Estratto distribuito da Biblet
Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
Lucia Mastrodomenico
Solo l’amore salva
Postfazione
La condivisione dell’amore
di
Luce Irigaray
Liguori Editore
Estratto della pubblicazione
Estratto distribuito da Biblet
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© 2012 by Liguori Editore, S.r.l.
Tutti i diritti sono riservati
Prima edizione italiana Aprile 2012
Mastrodomenico, Lucia :
Solo l’amore salva/Lucia Mastrodomenico
Script, Studi di genere
Napoli : Liguori, 2012
ISBN-13 978 - 88 - 207 - 5576 - 8
1. Pensiero della differenza, donne 2. Politica, femminismo, Napoli I. Titolo
II. Collana III. Serie
Aggiornamenti:
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Indice
1
Presentazione
5
Intimo
9
Conflitti
13
Passione
17
L’osservanza
21
Gli anni ’70 e Napoli
27
Il progetto
37
Care amiche
39
La libertà nell’emancipazione
47
Ricette di solidarietà
51
Pedagogia e differenza sessuale
61
Etica e salute
67
Solo l’amore salva
73
Nutrimento (inedito)
77
Dogville (inedito)
85
Postfazione di Luce Irigaray
La condivisione dell’amore
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Presentazione
L’associazione “Madrigale per Lucia – Onlus”, fin dalla
sua nascita, ha preso l’impegno di diffondere gli scritti di
Lucia Mastrodomenico e farla conoscere alle nuove generazioni.
Per questa pubblicazione, abbiamo scelto alcuni dei suoi
testi. Alcuni sono tratti dai libri da lei pubblicati, altri da
riviste da lei fondate o alle quali ha collaborato, altri ancora
sono inediti.
Per selezionare i testi da pubblicare, abbiamo riletto tutti
gli scritti di Lucia (testi giornalistici, di politica, di teoria)
raccolti dall’associazione in questi anni. Ci siamo rese conto
che, nella diversità degli argomenti di volta in volta trattati,
e nella diversità dei tempi vissuti, è rintracciabile in essi il
nucleo del pensiero politico/filosofico di Lucia. Nella selezione, abbiamo provato a fornirne alcune tracce.
Il primo testo, “Intimo”, è del 1987 e fu pubblicato
sulla rivista «NdR» con la quale, proprio quell’anno, Lucia
e l’associazione “Lo Specchio di Alice” cominciarono una
collaborazione. All’associazione Lucia aderì nel 1987. Ne
facevano parte Giovanna Borrello, Luisa Cavaliere, Rosetta D’Amelio, Sandra Macci, Paola Pierobon, Valeria Spagnuolo, Monica Tavernini, Franca Troisi. “Intimo” è una
interrogazione sul corpo, e sulla dialettica corpo/immagine,
un tema sul quale Lucia già precedentemente aveva lavorato
con Lina Mangiacapre insieme al gruppo delle “Nemesiache”. Su questo, e su altri argomenti, è il Seminario del
1987 dal titolo “Io – lo specchio – l’altra”.
Agli anni 1989 e 1990 risalgono i tre articoli pubblicati
su «Madrigale», il trimestrale di politica e cultura delle donne da lei fondato nel 1988. Della redazione facevano parte
Anna Avitabile, Giovanna Borrello, Luisa Cavaliere, Pina
Coppola, Maria Teresa Iarrobino, Sandra Macci, Mariuccia
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2
Presentazione
Masala, Cinzia Mastrodomenico, Patrizia Melluso, Anna
Nappo, Nadia Nappo, Angela Putino, Livia Riccio. La rivista «Madrigale» è stata uno spazio o, meglio, un “luogo
di lavoro” in cui “donne del Sud”, attraversando la propria
esperienza e grazie alla riflessione con le altre, hanno cercato
di trasformare in pratica politica i temi della teoria elaborati
dal femminismo: la libertà e la politica delle donne, il partire
da sé, la mediazione femminile, la relazione tra donne, il separatismo, l’autorità femminile, l’affidamento. Sono, questi,
i temi del femminismo degli anni Ottanta (il “Sottosopra
verde” della Libreria delle donne di Milano è del 1983),
temi molto diversi da quelli che avevano caratterizzato il
femminismo del decennio precedente.
Gli anni Settanta, Lucia li ripercorre con il libro Gli
anni ’70 e Napoli, del 1993, pubblicato da “Magistra”, la
casa editrice da lei fondata. Si tratta di diciassette interviste
a esponenti della cultura che raccontano le esperienze di
cui sono stati protagonisti in quegli anni, dal movimento
della non violenza alla cooperazione con i paesi in via di
sviluppo, dal teatro d’avanguardia al cinema delle donne,
al femminismo napoletano.
Defilé, di cui pubblichiamo due capitoli, è il titolo del
libro che, nel 1999, racconta l’esperienza di un corso di
formazione con venti immigrate extracomunitarie promosso dalla comunità di Capodarco. In questi testi, Lucia fa
una riflessione sul problema più generale dell’integrazione
– tema che ritorna nella recensione (inedita) al film di Lars
von Trier, Dogville – e sulla capacità delle donne, a qualsiasi
razza e cultura appartengano, di creare relazione.
Da componente della Commissione Regionale per le
Pari Opportunità della Campania, sottocommissione Cultura, nel 2003 Lucia promuove, in collaborazione con
l’Istituto Italiano per gli Studi filosofici, il convegno “La
libertà nell’emancipazione”. L’obiettivo è il confronto tra
la politica femminile emancipazionista orientata alla parità
e quella basata sul riconoscimento della differenza sessuale.
Estratto della pubblicazione
Presentazione
3
Sempre all’esperienza nella Commissione Pari Opportunità
fa riferimento il testo “Ricette di solidarietà”, di cui pubblichiamo la prefazione e l’introduzione scritte da Lucia. È
un opuscolo pensato come contributo di solidarietà per le
popolazioni colpite dallo tsunami nell’Oceano Indiano del
2004. L’interrogativo, se fare un ricettario di cucina sia un
gesto simbolicamente debole oppure no, attraversa questo
scritto: la risposta di Lucia, e delle altre, è no, non si tratta
di un gesto debole perché rimanda alla capacità di governo
delle donne. Sul significato del nutrimento è anche la piccola
lettera (inedita) ai genitori dei bambini partecipanti al corso
di cucina organizzato nell’anno scolastico 2002-2003 presso
la scuola dell’infanzia “Lo Cunto de li Cunti”.
“La pedagogia della differenza” e “Etica e salute”, entrambi del 2006, sono incentrati sulla valenza universale della differenza sessuale e riprendono i ragionamenti di Lucia
sul corpo e sulla vita.
L’ultimo scritto di questa raccolta, a parte gli inediti,
è “Solo l’amore salva” che dà il titolo anche al libro. Fu
pubblicato sulla rivista online «Adateoriafemminista» nel
gennaio del 2007, quando Lucia e, dopo appena sedici giorni, anche Angela Putino, ci avevano già lasciate. La rivista
«Adateoriafemminista» Lucia e Angela l’avevano voluta per
“precisare punti di avvistamento nelle teorie femministe”
e “individuare punti di leva teorici con cui pensare la situazione attuale – quel mondo dove ci sono tutti, donne e
uomini, pensare ciò che accade e non solo fermarsi a capirne
il funzionamento”. “Solo l’amore salva” conclude questa
raccolta anche perché l’amore è il tema della conferenza di
Luce Irigaray in postfazione.
Crediamo, noi che abbiamo fatto questa lunga traversata insieme a Lucia, di avere un debito di riconoscenza nei
suoi confronti che forse non si esaurirà mai. Ma proveremo
a lavorare in questo senso in futuro. Una “restituzione”
alla memoria in grado, lo speriamo, di raccontare il valore
simbolico che Lucia ha avuto e continua ad avere nell’esiEstratto della pubblicazione
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4
Presentazione
stenza di ognuna di noi e la volontà che questo valore non
sia patrimonio di alcune ma sia conosciuto e condiviso da
altre/i.
Lucia si è spesa per affermare con forza che la vita è un
dono intriso di relazioni, desideri, gesti, appartenenze. Di
ciò, e ne siamo testimoni, è stata un’interprete autentica.
Vogliamo ringraziare Luce Irigaray per averci affidato
il testo “La condivisione dell’amore” che conclude questo
volume. Da molto tempo Luce Irigaray e Lucia Mastrodomenico si conoscevano. L’incarico culturale di Lucia presso
la Commissione Pari Opportunità della Regione Campania
le aveva permesso di invitare Luce Irigaray nel 2005 per parlare all’Istituto Italiano di Studi Filosofici del suo impegno
nelle scuole delle Regioni Emilia Romagna e Lombardia.
Questo lavoro mirava ad educare i bambini e le bambine, i
ragazzi e le ragazze a condividere nel rispetto delle mutue
differenze, un progetto che Lucia aveva anche a cuore. Il
testo della conferenza tenuta da Luce Irigaray in quella occasione, “Imparare ad amare”, è ripreso nel suo libro Oltre i
propri confini ed è seguito da un dialogo in cui Lucia e Luce
continuano a discorrere sullo stesso argomento. Il libro è
uscito nell’autunno 2007. Invitata a presentarlo a Napoli,
Luce Irigaray ha desiderato fare di questa presentazione un
omaggio a Lucia, svolgendo ancora il tema dell’amore su cui
avevano lavorato insieme e che corrispondeva per loro ad un
ideale che si sforzavano di praticare e di trasmettere.
Per l’associazione “Madrigale per Lucia – Onlus”
Cinzia Mastrodomenico
Patrizia Melluso
Anna Nappo
Estratto della pubblicazione
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Intimo*
Come per istinto cerco di trattenere tra le mie mani il significato
originario del mondo, come da bambina tenevo strette tra le dita
carte colorate di caramelle consumate con avidità.
Tengo nel palmo della mano la testa della mia bambola
preferita, mentre il braccio teso, ruotando, sferza l’aria; il
mio corpo gira su se stesso, guidato dal movimento dei piedi
nudi e dalla testa riversa ora su una spalla, ora sull’altra.
La mia natura mi porta a pensarmi “una cosa” nel mondo,
nascosta a me stessa, cosa con un cuore che batte, nascosto
tra gli altri, tanti oggetti del mondo. Alle mie spalle, ai lati,
sopra, le sagome che affollano il mondo emanano suoni di
organi divelti dal tempo, sagome di ieri e di oggi, che non
chiedono a me la legittimazione della loro esistenza. Sembrano dire: noi esistiamo. Siamo qui, la nostra presenza non
è un enigma.
Ma che significato ha questo mondo per me e le sue
presenze che riconosco? Come per istinto cerco di trattenere
tra le mie mani il significato originario del mondo, come da
bambina tenevo strette tra le dita carte colorate di caramelle
consumate con avidità. Io sono viva. Sono io che voglio
capire-sentire, sono donna con la mia anima inestesa ed il
mio corpo esteso, vivo le esperienze, le sensazioni di tutti
gli organi del mio corpo: un corpo dalle forme dolci, che
si muove, sente nello spazio e nel tempo, nell’oblio, nella
memoria, nell’attesa, nell’anticipazione, nell’immaginazione, nella previsione. Sento nel mio corpo i suoi organi. Il
mio cuore che, nel tentativo di memorizzare questa vita in
musica, spesso sento come meccanico, rigido, amplificato
fino allo stordimento, a volte senza sussurri né sospiri, pri*
In «NdR – Informazione&cultura – Trimestrale» a. III, gennaio 1987.
Estratto della pubblicazione
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Solo l’amore salva
gioniero come l’aria che respiro di uno spirito progressivo,
emancipatorio, metropolitano, maschile.
Poi scopro le cose del mondo, gli altri-e, il significato
che hanno per me. Scopro il mondo che continuamente si
rivela ai miei occhi.
Nell’incontro, nelle relazioni, distinguo la differenza,
mi accorgo della donna, dell’altra donna, spesso dei nostri
linguaggi senza parole, di un’attesa senza tempo. I nostri
progetti non tolgono alle nostre esperienze la corporeità.
Abbiamo impresso un significato alla carne. Nel corpo, nei
suoi significati, riconoscibile vive il nostro eros.
Nei corpi delle donne di un tempo si vedono palpebre
pesanti di buio; era rivelato in una pellicola in bianco e nero
il mistero delle ombre nascoste; nei lumi ad olio lei, attraverso il solito specchio, scopriva i suoi fianchi mai troppo visti
né toccati; sulla carne bianca che non conobbe sole ed occhi
di piacere, i segni di un inappagato amore. Questi misteri,
le smanie, ritornano alla mia memoria come un passato di
donna che mi appartiene troppo da vicino.
Io, oggi, con il rosso coloro gli zigomi, di nero segno gli
occhi, di un moderno maquillage mi vesto, spesso parure di
artifici per la stessa conquista di uno specchio che metta a
fuoco l’immagine, la forza significante di un corpo di donna.
Uno specchio in cui imprimere la forza delle nostre idee,
attraverso la carne di cui, fedele, pur coglie i mutamenti. Per
ogni donna conoscere significa farlo col corpo, abbiamo un
non realizzato comune, un’immagine, un’idea, una speranza, un avvenire significativo da esplicitare. Le forme mature
del mio corpo, scarna la schiena, facile contare le vertebre,
sottili le braccia, lungo il collo, pube nato di maggio, il mio.
Questo corpo che imparo a conoscere soffre di solitudine,
cerca di ritrovarsi-perdersi nella voragine del desiderio, forse
come solo le donne sanno fare, possedendo il mistero mortale di una voluttà ricamata col sorriso, mentre le pupille la
malinconia tradiscono. La malinconia che accompagna l’impossibilità di urlare parole altre, significati senza rimandi.
Intimo
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I nostri incontri inventano progetti, un immaginario
che prevede più l’errore che i tempi di realizzazione delle
attese non confermate. La realtà delle nostre vite si realizza
all’interno dell’immaginazione come limite. L’immaginario
lo inventiamo per dar corpo a ciò che manca, ciò che non
è più, ciò che non è ancora; tutto questo, ridotto ad essere,
è la verità, verità che nelle forme dei nostri corpi vive già
nell’impulso, nella tensione. Esiste una realtà che non si
sposa con la verità dell’eros a cui quasi sempre siamo ridotti,
la carne che diventa merce di scambio, senza conoscenza
del piacere, l’uno senza il rispetto del due, consumo senza
attesa. È necessario muoversi fuori da certezze già date,
inventare, immaginare altre possibilità che comprendano di
più le forme del nostro corpo e delle nostre idee.
Un segno femminile è la bellezza, oggi non diviso dalla
capace intelligenza, non bisogna rinunciarci, va messa anzi
al riparo dall’aggressione di un desiderio non nostro.
La violenza non appartiene alla storia del nostro corpo, vissuta, segna i profondi solchi dell’invecchiamento. La
continuità dell’esistenza è spezzata da pause i cui solchi si
imprimono nel continuo mutare dei corpi. In queste pause,
i solchi saranno la vita, l’amore, i parti, i pesi, il piacere
che stento a capire, a riconoscere. Sospensioni, eventi, tutto
questo ad un ritmo naturale.
Ancora dedita ai giochi quando comparve il gonfiore
dei seni, il colore purpureo del primo mestruo e poi, forse,
le “mancanze” per la prima attesa, la menopausa dopo. Il
corpo in armonia con la natura lievita col tempo e trova in
sé il vicino, il lontano, il passato, il presente, il futuro. Le
pause hanno dentro la continuità e la ripresa, la possibilità
di ricordare le origini, ricordare il mistero che racchiude la
vita intrauterina.
Il corpo sa più di quello che io possa conoscere, la carne ricorda cose che io non potrò mai ricordare, su di essa
è visibile ogni cosa, compresa la sua grande fragilità. In
questi corpi ci sono sospiri e silenzi capaci di costruire diEstratto della pubblicazione
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Solo l’amore salva
segni che non ci vedano sole, l’originalità sarà data dalla
irripetibilità della propria vita, che vive una sola volta in
quell’unico corpo. Questo corpo di donna, che immagino
raccolto, con il respiro e il battito del cuore che trattiene
vibrazioni/emozioni. Viva, sono viva, ascolto senza parlare,
sento senza toccare, vivo col tempo di un tempo, nel tempo
che tempo non ha, in un tempo che tempo non è. Ma so
che oggi amarsi non è più sacrilegio, forse per lei ancora
trasgressione consapevole, so che amarsi significa amare,
scegliersi, giocare con le mani, con le ossa del corpo, amarsi
è più che conoscersi. Eppure questo amore così conosciuto,
così inflazionato, ripercorre linguaggi senza parole. Questi
corpi che lievitano nella carezza restituiscono contorni, le
mani si riempiono e si svuotano delle forme precise della
carne, percorrono curve, incavi, dicono l’unica possibilità
del toccare, del sentire dei corpi, che vivono “l’ancòra” possibile dell’abbandono.
Estratto della pubblicazione
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Conflitti *
Si presenta finalmente la possibilità per ognuna di noi di una
nudità che è un ritornare all’origine per vestirci di ciò che noi
scegliamo per “esserci”.
Ci proponiamo di indagare e recintare lo spazio generato dal senso di due parole, libertà e politica, nelle quali ci
siamo imbattute nell’esperienza de “Lo specchio di Alice”.
Lo faremo con altre che con noi costruiranno l’itinerario di
«Madrigale» e con le quali condividiamo l’urgenza di una
problematizzazione delle implicazioni di quel binomio. Una
problematizzazione che manterremo saldamente radicata
nelle risorse di conoscenza e di analisi della realtà accumulate da alcune donne soprattutto in questi ultimi dieci anni.
Non pensiamo ad una sede di confronto alla quale tutte
possano accedere e che “sospende” l’urgenza di definire
criteri di giudizio sulle diversità e le radicali contrapposizioni
che tra le nostre molteplici pratiche si determinano.
Di sedi così (seminari, convegni, riviste, dibattiti) ce ne
sono tante da renderne superflua un’altra.
Noi vogliamo e pensiamo ad un luogo in cui, incessantemente, la pratica che ci lega si mostra e nel quale si indaga
la possibilità (come per altre pratiche con cui scegliamo di
relazionarci) di una “teoria politica” e di un “sistema normativo” che disciplini anche l’inevitabile insorgenza di conflitti
senza che essi si trasformino inesorabilmente in occasioni di
distruzione e di negazione.
Uno sguardo al nostro “mondo comune” (espressione
questa assai ambigua che usiamo con molteplici precauzioni)
ci restituisce l’immagine di una “sregolatezza” che depoten*
In «Madrigale – Trimestrale di Politica e Cultura delle donne», a. I,
n. 1, gennaio/marzo 1989.
Estratto della pubblicazione
Estratto distribuito da Biblet
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Solo l’amore salva
zia, quando addirittura non compromette, la possibilità di
produrre forza per noi. L’uso indiscriminato, per esempio,
di alcune parole appiccicate a modalità contrastanti allude
ad un pericoloso momento di confusione.
Avvertiamo forte il bisogno di occasioni per esplicitare
più ciò che ci divide che ciò che ci accomuna. Un bisogno
probabilmente “impolitico” ma che ci appare pregiudiziale
alla possibilità di pervenire ad autonomi giudizi di valore.
Laddove per autonomi giudizi intendiamo liberi da metri
a noi estranei.
Sul piano della rappresentazione (che è cosa assai diversa dalla realtà dei rapporti di forza) le donne non sono state
mai tanto presenti nel nostro Paese come oggi.
È un risultato che non sottovalutiamo e che in gran parte
accreditiamo al nostro impegno comune. Ma è solo un’immagine, una rappresentazione, che se può efficacemente
indicare una forse avvenuta emancipazione, può, però, perversamente servire ad intralciare, ad impedire percorsi di
autentica libertà.
Nello spazio tra ciò che è intorno a noi e ciò che vorremmo che fosse (quindi nell’analisi delle condizioni delle nostre
esistenze e nella possibilità di intervenire per modificare e
per esprimere i nostri desideri) si determina il luogo della
nostra libertà. Una libertà che non è più, come nel passato è
stato, “immaginazione”, “desiderio censurato”, “fuga dalla
realtà”, “uso della metafora” come occultamento del silenzio, ma evento che produce parole, progetti consapevoli.
Una libertà che non è immediatamente individuale (non
si esaurisce nelle singole esperienze) dato che si genera come
effetto potente della scelta di una “mediazione femminile”.
Come effetto, cioè, di quel consapevole sottrarsi agli stereotipi in cui siamo costrette, di quel porci reciprocamente
come fonte della determinazione dei criteri e delle regole
per “stare al mondo”.
Un reciproco rapportarci che non elimina ma, anzi, accentua lo spazio per la responsabilità di ognuna. Non una
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Intimo
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responsabilità astratta, o che si rifà a criteri etici non esplicitati o a vincoli “metafisici”, ma una responsabilità duplice
perché “interna” alla relazione stessa ed “esterna” (confrontata sui “vantaggi” che la relazione stessa determina).
L’assunzione della mediazione femminile e della relazione non ci esonera dall’urgenza di pervenire ad un “lessico
politico”, a statuti normativi che facciano da discrimine per
“alleanze” o “inimicizie” a meno di non voler tornare ad un
vecchio e pericolosissimo assunto (tra l’altro ancora molto
ricorrente e che si condensa in frasi come “le donne sono
migliori”, “le donne sono portatrici di valori alternativi” e
sciocchezze simili) secondo il quale l’essere donna sarebbe
un valore in sé.
Un assunto che riteniamo pericoloso perché può legittimare tutti i progetti solo perché “femminili” e che non
consente il decifrare nelle singole “azioni” a quali modelli ci
si rifà, a quali criteri di giudizio si risale, a quale “autorità”
ci si rimette.
Certamente nella relazione (che è una modalità politica,
una forma per “segnare” con la nostra presenza e che ci
sottrae all’altrimenti inesorabile destino di ostaggi) permangono spazi che non possono essere “traducibili” e sono i
margini nei quali più alto è il rischio della neutralizzazione
della mediazione femminile. È il caso dell’affettivo, dell’estetico, del patico, del bisogno di trascendenza. Si tratta di
territori che non vengono giocati esplicitamente o, se lo
sono, lo sono senza regole.
Anche a questi spazi finora “occulti” bisogna tentare
di dare politicità, riattraversando le categorie che li informano.
Si presenta finalmente la possibilità per ognuna di noi
di una nudità che è un ritornare all’origine per vestirci di
ciò che noi scegliamo per “esserci”.
La grande ricchezza di elaborazione teorica e di pratiche
che abbiamo prodotto negli ultimi anni è sottoposta al terribile rischio di essere tradotta nel simbolico sociale, e non
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Solo l’amore salva
da noi, e questo la espone ad un incessante svuotamento
che si sottrae al nostro controllo. Assumere, come pure si
fa, la differenza in una modalità che esiste ed è così proprio
perché la occulta, significa vanificarla servendosi della complicità di alcune donne.
L’irriducibilità della differenza non significa solo estraneità.
Il fatto che siamo apolidi e quindi rifiutiamo “cittadinanze” formali non ci porta ad un’insignificante lontananza (che
dilaterebbe gli spazi della colonizzazione) ma ad un conflitto
incessantemente diretto a svelare il rapporto di forza che è
celato in ogni “diritto” concesso (o strappato).
Questo lavoro punta ad una vivacità anche polemica
delle proposte, a “messaggi” tesi non al consumo ed al consenso, bensì all’austerità ed al dissenso. Ciò che ci anima
è la ragione pratica. L’esito dell’iniziativa avrà prestigio se
questo non sarà valutabile né in termini di “successo” né
in termini di “spettacolarizzazione”.
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Passione*
La confidenza con il mondo non ci è più tanto difficile.
La realtà è un teatro sociale nel quale è necessario sapersi muovere.
Alle nostre vite non appartiene, non è connaturale, il
senso del dovere, tanto meno quel senso di moralità illusorio, apparentemente comprensivo del bene condiviso.
La legalità è l’espressione di una volontà che mal si accorda con il piacere vitale, tipico delle donne e in generale
degli abitanti dei luoghi di mare.
Siamo abituate a non far buon uso del nostro talento,
lo sappiamo, (non senza semplificare) sappiamo anche che
la differenza nella costruzione di un lavoro per noi non è di
metodo, ma di passione.
Si arrugginiscono capacità produttive, ma non si dà spazio alla ripetizione e alla noia.
La passione ci fa forgiare “il nostro destino” guardando
più in alto, meno in avanti, a un futuro che promette ipotetiche felicità che passano attraverso duri divieti e inaccettabili
sofferenze.
La passione lavora per avere ragione di stupirci ancora
della nostra comune esperienza. E la nostra esperienza dice
fin qui che se si intende far mondo, si deve anche essere
infedeli al passato, le conquiste accumulano eredità nel presente solo se non si resta vittime di vincoli che, tramite la
memoria, ci legano al passato.
Occorre guardare al presente, attente a ogni spiraglio
che si apre nel movimento del pensiero e del mondo.
La nostra esperienza dice ancora: nessuna sintesi dialet*
Editoriale in «Madrigale – Trimestrale di Politica e Cultura delle
donne», a. I, n. 4, novembre/gennaio 1989/1990.
Estratto della pubblicazione
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Solo l’amore salva
tica, né magica risoluzione dei conflitti, nessuna arte della
conciliazione, lavoriamo con intelligenza ed attenzione nei
confronti della cultura che elaboriamo.
Il nostro sapere acquisisce autorità, che riconosciuta diventa autorità di pensiero, di parola, di azione.
Dare autorità ad una donna, nominarla, non è fatto
naturale, oggi è un prodotto della storia delle donne.
Eppure, esercitare autorità non sempre ci esonera dal
far nascere cattive competizioni, ragione di questo è che
l’autorità è ancora troppo legata a forme di egemonia. L’egemonia, infatti, fonda la sua certezza sulla supremazia del
discorso, del sapere e del potere neutro che si alimenta di
volta in volta o di cinica forza o di fiacca debolezza. Nella
nostra pratica, invece, essa diventa sempre più un esercizio
di competenza, l’autorità stabilisce la possibilità di una competizione, in cui nessuna occupa lo spazio dell’altra; fa da
guida “l’unione in un solo pensiero di pensieri che pensano
separatamente”.
Queste nostre esistenze mettono in gioco la gioia di
lavorare alla costruzione, passo dopo passo, della libertà
femminile.
La confidenza con il mondo non ci è più tanto difficile.
La realtà è un teatro sociale nel quale è necessario sapersi muovere. Guardiamo alla scena politica. Qui cresce
l’obbligo di una mediazione, anzi di una conciliazione, tutta
giocata all’occultamento dell’unica rappresentazione possibile: quella oscena.
L’attualità di questa sta nel non rischiare fino in fondo,
nel non varcare i limiti, si rimane tutt’al più lungo il bordo
(bordo può significare restare nell’uso consentito dei termini
di cui ci serviamo, il proprio viene lasciato nell’ambivalenza
di un campo semantico che soddisfa anche l’altro).
Ecco perché i peccatori convinti sono sempre più rari.
Ci si alimenta del peccato per poi bussare a confessionali
di varie chiese.
La politica – così com’è – si alimenta di scandali, di
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