IL “GRAZIE” dei BUSSANESI
AL “SENATORE DEL REGNO D’ITALIA”
GIUSEPPE BIANCHERI
INAUGURO’ LA TOPONOMASTICA
DEL NUOVIO PAESE
Nella sua prima seduta avvenuta l’11 ottobre 1891 il Consiglio Comunale della Nuova
Bussana mise, tra l’altro, all’ordine del giorno la toponomastica del Nuovo Paese proposta,
allo scadere del proprio mandato, dal Commissario Prefettizio Annibale Berti.
Dopo una prima provvisoria lettura i consiglieri ritennero opportuno rimandare ad altra
occasione l’esame approfondito di detta proposta, riservando tuttavia l’assegnazione
immediata della Piazza principale del paese al benemerito Senatore Giuseppe Biancheri con
la seguete motivazione: «per il grande impegno, le indefesse costanti cure e l'estremo
interessamento presosi per il risorgimento, e per la prosperità della nuova Bussana, nonché
per l'affettuosa devozione addimostrata in verso di questa disgraziata popolazione».
Con la successiva sistemazione della stradario, avvenuta pochi anni dopo, in luogo della
Piazza fu assegnata al Biancheri la via fiancheggiante la Chiesa sul lato sinistro.
La revisione della toponomastica proposta dal Berti avvenne, dunque, più tardi con la
nomina di una Commissione che presentò la propria relazione al Consiglio Comunale il 25
novembre 1895 con le proposte che qui trascriviamo desumendole dal volume di Nilo
Calvini: Bussana, dall'antico al nuovo paese (Casabianca Ed. 1987, p. 259): «mantenere i
nomi dei "principali fattori della nostra patria italiana"; di quelli che, come S. Ecc. Giuseppe
Biancheri, "nella luttuosa circostanza del terremoto, d'infausta memoria, in modo speciale ci
furono larghi di aiuto". Quelli "delle città più benefiche e prodighe nelI'elargire sussidi"
come Roma, Genova, Milano e Torino».
«E perché poi la memoria resti ‑ proseguiva la proposta ‑ di quelli che, o per liberale
munificenza si resero benemeriti del paese, o che lo illustrarono col loro ingegno e possano
essi servire di esempio e speranza ai presenti, si è stabilito di ricordare il Dottore Gio
Battista Soleri istitutore del Collegio che da lui prende il nome ..., I'Avv. Pasquale Donetti
fondatore d'un altro istituto che, sebbene più modesto, può rendere in avvenire non piccoli
vantaggi al paese; il Padre Martino Natali celebre Professore di Teologia della Impenale
Università di Pavia; ed infine il Comm. Gianstefano Geva, il quale mediante il suo ingegno
pervenne all'alta onorifica carica di Presidente della Corte d'Appello».
Dobbiamo osservare che alcuni dei nomi proposti scomparvero poi, per evitare doppioni,
con il passaggio di Bussana, come frazione, al comune di Sanremo: cosi fu delle
denominazioni di Roma, Cavour e Garibaldi, e, tra i benefattori, di Vittorio Emanuele e
della Regina Margherita. A via Garibaldi si sostituì via Marsala, quattro vie furono dedicate
a Giukia Cesare, Enrico Toti, Luigi Galvani e Alfredo Oriani, si volle poi ricordare la
Grande Guerra del 15-18 con le vie Brigata Liguria e Vittorio Veneto. Alcune vie restarono
denominate in base alla collocazione: così Bussana Vecchia, Circonvallazione a Levante,
Rustici Superiori e Rustici Inferiori, Bastioni, Tre Fontane, Castelletti, Monto, Lavatoi, al
Santuario, Rondò e Marine (salite), Frantoi Canai ecc.
Successivamente fu dedicata a Don Lombardi (+ 1922) la Piazza del Santuario, al Dott.
Giovanni Chiappe (+ 1930) la Piazza del Municipio (oggi delegazione) ed ebbero
rispettivamente l'intestazione di una via: Giovanni Ceriolo (+ 1944), Fra Galdino (Mons,
Vincenzo Novella + 1956), Alessandro Calvini (+1956). Alfine fu dedicata la Piazza della
Scuole allo storico bussanese Prof. Nilo Calvini (+ 1998).
***
Don Francesco Lombardi. Il suo nome era già presente nella toponomastica provvisoria
indicata dal Berti e certo non ne sarebbe stato escluso al momento della revisione e della
ufficializzazione, se non vi fosse stato un insuperabile impedimento da parte del designato:
non perché vivente (anche Biancheri lo era), ma per quella stessa discrezione ed umiltà per
cui egli mandò in soffitta, a suo tempo, il diploma di "cavaliere" che la nipote aveva appeso
in bella vista su una parete della canonica.
E pensare che il Berti riteneva che tra le denominazioni da lui scelte, ma lasciando al
sopravveniente Consiglio Comunale piena libertà di sostituirle, quella di Don Lombardi
fosse l'unica da non escludere: lo sappiamo dallo scrittore Baccio Emanuele Maineri che nel
suo libro Liguria Occidentale (1887‑1893) Gite Storie ‑ Ricordi (Roma, Civelli, 1894)
riferisce questa dichiarazione fattagli dal diligente Commissario a proposito di quel suo
intento: «AI futuro consiglio il denominare le nuove strade e luoghi a me quest'atto che è
un'intima compiacenza e un semplice dovere». Maineri non si limita a riferire, ma
ampiamente approva: «Quale più onorifica attestazione? Don Lombardi è l'angelo di
Bussana». Il che fa chiosa a quanto si legge poco innanzi nello stesso libro «Sarebbe
diffìcile (di Don Lombardi) tessere i meritati elogi: è l'uomo della modestia, dello zelo e
della carità. Il vero pastore del Vangelo».
E' superfluo, in questo contesto, tessere un profilo anche breve del grande Parroco di
Bussana e rievocare le sue benemerenze, anche perché la sua figura e la sua opera è ben
nota ai nostri lettori. Ai Bussanesi quell'insegna, che spicca al limitare della facciata, parla
di un uomo che li ha tanto amati: l'uomo che disse nel giorno del suo ingresso in parrocchia:
«d'ora in avanti essa sarà l'unico oggetto dei miei pensieri, l'unico palpito del mio cuore»,
l'uomo che esclamò, nella circostanza del terremoto, «Io resto con voi!», l'uomo che scrisse
di sé nel testamento (parole scolpite nel marmo della sua tomba) «nei 47 anni di parrocchia
ha amato sempre i suoi cari bussanesi». Per tutti, inoltre, quella targa può essere vista come
un segno di benvenuto: simboleggia l'accoglienza dell'Apostolo del Sacro Cuore nel tempio
dedicato all'Amore divino che è stato e resta il suo "messaggio".
Giuseppe Biancheri. Nacque a Ventimiglia il 2 dicembre del 1821. Frequentò l'Università
di Nizza e poi quella di Torino dove conseguì la laurea in legge. Nel 1853 fu eletto deputato
al Parlamento del Regno Sabaudo e durante il suo mandato disapprovò la partecipazione alla
spedizione di Crimea perché la riteneva dannosa al mondo marittimo ligure e si unì poi a
Garibaldi nella fiera opposizione alla cessione del Nizzardo alla Francia, gettando l'allarme
«sulle gravissime conseguenze economiche per l'intera Liguria Occidentale ridotta in quel
modo a estrema periferia del nascente Regno
Con l'unità d'ltalia, Ventimiglia fu retrocessa a distretto del Collegio elettorale di Sanremo
ed ivi alle elezioni politiche generali per la formazione del primo Parlamento italiano,
Biancheri presentò la sua candidatura entrando in lizza con Giuseppe Amelio: vinse al
primo scrutinio con 752 voti contro 18.
Nel 1867 gli viene assegnato il Ministero della Marina: «E' il riconoscimento della sua
competenza e del peso della regione che gli sta alle spalle» (Così scrive Leone Pippione nel
periodico della Famja Sanremasca “A GARDIORA”, n. 4, 2008, dal quale attingiamo le
presenti notizie).
Nel 1870 viene eletto Presidente della Camera e tale carica gli sarà riassegnata, con vari
intervalli, per ben sei volte fino ad un anno dalla morte. Fu lui a scegliere il palazzo di
Montecitorio come sede ideale per il Parlamento, dopo l'avvento di Roma Capitale ed il
conseguente trasferimento dalla sede di Firenze, scelta apprezzata dall'On. Gianfranco Fini,
nella commemorazione centenaria tenuta appunto a Montecitorio, nella sala della Lupa, nel
dicembre 2008. Egli ha definito il Biancheri autentico "uomo del Parlamento … sempre
coerente nella sua scelta di porsi a servizio dell’Istituzione parlamentare, rinunciando anche
a prestigiosi riconoscimenti ministeriali”,
Moltissime le sue benemerenze in rapporto alla nascente nazione italiana e, in particolare,
alla sua terra d'origine come ben puntualizza L. Pippione nel citato articolo che
signifitivamente si intitola: «Le battaglie in Parlamento a favore del Ponemte Ligure».
Ma qui vogliamo soprattutto sottolineare il motivo principale per cui la popolazione
ponentina si sentì in dovere di esprimere al conterraneo parlamentare la più profonda
gratitudine: si tratta dell'opera da lui svolta a favore dei terremotati In occasione del
disastroso evento del 1887.
Tempestivo ed efficace fu il suo intervento per ottenere dal Ministero degli Interni solleciti
finanziamenti a favore dei Comuni colpiti. Si adoperò inoltre per l'approvazione della legge
(31 maggio 1887) che prevedeva sussidi a fondo perduto, esoneri e sospensione di imposte e
creò una Commissione Reale per l'attuazione dei piani di ricostruzione e la distribuzione dei
sussidi, Commissione alla Presidenza della quale fu Egli stesso deputato. Valutazioni, pareri
e suggerimenti della Commissione Biancheri confluirono nella legge del 19 giugno 1888, n.
5447 che apriva l'accesso a prestiti a basso interesse da estinguersi in 25 anni decorrenti dal
quinto anno dopo il terremoto.
Sollecitò per i paesi colpiti tempestivi progetti di ricostruzione, ma di fronte al disastro di
Bussana non esitò a sostenere la necessità di abbandonare il vecchio paese per costruirlo ex
novo, come di fatto avvenne, in altra sede.
Giovanni Battista Soleri. La casata dei Solerio, o Solero, o Soleri come si cominciò a
scrivere verso la fine del '500 fu caratterizzata per circa un secolo dall'esercizio della
professione notarile. Ultimo di questa "dinastia" di notai come la denomina N. Calvini (I
bussanesi, famigiie, tradizioni, dialetto, cit. p. 150) fu Antonio, da cui nacque Giovanni
Battista (1599) il quale si avviò invece allo studio della medicina divenendo l'iniziatore di
una nuova professione nel casato dei Soleri, quella del medico.
E occorre dire egli cominciò assai bene, in questo ruolo, dal momento che divenne molto
celebre per l'esercizio dell'arte della medicina a Genova e a Savona.
Ma ben più celebre divenne il suo nome per la sua generosità e benemerenza sociale. Egli
disponeva infatti, che, dopo la sua morte (avvenuta nel 1683), i suoi rilevantissimi beni
servissero alla fondazione di un collegio che avrebbe dovuto ospitare e mantenere agli studi
quindici giovani, due dei quali dovevano essere scelti a Bussana, sua patria, due a Savona,
dove aveva svolto parte della sua attività e dove vivevano tre Suore, sue figlie, gli altri a
Taggia, patria della moglie e del genero Giovanni Curlo sposo della quarta figlia.
Egli volle che fossero i Gesuiti di Genova, ad eseguire la sua volontà e questi la misero in
esecuzione utilizzando un edificio presso la Chiesa di san Pancrazio e apponendovi la scritta
"Collegio Soleri". L'istituzione divenne ben presto prestigiosa al punto tale che i Gesuiti
avrebbero voluto trasferirla nella miglior parte della città, a Piazza Acquaverde, il che fu
loro impedito per motivi banali dettati forse da gelosie.
Il lascito restò fruibile per oltre due secoli nonostante i contraccolpi di successivi crolli
economici, che ne diminuirono progressivamente le prestazioni ma non le compromisero
totalmente. Restò dunque in funzione malgrado tante avverse vicende (cfr. N. Calvini,
Storia di Bussana, Enal Bussana, 1978, pp. 599‑613): la soppressione dei gesuiti (che però
tornarono); la sopravvenuta ostilità del governo filo‑giacobino con la chiusura (ma di breve
durata); le contestazioni dei Comuni interessati; l’accorpamento con altri collegi (salve
restando le finalità dei singoli lasciti) per cui si ebbe la nuova denominazione di "Collegio
Imperiale" in epoca napoleonica e poi di "Collegio Reale" con l'annessione della Liguria al
Piemontc. Il lascito fu gestito alfine dall'Università di Genova.
Pasquale Donetti. Nato a Bussana nel 1831 e morto a Genova nel 1884, anch'egli è
ricordato con onore per aver disposto che si costituissero, con tutte le sue rendite, quante
possibili borse di studio presso l'Università di Genova per agevolare gli studenti Bussanesi
meritevoli, ma bisognosi.
L'esecuzione del suo testamento ebbe un notevole ritardo e subì anche delle interruzioni per
diverse plausibili ragioni (cfr Storia di Bussana, cit. pp.615‑617); il lascito potè tuttavia
portare benefici apprezzabili benché inferiori alle previsioni del generoso benefattore.
Egli, laureato in legge, ricoprì varie cariche nella magistratura e da ultimo fu procuratore del
Re nel Tribunale di Tortona. Di lui si ricorda anche l'energica determinazione con cui difese
l'autonomia di Bussana facendo interrompere le pressanti pratiche per la pretesa annessione
a Taggia.
Padre Martino Natali. Nato a Bussana nel 1730 gli fu dato a battesimo il nome di Carlo.
Dotato di grande intelligenza e di straordinaria capacità mnemonica, si distinse fin da
ragazzo per una spiccata propensione agli studi. Entrò nel Collegio degli Scolopi a
Finalmarina donde, per le sue doti eccellenti, fu mandato a Roma per intraprendervi gli studi
teologici. Entrato come religioso nella Congregazione degli Scolopi assunse il nome di
Martino. Prima ancora di laurearsi destò con alcune sue tesi l'interesse di celebri teologi e
suscitò, ad un tempo le prime avvisaglie di una disputa che si sarebbe ampiamente
sviluppata specie coi Gesuiti.
Ma non sono le dispute dottrinali quelle che vogliamo porre in rilievo nel tracciare il profilo
del Teologo bussanese: ci interessa invece la notorietà da lui raggiunta con l'attività
accademica, che lo portò ad occupare la cattedra di Teologia dogmatica nell'università di
Pavia, una delle più celebri d'Europa. La profondità e l'ampiezza dei suoi studi gli
conquistarono al di là delle dispute, la stima dei maggiori esponenti della cultura del tempo
non esclusi alcuni dei suoi stessi oppositori.
Il Natali era pure molto apprezzato dalle autorità austriache che governavano la Lombardia
e dalla stessa corte di Vienna: persino l’Imperatore Giuseppe II, recatosi a Pavia, volle
conoscere il celebre professore e, in segno di omaggio, assistere a qualche sua lezione,
Gian Stefano Geva. Una via gli era già stata dedicata nella vecchia Bussana pochi anni
prima del terremoto.
Laureatosi in legge intraprese la carriera della magistratura e la esercitò con esemplare
onestà e grande competenza prima a Brescia poi a Milano. Passò poi a Messina dove rivestì
l'alto grado di Presidente della Corte d'appello.
Mori improvvisamente a Genova nel 1878 e fu sepolto a Bussana dove si svolsero
eccezionali funzioni funebri.
Dott. Giovanni Chiappe. Vinse il concorso a medico condotto per il nuovo paese di
Bussana il cui Consiglio Comunale aveva pubblicato il relativo Bando sul finire del 1891.
I1 quarantennale esercizio del suo ruolo gli conquistò la stima ed anche l'affetto della
popolazione bussanese. «Egli ha assistito come amico e fratello i nostri infermi - leggiamo
su l'Eco del Sacro Cuore (
Il Dott. Chiappe (al centro dietro Don Lombardi)
dicembre 1930, nella triste circostanza della sua morte ) ‑, ha lenito i dolori fisici e morali
della nostra gente con la sua esperienza di buon medico. Con encomiabile scelta ha voluto
restare il "medico condotto" del paese anche quando una nuova legge gli prospettò più
lucrose alternative... In apparenza tanto modesto, possedeva sovrana la passione della
medicina. Amava i suoi infermi per i quali non si dava tregua né riposo. Ci pare ancora di
vederlo correre per le vie del paese e dei dintorni: ha camminato per quarant'anni a piedi
come San Francesco, lieto e sereno, soddisfatto di compiere il suo dovere senza il miraggio
di altri compensi».
Egli fu molto sollecito, come amico e come medico, nei riguardi di Don Lombardi cui
rimproverava il troppo lavoro. Lo pianse come si piange un padre al suo letto di morte.
Giovanni Ceriolo. Giovane bussanese ventitreenne partecipò alla Resistenza ligure nella
'prima zona" con il nome "Dino" (cfr. G. Gimelli, La resistenza in Liguria, Carocci Ed.
2005, p. 528).
L'estremo Ponente ligure era «di vitale importanza per le truppe germaniche che operarono
sul confine e sulla costa... Secondo un calcolo aritmetico le brigate della prima zona
risulterebbero tra quelle che hanno subito il maggior numero di rastrellamenti rispetto alle
altre regioni operative della regione» (La resistenza in Liguria, cit. p. 517). Bussana viveva
in quell'epoca in una atmosfera da incubo: vi era dislocato un Comando tedesco e postazioni
antisbarco erano collocate tra Bussana Vecchia e la nuova.
Poggio di Sanremo, “Piazza Martiri”, la lapide
In quel torno di tempo il Parroco, Mons. Francesco Buffaria, fu minacciato di arresto per il
rifiuto di rivelare i nomi di eventuali partigiani della parrocchia: generosamente si offerse in
suo luogo Don Francesco Moro, allora vice parroco, che fu carcerato con il confratello di
Arma di Taggia Don Angelo Nanni. Essi «assumono nel carcere "pur col pianto nel cuore"
atteggiamenti di serenità o di allegria per tener viva la speranza negli altri prigionieri ed
impedire che siano sopraffatti dal panico e dalla disperazione» (G. Strato, C. Rubando, F.
Biga Storia della resistenza imperiese I Zona Liguria, Sabatelli Ed. 1992, Vol. 2•, p. 71). Il
Ceriolo fu arrestato a seguito di una irruzione nella sua casa e dopo dieci giorni, il 24
novembre 1944, fu sottoposto a fucilazione a Poggio di San Remo insieme ad altri nove
compagni. A loro fu dedicata la piazza del triste evento col titolo "Piazza Martiri" e una
lapide con la seguente scritta: Qui / la rabbia teutonica spegneva la giovinezza / di undici
Martiri. / Perché il loro ricordo non muoia / e sia di esempio alle generazioni future / Poggio
/ incise sul marmo i loro nomi (cfr. M. Bottero, Memorie nella pietra, monumenti alla
resistenza ligure, 1945‑1996, Ist. Storico della Resistenza Ligure. 1996, p. 219).
Si narra un triste episodio collegato a questa esecuzione: una conoscente di Giovanni, Maria
Ceriolo, che si rivolse a lui da una finestra pronunciando il suo nome, fu punita con
l'incendio della sua casa.
Fra Galdino (Mons. Vincenzo Novella). Aveva appena otto anni quando Bussana fu
distrutta dal terremoto: gli occhi del piccolo "Cencio" videro Don Lombardi soccorrere i
feriti «ritto sugli spalti dei muri crollati, come un capitano intrepido che non abbandona la
sua nave». (Fra Galdino, Il parroco del Terremoto, Ed. del Santuario, 1953). Una visione
che, come scrisse egli stesso, gli rimase impressa per tutta la vita.
A nostra volta possiamo dire che proprio il riferimento a Don Lombardi, educatore e guida,
si impresse non tanto nella sua memoria quanto piuttosto nelle sue scelte di vita. A lui,
infatti, Don Novella attribuirà la propria vocazione al sacerdozio; a lui i ragionevoli
ripensamenti nei giovanili entusiasmi per le ventate del "modernismo", pur indici di
un'appassionata ricerca; a lui la sollecitazione per il debutto nel campo giornalistico; a lui,
alfine, la promozione al ruolo graditissimo di collaboratore prediletto in Bussana.
Prima, però, di questo definitivo ritorno nel proprio amato paese accanto al "santo" apostolo
del Sacro Cuore, Don Novella, nell'esordio del suo ministero, ebbe modo di confrontarsi con
altre due figure di "santi": lo affascinò infatti a Camporosso la mistica presenza del "Padre
santo" (San Francesco Maria) di cui era in corso la causa di Beatificazione e si impegnò, a
Bordighera Alta, a difendere con la sua penna, fattasi vibrante e all'occorrenza graffiante, la
bella figura di francescano e di sacerdote del Padre Giacomo Viale (per il quale è in corso la
Causa di Beatificazione), di cui fu coadiutore. Fu così che cominciò ad apparire lo
pscudonimo manzoniano di "fra Galdino" cui offrì poi largo spazio l'Eco del Sacro Cuore,
che, fondato da Don Lombardi, passò poi alla sua intelligente gestione.
Perché "Fra Galdino"? Lasciamolo dire a lui: «eccomi dunque presentato ai bravi lettori de
"L'Eco": com'essi si sono accorti dalla bisaccia che mi pende a tracolla, io sono uno che
vado in cerca non di noci ma di ... " notizie" ... e arrivo dappertutto» (L'Eco del Sacro
Cuore, gennaio 1908, p. 623).
Cosi il "Fra Galdino" nostrano, apostolo della penna, versò largamente dalla sua umile
"bisaccia" la buona semente del Vangelo, con spirito francescano ed eleganza manzoniana
ed anche, come ebbe a scrivere, con «la carità del natio loco» (cfr. L'Eco, febbraio 1932, p.
2).
Con lo stesso pscudonimo scrisse la biografia di Don Lombardi tanto apprezzata da quanti
hanno avuto modo di scorrerla. Ma anche un altro titolo gli fu caro e con esso si presentava
ai visitatori quando, vecchio e canuto (morì nel 1956) per lunghe ore si tratteneva in chiesa
pronto ad improvvisarsi "cicerone": "sono il Curato del Sacro Cuore" diceva loro: poi si
prodigava ad illustrare le beliezze del Santuario.
Alessandro Calvini. La decisione dei bussanesi di dedicare una via in suo onore fu dovuta
soprattutto allo sbocco spontaneo, dopo la sua morte, di una stima, di un affetto ampiamente
condivisi, suscitati dal calore della sua "presenza" in paese, esempio efficace di convivenza
fraterna in una comunità solidale.
Si voleva ricordare la sua eccezionale disponibilità verso tutti, il pacato senso di equilibrata
vitalità che ispirava tanto ottimismo e all'occorrenza, allegria, l’entusiasmo del suo
trascinante coinvolgimento nelle iniziative care al paese.
Queste doti ebbero larga e benefica incidenza nell'ufficio a lungo esercitato di impiegato
comunale per la delegazione di Bussana.
Nipote di Don Lombardi coadiuvò lo zio in tante circostanze, ed in particolare si occupò con
rilevante impegno della gestione della "Tipografia del Sacro Cuore" allestita dal Servo di
Dio per la stampa del L'Eco del Sacro Cuore e la diffusione di opuscoli edificanti.
Si distinse anche come giornalista: molti suoi articoli sono apparsi sul citato periodico del
Santuario e sulla stampa locale con la firma "Acal".
Con la sua bella voce baritonale onorò il Sacro Cuore nel Santuario facendosi inoltre
animatore di una robusta cantoria.
Il suo sorriso aperto e cordiale si spense nell'ottobre del 1956.
Prof. Nilo Calvini. Nato a Bussana nel 1914 da Alarico, amico e collaboratore di Don
Lombardi ("Riguccio" nell'epistolario del Servo di Dio), si è laureato in Lettere
all'Università di Genova ed ivi ha occupato per molti anni la Cattedra di Archivistica.
Ricercatore fecondissimo nell'ambito storico, particolarmente interessato alla Liguria e.
segnatamente, al Ponente, ha al suo attivo numerosi libri e miriadi di articoli sparsi su riviste
varie, ivi compreso il nostro periodico. Alla sua Bussana egli ha fatto dono dell'interessante
e nutritissima trilogia di volumi che abbiamo già qua e là citato: Storia di Bussana (pp.
692), I bussanesi, famiglie, tradizioni, dialetto (pp. 316), Bussana dall'antico al nuovo
paese (pp. 348).
Due grossi volumi antologici di scritti editi ed inediti sono stati pubblicati postumi a cura
della Provincia di Imperia col titolo Un cinquantennio di attività per la storia del ponente
ligure e ad essi ne sono stati aggiunti altri due a cura sia della Provincia di Imperia che del
Comune di Sanremo.
Di questi ultimi, per iniziativa della Famija Sanremasca, è stata fatta la presentazione a
Villa Nobel il 12 ottobre 2007, vigilia della festa di San Romolo, tanto cara al Calvini.
«Nella sua lunga militanza ‑ scrive di lui A. Avena presidente delI'Associazione culturale
"Comunità di Villaregia" ‑ ha saputo trasmettere a generazioni di lettori e studenti una
dedizione al documento che in tempi di offuscamento della memoria non può non venire
ricordata come lezione etica altissima. Calvini è stato per più di cinquant'anni un infaticabile
scopritore e divulgatore di fonti. Una bella persona che pur professava l'umiltà scientifica
come una divisa».
F.P.
Scarica

leggi l`articolo in pdf