S.I.S.S.I.S. 2003/2004 Laboratorio di ANALISI L’integrale definito Prof. F. Spagnolo Di Paola Benedetto (Indirizzo 2 Classe 47A) Tumbarello Valentina (Indirizzo 2 Classe 49A) Raspanti Francesco (Indirizzo 2 Classe 49A) Indice Analisi storica-epistemologica Analisi a priori di una situazione/problema sul concetto di Integrale Situazione adidattica sul concetto di integrale Il segno Il segno che è una deformazione della lettera S, iniziale della parola latina “Summa”, fu proposto da Leibniz nel 1675; Per tutto il secolo Analisi storica-epistemologica XVIII vari autori usarono comunque il La notazione b segno S. Sia il termine e la notazione di La notazione: a integrale superiore: fu proposta da Fourier nel f ( x)dx 1822. che il termine e la notazione di I personaggi più importanti nella integrale inferiore: f ( x)dx storia dell’integrale definito furono introdotti da Volterra nel 1881. La denominazione particolare La denominazione di Il nome integrale definito e Il nome di integrale si trova indefinito si trovano in per la prima volta in uno scritto Lacroix nel 1900. di Giacomo Bernoulli del 1690 b a b a Il problema che storicamente, per primo, portò all'istituzione del calcolo degli integrali definiti fu quello di determinare l'area delle superfici piane delimitate da contorni curvilinei. Mentre le origini del calcolo differenziale si possono riconoscere negli studi del XVII secolo intorno ai problemi della tangente ad una curva, della velocità di un punto mobile e dei massimi e minimi delle funzioni, per rintracciare quelle del calcolo integrale bisogna risalire fino ai geometri greci, i quali, nella risoluzione del problema delle aree e dei volumi seppero ottenere risultati ammirevoli, specialmente per opera di Eudosso di Cnido e di Archimede. Nelle opere di Archimede (287 a.C.-212 a.C.) le dimostrazioni, soprattutto quelle relative al calcolo di aree e di volumi, erano condotte con un particolare metodo: il metodo di esaustione. Questo particolare metodo porta all’<<esaurimento>> di una figura geometrica, che viene ad essere riempita da un numero sempre più grande di figure di area elementare, come triangoli o rettangoli: con approssimazioni successive, si riesce a “riempire” la figura, riuscendo geometricamente a “ricoprirla” tutta. Logicamente, il metodo considerato non era un metodo generale in quanto era usato caso per caso. La dimostrazione per esaustione non è di tipo costruttivo, ma indiretto. Nel suo trattato, Archimede pensa ogni superficie come composta, riempita, da tante rette parallele ad una data direzione. Le superfici e i volumi sono così pensati come somma di tanti elementi infinitamente piccoli. Le linee e le superfici, con cui Archimede riempie le superfici e i volumi considerati, corrisponderanno successivamente a quegli indivisibili sui quali Cavalieri, nel secolo XVII, costruirà la sua geometria. Per ritrovare lo spirito dei procedimenti archimedei, occorre giungere sino al Rinascimento, e precisamente fino a Tartaglia, Maurolico, Commandino e Luca Valerio. Keplero (1571-1630). L'area di un cerchio è per Keplero quella di un numero infinito di triangoli aventi un vertice nel centro e base sulla circonferenza. Essenza del suo metodo è nell'identificazione delle aree curvilinee e dei volumi con la somma di un numero infinito di elementi infinitesimi della stessa dimensione. Una linea e un'area infinitesima sono per lui la stessa cosa, e un'area è una somma di linee. Galilei (1564-1642) concepisce le aree in modo simile a Keplero. Trattando il problema del moto uniformemente accelerato, espone un ragionamento geometrico che serve a dimostrare come l'area compresa sotto la curva che dà la velocità in funzione del tempo sia uguale allo spazio percorso. Per il calcolo delle aree e dei volumi, Bonaventura Cavalieri (1598-1647) introduce in geometria gli indivisibili. Egli considera un'area come costituita da un numero indefinito di segmenti paralleli equidistanti e un volume come composto da un numero indefinito di aree piane parallele; questi elementi sono detti rispettivamente indivisibili di area e di volume. Cavalieri si rende conto che il numero di indivisibili che costituiscono un'area o un volume deve essere indefinitamente grande, ma non cerca di approfondire questo fatto. Egli dimostra con procedimento completamente geometrico (modificando il metodo greco di esaustione) che, nella nostra notazione: a 0 a n1 per n=1,……..,9 x dx n 1 n Consideriamo un esempio: Supponiamo di voler calcolare l’area compresa sotto la parabola y= x2 da x= 0 a x= B. Mentre il metodo di esaustione usava diversi tipi di figure rettilinee approssimanti, dipendenti dall’area curvilinea in questione, in questo caso si adotta una procedura che permetta di usare solamente rettangoli come quelli disegnati nella figura accanto. Quando la larghezza d di questi rettangoli diventa piccola, la somma delle aree dei rettangoli si avvicina all’area compresa sotto la curva. Nel caso della parabola questa somma è d d 2 d (2d )2 d (3d )2 ...d (nd )2 cioè d 3 (1 22 32 ...n2 ) utilizzando il calcolo di Pascal e di Fermat sulla somma delle potenze n-esime si ottiene d3( 2n 3 3n 2 n ) 6 Ma d = OB/n allora OB3( 1 1 1 2) 3 2n 6n Si trascuravano gli ultimi due termini all’aumentare di n (sebbene il procedimento di passaggio al limite non era stato ancora introdotto) e si ritrovava, quindi, la formula risolutiva per l’area. I metodi usati fino a quel periodo erano però laboriosi: ogni nuovo problema di quadratura esigeva la scoperta di un nuovo artificio. Questa modo di procedere doveva, quindi, ben presto arrestarsi di fronte alle difficoltà algoritmiche inerenti all’ integrazione di nuove funzioni. Torricelli (1608-1647) attraverso riflessioni cinematiche, oltre a pervenire al concetto di integrale indefinito percepisce la stretta relazione esistente tra il problema della quadratura e quello delle tangenti. Imitando il ragionamento fatto da Galilei, rappresentando in un primo diagramma la velocità in funzione del tempo, stabilisce che lo spazio s descritto dal punto mobile tra gli istanti t1 e t2 è dato dall’area compresa tra la curva, l’asse t e le ordinate dei punti t1 e t2 , cioè con la nostra notazione s t2 vdt t1 Costruendo un secondo diagramma per rappresentare lo spazio s in funzione del tempo t, con considerazioni di natura cinematica (principio di composizione dei moti) e geometrica, dimostra con la nostra notazione che: ds v dt Torricelli, pur ragionando su curve particolari, ha il merito di aver visto il carattere inverso delle due operazioni: quadratura (o integrazione) che dà lo spazio, nota la velocità, costruzione di tangente (o derivazione) che dà la velocità, noto lo spazio. Il teorema fondamentale del calcolo fu riscoperto una ventina di anni dopo da Barrow (1630-1677). Data una curva y=f(x) crescente. Barrow ne costruisce una seconda Y=F(x) che con la nostra scrittura è Y x ydx e dimostra, attraverso la determinazione di tangenti alla seconda curva che 0 (secondo la moderna notazione) dY dx y Anche Barrow però (come vent’anni prima Torricelli) non sa trarre da questo fondamentale teorema tutte le conseguenze in esso racchiuse, perché non può sostituire all’ente geometrico tangente l’ente analitico corrispondente derivata. Newton (1642-1727) sviluppa i primi elementi fondamentali del suo calcolo. Dopo aver trattato delle serie di potenze e di alcune operazioni su di esse, espone gli elementi fondamentali del suo calcolo infinitesimale, mostrando la relazione inversa tra derivazione e integrazione, punto centrale della moderna analisi. Leibniz (1646-1716) scopre il suo calcolo, in tutto simile a quello di Newton, tra il 1673 e il 1676, a Parigi. La quadratura, cioè il calcolo dell’area, dipende dalla somma delle ordinate moltiplicate per tratti infinitesimi di ascissa, ovvero dalle aree di rettangoli infinitamente sottili. Stabilisce che la quadratura e la determinazione della tangente stanno in un rapporto inverso (rapporto già visto in forma meno chiara da Torricelli e Barrow). In lui il segno d’integrale appare nella forma attuale: che ricorda che un’area è la somma di rettangoli infinitesimi: il simbolo è l’ingrandimento della lettera s che indica, appunto, la somma. Il legame tra derivata e integrale fece passare in secondo piano il problema delle quadrature, conferendo maggiore importanza alla ricerca dei cosiddetti integrali indefiniti e lo sviluppo di tale ricerca occupò i matematici nel XVIII secolo. Fra coloro che diedero maggiori contributi vanno ricordati i fratelli Bernoulli, Eulero, D’Alembert, Lagrange. Frattanto veniva a sentirsi sempre di più la necessità di una sistemazione critica del calcolo integrale. Questa opera venne iniziata per merito di Cauchy (1789-1857) Cauchy utilizza la definizione di integrale come limite di una somma e non come inverso della derivata. In questo modo può estendere la nozione di integrabilità anche ad alcune funzioni non continue. Anche Fourier (1772-1837) utilizza senza difficoltà gli integrali di funzioni discontinue, perché, come Leibniz, considera l’integrale come una somma. Nel 1823, Cauchy dimostra l’esistenza di un integrale per ogni integrando continuo e definisce l’integrale anche quando l’integrando ha un salto o diventa infinito. x Definisce poi la funzione integrale F (x) f (x)dx e dimostra la continuità di tale funzione x nell’intervallo [x0,X]. 0 Considerando il seguente rapporto medio prova che F’(x)=f(x). F ( x h) F ( x ) 1 x h f (t )dt grazie al teorema del valor h h x Questo è il teorema fondamentale del calcolo integrale e la presentazione data da Cauchy ne costituisce la prima dimostrazione rigorosa. Con la crescita dell’analisi, però, si manifesta la necessità di considerare integrali di funzioni che si comportavano in maniera più irregolare. Nell’Ottocento, Riemann (1826-1866) generalizza la nozione d’integrale in modo da poterla applicare a funzioni f(x) definite e limitate in un intervallo [a,b]. Il concetto di Integrale definito nei libri di testo approccio 1 Data una funzione y = f(x) definita nell’intervallo [a,b] con a ed b finiti, si scompone l’intervallo stesso in un numero n arbitrario e finito di intervalli parziali mediante n+1 punti. In ciascuno degli intervallini parziali [xo,x1], [x1,x2], … , [xn-1,xn], si sceglie ad arbitrio un punto ξi con i = 1, 2, 3… n, e si forma la somma integrale: f(ξ1) [x1-xo]+ f(ξ2) [x2-x1]+…+ f(ξn) [xn-xn-1] Posto [xi-xi-1]=∆xi con i = 1, 2, 3… n, la relazione precedente si può scrivere nella forma (i=1-n)∑ f(ξi) [xi-xi-1] = (i=1-n)∑ f(ξi)∆xi la quale geometricamente rappresenta la somma delle aree di tutti i rettangoli f(ξi) (xi-xi-1) costruiti. Si fa crescere allora il numero n delle suddivisioni in modo che l’ampiezza massima degli intervallini parziali ∆xi che si indica con ∆u tenda ad zero. Si esegue la suddivisione in modo che per n che tende ad ∞, ∆u tende ad zero. Se risulta finito il limite per ∆u che tende a 0 di ((i=1-n)∑ f(ξi)∆xi) = l, in modo indipendente dalla suddivisione operata, allora il limite viene indicato con il nome ed il simbolo di integrale definito tra a ed b. In questo caso si dice che la funzione f(x) è integrabile secondo Cauchy-Riemann o semplicemente integrabile su [a,b] Il concetto di Integrale definito nei libri di testo approccio 2 Un secondo approccio, alla definizione di integrale definito si può avere partendo dalla definizione di somma inferiore e somma superiore di una funzione, relativa ad una partizione P dell’intervallo su cui si vuole calcolare l’integrale; definendo il concetto di Integrale Inferiore e Superiore di Riemann e così dando la definizione di integrabilità della f(x). Analisi a priori di una situazione/problema sul concetto di Integrale come misura di aree. La misura fa parte della vita quotidiana di adulti e ragazzi. A scuola, la misura aiuta gli studenti a collegare ambiti matematici con ambiti di altre discipline, nello sforzo di costruire strumenti interpretativi della realtà. Per tale motivo occorre che gli studenti misurino diversi tipi di grandezze, progettando anche esperimenti di misura per passare poi a descrivere quantitativamente i loro risultati in un processo che dovrà portare, nella parte finale dei loro studi, a comprendere le differenze tra la misura come procedimento pratico, tipico delle scienze sperimentali, e la misura come teoria, tipica della Matematica, collegata a tutti i grandi nodi concettuali che l’hanno contraddistinta storicamente e che riguardano i numeri Reali, l’Analisi e la Probabilità. Problema1: Calcola l’area della regione di piano delimitata x2 y2 1 dalla seguente equazione: 4 9 Analisi a-priori 1 Supponiamo di proporre il seguente quesito ad una classe di V Liceo Scientifico dove la nozione di integrale è stata già ampliamente discussa dall’insegnante. Analisi a-priori4 L’analisi a-priori è uno strumento ben preciso d’investigazione ed ha una duplice valenza: - di tipo valutativo sul comportamento degli allievi coinvolti - di tipo disciplinare in relazione ai contenuti. L’analisi a-priori è del tutto necessaria in questo tipo di lavoro in quanto si ha il bisogno non soltanto di analizzare, più da vicino, il comportamento degli studenti ma anche di rendere più oggettiva la valutazione della “situazione” proposta. Lo scopo principale dell’analisi a-priori è quello di classificare e di riportare tutte le possibili strategie risolutive applicate dagli studenti nel compito assegnato. In riferimento a questo nostro lavoro quindi, nell’analisi a-priori, dovremo tentare di ritrovare tutti i possibili metodi di risoluzione del quesito proposto, corretti e non, al fine di classificare le strategie adottate. Stilata l’analisi a-priori si dovrebbe somministrare il quesito ad un gruppo di studenti e quindi confrontare i risultati ipotizzati con quelli raccolti dall’analisi sperimentale, tirando le conclusioni finali. 4 L’espressione “analisi a-priori” venne usata per prima dalla scuola francese di Didattica delle Matematiche di Brousseau. Strategie ipotizzate A1 Dopo essersi ricavato la y in funzione della x, si cimenta nel calcolo dell'Integrale ricavando in modo corretto il risultato finale senza porsi il problema sull'intervallo di integrazione. A2 Dopo essersi ricavato la y in funzione della x, si cimenta nel calcolo dell'Integrale non riuscendo a determinare il risultato esatto a causa di difficoltà di calcolo. Non si pone il problema sull'intervallo di integrazione. A3 Dopo essersi ricavato la y in funzione della x, si cimenta nel calcolo dell'Integrale ma nota la mancanza dell'intervallo di integrazione. A4 Riconosce che l'equazione data rappresenta un'Ellisse, la disegna correttamente e ne calcola l'area utilizzando l'Integrale definito. A5 Riconosce che l'equazione data rappresenta un'Ellisse, la disegna correttamente ma non riesce a calcolarne l'area per le difficoltà incontrate nel calcolo dell'Integrale. A6 Riconosce che l'equazione data rappresenta un'Ellisse, la disegna correttamente e ne calcola l'area utilizzando la quadrettatura. A7 Riconosce che l'equazione data rappresenta un'Ellisse, la disegna correttamente e ne calcola l'area con il metodo di esaustione utilizzando altre figure elementari. A8 Non riconosce le simmetrie, rispetto agli assi cartesiani, della funzione data e quindi deduce erroneamente che l'area della figura proposta è nulla. A9 Riconosce le simmetrie, rispetto agli assi cartesiani, che la funzione presenta; risolve correttamente il problema proposto, seguendo o la strategia della quadrettatura o quella del calcolo dell'Integrale definito. A10 Usa un calcolatore elettronico per disegnare la funzione proposta e calcolare l'Integrale richiesto. Situazione a-didattica sul concetto di integrale In una situazione a-didattica l'insegnante presenta all'allievo un gioco senza esplicitare lo scopo didattico da raggiungere e segue lo studente passo dopo passo durante tutta l'attività proposta. Lo studente coinvolto, dal canto suo, assimilate le regole del gioco proposto, deve fare appello a tutte le sue conoscenze e deve ricercare le strategie migliori che gli permetteranno di vincere. Presentando la nostra situazione a-didattica creata ad hoc per introdurre il concetto di integrale e di area, si metteranno in evidenza: 1) La definizione della situazione, 2) Il ruolo dell'insegnante, 3) La descrizione delle consegne per gli allievi, 4) L’analisi delle fasi di azione, formulazione e validazione. L'insegnante, comunicato verbalmente il messaggio, "entra" nel gioco simulando la situazione che lo studente incontrerà. Successivamente il ruolo del docente sarà quello di seguire gli studenti, coinvolti nel gioco, non come protagonista ma come presentatore. • Nella prima fase, quella di azione (gioco uno contro l'altro), l'allievo sviluppa strategie e le mette alla prova per risolvere il problema, spinto da una sana competizione con gli "avversari". • Nella seconda fase, quella di formulazione (gioco gruppo contro gruppo), si possono distinguere due parti: quando gli studenti discutono fra loro nel gruppo e quando il loro rappresentante è alla lavagna. L'allievo deve avere una capacità di espressione verbale molto chiara. • Nella terza fase, quella di validazione, gli studenti, ancora divisi in gruppi, sono invitati a comunicare le proprie congetture. Quando una congettura è accettata da tutti diventa Teorema; se il ragionamento, invece, non è corretto o le prove sono insufficienti allora si devono rifiutare e ricercare una teoria esatta. Per ultimo l’insegnante farà notare come tutte le strategie adottate per risolvere il compito proposto “conducano” al concetto matematico di Integrale definito come strumento per il calcolo esatto delle aree. La nostra situazione a-didattica sul concetto di integrale Siamo nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, in Normandia. Un esercito ha l’esigenza di dover misurare l’area di un laghetto recintato di acqua potabile che si trova aldilà di un fiume non guadabile (come mostrato nella figura accanto) per riuscire a coprirlo perfettamente e così nasconderlo alle truppe nemiche. Per giungere all’obiettivo prefisso l’esercito ha la possibilità di usare qualsiasi strategia e quindi potrà sia sfruttare al meglio le risorse belliche a disposizione (ricordando che qualsiasi arma in dotazione può sparare al massimo 100 colpi) che i vari strumenti rudimentali di misurazione. Logicamente la strategia migliore sarà quella grazie alla quale si riuscirà ad utilizzare, per la copertura del laghetto, quanto meno materiale possibile e dunque risparmiare sulla spesa di fabbricazione. Quanto più precisa è infatti la misurazione dell’area del laghetto, tanto meno costosa sarà la realizzazione della copertura. Supponete di trovarvi in tale situazione. Riuscite a suggerire ai soldati quale strategia sia maggiormente conveniente per risolvere il loro problema? Come pensereste di procedere nella risoluzione di questo problema se oltre al materiale che l’esercito considerato ha a disposizione (cannoni, fucili, carta, matita, compasso …) potreste usufruire di un calcolatore elettronico? Possibili strategie: L’alunno potrebbe suddividere la figura proposta in tanti piccoli quadratini uguali, osservando che la riduzione delle loro dimensioni comporta una migliore approssimazione dell’area del laghetto. L’alunno potrebbe lavorare in modo analogo alla strategia proposta nel punto precedente sostituendo i quadratini con altre figure geometriche regolari. L’alunno potrebbe sfruttare le sue conoscenze sul calcolo delle probabilità e quindi, facendo uso di tutti i dati forniti dal problema, determina una approssimazione dell’area del laghetto con il metodo di Monte-Carlo. L’alunno, sfruttando le sue conoscenze in campo informatico e riuscendo a determinare le funzioni che descrivono la figura, le elabora al calcolatore. L’alunno potrebbe suddividere la figura proposta in tante piccole sotto-figure e calcolare le singole aree sommandole successivamente. L’alunno potrebbe calcolare l’area del recinto del laghetto (rettangolo) e successivamente sottrarre a questa le aree non utili per il compito proposto. Il metodo di Monte-Carlo Spesso ci si trova di fronte a situazioni in cui si ha bisogno di conoscere la probabilità di un certo evento, ma le variabili che lo condizionano sono troppe e non è possibile svolgere i calcoli analitici. In tali situazioni si fa ricorso a metodi di campionamento simulato, cioè si simula la situazione nella quale si vuole calcolare la probabilità di un certo evento. La simulazione stocastica si attua riproducendo il meccanismo preso in esame, sostituendo alla valutazione analitica l'osservazione empirica del fenomeno e traendo da questa le informazioni non rilevabili per via analitica. Ad esempio, la frequenza osservata di un certo evento costituisce una valutazione della probabilità di quell’evento (a patto che il campionamento sia stato simulato per un consistente numero di volte). Questa simulazione prende il nome di metodo di Monte-carlo. Il metodo di Monte-carlo fu utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale dagli USA. Fu applicato al problema del bombardamento da parte degli aerei: si voleva colpire una vasta area, senza però bombardare in modo totalmente casuale. Nell’esempio da noi considerato, il metodo di Monte-carlo viene applicato come segue: Supponiamo che un cannone spari tutti i colpi a disposizione a caso all’interno del rettangolo di area S che recinta il lago di area L. Sia k il numero di colpi che cadono nel lago. La probabilità che un colpo cada nel lago è p= k/100 ≈ L/S Pertanto un valore approssimato dell’area del laghetto è dato da L≈ (Sk)/100 L’alunno, fissato un sistema di riferimento e considerate le posizioni degli alberi, presenti attorno al laghetto, suddivide la figura proposta in tante piccole sotto-figure e sommando le singole aree calcola l’area del laghetto. Seguendo la stessa metodologia, potrebbe anche procedere calcolando l’area del recinto del laghetto (rettangolo) e successivamente sottrarre a questa le aree non utili per il compito proposto. S.I.S.S.I.S. 2003/2004 Laboratorio di ANALISI L’integrale definito (fine presentazione) Prof. F. Spagnolo Di Paola Benedetto (Indirizzo 2 Classe 47A) Tumbarello Valentina (Indirizzo 2 Classe 49A) Raspanti Francesco (Indirizzo 2 Classe 49A)