano, intimo amico dello stesso Soccio, morto in odore di santità. Pasquale Soccio era concentrato al
massimo, rapito da una attenzione certosina di ricercare il lemma preciso per una descrizione pertinente e lineare del personaggio. Un silenzio di
tomba regnava incontrastato: cosa che egli pretendeva indiscutibilmente in siffatti momenti. Con la
coda dell‟occhio notai che Filippo Pirro, con in
63
mano una biro, stava riproducendo su un foglio a
quadretti di computisteria il ritratto di Pasquale
Soccio. Il disegnatore impiegò non più di cinque
minuti per l‟esecuzione dell‟opera. E venne fuori
un ritratto spiccicato: sembrava veramente la fotografia in bianco e nero del Preside, ripreso, strano a
dirsi, proprio in quell‟atteggiamento quasi contemplativo. Ne rimasi esterrefatto. Ciò che mi colpì è
stata l‟immediatezza illustrativa dell‟autore come
se schizzasse sul foglio fugaci ghirigori; invece era
una figurazione grafica perfetta. Pirro regalò naturalmente il disegno al Preside Soccio, ed egli si
compiacque per tanta stima. Non so che fine abbia
fatto quel disegno! Spero che gli eredi del Preside
conservino, tra le altre cose, anche questo soggetto
ben riuscito. Anzi proporrei che, qualora si dovesse
pubblicare qualche studio monografico su Soccio,
esso venisse inserito come foto di copertina.
Scrivendo questa mia breve relazione su Filippo
Pirro immaginavo un ipotetico intervento, come un
deus ex machina, da parte di Umberto Eco, grande
semiologo e narratore. Questi, facendo leva sul
pensiero del filosofo francescano Guglielmo
d‟Occam, protagonista del romanzo Il nome della
rosa, da lui ribattezzato Guglielmo da Baskerville,
ripreso dal titolo di un‟opera di Conan Doyle, Il
mastino dei Baskerville, si sforzerebbe, il più possibile, di illustrarmi i capisaldi del Commentario
alle sentenze, il trattato più importante del pensatore medievale. II professor Eco concluderebbe, suppongo, la piacevole conversazione esponendomi il
concetto di conoscenza intuitiva e conoscenza astrattiva formulato, appunto, da Guglielmo da Occam: facendomi osservare che nella prima confluiscono le menti razionali; mentre nella seconda
quella degli artisti e dei poeti.
64
Volendo operare, pertanto, nei confronti di Pirro
un distinguo per quanto attiene ad alcuni aspetti del
carattere, potremmo azzardare un‟ipotesi alquanto
verosimile alla presunta lezione di Umberto Eco:
cosicché da una parte emerge un‟indole rigorosa e
sistematica e dall‟altra il talento creativo sostenuto
da una buona dose di mansuetudine che lo distingue. Io sono convinto che lui possegga entrambe le
qualità: infatti egli non solo è il modellatore e creatore delle opere, ma sa anche essere un ottimo
manager di tali prodotti. La sua vita pullula e ferve
continuamente di iniziative culturali ad ampio raggio. Non sta mai con le mani ferme: o crea od organizza. Ne sono testimoni le molteplici attività,
non ultima, appunto, la già ricordata costruzione
del Sentiero dell‟anima. E non poteva esserci titolo
migliore poiché in tutte queste cose, al centro del
suo piccolo universo, c‟è proprio 1‟anima
dell‟autore, insieme alla sua indole di artista. Grazie.
Auditorium della Biblioteca Comunale di S.Marco
in Lamis, ottobre 2009.
65
66
Michele Coco
ASFALTO ROSSO DI FILIPPO PIRRO
Non so se Filippo Pirro abbia letto Cosmopolis,
l‟agghiacciante romanzo dello scrittore americano
di origini italiane Don De Lillo.
“Aprile 2000. Mattina, sull‟Est River. Il giovane
miliardario Eric Packer esce dal suo lussuoso attico
a tre piani e sale sulla limousine bianca per andare
a tagliarsi i capelli a Hell‟s Kitchen. È l‟inizio di un
viaggio lungo un giorno che lo porterà ad attraversare Manhattan per andare incontro al proprio destino. Durante il tragitto Packer, ossessionato da
una folle scommessa finanziaria contro lo yen e da
un‟oscura „minaccia attendibile‟ alla propria incolumità, incontra gli uomini e le donne della sua vita
sullo sfondo di scenari erotici o tragici, o enigmatici. Mentre precipita in un‟oscura spirale autodistruttiva si imbatte via via nel funerale di un famoso rapper, in un rave party all‟interno di un teatro
abbandonato, in una protesta antiglobalizzazione
violentemente repressa dalla polizia.”
Ebbene, ho ritrovato questo clima, caratterizzato
da eccessi, nel poemetto che Filippo Pirro ha voluto
intitolare Asfalto Rosso.
Ma se volessimo contestualizzare questo prodotto dell‟ingegno e del cuore, in quale programma
culturale, in quale poetica lo porremmo?
La poesia attuale si svolge per vie così diverse e
spesso contrastanti, che diventa oltremodo difficile
67
dare indicazioni sicure, individuare le tendenze,
tracciare gli orientamenti. Afferma Giulio Ferroni,
nell‟ultimo paragrafo del suo Profilo storico della
letteratura italiana: “È certo che la letteratura, oggi, è in preda a una grande incertezza, rischia di
perdersi in un universo linguistico dominato dai
mass-media: mentre la cultura dell‟immagine e del
post-moderno riducono lo spazio che tradizionalmente toccava all‟esperienza letteraria, e le scritture e i messaggi si moltiplicano in quantità inarrestabile, la letteratura si vede confinata a un ruolo
marginale, che molti giovani scrittori accettano in
modo passivo, accontentandosi di registrare un presente privo di spessore. Nel mondo post-moderno
la letteratura non sembra avere più uno spazio autentico proprio; sembra invece votata a perdersi nel
brusio generale di una comunicazione fine a se
stessa.”
Posto ciò, quale discorso si può tentare per Filippo Pirro?
A me piace molto andare alla ricerca delle ascendenze, dei modelli! Quali sono le ascendenze,
quali sono i modelli di Filippo Pirro? Fino a qui egli è stato un poeta essenzialmente lirico, che si è
nutrito di letture leopardiane e pascoliane. Asfalto
Rosso segna una svolta decisiva. Lo sguardo del
poeta si è proiettato oltre, per indagare le esperienze marinettiane, luciniane, e in particolare le produzioni dell‟avanguardia. Il pasticcio linguistico e
il gioco grafico richiamano subito alla memoria
Giuliani, Pagliarani, Porta, Sanguineti, i cosiddetti
novissimi.
Ma Filippo Pirro ha tagliato del tutto con la nostra tradizione lirica? Vediamo un po‟. Asfalto Rosso è un poemetto. Vi è un‟Antifona, seguono ventitré pezzi, intitolati ciascuno con il nome di
68
un‟automobile e la targa; a chiusura abbiamo una
sorta di trenodia intitolata Kyrie Eleison.
L‟Antifona elenca quarantacinque modelli
d‟auto attraverso dodici endecasillabi. Tre quartine
precedute da terzine che indicano ellitticamente
l‟evento disastroso. I tre versi della prima terzina
sono due settenari, il primo dei quali franto in due
versicoli e il secondo esprime, attraverso tre voci
verbali in crescendo, una sorta di climax. La seconda terzina è costituita da un endecasillabo con forte
cesura dopo la sesta e da un settenario. La terza da
due endecasillabi, il primo dei quali è svolto in due
emistichi. V‟è, infine, una quarta terzina: un endecasillabo e un settenario frammentati in quattro
versicoli ungarettiani.
Ho voluto soffermarmi sulle misure metriche
adottate da Pirro. L‟incanto lirico della sua prima
stagione non s‟è rotto del tutto. Ritornano gli endecasillabi e i settenari, i versi più classici della nostra
tradizione poetica, a rivestire contenuti di estrema
attualità e, per certi aspetti, proiettati violentemente
in un futuro che, alla luce del presente, si prefigura
ancora più violento.
Pirro, insomma, già nell‟Antifona ci indica la
strada che percorrerà la sua ispirazione: un sentimento doloroso per la realtà e un sentimento pietoso per l‟uomo che, suggestionato dal mito della
perfezione tecnologica, va incontro ineluttabilmente alla sua autodistruzione.
Crudele
ignara benna
stritola schianta artiglia
AlfaromeoGiuliettaMaserati…
69
I ventitré pezzi, di cui si diceva prima, sono la
rappresentazione icastica di ventitré incidenti stradali mortali. L‟autista del primo, intitolato Tempra
TO-G34769, guida meditando sulla filosofia di
Husserl e su un avvenimento che ha cambiato il
volto della storia, la caduta del muro di Berlino.
Ora che l‟ideologia marxista è così miseramente
fallita, dov‟è la libertà, egli si chiede. Ma un autotreno, saltando la corsia, gli piomba addosso. Ecco
la verità. La morte violenta e improvvisa. La morte
che tronca ogni illusione di benessere, ogni sensazione di agiatezza. Questa volta Pirro ricorre al verso libero, ma anche qui la musica dell‟endecasillabo
e del settenario si fa strada tra lo stridore di lessemi
come Marx, doppler, air-bag.
Il proprietario della Chamade TO-D665787 ci
ricorda il giovane miliardario di Cosmopolis. Egli
ha fretta di arrivare, ha un appuntamento in borsa e
poi l‟appalto, la transazione, la fideiussione. Ma
anche lui capita in un ingorgo spaventoso. Schiaccia a tavoletta l‟acceleratore, passa col rosso. Ma la
nebbia non gli fa notare due improvvisi stop che gli
si parano improvvisi davanti.
Un aspetto da mettere a fuoco nella poesia di
Pirro – come scrive Cosma Siani nella Prefazione
all‟opera – è il trattamento del lessico: terminologia
contemporanea (doppler, air-bag), con inserti mistilingui anche non gergali (boia fauss, rien ne va
plus), onomatopee da fumetti (crash). A simile impasto linguistico si mescolano richiami di formazione classica (Husserl e Marx). Questa variegata
ingegneria espressiva che Pirro si è creata viene tenuta insieme da un fondo lirico affidato in primo
luogo alla prosodia – un ritmo di endecasillabi, variato da versi liberi e occasionalmente colorito di
rime.
70
Tutti endecasillabi e settenari sono i versi di
Chamade, il secondo pezzo di cui si è detto, anche
se gli ultimi due, preceduti da un trisillabo e un settenario, sono frammentati in quattro emistichi, quasi a imitare il suono di una campana a morto:
la firma del destino
sull‟asfalto
vecchio croupier
Monsieur, rien ne va plus.
Molto bello è questo finale, dove è possibile avvertire un profondo sentimento di pietà da parte del
poeta per la tragedia che sembra essersi consumata
sotto i suoi occhi.
L‟endecasillabo, il verso più glorioso della tradizione lirica italiana, che dal Petrarca si snoda attraverso una ricerca, sempre più preziosa, degli effetti musicali, fino e oltre il Leopardi, domina anche in tutti gli altri brani del poemetto. Non ci meraviglia. L‟educazione classica di Filippo Pirro non
poteva essere del tutto soffocata dall‟esprit expérimental, che pure lo lusinga. D‟altra parte, anche i
poeti più recenti, Roberto Mussapi, Valerio Magrelli, Maurizio Cucchi, Vivian Lamarque, Patrizia
Valduga soprattutto, per non parlare dei meno giovani, Maria Luisa Spaziani, Giovanni Giudici, Giovanni Raboni, recentemente scomparso, hanno riscoperto la musica dell‟endecasillabo e le strutture
metriche di una volta: per esempio il sonetto.
Era naturale che così fosse, cioè che le nuove
generazioni, al di là delle apparenze e delle mode
spettacolari che continuamente si accumulano e si
dissolvono, si siano riaccostate con uno sguardo
nuovo alla tradizione, per esprimere una nuova co71
scienza razionale e civile, un nuovo senso della
memoria e del nesso tra passato e presente.
Pirro non si è dimenticato della sua giovanile
esperienza. Gli strumenti metrici e prosodici che
egli usa sono gli stessi di allora. Solo i contenuti
sono mutati. Non è mutata nemmeno la nostalgia
per un mondo mitico di bellezza e di pace, sempre
insidiato dalla violenza della modernità e dalle illusioni della tecnologia, che avrebbe dovuto portare il
progresso, invece porta solo lutti e rischi continui.
Specialmente nei mesi dell‟estate, la televisione
ci comunica, ad ogni fine settimana, il numero dei
morti e dei feriti che si contano sulle strade italiane.
Sono dei veri e propri bollettini di guerra. E i caduti
sono per lo più giovani affascinati dall‟ebbrezza
della velocità, desiderosi di sperimentare, una volta, una sola volta, l‟allucinazione. Sono diciottenni
che trascorrono la notte in discoteca e verso l‟alba
decidono di tornare a casa imbottiti di alcol e di
droga. Ma a casa non arriveranno mai. Basterà una
curva a troncare le loro vite.
papy saprà trovarmi un posto in banca
150 e poi successo e sesso
sesso 160... DIO
LA CURVA
Sono i versi finali di Ypsilon 10 AC 483 TZ. Ma
tutti i brani di Asfalto Rosso si concludono con una
morte violenta, con la sconfitta dell‟uomo e dei
suoi miti: il successo, il sesso, la velocità senza limiti, il divertimento senza freni. Se non è una curva
a decidere il destino, sarà un tir che “col suo ruggito ... gli fa dono/d‟incontrare l‟eterno”, o “un pilone
in calcestruzzo”.
72
A morire sulla strada, a colorare di rosso
l‟asfalto non sono soltanto, purtroppo, giovani insensati, ma anche padri di famiglia, come succede
in Uno BA 985478. O giovani immigrati extracomunitari che si riempiono lo stomaco di birra dopo
aver lavorato tutto il giorno alla raccolta dei pomodori. Alì e Ibrahim sognano Medina, e la fetta
d‟anguria ricorda loro la mezzaluna rossa. Molto
bella questa poesia intitolata 850 FG 232764. La
targa ci fa subito capire che la disgrazia è occorsa
nelle nostre campagne. Merita di essere letta:
Tornavano al tramonto smarmittando
sull‟interpoderale crivellata
verso il casone putrido violato
sporchi di oro rosso
Veramente meriterebbero di essere lette tutte. II
tema è sempre lo stesso. Un‟intera collana di poesie
sull‟evento “incidente automobilistico” è cosa insolita, dice Siani nella citata Prefazione. “Questo ha
fatto Filippo Pirro componendo Asfalto Rosso: un
serto di testi che ha una sua fisionomia, forse non
colta subito nella convenzionalità del titolo. Asfalto
ci rimanda alle rotabili, rosso al sangue versato su
di esse – sistema di segni fin troppo semplice e di
quasi ovvio valore simbolico. Non ovvia la raccolta
in sé, né la complessiva, sapiente costruzione di
Pirro.”
L‟unicità del tema poteva far correre a Pirro il
rischio di riuscire monocorde e scontato. Invece
non è così. Il tema unico dell‟incidente automobilistico dà a Pirro l‟opportunità di raccontare ventitré
storie diverse, con ventitré protagonisti diversi,
rappresentanti di una varia umanità. Ci sono i giovani delle stragi del sabato sera, gli immigrati nor73
dafricani, l‟uomo d‟affari, il padre di famiglia, la
top-model con le gambe patinate, lo sguardo sexy,
il crocifisso nel decolté abissale, inghiottita dal nulla “nel salto del viadotto dopo il tunnel”. Forte questo endecasillabo, direi mimetico. Come mimetici
mi sembrano i tre endecasillabi che chiudono il
brano intitolato Maserati MI Z666666.
Sono tre endecasillabi frantumati in sette versicoli, quasi ad imitare l‟andamento dell‟auto verso
la morte. Una sottile ironia (mista a pietà) serpeggia in questi versi. Il proprietario della Maserati, un
ricco uomo d‟affari, è convinto che la sua fortuna
sia dovuta alla congiunzione e alle ascendenze dei
segni zodiacali. Ma ora che la morte violenta lo ha
raggiunto, le costellazioni sono lassù ad attenderlo.
Saprà districarsi tra le innumerevoli vie del cielo?
Di solito sulle strade sono le auto piccole, le utilitarie, ad avere la peggio. Ma spesso anche le macchine di grossa cilindrata sono coinvolte nelle stragi. Anche i Tir talvolta sono sopraffatti. Anche i
Tir, che sembrano riconoscere come unica legge
quella darwiniana della selezione naturale, soccombono alla bruta legge del più forte. Vedi Tir BO
S665389,dove il tyrannosaurus rex, che godeva di
asfissiare di ottani le pulci utilitarie e si beava della
visione delle donne adesive dei poster del calendario Pirelli, è ridotto a impotente scarafaggio kafkiano sui binari di un Espresso. Icastica è questa immagine. Nel famoso racconto di Franz Kafka Gregor Samsa si sveglia una mattina, dopo una notte di
incubi, trovandosi trasformato in un enorme insetto.
Anche il Tir nello scontro col treno ha subito una
metamorfosi totale: un ammasso anonimo di lamiere, un oggetto non più riconoscibile.
L‟autista della Ritmo CB 354342 è forse un contadino che a cinquant‟anni ha ottenuto la patente e
74
gode di percorrere con la sua macchina nuova
fiammante il nastro bitumato. Finalmente ha potuto
lasciare il carro e il mulo, coi quali attraversava lo
sterrato di fango e di pietre. Non ha dimenticato
tuttavia le sue umili origini, anzi, mentre avanza
con la sua Ritmo, beato della conquista di quel moderno mezzo di locomozione, con la memoria ritorna alla vita semplice dei campi risuonanti del canto
dei grilli nella sera quando i cigli del tratturo si
riempiono festosi di papaveri. Tutto rivede come in
un sogno, improvvisamente troncato dall‟arrivo in
contromano di un‟Alfa. Qui Pirro sembra ritornare
al canto spiegato della Casa del Bosco. Gli endecasillabi e i settenari si distendono in una musica vibrante e appassionata, che meglio di qualsiasi altro
registro può suggerire lo stato d‟animo di pietà che
presiede l‟ispirazione.
Asfalto Rosso è poesia oggettiva, programmaticamente sliricata. E tuttavia, davanti a certe situazioni, Filippo non riesce a conservare la freddezza,
l‟indifferenza, l‟estraneità dello spettatore imparziale. Anzi, spesso si commuove, quando non
s‟indigna, quando non sfodera i1 suo sarcasmo dissacratore.
Tra gli incidenti mortali famosi Filippo ricorda
quello che ebbe come vittima Diana Spencer, la
moglie di Carlo d‟Inghilterra. Il brano è intitolato
Mercedes PA 765 RZ. La giovane principessa tenta
di sfuggire alle raffiche dei flash dei paparazzi, decisi nella loro protervia a violare la sua privacy. Ma
le pareti di un tunnel interrompono bruscamente i
suoi sogni. Endecasillabi con l‟accento sulla sesta
mimano perfettamente l‟assedio dei fotografi e
l‟inutile corsa senza freni. La “gazzella tradita/inseguita”, la Cenerentola che ha sognato l‟amore
oltre ogni fede e ogni bandiera, non è riuscita a tor75
nare a casa. Ma forse sullo sfondo della retina dei
suoi occhi sono rimaste ferme per sempre le immagini della favola incantata delle sue nozze, dei volti
dei biondi principini, dell‟incontro con Maria Teresa di Calcutta. In quei begli occhi, ancora aperti, sui
quali turbinano impietosi gli scatti indiscreti dei
paparazzi.
Ancora una volta il metro adottato da Filippo è
l‟endecasillabo, come si è detto. Ma qui non mancano i settenari: misure più corte che sembrano voler determinare pause di pensoso raccoglimento nel
racconto dei fatti violenti.
Molto bello è anche il brano ispirato alla strage
di Capaci e intitolato Citroën PA G554007. Non è
solo il giudice Falcone a saltare in aria, ma tutta la
Sicilia, con i suoi filosofi (Archimede ed Empedocle), le sue sante (Lucia e Rosalia), i suoi scrittori
(Sciascia e Bufalino). Bellissimi, intensi i due endecasillabi finali, dei quali il primo è frantumato in
due emistichi, quasi a simboleggiare la terribile deflagrazione.
Tutti e venti i brani che compongono il poemetto
sono degni, come ho già detto, di essere letti e
commentati. Mi soffermerò ancora un po‟ su quello
intitolato Miniminor UD 859773. L‟ho scelto per la
delicatezza, il pudore con cui Filippo affronta
l‟argomento. Due giovani innamorati viaggiano in
auto, lei perduta sulla spalla di lui, e ascoltano musica, le canzoni di Fausto Leali, di Baglioni e di
Battisti. Ma all‟improvviso una potente Kawasaki
piomba sul lunotto dell‟utilitaria a troncare la loro
felicità e i loro sogni. Sognavano le nozze in chiesa, l‟organo, il coro. E invece ora un telo bianco li
ricopre “sul talamo d‟asfalto/in casto petting”. Molto bella è l‟immagine dei due giovani paragonati ai
fidanzatini di Peynet.
76
L‟ultimo brano del poemetto è dedicato al delitto Moro. Anche qui una macchina, la famosa Renault, fatta trovare in via Caetani, funge da bara per
il grande statista democristiano ucciso dalle Brigate
Rosse. La poesia è sempre dissimile dalla storia o
dalla cronaca. Procede per allusioni, per immagini.
Rifiuta gli accadimenti concreti. Il nome di Moro
non è mai pronunciato esplicitamente, né quello di
Papa Paolo VI che dal Vaticano grida il suo appello
ai rapitori. Ma basta un solo verso, un solo endecasillabo, per raccontare un‟intera vicenda. La stella a
cinque punte sul capo del prigioniero è come un
I.N.R.I. sul capo del Crocifisso.
Il poemetto si chiude, come si diceva all‟inizio,
con un breve salmo: Kyrie eleison, in latino Miserere mei, Deus, che è l‟inizio del salmo 50. La triplice supplica esprime il dolore del poeta per tutte
le morti violente, simboleggiate da quelle lamiere
attorte, mutilate, sulle quali pietosa scende la pioggia simile a un pianto celeste.
Apparentemente il salmo è composto da ventotto
versicoli, ma in sostanza si tratta di nove endecasillabi. Ancora una volta Filippo è attento al suono,
alla musica dei suoi versi: una musica franta, vibrante, così come richiede la tragicità dei contenuti.
Auditorium della Biblioteca Comunale di S.Marco
in Lamis, ottobre 2009.
77
78
Domenico Guerra
ASFALTO ROSSO
La novità di questo libro consiste nella capacità
dell‟autore di mescolare codici, linguaggi, immagini e di fondere varie espressioni artistiche, scientifiche, culturali in un pastiche postmoderno. Ma è
altrettanto interessante il fatto che in questo
pastiche la poesia viva di vita propria, nella capacità del poeta di cogliere l‟uomo, la sua fragile umanità e inconsapevolezza, nel ritmo frenetico della
sua giornata e nel fatale incontro-scontro con la
morte, pochi attimi prima della tragedia, quella degli
incidenti che arrossano l‟asfalto quotidianamente.
Di questo gusto del pastiche non abbiamo indizi
nelle precedenti raccolte, dove si può parlare se mai
di un atteggiamento ironico del poeta rispetto alle
novità della tecnologia e al comportamento
dell‟uomo. In Ombre tra le doline, per esempio, il
pennacchio a cherosene di un jumbo che romba e
sbava, attira l‟attenzione di un Titiro in jeans; sulla
superstrada il pastore baratta lo zufolo di canna con
una poliglotta scatoletta (Titiro ‟82) e tutto invade
il Moloch con la sua bava di plastica (II Moloch); i
clacson braccano il silenzio fino a notte e il sabba
delle antenne sotto il cielo di nafta distrugge il mito
della famiglia e del focolare domestico (Dove). Pirro esprime in forma poetica la sua condanna per
tutto ciò che è contrario alla natura e all‟uomo, alla
tradizione della famiglia, alla civiltà della bellezza.
79
Nel poemetto Asfalto Rosso, il poeta compie un vero e proprio salto giù nell‟inferno del mondo contemporaneo, precisamente sulla strada, on the road
per dirla con Kerouac, dove l‟uomo affronta la sua
giornata e corre incontro al destino. Pirro si colloca
da un diverso punto di vista, quello del guidatore
nell‟abitacolo dell‟auto.
Ogni testo ha come titolo il nome di un‟ automobile e la targa: è come presentare per ogni auto
una breve storia con i suoi protagonisti; tante storie
che costituiscono poi una vera e propria casistica
degli incidenti stradali.
Ma tante storie che fanno pensare, per certi aspetti, a una moderna Antologia di Spoon River
(1914-15). Anche nel libro di Lee Masters c‟è un
collage di storie tristi, il racconto dei mille casi della vita che hanno portato alla morte. Ma bisogna
sottolineare subito le differenze: nell‟Antologia sono le stesse vittime gli attori e i narratori della loro
storia, che è spesso il bilancio di una vita; inoltre
l‟autore presenta veri e propri ritratti di persone vittime di incidenti o di un crudele destino, ma anche
delle maldicenze e ipocrisie tipiche dell‟ambiente
puritano americano.
Nel suo poemetto Pirro, invece, ricostruisce in
sintesi efficace la situazione morale, spirituale o
psicologica in cui si trova la vittima pochi istanti
prima dell‟incidente; si può dire che colga l‟uomo
nel suo inconsapevole appuntamento con la morte,
che può essere dietro l‟angolo. Sono storie di tutti i
giorni, dove la drammaticità di un incidente non fa
più notizia, non è più avvertita; allora è la poesia a
scavare tra le macerie, ad ascoltare il vento che
suona attento tra le lamiere, quel vento fatale che
ha travolto la vita, ad approfondire una sorta di archeologia della vita, a penetrare oltre la cronaca,
80
nel mistero del cuore umano, nella rissa dei pensieri o nella placida intensa illusione di un momento
di passione e di trasporto.
Il destino è in agguato alla coppia di amanti che
sono soli nell‟abitacolo e senza alcun sospetto. Il
pensiero corre ai celebri versi di Dante: Noi leggiavamo un giorno per diletto/ di Lancialotto come
amor lo strinse… quel giorno più non vi leggemmo
avante. Un viaggio programmato come momento di
felicità e di approdi verso il sogno può essere senza
ritorno. Dopo la tragedia, sulle vittime splende il
chiaro di luna come un abat-jour nella notte fatale,
l‟anima vaga sperduta nello spazio cosmico, animula vagula blandula violentemente scacciata dal
corpo martoriato in cui era hospes comesque.
Con un volo pindarico, oserei dire, Pirro dal caos
della materia si solleva a meditazioni che hanno
l‟effetto di sospendere il tragico in una contemplazione di ascendenza vagamente pascoliana che introduce nel mistero dell‟aldilà: dopo l‟incidente
mortale, l‟anima vaga smarrita e Chi mai gli insegnerà/ ora/ la strada oltre Plutone, Cigno, Cassiopea… (Maserati). Il sogno futurista della marinettiana automobile da corsa, che permette all‟uomo
di librarsi al di sopra della terra immonda ed entrare nell‟inebriante fiume degli astri nel gran letto celeste, in questi versi si dissolve in atmosfera di
smarrito stupore e sbigottimento.
Pirro si avvale, in chiave sarcastica, di quella
stessa valorizzazione fonica che troviamo in Marinetti ma la fa passare strizzando un occhio al gusto
del postmoderno, anche attraverso il linguaggio visivo e fumettistico: CRASH, SBANG, VRAHANG;
dà spazio anche alla pagina tipograficamente pittorica, come facevano i futuristi (si ricordi il famoso
Adrianopoli assedio orchestra, Zang tumb tuuum );
81
usa una varietà di corpi tipografici, la sincronizzazione grafica di suoni e colori. La parola viene potenziata da effetti visivi di ingrandimento a rappresentare l‟istante in cui l‟occhio umano vede per
l‟ultima volta oggetti e ostacoli contro cui si schianterà: così, con una sintesi di gusto postmoderno, il
poeta coglie l‟attimo tragico della collisione.
Complice della tragedia è molto spesso la musica, soprattutto quella giovanile che diventa la colonna sonora di tante storie d‟amore infrante, spezzate all‟improvviso, o di tante storie di sacrifici
senza approdi.
La morte è l‟improvvisa rivelazione della realtà
tragica della vita. L‟uomo può essere ghermito dalla morte anche nel mezzo di una meditazione filosofico-esistenziale; ci riferiamo ai versi iniziali del
primo testo, che porta il titolo Tempra: Epochè,
mettere in parentesi...: è la situazione dell‟uomo
che, anche viaggiando alla guida di un‟auto, medita
filosoficamente sulla problematicità dell‟esistenza.
Una situazione che non a caso è ipotizzata in apertura del poemetto, in quanto si arricchisce di sensi
metaforici che investono tutto il libro, in cui protagonista è l‟uomo del nostro tempo, privo di certezze, in balia del caso, della tyke dicevano i Greci, e
sempre più fortemente necessitato in un ingranaggio che non ammette errori.
Ogni giorno assistiamo sul piccolo schermo a
una martellante pubblicità che fa scorrere le autovetture splendenti in un silenzio vellutato, pieno di
placida vitalità, conforto; l‟auto mette in movimento i sogni, ma nel libro di Pirro essa è libertà e prigione, luce e tenebra, diventa uno dei simboli delle
magnifiche sorti e progressive del nostro tempo
(Leopardi). La strada, che un tempo era un luogo
dell‟anima, nel mondo contemporaneo diventa il
82
cordone ombelicale che riannoda l‟uomo al suo nido. Si ripete la tragedia dell‟uomo che torna al suo
nido ma non lo raggiunge (Uno).
Fa parte, a mio parere, della concezione estetica
postmoderna anche l‟invenzione linguistica che è
un aspetto importante del poemetto. Pirro è attento
al suono e al colore delle parole, usa anche voci
straniere (nonchalance, rap, croupier, doppler,
air-bag, cloche, caterpillar) e realizza un impasto
linguistico che va dal mondo dell‟economia a quello della moda, del cinema e della televisione, della
scienza o anche, più efficacemente, a quello visivo,
pittorico. Lo stop si ingrandisce in zummata, la scia
nera sull‟asfalto diventa la firma del destino; accanto al lessico della tecnologia, appaiono espressioni
della poesia alta, classica: il naufragare dolce
dell‟auto sotto lo chassis di un Tir (Panda) rovescia
in tragedia la placida e avventurata contemplazione
leopardiana dell‟infinito; l‟apparire del vero al
momento dello schianto (Tempra) ha, come in Leopardi, un significato di dolorosa rivelazione.
Pirro assume anche la macchina come luogosimbolo delle grandi tragedie politiche del nostro
tempo, come in Renault 4: la macchina risparmiata
dal caterpillar e destinata poi a diventare la bara
dove fu deposto il corpo senza vita di Aldo Moro,
diventa figura della dolce e infelice madre di Cecilia, il personaggio manzoniano dei Promessi Sposi.
La macchina viene dunque umanizzata? Direi che
essa diventa strumento del destino umano.
II poeta sa variare il registro tematico con mano
sapiente passando, attraverso la cronaca, anche a
spunti favolistici: sulla strada muore la favola della
giovinezza e dell‟amore Nel tunnel muore il sogno/
mezzanotte rintocca/ Cenerentola (Mercedes). La
cronaca è attraversata da un lampo di poesia, la poe83
sia dell‟incanto del sogno; attraverso la favola di
Cenerentola il poeta allude a un personaggio noto,
la cui tragica fine ha commosso l‟opinione pubblica
del mondo: la principessa Diana.
Un altro testo importante del poemetto è Citroën:
pochi istanti precedono il tragico attentato mafioso
di Capaci che costò la vita al giudice Falcone, alla
moglie e alla loro scorta. Con poche metafore
(l‟idra nel cuore del Palazzo, l‟inferno di lapilli,
l‟asfalto che deflagra) il poeta entra nei pensieri
dell‟uomo, ne scandaglia le più segrete pieghe e
compone un quadro apocalittico in cui da una parte
la grande Grecia, rappresentata dalle figure di Empedocle e Archimede, dall‟altra la cristianità rappresentata dalle figure di Santa Lucia e Santa Rosalia e lo stato di diritto, di cui sono difensori scrittori
come Sciascia e Bufalino, sono scossi dalle fondamenta. Il cosmo, opera della civiltà del pensiero,
diventa caos.
Alla fine del poemetto Pirro vuole stendere sulla
tragedia degli incidenti un velo di pietà. Sul triste
scenario di morte in cui si accumulano lamiere sui
corpi umani straziati, passa il vento così come trascorrono le stagioni della natura, della vita, i ricordi
del passato; non sono i morti di una battaglia, perciò la triste notizia passa nell‟indifferenza generale,
anzi fa parte del ritmo stesso della giornata
dell‟uomo di oggi. Dopo l‟inferno dell‟asfalto rosso
Pirro nella conclusione del libro, con il Kyrie eleison non vuole soltanto innalzare una preghiera per
riscattare dalla polvere tanta umanità straziata, ma
vuol riaffermare la superiore forza della parola,
vuol dire che alla fine è il Verbo che riporta
l‟ordine nel caos, è la parola di Dio che getta luce
nella tenebra e continua il miracolo della speranza e
della vita anche dopo che la morte ha seminato
84
strage e dolore. Così nell‟Antifona abbiamo
l‟elenco delle auto diventate lamiere in cui si è consumata la tragedia, una nomenclatura declinata nella misura serrata dell‟endecasillabo, quasi a significare che la forma è tornata allo stato di materia informe: è su questo scenario cimiteriale che risuona
il canto conclusivo e pacificatore del Kyrie eleison.
Monte S.Angelo, ottobre 2009.
85
86
NOTA SULL’AUTORE
Nativo di S.Marco in Lamis, ove risiede, Filippo
Pirro opera nel campo artistico oltreché letterario.
Fondamentale la sua decennale permanenza a
Torino negli anni Settanta, dove, oltre al conseguimento della laurea in Filosofia con Pareyson e Vattimo, ha potuto affinare le sue innate capacità
espressive nei diversi campi della grafica, della
pittura, della scultura, della letteratura, della musica. Sue opere in pittura e scultura, infatti, oltreché
in collezioni private, sono presenti in luoghi pubblici di varie città italiane.
Per la poesia e l‟incisione ha pubblicato le raccolte:
La Casa del Bosco, La Vallisa, Bari,1982 (premio
Città di Salerno).
Quel Segreto sui Monti, Quaderni de Il Provenzale, Foggia, 1985 (premio Città di Avellino e Il
Prometeo d‟argento, città di Viterbo).
Il Colore dell’Anima, Centro Graf.Merid., Foggia,1986.
Ombre tra le Doline, BoseGiEsse, Enna, 1987
(premio Il Barrese, città di Enna; premio città di
Cortona).
La Via dolorosa, Ed.Paoline, Roma,1988.
Natale, Grafilandia, Foggia, 1996 (in dialetto, premio Regioni d‟Italia Piedimonte-Catania).
La Caduta dei Valori, Galleria Torre, Torino,1975.
Ritorno al Sud , stamperia Fioccardi, Torino, 1976.
87
Omaggio a Manzoni, Grafilandia, Foggia, 1986.
Lungo la via sacra dei Longobardi, ed. La Pietra,
Martina Franca, 1990.
Cinque rose per Padre Pio, Grafilandia, Foggia,
1992.
Le Radici del cuore, Grafilandia, Foggia, 1996.
Artet, Lavello, 1999.
Nel 2003 ha inaugurato, con il figlio Antonio, Il
Sentiero dell’Anima, un suggestivo percorso poetico-artistico nella natura.
.
Numerosissimi i riconoscimenti della critica più
qualificata, di cui riportiamo solo alcuni giudizi:
Hay mucha verdad y mucha autenticidad en tus
obras. Hacìa tiempo que no encontraba en la
poesia ni en la pintura italianas algo tan profundo
y tan sencillamente expresado.
Eloy Sanchez Rosillo, Murcia, España.
Un linguaggio forte e risentito, quello di Filippo
Pirro, ricco di immagini di assoluta coerenza
sull‟onda di un ritmo franto e al tempo stesso
vibrante.
Ferruccio Ulivi, Giorgio Caproni, Elio F.Accrocca.
88
89
INDICE
9
15
19
21
22
24
25
26
27
28
29
30
32
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
46
47
49
53
55
67
79
87
Prefazione
Antifona
Vento tra le lamiere
Tempra
Chamade
Panda
Ypsilon10
BMW
Uno
850
Nissan
Jaguar
Rolls-Royce
Suzuki
Maserati
Tir
Croma
Ritmo
Honda
Mercedes
Citroën
Miniminor
Uno
Renault
Giulietta
Renault 4
Kyrie eleison
Interventi critici
Leonardo Aucello
Michele Coco
Domenico Guerra
Nota sull‟autore
Stampato in Italia
nell‟aprile 2011 per conto di
LibertàEdizioni
Scarica

asfalto rosso - Libertà Edizioni