Guerra e pace
M
emoria della Grande Guerra, un po’ idealizzata? o raccontata con realismo a livello
del Comelico: fame, malattie, distruzioni,
cimiteri…? (Parroci nella Grande Guerra/6 pag. ).
Memoria che si trasforma in preghiera: celebrazioni nei luoghi dei combattimenti, pellegrinaggio
oltre confine pregando per la pace (Luggau pag.)
Bollettino Parrocchiale Trimestrale
di Santo Stefano di Cadore
Anno LXXXI - 2015
N. 3/AUTUNNO
Dopo la preghiera, la pace è costruita con iniziative sul territorio, anche piccole, che meritano
di essere segnalate: sportive o benefiche, culturali
e parrocchiali, ricreative… fatte col cuore e con
grande partecipazione. E per finire un vangelo
al femminile, forse insolito ma illuminante! (Le
donne di Marco pag.).
la Conquista
Spedizione in abbonamento postale - DIRETTORE Rossini don Paolino - RESPONSABILE Buzzo Guido - Aut. Trib. 6/84 n. 2539
Stampa: Tipografia Piave - Belluno - C.C.P. 10301323 intestato alla PARROCCHIA DI S. STEFANO DI CADORE - BL
Centenario
N
el centenario dell’inizio della
Grande Guerra, rievocazioni
sono in atto ovunque. Gli storici – non tutti forse lo sanno – affermano che quella data 1914 ha segnato
la fine dell’Epoca “moderna” e l’inizio
dell’Epoca “post-moderna”. In questa
nuova epoca ci siamo dentro ormai in
pieno e a distanza di cento anni ci si
vede anche più chiaro.
La precedente epoca aveva i suoi
miti. Le parole più usate erano progresso, ragione e nazione. Il progresso
era diventato un idolo: si pensava che
andasse avanti all’infinito e che le risorse fossero inesauribili. Le due guerre
mondiali hanno sfrattato questi valori.
Nuovi movimenti sono subentrati: per
i diritti civili, per la pace… Movimenti
femministi, ecumenisti, ambientalisti
annunciano una nuova era.
Nella nostra epoca post-moderna
entrano in voga altre parole come ecologia, globalizzazione, etica… Si è visto
a livello mondiale che bisogna darsi
una regolata se si vuole che la terra
viva ancora. Si vede sempre più che
occorre rispettare l’ambiente.
La ragione era idolatrata come una
dea (la “dea ragione”!). La ragione non
è decaduta, anzi va usata ancora di
più e meglio che in passato. Va usata
insieme, nel dialogo e per il bene di
tutti (non solo di alcuni!).
La ragione va usata anche al femminile – oggi si dice – visto che al maschile ha fatto abbastanza disastri! E va
usata anche con le religioni: infatti si è
visto che le religioni hanno resistito ai
falsi idoli della modernità e la richiesta
del vero Dio torna a farsi sentire a gran
voce, non solo nel mondo cristiano, ma
soprattutto nell’Islam.
Fede e ragione vanno bene insieme e si illuminano a vicenda. “Fides
et ratio” è una famosa lettera di papa
Giovanni Paolo II che, verosimilmente,
è stata stesa dal teologo Ratzinger. Egli
diceva in un’intervista che la ragione
ha ancora molto da dire e da dare alla
nostra epoca.
Solo negli ultimi decenni si parla di
globalizzazione, ma era chiaro già al
tempo della Prima Guerra che i popoli
si incontrano e che non ci sono confini
o muri che lo impediscano o barriere
di sorta. Il concetto di nazione è cambiato: restano i valori della cultura e
della storia di un popolo, ma tutti i
popoli hanno un patrimonio culturale
proprio e originale.
Aiutarsi è necessario. Solidarizzare, unirsi non vuol dire diventare tutti
> CONTINUA A PAG. 2
Confine italo-austriaco di Forcella Dignas, 1o ottobre 2014. A cento anni di distanza, stretta
di mano tra sindaci di Kartitsch, San Pietro di Cadore e Santo Stefano (rappresentato da Lara
Zandonella). Ci sono pure gli alpinisti di “Ta Pum” che hanno tracciato l’alta via e rappresentanze Ana.
2
La Conquista
CONTINUA DALLA PRIMA PAGINA
uguali e cancellare la propria identità.
Non c’è un popolo superiore e altri inferiori, perché anche il più sconosciuto
o emarginato tra i gruppi etnici conserva un patrimonio di sapienza che
può essere utile a tutti gli altri. Bisogna
dire: unità nella diversità, unità ma non
uniformità. No al “pensiero unico”.
Nel Centenario si visitano i luoghi
dei combattimenti. Le etnie una volta
in conflitto oggi si stringono la mano.
Il mondo è cambiato e tanta strada è
stata fatta. Ma di fronte al ripetersi di
violenze e ingiustizie e alla vista di
Restauri della chiesa
I restauri in corso alle facciate esterne
della chiesa pievanale di S. Stefano sono
stati illustrati alla popolazione per volontà dell’Impresa e del CPAE (Consiglio per
gli affari economici della parrocchia), una
volta con diapositive dell’architetto Aldo
Kratter e una volta aprendo il cantiere a
coloro che desideravano visitarlo.
La pievanale appartiene alla parrocchia e alla forania. L’edificio sacro racconta la nostra storia dal 1665 ad oggi.
Nei decenni passati la chiesa di S. Stefano
è stata curata con importanti interventi
restaurativi: 1939 pavimento nuovo, 1949 Spiace per qualche disagio recato dal cantiere
le colonne, 1960/70 cappella e primo ri- ai passanti.
sanamento murario, senza enumerare gli
secondo acconto. Si deve con questo arrivare
interventi recenti di vetrate, riscaldamento ad allestire il ponteggio sulle facciate laterali
biomasse, impianto elettrico, ecc.
ed eseguire: pulitura degli intonaci e rappezzi
Il presente intervento non era forse così a calce, consolidamento intonaco originale,
urgente, ma non era bello vedere tutto quel tinteggiatura a calce e protettivo, sistemazione
distacco di intonaci attorno e anche un certo grondaie…
degrado dovuto a umidità di risalita, polvere e
Per i restanti interventi è in corso la presporco su pareti e parti in pietra, gradini rotti… sentazione della domanda di contributo al fonSiamo partiti prima di tutto con il progetto do 8 x mille, dal quale si avrà risposta certa
generale per tutte le facciate e anche per il solo a febbraio 2016. Quindi dobbiamo per
campanile. Ottenuto le approvazioni della So- forza sospendere il cantiere in autunno e si
printendenza, siamo partiti col primo stralcio penserà dall’anno prossimo ad altri intervendi interventi che concluderà a fine settembre. ti, che sono già programmati, ma per i quali
La stagione del gran caldo è stata ideale bisognerà cercar prima qualche finanziamento.
perché i muri asciugassero bene e per quanto
Il Consiglio parrocchiale frattanto chiede
finora l’impresa ha fatto: barriera chimica con- collaborazione a tutti i parrocchiani e amici
tro l’umidità, rimozione intonaci esterni fino a che desiderano contribuire ai lavori di restauro
m 1,50 di altezza, intonaci a calce e malte spe- in atto. Domande sono state fatte a vari enti,
ciali… Finora abbiamo impiegato i fondi che alla Regola, alle banche… Si fa affidamento
c’erano da parte nei conti della parrocchia: € soprattutto sulla popolazione: ogni aiuto per
38.940 in un primo acconto e € 27.500 per un quanto modesto è prezioso. C’è anche qualche
prestito a tasso zero da privati, che la parrocchia si impegna a restituire appena ci fosse
bisogno. Tutte le offerte per i lavori straordinari
saranno pubblicate.
Barriera chimica: un prodotto naturale denominato “Virostop” viene infiltrato alla base
dei muri per fermare l’umidità di risalita.
Offe
erte
e strraorrdin
narie
e
M.a Bice 205, Elsa 50, Simone Ianese 20,
Angelina Zandonella 60, Silvana Soravia 30,
n.n. 30, Teresa Scalet 105, Giovani di Bajarde
60, Walter 100, n.n. 100, Umberto e Fabrizia
50, Bruno De Candido 200, Norma Ragonesi
50, n.n. 150, due fam. 60, Lucia Topran 100,
Dino Zandonella 50, Onoranze “Dolomitica”
100, Gruppo pesca 6060, crocifissi di Danilo
300, un villeggiante 40.
conflitti crudeli, vien da dire che siamo
ancora da capo. Occorre che tutti gli uomini e le donne responsabili si facciano
coraggio, si diano una speranza e facciano catena, per impedire che la storia
torni indietro… e per vivere la nostra
epoca “post-moderna” senza illusioni.
NOTA LITURGICA
La messa
distrae
Pochi ormai ricordano la messa
pre-concilio, quando il prete volgeva le spalle alla gente. A volte
egli quasi quasi rimpiange quel
tempo perché, adesso, è obbligato
a guardare al popolo. Egli deve
concentrarsi sulle parole del messale, ma non può evitare di accorgersi di tante cose: chierichetti
si parlano, all’inizio della lettura
due persone conversano tra loro
e proprio in quel momento qualcuno va ad accendere candele…
Al prete, non sempre gli riesce
di vedere tutto il positivo che c’è
davanti agli occhi: tanti partecipano con attenzione, col foglietto
in mano, la lingua è comprensibile… Lo sguardo invece va ai
banchi vuoti e in fondo, sembra
stiano con un piede dentro e uno
fuori.
Ma il messale lo fa pregare per
i presenti e per tutti i cristiani
“ovunque dispersi”. Non deve distrarsi o infastidirsi e nemmeno
farsene una colpa, ma affidare al
Signore tutti indistintamente. La
liturgia moderna costringe a vedersi (non a guardarsi!). Il prete
di una volta, rivolto verso il fondo
della chiesa, era certo più raccolto
e guardava solo il tabernacolo e
le immagini sacre.
La messa allora non è un atto di
devozione, ma un’azione comunitaria. Bisogna vedersi, interagire e
dialogare, pregare gli uni per gli
altri… Pur offrendo brevi pause
di silenzio, la vera messa distrae
un po’ e obbliga a pensare al fratello (e anche ad amarlo!). Se uno
vuol pregare devotamente, non
cerchi di farlo a messa: è quasi
impossibile.
La Conquista
3
La vita in parrocchia
RIN
NGR
RAZ
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STICO
O
interesse l’incontro sull’immigrazione…
Grazie per la serenità e la gioia con cui
ci hai seguito e sostenuto nei nostri
compiti quotidiani, a volte difficili e faticosi. Prego perché nel mondo vinca
sempre il bene sul male, perché non
ci siano più guerre, fame, discriminazioni…
Grazie per lo sguardo attento e comprensivo degli insegnanti, dei bidelli ed
affettuoso dei compagni. Vorrei pregare perché nel mondo ci siano sempre
persone gentili e buone e nelle scuole
non ci sia bullismo e dove prevalga
l’educazione sulla formazione.
Grazie Signore per Papa Francesco
di cui abbiamo conosciuto la vita, le
opere, i viaggi, l’interesse verso i più
deboli: un uomo che ha coraggio di dire
la verità e soprattutto misericordioso
con tutti noi… Grazie per il professor Angelo Zanella, nostro insegnante
di educazione fisica, che ricorderemo
sempre con affetto e che ora è vicino
a te, nella tua luce e nel tuo immenso
amore…
Preghiere dei più piccoli (9 giugno)
Caro Gesù, noi ti vogliamo bene. Grazie per la meravigliosa natura. Noi vorremmo tanto che nessuno si faccia più
male, che non ci sia più la guerra e che
finalmente ci sia la pace…
Caro Gesù, grazie che ci stai accanto
e non ci abbandoni mai. Grazie per
tutte le famiglie, fa che siano sempre
unite nel tuo amore e in armonia. Ti
ringraziamo di avere degli amici, perché
senza di loro ci sentiamo soli. Fa’ che
siano sempre sinceri e che ci aiutino nel
momento del bisogno. Ci piacerebbe
andare sempre d’accordo e che nessuno
si senta mai escluso…
Per le persone che sono state colpite dal terremoto, affinché ricevano gli
aiuti e il sostegno morale per affrontare
questo difficile momento…
Preghiere dei più grandi (10 giugno): Grazie Signore per quest’anno
scolastico pieno di emozioni, speranze,
progetti ed obiettivi raggiunti. Le nostre
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amicizie sono migliorate, anche se ci 60
sono stati alcuni litigi alla fine abbiamo AU
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fatto pace, che è la cosa più bella al
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ARI!
mondo!
Quest’anno festeggia il traguardo
Grazie perché abbiamo imparato
molte cose, abbiamo
conosciuto insegnanti nuovi che ci hanno
accompagnato in un
percorso impegnativo
e interessante… Grazie per la scuola, quei
ragazzi provenienti
dai paesi più poveri,
che hanno desiderio
di studiare, imparare,
divertirsi insieme: affinché siano in grado
di affermarsi, di essere liberi e padroni del
loro futuro…
Grazie, Signore, per S. Stefano di
Cadore il nostro carissimo paese, dove
viviamo, dove siamo
comunità viva e operosa. Ricordiamo con Don Sergio alle spalle del Papa, sulle stradine della sua parrocchia.
di sessant’anni di sacerdozio, molti
dei quali dati in servizio pastorale a
Costalissoio. Classe 1929, ha celebrato
la prima messa a Altivole (TV) il 26
giugno1955. È salito a S. Stefano come
cooperatore parrocchiale negli anni
1970-72. È stato parroco di Costalissoio
e Casada per 25 anni, dal dicembre
1979, e anche di Costalta dal 1981.
Quassù tutti lo ricordano e anche lui
ricorda volentieri la gente del Comelico
come mi dice, quando lo vedo, agli
incontri dei preti ai quali non manca
mai. Lui, così schivo, è diventato famoso al tempo delle visite di Giovanni
Paolo II perché compariva sulle foto,
specialmente quando il Papa è passato
per Costalta. Ora è un po’ distante, a
Farra di Feltre, in parrocchia con don
Virginio.
DO
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UNO BER
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AGL
LIO
O
Prete feltrino, classe 1914, scrittore… è stato parroco a Costalissoio nel
1979, poi è tornato a Feltre. Quando
ha compiuto 80 anni, nel 1994, una
delegazione è scesa a trovarlo: erano
Riccardo, Gianni e Giovanni. Si trovava
ospite in Casa “Padre Kolbe” a Pedavena. Gli hanno detto tra l’altro: «Auguri
di ritrovarci al compimento dei cento
anni!». Pronta la risposta di don Bersaglio: «Giovanni, no sta miga metter
limiti alla Provvidenza!».
LA TR
RAG
GED
DIA
A GR
REC
CA
Chi avrebbe mai detto che le donne
della Corale interparrocchiale si sarebbero dedicate anche al teatro? E a un
genere di alto livello culturale? Il debutto è stato a Costalta, nella sala della
Regola, il 20 luglio.
Hanno messo in scena “Il Canto di
Euridice”, riveduto in chiave moderna
dalla direttrice stessa della Corale, Martina Casanova, e con canzoni bellissime
e significative del repertorio recente. Il
sogno della giovinezza e dell’amore viene messo in scacco dalla durezza della
vita e dalla tragedia della morte. Le domande che nell’opera si impongono allo
spettatore sono quelle decisive che la
cultura di oggi, consumistica, preferisce
tacere. Sono esattamente le domande
che i greci rivolgevano all’apostolo Pao-
▶
4
lo circa il destino dei nostri morti. Egli
rispondeva in modo sobrio, ma chiaro,
nella sua lettera più antica, la prima ai
Tessalonicesi.
Lo spettacolo musico-teatrale del
gruppo “Senza Maschera” ha come protagonista principale Martina Casanova
Fuga. Le musiche sono a cura di Lorenzo
Tonon. Il cast: Ines Bressan, Norma Casanova, Paola Cesco Frare, Giorgia Comis, Silvana Costan, Andreina De Bolfo,
Giuliana De Bolfo, Rita De Mario, Giuly
De Candido, Milena Doriguzzi, Monica
Fabbris e Daniela Puliè.
La Conquista
IL GREST
T DI DON
N FA
ABIO
Il Grest nei prati attigui alla Cappella
dei Caduti di Cima Vallona ha radunato
anche quest’anno i ragazzi del Comelico. Oltre trecento iscritti per tre settimane indimenticabili. Il tempo è stato
bello e caldo, tutta un’altra cosa rispetto
allo scorso anno. I giovani animatori si
danno molto da fare per i più piccoli.
Nella foto, li fanno cantare, danzare,
eseguire dei ban agli anziani della Casa
di Riposo che sono saliti lassù un pomeriggio. Don Fabio è l’animatore di
tutta l’organizzazione.
I CR
ROCIF
FISS
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LO
Danilo Comis, oltre che darsi da fare
col computer… (tra l’altro mette su internet “La Conquista”), quest’anno ha
confezionato a mano con arte molti crocifissi in ferro che sono molto graditi da
tutti, ma in particolare dai piccolissimi!
Un vivo ringraziamento dalla parrocchia
per tutti quelli che ci ha regalato. Molti
sono i riconoscimenti ricevuti in internet:
«Gentilissimo Danilo, ho ricevuto tramite
Francesco i crocifissi, volevo ringraziarti
per la cortesia e fare i complimenti miei
e di mia moglie per i lavori bellissimi.
Grazie di cuore… Caro Danilo, oggi è
arrivato il pacco con i crocifissi. Prima
di tutto complimenti per la creatività,
è stata veramente una bella intuizione; poi grazie per questo dono che mi
hai fatto… Buona domenica, ieri come
quasi ogni sabato ho passato la giornata
nella mia casa di Mare e poi sono andato a Costalta a salutare mio cugino.
Lo stesso mi ha mostrato un bellissimo
crocifisso da te fatto con del filo di ferro
particolare. Se non ti fosse di grande
disturbo anch’io sarei lieto di averne
uno uguale…».
Il “Mercatino
delle
Meraviglie”
in via Udine.
LA 24
4 ORE DII
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E
L’iniziativa dell’adorazione a turno,
organizzata dal Gruppo di Preghiera,
ha permesso di tenere la chiesa aperta
anche durante la notte. Nei giorni 12 e
13 agosto, molte persone hanno potuto
partecipare alla manifestazione, in particolare nell’ora comunitaria di inizio e
alla conclusione coi vesperi cantati e
la messa.
UN
N GRA
AZIE
E
Un grazie alle signore che curano
il decoro della chiesa, in particolare a
quelle che si occupano dei fiori… e
anche a coloro che ogni tanto danno
loro un aiuto finanziario.
IL GRU
UPPO
O PES
SCA
È recentemente scomparsa a Viterbo la signora Liliana Ragonesi Martino, che da
molti anni veniva a S. Stefano
e collaborava in varie iniziative. Il Gruppo della pesca si
è reso presente alla sorella
con una lettera commovente
e molto gradita.
Nel giardinetto dell’Ex Asilo, il gruppo estivo dei più
piccoli con la maestra Giuliana.
La Conquista
meraviglie le ha create lo stesso Autore
della bellezza». Ringraziare e ascoltare in silenzio la voce della natura. Il
silenzio per l’ammirazione, per ascoltare la voce della natura, per gustare
la musica e il canto che ci fa entrare
nell’armonia di Dio e delle attese più
autentiche del nostro intimo.
Ancora dall’omelia di Papa Wojtyla
del 1987: «La festa odierna riguarda in
modo speciale voi, operatori forestali,
per il problema ecologico che è sotteso
al vostro impegno. È noto quanto oggi
sia urgente diffondere la coscienza del
rispetto per le risorse del nostro pianeta». All’indomani dell’enciclica di Papa
Francesco “Laudato sii” sentiamo la
forte chiamata della fede cristiana ad
abitare con responsabilità la terra, i
boschi, i prati… La domanda fondamentale dell’ultima lettera sociale di
papa Francesco è: “Che tipo di mondo
desideriamo trasmettere a coloro che
verranno dopo di noi, ai bambini che
stanno crescendo?” (LS 160).
Questa località magnifica, nel cuore delle Dolomiti, ci richiama per contrapposizione la devastazione di vite
e di risorse avvenuta qui cento anni
fa, nella Prima guerra mondiale. Domenica 30 agosto sul Monte Cavallino
ci sarà l’annuale celebrazione di rappresentanti della vicinissima Austria
e della nostra terra nel centenario del
conflitto. Sarà presente il vescovo di
Innsbruck e un sacerdote cadorino che
mi rappresenta essendo io partecipe con
l’associazione “Bellunesi nel Mondo” a
Mattmark nel 50° della tragedia della
montagna (nella quale morirono 88
operai: dei 56 italiani 17 erano bellunesi). Facciamoci riflessivi per vivere
questo centenario di tanti disagi,
con la volontà di attualizzare
nelle relazioni di oggi gli insegnamenti della storia.
Anche nelle relazioni tra Comuni e Regole, tra realtà istituzionali e politiche, tra parenti
e familiari, per il bene di tutti!
Come ho trovato interessante
leggere, sugli ultimi numeri del
giornale parrocchiale “La ConConcelebrazione in Val Visdende domenica 12 luglio. quista” di S. Stefano, le vicende
Non poteva mancare alla fine la “Preghiera del Fore- della guerra qui in Comelico! S.
stale” che non possiamo riportare perché recitata a Giovanni Gualberto, presentato
memoria dall’anziano incaricato.
qui da san Giovanni Paolo II, è
12 luglio 1987: data storica per la
presenza, quella volta, del Papa diventato poi San Giovanni Paolo II. I due comuni limitrofi di S. Pietro e di S. Stefano
hanno voluto solennizzare la ricorrenza
invitando per la concelebrazione i parroci con il vescovo, i forestali e quanti
fossero stati interessati all’iniziativa. La
cerimonia ha registrato un grande afflusso di gente ed è stata animata dai
cori “Monte Sabotino” e “Monte Peralba”.
Riportiamo l’omelia del vescovo Andrich:
“Nella giustizia contemplerò il tuo
volto, al mio risveglio mi sazierò della
tua presenza” (introito). Qui a Pramarino, domenica 12 luglio 1987, san
Giovanni Paolo II ha celebrato la s.
messa nella festa votiva di san Giovanni Gualberto, patrono degli operatori forestali. Sono grato a tutti voi
che avete accolto gli inviti dei Comuni
di S. Stefano e di S. Pietro e delle Comunità parrocchiali del Comelico a
partecipare a questo suggestivo evento
religioso organizzato dalle sedici Regole
del Comelico, dal CAI Val Comelico e
dal Consorzio turistico Val Comelico
Dolomiti.
Val Visdende: “Valle da vedere” ha
detto Karol Wojtyla 28 anni fa; da vedere e ammirare quando diventa contesto
mirabile di una comunità di persone
in atteggiamento di contemplazione
umile, come vogliamo essere tutti noi in
questo primo momento di silenzio davanti a Dio Creatore che ci conosce e ci
ama. Benedetto sia Dio… (2a lettura).
Papa Wojtyla disse: «Questa montagne suscitano nel cuore il senso dell’infinito, con il desiderio di sollevare la
mente verso ciò che è sublime. Queste
5
I ragazzi del Seminario di Belluno per tre giorni a S. Stefano. Sono Lorenzo, Luca, Sandro,
Enrico e don Luciano. Qui hanno preso di mira
il Peralba dallo Spallone ovest.
tipo esemplare che ha saputo opporsi
alla vendetta e all’odio.
Disse ancora Papa Wojtyla: «Chiedo
a Dio per tutti voi, operatori forestali,
uomini e donne della montagna, appassionati cultori delle solide tradizioni
di queste terre, che le vostre comunità
conservino sempre le preziose eredità
della cultura che vi riguarda. La gente
della montagna possiede il gusto della
contemplazione della natura e, con
questa, una conseguente profonda religiosità, che investe tutti i settori della
vita, suscitando laboriosità, spirito di
sacrificio, attaccamento alla famiglia
e alla propria terra. Può essere che la
forza da cui traete il sostentamento vi
appaia talvolta dura ed esigente per il
lavoro che vi chiede; ma voi amatela
come un dono di Dio, come un meraviglioso ambiente nel quale egli si rivela
ai vostri occhi nello splendore delle cose
da lui create». Che san Giovanni Paolo
II interceda per noi, per vivere quanto
qui ci ha proposto.
Le intenzioni della preghiera dei
fedeli sono state proposte da Lara, consigliere comunale di S. Stefano, e da
Ileana, vice sindaco di S. Pietro: Per
i Comuni, le Regole, gli enti amministrativi, il Corpo forestale e le altre forze
dell’ordine, affinché procedano sempre
insieme sulla via della collaborazione,
per favorire la crescita e lo sviluppo
della montagna, perché essa sia luogo
di vita e di lavoro, soprattutto per le
nuove generazioni…
Per la popolazione della montagna,
perché unita trovi la forza di continuare ad adoperarsi per lo sviluppo del territorio, per conquistare e mantenere i
propri diritti, così che i giovani possano
scegliere di ritornare e restare a vivere,
costruire la propria famiglia e lavorare
in montagna…
6
La Conquista
Le donne
di MARCO,
La suocera di Pietro
(1,29-31)
Gesù ha ressa attorno, nella sinagoga e all’aperto. Allora entra in una
casa dove, in un angolo discosto, una
povera donna è a letto con la febbre.
Lo circondano protagonisti di primo
piano: Simone e Andrea, Giacomo e
Giovanni, ma per Gesù è importante
in quel momento una persona insignificante e sofferente.
Poche parole potenti. Gesù si avvicina alla suocera di Pietro. Non si limita a sfiorarla, la prende per mano e
la fa alzare: è una parola che esprime
risurrezione, rialzamento e vita nuova. Non finisce qui perché la donna,
appena guarita dalla febbre, si mette a
servire e precisamente a distribuire il
pranzo festivo del sabato ai presenti.
Nel suo umile e prezioso servire,
quella donna si realizza. Il malato non
si realizza perché è bloccato dal male.
Di fronte al male Gesù si irrita. Vuole
che tutti si ribellino ai mali, all’iniquità
e alle ingiustizie che bloccano i progetti di Dio.
Con la lunga serie di guarigioni,
elencate in questo primo capitolo di
Marco, Gesù non cerca il successo
della popolarità e infatti fugge. Lo
vanno poi a cercare in luoghi solitari
dove si è nascosto a pregare.
La donna sofferente
(5,25.34)
Una donna anonima, sofferente di
emorragia, ha sentito parlare di Gesù.
Le resta un’ultima speranza di salvezza, dopo aver fatto ricorso a molti
medici (anche troppi!) ed essendo
andata di male in peggio, rimettendoci in soldi e salute. «Se solo riesco
a toccare il suo mantello – dice tra
sé – sarò guarita».
Si avvicina da dietro, mimetizzata
tra la folla, e raggiunge il suo intento.
Si sente guarita all’istante. Se non che
Gesù si accorge. Vuol vedere quella persona in volto e, con evidente
imbarazzo per lei, vuol rendere di
pubblico dominio la grazia di una
guarigione che, altrimenti, sarebbe
rimasta segreta.
Gesù ci tiene ad affermare davanti a tutti: «Figlia, la tua fede ti ha
salvata». Vuol far risaltare il fiducioso
abbandono di quell’umile persona,
emarginata e sfruttata, alla faccia dei
discepoli e di tutta quella gente. Non
è l’unica volta che una donna si trova più credente e più in sintonia a
confronto di persone importanti e di
capi religiosi che, spesso, non sono
capaci di comprendere Gesù e di seguire il suo insegnamento avendo di
mira altro: la carriera e una vita senza
problemi.
La donna libanese
(7,24-30)
Gesù si sposta verso nord, in territori pagani. Vuol restare nascosto e
concentrarsi nell’istruzione dei discepoli, ma non ci riesce perché si sparge
la voce della sua presenza.
Ecco un’altra delle donne anonime
di Marco: cerca Gesù e lo supplica
di liberare sua figlia da uno spirito
cattivo. Gesù si mostra restio a far
miracoli, per motivi che restano inspiegabili. La risposta alla donna è
dura: «Lascia prima che si sazino i
figli, perché non è bene prendere il
pane dei figli e gettarlo ai cagnolini».
Lei pronta a rispondere: «Signore, sotto la tavola i cagnolini mangiano le
briciole dei figli». Anziché risentirsi, la
donna accetta di essere identificata coi
cagnolini sotto la tavola. Gesù le dice:
«Per questa tua parola va: il demonio
è uscito da tua figlia».
In territorio pagano Gesù trova
molta fede e vivo desiderio di salvezza, al contrario che nella sua patria, dove molti lo giudicano dall’alto
in basso e restano scettici su quanto
dice. Ormai i pagani possono sedersi
alla stessa tavola dei figli del regno.
Tutti i credenti in Cristo si siedono
alla pari per ricevere il suo pane, cioè
la sua parola e i suoi doni risananti.
Anche questa volta è una umile
donna sofferente che apre la porta
a Gesù, quasi costringendolo a farle
la grazia, e dà esempio a tanti che
sono vicini al Signore ma sono lontani
spiritualmente.
La donna di Betania
(14,3-9)
All’inizio della sua ultima settimana Gesù si trova nella cerchia dei suoi
intimi. Di giorno sta in città, a Gerusalemme, ma la notte esce e trova
ospitalità a Betania, in casa di Simone
il lebbroso. In questo luogo ritirato,
entra all’improvviso una donna con
un vaso di profumo prezioso, spezza il collo della bottiglietta e versa
il contenuto sui capelli di Gesù. Il
gesto affettuoso e gentile trova però
le critiche dei presenti.
Sono proprio i discepoli che maltrattano la donna, addirittura! Insensibili e gretti, gridano allo spreco magari
in nome della carità ai poveri. Hanno
già individuato l’alta qualità dell’unguento e anche il prezzo: trecento
denari, la paga di trecento giornate lavorative, in pratica un anno di lavoro.
Qui si ragiona in termini utilitaristici. Non si condivide certo il gusto
di donare in pura perdita. L’incomprensione tra Gesù e i suoi è totale e
Gesù difende l’operato della donna:
lei ha unto il suo corpo in anticipo
per la sua sepoltura, quando non ci
sarà neanche tempo per farlo. Però i
discepoli sono ben lungi dal pensare
al destino del loro maestro, per apprezzare il dono totale di sé che egli
sta per fare.
Gesù dice che il gesto della donna sarà ricordato come vangelo, cioè
come lieta notizia della morte e risurrezione. Marco non ricorda neanche
il nome di quella donna, né l’origine,
né lo stato sociale eppure il suo gesto
è indimenticabile: lei dà per Gesù
quello che ha di più prezioso, lo dà
totalmente e senza rimpianti. Quello
che si dà per Gesù non è mai troppo.
Non è uno spreco!
La vedova al tempio
(12,41-44)
Gesù passa i suoi ultimi giorni
all’interno del tempio. Lì vede passare molta gente: tante persone umili
del popolo e persone importanti con
lunghe vesti, che si fanno riverire e
notare per le lunghe preghiere.
Gesù va al cuore della religiosità e
comincia dalla cacciata dei mercanti.
I capi religiosi evitano di mettere in
questione il loro modo di rapportarsi con Dio e deviano su domande
oziose: «Con quale autorità fai queste
La Conquista
cose?». Ma Gesù li mette alle strette
con argomenti decisivi: Che cos’è la
pietra scartata dai costruttori e scelta
da Dio? che rapporto c’è tra Dio e
Cesare? qual è il comandamento più
importante? c’è la risurrezione? Questi
personaggi, se vogliono, ne hanno
abbastanza per valutare e prender
posizione. Ma restano chiusi alla novità di Gesù e quindi non c’è niente
da fare.
Gesù osserva attentamente le persone. Ci sono ricchi che gettano molti
soldi nelle offerte… (infatti la religiosità non è mica fatta solo di preghiere,
ma si traduce in opere o, come dice
Papa Francesco, la conversione è vera
se passa anche attraverso il portamonete…).
Tra i tanti, Gesù vede passare una
vedova povera che getta due spiccioli, cioè tutto quello che ha per vivere,
e lo fa notare ai suoi. Come spesso
accade nel vangelo, Gesù capovolge
la situazione: «La vedova ha donato
più di tutti, perché tutti hanno gettato del loro superfluo ma lei, nella
sua povertà, ha gettato tutto quanto
aveva».
Pare che Gesù riconosca se stesso,
in quella povera vedova. Alla vigilia
della morte in croce egli affida la sua
vita al Padre e agli uomini, dona totalmente se stesso.
Solo donne nel finale
(16,1-8)
Il racconto della passione dice
che le donne erano presenti sia alla
crocifissione di Gesù sia alla sua sepoltura. Questa volta non sono donne anonime. Sono Maria di Magdala,
Maria madre di Giacomo il minore e
di Ioses e Salome. È detto anche che
seguivano Gesù dalla Galilea e lo servivano. Certo lo hanno seguito come
i discepoli e anche meglio. La fedeltà
delle donne non indietreggia neppure
di fronte allo smacco e all’umiliazione.
I discepoli invece hanno abbandonato
Gesù e sono fuggiti.
Le donne fedeli adesso diventano
testimoni della sua morte, della sepoltura e della sua risurrezione. I Dodici
erano stati chiamati da Gesù per stare
con lui e per andare a predicare. Ora
essi mancano: lì dove dovrebbero essere non ci sono. Al loro posto ci sono
le donne. Alla conclusione di tutta la
storia sono loro l’esempio per tutti i
discepoli.
7
Sala della Regola di Costalissoio. Omaggio a don Fiorelmo.
Costalissoio ha espresso riconoscenza
a don Fiorelmo che da vent’anni viene in
vacanza non da semplice turista, ma da
pastore, avendo instaurato un rapporto
di amicizia con tutti. La sera di ferragosto
lo hanno salutato, prima del suo ritorno a
Baiano, in provincia di Avellino.
Il saluto di Diego: «Meravigliati e
riconoscenti ricapitoliamo un percorso
missionario storico ad alta quota, particolarmente significativo sul piano religioso
ed umano delle relazioni sociali. Ad alta
quota, non tanto e non solo ambientale dunque, ma soprattutto sul piano dei
rapporti personali, della partecipazione e
della condivisione.
La presenza di don Fiorelmo è storica, ventennale e forse ancora più in là
nel tempo. Le prime decadi agostane del
nostro paese sono segnate da questa bella e significativa ministerialità, non solo
liturgico-missionaria, ma anche amicale
e possiamo aggiungere fraterna. Ferialità
ferragostana per noi arricchita e benedetta da questa sacerdotale fedele presenza
venuta da tanto lontano. Raccogliamo
tutte le voci della vallata, quasi solenne e
festosa sinfonia alpina per dirle il nostro
fraterno affettuoso grazie con il consueto
arrivederci. I paesani».
Il saluto di Cristian: «I chierichetti e
il coro parrocchiale desiderano ringraziarla perché con la sua presenza, simpatia
e professionalità ravviva sempre questo
breve periodo di unione fraterna perché
il sacerdote è uomo della parola di Dio,
uomo del sacramento e del mistero della
fede, simboli che lei riesce a trasmettere
a tutti noi durante la celebrazione della
messa. Ma anche quando la incontriamo
semplicemente per strada lei ha sempre
una bella parola per tutti. Speriamo di
averla tra noi ancora per tantissimi anni.
Grazie di cuore».
Pinuccia: «… Nell’eucaristia del mattino ci ha dato ogni giorno le coordinate
per vivere alla sequela di Gesù. Ci hai omogeneizzato la parola di Dio affinché noi
fossimo in grado di passare dall’ascolto a
viverla. Grazie!».
Il capo regola, Valerio De Bettin, ha
fatto omaggio di un quadro raffigurante
il paese e di una targa ricordo. Il sindaco
Alessandra Buzzo, presente all’incontro,
ha sottolineato che si aggiunge al nostro
grazie quello che viene dall’alto.
Ambulanza
Continua l’elenco di offerenti pro
ambulanza: Zandonella Assicurazioni
sas 500, Luxottica Group spa in memoria Pompeo Pellizzaroli 282, DBA
Progetti spa 3.000, Sergio Coluzzi e
Susy De Candido in ricordo di Walter
125, De Zolt Annamaria in memoria
Walter De Zolt 100, Elvira De Zolt in
memoria Walter 25, Comis Alfredo
Bar 2000 vendita quadri 630, Gruppo
Ragazze 2^ media di S. Stefano110,
Wilma Anvidalfarei in ricordo dell’insegnante De Villa Palù 300, Valentino De Lorenzo Buffolo Bernardi 100,
Associazione E-state a Mare 2.784,
mercatino De Candido Elisa e Lovullo
50, Alimentari De Candido 128,50.
8
La Conquista
SEBASTIAN:
PRIMO CLASSIFICATO
TRA I DIPLOMATI
DEL GIUGNO SCORSO
È sfuggito il nome di Luca Alfarè
Lovo, che è diventato Perito Edile
all’ITI di Pieve di Cadore.
PER CONOSCERE IL
PATRIMONIO
STORICO-ARTISTICO
RIAPERTURA IN TEMPO RECORD
A Costalissoio gli Alimentari De
Mario hanno riaperto e rinnovato il
negozio. Dopo l’incendio avvenuto
il 17 aprile scorso, senza pensarci
due volte e con grande coraggio i
proprietari hanno reso operativo il
punto vendita per l’inizio della stagione estiva, sabato 27 giugno, ringraziando anche le tantissime persone – si legge nel volantino – che
in qualsiasi modo hanno dimostrato
la loro vicinanza e hanno offerto il
loro aiuto.
Martedì 28 luglio Valentina Comis,
laureata di recente in Conservazione
dei Beni Culturali, ha reso pubblici
i risultati della sua tesi di ricerca. In
una serata estiva, un pubblico interessato ha seguito la descrizione del- I DONATORI DI SANGUE
Anche quest’anno la sezione
la casa cinquecentesca dei Vecellio a
ABVS di S. Stefano di Cadore ha
Pieve di Cadore.
L’ambiente era intonato perfet- collaborato all’organizzazione della
tamente: era l’atrio d’ingresso della “Festa dello Sport” delle scuole eleVilla Janesi – Bettini, in piazza Bal- mentari di S. Stefano che si è svolta il
dissarutti, e corrispondeva bene al 26 maggio. Al termine della giornatipo di abitazione di rango esistente ta, ai 74 alunni sono stati consegnati
in quell’epoca nel Veneto.
altrettanti marsupi personalizzati
La relatrice si è servita di proie- ABVS con opuscoli per far conoscere
zioni per descrivere ogni piano della l’associazione. Si sono aggregate alla
casa del Vecellio, le varie stanze con festa anche le scuole elementari di S.
l’arredo caratteristico e quindi ha co- Nicolò di Comelico e ai 24 ragazzi
municato qualcosa del modo di vi- presenti sono stati dati degli zainetti.
vere, di lavorare e di pensare di quel (Franco De Candido)
tempo. Un particolare interessante è
Va aggiunto che la sezione AVBS
stato anche l’oratorio, cioè l’angolo di S. Stefano è sempre molto attiva.
privato, piccolo e raccolto, che era Anche per l’acquisto della nuova
riservato alla preghiera personale ambulanza ha contribuito con 1.500
davanti a un crocifisso prezioso con euro. (n.d.r.)
q
altre immagini sacre e a un’acquaforte rappresentante la città
di Gerusalemme e il Santo
Sepolcro.
Brava Valentina a far
conoscere un pezzo di storia del Cadore. Da ringraziare anche l’Assessorato
alle politiche giovanili del
Comune che ha promosso
l’incontro. Dalla storia si
viene a sapere, tra l’altro,
che forse un paio di quadri
famosi del Tiziano sarebbero passati per S. Stefano
e vi avrebbero soggiornato
per qualche secolo nel Palazzo Pellizzaroli. Infine
sarebbero stati svenduti
perché considerati privi
di valore.
Donatori di Sangue: festa dello sport.
Un concorso nazionale ha premiato Sebastian Agostini, allieva della
Scuola del Legno di S. Stefano, primo
classificato per il miglior design. Si
trattava di progettare un appendiabiti, dice con semplici parole l’interessato, e poi di realizzarlo col legno.
Complimenti al giovane studente, a
onore anche del buon livello della
nostra scuola Ipsia!
RIUSCITA VITA NELLE VIE
Vita nelle Vie 2015 si è chiusa,
bisogna proprio riconoscere, si è
chiusa in bellezza! È stata proprio
una manifestazione di vita, vita, vita
nelle vie equivalente all’entusiasmo.
Pianificata, rinnovata, condotta da
un’equipe organizzata e puntuale.
I venerdì si sono susseguiti con
interessanti attrazioni tra musiche,
spettacoli, artigiani e creazioni artigianali simpatiche, prodotti locali:
miele, erbe aromatiche, salse, formaggi, esposizioni d’arte di pittori
e scultori, un ventaglio piacevole che
ha interessato.
Un folto pubblico ha raccolto la
performance dei boscaioli nella pulitura e squadratura dei tronchi, nell’abile impiego delle motoseghe e non
più, o meno, dell’uso delle “manere”,
mannaie. Segno dei tempi.
Ma per i bambini, oltre ai giochi
a loro riservati, l’attrazione è stata in
via Udine negli spazi riservati agli

La Conquista
asinelli, alla mucca con i due vitellini. Occhi sbarrati e molto interessati
su di essi, col desiderio di avvicinarli
e toccarli. Perché? Perché mai visti
prima.
Il terzo venerdì, la terza ed ultima
serata è stata veramente spettacolare
con l’esibizione dal campanile del
soccorso alpino e con le acrobatiche
prodezze di Armin Holzer, sciatore
e slackliner, sui nastri tesi a grandi
altezze, una star internazionale.
Sono seguiti i tradizionali, sempre attesi, fuochi d’artificio, festosi.
E nella centralissima piazza Roma i
cuochi di strada hanno assicurato la
possibilità di rifocillarsi con tipicità
sia seduti che con Pip, piatti in piedi.
In questo contesto c’è stato il risvolto
di beneficenza per le attività di “Insieme si può”. Ed è da sottolineare
che l’associazione “Forza Comelico”,
nata dopo le frane della valle, ecc., ha
dedicato due serate, nell’ambito di
Vita nelle Vie, ad iniziative e giochi il
cui incasso è stato devoluto in favore
del Comune di San Vito di Cadore
colpito dalla frana dell’Antelao, raccogliendo l’invito di Nives Milani di
Radio Cortina.
Dunque Vita nelle vie rinnovata
ha fatto uscire la gente del paese,
ha attratto gente del Comelico, del
Cadore e gli ospiti villeggianti. Che
cosa ci si deve augurare? Una continuazione, nel continuo rinnovamento, nel pensatoio di programmazione, nella valutazione delle varie idee
che scaturiscono dai componenti il
comitato, nel volontariato e nell’ottica dello slogan Vita, Vita, Vita, (nelle
vie) che significa entusiasmo.
(Guido Buzzo)
MOSTRE ESTIVE
Aldo Buzzo, maestro di sci in
pensione (ma non del tutto!), si
diletta a scolpire quadri su legno.
Recentemente ha fatto una mostra
a Tarvisio con una dozzina di opere ed è anche presente nelle sere
di Vita nelle Vie. Il soggetto che
va molto, quanto pare, è il quadro
del Monte Lussari.
Luciano De Barba ha esposto
una personale di scultura presso
l’albergo Krissin dal titolo “Scolpendo nelle Dolomiti”.
Pittori locali hanno esposto
dall’8 al 23 agosto nella nuova
sala della Regola di Casada: sono
Renzo Doch e Augusto De Lenart.
Aldo Buzzo, oltre gli hobby di sciare, fare il nonno,
ecc. ha anche quello di scolpire. Qui ha rappresentato il Santuario del Monte Lussari. La moglie
collabora come buon critico d’arte e stende la cera.
“TRE COSTE TRAIL”
A Costalissoio si organizzano e, ogni tanto, si
lanciano delle simpatiche
feste e manifestazioni. I
tre paesi in costa, Costa
– Costalissoio – Costalta,
sono uniti da una bella
strada panoramica molto adatta alle passeggiate
domenicali, magari anche d’inverno. Perché
Podio della corsa.
non farne l’itinerario anche di una corsa non competitiva? Il folto gruppo organizzatore non ci ha
pensato due volte e, sabato 27 giugno, i partecipanti sono stati numerosi:
118. (Grazie a Mattia della foto!)
Sta per partire la
Bajarde bike in
piazza Roma, dietro
all’ape ammiraglia
di Leo.
PRESTIGIOSO CONCERTO
Un pubblico numeroso, e decisamente entusiasta, ha assistito al
concerto d’organo e violino offerto
a S. Stefano sabato 8 agosto. Organista era Stephan Kofler, di Merano, e
col violino barocco Elisa Citterio. La
manifestazione è stata fatta nell’ambito della rassegna “Organi storici in
Cadore” che si ripete ogni estate, col
patrocinio della Magnifica Comunità
di Cadore e anche col contributo della parrocchia. Ogni volta un tecnico
mette a punto l’accordatura del prezioso strumento perché l’esecuzione
riesca al meglio.
9
Picnic di
ferragosto a
Ravanel. Come un
patriarca biblico,
Antonio Polato
è circondato da
nipoti e pronipoti,
amici e parenti.
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È
stata la 14a edizione. Dall’alto una croce
di Dario Buzzetto continua a sorridere
Sorride ai giovani che l’hanno conosciut
aai più piccoli che hanno sentito parlare di lui
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Bajarde è il posto ideale per una festa estiva.
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po e l’aria del bosco garantiscono l’ottima riu
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La Conquista
croce e la foto
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iva. Il bel tema riuscita.
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11
trofeo di calcio a cinque. L’organizzazione è precisa
(Marco), l’arbitraggio è puntuale (Luca) e il ristoro è
garantito sotto il tendone.
Sabato mattina presto, alle 8, la manifestazione ha avuto il via con la messa, molto sentita e ben partecipata.
La benedizione diceva: «Salga a te la nostra lode, Padre. Che nella tua provvidenza guidi a un fine di bontà
e di grazia le fatiche e i progetti umani… ».
Il vivaio c’è!
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12
Papa Luciani.
l celebre e controverso teologo svizzero
Hans Küng parla del breve pontificato
di Papa Luciani nelle sue note autobiografiche dal titolo “Una battaglia lunga
una vita… Il mio racconto del secolo”
(2014, pp 649 ss).
Il teologo, che fu protagonista al Concilio Vaticano II e in seguito ha sempre
spinto avanti il rinnovamento della Chiesa
(a volte anche troppo!), è molto critico
nei riguardi dei papi ad eccezione solo
di Papa Giovanni, di Papa Francesco e
del “nostro” Giovanni Paolo I. ecco che
cosa ha scritto…
I
Il papa dei trentatré giorni:
Giovanni Paolo I
Dopo la morte di Paolo VI, che nonostante i suoi continui compromessi non è
mai stato veramente accettato dai falchi
della curia e del collegio cardinalizio,
il conclave è profondamente diviso. Ci
sono i «montiniani» sulla linea di Paolo
VI, il cui candidato è Giovanni Benelli,
divenuto da pochi mesi arcivescovo di
Firenze e cardinale, che prima era stato
per dieci anni capo di stato maggiore del
papa («sostituto») presso la Segreteria
di Stato. A questa fazione mediatrice si
oppongono i «falchi», il cui candidato è
il card. Giuseppe Siri di Genova, poco
amato già durante il Concilio. Entrambi i
gruppi si bloccano a vicenda nel corso
dei primi scrutini. Infine si trova un candidato italiano di compromesso, gradito
ad ambedue le fazioni: l’allora patriarca
di Venezia, card. Albino Luciani, un uomo
amabile e umile della cui elezione, avvenuta il 26 agosto 1978 e da lui certo
La Conquista
non cercata, io sono sinceramente felice.
Vuole essere esplicitamente il papa della riconciliazione e prende, per questo
motivo – è una novità! – il nome dei suoi
predecessori, tra loro così doversi: Giovanni Paolo.
Già il giorno dopo l’elezione rilascia
alla televisione svizzera un’intervista dai
toni positivi. Non molto tempo prima,
infatti, il direttore musicale della nostra
università, Alexander Šumski, era stato
a Venezia con il Collegium musicum di
Tubinga per dare un grande concerto nella basilica di San Marco in presenza del
patriarca. Mi racconta che il patriarca teneva sulla sua scrivania il mio libro Essere
cristiani, che aveva chiesto mie notizie e
mi mandava a salutare. Rispondo poco
dopo con una lettera e l’invio dell’edizione
italiana di Essere cristiani con una dedica. Mi ringrazia con molta cortesia e mi
rivela che era stato il vescovo Gargitter di
Bressanone (un ex alunno del Collegium
Germanicum) a dargli il mio libro, poco
dopo la sua uscita in Germania. Albino
Luciani mi scrive testualmente: «Ho letto
alcune parti del libro (non conosco perfettamente il tedesco) e ho trovato passaggi
molto belli. Lei ha il dono della scrittura:
può fare del bene. Confesso di essere
rimasto nel dubbio su alcuni punti (non
sono uno specialista), su altri sono di parere diverso».
La lettera mi impressiona. Esprime
umiltà discernimento e serenità. Alla
lettera allega il suo scritto Illustrissimi.
Lettere del patriarca (Messaggero, Padova 1976), tra i quali annovera, accanto
a santi e dotori della Chiesa, anche illuministi come Voltaire. Queste lettere mi
mostrano comunque una persona di profonda umanità, tollerante, con un ampio
orizzonte intellettuale, che evidentemente
non vuole impormi formule dogmatiche.
Rispondo al patriarca in italiano:
«Sono sorpreso dalla Sua opera: un teologo e patriarca che non sa solo scrivere lettere pastorali e sermoni, ma lettere
(quasi encicliche) ai grandi del passato,
con uno stile, inoltre, elegante e molto
umano». Il patriarca, con una lettera
manoscritta, il 15 aprile 1977 ringrazia
affettuosamente il «caro professore» per
gli auguri di Pasqua e, con riferimento al
mio complimento, scrive: «Quasi encicliche? Ohimè! Si tratta solo di scarabocchi scherzosi, anche se con intenzioni
pastorali».
Si capirà, dopo questa premessa, che
vedo l’elezione di Luciani con ottimismo.
Il fatto che non prenda il nome di Pio,
ma i nomi dei due papi conciliari, è un
buon segno. Subito dopo l’elezione gli
invio il mio libro Dio esiste? Con la dedica:
«Caro papa Giovanni Paolo I, sono molto
contento della Sua elezione e spero che
il Suo pontificato sappia e possa rispondere alle pressanti attese di milioni di
persone che hanno sete di Dio».
Subito dopo appare sulla stampa la
notizia secondo la quale Giovanni Paolo
I avrebbe fatto la «mostruosa» affermazione che Dio non è solo padre, ma «anche madre»! «Dio Madre»! non occorre
conoscere molto bene la curia romana
per immaginare come questa affermazione sembri, a molti monsignori, in parte
fanatici difensori del celibato, blasfema.
In ogni caso questo papa, che poco
dopo la sua elezione fu chiamato «il papa
sorridente», appare già il 3 settembre
1978, giorno del suo solenne insediamento, stranamente serio, senza il suo
solito sorriso. Anche il suo discorso risulta molto convenzionale, è evidente che
sia stato rivisto, se non addirittura steso,
dal Sant’Uffizio. Iniziano a sorgere i primi dubbi: papa Luciani si saprà imporre
alla curia? Ancora è troppo presto per un
giudizio, poiché è in carica da neanche
trenta giorni.
La misteriosa morte del papa
e altri misteri vaticani
Per quanto mi riguarda, dal 23 settembre al 7 ottobre 1978 partecipo a
un viaggio di studio, programmato da
tempo, della Facoltà cattolica in «Terra
Santa», dove finalmente era stato fatto
un importante passo verso la pace. (…)
Il nostro viaggio si svolge in armonia,
ma improvvisamente prende una svolta
drammatica: appena una trentina di giorni
dopo l’elezione del papa, il 29 settembre
1978, ci raggiunge a Gerusalemme una
notizia che sconvolge tutti: papa Giovanni
Paolo I è morto! Aveva soltanto 65 anni ed
era sul Soglio solo da trentatré giorni! Al
mio ritorno ricevo un messaggio dal suo
segretario, don Lorenzi, che mi ringrazia
per l’invio di Dio esiste?: il mio libro è arrivato purtroppo solo dopo la morte del
papa. Le domande che sorgono riguardo
a questo decesso non sono poche.
La causa della morte improvvisa del
relativamente giovane papa dei trentatré
giorni – è stato trovato la mattina nel suo
letto – non viene indagata: non si esegue
un’autopsia né si fanno accertamenti di
polizia. Non sorprende quindi se fino a
oggi circolano al riguardo le voci più disparate. Tutti mi chiedono cosa pensi di
questa morte improvvisa. Così redigo un
La Conquista
comunicato che invio a tutto il mondo e
che culmina con l’affermazione: ritengo
che i curiali, molti dei quali conosco di
persona, possano combinarne tante,
ma non assassinare un papa.
Altri sono di parere diverso, per
esempio David A. Yallop, autore del
best-seller In nome di Dio. La morte di
papa Luciani (1984), che fa riferimento
più volte anche a me come testimone,
purtroppo non sempre in modo corretto. (…)
Subito dopo la morte di Giovanni
Paolo I, in Vaticano, viene diffusa una
menzogna pietosa: il papa è morto leggendo il messale tardo medioevale di
Tommaso da Kempen De imitazione
Christi. Dall’entourage dell’arcivescovo
di Milano, card. Giovanni Colombo, il
miglior amico di Luciani nel collegio
cardinalizio, apprendo che la sera
prima di morire papa Giovanni Paolo I
aveva chiamato Colombo dicendogli:
«Mi prendono in giro». In verità il papa
morirà con accanto una lista di nomi
d’alto rango da promuovere; suggerimento probabilmente da lui non condiviso. Chissà, forse le decisioni personali che si pretesero da lui divennero
il peso (sembra che pensasse anche
alla destituzione di Marcinkus) che oppresse questo papa notoriamente sensibile? Anche l’infarto del card. Döfner,
quasi coetaneo del papa, è collegato
da molti allo stress psichico. Molti vedevano comunque in Giovanni Paolo I
il rappresentante di una Chiesa umanitaria, nello spirito del Concilio Vaticano
II. E io sono convinto che sotto questo
papa non mi sarebbe occorso nulla di
male. Adesso, però, deve essere eletto
un nuovo papa. E in conclave, dopo
tutte le difficoltà riscontrate per l’elezione di Albino Luciani, sarà ancora
più complicato.
13
Matrimonio: discussione in atto
(da “Vangelo della Famiglia”, contributo al Sinodo dato della Diocesi di BellunoFeltre e scritto da don Luigi Del Favero)
DICHIARAZIONI DI NULLITÀ
Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo
matrimoniale potrebbe offrire un reale
contributo positivo alla soluzione delle
problematiche delle persone coinvolte?
Innanzitutto occorre chiarire la differenza tra il divorzio e la dichiarazione
di nullità. Il primo è atto del tribunale
civile che scioglie un vincolo; il secondo è atto della Chiesa che riconosce
invalido il patto stretto in maniera non
completa.
La proposta di avviare un processo canonico per il riconoscimento di
nullità appare ai più troppo gravosa,
anche perché le dicerie la dipingono
accessibile soltanto a chi ha adeguate
possibilità economiche. E questo timore
tanto più pesa, quanto più si considerino gli oneri che già gravano sui coniugi
che si separano, tanto da ingenerare
una nuova forma di povertà proprio tra
queste persone.
Inoltre l’esito è stato spesso frustrante. È rilevato che gli addetti dei
tribunali ecclesiastici oggi sanno mostrare più attenzione alle persone che
al diritto, ma si vorrebbe far capire ai
giudici che la scelta matrimoniale è oggi
molto complessa e che molto spesso chi
la compie non è veramente cosciente
dell’impegno che assume.
Tra i sacerdoti è emersa la convinzione che alcune giovani coppie non
sappiano neppure che cosa vogliono,
quando chiedono il matrimonio. Molte
Antonietta e Romano Petris hanno festeggiato il 50° dii
matrimonio circondati da familiari e amici.
volte il matrimonio è stato contratto con
scarsa consapevolezza; spesso c’è dietro
una insufficiente educazione affettiva
e/o morale; il nutrimento affettivo è
talora mancato nelle famiglie di origine.
Molte persone vivono in condizioni di
«analfabetismo affettivo», per cui, prima
del matrimonio, andrebbero incentivati
percorsi che portano il singolo a fare
scelte mature e consapevoli, prima ancora di accedere alla vita di coppia.
Si riscontra quell’analfabetismo, per
esempio, quando si confonde innamoramento e amore, quando non si riesce
a percepire che la fatica e il sacrificio
fanno parte dell’amore, che la persona
è un mistero che non si può mai pensare di esaurire (e tanto meno scartare),
che lo spessore di una persona è tale
che non basta una vita per onorarlo. Si
cresce con un cuore piagato che cerca
affetti, relazioni amorose: e queste così
diventano ricerca del proprio benessere,
non del benessere dell’altro, come dono
di sé in Dio.
In ogni caso, uno snellimento delle
procedure e una maggior flessibilità parrebbero auspicabili. Spesso a frenare la
decisione di intraprendere una causa di
nullità sono i tempi. L’esperto assicura
che, se tutto va bene, ci vogliono poco
più di tre anni, quando siano conformi
le due sentenze diocesana e di appello.
Le cose si allungano, quando è necessario adire alla Rota romana. Lo stesso
esperto intravede la possibilità di modificare la legislazione canonica sul merito
dei due o tre gradi di giudizio.
Paola Pellizzaroli e Francesco Joppi ringraziano
Paol
il Signore dei 50 anni vissuti insieme.
La Conquista
14
4a -puntata)
La leva militare
Nel 1962 avevo venti
anni (mi sarei sposato l’anno dopo). A quei tempi si
faceva la leva militare e si
risultava abili o revisibili. In
paese si faceva una grande
festa. Tutti i coscritti salivano su un carro trainato
dai cavalli e ornato di alberelli e rose. Ricordo anche
qualche slogan: «Brilla la
luna, brillan le stelle, ma
le ragazze del ’42 son le
più belle».
Naturalmente io non ho
potuto partecipare a questa
manifestazione perché mi
trovavo in Svizzera. Per
festeggiare anch’io mi sono
messo d’accordo con un
amico di Comelico Superiore, Aldo Zanantonio
Talè, che lavorava pure lui
in Svizzera e aveva quattro
anni più di me. Aveva la- Bruno ha fatto il coscritto a Parigi (con Aldo Zanantonio da
vorato anche a Parigi e ab- Casamazzagno). Non poteva rientrare in Italia per il servizio
biamo deciso di andarci. Io militare, perché emigrante in Svizzera.
veramente volevo fermarmi
Di giorni a Parigi ne sono passati alla
a Parigi a lavorare… avevo messo in
fine non quattro, ma dieci. Per fortuna
valigia anche qualche abito da lavoro.
avevamo il biglietto di andata e ritorno,
Abbiamo preso i quattro giorni di
perché eravamo rimasti senza soldi.
ferie pasquali e anche un giorno in
Tornati in Svizzera, ci siamo accorti che
più. Sul treno abbiamo conosciuto un
l’avevamo fatta grossa. I nostri padroni,
austriaco che viaggiava solo e abbianon vedendoci tornare, avevano messo
mo fatto amicizia. In albergo ci siamo
in moto l’Interpool. Tutto è finito bene
messi in camera assieme tutti e tre.
comunque.
Eravamo nel quartiere di lusso: Monparnasse, via de La Gheté, hotel De
l’Amie. Abbiamo passato tutti i giorni a Nascita del primo figlio
visitare Parigi, usando la metrò. AbbiaTorniamo al 1963, anno del matrimomo visitato anche il famoso complesso nio. Il 10 dicembre è nato Sergio. Ho
commerciale.
accompagnato Antonietta in ospedale
L’amico austriaco dopo tre giorni è e ho detto agli infermieri di avvisarmi
rientrato. Non era abituato a cammina- perché avevo piacere di assistere al
re a piedi ed ha accusato un forte mal parto. Non c’erano telefonini e quando
di schiena. Noi siamo rimasti e abbia- ho saputo, Sergio era già nato. Con
mo anche conosciuto due di Comelico grande gioia di entrambi, era nato un
Superiore dei quali oggi non ricordo il maschio, proprio come desideravamo.
nome. Nel frattempo cercavo lavoro:
La settimana in cui la moglie è stata
ho chiesto in un ristorante italiano e il in ospedale ho sempre dormito sul
gestore mi ha detto se sapevo suonare divano della “stua” e non nel letto maqualche strumento musicale. Gli ho trimoniale. Quando è tornata a casa,
risposto di no. Mi avrebbe impiegato sono partito a prendere i genitori di
qualche sera a intrattenere gli ospiti.
Antonietta in Italia. I suoceri hanno
voluto venir a vedere il nipote e ad aiutare la figlia che era giovane mamma.
Sono partito il 24 dicembre mattina
presto, alle quattro, e sono ripartito di
ritorno da Laste verso mezzogiorno.
Verso le 17 ero sul Voralberg. A un
paio di chilometri dalla cima ho visto
una nuvola di vapore uscire dal cofano
e la macchina si è spenta. Era la sera
del 24 dicembre ed era già buio. Si
era rotto il manicotto del radiatore ed
era uscita tutta l’acqua. Là non c’era
nessuno.
Dopo un po’ un’auto scendeva verso
St. Jackob. Si è fermata e ho spiegato la
situazione: mi occorrevano un nastro
adesivo per aggiustare il manicotto e
dell’acqua da mettere nel radiatore.
Il signore, molto gentile, m’ha detto
che andava in stazione a prendere dei
clienti e vedeva di fare qualcosa. Siamo
rimasti lì ad aspettare al freddo. Il signore è tornato con del nastro isolante
e una tanichetta d’acqua.
Dopo un’ora, ho riparato il manicotto e ho potuto proseguire. Dovevo andare lentamente e ogni tanto fermarmi
a mettere acqua. Ci è andata bene così
perché in Austria e in Svizzera il 24
dicembre è tutto chiuso. Siamo arrivati
tardi, verso le dieci, e si può immaginare la preoccupazione di Antonietta!
Abbiamo festeggiato il Natale tranquilli, tutti insieme, con la cognata
Apollonia, Tullio e nipoti che erano
già lì, in Svizzera, tutti piccoli: Fabio
nato nel 1961, Sandro nel 1962 e ora
Sergio nel 1963. La sorella di Antonietta li teneva tutti e tre. «Io andavo a
lavorare in fabbrica», dice Antonietta, e
Bruno conclude: «Siamo stati fortunati
ad avere una cognata che accudiva
tutti i bambini.
Auto kaputt
La vita continuava regolarmente. Lavoravo sempre come gessino. L’anno
seguente, a dicembre, sono venuto in
ferie passando un po’ di giorni a Laste
e un po’ a S. Stefano.
Qualche giorno prima di tornare in
Svizzera mi sono accorto che non avevo più soldi… e pensare che guadagnavo bene e anche la moglie lavorava. «Lavoravo a cottimo e guadagnavo
bene – dice Antonietta -, in stireria, e
il lavoro mi piaceva!». A quel punto mi
sono vergognato. Non volevo chieder
soldi ai genitori e mi sono rivolto al
mio amico Ivo Baldissarutti. Me li ha
La Conquista
imprestati e così ho potuto tornare e
poi, alla prima paga, ho restituito.
Era il primo anno di matrimonio, ma
io continuavo la vita come uno scapolone. Eravamo andati in ferie anche
d’estate, con la macchina. Una sera ero
coi miei amici che, essendo militari,
dovevo portarli a Monte Croce al campo. Eravamo Ivo, Bruno, Giampaolo e
Remo… Ci siamo fermati a giocare alla
mora a Sega Digon. Però Bruno doveva rientrare in caserma a S. Stefano e
sono sceso a portarlo. A metà strada
sono andato a capottarmi . Da quella
volta l’auto non è più andata bene e
anche per questo ho speso tanti soldi.
L’esperienza di trovarmi senza soldi
mi ha fatto riflettere e mi ha spinto
a fare la vita normale di marito e di
padre. Facendo una vita più regolare,
ho cominciato a risparmiare qualche
soldino ed è nato in me un obiettivo:
realizzarmi, fare qualcosa… non sapevo neanch’io che cosa.
Ho cercato qualche occupazione in
proprio, ma non era possibile: occorrevano dieci anni di residenza e poi farsi
svizzeri. Avevo un amico più anziano
che aveva intenzione di metter su commercio di vino e prodotto italiani. Era
titubante e io, col mio carattere, l’ho
incitato: «Qui il vino lo vendono caro!
Poi ti do una mano anch’io… » e così
è stato. L’ho aiutato per alcuni mesi:
io facevo come rappresentante, andavo dagli italiani. Ma a lungo andare
la cosa poteva essere pericolosa per
me e non potevo esercitare un’attività
in nero. Ho smesso e lui, già avviato,
ha fatto fortuna. Era Tonin Balota, di
Rocca Pietore.
15
Foto di emigranti in Svizzera, tutti del Comelico.
Voglia di progredire
In me è sempre rimasta la voglia di
realizzarmi, di progredire… un giorno
mi è arrivato in cantiere un impresario
e mi ha chiesto di andare con lui: mi
avrebbe dato un franco in più all’ora.
A me dispiaceva andar via da Strehler,
però l’interesse economico ha prevalso. Ho fatto le ferie a Natale e sono
rientrato cambiando ditta. Antonietta
era contraria: «Ma lui ha fatto sempre
quello che ha voluto! Io invece sono
rimasta nove anni sempre con la stessa
ditta».
Sono andato bene con la nuova impresa per setto, otto mesi. Poi il nuovo
1965. Papà Agostino, nonna Pina e nonno Gigi, Bruno con in braccio il figlio Sergio e la moglie
Antonietta, fratelli Berto e Rino, il più piccolo.
padrone ha preso un cantiere lontano
e avrei dovuto star fuori casa tutta la
settimana. Mi sono licenziato e sono
andato nel Canton Zurigo, a Winterthur, da una ditta che già conoscevo
perché da un paio d’anni vi andavo
a lavorare il sabato. Ho chiesto e mi
hanno assunto.
Però c’era un problema: questa ditta
non poteva assumere stranieri. Il padrone mi ha detto: «Intanto cominci a
lavorare. Poi facciamo domanda per il
permesso di lavoro. Da agosto a dicembre ho lavorato e tutto è andato liscio.
Tornato a gennaio, dopo venti giorni,
è arrivata la lettera della polizia degli
stranieri con l’ordine di presentarmi. Il
datore di lavoro mi ha detto: «Tu vai lì
tranquillo. Non sai niente. Dici che fa
tutto il padrone». Conclusione: avendo
lavorato senza permesso, sono stato
espulso dal Canton Zurigo.
Rimasto senza lavoro (lavorava solo
la moglie), mi trovavo un giorno davanti alla posta. Ho incontrato Strehler,
il mio ex datore di lavoro. Ci siamo
salutati. Essendo un giorno feriale, mi
ha chiesto come mai non lavorassi e
gli ho raccontato tutta la storia. M’ha
detto: «Guarda, io adesso non ho bisogno di operai. Però penso io a trovarti
un lavoro». Ha trovato a Romanshorn,
vicino al lago di Costanza. Erano una
trentina di chilometri e ci andavo in
auto. Veramente Strehler è stato un
secondo padre per me!
(continua)
La Conquista
16
Affresco nella sede degli Alpini di S. Stefano.
Anno dei divini
flagelli…”
Non sono d’accordo con il Pievano
don Giovan Battista De Martin quando
mette il titolo dell’Anno 1918: «Anno
dei divini flagelli, vera fame e peste
meritate dai nostri peccati». Per quanto ci sia del vero nella frase, che è
un’espressione apocalittica e riflette la
tragicità di quell’annus horribilis, ma a
ben pensarci non c’entrano né Dio né
i cosiddetti divini flagelli.
La guerra è provocata dagli uomini
(nel caso dell’Italia dal gruppo degli
Interventisti) ed è un grande peccato
comunitario: un peccato europeo… visto che la Grande Guerra era europea
e non così mondiale da abbracciare il
mondo! A farne le spese poi non furono tanto coloro che la scatenarono,
ma il popolo, la povera gente che vide
partire i suoi figli in armi e pianse lo
spreco di tante vite umane e di risorse
d’ogni genere.
Fossero state ascoltate le parole dei
Papi in quegli anni: «Guerra: inutile
strage… Tutto è perduto con la guerra: tutto è salvato con la pace»! Ma la
strage di vite umane non finì coi caduti in battaglia (furono, come si sa,
600mila solo gli italiani!); essa continuò
in mezzo alla popolazione stremata da
privazioni e da epidemie che la guerra
provocò. Per finire con un altro Papa,
S. Giovanni Paolo II: «La guerra è il
mezzo più barbaro e più inefficace per
risolvere i conflitti».
Il pensiero di pré Tita oggi andrebbe corretto così: non «i divini flagelli
meritati dai nostri peccati» ma i peccati di molti hanno provocato flagelli e
sofferenze a valanga sui popoli. Che a
pagare poi sia stata soprattutto la gente
inerme e innocente, lo dimostra bene
il tragico elenco del Registro dei Morti
della Pievania che andremo a sfogliare
…e intanto Dio continua a piangere,
anche lui, con le vittime: le accompagna con la croce del Figlio che precede
i funerali e ed è piantata sulle tombe!
“Fame crudele,
spaventosa, orrenda…”
Sorprende leggere che molti siano
morti per fame, almeno una ventina,
in quell’anno 1918 nel nostro paese di
montagna dove la terra ha sempre dato
un sostentamento, per quanto magro e
sudato, almeno sufficiente. In mancanza di un esame diagnostico più attendibile, bisogna accettare la valutazione
del pievano che constatava la morte e
la attribuiva in questi casi alla grave
denutrizione, alla fame appunto, che
qualifica di volta in volta con aggettivi
diversi (e sempre terribili!): fame crudele, fame orrenda, spaventosa, nefanda… altrove parla di fame e stenti o di
stato di abbandono…
La morte per fame capitava a persone di una certa età. C’erano giovani
deceduti per altre cause… Un soldato,
Attilio De Candido di 20 anni, rimasto
nelle terre invase, è morto di febbre
tifoidea (21 gennaio 1918). Un uomo,
Attilio De Mario Sartor di 26 anni, è
morto di crepacuore per l’abbandono
dell’intera famiglia profuga in Italia (22
febbraio).
Una ragazza di 24 anni, Clementina
De Mario Sartor, è morta di spavento
provato in Cadore coi profughi e di
stenti nel ritorno in Comelico (4 marzo).
Un reduce di 22 anni, Benigno Puliè,
è morto di malattia contratta in guerra
(22 marzo). Un prigioniero, Giuseppe
De Mario Caprin, sposato con Giovanna
Zaccaria Lucco, è morto a 37 anni di
spavento incussogli dalla gendarmeria
austriaca.
I morti per fame generalmente non
erano giovani: un contadino di Casada
Valentino De Lenart Mela di anni 65
(3 luglio 1918); una casalinga nubile
di 71 anni Marianna Zaccaria Lucco
di Costalissoio (5 luglio); un cantore
di chiesa Luigi Bettina Piazza vedovo
di Costalissoio (10 luglio); un operaio
anziano e vedovo Prosdocimo De Bernardin del paese di anni 87 (10 luglio);
il fabbro – meccanico di Campolongo
Basilio De Bernardin Scorzon di anni
78 vedovo e abbandonato da tutti (11
luglio); una vedova di 76 anni Vincenza
Casanova Cabarè di Campolongo (16
luglio); Valentino Buzzo Tataratti di 84
anni, stradino, vedovo (8 agosto)…
L’elenco di morti per fame continua tutta l’estate del 1918 e anche
nell’autunno e la dieta di erbe cotte
evidentemente non bastava: un boscaiolo Giovanni Pomarè di anni 82,
di Campolongo (8 agosto); Giacomo
De Mario di professione carradore di
70 anni di Costalissoio (12 settembre);
una mamma, Maria Somià Pasqualon
di 44 anni, con sei bambini senza cibo
di sorta (14 settembre); il cantore di
chiesa di Costalissoio Luigi De Lenart
Rocchio, di anni 77, vedovo (16 settembre); Pietro Pomarè Borgnucco di
anni 86 (17 settembre); Luigi De Mario
Caprin di Costalissoio, di anni 78 (25
settembre); Giuseppe De Mario Calligher di Costalissoio di anni 85, morto
di peste e fame in totale abbandono (5
ottobre)… e l’elenco continua monotono con diversi casi analoghi.
La Conquista
17
Il tragico elenco
continua
Il Registro dei Morti sforna un vero
bollettino di guerra. Esso documenta
drammi umani della miseria in cui la
gente si trovò un quel triste 1918. Ci
furono quelli che morirono mentre si
recavano in Friuli a cercar viveri per sé
e la famiglia…
18 maggio, Gregogio Comis de Libera celibe, di anni 75, morto di cancrena
ai piedi e alle mani ghiacciati lo scorso
gennaio in Valle Frison, di ritorno dalla
Carnia, dove s’era recato per viveri onde
sopperire alla fame crudele che percuoteva il Comelico e dove rimase due
notti e due giorni affondato nella neve.
9 agosto, Valentino Cimavilla Suvesila di Leonardo e di Giovanna De Bettin
Padolin, di anni 6, morto a Pesaris in
Carnia di fame e stenti mendicando; suo
padre lo trasportò qui attraverso la montagna in una gerla e fu sepolto l’11 corr.
nel cimitero di Costalissoio assistendovi
il sottoscritto prè Batt. De Martin.
26 agosto, Umberto Doriguzzi di
Pietro e di Felicita Comis Ronchin, di
anni 18, è morto oggi di dissenteria
sanguigna contratta in Friuli dove suo
padre andò a prenderlo con un carretto
a mano preso a nolo in Carnia, al prezzo di una lira al giorno, e lo trasportò
qui a casa dove morì.
16 ottobre, Maria De Bernardin
Bolifur contadina di anni 17, di Campolongo, morta di bronchite presa nel
viaggio del Friuli, esclusa da ogni casa
di Forni e Sappada sibene gravemente
ammalata…
28 gennaio 1919, Luigi Buzzo Piazzetta di anni 18, febbre malarica contratta l’estate scorsa a Monfalcone ove
si era recato a lavorare costretto dalla
fame.
Fu sepolto a S. Stefano un soldato
austriaco, innominato perché suicida:
13 giugno, oggi fu sepolto in questo
cimitero un povero soldato boemo che
s’era impiccato ad un albero, spinto dal
terrore del Grappa dove veniva mandato a combattere. Il Comando austriaco,
geloso del nome dei suoi soldati morti,
non lo comunica ad alcuno (Pre Giov.
Battista pievano).
Incolpati gli Austriaci anche di cure
mediche sbagliate: 25 agosto Marcello
De Bettin Lelo, fu Valentino e di Maria De Mario levatrice di Costalissoio,
studente di anni 13, è morto di cura
Scolari col maestro Zaccaria: qualcuno ha i piedi scalzi. (Raccolta di Riccardo Zaccaria)
sbagliata dei dottori ungheresi , sepolto
a Costalissoio.
Capitò più volte che mancassero
addirittura uomini per lo scavo delle
fosse: 11 ottobre, Teresa De Mario Croz
casalinga di anni 61, moglie del maestro Osvaldo Zaccaria di Costalissoio,
morta di peste e fame… il suo corpo
fu trasportato la sera dopo nella cella
mortuaria di quel cimitero mancandovi
la fossa necessaria in difetto di uomini
e di forze, ciò che avvenne più volte
in questo misero anno a Costalissoio.
Le famiglie stesse dei poveri morti dovevano scavare le fosse per inumare i
loro defunti.
E venne il 4 Novembre
della vittoria!
Stando al “resoconto” del Registro
dei Morti, non è che la vittoria del 4
novembre 1918 e la fine della guerra
abbiano cambiato granché la vita di
quei giorni in Comelico. Il bollettino di
guerra continuava con l’elenco di vittime che portavano in sé le conseguenze
pesanti del conflitto…
Un prigioniero italiano ritornava
verso casa: 13 novembre 1918, Giuseppe Torresantucci, caporale del 22°
fanteria di Lanciano degli Abruzzi, prigioniero di guerra sul Grappa gloriosissimo e condotto a Sillian nella Pusteria,
il 4 corrente crollata l’Austria e ritornando in Patria per Visdende, sfinito e
famelico fu accolto pietosamente nella
casa dei coniugi Giuseppe ed Eugenia
Pomarè Boratta, ma la polmonite acuta
lo spense oggi , sepolto a Campolongo.
Un ferito di guerra: 28 novembre,
Simone Casanova Stua di anni 32, soldato mutilato di guerra di Costalta,
morto oggi in questa infermeria militare assistito dal P. Domenico Taglierini
cappellano del 216° fanteria… e un
reduce vittorioso: 27 dicembre, Agostino Quattrer alpino, reduce dalla guerra
vittoriosa contro l’Austria, di anni 21,
deceduto per influenza.
Il tragico bollettino continua con
la moria causata dalla “Spagnola”: la
febbre influenzale che sarebbe stata innocua se non avesse trovato le persone
così debilitate dalla fame e debolissime
al contagio. La parola “Spagnola” neanche è nominata nel registro, ma si
tratta certo di questa epidemia quando
si legge: «peste sanguigna… dissenteria
sanguigna» e spesso solo «influenza» almeno in sette casi. I colpiti questa volta
erano per lo più giovani: bambini di 3
o 4 anni, 10… e pure un ragazzo di 17.
Anche dopo la vittoria italiana si
lamentano le conseguenze dell’invasione: 17 dicembre, Beniamino Coluzzi,
falegname di anni 45, morto di fame e
spavento provato sotto l’invasore barbaro e… 19 dicembre pure la figlia
Lucia, di anni 16, morta di miseria e
spaventi austriaci.
Fin qui le vicende sconvolgenti che
sono documentate nel Registro dei Morti di S. Stefano. Un resoconto simile, ma
che riguarda specialmente il Comelico
Superiore, si trova nel libro FONTANA
G., Notizie storiche del Comelico e di
Sappada, pp 256-62.
18
La Conquista
Don Angelo Arnoldo
ritorna due volte
Il pievano annota che don Angelo dopo il 4 novembre è «reduce da
Milano» per due volte, come mai? Il
Registro informa che egli era presente
a Costalissoio il 17 novembre 1918: Antonio Zaccaria Lucco, operaio anni 34
di Costalissoio, marito di Maria Menia
è morto di miseria assistito dal mansionario Arnoldo e sepolto dal medesimo don Angelo reduce da Milano, ivi
profugo da un anno. Quasi un mese
dopo la presenza di don Angelo a
Costalissoio è documentata così: 13 dicembre, Giambattista Pomarè Montin,
operaio di anni 43, morto in seguito
alle fatiche di guerra, assistito da don
Angelo Arnoldo mansionario reduce
per la seconda volta da Milano.
Come già si sa, don Arnoldo si era
rifugiato a Milano seguendo la truppa
nella ritirata dopo Caporetto e si sa
pure che lì si era dato da fare nell’assistere feriti e malati di “Spagnola”.
Quando tornò nella sua parrocchia
con l’euforia della vittoria, dovette
scontrarsi con la miseria triste in cui
versava il Comelico che era assediato
dalla fame e dall’epidemia. Don Angelo non ci pensò due volte e tornò
a Milano a chiedere aiuto a quanti
conosceva.
Fece poi ritorno portando aiuti consistenti in parrocchia… più o
meno come disse l’arcidiacono Fiori
nel famoso discorso: «…una colonna
di camion carichi di ogni ben di Dio,
di farina, di pasta, di riso, di biancheria, di vestiti, di grassi, di formaggi,
d’insaccato, e soprattutto di vino, di
grappa, di cognac e di marsala, da
poter rifornire tutte le dispense e tutti
i guardaroba delle famiglie spogliate
prima dai tedeschi, ciò fu tutto frutto
di quella riconoscenza che i milanesi
sentivano per il prete cadorino che
tanto si era prodigato durante il contagio».
In quel momento di sollievo, la comunità di Costalissoio ebbe da soffrire
un altro lutto importante: 30 gennaio,
Osvaldo Zaccaria maestro, di anni 70,
vedovo, è morto di miseria acutissima;
per 44 anni aveva insegnato e educato
tre generazioni del natio Costalissoio,
nella scuola senza perdere un gior-
Il maestro Zaccaria con la famosa medaglia
d’oro. (raccolta di Riccardo Zaccaria)
no e nella chiesa quale capo cantore
esemplare. Nell’anno della maledizione austriaca soffrì la fame, costretto ad
offrire la medaglia d’oro guadagnata
nei 40 anni d’insegnamento per un
pugno di farina che gli fu negata. Perdette in quest’anno terribile di peste
e fame e spaventi la moglie, un figlio
e tre nipoti. Fu sepolto assistendovi
il sottoscritto pievano e tutto il suo
paese scolaro.
Bilancio dell’anno
1918 a S. Stefano
A margine del Registro dei Morti
il pievano De Martin annotò un suo
giudizio, che posso anche comprendere nella drammaticità e nelle sofferenze del momento, ma dal quale
ancora una volta devo dissentire sia
per motivi storici e sia soprattutto per
motivi teologici e biblici. Eccolo: «Fine
dell’anno 1918 della fame, della peste,
della guerra e soprattutto dell’invasione militare austriaca apportatrice di
tutti i mali, sacrilega, rapinatrice di tutti
i sacri bronzi della parrocchia, dei tetti
metallici dei campanili e delle chiese
epperciò scomunicati e fulminati dall’ira e dalla vendetta divina».
È vero che il governo austriaco
asportò «i sacri bronzi» dai campanili
avendo bisogno del metallo per far
cannoni, ma non riservò l’onta «sacrilega» solo ai paesi occupati perché, nel
dopoguerra, furono rifuse le campane
a spese dello Stato anche a paesi austriaci come S. Vigilio di Marebbe e
lo stesso duomo di Bressanone. Lo si
vede negli elenchi delle fonderie venete e friulane prese d’assalto, dopo la
guerra, perché tutti avevano premura
di riavere le campane e invece dovevano mettersi in lista d’attesa, per cui a
molti dei nostri paesi il Ministero delle
Terre liberate offrì un fornitore molto
lontano, a Lucca.
Ovunque l’iniziativa improvvida
di gettare le campane dai campanili
suscitò profondo risentimento e molta avversione al nemico invasore, ora
anche per un motivo di carattere religioso. Da più parti si disse subito che
una tale profanazione segnava ormai
la sicura sconfitta. Per anni si dovette
aspettare le campane nuove e il dolore
si rinnovava ogni volta che dai campanili vuoti si sentivano tetri rintocchi
metallici, magari di un grosso bidone
o di una sbarra di ferro.
Le parole del pievano testimoniano il dolore morale inflitto alla gente
che era già tanto provata da fame e
malattie. Non è accettabile tuttavia il
discorso dei fulmini «dell’ira e della
vendetta divina» che fa parte di un
linguaggio vecchio e apocalittico.
La Bibbia parla dell’ira di Dio verso
i nemici del suo popolo, ma in realtà
Dio insegna ad aver pazienza e ad
amare i nemici addirittura! Se Dio si
adira, si arrabbia con se stesso al vedere che gli uomini si rovinano e si fanno
del male con le loro mani. Quando il
Creatore vede la rovina delle sue opere, e dell’uomo che è suo capolavoro,
allora «si accende la sua ira»!
Dopo le parole inopportune, dettate dall’esasperazione di una dura prova
affrontata alla testa del suo popolo, il
Pievano scrisse come titolo dell’anno nuovo: «Anno della libertà – della
redenzione – della pace 1919». A pasqua riciclò i santini della comunione pasquale di qualche anno prima e
aggiunse a penna: “1919: Pasqua 1919
della vittoria e della pace”.
(continua)
La Conquista
In una vecchia cartolina, si presenta così il grande albergo di Santo Stefano sulla via San
Candido. Si intravede sulla sinistra il capitello di via Ante.
R
isale al 1840 la costruzione del
Grand Hotel Aquila d’Oro a Santo Stefano in Via San Candido.
Era l’hotel frequentato dalla nobiltà
veneziana e della Marca trevigiana.
Le radici del turismo sanstefanese
risalgono a quelle frequentazioni. Da
allora e ancora oggi il principale bacino turistico di Santo Stefano è la Marca trevigiana e il Veneziano. Incredibile un Grand Hotel del genere a Santo
Stefano con cinquanta camere, piano
terra e tre piani con acqua corrente,
dotato di stalle con cavalli di razza,
carrozze e i famosi landò!
Tra gli ospiti illustri ebbe nel 1881
la Regina Margherita di Savoia con il
figlio Vittorio Emanuele, principe di
Napoli, e il seguito, la contessa Persico
e la contessa de Blaas. Nel 1906 ospitò
il principe romano Scipione Borghese
e la sua famiglia.
L’hotel dava lavoro a molte persone impegnate nelle cucine, nelle
lavanderie, nelle pulizie, nelle stalle…
19
conduttori delle carrozze e dei landò,
cameriere ragazze in costume provenienti anche da Auronzo, infatti alcune si sono sposate e rimaste a Santo
Stefano. Ma c’era anche l’indotto per
l’hotel con la fornitura di ortaggi, patate, orzo, fagioli e naturalmente le
primizie: fragole, mirtilli neri e rossi,
ecc., funghi, erba e fieno per i cavalli.
E latte, formaggi, uova, carne…
“La Conquista” ricorda l’esistenza e l’attività del Grand Hotel Aquila
d’Oro per due motivi: 1) Le istituzioni
e le associazioni celebrano il centenario del Primo Conflitto mondiale
1915-1918. Ebbene è da ricordare la
distruzione dell’hotel avvenuta nel
1918 con un incendio dovuto ai soldati (in quell’anno era occupato dagli
austriaci!).
2) Per incoraggiare nuove forme di
turismo in favore del paese attraverso
la messa a punto di programmi, prospettive nelle specificità locali secondo le vocazioni effettive, dirette a conseguire un corposo ritorno economico.
Guido Buzzo
Cosa è rimasto del Grand Hotel Aquila d’Oro dopo l’incendio del 1918.
ANAGRAFE
HANNO COMINCIATO A VIVE
ERE
IN CRISTO
O COL BATTESIMO
O
• COMIS VIOLA di Antonio e Raffaella Pradetto, nato a Belluno il 20
gennaio 2015 e battezzato il 25 luglio 2015 a S. Stefano.
• BUZZO DAVID di Andrea e Tiziana De Zolt, nato a S. Candido il
22 novembre 2014 e battezzato il 9
agosto 2015 a S. Stefano.
SONO RIS
SALITI ALLA
SORGENT
TE DELLA VITA
• DORIGUZZI PAOLO di anni 83
è mancato il 2 luglio 2015. Di Casada, si trovava da diversi anni in
Casa di Soggiorno. Raccontano che
non si decideva a lasciare la casa
per scendere a S. Stefano perché
non voleva lasciare le galline. Pare
che abbia dovuto il sindaco pro-
mettergli di prendersene cura personalmente e solo allora si sarebbe
persuaso.
• BIANCHI CESIDIO di anni 82,
morto il 3 agosto 2015. Abitava a
Treviso ma veniva spesso a S. Stefano. Era colonnello di Artiglieria.
Ha voluto essere sepolto nel nostro
cimitero dove ci sono la mamma e i
parenti De Candido.
La Conquista
20
21 giugno 2015. Il pellegrinaggio dal Comelico
si ripete per la 19^ volta. Tutto era cominciato
quando tre giovani avevano partecipato al pellegrinaggio di Sappada, molti anni fa. Erano Gianni
di Danta, Bruno di Dosoledo e Gianluigi di Padola
e si chiedevano perché non si potesse farlo anche
partendo dal Comelico. L’itinerario ormai si ripete
ininterrottamente negli anni ed è ben collaudato
negli orari e nelle tappe.
La lunga camminata, col passo scandito dalle Ave Marie,
è un’esperienza spiritualmente
intensa e si conclude con la Messa nel santuario.
I punti di partenza erano due,
Sega Digon e Pra Marino, e il
punto d’incontro al laghetto
Klapfsee, al termine della discesa
da forcella Dignas e da forcella
Cima Vallona. Il tempo era migliore del previsto, fresco e quindi non
si sudava. I partecipanti sono stati
più
volte contati e pare siano stati ben 176.
Mistero Luigi Tonon: il più anziano partecipante al pellegrinaggio a piedi, che
l’anno scorso aveva 86 anni, quest’anno
dice di averne 88. Come mai? Li compie
tra un paio di mesi. Lo scorso anno si
teneva basso e quest’anno aumentava…
comunque si tratta sempre di un’età ragguardevole!
In cima alla forcella tira un vento freddo
che si porta via il canto “Dio del cielo...”.
Prati fioriti verso Malga
Dignas.
La lunga discesa in preghiera
Ora ci sono tutti: la Cros va davanti
e la processione se ingruma.
La meta ormai è vicina, in vista del
poderoso campanile che ci dà il benvenuto.
Anche questa
volta la gentile
Frau Anna ha
preparato il caffè
ai pellegrini
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CENtENARiO - ARCIDIACONATO del CADORE