UNIVERSITAS TRIDENTINA
STORIA CONTEMPORANEA
Mod [A]
I CAMPI DI CONCENTRAMENTO IN ITALIA
(1940/1945)
Campo di concentramento di Visco - Udine (da Alessandra Kersevan, Lager Italiani)
Ricerca di Elvio Pederzolli
INDICE
Metodologia della ricerca & analisi delle fonti
La detenzione durante il fascismo: confino e campi di concentramento
Campi di concentramento per prigionieri di guerra
Elenco dei campi per prigionieri di guerra
Campi di concentramento per l’internamento civile
Elenco dei campi per detenuti civili e politici
L’internamento parallelo
Elenco dei campi per concentramento parallelo
Campi di concentramento italiani nelle colonie o territori occupati
Elenco campi in Libia
Elenco campi in A.O.I.
Elenco campi in Albania
Elenco campi in Francia
Elenco campi in Grecia
Italia divisa: 1943/1945
Elenco dei campi utilizzati dai nazifascisti
Il dopoguerra
Elenco dei campi utilizzati dagli Alleati
Schede di alcuni campi di concentramento nel nord Est d’Italia
Trentino Alto Adige
Veneto
Friuli –Venezia Giulia
Elenco dei campi di concentramento
Bibliografia & fonti
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pag. 3
pag. 5
pag. 10
pag. 11
pag. 14
pag. 15
pag. 18
pag. 19
pag. 21
pag. 22
pag. 22
pag. 22
pag. 23
pag. 23
pag. 24
pag.27
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CAPITOLO I
Metodologia della ricerca & analisi delle fonti
Quando si parla di campi di concentramento vengono in mente reticolati e torrette, prigionieri
con divise a strisce controllati da militari tedeschi negli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Molto meno diffusa nell’immaginario collettivo è una qualsivoglia immagine dei cosiddetti gulag
sovietici, che ebbero una durata più prolungata e provocarono una ancor più lunga lista di vittime.
Quasi a nessuno, però, viene in mente di associare reticolati, torrette e baracche di un campo di
concentramento a militari di guardia italiani in divisa grigioverde, assieme a carabinieri o
poliziotti.
Questa ricerca, pur nella sua sintetica esposizione, cercherà di trattare un argomento ancora
poco noto della storia recente italiana, tentando di presentare nel suo complesso la storia dei
campi di concentramento italiani, cioè utilizzati in Italia o dagli Italiani, con particolare
attenzione a quelli situati nel nord-est della penisola, considerando vicende di alcuni che si
trovavano nel Regno allora italiano, ed ora in paesi esteri (ex Jugoslavia, Albania, Libia, ex Africa
Orientale).
Oltre a questi, costruiti ed utilizzati per la maggior parte durante il Fascismo, vengono trattati
anche alcuni campi utilizzati dai Tedeschi e dagli Alleati negli anni della loro presenza sulla
Penisola.
Tre le fasi in cui troviamo campi di concentramento in Italia, o costruiti dagli Italiani: un primo
periodo che va dagli anni della guerra di Libia (1911/1912) al cosiddetto Armistizio dell’ 8
settembre 1943, fase durante la quale la nascente nazione italiana si trova coinvolta in guerre
coloniali, nel Primo e Secondo Conflitto Mondiale, nell’affermarsi, consolidarsi ed infine nella
caduta del regime fascista. In questa età i campi di concentramento vengono ideati, creati e
gestiti totalmente dall’apparato statale italiano.
Scarse, quasi inesistenti sono le fonti a disposizione per il comune cittadino riguardo i campi per
prigionieri di guerra, gestiti dall’Amministrazione Militare. Si hanno invece maggiori notizie per i
campi gestiti dal Ministero dell’Interno nello stesso periodo.
Segue un breve momento (1943/1945), ibrido, e forse il più tragico per parte dei detenuti nei
campi, in cui l’Italia è coinvolta in una guerra civile tra territori governati dal Re, in mano agli
Alleati, e la Repubblica Sociale di Mussolini, in mano ai Tedeschi. In questo spazio di tempo gran
parte dell’apparato statale italiano si dissolve, e con esso finisce quasi dovunque la gestione
italica dei campi e molti degli stessi vengono abbandonati. Ma alcuni (al Centro-Nord) vengono
riutilizzati dai nazi-fascisti, che ne costruiscono di nuovi, mentre, nel cosiddetto Regno del Sud,
altri ne vengono creati o riutilizzati da parte degli Alleati per raccogliere, per lo più, prigionieri
di guerra.
Segue una ultima, e altrettanto breve, fase in cui, a guerra finita, coloro che vengono accusati di
collaborazionismo coi nazi-fascisti vengono imprigionati in campi gestiti dagli Alleati. In alcuni di
questi campi verranno rinchiusi anche profughi civili, sbandati, popoli in cerca di terre promesse
dopo il dramma della guerra. Tra questi, Ebrei scampati ai campi di sterminio nazisti o sovietici e
diretti verso il nascente Israele, ma anche Italiani in fuga dalle terre dalmate ed istriane,
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passate sotto governo jugoslavo.
Durante il Fascismo, nei campi di concentramento affidati all’autorità militare vengono internati
per lo più prigionieri di guerra, mentre la popolazione civile viene reclusa per vari motivi (politici e
bellici) in apposite strutture gestite dal Ministero dell’Interno.
Caso a sé stante è l’internamento subito dalla popolazione jugoslava, o meglio di lingua slava, che
viene gestita in maniera ibrida: civili rinchiusi in campi di concentramento gestiti da autorità
militari.
Poche, in generale, o di scarsa reperibilità, le fonti a disposizione, citate in bibliografia.
Molto materiale consultato sembra, per il modo in cui vengono trattate le vicende in questione,
risentire dell’orientamento politico degli autori, né pare sempre possibile, date le poche notizie a
disposizione, poter distinguere con certezza luoghi di detenzione/confino da campi di
concentramento veri e propri. La maggior parte delle fonti esaminate (vedasi bibliografia) sono di
orientamento democratico (usando un termine improprio per comprendere l’ intero universo
culturale - assai variegato e non sempre concorde- della sinistra italiana), ma non mancano fonti
di provenienza ed ideologia opposta. Le notizie e, quindi, gli stessi dati riportati di volta in volta
paiono a volte soffrire di quella frattura umana, ideologica, politica, che a distanza di oltre
sessant’anni divide l’Italia e la sua storia più recente. Si è qui cercato, nei limiti del possibile, di
operare una cernita: utilizzando e mediando notizie e dati confermati da fonti autorevoli, e
rimanendo il più possibile attinenti ai fatti, per descrivere una pagina comunque per molti versi
oscura e poco conosciuta della nostra storia, essendo l’Autore convinto che il dolore, qualora
abbia un colore, esso sia uguale per tutti.
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CAPITOLO II
LA DETENZIONE DURANTE IL FASCISMO:
CONFINO E CAMPI DI CONCENTRAMENTO
Campo di concentramento è definita una residenza coatta per prigionieri di guerra o internati
civili [Zingarelli, Vocabolario della lingua Italiana] . Non dovrebbero esserci dubbi su chi siano i
prigionieri di guerra: sono militari di ogni grado ed arma avversari che si sono arresi
volontariamente o in seguito ad una qualche sconfitta. Gli internati civili, invece, possono
appartenere a più variegate categorie per sesso, etnìa, stato sociale… ma per qualche motivo si
trovano nella medesima condizione di reclusi. Nei campi di concentramento propriamente detti le
restrizioni della libertà arrivano a limitare parecchi diritti umani: dalla libertà di movimento si
giunge alla perdita del nome, al divieto di professare una fede, sia essa religiosa o politica, di
associazione, di nutrimento, fino, e non così di rado, alla perdita della vita stessa.
I campi di concentramento, così come ce li raffiguriamo solitamente, cioè una specie di villaggio
costituito da baracche di legno, circondato da ostacoli (filo spinato, fossati) nascono,
sostanzialmente, nelle guerre coloniali europee ad inizio ‘900.
In Namibia, sul finire del 1800, per domare alcune popolazioni locali in rivolta, in particolare i
pastori Herero, il locale governatore tedesco, Heinrich Goering, padre del più noto gerarca
nazista Hermann, inizia ad impiegare metodi che ritroveremo utilizzati in Europa cinquant’anni
dopo: confische, segregazioni e sterminio su base etnica. Il generale von Trotha potrà dichiarare
qualche anno dopo come la gente Herero abbia cessato di esistere come popolo indipendente. I
pochi Herero scampati alle violenze (circa il 20% del totale) vengono radunati, per mancanza di
manodopera, in konzentrationslager, campi di concentramento. Così si legge in un comunicato del
14 gennaio 1905 [Bilè Serge, Neri nei campi nazisti].
Ma già nel 1864, durante la guerra di Secessione americana, viene creato ad Albertville un campo
di raccolta ove l’alta incidenza di mortalità dei militari rinchiusi richiama scenari che saranno
costanti nella storia dei campi. Nel 1896 a Cuba troviamo dei campos de concentration, mentre
all’inizio del 1900 sia gli Stati Uniti nelle Filippine, sia gli Inglesi, impegnati in Sudafrica nelle
lotta contro i boeri, utilizzano campi di concentramento.
La Grande Guerra del 1914-1918 vede qualunque stato impegnato detenere i prigionieri militari
avversari in appositi campi o località attrezzate (almeno sulla carta) a tale scopo. Organismi
internazionali, quali la Croce Rossa, o paesi neutrali, quali la Svizzera, si impegnano facendo da
tramite tra i vari governi perché siano garantiti i diritti dei prigionieri, trattati, solitamente,
secondo un criterio di reciprocità. I prigionieri di una nazione vengono trattati alla stessa
maniera in cui la stessa tratta quelli degli avversari. La Croce Rossa si fa garante di inviare aiuti
ai prigionieri di uno stato, inviando ausili forniti dal medesimo per i propri prigionieri di guerra.
L’Italia si farà notare per non impegnarsi a fondo nel fornire aiuti ai propri prigionieri in Austria,
rei di essersi arresi al nemico e – secondo la fobica visione di alcune componenti dello Stato
Maggiore – in odore di bolscevismo.
Ma assieme all’internamento militare, comune - come detto – a tutti i paesi belligeranti,nasce
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anche la reclusione per civili, in forme e modalità assai differenziate.
Sul fronte italiano, ad esempio, sia da parte italiana, sia asburgica, intere popolazioni residenti
lungo la linea del fronte vengono evacuate ed avviate in località a volte molto lontane. Vengono
anche costruiti appositi villaggi di baracche per ospitare questi profughi, ed alcuni di essi,
considerati politicamente sospetti, subiscono un particolare regime di detenzione in campi, o
parti di essi, previsti a tale scopo.
Nella popolazione trentina, ad esempio, venuta in parte a trovarsi in prima linea, sono ancora vivi i
ricordi dell’internamento patito da oltre 150 mila persone nei campi austriaci di Braunau,
Mitterndorf, Leibnitz, Wagna… lontani dalla propria terra in condizioni quasi sempre scadenti,
specie dal punto di vista igienico - sanitario ed alimentare.
Oltre a questi, particolare menzione merita il vero e proprio campo di concentramento di
Katzenau, presso Linz (Austria superiore), ove vengono rinchiusi i Trentini sospettati di
parteggiare per l’Italia.
Migliore trattamento sembra venga riservato ai Trentini fuggiti od evacuati in Italia, ma vi sono
fonti anche autorevoli del clima di sospetto con cui vengono tenuti sotto controllo persino gli
Irredenti arruolati tra le truppe in grigioverde, mentre la storiografia ufficiale offre ben pochi
studi precisi in proposito.
L’Italia dei Savoia, come ogni regime, sin dalla sua nascita ha tentato di isolare, od eliminare,
varie forme di opposizione. Una costante della storia penitenziaria del giovane stato italiano,
forse anche frutto della sua endemica e complessa disorganizzazione, è l’impossibilità di scindere
la detenzione a fini politici da quella comune e, almeno parzialmente, militare. Nel libro “I lager
dei Savoia” di F.Izzo, ad esempio, si parla di decine di migliaia di prigionieri internati, ad
esempio in Val d’Aosta o nel forte di Finestrelle. Tra questi prigionieri – per lo più ex militari
napoletani e borbonici - figurano anche oppositori politici. La dura e feroce guerriglia contro i
cosiddetti “banditi” nell’Italia meridionale sul finire del 1800 vede impegnati reparti non solo
delle Forze dell’Ordine, ma anche militari, lasciando aperta la lettura di questi interventi come
vere e proprie azioni di conquista, più che semplice “Ordine Pubblico”.
Da parte italiana viene avvertita la necessità di creare campi di concentramento, oltre che nella
Grande Guerra, sia durante la guerra italo-turca (1912) per la conquista della Libia (con alcune
centinaia di esiliati libici in alcune località tra cui Caserta, Favignana nelle Egadi, Gaeta, Ponza,
Tremiti, Ustica…), sia durante il tentativo di totale pacificazione della medesima colonia, nel
1930, allorché si decide di rinchiudere elementi sospetti, guerriglieri, indomabili popolazioni
nomadi. Ottantamila i deportati [ROCHAT Giorgio, Le guerre italiane 1935-1943,].
I primi campi sono creati in Libia, nella Sirtide: El Agheila, Marsa el Brega, Ain Gazala… nomi
esotici per località di dura reclusione. Alla fine delle operazioni militari, la Libia è totalmente
sotto il dominio italiano: qualche decina di migliaia i morti nei campi [Capogreco Carlo Spartaco,
I campi del duce] . Stesso trattamento sembrano subire le ribelli popolazioni abissine durante e
dopo l’impresa fascista della conquista dell’Impero.
Sempre in quegli anni i Ministeri della Guerra e dell’Interno collaborano nella realizzazione di
piani di intervento atti ad eliminare l’attività di oppositori politici nazionali o di eventuali cittadini
stranieri di paesi ostili (spie, sabotatori…) residenti in Italia. A tale scopo vengono istituiti dei
Tribunali Speciali, e reparti speciali (la polizia politica Ovra). Con Regio Decreto n° 1848 del 6
novembre 1926 viene introdotto l’istituto del confino, che permette al regime fascista di
6
deportare i propri avversari politici.
Coloro che mirino, anche solo manifestatamente, a sovvertire l’ordine, verranno imprigionati e/o
deportati in luoghi idonei.
Si prevede la realizzazione di alcuni campi di concentramento. Inizialmente sono tre, tutti nel
Centro Italia. Da parte italiana, a differenza ad esempio della Germania,in cui la repressione si
denota da subito come eliminazione violenta degli oppositori, il Fascismo preferisce agire con
maggior cautela, –pur essendo passate alla storia le azioni violente di squadre dotate di
manganello e olio di ricino – costringendo gli oppositori all’ esilio o ricorrendo appunto al
cosiddetto confino. Quest’ultima misura repressiva, in realtà, non è sempre dissimile dal
concentramento, in quanto tra le sedi più utilizzate a tal scopo troviamo varie isole: Favignana,
Lampedusa, Lipari, Pantelleria, Ponza, Ventotene, Ustica… vere carceri all’aperto [Capogreco
Carlo Spartaco, I campi del duce]. Tra i confinati troviamo nomi di importanti figure di
oppositori al Fascismo: Antonio Gramsci, Carlo Rosselli, Emilio Lussu, Francesco Fausto Nitti,
Sandro Pertini. Personaggi scomodi politicamente vengono inoltre costretti a vivere in piccoli
borghi rurali dell’Appennino o delle Alpi, controllati in ogni movimento dalle forze di polizia,
privandoli così, almeno sulla carta, di ogni possibile attività propagandistica o sovversiva. Da
segnalare, altresì, come l’istituto del confino sia un procedimento amministrativo, emanato
direttamente dall’Autorità di PS, escludendo a priori la Magistratura ordinaria.
Ecco alcune condizioni, che a volte rasentano il ridicolo, imposte ai confinati/detenuti
[AGOSTINI P.,ROMEO C.,Trentino e Alto Adige province del Reich] :
divieto di possedere un mazzo di carte;
divieto di andare a cinema o teatro;
divieto di frequentare locali pubblici;
divieto di entrare in chiesa (salvo autorizzazione);
divieto di comunicare per via epistolare senza autorizzazione;
divieto di avere più di 100 lire in tasca;
divieto di parlare di politica.
I confinati comunque possono, solitamente, vivere assieme ai loro parenti, e in qualche caso
godono di un alloggio gratuito e di un’indennità giornaliera. La realtà italiana resta quindi molto
lontana da quella tedesca.
Mentre i tamburi di guerra, che già hanno rullato in Spagna, dove si ha notizia di campi di
concentramento per prigionieri ed oppositori [ATTANASIO Sandro, Gli Italiani e la Guerra di
Spagna, Mursia] ed in Africa alla conquista dell’Impero, avvicinano il loro suono al cuore
dell’Europa, le leggi razziali del 1938 aggiungono, alle liste sempre aggiornate delle persone da
recludere nei campi (oppositori politici e spie straniere) anche gli Ebrei non italiani. In particolar
modo si ricercano quelli sfuggiti all’alleato Terzo Reich.
Al primo settembre 1939 questi i numeri dell’internamento civile in Italia:
stranieri –
1679 da espellere
451 da rinchiudere in campi di concentramento
2431 da mandare al confino
253 da tenere sotto sorveglianza
Italiani 438 da rinchiudere in campi di concentramento
296 da mandare al confino
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360 da tenere sotto sorveglianza
Con l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, giugno 1940, vengono attuate da
parte del Ministero dell’Interno precedenti circolari, su delega di specifiche leggi di guerra, e
che consentono di internare i cittadini dei paesi avversari dell’Italia che risiedono nei territori
del Regno. Ma oltre a queste categorie di civili, possibili spie (provvedimenti simili verranno
utilizzati da molti paesi belligeranti), si procede ad internare preventivamente anche civili
italiani che possano in qualsiasi maniera essere turbatori dell’ordine pubblico. La lista delle
eventuali persone da internare, via via aggiornata, è sui tavoli del Ministero almeno dal 1929.
Troviamo quindi due tipologie di detenuti civili, inizialmente: sudditi di paesi nemici, internati per
motivi bellici, e cittadini potenzialmente pericolosi, internati per motivi di polizia. A questi
andranno ad aggiungersi altre categorie di persone, tra cui gli Ebrei non italiani, ma anche Zingari
e (in minor misura) omosessuali, questi rinchiusi per motivi politici.
Sono le Prefetture gli organi attivi che indagano, propongono e gestiscono l’internamento civile,
che varia a seconda del grado di pericolosità che viene assegnato alla singola persona.
Le misure restrittive variano da una semplice vigilanza ad azioni ben più repressive quali
l’internamento libero (la persona viene costretta a vivere in determinate località) e
l’internamento vero e proprio, in località predisposte, campi di lavoro compresi. Almeno 20 mila i
fascicoli personali giunti fino a noi, di cui quasi la metà riguardano cittadini italiani pericolosi,
mentre i più sono di sudditi nemici o italiani internati per spionaggio.
Nell’ottobre 1940 si contano 1374 detenuti italiani (331 di origine ebrea) e 4251 stranieri (2412
ebrei). Poco più della metà di essi è detenuta in campi di concentramento, mentre il restante è
confinato. Alla fine dello stesso anno troviamo complessivamente 10356 “internati”, di cui meno
della metà è detenuto in campi di concentramento. Il loro numero continuerà comunque a
crescere, sino ad arrivare intorno alle 10 mila persone rinchiuse nei campi ed altre 8 mila al
confino nel 1943.
Un decreto del 4 settembre 1940, firmato da Mussolini stesso, vuole che i detenuti siano
trattati con umanità.
Ad esempio nel campo di Ferramonti (Cosenza), creato con baracche e torrette di guardia,
capace di oltre 3mila persone, considerato uno dei più duri tra quelli gestiti dal Ministero
dell’Interno, in tre anni di attività, e oltre 3 mila detenuti, si verificano 4 matrimoni, 21 nascite,
29 morti, 4 evasioni e 8 arresti.
Dopo la primavera del 1941, allorché l’Italia occupa ed annette come nuove province alcuni
territori jugoslavi (nelle attuali Slovenia, Croazia e Montenegro), l’Amministrazione italiana si
trova coinvolta in uno stillicidio di lotte intestine tra le varie fazioni slave. Riemergono odi antichi
su base etnica e religiosa (cristiani contro musulmani, Croati contro Serbi, etc.) fomentati da
nuove ideologie (comunisti contro non comunisti, monarchici contro democratici) e da nuove
situazioni (partigiani contro i collaborazionisti dell’invasore italiano). A questo crogiolo si aggiunge
una politica miope ed in buona sostanza antislava da parte italiana, che vuole italianizzare in
maniera radicale i nuovi territori, vietando, ad esempio, l’utilizzo della lingua slava. Ne nasce una
diffusa, violenta e crudele guerriglia, fatta di tutti contro tutti, che impiega numerose forze del
Regio Esercito, nell’inutile e sanguinoso tentativo di controllare e dominare territori italiani solo
di nome, e a volte neanche quello.
Tra i provvedimenti addottati dalle autorità militari, che gestiscono alla loro maniera la
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situazione, con un crescendo di violenza in cui troviamo fucilazioni e villaggi dati alle fiamme,
troviamo l’internamento coatto di vari strati della popolazione.
I primi a fare le spese di questa situazione anomala, che Capogreco definisce “internamento
parallelo” (internamento ad opera di amministrazione militare) sono proprio gli ex militari
dell’esercito jugoslavo, internati per lo più come cittadini per motivi di polizia, e quindi non
sottoposti ai vincoli della Convenzione di Ginevra. Situazione che subiranno, pochi anni dopo,anche
gli Italiani prigionieri dei Tedeschi, che rimarranno in uno status normativo anomalo, non trovando
aiuto nelle organizzazioni internazionali.
Seguono a ruota i partigiani e gli oppositori politici, i collaboratori ed i familiari degli stessi, sino
ad intere popolazioni di zone in cui la lotta partigiana (ma anche tra Partigiani stessi) divampa.
Vengono pure internate persone a scopo protettivo.
L’amministrazione militare gestisce, sia nei territori occupati, sia in Italia, una serie di campi di
concentramento, in cui si verificano gravi casi di maltrattamenti ed alti tassi di mortalità. Non
chiaro il numero degli internati slavi, da 20 mila ad oltre 100 mila. A questi bisogna comunque
aggiungere i cosiddetti “allogeni” della Venezia Giulia, cioè cittadini di lingua slava già dimoranti
nelle “vecchie” province italiane, che vengono continuamente perseguiti con vari provvedimenti
(tra cui l’internamento) sin dagli anni successivi alla Prima Guerra Mondiale.
Con l’8 settembre 1943 l’intero apparato statale italiano si sbanda: molti campi rimangono senza
guardiani, altri vengono subito presi in gestione dalle truppe Tedesche od Alleate a seconda delle
località. Alla gestione tedesca si affiancheranno in breve gli uomini della Repubblica di Salò, su
cui governa un Mussolini liberato dai Tedeschi per farne un loro fantoccio, in un’Italia sempre più
divisa e diventata ormai teatro di guerra.
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CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER PRIGIONIERI DI GUERRA
I campi di concentramento, o meglio i luoghi di detenzione, vengono ideati e realizzati secondo
due tipologie, almeno inizialmente: per militari prigionieri di guerra od oppositori civili. Nel primo
caso la gestione è affidata esclusivamente all’amministrazione militare e si concepiscono, di
solito, campi di vaste proporzioni, adatti a accogliere centinaia di uomini.
L’internamento di militari avversari prigionieri è, come visto, una prassi comune a tutte le nazioni
in guerra. Organismi internazionali e Croce Rossa cercheranno, sin dalla Grande Guerra, di
regolare con normative comuni il trattamento dei prigionieri di guerra, senza peraltro arrivare ad
un’intesa condivisa. Il 27 luglio 1929 si arriva ad una Convenzione, stipulata a Ginevra, “bozza” di
quella che solo nel 1946 diventerà quella che noi conosciamo come Convenzione di Ginevra. Essa
viene,comunque, in generale recepita da gran parte degli stati, e regola, tra altre cose, il
trattamento da riservare ai prigionieri di guerra. Saranno comunque molte, nel corso del secondo
conflitto mondiale, le violazioni a tale convenzione. L’unico criterio seguito di norma dai singoli
stati è quello della reciprocità.
Apprendiamo così, di riflesso, che l’ Inghilterra, ad esempio, fornisce ai prigionieri italiani lo
stesso quantitativo di sigarette che vengono date ai prigionieri inglesi in Italia, e gli stessi
possono scrivere una lettera ed una cartolina alla settimana, così come avviene per i propri
prigionieri [Speroni Gigi, Amedeo di Savoia Duca d’Aosta] .
Non vi sono molte notizie riguardo alle condizioni dei militari stranieri detenuti in Italia (per lo
più Inglesi e loro alleati del Commonwealth, Francesi, Americani, Greci, Jugoslavi e Russi).
Sembra comunque di poter affermare che i circa 70 mila prigionieri presenti in Italia , distribuiti
in alcune decine di campi di concentramento vengano detenuti rispettando i dettami della
Convenzione di Ginevra, anche se non mancano segnalazioni di varie violazioni e difficoltà, in
particolar modo nei campi “di transito” (ove vengono raccolti i prigionieri per indirizzarli ai campi
veri e propri) in Nord Africa.
Grande diversità nel trattamento vi sarà, ma anche questo è comune a molti paesi belligeranti,
tra quello riservato agli ufficiali prigionieri e quello per la truppa, solitamente abbastanza mal
nutrita e detenuta in condizioni igienico – sanitarie alquanto precarie.
Segue un elenco (faticosamente reperito) dei campi per prigionieri di guerra italiani, basato su
una circolare del 1942. Mancano quindi i campi istituiti in A.O.I., all’epoca già caduti in mano
alleata (tristemente famoso quello di Danane,in Somalia).
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CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER UFFICIALI PRIGIONIERI DI GUERRA
[secondo circolare .Aussme 279/3 del 07.09.1942]
LOCALITA’
Numero campo
Forte dei Gavi (Alessandria)
Candeli (Firenze)
Montemale (Cuneo)
Rezzanello (Piacenza)
Caserma Funzionale di Chieti
Vestone (Brescia)
Cortemaggiore (Piacenza)
S.Romano (Pisa)
Veano (Piacenza)
Bogliaco (Brescia)
Certosa di Padula (Napoli)
Villa Ascensione (Arezzo-Poppi)
Montalbo (Piacenza)
Garessio (Cuneo)
Caserma Funzionale di Modena
Centro Raccolta Caserma Genova Cavalleria – Roma
5
12
15
17
21
23
26
27
29
32
35
38
41
43
47
50
Note
disciolto agosto 1942
CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER MILITARI PRIGIONIERI DI GUERRA
LOCALITA’
Numero Campo
Villa Serena (Altamura – Bari)
Pian di Coreglia (Genova)
Urbisaglia (Macerata)
Passo Corese (Roma)
Busseto (Parma)
Sforzacosta (Macerata)
Gruppignano (Udine)
Servigliano (Ascoli Piceno)
Colle di Compito (Lucca)
Grumello del Piano (Bergamo)
Carinaro (Aversa)
Crovina (Bari)
Capua (Napoli)
Vetralla (Viterbo)
Monturano (Fermo – Ascoli Piceno)
Aversa (Napoli)
Carpi (Modena)
Torre Tresca (Bari)
Pissignano (Foligno – Perugia)
Sulmona (L’Aquila)
Villa Marina (Roma)
Laterina (Arezzo)
Fiume (ex Jugoslavia)
Tuturano (Brindisi)
Cardoncelli (Benevento)
51
52
53
54
55
56
57
59
60
62
63
65
66
68
70
71
73
75
77
78
80
82
83
85
87
11
Note
Premariacco/S.Mauro
Palazzolo dello Stella (Udine)
Gonars (Udine)
Avezzano (L’Aquila)
Castel Raimondo (Macerata)
Cairo Montenotte (Savona)
Renicci (Arezzo)
Castelvetrano (Trapani)
San Giuseppe Jato (Palermo)
Porta Littoria (Aosta)
L’Aquila
Torviscosa (Udine)
Carbonia (Cagliari)
Avio (Trento)
Cantiere Orlando Morgnano (Spoleto)
Ruscio (Monteleone – Spoleto)
Cinecittà (Roma)
Locana Canavese (Torino – ind.Aosta)
Montelupone (Macerata)
Montorio al Vomando (Teramo)
Pol di Pastrengo/Bussolengo (Verona)
88
89
91
93
95
97
98
98
101
102
107
110
113
115
117
122
127
129
145
148
utilizzato anche per civili
trasferito 1942 a S. Giuseppe Jato
sostituisce Castelvetrano
disciolto agosto 1942
Ulteriori campi e località per P.G. [indicati in ANTONEL Lucia, I Silenzi della guerra]
Cantarana (Padova)
Mantova
Megliadino S.Fidenzio (Padova)
Palermo
Vigodarzere (Padova)
Bologna
Salussola (Biella)
Padova
Saonara (Padova)
Chiavari (Genova)
Varese
Acquafredda
Ampezzo
Prati Nuovi (Venezia)
Valle Tagli (Venezia)
Torre di Fine (Venezia)
La Salute di Livenza (Venezia)
Angiari (Verona)
campo di lavoro
campo di lavoro
campo di lavoro
19
106
120
120/1
52
62
78/1
103/6
107/2
107/4
107/5
107/7
148/7
campo di lavoro dip.Padova
coincide con Coreglia (?)
campo dip. Sulmona
campo di lavoro
campo di lavoro dip.Torviscosa
campo di lavoro dip.Torviscosa
campo di lavoro dip.Torviscosa
campo di lavoro dip-Torviscosa
campo di lavoro dip. Bussolengo
CAMPI PER PRIGIONIERI DI GUERRA DISLOCATI IN Africa Sahariana
LOCALITA’
Numero campo
Tarhuna
Trik Tarhuna
Suani Ben Aden
7°Km(rotabile Castel Benito)
Bova
Zliten
Sirte
Bengasi (El Coefia)
Bengasi ( Lidi Hussein)
Barce
151
152
153
154
155
156
157
165
166
167
12
Note
Derna
Tobruk
Marsa Matruh
168
169
170
OSPEDALI PER PRIGIONIERI DI GUERRA
LOCALITA’
Numero campo
Ospedale Militare Territoriale Bergamo
Ospedale Militare Territoriale Lucca
Ospedale Mil.Terr.Castel S.Pietro (Bologna)
201
202
205
13
Note
CAMPI DI CONCENTRAMENTO PER L’INTERNAMENTO CIVILE
Per la detenzione di civili, sia essa per il confino di oppositori politici oppure persone sospette ed
Ebrei, per lo più stranieri (questi ultimi dal 1938), la gestione è affidata al Ministero dell’Interno.
La direzione, solitamente, è affidata a funzionari di PS, mentre per la vigilanza vera e propria
vengono impiegati uomini del Corpo Agenti di PS, Carabinieri, ed eventualmente finanzieri o
truppe della Milizia. Vengono chiamati campi di concentramento anche località di detenzione
attrezzate (sempre “alla buona”, date le scarse risorse a disposizione) come ex conventi, ex
stabilimenti industriali, o vecchie caserme.
In effetti, per lo più, le località di internamento, individuate da cinque Ispettori Generali di
Pubblica Sicurezza con l’ausilio delle varie Questure, non hanno, salvo qualche caso, molto da
spartire con l’aspetto “classico” dei campi di concentramento: torrette, baracche, filo spinato. In
sostanza il Ministero dell’Interno procede nella tradizione, italica e fascista, del “confino”, cioè
dell’allontanamento dalla società di persone indesiderate. Molti dei cosiddetti “campi di
concentramento” per l’internamento civile gestiti dal Ministero dell’Interno vengono utilizzati
anche contemporaneamente, pur con trattamenti diversificati, per confinati politici, delinquenti
comuni, sudditi nemici, cittadini pericolosi.
Vengono, per lo più, istituiti in seguito al decreto del 17 settembre 1940, che prevede
l’internamento come misura preventiva per via amministrativa (cioè emanata dall’Autorità di PS
senza alcun intervento della Magistratura). Troviamo però nell’elenco località già utilizzate come
colonie penali o di confino. L’elenco stilato da C.S. Capogreco è di 48 località. In altre fonti si
parla di 51 campi.
Una volta avviato il concentramento, gli Ispettori mantengono aggiornato il Ministero con
sopralluoghi e relazioni periodiche sulla situazione dei vari campi.
Vengono inoltre incaricati altri Ispettori Generali con il compito di effettuare ispezioni e
verificare l’operato dei vari direttori dei campi, nonché degli altri Ispettori.
In generale, il trattamento riservato ai detenuti si può definire “buono”, per quanto possibile.
Alcune circolari della stessa Amministrazione della Pubblica Sicurezza raccomandano di usare
“umanità” nel trattamento dei prigionieri.
Ciò nulla toglie alle sofferenze patite dai reclusi, costretti a subire la detenzione, una forzata
convivenza, e anche la fame con l’aggravarsi della situazione generale italiana causa la guerra.
Con l’8 settembre 1943 gran parte dei campi cessa di funzionare. In più di un’occasione gli ex
reclusi si uniscono alle forze della Resistenza, mentre alcuni campi vengono momentaneamente
gestiti dagli Alleati (che comunque tendenzialmente liberano i detenuti). I pochi caduti in mano ai
Tedeschi vengono successivamente chiusi, ed i prigionieri inviati altrove.
14
ELENCO DEI CAMPI PER DETENUTI CIVILI E POLITICI
Nota bibliografica: l’elenco è stato compilato sulla base delle seguenti fonti:
a) CAROLINI Simonetta (a cura di), Pericolosi nelle contingenze belliche, Associazione
Nazionale Perseguitati Poltici Italiani Antifascisti, Roma, 1987
b) CAPOGRECO Carlo Spartaco, I campi del duce, Einaudi, Torino, 2004
c) GALLUCCIO Fabio, I Lager in Italia, Non Luoghi Libere Edizioni, Civezzano, 2003
d) www.associazioni.milano.it
e) www.cnj.it
f) www.lager.it
g) www.Romacivica.it
Alberobello (Bari)
Agnone (Campobasso)
Ariano Irpino (Avellino)
Bagno a Ripoli (Firenze)
Boiano (Campobasso)
Cairo Montenotte (Savona)
Campagna (Salerno)
Casacalenda (Campobasso)
Casoli (Chieti)
Castel di Guido (Roma)
Chiesanuova (Padova)
Chieti
attivo dal 1940, internati per lo più ebrei stranieri maschi, 150 posti nell’ex
istituto agrario Gigante.
Direttore: il podestà.
attivo dal 1940, internati stranieri maschi, 190 posti nell’ex convento
S.Bernardino.
Direttore: CECERE Giuseppe. Direttrice: VACALUCCI Amalia.
attivo dal 1940, internati italiani maschi, 130 posti nelle case antisismiche e nel
villino Mazza.
Direttore: Commissario PIROZZI Vito.
attivo dal 1940, internati avversari maschi, 200 posti nelle ville “La Selva” e “La
Colombaia”.
Direttore: Commissario DE PASQUALE Pasquale.
Direttrice: CONTI Marianna.
attivo nel 1940-1941, internati zingari, 250 posti nell’ex manifattura tabacchi.
Direttore: Commissario CONTARDI Mario.
dal 1942 vi vengono rinchiusi allogeni FVG
attivo dal 1940, internati prevalentemente ebrei maschi, 650 posti nelle ex
caserme di S.Bartolomeo e Concezione.
Direttore: Commissario DE PAOLI Eugenio.
attivo dal 1940, internate donne, 160 posti in un palazzo dei Corradino-Di
Blasio.
Direttore: Commissario MARTONE Giuseppe.
Direttrice CALOGERO Ezia.
attivo dal 14 giugno 1940, internati ebrei, 80 posti in due edifici,
Direttore: il podestà.
attivo nel periodo 1942-1943, centro di lavoro, già colonia di confino
attivo da giugno a novembre 1940, internati maschi di varie nazionalità, 200
posti nell’ex asilo “Principessa di Piemonte”.
Direttore: Commissario LA MONICA Mario.
Città Sant’Angelo (Pescara) attivo dal 1940
Civitella della Chiana (Arezzo) attivo dal 1940, internati sudditi avversari maschi, 200 posti nella villa Oliveto.
Direttore: Commissario MASCIO Amedeo.
Civitella del Tronto (Teramo) attivo dal 1940
Colfiorito (Perugia)
attivo nel periodo 1940-inizi 1941, 200 posti in capannoni.
Direttore: Commissario LA TORRE Vincenzo.
Corropoli (Teramo)
attivo dal 1941
Fabriano (Ancona)
attivo dal finire del 1941, internati italiani maschi, 100 posti nello stabilimento
Sisla e nel Collegio Gentile.
Direttore: Commissario CASTELLINI Paride
Farfa Sabina (Rieti)
attivo nella primavera del 1943, in località Castelnuovo
15
Ferramonti di Tarsia (Cosenza)attivo dal 1940, internati prevalentemente ebrei, 1500 posti in capannoni della
ditta Parrini Eugenio, recintato e sottoposto ad una vigilanza particolare.
Direttore: Commissario SALVATORE Paolo.
Fraschette di Alatri (Frosinone) attivo dai primi mesi del 1942
Gioia del Colle (Bari)
attivo nel 1940-1941, internati ebrei italiani maschi, 240 posti nell’ex molino
Pagano.
Direttore: Commissario SANTINI.
Isernia
attivo dal 1940, internati maschi di varie nazionalità, 190 posti nell’ex convento
delle Benedettine “Antico Distretto”.
Direttore: Commissario RENZONI Guido.
Isola del Gran Sasso (Teramo) attivo dal 1940
Istorio Marina (Chieti)
attivo dal giugno 1940, e chiuso nello stesso anno, internati italiani, in seguito
anche slavi, 280 (poi 170) posti nell’albergo Ricci e nella villa Marchesani.
Direttore: ex Commissario PREZIOSO Giuseppe, poi GERACI Giuseppe.
Lama dei Peligni (Chieti)
attivo dal 1940
Lanciano (Chieti)
attivo dal 1940
Lipari (Messina)
attivo dal 1940, già colonia di confino
Manfredonia (Foggia)
attivo dal 1940 al 1943, internati maschi di varie nazionalità, 300 posti
nel nuovo macello comunale.
Direttore: Commissario CELENTANO Guido.
Montalbano (Firenze)
attivo dal 1940, per internati maschi, 60 posti nel castello in località Sant’Andrea
a Rovezzano.
Montechiarugolo (Parma)
attivo dal 1940, internati avversari maschi, 200 posti nel castello di proprietà
Marchi.
Direttore: Commissario ADDARIO Socrate.
Monteforte Irpino (Avellino)
attivo dal 1940, internati italiani maschi, 100 posti nell’ex orfanotrofio Loffredo.
Direttore: il podestà.
Nereto (Teramo)
attivo dal 1940
Notaresco (Teramo)
detenuti ebrei non italiani [elenco Carolini, Galluccio]
Nuoro
già colonia di confino
Petriolo (Macerata)
attivo nel periodo fine 1942-1943, internate donne
Pisticci (Matera)
attivo dal 1940, già colonia di confino. Primo campo italiano.
Pollenza (Macerata)
attivo nel periodo fine 1942-1943, internate donne, 110 posti nella villa Lauri in l
ocalità S.Lucia.
Direttore: Commissario MARTINEZ Nicola.
Direttrice: LARGARINI Fedora.
Ponza (Latina/Littoria)
attivo dal 1942, già colonia di confino
Prestine (Brescia)
Renicci di Anghiari (Arezzo)
Sassoferrato (Ancona)
attivo nel 1943
Scipione (Parma)
attivo nel 1940 e chiuso nello stesso anno. Riattivato sul finire del 1942 per tutto
il 1943 (solo una breve interruzione nel periodo successivo all’8 settembre). 200
posti nel castello in frazione Scipione, nei pressi di Salsomaggiore
Direttore: PASQUALONI Tiberio.
Solofra (Avellino)
attivo nel 1940, internate prostitute straniere, 50 posti in un edificio dell’abitato.
Direttrice: FESTA Giuditta.
Tolentino (Macerata)
Tollo (Chieti)
attivo dalla fine del 1941
Tortoreto (Teramo)
attivo dal 1940
Tossiccia (Teramo)
attivo dal 1940
Treia (Macerata)
attivo dal 1940 al finire del 1942, internate donne, 100 posti nella villa “la
Quiete” o “della Spada”.
Direttore: Commissario FERRIGNO Carmine.
Direttrice: MARCHESINI Luisa.
Tremiti, S.Domino (Foggia)
attivo dal 1940, già colonia di confino
Urbisaglia (Macerata)
attivo dal 1940, internati ebrei maschi, 200 posti nell’Abbadia di Piastra.
Direttore:Commissaro SPETIA Paolo.
16
Ustica (Palermo)
Ventotene (Latina/Littoria)
Vinchiaturo (Campobasso)
attivo dalla fine del 1940, già colonia di confino
attivo dal 1940, già colonia di confino.
attivo dal 1940, internate donne, 60 posti in un locale privato.
Direttore:il podestà
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L’INTERNAMENTO “PARALLELO”
Il primo marzo 1942 il Gen. Roatta, comandante della II Armata, di stanza nella ex Jugoslavia,
emana la circolare 3C, che riguardo il trattamento da riservare ai ribelli prevede la formula
“testa per dente”, con la fucilazione di ostaggi (comunisti in primis), la fucilazione degli uomini
adulti nei paesi presso i quali siano avvenuti sabotaggi o atti di collaborazionismo, la deportazione
del resto degli abitanti, l’incendio e la distruzione di villaggi. Anche gli altri comandi militari
operanti nei territori ex jugoslavi (ma anche lungo le valli del Natisone e del Torre, in Italia)
fanno largo uso della deportazione di civili, perché considerati pericolosi, filoslavi, filo partigiani.
Vengono, però, internate, con trattamento migliore, anche persone a scopo “protettivo”, perché
minacciati nei loro territori di origine, nonché orfani ed infanti.
Gli “allogeni”, così vengono nominati i cittadini di lingua slava residenti nelle province di Udine,
Trieste, Gorizia, in Istria e Dalmazia, vengono invece gestiti dall’ Ispettorato Speciale di
Pubblica Sicurezza per la Venezia Giulia, creato nel 1942 per fronteggiare la Resistenza slava,
che trova proseliti anche tra la popolazione italiana di origine slovena o croata. Alcuni campi
vengono destinati al concentramento di tali civili.
L’alto numero di sgomberi previsto mette da subito in crisi l’apparato del Ministero dell’Interno,
al quale solitamente spetta la gestione dell’internamento civile. Nonostante vari tentativi da
parte dei comandi militari per passare in consegna all’Interno la gestione del ”problema slavo”, ma
solo per ciò che concerne l’internamento, nei fatti tale incombenza resta a carico
dell’amministrazione militare.
Vengono quindi costituiti, sia nei territori occupati (in realtà annessi e facenti capo a nuove
province, come Lubiana) che all’interno dei “vecchi” confini, nuovi campi di concentramento,
gestiti totalmente dall’Amministrazione militare, e ne vengono utilizzati altri, pensati per
accogliere prigionieri di guerra.
Dure le condizioni di vita per i detenuti, trattati secondo l’equazione di un noto generale italiano,
Gastone Gambara, per il quale un “individuo ammalato è un individuo che sta tranquillo”. Ai civili
jugoslavi non viene riconosciuto lo “status” di suddito nemico. Si distingue, tristemente, il grande
campo (in realtà una tendopoli) di Arbe, ove molti detenuti perderanno la vita per gli stenti.
Le cifre ufficiali dell’epoca, che parlano di circa 20 mila internati, vengono respinte da fonti
opposte, ma anche da organismi internazionali quali la Croce Rossa. Le fonti slovene forniscono la
cifra di 67 mila internati solo nella piccola provincia di Lubiana. Sembra che non sia aleatorio
parlare di circa 100 mila deportati dai territori ex jugoslavi. Solo stimate, in alcune migliaia, le
vittime, in qualche caso (in verità limitato) uccise per motivi banali.
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ELENCO CAMPI UTILIZZATI PER INTERNAMENTO PARALLELO
Nota bibliografica - l’elenco, che comprende, probabilmente, campi realizzati per PG, di lavoro,
località di confino, in cui risultano esservi stati militari o civili jugoslavi è stato compilato sulla
base delle seguenti fonti:
b) CAROLINI Simonetta (a cura di), Pericolosi nelle contingenze belliche, Associazione
Nazionale Perseguitati Poltici Italiani Antifascisti, Roma, 1987
c) GALLUCCIO Fabio, I Lager in Italia, Non Luoghi Libere Edizioni, Civezzano, 2003
d) KERSEVAN Alessandra, Lager italiani, Nutrimenti, 2008
e)
f)
g)
h)
www.associazioni.milano.it
www.cnj.it
www.lager.it
www.Romacivica.it
Aidiussina (Jugoslavia) campo di transito, utilizzato solo temporaneamente - maschile
Anghiari Renicci (Arezzo)
ex campo per P.G:numero 97, dall’agosto 1942 viene utilizzato per detenere
civili jugoslavi. Dipende da autorità militare.
Antivari (Montenegro) posto sull’isola di Bar , è un campo di transito e dipende da autorità
militare (IX Armata)
Aprica (Sondrio)
Arbe/Rab (Croazia)
utilizzato dall’estate 1942, tristemente noto per le precarie condizioni in cui sono
detenuti i prigionieri, dipende dalla II Armata
Arona (Novara)
Ascoli Piceno
Ateleta (L’Aquila)
Bar (Montenegro)
Bonefro (Campobasso)
Borgomanero (Novara)
Borgo Val di Taro (Parma)
Buccari/Bakor (Jugoslavia)
campo di transito, dipende dalla V Armata
Cairo Montenotte (Savona)
ex campo per P.G.numero 95, dall’estate 1942 vengono rinchiusi i cosiddetti
allogeni provenienti dalle province nordorientali
Campello sul Clitunno (Pg)
in località Pissignano
Carana (Calabria?)
Carpi (Modena)
dal marzo 1943 vi affluiscono cittadini jugoslavi
Casale Monferrato (AL)
Casoli (Chieti)
Castagnevizza (Slovenia)
gestito da Amministrazione Militare
Castel Arquato (Piacenza)
Castelfranco Emilia (Modena)
Castelraimondo (Macerata)
ex campo per P.G. numero 93, dal marzo 1943 viene utilizzato per
detenere civili jugoslavi
Castello Sereni (Perugia)
campo dipendente da Pietrafitta
Castiglione della Valle (PG)
Castiglion Fiorentino (Arezzo)
Ceprano (Frosinone)
utilizzato dal marzo 1943 per detenere civili jugoslavi
Chiesanuova (Padova)
gestito da Amministrazione Militare, attivo dal giugno 1942,ospita da
2880 a 5760 posti in caserme militari
Cighino (Slovenia/Gorizia)
campo di transito in baracche militari
Colfiorito/Foligno (Perugia)
gestito da Amministrazione Militare, attivo dall’estate del 1942
Corte Maggiore (Piacenza)
Castelfrentano (Chieti)
località Crocetta
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Divulje (Croazia)
gestito da Amministrazione Militare
Ellera (Perugia)
gestito da Amministrazione Militare, dipendente da Pietrafitta
Fara Novarese (Novara)
in località Castelli Cusiani
Fertilia (Sassari)
campo di lavoro gestito da Amministrazione Militare
Fiume (Jugoslavia)
ex campo per P.G. numero 83, utilizzato come campo di transito
Fossalon di Grado (Gorizia) campo di lavoro per allogeni
Fraschette Alatri (Frosinone)gestito da Amministrazione Civile
Gonars (Ud)
ex campo per P.G.numero 89, gestito dalla II Armata dal marzo 1942 per
detenere civili jugoslavi
Gorizia
le locali carceri vengono utilizzate come campo di transito. Nella stessa località
vengono concentrati allogeni.
Grupignano
Istonio Marina (Chieti)
Labico (Roma)
utilizzato dal marzo 1943
Laurana/Lovran (Croazia)
Lipari (Messina)
già colonia di confino,è gestito da Amministrazione Civile
Mamula (Jugoslavia)
il Forte dell’isola viene utilizzato dal VI Corpo d’Armata per detenere civili
jugoslavi
Marsiconuovo (Potenza)
Melada/Melat (Croazia)
gestito da Amministrazione Militare, dipende da Governatorato Dalmazia
Monigo (Tv)
attivo dal giugno 1942, è gestito da Amministrazione Militare e vi sono
2880 posti in caserme militari per detenere civili jugoslavi
Montopoli Sabina (Rieti)
vi vengono detenuti zingari jugoslavi
Montefiascone (Viterbo)
Montefusco (Avellino)
Montelupone (Macerata)
Osimo (Ancona)
Perdarsdefogu (Nuoro)
campo di lavoro
Pertozgiu (Sardegna)
campo di lavoro
Piedimonte (Go)
campo di transito
Pietrafitta (Perugia)
campo di lavoro, gestito da Amministrazione Militare dall’estate 1942
Poggio III Armata (Gorizia)
campo di transito per allogeni, gestito da Amministrazione Militare
Porto Re/Kraljevica (Croazia) campo di transito gestito dalla V Armata
Prevlaka/Privlaka (Croazia)
campo gestito da Amministrazione Militare
Renicci di Anghiari (Arezzo) dal 1942 è gestito da Amministrazione Militare per detenere civili jugoslavi
Romagnano Sesia (Novara)
Ruscio (Perugia)
attivo dall’estate 1943
Scoglio Calogero (Dalmazia) campo di transito gestito dal XVIII C Armata (località Osljak).
Tavernelle di Piegaro (Pg)
campo di lavoro gestito da Amministrazione Militare dall’ estate 1942
Tremiti (Foggia)
vi vengono rinchiusi zingari jugoslavi
Tribussa (Slovenia)
campo predisposto da Amministrazione Militare, ma non utilizzato
Ugliano/Uljan (Montenegro)
campo di transito
Ustica (Palermo)
già colonia di confino, gestito da Amministrazione Civile
Visco (Udine)
campo gestito da Amministrazione Militare per detenere civili jugoslavi,
dall’estate 1942
Viterbo
vi vengono detenuto zingari jugoslavi
Vodice (Montenegro)
Volzana di Tolmino (Slovenia)
Zabjelo (Montenegro)
Zlarin (Dalmazia)
isola dalmata, in funzione per alcuni mesi dall’estate 1942
20
21
CAMPI DI CONCENTRAMENTO ITALIANI
NELLE COLONIE O IN TERRITORI OCCUPATI
Scarne ed incerte sono le notizie riguardo molti campi ubicati fuori dal territorio metropolitano
italiano. Anche in questo caso, si avverte la carenza di studi specifici.
Una feroce repressione, in cui i campi di concentramento non sono che un anello di una lunga
catena di eccidi, fucilazioni sommarie, deportazioni, è avvenuta in particolar modo sia in Libia che
nell’Africa Orientale Italiana, ove già all’epoca dei fatti non viene dato molto risalto alle violente
insurrezioni locali, per non compromettere, agli occhi del popolo italiano ebbro del nascente
Impero, e degli altri stati, l’immagine del fascismo e della stessa monarchia.
La maggior parte dei campi risultano essere sottoposti ad Amministrazione Militare, ma dalle pur
scarse vicende riportate, sembra che in queste località chiunque vi fosse rinchiuso, considerato
ribelle, non veniva quindi considerato prigioniero di guerra, ma “problema interno” dello Stato
italiano.
Si trattò, quindi, di un ulteriore “internamento parallelo”, ancor meno conosciuto di quello relativo
al cosiddetto “problema slavo”. Tra le poche fonti riuscite a consultare, si segnalano i lavori di del
Boca e Rochat, sebbene non specifici sull’argomento, da cui è tratto l’elenco seguente.
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ELENCO CAMPI IN LIBIA
Agedabia
Apollonia
Barce
Bengasi
Coefia
Derna
Driana
El Abiar
El Agheila
En Nufilia
Guarscia
Marsa el Brega
Sidi Ahmed el Magrun
Sidi Chalifa
Soluch
Suani el Teria
circa 10 mila detenuti
circa 3 mila detenuti
oltre 10 mila detenuti
il più vasto campo, detenute oltre 20 mila persone (ribelli Abeidat e Marmarici)
oltre 10 mila detenuti
grande campo, detenute oltre 20 mila persone
ELENCO CAMPI IN A.O.I. (Africa Orientale Italiana)
Danane (Somalia)
vi vengono reclusi, in precarie condizioni, centinaia di oppositori e ribelli all’occupazione
italiana. Particolare la presenza dei cosiddetti “cantastorie”, cioè indovini e stregoni
locali, che vengono visti come turbatori dell’ordine pubblico. Esiliate invece alcune
centinaia di nobili etiopici, la repressione italiana delle forti resistenze vede scagliare
truppe irregolari composte da bande musulmane contro resistenti copti, nonché
numerosissime fucilazioni sommarie in tutto il territorio occupato.
Nocra (Eritrea)
ELENCO CAMPI IN ALBANIA
Berat (Albania)
Durazzo (Albania)
German (Albania)
Kavejc (Albania)
Klos (Albania)
Kukes (Albania)
Lushnje (Albania)
Pristina (Albania)
Prizren (Albania)
Puke (Albania)
Scutari (Albania)
Shijak (Albania)
gestito da autorità militare (IX Armata) in località Porto Romano
gestito da Amministrazione Militare (IX Armata)
gestito da autorità militare (IX Armata)
gestito da autorità militare (IX Armata)
gestito da autorità militare (IX Armata)
gestito da autorità militare (IX Armata)
gestito da autorità militare (IX Armata)
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ELENCO CAMPI IN FRANCIA
Embrun
Modane
Pontenuovo (Corsica)
Prunelli di Fiumorbo (Corsica)
Sospello
ubicato in caserme, passa da Amministrazione Militare a Civile nel marzo 1943
ELENCO CAMPI IN GRECIA
Argo
Corfù
Fanos
Larissa
Lazarati
Nauplia
Othoni
Paxos
Triccala
Vanitsa
Volos
distaccamento di Paxos, internati politici greci
distaccamento di Paxos, internati politici greci
isole Jonie, internati politici greci
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CAPITOLO III
L’ ITALIA DIVISA
Il cosiddetto Armistizio tra Italia e Alleati reso pubblico in data 8 settembre 1943, con
la quasi simultanea occupazione di gran parte dei territori italiani da parte delle forze
tedesche, muta radicalmente lo scenario fin qui descritto.
L’apparato statale italiano si disgrega quasi ovunque, con modalità differenti in ogni luogo.
Alcune zone (ad esempio Sicilia, Puglia, Sardegna) restano o passano nelle mani degli
Alleati, e così in breve tutto il Sud Italia: il fronte stagnerà a Sud di Roma. In queste
zone si costituirà il cosiddetto Regno del Sud, con a Capo il Re d’Italia ed il Maresciallo
Badoglio, sebbene la gestione resti subordinata agli Alleati stessi.
Le ricostituite (poche) truppe italiane indosseranno la divisa inglese, mentre molti
Italiani saranno arruolati in compagnie di lavoratori; la stessa moneta circolante
prenderà il nome di Am-lira.
Il Centro-Nord della penisola viene invece totalmente occupato dai Tedeschi, che
instaurano un governo-fantoccio con a capo Mussolini, la cosiddetta Repubblica di Salò.
Continua a circolare la “vecchia” lira, le truppe combattenti per Salò continuano ad
indossare le divise grigioverdi italiane, ma in realtà ogni decisione viene quantomeno
vagliata dai comandi germanici, veri padroni della situazione. Alcune zone vengono di
fatto tolte al controllo fascista, con la creazione di due territori amministrati da
governatori filo-tedeschi: Alpenvorland (province di Trento, Bolzano, Belluno) e
Adriatische Kustenland (province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana).
Così accade per i territori posti oltre i vecchi confini, dove a volte continua ad operare
personale italiano, sotto comando tedesco.
Finisce l’amministrazione italiana dei campi di concentramento. Con varianti diverse
campo per campo, vengono gestiti dalle forze occupanti (Alleati al Sud, Tedeschi al
Centro-Nord), anche se le sentinelle, italiane, a volte restano sempre le stesse di prima.
Non si hanno molte notizie sui campi del Sud. Alcuni, località di confino comprese,
continuano a funzionare per il neonato Ministero dell’Interno badogliano, mentre altri
vengono realizzati o mantenuti in efficienza dagli Alleati per detenervi i prigionieri di
guerra. In qualche caso, anche gli ex detenuti civili (in particolare allogeni del Friuli
Venezia Giulia e cittadini jugoslavi) impossibilitati a ritornare alle loro case, restano
“ospitati” nelle -ormai ex – località di detenzione, sebbene con un crescente
miglioramento delle loro condizioni.
Poche, come detto, le informazioni al riguardo.
I militari prigionieri vengono ovviamente liberati, riprendendo il loro posto nelle truppe
che combattono i Tedeschi.
Variegato, e a volte non privo di difficoltà, il destino dei detenuti civili.
Ci sono casi di detenuti che, scomparsi i guardiani con l’8 settembre 1943, riescono a
25
“sistemarsi” nei dintorni, regolarizzando in seguito la loro posizione man mano che le
Autorità riprendono il controllo del territorio. Per alcuni, ad esempio coloro che (per lo
più Jugoslavi) sono stati internati per “protezione” in quanto in qualche maniera
collaborazionisti degli occupanti italiani, è pensabile che la situazione sia peggiorata.
Diversa la situazione per i detenuti al centro-nord, ove in più casi i Tedeschi prendono da
subito in mano la gestione dei campi, chiudendone alcuni, ma concentrando i detenuti in
altri (alcuni di nuova costituzione).
Sono segnalati casi,anche numerosi, di ex detenuti che, riusciti a fuggire nel marasma dei
giorni successivi all’8 settembre, si uniscono alle forze partigiane che vanno
moltiplicandosi in tutti i territori sottoposti alla neonata Repubblica di Salò.
I Tedeschi, oltre ad amministrare, con la collaborazione delle truppe fasciste, i detenuti
della precedente gestione italiana, rastrellano tre nuove categorie di persone: i militari
italiani, in gran parte sbandatisi in seguito all’Armistizio, gli Ebrei italiani ed i partigiani,
nonché chiunque per qualsiasi motivo venga sospettato di ordire contro il Terzo Reich.
I militari italiani verranno inviati in Germania, ove chi non collabora, viene internato in
una sorta di internamento parallelo, privo, cioè,dello status di prigioniero di guerra, e
quindi non sottoposto a tutela da parte degli organi internazionali.
Sia nei luoghi di detenzione del Sud, che del Nord, troviamo, per la prima volta, rinchiusi
dei fascisti, sebbene per motivi opposti.
Nei territori sottoposti al controllo alleato, si inizia, pur tra le reticenze del governo
regio e badogliano, impaurito del proprio passato, a rinchiudere i fascisti: per lo più,
inizialmente, quelli di vecchia data.
Nella Repubblica Sociale, al contrario, in cui predominano i camerati “tutti di un pezzo”,
la svolta reazionaria porta a rinchiudere i fascisti troppo tiepidi.
Il 30 novembre 1943, con l’ordinanza di polizia n.° 5 del ministro dell’Interno della
Repubblica Sociale, Buffarini Guidi, si dispone l’arresto e l’avvio in appositi “campi
provinciali” di tutti gli Ebrei, italiani e non.
Inizia così il calvario anche in Italia per il popolo semita, già iniziato con le leggi razziali
del 1938/1939, che comunque sino a quel momento ha subito discriminazioni e
sofferenze, ma senza trovare (a detta delle stesse fonti ebraiche) piena applicazione di
quanto previsto.
Ebrei, ed in numero minore, indesiderabili, traditori, Partigiani, vengono raccolti nei
campi di concentramento, per lo più a Fossoli di Carpi e Bolzano, e da lì inviati nei campi di
sterminio in Germania, tramite convogli ferroviari. Fortunatamente (in questo caso) i duri
bombardamenti cui viene sottoposto il sistema viario, ritarderanno non poco molte
partenze, limitando il numero dei viaggi senza ritorno. Qualche migliaio coloro che
periranno nei campi nazisti della soluzione finale.
Caso a parte il campo della Risiera di San Sabba a Trieste, che è, come i precedenti,
campo di transito verso il Nord, ma per le enormi atrocità commesse al suo interno, e per
26
la stessa presenza di un forno, è possibile indicare come unico campo di sterminio
presente in Italia. La gestione dell’intero apparato è tedesca, ma troviamo in molte
occasioni zelanti collaboratori italiani.
Con la graduale, lenta, avanzata degli Alleati verso le Alpi, cessa l’esistenza di alcuni
campi, mentre altri verranno, anche solo temporaneamente, riutilizzati da Americani ed
Inglesi per detenere prigionieri di guerra, collaborazionisti, ma anche profughi e
sbandati che ogni guerra produce.
Tra la fine di Aprile ed i primi di maggio 1945 l’intero territorio italiano è nelle mani
alleate.
27
ELENCO CAMPI DI PRIGIONIA PERIODO 1943/1945
(utilizzati dai nazifascisti)
Nota bibliografica – l’elenco è stato compilato sulla base delle seguenti fonti:
a) DE GRAZIA Victoria/LUZZATTO Sergio (a cura di), Dizionario del fascismo, Einaudi,
Torino, 2002
b) HAPPACHER Luciano, Il lager di Bolzano, Saturnia, Trento, 1979
c) www.deportati.it
d) www.lager.it
e) www.romacivica.it
Aosta
Asti
Bagni di Lucca (Lucca)
Bagno a Ripoli
Bologna
Bolzano
ricavato nella caserma Mottina, campo di raccolta per Ebrei
ricavato nel palazzo del Seminario, campo di raccolta per Ebrei
attivo nel novembre 1943
due campi: alle Caserme Rosse e presso la caserma del 3° Btg Artiglieria
nel luglio 1944 i detenuti affluiscono da Fossoli
Lager satelliti di:
Bressanone
Certosa di Val Senales
Colle Isarco
Merano (caserme Maia bassa)
Moso in Val Passiria
Sarentino
Tures
Vipiteno
Borgo San Dalmazzo (Cuneo) dal settembre 1943 al febbraio 1944 una ex caserma degli Alpini viene utilizzata
dai nazifascisti per rinchiudervi ebrei, inizialmente per lo più stranieri. Segnalato
almeno un convoglio per Auschwitz. Dalla Questura viene dato ordine
(9.12.1943) di costituire un campo per raccogliervi gli ebrei della provincia. Il
15 febbraio 1944 il campo viene chiuso e i detenuti trasferiti a Fossoli.
Calvari di Chiavari (Genova)
Castello Scipioni (Parma)
campo maschile, in funzione sino all’aprile 1944. I detenuti vengono trasferiti a
Fossoli.
Celle Ligure (Savona)
nella “Colonia Bergamasca” nei pressi di Cairo Montenotte (col cui nome viene
spesso indicato il campo) . Era già utilizzato sin dal febbraio 1943, e riprende la
sua attività col 1944.
Civitella della Chiana (Arezzo) attivo nel novembre 1943
Civitella del Tronto (Teramo) attivo nel novembre 1943
Corropoli (Teramo)
attivo nel novembre 1943
Cortemaggiore (Piacenza)
attivo dal 1944
Cremona
campo di lavoro
Fabriano (Ancona)
attivo nel novembre 1943
Ferrara
il tempio israelitico viene utilizzato come campo provinciale
Forlì
ricavato nell’albergo Commercio
Fontanellato (Parma)
Fossoli/Carpi (Modena)
nei pressi del campo per P.G. 73, utilizzato ora per ariani da non deportare,
viene realizzato il campo nuovo, attivo dal dicembre 1943, centro nazionale di
transito per Ebrei, che dal 15 marzo 1944 viene posto sotto comando tedesco.
Fraschette Alatri (Frosinone) attivo nel novembre 1943
Isola Gran Sasso (Teramo)
attivo nel novembre 1943
Isola della Scala (Verona)
Lucca
ubicato nella Pia Casa di beneficenza
28
Mantova
Marina di Massa (MC)
Milano
Modena (località Crocetta)
Montalbano (Firenze)
Monticelli Terme (Parma)
Novara
Nereto (Teramo)
Oleggio (Novara)
Padova, Vò Vecchio
Perugia
Pian di Coreglia (Genova)
Pissignano (Perugia)
Ravenna
Reggio Emilia
la locale Casa di Riposo israelitica diventa per ordine della Questura un campo
di concentramento per ebrei
il carcere San Vittore è utilizzato anche per Ebrei
attivo nel novembre 1943
campo provinciale per Ebrei, rinchiusi per lo più donne e bambini, in funzione
sino all’aprile 1944. I detenuti vengono trasferiti a Fossoli.
attivo nel novembre 1943
nella Villa Venier a Vo’ Vecchio Eguaneo. vi giungono ebrei rastrellati nel
Veneto, dal dicembre 1943 al 17 luglio 1944.
nell’istituto magistrale
già campo P.G.
le locali carceri vengono utilizzate anche per Ebrei
ubicato nelle località Casa Sinigaglia, indi trasferito dapprima a Villa Corinaldi
ed infine nella Villa Levi di Coviolo
Risiera di San Sabba (Trieste) attivo dal 20.10.1943/29 aprile 1945, sotto comando tedesco
Roccatederighi (Grosseto)
capienza 300 posti, per donne
Roma
anche il carcere Regina Coeli viene utilizzato come luogo di concentamento
Rossignano (Alessandria)
in località San Martino
Servigliano (Ascoli Piceno)
in seguito a bombardamento molti internati riescono a fuggire, così come
avviene nel giugno 1944 dopo un attacco partigiano.
Senigallia (Ancona)
nella colonia marina Unes
Sforzacosta (Macerata)
Sondrio
ricavato nel padiglione comunale degli Uffici Sanitari
Spotorno (Savona)
ricavato nell’Istituto Morello, capienza 50 posti. Il 30 aprile 1944 i detenuti
confluiscono a Cairo Montenotte
Sulmona (Aquila)
Tarvisio (Udine)
campo di transito, probabilmente sito in una caserma nella frazione di
Camporosso. Probabilmente fu allestito durante gli ultimi bagliori della guerra.
Se ne ha notizia solo in ambito locale, e da un documento cartaceo ivi rinvenuto
(allegato).
Teramo
nella caserma Mezzacapo
Tonezza del Cimone (Vicenza) viene utilizzatala Colonia Alpina Umberto I dal 20.12.1943
Tossicia (Teramo)
attivo nel novembre 1943
Urbisaglia (Macerata)
Vallecrosia (Imperia)
dal 1944
Venezia
casa di riposo Israelitica
Vercelli
vengono utilizzate la cascina Ara Vecchia e la casa di riposo V.Emanuele III
Verona
viene utilizzato un edificio di via Pallone
Viterbo
utilizzato il carcere di S.Maria in Gradi
29
CAPITOLO IV
IL DOPOGUERRA
Il 2 maggio 1945 segna la resa definitiva di tutte le truppe tedesche in Italia, e dei loro
alleati della Repubblica di Salò. Il governo italiano, monarchico sino al Referendum del 2
giugno 1946 che trasforma l’Italia in una Repubblica, prende il possesso di tutto il
territorio nazionale e degli apparati statali. Con i Trattati di pace alcuni territori
vengono ceduti alle Nazioni vincitrici, ed altri, contesi (come i territori nord-orientali,
province di Trieste e Gorizia) restano per anni in mano all’Amministrazione Alleata.
Come accennato, nel corso della Guerra gli Alleati hanno realizzato, o riutilizzato, alcuni
campi di concentramento, in cui confluiscono sia prigionieri di guerra, che detenuti
politici. Nell’immediato dopoguerra, a causa anche delle notevoli difficoltà in cui si trova
l’apparato statale italiano, vengono utilizzati per i medesimi scopi anche le normali carceri
penitenziarie, oltre ad alcune località momentaneamente adibite a luogo di detenzione.
I campi alleati sono, per la maggior parte “Enclose” (PWE, acronimo di Prisoner War
Enclose), quindi a regime duro: poca o scarsa assistenza da parte della Croce Rossa,
vietate le visite e le comunicazioni con l’esterno (ad esempio quelle postali).
Alcuni collaborazionisti [vedasi ACTA n.68, anno 2009] sembra siano stati imprigionati
in campi anche lontani dall’Italia, come il campo 131 PW di Orano in Marocco, già
utilizzato durante la guerra per rinchiudervi i prigionieri dell’Afrika-Corps.
Scarse le fonti a disposizione: riviste di tono revisionistico, notizie tratte da
testimonianze di militari degli eserciti sconfitti, qualche sito Internet.
In alcuni di questi campi, gestiti dagli Alleati e dal governo italiano, sembra che siano
stati ospitati, temporaneamente, anche i Profughi dalle ex province di Pola, Zara, Fiume e
Lubiana, passate sotto controllo jugoslavo od alleato.
30
ELENCO CAMPI DI PRIGIONIA PERIODO 1943/1946
(utilizzati dagli Alleati)
Nota bibliografica – l’elenco è stato compilato sulla base delle seguenti fonti:
a) ACTA della Fondazione della R.S.I., numeri vari
b) FOLKEL Ferruccio, La Risiera di San Sabba, Bur, Milano, 2000
c) WOLLER Hans, I conti con il fascismo, Il Mulino, Bologna, 1997
c) www.deportati.it
f) www.cnj.it
g) www.comunedastelfranco.it
h) www.giuseppemarchese.it
Afragola (Napoli)
Bolzano
riutilizzato come campo di raccolta
Brindisi
nel campo sportivo
Chiaravalle
Chiesanuova di S.Margherita all’Adige
Coltano (Pisa)
grande campo di concentramento, composto in realtà da 5 campi, più
alcuni campi satelliti:
a) 334 Scandicci
b) 335 Metato – a Nord di Pisa
c) 336 Tombolo
d) 337 Coltano
e) 338 Coltano
f) 339 S.Rossore
Collescipopoli
Corridonia
Finalborgo di Finale Ligure (Savona)
Forlì
Fossoli (Modena)
dal settembre 1945 vengono raccolti fascisti in attesa di epurazione,
unitamente a profughi stranieri ed ebrei sopravvissuti alla shoa. Chiuso
nel luglio 1947
Gragnano
Grumo Appula
Laterina (Arezzo)
vi confluiscono prigionieri da Coltano
Legino (Savona)
Mestre/Campalto (Venezia)
campo di transito
Mignagola di Carbonera (Treviso)
sono segnalate violente rappresaglie partigiane
Modena
in località San Cataldo-Rainusso viene istituito il campo 454
Narni
vengono detenuti per lo più marinai
Nervesa della Battaglia (Treviso)
Novara
nel locale stadio
Palazzolo dello Stella (Udine)
colonia penale
Palombina
Pescantina (Verona)
Presano
Procida
nel castello aragonese, utilizzato dal gennaio 1944 al marzo 1945
Rimini/Miramare
viene istituito il PW 370, con i complementari campi di:
a) Aeroporto
b) Belluria, due campi, n.11 e 14
c) Cervia
31
Roma
Segno di Vado Ligure (Savona)
Taranto
d) Cesenatico
e) Forlì
f) Igea Marina
g) Polesella
nel forte Boccea vengono rinchiusi per lo più Ufficiali
a Cinecittà si segnala un altro luogo di detenzione
in località S.Andrea viene isituito il PW 171, con i complementari:
a) Grottaglie
b) Padula
371
Torrette d’Ancona
Varazzo
Venezia Lido
Vercelli
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SCHEDA 1
IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI BOLZANO
Ubicazione: Bolzano, quartiere di Gries, via Resia
Costituzione: luglio 1944
Stato attuale: pochi resti
Nel luglio 1944 il campo Vecchio di Fossoli di Carpi (Modena), giudicato troppo vicino al
fronte e forse a possibili azioni partigiane, viene chiuso e trasferito a Bolzano.
Secondo alcune fonti [Buffulini Ada, in Happacher, il Lager di Bolzano] pare che il campo
sia già stato in funzione sin dall’inverno 1943, allorché vi sono reclusi civili e militari
altoatesini.
Il campo di Bolzano è ricavato da un deposito per automezzi militari già appartenuto al
Regio Esercito. Inizialmente progettato per detenere 1500 persone, ne viene
ulteriormente ampliata la capacità fino a poterne contenere circa 4000.
E’ strutturato su edifici di servizio (comando, corpo di guardia, infermeria, lavanderia,
magazzini, servizi igienici…) e da due capannoni divisi in blocchi (denominati A,B,C,D,E,F
nel capannone utilizzato fin dall’inizio per la detenzione, a cui si aggiungeranno in un
secondo tempo i blocchi G,H,I,K,L,M ricavati nel secondo fabbricato).
La denominazione ufficiale è Pol[izeiliches] Durchgangslager Bozen (campo di
smistamento – Bolzano).
Vi vengono internate almeno 11116 persone, uomini, donne e bambini, stando ad un elenco
che pare essere stato salvato, all’epoca, prima della distruzione di ogni documento
operata dai Tedeschi prima di ritirarsi [Happacher, il Lager di Bolzano]. Altre fonti
parlano di almeno 30 mila persone transitate, di cui oltre il 90% non farà ritorno [ Pedrotti
Enrico, in Il lager di Bolzano, da “Il Cristallo” 1964-1965, Bolzano, 1997]
I detenuti del campo sono per lo più italiani, ma assai diverse appaiono le motivazioni del
loro internamento. Ci sono prigionieri (zingari ed ebrei in particolare) reclusi per la loro
etnìa, altri per motivi politici (partigiani, disertori, ostaggi, militari, ma anche oppositori
fascisti e nazisti), altri infine per motivi giuridici (prostitute, ladri…)
Almeno sette, secondo i dati riportati da Happacher, i convogli partiti da Bolzano e
diretti ai campi di sterminio al di là delle Alpi (Auschwitz/Birkenau, Mathausen,
Flossenburg, Ravensbruck). Non quantificabile il numero dei deportati nei campi di
sterminio, né di quanti vi muoiano.
Il controllo del campo è affidato alle SS, al comando del tenente Tito e del maresciallo
Haage, proveniente dal campo di Fossoli. Ai loro ordini un composito gruppo di militari
tedeschi, ucraini, sudtirolesi e italiani.
L’ organizzazione interna, ed alcuni compiti (ufficio intendenza, pulizie, infermeria) sono
solitamente delegati agli internati stessi.
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Duro il trattamento riservato ai reclusi: poco cibo, lavoro coatto (ad esempio produzione
di cuscinetti a sfera nelle gallerie del M.Virgolo), scadenti le condizioni igenico-sanitarie.
Non mancano episodi di violenza (in qualche caso spinte fino alle estreme conseguenze),
sebbene non sistematiche. Famigerato il cosiddetto blocco “celle”, dove vengono per lo
più rinchiusi Partigiani, e ove si fanno distinguere, per feroci torture e brutali assassinii,
due guardiani ucraini ed una donna tedesca, soprannominata “la tigre”.
Nonostante alcuni tentativi di mediazione del C.L.N. di Bolzano, attivo fin dalla sua prima
formazione nel portare aiuto ai deportati, e nell’ausilio durante i tentativi di fuga (circa
80) dei detenuti, solo con il ritiro dei Tedeschi a fine aprile 1945 i prigionieri
riacquistano la libertà.
Oltre al campo propriamente detto, dalle fonti consultate, risultano esserci stati alcuni
campi satelliti:
a) Bressanone
b) Campo Tures
c) Certosa (Val Senales) – inizialmente stabilito in baracche, viene in seguito spostato
nella caserma della Guardia di Finanza. Una cinquantina i reclusi, adibiti allo scarico
merci nei pressi della stazione.
d) Colle Isarco (Prato Isarco in [www.cnj.it])
e) Merano – localizzato in una caserma di Maia bassa, vi si trovano circa 400 persone,
uomini e donne, adibiti a lavori, per lo più lungo la linea ferroviaria.
f) Moso (Val Passiria)
g) Sarentino – costituito da un gruppo di baracche sulle rive del torrente Talvera
all’imbocco della val Sarentino, vi sono recluse circa 200 persone adibite a lavori di
falegnameria e manutenzione stradale. Comandante un maresciallo della
Wermacht, al comando di militari di leva del Corpo di Sicurezza Trentino e pochi
Tedeschi.
h) Vipiteno – alcuni internati vengono distaccati in una fabbrica di armi sfollata da
Cremona.
34
SCHEDA 2
CAMPI DI DETENZIONE IN VENETO
Nota: in questa scheda vengono considerati i campi utilizzati per l’internamento civile, parallelo e
soprattutto ebraico nel periodo 1943/1945 . Per i campi P.G. (Prigionieri di guerra) si rimanda
all’apposito capitolo. Elenco e notizie sono state tratte da:
a) ANTONEL Lucia, I silenzi della guerra, Ediciclo, Portogruaro (Ve), 1995
b) www.comunecastelfranco.it
c) www.dalrifugioallinganno.it
Provincia di Belluno
Fonzaso
Mel
Vo’ Vecchio
Provincia di Padova
tra Padova e Rovigo, nella villa Contarini-Venier, comune di Vò
Euganeo, in funzione dal dicembre 1943 al 17 luglio 1944. Si segnalano
almeno 47 Ebrei deportati ad Auscwitz (3 i sopravvissuti)
Provincia di Rovigo
5 campi
Monigo
Provincia di Treviso
sul finire del 1942 la locale caserma “Cadorin” viene utilizzata come
campo di concentramento per internati civili ex jugoslavi. Dure le
condizioni dei detenuti. Dopo l’8 settembre 1943 il campo cessa ogni
attività
Castelfranco Veneto
Venezia
Provincia di Venezia
la locale Casa Israelitica viene utilizzata come campo provinciale (in
massima parte per Ebrei), mentre alcune località limitrofe a Venezia
fungono da campi di transito e/o smistamento.
Provincia di Verona
Isola della Scala
Pastrengo
Verona
il campo ex PG di Pastrengo/Bussolengo risulta essere stato utilizzato
(saltuariamente?) come campo di transito e raccolta lungo la via del
Brennero. Sicuro un suo utilizzo nell’immediato dopoguerra per i militari
italiani di ritorno dalla prigionia.
si ha notizia di un campo (provinciale?) in via Pallone
Provincia di Vicenza
Albettone
Arsiero
Arzignano
Barbarano Vicentino
Bassano del Grappa
Breganze
Brendola
Castrano
Carpanè San Nazario
Cismon del Grappa
Enego
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Lastebasse
Lonigo
Lusitana
Malo
Marostica
Montebello Vicentino
Montecchio Maggiore
Noventa Vicentina
Posina
Sandrigo
Sossano
Tonezza del Cimone
nella Colonia Alpina “Umberto I” di Tonezza. Il campo viene
ufficialmente istituito il 20 dicembre 1943. Alcune decine i deportati ad
Auschwitz che non faranno più ritorno. Viene chiuso il 30 gennaio 1944.
36
SCHEDA 2
RISIERA DI SAN SABBA
Ubicazione: Trieste, zona industriale
Costituzione: 20 ottobre 1943
Stato attuale: Monumento Nazionale, i locali ospitano il Civico Museo della Risiera
Nel 1913, come riportato nell’opuscolo divulgativo del Civico Museo della Risiera di San
Sabba, da cui sono tratte le notizie seguenti, viene realizzato un grande complesso di
edifici per la pilatura del riso, da qui il nome “Risiera”. Cessata l’attività, i locali vengono
riutilizzati temporaneamente dopo l’8 settembre 1943 dalle truppe tedesche, che vi
fanno affluire militari italiani rastrellati nei dintorni. Poco tempo dopo, a Trieste si
stabilisce l’ Einsatzkommando Reinhard, che ha già operato lungo il settore orientale del
fronte (Polonia, Russia…), distinguendosi per ferocia e costanza nel catturare ed
eliminare Ebrei. Comandante reparti similari, agli ordini diretti di Himmler, è il triestino
Globocnik Odilo Lotario. La zona di Trieste è al comando di Wirth Cristian, che viene
ucciso dai Partigiani il 26.05.1944. Gli subentra Allers August Dietrich, il cui braccio
destro, Oberhauser Joseph, è il vero comandante della Risiera.
La Risiera, un vasto complesso di edifici, viene quindi utilizzato come campo di
concentramento per Ebrei, Partigiani, oppositori politici rastrellati nelle zone limitrofe,
ma anche affluiti da Italia e Jugoslavia lungo il tragitto verso i campi di concentramento
del Nord.
Le continue sevizie, le violente torture che vengono compiute dai carcerieri, e
soprattutto la creazione di un forno crematorio (fatto saltare dai Tedeschi in fuga nella
primavera del 1945) fanno della Risiera un campo di sterminio. L’unica differenza, a mero
indice statistico, tra la Risiera ed i più noti campi di sterminio del Terzo Reich
(Auschwitz, Dachau, etc.) è che il campo triestino, concepito come campo di transito,
viene utilizzato per lo più come tale, sebbene almeno 5000 degli oltre 25000 prigionieri
siano stati eliminati in loco. Le testimonianze, riscontrabili sia da fonti bibliografiche, sia
medianiche, sia raccolte dal locale Museo, forniscono un quadro completo sul tipo di
torture (spinte spesso sino alle estreme conseguenze), delle privazioni, delle esecuzioni
subite dai prigionieri nell’anno e mezzo di attività del campo.
Nel 1976 si è concluso il processo relativo ai responsabili delle atrocità commesse nella
Risiera, con la condanna all’ergastolo per Oberhauser, comandante bavarese del campo,
ed uno dei pochi ancora viventi all’epoca. Per un vuoto normativo relativo all’estradizione,
lo stesso ha potuto rimanere in Germania, libero, sino alla fine dei propri giorni, avvenuta
tre anni più tardi. Dal 1975 i locali, dichiarati Monumento Nazionale, ospitano il Civico
Museo della Risiera di San Sabba.
37
BIBLIOGRAFIA & FONTI
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ANTONEL Lucia, I silenzi della guerra, Ediciclo, Portogruaro (Venezia), 1995
ATTANASIO Sandro, Gli Italiani e la Guerra di Spagna, Mursia, Milano, 1974
AUTORI VARI, Dalla guerra fascista al campo di sterminio della Risiera, a cura A.N.P.I. Friuli-Venezia Giulia, Quaderni della
Resistenza n°2, Tricesimo,1973
AUTORI VARI, Il lager di Bolzano, da “Il Cristallo” 1964-1965, Bolzano, 1997
AUTORI VARI, Risiera di San Sabba, opuscolo edito dal Comune di Trieste, 1995
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KERSEVAN Alessandra (a cura di), I Campi di concentramento per internati jugoslavi nell’Italia fascista, atti del convegno,
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KERSEVAN Alessandra, Un campo di concentramento fascista, Kappa Vu,Udine, 2003
KOTEK Joel/RIGOULOT Pierre, Il secolo dei campi, Mondatori, 2007
PAHOR VERRI Nadja (a cura di), Oltre il filo, Comune di Gonars, Arti Grafiche Friulane
PAROLARI Giovanni, Antifascismo e lotta nella liberazione della valle del Sarca, Temi, Trento, 1975
PIRINA Marco, 1943-1945 Guerra Civile, Silentes Loquimur, Pordenone, 2003
ROCHAT Giorgio, Le guerre italiane 1935-1943, Eninaudi, Torino, 2005
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ZINGARELLI Nicola, Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, 2001
INTERNET:
www.associazioni.milano.it
www.cannibali.it
www.cnj.it
www.comunecastelfranco.it
www.dalrifugioallinganno.it
www.deportati.it
www.giuseppemarchese.it
www.lefoibe.it
www.romacivica.it
RIVISTE:
ACTA fondazione RSI – anni 2007/2009
Patria Indipendente – anni 2007/2009
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Elvio Pederzolli, classe 1976, di Riva del Garda, da anni animatore di sodalizi culturali (è vice-presidente della
locale Associazione Storica “La Renga”), è autore di alcune pubblicazioni e diversi articoli, tra cui:
a) RUPI MURATE, Edizioni Panorama, Trento, 2007 – libro storico-escursionistico sulle fortificazioni del
Vallo Alpino e della Nato nel settore nord-orientale italiano (Alpi Giulie)
b) IL MONTE DELLA LUNA, ciclostilato in proprio, 2008 – San Martino di Campi, sito archeologico di
notevole interesse, qui analizzato dal punto di vista della millenaria funzione di vedetta lungo le vie
dell’Alto Garda trentino, messo in relazione con siti similari. Realizzato per il Civico Museo di Riva del
Garda, disponibile nella Biblioteca di Trento
c) CODROIPO SENTINELLA: varco a Nord-Est, ciclostilato in proprio, 2008 - la funzione militare della
località friulana nel corso dei secoli, a guardia dei guadi sul fiume Tagliamento: dai castellieri preistorici
alle fortificazioni della Nato. Realizzato per il locale Assessorato alla cultura nel corso della rassegna
“C’era una volta…2”, disponibile nella Biblioteca Civica di Codroipo (Udine).
d) FIGLI NELLA TORMENTA, Tonelli, Riva del Garda, 2009 – militari di Riva del Garda nella Seconda
Guerra Mondiale (1935-1945): racconti degli ultimi Reduci viventi, diari di guerra, notizie dei Caduti,
elenco di militari e Partigiani (uscita prevista il 10 ottobre 2009)
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i campi di concentramento in italia