(Mt 20,4)
Indice
Introduzione
4
Il programma pastorale nella nostra chiesa locale
di Mons. Raffaele Calabro. Vescovo della Diocesi
Presentazione
6
Il cammino di elaborazione del programma pastorale diocesano
di Don Gianni Massaro, Vicario Generale
Programma Pastorale Diocesano 2010-2011
Riscopriamo la vocazione dei laici nella Chiesa e nella società, oggi
10
Novità nella continuità
10
I protagonisti, i contenuti, le fonti, le finalità
2
Icona biblica. Gli operai della vigna (Mt 20, 1-16)
12
Identità e formazione dei laici:
13
Indole secolare: formazione spirituale, dottrinale, umana
Formazione dei formatori
Ruolo della famiglia
Auto-formazione
INDICE
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
3
Comunione e corresponsabilità:
18
La parrocchia nodi problematici
Le relazioni presbiteri-laici
Le risorse: gli organi di partecipazione e la consulta delle aggregazioni laicali
Testimonianza e missione:
21
Gli scenari della testimonianza
Il linguaggio della testimonianza
Gli ambiti della testimonianza
Vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione, cittadinanza
Chiesa e Mezzogiorno
Conclusione
Bibliografia
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30
INDICE
(Mt 20,4)
Presentazione
Il programma Pastorale nella nostra
Chiesa locale
4
Al documento, qui annesso, frutto delle comuni fatiche e riflessioni per il
Programma Pastorale Diocesano 2010-2011, avrei poco da aggiungere.
Mi limito soltanto a prospettare alcuni punti concreti, necessari per calare la
teoria, ormai consolidata e di comune dominio, nella pratica che è più complessa ed
irta di contraddizioni e imprevisti legati a comportamenti, temperamenti e ritrosie
differenti.
Il fatto stesso che dopo tanti documenti e programmi pastorali, dopo tanti anni,
il problema del laicato si ripropone puntualmente come nodo sostanzialmente
irrisolto, ci induce a scrutare più attentamente e rigorosamente la prassi.
La problematica è del tutto evidente come parimenti evidente l’incontrovertibilità
della teoria. In campo socio-politico i laici, che pur si dicono e riconoscono credenti
e praticanti, restano afoni, indistinguibili da quanti si dichiarano espressamente
miscredenti, anticlericali, sostenitori di visioni di vita in nettissimo contrasto con
principi non solo cristiani, ma anche più ampiamente umani a livello di etica e di
valori. Né nella vita privata né in quella pubblica i laici cristiani danno migliore
testimonianza di morale ineccepibile. La doppia morale (in privato e in pubblico)
traspare da distinzioni sottili e sofistiche: la privacy si dice è una questione che
riguarda l’individuo e non deve interessare nessun altro (sia questi il magistrato,
sia questi il cittadino comune).
La moralità pubblica (connessa strettamente con quella privata, spesso chi vive
una vita dissoluta risulta anche ladro e corruttore in ambito pubblico) obbedirebbe
ad altra legge (quella del consenso popolare), avulsa dai comandamenti.
Pochi cattolici alzano la voce, tra questi il settimanale Famiglia Cristiana,
purtroppo è una vox clamantis nel deserto.
PRESENTAZIONE
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
Le comunità cristiane hanno il dovere di interrogarsi e domandarsi se hanno fatto
tutto il possibile, se hanno adottato tutte le strategie per inculcare nei fedeli laici
che frequentano le nostre parrocchie, sono iscritti nelle nostre associazioni, che la
fede in Dio comporta un cambiamento effettivo di vita: “Chi mi ama, osserva i miei
comandamenti”, leggiamo in San Giovanni (14,15-21).
Insegna San Giacomo: “Al contrario uno potrebbe dire: Tu hai la fede ed io ho le
opere; mostrami la tua fede senza le opere, ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”
(2,18).
La rivista Civiltà Cattolica, in uno degli ultimi numeri, ha recensito un’opera in 3
volumi su Alcide De Gasperi: si resta semplicemente ammirati di fronte ad un
gigante dello Spirito. E la stessa ammirazione riguarda figure come Giorgio La Pira,
Giuseppe Lazzati, Bonomi e tanti altri. Si tratta - ci domandiamo - di esemplari in
via di estinzione?
Sono convinto di no e lo siamo tutti e perciò affrontiamo con fiducia il nuovo
programma pastorale diocesano, nella certezza che il Signore è con noi. Egli che è
in grado di far nascere dalle pietre figli di Abramo (Mt 3,9).
Che fare?
Ci tocca anzitutto constatare che non è stato ancora risolto il problema del rinnovamento della catechesi e, quindi, non c’è rinnovamento della pastorale, né, di
conseguenza, decolla la nuova evangelizzazione, tanto richiesta ed auspicata dal
Servo di Dio Giovanni Paolo II.
Il rinnovamento della catechesi, a sua volta, è collegato strettamente con
l’iniziazione cristiana, secondo il canone R.I.C.A. per gli adulti che domandano di
essere battezzati ed inseriti nella comunità cristiana.
Il criterio di fondo che ispira tale procedimento è quello di pretendere dal
catecumeno-battezzando non solo se è pronto a cambiare vita, ma anche se la sua
vita e la sua condotta è già in qualche modo attuata. Per questo vi sono varie fasi,
tra le quali gli scrutini, la redditio symboli.
Il battesimo dei bambini (pedobattesimo) sembra rendere più difficile e problematico il ricupero, almeno in certe dosi, di tale procedimento in chi è stato già battezzato.
Ci troviamo di fronte ad un dilemma: da una parte in molte parrocchie è stato
PRESENTAZIONE
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adottato il criterio della sperimentazione, laboratori o il rinnovamento a piccoli
passi, come è detto nel documento CEI Comunicare il Vangelo in un mondo che
cambia; dall’altra parte vi è la pastorale ordinaria, che sembra muoversi in parallelo, senza mai incrociare l’iniziazione.
Qualcuno ha notato l’anomalia con un’immagine arguta: la gazzella (iniziazione)
corre avanti veloce, lasciandosi indietro il lento e goffo pachiderma ecclesiale.
Come colmare il gap?
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La soluzione può essere il classico uovo di Colombo: la pastorale ordinaria, nei
sacramenti, già incorpora tratti salienti dell’iniziazione. Si veda in tutti i sacramenti
il dialogo tra celebrante e chi riceve i sacramenti, o i genitori, padrino e madrina,
nel battesimo (v. Rivista di Pastorale Liturgica, 3,2010). Tale dialogo mira a coinvolgere chi amministra il sacramento e chi lo riceve, tastandone le reali intenzioni.
Un segnale molto importante è la partecipazione costante alla celebrazione eucaristica nel Giorno del Signore: “sine dominico vivere non possumus”, affermavano i
martiri di Abitene.. Non è eccessivo chiedere ed inculcare almeno questo segno
minimo di appartenenza ecclesiale a quanti chiedono i sacramenti. E qualche segnale di impegno attivo e concreto nelle opere di carità non sembra assolutamente fuori
posto per far passare nella mente talora distratta di adolescenti e adulti l’idea e la
convinzione che la vita cristiana si estende o ingloba un cambiamento continuo e
costante di vita.
Quando si parla di fedeli laici in genere si pensa all’aspetto intellettivo: catechesi, scuole di formazione, etc.. Ma c’è un ambito privilegiato che sta al centro della
vita della Chiesa: la liturgia.
Nella liturgia noi non soltanto parliamo al popolo (che ci ascolta talora annoiato
e distratto), ma noi preghiamo con il popolo, celebriamo con esso, comunichiamo al
Corpo e al Sangue di Cristo.
Dove non arriva la catechesi, può arrivare la liturgia. Uno scrittore, di cui non
ricordo il nome, confidava che rimasto indifferente per tutta la durata della Messa,
è stato colpito e quasi folgorato nel sentire: Ecce agnus Dei!
Tanti ottimi laici (alcuni già nominati) non hanno partecipato a scuole di formazione all’impegno socio-politico, eppure, al momento opportuno, la loro fede ed il
PRESENTAZIONE
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
vivo senso cristiano hanno loro suggerito idee e proposte inedite in campo politico
e sociale.
Curare, quindi, la liturgia, l’atmosfera, i canti, la musica, le sobrie indicazioni
da parte della guida, il silenzio o pausa adorante.
Con tanti nostri fratelli non ci incontriamo spesso se non nel limitato tempo di
una celebrazione eucaristica settimanale e festiva.
Concludo invitando tutti a costruire insieme la nostra Chiesa locale.
In nomine Domini. Con la mia benedizione.
Andria, 15 agosto 2010, solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria.
† Raffaele Calabro
Vescovo della Diocesi
PRESENTAZIONE
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(Mt 20,4)
Introduzione
Il cammino di elaborazione del
Programma Pastorale Diocesano
Il programma pastorale diocesano non può essere la precisazione e la descrizione
di tutto ciò che la comunità ecclesiale pastoralmente opera o è chiamata a vivere,
ma piuttosto la proposta di alcuni orizzonti condivisi verso i quali muoversi,
l’indicazione di strumenti operativi, di stili pastorali, di focalizzazioni e di attenzioni
che possono aiutarci a raggiungerli o ad avvicinarci.
Il programma pastorale non può neanche ridursi a pragmatica ripartizione di
compiti, né può ignorare i carismi di ogni persona ma deve inevitabilmente essere
il risultato di un molteplice ascolto. Diversamente, risulterà infruttuoso e contribuirà ad alimentare la sfiducia che oggi sembra emergere nei confronti dei vari piani
o progetti pastorali.
Il programma pastorale che, pertanto, vi viene affidato, non è stato elaborato “a
tavolino” ma è il frutto di un lavoro in cui i soggetti a cui è rivolto sono stati pienamente coinvolti.
8
Il cammino di elaborazione ha, infatti, avuto inizio con il Consiglio Pastorale
Diocesano, convocato lo scorso 3 marzo, durante il quale sono state accolte le
indicazioni del nostro Vescovo, Mons. Raffaele Calabro, dopo aver ascoltato le
sintesi dei lavori di gruppo del Convegno Ecclesiale Diocesano, celebrato nei giorni
3 e 4 febbraio scorsi.
Nella nota di approvazione del verbale del suddetto Consiglio così scrive il nostro
Vescovo:
“Dopo aver letto ed approvato il verbale, considerando il fatto che il programma pastorale della CEI per il prossimo decennio non sarà pronto (nella migliore delle ipotesi) prima del prossimo giugno; per non perdere tempo e visto che
vi sono altre scadenze, come il prossimo Convegno Regionale sul laicato;
INTRODUZIONE
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
tenendo conto dell’esigenza emersa, durante il Consiglio Pastorale Diocesano,
di dare continuità al lavoro svolto nel precedente quadriennio e il rilievo da me
ribadito che il problema (educativo) dei giovani non riguarda solo loro ma
coinvolge tutto quello che ruota attorno ad essi: famiglia, parrocchia, adulti,
società civile, mass media…conviene concentrare la nostra attenzione sul
laicato, quale programma pastorale per il prossimo anno”
Alle indicazioni del Vescovo e del Consiglio Pastorale Diocesano (convocato
ancora il 15 e 16 giugno 2010) si sono aggiunti i contributi offerti sia dal Consiglio
Presbiterale, riunitosi il 28 maggio 2010, sia dai Consigli Pastorali Zonali convocati per la verifica di fine anno.
Le declinazioni, invece, delle dimensioni pastorali nelle situazioni tipiche in cui
si trova a vivere un laico cristiano (famiglia, lavoro, fragilità umana, tradizione e
partecipazione alla vita civile) sono state offerte dalle comunità parrocchiali e
associazioni laicali che in preparazione al Convegno Ecclesiale Nazionale di
Verona, sono state invitate a riflettere su almeno uno dei cinque ambiti.
Una prima bozza, così, del programma pastorale, elaborata dal Comitato di
Presidenza del C.P.D., è stata affidata ai Direttori degli Uffici Pastorali Diocesani. Arricchita dai suggerimenti e indicazioni di questi ultimi, si è giunti alla stesura,
sempre da parte del Comitato di Presidenza, del programma pastorale nella sua
versione definitiva approvata, poi, dal nostro Vescovo il 15 Agosto 2010.
Le indicazioni pastorali per il prossimo anno che questo opuscolo porta nelle
vostre mani, risultano pertanto, il frutto della nostra comune fatica di sacerdoti,
religiosi e laici; in piena comunione con il nostro Vescovo, desideriamo, così, dare
corpo e concretezza a parole come collaborazione, corresponsabilità, comunità e
aiutarci ad essere non semplicemente delle persone o delle comunità “accostate” le
une alle altre, talora con percorsi e prassi pastorali assai diversificate, ma una
sinfonia di voci differenziate ma armoniche.
L’augurio è che per tutti possa essere un anno pastorale fecondo e che
l’accoglienza del programma diocesano sia espressione visibile del nostro camminare insieme.
Don Gianni Massaro
Vicario Generale
INTRODUZIONE
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(Mt 20,4)
Riscopriamo la vocazione dei laici
nella Chiesa e nella società, oggi
Verso il terzo Convegno ecclesiale regionale (28 aprile-1° maggio 2011)
Novità nella continuità
Con lo scorso anno pastorale, si è concluso il ciclo quadriennale della programmazione pastorale che ha visto la nostra comunità diocesana coinvolta in un percorso di riflessione e d’impegno sul difficile e complesso versante dell’educazione in
ordine ai temi, rispettivamente, della “responsabilità” (2006-2007), della “solidarietà” (2007-2008), della “cittadinanza” nel suo duplice aspetto: “abitare la città”
(2008-2009) e “abitare il mondo” (2009-2010). Naturalmente, si tratta di attenzioni educative che non vanno lasciate alle nostre spalle, ma vanno sempre riproposte
nell’ordinarietà della vita pastorale. L’ottica nella quale ci poniamo, è bene ribadirlo, resta sempre quella della formazione globale, in cui i molteplici aspetti
dell’educazione alla fede, che vengono sottolineati annualmente nella pianificazione
pastorale, si tengono tuttavia insieme, onde evitare il rischio di una proposta educativa frammentaria e occasionale.
10
Tutti i temi che hanno orientato i percorsi pastorali degli ultimi quattro anni
saranno in qualche modo ricompresi e rilanciati, in questo nuovo anno pastorale, da
un’altra prospettiva, quella della viva testimonianza dei laici nella vita della Chiesa
e del mondo. La sollecitazione in tal senso ci deriva da un evento importante cui le
Chiese di Puglia sono invitate a prepararsi, qual è il terzo Convegno Ecclesiale Regionale che sarà celebrato a S. Giovanni Rotondo (dal 29 aprile al 1° maggio 2011) sul
tema: “I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi”.
Nella Lettera d’indizione del Convegno (contenuta nel sussidio approntato dalla
Conferenza Episcopale Pugliese in preparazione al terzo convegno ecclesiale regionale), così si esprimono i Vescovi di Puglia nel giustificare l’urgenza di una riflessio-
RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
ne sulla vocazione dei laici di fronte ai doni e alle sfide dell’ora presente:
“E’ nostro vivo desiderio che i membri del popolo santo di Dio - presbiteri,
consacrati e laici - destinatari e protagonisti di questo importante evento
ecclesiale, riscoprano la grandezza della vocazione laicale. Nel solco del Concilio Ecumenico Vaticano II e dell’Esortazione Apostolica Christifideles laici,
vogliamo che nelle nostre Chiese maturi un’ecclesiologia di comunione più
compiuta, rinvigorendo la corresponsabilità ecclesiale dei laici e potenziando la
loro formazione. Solo così, insieme ai tanti testimoni pugliesi di santità laicale,
alimenteremo la speranza delle nuove generazioni e contribuiremo al rinnovamento evangelico della società pugliese”.
In queste parole appaiono evidenti quali siano i protagonisti, i contenuti, i riferimenti magisteriali e le finalità di un itinerario pastorale che vogliamo percorrere
insieme. Protagonisti sono non solo i laici; è l’intero Popolo di Dio che è chiamato
ad interrogarsi sulla vocazione dei laici i quali rappresentano la grandissima parte
del numero dei battezzati. I temi di fondo del percorso si annodano intorno
all’identità, compiti e responsabilità dei laici nella Chiesa e nella società. Su questi
temi c’è una ricca elaborazione teologica e magisteriale cui fare riferimento e che
dovrà orientare il nostro cammino: il Concilio Vaticano II (in particolare, Lumen
Gentium, Apostolicam Actuositatem, Gaudium et Spes), l’Esortazione Apostolica di
Giovanni Paolo II Christifideles laici (1988), in cui confluisce tutta la riflessione
conciliare sul laicato, il Compendio della dottrina sociale della Chiesa (2004), la Lettera ai fedeli laici della Commissione episcopale per il laicato (2005), la Nota pastorale
dopo il 4° Convegno ecclesiale nazionale di Verona (2007), Rigenerati per una
speranza viva: testimoni del grande “sì” a Dio (per citare solo alcuni tra i più importanti documenti).
Non dovranno, poi, mancare i confronti con figure esemplari di laici, adulti e
giovani, che hanno saputo offrire una testimonianza coerente e credibile del Vangelo nel nostro tempo (ne vogliamo ricordare solo alcuni: da Giuseppe Lazzati a
Giorgio La Pira a Vittorio Bachelet, da Armida Barelli a Gianna Beretta Molla a
Chiara Lubich, dai giovani Pier Giorgio Frassati e Chiara Luce Badano alla bambina
Nennolina, fino alla nostra Antonietta Cafaro, e altri). Quanto alle finalità, si tratta
di sviluppare una più forte coscienza ecclesiale, risvegliando, per dirla con una nota
VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)
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ma efficace espressione, quel “gigante addormentato”, il nostro laicato, che non
sempre riesce ad esprimere in modo lucido ed appassionato le proprie potenzialità
nell’annuncio del Vangelo e nell’animazione cristiana della società: “Per questo
diventa essenziale accelerare l’ora dei laici”, si afferma nella Nota del dopo-Verona,
“rilanciandone l’impegno ecclesiale e secolare, senza il quale il fermento del Vangelo non
può giungere nei contesti della vita quotidiana, né penetrare quegli ambienti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione” ( Rigenerati per una speranza viva…, n.26).
Icona biblica. Gli operai della vigna
(Mt 20, 1-16)
Quale icona biblica del nostro Programma, assumiamo la parabola evangelica
degli operai della vigna ( Mt 20,1-16), di cui si serve Giovanni Paolo II nella Christifideles laici per parlarci della vocazione e della missione dei laici nella Chiesa e nel
mondo:
“La parabola evangelica spalanca davanti al nostro sguardo l’immensa vigna
del Signore e la moltitudine di persone, uomini e donne, che da Lui sono
chiamate e mandate perché in essa abbiano a lavorare. La vigna è il mondo
intero (cfr. Mt 13,38) che dev’essere trasformato secondo il disegno di Dio in
vista dell’avvento definitivo del Regno di Dio […]. La chiamata non riguarda
soltanto i Pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti:
anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore, dal quale ricevono
una missione per la Chiesa e per il mondo” (Christifideles… nn.1-2).
12
Tutto il Popolo di Dio viene raffigurato dagli operai della vigna la quale, oltre a
rappresentare il mondo, è simbolo e figura non solo della Chiesa, Popolo di Dio,
ma di Gesù stesso. E’ l’evangelista Giovanni che ci aiuta a scoprire il mistero della
vigna: “Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15,5).
“In questa prospettiva più interiore i fedeli laici non sono semplicemente gli
operai che lavorano nella vigna, ma sono parte della vigna stessa […]. Lui è
il ceppo e noi, i discepoli, siamo i tralci; Lui è la ‘vera vite’, nella quale sono
vitalmente inseriti i tralci (Gv 15,1ss)” ( n.8).
Innestati come tralci, mediante il battesimo, nella vite che è Cristo, i fedeli laici
sono così chiamati a riscoprire, nel mistero della Chiesa-comunione, la loro specifi-
RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
ca identità e originale dignità da cui scaturisce la loro vocazione e missione nella
Chiesa e nel mondo.
Identità e formazione dei laici
Alla domanda “Chi sono i laici?”, il Concilio Vaticano II ha già dato una chiara e
precisa risposta, individuando nell’ ”indole secolare” il connotato fondamentale
della loro identità:
“L’indole secolare è propria e peculiare dei laici […]. Per loro vocazione è
proprio dei laici cercare il Regno di Dio trattando le realtà temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen Gentium, n.31). I laici sono tutti i discepoli di
Gesù, “ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso riconosciuto dalla Chiesa, i fedeli cioè che, dopo essere stati incorporati a Cristo col
battesimo e costituiti Popolo di Dio e, a loro modo, resi partecipi della dignità
sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte adempiono la missione di tutto il popolo cristiano nella Chiesa e nel mondo” (idem).
La dimensione secolare, in verità, appartiene a tutta la Chiesa che è posta nel
mondo per salvarlo, ma tale “secolarità” si esprime in forme diverse e, attraverso
i laici, si attua in modo specifico e peculiare, poiché è proprio dei laici vivere “nel
secolo, cioè implicati in tutti e singoli gli impieghi e gli affari del mondo e nelle ordinarie
condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta” (idem).
Sicché il “mondo” per i laici assume una valenza non semplicemente sociologica e
antropologica, ma teologica, in quanto “luogo” dove Dio li chiama, in comunione
con tutta la Chiesa, a santificarsi e santificare il mondo stesso (cfr. Christifideles…,
nn.15-17).
Di qui, da questa precisa responsabilità dei laici, chiamati da Dio ad offrire il loro
contributo per la santificazione del mondo, deriva la necessità di una loro formazione integrale e permanente: “La formazione dei fedeli laici va posta tra le priorità della
diocesi e va collocata nei programmi di azione pastorale in modo che tutti gli sforzi della
comunità (sacerdoti, laici e religiosi) convergano a questo fine” (idem, n.57).
Nell’esortazione apostolica Christifideles laici (che costituisce l’obbligato punto di
riferimento per il nostro Programma), Giovanni Paolo II chiarisce, con estrema
VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)
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lucidità ed efficacia (nel capitolo V) quali siano l’obiettivo e i diversi aspetti della
formazione. Ripercorriamo brevemente l’itinerario suggerito che diventa per noi un
preciso impegno programmatico che ci deve spingere, da un lato, a fare autocritica
rispetto a certe prassi consolidate, e, dall’altro lato, ad aprire nuovi orizzonti di vita
pastorale, con un nuovo slancio creativo e rinnovato entusiasmo.
L’obiettivo fondamentale della formazione dei fedeli laici è “la scoperta sempre
più chiara della propria vocazione e la disponibilità sempre più grande a viverla nel
compimento della propria missione” (n.58). A questo obiettivo, inscritto in una pastorale con un taglio decisamente vocazionale, dovrà essere informata tutta l’azione
educativa, pianificandola con intelligenza pastorale, evitando il rischio di improvvisazioni e riduzionismi che impoveriscono o, peggio, banalizzano i nostri sforzi,
senza una reale crescita delle persone di cui ci facciamo carico.
Un itinerario formativo globale si dimensiona secondo tre principali livelli:
spirituale, dottrinale, umano.
*Formazione spirituale. “Non c’è dubbio che la formazione spirituale debba
occupare un posto privilegiato nella vita di ciascuno, chiamato a crescere senza
sosta nell’intimità con Gesù Cristo, nella conformità alla volontà del Padre,
nella dedizione ai fratelli nella carità e nella giustizia”(n.60).
E’ necessario aprire cammini forti di spiritualità per laici i quali siano aiutati ad
avvertire l’appello di Dio che chiama in qualunque ora della vita, anche in quella
più impensabile. Ma come sentire la chiamata di Dio?
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“Per poter scoprire la concreta volontà del Signore sulla nostra vita sono
sempre indispensabili l’ascolto pronto e docile della Parola di Dio e della
Chiesa, la preghiera filiale e costante, il riferimento a una saggia e amorevole
guida spirituale, la lettura nella fede dei doni e dei talenti ricevuti e nello stesso
tempo delle diverse situazioni sociali e storiche entro cui si è inseriti” (n.58).
Ascolto della Parola, preghiera, accompagnamento spirituale, discernimento:
sono le vie privilegiate, insieme ad un’intensa vita sacramentale, lungo le quali i
laici possono e devono essere aiutati a leggere nella fede la loro vita per comprendere i disegni di Dio, che non sempre sono facili da decifrare. In tale contesto, la
liturgia e, in modo particolare, l’omelia domenicale, siano orientate a mettere in
RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
luce la grandezza della vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. C’è
da riscoprire il senso di una ministerialità laicale che, partendo proprio dalla
liturgia, si traduca in una forma di ministerialità che pervada l’intera esistenza
cristiana. Si avverta ancor più la necessità di educare i laici a gustare la preziosità
della “lectio” come straordinaria risorsa per rinvigorire la fede. S’incoraggino,
inoltre, i laici a curare un rapporto costante con i “maestri dello Spirito”, testimoni
autorevoli della fede, che, con la loro parola e con la loro vita, sappiano illuminare
le coscienze e irrobustirle. Non meno importante è anche l’attenzione da rivolgere
alle manifestazioni della “pietà popolare”, perché esse siano veramente espressione
di una fede autentica e genuina.
Sarà una spiritualità attenta ad armonizzare fede e vita, evitando un pericolo
nocivo per la vita credente:
“Nella loro [dei laici] esistenza non possono esserci due vite parallele: da una
parte, la vita cosiddetta ‘spirituale’, con i suoi valori e con le sue esigenze; e
dall’altra, la vita cosiddetta ‘secolare’, ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei
rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite
che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza” (n.59).
La schizofrenia tra una fede proclamata e un vissuto poco, o per niente, ispirato
alla fede è una tentazione costante che, con ogni sforzo, dobbiamo cercare di
neutralizzare, memori della parola di Paolo VI che vedeva nella rottura tra Vangelo
e vita, tra Vangelo e cultura “il dramma della nostra epoca” (Paolo VI, Evangelii
nuntiandi, 1975,n.20). Unità ed equilibrio saranno la misura con cui si costruiranno
percorsi di spiritualità laicale, capaci di rifuggire tanto lo “spiritualismo intimista”
quanto l’ “attivismo sociale”, in una prospettiva di sintesi “che conferisce unità,
significato e speranza all’esistenza, per tante e varie ragioni contraddittoria e frammentata” (Compendio…, n.545).
*Formazione dottrinale. “Sempre più urgente si rivela oggi la formazione
dottrinale dei laici, non solo per il naturale dinamismo di approfondimento
della loro fede, ma anche per l’esigenza di ‘rendere ragione della speranza’ che
è in loro di fronte al mondo e ai suoi gravi e complessi problemi. Si rendono
assolutamente necessarie una sistematica azione di catechesi, da graduarsi in
rapporto all’età e alle diverse situazioni di vita, e una più decisa promozione
VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)
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cristiana della cultura, come risposta agli eterni interrogativi che agitano
l’uomo e la società d’oggi” . In particolare, si rende indispensabile “una
conoscenza più esatta della dottrina sociale della Chiesa” come parte integrante nel cammino formativo del fedele laico (Christifideles…, n.60).
16
Catechesi, approfondimento culturale, studio dell’insegnamento sociale della
Chiesa sono gli indispensabili “ingredienti” di una seria e solida formazione dei
laici, naturalmente calibrata secondo l’età e capacità di ciascuno. In tempi particolarmente complessi quali quelli che viviamo, segnati da un accentuato pluralismo
delle culture e dei valori, da un processo avanzato di laicismo e secolarismo, non
ci possiamo permettere il lusso di accontentarci di quanto già facciamo (che è già
molto) per la formazione dei piccoli, dei giovani e degli adulti. “Ci è chiesto un
investimento educativo capace di rinnovare gli itinerari formativi per renderli più adatti
al tempo presente e significativi per la vita delle persone” (Rigenerati…,n.17). Occorrerà
rinnovare i linguaggi, i contenuti, gli strumenti e le modalità della comunicazione
della fede, in modo tale da permettere ai fedeli laici di prendere chiara coscienza
della propria vocazione e, di conseguenza, di saper vivere coerentemente in tutte
le realtà temporali che sono loro proprie come la famiglia, il lavoro, la cultura, la
vita sociale e politica. Accanto all’impegno ordinario di catechesi, che costituisce la
base necessaria per l’educazione alla fede, bisognerà approntare degli itinerari più
specifici che riguarderanno approfondimenti sul piano teologico, biblico, culturale,
che andranno ad integrare i cammini di catechesi, arricchendoli e irrobustendoli; in
tal senso, occasioni preziose da non trascurare sono la Settimana biblica e il Convegno annuale diocesano sul tema del Programma pastorale. Nel contempo, bisognerà
rivedere le strategie comunicative, affinché il messaggio sia veicolato con efficacia,
utilizzando metodi e tecniche che le più aggiornate scienze umane mettono a disposizione.
*Formazione umana. “Nel contesto della formazione integrale e unitaria dei
fedeli laici, è particolarmente significativa per la loro azione missionaria e
apostolica la personale crescita nei valori umani. Proprio in questo senso il
Concilio ha scritto: ‘I laici facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia e del senso civico e di quelle virtù che riguardano i rapporti sociali, cioè la probità, lo spirito di giustizia, la sincerità, la
RISCOPRIAMO LA VOCAZIONE DEI LAICI NELLA CHIESA E NELLA SOCIETÀ OGGI
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
cortesia, la fortezza d’animo, senza le quali non ci può essere neanche vera vita
cristiana’ “ (Christifideles…,n.60).
La formazione umana non può che scaturire, come effetto naturale, da
un’autentica formazione spirituale e dottrinale dei credenti, i quali, se sono
veramente tali, non possono non essere anche uomini e donne sino in fondo, sulla
misura del Figlio di Dio che è stato anche uomo in pienezza. Per questo, i laici che
noi vogliamo formare saranno anche animati da profonda umanità e da un forte
senso civico nel rispetto, senza “se” e senza “ma”, dei valori della legalità e
dell’ambiente, dell’onestà e della giustizia,della pace e della non-violenza, del
dialogo e della tolleranza, del consumo critico e della partecipazione democratica
al bene comune della Città. Uomini e donne che siano cristiani veri e cittadini esemplari: ecco i laici che ci sta a cuore formare per la Chiesa e per il mondo.
Spiritualità, catechesi, cultura, valori umani: sono dimensioni che vanno fortemente legate tra loro, dentro un unico percorso fatto non solo di parole e di messaggi, ma di esperienze vitali in cui vengano toccate e convertite intelligenza e cuore,
emozioni e relazioni, facendo crescere il gusto dell’incontro con Cristo nella Chiesa
e il desiderio di camminare con gli altri per migliorare il mondo.
Una formazione specifica va dedicata a coloro che ricevono il compito di formare
gli altri. Si tratta della cosiddetta “formazione dei formatori”: “Formare coloro che,
a loro volta, dovranno essere impegnati nella formazione dei fedeli laici costituisce
un’esigenza primaria per assicurare la formazione generale e capillare di tutti i fedeli
laici” (idem, n.63). Anche in questo campo, nella nostra Diocesi, da tempo, a vari
livelli, viene assicurato un lodevole servizio: l’espressione più qualificata è la Scuola
diocesana di formazione per operatori pastorali, alla quale è bene, però, destinare un
numero più elevato di partecipanti, considerata l’enorme importanza che riveste il
compito di formare gli altri.
Né va trascurato il ruolo che può svolgere la famiglia nell’educazione alla fede,
in particolare per i sacramenti dell’iniziazione cristiana. A questo proposito, non
saranno mai sufficienti le energie da spendere per formare al senso della famiglia
cristiana, prima e dopo il matrimonio, attraverso percorsi non solo di preparazione
immediata al matrimonio, ma su tempi più lunghi, fin dalla giovane età, di educazio-
VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)
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ne all’affettività e alla sessualità, in una prospettiva più ampia che includa anche
percorsi per scoprire la grandezza di una consacrazione speciale a Dio e ai fratelli
con il sacerdozio e la vita religiosa.
Se parliamo di formazione, non si deve ignorare ch’essa non è solo il frutto di
un’opera che si riceve dall’esterno di sé, dagli altri; sarà bene sensibilizzare i fedeli
laici all’esigenza imprescindibile di un’opera di auto-formazione senza la quale
“non si dà formazione vera ed efficace” (idem, n.63). Lettura, meditazione personale,
studio, utilizzo critico dei media dovrebbero caratterizzare, secondo le capacità di
ognuno, lo stile di vita del laico credente. In una società frastornata da rumori e
distrazioni, stressata dalla fretta e dagli affanni della competizione, occorre con
urgenza far recuperare il valore del silenzio meditante per scendere nelle profondità
dell’io interiore dove si forgia la propria identità personale in una relazione intima
con se stessi e con Dio.
La fatica della formazione, dunque, è una scommessa da affrontare con decisione, perché su di essa si gioca la riscoperta effettiva della vocazione laicale:
“Perché ciò avvenga dobbiamo operare per una complessiva crescita spirituale
ed intellettuale, pastorale e sociale, frutto di una nuova stagione formativa per
i laici e con i laici, che porti alla maturazione di una piena coscienza ecclesiale
e abiliti a un’efficace testimonianza nel mondo” ( Rigenerati…, n.26).
Comunione e corresponsabilità
18
Innestati come tralci nell’unica Vite che è Cristo, i fedeli laici sono dentro un
dinamismo vitale che è la vita della Chiesa, “comunione misteriosa che vincola in unità
il Signore e i discepoli, Cristo e i battezzati: una comunione viva e vivificante, per la quale
i cristiani non appartengono a se stessi ma sono proprietà di Cristo, come i tralci inseriti
nella vite” (Christifideles…,n.18). Cristo eucaristia è sorgente di comunione dei
cristiani con Lui e dei cristiani tra loro. E’ da questo mistero della Chiesacomunione, riflesso, nella storia e nel tempo, del mistero dell’amore trinitario di
Dio, che derivano la dignità e la responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo.
I fedeli laici sono invitati a riscoprire questa ecclesiologia di comunione che
permette loro di comprendere di essere pietre vive dell’edificio ecclesiale nella
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diversità e complementarietà di ministeri e carismi che sono propri della vita della
Chiesa. L’espressione più immediata e visibile della Chiesa-comunione è la parrocchia che tutti, singoli, gruppi, movimenti e associazioni, siamo chiamati a riscoprire
come comunità di fede con il compito di annunciare, celebrare e testimoniare il
Vangelo lì dove la gente vive, lavora, soffre e gioisce. I laici, in particolare, devono
coltivare un senso sempre più forte di appartenenza alla loro parrocchia, apportando il loro contributo alla crescita della comunità. “E’ necessario uscire da quello
strano ed errato atteggiamento interiore che faceva sentire il laico più ‘cliente’ che
compartecipe della vita e della missione della Chiesa” (Lettera ai fedeli laici, n.3). Non
insomma semplici fruitori di servizi religiosi, né, d’altra parte, occupati a ricercare
spazi per un protagonismo fine a se stesso: i laici siano consapevoli del fatto che la
comunione è un dono che va accolto con gratitudine e vissuto con senso di responsabilità. Pertanto,
“il fedele laico non può mai chiudersi in se stesso, isolandosi spiritualmente
dalla comunità, ma deve vivere in un continuo scambio con gli altri, con un
vivo senso di fraternità, nella gioia di un’eguale dignità e nell’impegno di far
fruttificare insieme l’immenso tesoro ricevuto in eredità. Lo Spirito del Signore
dona a lui, come agli altri, molteplici carismi, lo invita a differenti ministeri
e incarichi, gli ricorda, come lo ricorda agli altri in rapporto con lui, che tutto
ciò che lo distingue non è un di più di dignità, ma una speciale e complementare abilitazione al servizio. Così, i carismi, i ministeri, gli incarichi ed i servizi
del fedele laico esistono nella comunione e per la comunione. Sono ricchezze
complementari a favore di tutti, sotto la saggia guida dei Pastori”
(Christifideles…, n.20).
E’ nell’ottica di un’ecclesiologia di comunione che vanno comprese le relazioni
tra le diverse vocazioni e, in particolare, tra presbiteri e laici, che non sempre sono
facili e serene. A questo riguardo, chiare ed oneste sono le parole scritte dal nostro
Vescovo in una sua lettera pastorale:
”Che tra presbiteri e laici la collaborazione sia spesso difficile è un dato di
fatto: l’ecclesiologia conciliare non è stata ancora recepita e la pratica pastorale appare talora, in questo ambito, sconfortante. Il difetto di collaborazione si
manifesta nel lamento di tanti laici che non si sentono sempre trattati da perso-
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ne adulte, in grado di assicurare un apporto effettivo, corrispondente alla
propria capacità e competenza nella società. I presbiteri, a loro volta, rimproverano ai laici di non essere disposti a collaborare, di difendere i propri punti di
vista, di non saper ubbidire. Non si può negare che sotto le ‘rivendicazioni’ dei
laici si potrebbe nascondere il desiderio di emergere, di uscire dall’anonimato
e, analogamente, dietro l’atteggiamento di chiusura e di difesa da parte dei
presbiteri si potrebbe nascondere una visione autoritaria, ombrosa e sospettosa
verso veri o presunti tentativi di delegittimazione o, comunque, una poca
evangelica concezione del proprio ‘presiedere’“(Mons. Raffaele Calabro, Lo
Spirito e la missione, 1997, n.20).
Queste difficoltà si affrontano e si superano, dando forma concreta alla comunione, attraverso stili di incontro, di condivisione e di corresponsabilità, esercitandosi
nell’ascolto reciproco, nel confronto rispettoso delle idee, nell’assumere insieme le
decisioni, secondo i ruoli propri di ciascuno.
20
Vanno scongiurate, come emerso nelle conclusioni del Convegno di Verona, due
pericolose forme di involuzione ecclesiale: quella del clericalismo laicale e quella
del laicismo clericale. La prima, che rischia di rinchiudere i laici nelle mansioni del
clero, evadendo le responsabilità tipiche della testimonianza cristiana nel mondo, è
un fenomeno di “dipendenza” che, sotto certi aspetti, fa comodo ad entrambi i protagonisti: ai laici, perché così non si assumono le loro responsabilità; ai presbiteri,
perché così si evitano il disturbo di confrontarsi con chi potrebbe essere portatore
di una visione pastorale diversa. La seconda porta il clero ad assumere ruoli
organizzativi di tipo manageriale che deresponsabilizzano i fedeli laici nei loro impegni secolari e li privano anche della guida spirituale e della formazione della
coscienza. A questo punto, ci suonano bene le parole del documento post-Verona:
“Riconoscere l’originale valore della vocazione laicale significa, all’interno di
prassi di corresponsabilità, rendere i laici protagonisti di un discernimento
attento e coraggioso, capace di valutazioni e di iniziativa nella realtà secolare,
impegno non meno rilevante di quello rivolto all’azione più strettamente pastorale. Occorre pertanto creare nelle comunità cristiane luoghi in cui i laici possano prendere la parola, comunicare la loro esperienza di vita, le loro domande,
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le loro scoperte, i loro pensieri sull’essere
(Rigenerati…,n.26; cfr. anche nn.23 e 24).
cristiani
nel
mondo”
Questi luoghi di partecipazione ecclesiale esistono già, sono i Consigli pastorali
che, tuttavia, non sempre e non dappertutto funzionano adeguatamente. “La consapevolezza del valore della corresponsabilità ci impone però di ravvivarli, elaborando
anche modalità originali di uno stile ecclesiale di maturazione del consenso e di assunzione di responsabilità” (idem, n.24). E’ in questi luoghi di discernimento ecclesiale che
i laici maturano una maggiore consapevolezza della loro vocazione battesimale e
del loro compito profetico, evitando il rischio che la Chiesa parli prevalentemente
attraverso la voce dei suoi Pastori. In tal senso, una funzione significativa può
svolgere anche la Consulta delle aggregazioni laicali, da qualche tempo istituita
nella nostra Diocesi. Le diverse aggregazioni laicali (associazioni, gruppi e movimenti) sono una ricchezza per la Chiesa e luoghi importanti in cui i laici associati,
con spirito ecclesiale, maturano autonomi percorsi formativi e di testimonianza
della fede. La Consulta è un indispensabile strumento di coordinamento e di stabile
confronto che può permettere ai laici di far sentire con maggior peso la loro presenza e la loro voce nella Chiesa e nel territorio (idem, n.27; cfr. anche Christifideles…,
nn.29-31).
“Non abbiate paura dei laici”, fu il grido che risuonò al convegno ecclesiale a Palermo nel 1995. Pensiamo di ripeterlo oggi, auspicando una presenza di maggior
rilievo dei laici nella vita della comunità, a livello diocesano e parrocchiale. Agli
stessi laici diciamo di non aver paura di prendersi le loro responsabilità, impegnandosi a “rifare il tessuto cristiano della comunità ecclesiale” (Christifideles…, n.34), a
partire dal dovere prioritario della formazione fino alle diverse forme della testimonianza e del servizio.
Testimonianza e missione
Come i tralci radicati nella vite sono chiamati a portare frutto, secondo la parola
di Gesù: “Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto” (Gv 15,5), così i discepoli di
Cristo sono chiamati ad annunciare e testimoniare il Vangelo a tutti gli uomini e le
donne, dentro e fuori la comunità ecclesiale.
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Gli scenari che si aprono oggi davanti alla missione della Chiesa sono quelli di
una “nuova evangelizzazione” che deve fare i conti con culture e mentalità segnate
“dal continuo diffondersi dell’indifferentismo, del secolarismo e dell’ateismo. Si
tratta, in particolare, dei paesi e delle nazioni del cosiddetto Primo Mondo, nel
quale il benessere economico e il consumismo, anche se frammisti a paurose
situazioni di povertà e miseria, ispirano e sostengono una vita vissuta ‘come se
Dio non esistesse’(Christifideles…,n.34).
In questi scenari, non estranei a certi modi di vivere degli stessi credenti, i fedeli
laici sono chiamati a fare la loro parte in virtù di quell’ “indole secolare” in cui
consiste la loro identità specifica. Occorre capire in quali termini si pone il servizio
da rendere nella più vasta comunità degli uomini, dove s’incontrano non solo i
“vicini”, ma anche i cosiddetti “lontani” che sono tali soprattutto perché lo sono
diventati nel tempo, probabilmente a causa di una debole e non limpida testimonianza da parte di coloro che si professano cristiani.
Se, da una parte, come si diceva in precedenza, bisogna rifare il tessuto cristiano
delle nostre comunità, dall’altra parte, negli scenari descritti, urge rifare il tessuto
umano e cristiano della società, attraverso l’esempio limpido e credibile della
propria vita e il dialogo operoso e costruttivo con tutti gli uomini e le donne di
buona volontà. E’ la testimonianza, personale e della comunità ecclesiale, la via
privilegiata e più adatta ai nostri tempi, con cui meglio si può attuare la missione
della nuova evangelizzazione:
22
“una testimonianza umile e appassionata, radicata in una spiritualità profonda
e culturalmente attrezzata, specchio dell’unità inscindibile tra una fede amica
dell’intelligenza e un amore che si fa servizio generoso e gratuito”
(Rigenerati…, n.11).
Il linguaggio della testimonianza è il linguaggio della vita quotidiana, dove le
persone lottano con le mille difficoltà dell’esistenza, tra gioie e sofferenze, speranze
e delusioni, desiderio di vita ed esperienze di morte, bisogno di Dio e una vita come
se Dio non ci fosse. Questo linguaggio sarà tanto più efficace quanto più sapremo
farci compagni quotidiani di viaggio con piccoli, giovani e anziani, uomini e donne,
specialmente malati e sofferenti d’ogni sorta, che troviamo sulle strade della nostra
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vita, verso i quali ci sentiremo impegnati con gesti cristiani d’amore, sempre mossi
da una grande sollecitudine per il bene dell’uomo e della società.
Il Convegno ecclesiale di Verona ha indicato alcuni ambiti in cui i fedeli laici, in
comunione con tutti gli altri discepoli di Cristo, sapranno declinare il linguaggio
della testimonianza. Ricordiamoceli: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana,
tradizione, cittadinanza (Rigenerati…, n.12). Su tutti questi fronti, la nostra Chiesa
diocesana, nei suoi diversi livelli e articolazioni, non parte da zero; si tratta, ora, di
riguardare il lavoro pastorale compiuto, rimetterlo a punto e perfezionarlo in
relazione a situazioni nuove e al ruolo specifico del laicato affinché sia più vivo e
partecipe nelle fasi non solo di attuazione, ma anche di elaborazione dei progetti
pastorali.
Vita affettiva. La famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza affettiva e cellula fondamentale della vita sociale. I rapporti però all’interno delle nostre famiglie
sono spesso in crisi perché c’è sempre meno dialogo tra i vari componenti. Mancano
un sostegno ed una legislazione adeguati da parte dello Stato a favore della
famiglia. Manca inoltre una buona formazione al ruolo genitoriale e i giovani, dal
loro canto, hanno meno rispetto verso gli adulti, forse perché non li riconoscono
come figure coerenti. I gruppi-famiglia parrocchiali chiedono aiuto e confronto circa
le problematiche connesse al ruolo genitoriale e alla vita di coppia, cercano occasioni per uscire dall’isolamento e per affrontare in comunità i problemi della vita quotidiana. La famiglia va resa protagonista della vita pastorale e ad essa vanno orientate tutte le attenzioni possibili, avvalendosi anche dell’opera preziosa del Consultorio familiare diocesano, perché al destino della famiglia si lega il destino stesso
della società.
“Siamo chiamati a rendere le comunità cristiane maggiormente capaci di curare
le ferite dei figli più deboli, dei diversamente abili, delle famiglie disgregate e
di quelle forzatamente separate a causa dell’emigrazione, prendendoci cura con
tenerezza di ogni fragilità e nel contempo orientando su vie sicure i passi
dell’uomo” (idem).
Vanno incentivati e curati corsi di formazione remota al matrimonio per i fidanzati, per comprendere meglio il progetto divino da realizzare, catechesi rivolte a
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gruppi di famiglie, per sostenere la chiesa domestica, catechesi per la terza età, per
valorizzare un’eredità da consegnare alle nuove generazioni. E’ opportuno, inoltre,
articolare momenti di formazione contestuale per adulti e giovani e creare centri di
ascolto della Parola per essere presenti nel territorio. L’attenzione da rivolgere alle
famiglie deve prevedere soprattutto la formazione al ruolo genitoriale, l’affidamento
a ciascun nucleo familiare di una guida spirituale, la dimensione comunitaria della
celebrazione eucaristica che veda le famiglie più protagoniste della liturgia,
l’educazione spirituale permanente e non solo connessa ai sacramenti. Dal punto di
vista sociale è necessario incentivare progetti a sostegno della condizione giovanile,
della vita e della famiglia. E’ bene educare alla pratica dell’affido temporaneo,
sperimentare forme di accoglienza e di ospitalità di minori provenienti da situazioni
di disagio e povertà. Occorre, poi, stimolare gli enti locali a sostenere politiche a
favore della famiglia. E’ fondamentale, infine, vivere l’appartenenza ecclesiale come
esperienza di famiglia allargata, prendendosi cura gli uni degli altri, offrendo opportunità d’incontro e mettendo a disposizione competenze, tempo e risorse.
24
Lavoro e festa. Siamo chiamati ad essere “consapevoli delle sfide che derivano
dalla precarietà del lavoro, soprattutto giovanile, dalla disoccupazione, dalla difficoltà del
reinserimento lavorativo in età adulta, dallo sfruttamento della manodopera dei minori,
delle donne, degli immigrati” (idem). I giovani, soprattutto, vivono l’incertezza del
futuro lavorativo, cui si aggiunge spesso l’insoddisfazione, quando l’attività svolta
non corrisponde alle proprie aspettative. A livello locale ci sono iniziative che è
importante sostenere, di cui si possono ricordare: il “Progetto Barnaba-dare credito
alla speranza” che si prefigge di favorire l’accesso al micro credito da parte delle
fasce deboli della popolazione della nostra diocesi, per favorire l’occupazione,
soprattutto giovanile; il “Progetto Policoro”, che vuole proporre ai giovani una nuova
coscienza e un nuovo approccio, ottimistico e propositivo, al mondo del lavoro;
attività di sostegno al commercio equo e solidale e alla Banca Etica. Quanto è vasto il
campo per l’impegno in favore del rispetto dei diritti sacrosanti del lavoratore e di
chi un lavoro non ce l’ha!
“Altrettanto urgente è il rinnovamento, secondo la prospettiva cristiana, del
rapporto tra lavoro e festa […]. Occorre fare attenzione alla crescita indiscriminata del lavoro festivo e favorire una maggiore conciliazione tra i tempi del
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lavoro e quelli dedicati alle relazioni umane e familiari” (idem).
Ormai, siamo arrivati al punto di trasformare i centri commerciali in un nuovo
tempio ove consacrare la domenica e i giorni festivi. Su tutti questi temi, sarebbe
auspicabile un maggiore e rinnovato protagonismo a livello locale delle associazioni
dei lavoratori di ispirazione cristiana.
Fragilità umana. Quante fragilità e povertà, vecchie e nuove, sono nascoste e
non riusciamo a vedere per egoismo, per pigrizia, per insensibilità. Eppure,
“il loro riconoscimento, scevro da ostentazioni ipocrite, è il punto di partenza
per una Chiesa consapevole di avere una parola di senso e di speranza per
ogni persona che vive la debolezza delle diverse forme di sofferenza, della
precarietà, del limite, della povertà relazionale[…]. All’annuncio evangelico si
accompagna l’opera dei credenti impegnati ad adattare i percorsi educativi, a
potenziare la cooperazione e la solidarietà, a diffondere una cultura e una
prassi di accoglienza della vita, a denunciare le ingiustizie sociali, a curare la
formazione del volontariato”(idem).
Esistono nella nostra Chiesa locale esperienze comunitarie di accoglienza e di
servizio organizzato che vanno sostenute in modo costante e generoso come i Centri
interparrocchiali di ascolto e di accoglienza per le famiglie, la Casa di accoglienza
“S. Maria Goretti”, mentre alcune Caritas parrocchiali, attraverso un gruppo di
volontari, nei limiti delle possibilità, sono vicine alle diverse povertà con la visita e
l’assistenza spirituale agli anziani e agli ammalati, offrono viveri e contributi economici a famiglie in particolari difficoltà. Alcuni detenuti, in virtù della legge 207/03
sulla sospensione condizionata della pena, vivono un’esperienza di volontariato in
alcune strutture ecclesiali, dove hanno la possibilità di reinserirsi nella vita civile e
recuperare i valori importanti attraverso educatori e guide spirituali. La comunità
ecclesiale è chiamata a intervenire nelle situazioni difficili, ad aiutare i fedeli a
maturare una fede autentica, perché i momenti di fragilità siano vissuti alla luce di
Dio, e a prendere coscienza che il contatto con le persone sofferenti porta ad
apprezzare il valore della vita.
Tradizione. E’ questo l’ambito dell’educazione attraverso la quale una società
trasmette il proprio patrimonio spirituale e culturale. I nostri tempi c’impongono
VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)
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una grande sfida educativa e culturale, poiché sono messi in discussione importanti
acquisizioni della nostra tradizione e cultura riguardo alla natura dell’uomo
(“questione antropologica”) e ai suoi rapporti con la trascendenza (“questione di
Dio”) e all’esistenza di una verità (“questione della verità”). Di fronte a questa
sfida, la comunità cristiana non può rimanere indifferente:
“Alle Chiese locali è chiesto di coniugare l’elaborazione culturale con la formulazione di un vero e proprio progetto formativo permanente […].
L’elaborazione culturale e la formazione delle coscienze sono i primi obiettivi
del discernimento ecclesiale” (idem, nn.12 e 14; cfr. tutti i nn.12-17).
Rispetto a questo compito, un’importanza particolare rivestono gli strumenti
della comunicazione sociale da utilizzare con sapienza e impegnando laici formati
e motivati. Da non trascurare, a tal proposito, la funzione svolta dal nostro giornale
diocesano “Insieme”, che va potenziato, e dalle locali emittenti televisive, che costituiscono un’opportunità da valorizzare. Da rafforzare l’impegno, già radicato in
diverse parrocchie, per la diffusione della stampa cattolica. Particolarmente attiva
è la Biblioteca Diocesana che svolge un servizio di diffusione della conoscenza sia
attraverso l’apertura al pubblico della sala di lettura e il prestito di volumi sia con
la promozione di iniziative culturali.
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Cittadinanza. Questo è l’ambito più strettamente socio-politico. Qui, il laicato è
chiamato a testimoniare il Vangelo, secondo la propria vocazione specifica e rispettando i valori di una sana “laicità” che non permette di confondere i due piani (fede
e politica, Chiesa e comunità politica), i quali vanno tenuti distinti, seppur non
separati, in nome dell’autonomia delle realtà temporali su cui il Concilio Vaticano
II si è espresso con chiarezza (cfr. Gaudium et Spes, n.36). Ai laici spetta di essere
presenti nella realtà socio-politica senza rinunciare alle proprie verità, ma, allo
stesso tempo, avvertendo la necessità del dialogo e del confronto con posizioni
politico-culturali diverse, alla ricerca del miglior bene comune possibile.
“Se oggi il tessuto della convivenza civile mostra segni di lacerazione, ai
credenti – e ai fedeli laici in modo particolare – si chiede di contribuire allo
sviluppo di un ‘ethos’ condiviso, sia con la doverosa enunciazione dei principi,
sia esprimendo nei fatti un approccio alla realtà sociale ispirato alla speranza
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cristiana” ( Rigenerati…,n.12).
“I fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla politica”: è il
monito chiaro e netto che troviamo nella Christifideles laici; e poco dopo, con parole
di estrema attualità:
“Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione che
non infrequentemente vengono rivolte agli uomini del governo, del parlamento,
della classe dominante, del partito politico; come pure l’opinione non poco
diffusa che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, non giustificano minimamente né lo scetticismo né l’assenteismo dei cristiani per la cosa
pubblica” (Christifideles…,n.42).
Il nostro Vescovo, nella lettera pastorale Comportatevi da cittadini degni del Vangelo (2008), richiamandosi proprio all’Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II,
sottolinea due particolari tentazioni alle quali i laici non sempre hanno saputo
sottrarsi:
“un interesse così forte ai servizi e compiti ecclesiali, da giungere ad un pratico
disimpegno nelle loro specifiche responsabilità nel mondo professionale; la
tentazione, immergendosi nelle attività di questo mondo, di legittimare
l’indebita separazione tra la fede e la vita, tra l’accoglienza del vangelo e
l’azione concreta nelle più diverse realtà temporali e terrene” (cap.4,n.7).
Per superare queste due tentazioni, il nostro Vescovo rammenta l’urgenza della
formazione d ei laici
“attraverso la cura pastorale nella sua integrità: catechesi, liturgia, testimonianza della carità, perché essi vivano il mistero di Cristo nella Chiesa nella
tensione verso la santità” e un impegno formativo più specifico “ad esercitare
il discernimento e la responsabilità nella vita socio-politica” (idem).
Invitiamo a rileggere questa lettera pastorale del Vescovo, in cui sono contenute
altre riflessioni pastoralmente rilevanti sull’impegno socio-politico dei fedeli laici e
di tutta la comunità cristiana. Da segnalare e valorizzare ulteriormente, come
esempi significativi di attenzione al sociale e al politico, alcune esperienze locali,
quali il progetto di Anno di Volontariato Sociale “Invitati per servire”, il Forum di
formazione all’impegno socio-politico, la partecipazione dei fedeli ai Comitati di
VERSO IL TERZO CONVEGNO ECCLESIALE REGIONALE (28 APRILE - 1° MAGGIO 2011)
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quartieri e agli altri organismi presenti sul territorio, per sperimentare la ricchezza
del confronto democratico e del pluralismo delle voci.
Al tema della “cittadinanza” sono stati dedicati i programmi pastorali degli ultimi
due anni. Ad essi rimandiamo per le altre indicazioni pastorali ed i riferimenti magisteriali. Qui, corre l’obbligo di citare un importante, recente documento
dell’Episcopato italiano: Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (21
febbraio 2010). Si tratta di una riflessione aggiornata sulla questione del Sud
d’Italia, a 20 anni dal precedente documento della CEI (Sviluppo nella solidarietà.
Chiesa italiana e Mezzogiorno). I Vescovi rilanciano la questione meridionale come
un problema non che divida il Paese, ma, al contrario, lo unisca in un progetto di
solidarietà nazionale, in cui anche la Chiesa è chiamata a fare la sua parte. Leggiamo insieme un breve passo che richiama, dentro la missione pastorale della Chiesa,
le responsabilità più specifiche dei fedeli laici:
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“Cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità: sono i capisaldi che
attendono di essere sostenuti e promossi all’interno di un grande progetto
educativo. La Chiesa deve alimentare costantemente le risorse umane e
spirituali da investire in tale cultura per promuovere il ruolo attivo dei credenti
nella società […]. Ai fedeli laici, in particolare, è affidata una missione propria
nei diversi settori dell’agire sociale e della politica. Il compito immediato di
agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è
dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici che operano come cittadini
sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici sono chiamati a dedicarsi con generosità e con
coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla
carità di Cristo” (n.16).
Non venga ignorato questo documento, perché la formazione dei laici è un impegno serio, che non può permettersi di trascurare un ricco magistero che illumina e
dà sostanza ai nostri percorsi formativi e di testimonianza.
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Conclusione
I fedeli laici si rendano sempre pronti e disponibili a lavorare nella Vigna del
Signore, sentano fortemente questa grande responsabilità e vi rispondano con
entusiasmo e con convinzione, malgrado momenti di stanchezza e di smarrimento.
La Chiesa e il mondo hanno bisogno di loro:
“In questo momento storico, in cui si va plasmando la complessa fisionomia di
una civiltà planetaria […], c’è bisogno di una nuova primavera del laicato, che
possa letteralmente rianimare, in forme significative e comunicabili, tutti gli
ambiti di vita in cui un fedele laico può essere apostolo: nell’evangelizzazione
e santificazione, nell’animazione cristiana della società, nell’opera caritativa;
nell’azione pastorale della Chiesa, così come nella famiglia e nella vita pubblica; in forme individuali e associate; delineando un nuovo stile di vita, segnato
dalla conversione dell’intelligenza e degli affetti, in cui l’intera rete delle
relazioni con se stesso, con gli altri e con il creato sia abitata dal soffio dello
Spirito. Ma per fare ciò bisogna ovviamente pregare, riflettere, estrarre dal
nostro tesoro ‘cose nuove e cose antiche’ (Mt 13,52): essere cioè veri cristiani”
(Lettera ai fedeli laici, n.16).
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(Mt 20,4)
Bibliografia
Testi citati nel Programma Pastorale:
Concilio Vaticano II: Lumen Gentium, Apostolicam Actuositatem, Gaudium et Spes
Giovanni Paolo II, Christifideles laici, Esortazione Apostolica (1988)
Mons. R. Calabro, Lo Spirito e la Missione, Lettera pastorale (1997)
Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, Compendio della dottrina sociale della
Chiesa (2004)
CEI, Fare di Cristo il cuore del mondo. Lettera ai fedeli laici (2005)
CEI, Rigenerati per una speranza viva: testimoni del grande “sì” a Dio, Nota pastorale
dopo il 4° Convegno ecclesiale nazionale di Verona (2007)
Mons. R. Calabro, Comportatevi da cittadini degni del Vangelo (Fil 1,27), Lettera pastorale (2008)
30
Conferenza Episcopale Pugliese, I laici nella Chiesa e nella società pugliese, oggi, Sussidio in preparazione al Terzo Convegno Ecclesiale Regionale (2009)
CEI, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (2010)
Altri testi per approfondimenti particolari:
Mons. R. Calabro, Solleciti per le necessità dei fratelli, Lettera pastorale (1994)
BIBLIOGRAFIA
PROGRAMMA PASTORALE DIOCESANO 2010-2011
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Benedetto XVI, Caritas in veritate, Lettera enciclica (2009). Questa enciclica (con il
Compendio della dottrina sociale della Chiesa) è stato testo di riferimento del Programma pastorale dello scorso anno.
CEI, Lettera ai cercatori di Dio (2009)
CEI, Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del nostro Paese,
Documento preparatorio per la 46ma Settimana dei cattolici italiani (Reggio Calabria
14-17 ottobre 2010)
G. Lazzati, Per una nuova maturità del Laicato, AVE, 1986
F. D’Atteo, Appunti di storia e teologia del laicato, Casa Sollievo della Sofferenza, 1993
G. Campanini, Il laico nella Chiesa e nel mondo, EDB, 2004
P. Bignardi, Esiste ancora il laicato? Una riflessione a 40 anni dal Concilio, AVE, 2006
G. Savagnone, Dibattito sulla laicità. Alla ricerca di un’identità, Elledici, 2006
R. Mazzieri (a cura di), Laici cristiani, testimoni di speranza, Ed. Messaggero, 2008
F. De Giorgi, Il brutto anatroccolo. Il laicato cattolico italiano, Ed. Paoline, 2008
P. Bignardi, Dare sapore alla vita. Da laici nel mondo e nella Chiesa, AVE, 2009
G. Savagnone, Cosa significa essere laici?, Ed. Rinnovamento nello Spirito, 2010
BIBLIOGRAFIA
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ANNO 2010 – 2011 “Andate anche voi nella mia Vigna”