Articolo Modulo C4 per corso RSPP
Premessa
Ho già evidenziato in un precedente lavoro quelle che sono a mio parere le difficoltà e gli
obiettivi nella trattazione del Modulo C nel percorso di formazione per RSPP previsto dall’accordo
Governo e Regioni (D. Lgs. 195/2003). Richiamerò qui in modo sintetico i punti principali.
o Compito dei docenti non è di impartire delle nozioni, funzione affidata prioritariamente ai
Moduli A e B, ma di “insegnare” un metodo di lavoro.
o L’obiettivo dei formatori è dunque quello di sviluppare delle competenze che aiutino il RSPP
nella sua opera di organizzazione e promozione di un sistema che mira alla tutela della salute
e della sicurezza dei dipendenti.
o L’obiettivo sopra ricordato è raggiungibile solo promuovendo il coinvolgimento, la
partecipazione ai processi decisionali, la crescita professionale dei lavoratori, una
condivisione delle responsabilità, la pianificazione e la progettazione e la verifica di quanto
deciso e/o attuato.
Come nel lavoro prima ricordato, la parte nozionistica sarà molto ridotta e mi soffermerò di più
sulle indicazioni di metodo. Le pagine successive sono perciò “il racconto” di una mia lezione.
Vi è però una differenza. Mentre l’articolo sul modulo C3 si rivolgeva a coloro che si occupano
della formazione dei RSPP, i destinatari di queste righe sono gli RSPP stessi in quanto il D. Lgs.
81/2008 affida ad essi e al Servizio prevenzione e protezione notevoli ed importanti compiti circa la
formazione ed informazione dei dipendenti e ciò viene sottolineato anche dal fatto che il Corso di
formazione riserva al Modulo C4 – Ruolo dell’informazione e della formazione ben 8 ore su un
totale di 24.
1. Le competenze comunicative come elemento professionalizzante per il
RSPP
Leggendo con attenzione il D. Lgs. 81/2008, ma anche confrontandomi quotidianamente con chi
si occupa di sicurezza nelle aziende, emerge il ruolo del RSPP come figura “di collegamento” e di
relazione fra coloro che in qualche maniera sono interessati a tale problematica. Si va dall’ufficio
tecnico a coloro che si occupano degli acquisti, dalle squadre di primo soccorso al RLS, dal
caporeparto al dirigente e l’elenco è solo esemplificativo. Tutti possono trovarsi, e di fatto si
trovano, nella situazioni di rapportarsi e di chiedere informazioni al RSPP. Credo sia perciò
importante che il formatore del modulo C4 sottolinei l’importanza che questa figura affini e migliori
le sue capacità comunicative soprattutto sotto due punti di vista: la gestione del gruppo e la
formazione degli adulti. Non c’è dubbio che diverse saranno le occasioni in azienda in cui il RSPP
si troverà a ricoprire questi ruoli che non possono essere improvvisati, ma richiedono preparazione.
Nell’intento di utilizzare quei metodi attivi di cui parlerò più avanti, la lezione potrebbe aprirsi
con una simulazione che aiuta ad evidenziare le dinamiche di gestione di un gruppo e
successivamente a riflettere sull’assertività. Si può simulare una riunione che viene tenuta
nell’azienda interessata degli avvenimenti descritti nella simulazione seguente.
SITUAZIONE AZIENDALE
Azienda metalmeccanica privata, di medie dimensioni (circa 150 dipendenti che lavorano a
giornata) che produce semilavorati di acciaio (lamiere per scaffalature e pianali) su commessa.
Per quanto riguarda la sicurezza l’azienda ha elaborato un proprio Documento di valutazione dei
rischi (DVR).
EVENTO
Per rispettare i tempi di consegna di un’importante commessa l’intero reparto produttivo si
trova a sostenere dei ritmi di lavoro superiori a quelli in base a cui è stato redatto il DVR.
CONSEGUENZE:
•
•
i materiali sono accatastati in modo non corretto e pericoloso,
i macchinari sono utilizzati in modo improprio e per tempi molto superiori a quelli previsti
durante la normale attività,
• il problema di razionalizzazione degli spazi e delle attrezzature.
INCIDENTE
Il mercoledì si verifica un infortunio causato dal mal posizionamento di un semilavorato
presso un addetto che viene urtato e ferito leggermente. Il lavoratore non indossava i dispositivi di
protezione individuali. Tale incidente è l’ultimo di una catena d’incidenti di lieve entità realizzatesi
all’interno dell’azienda nelle ultime settimane.
Terminata la presentazione della simulazione, l’aula viene divisa in 5 gruppi:
a. Gruppo dirigente,
b. Gruppo medico competente,
c. Gruppo RSPP,
d. Gruppo RLS,
e. Gruppo caporeparto.
Ogni gruppo si confronta e stabilisce la propria linea di condotta, le motivazioni a sostegno delle
propria tesi, gli obiettivi che si prefigge di raggiungere e gli interventi da realizzare. Da questo
primo momento dovrebbe scaturire un “canovaccio”, un breve testo in cui ciascuno fissa il copione
che seguirà nella riunione successiva.
Ogni gruppo inoltre elegge un proprio portavoce che rappresenterà nella riunione uno dei cinque
ruoli sopra elencati. L’obiettivo è di far emergere i distinti punti di vista e le diverse prospettive con
cui viene esaminato un unico problema ed esercitare così il RSPP a svolgere le due funzioni sopra
accennate, cioè la gestione di un gruppo e l’attività di formazione. Si svolge poi la simulazione della
riunione con i 5 “attori” che vengono osservati dagli altri secondo la traccia della Scheda 2.
Al termine dell’esercitazione si analizza l’esperienza secondo la Scheda n. 1 e la Scheda n. 3,
mentre gli osservatori riferiscono all’interno gruppo quanto ciascuno si è annotato sulla Scheda n. 2
Scheda n. 1 - Debriefing
La scheda 1 viene compilata in gruppo con il formatore che guida la discussione.
1. Qualcuno durante l’esercitazione ha assunto il ruolo di leader? Oppure il ruolo di leader è
passato da un partecipante ad un altro?
2.
Quali comportamenti ed espressioni vi hanno portato a riconoscere in queste persone un leader?
3. Tutti hanno potuto esprimere le loro opinioni?
4. Come sono stati i rapporti fra i partecipanti?
5. Quali criteri hanno guidato la scelta?
6. Come vi siete sentiti durante l’esercitazione?
7. Quali sono stati i momenti più critici? Come ne siete usciti?
Scheda n. 2 - Ruoli all’interno del gruppo
La scheda 2 viene compilata da chi non partecipa all’esercitazione che sceglie uno degli 8 colleghi
che fanno parte della “commissione” da osservare. Per ogni scansione temporale segnerà con una
crocetta i tre atteggiamenti prevalenti. Al termine riferirà al gruppo le sue osservazioni.
Analisi di (nome e cognome)…………… riferita a ………………………(nome e cognome)
Comportamenti
Primi
20 minuti
Ultimi
20 minuti centrali 20 minuti
1. Cerca di rendersi simpatico agli altri
2. Cerca informazioni
3. Tenta di conciliare punti di vista diversi
4. Aiuta e incoraggia
5. Cerca di chiarire cosa succede
6. Chiede chiarimenti su persone e/o fatti
7. Cerca di rasserenare l’atmosfera
8. Fa sintesi, il punto della situazione, riformula
9. Prende l’iniziativa, orienta
10. Coopera e collabora
11. Domina o vorrebbe dominare
12. Monopolizza la parola e l’attenzione
13. Si oppone, sabota il gruppo
14. Aggredisce e attacca
15. Si difende
16. Giudica e valorizza gli altri
17. Tenta di manipolare
18. Si mostra disinteressato
19. Segue gli altri passivamente
20. Interrompe gli altri
Scheda n. 3 - Analisi e/o autoanalisi del gruppo
La scheda 3 viene compilata in gruppo con il formatore che guida la discussione.
Domanda 1
Il gruppo si muove
verso un obiettivo
chiaro e condiviso?
Il gruppo comunica
in modo propositivo
e vi è reciproco
ascolto?
Il gruppo prende
decisioni?
Chi comanda nel
gruppo?
Emerge una identità
di gruppo?
a. I componenti si stanno guardando in giro per orientarsi
b. Ci sono proposte e tentativi, ma in contrasto fra loro sulla
direzione da prendere
c. Gli scopi del gruppo sono sufficientemente identificati
d. Gli scopi sono ben chiari e adeguatamente formulati
e. Gli scopi sono sempre bene in vista e tutte le azioni ben
finalizzate
Domanda 2
a. C’è imbarazzo, si notano atteggiamenti difensivi e qualche
provocazione
b. Qualcuno prova a confrontarsi, ma il dialogo è frammentario
c. L’interazione e gli scambi sono accettabilmente continui
d. La ricettività è notevole e la comunicazione fluida
e. L’intesa è eccellente, franchezza e fiducia connotano il
comportamento di tutti
Domanda 3
a. La situazione è stagnante, non emergono alternative
b. I suggerimenti non mancano, ma nessuno di essi riesce
trovare sbocchi
c. Il gruppo appare concreto e capace di prendere decisioni pur
minime a maggioranza
d. Il grado di partecipazione elevato ha consentito di tener conto
anche delle proposte della minoranza
e. La negoziazione interne è tale che la elaborazione riesce ad
essere consensuale e creativa
Domanda 4
a. Tutti temono di esporsi e/o si scherniscono agli inviti degli
altri
b. Qualcuno si fa avanti, ma subito si ritira e non aggrega tutti
c. La leadership è concentrata su una sola persona
d. A seconda dei casi, emergono personalità e competenze
diverse
e. La distribuzione della leadership è flessibile e diffusa
Domanda 5
a. Ci sono solo delle singole individualità
b. Si notano delle prime aggregazioni più o meno occasionali
c. Nel gruppo si usa regolarmente il “noi” in senso costruttivo
d. L’identità di gruppo è palese e si coglie sia dall’interno sia
dall’esterno
e. Il senso di appartenenza è inteso ed aperto a nuove
integrazioni
Il formatore conclude l’esercitazione facendo emergere le caratteristiche di una comunicazione
appropriata per chi intende favorire il lavoro di gruppo e la sua coesione. Tali caratteristiche sono
riassunte nella Tabella n. 1
Tabella n. 1 - Comportamenti ed espressioni del leader
Pone spesso domande
Soprattutto all’inizio dell’incontro e/o della
comunicazione il leader pone domande per
chiarire i punti di vista di ciascuno
Apporta contributi brevi, ma I suoi interventi hanno principalmente tre
frequenti
compiti:
• non far perdere di vista l’obiettivo
perseguito
• favorire la partecipazione di tutti
Comportamenti
• ricordare i punti su cui si è raggiunto
l’accordo
La sua comunicazione è • Guarda negli occhi gli interlocutori,
dinamica e coinvolgente
• Modula il tono di voce per sottolineare i
passaggi e/o concetti più significativi
• Associa il tono a movimenti corporei e
ad una mimica espressiva
“Proviamo a …”
Il leader suggerisce sempre modi nuovi di
affrontare i problemi e incoraggia il
pensiero divergente.
“Cosa ne pensi?”
Cerca di coinvolgere gli interlocutori e di
fare in modo che tutti esprimano le loro
opinioni
“Ciò che intendo…/Ciò che Chiarisce il proprio o l’altrui punto di vista
intende”
Espressioni
“Buona idea”
Sottolinea la positività delle proposte
apportate dal gruppo
“Ora è il suo turno”
Mantiene l’ordine e assicura che tutti
possano parlare
“Allora
cosa
abbiamo Nel corso del dibattito fa dei sommari
deciso?”
periodici e una sintesi generale alla fine
“Allora, chi si incarica di Per ogni decisone presa chiarisce chi ne ha
questo progetto e con che la responsabilità
termine?”
Questa prima parte può terminare con una presentazione schematica dell’assertività, uno
stile comunicativo che si differenzia e si contrappone all’aggressività e alla passività.
L’assertività può essere definita come un metodo di interazione con gli altri, una tendenza ad
assumere un comportamento caratterizzato da:
• la capacità di esprimere le proprie idee, sentimenti e bisogni,
• la capacità di affermare i propri diritti,
• la capacitala capacità di considerare i diritti altrui,
• la capacità di assumere un atteggiamento che valorizza se stesso, ma anche gli altri,
• un’alternativa alla passività, all’aggressività e alla manipolazione.
In modo schematico, visti i destinatari dell’argomento, si possono riassumere i tratti
fondamentali dei tre stili comunicativi utilizzando la Tabella n . 2.
Tabella n. 2 – Tre stili comunicativi a confronto
Stile
Caratteristiche
•
•
Passivo
•
•
•
Assertivo
•
•
Aggressivo
•
•
Obiettivo
E’ attento solo agli
altri
E’ condizionato e
influenzato dagli
altri
Porta a subire gli
altri e le loro
decisioni
È attento a sé e agli
altri
Non è condizionato
dagli altri
Utilizza metodi
motivanti e
gratificanti
•
È attento solo a se
stesso
Prevarica gli altri
Utilizza metodi
coercitivi e
distruttivi
Ottenere potere sociale
•
Ottenere la
benevolenza degli
altri
Evitare il conflitto a
qualunque costo
Suscita
•
•
•
•
•
•
•
•
Ottenere successo
personale
Coinvolgere
Ottenere l’accordo
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Frustrazione
Ansia
Senso di colpa
Mortificazione della
propria dignità
Elevata ansia
sociale
Fiducia in se stesso
e negli altri
Attenta
considerazione per
gli altri
Capacità di scelta
autonoma
Valorizzazione
delle persone
Senso di colpa
Collera
Ostilità
Umiliazione e
disprezzo
Mortificazione della
dignità altrui
Il comportamento assertivo si riconosce da:
Gesti
Espressioni del volto
Contatto visivo
Postura
Tonalità
Ritmo del discorso
Aperti, cordiali
Attenta, interessata, comprensiva, coerente con la comunicazione verbale
Diretto, costante
Rilassata, aperta, comoda
Media, volume adeguato
Moderato, varia a seconda delle situazioni
Si può concludere la trattazione di questo argomento con il semplice esercizio che segue e
che richiede di riscrivere in forma assertiva le frasi aggressive.
Esercitazione n. 2 - Da aggressivo ad assertivo
Aggressivo
Assertivo
Hai sbagliato un’altra volta. Eppure lo sai che
Ti sei accorto che qui hai sbagliato? Che cosa
non si fa così!
potremmo fare per non ripete più questi errori?
Questa relazione fa schifo! È tutto qui quello che
sai fare?
Vorrei proprio che almeno tu provassi a non fare
tanti errori!
Lo sai come voglio che vadano fatte le cose!
2. L’apprendimento negli adulti
Dovendo gli RSPP e coloro che fanno parte del Servizio prevenzione e protezione assumere
anche il ruolo di formatore, credo valga la pena riprendere alcune considerazioni di ordine didattico
sull’insegnamento riferito agli adulti.
2.1 I destinatari della formazione
Quando si parla di formazione la prima preoccupazione deve essere quella di conoscere le
persone a cui tale formazione è destinata. Nel caso degli adulti va considerato con attenzione il fatto
che ci stiamo rivolgendo ad allievi che:
• possiedono già un ampio bagaglio di conoscenze e che portano con sé atteggiamenti a volte
profondamente radicati;
• hanno ruoli e status sociali diversificati e strutturati;
• temono di veder compromesso questi status e ruoli raggiunti;
• non vivono, a differenza dei bambini e dei ragazzi, l’esperienza formativa anche come una
modalità di socializzazione.
A queste caratteristiche si aggiungono spesso delle difficoltà di ordine psicologico e/o
organizzative:
• paura di mostrare la propria “ignoranza”,
• difficoltà nel parlare in pubblico,
• rifiuto del cambiamento,
• diffidenza che quanto appreso possa essere applicato (magari per precedenti negative
esperienze),
• rifiuto all’impegno,
• paura di essere valutati,
• difficoltà di concentrazione e di attenzione perché non più abituato,
• scarso sostegno da parte dell’azienda,
• scarsa disponibilità di tempo,
• sovrapposizione di impegni.
2.2 Contenuto, motivazione e metodo della formazione
Se teniamo presente le caratteristiche elencate nel punto precedente ne deduciamo precise
indicazioni circa il contenuto formativo, la motivazione all’apprendimento e il metodo didattico
riassunti nella Tabella n. 3.
Tabella n. 3 - Contenuto, motivazione e metodo della formazione
Contenuto
formativo
I contenuti della formazione devono sempre riguardare:
• la conoscenza (il sapere)
• l’operatività (il saper fare)
• il comportamento (il saper essere)
E’ importante mostrare i legami fra questi tre livelli: la conoscenza deve
essere una delle motivazioni che indirizzano l’operatività e i comportamenti.
•
Motivazione
La motivazione che guida l’alunno adulto è intrinseca, nasce cioè
dall’autorealizzazione di sé, dalla risposta ai propri bisogni quale, ad
esempio, la possibilità di crescita professionale.
• Non è legata alla logica sanzione – premio almeno che il premio non sia
legato, come affermato precedentemente, alla soddisfazione di bisogni
personali.
• La motivazione è proporzionata al grado di coinvolgimento nella
determinazione degli obiettivi e del percorso di apprendimento e alla
valorizzazione della propria esperienza e competenze.
Metodo
•
Quanto detto ci porta a concludere che il punto di partenza del percorso
formativo è l’esperienza pregressa e la valorizzazione di tale esperienza
• Va immediatamente mostrata l’utilità di quanto appreso e ciò può essere
favorito dall’affrontare casi concreti o simulazioni realistiche.
• Va sempre utilizzata la comunicazione a due vie, quella cioè in cui
emittente e destinatario si scambiano frequentemente i ruoli.
• Vanno privilegiati i metodi attivi d’insegnamento.
Possiamo sintetizzare la Tabella n. 3 dicendo che il processo formativo degli adulti dovrà far
leva sulle le conoscenze, le abilità e “il vissuto” di ciascuno mirando ad analizzare questo portato
personale in funzione delle nuove conoscenze e degli obiettivi stabiliti. La formazione intesa in
questo modo assume la fisionomia di “educazione”, cioè è finalizzata all’interiorizzazione di
conoscenze, motivazioni, valori che si traduce poi in precisi comportamenti non più dettati dal
semplice rispetto di regole, ma dalle convinzioni proprie. È questo quel cambiamento culturale
auspicato da più parti come risultato del D. Lgs. 626/94 prima e attualmente del D. Lgs. 81/2008.
2.3 Tecniche di formazione attiva
Per quanto riguarda i metodi attivi menzionati nella Tabella n. 3 e nella Mappa concettuale
n. 1, prima di passare ad una loro breve presentazione, mi pare utile sottolineare due aspetti.
In primo luogo essi non vanno visti in contrapposizione o in sostituzione alla lezione
frontale o alla distribuzione di materiale cartaceo che richiede l’impegno personale di studio, bensì
come strumenti che li integrano e li accompagnano.
Questo anche in considerazione del fatto, e passiamo così al secondo aspetto da sottolineare, che tali
metodi attivi pur non tralasciando il sapere, cioè le conoscenze, sono finalizzati soprattutto al
miglioramenti delle relazioni interpersonali e all’acquisizione di modalità di comportamento.
Tabella n. 4 - Le principali tecniche di formazione attiva
Role playing
“Gioco di ruolo” nel quale si simula una situazione con delle parti
(canovacci) prestabilite in linea di massima e assegnate ai partecipanti al
corso di formazione. Va sottolineato che docente non è il regista del
“film”, cioè suo compito non è quello di dettare le battute e stabilire i
tempi, ma deve evidenziare le dinamiche interne al gruppo, le logiche
relazionali che si instaurano fra i diversi partecipanti al gioco.
Analisi di un caso Consiste nella presentazione di una situazione concreta, vera o
e /o simulazione verosimile proposta che va analizzata e discussa con i partecipanti. Va
sempre considerata con prudenza la possibilità di presentare un caso
reale da parte di uno dei partecipanti al corso. Il docente deve, in tale
situazione, prestare molta attenzione alle reazioni emotive e
psicologiche che la discussione di una caso reale e coinvolgente può
suscitare. Anche se auspicabile non è necessario arrivare in ogni caso
alla “soluzione del problema”, sarà invece importante che chi ha la
responsabilità del gruppo mette in evidenza le modalità che sono state
impiegate nella discussione e si impari un metodo di lavoro e di analisi
(si veda più avanti la Tabella n. 9).
Brain storming
Consiste nella possibilità di offrire liberamente la propria opinione e/o
proposta di soluzione su un argomento proposto dal docente. È
importante sottolineare che durante questa fase non ci si deve soffermare
ad analizzare quanto i singoli propongono: l’obiettivo è la quantità di
proposte, non la qualità. È una tecnica utile per sviluppare il pensiero
divergente e la capacità di individuare sempre diverse alternative di
fronte ad una situazione problematica.
Costruzione di
un’istruzione di
lavoro
Più che l’istruzione in sé, che può avere un’utilità immediatamente
spendibile se i partecipanti al corso di formazione appartengono tutti alla
stessa azienda, è importante soffermarsi sull’importanza, le finalità e i
vantaggi di disporre di precise procedure che permettono di ridurre le
sovrapposizioni, chiariscono i ruoli e permettono un’immediata
revisione del sistema in caso di incidente o di anomalie.
Il docente propone un problema e/o simula delle situazioni di emergenza
Esercitazioni in
aula e/o sul luogo e chiede ai partecipanti di individuare le soluzioni e, qualora
l’esercitazione avvenga effettivamente nel luogo di lavoro, di mettere in
di lavoro
pratica le soluzioni individuate. È comunque sempre importante
terminare l’esercitazione con una riflessione su quanto fatto in modo che
emergano le implicazioni teoriche e il processo messo per individuare le
procedure da attuare.
3. La formazione nel D. Lgs. 81/2008 (Mappa concettuale n. 1)
2.1 Gli articoli di riferimento
La Mappa concettuale n. 2 propone, a partire dagli articoli 36 e 37, cioè i due articoli
fondamentali per il tema della formazione, una presentazione ragionata di quelli che sono i
principali riferimenti normativi nel campo della formazione ed informazione previsti dal D. Lgs.
81/2008. I due articoli appena menzionati non presentano novità davvero rilevanti rispetto al D.
Lgs. 626/94. In altri articoli emergano delle innovazioni e le principali mi sembrano:
1. nell’art. 19 si parla di un percorso formativo “ad hoc” che deve riguardare il preposto;
2. nell’art. 25 si dà maggior risalto al ruolo del medico come formatore ed informatore nei
confronti dei lavoratori,
3. negli artt. 47 – 50 che riguardano la figura del RLS si pone l’accento sull’importanza e
la specificità della formazione che tale figura deve avere.
Dalla lettura degli articoli riportati nella Mappa concettuale n. 2 emerge che per il D. Lgs.
81/2008, ma lo era già per il D. Lgs. 626/94, la formazione alla sicurezza non va considerata solo
nell’ottica della prevenzione degli incidenti e della tutela della salute, ma come fattore
professionalizzante e come strumento per favorire una maggior partecipazione e motivazione del
lavoratore al processo produttivo. I contenuti dunque di questo D.Lgs. non sono solo di natura
tecnica, ma vanno ad incidere in profondità sulla cultura aziendale.
Mappa concettuale n. 1 – La Formazione nel D. Lgs. 81/2008
OBIETTIVI E RISULTATI ATTESI
9
Responsabilità diffusa all'interno
dell'azienda
9
Maggior trasparenza nell'individuazione
e valutazione dei rischi
9
Attivazione di canali efficaci ed efficienti
di comunicazione
9
Partecipazione e coinvolgimento
9
Miglioramento del clima interno
9
Miglioramento continuo degli standard
di sicurezza
9
Diminuzione del numero di incidenti e
delle malattie professionali
LA FILOSOFIA
La formazione alla sicurezza non solo
nell'ottica della prevenzione degli incidenti e
della tutela della salute, ma come fattore
professionalizzante e come strumento per
favorire una maggior partecipazione e
motivazione del lavoratore al processo
produttivo
La formazione nel
D.Lgs. 81/2008
9
9
9
9
9
9
La formazione come educazione che
modifica i comportamenti
METODI ATTIVI
Role playing
Caso e/o simulazione
Analisi di incidenti
Brain Storming
Costruzione di una istruzione di lavoro
Esercitazione
ARTICOLI PRINCIPALI DI RIFERIMENTO
art. 15, c.1, lettere n - s;
art. 18, c. 1, lettera l;
art. 25 c.1 lettera a;
art. 33, c. 1, lettera d - f,
artt. 36 e 37
Elaborare procedure
Utilizzare le conoscenze, le abilità e "il
vissuto" di ciascuno mirando ad analizzare
questo portato personale in funzione delle
nuove conoscenze e degli obiettivi stabiliti.
Strumenti di comunicazione
interna(riunioni, cartellonistica, lavori di
gruppo corsi di formazione, ...)
Problem setting e
problem solving
Innescare il
miglioramento continuo
Mappa concettuale n. 2 – Gli articoli riguardanti la formazione nel D. Lgs. 81/2008
3.1 Obiettivi e contenuti della formazione alla sicurezza
Le fonti per definire gli obiettivi e i contenuti dei corsi di formazione sulla sicurezza sono
principalmente tre:
•
•
•
il D. Lgs. 81/2008 (in particolare gli articoli ricordati nella Mappa concettuale n. 2)
il Documento di valutazione dei rischi (DVR) così come previsto dagli artt. 20, 29 e 30 del
D. Lgs. 81/2008,
l’analisi delle competenze del personale dell’azienda attraverso le Schede personali dei
dipendenti.
Va sottolineata con forza l’importanza di una formazione che non sia generalizzata, ma
contestualizzata alla singola azienda. Per ottenere questo risultato è necessario redigere con
attenzione il DVR e conoscere, attraverso una scheda personale, le competenze e le passate
esperienze del personale a cui è destinata la formazione.
Il piano per la formazione del personale aziendale va fissato dopo la valutazione dei rischi,
dopo cioè la stesura del DVR. Tale documento costituisce il punto di partenza di quanto poi si andrà
ad attuare per garantire la sicurezza e la salute del personale e ha una funzione propulsiva e
propositiva proprio nell’ambito della formazione.
Mi pare opportuno qui riprendere in parte un mio precedente lavoro integrandolo con alcune
osservazioni che metta in luce il rapporto fra DVR e formazione.
Tabella n. 5 - DVR e formazione
SE …
ALLORA …
•
Il DVR esprime una valutazione di tutti i • La valutazione dei rischi è il mezzo
rischi
effettuata
attraverso
la
attraverso cui il datore di lavoro, in
collaborazione di più persone.
collaborazione con le altre figure
professionali deputate alla sicurezza,
individua le misure di prevenzione da
attuare e tra queste i corsi di formazione
e un programma di informazione.
• Proprio il DVR costituisce il primo
strumento a disposizione dell’azienda per
formare i propri dipendenti sul tema della
sicurezza.
•
Il confronto sui temi della sicurezza può
innescare una più ampia analisi su questioni
organizzative e produttive portando a
migliorare l’ambiente di lavoro e il clima
interno rafforzando il coinvolgimento, il
senso di appartenenza e la motivazione.
Il DVR è visto in stretto legame con
l’azienda nel suo complesso.
• La sicurezza è insieme causa ed effetto
delle scelte organizzative e del clima
interno.
• Ci si muove in un’ottica di sistema,
macchina, ambiente e uomo, in cui
ciascun elemento influenza gli altri due.
Il DVR è un documento perfettibile, in •
evoluzione continua in quanto accompagna
l’azienda nelle sue fasi di cambiamento e
tiene conto della sua trasformazione •
organizzativa, tecnica e produttiva
La formazione non può essere impartita
una volta per sempre, ma deve sempre
essere aggiornata e programmata.
Il miglioramento continuo e l’elevazione
degli standard di sicurezza passano
anche
attraverso
l’aggiornamento
dell’informazione e della formazione.
Il DVR è uno strumento che incide nei •
comportamenti del personale finalizzato
all’interiorizzazione di alcuni valori ed
atteggiamenti.
Nelle fasi di raccolta dei dati che portano
alla stesura del DVR e successivamente
alla programmazione delle attività
formative condivisione e coinvolgimento
diventino le parole d’ordine.
Un ruolo di primo piano spetta qui al
Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza in quanto diretto interlocutore
dei lavoratori.
•
Pur ribadendo la necessità che la formazione sia quanto più personalizzata e “tagliata su
misura” della singola azienda, si possono tuttavia individuare gli argomenti da trattare, Tabella n. 6,
e gli obiettivi, Tabella n. 7, che, mi pare, dovrebbero essere comuni a tutti i corsi di formazione in
tema di sicurezza.
Tabella n. 6 - Argomenti e contenuti formativi
Argomenti
•
•
•
•
•
Le legislazione riguardante la salute e la
sicurezza sul luogo di lavoro
I soggetti coinvolti nel sistema di gestione
della sicurezza aziendale con particolare
attenzione alle loro interazioni
Il riconoscimento e la valutazione dei
rischi e dei pericoli connessi alle attività
lavorative
Le misure di prevenzione e di riduzione
del potenziale rischio: tecniche di problem
setting e problem solving
Nozioni e tecniche di comunicazione con
particolare attenzione alle dinamiche di
gruppo (Es.: organizzazione e gestione di
riunioni e lavori di gruppo, motivazione
del personale, ecc.)
Contenuti formativi
•
•
•
•
•
Presentare i diritti e doveri di tutte le
figure coinvolte nel sistema di gestione
della sicurezza e della salute nei luoghi di
lavoro
Illustrare le competenze specifiche di ogni
figura professionale (RSPP, RLS, addetti
al primo soccorso, ecc)
Far acquisire la capacità di analisi e
valutazione dell’azienda in termini di
sicurezza con riferimento agli aspetti
ambientali, tecnologici ed organizzativi
Implementare le capacità relazionali, di
lavoro di gruppo e di rapportarsi con altre
figure professionali inerenti la sicurezza
Verificare il grado di apprendimento
attraverso questionari, interazioni di
gruppo, stesura di procedure operative e/o
analisi di casi concreti o simulazioni.
Tabella n. 7 - Obiettivi e risultati attesi della formazione in sicurezza
Obiettivi
•
Responsabilità
diffusa
all’interno
dell’azienda
• Maggior trasparenza nell’individuazione e
valutazione dei rischi
• Coinvolgimento del personale
• Attivazione di canali efficaci ed efficienti
di comunicazione
Risultati attesi
•
Partecipazione e coinvolgimento di tutto il
personale dell’azienda nella gestione della
sicurezza
• Miglioramento del clima interno
• Miglioramento continuo degli standard di
sicurezza
• Diminuzione del numero di incidenti e
delle malattie professionali
Fra gli argomenti illustrati nelle Tabelle n. 6 e n. 7 merita una presentazione il tema del
problem setting e solving come metodologia di lavoro e come mentalità e modalità di approccio ai
problemi da favorire in tutti coloro che si occupano di sicurezza. Esso richiedere una
particolareggiata trattazione, ma le linee essenziali vengono presentate nella Tabella n. 8.
Tabella n. 8 - Problem setting e problem solving
Problem setting
Problem solving
Breve definizione
Processo attraverso il quale si
mira
a
trasformare
una
percezione, una sensazione di
disagio di fronte ad una
situazione in una questione ben
definita in tutti i suoi aspetti, cioè
in un problema.
Processo attraverso cui ci si
prefigge di individuare la
soluzione migliore per un
problema.
Successione
temporale
Prima
Dopo (e attenzione
invertire l’ordine)
Domanda
fondamentale
Il problema…
Che cos’è?
Come fare?
Verbi guida
•
•
•
•
Visione della realtà
Visione sistemica o olistica della realtà.
Di ogni situazione che ci pone un problema che intendiamo
risolvere dobbiamo considerare:
• I suoi elementi (interni ed esterni)
• Le relazioni fra questi elementi
• L’ambiente in cui si collocano
• I confini e/o limiti del sistema
Mi chiedo…
•
•
non
…può essere una sfida, un elemento positivo, permette di migliorare
•
•
•
•
•
•
Richiede
a
•
Analizzare
Scomporre
Fissare
Delimitare
Qual è il problema?
Mi sono fermato ai sintomi o
ho messo a fuoco il vero
problema?
Quali cause lo hanno
generato?
Posso stabilire un ordine
gerarchico fra le cause?
Quali effetti produce?
Posso stabilire un ordine
gerarchico fra gli effetti?
Quali
risorse
sono
a
disposizione?
Chi è coinvolto?
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Ideare
Valutare
Scegliere
Progettare
Su quali cause posso
intervenire?
Quali soluzioni individuo?
Quale soluzione attuo?
Chi fa, come e quando
Quali risorse investo (tempo,
spazi, strumenti...)?
Quali verifiche predispongo?
Conoscenze specifiche dell’argomento/problema
attraverso l’apporto di più persone e/o specialisti)
(anche
•
•
•
Capacità comunicative e di lavorare in gruppo
Capacità assertive
Motivazione
Un’ultima osservazione, ma di una certa importanza. Le azioni di formazione svolte presso
agenzie – enti formativi accreditati o in azienda vanno sempre verbalizzate e registrate. Se questo
avviene con regolarità nei corsi di formazione presso gli enti sopra ricordati, non sempre si presta la
dovuta attenzione a questo aspetto all’interno della singola azienda. Propongo in allegato a questo
articolo un modello di Verbale (Allegato A) per registrare le iniziative formative che ogni singola
azienda intende mettere in atto.
3. La progettazione didattica (Mappa concettuale n. 3)
Organizzare un corso di formazione richiede di seguire un percorso riassumibile in quattro
tappe:
1.
2.
3.
4.
definire i bisogni formativi,
pianificare la formazione,
attuare la formazione
verificare.
Analizzerò il 1°, il 2° e il 4° di questi momenti dopo aver elencato almeno le principali
occasioni in cui l’azienda deve ricorrere alla formazione per quanto riguarda la sicurezza:
1. assunzione di nuovo personale,
2. cambiamento di mansioni,
3. introduzione di nuovi prodotti, macchine, procedure di lavoro,
4. aumento del numero di incidenti,
A queste se ne aggiungono altre due, non obbligatorie per legge, ma sicuramente utili se non
indispensabili alla vita dell’azienda:
5. incrementare la motivazione e il coinvolgimento del personale,
6. migliorare le performance dell’azienda.
Primo momento: definire i bisogni formativi
L’individuazione dei bisogni formativi di un’azienda può essere effettuata attraverso
un’opera di brainstorming ponendo al gruppo le seguenti domande:
1. Quali competenze (sapere, saper fare e saper essere) sono necessarie per svolgere quella
mansione e/o ruolo?
2. Quali competenze e qualifiche già possiede il soggetto?
3. Qual è la differenza fra le competenze necessarie e quelle già possedute?
4. Quali sono gli obiettivi della formazione?
Alla prima domanda si risponde attraverso il DVR, il Mansionario, la lettura dei Manuali di
utilizzo delle attrezzature e dei prodotti e/o sostanze impiegate e l’esperienza dei lavoratori.
Al secondo quesito si può rispondere attraverso la lettura delle Schede personali.
Gli ultimi due interrogativi dovrebbero trovare esplicitazione soprattutto nella Riunione
periodica (art. 35) che pone sempre all’o.d.g. il tema della formazione ed informazione dei
dipendenti.
Questo primo momento richiede un’attenta analisi delle esigenze aziendali al fine di non
sperperare risorse nella formazione che si andrà ad effettuare. Di grande importanza è soprattutto la
determinazione degli obiettivi che ci prefiggiamo e che vanno esplicitati chiaramente in termini di
comportamenti osservabili e misurabili.
Mappa concettuale n. 3 – Organizzare un corso di formazione
QUANDO FARE FORMAZIONE
A CHI CI RIVOLGIAMO: L'ADULTO CHE APPRENDE
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
y
possiedono già un ampio bagaglio di conoscenze
portano con sé atteggiamenti a volte profondamente radicati;
hanno ruoli e status sociali diversificati e strutturati;
hanno paura di veder compromesso questi status e ruoli
raggiunti;
non vivono, a differenza dei bambini e dei ragazzi,
l'esperienza formativa anche come una modalità di
socializzazione.
paura di mostrare la propria "ignoranza",
difficoltà nel parlare in pubblico,
rifiuto del cambiamento,
diffidenza che quanto appreso possa essere applicato
(magari per precedenti negative esperienze),
paura di essere valutati,
difficoltà di concentrazione e di attenzione perché non più
abituato,
scarso sostegno da parte dell'azienda,
scarsa disponibilità di tempo,
sovrapposizione di impegni,.
1. assunzione di nuovo personale,
2. cambiamento di mansioni,
3. nuovi prodotti, macchine, procedure di lavoro,
4. aumento del numero di incidenti,
5. motivare e coinvolgere il personale,
6. migliorare le performance dell'azienda.
Fase 1
Definire i bisogni formativi
e gli obiettivi
Organizzare un
corso di
formazione
LA
PROGETTAZIONE
DIDATTICA
y
y
y
y
y
Fase 2
Programmare la
formazione:
metodi
strumenti
docenti
risorse
tempi
Fase 3
Attuare la formazione
Richiede
Metodi didattici attivi
Valorizzare l'esperienza
Utilizzare la
comunicazione a due vie
y
y
y
y
y
Fase 4
Verificare:
questionario
tutor
autovalutazione
osservazione
intervista
Si ritorna
Secondo momento: progettare e pianificare la formazione
È un momento di carattere tecnico ed è qui che l’azienda può utilizzare nel modo migliore le
competenze e le capacità dei professionisti della formazione. Infatti nel primo momento, l’analisi
dei bisogni formativi, è soprattutto l’azienda che in modo autonomo deve riflettere su se stessa e far
emergere le proprie necessità e perciò un soggetto esterno può certamente contribuire, ma non potrà
sostituirsi all’autoanalisi dell’azienda stessa.
In questo secondo passaggio del processo formativo si dovranno scegliere:
• i metodi formativi (autoformazione, lezione in aula, analisi di incidenti, discussione di casi,
simulazioni, …),
• gli strumenti formativi (dispense, poster, manuali, software,…),
• i docenti (interni, esterni,…),
• le risorse (tempo, luogo, strumenti,…),
• gli strumenti per verificare il raggiungimento dei risultati (questionario, tutor,
autovalutazione, osservazione, inchiesta,…).
Il terzo momento, sul quale non mi soffermo, sarà l’attuazione di quanto programmato.
Quarto momento: valutare i risultati della formazione
Non si può parlare di formazione se essa non include la valutazione di quanto attuato. Vanno
valutati almeno i seguenti aspetti:
i. il livello d’apprendimento, cioè le conoscenze che durante il corso sono state trasmesse
ai partecipanti,
ii. le competenze raggiunte che interessano il campo del saper fare e del saper essere. I
parametri secondo cui valutare sono: l’utilità nell’ambito lavorativo e la congruenza
con gli obiettivi del corso,
iii. la validità dei metodi impiegati, dei docenti, delle risorse e degli strumenti.
E’ questa una valutazione che potremmo definire a breve termine e che segue da vicino il
momento formativo. Vi è poi una valutazione a lungo termine o valutazione d’impatto che si
concretizza in un miglioramento effettivo dei comportamenti sul lavoro che si rileva attraverso
parametri misurabili quali la quantità di lavoro svolto, la soddisfazione del cliente, la riduzione
degli incidenti, la diminuzione dei ritardi nelle consegne, la diminuzione della conflittualità interna,
ecc.
Gli strumenti utilizzabili per queste valutazioni sono diversi:
1. il questionario
a. a risposta aperta
b. a risposta chiusa
c. a risposta multipla
2. l’intervista
3. l’osservazione
4. analisi di un caso
5. stesura di una relazione
6. autovalutazione
7. affiancamento ad un tutor
Non si può definire un metodo di valutazione migliore di un altro. La scelta dello strumento
dipende dal numero di “alunni” da valutare, dal tempo e dalle risorse a disposizione, dalla
professionalità che si intende selezionare, dalle competenze da valutare, dall’urgenza, ecc.
4. Simulazione/caso studio
L’incontro di formazione si può concludere riprendendo la simulazione proposta in apertura e
analizzata in maniera più articolata anche alla luce di quanto emerso nel corso della riunioneesercitazione.
ESERCITAZIONE
Analizzare la situazione sopra descritta individuando le cause e i soggetti coinvolti. Se lo
ritenete opportuno utilizzate il diagramma causa – effetto.
Macchine
Soggetti
Prodotti
Attività
lavorativa/
incidente
Emissioni/rifiuti
Tempi
Luoghi
ATTIVITÀ
1. In un’ottica sistemica (uomo – macchina – ambiente) progettate gli interventi di natura
ergonomia da attuare.
2. Progettate gli interventi di formazione e informazione del personale (soggetti, tempi,
strumenti, contenuti, ……) attraverso al compilazione della seguente tabella.
Soggetti
(a chi è
rivolta la
formazione)
Formatore
(chi fa la
formazione)
Dove
Tempi
(quando e
per quante
ore)
Strumenti
Contenuti
3. Individuate alcuni strumenti di verifica (questionari, riunioni, gruppi di lavoro, verifica
diretta, ……) di quanto progettato in modo da avere un feed back delle vostre decisioni e
programmare il miglioramento.
Indicazioni di metodo
•
Privilegiate una forma grafica che faciliti la comprensione (tabelle, grafici, disegni, mappe
concettuali, ……)
• Evidenziate l’approccio alla sicurezza in un’ottica di organizzazione e di sistema di gestione
bastato su un processo che prevede:
o l’individuazione di un bisogno/problema
o la definizione di questo bisogno/problema (problem setting)
o l’individuazione di una riposta al bisogno/problema (problem solving)
o l’assegnazione di compiti e responsabilità (chi fa, che cosa fa, come lo fa, quando lo fa)
o la verifica di quanto attuato
Allegati
Verbale di formazione
(Artt. 15, 18, 36 e 37 D.Lgs 81/2008)
Titolo del corso e/o del modulo di formazione
Incontro/modulo n. … di …
Data: …………
Dalle ore …… alle ……
Luogo:……………………
Docente: ………………… (vedi curriculum allegato)
Partecipanti
Cognome e nome
Argomenti trattati:
• ……………
• ……………
• ……………
• ……………
• ……………
Metodi utilizzati
… lezione in aula
… autoformazione su computer
… esercitazione sul luogo di lavoro
… esercitazione in aula
… giochi di ruolo
… addestramento pratico
… proiezione audiovisivi
… video conferenza
… proiezione di diapositive da personal computer
Firma
… ……
Materiale distribuito ai partecipanti:
… dispense
… manuali
… opuscoli informativi
… software
… articoli di giornale e/o riviste
… ……
Valutazione dei contenuti
… iniziale
… intermedia
… finale
… non svolta
Valutazione dei metodi
dell’organizzazione
… intermedia
… finale
… non svolta
impiegati,
Strumenti impiegati per la valutazione
… questionario a risposte multiple
… questionario a risposte chiuse
… questionario a risposte aperte
… prova pratica
… intervista
… affiancamento ad un tutor
… osservazione diretta
… analisi di un caso
… elaborazione di una relazione
… autovalutazione
… altro ……………
Il responsabile del corso………………………
Il docente…………………………………
Data…………………
del
materiale
distribuito,
dei
docenti
e
Bibliografia
AA.VV., Comunicazione e interazione. Aspetti del comportamento interpersonale e sociale, Franco
Angeli, Milano 2002
AA.VV., Messaggi. Come sviluppare tutte le abilità della comunicazione, Il Sole 24 Ore, Milano
2003
AA.VV., La pratica del problem solving – Come analizzare e risolvere problemi di management,
Franco Angeli, Milano 2004.
BATTISTON F., Formazione RSPP Modulo C3: una lezione tipo, Igiene & sicurezza del lavoro
10/2007, IPSOA Milano, Inserto pp. I – XVI.
BATTISTON F., Comunicare la sicurezza nella formazione, I corsi di Igiene e sicurezza del lavoro,
IPSOA Editore, 6/2005, pp. 31 – 49;
BATTISTON F., Il documento di valutazione dei rischi: strumenti operativi, Igiene & sicurezza del
lavoro 10/2004, IPSOA Milano, pp. 593 – 596.
BATTISTON F., La comunicazione nei corsi di formazione per la sicurezza, Igiene & sicurezza del
lavoro 6/2004, IPSOA Milano, pp. 336 – 341.
BOTTE F. – SEMERARO G., Gestione della sicurezza sul lavoro, EPC Libri, Roma 2002
CASTAGNA M., Role playing, autocasi ed esercitazioni psicosociali, Franco Angeli, Milano 2001
CESARI LUSSO V., Dinamiche e ostacoli della comunicazione interpersonale, Erickson, Trento
2005.
DE CESARE S., VIRDIA L., FIORAVANTI G. (a cura di), La cultura della sicurezza sul lavoro
oltre la norma, Franco Angeli, Milano 2007.
GALGANO A., I sette strumenti della qualità, Il Sole 24 ore Milano 1996
NEGRONI A., La formazione aziendale per la sicurezza, l’ambiente e la qualità, Il Sole 24 Ore,
Milano 2002
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