Convegno manzoniano alla Biblioteca cantonale Lugano, 24-26 ottobre 1985 Centenari Centenari, croce e delizia dell'uomo di cultura del nostro secolo, consapevole e orgoglioso di un patrimonio di civiltà che intende gestire giudiziosamente, investendo con larghezza e riscuotendo i dovuti interessi: occasioni privilegiate per la riscossione, appunto, le ricorrenze centenarie. Inutile ricordare lo scetticismo, a non dire il fastidio, che ogni evento celebrativo suscita in molti, pur tra gli stessi addetti ai lavori: quel che di buono è in gestazione, si dice, viene alla luce anche senza il forcipe della ricorrenza, che non accresce se non il numero dei contributi d'occasione, e perciÒ dozzinali. Ma c'è di più. Gli astri, si direbbe. hanno addensato i genetliaci degli uomini illustri nel nono decennio del secolo, e in particolare nei suoi anni centrali, onde questo '85 rigurgita di riti celebrativi. Sulle ragioni di tale circostanza non è certo qui il caso di indagare; vale invece la pena di notare che non tutti gli insigni commemorandi offrono allo zelo dei commemoratori uguale agio di manifestarsi. Vi è chi, come Dante, con una precoce dipartita ha bensì rischiato di lasciare imperfetto il poema sacro, ma ha in compenso impresso alle celebrazioni postume cadenza all'incirca cinquantennale, con i vantaggi che sono a ognuno evidenti; e chi invece, come Manzoni, con una proterva longevità ha squilibrato le ricorrenze secolari, costringendole a due a due nell'angusto spazio di un dodicennio. Bicentenario manzoniano Date queste premesse, è chiaro che molto di nuovo non ci si poteva attendere dal bicentenario manzoniano; di nuovo, intendo, rispetto ai frutti - essi stessi, a detta di molti, scarsi e poco saporosi - maturati in occasione delle celebrazioni del '73. Va fatta un'importante eccezione: le concordanze dei Promessi sposi: quello degli strumenti filologici è forse il settore in cui più fruttuosamente può dispiegarsi la funzione catalizzatrice di energie critiche e di munifiche sovvenzioni propria dei centenari. Detto questo, resta il fatto che l'anniversario è stato generosamente ricordato; e per il Ticino, a poco più d'un tiro di schioppo dai più famosi «luoghi manzoniani», s'è trattato quasi d'una festa di famiglia. Nel giro di un mese (si perdonino eventuali omissioni), ciclo di conferenze e tavola rotonda - destinatari gli studenti - al Liceo di Locamo, convegno alla Biblioteca cantonale di Lugano, mostra «Manzoni in Ticino» a Villa Ciani. premessa su quella che definirei «fenomenologia congressuale». Ogni manifestazione di tal genere, specie quando lo spunto è in certa misura esterno (la ricorrenza, appunto, generatrice d'inflazione), pone problemi particolari agli organizzatori, ai relatori, al pubblico. I primi pensano per lo più a infoltire il programma, a moltiplicare l'offerta, spesso cercando di diversificare i contributi anche allo scopo di creare una certa tensione polemica. I celebranti invitati, presi nel vortice delle commemorazioni, devono badare a non deludere l'attesa, ma nel contempo devon pure provvedere a una sapiente rotazione del materiale disponibile, da distribuire tra le varie sedi d'intervento; magari perseguitati da qualche affezionato e molesto auditore, itinerante sulle loro tracce per troppo di devozione. I fruitori dal canto loro sono divisi - e come auditorio e, non di rado, come singoli lacerati da interno conflitto - tra un atteggiamento sostanzialmente reverenziale nei confronti del conferenziere-personaggio e una reazione di difesa contro l'eventuale plagio ad opera d'esso conferenziere, sospettato di spacciare, sotto le specie del nuovo, merce non fresca: donde i «questo lo sapevamo tUtti>l ; «questo l'ha già detto XV vent'anni fall ; e così via. Più in generale, si può dire che vi è conflitto t ra funzione scientifica e funzione divulgativa della manifestazione. Il convegno luganese Tali problemi, nessuno escluso, sono aggallati, in qualche caso vistosamente, anche in occasione del convegno luganese, e le voci critiche levatesi non sono poche, né certo tutte senza fondamento. Una cosa comunque si può dire con sicurezza: malgrado la molta - forse troppa - carne al fuoco, il ritmo è stato spedito; ogni oratore ha rispetta- to, a volte con ampio margine, il tempolimite assegnatogli, e i presenti hanno avuto lo spazio per uno scambio di opinioni tra una relazione e l'altra, il che ha indubbiamente contribuito a creare un clima dei migliori. Quanto ai relatori, il cast era ragguardevole, e nell'insieme ben assortito per tematiche e per tendenze. «Convegno manzoniano», secondo la dicitura ufficiale: in pratica, si direbbe, convegno sui Promessi sposi, con qualche puntata in zone contigue. Del Manzoni lirico e tragico, nulla o quasi; pressoché totale l'identificazione dello scrittore con la sua opera più famosa, pure se va detto che questa è stata per lo più oggetto di analisi che hanno messo capo alla definizione di vari aspetti della personalità di Manzoni. Manzoni e la lingua L'intervento di apertura è stato affidato a Dante Isella, il quale, pur non portando elementi nuovi, ha delineato con la sicurezza e la maestria nel porgere che lo distinguono la genesi e lo sviluppo, nella coscienza dello scrittore, della problematica linguistica relativa al romanzo. Romano Broggini ha in seguito arricchito il discol'So sulla lingua tratteggiando la figura del Cherubini, autore di quel dizionario milanese-italiano che fu per il Manzoni strumento prezioso. Sottolineata in particolare la coscienza emergente, nella Milano degli anni del Conciliatore, del dovere per l'intellettuale di testimoniare in una realtà che si avviava ad assumere dimensioni nazionali: di qui l'esigenza diffusa dell'acquisto di una lingua che fosse patrimonio di tutti gli italiani. Manzoni e la storia La relazione di Bruno Caizzi, che ha avuto una sorta di appendice documentaria nell'intervento di Raoul Merzario su «II 'popolo' dei Promessi sposi)), ha toccato, con intento forteme-nte critico, il tasto dell'attendibilità del Manzoni sotto il profilo storiografico. Ma l'accusa non è la solita, di ascendenza crociana (troppa smania di giudicare, il passato visto con gli occhi dell'oggi, e insomma una passionalità incompatibile col mestiere di storico): l'accusa è proprio di carenza di documentazione, carenza che Quel ramo del lago di Como ... - Cristina Bacciarini, 4° corso di grafica, CSIA. Fenomenologia congressuale Ci si occuperà qui brevemente del convegno luganese. Previa, tuttavia, un'ulteriore 17 avrebbe portato lo scrittore a dare un'immagine sostanzialmente deformata della realtà secentesca. A dispetto dell'acribia con cui scandagliò il vasto materiale a sua disposizione, dice Caizzi, Manzoni pagò lo scotto della mancanza, ai tempi suoi, di quella che ora definiamo «microstoria». Efficace nel delineare i «destini collettivi», per dirla col Braudel, Manzoni falli nella ricostruzione del quotidiano, per cui Lucia, Renzo, Agnese risultano figure estremamente improbabili nei loro connotati socioeconomici e, di riflesso, anche sotto il profilo psicologico. Manzoni spulciava i documenti pubblici, la nouvelle histoire privilegia quelli privati: atti notarili anziché gride. Lo scrittore è assolto, Renzo e Lucia - Pietro Pozzi, 1° corso di grafica, CSIA. data l'impossibilità di attingere a una documentazione ai suoi tempi inesistente, ma il giudizio negativo sull'attendibilità della sua ricostruzione storica rimane. Merzario ha però ricordato come già si sia dato atto al Manzoni di aver visto assai bene, nel suo saggio sul romanzo storico, l'importanza di quelle ricerche di cui proprio la microstoria si nutre. Dagli interventi uditi al convegno il Manzoni storiografo è uscito assai meglio per quanto riguarda il problema sopra accennato della neutralità di principio dello storico. Claudio Varese ha sottolineato come fosse viva nello scrittore la consapevolezza dell'opinabilitè di ogni procedere che applichi a eventi del passato categorie di giudizio proprie del momento in cui viene compiuta la ricostruzione; e tale consapevolezza, in virtù della quale Manzoni dichiara «strano» il passato illuminato dalle categorie dell'oggi, ha creduto di poter accostare, pur con tutte le cautele d'obbligo, all'intuizione sklovskiana dell'effetto straniante dell'arte. 18 Problemi dei Promessi sposi Alcune relazioni (Drelli, Pozzi, Pontiggia, Fasani) hanno illuminato problemi particolari concernenti i Promessi sposi. Giorgio Drelli, sulla scia del suo intervento locarnese dedicato all'uso del termine «cosa» nel romanzo, ha indagato con la sensibilità che gli è propria le connessioni intratestuali del nome «Lucia», ponendo in particolare evidenza quelle con «lucignolo» e «lucerna» (scena nottuma in casa di don Abbondio, analizzata nelle diverse stesure) e proponendo gli immancabili richiami a Dante (il Dante dei «plenilunii sereni» di Par. XXIII, 25-33). Giovanni Pozzi, ampliando a sua volta la relazione tenuta a Locarno sulle occorrenze del nome di Cristo nei Promessi sposi, ha esaminato l'impiego dei nomi di Dio nel romanzo. Ricca la gamma di osservazioni, efficace la griglia predisposta per l'analisi, persuasive e sostanzialmente inedite le conclusioni, di cui qui non è possibile dar conto se non in misura brutalmente riduttiva; mi limiterò a ricordare la contraddizione rilevata tra la presenza massiccia del religioso nel romanzo e l'eccezionalità dell'impiego dei nomi di Cristo, della Madonna, dei santi. Spiace solo che la pubblicazione di tali risultati sia, a quel che pare, t utt'altro che certa. Studi come quelli di Drelli e di Pozzi, basati come sono su pazienti spogli del testo, paiono quasi impegnati a precedere l'uscita delle concordanze, le quali certopropizieranno una vasta attività in questo settore della ricerca. Assai meno impegnativo, con un tono non sempre gradevole di improvvisazione, l'intervento di Giuseppe Pontiggia sull'ironia nei Promessi sposi. Non si vuoi negare la pertinenza di alcune considerazioni, ma è mancata l'elaborazione del materiale, e soprattutto è mancata una tipologia di riferimento che consentisse di inquadrare il fenomeno in modo meno impressionistico. Più costruita la relazione di Remo Fasani dedicata al « Tentativo di un'interpretazione simbolica dei Promessi sposi». I materiali utilizzati non erano, né potevano essere, di prima mano, ma resta lo sforzo di unificare sotto il segno di una valenza simbolica descrizioni paesistiche, 'ritratti fisici di personaggi, contenuti tematici di similitudini e altri elementi ancora del testo mantoniano. Altre questioni Un aspetto particolare della ricostruzione storico-narrativa compiuta da Manzoni ha costituito l'oggetto della relazione di Alessandro Martini, che ha messo in luce come lo scrittore, nel delineare la figura del cardinal Federigo, abbia rinunciato al tono encomiastico, introducendo anzi gradualmente, nel passaggio dall'una all'altra stesura, elementi che, sia pure in modo talora implicito, concorrono a ridimensionare la figura storica del personaggio. La relazione PortaManzoni è stata al centro dell'intervento di Franco Brevini, che ha costruito una serie di convincenti dicotomie, da ricondurre tutte alla fondamentale opposizione tra la visione locale, municipalistica, della realtà, propria di Porta, e la visione manzoniana, più ampia sotto il profilo non solo politico, ma anche culturale e ideologico. La differente scelta linguistica operata dai due non fu quindi che il corollario di tale diversità· di Weltanschauung. Il contributo di Giorgio Rumi ha poi posto in evidenza, tra l'altro, un aspetto non molto noto della fortuna di Manzoni: l'atteggiamento di vasti settori della stampa cattolica, che, dopo aver contrastato i tentativi dei laici di «appropriarsi» lo scrittore appena defunto, giunsero a rifiutarlo come portatore di un messaggio giudicato per certi aspetti addirittura anticristiano. Personalità A prescindere dal contenuto specifico dei singoli interventi, due sono i nodi intorno a cui ha finito per convergere l'interesse dei partecipanti al convegno : la personalità di Manzoni e la popolarità postuma dell'autore e dell'opera, col corollario della loro contestata «attualità». La personalità di Manzoni, complessa, poliedrica, al limite della contraddittorietà: concetto certo non nuovo, ma che è utile di tanto in tanto ribadire per contrastare la tendenza sempre viva a irrigidire tale complessità in un'immagine oleografica. Allora il Manzoni che, appena scritto un romanzo storico di immediata e larghissima risonanza, nega la legittimità stessa del «genere»; il Manzoni pronto a dichiarare - a dispetto del ruolo decisivo della Prowidenza nell'azione di un racconto apparentemente a lieto fine - la sua profonda sfiducia nel trionfo della giustizia (relazione di Dionisotti a Locarno, richiamata più volte durante il convegno); il Manzoni che, scrittore cattolico per definizione, è decisamente antifederalista e filopiemontese nelle vicende che vedono il compiersi dell'unificazione italiana a spese dello Stato pontificio: tutti questi aspetti dell'io rT)anzoniano sono stati lumeggiati, sia pure non sistematicamente, in più contributi. E ancora: Manzoni dopo i Promessi sposi non può più scrivere romanzi, e tanto meno poesia, perché si è fatta dominante in lui un'esigenza di univocità del segno che lo porta a considerare con diffidenza - o addirittura a rifiutare - la risonanza polisemica, avvertita quasi, moralisticamente, come strumento d'inganno (relazione di C. Varese); Manzoni - come ha, vorrei dire, appassionatamente ricordato Biancamaria Travi in una prospettiva di utilizzazione scolastica del romanzo - ha una consapevolezza acutissima dell'estrema problematicità della vita (per cui è tanto difficile separare la ragione dal torto), rifugge da ogni conclusione categorica, è pronto sempre a rimettere in discussione anche le acquisizioni più certe. Popolarità La popolarità del Manzoni e dei Promessi sposi e la loro effettiva influenza sulla cultura e l'evoluzione linguistica dell'Italia unita, temi toccati più volte dai relatori, sono state al centro del solo vero dibattito accesasi durante il convegno. AI di là delle discordanze di valutazione sulle tirature effettive del romanzo, è emerso che la popolarità dell'auto- re e quella dell'opera sua più famosa furono non poco inferiori a quanto si stima comunemente. Ciò da un lato per lo scarso grado di alfabetismo (ma come valutare il numero dei fruitori per interposta persona?); dall'altro - e qui il discorso si fa più delicato - per la sostanziale eterogeneità della forma mentis manzoniana rispetto alla psicologia e alla cultura di gran parte dell'Italia risorgimentale e postunitaria. Tommaso Di Salvo, in un suo intervento extra moenia, è arrivato ad affermare che Manzoni era un francese trapiantato in Italia: giansenistica la matrice della sua religiosità, f rancese il modello (e illuministica la strategia) in materia di lingua, francese la metodologia storiografica (Thierry). Paradossalmente quindi lo scrittore potrà essere davvero sentito come nostro solo quando la cultura italiana sarà entrata pienamente nel circolo della cultura europea. Per ora Manzoni non è amato, non è avvertito come elemento indispensabile alla formazione spirituale, come accade invece per Shakespeare in Inghilterra. In una prospettiva diversa, la popolarità dei Promessi sposi è stata al contrario ribadita da Angelo Stella, presidente della seduta, in quanto l'opera delinea in sostanza l'educazione sociale di un popolano. Inoltre la lingua della quarantana, non fosse altro che per l'introduzione ufficiale del romanzo nella prassi didattica, non poteva non esercitare un influsso profondo. non ebbe la virtù profetica di awertire il nuovo che fermentava nel suo secolo; non osò fissare lo sguardo sulla radice metafisica del male, illudendosi di esorcizzarlo con la consolante visione di una giustizia trascendente. A differenza ad esempio di Holderlin, di Schopenhauer, di Baudelaire, di Nietzsche, dello stesso Leopardi, Manzoni «non si pose mai gli interrogativi che non hanno risposta». Quale attualità? Nella discussione seguita alla lettura di Ceronetti si è ribattuto che il Manzoni non è per nulla ottimista, che la conclusione del romanzo non è lieta quanto sembra. Mi pare sub specie historiae può essere vista come elemento che in qualche modo contribuisce all'attualità del romanzo: proprio perché mal definiti dalle coordinate storiche, in certa misura idealizzati, quei personaggi potrebbero meglio prestarsi a far scattare nel lettore di oggi il meccanismo dell'identificazione. I Religione e moralità La seconda premessa occulta di Ceronetti insinua che chi si arroga la pars destruens acquisisce per ciò stesso un passaporto per l'attualità perenne, mentre i «costruttori» sono inevitabilmente penalizzati dalla storia, data la transitorietà di ogni soluzione positiva: il pessimismo, il catastrofismo, l'u- l~ l~ ~. '. Manzoni nella scuola Con questo tocchiamo il dibattuto problema della presenza dei Promessi sposi nella scuola: proporli o non proporli, integralmente o per lacerti, commentandoli o lasciandoli alla libera degustazione dei lettori 7 Le alternative sono molte, le soluzioni di compromesso innumerevoli. Se la Travi ha difeso la lettura integrale illuminata da riscontri con altri testi manzoniani, altri oratori si sono mostrati assai più cauti, per non dire scettici. Una volta riconosciuto che tali perplessità nascono anche dalla densità del testo, che richiede ai lettori un impegno ormai giudicato eccessivo da non pochi insegnanti, si deve pur ammettere che il problema di fondo, soggiacente a quello dell'opportunità di un impiego didattico del romanzo, è il problema dell'attualità dell'opera e, più in generale, dell'attualità di Manzoni. Manzoni inattuale Su questo tema, primattore - come da copione - è stato Guido Ceronetti (<< Inattualità di Manzoni», collocato praticamente in chiusura del convegno). In cauda venenum 7 Con tutto il rispetto per il relatore - e per gli organizzatori che hanno voluto evitare un congedo in chiave idillica -, si può dire che, se l'attore è stato pari all'aspettativa, le tesi perentorie che ha sciorinato richiederebbero il supporto di argomentazioni un poco più distese. La laconicità del dettato di Ceronetti, se accresce la forza della sassata, impedisce di valutare appieno la precisione del colpo. Manzoni è vivente ma non attuale, ha detto il suo critico. Puntò su una lingua perdente e su una religione perdente; La peste - Andrea Christen, corso di perfezionamento di grafica illustrativa, CSIA. che si possa andare più a fondo, mettendo a nudo le premesse occulte su cui riposa la bipartizione gerarchica istituita da Ceronetti. La prima di tali premesse asserisce che l'attualità di un autore si misura unicamente sul metro di una presunta capacità di presagire le grandi svolte della storia umana. Ora, se ciò fosse vero, neppure Shakespeare sarebbe attuale; esiste invece un'attualità che scaturisce dalla capacità di fornire una rappresentazione della psicologia dell'uomo singolo o folla - tale che ci consenta di riconoscerei nelle figure create dallo scrittore, al di là delle contingenze di luogo e di tempo. Penso sia facile consentire che i personaggi manzoniani - dai più costruiti, come Renzo e don Abbondio, sino alla macchietta del sarto, e non escluse le folle - presentano una straordinaria gamma di reazioni psicologiche che anche l'uomo di oggi può riconoscere come proprie; è questo del resto il terreno da cui si raccolgono i frutti migliori anche nel lavoro scolastico sul romanzo. In questa prospettiva, l'inattendibilità - di cui ha detto Caizzi - dei personaggi manzoniani mor nero sono sempre paganti. Manzoni invece ha voluto costruire. Nella realtà del Seicento e nella coscienza di un uomo che aveva riscoperto la Fede, il positivo non poteva, oggettivamente, non incarnarsi nel' Dio cristiano. Ma se ammette che qualunque giudizio sull'attualità di un autore deve sforzarsi di sceverare ciò che nella sua opera è sostanza, e quindi valido oltre il suo tempo, da ciò che è accidente, storicamente condizionato; se si ammette questo, nell'epoca della morte di Dio (non prevista da Manzoni, dice Ceronetti) non dovrebbe scandalizzare la proposta, per paradossale che sia, di vedere la Fede e la Prowidenza come elementi non pertinenti alla sostanza più profonda dell'opera manzoniana. Ancor più forte e radicata dell'istanza religiosa è in Manzoni 'istanza morale. Vivissima già prima della conversione, come appare dai famosi versi del carme in morte dell'lmbonati, essa pervade il romanzo e domina nelle opere successive, prima f ra tutte la Storia della colonna infame. Don Rodrigo, l'innominato, i torturatori di Mora e Piazza 19 sentono in qualche misura che ciò che fanno è male; perfino Adelchi lo avverte. Che tale coscienza si manifesti in alcuni di essi come timore del castigo divino è, nel senso che si diceva prima, accidente; resta il fatto che Manzoni scava nel cuore dell'uomo (<< ... più si va addentro a scoprire il vero nel cuore dell'uomo, più si trova poesia vera») per cogliervi le radici cosi del male come del bene, cosi della colpa ,come della resipiscenza. Dostoevskij, al pari di Shakespeare, non è tanto lontano quanto pensa Ceronet ti. Il quale, sollecitato in tal senso da Brevini e da Pozzi, ha ammesso che il Manzoni vede il male in sé - a prescindere cioè dalla prospettiva religiosa -, ~~ solo ~ome c~tegoria morale, non metl!ifis.ca. S. può d.re che quanto Manzoni, a detta di Ceronetti, ebbe orrore del metafisico, altrettanto Ceronetti ha in orrore il morale. La sua chiave di lettura del moderno è sostanzialmente demoniaca e apocalittica, conforme a moduli che già furono di certi Scapigliati: suo simbolo d'elezione la schizofrenia teratologica di Jekyll-Hyde. A Manzoni, viceversa, quasi per meglio costituirlo bersaglio polemico, Ceronetti attribuisce una concezione estetizzante del bene (torna alla mente, a proposito di Scapigliatura, il «vegliardo in sante visioni assorto» di Emilio Praga): «Vorrei sentire Manzoni parlare di bellezza o bruttezza morale con una figlia drogata.» No, qui la categoria del bello è fuorviante: la moralità di Manzoni è incarnata semmai dal «santo Vero>, ; dal «non far tregua coi vili» ; dalla persuasione che «la vita non è già destinata ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni»; dal sacrificio per amore del prossimo (fra pristoforo); dalla forza che è necessaria per soffocare l'istinto della vendetta. È una moralrtà che si nutre di lotta, non una moràlità da anime belle. La Rngua di Manzoni Per concludere, ancora una considerazione sul problema della lingua del romanzo, tanto per non lasciar cadere nel vuoto la tagliente definizione di Ceronetti: «lingua perdente». È per Ib meno strano che siano tanto numerosi coloro che di fatto rimproverano a Manzoni di non aver scritto esattamente come scriveremmo noi oggi: di fronte al sapore sgradevole di certi fiorentinismi pare dimen.ti chino di colpo quanto più vicina all'italiano attuale (e quindi «vincente») sia la lingua della quarantana rispetto a quella, poniamo, delle Operette morali scritte negli anni immediatamente precedenti l'aborrita risciacquatura. Probabilmente anche qui Manzoni paga l'impegno con cui cercò di «costruire», non limitandosi a denunciare l'inadeguatezza del reale. Volendo definirne aforisticamente l'atteggiamento di fronte alla vita, si potrebbe forse ricorrere, con un accostamento dei più provocatori, a una norma di condotta spirituale enunciata nientemeno che da Antonio Gramsci: «Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà». Giorgio Rossini 20 Opuscoli ESG per la scuola media La Fondazione delle Edizioni Svizzere per la Gioventù non ha bisogno di particolare presentazione, dopo quasi mezzo secolo di attività anche in Ticino. Gli opuscoli che pubblica, ogni anno a settembre, nelle 4 lingue nazionali sono ormai diventati un appuntamento ricorrente, accolto con gioia dai ragazzi di tutta la Svizzera. Ne fa fede il giro di vendite, che ammonta annualmente a quasi un milione di copie complessivamente in Svizzera, di cui da 40 a 50 mila in Ticino. Gli argomenti trattati coprono un ampio ventaglio; hanno in comune il carattere o di lettura individuale educativa (specialmente sul piano sociale), oppure di «dilatazione» in tono piacevole del discorso su temi cui capita talvolta di accennare a scuola, senza che essi siano parte integrante del programma. Le ESG presentano testi per 4 categorie di età: prescolastico e prime letture, I ciclo SE, Il ciclo SE, '" ciclo (cioè scuola media). Nel nostro cantone la diffusione nelle scuole elementari è ottima, mentre incontra difficoltà nella scuola media, probabilmente perché i libretti ESG sono meno conosciuti dai docenti; viene quindi a mancare la sollecitazione del loro consiglio all'acquisto da parte degli allievi (o almeno della sede). Acquisto che non presenta particolari difficoltà organizzative, perché in ogni sede di scuola media la bibliotecaria ha tra i propri compiti anche quello di farsi tramite per le ordinazioni (che fanno capo alla Biblioteca per Tutti di Bellinzona) e i pagamenti. In ogni biblioteca esiste inoltre una dotazione di alcuni opuscoli, per consultazione dei docenti e dei ragazzi. Il prezzo di ciascun opuscolo è estremament e modico: fr. 2.40 la copia. * .. * Riteniamo utile segnalare ai docenti di scuola media alcuni testi particolarmente riusciti, tra quelli destinati ai ragazzi della fascia di età tra gli 11 e i 15 anni. a) Conoscere il passato del nostro paese N° 1342 - Gualtiero Schonenberger, Conservare i monumenti e le bellezze naturali perché. Gli stati membri del Consiglio d'Europa hanno promosso nel 1975 una vasta campagna per la salvaguardia degli elementi architettonici che testimoniano la cultura, la civiltà e la storia europea. L'opuscolo aiuta i giovani ad affrontare seriamente il problema. N° 1413 - Guido Fiscalini, I Tondù di Lionza. ~ la storia di una famiglia di spazzacamini, i Tondù, che abitavano a Lionza nelle Cento- valli. Stentavano a tirare avanti con i magri raccolti della terra. Cosi, ogni autunno, il padre doveva emigrare verso l'Italia per guadagnare qualche soldo. Restava lontano da casa per ben 8 mesi. " racconto si svolge nel 1630. N° 1494 - Pier Angelo Donati, 1icino - 2500 anni fa . L'autore parte da un preciso ritrovamento di oggetti in una sepoltura dell'età del ferro per allargare la visione sugli antichi abitanti delle nostre terre, sul loro modo di vivere, sulle dimore, sui mestieri e sui traffici, sulle tombe e il culto dei defunti. N° 1538 - Angela Maria Binda-Scattini, Indagine al museo. La visita a un museo vallerano sollecita la curiosità di un ragazzo, che vede esposti oggetti appartenenti ai suoi nonni e lo sprona a ripercorrere i sentieri tra il villaggio e gli alpi sulle tracce di testimonianze che lo portano a contatto diretto con usi e costumi del passato. N° 1622 - Allievi di Alberto Nessi, Le vite che abbiamo fatto. Da cinque testimonianze, raccolte con il registratore e trascritte con fedeltà emergono i temi dell'emigrazione, della povertà, della durezza delle condizioni di lavoro, del mondo rurale con le sue usanze. N° 1661 - Ely Riva, Grotte del1icino. L'autore, fotoreporter e giornalista, racconta le numerose esplorazioni, compiute assieme a un amico, nelle grotte del Sopra e del Sottoceneri. Un mondo affascinante, sconosciuto ai più, rievocato con immagini fotografiche originali e ricordi. b) Scienze naturali e tecnica N° 903 - Hans Graber/Guido Cotti, Fiumi e laghi, specChio della nostra patria. L'autore guida il piccolo lettore verso il ruscello, lo stagno, la torbiera, poi verso la sorgente, il fiume, il lago e dappertutto gli mostra la svariatissima vita degli animali e dei vegetali. Il libretto si basa sopra esatte nozioni scientifiche e può servire anche in classe. N° 1345 - Walter Trab/Andrea Salvella. In viaggio con le FFS. " lettore, con un viaggio immaginario da Basilea a Chiasso, ha la possibilità di rendersi conto della complessa organizzazione delle ferrovie: stazioni di confine, trasporto merci, procedura di partenza di un-treno diretto, misure preventive di sicurezza, svolgimento del traffico, ecc. N° 1374 - Sandro Dldrati, La fotografia. Come si fa una foto? L'opuscolo dà le conoscenze di base: come scegliere l'apparecchio e la pellicola, come riprendere, come sviluppare noi stessi la pellicola e stampare le foto. N° 1376 - Ernst Krebs/Guido Marazzi, /I bosco il anche tuo . Un esperto forestale ci