Lezione VII
La guerra contro Taranto e Pirro
Una tradizione politica tarantina: la
richiesta di aiuti alla madrepatria
• 342 a.C.: Taranto si rivolge alla madrepatria Sparta per
avere aiuto contro i Lucani. Arriva una spedizione guidata
dal re Archidamo III, che muore nel 338 a.C. a Manduria.
• 334 a.C.: Taranto si appella ad Alessandro il Molosso, zio
di Alessandro Magno, per un aiuto contro Lucani e
Messapi; le operazioni coinvolgeranno poi anche i Bruzi.
• Le operazioni di Alessandro contro le popolazioni della
Puglia, i Lucani e i Bruzi sono inizialmente fortunate; in
seguito tuttavia i rapporti con Taranto si guastano e il
Molosso trova la morte a Pandosia nel 331 a.C.
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Le imprese di Cleonimo in Italia
• 303 a.C.: Taranto, minacciata dai Lucani e da Roma
(vittoriosa nella II guerra sannitica), chiede il soccorso del
principe spartano Cleonimo.
• I Lucani si affrettano a chiedere pace.
• Anche i Romani siglano con Taranto un trattato che
riconosce alla polis greca l’egemonia sull’area del Golfo e
si impegnano a non portare una flotta da guerra oltre Capo
Lacinio.
• I Tarantini si stancano presto della gravosa alleanza e
Cleonimo finisce i suoi giorni in una spedizione contro i
Veneti.
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La questione di Turii
• 285 a.C.: Turii, minacciata dai Lucani, chiede il soccorso
di Roma, la quale, impegnata in una guerra contro i
Senoni, si limita probabilmente a iniziative diplomatiche.
• 282 a.C.: Turii rivolge un nuovo appello a Roma, che
libera ormai sul fronte settentrionale: in una sanguinosa
battaglia i Lucani e i loro alleati Sanniti e Bruzi sono
sconfitti.
• Apparentemente su richiesta delle stesse poleis greche,
Roma installa guarnigioni a Turii, Locri, Crotone, Ipponio
e Reggio.
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Il conflitto con Taranto
• Forse per affermare in modo simbolico la
propria recente egemonia sulla Magna Grecia,
i Romani inviano una squadra navale nel Golfo
di Taranto, in violazione dei trattati.
• A Taranto la fazione popolare al potere
risponde alla provocazione affondando alcune
navi romane e cacciando la guarnigione di
Turii, insieme agli aristocratici turini che la
sostenevano.
• Taranto respinge l’ultimatum romano e si
rivolge per aiuti al re dei Molossi, Pirro.
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Plutarco, Vita di Pirro, 3, 1: i Tarantini
chiedono il soccorso di Pirro
• I Romani facevano allora guerra contro i
Tarantini, ma questi non potevano sostenere il
conflitto né mettervi fine per la temerarietà e la
pervicacia di coloro dai quali il popolo si lasciava
governare. E allora stabilirono di darne il comando
a Pirro, affidando a lui la condotta della guerra,
perché egli in quel momento, tra tutti gli altri re,
non aveva nessun altra occupazione ed era ritenuto
uomo di grande esperienza.
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Busto di
Pirro
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La figura di Pirro
• Re dei Molossi e comandante della Lega Epirotica.
• Il miglior stratega del suo tempo, le cui ambizioni di conquista
al momento sembravano irrealizzabili nel Mediterraneo
orientale.
• La parentela con Alessandro il Molosso e con il re di Siracusa
Agatocle (di cui aveva sposato nel 295 a.C. la figlia Lanassa),
legittimava le pretese ad un dominio di Pirro sull’Occidente.
• Pirro trasforma la sua impresa in una “Crociata” in difesa della
grecità occidentale contro i barbari Romani e Cartaginesi,
ottenendo aiuti dagli altri regni ellenistici.
• Lo sbarco in Italia di un corpo di spedizione composto da circa
30 mila uomini, cui Pirro contava di aggregare decine di
migliaia di alleati tarantini e italici.
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Le prime fasi della guerra
• 280 a.C.: Pirro e i Tarantini sconfiggono i Romani a
Eraclea, sfruttando anche il fattore sorpresa degli elefanti
da guerra; ma l’esercito epirota subisce gravi perdite.
• Lucani, Bruzi e Sanniti, insieme ad alcune città italiote, si
schierano dalla parte di Pirro; ma l’Italia centrale rimane
fedele a Roma e l’esercito di Pirro è insufficiente per
assediare Roma.
• Le trattative di pace intavolate dall’ambasciatore di Pirro,
Cinea, falliscono dopo il deciso intervento di Appio
Claudio Cieco.
• 279 a.C.: rinforzato il suo esercito con mercenari, Pirro
batte i Romani ad Ausculum (Ascoli Satriano), subendo
ancora dure perdite.
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L’arma a
sorpresa di
Pirro
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Appiano, Le guerre sannitiche, 10, 1-6:
l’ambasceria di Cinea
• Pirro, re dell'Epiro, avendo ottenuto una vittoria sui Romani e
desiderando recuperare le sue forze dopo il duro scontro, pensando che
i Romani fossero particolarmente desiderosi di giungere ad un accordo,
inviò a Roma il tessalo Cinea, tanto famoso per la sua eloquenza da
essere paragonato a Demostene. Quando Cinea fu ammesso in Senato,
esaltò il re per diverse ragioni, sottolineando la sua moderazione dopo
la vittoria, poiché non aveva marciato direttamente contro la città, né
aveva attaccato l'accampamento dei vinti. Egli offrì loro pace, amicizia
e un trattato di alleanza con Pirro, a patto che includessero i Tarantini
nello stesso trattato, lasciassero liberi e autonomi i Greci d’Italia e
restituissero ciò che avevano tolto in guerra ai Lucani, ai Sanniti, ai
Dauni e ai Bruzi. Se avessero fatto ciò, Cinea disse che Pirro avrebbe
restituito tutti i prigionieri senza riscatto.
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Appiano, Le guerre sannitiche, 10, 1-6:
il fallimento dell'ambasceria di Cinea
• I Romani esitarono a lungo, intimiditi dal prestigio di Pirro e dalle
disavventure che avevano subito, finché Appio Claudio, detto Cieco,
poiché aveva perduto la vista, ordinò ai suoi figli di condurlo in
Senato, ove disse: «Ho sofferto per la perdita della vista, ma ora
lamento di non aver perso anche l’udito. Infatti mai mi sarei aspettato
di vedere o sentire da voi decisioni di questo tipo. Una singola
disgrazia vi ha fatto dimenticare in un momento chi siete, tanto da
considerare amici invece che nemici l’uomo che di questa disgrazia è
stato causa e coloro che lo hanno chiamato e da cedere ciò che i vostri
padri vi hanno lasciato ai Lucani e ai Bruzi. Che cosa significa ciò, se
non rendere i Romani schiavi dei Macedoni? E qualcuno di voi osa
chiamare tutto questo pace invece che asservimento!»
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Appio Claudio condotto in Senato
Particolare dell’affresco di C. Maccari, Appio Claudio condotto in
Senato, 1882-1888, Sala Maccari di Palazzo Madama.
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Plutarco, Vita di Pirro, 21, 14-15: Amare
considerazioni di Pirro dopo Ausculum
• I due eserciti si separarono e si narra che Pirro abbia detto
a uno di quelli che si congratulavano con lui: «Se
otterremo ancora una vittoria sui Romani, saremo
completamente perduti». Aveva infatti perduto gran parte
delle truppe che aveva portate con sé e quasi tutti i suoi
amici e i suoi generali; non ne aveva altri da far venire e
vedeva scemare l’ardore dei suoi alleati d’Italia, mentre
l’accampamento dei Romani si riempiva facilmente e
rapidamente, come da una fonte inesauribile situata nel
paese stesso, e le sconfitte non facevano perdere loro il
coraggio, ma anzi l’ira infondeva loro nuova forza ed
ostinazione per combattere.
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Il richiamo della Sicilia
• I rapporti fra Pirro e i suoi alleati italioti si deteriorano a
causa delle imposizioni fiscali dell’epirota, necessarie per
reclutare mercenari.
• Pirro risponde quindi all’appello dei Siracusani, che ne
chiedono l’aiuto contro Cartagine, seguendo il richiamo
della parentela con Agatocle e in conformità con i suoi
intenti propagandistici di difesa di tutta la grecità
occidentale.
• Cartagine risponde con un trattato di alleanza militare con
Roma.
• Pirro costringe i Cartaginesi a chiudersi a Lilibeo,
nell’estrema parte occidentale dell’isola, ma la mancanza
di una flotta non gli consente di chiudere la partita.
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Polibio, Storie, III, 25, 1-5: il trattato di
alleanza romano-cartaginese contro Pirro
• I Romani quindi concludono ancora un ultimo trattato al tempo
della traversata di Pirro, prima che i Cartaginesi muovano la
guerra per la Sicilia; in esso conservano tutti gli altri punti alle
condizioni esistenti, e a questi viene aggiunto quanto scritto di
seguito: «Qualora facciano alleanza con Pirro, gli uni e gli altri
mettano per iscritto che sia permesso portarsi soccorso a
vicenda nel territorio di chi viene attaccato; a quale dei due
abbia bisogno di soccorso, i Cartaginesi forniscano le
imbarcazioni sia per l’andata, sia per il ritorno, e gli uni e gli
altri gli stipendi ai rispettivi uomini. I Cartaginesi portino
soccorso ai Romani anche per mare, se c’è bisogno. Nessuno
costringa gli equipaggi a sbarcare contro la loro volontà».
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La sconfitta di Pirro
• Anche in Sicilia Pirro finisce per perdere le simpatie degli
alleati.
• 275 a.C.: richiamato in Italia dalla difficile situazione dei
suoi alleati davanti alla controffensiva romana, subisce
perdite nella traversata dello Stretto da parte della flotta
punica.
• Nello stesso anno Pirro è battuto a Malventum (poi
Benevento) dalla superiorità numerica romana e decide di
tornare in Epiro, dopo aver lasciato un presidio a Taranto.
• 272 a.C.: alla morte di Pirro, avvenuta ad Argo, il presidio
epirota si arrende all’esercito romano.
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Locri chiede un prestito al santuario di Zeus
per versare il contributo di guerra a Pirro?
Tavoletta in bronzo, 350-250 a.C. (Reggio Calabria, Museo
Archeologico Nazionale
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Dionigi di Alicarnasso, Storia di Roma
arcaica, XX, 9, 1-2: Pirro depreda il santuario
di Persefone a Locri
• Vedendo che Pirro era in difficoltà finanziarie e che ricercava ogni
possibile sorta di entrate, i peggiori e più empi dei suoi amici, Evagora,
figlio di Teodoro, Balacro, figlio di Nicandro, e Dinarco, figlio di
Nicia, seguaci di dottrine ostili agli dèi e ai culti, gli suggerirono un sacrilego mezzo di avere empi beni, quello di aprire i tesori sacri di Persefone. C’era infatti nella città [di Locri] un tempio a lei dedicato, che
conteneva molte ricchezze lì accumulate da molto tempo e mai violate
e, tra l'altro, un’immensa quantità di oro nascosto alla vista di tutti,
perché posto sotto terra. Sedotto dunque da tali adulatori e costretto
dalla sua necessità che era più forte di ogni altra considerazione, Pirro
si servì come agenti del sacrilegio dei medesimi che gli avevano dato il
consiglio e imbarcò il denaro sottratto al tempio, assieme agli altri
beni, su alcune navi che inviò a Taranto, tutto pieno di allegria.
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La sistemazione dell’Italia meridionale
dopo la guerra contro Pirro
• Dopo il 272 a.C. Roma completa la sottomissione
dell’Italia meridionale con operazioni nel Salento
e a Reggio.
• Taranto e le altre poleis greche divengono sociae,
in particolare con l’obbligo di fornire navi ed
equipaggi.
• Una legione formata da Campani, che si era
macchiata di gravi soprusi a Reggio, viene
duramente punita nel 270 a.C.
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Per saperne di più
• D. Musti, La spinta verso sud: espansione romana e
rapporti «internazionali», «Storia di Roma, I, Roma in
Italia», Torino 1988, pp. 527-542 [BAU STO/D 937 STO
I].
• E. Santagati Ruggeri, Un re tra Cartagine e i Mamertini.
Pirro e la Sicilia, Roma 1997 [BAU 938.08 B PIR B/2]
• D. Zodda, Tra Egitto, Macedonia e Sparta. Pirro, un
monarca in Epiro, Roma 1997 [BAU 938.08 B PIR B/2]
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