ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
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19 luglio 2006
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 LIBERALIZZAZIONI: Avvocati, parte il confronto (il sole 24 ore)
Pag. 4 LIBERALIZZAZIONI: Le proposte dell'Oua (il sole 24 ore)
Pag. 5 LIBERALIZZAZIONI: Pronti gli emendamenti del Governo
Arriva la pubblicità dei professionisti (il sole 24 ore)
Pag. 6 LIBERALIZZAZIONI: Le notifiche ritrovano le risorse (il sole 24 ore)
Pag. 7 LIBERALIZZAZIONI: Il professore chiede spiegazioni a Bersani. E intima: basta
arretramenti (italia oggi)
Pag. 8 LIBERALIZZAZIONI: Professioni, no a società tuttofare (italia oggi)
Pag.10 LIBERALIZZAZIONI: Bersani – Visco, decreto fatto a pezzi (il tempo)
Pag.11 LIBERALIZZAZIONI: Dichiarazione di Michele De Lucia, componente della
Direzione nazionale della Rosa nel Pugno e di Radicali italiani
Pag.12 LIBERALIZZAZIONI: Gli emendamenti del Cup (italia oggi)
Pag.13 LIBERALIZZAZIONI: Giudice contro gli avvocati in sciopero (l’adige)
Pag.14 LIBERALIZZAZIONI: Praticanti Aiga: perchè siamo contro l'"hard discount"
della professione forense - di Vincenzo Mannella - Responsabile Consulta
praticanti Aiga (diritto e giustizia)
Pag.16 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO: Riforma della giustizia, il Governo prende
tempo (diritto e giustizia)
Pag.18 ARBITRATI: Arbitrati fuori controllo (il sole 24 ore)
Pag.19 INDULTO: Primo sì all'indulto corretto con la norma«anti-Previti»
(il sole 24 ore)
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IL SOLE 24 ORE
Albi & mercato/Mastella avvia le trattative con l’Oua e non esclude modifiche al governo
Avvocati, parte il confronto
Ma lo sciopero potrebbe proseguire anche oltre il 21 luglio
Segnali di distensione tra Governo e avvocatura sulle liberalizzazioni. Il ministro della Giustizia,
Clemente Mastella, ha aperto un confronto, affidandolo al sottosegretario Luigi Scotti e non escludendo
affatto modifiche al testo del decreto legge che interviene su almeno due aspetti chiave della
professione forense: le tariffe minime e la pubblicità professionale. Passi avanti minimi. Che per ora,
però, non bastano a fare cedere l'avvocatura, pronta anzi a rilanciare. L'assemblea dello Oua
(Organismo unitario dell'avvocatura) ha così minacciato di proseguire l'astensione delle udienze anche
dopo il 21, data oggi fissata per la conclusione, per arrivare sino al 25 luglio nel caso in cui entro
venerdì non vi fossero «significative, autorevoli e certe» aperture da parte del Governo. Alla protesta
i legali hanno affiancato anche una lista di quindici proposte per una eventuale modifica del decreto
sulla liberalizzazione della professione. Il documento, approvato dall'Oua, contiene le linee guida che
gli avvocati sperano di porre alla base della riscrittura del decreto legge del 4 luglio 2006.
A un Mastella "aperturista" si contrappone un Bersani con il quale i legali continuano a polemizzare.
Per il presidente dell'Oua, Michelina Grillo, «il ministro dice cose false e persino diffamatorie nei
confronti degli avvocati». Una replica alle dichiarazioni del ministro dello Sviluppo Economico che
aveva avanzato dubbi sulla correttezza dello sciopero degli avvocati dichiarando che «se un tassista fa
sciopero ci rimette le giornate di lavoro mentre per gli avvocati non sappiamo se questo avviene perché
si tratta di prestazioni che vengono tariffate». In attesa di un negoziato, i vertici dell'Oua portano avanti
le loro proposte: tra le novità introdotte nel testo redatto dall'assemblea c'è l'apertura alla pubblicità, che
dovrà però essere «di tipo essenzialmente informativo, con divieto di pubblicità comparata o comunque
non adeguata alla dimensione etica della professione». Sulle regole deontologiche gli avvocati non
transigono: quelle non si toccano e restano alla base dell'attività professionale, «distinta dall'attività
d'impresa». Tra i capisaldi resta il percorso formativo obbligatorio, l'esame di abilitazione finale con
iscrizione all'Ordine e l'aggiornamento permanente. Gli avvocati avanzano anche alcune richieste:
l'introduzione obbligatoria della responsabilità professionale, l'estensione ai professionisti degli
incentivi e delle agevolazioni previste per altre attività, l'adeguamento della disciplina fiscale e
previdenziale alle nuove forme organizzative, l'introduzione di un contratto tipico di prestazione
professionale e dello status di professionista collaboratore o dipendente di strutture complesse. Gli altri
punti del documento. riguardano la struttura dell'Ordine, articolata su un livello locale e uno nazionale,
e le funzioni demandate al consiglio nazionale che sarà giudice disciplinare di seconda instanza, potrà
determinare de direttive generali in materia di formazione e proporrà le tariffe professionali da adottare.
Su tutto il sistema professionale – sempre secondo l'Oua - vigilerà il ministero della Giustizia. Oltre alle
linee guida per instaurare un tavolo di concertazione, però, l'organismo unitario dell'avvocatura ha
anche deliberato in assemblea di prolungare l'astensione dalle udienze per l'intera durata del dibattito
parlamentare sul provvedimento, previsto per i giorni 24 e 25 luglio.
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IL SOLE 24 ORE
Le proposte dell'Oua
Formazione
Percorso formativo obbligatorio, esame di abilitazione,iscrizione all'Ordine e aggiornamento
permanente
Pubblicità
Sì alla pubblicità informativa, con divieto di pubblicità comparata o non eticamente adeguata alla
professione
Società
L’'attività professionale potrà essere svolta in forma individuale, associata o a mezzo di società di
professionisti (anche appartenenti a diverse discipline) costituite su base personale o di capitale e con
l'obbligo d'iscrizione della società in apposite sezioni degli albi
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IL SOLE 24 ORE
Pronti gli emendamenti del Governo
Arriva la pubblicità dei professionisti
Per gli avvocati resta il patto di quota lite, ma «redatto in forma scritta» (si veda l'articolo a pagina 30).
Per gli Albi si aprono le porte della pubblicità, purchè «informativa». Mentre negozi alimentari e fornai
potranno "attrezzarsi" per il consumo dei propri prodotti all'interno dei locali, escluso il "servizio al
tavolo" ma sotto stretta osservanza delle norme igienico-sanitarie. Sono solo alcune delle proposte di
emendamenti, presentate dal Governo, al "pacchetto liberalizzazioni" ieri sera alle commissioni
competenti del Senato, sui primi quindici articoli del DI232/2006. Nel mirino, ordinamenti
professionali, distribuzione commerciale, panificatori, clausole anticoncorrenza in materia di Rc auto e
ulteriori integrazioni a ruolo e poteri dell'Authority Antitrust. Smussate ma non particolarmente incisive
appaiono le richieste di modifica presentate per l'articolo 2 del decreto legge, che aboliscono i limiti
imposti dagli ordinamenti professionali ai propri iscritti in termini di tariffe obbligatorie, pubblicità e
società. Se al comma 1, lettera a , «la fissazione di tariffe obbligatorie» viene formalmente sostituita da
«obbligatorietà delle tariffe», la possibilità di optare – lettera b - per il patto di quota-lite (ovvero, per
legali e clienti, di parametrare l'importo della parcella al raggiungimento degli obiettivi) rimane ma
viene vincolato alla sottoscrizione di un accordo scritto tra le l'arti. La proposta di divieto di svolgere
pubblicità «informativa» ridimensiona la portata della norma originaria e la avvicina alle "caute
aperture" già contenute in gran parte dei codici deontologici di autoregolamentazione degli Ordini,
mentre i professionisti potranno finalmente organizzarsi in società interdisciplinari «fermo restando che
l'oggetto sociale deve essere esclusivo». Per quanto riguarda lo scioglimento dei vincoli nella
distribuzione commerciale, sono «fatti salvi i vincoli che riguardano il settore alimentare e di
amministrazione di bevande», la distinzione tra «settore alimentare e non».
Limitazioni - previste all'articolo 3, comma 1, lettera f -vengono richieste non solo nei periodo di saldi
ma anche per quelli appena precedenti. Ancora, l'Esecutivo propone che tutti gli esercizi di alimentari
possano dotarsi di locali e arredi per il consumo in loco dei propri prodotti gastronomici: senza servizio
al tavolo ma osservando strettamente le norme igienico-sanitarie. Emendamento analogo per i
produttori di pane (articolo 4). Contro le clausole anticoncorrenziali Rc auto (articolo 8) il Governo
propone che preventivi e polizze indichino, chiaramente, «il premio di tariffa, la provvigione
dell'intermediario e lo sconto al sottoscrittore». Infine, proposte più "morbide", rispetto alle
formulazioni del Dl, nell' integrazione dei poteri dell'Authority Antitrust (articolo 14). Proposti tre mesi
di' tempo alle imprese, dalla notifica dell'istruttoria, per presentare i propri impegni (comma 1) e la
facoltà di ridurre, senza limiti, sino alla non applicazione, le sanzioni pecuniarie. Laura Cavestri
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IL SOLE 24 ORE
Primo intervento del ministero sulle nuove regole per le spese di giustizia
Le notifiche ritrovano le risorse
Gli ufficiali giudiziari possono dormire sonni tranquilli. I pagamenti degli stipendi non subiranno
sospensioni. Mentre resta incerto il destino delle indennità che spettano ai magistrati onorari. Sono
queste le prime indicazioni dettate dal ministero della Giustizia per far fronte alla stretta sulle spese
contenuta nella manovra-bis. In una circolare del 12 luglio, preparata dalla Direzione generale della
giustizia civile (resa nota ieri), sono state infatti indirizzate a tutti gli uffici giudiziari istruzioni
preliminari per rimediare al blocco dei pagamenti provocato dal decreto legge n.223 del 4 luglio scorso
(si veda Il Sole-24 Ore del 12e 13luglio 2006). «Ulteriori istruzioni per procedere aipagamenti per
spese di giustizia - si legge nel provvedimento firmato dal Direttore generale Alfonso Papa - saranno
fornite nel più breve tempo possibile». A partire dal 4 luglio non è più ammesso il ricorso
all'anticipazione da parte degli uffici postali per finanziarie tutta una serie di costi derivanti dallo
svolgimento dei processi, così come le indennità da corrispondere a giudici di pace, giudici onorari
aggregati, giudici onorari di tribunale e vice procuratori onorari.
Il meccanismo delle anticipazioni potrà essere usato, d'ora avanti, per gli stipendi da corrispondere
appunto agli ufficiali giudiziari (questi ultimi pesano sul capitolo 423). Ma anche per i pagamenti
relativi alle notifiche eseguite nei procedimenti penali e alle notifiche e agli atti di espropriazione
forzata nei processi civili i cui oneri sono a carico dell'Erario. Questa sèconda eccezione è contenuta
nell'emendamento proposto ieri dall'Esecutivo nell'ambito dell'iter di conversione del Dl 223.
In attesa delle nuove procedure di finanziamento diretto delle spese, la circolare precisa poi che i
modelli di pagamento emessi prima del 4 luglio possono essere liquidati dagli uffici postali anche dopo
tale data. Mentre i modelli emessi Successivamente al 4 luglio dovranno essere restituiti agli uffici
giudiziari. Infine, il ministero chiarisce che i funzionari delegati per le spese di giustizia presso Corti
d'appello e Procure generali dovranno corrispondere i compensi minimi a magistrati onorari e ufficiali
giudiziari. Questo «limitatamente alle spese urgenti non altrimenti procrastinabili » e sempre che
sussistano i fondi necessari. Il capitolo di bilancio interessato (n. 1360) subirà infatti un taglio di
350milioni (50 nel 2006, 100 nel 2007 e 200 nel 2008).
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ITALIA OGGI
Il professore chiede spiegazioni a Bersani. E intima: basta arretramenti
No, non è una resa totale. Ma certo, la stagione delle liberalizzazioni avviate dal governo e dal ministro
dello sviluppo, Pierluigi Bersani, dopo la partenza veloce del decreto legge presentato a sorpresa, ha
rallentato il passo. E pezzo dopo pezzo, le norme che interessano le singole categorie, professionisti,
tassisti, panificatori, avvocati, notai, fondi immobiliari, saranno smontate e revisionate.
Tanto più che ormai la protesta clamorosa e violenta delle auto bianche contro le novità volute da
Bersani ha ottenuto un discreto successo, anzi pieno se si considerano le manifestazioni di giubilo che
hanno salutato l'intesa. Certo, il titolare del dicastero di via Veneto ieri si è affannato a spiegare al
presidente del consiglio, Romano Prodi, che l'accordo raggiunge l'obiettivo di mettere a disposizione
della clientela più vetture e che si tratta, se sarà applicato dai sindaci, ´di un reale cambiamento nella
vita dei cittadini' .Ma il solo fatto che uno dei ministri di punta del governo sia stato costretto a spiegare
al premier che sulla strada delle liberalizzazioni non ci sono state inversioni di marcia, la dice lunga sui
dubbi che hanno assalito una parte del centro-sinistra. Bersani, nel colloquio con il professore, ha
spiegato che ´se si leggessero le modifiche che abbiamo proposto, invece che basarsi su ricostruzioni di
parte, si comprenderebbe la portata delle nuove norme'. ´Vedrai, caro Romano, che nessuno potrà
negare che si tratta di un vero cambiamento'. Bersani, certamente, dice la verità. Ma la piccola o grande
retromarcia a cui il governo è stato costretto altrettanto certamente ha dato coraggio a molte altre
categorie. Come ai farmacisti, che approfittando della sensibilità del ministro della giustizia, Clemente
Mastella, alle loro argomentazioni, si preparano a un incontro con il guardasigilli per strappare
concessioni, così come hanno fatto i tassisti. La Fofi, la Federazione dei farmacisti, con un comunicato
ha annuciato: ´Il guardasigilli, considerate anche le aperture governative nei confronti di altre categorie
interessate, dopo aver approfondito alcune rilevanti implicazioni derivanti dalle disposizioni del
decreto, ha convenuto sull'opportunità di individuare percorsi condivisi che, modificando alcune norme
del decreto legge, consentano in ogni caso di raggiungere gli obiettivi fissati dal governo'.
Di questo passo, insomma, del decreto redatto in gran segreto da Bersani resterà ben poco. Almeno
questo è il timore di Prodi, che prima di sentirsi rassicurato da Bersani aveva manifestato molte
perplessità sull'intesa con i tassisti. ´Il tam-tam della categoria fa venir fuori una loro vittoria sul
governo, una reazione che ha fatto una certa impressione: è come se avessero vinto i mondiali', aveva
detto il presidente del consiglio. ´Non bisogna dare spazio all'impressione di cedimenti sul versante
delle liberalizzazioni, proprio per evitare che altre categorie comincino a esasperare il confronto con
l'esecutivo'. Prodi, insomma, vuole insistere perché il consenso intorno alla manovra, categorie a parte,
è piuttosto forte. I consumatori hanno annunciato raccolte di firme in favore del ministro dello sviluppo,
la Confindustria ha chiesto di non arretrare sulle liberalizzazioni e i sindacati vogliono che il governo
proceda.
Mentre l'opposizione, che denuncia ´i contenuti illiberali' del decreto Bersani-Visco, parla di
´inversione a U del ministro' ed esprime soddisfazione per quella che ritiene una vittoria. Si vedrà
quando il Bersani presenterà i suoi provvedimenti sui servizi pubblici locali e sugli altri settori protetti
dell'economia, se di resa si è trattato o di mossa tattica: una breve ritirata per poi ripartire all'offensiva.
Molti, nell'Unione, sperano che sia così. Non tutti ci credono. Giampiero Di Santo
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ITALIA OGGI
LA MANOVRA PRODI/ Dal governo raffica di emendamenti al dl 223 in commissione al senato
Professioni, no a società tuttofare
Un taglio di almeno il 10% alla spesa per i dirigenti pubblici
No alle società tra professionisti tuttofare. Tagli di almeno il 10% alle spese per i manager di stato. Più
garanzie per i consumatori nei contratti Rc auto. Decadenza automatica per i contratti delle ex
municipalizzate che operano al di fuori del proprio territorio e per gli organi collegiali inutili. Nei
giudizi amministrativi, possibilità per i cittadini ricorrenti di recuperare il contributo unificato versato.
Sono alcune delle novità contenute negli emendamenti depositati ieri dal governo in commissione
bilancio al senato, relativi al decreto legge 223/2006. Ecco in sintesi le principali novità.
Professioni. Modificando la lettera a) del comma 1 dell'articolo 2, l'emendamento abroga le disposizioni
che prevedono ´l'obbligatorietà di tariffe'. La versione precedente parlava di ´fissazione di tariffe
obbligatorie'. Specificate meglio anche la norma che dà il via alla pubblicità degli studi (ora si parla di
stop al ´divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa') e quella sulle società tra
professionisti: l'oggetto sociale dovrà essere esclusivo, quindi le società non potranno occuparsi di tutto
ma solo di una specifica materia. Sancita anche la nullità dei patti tra avvocati e praticanti che seguono
specifici clienti, che stabiliscano compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, a
meno che tali patti siano in forma scritta.
Spoils system. Tagli non inferiori al 10% per la spesa complessiva derivante dagli incarichi pubblici di
funzione dirigenziale di livello generale. L'emendamento del governo, che aggiunge un articolo al
decreto legge (22-bis), modifica anche alcune norme sullo spoils system, stabilendo che gli incarichi di
funzione dirigenziale di livello generale ´si intendono confermati, salva diversa determinazione, decorsi
60 giorni dal voto sulla fiducia al nuovo governo. È comunque consentito, nel medesimo termine',
prosegue l'emendamento, ´modificare l'oggetto degli incarichi di funzione dirigenziale pur in assenza
del consenso dell'interessato'. La prima applicazione del termine dei 60 giorni, specifica ancora
l'emendamento, decorre dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto sulla manovra bis.
Autentiche in comune. Nella norma che consente di recarsi al comune per fare autenticare gli atti
relativi ai passaggi di proprietà delle auto, si specifica che l'autenticazione riguarda la ´sottoscrizione'
degli atti e delle dichiarazioni.
Rc auto. Nei preventivi e nelle polizze gli assicuratori dovranno indicare chiaramente il premio di
tariffa, la provvigione dell'intermediario nonché lo sconto complessivamente riconosciuto a chi
sottoscrive il contratto.
Conti correnti bancari. Le modifiche unilaterali dei contratti devono essere comunicate espressamente
al cliente in modo comprensibile e con preavviso minimo di 30 giorni. Ciò deve avvenire per iscritto o
´mediante supporto durevole preventivamente accettato dal cliente'. La modifica è approvata se il
cliente non recede entro 60 giorni e in tal caso ha diritto all'applicazione delle condizioni praticate in
precedenza. Confermata l'inefficacia delle variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate
le nuove prescrizioni, purché tali variazioni risultino sfavorevoli per il cliente. La variazione dei tassi di
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interesse, che deve contestualmente riguardare i tassi debitori e quelli creditori, si applica ´con modalità
tali da non recare pregiudizio ai clienti'. Il cliente ha inoltre sempre la possibilità di chiudere il rapporto
con la banca senza penalità e spese di chiusura.
Taglio dei contributi. La riduzione del 10% degli stanziamenti destinati ai consumi intermedi degli enti
che adottano la contabilità finanziaria si applica anche agli enti e agli organismi gestori delle aree
naturali protette.
Ex municipalizzate. Raffica di precisazioni sullo stop alla extraterritorialità dei servizi prestati dalle
società strumentali degli enti locali. Intanto la cessione o lo scorporo delle attività non consentite deve
avvenire con procedura a evidenza pubblica. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate
perdono efficacia entro un anno dall'entrata in vigore della legge. Interessati dalla nuova disciplina sono
solo i contratti conclusi dopo l'entrata in vigore del dl 223 (4 luglio 2006). Si specifica che restano
validi i contratti conclusi dal 4 luglio in avanti, ma a seguito di procedure di aggiudicazione bandite
prima di quella data.
Antitrust. L'Antitrust ha la possibilità di non applicare sanzioni amministrative pecuniarie o di farlo in
misura ridotta nel caso l'impresa collabori con l'Autorità.
Spese di giustizia. I cittadini che hanno iniziato un giudizio amministrativo e che hanno avuto ragione
dal Tar e dal Consiglio di stato potranno recuperare il contributo unificato versato (che oscilla adesso
tra 250 e 500 euro). Tale contributo dovrà infatti essere pagato dalla p.a. in caso di soccombenza in
giudizio e nei casi di contumacia e di compensazione delle spese da parte del giudice.
Organi collegiali. Le p.a. centrali dovranno sopprimere entro tre anni le commissioni ritenute inutili,
prevedendo anche una relazione di fine mandato sugli obiettivi realizzati dagli organismi, da presentare
all'amministrazione competente e alla presidenza del consiglio. A questa si riserva però la possibilità di
dire l'ultima parola sulla ´perdurante utilità' dell'organismo in odore di soppressione.
Enti previdenziali. Anche gli enti previdenziali, così come gli enti territoriali, potranno acquisire
immobili anche per un importo annuo superiore alla spesa media per gli immobili acquisiti nel
precedente triennio. Si tratta di una norma che ´salva' le procedure avviate dagli enti previdenziali
destinatari di operazioni di dismissione. (riproduzione riservata) Gianni Macheda
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IL TEMPO
Bersani – Visco, decreto fatto a pezzi
Compagni indietro tutta! Pierluigi Bersani, ministro dello Sviluppo Economico e il viceministro
all’Economia, Vincenzo Visco, battono in ritirata. Il decreto che porta il loro nome, quello tanto per
intenderci sulle liberalizzazioni, è sempre più un lontano ricordo, distante anni luce dal testo originario.
E meno male che doveva rappresentare «una rivoluzione» dove «il cittadino-consumatore è al centro».
Alla fine tutto si sta risolvendo in un semplice intervento di marketing politico che nei fatti non
liberalizza nulla. Un attacco al decreto che non giunge solo dall'opposizione ma anche dall'Unione che
è sempre più tentata di correggere il testo. Come Francesco Rutelli che proprio ieri sull'accordo
raggiunto tra Governo e taxisti ha espresso forti dubbi tanto da dire che avrebbe «preferito una formula
di maggiore liberalizzazione». Critiche politiche che si aggiungono alle proteste ed agli scioperi che
stanno mettendo sempre più nell'angolo Bersani e Visco. E pensare che il giorno dopo la presentazione
del decreto ci fu anche chi dalla Cdl salutò con favore il varo delle presunte liberalizzazioni. Addirittura
qualcuno fece «mea culpa» per non aver fatto quelle riforme quando era al governo. Ma torniamo al
decreto. Il primo passo indietro l'accoppiata Visco-Bersani lo fa sull'abolizione dell'Iva sulle transazioni
immobiliari. Il Governo aveva previsto per il settore il passaggio all'imposta di registro con la
restituzione dei crediti Iva accumulati. Un cambio di regole non da poco, che Assomobiliare quantificò
subito in 30 miliardi di euro di costi per l'intero settore. Immediato il crollo dei titoli in borsa. Sul
mercato il comparto alla fine lascerà quasi un miliardo di euro con flessioni di oltre dieci punti
percentuali. Un bagno di sangue. Solo allora dal Ministero si decide di intervenire modificando la parte
contestata. Secondo passo indietro: le licenze dei tassisti. Il decreto prevedeva il divieto di cumulo delle
licenze consentendo ai Comuni di bandire concorsi per assegnare dietro pagamento le nuove licenze
oltre le quote programmate. Stavolta non è il mercato a ribollire, ma la piazza. I taxisti scendono in
strada. Incrociano le braccia e paralizzano le maggiori città d'Italia sospendendo il servizio. All'inizio il
Governo risponde con durezza: nessuna trattativa e rispetto della legge. Ma anche qui alla fine Prodi e
compagni capitolano. Infine gli avvocati. Visco e Bersani decidono l'abolizione delle tariffe minime per
i professionisti ed il pagamento delle prestazioni, superiori a 100 euro con conto corrente. In questo
caso un mezzo passo indietro. Per le tariffe ci sarà da confrontarsi con il Parlamento Europeo che dal 23
marzo ha deciso la loro abolizione. Invece sul pagamento delle prestazioni c'è ancora da discutere ma
come già preannunciano in Commissione Giustizia maggioranza ed opposizione chiederanno
l'abolizione dell'obbligo di pagamento. Ora non resta che attendere l'altro mezzo passo indietro.
DARIO CASELLI
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Rosa nel Pugno e di Radicali italiani
L’attacco sferrato contro il Decreto Bersani dalla presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura,
Michelina Grillo, è l’ulteriore testimonianza di come le corporazioni di oggi siano barricate nella torre
dei loro privilegi, contro l’interesse generale dei cittadini.
Bersani pare avere la colpa tremenda – e speriamo che voglia continuare ad averla – di svolgere il
proprio mestiere di ministro senza prima chiedere il permesso all’organizzazione degli avvocati, e senza
seguire il metodo della concertazione (versione aggiornata del sistema, tutto italiano e da Ventennio,
della combinazione tra capitale e lavoro mediata dallo Stato: arbitrato vs contrattazione).
All’avvocato Grillo vogliamo però porre alcune domande:
1 – le risulta che il rapporto della Commissione europea in tema di concorrenzialità delle libere
professioni (6 settembre 2005) abbia collocato l’Italia agli ultimi posti, e che già l’estate scorsa la
Commissione europea abbia fatto i primi passi per avviare una procedura di infrazione nei confronti del
nostro Paese proprio per l’inderogabilità dei minimi e massimi tariffari degli avvocati? L’adeguamento
della normativa previsto dal Decreto, rispetto all’Unione europea non è che un atto dovuto.
2 – quando dichiara che “la pubblicità informativa, e non meramente commerciale, è consentita da anni
dal codice deontologico”, non dimentica per caso che quello stesso codice (art. 17) vieta l’utilizzo di
televisione, radio, quotidiani, periodici, telefono, sponsorizzazioni, opuscoli e volantini indirizzati a
soggetti indeterminati? È come dire che “la pubblicità non è vietata, ma è vietata”.
3 – lasciamo stare, per una volta, gli Stati Uniti (il sistema preferibile, quello delle contingency fee: la
parcella legata al risultato) e prendiamo come esempio un altro Paese più vicino a noi, come noi
europeo e continentale, la Germania: da quelle parti vale la regola del compenso forfetario, che
consente di conservare le garanzie processuali, ma disincentiva dall’abusarne. Bene, accade che in
Germania i tempi dei processi civili continuino ad accorciarsi...
Tutto questo potrebbe suggerire utilmente qualcosa. Anche il fatto che porsi nella logica della “lesa
maestà” è questa volta, più che mai, fuori luogo.
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ITALIA OGGI
Gli emendamenti del Cup
Ecco l'emendamento proposto dal Cup a integrazione di quelli presentati dalle categorie convocate
(notai, farmacisti, avvocati, commercialisti e ragionieri).
Sono fatte salve le disposizioni riguardanti l'esercizio delle professioni reso nell'ambito del Servizio
sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso, nonché le eventuali tariffe massime
prefissate in via generale a tutela degli utenti.
Entro sei mesi dall'entrata in vigore dei decreti di cui al comma 1 gli ordini e collegi adottano gli atti
necessari a dare attuazione, per quanto di competenza, ai principi di cui al presente articolo, dandone
comunicazione all'amministrazione vigilante (nota 1). Entro 12 mesi dalla entrata in vigore del presente
decreto il governo è delegato a emanare, sentiti gli ordini e collegi interessati, uno o più decreti
legislativi al fine di riordinare le disposizioni legislative e regolamentari che stabiliscono le tariffe
professionali nel rispetto dei seguenti criteri e principi (nota 2): le tariffe obbligatorie, fisse o minime,
possono essere stabilite con riferimento alle sole prestazioni che sono oggetto di riserva di competenze
ovvero che incidono su interessi generali (nota 3); il divieto di pattuire compensi parametrati al
raggiungimento degli obiettivi può essere abolito per le prestazioni che non sono oggetto di riserva di
competenze ovvero che non incidono su interessi generali; sono, in ogni caso, fatte salve le tariffe che
regolano i servizi professionali soggetti alle procedure di evidenza pubblica (nota 4).
Note agli emendamenti proposti dal Cup.
(Nota 1) L'emendamento si colloca nella stessa prospettiva dell'originario terzo comma del decreto
legge ma rispetta il principio cardine della autoregolamentazione delle categorie professionali.
(Nota 2) L'emendamento mira a conferire al governo una delega per riordinare la materia tariffaria che,
conformemente ai principi comunitari, viene circoscritta alle sole prestazioni riservate ai professionisti.
La delega è necessaria per scongiurare la situazione di grave incertezza giuridica nella quale versa il
settore dei servizi professionali in ragione del fatto che il decreto legge non ha indicato le tariffe
abrogate e il significato dell'espressione ´attività libero-professionali e intellettuali'. Non tutte le
prestazioni rese dai professionisti hanno carattere ´intellettuale' e non tutti gli iscritti agli albi rendono le
loro prestazioni in regime ´libero-professionale'. Nel rispetto dei reciproci ruoli e dell'autonomia
decisionale del governo, è previsto il coinvolgimento del sistema ordinistico in ragione del carattere
estremamente tecnico della materia. Tale coinvolgimento è oggi contemplato da numerosissime leggi di
settore e la Corte di giustizia europea ha stabilito la sua conformità ai principi comunitari (cfr. C. Giust.
eur. 19 febbraio 2002, causa c-35/99).
(Nota 3) Così come formulata, la delega evita la indistinta abrogazione delle tariffe e consente al
governo di entrare nel merito e valutare se o in che termini la tariffa relativa a una prestazione riservata
possa essere funzionale alla tutela della collettività. Si tratta del criterio indicato dalla Corte di giustizia
europea che ha sostenuto l'esigenza di giustificare in ragione dell'interesse generale le tariffe.
(Nota 4) L'emendamento mira a chiarire l'ambito applicativo della delega e a salvaguardare la vigenza
delle tariffe dei servizi pubblici in quanto funzionali all'interesse pubblico.
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L’ADIGE
Giudice contro gli avvocati in sciopero
Secondo Flaim l'astensione non è legittimo impedimento
Assenti non giustificati. Così gli avvocati in sciopero contro il decreto Bersani sulle liberalizzazioni
vengono considerati dal giudice del lavoro di Trento, Giorgio Flaim. Secondo il magistrato lo sciopero
è illegittimo perché troppo lungo, senza preavviso e perché proclamato da un organismo non
legittimato. Per questo Flaim ha affisso dam qualche giorno sulla porta del suo studio un avviso con il
quale avverte glia avvocati che l'adesione dei difensori all'astensione collettiva dalle udienze civili,
penali e amministrative dal 10 luglio a l21 luglio 2006, proclamata dall'Assemblea generale degli
Ordini Forensi, non sarà ritenuta da questo giudice un legittimo impedimento. In altre parole, la
mancanza del difensore non comporterà automaticamente il rinvio dell'udienza. La decisione del
giudice teoricamente potrebbe anche avere conseguenze piuttosto serie per le parti, dal momento che il
processo del lavoro è piuttosto celere. Conseguenze che, comunque, dovrebbero essere verificate caso
per caso, anche in considerazione del fatto che quasi sempre aderiscono allo sciopero i difensori di
entrambe le parti. Per questo la decisione del giudice Flaim sembra soprattutto un'affermazione di
principio basata su una serie di considerazioni strettamente giuridiche. La presa di posizione del
magistrato è destinata a fare parecchio rumore, dal momento che finora la magistratura si era limitata a
prendere atto della clamorosa protesta degli avvocati. A sgomberare il campo da qualsiasi
considerazione extragiuridica, il giudice Flaim elenca con precisione nel suo avviso le ragioni,
strettamente di diritto, che lo hanno spinto a non considerare l'astensione degli avvocati un legittimo
impedimento. In primo luogo il magistrato cita la sentenza 171del 1996 con la quale la Corte
Costituziona1e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme sull'esercizio del diritto di
sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia del diritti della persona costituzionalmente
garantiti tutelati. Nella parte in cui non prevede, nel caso dell'astensione collettiva dell'attività
giudiziaria degli avvocato l'obbligo d'un congruo preavviso e di un ragionevole limite temporale
dell'astensione. In pratica il giudice chiede un preavviso da parte degli avvocati, preavviso che,
generalmente. i legali non danno in caso di astensione collettiva. Il giudice cita anche la legge del 199o
che prevede che la Commissione di garanzia promuove l'adozione da parte delle associazioni e degli
organismi di rappresentanza delle categorie interessate, di codici di regolamentazione che realizzino.
In caso di astensione collettiva, il contemperamento con i diritti della persona costituzionalmente
tutelati., A questo proposito. Flaim ricorda che la Commissione di Garanzia, avendo ritenuto per ben tre
volte non idonei i codici di autoregolamentazione deliberati dall'Organismo Unitario dell'Avvocatura
Italiana e dall'Unione delle Camere Penali Italiane, ha adottato, con delibera n. 02/137 del 4.7.2002, la
provvisoria regolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, disponendo. tra l'altro, che
l'astensione è proclamata con congruo preavviso di almeno dieci giorni prima dell'inizio della stessa. In
ogni caso, la prima astensione, quale ne sia la motivazione, non può eccedere sette giorni. Una
previsione, quest'ultima, che contrasta con lo sciopero di due settimane indetto dagli avvocati. Flaim
ricorda anche che la commissione di Garanzia ha già censurato lo sciopero degli avvocati rilevando la
mancanza del preavviso e l'eccessiva lunghezza. A questo proposito, il giudice osserva che questi
condizioni possono essere non rispettate solo in caso di astensione dal lavoro in difesa dell’'ordine
costituzionale o protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità della sicurezza dei lavoratori. Infine il
giudice dà una stoccata direttamente a chi ha proclamato lo sciopero non considerandolo legittimato a
ciò: <Per giurisprudenza consolidata l'adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze
integra un legittimo impedimento a svolgere le previste attività processuali a condizione che detta
astensione sia stata “legittimamente deliberata dal competente organismo forense”.
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Praticanti Aiga: perchè siamo contro l'"hard discount" della professione forense
«Diritto&Giustizia» prosegue con la pubblicazione degli interventi dei rappresenti dell’Avvocatura sul
decreto Bersani. Dopo il contributo dell’avvocato Palma Balsamo del direttivo dell’Anf (pubblicato sul
quotidiano dello scorso 15 luglio) e quello dell’avvocato Maria Gualdini, vicepresidente vicario
dell’Anpa (pubblicato sul quotidiano dello scorso 18 luglio), offriamo al dibattito l’intervento
dell’avvocato Vincenzo Minnella, responsabile della Consulta praticanti dell’Aiga.
di Vincenzo Mannella - Responsabile Consulta praticanti Aiga
Minimi tariffari, patto di quota lite, divieto di pubblicità e società tra professionisti.
Questi i temi su cui l’avvocatura è stata chiamata a discutere, ob torto collo, in occasione del decreto Bersani.
Tutto in nome di una irrinunciabile liberalizzazione del mercato delle professioni, paralizzato, secondo i fautori
dell’intervento normativo, da una eccessiva rigidità a discapito dei consumatori.
Prima di entrare nel merito della questione, si impone un’osservazione sul metodo.
Sarebbe regola di buon governo, nel momento in cui si interviene riformando un intero settore, peraltro
caratterizzato da problematiche particolarmente complesse, interpellare i diretti destinatari ex ante, evitando così
inutili e dannose contrapposizioni.
Così facendo, si rischia di far passare il principio in forza del quale le riforme debbano venir fuori dallo scontro e
non dal confronto tra le parti sociali.
Del resto, il metodo utilizzato, ben si accompagna al tentativo mediatico di qualificare le istanze dell’avvocatura
come una difesa, a qualunque costo, di una “casta” protetta che, complice un mercato chiuso ed inaccessibile,
annovera una piccola popolazione di 180 mila professionisti, con un aumento annuale consolidato di circa il 13
per cento.
Premesso il vizio metodologico ed evitando di cedere alla tentazione di evidenziare in questa sede le lacune
“concettuali” del decreto liberalizzazioni, è opportuno riflettere sul grado di incisività delle nuove norme e sulla
loro capacità, anche solo in astratto, di far fare all’avvocatura quel passo in avanti che oramai da tempo noi
giovani chiediamo a coloro che governano il Paese.
Le misure introdotte con il decreto Bersani, in luogo che orientarsi verso l’auspicata modernizzazione della
professione legale e favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, muovono in direzione opposta e
sembrano rispondere alle esigenze delle grosse strutture legali- imprenditoriali, sole a potersi permettere i costi
della pubblicità ed offrire prezzi stracciati, forti di poter contare sui grandi numeri.
Occorre chiedersi, con onestà intellettuale, se siamo davvero sicuri che liberalizzare il mercato voglia dire
prescindere da qualsiasi regola, anche a discapito della deontologia e della qualità professionale, e se quello
scelto sia il metodo per rendere più semplice, ai giovani praticanti ed ai giovani avvocati, l’accesso al mercato e
fornire loro gli strumenti per renderli competitivi con il mercato europeo.
La risposta non è semplice, ma va fatto uno sforzo per cercarla anche all’interno del fitto intreccio tra mercato,
ordini professionali e mondo dei giovani praticanti, semplici spettatori ed incolpevoli vittime dei disegni di chi
intende decidere del loro futuro senza neppure ascoltarli.
Ed è da questa prospettiva che il legislatore deve porsi perché riformare il mercato delle professioni, vuol dire
prima di tutto incidere sulle prospettive di tanti giovani che già hanno pagato e pagano lo scotto di dover
affrontare le difficoltà di inserimento in un mondo nel quale i numeri sono cresciuti a dismisura e gli spazi di
lavoro sono stati progressivamente erosi.
E visto sotto questa luce, il decreto Bersani, non solo non consente di segnare un passo in avanti ma rischia di
mettere definitivamente a repentaglio le scarse possibilità di crescita e di affermazione dei giovani nel mondo
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professionale.
Senza avere la pretesa di introdurre elementi di novità nel dibattito, è il caso di ricordare lo scenario nel quale si
trovano ad operare i neo laureati che decidono di intraprendere la professione forense e che, neanche a dirlo, non
hanno la fortuna (perché di questo ormai si tratta, contrariamente a quanto qualcuno – smentito clamorosamente
dai numeri – si affanna ancora a sostenere) di avere alle spalle una generazione di avvocati.
Alla fine di un percorso universitario ricco di teoria e scarso di concretezza, i più fortunati, dopo soli cinque anni
di università, si trovano nella condizione di dovere cercare qualche “anima buona” che permetta loro di svolgere
il tirocinio biennale.
Non è un mistero poi che, la pratica forense presso lo studio, insostituibile luogo di formazione, si traduca, il più
delle volte, in attività di mera routine con scarso interesse del dominus a fare da “maestro” e dare al praticante
quelle cose che mai nessuna scuola potrà insegnare, come la deontologia sul campo ed i rapporti con i clienti.
Ed allora i più fortunati percepiscono qualche piccolo contributo, il resto aspetta con ansia di superare l’esame di
abilitazione per potersi sentire “libero”.
Ma libero di fare cosa, se il percorso formativo post lauream non consente, al neo avvocato, di inserirsi sul
mercato e spendere una seria professionalità e di una forte e robusta preparazione?
Di certo, ancor più difficile risulterà quando pubblicità selvaggia e prezzi stracciati operati dalle grosse realtà
professionali forti dei grandi numeri monopolizzeranno il mercato che conta e lasciando ai giovani la possibilità
di “azzannarsi” per poter conquistare uno spazio di sopravvivenza in un ambito meramente residuale.
È di tutta evidenza, poi, che la tariffa minima - la cui eliminazione secondo alcuni libera la concorrenza e
consente al cittadino di poter avere un servizio a prezzi più ragionevoli ed al giovane professionista di inserirsi
più facilmente sul mercato - risponde non solo all’esigenza di garantire una qualità del servizio legale ma di fatto
giova proprio ad impedire che migliaia di giovani praticanti vengano messi definitivamente fuori mercato, e
siano costretti ad espletare le loro prestazioni quali veri e propri dipendenti di strutture a fortissima
caratterizzazione commerciale, definitivamente precludendosi la possibilità di crescita economica e
professionale.
Tuttavia, se le evidenti storture del decreto vanno denunciate e contrastate, non può sfuggire che la nostra
professione ha bisogno di un intervento urgente che ne consenta la modernizzazione e possa comportare una
decisa inversione di tendenza sulla qualità del servizio prestato: riforma dell’accesso, introduzione della
formazione permanente obbligatoria, modifica del sistema disciplinare sono interventi urgenti ed irrinunciabili,
che il Dl Bersani – invero involontariamente – finisce con il ritardare ulteriormente, a discapito esclusivo di noi
giovani e del cittadino-consumatore.
Sono queste le tematiche che rappresentano il vero punto di svolta della professione e che possono assicurare un
corretto parametrarsi con il mercato, con una effettiva concorrenza basata sulla qualità della prestazione piuttosto
che su una svendita del servizio inevitabilmente coincidente con la svendita del diritto.
Non è pensabile, in una società europea come quella a cui guardiamo come punto di riferimento, che i giovani
italiani si laureino a 26 anni e si abilitino a 30 anni, passando attraverso un esame che, cosi strutturato, mortifica
solamente chi crede veramente nella professione di avvocato e, paradossalmente, gratifica chi nel periodo post
lauream si è dedicato unicamente allo studio, grazie ad un inesistente controllo del dominus e dell’ordine
professionale.
Non possiamo immaginare di riformare il mercato delle professioni limitandoci a replicare i modelli anglosassoni
perché non ne possediamo il sub-strato culturale che lo autoregolamenta: una dissennata operazione di tale tipo
in un Paese che ha una storia ed una formazione culturale e sociale assai diversa, determinerebbe una sicura
rincorsa all’acquisizione di “quote di mercato” con l’unica preoccupazione del profitto, a scapito degli standard
di qualità e professionalità che, al contrario, dobbiamo preoccuparci di assicurare.
E senza che vi sia alcun vantaggio per i cittadini – consumatori, che si vedranno maggiormente penalizzatati da
un sistema dominato dalla logica del “prezzo” stile “hard discount” nel quale il solo diritto a ricevere tutela – con
una “libera” contrattazione che espone i soggetti meno forti alle avidità di chi insieme alla deontologia dimentica
la morale - è quello patrimoniale. Per tutti gli altri diritti, anche costituzionalmente – e solo apparentemente tutelati, resterà da sperare in qualche illuso giovane che ancora continua a credere nel valore della propria
funzione.
19/07/2006
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Riforma della giustizia, il Governo prende tempo
Le riforme sperate. Magistratura indipendente, forte del risultato elettorale per il rinnovo del Consiglio
superiore della magistratura, ieri ha chiamato a raccolta magistrati ed esponenti politici di maggioranza
e opposizione per riflettere circa il futuro della categorie alla luce della riforma dell’ordinamento
giudiziario.
Mentre era in corso il dibattito a Palazzo Valentini, la prima commissione del Csm stabiliva di non
liberarsi in blocco dei suoi fascicoli per girarli alla procura generale della Cassazione così come
prevede il decreto legislativo 109/06 sul nuovo sistema disciplinare. Non si tratterà di un vero e proprio
congelamento ma deciderà caso per caso, in attesa di capire che cosa succederà del disegno di legge
governativo in discussione al Senato sulla sospensione degli effetti della riforma. Oggi l’argomento
verrà affrontato dal plenum e in caso di approvazione definitiva della delibera, la gestione dei fascicoli
passerà al nuovo consiglio che si insedierà a fine mese.
Consiglio di cui farà parte anche Antonio Patrono, segretario di Mi, intervenuto a Palazzo Valentini
proprio sul futuro dell’organo di autogoverno. Secondo Patrono il prossimo consiglio non potrà
svolgere il suo compito per effetto della riforma dell’ordinamento giudiziario. «Ci sono molti aspetti
della riforma dell’ordinamento giudiziario che impediranno al Csm di governare la magistratura». Si
creerà una situazione molto preoccupante, secondo l’esponente di Mi soprattutto per effetto del
cosiddetto concorsificio che entrerà in vigore il prossimo 28 luglio e che entro il 28 ottobre costringerà i
magistrati a fare una scelta tra funzione giudicante e requirente. Una innovazione, secondo Patrono, che
porterà «alla paralisi della mobilità della magistratura, il cui effetto sarà quello di accentuare il livello di
inefficienza della macchina della giustizia». Patrono ha ipotizzato che «un numero esorbitante di Pm,
almeno mille, chiederà di passare a funzioni giudicanti» dove ci sono maggiori prospettive di carriera e
la riforma stabilisce che a loro dovrà essere data priorità. «Per 3 o 4 anni i posti negli uffici giudicanti –
ha continuato il segretario di Mi – saranno affidati ad ex Pm, il che vuol dire che nello stesso periodo di
tempo nessun giudice, anche quelli che lavorano a mille chilometri dalla famiglia, potranno ottenere il
trasferimento». Dal momento che l’attività del Csm è rappresentata per l’80 % dai trasferimenti, tutto
questo, ha concluso Patrono «si tradurrà nell’impossibilità per il Consiglio di gestire il governo della
magistratura».
Rispetto alla riforma dell’ordinamento giudiziario e all’entrata in vigore dei decreti legislativi, Massimo
Brutti ha riconosciuto che «lo scenario che abbiamo di fronte è un po’ diverso da quello che
auspicavamo durante la campagna elettorale. Realizzare l’impegno preso di introdurre ragionevoli ma
radicali cambiamenti alle leggi varate senza il contributo dell’opposizione, ora è più complicato dal
rapporto di forze in Parlamento». L’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino (An) ha
affermato che chi ha proposte alternative lo faccia: «Siamo disponibili – ha detto – a rivedere tutto, ma
non a sospendere per un anno o forse di più».
«Per tre anni abbiamo avanzato proposte ma non sono state prese in considerazione – ha ribattuto
Guido Calvi (Ds) – questo ordinamento così com’è non va». Calvi ha anche chiesto un passo indietro a
tutti, esponenti politici in primis: «discutiamo non tra parti politiche ma tra giuristi che si pongono in
prima fila per trovare soluzioni». Roberto Manzione, senatore della Margherita ha dichiarato di non
aver accettato di buon occhio l’imposizione del governo di sospendere i tre decreti legislativi. «Niente
va buttato in modo preconcetto: sui primi due si può discutere ma dovevamo dare l’impressione di una
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inversione di rotta. Sulla gerarchizzazione delle procure si può intervenire reintroducendo ad esempio la
possibilità di appello al Csm per la revoca del fascicolo da parte del Procuratore, ma non dovevamo
differire un decreto che avevamo contestato. Sull’accesso e la progressione in carriera poi c’è poco da
dire, dovrà essere eliminato. Non mi piace questo atteggiamento ondivago, se c’è la volontà da parte di
tutti e due gli schieramenti si discuta ma si intervenga subito». L’esponente azzurro Roberto Centaro ha
affermato che «sulla scena sono apparsi nuovi falchi che hanno condizionato anche le colombe e il
prodotto avrebbe potuto essere migliore e meno rigido, in particolare proprio sulla distinzione delle
funzioni», mentre adesso va riconosciuto che «in Parlamento non ci sono maggioranze in grado di
imporre direttrici».
Il sottosegretario alla Giustizia, Alberto Maritati ha informato la platea che saranno approvate
modifiche per poter colmare il vuoto legislativo che si creerà tra l’entrata in vigore delle nuove
disposizioni e la sospensione. «I tre decreti – ha detto Maritati – vanno parzialmente modificati: al
Procuratore, ad esempio non va dato tutto questo potere perché quella creatasi è una gerarchizzazione
peggiore di quella militare» Anche per quanto riguarda la tipizzazione degli illeciti, Maritati ha detto
che dovrà essere «corretta, arricchita ma non spazzata via, così come dovrà essere cambiata
l’obbligatorietà dell’azione disciplinare». La sospensione, ha concluso Maritati, è stata decisa
unicamente per poter discutere questi punti.
Per poter prendere tempo, intanto, sempre ieri pomeriggio in commissione Giustizia al Senato la
commissione ha approvato all’articolo 1 del Ddl 635/S un emendamento governativo che fa slittare la
sospensione dell’efficacia dei decreti delegati, inizialmente prevista per il 1° marzo 2007, al 31 luglio
2007. Verosimilmente, anche le disposizioni dell’articolo 2, riguardanti il termine per la presentazione
di eventuali decreti correttivi saranno emendate facendo slittare tale data al 1° ottobre 2007. Segno
evidente che l’esecutivo ha già capito che la discussione riguardante le modifiche delle nuove
disposizioni prenderà più tempo del previsto. (p.a.)
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IL SOLE 24 ORE
Il tetto ai compensi non è più sufficiente
Arbitrati fuori controllo
Gli arbitrati sono ancora d'oro. Non bastano i tetti ai compensi per frenare l'appetito dei giudici privati.
Gli onorari continuano a lievitare. La denuncia è contenuta nella Relazione al Parlamento dell'Autorità
di vigilanza sui contratti pubblici. Un capitolo è dedicato all'attività della Camera arbitrale. L'organismo
guidato da Giangiorgio Paleologo ha svolto un'indagine sugli arbitrati nelle opere pubbliche mettendo a
confronto quelli amministrati e quelli liberi. I primi sono «gestiti» dalla stessa Camera arbitrale, che
provvede a nominare il terzo arbitro e soprattutto a fissare il compenso. Negli arbitrati liberi, invece, i
compensi sono autodeterminati dagli stessi arbitri. In teoria, in base alle tariffe fissate nel regolamento
del 2000. Ma l'indagine dimostra che il tetto imposto da quel decreto non basta. Sia perché la tariffa
prescelta è sempre quella massima. Sia perché anche questa «in caso di particolare complessità delle
questioni trattate» può arrivare a essere raddoppiata. Ebbene l'indagine ha dimostrato che su 45 arbitrati
liberi solo quattro sono rimasti comunque all'interno dello scaglione tariffario. In altri dodici è scattato
il «supplemento complessità», ovviamente al massimo, con conseguente aumento del 100%. In altri 19
casi, addirittura, gli arbitri non si sono accontentati del raddoppio e hanno aggiunto un ulteriore
sovrapprezzo che va dal 60 al 200 per cento. Per non parlare dei tre giudizi in cui si registrano – si
legge nella Relazione - «incrementi del tutto svincolati dalle previsioni regolamentari., che pure
dovrebbero costituire un limite inderogabile». Tanto per dare un'idea: in un giudizio in cui la tariffa
massima del decreto era di2 58milaeuro (per grandi opere oltre i 25 milioni di valore) il Collegio si è
autoliquidato una parcella da 900 mila euro. Un po'troppo anche per il presidente del Tribunale che ha
provveduto a ridurre l'importo alla cifra, comunque ragguardevole, di 553mila euro, peraltro facendo lui
stesso notare che: «Basta scorrere il lodo per rendersi conto della sua portata non eccezionalmente
complessa». La Camera arbitrale invita tutti a riflettere sulle conseguenze del fenomeno: a farne le
spese sono soprattutto le pubbliche amministrazioni, che «risultano soccombenti nella quasi totalità dei
giudizi arbitrali». V.Ulv.
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IL SOLE 24 ORE
Primo sì all'indulto corretto con la norma«anti-Previti»
Di Pietro scrive a Prodi: pronto a dimettermi E attacca Visco:sui finanzieri milanesi chiarisca L'indulto
taglia il primo traguardo in commissione Giustizia, che domani lo licenzierà per l'Aula della Camera,
dov'è in calendario il 24 luglio. Ma il testo non va giù all'Italia dei valori, che minaccia di uscire dal
Governo perché è frutto «di un accordo scellerato con la Cdl per liberare Previti». Lo sconto di pena di
3 anni previsto dal provvedimento si applicherà, infatti, anche ai condannati per reati contro la pubblica
amministrazione - corruzione, concussione, peculato, abuso - nonché per reati finanziari e societari. In
una lettera a Romano Prodi, Antonio Di Pietro ha minacciato di dimettersi e ha chiesto che venerdì il
Consiglio dei ministri se ne occupi. Tanto più che questa estensione dell'indulto, ha spiegato, non ha
nulla a che fare con il sovraffollamento delle carceri visto che i detenuti per questi reati «sono appena
78».Una piccola vittoria, però, Di Pietro l'ha ottenuta. Ieri la commissione Giustizia ha approvato un
emendamento ulivista "anti-Previti" al testo del relatore Buemi (ma con il parere favorevole di
quest'ultimo) che lascia sopravvivere le pene accessorie perpetue per i beneficiari dell'indulto (cadono
quel quelle accessorie temporanee). Poiché Cesare Previti è stato condannato per corruzione giudiziaria
a 6 anni di carcere più l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, grazie all'indulto di 3anni potrà
ottenere l'affidamento in prova ai servizi sociali ma, con l'emendamento di ieri, resterà comunque
interdetto a vita dai pubblici uffici. Dunque, non potrà tornare a fare il parlamentare, mentre potrà
riprendere a fare l'avvocato. Ma Di Pietro ha aperto anche un altro fronte. Quello contro il viceministro
delle Finanze,Vincenzo Visco, che ha proposto di avvicendare i vertici della Guardia di Finanza di
Milano. Di Pietro ha chiesto - tramite il suo sito web - al collega di Governo «di chiarire pubblicamente
le motivazioni della decisione per evitare che i cittadini l'addebitino, come sta succedendo, alla
necessità di insabbiare le indagini sull'Unipol, ed anche per evitare conflitti con la magistratura ». Della
querelle si è parlato nell'incontro serale a Palazzo Chigi con lo stesso Romano Prodi. Nel pomeriggio
Visco e Di Pietro si erano sentiti al telefono per un primo chiarimento. Oggi è prevista la riunione del
Cocer della Guardia di Finanza.
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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani