Convegno manzoniano
alla Biblioteca cantonale
Lugano, 24-26 ottobre 1985
Centenari
Centenari, croce e delizia dell'uomo di cultura del nostro secolo, consapevole e orgoglioso di un patrimonio di civiltà che intende
gestire giudiziosamente, investendo con
larghezza e riscuotendo i dovuti interessi:
occasioni privilegiate per la riscossione, appunto, le ricorrenze centenarie. Inutile ricordare lo scetticismo, a non dire il fastidio, che
ogni evento celebrativo suscita in molti, pur
tra gli stessi addetti ai lavori: quel che di
buono è in gestazione, si dice, viene alla
luce anche senza il forcipe della ricorrenza,
che non accresce se non il numero dei contributi d'occasione, e perciÒ dozzinali. Ma
c'è di più. Gli astri, si direbbe. hanno addensato i genetliaci degli uomini illustri nel nono
decennio del secolo, e in particolare nei suoi
anni centrali, onde questo '85 rigurgita di riti
celebrativi. Sulle ragioni di tale circostanza
non è certo qui il caso di indagare; vale invece la pena di notare che non tutti gli insigni
commemorandi offrono allo zelo dei commemoratori uguale agio di manifestarsi. Vi è
chi, come Dante, con una precoce dipartita
ha bensì rischiato di lasciare imperfetto il
poema sacro, ma ha in compenso impresso
alle celebrazioni postume cadenza all'incirca cinquantennale, con i vantaggi che sono
a ognuno evidenti; e chi invece, come Manzoni, con una proterva longevità ha squilibrato le ricorrenze secolari, costringendole
a due a due nell'angusto spazio di un dodicennio.
Bicentenario manzoniano
Date queste premesse, è chiaro che molto
di nuovo non ci si poteva attendere dal bicentenario manzoniano; di nuovo, intendo,
rispetto ai frutti - essi stessi, a detta di molti, scarsi e poco saporosi - maturati in occasione delle celebrazioni del '73. Va fatta
un'importante eccezione: le concordanze
dei Promessi sposi: quello degli strumenti
filologici è forse il settore in cui più fruttuosamente può dispiegarsi la funzione catalizzatrice di energie critiche e di munifiche
sovvenzioni propria dei centenari. Detto
questo, resta il fatto che l'anniversario è stato generosamente ricordato; e per il Ticino,
a poco più d'un tiro di schioppo dai più famosi «luoghi manzoniani», s'è trattato quasi d'una festa di famiglia. Nel giro di un mese
(si perdonino eventuali omissioni), ciclo di
conferenze e tavola rotonda - destinatari gli
studenti - al Liceo di Locamo, convegno alla
Biblioteca cantonale di Lugano, mostra
«Manzoni in Ticino» a Villa Ciani.
premessa su quella che definirei «fenomenologia congressuale». Ogni manifestazione di tal genere, specie quando lo spunto è
in certa misura esterno (la ricorrenza, appunto, generatrice d'inflazione), pone problemi particolari agli organizzatori, ai relatori, al pubblico. I primi pensano per lo più a infoltire il programma, a moltiplicare l'offerta,
spesso cercando di diversificare i contributi
anche allo scopo di creare una certa tensione polemica. I celebranti invitati, presi nel
vortice delle commemorazioni, devono badare a non deludere l'attesa, ma nel contempo devon pure provvedere a una sapiente rotazione del materiale disponibile, da distribuire tra le varie sedi d'intervento; magari perseguitati da qualche affezionato e molesto auditore, itinerante sulle loro tracce
per troppo di devozione. I fruitori dal canto
loro sono divisi - e come auditorio e, non di
rado, come singoli lacerati da interno conflitto - tra un atteggiamento sostanzialmente reverenziale nei confronti del conferenziere-personaggio e una reazione di difesa
contro l'eventuale plagio ad opera d'esso
conferenziere, sospettato di spacciare, sotto le specie del nuovo, merce non fresca:
donde i «questo lo sapevamo tUtti>l ; «questo l'ha già detto XV vent'anni fall ; e così
via. Più in generale, si può dire che vi è conflitto t ra funzione scientifica e funzione divulgativa della manifestazione.
Il convegno luganese
Tali problemi, nessuno escluso, sono aggallati, in qualche caso vistosamente, anche in
occasione del convegno luganese, e le voci
critiche levatesi non sono poche, né certo
tutte senza fondamento. Una cosa comunque si può dire con sicurezza: malgrado la
molta - forse troppa - carne al fuoco, il ritmo è stato spedito; ogni oratore ha rispetta-
to, a volte con ampio margine, il tempolimite assegnatogli, e i presenti hanno avuto
lo spazio per uno scambio di opinioni tra
una relazione e l'altra, il che ha indubbiamente contribuito a creare un clima dei migliori. Quanto ai relatori, il cast era ragguardevole, e nell'insieme ben assortito per tematiche e per tendenze.
«Convegno manzoniano», secondo la dicitura ufficiale: in pratica, si direbbe, convegno sui Promessi sposi, con qualche puntata in zone contigue. Del Manzoni lirico e tragico, nulla o quasi; pressoché totale l'identificazione dello scrittore con la sua opera più
famosa, pure se va detto che questa è stata
per lo più oggetto di analisi che hanno messo capo alla definizione di vari aspetti della
personalità di Manzoni.
Manzoni e la lingua
L'intervento di apertura è stato affidato a
Dante Isella, il quale, pur non portando elementi nuovi, ha delineato con la sicurezza e
la maestria nel porgere che lo distinguono la
genesi e lo sviluppo, nella coscienza dello
scrittore, della problematica linguistica relativa al romanzo. Romano Broggini ha in seguito arricchito il discol'So sulla lingua tratteggiando la figura del Cherubini, autore di
quel dizionario milanese-italiano che fu per
il Manzoni strumento prezioso. Sottolineata
in particolare la coscienza emergente, nella
Milano degli anni del Conciliatore, del dovere per l'intellettuale di testimoniare in una
realtà che si avviava ad assumere dimensioni nazionali: di qui l'esigenza diffusa dell'acquisto di una lingua che fosse patrimonio di
tutti gli italiani.
Manzoni e la storia
La relazione di Bruno Caizzi, che ha avuto
una sorta di appendice documentaria nell'intervento di Raoul Merzario su «II 'popolo' dei Promessi sposi)), ha toccato, con intento forteme-nte critico, il tasto dell'attendibilità del Manzoni sotto il profilo storiografico. Ma l'accusa non è la solita, di ascendenza crociana (troppa smania di giudicare, il
passato visto con gli occhi dell'oggi, e insomma una passionalità incompatibile col
mestiere di storico): l'accusa è proprio di carenza di documentazione, carenza che
Quel ramo del lago di Como ... - Cristina Bacciarini, 4° corso di grafica, CSIA.
Fenomenologia congressuale
Ci si occuperà qui brevemente del convegno luganese. Previa, tuttavia, un'ulteriore
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avrebbe portato lo scrittore a dare un'immagine sostanzialmente deformata della realtà
secentesca. A dispetto dell'acribia con cui
scandagliò il vasto materiale a sua disposizione, dice Caizzi, Manzoni pagò lo scotto
della mancanza, ai tempi suoi, di quella che
ora definiamo «microstoria». Efficace nel
delineare i «destini collettivi», per dirla col
Braudel, Manzoni falli nella ricostruzione del
quotidiano, per cui Lucia, Renzo, Agnese risultano figure estremamente improbabili
nei loro connotati socioeconomici e, di riflesso, anche sotto il profilo psicologico.
Manzoni spulciava i documenti pubblici, la
nouvelle histoire privilegia quelli privati: atti
notarili anziché gride. Lo scrittore è assolto,
Renzo e Lucia - Pietro Pozzi, 1° corso di grafica,
CSIA.
data l'impossibilità di attingere a una documentazione ai suoi tempi inesistente, ma il
giudizio negativo sull'attendibilità della sua
ricostruzione storica rimane. Merzario ha
però ricordato come già si sia dato atto al
Manzoni di aver visto assai bene, nel suo
saggio sul romanzo storico, l'importanza di
quelle ricerche di cui proprio la microstoria
si nutre.
Dagli interventi uditi al convegno il Manzoni
storiografo è uscito assai meglio per quanto
riguarda il problema sopra accennato della
neutralità di principio dello storico. Claudio
Varese ha sottolineato come fosse viva nello scrittore la consapevolezza dell'opinabilitè di ogni procedere che applichi a eventi del
passato categorie di giudizio proprie del
momento in cui viene compiuta la ricostruzione; e tale consapevolezza, in virtù della
quale Manzoni dichiara «strano» il passato
illuminato dalle categorie dell'oggi, ha creduto di poter accostare, pur con tutte le
cautele d'obbligo, all'intuizione sklovskiana
dell'effetto straniante dell'arte.
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Problemi dei Promessi sposi
Alcune relazioni (Drelli, Pozzi, Pontiggia, Fasani) hanno illuminato problemi particolari
concernenti i Promessi sposi. Giorgio Drelli,
sulla scia del suo intervento locarnese dedicato all'uso del termine «cosa» nel romanzo, ha indagato con la sensibilità che gli è
propria le connessioni intratestuali del
nome «Lucia», ponendo in particolare evidenza quelle con «lucignolo» e «lucerna»
(scena nottuma in casa di don Abbondio,
analizzata nelle diverse stesure) e proponendo gli immancabili richiami a Dante (il
Dante dei «plenilunii sereni» di Par. XXIII,
25-33). Giovanni Pozzi, ampliando a sua
volta la relazione tenuta a Locarno sulle occorrenze del nome di Cristo nei Promessi
sposi, ha esaminato l'impiego dei nomi di
Dio nel romanzo. Ricca la gamma di osservazioni, efficace la griglia predisposta per
l'analisi, persuasive e sostanzialmente inedite le conclusioni, di cui qui non è possibile
dar conto se non in misura brutalmente riduttiva; mi limiterò a ricordare la contraddizione rilevata tra la presenza massiccia del
religioso nel romanzo e l'eccezionalità dell'impiego dei nomi di Cristo, della Madonna,
dei santi. Spiace solo che la pubblicazione
di tali risultati sia, a quel che pare, t utt'altro
che certa. Studi come quelli di Drelli e di
Pozzi, basati come sono su pazienti spogli
del testo, paiono quasi impegnati a precedere l'uscita delle concordanze, le quali certopropizieranno una vasta attività in questo
settore della ricerca. Assai meno impegnativo, con un tono non sempre gradevole di
improvvisazione, l'intervento di Giuseppe
Pontiggia sull'ironia nei Promessi sposi.
Non si vuoi negare la pertinenza di alcune
considerazioni, ma è mancata l'elaborazione del materiale, e soprattutto è mancata
una tipologia di riferimento che consentisse
di inquadrare il fenomeno in modo meno impressionistico. Più costruita la relazione di
Remo Fasani dedicata al « Tentativo di un'interpretazione simbolica dei Promessi sposi». I materiali utilizzati non erano, né potevano essere, di prima mano, ma resta lo
sforzo di unificare sotto il segno di una valenza simbolica descrizioni paesistiche, 'ritratti fisici di personaggi, contenuti tematici
di similitudini e altri elementi ancora del testo mantoniano.
Altre questioni
Un aspetto particolare della ricostruzione
storico-narrativa compiuta da Manzoni ha
costituito l'oggetto della relazione di Alessandro Martini, che ha messo in luce come
lo scrittore, nel delineare la figura del cardinal Federigo, abbia rinunciato al tono encomiastico, introducendo anzi gradualmente,
nel passaggio dall'una all'altra stesura, elementi che, sia pure in modo talora implicito,
concorrono a ridimensionare la figura storica del personaggio. La relazione PortaManzoni è stata al centro dell'intervento di
Franco Brevini, che ha costruito una serie di
convincenti dicotomie, da ricondurre tutte
alla fondamentale opposizione tra la visione
locale, municipalistica, della realtà, propria
di Porta, e la visione manzoniana, più ampia
sotto il profilo non solo politico, ma anche
culturale e ideologico. La differente scelta
linguistica operata dai due non fu quindi che
il corollario di tale diversità· di Weltanschauung. Il contributo di Giorgio Rumi ha
poi posto in evidenza, tra l'altro, un aspetto
non molto noto della fortuna di Manzoni:
l'atteggiamento di vasti settori della stampa
cattolica, che, dopo aver contrastato i tentativi dei laici di «appropriarsi» lo scrittore
appena defunto, giunsero a rifiutarlo come
portatore di un messaggio giudicato per
certi aspetti addirittura anticristiano.
Personalità
A prescindere dal contenuto specifico dei
singoli interventi, due sono i nodi intorno a
cui ha finito per convergere l'interesse dei
partecipanti al convegno : la personalità di
Manzoni e la popolarità postuma dell'autore
e dell'opera, col corollario della loro contestata «attualità». La personalità di Manzoni,
complessa, poliedrica, al limite della contraddittorietà: concetto certo non nuovo,
ma che è utile di tanto in tanto ribadire per
contrastare la tendenza sempre viva a irrigidire tale complessità in un'immagine oleografica. Allora il Manzoni che, appena scritto un romanzo storico di immediata e larghissima risonanza, nega la legittimità stessa del «genere»; il Manzoni pronto a dichiarare - a dispetto del ruolo decisivo della
Prowidenza nell'azione di un racconto apparentemente a lieto fine - la sua profonda
sfiducia nel trionfo della giustizia (relazione
di Dionisotti a Locarno, richiamata più volte
durante il convegno); il Manzoni che, scrittore cattolico per definizione, è decisamente antifederalista e filopiemontese nelle vicende che vedono il compiersi dell'unificazione italiana a spese dello Stato pontificio:
tutti questi aspetti dell'io rT)anzoniano sono
stati lumeggiati, sia pure non sistematicamente, in più contributi. E ancora: Manzoni
dopo i Promessi sposi non può più scrivere
romanzi, e tanto meno poesia, perché si è
fatta dominante in lui un'esigenza di univocità del segno che lo porta a considerare
con diffidenza - o addirittura a rifiutare - la
risonanza polisemica, avvertita quasi, moralisticamente, come strumento d'inganno
(relazione di C. Varese); Manzoni - come
ha, vorrei dire, appassionatamente ricordato Biancamaria Travi in una prospettiva di
utilizzazione scolastica del romanzo - ha
una consapevolezza acutissima dell'estrema problematicità della vita (per cui è tanto
difficile separare la ragione dal torto), rifugge da ogni conclusione categorica, è pronto
sempre a rimettere in discussione anche le
acquisizioni più certe.
Popolarità
La popolarità del Manzoni e dei Promessi
sposi e la loro effettiva influenza sulla cultura e l'evoluzione linguistica dell'Italia unita,
temi toccati più volte dai relatori, sono state
al centro del solo vero dibattito accesasi durante il convegno. AI di là delle discordanze
di valutazione sulle tirature effettive del romanzo, è emerso che la popolarità dell'auto-
re e quella dell'opera sua più famosa furono
non poco inferiori a quanto si stima comunemente. Ciò da un lato per lo scarso grado
di alfabetismo (ma come valutare il numero
dei fruitori per interposta persona?); dall'altro - e qui il discorso si fa più delicato - per
la sostanziale eterogeneità della forma
mentis manzoniana rispetto alla psicologia
e alla cultura di gran parte dell'Italia risorgimentale e postunitaria. Tommaso Di Salvo,
in un suo intervento extra moenia, è arrivato
ad affermare che Manzoni era un francese
trapiantato in Italia: giansenistica la matrice
della sua religiosità, f rancese il modello (e illuministica la strategia) in materia di lingua,
francese la metodologia storiografica
(Thierry). Paradossalmente quindi lo scrittore potrà essere davvero sentito come nostro solo quando la cultura italiana sarà entrata pienamente nel circolo della cultura
europea. Per ora Manzoni non è amato, non
è avvertito come elemento indispensabile
alla formazione spirituale, come accade invece per Shakespeare in Inghilterra. In una
prospettiva diversa, la popolarità dei Promessi sposi è stata al contrario ribadita da
Angelo Stella, presidente della seduta, in
quanto l'opera delinea in sostanza l'educazione sociale di un popolano. Inoltre la lingua della quarantana, non fosse altro che
per l'introduzione ufficiale del romanzo nella
prassi didattica, non poteva non esercitare
un influsso profondo.
non ebbe la virtù profetica di awertire il
nuovo che fermentava nel suo secolo; non
osò fissare lo sguardo sulla radice metafisica del male, illudendosi di esorcizzarlo con
la consolante visione di una giustizia trascendente. A differenza ad esempio di Holderlin, di Schopenhauer, di Baudelaire, di
Nietzsche, dello stesso Leopardi, Manzoni
«non si pose mai gli interrogativi che non
hanno risposta».
Quale attualità?
Nella discussione seguita alla lettura di Ceronetti si è ribattuto che il Manzoni non è
per nulla ottimista, che la conclusione del
romanzo non è lieta quanto sembra. Mi pare
sub specie historiae può essere vista come
elemento che in qualche modo contribuisce
all'attualità del romanzo: proprio perché mal
definiti dalle coordinate storiche, in certa
misura idealizzati, quei personaggi potrebbero meglio prestarsi a far scattare nel lettore di oggi il meccanismo dell'identificazione.
I
Religione e moralità
La seconda premessa occulta di Ceronetti
insinua che chi si arroga la pars destruens
acquisisce per ciò stesso un passaporto per
l'attualità perenne, mentre i «costruttori»
sono inevitabilmente penalizzati dalla storia, data la transitorietà di ogni soluzione positiva: il pessimismo, il catastrofismo, l'u-
l~
l~
~.
'.
Manzoni nella scuola
Con questo tocchiamo il dibattuto problema della presenza dei Promessi sposi nella
scuola: proporli o non proporli, integralmente o per lacerti, commentandoli o lasciandoli alla libera degustazione dei lettori 7 Le alternative sono molte, le soluzioni di compromesso innumerevoli. Se la Travi ha difeso la lettura integrale illuminata da riscontri
con altri testi manzoniani, altri oratori si
sono mostrati assai più cauti, per non dire
scettici. Una volta riconosciuto che tali perplessità nascono anche dalla densità del testo, che richiede ai lettori un impegno ormai
giudicato eccessivo da non pochi insegnanti, si deve pur ammettere che il problema di
fondo, soggiacente a quello dell'opportunità
di un impiego didattico del romanzo, è il problema dell'attualità dell'opera e, più in generale, dell'attualità di Manzoni.
Manzoni inattuale
Su questo tema, primattore - come da copione - è stato Guido Ceronetti (<< Inattualità
di Manzoni», collocato praticamente in
chiusura del convegno). In cauda venenum 7 Con tutto il rispetto per il relatore - e
per gli organizzatori che hanno voluto evitare un congedo in chiave idillica -, si può dire
che, se l'attore è stato pari all'aspettativa, le
tesi perentorie che ha sciorinato richiederebbero il supporto di argomentazioni un
poco più distese. La laconicità del dettato di
Ceronetti, se accresce la forza della sassata, impedisce di valutare appieno la precisione del colpo. Manzoni è vivente ma non
attuale, ha detto il suo critico. Puntò su una
lingua perdente e su una religione perdente;
La peste - Andrea Christen, corso di perfezionamento di grafica illustrativa, CSIA.
che si possa andare più a fondo, mettendo a
nudo le premesse occulte su cui riposa la bipartizione gerarchica istituita da Ceronetti.
La prima di tali premesse asserisce che l'attualità di un autore si misura unicamente sul
metro di una presunta capacità di presagire
le grandi svolte della storia umana. Ora, se
ciò fosse vero, neppure Shakespeare sarebbe attuale; esiste invece un'attualità che
scaturisce dalla capacità di fornire una rappresentazione della psicologia dell'uomo singolo o folla - tale che ci consenta di riconoscerei nelle figure create dallo scrittore, al
di là delle contingenze di luogo e di tempo.
Penso sia facile consentire che i personaggi
manzoniani - dai più costruiti, come Renzo
e don Abbondio, sino alla macchietta del
sarto, e non escluse le folle - presentano
una straordinaria gamma di reazioni psicologiche che anche l'uomo di oggi può riconoscere come proprie; è questo del resto il
terreno da cui si raccolgono i frutti migliori
anche nel lavoro scolastico sul romanzo. In
questa prospettiva, l'inattendibilità - di cui
ha detto Caizzi - dei personaggi manzoniani
mor nero sono sempre paganti. Manzoni invece ha voluto costruire. Nella realtà del
Seicento e nella coscienza di un uomo che
aveva riscoperto la Fede, il positivo non poteva, oggettivamente, non incarnarsi nel'
Dio cristiano. Ma se ammette che qualunque giudizio sull'attualità di un autore deve
sforzarsi di sceverare ciò che nella sua opera è sostanza, e quindi valido oltre il suo
tempo, da ciò che è accidente, storicamente condizionato; se si ammette questo, nell'epoca della morte di Dio (non prevista da
Manzoni, dice Ceronetti) non dovrebbe
scandalizzare la proposta, per paradossale
che sia, di vedere la Fede e la Prowidenza
come elementi non pertinenti alla sostanza
più profonda dell'opera manzoniana.
Ancor più forte e radicata dell'istanza religiosa è in Manzoni 'istanza morale. Vivissima già prima della conversione, come appare dai famosi versi del carme in morte dell'lmbonati, essa pervade il romanzo e domina nelle opere successive, prima f ra tutte la
Storia della colonna infame. Don Rodrigo,
l'innominato, i torturatori di Mora e Piazza
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sentono in qualche misura che ciò che fanno è male; perfino Adelchi lo avverte. Che
tale coscienza si manifesti in alcuni di essi
come timore del castigo divino è, nel senso
che si diceva prima, accidente; resta il fatto
che Manzoni scava nel cuore dell'uomo
(<< ... più si va addentro a scoprire il vero nel
cuore dell'uomo, più si trova poesia vera»)
per cogliervi le radici cosi del male come del
bene, cosi della colpa ,come della resipiscenza. Dostoevskij, al pari di Shakespeare,
non è tanto lontano quanto pensa Ceronet ti. Il quale, sollecitato in tal senso da Brevini
e da Pozzi, ha ammesso che il Manzoni vede
il male in sé - a prescindere cioè dalla prospettiva religiosa -, ~~ solo ~ome c~tegoria
morale, non metl!ifis.ca. S. può d.re che
quanto Manzoni, a detta di Ceronetti, ebbe
orrore del metafisico, altrettanto Ceronetti
ha in orrore il morale.
La sua chiave di lettura del moderno è sostanzialmente demoniaca e apocalittica,
conforme a moduli che già furono di certi
Scapigliati: suo simbolo d'elezione la schizofrenia teratologica di Jekyll-Hyde. A Manzoni, viceversa, quasi per meglio costituirlo
bersaglio polemico, Ceronetti attribuisce
una concezione estetizzante del bene (torna alla mente, a proposito di Scapigliatura, il
«vegliardo in sante visioni assorto» di Emilio Praga): «Vorrei sentire Manzoni parlare
di bellezza o bruttezza morale con una figlia
drogata.» No, qui la categoria del bello è
fuorviante: la moralità di Manzoni è incarnata semmai dal «santo Vero>, ; dal «non far
tregua coi vili» ; dalla persuasione che «la
vita non è già destinata ad essere un peso
per molti, e una festa per alcuni»; dal sacrificio per amore del prossimo (fra pristoforo); dalla forza che è necessaria per soffocare l'istinto della vendetta. È una moralrtà
che si nutre di lotta, non una moràlità da anime belle.
La Rngua di Manzoni
Per concludere, ancora una considerazione
sul problema della lingua del romanzo, tanto
per non lasciar cadere nel vuoto la tagliente
definizione di Ceronetti: «lingua perdente».
È per Ib meno strano che siano tanto numerosi coloro che di fatto rimproverano a Manzoni di non aver scritto esattamente come
scriveremmo noi oggi: di fronte al sapore
sgradevole di certi fiorentinismi pare dimen.ti chino di colpo quanto più vicina all'italiano
attuale (e quindi «vincente») sia la lingua
della quarantana rispetto a quella, poniamo,
delle Operette morali scritte negli anni immediatamente precedenti l'aborrita risciacquatura. Probabilmente anche qui Manzoni
paga l'impegno con cui cercò di «costruire», non limitandosi a denunciare l'inadeguatezza del reale. Volendo definirne aforisticamente l'atteggiamento di fronte alla
vita, si potrebbe forse ricorrere, con un accostamento dei più provocatori, a una norma di condotta spirituale enunciata nientemeno che da Antonio Gramsci: «Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà».
Giorgio Rossini
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Opuscoli ESG
per la scuola media
La Fondazione delle Edizioni Svizzere per la
Gioventù non ha bisogno di particolare presentazione, dopo quasi mezzo secolo di attività anche in Ticino.
Gli opuscoli che pubblica, ogni anno a settembre, nelle 4 lingue nazionali sono ormai
diventati un appuntamento ricorrente, accolto con gioia dai ragazzi di tutta la Svizzera. Ne fa fede il giro di vendite, che ammonta annualmente a quasi un milione di copie
complessivamente in Svizzera, di cui da 40
a 50 mila in Ticino.
Gli argomenti trattati coprono un ampio
ventaglio; hanno in comune il carattere o di
lettura individuale educativa (specialmente
sul piano sociale), oppure di «dilatazione»
in tono piacevole del discorso su temi cui
capita talvolta di accennare a scuola, senza
che essi siano parte integrante del programma.
Le ESG presentano testi per 4 categorie di
età: prescolastico e prime letture, I ciclo SE,
Il ciclo SE, '" ciclo (cioè scuola media). Nel
nostro cantone la diffusione nelle scuole
elementari è ottima, mentre incontra difficoltà nella scuola media, probabilmente
perché i libretti ESG sono meno conosciuti
dai docenti; viene quindi a mancare la sollecitazione del loro consiglio all'acquisto da
parte degli allievi (o almeno della sede).
Acquisto che non presenta particolari difficoltà organizzative, perché in ogni sede di
scuola media la bibliotecaria ha tra i propri
compiti anche quello di farsi tramite per le
ordinazioni (che fanno capo alla Biblioteca
per Tutti di Bellinzona) e i pagamenti.
In ogni biblioteca esiste inoltre una dotazione di alcuni opuscoli, per consultazione dei
docenti e dei ragazzi.
Il prezzo di ciascun opuscolo è estremament e modico: fr. 2.40 la copia.
* .. *
Riteniamo utile segnalare ai docenti di
scuola media alcuni testi particolarmente
riusciti, tra quelli destinati ai ragazzi della fascia di età tra gli 11 e i 15 anni.
a) Conoscere il passato del nostro paese
N° 1342 - Gualtiero Schonenberger, Conservare i monumenti e le bellezze naturali perché. Gli stati membri del Consiglio d'Europa hanno promosso nel 1975 una vasta
campagna per la salvaguardia degli elementi architettonici che testimoniano la cultura,
la civiltà e la storia europea. L'opuscolo aiuta i giovani ad affrontare seriamente il problema.
N° 1413 - Guido Fiscalini, I Tondù di Lionza.
~ la storia di una famiglia di spazzacamini, i
Tondù, che abitavano a Lionza nelle Cento-
valli. Stentavano a tirare avanti con i magri
raccolti della terra. Cosi, ogni autunno, il padre doveva emigrare verso l'Italia per guadagnare qualche soldo. Restava lontano da
casa per ben 8 mesi. " racconto si svolge
nel 1630.
N° 1494 - Pier Angelo Donati, 1icino - 2500
anni fa . L'autore parte da un preciso ritrovamento di oggetti in una sepoltura dell'età del
ferro per allargare la visione sugli antichi
abitanti delle nostre terre, sul loro modo di
vivere, sulle dimore, sui mestieri e sui traffici, sulle tombe e il culto dei defunti.
N° 1538 - Angela Maria Binda-Scattini, Indagine al museo. La visita a un museo vallerano sollecita la curiosità di un ragazzo, che
vede esposti oggetti appartenenti ai suoi
nonni e lo sprona a ripercorrere i sentieri tra
il villaggio e gli alpi sulle tracce di testimonianze che lo portano a contatto diretto con
usi e costumi del passato.
N° 1622 - Allievi di Alberto Nessi, Le vite
che abbiamo fatto. Da cinque testimonianze, raccolte con il registratore e trascritte
con fedeltà emergono i temi dell'emigrazione, della povertà, della durezza delle condizioni di lavoro, del mondo rurale con le sue
usanze.
N° 1661 - Ely Riva, Grotte del1icino. L'autore, fotoreporter e giornalista, racconta le numerose esplorazioni, compiute assieme a
un amico, nelle grotte del Sopra e del Sottoceneri. Un mondo affascinante, sconosciuto ai più, rievocato con immagini fotografiche originali e ricordi.
b) Scienze naturali e tecnica
N° 903 - Hans Graber/Guido Cotti, Fiumi e
laghi, specChio della nostra patria. L'autore
guida il piccolo lettore verso il ruscello, lo
stagno, la torbiera, poi verso la sorgente, il
fiume, il lago e dappertutto gli mostra la
svariatissima vita degli animali e dei vegetali. Il libretto si basa sopra esatte nozioni
scientifiche e può servire anche in classe.
N° 1345 - Walter Trab/Andrea Salvella. In
viaggio con le FFS. " lettore, con un viaggio
immaginario da Basilea a Chiasso, ha la
possibilità di rendersi conto della complessa
organizzazione delle ferrovie: stazioni di
confine, trasporto merci, procedura di partenza di un-treno diretto, misure preventive
di sicurezza, svolgimento del traffico, ecc.
N° 1374 - Sandro Dldrati, La fotografia.
Come si fa una foto? L'opuscolo dà le conoscenze di base: come scegliere l'apparecchio e la pellicola, come riprendere, come
sviluppare noi stessi la pellicola e stampare
le foto.
N° 1376 - Ernst Krebs/Guido Marazzi, /I bosco il anche tuo . Un esperto forestale ci
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