Articolo Modulo C4 per corso RSPP Premessa Ho già evidenziato in un precedente lavoro quelle che sono a mio parere le difficoltà e gli obiettivi nella trattazione del Modulo C nel percorso di formazione per RSPP previsto dall’accordo Governo e Regioni (D. Lgs. 195/2003). Richiamerò qui in modo sintetico i punti principali. o Compito dei docenti non è di impartire delle nozioni, funzione affidata prioritariamente ai Moduli A e B, ma di “insegnare” un metodo di lavoro. o L’obiettivo dei formatori è dunque quello di sviluppare delle competenze che aiutino il RSPP nella sua opera di organizzazione e promozione di un sistema che mira alla tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti. o L’obiettivo sopra ricordato è raggiungibile solo promuovendo il coinvolgimento, la partecipazione ai processi decisionali, la crescita professionale dei lavoratori, una condivisione delle responsabilità, la pianificazione e la progettazione e la verifica di quanto deciso e/o attuato. Come nel lavoro prima ricordato, la parte nozionistica sarà molto ridotta e mi soffermerò di più sulle indicazioni di metodo. Le pagine successive sono perciò “il racconto” di una mia lezione. Vi è però una differenza. Mentre l’articolo sul modulo C3 si rivolgeva a coloro che si occupano della formazione dei RSPP, i destinatari di queste righe sono gli RSPP stessi in quanto il D. Lgs. 81/2008 affida ad essi e al Servizio prevenzione e protezione notevoli ed importanti compiti circa la formazione ed informazione dei dipendenti e ciò viene sottolineato anche dal fatto che il Corso di formazione riserva al Modulo C4 – Ruolo dell’informazione e della formazione ben 8 ore su un totale di 24. 1. Le competenze comunicative come elemento professionalizzante per il RSPP Leggendo con attenzione il D. Lgs. 81/2008, ma anche confrontandomi quotidianamente con chi si occupa di sicurezza nelle aziende, emerge il ruolo del RSPP come figura “di collegamento” e di relazione fra coloro che in qualche maniera sono interessati a tale problematica. Si va dall’ufficio tecnico a coloro che si occupano degli acquisti, dalle squadre di primo soccorso al RLS, dal caporeparto al dirigente e l’elenco è solo esemplificativo. Tutti possono trovarsi, e di fatto si trovano, nella situazioni di rapportarsi e di chiedere informazioni al RSPP. Credo sia perciò importante che il formatore del modulo C4 sottolinei l’importanza che questa figura affini e migliori le sue capacità comunicative soprattutto sotto due punti di vista: la gestione del gruppo e la formazione degli adulti. Non c’è dubbio che diverse saranno le occasioni in azienda in cui il RSPP si troverà a ricoprire questi ruoli che non possono essere improvvisati, ma richiedono preparazione. Nell’intento di utilizzare quei metodi attivi di cui parlerò più avanti, la lezione potrebbe aprirsi con una simulazione che aiuta ad evidenziare le dinamiche di gestione di un gruppo e successivamente a riflettere sull’assertività. Si può simulare una riunione che viene tenuta nell’azienda interessata degli avvenimenti descritti nella simulazione seguente. SITUAZIONE AZIENDALE Azienda metalmeccanica privata, di medie dimensioni (circa 150 dipendenti che lavorano a giornata) che produce semilavorati di acciaio (lamiere per scaffalature e pianali) su commessa. Per quanto riguarda la sicurezza l’azienda ha elaborato un proprio Documento di valutazione dei rischi (DVR). EVENTO Per rispettare i tempi di consegna di un’importante commessa l’intero reparto produttivo si trova a sostenere dei ritmi di lavoro superiori a quelli in base a cui è stato redatto il DVR. CONSEGUENZE: • • i materiali sono accatastati in modo non corretto e pericoloso, i macchinari sono utilizzati in modo improprio e per tempi molto superiori a quelli previsti durante la normale attività, • il problema di razionalizzazione degli spazi e delle attrezzature. INCIDENTE Il mercoledì si verifica un infortunio causato dal mal posizionamento di un semilavorato presso un addetto che viene urtato e ferito leggermente. Il lavoratore non indossava i dispositivi di protezione individuali. Tale incidente è l’ultimo di una catena d’incidenti di lieve entità realizzatesi all’interno dell’azienda nelle ultime settimane. Terminata la presentazione della simulazione, l’aula viene divisa in 5 gruppi: a. Gruppo dirigente, b. Gruppo medico competente, c. Gruppo RSPP, d. Gruppo RLS, e. Gruppo caporeparto. Ogni gruppo si confronta e stabilisce la propria linea di condotta, le motivazioni a sostegno delle propria tesi, gli obiettivi che si prefigge di raggiungere e gli interventi da realizzare. Da questo primo momento dovrebbe scaturire un “canovaccio”, un breve testo in cui ciascuno fissa il copione che seguirà nella riunione successiva. Ogni gruppo inoltre elegge un proprio portavoce che rappresenterà nella riunione uno dei cinque ruoli sopra elencati. L’obiettivo è di far emergere i distinti punti di vista e le diverse prospettive con cui viene esaminato un unico problema ed esercitare così il RSPP a svolgere le due funzioni sopra accennate, cioè la gestione di un gruppo e l’attività di formazione. Si svolge poi la simulazione della riunione con i 5 “attori” che vengono osservati dagli altri secondo la traccia della Scheda 2. Al termine dell’esercitazione si analizza l’esperienza secondo la Scheda n. 1 e la Scheda n. 3, mentre gli osservatori riferiscono all’interno gruppo quanto ciascuno si è annotato sulla Scheda n. 2 Scheda n. 1 - Debriefing La scheda 1 viene compilata in gruppo con il formatore che guida la discussione. 1. Qualcuno durante l’esercitazione ha assunto il ruolo di leader? Oppure il ruolo di leader è passato da un partecipante ad un altro? 2. Quali comportamenti ed espressioni vi hanno portato a riconoscere in queste persone un leader? 3. Tutti hanno potuto esprimere le loro opinioni? 4. Come sono stati i rapporti fra i partecipanti? 5. Quali criteri hanno guidato la scelta? 6. Come vi siete sentiti durante l’esercitazione? 7. Quali sono stati i momenti più critici? Come ne siete usciti? Scheda n. 2 - Ruoli all’interno del gruppo La scheda 2 viene compilata da chi non partecipa all’esercitazione che sceglie uno degli 8 colleghi che fanno parte della “commissione” da osservare. Per ogni scansione temporale segnerà con una crocetta i tre atteggiamenti prevalenti. Al termine riferirà al gruppo le sue osservazioni. Analisi di (nome e cognome)…………… riferita a ………………………(nome e cognome) Comportamenti Primi 20 minuti Ultimi 20 minuti centrali 20 minuti 1. Cerca di rendersi simpatico agli altri 2. Cerca informazioni 3. Tenta di conciliare punti di vista diversi 4. Aiuta e incoraggia 5. Cerca di chiarire cosa succede 6. Chiede chiarimenti su persone e/o fatti 7. Cerca di rasserenare l’atmosfera 8. Fa sintesi, il punto della situazione, riformula 9. Prende l’iniziativa, orienta 10. Coopera e collabora 11. Domina o vorrebbe dominare 12. Monopolizza la parola e l’attenzione 13. Si oppone, sabota il gruppo 14. Aggredisce e attacca 15. Si difende 16. Giudica e valorizza gli altri 17. Tenta di manipolare 18. Si mostra disinteressato 19. Segue gli altri passivamente 20. Interrompe gli altri Scheda n. 3 - Analisi e/o autoanalisi del gruppo La scheda 3 viene compilata in gruppo con il formatore che guida la discussione. Domanda 1 Il gruppo si muove verso un obiettivo chiaro e condiviso? Il gruppo comunica in modo propositivo e vi è reciproco ascolto? Il gruppo prende decisioni? Chi comanda nel gruppo? Emerge una identità di gruppo? a. I componenti si stanno guardando in giro per orientarsi b. Ci sono proposte e tentativi, ma in contrasto fra loro sulla direzione da prendere c. Gli scopi del gruppo sono sufficientemente identificati d. Gli scopi sono ben chiari e adeguatamente formulati e. Gli scopi sono sempre bene in vista e tutte le azioni ben finalizzate Domanda 2 a. C’è imbarazzo, si notano atteggiamenti difensivi e qualche provocazione b. Qualcuno prova a confrontarsi, ma il dialogo è frammentario c. L’interazione e gli scambi sono accettabilmente continui d. La ricettività è notevole e la comunicazione fluida e. L’intesa è eccellente, franchezza e fiducia connotano il comportamento di tutti Domanda 3 a. La situazione è stagnante, non emergono alternative b. I suggerimenti non mancano, ma nessuno di essi riesce trovare sbocchi c. Il gruppo appare concreto e capace di prendere decisioni pur minime a maggioranza d. Il grado di partecipazione elevato ha consentito di tener conto anche delle proposte della minoranza e. La negoziazione interne è tale che la elaborazione riesce ad essere consensuale e creativa Domanda 4 a. Tutti temono di esporsi e/o si scherniscono agli inviti degli altri b. Qualcuno si fa avanti, ma subito si ritira e non aggrega tutti c. La leadership è concentrata su una sola persona d. A seconda dei casi, emergono personalità e competenze diverse e. La distribuzione della leadership è flessibile e diffusa Domanda 5 a. Ci sono solo delle singole individualità b. Si notano delle prime aggregazioni più o meno occasionali c. Nel gruppo si usa regolarmente il “noi” in senso costruttivo d. L’identità di gruppo è palese e si coglie sia dall’interno sia dall’esterno e. Il senso di appartenenza è inteso ed aperto a nuove integrazioni Il formatore conclude l’esercitazione facendo emergere le caratteristiche di una comunicazione appropriata per chi intende favorire il lavoro di gruppo e la sua coesione. Tali caratteristiche sono riassunte nella Tabella n. 1 Tabella n. 1 - Comportamenti ed espressioni del leader Pone spesso domande Soprattutto all’inizio dell’incontro e/o della comunicazione il leader pone domande per chiarire i punti di vista di ciascuno Apporta contributi brevi, ma I suoi interventi hanno principalmente tre frequenti compiti: • non far perdere di vista l’obiettivo perseguito • favorire la partecipazione di tutti Comportamenti • ricordare i punti su cui si è raggiunto l’accordo La sua comunicazione è • Guarda negli occhi gli interlocutori, dinamica e coinvolgente • Modula il tono di voce per sottolineare i passaggi e/o concetti più significativi • Associa il tono a movimenti corporei e ad una mimica espressiva “Proviamo a …” Il leader suggerisce sempre modi nuovi di affrontare i problemi e incoraggia il pensiero divergente. “Cosa ne pensi?” Cerca di coinvolgere gli interlocutori e di fare in modo che tutti esprimano le loro opinioni “Ciò che intendo…/Ciò che Chiarisce il proprio o l’altrui punto di vista intende” Espressioni “Buona idea” Sottolinea la positività delle proposte apportate dal gruppo “Ora è il suo turno” Mantiene l’ordine e assicura che tutti possano parlare “Allora cosa abbiamo Nel corso del dibattito fa dei sommari deciso?” periodici e una sintesi generale alla fine “Allora, chi si incarica di Per ogni decisone presa chiarisce chi ne ha questo progetto e con che la responsabilità termine?” Questa prima parte può terminare con una presentazione schematica dell’assertività, uno stile comunicativo che si differenzia e si contrappone all’aggressività e alla passività. L’assertività può essere definita come un metodo di interazione con gli altri, una tendenza ad assumere un comportamento caratterizzato da: • la capacità di esprimere le proprie idee, sentimenti e bisogni, • la capacità di affermare i propri diritti, • la capacitala capacità di considerare i diritti altrui, • la capacità di assumere un atteggiamento che valorizza se stesso, ma anche gli altri, • un’alternativa alla passività, all’aggressività e alla manipolazione. In modo schematico, visti i destinatari dell’argomento, si possono riassumere i tratti fondamentali dei tre stili comunicativi utilizzando la Tabella n . 2. Tabella n. 2 – Tre stili comunicativi a confronto Stile Caratteristiche • • Passivo • • • Assertivo • • Aggressivo • • Obiettivo E’ attento solo agli altri E’ condizionato e influenzato dagli altri Porta a subire gli altri e le loro decisioni È attento a sé e agli altri Non è condizionato dagli altri Utilizza metodi motivanti e gratificanti • È attento solo a se stesso Prevarica gli altri Utilizza metodi coercitivi e distruttivi Ottenere potere sociale • Ottenere la benevolenza degli altri Evitare il conflitto a qualunque costo Suscita • • • • • • • • Ottenere successo personale Coinvolgere Ottenere l’accordo • • • • • • • • • Frustrazione Ansia Senso di colpa Mortificazione della propria dignità Elevata ansia sociale Fiducia in se stesso e negli altri Attenta considerazione per gli altri Capacità di scelta autonoma Valorizzazione delle persone Senso di colpa Collera Ostilità Umiliazione e disprezzo Mortificazione della dignità altrui Il comportamento assertivo si riconosce da: Gesti Espressioni del volto Contatto visivo Postura Tonalità Ritmo del discorso Aperti, cordiali Attenta, interessata, comprensiva, coerente con la comunicazione verbale Diretto, costante Rilassata, aperta, comoda Media, volume adeguato Moderato, varia a seconda delle situazioni Si può concludere la trattazione di questo argomento con il semplice esercizio che segue e che richiede di riscrivere in forma assertiva le frasi aggressive. Esercitazione n. 2 - Da aggressivo ad assertivo Aggressivo Assertivo Hai sbagliato un’altra volta. Eppure lo sai che Ti sei accorto che qui hai sbagliato? Che cosa non si fa così! potremmo fare per non ripete più questi errori? Questa relazione fa schifo! È tutto qui quello che sai fare? Vorrei proprio che almeno tu provassi a non fare tanti errori! Lo sai come voglio che vadano fatte le cose! 2. L’apprendimento negli adulti Dovendo gli RSPP e coloro che fanno parte del Servizio prevenzione e protezione assumere anche il ruolo di formatore, credo valga la pena riprendere alcune considerazioni di ordine didattico sull’insegnamento riferito agli adulti. 2.1 I destinatari della formazione Quando si parla di formazione la prima preoccupazione deve essere quella di conoscere le persone a cui tale formazione è destinata. Nel caso degli adulti va considerato con attenzione il fatto che ci stiamo rivolgendo ad allievi che: • possiedono già un ampio bagaglio di conoscenze e che portano con sé atteggiamenti a volte profondamente radicati; • hanno ruoli e status sociali diversificati e strutturati; • temono di veder compromesso questi status e ruoli raggiunti; • non vivono, a differenza dei bambini e dei ragazzi, l’esperienza formativa anche come una modalità di socializzazione. A queste caratteristiche si aggiungono spesso delle difficoltà di ordine psicologico e/o organizzative: • paura di mostrare la propria “ignoranza”, • difficoltà nel parlare in pubblico, • rifiuto del cambiamento, • diffidenza che quanto appreso possa essere applicato (magari per precedenti negative esperienze), • rifiuto all’impegno, • paura di essere valutati, • difficoltà di concentrazione e di attenzione perché non più abituato, • scarso sostegno da parte dell’azienda, • scarsa disponibilità di tempo, • sovrapposizione di impegni. 2.2 Contenuto, motivazione e metodo della formazione Se teniamo presente le caratteristiche elencate nel punto precedente ne deduciamo precise indicazioni circa il contenuto formativo, la motivazione all’apprendimento e il metodo didattico riassunti nella Tabella n. 3. Tabella n. 3 - Contenuto, motivazione e metodo della formazione Contenuto formativo I contenuti della formazione devono sempre riguardare: • la conoscenza (il sapere) • l’operatività (il saper fare) • il comportamento (il saper essere) E’ importante mostrare i legami fra questi tre livelli: la conoscenza deve essere una delle motivazioni che indirizzano l’operatività e i comportamenti. • Motivazione La motivazione che guida l’alunno adulto è intrinseca, nasce cioè dall’autorealizzazione di sé, dalla risposta ai propri bisogni quale, ad esempio, la possibilità di crescita professionale. • Non è legata alla logica sanzione – premio almeno che il premio non sia legato, come affermato precedentemente, alla soddisfazione di bisogni personali. • La motivazione è proporzionata al grado di coinvolgimento nella determinazione degli obiettivi e del percorso di apprendimento e alla valorizzazione della propria esperienza e competenze. Metodo • Quanto detto ci porta a concludere che il punto di partenza del percorso formativo è l’esperienza pregressa e la valorizzazione di tale esperienza • Va immediatamente mostrata l’utilità di quanto appreso e ciò può essere favorito dall’affrontare casi concreti o simulazioni realistiche. • Va sempre utilizzata la comunicazione a due vie, quella cioè in cui emittente e destinatario si scambiano frequentemente i ruoli. • Vanno privilegiati i metodi attivi d’insegnamento. Possiamo sintetizzare la Tabella n. 3 dicendo che il processo formativo degli adulti dovrà far leva sulle le conoscenze, le abilità e “il vissuto” di ciascuno mirando ad analizzare questo portato personale in funzione delle nuove conoscenze e degli obiettivi stabiliti. La formazione intesa in questo modo assume la fisionomia di “educazione”, cioè è finalizzata all’interiorizzazione di conoscenze, motivazioni, valori che si traduce poi in precisi comportamenti non più dettati dal semplice rispetto di regole, ma dalle convinzioni proprie. È questo quel cambiamento culturale auspicato da più parti come risultato del D. Lgs. 626/94 prima e attualmente del D. Lgs. 81/2008. 2.3 Tecniche di formazione attiva Per quanto riguarda i metodi attivi menzionati nella Tabella n. 3 e nella Mappa concettuale n. 1, prima di passare ad una loro breve presentazione, mi pare utile sottolineare due aspetti. In primo luogo essi non vanno visti in contrapposizione o in sostituzione alla lezione frontale o alla distribuzione di materiale cartaceo che richiede l’impegno personale di studio, bensì come strumenti che li integrano e li accompagnano. Questo anche in considerazione del fatto, e passiamo così al secondo aspetto da sottolineare, che tali metodi attivi pur non tralasciando il sapere, cioè le conoscenze, sono finalizzati soprattutto al miglioramenti delle relazioni interpersonali e all’acquisizione di modalità di comportamento. Tabella n. 4 - Le principali tecniche di formazione attiva Role playing “Gioco di ruolo” nel quale si simula una situazione con delle parti (canovacci) prestabilite in linea di massima e assegnate ai partecipanti al corso di formazione. Va sottolineato che docente non è il regista del “film”, cioè suo compito non è quello di dettare le battute e stabilire i tempi, ma deve evidenziare le dinamiche interne al gruppo, le logiche relazionali che si instaurano fra i diversi partecipanti al gioco. Analisi di un caso Consiste nella presentazione di una situazione concreta, vera o e /o simulazione verosimile proposta che va analizzata e discussa con i partecipanti. Va sempre considerata con prudenza la possibilità di presentare un caso reale da parte di uno dei partecipanti al corso. Il docente deve, in tale situazione, prestare molta attenzione alle reazioni emotive e psicologiche che la discussione di una caso reale e coinvolgente può suscitare. Anche se auspicabile non è necessario arrivare in ogni caso alla “soluzione del problema”, sarà invece importante che chi ha la responsabilità del gruppo mette in evidenza le modalità che sono state impiegate nella discussione e si impari un metodo di lavoro e di analisi (si veda più avanti la Tabella n. 9). Brain storming Consiste nella possibilità di offrire liberamente la propria opinione e/o proposta di soluzione su un argomento proposto dal docente. È importante sottolineare che durante questa fase non ci si deve soffermare ad analizzare quanto i singoli propongono: l’obiettivo è la quantità di proposte, non la qualità. È una tecnica utile per sviluppare il pensiero divergente e la capacità di individuare sempre diverse alternative di fronte ad una situazione problematica. Costruzione di un’istruzione di lavoro Più che l’istruzione in sé, che può avere un’utilità immediatamente spendibile se i partecipanti al corso di formazione appartengono tutti alla stessa azienda, è importante soffermarsi sull’importanza, le finalità e i vantaggi di disporre di precise procedure che permettono di ridurre le sovrapposizioni, chiariscono i ruoli e permettono un’immediata revisione del sistema in caso di incidente o di anomalie. Il docente propone un problema e/o simula delle situazioni di emergenza Esercitazioni in aula e/o sul luogo e chiede ai partecipanti di individuare le soluzioni e, qualora l’esercitazione avvenga effettivamente nel luogo di lavoro, di mettere in di lavoro pratica le soluzioni individuate. È comunque sempre importante terminare l’esercitazione con una riflessione su quanto fatto in modo che emergano le implicazioni teoriche e il processo messo per individuare le procedure da attuare. 3. La formazione nel D. Lgs. 81/2008 (Mappa concettuale n. 1) 2.1 Gli articoli di riferimento La Mappa concettuale n. 2 propone, a partire dagli articoli 36 e 37, cioè i due articoli fondamentali per il tema della formazione, una presentazione ragionata di quelli che sono i principali riferimenti normativi nel campo della formazione ed informazione previsti dal D. Lgs. 81/2008. I due articoli appena menzionati non presentano novità davvero rilevanti rispetto al D. Lgs. 626/94. In altri articoli emergano delle innovazioni e le principali mi sembrano: 1. nell’art. 19 si parla di un percorso formativo “ad hoc” che deve riguardare il preposto; 2. nell’art. 25 si dà maggior risalto al ruolo del medico come formatore ed informatore nei confronti dei lavoratori, 3. negli artt. 47 – 50 che riguardano la figura del RLS si pone l’accento sull’importanza e la specificità della formazione che tale figura deve avere. Dalla lettura degli articoli riportati nella Mappa concettuale n. 2 emerge che per il D. Lgs. 81/2008, ma lo era già per il D. Lgs. 626/94, la formazione alla sicurezza non va considerata solo nell’ottica della prevenzione degli incidenti e della tutela della salute, ma come fattore professionalizzante e come strumento per favorire una maggior partecipazione e motivazione del lavoratore al processo produttivo. I contenuti dunque di questo D.Lgs. non sono solo di natura tecnica, ma vanno ad incidere in profondità sulla cultura aziendale. Mappa concettuale n. 1 – La Formazione nel D. Lgs. 81/2008 OBIETTIVI E RISULTATI ATTESI 9 Responsabilità diffusa all'interno dell'azienda 9 Maggior trasparenza nell'individuazione e valutazione dei rischi 9 Attivazione di canali efficaci ed efficienti di comunicazione 9 Partecipazione e coinvolgimento 9 Miglioramento del clima interno 9 Miglioramento continuo degli standard di sicurezza 9 Diminuzione del numero di incidenti e delle malattie professionali LA FILOSOFIA La formazione alla sicurezza non solo nell'ottica della prevenzione degli incidenti e della tutela della salute, ma come fattore professionalizzante e come strumento per favorire una maggior partecipazione e motivazione del lavoratore al processo produttivo La formazione nel D.Lgs. 81/2008 9 9 9 9 9 9 La formazione come educazione che modifica i comportamenti METODI ATTIVI Role playing Caso e/o simulazione Analisi di incidenti Brain Storming Costruzione di una istruzione di lavoro Esercitazione ARTICOLI PRINCIPALI DI RIFERIMENTO art. 15, c.1, lettere n - s; art. 18, c. 1, lettera l; art. 25 c.1 lettera a; art. 33, c. 1, lettera d - f, artt. 36 e 37 Elaborare procedure Utilizzare le conoscenze, le abilità e "il vissuto" di ciascuno mirando ad analizzare questo portato personale in funzione delle nuove conoscenze e degli obiettivi stabiliti. Strumenti di comunicazione interna(riunioni, cartellonistica, lavori di gruppo corsi di formazione, ...) Problem setting e problem solving Innescare il miglioramento continuo Mappa concettuale n. 2 – Gli articoli riguardanti la formazione nel D. Lgs. 81/2008 3.1 Obiettivi e contenuti della formazione alla sicurezza Le fonti per definire gli obiettivi e i contenuti dei corsi di formazione sulla sicurezza sono principalmente tre: • • • il D. Lgs. 81/2008 (in particolare gli articoli ricordati nella Mappa concettuale n. 2) il Documento di valutazione dei rischi (DVR) così come previsto dagli artt. 20, 29 e 30 del D. Lgs. 81/2008, l’analisi delle competenze del personale dell’azienda attraverso le Schede personali dei dipendenti. Va sottolineata con forza l’importanza di una formazione che non sia generalizzata, ma contestualizzata alla singola azienda. Per ottenere questo risultato è necessario redigere con attenzione il DVR e conoscere, attraverso una scheda personale, le competenze e le passate esperienze del personale a cui è destinata la formazione. Il piano per la formazione del personale aziendale va fissato dopo la valutazione dei rischi, dopo cioè la stesura del DVR. Tale documento costituisce il punto di partenza di quanto poi si andrà ad attuare per garantire la sicurezza e la salute del personale e ha una funzione propulsiva e propositiva proprio nell’ambito della formazione. Mi pare opportuno qui riprendere in parte un mio precedente lavoro integrandolo con alcune osservazioni che metta in luce il rapporto fra DVR e formazione. Tabella n. 5 - DVR e formazione SE … ALLORA … • Il DVR esprime una valutazione di tutti i • La valutazione dei rischi è il mezzo rischi effettuata attraverso la attraverso cui il datore di lavoro, in collaborazione di più persone. collaborazione con le altre figure professionali deputate alla sicurezza, individua le misure di prevenzione da attuare e tra queste i corsi di formazione e un programma di informazione. • Proprio il DVR costituisce il primo strumento a disposizione dell’azienda per formare i propri dipendenti sul tema della sicurezza. • Il confronto sui temi della sicurezza può innescare una più ampia analisi su questioni organizzative e produttive portando a migliorare l’ambiente di lavoro e il clima interno rafforzando il coinvolgimento, il senso di appartenenza e la motivazione. Il DVR è visto in stretto legame con l’azienda nel suo complesso. • La sicurezza è insieme causa ed effetto delle scelte organizzative e del clima interno. • Ci si muove in un’ottica di sistema, macchina, ambiente e uomo, in cui ciascun elemento influenza gli altri due. Il DVR è un documento perfettibile, in • evoluzione continua in quanto accompagna l’azienda nelle sue fasi di cambiamento e tiene conto della sua trasformazione • organizzativa, tecnica e produttiva La formazione non può essere impartita una volta per sempre, ma deve sempre essere aggiornata e programmata. Il miglioramento continuo e l’elevazione degli standard di sicurezza passano anche attraverso l’aggiornamento dell’informazione e della formazione. Il DVR è uno strumento che incide nei • comportamenti del personale finalizzato all’interiorizzazione di alcuni valori ed atteggiamenti. Nelle fasi di raccolta dei dati che portano alla stesura del DVR e successivamente alla programmazione delle attività formative condivisione e coinvolgimento diventino le parole d’ordine. Un ruolo di primo piano spetta qui al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza in quanto diretto interlocutore dei lavoratori. • Pur ribadendo la necessità che la formazione sia quanto più personalizzata e “tagliata su misura” della singola azienda, si possono tuttavia individuare gli argomenti da trattare, Tabella n. 6, e gli obiettivi, Tabella n. 7, che, mi pare, dovrebbero essere comuni a tutti i corsi di formazione in tema di sicurezza. Tabella n. 6 - Argomenti e contenuti formativi Argomenti • • • • • Le legislazione riguardante la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro I soggetti coinvolti nel sistema di gestione della sicurezza aziendale con particolare attenzione alle loro interazioni Il riconoscimento e la valutazione dei rischi e dei pericoli connessi alle attività lavorative Le misure di prevenzione e di riduzione del potenziale rischio: tecniche di problem setting e problem solving Nozioni e tecniche di comunicazione con particolare attenzione alle dinamiche di gruppo (Es.: organizzazione e gestione di riunioni e lavori di gruppo, motivazione del personale, ecc.) Contenuti formativi • • • • • Presentare i diritti e doveri di tutte le figure coinvolte nel sistema di gestione della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro Illustrare le competenze specifiche di ogni figura professionale (RSPP, RLS, addetti al primo soccorso, ecc) Far acquisire la capacità di analisi e valutazione dell’azienda in termini di sicurezza con riferimento agli aspetti ambientali, tecnologici ed organizzativi Implementare le capacità relazionali, di lavoro di gruppo e di rapportarsi con altre figure professionali inerenti la sicurezza Verificare il grado di apprendimento attraverso questionari, interazioni di gruppo, stesura di procedure operative e/o analisi di casi concreti o simulazioni. Tabella n. 7 - Obiettivi e risultati attesi della formazione in sicurezza Obiettivi • Responsabilità diffusa all’interno dell’azienda • Maggior trasparenza nell’individuazione e valutazione dei rischi • Coinvolgimento del personale • Attivazione di canali efficaci ed efficienti di comunicazione Risultati attesi • Partecipazione e coinvolgimento di tutto il personale dell’azienda nella gestione della sicurezza • Miglioramento del clima interno • Miglioramento continuo degli standard di sicurezza • Diminuzione del numero di incidenti e delle malattie professionali Fra gli argomenti illustrati nelle Tabelle n. 6 e n. 7 merita una presentazione il tema del problem setting e solving come metodologia di lavoro e come mentalità e modalità di approccio ai problemi da favorire in tutti coloro che si occupano di sicurezza. Esso richiedere una particolareggiata trattazione, ma le linee essenziali vengono presentate nella Tabella n. 8. Tabella n. 8 - Problem setting e problem solving Problem setting Problem solving Breve definizione Processo attraverso il quale si mira a trasformare una percezione, una sensazione di disagio di fronte ad una situazione in una questione ben definita in tutti i suoi aspetti, cioè in un problema. Processo attraverso cui ci si prefigge di individuare la soluzione migliore per un problema. Successione temporale Prima Dopo (e attenzione invertire l’ordine) Domanda fondamentale Il problema… Che cos’è? Come fare? Verbi guida • • • • Visione della realtà Visione sistemica o olistica della realtà. Di ogni situazione che ci pone un problema che intendiamo risolvere dobbiamo considerare: • I suoi elementi (interni ed esterni) • Le relazioni fra questi elementi • L’ambiente in cui si collocano • I confini e/o limiti del sistema Mi chiedo… • • non …può essere una sfida, un elemento positivo, permette di migliorare • • • • • • Richiede a • Analizzare Scomporre Fissare Delimitare Qual è il problema? Mi sono fermato ai sintomi o ho messo a fuoco il vero problema? Quali cause lo hanno generato? Posso stabilire un ordine gerarchico fra le cause? Quali effetti produce? Posso stabilire un ordine gerarchico fra gli effetti? Quali risorse sono a disposizione? Chi è coinvolto? • • • • • • • • • • Ideare Valutare Scegliere Progettare Su quali cause posso intervenire? Quali soluzioni individuo? Quale soluzione attuo? Chi fa, come e quando Quali risorse investo (tempo, spazi, strumenti...)? Quali verifiche predispongo? Conoscenze specifiche dell’argomento/problema attraverso l’apporto di più persone e/o specialisti) (anche • • • Capacità comunicative e di lavorare in gruppo Capacità assertive Motivazione Un’ultima osservazione, ma di una certa importanza. Le azioni di formazione svolte presso agenzie – enti formativi accreditati o in azienda vanno sempre verbalizzate e registrate. Se questo avviene con regolarità nei corsi di formazione presso gli enti sopra ricordati, non sempre si presta la dovuta attenzione a questo aspetto all’interno della singola azienda. Propongo in allegato a questo articolo un modello di Verbale (Allegato A) per registrare le iniziative formative che ogni singola azienda intende mettere in atto. 3. La progettazione didattica (Mappa concettuale n. 3) Organizzare un corso di formazione richiede di seguire un percorso riassumibile in quattro tappe: 1. 2. 3. 4. definire i bisogni formativi, pianificare la formazione, attuare la formazione verificare. Analizzerò il 1°, il 2° e il 4° di questi momenti dopo aver elencato almeno le principali occasioni in cui l’azienda deve ricorrere alla formazione per quanto riguarda la sicurezza: 1. assunzione di nuovo personale, 2. cambiamento di mansioni, 3. introduzione di nuovi prodotti, macchine, procedure di lavoro, 4. aumento del numero di incidenti, A queste se ne aggiungono altre due, non obbligatorie per legge, ma sicuramente utili se non indispensabili alla vita dell’azienda: 5. incrementare la motivazione e il coinvolgimento del personale, 6. migliorare le performance dell’azienda. Primo momento: definire i bisogni formativi L’individuazione dei bisogni formativi di un’azienda può essere effettuata attraverso un’opera di brainstorming ponendo al gruppo le seguenti domande: 1. Quali competenze (sapere, saper fare e saper essere) sono necessarie per svolgere quella mansione e/o ruolo? 2. Quali competenze e qualifiche già possiede il soggetto? 3. Qual è la differenza fra le competenze necessarie e quelle già possedute? 4. Quali sono gli obiettivi della formazione? Alla prima domanda si risponde attraverso il DVR, il Mansionario, la lettura dei Manuali di utilizzo delle attrezzature e dei prodotti e/o sostanze impiegate e l’esperienza dei lavoratori. Al secondo quesito si può rispondere attraverso la lettura delle Schede personali. Gli ultimi due interrogativi dovrebbero trovare esplicitazione soprattutto nella Riunione periodica (art. 35) che pone sempre all’o.d.g. il tema della formazione ed informazione dei dipendenti. Questo primo momento richiede un’attenta analisi delle esigenze aziendali al fine di non sperperare risorse nella formazione che si andrà ad effettuare. Di grande importanza è soprattutto la determinazione degli obiettivi che ci prefiggiamo e che vanno esplicitati chiaramente in termini di comportamenti osservabili e misurabili. Mappa concettuale n. 3 – Organizzare un corso di formazione QUANDO FARE FORMAZIONE A CHI CI RIVOLGIAMO: L'ADULTO CHE APPRENDE y y y y y y y y y y y y y y possiedono già un ampio bagaglio di conoscenze portano con sé atteggiamenti a volte profondamente radicati; hanno ruoli e status sociali diversificati e strutturati; hanno paura di veder compromesso questi status e ruoli raggiunti; non vivono, a differenza dei bambini e dei ragazzi, l'esperienza formativa anche come una modalità di socializzazione. paura di mostrare la propria "ignoranza", difficoltà nel parlare in pubblico, rifiuto del cambiamento, diffidenza che quanto appreso possa essere applicato (magari per precedenti negative esperienze), paura di essere valutati, difficoltà di concentrazione e di attenzione perché non più abituato, scarso sostegno da parte dell'azienda, scarsa disponibilità di tempo, sovrapposizione di impegni,. 1. assunzione di nuovo personale, 2. cambiamento di mansioni, 3. nuovi prodotti, macchine, procedure di lavoro, 4. aumento del numero di incidenti, 5. motivare e coinvolgere il personale, 6. migliorare le performance dell'azienda. Fase 1 Definire i bisogni formativi e gli obiettivi Organizzare un corso di formazione LA PROGETTAZIONE DIDATTICA y y y y y Fase 2 Programmare la formazione: metodi strumenti docenti risorse tempi Fase 3 Attuare la formazione Richiede Metodi didattici attivi Valorizzare l'esperienza Utilizzare la comunicazione a due vie y y y y y Fase 4 Verificare: questionario tutor autovalutazione osservazione intervista Si ritorna Secondo momento: progettare e pianificare la formazione È un momento di carattere tecnico ed è qui che l’azienda può utilizzare nel modo migliore le competenze e le capacità dei professionisti della formazione. Infatti nel primo momento, l’analisi dei bisogni formativi, è soprattutto l’azienda che in modo autonomo deve riflettere su se stessa e far emergere le proprie necessità e perciò un soggetto esterno può certamente contribuire, ma non potrà sostituirsi all’autoanalisi dell’azienda stessa. In questo secondo passaggio del processo formativo si dovranno scegliere: • i metodi formativi (autoformazione, lezione in aula, analisi di incidenti, discussione di casi, simulazioni, …), • gli strumenti formativi (dispense, poster, manuali, software,…), • i docenti (interni, esterni,…), • le risorse (tempo, luogo, strumenti,…), • gli strumenti per verificare il raggiungimento dei risultati (questionario, tutor, autovalutazione, osservazione, inchiesta,…). Il terzo momento, sul quale non mi soffermo, sarà l’attuazione di quanto programmato. Quarto momento: valutare i risultati della formazione Non si può parlare di formazione se essa non include la valutazione di quanto attuato. Vanno valutati almeno i seguenti aspetti: i. il livello d’apprendimento, cioè le conoscenze che durante il corso sono state trasmesse ai partecipanti, ii. le competenze raggiunte che interessano il campo del saper fare e del saper essere. I parametri secondo cui valutare sono: l’utilità nell’ambito lavorativo e la congruenza con gli obiettivi del corso, iii. la validità dei metodi impiegati, dei docenti, delle risorse e degli strumenti. E’ questa una valutazione che potremmo definire a breve termine e che segue da vicino il momento formativo. Vi è poi una valutazione a lungo termine o valutazione d’impatto che si concretizza in un miglioramento effettivo dei comportamenti sul lavoro che si rileva attraverso parametri misurabili quali la quantità di lavoro svolto, la soddisfazione del cliente, la riduzione degli incidenti, la diminuzione dei ritardi nelle consegne, la diminuzione della conflittualità interna, ecc. Gli strumenti utilizzabili per queste valutazioni sono diversi: 1. il questionario a. a risposta aperta b. a risposta chiusa c. a risposta multipla 2. l’intervista 3. l’osservazione 4. analisi di un caso 5. stesura di una relazione 6. autovalutazione 7. affiancamento ad un tutor Non si può definire un metodo di valutazione migliore di un altro. La scelta dello strumento dipende dal numero di “alunni” da valutare, dal tempo e dalle risorse a disposizione, dalla professionalità che si intende selezionare, dalle competenze da valutare, dall’urgenza, ecc. 4. Simulazione/caso studio L’incontro di formazione si può concludere riprendendo la simulazione proposta in apertura e analizzata in maniera più articolata anche alla luce di quanto emerso nel corso della riunioneesercitazione. ESERCITAZIONE Analizzare la situazione sopra descritta individuando le cause e i soggetti coinvolti. Se lo ritenete opportuno utilizzate il diagramma causa – effetto. Macchine Soggetti Prodotti Attività lavorativa/ incidente Emissioni/rifiuti Tempi Luoghi ATTIVITÀ 1. In un’ottica sistemica (uomo – macchina – ambiente) progettate gli interventi di natura ergonomia da attuare. 2. Progettate gli interventi di formazione e informazione del personale (soggetti, tempi, strumenti, contenuti, ……) attraverso al compilazione della seguente tabella. Soggetti (a chi è rivolta la formazione) Formatore (chi fa la formazione) Dove Tempi (quando e per quante ore) Strumenti Contenuti 3. Individuate alcuni strumenti di verifica (questionari, riunioni, gruppi di lavoro, verifica diretta, ……) di quanto progettato in modo da avere un feed back delle vostre decisioni e programmare il miglioramento. Indicazioni di metodo • Privilegiate una forma grafica che faciliti la comprensione (tabelle, grafici, disegni, mappe concettuali, ……) • Evidenziate l’approccio alla sicurezza in un’ottica di organizzazione e di sistema di gestione bastato su un processo che prevede: o l’individuazione di un bisogno/problema o la definizione di questo bisogno/problema (problem setting) o l’individuazione di una riposta al bisogno/problema (problem solving) o l’assegnazione di compiti e responsabilità (chi fa, che cosa fa, come lo fa, quando lo fa) o la verifica di quanto attuato Allegati Verbale di formazione (Artt. 15, 18, 36 e 37 D.Lgs 81/2008) Titolo del corso e/o del modulo di formazione Incontro/modulo n. … di … Data: ………… Dalle ore …… alle …… Luogo:…………………… Docente: ………………… (vedi curriculum allegato) Partecipanti Cognome e nome Argomenti trattati: • …………… • …………… • …………… • …………… • …………… Metodi utilizzati lezione in aula autoformazione su computer esercitazione sul luogo di lavoro esercitazione in aula giochi di ruolo addestramento pratico proiezione audiovisivi video conferenza proiezione di diapositive da personal computer Firma …… Materiale distribuito ai partecipanti: dispense manuali opuscoli informativi software articoli di giornale e/o riviste …… Valutazione dei contenuti iniziale intermedia finale non svolta Valutazione dei metodi dell’organizzazione intermedia finale non svolta impiegati, Strumenti impiegati per la valutazione questionario a risposte multiple questionario a risposte chiuse questionario a risposte aperte prova pratica intervista affiancamento ad un tutor osservazione diretta analisi di un caso elaborazione di una relazione autovalutazione altro …………… Il responsabile del corso……………………… Il docente………………………………… Data………………… del materiale distribuito, dei docenti e Bibliografia AA.VV., Comunicazione e interazione. Aspetti del comportamento interpersonale e sociale, Franco Angeli, Milano 2002 AA.VV., Messaggi. Come sviluppare tutte le abilità della comunicazione, Il Sole 24 Ore, Milano 2003 AA.VV., La pratica del problem solving – Come analizzare e risolvere problemi di management, Franco Angeli, Milano 2004. BATTISTON F., Formazione RSPP Modulo C3: una lezione tipo, Igiene & sicurezza del lavoro 10/2007, IPSOA Milano, Inserto pp. I – XVI. BATTISTON F., Comunicare la sicurezza nella formazione, I corsi di Igiene e sicurezza del lavoro, IPSOA Editore, 6/2005, pp. 31 – 49; BATTISTON F., Il documento di valutazione dei rischi: strumenti operativi, Igiene & sicurezza del lavoro 10/2004, IPSOA Milano, pp. 593 – 596. BATTISTON F., La comunicazione nei corsi di formazione per la sicurezza, Igiene & sicurezza del lavoro 6/2004, IPSOA Milano, pp. 336 – 341. BOTTE F. – SEMERARO G., Gestione della sicurezza sul lavoro, EPC Libri, Roma 2002 CASTAGNA M., Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali, Franco Angeli, Milano 2001 CESARI LUSSO V., Dinamiche e ostacoli della comunicazione interpersonale, Erickson, Trento 2005. DE CESARE S., VIRDIA L., FIORAVANTI G. (a cura di), La cultura della sicurezza sul lavoro oltre la norma, Franco Angeli, Milano 2007. GALGANO A., I sette strumenti della qualità, Il Sole 24 ore Milano 1996 NEGRONI A., La formazione aziendale per la sicurezza, l’ambiente e la qualità, Il Sole 24 Ore, Milano 2002