Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Lucia Mastrodomenico Solo l’amore salva Postfazione La condivisione dell’amore di Luce Irigaray Liguori Editore Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Questa opera è protetta dalla Legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni. L’utilizzo del libro elettronico costituisce accettazione dei termini e delle condizioni stabilite nel Contratto di licenza consultabile sul sito dell’Editore all’indirizzo Internet http://www.liguori.it/ebook.asp/areadownload/eBookLicenza. Tutti i diritti, in particolare quelli relativi alla traduzione, alla citazione, alla riproduzione in qualsiasi forma, all’uso delle illustrazioni, delle tabelle e del materiale software a corredo, alla trasmissione radiofonica o televisiva, alla pubblicazione e diffusione attraverso la rete Internet sono riservati. 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Serie Aggiornamenti: ——————————————————————————————————— 18 17 16 15 14 13 12 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Indice 1 Presentazione 5 Intimo 9 Conflitti 13 Passione 17 L’osservanza 21 Gli anni ’70 e Napoli 27 Il progetto 37 Care amiche 39 La libertà nell’emancipazione 47 Ricette di solidarietà 51 Pedagogia e differenza sessuale 61 Etica e salute 67 Solo l’amore salva 73 Nutrimento (inedito) 77 Dogville (inedito) 85 Postfazione di Luce Irigaray La condivisione dell’amore Estratto distribuito da Biblet Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Presentazione L’associazione “Madrigale per Lucia – Onlus”, fin dalla sua nascita, ha preso l’impegno di diffondere gli scritti di Lucia Mastrodomenico e farla conoscere alle nuove generazioni. Per questa pubblicazione, abbiamo scelto alcuni dei suoi testi. Alcuni sono tratti dai libri da lei pubblicati, altri da riviste da lei fondate o alle quali ha collaborato, altri ancora sono inediti. Per selezionare i testi da pubblicare, abbiamo riletto tutti gli scritti di Lucia (testi giornalistici, di politica, di teoria) raccolti dall’associazione in questi anni. Ci siamo rese conto che, nella diversità degli argomenti di volta in volta trattati, e nella diversità dei tempi vissuti, è rintracciabile in essi il nucleo del pensiero politico/filosofico di Lucia. Nella selezione, abbiamo provato a fornirne alcune tracce. Il primo testo, “Intimo”, è del 1987 e fu pubblicato sulla rivista «NdR» con la quale, proprio quell’anno, Lucia e l’associazione “Lo Specchio di Alice” cominciarono una collaborazione. All’associazione Lucia aderì nel 1987. Ne facevano parte Giovanna Borrello, Luisa Cavaliere, Rosetta D’Amelio, Sandra Macci, Paola Pierobon, Valeria Spagnuolo, Monica Tavernini, Franca Troisi. “Intimo” è una interrogazione sul corpo, e sulla dialettica corpo/immagine, un tema sul quale Lucia già precedentemente aveva lavorato con Lina Mangiacapre insieme al gruppo delle “Nemesiache”. Su questo, e su altri argomenti, è il Seminario del 1987 dal titolo “Io – lo specchio – l’altra”. Agli anni 1989 e 1990 risalgono i tre articoli pubblicati su «Madrigale», il trimestrale di politica e cultura delle donne da lei fondato nel 1988. Della redazione facevano parte Anna Avitabile, Giovanna Borrello, Luisa Cavaliere, Pina Coppola, Maria Teresa Iarrobino, Sandra Macci, Mariuccia Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 2 Presentazione Masala, Cinzia Mastrodomenico, Patrizia Melluso, Anna Nappo, Nadia Nappo, Angela Putino, Livia Riccio. La rivista «Madrigale» è stata uno spazio o, meglio, un “luogo di lavoro” in cui “donne del Sud”, attraversando la propria esperienza e grazie alla riflessione con le altre, hanno cercato di trasformare in pratica politica i temi della teoria elaborati dal femminismo: la libertà e la politica delle donne, il partire da sé, la mediazione femminile, la relazione tra donne, il separatismo, l’autorità femminile, l’affidamento. Sono, questi, i temi del femminismo degli anni Ottanta (il “Sottosopra verde” della Libreria delle donne di Milano è del 1983), temi molto diversi da quelli che avevano caratterizzato il femminismo del decennio precedente. Gli anni Settanta, Lucia li ripercorre con il libro Gli anni ’70 e Napoli, del 1993, pubblicato da “Magistra”, la casa editrice da lei fondata. Si tratta di diciassette interviste a esponenti della cultura che raccontano le esperienze di cui sono stati protagonisti in quegli anni, dal movimento della non violenza alla cooperazione con i paesi in via di sviluppo, dal teatro d’avanguardia al cinema delle donne, al femminismo napoletano. Defilé, di cui pubblichiamo due capitoli, è il titolo del libro che, nel 1999, racconta l’esperienza di un corso di formazione con venti immigrate extracomunitarie promosso dalla comunità di Capodarco. In questi testi, Lucia fa una riflessione sul problema più generale dell’integrazione – tema che ritorna nella recensione (inedita) al film di Lars von Trier, Dogville – e sulla capacità delle donne, a qualsiasi razza e cultura appartengano, di creare relazione. Da componente della Commissione Regionale per le Pari Opportunità della Campania, sottocommissione Cultura, nel 2003 Lucia promuove, in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi filosofici, il convegno “La libertà nell’emancipazione”. L’obiettivo è il confronto tra la politica femminile emancipazionista orientata alla parità e quella basata sul riconoscimento della differenza sessuale. Estratto della pubblicazione Presentazione 3 Sempre all’esperienza nella Commissione Pari Opportunità fa riferimento il testo “Ricette di solidarietà”, di cui pubblichiamo la prefazione e l’introduzione scritte da Lucia. È un opuscolo pensato come contributo di solidarietà per le popolazioni colpite dallo tsunami nell’Oceano Indiano del 2004. L’interrogativo, se fare un ricettario di cucina sia un gesto simbolicamente debole oppure no, attraversa questo scritto: la risposta di Lucia, e delle altre, è no, non si tratta di un gesto debole perché rimanda alla capacità di governo delle donne. Sul significato del nutrimento è anche la piccola lettera (inedita) ai genitori dei bambini partecipanti al corso di cucina organizzato nell’anno scolastico 2002-2003 presso la scuola dell’infanzia “Lo Cunto de li Cunti”. “La pedagogia della differenza” e “Etica e salute”, entrambi del 2006, sono incentrati sulla valenza universale della differenza sessuale e riprendono i ragionamenti di Lucia sul corpo e sulla vita. L’ultimo scritto di questa raccolta, a parte gli inediti, è “Solo l’amore salva” che dà il titolo anche al libro. Fu pubblicato sulla rivista online «Adateoriafemminista» nel gennaio del 2007, quando Lucia e, dopo appena sedici giorni, anche Angela Putino, ci avevano già lasciate. La rivista «Adateoriafemminista» Lucia e Angela l’avevano voluta per “precisare punti di avvistamento nelle teorie femministe” e “individuare punti di leva teorici con cui pensare la situazione attuale – quel mondo dove ci sono tutti, donne e uomini, pensare ciò che accade e non solo fermarsi a capirne il funzionamento”. “Solo l’amore salva” conclude questa raccolta anche perché l’amore è il tema della conferenza di Luce Irigaray in postfazione. Crediamo, noi che abbiamo fatto questa lunga traversata insieme a Lucia, di avere un debito di riconoscenza nei suoi confronti che forse non si esaurirà mai. Ma proveremo a lavorare in questo senso in futuro. Una “restituzione” alla memoria in grado, lo speriamo, di raccontare il valore simbolico che Lucia ha avuto e continua ad avere nell’esiEstratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 4 Presentazione stenza di ognuna di noi e la volontà che questo valore non sia patrimonio di alcune ma sia conosciuto e condiviso da altre/i. Lucia si è spesa per affermare con forza che la vita è un dono intriso di relazioni, desideri, gesti, appartenenze. Di ciò, e ne siamo testimoni, è stata un’interprete autentica. Vogliamo ringraziare Luce Irigaray per averci affidato il testo “La condivisione dell’amore” che conclude questo volume. Da molto tempo Luce Irigaray e Lucia Mastrodomenico si conoscevano. L’incarico culturale di Lucia presso la Commissione Pari Opportunità della Regione Campania le aveva permesso di invitare Luce Irigaray nel 2005 per parlare all’Istituto Italiano di Studi Filosofici del suo impegno nelle scuole delle Regioni Emilia Romagna e Lombardia. Questo lavoro mirava ad educare i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze a condividere nel rispetto delle mutue differenze, un progetto che Lucia aveva anche a cuore. Il testo della conferenza tenuta da Luce Irigaray in quella occasione, “Imparare ad amare”, è ripreso nel suo libro Oltre i propri confini ed è seguito da un dialogo in cui Lucia e Luce continuano a discorrere sullo stesso argomento. Il libro è uscito nell’autunno 2007. Invitata a presentarlo a Napoli, Luce Irigaray ha desiderato fare di questa presentazione un omaggio a Lucia, svolgendo ancora il tema dell’amore su cui avevano lavorato insieme e che corrispondeva per loro ad un ideale che si sforzavano di praticare e di trasmettere. Per l’associazione “Madrigale per Lucia – Onlus” Cinzia Mastrodomenico Patrizia Melluso Anna Nappo Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Intimo* Come per istinto cerco di trattenere tra le mie mani il significato originario del mondo, come da bambina tenevo strette tra le dita carte colorate di caramelle consumate con avidità. Tengo nel palmo della mano la testa della mia bambola preferita, mentre il braccio teso, ruotando, sferza l’aria; il mio corpo gira su se stesso, guidato dal movimento dei piedi nudi e dalla testa riversa ora su una spalla, ora sull’altra. La mia natura mi porta a pensarmi “una cosa” nel mondo, nascosta a me stessa, cosa con un cuore che batte, nascosto tra gli altri, tanti oggetti del mondo. Alle mie spalle, ai lati, sopra, le sagome che affollano il mondo emanano suoni di organi divelti dal tempo, sagome di ieri e di oggi, che non chiedono a me la legittimazione della loro esistenza. Sembrano dire: noi esistiamo. Siamo qui, la nostra presenza non è un enigma. Ma che significato ha questo mondo per me e le sue presenze che riconosco? Come per istinto cerco di trattenere tra le mie mani il significato originario del mondo, come da bambina tenevo strette tra le dita carte colorate di caramelle consumate con avidità. Io sono viva. Sono io che voglio capire-sentire, sono donna con la mia anima inestesa ed il mio corpo esteso, vivo le esperienze, le sensazioni di tutti gli organi del mio corpo: un corpo dalle forme dolci, che si muove, sente nello spazio e nel tempo, nell’oblio, nella memoria, nell’attesa, nell’anticipazione, nell’immaginazione, nella previsione. Sento nel mio corpo i suoi organi. Il mio cuore che, nel tentativo di memorizzare questa vita in musica, spesso sento come meccanico, rigido, amplificato fino allo stordimento, a volte senza sussurri né sospiri, pri* In «NdR – Informazione&cultura – Trimestrale» a. III, gennaio 1987. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 6 Solo l’amore salva gioniero come l’aria che respiro di uno spirito progressivo, emancipatorio, metropolitano, maschile. Poi scopro le cose del mondo, gli altri-e, il significato che hanno per me. Scopro il mondo che continuamente si rivela ai miei occhi. Nell’incontro, nelle relazioni, distinguo la differenza, mi accorgo della donna, dell’altra donna, spesso dei nostri linguaggi senza parole, di un’attesa senza tempo. I nostri progetti non tolgono alle nostre esperienze la corporeità. Abbiamo impresso un significato alla carne. Nel corpo, nei suoi significati, riconoscibile vive il nostro eros. Nei corpi delle donne di un tempo si vedono palpebre pesanti di buio; era rivelato in una pellicola in bianco e nero il mistero delle ombre nascoste; nei lumi ad olio lei, attraverso il solito specchio, scopriva i suoi fianchi mai troppo visti né toccati; sulla carne bianca che non conobbe sole ed occhi di piacere, i segni di un inappagato amore. Questi misteri, le smanie, ritornano alla mia memoria come un passato di donna che mi appartiene troppo da vicino. Io, oggi, con il rosso coloro gli zigomi, di nero segno gli occhi, di un moderno maquillage mi vesto, spesso parure di artifici per la stessa conquista di uno specchio che metta a fuoco l’immagine, la forza significante di un corpo di donna. Uno specchio in cui imprimere la forza delle nostre idee, attraverso la carne di cui, fedele, pur coglie i mutamenti. Per ogni donna conoscere significa farlo col corpo, abbiamo un non realizzato comune, un’immagine, un’idea, una speranza, un avvenire significativo da esplicitare. Le forme mature del mio corpo, scarna la schiena, facile contare le vertebre, sottili le braccia, lungo il collo, pube nato di maggio, il mio. Questo corpo che imparo a conoscere soffre di solitudine, cerca di ritrovarsi-perdersi nella voragine del desiderio, forse come solo le donne sanno fare, possedendo il mistero mortale di una voluttà ricamata col sorriso, mentre le pupille la malinconia tradiscono. La malinconia che accompagna l’impossibilità di urlare parole altre, significati senza rimandi. Intimo 7 I nostri incontri inventano progetti, un immaginario che prevede più l’errore che i tempi di realizzazione delle attese non confermate. La realtà delle nostre vite si realizza all’interno dell’immaginazione come limite. L’immaginario lo inventiamo per dar corpo a ciò che manca, ciò che non è più, ciò che non è ancora; tutto questo, ridotto ad essere, è la verità, verità che nelle forme dei nostri corpi vive già nell’impulso, nella tensione. Esiste una realtà che non si sposa con la verità dell’eros a cui quasi sempre siamo ridotti, la carne che diventa merce di scambio, senza conoscenza del piacere, l’uno senza il rispetto del due, consumo senza attesa. È necessario muoversi fuori da certezze già date, inventare, immaginare altre possibilità che comprendano di più le forme del nostro corpo e delle nostre idee. Un segno femminile è la bellezza, oggi non diviso dalla capace intelligenza, non bisogna rinunciarci, va messa anzi al riparo dall’aggressione di un desiderio non nostro. La violenza non appartiene alla storia del nostro corpo, vissuta, segna i profondi solchi dell’invecchiamento. La continuità dell’esistenza è spezzata da pause i cui solchi si imprimono nel continuo mutare dei corpi. In queste pause, i solchi saranno la vita, l’amore, i parti, i pesi, il piacere che stento a capire, a riconoscere. Sospensioni, eventi, tutto questo ad un ritmo naturale. Ancora dedita ai giochi quando comparve il gonfiore dei seni, il colore purpureo del primo mestruo e poi, forse, le “mancanze” per la prima attesa, la menopausa dopo. Il corpo in armonia con la natura lievita col tempo e trova in sé il vicino, il lontano, il passato, il presente, il futuro. Le pause hanno dentro la continuità e la ripresa, la possibilità di ricordare le origini, ricordare il mistero che racchiude la vita intrauterina. Il corpo sa più di quello che io possa conoscere, la carne ricorda cose che io non potrò mai ricordare, su di essa è visibile ogni cosa, compresa la sua grande fragilità. In questi corpi ci sono sospiri e silenzi capaci di costruire diEstratto della pubblicazione 8 Solo l’amore salva segni che non ci vedano sole, l’originalità sarà data dalla irripetibilità della propria vita, che vive una sola volta in quell’unico corpo. Questo corpo di donna, che immagino raccolto, con il respiro e il battito del cuore che trattiene vibrazioni/emozioni. Viva, sono viva, ascolto senza parlare, sento senza toccare, vivo col tempo di un tempo, nel tempo che tempo non ha, in un tempo che tempo non è. Ma so che oggi amarsi non è più sacrilegio, forse per lei ancora trasgressione consapevole, so che amarsi significa amare, scegliersi, giocare con le mani, con le ossa del corpo, amarsi è più che conoscersi. Eppure questo amore così conosciuto, così inflazionato, ripercorre linguaggi senza parole. Questi corpi che lievitano nella carezza restituiscono contorni, le mani si riempiono e si svuotano delle forme precise della carne, percorrono curve, incavi, dicono l’unica possibilità del toccare, del sentire dei corpi, che vivono “l’ancòra” possibile dell’abbandono. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Conflitti * Si presenta finalmente la possibilità per ognuna di noi di una nudità che è un ritornare all’origine per vestirci di ciò che noi scegliamo per “esserci”. Ci proponiamo di indagare e recintare lo spazio generato dal senso di due parole, libertà e politica, nelle quali ci siamo imbattute nell’esperienza de “Lo specchio di Alice”. Lo faremo con altre che con noi costruiranno l’itinerario di «Madrigale» e con le quali condividiamo l’urgenza di una problematizzazione delle implicazioni di quel binomio. Una problematizzazione che manterremo saldamente radicata nelle risorse di conoscenza e di analisi della realtà accumulate da alcune donne soprattutto in questi ultimi dieci anni. Non pensiamo ad una sede di confronto alla quale tutte possano accedere e che “sospende” l’urgenza di definire criteri di giudizio sulle diversità e le radicali contrapposizioni che tra le nostre molteplici pratiche si determinano. Di sedi così (seminari, convegni, riviste, dibattiti) ce ne sono tante da renderne superflua un’altra. Noi vogliamo e pensiamo ad un luogo in cui, incessantemente, la pratica che ci lega si mostra e nel quale si indaga la possibilità (come per altre pratiche con cui scegliamo di relazionarci) di una “teoria politica” e di un “sistema normativo” che disciplini anche l’inevitabile insorgenza di conflitti senza che essi si trasformino inesorabilmente in occasioni di distruzione e di negazione. Uno sguardo al nostro “mondo comune” (espressione questa assai ambigua che usiamo con molteplici precauzioni) ci restituisce l’immagine di una “sregolatezza” che depoten* In «Madrigale – Trimestrale di Politica e Cultura delle donne», a. I, n. 1, gennaio/marzo 1989. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 10 Solo l’amore salva zia, quando addirittura non compromette, la possibilità di produrre forza per noi. L’uso indiscriminato, per esempio, di alcune parole appiccicate a modalità contrastanti allude ad un pericoloso momento di confusione. Avvertiamo forte il bisogno di occasioni per esplicitare più ciò che ci divide che ciò che ci accomuna. Un bisogno probabilmente “impolitico” ma che ci appare pregiudiziale alla possibilità di pervenire ad autonomi giudizi di valore. Laddove per autonomi giudizi intendiamo liberi da metri a noi estranei. Sul piano della rappresentazione (che è cosa assai diversa dalla realtà dei rapporti di forza) le donne non sono state mai tanto presenti nel nostro Paese come oggi. È un risultato che non sottovalutiamo e che in gran parte accreditiamo al nostro impegno comune. Ma è solo un’immagine, una rappresentazione, che se può efficacemente indicare una forse avvenuta emancipazione, può, però, perversamente servire ad intralciare, ad impedire percorsi di autentica libertà. Nello spazio tra ciò che è intorno a noi e ciò che vorremmo che fosse (quindi nell’analisi delle condizioni delle nostre esistenze e nella possibilità di intervenire per modificare e per esprimere i nostri desideri) si determina il luogo della nostra libertà. Una libertà che non è più, come nel passato è stato, “immaginazione”, “desiderio censurato”, “fuga dalla realtà”, “uso della metafora” come occultamento del silenzio, ma evento che produce parole, progetti consapevoli. Una libertà che non è immediatamente individuale (non si esaurisce nelle singole esperienze) dato che si genera come effetto potente della scelta di una “mediazione femminile”. Come effetto, cioè, di quel consapevole sottrarsi agli stereotipi in cui siamo costrette, di quel porci reciprocamente come fonte della determinazione dei criteri e delle regole per “stare al mondo”. Un reciproco rapportarci che non elimina ma, anzi, accentua lo spazio per la responsabilità di ognuna. Non una Estratto distribuito da Biblet Intimo 11 responsabilità astratta, o che si rifà a criteri etici non esplicitati o a vincoli “metafisici”, ma una responsabilità duplice perché “interna” alla relazione stessa ed “esterna” (confrontata sui “vantaggi” che la relazione stessa determina). L’assunzione della mediazione femminile e della relazione non ci esonera dall’urgenza di pervenire ad un “lessico politico”, a statuti normativi che facciano da discrimine per “alleanze” o “inimicizie” a meno di non voler tornare ad un vecchio e pericolosissimo assunto (tra l’altro ancora molto ricorrente e che si condensa in frasi come “le donne sono migliori”, “le donne sono portatrici di valori alternativi” e sciocchezze simili) secondo il quale l’essere donna sarebbe un valore in sé. Un assunto che riteniamo pericoloso perché può legittimare tutti i progetti solo perché “femminili” e che non consente il decifrare nelle singole “azioni” a quali modelli ci si rifà, a quali criteri di giudizio si risale, a quale “autorità” ci si rimette. Certamente nella relazione (che è una modalità politica, una forma per “segnare” con la nostra presenza e che ci sottrae all’altrimenti inesorabile destino di ostaggi) permangono spazi che non possono essere “traducibili” e sono i margini nei quali più alto è il rischio della neutralizzazione della mediazione femminile. È il caso dell’affettivo, dell’estetico, del patico, del bisogno di trascendenza. Si tratta di territori che non vengono giocati esplicitamente o, se lo sono, lo sono senza regole. Anche a questi spazi finora “occulti” bisogna tentare di dare politicità, riattraversando le categorie che li informano. Si presenta finalmente la possibilità per ognuna di noi di una nudità che è un ritornare all’origine per vestirci di ciò che noi scegliamo per “esserci”. La grande ricchezza di elaborazione teorica e di pratiche che abbiamo prodotto negli ultimi anni è sottoposta al terribile rischio di essere tradotta nel simbolico sociale, e non Estratto distribuito da Biblet 12 Solo l’amore salva da noi, e questo la espone ad un incessante svuotamento che si sottrae al nostro controllo. Assumere, come pure si fa, la differenza in una modalità che esiste ed è così proprio perché la occulta, significa vanificarla servendosi della complicità di alcune donne. L’irriducibilità della differenza non significa solo estraneità. Il fatto che siamo apolidi e quindi rifiutiamo “cittadinanze” formali non ci porta ad un’insignificante lontananza (che dilaterebbe gli spazi della colonizzazione) ma ad un conflitto incessantemente diretto a svelare il rapporto di forza che è celato in ogni “diritto” concesso (o strappato). Questo lavoro punta ad una vivacità anche polemica delle proposte, a “messaggi” tesi non al consumo ed al consenso, bensì all’austerità ed al dissenso. Ciò che ci anima è la ragione pratica. L’esito dell’iniziativa avrà prestigio se questo non sarà valutabile né in termini di “successo” né in termini di “spettacolarizzazione”. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet Passione* La confidenza con il mondo non ci è più tanto difficile. La realtà è un teatro sociale nel quale è necessario sapersi muovere. Alle nostre vite non appartiene, non è connaturale, il senso del dovere, tanto meno quel senso di moralità illusorio, apparentemente comprensivo del bene condiviso. La legalità è l’espressione di una volontà che mal si accorda con il piacere vitale, tipico delle donne e in generale degli abitanti dei luoghi di mare. Siamo abituate a non far buon uso del nostro talento, lo sappiamo, (non senza semplificare) sappiamo anche che la differenza nella costruzione di un lavoro per noi non è di metodo, ma di passione. Si arrugginiscono capacità produttive, ma non si dà spazio alla ripetizione e alla noia. La passione ci fa forgiare “il nostro destino” guardando più in alto, meno in avanti, a un futuro che promette ipotetiche felicità che passano attraverso duri divieti e inaccettabili sofferenze. La passione lavora per avere ragione di stupirci ancora della nostra comune esperienza. E la nostra esperienza dice fin qui che se si intende far mondo, si deve anche essere infedeli al passato, le conquiste accumulano eredità nel presente solo se non si resta vittime di vincoli che, tramite la memoria, ci legano al passato. Occorre guardare al presente, attente a ogni spiraglio che si apre nel movimento del pensiero e del mondo. La nostra esperienza dice ancora: nessuna sintesi dialet* Editoriale in «Madrigale – Trimestrale di Politica e Cultura delle donne», a. I, n. 4, novembre/gennaio 1989/1990. Estratto della pubblicazione Estratto distribuito da Biblet 14 Solo l’amore salva tica, né magica risoluzione dei conflitti, nessuna arte della conciliazione, lavoriamo con intelligenza ed attenzione nei confronti della cultura che elaboriamo. Il nostro sapere acquisisce autorità, che riconosciuta diventa autorità di pensiero, di parola, di azione. Dare autorità ad una donna, nominarla, non è fatto naturale, oggi è un prodotto della storia delle donne. Eppure, esercitare autorità non sempre ci esonera dal far nascere cattive competizioni, ragione di questo è che l’autorità è ancora troppo legata a forme di egemonia. L’egemonia, infatti, fonda la sua certezza sulla supremazia del discorso, del sapere e del potere neutro che si alimenta di volta in volta o di cinica forza o di fiacca debolezza. Nella nostra pratica, invece, essa diventa sempre più un esercizio di competenza, l’autorità stabilisce la possibilità di una competizione, in cui nessuna occupa lo spazio dell’altra; fa da guida “l’unione in un solo pensiero di pensieri che pensano separatamente”. Queste nostre esistenze mettono in gioco la gioia di lavorare alla costruzione, passo dopo passo, della libertà femminile. La confidenza con il mondo non ci è più tanto difficile. La realtà è un teatro sociale nel quale è necessario sapersi muovere. Guardiamo alla scena politica. Qui cresce l’obbligo di una mediazione, anzi di una conciliazione, tutta giocata all’occultamento dell’unica rappresentazione possibile: quella oscena. L’attualità di questa sta nel non rischiare fino in fondo, nel non varcare i limiti, si rimane tutt’al più lungo il bordo (bordo può significare restare nell’uso consentito dei termini di cui ci serviamo, il proprio viene lasciato nell’ambivalenza di un campo semantico che soddisfa anche l’altro). Ecco perché i peccatori convinti sono sempre più rari. Ci si alimenta del peccato per poi bussare a confessionali di varie chiese. La politica – così com’è – si alimenta di scandali, di Estratto della pubblicazione