LibertàEdizioni Filippo Pirro ASFALTO ROSSO POEMETTO LibertàEdizioni ad Anna mia dolce autista ASFALTO ROSSO PREFAZIONE Una poesia su un incidente d‟auto è quasi scontata per chi si cimenti nella scrittura creativa e per chi la pratichi da persona già affermata, così comune è tale evento nella sfera d‟esperienza di ognuno. Ma un‟intera collana di poesie sull‟evento “incidente automobilistico”, per quanto mi consta, è cosa insolita. Questo ha fatto Filippo Pirro componendo Asfalto rosso: un serto di testi che ha una sua fisionomia, forse non subito colta nella convenzionalità del titolo. Asfalto ci rimanda alle rotabili, rosso al sangue versato su di esse – sistema di segni fin troppo semplice e di quasi ovvio valore simbolico. Non ovvia la raccolta in sé, né la complessiva, sapiente costruzione di Pirro. Abbiamo ventitré brani, riuniti in una sezione centrale dall‟intestazione “Vento tra le lamiere”, anch‟essa simbolicamente prevedibile: dopo i referenti a cui ci rinviano l‟asfalto e il rosso, non possiamo che aspettarci lamiere – probabilmente quelle attorte a cui ci ha avvezzati la cronaca televisiva. Ciascuna delle poesie è intitolata a un modello d‟automobile o a una casa produttrice d‟auto, e identificata addirittura da una targa completa (che sarà magari di invenzione, ma è da noi recepita come segno reale o realistico). Anche questa è esperienza comune nei centri abitati (è orgoglio di certi genitori il pargolo che riconosce a colpo d‟occhio marca e modello delle auto di passaggio), ma meno comunemente sistematizzata in raccolte 9 di poesia. E così abbiamo un impianto, una architettura tutto sommato originale, eppure strettamente legata al nostro vissuto. Questo basterebbe ad assicurarci della volontà dell‟Autore di accedere a contenuti moderni, non attraverso casualità o rapsodicità di osservazione, ma secondo uno schema pensato, e quindi una disciplina, cioè un‟esperienza riflessa e ordinata nella propria dimora psichica. E ciò già lo raccomanda alla nostra attenzione. Ma non basta, poiché non ci troviamo su terreno filosofico o sociale, ma in quel territorio altamente velleitario (sic) che è la creazione poetica. E perciò ci aspettiamo che i dati che l‟Autore pretende di socializzare, e con noi condividere, vengano da lui veicolati in parole, modi, espedienti retorici che li rendano interessanti e duraturi nella mente del lettore, cioè veicolati in maniera “comunicativa” sotto specie poetica. Che‚ se così non fosse, anche un catalogo o un resoconto giornalistico potrebbero rimpiazzarli. Ed ecco che Pirro usa intanto espedienti grafici: maiuscoli improvvisi, varietà di caratteri, lettere che gradualmente crescono in altezza (quanto aiuta, oggi, l‟uso del computer come tipografia domestica!): elementari artifici da desktop che celano al fondo una storia di ibridazioni con il visivo neanch‟esse nuove (a voler indugiare un po‟, risaliremmo se non ai calligrammi apollineriani e a estrosità futuristiche, un poco certo al coup de dés, il “lancio di dadi”, di Stephane Mallarmé, almeno per quel suo uso di vistosi maiuscoli). Pirro non si spinge fino a scomporre i blocchi grafici e “spargerli” sulla pagina; ma non è del tutto forzato un richiamo alle figurazioni e al visivo, poiché l‟Autore, al di là del suo lavoro di insegnante di scuola superiore, è anche 10 pittore e scultore popolare nella zona in cui vive, la Puglia dauna. L‟altro aspetto da mettere a fuoco è il trattamento del lessico: terminologia contemporanea (air bag, cellulare, CD, ralenti), con inserti mistilingui anche non gergali (seta soft, Insh‟Allah, nuovo look, boia fauss, rien ne va plus), onomatopee da fumetti (crash, sbang, wraaang). Segni di modernità che si coniugano ad altri referenti lessicali del nostro vivere giornaliero: i cantanti pop chiamati per nome, le parole delle canzoni che informano la nostra vita, i vezzi linguistici borghesi (adagio papy), nomi di stilisti famosi fusi in un endecasillabo (nel brano Nissan). Sotto quest‟ultimo aspetto, Pirro eccede in virtuosismo nel primo testo della raccolta, che fa sezione a sé, col titolo Antifona, dove elenca quarantacinque marche o modelli d‟auto infilati in dodici endecasillabi. A simile impasto linguistico si mescolano richiami da formazione classica: Husserl e Marx, Saffo, Archimede, Empedocle; e richiami lessicali (e chiaramente contenutistici) a certa realtà sociale: per esempio l‟immigrazione (Alì, io risparmiare…) o la strage di Capaci. Da aggiungere a tutto questo qualche caso di sillabazione o, forse, balbettio in versicoli (Co me in re play…). Questa variegata ingegneria espressiva che Pirro si è creata viene tenuta insieme da un fondo lirico affidato in primo luogo alla prosodia – un ritmo di endecasillabi, variato da versi liberi e occasionalmente colorito di rime – e poi a scorci descrittivi accennati, a tratti di sentimento (il pathos è l‟estremo di questa tensione, ma serpeggia senza venire allo scoperto); infine al contrasto tra la truculenza dell‟incidente e il sogno di aspirazioni terrene, spezzate e finite nell‟evento tragico. 11 Tutto questo è sufficiente – confiderei – a dare idea dell‟amalgama linguistico e del tipo di comunicazione a cui la raccolta ci espone. Ma non puramente linguistico: Pirro non è poeta sperimentale “puro”, impegnato cioè sulla forma di per sé: più che esperimento formale il suo è realismo, quasi rispecchiamento dell‟universo semiologico che plasma le nostre vite. Gli interessa tale realistica veicolazione per dare un proprio giudizio, benché implicito, sull‟evento intriso di quel linguaggio e di quei segnali. E sbocchiamo nell‟ideologia sottesa al mondo qui rappresentato e all‟Autore. Ideologia tutto sommato tradizionale, e affiorante nel rituale religioso a cui rimandano i due isolati brani d‟apertura e di chiusura, con i titoli di sezione loro assegnati: Antifona e Kyrie eleison. Rimandi a una formazione religiosa che è bagaglio giovanile dell‟Autore. Una volta detti tutti questi elementi, indebitamente isolati e tolti all‟unità del loro momento compositivo, bisogna aggiungere che l‟interesse complessivo, l‟attrattiva, non è in questo o quello degli aspetti evidenziati, per quanto possiamo apprezzare certo lirismo o l‟esperimento moderno, o ci possa consolare il fondo religioso opposto alla disgrazia. L‟abilità dell‟Autore sta nell‟aver saputo creare l‟insieme, equilibrando tutti questi elementi, e diciamo anche armonizzando le pulsioni che lo hanno mosso: né troppa indulgenza al sentimento umanitario, né gusto esclusivo del gioco verbale. 12 È il cammino compiuto da Pirro fin dagli anni giovanili, in cui scrisse versi in gran parte memoriali e di sentimento privato (aspetti che oggi riserva, con risultati buoni, a esercizi nel suo vernacolo garganico). Ed è cammino che qui viene palesemente attestato e accreditato. Cosma Siani 13 14 Antifona 15 16 Crudele ignara benna stritola schianta artiglia AlfaromeoGiuliettaMaserati JaguarMercedesGolfBugattiFord ToyotaTwingoPandaCabriolet RoverVolvoNissanLanciaPeugeot Ruggine di pietà ricopre il vento sotto la luna assorta SeicentoCinquecentoPuntoKà CentoventottoCentoventisette OttocentocinquantaMillecento DauphineGiemmeCryslerPassatPrinz Concorrenza spietata affratellata in reliquiari di ultimi sospiri FerrariFiatOpelCitroën BalillaTopolinoLimousine RollsroyceCoupéBerlinaCadillac MiniminorVolkswagenRitmoFiesta La festa la tragedia in sarabanda sopra l‟asfalto rosso 17 18 Vento tra le lamiere 19 20 TEMPRA TO-G34769 – “Epochè” mettere in parentesi… semplice caro Husserl... come dire clonare Pilato tirarsi fuori dall‟impegno – Certo il muro di Berlino caduto la cosa uno e due ma nella sua mente ben saldo il monumento a Marx – La Verità ma quale verità cos‟è la Verità? – Gliela tuonò rombando in doppler saltando la corsia un autotreno di schianto apparve il vero senza air-bag 21 CHAMADE TO D665787 E questa volta non poteva no arrivare secondo l‟appuntamento in borsa poi l‟appalto la transazione la fideiussione il fax la concessione il bancomat – Ma tu guarda che ingorgo Malediz… Oggi che la sua mente funzionava e sì che qualche colpo di nebbia cerebrale da qualche mese lo perseguitava mancati appuntamenti il cellulare eterno irraggiungibile a fargli andare in tilt le provvigioni Schiacciò a tavoletta e la ripresa gli riaccese la grinta scalando in quinta scavalcando il rosso gustò ancora il sapore riagguantato del poker dopo il bluff della sua vita – Ci mancava la nebbia boja fauss Ho già perso tre appalti dannazione ma stavolta non mollo la conosco come le tasche questa tangenziale 22 Ma davanti improvvisi quei due STOP in zummata a ingrandirsi così rossi così vici ni CRASH un nero d‟inutile frenata la firma del destino sull‟asfalto vecchio croupier Monsieur, rien ne va plus. 23 PANDA AP 658 WS Voli di storni ed oleandri in corsa a fargli festa lungo l‟autostrada insieme a De Gregori che gli canta Adelante adelante e Generale e La donna cannone dal CD E nella gola il gusto della vita a tutto gas quasi a sfidar la morte come i nidi intessuti delle gazze nella trama dei fili a mille volt dei tralicci profumi di ginestre Adelante adelante e Morgana negli occhi del poeta che più non vede triangoli sbarrati triangoli all‟in giù ma primavera sorridere sul fiume nella valle... e con le mani amore… non torneremo più-ù-ù-ù ma un tir col suo ruggito ha solo fame d‟asfalto e gli fa dono d‟incontrare l‟eterno e naufragare dolce incastrato sotto lo chassis. 24 YPSILON 10 AC 483 TZ Km.327 statale 16 schegge di sole sul parabrezza infranto accappottato quel che resta dei sogni di un ragazzo – Guardate sotto il fodero – Trovato? – Senza patente… Almeno un documento per avvertire qualcuno – Guarda nelle tasche Quattro fototessere in sequenza sorriso linguaccia marameo e poi due serie per la prima carta d‟identità per i suoi diciott‟anni Il rap di Jovannotti È qui la festa? e poi semel in anno una sniffata che sarà mai... ma sì proviamo il buco e nell‟alba leggeri volare 110 sulla 16 120 leggeri 130 the show must go on 140 domani è un altro giormo papy saprà trovarmi un posto in banca 150 e poi successo e sesso sesso 160… DIO LA CURVA 25 BMW BB 742 ST – C‟è traccia di frenata? – Nessuna. Come se il volante un cieco drizzasse contro il palo Se l‟era meritato quel salotto in radica e velluto che filava a centottanta il Vasco che gridava una vita così piena di guai come la sua sprecata al Roxy bar Se l‟era meritato non importa se a tre lolite le ali d‟innocenza aveva mozze sopra il marciapiede Sfilavano sui bordi del gard-rail donnine da cartelli fluorescenti nelle pupille torbide di sesso virtuale in video-game Come vero il refrain Bella la vita che se ne va di Zero mentre gli occhi la stanchezza del giorno chiude a tratti a sognare collant di seta soft Notte che accendi un abat-jour di luna pietosa anche per lui il tuo pareo di stelle stenderai su quel salotto tranciato nel pilone in calcestruzzo? 26 UNO BA 985478 Cordone ombelicale che ogni sera lo riannodava al nido la strada Ogni tornante serpeggiante fosso o dosso lui sapeva ogni pietra miliare anche nel grigio pesto della nebbia Grigio c‟era pur stato un po‟ d‟azzurro nella sua vita gli occhi di Maria poi il sorriso di Marco Lina Rita calamitato sul cruscotto a dirgli adagio papy quel papy così stupido ma tenero Ma poi trent‟anni casa ufficio casa e le basette grigie grigio il cuore e grigio il mondo grigia quella sera nello schianto del giallo di due occhi spietati FRONTALI di antinebbia. 27 850 FG 232764 Tornavano al tramonto smarmittando sull‟interpoderale crivellata verso il casone putrido violato sporchi di oro rosso – Alì, io risparmiare io non volere birra al bar domani spedire soldi casa. Miei bambini malati, tanta fame... – Io no bambini offrire io. Tu bere tu non preoccupare… Insh‟Allah E al bar la gola un attimo l‟arsura avevano calmato Alì e Ibrahìm – Ancora un goccio, fammi compagnia poi riposare sognare Medina – Non bere Alì poi non guidare bene – Ancora birra ancora ancora un‟altra – Frenare Alì la curva sul can a le Tra le marane un chiassare di rane Alì ed Ibrahìm sognano insieme una fetta d‟anguria la mezzaluna rossa mentre cala a mezzasta sul minareto d‟una canna al vento. 28 NISSAN AP 986 ZX Rivedeva al volante il defilé con la Naomi ironica e ammiccante nel celare svelando in calze a rete le forme del suo ebano intagliate … Forti raffiche di vento sull‟A 4 Già il vento proprio come Marilyn nella celebre posa casta oscena lo scoop del nuovo look la Shiffer in felpato nonchalanche visonata versace armanikriziaguccivalentino … un violento uragano tra l‟incrocio… Sull‟incrocio delle spalle un tocco di giuggiaro lei sognava perché quello che conta è l‟apparire due gambe patinate sguardo sexy nel decolté abissale un crocifisso intruso come un prete in discoteca e sotto nulla e il nulla fu a inghiottirla a centottanta nel salto dal viadotto dopo il tunnel. 29 JAGUAR W54ZR Il volto della sindone al semaforo stampato in fondo agli occhi di un bimbo lavavetri – Sì, sofferenza! Andassero all‟inferno rumeni vucumprà scansafatiche… So io le sofferenze di montepaschimediobancasella! Le vere sofferenze insolvenze cambiali moratorie assegni a vuoto calo del Pil calo del Dow Jones la tua croce il rovello dei tuoi giorni e gli incubi notturni come quadrare il cerchio di una partita doppia, ripulire in paradisi all‟estero frutto di pizzi rapine estorsioni – Io fame non mangiare io tre giorni… – Tornate a casa, andate a lavorare! Maledizione, ho altro da pensare! 30 Sgommi dribblando sull‟altra corsia inferocito dall‟irap che scade dal Tir che non si scosta impetuoso impietoso che ti stìmpana che ciarla al cellulare che non vede che non frena – MALED… – che ti scartoccia. 31 ROLLS-ROYCE 200EX Concept Cloche con rubino incastonato, radica, ogni comfort dell‟ultima hi-tech e tu al volante in trono, a cavalcare trecento accappì a tutto gas. Sei un gentleman incensurato e sai come far scivolare, inosservata, in tasca una mazzetta di contanti alla talpa di turno alla dogana. Colpo geniale quella tua trovata del doppio fondo, sotto lo schienale foderato di cifre a nove zeri, e già pregusti fughe in paradisi fiscali, per un‟holiday perenne. Paletta rossa, stop: “Il passaporto, prego, signore!” Tu che sbianchi in volto – non è la talpa che sapevi, è un altro –, tu che ingrani e schiacciando a tavoletta parti sparato travolgendo il blocco. 32 L‟Eden, la frontiera, oltre il passaggio a livello. E tu voli verso quelle sbarre abbassate, lampeggianti in rosso, inseguito dal doppler di sirene e gazzelle che sfiancano e speronano… Ed è un impatto, un CRASH di carne e acciaio a darti il paradiso in un inferno. 33 SUZUKI VC33XR – Questioni d‟ermeneutica generi letterari formgeschichte Un Dio vasaio l‟arca di Noè le dieci piaghe e tutto il Pentateuco e l‟acqua in vino e la Risurrezione Sogni di beduini deliranti categorie semitiche di nomadi – Nella sua mente salda inattaccabile la nuova Bibbia: Darwin Plank Einstein Sì Zarathustra ha vinto Dio è morto Dello splendore rampante di Chartres relitto solamente un capitello a ricordargli il buon samaritano – Non c‟è rimasto che un ethos da salvare: dare una mano ai poveri di turno trafitti dalla storia in questa barca alla deriva senza senso senza… disgraziato ciclista ma che fai in contromano!!! Idiota svolta! CRASH Gli tocca ora guidarlo tra le stelle capriolando gli anelli di Saturno a illustrargli che immensa bara è il cosmo per le infinite spoglie di un Dio morto. 34 MASERATI MI Z666666 Azioni in borsa Toro con Gemelli garantivano e successo in amore quel giorno e l‟ascendente in Capricorno con l‟amuleto d‟agata sul pomo della cloche incastonato la sua assicurazione di trionfi potere eternità – Che fa quel pazzo mi taglia la strada vigliacco criminSBANG Chi mai gli insegnerà ora la strada oltre Plutone Cigno Cassiopea Arturo Sirio Vega Aldebaran? 35 TIR BO S665389 Asfissiare di ottani le pulci utilitarie la sua goduria massima dal suo trono dall‟alto cabinato in sorpassi improvvisi gelando il sangue ai vecchi in motorino a sbandare costretti tra il fosso o il salto dentro la cunetta tyrannosaurus rex ad ogni incrocio l‟unica legge quella darwiniana la colonna sonora e la sequenza di Duel in gratuito sadismo ruggendo in doppler su viadotti in curva che carica gli davano poi quando inseriva la quinta le donnine adesive ai finestrini dei poster del Pirelli e fu la bruta legge del più forte a ridurlo impotente scarafaggio kafkiano sui binari dell‟ESPRESSO nell‟alba che le palpebre pesanti invano gli feriva nello schianto 36 CROMA SX 762 TY Paletta alzata disco rosso mitra – Mannaggia ‟a morte! ‟O blocche! Aggire ampress „ngrana abbasce ‟o puorte… Effetto testacoda a tavoletta sgommando a tutto gas – San Genna‟, san Genna‟ t‟appicce ‟o lume ma mo datte na mossa simme mariule, sì, ma pe campa‟… Nello specchietto Centauri zoom in virata radente sull‟asfalto in -Totò, gira a sinistra mitte a quarta fa ‟mpressa, spacca o cambie, ca ci arrìvene… Un sibilo alle gomme che scoppiano che sbandano che sbattono il traliccio che trancia – San Gennaaa‟ 37 RITMO CB 354342 Finalmente la patente a cinquant‟anni Finalmente cartelli e pali in corsa sul liscio nastro nero bitumato lontano il pane e cacio e lo sterrato di fango e di pietre lontano lontano il carro e il mulo… Ma gli occhi perché mai sognano ancora il brivido dei grilli nelle sere di maggio ed il tratturo festoso di papaveri sui cigli e il sole e il vento e il pappo dei soffioni? Fari abbaglianti e il sogno che disfiocca un‟alfa che rimbalza in contromano Coma profondo il sogno in un replay nella cunetta erbosa a ricordargli il profumo di malva e nepitella ma saturo di nafta e kerosene. 38 HONDA BN 665930 La messa alle18 poi l‟incontro coi giovani un battesimo quel giorno un giorno pieno come sempre e lui col fiato corto il cuore riarso dall‟ansia del sociale senza breviario ritiri preghiera da molti mesi o anni col cellulare acceso notte e giorno e sempre più la mano sulla cloche sempre meno a sgranare i grani del rosario E poi non ci pensava sant‟Antonio magnetizzato e in mostra sul cruscotto se la prudenza non era il suo forte nei sorpassi agli stop e negli incroci? La messa alle 18 e non scalò Ma il sacro zelo non capì la curva a gomito sull‟orrido sospesa C‟era una legge fisica centrifuga da onorare come i comandamenti. 39 MERCEDES PA 765 RZ Pirati paparazzi a violentare con raffiche di flash un bacio un sì d‟una gazzella tradita inseguita Inutile lo slalom impazzito a centottanta Nel tunnel muore il sogno mezzanotte rintocca Cenerentola Il sogno il tuo diritto il tuo bisogno d‟amore oltre ogni fede ogni bandiera La favola incantata delle nozze i biondi principini sul fondo della retina in eterno l‟incontro con la madre di Calcutta E turbini di flash scatti impietosi gli zoom sugli occhi aperti ancora belli. 40 CITROËN PA G554007 – Sarà duro ma sento un vento nuovo su queste sciare a lutto… Pensavi, ma sapevi che il cervello dell‟idra era nel cuore del Palazzo e che nessuna scorta bastava e che i tuoi passi i tuoi pensieri schedati condannati – Bisognerà filtrare in contropiede prima che si ricos – WRAAANG Un lampo ed è un inferno di lapilli di carne battezzata lo stato di diritto che va in schegge Archimede ed Empedocle stuprati Lucia Rosalia rimutilate Sciascia Bufalino incaprettati sbrandellati sull‟asfalto che deflagra Aghi di fichidindia in controsole il cielo di Capaci crocifiggono. 41 MINIMINOR UD 859773 A chii-iì sorriderò... Leali in terzinato dal mangianastri sulla spalla di lui perduta lei col pendulo peluche a dirgli ti amo ad ogni sbalzo della provinciale Poi Baglioni a tenerli stretti stretti e Battisti coi versi di Mogol cosa vuol dir sono una donna ormai E l‟assurdo di un urlo in kawasaki che piomba deragliando sul lunotto Un ralenti di fari anabbaglianti le luci che sognavano nel duomo una sirena l‟organo ed il coro la notte ha preparato mentre d‟un telo bianco li ricopre e di stelle sposando i due peynet sul talamo d‟asfalto in casto petting 42 UNO FG 348452 a mio figlio – Un lunedì dell‟Angelo speciale – Dai su con le Spice-girls e i Litfiba Ma lui metteva per scaramanzia i Nomadi con “Noi non ci saremo” Pasquetta sui tornanti a Pugnochiuso l‟architiello l‟incanto del Varano e baia delle zagare e la cala di punta rossa a dare sangue ai versi defunti nelle ore di latino sentire sul trabucco ancora Lesbia donare baci a mille al suo Catullo C‟è solo un tarlo sordo che rode rode rompe (– non ci allontaneremo che di un passo il traffico – lo so papà – gli ubriachi fradici di pasquetta –) quella bugìa che rode rode rompe romba sparata -frena-in curva – il muro – il pirata che sgomma e non soccorre l‟Uno che s‟accartoccia ed il miracolo – Vivi... Dio ti ringrazio... siamo vivi Mai tarlo fu più dolce in fondo al cuore. 43 RENAULT FG 365884 a Leonardo – Se na cosa l‟a fa‟, la da fa‟ bbona e sùbbete – era il modo per mostrare la tua gioia nel dare, nel precorrere il desiderio d‟una scarpinata per funghi, per castagne, per carducci. Quell‟allegria poi quando, mastro, invece facevi a me da manovale, e muschio e pietre mi porgevi, e ti beavi a vedermi dipingere il fondale per il presepe dell‟Elementari. Il gusto di stupirci l‟umiltà: – Che te serve cumpà mo vaje ì – il cesto generoso di porcini ed il rispetto degli appuntamenti. Quella mattina viscida di pioggia, in corsa, come sempre nel tuo stile: – megghie aspetta‟ che fàrete aspetta‟ – pronto all‟appuntamento alla stazione, per riabbracciare il figlio che tornava. 44 Ed eri tu quel figlio che voleva riabbracciare il Padre oltre le stelle. L‟appuntamento, quello, era per te quella mattina, in curva, allo svoltare presso l‟incrocio con la ventitré 45 GIULIETTA Roma B647932 Volti di nylon e un flash di fuoco al petto l‟ultimo fotogramma in fondo agli occhi. Co me in re play la fe sta del pa e se un ve lo ed i con fe tti sul sa gra to e tan te tan te ste lle ne lla se ra di ma dre per la so pra il cam pa ni le non questa a cinque punte con lo spray nebulizzata sull‟asfalto rosso dove giaci inchiodato col cartiglio ciclostilato dialettico assurdo 46 RENAULT 4 Roma H778654 Ove finita sei ove baciare la tua lamiera il cofano pietoso? In quale ammasso quale caterpillar ti risparmiò lo strazio dello sfascio ti fece spazio madre di Cecilia tra le carcasse piano dolcemente posandoti reliquia preziosa Brigate sorde al grido di san Pietro ti rubarono empie a farti bara Tu placenta di vita sempiterna tu culla a consolare il belato di Abele ancora ucciso dai figli di Caino nell‟abbraccio di Abramo Di quell‟uomo conservane il profumo forte per i miei figli la stella come un‟INRI sul suo capo. 47 48 Kyrie eleison 49 50 Nell‟alta notte il vento un‟elegia pietosa arpeggia da tergicristalli vibrando in un crescendo Kyrie, eleison Un lampo abbaglia i catarifrangenti ed un clangore scuote la ferraglia un tuono sulle scocche Kyrie, eleison Ed è un pianto celeste ora la pioggia sulle lamiere mutilate attorte sui loghi in nichel-cromo Kyrie, eleison 51 52 INTERVENTI CRITICI di Leonardo Aucello, Michele Coco, Domenico Guerra 53 54 Leonardo Aucello IL CAMMINO DI FILIPPO PIRRO NELLA POESIA E NELL’ARTE L‟incontro di questa sera denota una singolare peculiarità: presentare il libro per festeggiare l‟artista. Infatti in ricorrenza del compleanno di Filippo Pirro, che nel settembre scorso ha compiuto i suoi buoni sessant‟anni, si vuol intraprendere un viaggio a ritroso per ripercorrere le tappe fondamentali del suo excursus di pittore-scultore e di poeta. Il cammino artistico-intellettuale si sa che ha delle connotazioni specifiche divise per tappe, a seconda, appunto, del momento particolare della vita dell‟autore e delle caratteristiche di ispirazione che lo indirizzano verso un tipo di creatività affinata su modelli a lui congeniali e fondamentali per abbozzare delle linee generali da cui poter avviare un‟analisi di giudizio attendibile. È importante certo effettuare costantemente dei bilanci; ma si sa pure che un qualsiasi bilancio presuppone spesso il rovescio della medaglia: di non guardare, cioè, sempre e solo a ciò che si è fatto, ma anche a ciò che non si è voluto o potuto realizzare. E qui, molte volte, ci si creda o no, subentra quella sorta di fatalità, o capacità di intuire la strada giusta su cui incamminarsi, che porta ognuno di noi a definirsi, per usare dei termini ricorrenti, fortunato o sfortunato. Tutta la vita, insomma, viene commisurata su questo parallelismo bilaterale di fortuna 55 e sfortuna, che si manifesta in atteggiamenti e stati d‟animo di gioia o dì dolore, riuscita o perdita. Anche per quanto riguarda Filippo Pirro, in virtù proprio della sua età anagrafica e della sua lunga esperienza di artista, o di vita intellettuale in genere, vanno ricercati dei punti essenziali per ricavare, nell‟insieme, un definitivo quadro dell‟intera opera. Il nostro artista non ha bisogno di presentazione poiché è sotto gli occhi di tutti la sua, è il caso di dire, fortunata e poliedrica attività creativa. Egli è nato nel 1944 a San Marco in Lamis, conosciuto familiarmente, prima di divenire il popolare pittore che sappiamo, come lu figghie de Tonino l‟ugghiarale, ossia il figlio di Tonino 1‟oliandolo, il rivenditore di olio al minuto. La mia citazione non vuole apparire come una reminiscenza pittoresca o come una semplice nota di colore; a mio modesto parere, essa costituisce la cellula primordiale dell‟ispirazione di Filippo Pirro. Infatti se andiamo a scovare nella realtà, oggi che siamo pervasi dall‟inclemenza del consumismo dei grandi magazzini superprovvisti del necessario e, persino, del soverchio, non riusciamo ad immaginare di incontrare per le nostre strade, zeppe solo di macchine in sosta, ma prive della gioconda vivacità fanciullesca di una volta, persone, come Antonio, che svolgano un mestiere del genere, ormai desueto. Ebbene, questa tradizione di famiglia è rimasta fortemente impressa nel cuore del figlio artista, il quale, nelle sue tele e nelle sue raccolte poetiche, ricerca, quasi ostinatamente, di riportare alla luce e tramandare i valori e i simboli di quel mondo arcaico-contadino che la società odierna, “con la sua scienza esatta”, per citare un felice verso di Quasimodo, vuole misconoscere. In tal modo si protrae ugualmente, per dirla con una metafora, il mestiere del padre. 56 Pirro ha messo in atto una certa propensione alla pittura fin da bambino, quando disegnava “a carbonella” i muri della strada dello Scalone, ai margini di Corso Matteotti, per poi maturarla nella decennale permanenza a Torino, dove si è laureato in Filosofia e dove ha vissuto, nel contempo, l‟intensa esperienza artistica. Dal 1977 è rientrato definitivamente nel paese di origine, impegnandosi nella duplice attività: quella professionale di docente di Materie letterarie negli Istituti superiori, attualmente in pensione, e quella di pittore, grafico, scultore, acquerellista e, infine, poeta. È padre di quattro figli e da circa due anni, nel fondo rustico situato in contrada Pozzatina, in agro di Sannicandro Garganico, ha progettato un vero e proprio museo poetico denominato “Il Sentiero dell‟anima”, in cui l‟autore ha inciso su delle tavolette pirografate i versi di un discreto numero di poeti di una certa levatura, ornate dalla bellezza di alcune statue in legno grezzo che fanno da corona al paesaggio circostante. Il “Sentiero” è aperto al pubblico ed è visitabile per tutto l‟anno. Egli ha allestito delle personali di pittura in tutta Italia, in gallerie pubbliche e private, con riconoscimenti unanimi di critici e di visitatori. Anche a San Marco è presente con quadri, disegni e stampe in numerose collezioni private; mentre si staglia nel centro cittadino il trittico bronzeo di San Pio da Pietrelcina in compagnia dei suoi due Padri spirituali, padre Benedetto e padre Agostino, entrambi originari sammarchesi. E un‟altra figura scolpita, anch‟essa di bronzo, con la sola immagine benedicente del Cappuccino delle stimmate, è adagiata davanti all‟ingresso dell‟ospedale civico. Va constatato che ben sei statue di Padre Pio da Pietrelcina di Pirro (comprese naturalmente le due locali) sono 57 collocate nelle piazze di alcuni centri pugliesi e non. Va menzionata pure, sempre qui a San Marco, la scultura in bronzo di San Francesco, nei pressi della caserma dei carabinieri, mentre è intento – per dirla con le parole del Poverello d‟Assisi – a laudare “l‟Onnipotente bon Signore, cum tucte le sue creature”. Un discorso a parte meriterebbero sia gli affreschi nell‟abside della chiesa di Sant‟Antonio Abate, che riproducono figure stilizzate di donne e di contadini di un tempo con lo sguardo proiettato verso un cielo dipinto con tonalità cromatica di un azzurro sfumato ed evanescente; sia quelli dalla volta della chiesa vecchia di San Giuseppe, con scene, personaggi, immagini e scorci paesaggistici locali trasferiti nella narrazione evangelica e ottenuti con una tecnica simbolico-figurativa tipica della pittura di Pirro. Infatti l‟artista, attraverso la celebrazione di un passato più naturale, più genuino, più semplice e meno contaminato di quello attuale, ritrae con maestria la civiltà contadina che non rinasce soltanto attraverso una rappresentazione folcloristica piuttosto stantia e datata, ma si mostra fresca e zampillante nei colori tenui e delicati con una cromia chiara e pulita: rievocazione, insomma, di un mondo e di anni remoti che possono apparire surreali, percepibili appena dalla nostra sensibilità di osservatori. Tornando al tema principale della manifestazione, possiamo individuare un denominatore comune nei temi e nella sensibilità dell‟artista-poeta. Tanto è vero che la produzione letteraria di Filippo Pirro è successiva a quella grafico-pittorica e scultorea. Sono chiaramente frequenti le analogie tra il campo figurativo e quello espressivo; anzi si può dire che i due aspetti siano complementari tra di loro, poiché 58 i motivi ispiratori di tutta la variegata produzione si incontrano lungo tracciati uniformi e contigui. La stessa magia del passato rinvigorisce la memoria del poeta con la riscoperta di un “piccolo mondo antico”, per dirla con Fogazzaro, che genera sensazioni puramente nostrane, legate al pudore e alla generosità della gente di una volta, che viveva il comune dramma della povertà e della miseria, ma unita da una profonda fede nei valori familiari e religiosi. L‟insieme di questi vincoli sociali e comunitari permetteva allora di conservare salde le tradizioni di padre in figlio, nelle quali generazioni di uomini si sono riconosciuti: piccoli artigiani e contadini dallo sguardo aspro e rugoso come la materia grezza che affinavano o come i terreni aridi e rocciosi che dissodavano. La raccolta di poesie qui presentata, che come quasi tutte le sillogi di Pirro assume più l‟aspetto del “poemetto postmoderno”, sia nello stile sia nell‟impostazione tematica, è affidata all‟analisi dei brani svolta dal preside Michele Coco. Il libretto, intitolato Asfalto rosso, è stato pubblicato alcuni mesi fa, con la prefazione del professor Cosma Siani, dalle Edizioni Le Nuove Muse della Scuola Media De Carolis di San Marco in Lamis. Ripropone nella struttura il modello dei personaggi dell‟Antologia di Spoon River del grande poeta americano Lee Master, oppure dei racconti cimiteriali dello scrittore francese Guy De Maupassant, in cui voci simili a quelle delle due opere citate rievocano dall‟aldilà situazioni, fatti e intrecci della vita privata e personale di chi va inavvertitamente e casualmente incontro alla morte lungo un asfalto stradale, alla stregua, potremmo aggiungere, di una tragedia annunciata. 59 Ma il cursus poetico di Filippo Pirro rimanda agli inizi degli anni Ottanta il debutto letterario, precisamente nel 1982, quando appare il suo primo libretto di poesie intitolato La Casa del Bosco, pubblicato dall‟Editrice La Vallisa di Bari, diretta dal professor Daniele Giancane, critico letterario, che gli è valso il Premio Città di Salerno. La prefazione è affidata alla penna del noto poeta italo-americano, Joseph Tusiani, che scorge nel dualismo arte-poesia il proseguimento della produzione pittorica di Pirro. La raccolta, in generale, come si è già ricordato, ha l‟aspetto di un vero e proprio poemetto sulla natura e sulla vita campestre e urbana del paese di San Marco in Lamis. In questi componimenti egli si richiama ai metri della poesia classica italiana con la scelta di versi che vanno dal quinario, al novenario, all‟intramontabile endecasillabo, accompagnati da rime quasi sempre alternate e incrociate; inoltre effettua una rielaborazione di tipo espressivo, ma anche strutturale delle Miyricae del Pascoli e di elementi crepuscolari di Guido Gozzano, riallacciandosi con la descrizione minuziosa del rapporto intimo e familiare, a personaggi molto vicini al poeta. Si notano infatti liriche dedicate ai figli e alla madre, la quale rimane un punto fermo nell‟ispirazione dell‟autore, verso cui egli dimostra molta tenerezza e premuroso attaccamento filiale. Questo susseguirsi di attimi di affettuosa cordialità si rinvigorisce e prende forza con un gioco sapido di brevi sussulti sentimentali reso ancor più lieto da una buona dose di gioioso buonumore. Sia nelle suddette poesie sia nelle susseguenti, come meglio precisa Tusiani nella prefazione citando la Lettera scarlatta di Hawthorne, “le passioni umane sono tutte sorelle”, quindi i componimen60 ti di Pirro, lungo la scia già tracciata nella pittura, si trasformano in affreschi poetici anche nell‟arte della scrittura. La prima raccolta di poesie non rimane un‟esperienza chiusa in sé, ma costituisce l‟intelaiatura di un discorso più organico e profondo che proseguirà due anni dopo con una nuova pubblicazione. Le prime due, insieme a una successiva, daranno vita a un‟unica trilogia con impostazione e caratteri non difformi l‟una dall‟altra. La seconda e la terza silloge conservano entrambe le stesse caratteristiche stilistico-formali e lessicali, oltre all‟uguale struttura metrica, ma con l‟aggiunta di versi liberi a cui l‟ autore, sulla falsariga di Ungaretti, attribuisce una forte connotazione espressiva al valore intrinseco di ogni termine che diventa epifania, cioè rivelazione di un‟idea, di un‟immagine, di un‟emozione. Nel 1985 esce la seconda raccolta di poesie, intitolata Quel Segreto sui Monti con il sottotitolo Colori e poesia di Faeto, edita da I Quaderni del Provenzale (Premio Città di Avellino e Prometeo d‟Argento Città di Viterbo). Ogni componimento è accompagnato da un acquerello dell‟autore che sintetizza, con una riproduzione pittorica, il punto rilevante del messaggio che intende inviare al lettore. La seconda parte è interamente corredata di una serie di acquerelli ispirata al canto Cumme un suajme luntane di don Raffaele Castielli, futuro vescovo, se non vado errato, della Diocesi di Lucera, originario di Faeto. Il Segreto consiste nella scoperta dei luoghi, degli scorci paesaggistici e dell‟animo della gente di Faeto. Lo fa bene intendere nella prefazione al libro Michele Coco, che riesce ad offrire una precisa analisi formale, in un continuo alternarsi di aspetti 61 comparativi con la pittura e la composizione dei testi. Completa la trilogia il volume Ombre Tra le Doline pubblicato nel 1987 dall‟Editrice Bose Giesse di Palermo (Premio Il Barrese-Città di Enna e Premio Città di Cortona). La giuria dell‟ultimo premio era formata da poeti e critici di fama come Ferruccio Ulivi, insigne studioso, tra l‟altro, del Manzoni, insieme ai poeti Giorgio Caproni ed Elio Filippo Accrocca, che hanno espresso giudizi lusinghieri sull‟opera di Pirro. La prefazione al libro porta la firma di Domenico La Mura, medico e scrittore di Trinitapoli, che pone l‟accento su argomenti ormai consueti nei diversi componimenti di Pirro. In questa nuova raccolta il richiamo alla natura contro le mistificazioni della società industriale e consumistica si trasforma, alla stregua di militanza ambientalista, quasi in un pianto e un lamento lacerante dell‟animo affinché ognuno vada alla ricerca, per quanto gli sia possibile, di una natura ancora incontaminata, soprattutto l‟amata terra degli avi, quale unico refrigerio a un crudele dissolvimento irreversibile. In essa l‟autore riscopre i segreti di una natura rigenerativa, richiamandosi, inavvertitamente, al mondo selvaggio del romanzo pedagogico Emilio o dell‟educazione di Jean Jacques Rousseau. Ci sono altri volumi scritti o curati da Filippo Pirro: primo fra tutti l‟Antologia poetica Il Colore dell‟Anima, pubblicata presso il Centro Grafico Meridionale di Foggia nel 1986, in cui ripropone brani di alcuni poeti pugliesi e aggiunge pure 14 Tavole a colori, che riproducono gli originali ad acquerello ricostruendo il ritratto ideale degli autori e dei loro versi. Infine va ricordata la plaquette intitolata Natale, edita nel 1996 in occasione, appunto, della ricor62 renza: un insieme di componimenti in lingua e in dialetto riguardanti le festività natalizie nella tradizione locale, osservate con la lente del periodo giovanile, in cui fanno capolino i rituali sacri e popolari ormai scomparsi insieme a quel magico mondo natalizio. Anche qui si attesta come figura imperante il carattere volitivo della madre del poeta, come protagonista di antiche tradizioni nostrane, ma soprattutto come vincolo di passaggio da una generazione all‟altra di tali riti secolari. Non ci troviamo di fronte a un dialetto oleografico e di maniera, quello riproposto da Pirro nel volumetto, quasi un opuscolo, facendo leva su una conoscenza diretta della lingua dei padri, ma anche di altri testi, come la ricca produzione dialettale di Tusiani, sa imprimere all‟idioma sammarchese la forza necessaria per renderlo vivo ed attuale, cosa non sempre facile per chi spesso è alle prese, ve lo può confermare il sottoscritto, con la scrittura del proprio dialetto, che è da considerarsi a tutti gli effetti una lingua se non morta, comunque chiusa in un ristrettissimo ambito comunicativo. Ricordo una scena di circa venti anni fa – ahimé come corre il tempo! –, avvenuta in una cella del convento di San Matteo: c‟eravamo io, il preside Pasquale Soccio e Filippo Pirro. Il preside Soccio mi stava dettando alcune Stanze evocative sulla personalità di padre Agostino Castrillo, francescano, intimo amico dello stesso Soccio, morto in odore di santità. Pasquale Soccio era concentrato al massimo, rapito da una attenzione certosina di ricercare il lemma preciso per una descrizione pertinente e lineare del personaggio. Un silenzio di tomba regnava incontrastato: cosa che egli pretendeva indiscutibilmente in siffatti momenti. Con la coda dell‟occhio notai che Filippo Pirro, con in 63 mano una biro, stava riproducendo su un foglio a quadretti di computisteria il ritratto di Pasquale Soccio. Il disegnatore impiegò non più di cinque minuti per l‟esecuzione dell‟opera. E venne fuori un ritratto spiccicato: sembrava veramente la fotografia in bianco e nero del Preside, ripreso, strano a dirsi, proprio in quell‟atteggiamento quasi contemplativo. Ne rimasi esterrefatto. Ciò che mi colpì è stata l‟immediatezza illustrativa dell‟autore come se schizzasse sul foglio fugaci ghirigori; invece era una figurazione grafica perfetta. Pirro regalò naturalmente il disegno al Preside Soccio, ed egli si compiacque per tanta stima. Non so che fine abbia fatto quel disegno! Spero che gli eredi del Preside conservino, tra le altre cose, anche questo soggetto ben riuscito. Anzi proporrei che, qualora si dovesse pubblicare qualche studio monografico su Soccio, esso venisse inserito come foto di copertina. Scrivendo questa mia breve relazione su Filippo Pirro immaginavo un ipotetico intervento, come un deus ex machina, da parte di Umberto Eco, grande semiologo e narratore. Questi, facendo leva sul pensiero del filosofo francescano Guglielmo d‟Occam, protagonista del romanzo Il nome della rosa, da lui ribattezzato Guglielmo da Baskerville, ripreso dal titolo di un‟opera di Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville, si sforzerebbe, il più possibile, di illustrarmi i capisaldi del Commentario alle sentenze, il trattato più importante del pensatore medievale. II professor Eco concluderebbe, suppongo, la piacevole conversazione esponendomi il concetto di conoscenza intuitiva e conoscenza astrattiva formulato, appunto, da Guglielmo da Occam: facendomi osservare che nella prima confluiscono le menti razionali; mentre nella seconda quella degli artisti e dei poeti. 64 Volendo operare, pertanto, nei confronti di Pirro un distinguo per quanto attiene ad alcuni aspetti del carattere, potremmo azzardare un‟ipotesi alquanto verosimile alla presunta lezione di Umberto Eco: cosicché da una parte emerge un‟indole rigorosa e sistematica e dall‟altra il talento creativo sostenuto da una buona dose di mansuetudine che lo distingue. Io sono convinto che lui possegga entrambe le qualità: infatti egli non solo è il modellatore e creatore delle opere, ma sa anche essere un ottimo manager di tali prodotti. La sua vita pullula e ferve continuamente di iniziative culturali ad ampio raggio. Non sta mai con le mani ferme: o crea od organizza. Ne sono testimoni le molteplici attività, non ultima, appunto, la già ricordata costruzione del Sentiero dell‟anima. E non poteva esserci titolo migliore poiché in tutte queste cose, al centro del suo piccolo universo, c‟è proprio 1‟anima dell‟autore, insieme alla sua indole di artista. Grazie. Auditorium della Biblioteca Comunale di S.Marco in Lamis, ottobre 2009. 65 66 Michele Coco ASFALTO ROSSO DI FILIPPO PIRRO Non so se Filippo Pirro abbia letto Cosmopolis, l‟agghiacciante romanzo dello scrittore americano di origini italiane Don De Lillo. “Aprile 2000. Mattina, sull‟Est River. Il giovane miliardario Eric Packer esce dal suo lussuoso attico a tre piani e sale sulla limousine bianca per andare a tagliarsi i capelli a Hell‟s Kitchen. È l‟inizio di un viaggio lungo un giorno che lo porterà ad attraversare Manhattan per andare incontro al proprio destino. Durante il tragitto Packer, ossessionato da una folle scommessa finanziaria contro lo yen e da un‟oscura „minaccia attendibile‟ alla propria incolumità, incontra gli uomini e le donne della sua vita sullo sfondo di scenari erotici o tragici, o enigmatici. Mentre precipita in un‟oscura spirale autodistruttiva si imbatte via via nel funerale di un famoso rapper, in un rave party all‟interno di un teatro abbandonato, in una protesta antiglobalizzazione violentemente repressa dalla polizia.” Ebbene, ho ritrovato questo clima, caratterizzato da eccessi, nel poemetto che Filippo Pirro ha voluto intitolare Asfalto Rosso. Ma se volessimo contestualizzare questo prodotto dell‟ingegno e del cuore, in quale programma culturale, in quale poetica lo porremmo? La poesia attuale si svolge per vie così diverse e spesso contrastanti, che diventa oltremodo difficile 67 dare indicazioni sicure, individuare le tendenze, tracciare gli orientamenti. Afferma Giulio Ferroni, nell‟ultimo paragrafo del suo Profilo storico della letteratura italiana: “È certo che la letteratura, oggi, è in preda a una grande incertezza, rischia di perdersi in un universo linguistico dominato dai mass-media: mentre la cultura dell‟immagine e del post-moderno riducono lo spazio che tradizionalmente toccava all‟esperienza letteraria, e le scritture e i messaggi si moltiplicano in quantità inarrestabile, la letteratura si vede confinata a un ruolo marginale, che molti giovani scrittori accettano in modo passivo, accontentandosi di registrare un presente privo di spessore. Nel mondo post-moderno la letteratura non sembra avere più uno spazio autentico proprio; sembra invece votata a perdersi nel brusio generale di una comunicazione fine a se stessa.” Posto ciò, quale discorso si può tentare per Filippo Pirro? A me piace molto andare alla ricerca delle ascendenze, dei modelli! Quali sono le ascendenze, quali sono i modelli di Filippo Pirro? Fino a qui egli è stato un poeta essenzialmente lirico, che si è nutrito di letture leopardiane e pascoliane. Asfalto Rosso segna una svolta decisiva. Lo sguardo del poeta si è proiettato oltre, per indagare le esperienze marinettiane, luciniane, e in particolare le produzioni dell‟avanguardia. Il pasticcio linguistico e il gioco grafico richiamano subito alla memoria Giuliani, Pagliarani, Porta, Sanguineti, i cosiddetti novissimi. Ma Filippo Pirro ha tagliato del tutto con la nostra tradizione lirica? Vediamo un po‟. Asfalto Rosso è un poemetto. Vi è un‟Antifona, seguono ventitré pezzi, intitolati ciascuno con il nome di 68 un‟automobile e la targa; a chiusura abbiamo una sorta di trenodia intitolata Kyrie Eleison. L‟Antifona elenca quarantacinque modelli d‟auto attraverso dodici endecasillabi. Tre quartine precedute da terzine che indicano ellitticamente l‟evento disastroso. I tre versi della prima terzina sono due settenari, il primo dei quali franto in due versicoli e il secondo esprime, attraverso tre voci verbali in crescendo, una sorta di climax. La seconda terzina è costituita da un endecasillabo con forte cesura dopo la sesta e da un settenario. La terza da due endecasillabi, il primo dei quali è svolto in due emistichi. V‟è, infine, una quarta terzina: un endecasillabo e un settenario frammentati in quattro versicoli ungarettiani. Ho voluto soffermarmi sulle misure metriche adottate da Pirro. L‟incanto lirico della sua prima stagione non s‟è rotto del tutto. Ritornano gli endecasillabi e i settenari, i versi più classici della nostra tradizione poetica, a rivestire contenuti di estrema attualità e, per certi aspetti, proiettati violentemente in un futuro che, alla luce del presente, si prefigura ancora più violento. Pirro, insomma, già nell‟Antifona ci indica la strada che percorrerà la sua ispirazione: un sentimento doloroso per la realtà e un sentimento pietoso per l‟uomo che, suggestionato dal mito della perfezione tecnologica, va incontro ineluttabilmente alla sua autodistruzione. Crudele ignara benna stritola schianta artiglia AlfaromeoGiuliettaMaserati… 69 I ventitré pezzi, di cui si diceva prima, sono la rappresentazione icastica di ventitré incidenti stradali mortali. L‟autista del primo, intitolato Tempra TO-G34769, guida meditando sulla filosofia di Husserl e su un avvenimento che ha cambiato il volto della storia, la caduta del muro di Berlino. Ora che l‟ideologia marxista è così miseramente fallita, dov‟è la libertà, egli si chiede. Ma un autotreno, saltando la corsia, gli piomba addosso. Ecco la verità. La morte violenta e improvvisa. La morte che tronca ogni illusione di benessere, ogni sensazione di agiatezza. Questa volta Pirro ricorre al verso libero, ma anche qui la musica dell‟endecasillabo e del settenario si fa strada tra lo stridore di lessemi come Marx, doppler, air-bag. Il proprietario della Chamade TO-D665787 ci ricorda il giovane miliardario di Cosmopolis. Egli ha fretta di arrivare, ha un appuntamento in borsa e poi l‟appalto, la transazione, la fideiussione. Ma anche lui capita in un ingorgo spaventoso. Schiaccia a tavoletta l‟acceleratore, passa col rosso. Ma la nebbia non gli fa notare due improvvisi stop che gli si parano improvvisi davanti. Un aspetto da mettere a fuoco nella poesia di Pirro – come scrive Cosma Siani nella Prefazione all‟opera – è il trattamento del lessico: terminologia contemporanea (doppler, air-bag), con inserti mistilingui anche non gergali (boia fauss, rien ne va plus), onomatopee da fumetti (crash). A simile impasto linguistico si mescolano richiami di formazione classica (Husserl e Marx). Questa variegata ingegneria espressiva che Pirro si è creata viene tenuta insieme da un fondo lirico affidato in primo luogo alla prosodia – un ritmo di endecasillabi, variato da versi liberi e occasionalmente colorito di rime. 70 Tutti endecasillabi e settenari sono i versi di Chamade, il secondo pezzo di cui si è detto, anche se gli ultimi due, preceduti da un trisillabo e un settenario, sono frammentati in quattro emistichi, quasi a imitare il suono di una campana a morto: la firma del destino sull‟asfalto vecchio croupier Monsieur, rien ne va plus. Molto bello è questo finale, dove è possibile avvertire un profondo sentimento di pietà da parte del poeta per la tragedia che sembra essersi consumata sotto i suoi occhi. L‟endecasillabo, il verso più glorioso della tradizione lirica italiana, che dal Petrarca si snoda attraverso una ricerca, sempre più preziosa, degli effetti musicali, fino e oltre il Leopardi, domina anche in tutti gli altri brani del poemetto. Non ci meraviglia. L‟educazione classica di Filippo Pirro non poteva essere del tutto soffocata dall‟esprit expérimental, che pure lo lusinga. D‟altra parte, anche i poeti più recenti, Roberto Mussapi, Valerio Magrelli, Maurizio Cucchi, Vivian Lamarque, Patrizia Valduga soprattutto, per non parlare dei meno giovani, Maria Luisa Spaziani, Giovanni Giudici, Giovanni Raboni, recentemente scomparso, hanno riscoperto la musica dell‟endecasillabo e le strutture metriche di una volta: per esempio il sonetto. Era naturale che così fosse, cioè che le nuove generazioni, al di là delle apparenze e delle mode spettacolari che continuamente si accumulano e si dissolvono, si siano riaccostate con uno sguardo nuovo alla tradizione, per esprimere una nuova co71 scienza razionale e civile, un nuovo senso della memoria e del nesso tra passato e presente. Pirro non si è dimenticato della sua giovanile esperienza. Gli strumenti metrici e prosodici che egli usa sono gli stessi di allora. Solo i contenuti sono mutati. Non è mutata nemmeno la nostalgia per un mondo mitico di bellezza e di pace, sempre insidiato dalla violenza della modernità e dalle illusioni della tecnologia, che avrebbe dovuto portare il progresso, invece porta solo lutti e rischi continui. Specialmente nei mesi dell‟estate, la televisione ci comunica, ad ogni fine settimana, il numero dei morti e dei feriti che si contano sulle strade italiane. Sono dei veri e propri bollettini di guerra. E i caduti sono per lo più giovani affascinati dall‟ebbrezza della velocità, desiderosi di sperimentare, una volta, una sola volta, l‟allucinazione. Sono diciottenni che trascorrono la notte in discoteca e verso l‟alba decidono di tornare a casa imbottiti di alcol e di droga. Ma a casa non arriveranno mai. Basterà una curva a troncare le loro vite. papy saprà trovarmi un posto in banca 150 e poi successo e sesso sesso 160... DIO LA CURVA Sono i versi finali di Ypsilon 10 AC 483 TZ. Ma tutti i brani di Asfalto Rosso si concludono con una morte violenta, con la sconfitta dell‟uomo e dei suoi miti: il successo, il sesso, la velocità senza limiti, il divertimento senza freni. Se non è una curva a decidere il destino, sarà un tir che “col suo ruggito ... gli fa dono/d‟incontrare l‟eterno”, o “un pilone in calcestruzzo”. 72 A morire sulla strada, a colorare di rosso l‟asfalto non sono soltanto, purtroppo, giovani insensati, ma anche padri di famiglia, come succede in Uno BA 985478. O giovani immigrati extracomunitari che si riempiono lo stomaco di birra dopo aver lavorato tutto il giorno alla raccolta dei pomodori. Alì e Ibrahim sognano Medina, e la fetta d‟anguria ricorda loro la mezzaluna rossa. Molto bella questa poesia intitolata 850 FG 232764. La targa ci fa subito capire che la disgrazia è occorsa nelle nostre campagne. Merita di essere letta: Tornavano al tramonto smarmittando sull‟interpoderale crivellata verso il casone putrido violato sporchi di oro rosso Veramente meriterebbero di essere lette tutte. II tema è sempre lo stesso. Un‟intera collana di poesie sull‟evento “incidente automobilistico” è cosa insolita, dice Siani nella citata Prefazione. “Questo ha fatto Filippo Pirro componendo Asfalto Rosso: un serto di testi che ha una sua fisionomia, forse non colta subito nella convenzionalità del titolo. Asfalto ci rimanda alle rotabili, rosso al sangue versato su di esse – sistema di segni fin troppo semplice e di quasi ovvio valore simbolico. Non ovvia la raccolta in sé, né la complessiva, sapiente costruzione di Pirro.” L‟unicità del tema poteva far correre a Pirro il rischio di riuscire monocorde e scontato. Invece non è così. Il tema unico dell‟incidente automobilistico dà a Pirro l‟opportunità di raccontare ventitré storie diverse, con ventitré protagonisti diversi, rappresentanti di una varia umanità. Ci sono i giovani delle stragi del sabato sera, gli immigrati nor73 dafricani, l‟uomo d‟affari, il padre di famiglia, la top-model con le gambe patinate, lo sguardo sexy, il crocifisso nel decolté abissale, inghiottita dal nulla “nel salto del viadotto dopo il tunnel”. Forte questo endecasillabo, direi mimetico. Come mimetici mi sembrano i tre endecasillabi che chiudono il brano intitolato Maserati MI Z666666. Sono tre endecasillabi frantumati in sette versicoli, quasi ad imitare l‟andamento dell‟auto verso la morte. Una sottile ironia (mista a pietà) serpeggia in questi versi. Il proprietario della Maserati, un ricco uomo d‟affari, è convinto che la sua fortuna sia dovuta alla congiunzione e alle ascendenze dei segni zodiacali. Ma ora che la morte violenta lo ha raggiunto, le costellazioni sono lassù ad attenderlo. Saprà districarsi tra le innumerevoli vie del cielo? Di solito sulle strade sono le auto piccole, le utilitarie, ad avere la peggio. Ma spesso anche le macchine di grossa cilindrata sono coinvolte nelle stragi. Anche i Tir talvolta sono sopraffatti. Anche i Tir, che sembrano riconoscere come unica legge quella darwiniana della selezione naturale, soccombono alla bruta legge del più forte. Vedi Tir BO S665389,dove il tyrannosaurus rex, che godeva di asfissiare di ottani le pulci utilitarie e si beava della visione delle donne adesive dei poster del calendario Pirelli, è ridotto a impotente scarafaggio kafkiano sui binari di un Espresso. Icastica è questa immagine. Nel famoso racconto di Franz Kafka Gregor Samsa si sveglia una mattina, dopo una notte di incubi, trovandosi trasformato in un enorme insetto. Anche il Tir nello scontro col treno ha subito una metamorfosi totale: un ammasso anonimo di lamiere, un oggetto non più riconoscibile. L‟autista della Ritmo CB 354342 è forse un contadino che a cinquant‟anni ha ottenuto la patente e 74 gode di percorrere con la sua macchina nuova fiammante il nastro bitumato. Finalmente ha potuto lasciare il carro e il mulo, coi quali attraversava lo sterrato di fango e di pietre. Non ha dimenticato tuttavia le sue umili origini, anzi, mentre avanza con la sua Ritmo, beato della conquista di quel moderno mezzo di locomozione, con la memoria ritorna alla vita semplice dei campi risuonanti del canto dei grilli nella sera quando i cigli del tratturo si riempiono festosi di papaveri. Tutto rivede come in un sogno, improvvisamente troncato dall‟arrivo in contromano di un‟Alfa. Qui Pirro sembra ritornare al canto spiegato della Casa del Bosco. Gli endecasillabi e i settenari si distendono in una musica vibrante e appassionata, che meglio di qualsiasi altro registro può suggerire lo stato d‟animo di pietà che presiede l‟ispirazione. Asfalto Rosso è poesia oggettiva, programmaticamente sliricata. E tuttavia, davanti a certe situazioni, Filippo non riesce a conservare la freddezza, l‟indifferenza, l‟estraneità dello spettatore imparziale. Anzi, spesso si commuove, quando non s‟indigna, quando non sfodera i1 suo sarcasmo dissacratore. Tra gli incidenti mortali famosi Filippo ricorda quello che ebbe come vittima Diana Spencer, la moglie di Carlo d‟Inghilterra. Il brano è intitolato Mercedes PA 765 RZ. La giovane principessa tenta di sfuggire alle raffiche dei flash dei paparazzi, decisi nella loro protervia a violare la sua privacy. Ma le pareti di un tunnel interrompono bruscamente i suoi sogni. Endecasillabi con l‟accento sulla sesta mimano perfettamente l‟assedio dei fotografi e l‟inutile corsa senza freni. La “gazzella tradita/inseguita”, la Cenerentola che ha sognato l‟amore oltre ogni fede e ogni bandiera, non è riuscita a tor75 nare a casa. Ma forse sullo sfondo della retina dei suoi occhi sono rimaste ferme per sempre le immagini della favola incantata delle sue nozze, dei volti dei biondi principini, dell‟incontro con Maria Teresa di Calcutta. In quei begli occhi, ancora aperti, sui quali turbinano impietosi gli scatti indiscreti dei paparazzi. Ancora una volta il metro adottato da Filippo è l‟endecasillabo, come si è detto. Ma qui non mancano i settenari: misure più corte che sembrano voler determinare pause di pensoso raccoglimento nel racconto dei fatti violenti. Molto bello è anche il brano ispirato alla strage di Capaci e intitolato Citroën PA G554007. Non è solo il giudice Falcone a saltare in aria, ma tutta la Sicilia, con i suoi filosofi (Archimede ed Empedocle), le sue sante (Lucia e Rosalia), i suoi scrittori (Sciascia e Bufalino). Bellissimi, intensi i due endecasillabi finali, dei quali il primo è frantumato in due emistichi, quasi a simboleggiare la terribile deflagrazione. Tutti e venti i brani che compongono il poemetto sono degni, come ho già detto, di essere letti e commentati. Mi soffermerò ancora un po‟ su quello intitolato Miniminor UD 859773. L‟ho scelto per la delicatezza, il pudore con cui Filippo affronta l‟argomento. Due giovani innamorati viaggiano in auto, lei perduta sulla spalla di lui, e ascoltano musica, le canzoni di Fausto Leali, di Baglioni e di Battisti. Ma all‟improvviso una potente Kawasaki piomba sul lunotto dell‟utilitaria a troncare la loro felicità e i loro sogni. Sognavano le nozze in chiesa, l‟organo, il coro. E invece ora un telo bianco li ricopre “sul talamo d‟asfalto/in casto petting”. Molto bella è l‟immagine dei due giovani paragonati ai fidanzatini di Peynet. 76 L‟ultimo brano del poemetto è dedicato al delitto Moro. Anche qui una macchina, la famosa Renault, fatta trovare in via Caetani, funge da bara per il grande statista democristiano ucciso dalle Brigate Rosse. La poesia è sempre dissimile dalla storia o dalla cronaca. Procede per allusioni, per immagini. Rifiuta gli accadimenti concreti. Il nome di Moro non è mai pronunciato esplicitamente, né quello di Papa Paolo VI che dal Vaticano grida il suo appello ai rapitori. Ma basta un solo verso, un solo endecasillabo, per raccontare un‟intera vicenda. La stella a cinque punte sul capo del prigioniero è come un I.N.R.I. sul capo del Crocifisso. Il poemetto si chiude, come si diceva all‟inizio, con un breve salmo: Kyrie eleison, in latino Miserere mei, Deus, che è l‟inizio del salmo 50. La triplice supplica esprime il dolore del poeta per tutte le morti violente, simboleggiate da quelle lamiere attorte, mutilate, sulle quali pietosa scende la pioggia simile a un pianto celeste. Apparentemente il salmo è composto da ventotto versicoli, ma in sostanza si tratta di nove endecasillabi. Ancora una volta Filippo è attento al suono, alla musica dei suoi versi: una musica franta, vibrante, così come richiede la tragicità dei contenuti. Auditorium della Biblioteca Comunale di S.Marco in Lamis, ottobre 2009. 77 78 Domenico Guerra ASFALTO ROSSO La novità di questo libro consiste nella capacità dell‟autore di mescolare codici, linguaggi, immagini e di fondere varie espressioni artistiche, scientifiche, culturali in un pastiche postmoderno. Ma è altrettanto interessante il fatto che in questo pastiche la poesia viva di vita propria, nella capacità del poeta di cogliere l‟uomo, la sua fragile umanità e inconsapevolezza, nel ritmo frenetico della sua giornata e nel fatale incontro-scontro con la morte, pochi attimi prima della tragedia, quella degli incidenti che arrossano l‟asfalto quotidianamente. Di questo gusto del pastiche non abbiamo indizi nelle precedenti raccolte, dove si può parlare se mai di un atteggiamento ironico del poeta rispetto alle novità della tecnologia e al comportamento dell‟uomo. In Ombre tra le doline, per esempio, il pennacchio a cherosene di un jumbo che romba e sbava, attira l‟attenzione di un Titiro in jeans; sulla superstrada il pastore baratta lo zufolo di canna con una poliglotta scatoletta (Titiro ‟82) e tutto invade il Moloch con la sua bava di plastica (II Moloch); i clacson braccano il silenzio fino a notte e il sabba delle antenne sotto il cielo di nafta distrugge il mito della famiglia e del focolare domestico (Dove). Pirro esprime in forma poetica la sua condanna per tutto ciò che è contrario alla natura e all‟uomo, alla tradizione della famiglia, alla civiltà della bellezza. 79 Nel poemetto Asfalto Rosso, il poeta compie un vero e proprio salto giù nell‟inferno del mondo contemporaneo, precisamente sulla strada, on the road per dirla con Kerouac, dove l‟uomo affronta la sua giornata e corre incontro al destino. Pirro si colloca da un diverso punto di vista, quello del guidatore nell‟abitacolo dell‟auto. Ogni testo ha come titolo il nome di un‟ automobile e la targa: è come presentare per ogni auto una breve storia con i suoi protagonisti; tante storie che costituiscono poi una vera e propria casistica degli incidenti stradali. Ma tante storie che fanno pensare, per certi aspetti, a una moderna Antologia di Spoon River (1914-15). Anche nel libro di Lee Masters c‟è un collage di storie tristi, il racconto dei mille casi della vita che hanno portato alla morte. Ma bisogna sottolineare subito le differenze: nell‟Antologia sono le stesse vittime gli attori e i narratori della loro storia, che è spesso il bilancio di una vita; inoltre l‟autore presenta veri e propri ritratti di persone vittime di incidenti o di un crudele destino, ma anche delle maldicenze e ipocrisie tipiche dell‟ambiente puritano americano. Nel suo poemetto Pirro, invece, ricostruisce in sintesi efficace la situazione morale, spirituale o psicologica in cui si trova la vittima pochi istanti prima dell‟incidente; si può dire che colga l‟uomo nel suo inconsapevole appuntamento con la morte, che può essere dietro l‟angolo. Sono storie di tutti i giorni, dove la drammaticità di un incidente non fa più notizia, non è più avvertita; allora è la poesia a scavare tra le macerie, ad ascoltare il vento che suona attento tra le lamiere, quel vento fatale che ha travolto la vita, ad approfondire una sorta di archeologia della vita, a penetrare oltre la cronaca, 80 nel mistero del cuore umano, nella rissa dei pensieri o nella placida intensa illusione di un momento di passione e di trasporto. Il destino è in agguato alla coppia di amanti che sono soli nell‟abitacolo e senza alcun sospetto. Il pensiero corre ai celebri versi di Dante: Noi leggiavamo un giorno per diletto/ di Lancialotto come amor lo strinse… quel giorno più non vi leggemmo avante. Un viaggio programmato come momento di felicità e di approdi verso il sogno può essere senza ritorno. Dopo la tragedia, sulle vittime splende il chiaro di luna come un abat-jour nella notte fatale, l‟anima vaga sperduta nello spazio cosmico, animula vagula blandula violentemente scacciata dal corpo martoriato in cui era hospes comesque. Con un volo pindarico, oserei dire, Pirro dal caos della materia si solleva a meditazioni che hanno l‟effetto di sospendere il tragico in una contemplazione di ascendenza vagamente pascoliana che introduce nel mistero dell‟aldilà: dopo l‟incidente mortale, l‟anima vaga smarrita e Chi mai gli insegnerà/ ora/ la strada oltre Plutone, Cigno, Cassiopea… (Maserati). Il sogno futurista della marinettiana automobile da corsa, che permette all‟uomo di librarsi al di sopra della terra immonda ed entrare nell‟inebriante fiume degli astri nel gran letto celeste, in questi versi si dissolve in atmosfera di smarrito stupore e sbigottimento. Pirro si avvale, in chiave sarcastica, di quella stessa valorizzazione fonica che troviamo in Marinetti ma la fa passare strizzando un occhio al gusto del postmoderno, anche attraverso il linguaggio visivo e fumettistico: CRASH, SBANG, VRAHANG; dà spazio anche alla pagina tipograficamente pittorica, come facevano i futuristi (si ricordi il famoso Adrianopoli assedio orchestra, Zang tumb tuuum ); 81 usa una varietà di corpi tipografici, la sincronizzazione grafica di suoni e colori. La parola viene potenziata da effetti visivi di ingrandimento a rappresentare l‟istante in cui l‟occhio umano vede per l‟ultima volta oggetti e ostacoli contro cui si schianterà: così, con una sintesi di gusto postmoderno, il poeta coglie l‟attimo tragico della collisione. Complice della tragedia è molto spesso la musica, soprattutto quella giovanile che diventa la colonna sonora di tante storie d‟amore infrante, spezzate all‟improvviso, o di tante storie di sacrifici senza approdi. La morte è l‟improvvisa rivelazione della realtà tragica della vita. L‟uomo può essere ghermito dalla morte anche nel mezzo di una meditazione filosofico-esistenziale; ci riferiamo ai versi iniziali del primo testo, che porta il titolo Tempra: Epochè, mettere in parentesi...: è la situazione dell‟uomo che, anche viaggiando alla guida di un‟auto, medita filosoficamente sulla problematicità dell‟esistenza. Una situazione che non a caso è ipotizzata in apertura del poemetto, in quanto si arricchisce di sensi metaforici che investono tutto il libro, in cui protagonista è l‟uomo del nostro tempo, privo di certezze, in balia del caso, della tyke dicevano i Greci, e sempre più fortemente necessitato in un ingranaggio che non ammette errori. Ogni giorno assistiamo sul piccolo schermo a una martellante pubblicità che fa scorrere le autovetture splendenti in un silenzio vellutato, pieno di placida vitalità, conforto; l‟auto mette in movimento i sogni, ma nel libro di Pirro essa è libertà e prigione, luce e tenebra, diventa uno dei simboli delle magnifiche sorti e progressive del nostro tempo (Leopardi). La strada, che un tempo era un luogo dell‟anima, nel mondo contemporaneo diventa il 82 cordone ombelicale che riannoda l‟uomo al suo nido. Si ripete la tragedia dell‟uomo che torna al suo nido ma non lo raggiunge (Uno). Fa parte, a mio parere, della concezione estetica postmoderna anche l‟invenzione linguistica che è un aspetto importante del poemetto. Pirro è attento al suono e al colore delle parole, usa anche voci straniere (nonchalance, rap, croupier, doppler, air-bag, cloche, caterpillar) e realizza un impasto linguistico che va dal mondo dell‟economia a quello della moda, del cinema e della televisione, della scienza o anche, più efficacemente, a quello visivo, pittorico. Lo stop si ingrandisce in zummata, la scia nera sull‟asfalto diventa la firma del destino; accanto al lessico della tecnologia, appaiono espressioni della poesia alta, classica: il naufragare dolce dell‟auto sotto lo chassis di un Tir (Panda) rovescia in tragedia la placida e avventurata contemplazione leopardiana dell‟infinito; l‟apparire del vero al momento dello schianto (Tempra) ha, come in Leopardi, un significato di dolorosa rivelazione. Pirro assume anche la macchina come luogosimbolo delle grandi tragedie politiche del nostro tempo, come in Renault 4: la macchina risparmiata dal caterpillar e destinata poi a diventare la bara dove fu deposto il corpo senza vita di Aldo Moro, diventa figura della dolce e infelice madre di Cecilia, il personaggio manzoniano dei Promessi Sposi. La macchina viene dunque umanizzata? Direi che essa diventa strumento del destino umano. II poeta sa variare il registro tematico con mano sapiente passando, attraverso la cronaca, anche a spunti favolistici: sulla strada muore la favola della giovinezza e dell‟amore Nel tunnel muore il sogno/ mezzanotte rintocca/ Cenerentola (Mercedes). La cronaca è attraversata da un lampo di poesia, la poe83 sia dell‟incanto del sogno; attraverso la favola di Cenerentola il poeta allude a un personaggio noto, la cui tragica fine ha commosso l‟opinione pubblica del mondo: la principessa Diana. Un altro testo importante del poemetto è Citroën: pochi istanti precedono il tragico attentato mafioso di Capaci che costò la vita al giudice Falcone, alla moglie e alla loro scorta. Con poche metafore (l‟idra nel cuore del Palazzo, l‟inferno di lapilli, l‟asfalto che deflagra) il poeta entra nei pensieri dell‟uomo, ne scandaglia le più segrete pieghe e compone un quadro apocalittico in cui da una parte la grande Grecia, rappresentata dalle figure di Empedocle e Archimede, dall‟altra la cristianità rappresentata dalle figure di Santa Lucia e Santa Rosalia e lo stato di diritto, di cui sono difensori scrittori come Sciascia e Bufalino, sono scossi dalle fondamenta. Il cosmo, opera della civiltà del pensiero, diventa caos. Alla fine del poemetto Pirro vuole stendere sulla tragedia degli incidenti un velo di pietà. Sul triste scenario di morte in cui si accumulano lamiere sui corpi umani straziati, passa il vento così come trascorrono le stagioni della natura, della vita, i ricordi del passato; non sono i morti di una battaglia, perciò la triste notizia passa nell‟indifferenza generale, anzi fa parte del ritmo stesso della giornata dell‟uomo di oggi. Dopo l‟inferno dell‟asfalto rosso Pirro nella conclusione del libro, con il Kyrie eleison non vuole soltanto innalzare una preghiera per riscattare dalla polvere tanta umanità straziata, ma vuol riaffermare la superiore forza della parola, vuol dire che alla fine è il Verbo che riporta l‟ordine nel caos, è la parola di Dio che getta luce nella tenebra e continua il miracolo della speranza e della vita anche dopo che la morte ha seminato 84 strage e dolore. Così nell‟Antifona abbiamo l‟elenco delle auto diventate lamiere in cui si è consumata la tragedia, una nomenclatura declinata nella misura serrata dell‟endecasillabo, quasi a significare che la forma è tornata allo stato di materia informe: è su questo scenario cimiteriale che risuona il canto conclusivo e pacificatore del Kyrie eleison. Monte S.Angelo, ottobre 2009. 85 86 NOTA SULL’AUTORE Nativo di S.Marco in Lamis, ove risiede, Filippo Pirro opera nel campo artistico oltreché letterario. Fondamentale la sua decennale permanenza a Torino negli anni Settanta, dove, oltre al conseguimento della laurea in Filosofia con Pareyson e Vattimo, ha potuto affinare le sue innate capacità espressive nei diversi campi della grafica, della pittura, della scultura, della letteratura, della musica. Sue opere in pittura e scultura, infatti, oltreché in collezioni private, sono presenti in luoghi pubblici di varie città italiane. Per la poesia e l‟incisione ha pubblicato le raccolte: La Casa del Bosco, La Vallisa, Bari,1982 (premio Città di Salerno). Quel Segreto sui Monti, Quaderni de Il Provenzale, Foggia, 1985 (premio Città di Avellino e Il Prometeo d‟argento, città di Viterbo). Il Colore dell’Anima, Centro Graf.Merid., Foggia,1986. Ombre tra le Doline, BoseGiEsse, Enna, 1987 (premio Il Barrese, città di Enna; premio città di Cortona). La Via dolorosa, Ed.Paoline, Roma,1988. Natale, Grafilandia, Foggia, 1996 (in dialetto, premio Regioni d‟Italia Piedimonte-Catania). La Caduta dei Valori, Galleria Torre, Torino,1975. Ritorno al Sud , stamperia Fioccardi, Torino, 1976. 87 Omaggio a Manzoni, Grafilandia, Foggia, 1986. Lungo la via sacra dei Longobardi, ed. La Pietra, Martina Franca, 1990. Cinque rose per Padre Pio, Grafilandia, Foggia, 1992. Le Radici del cuore, Grafilandia, Foggia, 1996. Artet, Lavello, 1999. Nel 2003 ha inaugurato, con il figlio Antonio, Il Sentiero dell’Anima, un suggestivo percorso poetico-artistico nella natura. . Numerosissimi i riconoscimenti della critica più qualificata, di cui riportiamo solo alcuni giudizi: Hay mucha verdad y mucha autenticidad en tus obras. Hacìa tiempo que no encontraba en la poesia ni en la pintura italianas algo tan profundo y tan sencillamente expresado. Eloy Sanchez Rosillo, Murcia, España. Un linguaggio forte e risentito, quello di Filippo Pirro, ricco di immagini di assoluta coerenza sull‟onda di un ritmo franto e al tempo stesso vibrante. Ferruccio Ulivi, Giorgio Caproni, Elio F.Accrocca. 88 89 INDICE 9 15 19 21 22 24 25 26 27 28 29 30 32 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 46 47 49 53 55 67 79 87 Prefazione Antifona Vento tra le lamiere Tempra Chamade Panda Ypsilon10 BMW Uno 850 Nissan Jaguar Rolls-Royce Suzuki Maserati Tir Croma Ritmo Honda Mercedes Citroën Miniminor Uno Renault Giulietta Renault 4 Kyrie eleison Interventi critici Leonardo Aucello Michele Coco Domenico Guerra Nota sull‟autore Stampato in Italia nell‟aprile 2011 per conto di LibertàEdizioni