Il progetto Avvocato di Strada
è sostenuto da:
I DIRITTI
E LA POVERTÀ
L’esperienza di
Fondazione
del Monte
DI BOLOGNA E RAVENNA
I QUADERNI
e 10,00
Avvocato di Strada
1473
I DIRITTI E LA POVERTÀ
“Chi opera nel sociale, a stretto contatto con situazioni di
disagio, ha più volte denunciato un irrigidimento
ingiustificato sia delle istituzioni che dei cittadini nei
confronti di tutto ciò che non rientra nella “normalità”.
Le persone che vivono in strada – e più in generale i
soggetti deboli e meno tutelati - subiscono ogni giorno
soprusi e prevaricazioni di ogni genere, senza potersi
difendere.
Rispetto alla povertà, assistiamo ad atteggiamenti lontani
dai principi di solidarietà: come se l’essere poveri
potesse considerarsi una colpa e non una condizione in
cui ognuno di noi può trovarsi.
Il progetto Avvocato di Strada nasce per fornire a tutte le
persone senza fissa dimora una tutela giuridica
organizzata, qualificata e gratuita.
Non per solidarismo né per carità, ma per riaffermare la
dignità e la cittadinanza di persone oggettivamente
private dei loro diritti fondamentali”.
IX
I QUADERNI
EDIZIONI SIGEM
I DIRITTI E
LA POVERTÀ
L’esperienza di
Avvocato di Strada
I QUADERNI
EDIZIONI SIGEM
Si ringraziano per il sostegno ed il contributo offerto al progetto:
OAK Foundation
Unidea-UniCredit Foundation
Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Levi Strauss Foundation Advised Funds At Caf
C.G.I.L. di Bologna
Fondazione Italiana per il Volontariato
Fondazione IBM Italia
Questo libro è stato realizzato con il contributo di:
Regione Emilia Romagna – Assessorato alle Politiche Sociali
Associazione Nuovamente di Bologna
Coloro che sono interessati a partecipare ed a contribuire alla iniziativa,
possono rivolgersi ad "Avvocato di Strada", Associazione Amici di Piazza
Grande O.N.L.U.S., Via Libia 69, 40138 - Bologna
Tel. 051 397971 – Fax 051 3370670
www.piazzagrande.it
e-mail: [email protected]
Responsabile e Coordinatore del Progetto: Avv. Antonio Mumolo
Direttore del Progetto: Dott. Alberto Benchimol
Responsabile Segreteria: Antonio Dercenno
Per sostenere il progetto Avvocato di Strada è possibile effettuare un
versamento utilizzando le seguenti coordinate bancarie:
Banca Popolare Etica, c/c n° 112875, intestato a Amici di Piazza
Grande Onlus – Progetto Avvocato di Strada, ABI 05018, CAB
02400, CIN Y
Il quaderno è stato curato da:
Alberto Benchimol, Diego Benecchi, Antonio Dercenno, Daniela
Minardi, Franco Motta, Antonio Mumolo
2
INDICE
5 Prefazione
di Diego Benecchi, Presidente Associazione Nuovamente
7 Il progetto Avvocato di Strada: risultati ottenuti e prospettive
di Antonio Mumolo, Avvocato e Coordinatore del Progetto
Avvocato di Strada
14 L’assistenza legale alle persone senza fissa dimora
di Myriam Menna, Alessandro Murru e Silvia Savigni, Avvocati
del Foro di Bologna
31 Diritto alla tutela della salute dei senza fissa dimora
di Anna Marcella Arduini, Avvocato e volontaria del Progetto
Avvocato di Strada
42 La misura del rimpatrio con foglio di via obbligatorio
di Alessandro Murru, Avvocato del Foro di Bologna
48 La tutela del “diritto al lavoro”
di Silvia Savigni, Avvocato del Foro di Bologna
60 Il diritto alla residenza: la prima causa degli avvocati di strada
di Antonio Mumolo e Paola Pizzi, Avvocati del Foro di Bologna
71 La potestà genitoriale dei senza fissa dimora e l’intervento del
Tribunale per i Minorenni: lo stato di abbandono dei minori e il
decreto di adottabilità
di Maria Elena Guarini, Avvocato del Foro di Bologna
79 Un confronto con gli Stati Uniti
di Andrea Shemberg, Avvocato statunitense
Appendice
97 Il progetto Avvocato di Strada
99 Schema riassuntivo dei casi affrontati dallo sportello dal
3
gennaio 2001 al settembre 2004
115 Richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei
giudizi civili ed amministrativi
117 Richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato nei
giudizi penali
119 Schema di memoria scritta difensiva
amministrativo artt. 7 e 8 L. 241/90
nel
procedimento
121 Legge n. 77/2003 di conversione della Convenzione Europea di
Strasburgo 25.1.1996
131 D.P.R. 30.05.1989 n. 223 - Normativa sulla residenza
155 Rassegna stampa
161 Piazza Grande - L’Associazione e i suoi progetti
di Maria Assunta Serenari, Socio fondatore dell'Associazione
Amici di Piazza Grande
167 Nuovamente. Persone e progetti per la città
4
PREFAZIONE
di Diego Benecchi, Presidente dell’Associazione Nuovamente
Quando ci è stata chiesta ospitalità nella collana dei «Quaderni di
Nuovamente» per un volume destinato a raccogliere e descrivere
l’esperienza di Avvocato di Strada, è stato spontaneo per noi
accogliere immediatamente e senza indugio la proposta. E, vorrei
specificarlo, non tanto per il valore di un percorso che ha saputo farsi
esperienza di riferimento nel panorama nazionale del volontariato, né
per il desiderio di offrire ad esso uno spazio di comunicazione e di
riflessione sul cammino intrapreso, ma prima ancora per la
consonanza “genetica” fra l’idea che sta alla base di Avvocato di
Strada e i princìpi che hanno ispirato la nascita dell’associazione
Nuovamente.
Non a caso uno fra i primi itinerari in cui Nuovamente si è impegnata,
pochi mesi dopo la fondazione, è stata la collaborazione con Piazza
Grande nella presentazione pubblica del progetto Avvocato di Strada,
nel dicembre di quattro anni fa. L’impulso che correva fra noi, e che ci
aveva spinti a cercare nella forma associativa una risposta alla crisi
di rappresentanza dei partiti del centrosinistra, era quello di aprire
nuovi spazi alla partecipazione attiva dei cittadini alle scelte di
governo della collettività. Spazi che ci apparivano, e ancora ci
appaiono troppo spesso posti in secondo piano rispetto a modalità di
gestione della cosa pubblica centrate su un concetto esclusivo di
rappresentanza politica. Spazi che appaiono a maggior ragione
negati nel caso delle fasce relegate ai margini dello scambio sociale,
tutt’al più consegnate al solidarismo e alla cultura dell’assistenza: i
senza fissa dimora, gli ex detenuti, i borderline di qualsiasi ordine e
grado.
È un problema prima di tutto politico: lo è perché un’idea realmente
progressista di comunità politica, oggi, non può evitare di porsi la
questione dell’inclusione come appuntamento centrale nell’agenda
d’intervento degli attori pubblici. Rinunciare a questo, in un momento
storico dominato dalla mobilità a tutto campo degli individui e delle
culture, significherebbe rinunciare a governare il cambiamento, e
dunque restarne vittime. Nuovamente sta spendendo da tempo, su
questo tema, una parte importante delle proprie energie e della
propria elaborazione, con l’obiettivo di contribuire alla discussione
collettiva sui nuovi confini della cittadinanza al crepuscolo del
5
paradigma degli Stati nazionali e della centralità dell’appartenenza
etnica come criterio di inclusione nella comunità.
Purtroppo, come ha modo di sottolineare Antonio Mumolo nella sua
introduzione a questo volume, spesso le istituzioni e i cittadini stessi
improntano a rigidità e ad atteggiamento difensivo la propria
relazione con il soggetto che esula dal modello corrente di normalità,
privilegiando la colpevolizzazione alla comprensione, il rigore
burocratico-giuridico all’elasticità richiesta da bisogni sociali sempre
più complessi e poliedrici - soprattutto in questo periodo di crescente
impoverimento di categorie che vedono erodersi i margini di
sicurezza del proprio tradizionale standard di vita.
Accanto all’azione continua e coerente per la riforma della pratica
politico-amministrativa delle istituzioni, allora, è necessario oggi
impegnarsi per fornire ai soggetti deboli gli strumenti perché possano
“agire” la cittadinanza, perché cioè siano realmente consapevoli dei
propri diritti e della propria dignità: non c’è diritto, infatti, laddove la
sua conoscenza è negata a colui che ne è portatore. Oltre a questo,
occorre alimentare i circuiti alternativi di scambio e di interrelazione
fra marginalità e impegno civile. Penso alle associazioni, come la
stessa Piazza Grande, che si giocano nello sforzo di costituire
esperienze di inclusione, di auto-aiuto, di sostegno diverse dal
semplice rapporto verticale fra individuo e istituzione. Penso alle
cooperative sociali, che si sono ampiamente dimostrate in grado di
gestire il disagio e favorire processi di reinserimento professionale
degli homeless come dei carcerati in regime di semilibertà e degli ex
detenuti. È a tutti questi soggetti collettivi che Nuovamente dedica la
propria attenzione - come testimoniato, fra l’altro, dal precedente
volume di questa collana, dedicato alla tutela delle garanzie nel
sistema penale - con l’obiettivo di contribuire alla crescita degli istituti
partecipativi e della cittadinanza diffusa. Avvocato di Strada
rappresenta, in questo senso, un’esperienza di primo piano che
Nuovamente è orgogliosa di avere incrociato sulla propria strada, e
con cui si augura di potere collaborare ancora a lungo: nella
convinzione che sia anche questo, assieme ad altri, il percorso che
siamo chiamati a compiere insieme.
6
AVVOCATO DI STRADA: RISULTATI OTTENUTI E PROSPETTIVE
Introduzione di Antonio Mumolo, Socio fondatore dell’Associazione
Amici di Piazza Grande Onlus e coordinatore del progetto Avvocato
di Strada
Il progetto “Avvocato di Strada” è stato pensato e realizzato all'interno
dell’associazione “Amici di Piazza Grande - Onlus”, sorta ed affermatasi come esperimento di sistema integrato di interventi in ambito sociale.
L’Associazione “Amici di Piazza Grande” nasce nella primavera del
1994, su iniziativa della Camera del Lavoro di Bologna, con l’intento
di dar voce e visibilità a persone con forte svantaggio sociale, persone ignorate, a volte disprezzate, comunque emarginate dal tessuto
delle relazioni sociali e dal mercato produttivo.
L’Associazione produce un giornale, denominato “Piazza Grande”
che rimane il primo esempio in Europa di pubblicazione di strada
scritta, redatta e distribuita in prima persona dalle persone cosiddette
“senza fissa dimora”.
Corpo e fondamento dell’Associazione sono le persone senza fissa
dimora. Cittadini invisibili, ai quali viene spesso riconosciuta quale
unica fonte di diritto la possibilità di avanzare richieste di sostegno
economico (i cosiddetti “sussidi”) che non costituiscono una risposta
né una soluzione al disagio, ma improntano di assistenzialismo la relazione tra le istituzioni e i cittadini limitando, in questi ultimi, la possibilità di sviluppo di ogni forma di autonomia personale e sociale.
L’Associazione “Amici di Piazza Grande” è il luogo in cui cittadini
svantaggiati si organizzano per confrontarsi su idee e modalità di intervento rispetto alle problematiche legate all’emarginazione. Sono
loro i protagonisti di azioni volte a promuovere, organizzare e gestire
iniziative di rappresentanza, tutela e superamento del disagio dei
senza fissa dimora e degli emarginati in genere, a partire dalla rivendicazione del riconoscimento dei diritti alla residenza, alla salute, alla
casa, al lavoro, al reinserimento sociale.
Principio guida che permea di sé tutte le iniziative dell’Associazione è
la convinzione che solo attraverso l’autorganizzazione e la ricerca di
nuove strategie di intervento sociale volte a superare la propria condizione di utenti-oggetti, le persone possono diventare soggetti attivi,
propositivi e capaci di gestire risposte innovative di superamento del
proprio disagio socio-economico.
7
Su questa base l’Associazione ha elaborato nel corso degli anni strategie progettuali legate all’autoimprenditoria (come le due Cooperative sociali “La Strada” di Piazza Grande e "Fare Mondi" e l'Associazione di Promozione sociale "Fraternal Compagnia"), le attività laboratoriali di transizione al lavoro (officina di riparazione e custodia di
biciclette, sartoria, mercato di recupero di oggetti riciclabili, centro di
intercultura sociale dove viene redatto il giornale di strada "Piazza
Grande") oltre alla gestione di servizi di accoglienza a bassa soglia
(Servizio Mobile di Sostegno), creando e promuovendo nel contempo
opportunità di sviluppo del reddito per i propri soci e iniziative di progettazione sociale in rete con altri partners pubblici e privati.
Nell’ambito della sua attività l’associazione ha più volte denunciato
un irrigidimento ingiustificato, sia delle istituzioni che dei cittadini, nei
confronti di tutto ciò che non rientra nella “normalità”; tale irrigidimento ha generato atteggiamenti - dell’amministrazione ma anche di cittadini – lontani da ogni principio di solidarietà: essere poveri è oggi
considerata una colpa e non più uno status-condizione.
Le stesse persone che vivono in strada – e più in generale i soggetti
deboli e meno tutelati – hanno lamentato di dover subire ogni giorno
soprusi e prevaricazioni di ogni genere, senza potersi difendere.
In tale ambito, si è avvertita la necessità di fornire a queste persone un
sostegno, qualificato ed organizzato, per la tutela giuridica dei loro diritti.
Così è nato “Avvocato di Strada”; il progetto è stato presentato pubblicamente a Bologna, il 21 dicembre 2000, ottenendo immediatamente adesione da parte di altre associazioni e il consenso di singoli
cittadini.
Il progetto è stato da subito sostenuto dall’associazione bolognese
“Nuovamente – persone e progetti per la città”, che ne ha anche organizzato concretamente la pubblica presentazione, utilizzando tutte
le sinergie possibili per la sua promozione ed attuazione.
In questi anni i volontari si sono impegnati a promuovere e organizzare iniziative per la tutela dei cittadini senza fissa dimora a partire dai
diritti fondamentali alla salute, a nutrirsi, ad una dimora, al lavoro e al
reinserimento sociale.
Il progetto Avvocato di Strada rappresenta sotto questo profilo una
novità, in quanto affronta il tema della povertà e della esclusione da
un punto di vista socio-giuridico con l'obiettivo di contribuire a sviluppare un sistema che assicuri l’effettivo riconoscimento dei diritti dell’individuo.
8
Obiettivi e risultati
Il progetto, oltre alla sua funzione principale di tutela dei diritti delle
persone senza fissa dimora, si prefigge lo scopo di raccogliere tutta
la normativa e la giurisprudenza in materia di esclusione sociale, di
stilare una carta dei diritti e di costruire in centro dei diritti della povertà e del disagio. Il raggiungimento di questi obiettivi prevede alcune
azioni immediate, fra cui:
1.
2.
la costituzione di una rete che coinvolga i sindacati unitari, la
Consulta Cittadina contro l’esclusione sociale, le realtà “no
profit” e dei centri dei diritti presenti nel territorio cittadino, oltre alla coinvolgimento dell’Università;
la costituzione di un archivio dei casi trattati e la produzione
di materiale informativo per gli operatori;
3.
la raccolta della normativa e della giurisprudenza che riguardano il problema dell’esclusione sociale;
4.
la costituzione di un gruppo di avvocati civilisti, amministrativi e penalisti disponibili ad assistere le persone senza fissa
dimora, anche attraverso l’utilizzo del gratuito patrocinio;
l’istituzione di campagne informative rivolte alla cittadinanza
e agli utenti del servizio;
la redazione di una Carta dei Diritti e la costituzione di un
centro diritti per la povertà e il disagio.
5.
6.
La tutela legale viene prestata presso un ufficio, il cosiddetto “sportello”, organizzato come un vero e proprio studio legale nell’acco-glienza, nella consulenza e nella apertura delle pratiche.
Attualmente l’Associazione sta traslocando i proprio uffici e, pertanto,
provvisoriamente il ricevimento viene effettuato presso la sede della
Cooperativa La Strada di Piazza Grande in Via Antonio Di Vincenzo,
26/F, Bologna. Lo sportello dispone di una segreteria aperta tutti i
giorni dalle ore 9,30 alle 13,30, contattabile per appuntamenti al numero 051 397971.
Il ricevimento degli utenti avviene due pomeriggi alla settimana, il
mercoledì e il venerdì dalle ore 15,00 alle 17,00, di cui uno è dedicato
al diritto civile e l’altro al diritto penale.
Inoltre, il servizio ha deciso di “scendere in strada” assicurando la
propria presenza direttamente presso i centri di accoglienza e i dor-
9
mitori pubblici ove dimorano, di notte, le persone che sono prive di alloggio.
Le strutture interessate al servizio sono il dormitorio di Via de’ Carracci, il secondo e il quarto giovedì del mese dalle ore 19,00 alle
20,00 e quello di Viale Lenin, il quarto giovedì del mese dalle ore
19,30 alle ore 20,30.
Il servizio è garantito da una presenza media di 30 avvocati del Foro
di Bologna, o laureati in giurisprudenza, che prestano gratuitamente
a turno la propria opera. Inoltre, all’incirca 30 avvocati dello stesso
Foro hanno dato la loro disponibilità, pur non partecipando in prima
persona all’attività dello sportello, a patrocinare gratuitamente uno o
due casi all’anno.
Avvocato di Strada ha redatto e pubblicato, nel 2002, un opuscolo,
(Lascia che la giustizia scorra come l’acqua) dove viene effettuata
una presentazione del progetto e vengono illustrate le finalità e gli
obiettivi del servizio che viene offerto.
L'opuscolo è stato stampato in 5000 copie ed è stato inviato a tutti gli
operatori del settore bolognesi ed a tutti gli assessorati alle politiche
sociali delle Regioni e delle Province in Italia, con l'intento di far conoscere questa esperienza al di fuori delle nostre mura e di riproporla in
altri territori.
Nel 2003 è stato pubblicato un libretto tascabile, denominato “Dove
andare per…”, che costituisce una guida di rapida e facile consultazione per tutti coloro che si trovano e si troveranno in stato di necessità sul territorio bolognese.
Il libretto, realizzato insieme all'associazione "Nuovamente", che ne
ha curato anche la parte grafica, fornisce indicazioni utili su dove andare per nutrirsi, vestirsi, lavarsi, dormire, curarsi, trovare un lavoro e,
naturalmente, per avere consulenza ed assistenza legale.
Il tascabile viene distribuito in stazione, in strada durante gli interventi
sul territorio, nei luoghi di ritrovo e in tutte le strutture che operano
nell’ambito dell’assistenza e il recupero delle persone in stato di difficoltà; composto da 24 pagine, si è rivelato di grande utilità pratica ed
ha avuto un grande successo proprio grazie alla sua semplicità di utilizzo ed alla completezza delle informazioni fornite.
La prima edizione, stampata in 2000 copie, si è esaurita in due mesi
e, nel mese di marzo 2004, è stata pubblicata la prima ristampa riveduta ed ampliata a 42 pagine.
10
I casi trattati
Lo sportello, attivo da gennaio 2001, ha affrontato, al settembre del
2004, 473 casi: 196 pratiche hanno riguardato il Diritto Civile, 157 il
Diritto Penale e 120 il Diritto Amministrativo.
In totale, il servizio ha assistito 341 uomini e 132 donne.
Il numero di consulenze effettuate è difficile da calcolare, ma è di rilevante consistenza.
Tra i casi affrontati, uno in particolare ha assunto notevole importanza per la realizzazione degli obiettivi del progetto.
Il gruppo dell’Avvocato di Strada ha dovuto radicare una causa pilota
contro il Comune di Bologna, per la tutela del diritto alla residenza.
L’azione giudiziale si è resa necessaria a causa del comportamento
illegittimo tenuto dall’amministrazione comunale che aveva, fino a
quel momento, negato ad una persona senza fissa dimora un diritto
soggettivo, quello alla residenza, già riconosciuto dalla Costituzione.
La causa si è conclusa con il riconoscimento del diritto alla residenza
del richiedente e con la condanna del Comune di Bologna al pagamento delle spese legali.
Tale provvedimento, unico in Italia, costituisce un precedente giurisprudenziale fondamentale.
A seguito della pronuncia del giudice tutte le persone senza fissa dimora, in tutto il territorio nazionale, oggi possono richiedere e ottenere la residenza anagrafica presso i dormitori, i centri di accoglienza,
le associazioni.
Il risultato è ancora più importante se si pensa che l’iscrizione nei registri anagrafici è il presupposto imprescindibile per beneficiare dell’assistenza sanitaria nazionale, per esercitare il diritto di voto, per
iscriversi alle liste di collocamento, per aprire la partita IVA e, in generale, per godere dei diritti riconosciuti dallo stato sociale.
Un altro problema che è stato affrontato con frequenza è quello della
situazione in cui versano i figli minori delle persone che vivono in
strada.
Questi bambini vengono inesorabilmente dati in adozione ad altre
persone, su consiglio degli assistenti sociali e con decisione del Tribunale dei Minori.
Gli assistenti sociali ed il Tribunale dei Minori dimenticano però,
spesso, che la persona che vive in strada e che si trova in situazione
11
di grave disagio (alcoolisti, tossicodipendenti o semplicemente poveri) ha normalmente una famiglia e che sarebbe più giusto affidare i
minori temporaneamente a quella famiglia, consentendo ai genitori di
intraprendere un percorso di recupero, alla fine del quale potranno
tornare a vivere con i propri figli.
Questa strada, tra l'altro, non solo consente ai genitori "senza fissa
dimora" di non perdere i figli, ma offre l'ulteriore vantaggio di dare loro
uno stimolo in più per uscire dalla situazione in cui si trovano.
In due casi è stata fatta opposizione all'adottabilità di due bimbi ed in
ambedue i casi il Tribunale ha deciso che i minori venissero affidati a
familiari dei genitori (in un caso ai nonni e nell'altro alla sorella della
madre).
Nel frattempo i genitori sono entrati in comunità, per affrontare un
percorso che consentirà loro di ritornare a vivere con i propri figli.
Gli sviluppi futuri
Le persone senza fissa dimora, presenti sul nostro territorio, spesso
arrivano a Bologna dopo avere girovagato per tutto il paese. Pertanto, in molti casi, la competenza territoriale relativa alle questioni che
di debbono affrontare appartiene ad un altro foro.
Per queste ragioni lo sportello si avvale di legali di altre città d’Italia,
presso di cui gli avvocati di strada bolognesi eleggono domicilio, e
che di volta in volta sono individuati anche con l’aiuto di altre organizzazioni e associazioni presenti sul territorio di riferimento.
Avvocato di Strada riesce quindi ad esercitare la propria azione su
tutto il territorio nazionale, fermo restando che la vertenza giuridica
viene attivata dal territorio bolognese.
Come già anticipato, tra le prospettive del progetto vi è quella di aprire sportelli di “Avvocato di Strada” nelle principali città italiane.
Sin dall'inizio dell'attività, sono stati organizzati una serie di incontri
con avvocati di altre città italiane, interessati a replicare questa esperienza, al fine di fornire loro tutto l'appoggio possibile.
Nel marzo del 2004 è stato aperto, a Verona, uno sportello di Avvocato di Strada, che offre consulenza ed assistenza giuridica alle persone senza fissa dimora; allo sportello di Verona ruotano circa 20 avvocati. Lo sportello, situato presso il centro diurno della comunità dei
giovani, in Regaste S. Zeno 7b, riceve tutti i giovedì su appuntamento, e risponde al numero 045/8036739.
Dal mese di Ottobre del 2004 il servizio è attivo anche a Padova.
12
Parallelamente, è in fase avanzata l’apertura di sportelli a Milano, Torino, Roma, Napoli, Bari, Reggio Emilia, Reggio Calabria, Catania e
Sassari.
Nel Luglio del 2004 si è tenuta a Bologna la prima riunione nazionale
delle realtà che hanno costituito o intendono costituire lo sportello di
Avvocato di Strada.
L'incontro, promosso dallo sportello Avvocato di Strada di Bologna, è
stato il primo momento di confronto e di scambio di idee sul tema,
con l'obiettivo di confrontare le diverse esperienze e di gettare le basi
di un futuro coordinamento fra le varie sedi italiane.
Oltre ai legali dello sportello bolognese, hanno partecipato all'incontro
i promotori dei progetti delle città di Roma, Milano, Padova, Napoli Vicenza, Verona, Reggio Emilia e Firenze.
Il progetto Avvocato di Strada di Bologna è stato premiato dalla Fondazione Italiana per il Volontariato quale miglior progetto per l’anno
2001 dedicato alle persone senza fissa dimora.
La premiazione è avvenuta il 4 aprile 2002 a Roma, alla presenza del
sindaco Walter Veltroni e del sottosegretario al Ministero del Lavoro.
Sono ormai numerosissime le associazioni e le organizzazioni che
hanno aderito fattivamente all’iniziativa.
Tra le altre hanno aderito CGIL – CISL- UIL di Bologna, Consulta
contro l’esclusione sociale di Bologna, Cile-CGIL di Bologna, Associazione Nuovamente, Coop. La Strada di Piazza Grande, Auser, Federconsumatori Provinciale e Regionale, Lega Consumatori ACLI,
Gruppo Abele, Giuristi Democratici, A.S.G.I., A.S.P.H.I. di Bologna.
Ovviamente c’è ancora molto da fare e c’è bisogno dell’aiuto di tutti.
Il lavoro svolto sino ad oggi è stato possibile solo grazie all’apporto
spontaneo, disinteressato, generoso ed entusiasta dei volontari, che
hanno dedicato il loro tempo e le loro energie alla realizzazione di
questa iniziativa.
Il merito, se un merito c’è in quello che stiamo facendo, è solo loro.
13
L’ASSISTENZA LEGALE ALLE PERSONE SENZA FISSA DIMORA
di Myriam Menna, Alessandro Murru e Silvia Savigni
L’esperienza del progetto Avvocato di Strada
La giustizia ha, quasi sempre, costi elevati che non tutti, ed in particolare le persone senza fissa dimora, sono in grado di sostenere. L’intensa attività dello sportello Avvocato di Strada ha dimostrato che
l’assistenza legale gratuita è una necessità fondamentale delle persone senza fissa dimora.
Onorari degli avvocati, spese vive necessarie per agire o difendersi in
giudizio (bolli, diritti di cancelleria, tasse di registrazione degli atti),
ma anche semplici costi da affrontare per prevenire una controversia
oppure per risolverla in via stragiudiziale - ad esempio con una lettera
o con una trattativa tra legali - rappresentano infatti, per tali soggetti,
un’insormontabile barriera che nega la possibilità di avere reale accesso al mondo del diritto.
Nei primi anni di vita del progetto, è emersa l’esistenza di altri importanti fattori che impediscono alle persone senza fissa dimora di usufruire di assistenza legale. Gli ostacoli all’esercizio di tale fondamentale diritto non sono, infatti, solamente di carattere economico, ma
vanno ricercate in difficoltà di natura prima di tutto culturale.
Le esperienze di altri paesi, Stati Uniti ed Inghilterra in particolare, dimostrano come il problema della difesa dei non abbienti non possa
essere risolto e vinto cercando di porre esclusivamente rimedio al
profilo dei costi di giustizia che, seppure prioritario, non è dunque da
considerarsi ostacolo esclusivo.
L’attività svolta allo sportello ha dato conto di come i nostri utenti siano spesso cittadini senza cognizione dei propri diritti, degli strumenti
a loro disposizione, delle strutture e delle persone cui rivolgersi per richiedere una tutela giuridica. A questa carenza d’informazione e di
coscienza della propria condizione di cittadini con pari dignità, spesso
si accompagna, nei nostri utenti, il non meno difficile ostacolo della
14
diffidenza verso le strutture ed i legali che si pongono a disposizione
per prestare gratuitamente la propria attività di tutela1.
Già nei primi mesi di attività dello sportello, infatti, oltre a verificare la
reale utilità del nostro servizio, abbiamo anche capito che dovevamo
evitare il rischio del mancato incontro “domanda/offerta”, sfida determinante per giungere ad una piena effettività del servizio che stavamo offrendo.
Sin dall’inizio, quindi, ci siamo impegnati affinché Avvocato di Strada
potesse essere conosciuto dagli utenti che avevano bisogno di assistenza legale. Tramite volantini, inserti ed articoli sui giornali, abbiamo cercato di divulgare l’avvio della nostra attività, l’indirizzo del nostro sportello, il tipo di servizio che intendevamo prestare.
In questo percorso un ruolo fondamentale è stato svolto dalla fine del
2001 alla fine del 2003 da un volontario senza fissa dimora. Alberto
M. ha permesso alla struttura di costituire un legame diretto con le
persone da tutelare, aiutandoci ad abbattere la barriera della diffidenza. Egli è stato, nei primi tempi, il tramite tra noi e gli utenti; colui che
si è occupato di prendere contatto le persone direttamente in strada,
nelle stazioni, nei dormitori, che ha parlato con la gente, ascoltandone i problemi e le necessità in vista dell’appuntamento con i volontari
del progetto. Il suo ruolo non si è esaurito tuttavia nel solo primo
contatto. Alberto M. ha seguito costantemente l’evoluzione delle pratiche, intrattenendo con il soggetto da tutelare quel continuo rapporto
umano che costituisce un momento fondamentale della nostra attività. Egli è stato insomma la persona che ha permesso alla nostra
struttura di costituire un legame diretto con le persone da tutelare aiutandoci ad abbattere le barriere della diffidenza.
In Italia, la normativa a tutela del diritto all’assistenza giudiziaria dei
non abbienti è stata a lungo carente e, comunque, non idonea a garantirne la reale effettività.
Per quanto riguarda la giustizia civile ed amministrativa in particolare,
sino al luglio 2002 la normativa di riferimento è stato il R.D. 3282 del
1923, che definisce il gratuito patrocinio quale “ufficio onorifico degli
1
N. Trocker, Patrocino gratuito, Dig. Dis. Priv., sez. comm. XIII, Torino 1995,
289 ss. ; N. Trocker, Assistenza legale e giustizia civile, Giuffrè 1979, 36 ss.
15
avvocati”. Presso lo sportello di Avvocato di Strada gli utenti possono
trovare persone realmente disposte a rispettare questa normativa.
Per molti anni, infatti, non essendo stata disciplinata in modo adeguato una forma di patrocinio a spese dello Stato, al problema della gratuità degli onorari si aggiungeva, per le cause civili ed amministrative,
l’ulteriore annosa questione dell’anticipo delle spese legali. Guardando all’attività concretamente svolta dagli avvocati del progetto, si può
riferire come questo sia stato il problema che si è presentato, per
trarre un esempio, nel caso del sig. D.A.
D.A. è una persona senza fissa dimora alla quale il gruppo Avvocato
di Strada ha dato la possibilità, con ricorso d’urgenza ex art. 700
c.p.c., di intentare una causa contro il Comune di Bologna per la tutela del proprio diritto di residenza.
Secondo la normativa all’epoca vigente, infatti, il sig. D.A. avrebbe
comunque dovuto anticipare da sé i costi per le spese vive da sostenere in giudizio. Solo grazie ad Avvocato di Strada, che ha anticipato
le spese necessarie, il sig. D.A. ha potuto quindi tutelare tramite un
processo le proprie ragioni. La causa è stata vinta e il Comune è stato condannato al pagamento delle spese legali. Gli avvocati hanno
così potuto recuperare quanto personalmente anticipato e, con la
somma loro restante, costituire un apposito fondo per fare fronte alle
spese da anticiparsi in altri eventuali giudizi; ma senza l’anticipo deciso eccezionalmente dai membri dell’associazione, il diritto del sig.
D.A. non avrebbe mai avuto accesso alla sede processuale.
Dando uno sguardo d’insieme all’attività di tutela posta in essere dall’Avvocato di Strada in materia civile e amministrativa nel corso del
2001, è possibile verificare che, sui molti casi affrontati, più della
metà sono risolti con la sola prestazione di consulenze legali gratuite.
A volte è bastato individuare il problema sottoposto allo sportello e indirizzare nel modo corretto gli utenti verso le strutture competenti per
la sua risoluzione (camera del lavoro, uffici anagrafici, patronati); altre
volte Avvocato di Strada ha posto in essere un’attività stragiudiziale
che consentisse di risolvere la controversia in tempi rapidi ed evitando il giudizio. Esempio di tale seconda fattispecie si è avuto in materia di divisione d’eredità. Nel caso specifico il sig. C.G. aveva eredita-
16
to assieme alle due sorelle la casa di famiglia. Tuttavia, mentre le
due sorelle usufruivano del bene percependone anche i frutti, il sig.
C.G. veniva completamente escluso dal godimento della proprietà.
Avvocato di Strada ha dapprima provveduto con una formale richiesta scritta, alla quale è seguita una trattativa condotta con il legale
della controparte. Poiché la trattativa non ha portato ai risultati sperati
alcuni avvocati dello sportello hanno dovuto promuovere una causa
nei confronti dei coeredi con il patrocinio della Caritas di Bologna.
Il gratuito patrocinio
Con l’espressione gratuito patrocinio si fa riferimento ad un beneficio
che consiste nel riconoscimento dell’assistenza legale gratuita alle
persone che non sono in grado di sostenerne i costi e le spese.
Le origini di questo istituto sono molto antiche e risalgono all’epoca
dell’impero romano. Nel corso dei secoli gli ordinamenti giuridici hanno sviluppato sistemi differenti per realizzare tale beneficio. Il diritto al
gratuito patrocinio è stato, infatti, tradizionalmente realizzato secondo
due modelli. Uno fondato sull’istituzione di uffici legali pubblici e caratterizzato dall’intervento dello Stato per il pagamento delle spese
legali. L’altro, al contrario, costituito quasi esclusivamente dalle prestazioni della classe forense, sulla quale si pone l’onere di assistere
gratuitamente le persone aventi diritto.
Oggi, nel nostro ordinamento, il diritto al gratuito patrocinio viene riconosciuto tanto come diritto fondamentale della persona quanto come
diritto sociale il cui esercizio garantisce la partecipazione effettiva all’organizzazione politica, economica e sociale dello Stato, in osservanza dell’art. 3, comma 2, Cost. La garanzia di un’effettiva assistenza legale per i non abbienti rappresenta, dunque, uno degli obblighi
dello Stato diretti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana2.
2
Così G. Cascini, L’assistenza legale dei meno abbienti: una riforma che non
può più attendere, in Q. Giustizia, 1998, 668.
17
L’art. 24 della Costituzione, in tale ottica, definisce il diritto alla difesa
come diritto inviolabile dell’individuo ed afferma che “sono assicurati
ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.
Il diritto al gratuito patrocinio come diritto fondamentale dell’individuo
è, inoltre, riconosciuto ed affermato da numerose norme internazionali: l’art. 6, comma 3, lett. c) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma, 4
novembre 1950), il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici
di New York del 19 dicembre 1966, art. 14, 3 comma, lett. d).
Di particolare interesse per i cittadini dell’Unione Europea è poi quanto stabilito nella parte conclusiva dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione: “Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel
presente articolo. Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole,
da un giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge.
Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.
A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora ciò sia necessario per assicurare un
accesso effettivo alla giustizia”.
Seppure, dunque, il diritto al gratuito patrocinio abbia ormai da molti
anni guadagnato lo status di diritto fondamentale dell’individuo, i ritardi del legislatore italiano e le carenze del nostro sistema di diritto nel
suo riconoscimento e nella sua attuazione sono stati molti e profondi.
Ancora in tempi recenti, nel 1980 in particolare, la Corte Europea dei
diritti dell’uomo, ha condannato l’Italia al risarcimento dei danni derivanti ad un cittadino italiano dal mancato godimento dell’assistenza
giudiziaria gratuita. La sentenza resa il 13 maggio 1980 nel c.d. caso
Artico affermava : “È contrario all’art. 6, comma 3, lett. c), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali il comportamento tenuto dagli organi dello Stato
italiano nei confronti del ricorrente, cui non hanno assicurato l’assi-
18
stenza giudiziaria gratuita in relazione ad un ricorso per cassazione
in materia penale, dopo che l’avvocato cui tale compito era stato affidato in relazione a precedenti fasi processuali aveva dichiarato di
non poter assolvere il mandato”3.
Per capire le motivazioni di tale condanna e le carenze dei sistemi
scelti dal nostro legislatore nella formalizzazione dell’istituto che vengono lamentati dal passo ora citato, è necessario ripercorrere brevemente l’evoluzione del gratuito patrocinio nel nostro sistema legale.
Con l’unificazione d’Italia del 1861 venne esteso a tutti i territori del
neonato Regno, l’istituto dell’Avvocatura dei Poveri, che affidava la
difesa dei non abbienti ad uffici statali formati da giuristi nominati e
stipendiati dallo Stato. Tuttavia, tale sistema di origine sabaudo piemontese ebbe, nello stato unitario, vita assai breve. Già con la legge
Cortese n. 2626 del 1865, il governo del tempo, infatti, adducendo ragioni di riduzione della spesa pubblica, aboliva gli uffici pubblici di assistenza ai poveri.
Solo con il R.D. 30 dicembre 1923 n. 3282 l’assistenza giudiziaria dei
non abbienti venne disciplinata in modo organico4. L’art. 1 del R.D.
prevedeva che “Il patrocinio gratuito dei poveri è un ufficio onorifico
ed obbligatorio degli avvocati e dei procuratori”; sancendo così il passaggio da un sistema ispirato ai principi dell’assistenza pubblica, ad
uno basato esclusivamente sulle prestazioni gratuite dei liberi professionisti.
Nonostante numerosi tentativi e proposte di legge, la disciplina del
R.D. del 1923 è rimasta in vigore per moltissimi anni. Le prime modifiche sono state introdotte nel 1973 con la legge n. 533/1973, che ha
3
Nella specie il danno derivante al ricorrente dal mancato godimento dell’assistenza giudiziaria gratuita è stato determinato in via equitativa in tre milioni di
lire. Sentenza 13 maggio 1980, Corte Europea dei diritti dell’uomo, in Foro it.
1980, IV, 141 ss., con nota di A. Pizzorusso.
4
Il Regio Decreto fascista del 1923 nacque come legge finanziaria dello Stato
e fu emanato come legge delegata, in attuazione della legge 3 dicembre 1922
n. 1601 che aveva affidato al governo il compito di riordinare il sistema tributario. Con riferimento a quest’epoca gli studiosi (Cappelletti) parlano infatti di
concezione fiscale del gratuito patrocinio, in contrapposizione alla concezione
sociale che nasce con la Costituzione Repubblicana.
19
istituito il patrocinio a spese dello Stato nelle controversie di lavoro e
di previdenza sociale.
La legge n. 184/1983 ha introdotto poi una disciplina analoga nei processi relativi all’adozione e all’affidamento dei minori. Solo nel 1990,
con la legge 217 ed a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice
di procedura penale, veniva infine introdotto il patrocinio a spese dello Stato nel processo penale e nei procedimenti civili per il risarcimento dei danni derivanti da reato.
Sino ad oggi, quindi, gli interventi del legislatore in attuazione all’art.
24 Cost. non hanno fornito una disciplina unitaria del gratuito patrocinio, ma si sono limitati a previsioni specifiche nell’ambito delle singole
giurisdizioni.
A tale panorama d’insieme è da aggiungersi il dato per cui, fino alla
recente legge 29 marzo 2001 n. 134, che ha riformato l’intero istituto
con introduzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti
nei giudizi penali, civili, amministrativi, nonché negli affari di volontaria giurisdizione, il R.D. del 1923 ha rappresentato l’unica normativa
di riferimento in tema di assistenza giudiziaria dei non abbienti nel
giudizi civili ed amministrativi5.
Diritto al gratuito patrocinio e giustizia civile
Per quanto riguarda tali giudizi si è infatti dovuto attendere il 2001
perché una legge prevedesse e disciplinasse in modo organico il patrocinio dei non abbienti. In base al R.D. del 1923 i presupposti per la
concessione del patrocinio gratuito erano: lo stato di povertà e la probabilità di esito favorevole della causa6. Inoltre, per quanto riguarda i
giudizi civili, la decisione sull’ammissione al gratuito patrocinio era affidata ad una commissione mista, a carattere amministrativo e non
giudiziario. A seguito dell’entrata in vigore della Costituzione Repub5
In questo senso la proposta di legge presentata il 20/05/1999, htttp://www.
democraticidisinistra.it/partito/autonomie/aequa/news/gratuito_patrocinio.htm
6
Per una approfondita analisi della disciplina dettata dal R.D. 3282/1923,
Grandine, Gratutito patrocinio, 732 ss.
20
blicana, tale previsione è stata poi aspramente criticata in quanto faceva dipendere l’esercizio del diritto dalla valutazione di un organo
amministrativo, violando così tanto il principio contenuto nell’art. 24, 1
comma, Cost., quanto il principio del giudice naturale di cui all’art. 25
Cost.7.
L’istituto del gratuito patrocinio, così concepito, si era dimostrato infine assolutamente inidoneo a garantire una effettiva attuazione del diritto previsto dall’art. 24, comma 3, Cost.8.
Anche il sopraggiungere delle leggi 533/1973 e 184/1983, che hanno
istituito il patrocinio a spese dello Stato rispettivamente nel processo
del lavoro e nei procedimenti di adozione e affidamento, non apportava modifiche rilevanti nella disciplina del diritto all’assistenza giudiziaria gratuita dei non abbienti9.
Così, sino all’entrata in vigore della L. 134/2001, il disposto dell’art.
24 Cost. nel processo civile è rimasto praticamente lettera morta della nostra Costituzione.
La L. 134/2001, riformando la L. 217/1990, ha istituito il patrocinio a
spese dello Stato nei giudizi civili ed amministrativi ed ha fornito per
la prima volta in Italia una disciplina unificata dell’istituto10.
L’art. 15-bis della nuova L. 217/1990 disciplina, infatti, l’ambito e i
presupposti dell’istituzione del patrocinio a spese dello Stato. L’articolo citato prevede che sia assicurato il patrocinio a spese dello Stato
7
In questi termini si esprime E. Gallo, Assistenza giudiziaria ai non abbienti
(diritto costituzionale), Enc. Giur. Treccani, III, Roma 1991, 4.
8
“L’istituto si esauriva nell’evitare oneri di spese vive, quali diritti di cancelleria, spese di bollo, di notifica e di registrazione, ma addossava al difensore tutto il peso economico dell’attività, oltre a prevedere una complessa procedura
burocratica”, così E. Sacchettini, Guida al Diritto, n. 17 del 5 maggio 2001,
110 ss.
9
“Anzi, il patrocinio a spese dello Stato nel processo del lavoro si è rivelato un
fallimento”. Così F. Cipriani, Il patrocinio dei non abbienti, in Foro it., 1994, 84
ss.
10
Infatti, successivamente, la L. 437/2001 ha modificato l’art. 23, 2 comma, L.
134/2001, disponendo che “Il testo della legge sul gratuito patrocinio, approvato con R.D. 3282/1923 e gli articoli da 11 a 16 della legge 11 agosto 1973
n. 533 sono abrogati dal 1 luglio 2002”.
21
nei giudizi civili o amministrativi, nonché negli affari di volontaria giurisdizione quando le ragioni del non abbiente risultino non manifestamente infondate. La nuova normativa abbandona, quindi, il criterio
che imponeva l’obbligo all’avvocato di prestare gratuitamente la propria opera e garantisce alla parte bisognosa la libertà di scelta del difensore e del consulente tecnico di cui avvalersi.
I due presupposti oggi principali per l’ammissione al gratuito patrocinio sono dunque: a) la non manifesta infondatezza delle pretese fatte
valere dall’interessato; b) lo stato di non abbiente, riconosciuto a colui
che rientra nel limite di reddito previsto.
Come già in precedenza riferito, il limite di reddito per l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato è stato individuato in € 9.296,22 (£
18.000.000); “Può essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato
chi dispone di un reddito non superiore a £ 18.000.000” 11, art. 15-ter,
L. 217/90.
In caso di convivenza il limite di reddito è costituito dalla somma dei
redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente del nucleo stabilmente convivente A tale regola fanno eccezione i casi in
cui la causa ha ad oggetto diritti della personalità, ovvero le ipotesi in
cui gli interessi del richiedente appaiano in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo stesso. In queste ultime due eventualità, infatti, stante la natura del bene oggetto di conflitto, si tiene conto del
solo reddito dell’interessato.
È da sottolineare, inoltre, come la disciplina sopra descritta preveda
l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, oltre che per il cittadi11
Anche la L. 134/2001, così come le normative precedenti, individua la categoria degli aventi diritto con un criterio oggettivo fisso costituito dal limite di
reddito. Tale scelta è oggi molto criticata poiché si è già dimostrata inefficace.
Alcuni giuristi suggeriscono criteri che consentano una valutazione più soggettiva, legata al caso concreto, che consenta di ammettere al beneficio chi realmente non può sostenere i costi di un processo. In questo senso N. Trocker,
Patrocinio gratuito, cit., 306, secondo il quale non si tratta di stabilire chi è non
abbiente in senso assoluto, ma chi è tale ai sensi dell’art. 24 Cost., ossia in relazione alla libertà di accedere alla tutela giudiziaria dei propri diritti.
In questo senso si potrebbero anche introdurre forme di ammissione parziale
al patrocinio statale, così come ad esempio è avvenuto in Inghilterra, in Francia (L. 91-647 del 10/07/1991), in Svezia e in Germania.
22
no italiano, anche per lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento dell’ insorgere del rapporto o del fatto
oggetto del giudizio. Tale regola si estende anche all’apolide, nonché
agli enti ed alle associazioni che non perseguano scopo di lucro e
non esercitino attività economica.
In sintesi, i soggetti che possono essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato sono:
1. i cittadini italiani;
2. i cittadini stranieri con permesso di soggiorno valido;
3. gli apolidi;
4. le associazioni che non perseguano scopo di lucro e non
esercitino attività economica.
Per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato devono, inoltre,
sussistere i seguenti presupposti:
1. il giudizio civile o giudizio amministrativo o volontaria giurisdizione (secondo l’art. 15-bis, comma 3, L.217/90, sono escluse le
cause per cessione di crediti e ragioni altrui, salvo che la cessione appaia indubbiamente fatta in pagamento di crediti o ragioni
preesistenti);
2. le ragioni di colui che chiede l’ammissione devono risultare non
manifestamente infondate;
3. reddito non superiore ad € 9.296,22 (come già detto, in caso di
convivenza si sommano i redditi).
Al sussistere delle condizioni suddette la parte interessata può chiedere di essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato in ogni stato e grado del procedimento.
Anche la procedura per l’ammissione al beneficio è stata riformata,
con ciò divenendo più semplice e veloce rispetto alla normativa precedente.
In base agli artt. 15–quater e 15-quinquies L. 217/90, l’istanza redatta
in carta semplice deve contenere, a pena di inammissibilità, oltre alla
richiesta di ammissione, l’indicazione delle generalità dell’interessato,
un’autocertificazione attestante le condizioni di reddito, l’impegno a
comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito, le enunciazioni
23
in fatto e in diritto utili a valutare la fondatezza delle pretese, l’indicazione delle prove di cui si intende chiedere l’ammissione.
Se l’istante è straniero, l’istanza deve essere accompagnata da una
certificazione dell’autorità consolare competente che attesti la veridicità di quanto in essa indicato.
La domanda andrà ovviamente sottoscritta dall’interessato e la sottoscrizione dovrà essere autenticata dal difensore designato ovvero dal
funzionario che la riceve.
L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ha effetto per tutti i
gradi di giudizio, salvo che sia rimasta soccombente la parte che l’ha
ottenuta. In tal caso, infatti, l’interessato non potrà giovarsi dell’ammissione per proporre impugnazione; considerandosi la soccombenza quale ipotesi di manifesta infondatezza.
La disciplina della procedura di ammissione anticipata prevede che
l’istanza venga presentata o inviata a mezzo raccomandata al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, presso il giudice competente a decidere il merito o presso il giudice davanti al quale penda il procedimento,
ovvero presso colui che ha emesso il provvedimento impugnato se a
procedere è la Corte di Cassazione.
Nei dieci giorni successivi a quello in cui è stata presentata l’istanza,
il Consiglio dell’Ordine, verificata l’ammissibilità dell’istanza e le condizioni di reddito, ed ove le ragioni del richiedente non appaiono manifestamente infondate ammette, in via anticipata e provvisoria, il richiedente al patrocinio a spese dello Stato.
Il Consiglio dell’Ordine trasmette copia dell’atto con cui accoglie, respinge o dichiara inammissibile l’istanza all’interessato, tanto al giudice competente quanto al direttore regionale delle entrate.
La decisione definitiva sull’ammissione spetta in ogni caso all’autorità
giudiziaria. Infatti, procedendo ancora ai sensi dell’art. 15–undecies
L. 217/90, se il Consiglio dell’Ordine respinge o dichiara inammissibile l’istanza, questa può essere proposta al giudice che deciderà sull’ammissione unitamente al merito della causa. Il giudice, inoltre, ha
sempre il potere di modificare o revocare il provvedimento di ammissione qualora, ad esempio, sopraggiungano modifiche alle condizioni
di reddito dell’interessato.
24
Al termine del giudizio è ancora il giudice, con il provvedimento che
definisce il merito, a confermare, modificare o revocare l’ammissione
al patrocinio disposta in via anticipata dal Consiglio dell’Ordine.
L’istante che sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ha
diritto di nominare un difensore di fiducia scelto tra gli avvocati iscritti
agli albi professionali ed un consulente tecnico, ove ciò sia previsto
come facoltà di legge.
Lo Stato si fa carico di ogni spesa, diritto ed onere che sia relativo
alla causa, nonché dell’onorario e delle indennità dovute al difensore,
al consulente tecnico ed ai pubblici ufficiali, ad esempio il notaio (L.
217/90 artt. 15 – sexies e ss.).
La normativa descritta è entrata in vigore il 1° luglio 2002. Da quella
data, è altresì istituito presso ogni Consiglio dell’Ordine, l’elenco degli
avvocati per il patrocinio a spese dello Stato12; in tale elenco vengono
inseriti gli avvocati che presentano la relativa domanda avendo i seguenti requisiti:
attitudine ed esperienza professionale;
assenza di sanzioni disciplinari;
anzianità professionale non inferiore a sei anni.
Di particolare interesse, inoltre, sono le disposizioni della nuova legge contenute nel Capo III – Disposizioni transitorie e finali.
L’art. 20 della L. 134/2001 prevede infatti l’istituzione, presso ogni
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, di un servizio di informazione e
consulenza per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato e per la difesa d’ufficio. Il servizio in questione nasce per fornire al pubblico i
dati necessari per conoscere i requisiti e le modalità per l’ammissione
al patrocinio a spese dello Stato. Parimenti il servizio informa sui presupposti, le modalità e gli obblighi da osservare per la nomina del difensore d’ufficio. Il servizio di informazione e consulenza per l’acceso
al patrocinio a spese dello Stato, inoltre, potrà fornire, sempre su richiesta dell’interessato, la necessaria informazione in ordine al problema giuridico prospettato; ciò al fine di consentire al richiedente
12
La parte è libera di scegliere il proprio difensore di fiducia e non deve necessariamente rivolgersi ad un avvocato iscritto in questo elenco. Così E.
Pacchettini, in Guida al Diritto, cit, 113.
25
una valutazione dell’opportunità dell’instaurazione, o della prosecuzione, di un giudizio o, ad esempio, della sperimentazione di un metodo di risoluzione alternativa del conflitto.
Quest’ultima previsione appare di notevole importanza.
Come è emerso anche dall’esperienza quotidiana di Avvocato di
Strada, e come ampiamente riferito nelle pagine che precedono, il
tema della difesa dei non abbienti non può e non deve essere circoscritto ad un profilo meramente economico.
Sulla base dell’esperienza fatta allo sportello, riteniamo di estrema
importanza riflettere sulla possibilità di istituire servizi che, tramite
una efficace attività di informazione, aumentino la consapevolezza
dei diritti delle persone senza fissa dimora. Appare parimenti auspicabile sviluppare una profonda riflessione sulla possibilità di dare vita
ad un servizio qualificato di consulenza legale stragiudiziale. Tale
servizio permetterebbe, infatti, agli utenti di rivolgersi a professionisti
ancor prima del sorgere di un contenzioso e consentirebbe loro di ricevere assistenza per definire stragiudizialmente, in tempi rapidi, le
eventuali controversie.
Riteniamo dunque che previsioni di questo tipo, unite a servizi come
quello fornito da Avvocato di Strada, costituiscano la strada maestra
da percorrere per garantire finalmente la piena attuazione del diritto
al gratuito patrocinio e la reale assistenza legale alle persone senza
fissa dimora.
Il gratuito patrocinio nel processo penale
Il processo penale al pari di quello civile, amministrativo, tributario e
di volontaria giurisdizione vede applicabile il ricorso all’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
Ciò nel pieno rispetto del dettato costituzionale che all’art. 24 sancisce “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado
del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istitu-
26
ti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
Preliminarmente occorre precisare che la possibilità di farsi assistere
da un avvocato e/o da un consulente tecnico gratuitamente è riconosciuta nel procedimento di esecuzione, nei processi di revisione, revocazione, opposizione di terzi, nei processi di applicazione di misure
di sicurezza o di prevenzione in cui, quindi, sia prevista l’assistenza
del difensore e/o del consulente tecnico.
L’ammissione al gratuito patrocinio vale per ogni stato, grado e fase
del processo e per tutte le procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse.
Pertanto, la domanda di gratuito patrocinio è ammessa davanti ai tribunali monocratici e collegiali, alla corte di appello, alla corte di cassazione, al tribunale di sorveglianza.
La possibilità di usufruire del gratuito patrocinio è riconosciuta, nel diritto penale, a tutti quei soggetti (con cittadinanza italiana o straniera)
che, rivestendo la qualifica di indagato, imputato, condannato, persona offesa dal reato, danneggiato che intende costituirsi parte civile,
responsabile civile e civilmente obbligato alla pena pecuniaria, non
superino con il proprio reddito una particolare soglia, come di seguito
specificato.
Se l’interessato vive solo, la somma dei propri redditi non deve superare l’importo di € 9.296,22. Si precisa che il limite di reddito viene
aggiornato ogni due anni.
Vanno pertanto a confluire nella somma sopra indicata tutti i redditi
imponibili ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) percepite nell’ultimo anno quali, a titolo esemplificativo, lo stipendio di lavoro dipendente, la pensione, il reddito da lavoro autonomo.
Inoltre, devono essere considerati anche i redditi esenti da IRPEF
come, ad esempio, pensione di guerra, indennità di accompagnamento ecc., o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad
imposta sostitutiva.
27
Se l’interessato vive con la famiglia, la soglia di reddito di € 9.296,22
sarà aumentata di € 1.032,91 per ogni familiare convivente.
Così, ad esempio, se la famiglia è composta da due persone, il reddito complessivo non deve superare la somma di € 10.329,13; se la famiglia è composta da tre persone, il reddito totale non deve superare
€ 11,362,14 e così via.
Ovviamente, le condizioni del non abbiente devono sussistere al momento della presentazione della domanda di ammissione al gratuito
patrocinio e devono permanere per tutta la durata del processo.
Si fa presente che vi sono delle eccezioni a quanto suddetto.
Infatti, non è ammissibile all’istituto in esame, nonostante la ricorrenza del reddito quale sopra indicato, l’indagato, l’imputato, il condannato per reati di evasione fiscale. Non è inoltre ammesso a tale beneficio chi è difeso da più di un avvocato.
Esaminate negli aspetti essenziali le condizioni soggettive di ammissibilità all’istituto del gratuito patrocinio, si procederà ad indicare
come e cosa fare per usufruire del beneficio in argomento e precisamente le modalità di redazione della relativa domanda di ammissione.
La domanda può essere presentata dall’interessato o dal suo difensore, a mezzo raccomandata o a mano, presso la cancelleria del giudice oppure direttamente in udienza.
L’interessato, qualora sia detenuto, ha inoltre facoltà di presentare la
domanda al direttore del carcere o, qualora in stato di detenzione domiciliare o in luogo di cura, all’ufficiale di Polizia Giudiziaria.
Non essendo ammessa la richiesta in forma orale, nemmeno in sede
di udienza, è assolutamente necessario, a pena di inammissibilità,
che la domanda venga sottoscritta esclusivamente dall’interessato e
la firma autenticata dal difensore o dal funzionario che la riceve.
Si precisa che la domanda può essere presentata prima dell’inizio del
giudizio o durante il giudizio stesso, ma gli effetti decorrono dalla presentazione della domanda stessa.
La domanda deve contenere la richiesta espressa di ammissione al
patrocinio a spese dello Stato; l’indicazione del processo cui si riferisce; le generalità (nome, cognome, data e luogo di nascita, residen-
28
za) e il codice fiscale del richiedente e, se presenti, dei familiari conviventi.
Dovrà inoltre dichiararsi, sotto la propria responsabilità, che si è nelle
condizioni di reddito richieste dalla legge e specificare il reddito totale.
Il richiedente dovrà impegnarsi a comunicare le variazioni di reddito
successive alla presentazione della domanda.
Quanto sopra è richiesto a pena di inammissibilità della domanda.
I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea, inoltre, devono indicare quali redditi possiedono all’estero.
In riferimento alla documentazione da allegare alla domanda, si fa
presente che, a differenza dei cittadini italiani che possono autocertificare l’esistenza dei requisiti di legge, i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea devono allegare una certificazione del consolato del Paese di origine che confermi la veridicità del reddito dichiarato, salvo il ricorso all’autocertificazione qualora si provi l’impossibilità di documentarlo.
I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea sottoposti a
provvedimenti restrittivi della libertà personale possono produrre la
certificazione consolare entro il termine di 20 giorni, anche tramite il
difensore o un familiare.
Successivamente alla presentazione della domanda, il giudice o il
consiglio dell’ordine possono richiedere di provare la veridicità delle
dichiarazioni con documenti scritti o, nel caso di impossibilità, con ulteriore autocertificazione.
Sull’istanza di ammissione, se presentata in udienza, decide il giudice immediatamente; negli altri casi ci sarà il rigetto o l’accoglimento
entro 10 giorni dalla presentazione della domanda. L’eventuale ritardo nella decisione o la mancata pronuncia comporta la nullità assoluta degli atti successivi.
Come sopra accennato, ai fini del gratuito patrocinio, può nominarsi
un solo difensore che deve essere iscritto all’albo degli avvocati della
regione in cui si tiene il processo nonché inserito in un elenco speciale degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, che si può consultare presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
29
Con l’ammissione al gratuito patrocinio, le spese da sostenersi sono
nulle in quanto sarà lo Stato a corrispondere quanto dovuto all’avvocato e, se presente, al consulente tecnico.
Si precisa che sono soggetti a grave sanzione disciplinare l’avvocato
ed i consulenti tecnici che chiedono all’assistito l’anticipazione dei rispettivi compensi.
Qualora si dovesse essere ammessi per errore al beneficio in esame,
l’assistito si vedrà costretto a pagare tutte le spese sostenute.
Un’ultima e doverosa precisazione va fatta in riferimento alla facoltà
della Guardia di Finanza di sottoporre al controllo le persone ammesse al patrocinio, anche tramite indagini presso banche ed agenzie di
finanziamento.
Le dichiarazioni false od omissive e la mancata comunicazione degli
aumenti di reddito sono punite con la pena della reclusione in carcere
da 1 a 6 anni e 8 mesi di reclusione in carcere e con la multa da
309,87 a 1.549,37 €, oltre al pagamento di tutte le somme fino a quel
momento corrisposte dallo Stato.
In ogni caso, per proporre correttamente la domanda e non incorrere
in sanzioni, è sempre bene rivolgersi al proprio avvocato o, in mancanza, al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della propria città.
30
DIRITTO ALLA TUTELA DELLA SALUTE DEI SENZA FISSA DIMORA
di Anna Marcella Arduini
Un caso affrontato
Nel mese di maggio del 2001 si è presentata allo sportello Avvocato di
Strada una persona di 81 anni, che per comodità chiamerò Signor X. Il Signor X, senza fissa dimora, soffriva da anni di una grave malattia all’apparato respiratorio; patologia che si è aggravata col tempo, per la non più
giovane età e per le durissime condizioni di vita alle quali è costretto ogni
giorno chi abita la strada. Ricordo quell’incontro, nonostante siano passati
oramai alcuni anni, con immagini nitide e chiare, proprie di quelle situazioni che non si dimenticano, data la carica umana ed emotiva che ti lasciano dentro.
Questo è quanto accaduto.
Un giorno, a seguito di una crisi respiratoria acuta e ad un generale peggioramento delle sue condizioni di salute, il Signor X si precipita al Pronto
Soccorso dell’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Il medico che lo visita riconosce immediatamente il grave stato di salute del Signor X e ne dispone il ricovero urgente. È necessario un tempestivo intervento chirurgico.
Giunto al reparto competente, tuttavia, il primario si rifiutava di procedere
al ricovero.
La spiegazione? A chi non ha residenza, e copertura sanitaria, nessun ricovero e intervento.
Nonostante l’età, e dato il grave stato di salute, il Signor X inizia a
bussare a tutte le porte amiche (AUSL, Servizi Sociali, il Vescovo),
per trovare un aiuto ad ottenere il tesserino sanitario. Ma anche l’ottenimento del tesserino non si dimostrava sufficiente. Tornato all’ospedale, infatti, al Signor X veniva per la seconda volta rifiutato il ricovero. La spiegazione? Non c’erano posti liberi.
Il Signor X non è più tornato allo sportello Avvocato di Strada; probabilmente se ne è andato da Bologna o, forse, la malattia ha avuto il
sopravvento sulla sua voglia di vivere.
31
Quella del Signor X è soltanto una delle innumerevoli storie di negazione del diritto alla salute per chi versa in condizioni di disagio e povertà.
Per le persone senza fissa dimora poi, la tutela di questo diritto, è
nella maggior parte dei casi, il problema principale. Chi vive in condizioni di estrema precarietà, chi fa della strada, dei portici e delle stazioni, le stanze della propria casa, espone il proprio fisico a situazioni
altamente rischiose nelle quali tutto suona amplificato; una ferita, un
raffreddore, un’infezione possono generare delle conseguenze gravi
non verificabili in altre condizioni di vita.
Contenuto e significato del diritto previsto e disciplinato all’articolo 32
della Carta Costituzionale
Il diritto alla salute consiste nel diritto, assoluto e primario, di pretendere una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale.
Si tratta di un diritto fondamentale, in quanto così qualificato dall’articolo 32 della nostra Costituzione: “La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell’individuo”1.
Come diritto tipicamente sociale per lungo tempo la dottrina, sul presupposto che la tutela della salute si fondasse sul principio di eguaglianza anziché sul principio di libertà2, ha contestato al diritto alla salute la legittimità di un inserimento nel “catalogo” dei diritti fondamen-
1
Cfr. Seduta 24 aprile 1947, in Atti dell’Assemblea Costituente, 3295. In tale
occasione i Costituenti al fine di rafforzare ed elevare la garanzia data dalla
Carta Costituzionale alla salute, aggiunsero il riferimento alla fondamentalità
del diritto non presente nel progetto originario.
2
Cfr. M. Luciani, Salute (diritto alla-dir.cost) (ad vocem), In Enciclopedia Giuridica Treccani, XXVIII, Roma, 1991.
32
tali dell’uomo3, tradizionalmente composto da diritti declinati in termini
solamente individuali, quali i diritti di libertà civile e di proprietà.
Tale situazione è stata superata e la salute, come diritto assoluto, è
oggi considerata strettamente legata al principio di libertà.
Ricomposto ormai da alcuni decenni il rapporto eguaglianza - libertà,
si è infatti da tempo riconosciuto anche ai diritti sociali (e con essi alla
salute) lo status di diritti soggettivi; come tali meritevoli di protezione
da parte dell’ordinamento giuridico tanto nella loro dimensione collettiva, quanto in quella individuale.
Inoltre, l'indirizzo che negava ontologicamente ai diritti sociali la qualifica di diritti fondamentali, si poneva in contrasto con il canone interpretativo in base al quale la Costituzione deve essere intesa "in tutte
le sue parti magis ut valeat, perché così vogliono la sua natura e la
sua funzione…".
La salute è, dunque, oggi pacificamente qualificata come diritto individuale e sociale insieme, come tra l’altro confermato da quella “fondamentalità” che, aggiunta in sede di lavori preparatori all’originaria
bozza del testo costituzionale, ne sottolinea il carattere multi-dimensionale di tutela.
Nella sua dimensione di diritto sociale, l’attuazione del diritto alla salute pretende così un’attività positiva da parte dello Stato che intervenga nella regolazione dei rapporti sociali per garantire a tutti, "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" il progresso materiale e morale (articolo 3, primo comma del dettato costituzionale).
Considerato nel suo declinato di diritto fondamentale, invece, il diritto
alla salute si presenta come diritto inviolabile, inalienabile, intrasmis3
Cfr. S. Galeotti, La libertà personale, Milano, 1953; G. Vassalli, Il diritto alla
libertà morale, in Scritti giuridici in memoria di F. Vassalli, Torino, 1960; P. Biscaretti Di Ruffia, Diritto costituzionale, 14° edizione, Napoli, 1986. Tali autori
sostengono l’asocialità dei diritti fondamentali, in quanto questi ultimi vengono
identificati con i diritti naturali, pertinenti in quanto tali all’uomo nella sua
astratta ed isolata individualità.
Cfr. M. Luciani, Salute (diritto alla-dir.cost) (ad vocem), In Enciclopedia Giuridica Treccani, XXVIII, Roma, 1991.
33
sibile, indisponibile, irrinunciabile, imprescrittibile oltre che, ovviamente, uguale per tutti (cives e stranieri possiedono pari titolarità: cfr.
Corte Cost. 1965, n.104), e territorialmente uniforme (cfr. Corte Cost.
1991, n. 49).
È proprio questo presupposto d’uguaglianza ad essere considerato
quale necessaria condizione e migliore specifica dei diritti di libertà 4.
Nessun diritto fondamentale, una volta abbandonate le suggestioni
giusnaturalistiche e quindi i collegamenti al diritto naturale, è stato dai
Costituenti ancorato al diritto di natura, evitando l’adozione di formule
troppo impegnative dal punto di vista del sostegno metapositivo 5. L’origine storica del diritto alla salute che si è adesso narrata, se da un
lato spiega le difficoltà che tale diritto ha incontrato per inserirsi a pieno titolo nella categoria delle libertà fondamentali, nulla dice né sul
suo contenuto, né sulla natura giuridica delle situazioni soggettive
che vi si ricollegano.
Tema di centrale rilevanza diventa, quindi, quello della definizione dei
contenuti interni alla nozione di diritto alla tutela della salute.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), facendo proprie le direttive fondamentali stabilite dalla Conferenza Internazionale della
Sanità (New York, 1946), da più di quarant’anni afferma che: "La sanità è uno stato di completo benessere fisico, mentale, sociale e non
consiste soltanto nell'assenza di malattie o infermità. Il possesso del
migliore stato di sanità che si possa raggiungere costituisce uno dei
diritti fondamentali di ciascun essere umano, qualunque sia la sua
razza, la sua religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione
economica e sociale. I Governi hanno la responsabilità della sanità
dei loro popoli: essi per farvi parte devono prendere le misure sanitarie e sociali appropriate." La sanità consiste, dunque, nell'efficienza
4
Cfr. I. Berlin, In Quattro saggi sulla libertà, Milano, 1989; P. Haberle, in Die
Wesensgealtgarantie des art 19 Abs. 2 Grundgesetz, Karlsruehe, 1962.
5
Cfr. C. Mortati, Concetto, Limiti, procedimento della revisione costituzionale,
in Raccolta di scritti, II, Milano, 1972, p.3; F. Felicetti, I diritti garantiti dall’articolo 2 della Costituzione nei lavori della Costituente e nella giurisprudenza costituzionale, in Giurisprudenza italiana, 1985, IV, p. 182; M. Luciani,
5
La libertà di informazione nella giurisprudenza costituzionale italiana, in Politica del diritto, 1989, p. 605.
34
psicofisica dell'individuo quale presupposto indispensabile per una
completa espressione della sua personalità e socialità e la "tutela della salute" si esprime nell'azione dello Stato diretta a prevenire e reprimere quelle situazioni che, causando la malattia, impediscono al soggetto una vita piena e dignitosa. A conferma di queste affermazioni,
la più attuale dottrina6, sostiene che tutela del diritto alla salute significa non solo assenza di malattia e di infermità ma bensì “condizione di
completo benessere fisico, mentale e sociale”.
La Comunità Europea ha previsto, all'articolo 35 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione, che: "Ogni individuo ha diritto di accedere
alla prevenzione sanitaria e di ottenere cura mediche alle condizioni
stabilite dalle legislazioni e dalle prassi nazionali". Nella definizione e
nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è dunque garantito un elevato livello di protezione della salute umana.
In maniera sintetica, ma sicuramente incisiva, anche la Costituzione
Italiana ha recepito i principi della Conferenza Internazionale della
Sanità collocando la salute nel dettato costituzionale (art. 32), dove
viene definita come "fondamentale diritto dell'individuo" e come "interesse della collettività". In tale connotazione diritto ed interesse non
sono contrapposti ma, come esposto, vanno letti come reciprocamente integrati: lo stato di salute non riguarda solo il singolo individuo
ma si riflette sulla collettività stessa. Da questa configurazione discende una duplicità di piani di tutela: difesa della persona dalla malattia e difesa della collettività da tutti gli elementi, ambientali o individuali, che possono ostacolare un pieno godimento del diritto7. Nemmeno le condizioni economiche del singolo possono, in tale direzione, costituire un ostacolo alla realizzazione di una piena tutela. Difat6
Cfr. F. Nuti, Introduzione all’economia sanitaria e alla valutazione economica
delle dimissioni sanitarie, Torino, 1998; C. Bottari, Il diritto alla tutela della salute, in I Diritti Costituzionali (a cura di R. Nania e P. Ridola), p. 763, Volume
II, Torino, 2001.
7
Cfr. Sentenza Corte Costituzionale n. 399 del 1996, in Giurisprudenza Costituzionale, p. 3646 1996. In tale occasione la Suprema corte ha statuito che:
“La tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa dell’individuo a
condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano a rischio questo
suo bene essenziale”.
35
ti, la seconda parte del primo comma dell'art. 32, prevede, in forza
dei principi di solidarietà e di partecipazione, la gratuità delle prestazioni sanitarie a favore di chi versi in stato di indigenza.
Il secondo comma dell'art. 32 contiene, poi, due rilevanti disposizioni
che, poste a difesa della dignità umana, garantiscono il fondamentale
diritto di libertà individuale sotto l'aspetto della salute: "nessuno può
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per
disposizioni di legge", legge che "non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".
La prima parte della disposizione, stabilendo una riserva, pone un
preciso vincolo alla Pubblica Amministrazione nel consentire determinati trattamenti in vista di superiori interessi pubblici che, soli, possono giustificare la compressione del diritto di libertà individuale; mentre
la seconda disposizione normativa è diretta allo stesso legislatore,
imponendogli, in ogni caso, di agire nel pieno rispetto della dignità
della persona.
La tutela della salute, nelle sue implicazioni costituzionali, non si
esaurisce in questi soli profili. Il diritto alla salute, si è detto, non si riduce unicamente alla difesa dello stato biopsichico ma abbraccia l'individuo nel suo bisogno di personalità e socialità. L'art. 32 letto in rapporto agli articoli n. 2 e n. 3 della Costituzione si specifica, così, in
una serie di principi ulteriore:
a. il diritto alla salute come fondamentale diritto erga omnes8:
si tratta dunque di una situazione soggettiva assoluta il cui
contenuto è dato dalla protezione contro ogni aggressione
ad opera di terzi;
b. la salute come fondamentale diritto verso lo Stato, che è
chiamato dal testo costituzionale non solo a predisporre
strutture e mezzi idonei ad assicurare una condizione ottimale di sanità individuale, ma anche ad attuare una politica
efficace di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di intervento sulle possibili cause di turbativa dell'equilibrio psicofi8
Cfr. Sentenza Corte Costituzionale n. 88 del 1979, in Giurisprudenza Costituzionale, p. 656, 1979.
36
c.
d.
sico della popolazione. In tal modo il diritto alla salute si declina quale "diritto sociale" che attua nel settore sanitario il
principio di eguaglianza fra i cittadini9;
la tutela della salute è, alla luce dell'art. 3, secondo comma,
della Carta Costituzionale, uno strumento di elevazione della dignità sociale dell'individuo e pertanto costituisce interesse della collettività;
la tutela della salute, per il richiamo dell'art. 3 della Costituzione al "rispetto della persona umana", assume un carattere personalistico talché il mancato riconoscimento di mezzi
di tutela per singoli aspetti specifici di protezione viola il valore costituzionale della persona.
La tutela della salute dei senza fissa dimora nel Servizio Sanitario
Nazionale e Regionale
La povertà in Italia è un fenomeno di estrema rilevanza sociale e le
persone senza fissa dimora sono coloro che, in tale panorama, vivono una condizione estrema. Deprivati di tutte le risorse, a partire da
quelle basilari come il cibo, la casa ed il vestiario, queste persone
sono sottoposte ad un forte disagio psicofisico al quale si accompagna la perdita, pressoché totale, di protezione giuridica e sociale.
Il numero dei senza dimora in Italia, esclusi coloro che abitano in
condizioni precarie presso case di conoscenti, abitazioni abusive,
centri di seconda accoglienza, è stato stimato10 in circa 17.000 perso9
Cfr. Sentenza Corte Costituzionale n. 184 del 1986, in Giurisprudenza Costituzionale, 1986, p. 1430; Sentenza Corte Costituzionale n. 559 del 1987, in
Giurisprudenza Costituzionale, 1987, p. 3505,; Sentenza Corte Costituzionale
n. 1011 del 1988, in Giurisprudenza Costituzionale, 1988, p. 4830; Sentenza
Corte Costituzionale n.4673 del 1990, in Giurisprudenza Costituzionale, 1990,
p. 1874.
10
Cfr. Rapporto Annuale sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale
della Commissione di indagine sull’esclusione sociale, anno 2001. Dove si afferma che la presenza dei senza fissa dimora è fortemente concentrata nei
comuni di dimensioni più grandi. Si tratta per lo più di maschi, relativamente
37
ne; numero da prendersi evidentemente come indicazione di massima e non come stima puntuale di un fenomeno 11che appare agli operatori sensibilmente più vasto.
A causa delle abitudini di vita, i senza casa hanno spesso una salute
assai precaria e presentano malattie che possono ritenersi tipiche del
loro stato di vita. Pur avendo nella maggior parte dei casi diritto all’assistenza sanitaria gratuita attraverso il Servizio Sanitario Nazionale,
buona parte di queste persone risulta non avere il medico di fiducia
per vari motivi: la persona può ad esempio non avere la residenza e
quindi non risultare censita e meritevole di copertura sanitaria.
Esiste una quantità di studi12 che documentano l'associazione tra un
ambiente fisico e materiale povero ed alti livelli di mortalità e morbosità. È partendo da questo dato che il Piano Sanitario Nazionale
1998-2000 affermava: "nel nostro Paese si osservano disuguaglianze
rilevanti relativamente alle condizioni di salute: le persone, i gruppi
sociali e le aree geografiche meno avvantaggiati presentano un maggior rischio di morire, di ammalarsi, di subire una disabilità, di praticare stili di vita rischiosi. Le cause sono complesse e risiedono nelle
condizioni di vita e di lavoro della popolazione, nella dotazione di risorse materiali, nelle relazioni sociali, negli stili di vita e nell'accesso
ai sistemi di cura. Le politiche per la salute devono contrastare le disuguaglianze irrobustendo le capacità delle persone e delle comunità
di adottare comportamenti migliorando l'accesso ai servizi e incoraggiando il cambiamento culturale ed economico".
Universalismo, Solidarietà ed Uguaglianza sono i principi fondamentali del Sistema Sanitario Nazionale, secondo il quale tutti i cittadini
hanno diritto, in rapporto ai loro bisogni e non alla disponibilità economica, di usufruire di tutti i servizi compresi nei livelli essenziali di assigiovani (quasi il 70% ha meno di 48 anni), quasi in eguale misura italiani e
stranieri.
11
La conoscenza del numero di persone senza fissa dimora in Italia è un operazione estremamente complessa, sia perché dipende dalla definizione di
senza dimora adottata, sia perché si tratta di una popolazione mobile e spesso poco disponibile ad essere contattata.
12
Cfr. G. Costa e F. Faggiano, L'equità nella salute in Italia. Rapporto sulle disuguaglianze sociali in Sanità, Fondazione Smith Kline, Milano, 1994.
38
stenza stabiliti a livello nazionale (Universalismo). A tutti deve essere
inoltre garantita la pari opportunità di accesso ai servizi (Uguaglianza). Al finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) tutti i cittadini devono infine concorrere in misura proporzionale al reddito personalmente percepito (Solidarietà).
Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 - "Un patto di solidarietà per
la salute" - e il Piano Sanitario Regionale 1999-2001 - "Il patto di solidarietà per la salute in Emilia Romagna" - ribadiscono con forza questi principi, assumendoli come base del proprio intervento.
Il Piano Sanitario Nazionale indica nel numero di cinque, le priorità da
perseguire per la promozione ed il recupero della salute:
promuovere comportamenti e stili di vita salutari nel campo dell’alimentazione, dell’abitudine al fumo, del consumo di alcool e
dell’attività fisica;
- contrastare le principali patologie, e cioè le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, i tumori, le malattie infettive, gli incidenti e
le malattie correlate al lavoro;
migliorare il contesto ambientale intervenendo sull’aria, sull’acqua, sugli alimenti, sulle radiazioni e sui rifiuti;
rafforzare la tutela dei soggetti deboli, con particolare riguardo
agli immigrati, ai tossicodipendenti, alla salute mentale e alle fasi
della vita in cui maggiore è il rischio di perdere la salute;
- migliorare la situazione relativa ai trapianti, alla riabilitazione, all’innovazione tecnologica, alle patologie rare, al sangue e agli
emoderivati, alla sanità pubblica veterinaria e al sistema informativo sanitario, in modo da "portare la sanità italiana in Europa".
Il Piano Sanitario di regione si propone inoltre di realizzare un sistema sanitario regionale orientato alla promozione della salute, e non
solo alla erogazione di servizi sanitari.
Questa scelta attribuisce un valore prioritario ai programmi di intervento che agiscono sulle cause sociali e strutturali della salute e richiede una stretta cooperazione fra Servizio Sanitario Regionale, Enti
Locali e le diverse forme di organizzazione che esistono nella società
civile.
39
Le prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale devono avere le seguenti caratteristiche:
essere efficaci sia in teoria che in pratica, cioè aver dato prova in
modo scientifico di migliorare la salute;
essere appropriate, cioè indicate per i bisogni dei pazienti e rese
nel luogo, nel momento e nella quantità giusta;
essere essenziali, cioè assicurare niente di più e niente di meno
di ciò che è necessario alle persone, secondo criteri clinici, etici
e sociali;
essere efficienti, cioè fornite senza sprechi;
- soddisfare primari bisogni di salute (Il Piano Sanitario Nazionale
indica i principi e i criteri generali, rinviando alla elaborazione di
specifiche linee di indirizzo le definizioni operative relative ai diversi settori di attività).
Nell’ambito di un processo di riorganizzazione teso a riaffermare una
dimensione universalistica del sistema di protezione sociale, a migliorare il rapporto fra Stato e cittadini ed a costruire nuove forme di reciprocità sociale, la ridefinizione delle reti dei servizi e degli interventi
sociali è una priorità necessaria sia per mantenere i livelli di assistenza raggiunti, sia per garantire l’equità sociale degli interventi, sia per
sviluppare nuovi ambiti di azione per soddisfare una domanda sociale che si caratterizza per una marcata differenziazione e per l’emergere di nuove categorie di bisogni e inedite priorità, ovvero:
i bisogni di una popolazione anziana in crescita;
i nuovi bisogni legati all’accoglienza e all’integrazione di fasce
svantaggiate di popolazione, che spesso vengono a configurarsi
come vere e proprie emergenze (nuove povertà, immigrazione,
nomadi);
i bisogni e i disagi delle famiglie, in particolare a basso reddito,
nell'accudimento e nell'educazione dei figli e nella cura quotidiana dei bambini, ma in particolare delle persone anziane non autosufficienti e delle persone disabili;
i nuovi modelli di intervento richiesti per contrastare le dipendenze patologiche che si manifestano sempre più in forme differenziate fra individui e gruppi sociali.
40
Migliorare la qualità della vita nei soggetti a rischio di emarginazione
richiede, sia il rafforzamento delle capacità di assunzione di responsabilità ed autonomia, sia il miglioramento delle condizioni di benessere sociale ed ambientale degli stessi.
In tale contesto si inseriscono gli interventi efficaci di promozione della salute che richiedono obiettivi condivisi ed una progettualità la quale, pur facendo capo a soggetti diversi (tra cui Enti Locali ed Aziende
Usl in particolare), preveda modalità di coordinamento e di comunicazione tali da consentire l’effettiva messa in rete delle risorse e delle
diverse competenze, istituzionali e professionali.
41
LA MISURA DEL RIMPATRIO CON FOGLIO DI VIA OBBLIGATORIO
di Alessandro Murru
Ho ritenuto necessario provare a descrivere, in forma semplice e discorsiva, la misura di prevenzione del “Rimpatrio con Foglio di Via
Obbligatorio” prevista dal nostro Ordinamento; in quanto l’emissione
del foglio di via nei confronti di un considerevole gruppo di “senza fissa dimora” ha richiesto l’intervento dell’Avvocato di Strada, costringendo gli avvocati del gruppo ad un approfondimento nel merito di
tale questione.
In particolare, nel mese di settembre del 2001, a Bologna, forse a
causa delle lamentele dei commercianti del centro, le Autorità di Pubblica Sicurezza iniziarono a svolgere una intensa attività di prevenzione nelle strade, operando su espresso ordine del Questore.
Ferma l’opportunità dell’intervento di Polizia ove sussistessero obbiettive ragioni di sicurezza, in occasione dei controlli venivano avviati numerosi procedimenti amministrativi ex artt. 7 e 8 L. 241/90; destinatari alcuni “senza fissa dimora”, in particolare “punkabestia”, nuovi
poveri che usano stazionare nelle vie del centro con i loro cani per
chiedere l’elemosina (scollettare, fare colletta, come dicono in gergo).
Il dato più interessante della questione “Foglio di Via Obbligatorio”
appare il seguente: qualora la persona nei confronti della quale è avviato il procedimento non fornisca con il deposito di proprie “memorie
difensive”, elementi dai quali desumere una condotta comunque positiva del soggetto e l’assenza di sue tendenze o capacità a delinquere,
il procedimento si conclude con l’emissione del provvedimento che
comporta l’allontanamento dal territorio comunale; il Foglio di Via, appunto.
Tornando a quel periodo del 2001, un gruppo di ragazzi si è presentato allo sportello degli avvocati di strada mostrando le comunicazioni
di avvio dei menzionati procedimenti amministrativi, dandomi così
l’opportunità di approfondire un argomento, quello delle misure di
prevenzione ante o praeter delictum, che avevo trattato con superfi-
42
cialità da studente di Giurisprudenza e che nell’esercizio della professione non avevo mai avuto l’opportunità di sperimentare in concreto.
Mettendomi al lavoro sul loro caso, con l’ausilio delle leggi n. 773
del 1931, n. 1423 del 1956 e n. 327 del 1988, mi sono fatto un quadro piuttosto dettagliato della questione; quadro che ora espongo.
Dalle mie ricerche ho potuto innanzitutto verificare che i fogli di via,
nella maggior parte dei casi, sono emessi nei confronti di soggetti
con un’alta capacità delinquenziale relazionata alla commissione di
reati collegati a territori e contesti sociali molto precisi. Il riferimento è
a persone appartenenti od in connessione con la criminalità organizzata del nostro paese (Mafia, Camorra, ‘Ndrangheta), o aventi comunque forti legami criminali nei territori di influenza.
In ogni caso, il presupposto della pericolosità del soggetto è, per legge, condizione necessaria per l’applicazione di tutte le misure di prevenzione, la cui adozione si basa su un giudizio di probabilità che il
soggetto possa compiere in futuro atti criminosi.
Avendo però le misure di prevenzione “natura formalmente amministrativa” (è la Polizia che avvia i procedimenti amministrativi ex artt. 7
e 8 L. 241/90), ed essendo le stesse caratterizzate da un’appli-cazione indipendente dalla commissione di un precedente reato (il che le
distingue dalle misure di sicurezza), la loro legittimità e l’opportunità
del loro utilizzo è rimasta, negli anni, argomento di un dibattito continuo.
Prima del 1988 (ma qualcuno sembra oggi averlo dimenticato), diventavano fattispecie di pericolosità rilevante, il semplice “vagabondaggio e l’oziosità”.
Con le modifiche apportate dalla legge 3 agosto 1988 n. 327, in cui
scompare la menzione degli oziosi e dei vagabondi quali soggetti naturali del provvedimento, la normativa passa a riferirisi unicamente a
soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi”, o “viventi abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”, ovvero a
coloro che siano “dediti alla commissione di reati che offendono o
mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità,
la sicurezza e la tranquillità pubblica”.
43
Come ricordato dal Fiandaca, la dottrina è concorde nell’affermare
che nonostante l’intento “preventivo”, tali misure non abbiano mai
raggiunto un effetto preventivo/rieducativo, venendo di fatto utilizzate
come strumento di controllo sociale di tipo sostanzialmente repressivo.
Inoltre, mancando dei chiari riferimenti legislativi alle fattispecie concrete di pericolosità, è lasciato alle Autorità di Pubblica Sicurezza un
ampio spazio operativo rispetto al quale, il difensore e la parte, possiedono strumenti di difesa alquanto limitati.
Partendo da un caso occorsomi personalmente, vorrei provare a
spiegare come viene avviato il procedimento amministrativo ex artt 7
e 8 L. 241/90 che, in questi casi, normalmente si conclude con il rimpatrio e con l’emissione del Foglio di Via Obbligatorio.
Prima di procedere in tal senso, ritengo tuttavia necessario individuare i soggetti destinatari delle misure di prevenzione e descrivere le
stesse nella previsione che ne viene fatta dal legislatore.
L’art. 1, L. 1423/56, così come modificato dall’art. 2, L. 327/88, prevede tre tipologie di soggetti suscettibili di vedersi applicata tale misura
di prevenzione:
1. coloro i quali debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto,
vivano abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività
delittuose;
2. coloro i quali, per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, vivano abitualmente,
anche in parte, con i proventi di attività delittuose;
3.
coloro i quali per il loro comportamento debba ritenersi,
sulla base di elementi di fatto, siano dediti alla commissione
di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica
o morale dei minorenni, la società, la sicurezza o la tranquillità pubblica.
Le misure preventive previste dal legislatore sono invece le seguenti:
1. Avviso Orale;
2. il rimpatrio con Foglio di Via Obbligatorio;
3. la sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza.
44
Poiché, per ovvie ragioni di spazio, questo scritto è limitato alla sola
misura del rimpatrio con Foglio di Via Obbligatorio, è opportuno passare ad indicare le conseguenze che è dato riscontrare nell’ipotesi di
emissione di un simile provvedimento.
Il Foglio di Via Obbligatorio è previsto dall’art. 2 della legge n.1423
del 1956, il quale stabilisce che “qualora le persone indicate nell’art. 1
(che ho prima descritto) siano pericolose per la sicurezza pubblica o
per la pubblica moralità e si trovino “fuori dai luoghi di residenza”, il
Questore può rimandarvele con provvedimento motivato e con “foglio
di via obbligatorio”, inibendo loro di ritornare, senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel Comune dal quale sono allontanate”.
E per quanto riguarda i senza fissa dimora?
Teoricamente, qualora la prassi adottata dalla Questura di Bologna
venisse fatta propria da tutte le Questure d’Italia, si arriverebbe al paradosso per cui, un cittadino italiano senza fissa dimora, non avrebbe
diritto di stazionare in nessun Comune del proprio Paese.
Il paradosso non sembri così estremo, esistono già casi segnalati di
persone nei confronti delle quali è stato emesso il foglio di via da più
Comuni. Nell’epoca della libera circolazione dei cittadini nell’Unione
Economica Europea, dunque, non rimane che prendere atto di come
vi siano tuttora persone alle quali è interdetto senza motivo circolare
in alcuni territori del loro Stato di appartenenza.
Esposizione del caso pratico
Tizio, mentre beveva una birra in compagnia di amici, seduto su una
panchina nei pressi di via Zamboni a Bologna, viene fermato dalla
Polizia per un normale controllo. Quando gli agenti verificano che Tizio ha la residenza in un Comune diverso da Bologna, gli consegnano un foglio, nel quale gli comunicano che da quel momento in poi è
avviato un procedimento amministrativo ex art. 7 e 8 L.241/90, e che
ha 30 giorni di tempo per presentare memorie o scritti difensivi, presso gli uffici della Questura.
45
Dalle parole degli agenti, Tizio apprende che il procedimento così avviato potrà concludersi con l’emissione di un Foglio di Via.
Ecco; pensate ad un “senza fissa dimora” che vive una quotidianeità
molto precaria, in una realtà molto lontana da quella che noi intendiamo come “normalità”, che si vede avviare il procedimento su descritto, e provate ad immaginare quello che farà in quella situazione? Egli
difficilmente presenterà memorie e scritti difensivi ed il procedimento
si concluderà con una probabile emissione del Foglio di Via Obbligatorio.
Tizio potrebbe poi essere veramente un senza fissa dimora e, pertanto, il foglio di via, illegittimo per l’assenza dei presupposti indicati dalla legge n. 327 del 1988, non verrebbe lui notificato personalmente,
poiché privo di recapito. Così come previsto dalla legge, allora, l’atto
verrebbe notificato con la procedura prevista per gli “irreperibili” ed il
nostro Tizio, ancora all’oscuro di tutto, ad un successivo controllo della Polizia risulterebbe con sua sorpresa “contravventore” di un foglio
di via e, come tale, verrebbe sottoposto al relativo procedimento penale per non aver ottemperato all’ordine di rimpatrio. Esito naturale
della vicenda, procedendo secondo l’art. 163 del T.U.L.P.S., sarebbe
l’arresto da uno a sei mesi.
Presso le Procure della Repubblica di mezza Italia, giacciono procedimenti penali avviati sulla base dell’emissione di fogli di via che
mancano di quei presupposti oggettivi di “pericolosità sociale”, della
quale ho parlato all’inizio di questo articolo e che in questo caso ho
raccontato.
Non a caso la lesione del diritto alla difesa e del contraddittorio, assieme alla violazione del diritto alla libertà di circolazione, sono i motivi che nel corso degli anni, hanno sempre caratterizzato le misure di
prevenzione come fortemente sospette di illegittimità costituzionale.
Il problema reale di queste misure, dunque, è che se la legge richiede una valutazione in concreto della pericolosità sociale, la prassi si
accontenta invece dell’emissione di misure preventive fondate su una
attività meramente discrezionale. È per questo che un tale strumento, così pericoloso se usato indiscriminatamente, andrebbe tecnica-
46
mente e normalmente applicato ai soggetti di cui sia comprovata una
effettiva capacità delinquenziale.
Per concludere la narrazione del caso che ho sopra descritto, Tizio si
è poi rivolto allo sportello di Avvocato di Strada, i cui volontari hanno
depositato memorie difensive e certificazioni attestanti la concessione in uso di un appartamento a Bologna e l’avvenuta iscrizione ad un
corso di formazione professionale.
L’assenza di precedenti penali o di carichi pendenti, ed una assenza
di condotte delittuose in genere, dovevano essere sufficienti a mio
avviso, per archiviare il procedimento. Secondo il mio parere, argomentando in altre parole, per il dettato della legge 327/88 non era necessario offrire quelle certificazioni, ma, per ovvie ragioni, le stesse
sono state ad ogni modo prodotte.
Inoltre, dovrebbe essere oramai a tutti chiaro che, per il solo fatto di
essere dei cittadini “oziosi e vagabondi, anche abili al lavoro”, non si
può certo essere destinatari di alcun Foglio di Via Obbligatorio, in
quanto così è oggi correttamente previsto dalla legge n. 327 del
1988.
In tempi come quelli attuali, nei quali la diversità è vista con sempre
maggiore diffidenza, ed i ritmi lavorativi, l’ambizione e l’egoismo danno poco spazio “all’attenzione all’altro”, è necessario ripartire dalla difesa dei diritti fondamentali del cittadino ancora protetti dalla nostra
Carta Costituzionale; ciò almeno sino a quando si voglia continuare a
vivere in un mondo nel quale sia protetto il diritto delle persone “diverse” ad essere diverse, e nel quale una collettività, per definirsi
tale, si dimostri capace di sostenere le persone che versano in difficoltà, che sono state più sfortunate e che noi troppo spesso chiamiamo ultimi .
“L’homme qui vive sans un peu de folie, n’est pas si sage qu’il croid”,
La Rochefoucod.
47
LA TUTELA DEL “DIRITTO AL LAVORO”
di Silvia Savigni
Le richieste degli utenti
Nei primi tre anni di attività lo sportello Avvocato di Strada ha affrontato numerose questioni riguardanti il diritto al lavoro.
Come emerge anche dalla disciplina costituzionale, il lavoro, oltre a
consentire ad ogni persona di assicurarsi l’indipendenza economica,
costituisce lo strumento fondamentale tramite il quale avviare il proprio percorso di inserimento e di integrazione nella società1. Assistendo le persone senza fissa dimora, ho potuto verificare l’impor-tanza di
entrambi questi profili.
In particolare, le questioni attinenti il diritto del lavoro affrontate da
Avvocato di Strada, possono essere suddivise in due categorie principali: da un lato, quelle inerenti problematiche connesse alla mancanza di lavoro e, dunque, alle difficoltà nella fase di ricerca e di inserimento lavorativo: dall’altro, controversie insorte una volta avviato il
rapporto di lavoro stesso.
Nell’ambito della prima categoria, rientrano i casi delle persone che
hanno richiesto assistenza legale affermando di “non poter lavorare
in quanto prive di residenza”. Chi non risulta residente e, dunque,
non iscritto nei registri anagrafici di un Comune, non può richiedere il
1
Nel rapporto “Mercato del lavoro ed esclusione sociale in Emilia-Romagna”
per l’anno 2002, presentato dall’Assessorato al Lavoro e alla Formazione Professionale della Regione Emilia-Romagna, si afferma che “le politiche attive
del lavoro, sono sempre più presenti nei programmi e nelle intenzioni.
È infatti unanimemente riconosciuto che disporre di un lavoro stabile, o almeno dell’opportunità di poterlo ottenere, rappresenti un requisito fondamentale
per l’inserimento sociale. Per aumentare l’efficacia di questa strategia viene
però riconosciuta la necessità di potenziare una gamma piuttosto ampia di
funzioni, come l’accesso all’istruzione e alla formazione professionale; il diritto
ad un alloggio decoroso, a livelli ragionevoli di assistenza sanitaria e ai principali servizi sociali. In tutti gli Stati, i Governi si dicono impegnati a lottare contro l’esclusione e ad aumentare gli sforzi per agevolare la ricerca di un posto
di lavoro, migliorando l’occupabilità e le opportunità di autoimpiego”.
48
libretto di lavoro, non può essere iscritto nelle liste di collocamento e
non può essere titolare di partita iva. In sintesi, non può svolgere regolarmente né un’attività che comporti un rapporto di lavoro subordinato, né un lavoro autonomo.
A titolo esemplificativo, questo è quanto accaduto al sig. D.A. il quale,
pur essendo in possesso del titolo professionale e della formazione
necessaria, non ha potuto, per ben due anni, svolgere alcuna attività
lavorativa poiché privo di residenza. Solo a seguito dell’iscrizione nei
registri anagrafici del Comune di Bologna, il sig. D.A. ha potuto ottenere l’attribuzione della partita iva ed adempiere a tutte le formalità fiscali e burocratiche necessarie per l’avvio di una attività di lavoro autonomo.
In un secondo caso, la signora Z.L. si è rivolta allo sportello di Avvocato di Strada affermando che il Comune, non avendole rilasciato il libretto di lavoro, le aveva procurato la perdita di una opportunità di lavoro interinale. La signora era priva di residenza, poiché era stata costretta ad abbandonare il suo domicilio a seguito di un periodo trascorso in carcere. L’assenza della signora Z.L. era stata accertata dal
Comune che, dopo alcuni mesi, aveva provveduto alla cancellazione
dai registri anagrafici.
Numerose sono le questioni attinenti lo svolgimento e l’interruzione di
rapporti di lavoro e molte persone si sono rivolte al nostro sportello
chiedendo di verificare se il loro licenziamento fosse avvenuto in conformità a quanto prescritto dalla legge. In un caso che abbiamo affrontato una persona era stata assunta da una cooperativa sociale e,
successivamente, licenziata dal datore di lavoro durante il periodo di
prova senza alcuna motivazione. Un secondo esempio è quello di un
utente in cerca di occupazione che si era rivolto ad un’agenzia di lavoro interinale e che, dopo avere svolto periodi di lavoro a tempo determinato presso due differenti imprese, una volta dislocato dall’agenzia di lavoro presso una terza, veniva licenziato senza alcuna giusta
causa o giustificato motivo.
A volte, in casi come questi, abbiamo potuto verificare immediatamente la legalità o meno del licenziamento; in altre situazioni, come,
ad esempio, quella del lavoratore interinale, è stato consigliato all’u-
49
tente di rivolgersi prima al sindacato specifico per effettuare tutti gli
accertamenti preliminari.
In un’altra vicenda il lavoratore tutelato da Avvocato di Strada, dopo
aver lavorato a tempo determinato per una azienda portando a termine regolarmente il rapporto di lavoro, non aveva ricevuto le somme
corrispondenti alle due ultime buste paga. A fronte di tale inadempimento del datore di lavoro è stato necessario l’intervento legale di un
avvocato che ha predisposto una lettera di diffida ad adempiere indirizzata al datore di lavoro, azione che ha permesso di risolvere bonariamente la questione.
Infine, alcune questioni hanno riguardato anche il tema degli infortuni
e delle malattie professionali. Un esempio particolare è quello di un
utente che aveva ottenuto una borsa lavoro nell’ambito di un progetto
di reinserimento lavorativo. L’attività svolta da questa persona nel periodo di borsa lavoro si era rivelata non idonea alle condizioni di salute dell’interessato che, a seguito del lavoro svolto, aveva avuto un
notevole peggioramento delle proprie condizioni fisiche. Dal punto di
vista giuridico è stato necessario, innanzitutto, effettuare alcune verifiche sull’esistenza del nesso di causalità tra l’attività lavorativa e il
danno riportato. Inoltre, nel caso di specie, poiché la borsa lavoro
non fa sorgere un rapporto di lavoro subordinato, si è reso necessario verificare, altresì, le coperture assicurative e l’imputazione della
responsabilità.
Il diritto al lavoro nella Costituzione
Per “lavoro” si intende ogni tipo di attività di impiego di energie fisiche
e intellettuali dell’uomo per la produzione o lo scambio di beni e/o di
servizi. Sotto un profilo economico, pertanto, il lavoro si identifica con
qualsiasi attività psicofisica che comporti impiego di energie e che sia
idonea a soddisfare un bisogno individuale o collettivo. Da un punto
di vista giuridico, inoltre, il lavoro rappresenta il rapporto giuridico tra
due soggetti: il lavoratore che presta la propria attività e il datore di
lavoro che usufruisce di tale prestazione per la soddisfazione di pro-
50
pri interessi. Ciò vale per tutte le forme di lavoro, poiché a prescindere dalle diverse configurazioni che il rapporto assume, si è sempre in
presenza di un rapporto giuridico qualificato e tutelato come rapporto
di lavoro.
Al lavoro è dedicato uno spazio rilevante nella nostra Costituzione:
l’art. 1, comma 1, Cost. afferma infatti che “L’Italia è una Repubblica
democratica fondata sul lavoro” e, nella parte dedicata ai Principi
Fondamentali, l’art. 4 sancisce che “La Repubblica riconosce a tutti i
cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. L’effettività del diritto al lavoro si esplica in una articolata serie di leggi che disciplinano l’accesso al lavoro, lo svolgimento del rapporto di lavoro, i diritti e gli obblighi connessi, la sua
cessazione.
In particolare, lo Statuto dei Lavoratori, L. 300/1970 vieta al datore di
lavoro di attuare trattamenti discriminatori tra i lavoratori, tutela la libertà di opinione e di associazione in sindacati, vieta di adibire il lavoratore a mansioni inferiori a quelle per le quali sia stato assunto, e,
inoltre, pone una serie di garanzie per evitare licenziamenti illegittimi,
fino alla reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente ingiustificatamente licenziato.
L’art. 4, comma 2, Cost. sancisce, altresì, che “Ogni cittadino ha il
dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Il riconoscimento del lavoro oltre che come diritto
del singolo, anche come dovere, sottolinea la dimensione sociale dell’attività lavorativa e la sua connotazione, non solo privatistica, ma
anche pubblicistica. La previsione di un simile dovere è attuazione
del principio di solidarietà che impone a coloro che ne abbiano le
possibilità o i mezzi di adoperarsi per dare il loro contributo alla collettività. Questa norma, quindi, sottolinea l’importanza attribuita al lavoro nell’ambito dello Stato Sociale. Il lavoro non è solo mezzo di sussistenza, ma anche strumento necessario per affermare le proprie capacità e, quindi, la propria personalità.
La previsione dell’art 4 Cost. deve essere anche collegata al principio
di uguaglianza sostanziale disposto dall’art. 3, comma 2, Cost. che
51
assegna alla Repubblica il compito di eliminare gli ostacoli alla libertà
e all’uguaglianza, che impediscono l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Le altre norme costituzionali che disciplinano il lavoro sono contenute
nel Titolo III “Rapporti economici” della Costituzione. Gli artt. 35-40
Cost. disciplinano le condizioni di lavoro al fine di garantire l’integrità
fisica dei lavoratori ed il rispetto della loro dignità. Tali norme costituzionali si riferiscono al lavoratore subordinato e dettano i principi che
devono essere recepiti dalle leggi ordinarie che disciplinano il rapporto di lavoro in tutte le fasi, dalla costituzione alla cessazione. Per questo motivo tutti i diritti riconosciuti dalla Costituzione al lavoratore
sono irrinunciabili e indisponibili.
L’art. 35 Cost., in esecuzione del principio di uguaglianza, riguarda la
tutela del lavoro, in tutte le sue forme ed applicazioni, la formazione e
l’elevazione professionale dei lavoratori. Inoltre, il secondo comma
del medesimo articolo, riconosce e tutela anche la dimensione internazionale del diritto al lavoro laddove afferma che la Repubblica promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali che
regolano il diritto al lavoro, riconosce la libertà di emigrazione e tutela
il lavoro italiano all’estero.
Altre importanti disposizioni sono contenute nell’art. 36 Cost. secondo il quale la retribuzione deve essere proporzionata alla qualità e
quantità di lavoro prestato e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare
al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La
52
proporzionalità2 e la sufficienza3 sono i due requisiti della retribuzione
che devono essere inderogabilmente rispettati sia dalla legge sia dai
contratti, individuali e collettivi.
Nel nostro ordinamento, nonostante la previsione programmatica dell’art. 36 Cost., è sempre mancato un intervento del legislatore in materia e, pertanto, in assenza di una legislazione che fissasse i minimi
salariali la giurisprudenza ha provveduto a colmare il vuoto. In particolare, i giudici, in caso di mancanza di pattuizione della retribuzione
o, a fronte di una pattuizione della retribuzione in misura insufficiente,
hanno ritenuto che debba essere corrisposto dal datore di lavoro una
somma equivalente alla retribuzione minima prevista dal contratto
collettivo della categoria4.
L’art. 37 Cost. garantisce alla donna lavoratrice e al minore gli stessi
diritti e, a parità di lavoro, la stessa retribuzione che spetta al lavoratore.
2
Proporzione però non significa parità di trattamento nei rapporti di lavoro, infatti, come affermato da Cass. 16/06/1979 n. 4149 “Tale principio, in particolare, non può evincersi dall’art. 36 Cost. che fissa il criterio della proporzionalità
ed adeguatezza della retribuzione, con esclusivo riferimento al singolo rapporto di lavoro e a prescindere quindi da ogni comparazione intersoggettiva”. L’inesistenza di un principio generale di parità di trattamento economico e normativo è stata anche recentemente affermata dalla Corte di Cassazione:
Cass. Sez. un. 29/05/1993 n. 6030 e Cass. Sez. un. 17/05/1996 n. 4570). Bisogna precisare tuttavia che l’art. 16 dello Statuto dei Lavoratori vieta espressamente la concessione di trattamenti economici di maggior favore che abbiano carattere discriminatorio perché determinati esclusivamente da ragioni politiche, sindacali, religiose, di sesso o di razza.
3
La contrattazione collettiva e, in rari casi, il potere legislativo, fissano una retribuzione minima per ogni categoria. Il trattamento economico previsto per il
lavoratore subordinato dalla contrattazione collettiva deve presumersi corrispondente ai criteri di adeguatezza e sufficienza previsti dall’art. 36. Tale presunzione è, tuttavia, relativa e può essere vinta dal lavoratore che dimostri l’insufficienza del proprio trattamento provando le caratteristiche peculiari della
sua prestazione, che la differenziano da quelle tipiche contemplate nella regolamentazione specifica di categoria (Cass. 27/04/1978 n 1986; Cass.
18/05/1984 n. 3086).
4
Cass. 13/10/1987 n. 7563; Cass. 29/08/1987 nn. 7131 e 7132; Cass.
14/05/1997 n. 4224.
53
Il successivo art. 38 Cost. sancisce il diritto del lavoratore ad adeguate forme di previdenza ed assistenza sociale. Questa norma costituzionale tutela l’individuo in quanto tale, a prescindere dalla sua attitudine a produrre ricchezza. All’assistenza e previdenza sociale provvedono organi o istituti pubblici tra i quali in particolare l’INPS, che
gestisce la tutela previdenziale dei lavoratori e l’INAIL, competente in
materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Alcuni profili di normativa speciale
Nel nostro ordinamento la disciplina specifica del rapporto di lavoro è
contenuta in numerose leggi ordinarie ed è diversificata a seconda
della tipologia di rapporto instaurato. A partire dagli anni ’90 gli interventi legislativi in materia sono stati numerosi e, in molti casi, sono
stati orientati a realizzare una politica attiva del lavoro. La maggior
parte degli utenti ricevuti allo sportello ha richiesto assistenza per
questioni attinenti un rapporto di lavoro speciale o atipico. Contratti a
tempo determinato, lavoro interinale, categorie aventi diritto al collocamento obbligatorio, borsa lavoro, sono state le tipologie di rapporto
di lavoro affrontate allo sportello.
Per le persone senza fissa dimora il lavoro interinale, programmi di
inserimento lavorativo tramite borsa lavoro, o ancora forme di lavoro
atipico presso cooperative sociali di inserimento lavorativo, sono le
forme di lavoro più frequenti.
Per questo motivo può essere utile descrivere le linee essenziali dei
rapporti sopra citati.
Il rapporto di lavoro subordinato è disciplinato dal Codice Civile, Libro
V “Del Lavoro”, artt. 2060 ss. L’art. 2094 c.c. definisce “Prestatore di
lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare
nell’impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. Il codice civile indivi-
54
dua così, come caratteri costitutivi del rapporto di lavoro subordinato,
la collaborazione e la subordinazione.
A differenza del lavoro subordinato, nel rapporto di lavoro autonomo
la persona si obbliga a compiere, verso corrispettivo, un’opera o un
servizio con lavoro proprio e senza subordinazione nei confronti di un
committente. Il contratto d’opera che regolamenta questo rapporto è
disciplinato dagli artt. 2222 e seguenti, c.c.
La recente legislazione, oltre a prevedere forme di lavoro differenti rispetto alle due tradizionali sopra citate, in risposta alle esigenze dell’attuale mercato del lavoro, è anche intervenuta nella fase di costituzione del rapporto di lavoro. Verso la fine degli anni 90, infatti, il legislatore ha avviato con il D. Lgs 469/1997 la riforma dell’istituto del
collocamento al lavoro, demolendo il vecchio assetto legislativo basato sul modello monopolistico del collocamento pubblico5 e prevedendo un nuovo modello di gestione dei servizi per l’impiego e delle politiche occupazionali. Con il Decreto Legislativo citato si è provveduto,
in primo luogo, al decentramento delle funzioni in materia di politica
attiva del lavoro e di collocamento e, in secondo luogo, a riconoscere
l’operatività di agenzie private di collocamento.
La nuova organizzazione del collocamento pubblico è costituita da
organi pubblici statali (uffici presso il Ministero del Lavoro), organi re-
5
La Corte di Giustizia CE con sentenza 11/12/1997, C-55/96, pronunciandosi
sul tema dell’attività di collocamento ha affermato che “Gli uffici pubblici di collocamento sono soggetti al divieto dell’art. 86 del Trattato nei limiti in cui l’applicazione di tale disposizione non vanifichi il compito particolare loro conferito. Lo Stato membro che vieti qualunque attività di mediazione e interposizione tra domanda e offerta di lavoro che non sia svolta da detti uffici trasgredisce l’art. 90 n. 1 Trattato CE se dà origine ad una situazione in cui gli uffici
pubblici di collocamento saranno necessariamente indotti a contravvenire alle
disposizioni dell’art. 86 del Trattato. Ciò si verifica quando: - gli uffici pubblici
di collocamento non sono palesemente in grado di soddisfare, per tutti i tipi di
attività, la domanda esistente sul mercato del lavoro; - l’espletamento effettivo
delle attività di collocamento da parte delle imprese private viene reso impossibile dal mantenimento in vigore di disposizioni di legge che vietano le dette
attività comminando sanzioni penali e amministrative; - le attività di collocamento di cui trattasi possono estendersi a cittadini o territori di altri Stati membri.
55
gionali e organi a livello provinciale (Centri per l’Impiego, Direzione
Provinciale del Lavoro e Commissione Provinciale Unica).
Inoltre, il D. Lgs 469/97 ha introdotto la c.d. mediazione privata prevedendo e disciplinando forme di collocamento privato affidate ad imprese, società, cooperative aventi i requisiti richiesti6.
Dopo i primi interventi legislativi degli anni ’90, l’intera materia dell’occupazione e del mercato del lavoro è stata riformata dal recentissimo
D. Lgs. 276/2003 (c.d. Riforma Biagi).
La L. 68/99 ha disposto la nuova disciplina del collocamento obbligatorio. Le persone che hanno diritto di usufruire del collocamento obbligatorio sono individuate dall’art. 1 della citata legge: persone in età
lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, accertata dalle commissioni competenti; persone invalide del lavoro con una invalidità superiore al 35%,
accertata dall’INAIL; persone non vedenti o sordomute; persone invalide di guerra, civili e per servizio con minorazioni ascritte dalla prima
all’ottava categoria (secondo le tabelle annesse al Testo Unico delle
norme in materia di pensioni di guerra).
A tali categorie sono riservate quote di assunzioni a carico dei datori
di lavoro pubblici e privati: 7% dei lavoratori occupati nel caso di datori con più di 50 dipendenti; 2 lavoratori per i datori che hanno da 36
a 50 dipendenti; 1 lavoratore per i datori che hanno tra i 15 e i 35 dipendenti. La legge 68/99 prevede che i datori di lavoro assumano i
lavoratori facendone richiesta di avviamento agli uffici competenti.
Quindi, a differenza della precedente normativa che prevedeva esclusivamente il meccanismo della richiesta numerica, la L. 68/99 prevede anche la richiesta nominativa. I lavoratori disabili che rientrano
nelle categoria individuate dall’art. 1 della L. 68/99 possono iscriversi
negli elenchi tenuti presso i Centri per l’Impiego. I datori di lavoro devono presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione non
6
In Italia la domanda e l’offerta di manodopera sono sempre state gestite da
uffici pubblici di collocamento e regolate dalla L. 264/49 che vieta l’esercizio
della mediazione tra domanda e offerta di lavoro subordinato da parte di privati, anche se gratuito.
56
appena viene raggiunta la soglia dimensionale prescritta. Qualora l’azienda rifiuti l’assunzione del lavoratore invalido la Direzione Provinciale del Lavoro redige un verbale che trasmette agli uffici competenti
e all’autorità giudiziaria. Se, invece, il lavoratore rifiuta senza giustificato motivo l’assunzione, la Direzione Provinciale dispone la decadenza dal diritto all’indennità di disoccupazione ordinaria e la cancellazione dalle liste di collocamento per un periodo di sei mesi.
Per quanto riguarda lo svolgimento del rapporto di lavoro i lavoratori
disabili assunti tramite collocamento obbligatorio hanno diritto al normale trattamento economico e normativo previsto per la generalità
dei lavoratori dalla contrattazione collettiva. Inoltre, l’art. 10 della L.
68/99, afferma che “il datore di lavoro non può chiedere al disabile
una prestazione non compatibile con le sue minorazioni”. Nel caso di
aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni
dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato
di salute. Allo stesso modo, il datore di lavoro può richiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se
possa continuare ad essere impiegato nell’azienda. In ogni caso,
qualora venga accertata una condizione di salute incompatibile con la
prosecuzione dell’attività lavorativa, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a quando persista lo
stato di incompatibilità. Il rapporto di lavoro può essere risolto quando
la commissione A.S.L. accerti la definitiva impossibilità di reinserire il
disabile nell’organizzazione lavorativa.
Anche in questo rapporto di lavoro è ammissibile il patto di prova.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ritiene che l’esperimento del patto di
prova deve essere effettuato (a pena di nullità dell’eventuale licenziamento) con mansioni compatibili con lo stato di salute dell’invalido e
tenuto conto della sua residua capacità lavorativa7.
Nell’ambito degli interventi di politica attiva del lavoro nel corso degli
anni ’90, numerosi sono stati gli strumenti attivati dal legislatore per
7
Così Cass. Sez. un. 27/03/1979 n. 1784 ; sez. Un. 1/03/1989 n. 1104 ; sul
tema si vedano anche Cass. Sez. lav. 2/08/1999 n. 8375; Cass. Sez. lav.
12/03/1999 n. 2228; Cass. Sez. lav. 29/05/1999 n. 5290.
57
favorire l’inserimento occupazionale dei giovani che hanno particolare attenzione al profilo della formazione professionale, anche tramite
la riformulazione dei contratti di formazione e lavoro e di apprendistato. In particolare, la legge 196/97 ha, per prima, riordinato tutta la
materia dell’inserimento lavorativo e del ricollocamento dei disoccupati, introducendo nel nostro ordinamento il lavoro interinale, considerato una delle massime forme di flessibilità nell’attuale sistema del
mercato del lavoro. In tale ipotesi, un’agenzia di collocamento privata
seleziona soggetti in cerca di occupazione indirizzandoli verso lavori
temporanei presso imprese che necessitano di manodopera. Il lavoro
interinale è costituito dall’intrecciarsi di tre differenti rapporti: agenzia
di lavoro e impresa richiedente; agenzia di lavoro e prestatore di lavoro; impresa richiedente e prestatore di lavoro. Il prestatore di lavoro
è assunto dall’agenzia di lavoro interinale con un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo che può essere a tempo determinato o
a tempo indeterminato. Egli ha diritto a ricevere la retribuzione e i
contributi previdenziali solo ed esclusivamente dall’impresa di lavoro
interinale che lo ha assunto. L’impresa che utilizza il prestatore di lavoro è tenuta a rimborsare all’agenzia che ha fornito il prestatore di
lavoro temporaneo gli importi corrisposti al lavoratore. Infatti, tra l’agenzia di lavoro interinale e l’impresa che utilizza i lavoratori intercorre un contratto di fornitura di lavoro temporaneo tramite il quale è regolata la fornitura di prestatori di lavoro temporaneo.
Con l’entrata in vigore del recente D. Lgs. 276/2003, sono state introdotte altre forme di lavoro estremamente flessibile quali, ad esempio,
il lavoro intermittente, il lavoro ripartito (o job sharing) ed il lavoro a
progetto.
Oltre a queste previsioni altre particolari misure sono rivolte alla promozione dell’occupazione giovanile, in particolare: i tirocini formativi e
di orientamento (stage) attraverso i quali il giovane acquisisce un’esperienza pratica della realtà lavorativa e completa la formazione
scolastica o professionale. È importante sottolineare che, mentre con
il contratto di formazione e lavoro e di quello di apprendistato sorge
un rapporto di lavoro subordinato, il tirocinio non fa sorgere un rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che, al tirocinante e
58
all’impresa che se ne avvale, non sono applicabili le norme ed i principi tipici del lavoro subordinato.
Ricordiamo, inoltre, le borse di lavoro che rappresentano l’intervento
con maggiori possibilità di fornire immediate prospettive d’impiego.
Esse mirano ad inserire prevalentemente giovani inoccupati mediante l’incentivo dell’azzeramento dei costi retributivi e contributivi per
l’impresa. La retribuzione è, infatti, a totale carico del Governo che la
eroga attraverso l’INPS oppure a carico delle amministrazioni locali.
Essa è costituita da un compenso che corrisponde, nella maggior
parte dei casi, a circa € 500,00 mensili. La fascia d’età privilegiata
nell’assegnazione di borse lavoro è quella dei giovani compresi tra i
21 e i 32 anni. La durata della borsa lavoro non può essere superiore
a 12 mesi e varia a seconda delle dimensioni dell’impresa. L’orario di
impiego presso le imprese è a tempo parziale per un totale di circa
20 ore settimanali e per non più di 8 ore giornaliere. L’impegno nell’attività prevista dalla borsa lavoro non determina l’instaurazione di
un rapporto di lavoro subordinato.
Un ruolo importante nell’inserimento lavorativo è svolto anche dalle
cooperative sociali di tipo B. Tali cooperative, infatti, promuovono l’integrazione sociale di persone a rischio di emarginazione mediante la
creazione di effettive opportunità di inserimento lavorativo8.
8
Un esempio è la cooperativa La Strada di Piazza Grande, nata nel 1997, il
cui obiettivo principale consiste nell’inserimento lavorativo di persone in condizioni di forte disagio sociale, escluse dal normale circuito economico.
59
IL DIRITTO ALLA RESIDENZA: LA PRIMA CAUSA DEGLI AVVOCATI DI STRADA
di Antonio Mumolo e Paola Pizzi
Uno dei problemi più sentiti dalle persone senza fissa dimora è, senza dubbio, quello della mancanza della residenza.
Non essere iscritti in un registro anagrafico della popolazione, infatti,
significa non poter godere di quei diritti fondamentali riconosciuti dalla
nostra Costituzione.
Del resto è noto che la materia anagrafica è improntata non solo ad
esigenze di diritto pubblico collegate al servizio elettorale, al servizio
di leva, alla riscossione dei tributi, alle notificazioni, ecc…, ma attiene
anche alla tutela di posizioni giuridiche private.
La mancanza della residenza, pertanto, costituisce una grave limitazione di quei diritti che la nostra Costituzione qualifica come diritti
fondamentali, assoluti, incoercibili ed inviolabili dell’individuo.
La rilevanza giuridica della iscrizione nei registri anagrafici della popolazione residente, dunque, viene percepita proprio da quanti, come
i senza fissa dimora, subiscono sulla propria pelle la negazione dei
diritti che tale loro condizione li porta a vivere quotidianamente.
Chi non risulta iscritto in nessuna delle liste anagrafiche della popolazione residente di un Comune, non è iscritto nelle liste elettorali: di
conseguenza è nella impossibilità di esercitare il diritto di voto.
La compressione di tale diritto manifesta la sua rilevante lesività se si
considera che il diritto al voto, secondo quanto previsto dalla Costituzione (art. 48), “non può essere limitato se non per incapacità civile o
per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”. Fuori dalle ipotesi espressamente previste
dalla Carta Fondamentale, non è ammissibile alcuna forma di impedimento e/o limitazione all’esercizio di un diritto tanto importante quale
quello di poter concorre al governo del proprio Stato.
Vi è poi da evidenziare che l’attuale legge elettorale prevede che ogni
cittadino possa sottoscrivere la dichiarazione di presentazione di coloro che concorrono alla elezione nel proprio collegio elettorale. I can-
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didati, infatti, per poter competere, devono raccogliere un determinato numero di sottoscrizioni di elettori del proprio collegio.
È evidente, quindi la gravità della condizione di chi, essendo senza
fissa dimora, non può esercitare un diritto che - per definizione costituzionale - è assoluto, inviolabile, incoercibile.
Non essere iscritto nel registro della popolazione residente in un determinato Comune significa non poter godere appieno della assistenza sanitaria nazionale.
Infatti, il cittadino che si trova privo della residenza, ha maggiore difficoltà ad usufruire delle strutture sanitarie pubbliche presenti nel territorio nazionale e può accedere ad esse solo tramite il servizio di
pronto soccorso.
Basti pensare che il cittadino privo di residenza non può usufruire di
un proprio medico curante, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Eppure anche il diritto alla salute è ampiamente riconosciuto e tutelato dalla Costituzione e già la sola difficoltà ad accedere al servizio
pubblico sanitario sarebbe di per sé sufficiente a considerare minato
tale diritto fondamentale.
La potenziale lesività di tale situazione è tanto evidente, nella sua
gravità, da non necessitare di ulteriori commenti.
La mancanza della residenza comporta, di fatto, una maggiore difficoltà nel reperimento di un lavoro stabile che permetta una esistenza
libera e dignitosa.
Lo status-condizione di anagraficamente irreperibile rende irrealizzabile qualsiasi ipotesi lavorativa: non si può, infatti, regolarizzare la
posizione burocratico-amministrativa nei confronti di qualsivoglia Albo
Professionale, la posizione fiscale, il rapporto con eventuali datori di
lavoro, collaboratori e clienti.
Tutto ciò si traduce, dunque, nell’impossibilità oggettiva di esercitare
effettivamente il diritto al lavoro, reperendo una occupazione di natura subordinata o autonoma.
Neppure l’esercizio autonomo di una professione è garantito: senza
la residenza, infatti, non si può essere titolare di partita I.V.A. (richiesta dalla legislazione fiscale), perché tra la documentazione necessaria per l’apertura della posizione I.V.A. vi è il certificato di residenza.
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Alla luce di tali brevi cenni, ben si comprende che non a caso, il primo utente dello sportello dell’Avvocato di Strada è stato un cittadino
senza fissa dimora, che ha chiesto di poter ottenere la residenza nel
Comune di Bologna.
La vicenda, sfociata poi in un ricorso d’urgenza dinanzi al Tribunale
di Bologna, ha avuto il suo inizio nel 1999, quando il sig. Mario (nome
di fantasia), aveva formulato da tempo la richiesta di ottenere la residenza.
Lo stesso, precedentemente iscritto presso il registro anagrafico del
Comune di Pomigliano D’Arco (NA), risultava da tempo anagraficamente irreperibile; pertanto, sin dal 1997, egli provvedeva a richiedere la residenza presso il Comune di Bologna. A seguito di tale richiesta, gli veniva riferito che era stato inserito in una “lista di attesa” insieme ad altre persone che, come lui, avevano formulato medesima
istanza.
Nell’ottobre del 2000 il sig. Mario, non avendo ancora ricevuto comunicazioni in relazione alla sua richiesta di residenza, chiedeva al Comune di Bologna notizie in merito alla lista d’attesa per la concessione della residenza, al fine di ottenere informazioni rispetto alla propria
posizione in graduatoria.
Un mese dopo, il Direttore del Settore Coordinamento Servizio Sociale Adulti del Comune di Bologna, comunicava al sig. Mario l’impossibilità di “prendere visione della lista d’attesa per l’iscrizione nella convivenza anagrafica in via Sabatucci n. 2 per rispetto della privacy delle altre persone iscritte”. Precisava, altresì, che il suo nominativo era
“stato reinserito nella suddetta lista il 16/10/2000, quando è pervenuta al Servizio Sociale Adulti la dichiarazione di irreperibilità presso il
Comune di Pomigliano D’Arco (NA)”.
Il sig. Mario riscontrava la lettera del Direttore del Settore Coordinamento, Servizio Sociale Adulti del Comune di Bologna, evidenziando
che non gli era stato fornito alcun utile parametro di valutazione in
merito alla sua posizione nella suddetta lista.
Faceva altresì presente di aver chiesto alla responsabile della struttura presso cui era domiciliato, di conoscere - almeno - il proprio numero di posizione in tale lista; ciò non avrebbe leso in alcun modo il
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diritto alla privacy delle altre persone iscritte nella lista. Chiedeva,
inoltre, di essere periodicamente informato sull’andamento della sua
posizione nella lista di attesa. La richiesta rimaneva senza alcun riscontro.
Nel gennaio del 2001, il sig. Mario si rivolgeva agli operatori dello
sportello dell’Avvocato di Strada, chiedendo un aiuto per risolvere la
sua situazione.
Su suggerimento dei legali che prestano la propria attività in tale
struttura, il sig. Mario inviava una lettera al Sindaco del Comune di
Bologna, chiedendo formalmente di ottenere la residenza in via Sabatucci n. 2, luogo in cui egli era domiciliato sin dal marzo 1999 e
dove aveva la sua dimora; lo stesso chiedeva inoltre, ai sensi della
Legge 241/90, di conoscere i criteri in uso a Bologna per ottenere la
residenza e quelli utilizzati per predisporre le “liste d’attesa”, di conoscere il nome del funzionario incaricato ad occuparsi della suddetta
richiesta e di ricevere risposta presso il domicilio eletto presso l’Associazione Amici di Piazza Grande, via A. Di Vincenzo 26/f, Bologna.
In riscontro a tale richiesta, la Responsabile dell’Ufficio Atti Migratori
dell’Anagrafe di Bologna, precisava che, in caso di convivenza, la domanda per ottenere la residenza deve pervenire dal Responsabile
della convivenza e, inoltre, sottolineava che i criteri seguiti dal Comune di Bologna in tale materia sono i medesimi attuati dagli altri Comuni, in quanto ogni Ufficio Anagrafico agisce in base alla stessa normativa nazionale (sic).
Comunicava inoltre che, secondo il Comune, il procedimento per ottenere la residenza, non era ancora iniziato e che, “all’atto dell’avvio
del procedimento”, gli sarebbe stata consegnata “una ricevuta nella
quale saranno indicati i dati del responsabile del procedimento e dell’Ufficiale d’Anagrafe addetto all’avvio del procedimento”.
In sostanza, il sig. Mario, dopo aver richiesto la residenza sia tramite
il Responsabile della convivenza di via Sabatucci 2, sia personalmente con richiesta indirizzata al Sindaco di Bologna, apprendeva che il
relativo procedimento non era nemmeno iniziato!
Nel marzo del 2001 il sig. Mario inviava una lettera raccomandata,
formulata ai sensi della L. 241/90, al Comune di Bologna in persona
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del Sindaco pro-tempore, al Servizio sociale adulti ed anche ai servizi demografici del Comune. In tale lettera specificava di aver già formulato domanda di residenza, di aver fatto richiesta di conoscere i
criteri in uso a Bologna per ottenerla e di aver fatto istanza per conoscere i criteri utilizzati per predisporre le “liste d’attesa”. Poiché la risposta del Comune non appariva esaustiva in merito alle domande
formulate, il sig. Mario richiedeva i seguenti chiarimenti che testualmente si riportano:
- “se per i senza fissa dimora è possibile ottenere la residenza essendo ospiti in una struttura pubblica come il centro G. Beltrame;
- se per i senza fissa dimora è possibile ottenere la residenza
presso un’associazione;
- se esiste un numero prefissato di residenze assegnate dal comune di Bologna alle singole strutture come il centro G. Beltrame;
- se tale numero esiste, come è possibile ottenere la residenza a
Bologna per coloro che sono effettivamente ospitati presso il
centro G. Beltrame, quando tale numero sia stato raggiunto;
se i richiedenti sono inseriti in liste di attesa;
quali sono i criteri di inserimento in tali liste;
- se sono previsti criteri diversi in base ai motivi addotti per la richiesta, con particolare riferimento ad eventuali motivi di urgenza”.
In riscontro a tale ultima raccomandata, la Responsabile dell’Ufficio
Atti Migratori precisava che per ottenere la residenza anagrafica è
determinante unicamente la dimora abituale, indipendentemente dalla natura dell’alloggio. Tuttavia, anche il contenuto di tale lettera non
chiariva definitivamente la questione, in quanto le affermazioni ivi
contenute sembravano in contraddizione. Infatti, da un lato si precisava che, in caso di convivenza, secondo la normativa vigente (D.P.R.
30/05/1989 n. 223), la richiesta della residenza era “di competenza
del responsabile della struttura”; dall’altro che la persona interessata
(sig. Mario) poteva “sempre presentarsi direttamente presso un qualsiasi ufficio anagrafico di quartiere e fare istanza di iscrizione anagra-
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fica all’indirizzo della convivenza”. Infine, si affermava che l’Ufficio
Anagrafe non pone limiti alle richieste di residenza anche se “è altresì evidente che ogni struttura ha una sua capienza e quindi una sua
disponibilità che può essere limitata solo ad un determinato numero
di persone”.
Il sig. Mario aveva la qualifica professionale di Pranoterapeuta, ma
non poteva esercitare la sua professione né come lavoratore subordinato né come lavoratore autonomo, in quanto la mancanza di residenza non gli consentiva di ottenere le necessarie certificazioni e gli
impediva di essere titolare della partita I.V.A.
La mancanza di residenza rendeva altresì impossibile al sig. Mario l’iscrizione alle liste elettorali, con la conseguente impossibilità sia di
votare, sia di sottoscrivere la dichiarazione di presentazione del candidato del suo collegio, che di sottoscrivere petizioni ai sensi dell’ art.
50 della Costituzione.
La mancanza di residenza gli rendeva oggettivamente difficile l’esercizio del diritto alla salute e ciò era ancor più grave, nel caso di specie, in quanto il sig. Mario era invalido al 40%.
La mancanza di residenza, inoltre, gli precludeva ogni possibilità di
ottenere un alloggio presso l'istituto autonomo case popolari.
La condizione del sig. Mario, dunque, costituiva un esempio eclatante
di come la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, affermati e riconosciuti a livello costituzionale all’uomo in quanto tale, a prescindere
dalla sua condizione, venisse di fatto negata a persone che vivono in
condizioni di estrema precarietà solo perché privi della residenza.
A questo punto il sig. Mario adiva il Tribunale di Bologna in via d’urgenza, anche in considerazione del rischio, attuale ed evidente, di
grave compressione dei suoi diritti politici: egli infatti, in mancanza di
immediata concessione della residenza, non avrebbe potuto sottoscrivere le liste dei candidati delle all’epoca imminenti consultazioni
elettorali e non avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di voto nelle
- all’epoca imminenti - elezioni politiche.
A seguito della notifica del ricorso d’urgenza avvenuta in data
13.04.2001, il Comune di Bologna provvedeva ad iscrivere il sig. Mario nelle liste anagrafiche della popolazione residente.
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Dopo soli sette giorni dalla notifica del ricorso, dunque, il Comune gli
riconosceva il diritto ad ottenere la residenza presso il dormitorio di
Bologna.
All’udienza di discussione dinanzi al Tribunale Civile, il Comune di
Bologna, tuttavia, chiedeva non solo che venisse rigettata la richiesta
del sig. Mario, ma che lo stesso venisse condannato al pagamento
delle spese processuali.
Dopo ampia discussione ed il deposito di memorie, il Giudice del Tribunale di Bologna, riconoscendo fondate le richieste del ricorrente
sig. Mario, accertava il suo diritto ad ottenere la residenza e condannava il Comune di Bologna al pagamento delle spese processuali.
Questa pronuncia rappresenta il primo riferimento giurisprudenziale
in materia.
Come diretta conseguenza di questa decisione, che ha offerto una
più corretta e interpretazione delle norme che regolano la iscrizione
dei cittadini nei registri anagrafici della popolazione residente, tutte le
persone senza fissa dimora, possono richiedere ed ottenere la residenza nei dormitori pubblici, nelle sedi delle associazioni ed in ogni
altro luogo ove effettivamente dimorino.
Infatti, dopo la citata ordinanza, il Comune di Bologna ha dovuto concedere la residenza a tutti coloro che dormono nei dormitori pubblici
o in stazione a Bologna.
Oggi Bologna ha circa 300 cittadini in più, alcuni dei quali hanno già
trovato un lavoro e stanno intraprendendo il faticoso percorso che li
porterà fuori da una situazione di precarietà.
Il diritto alla residenza
Nel nostro ordinamento giuridico la nozione e la disciplina del diritto
alla residenza è contenuta, innanzitutto, nella Carta Costituzionale
(artt. 2, 3, 14), nel codice civile (artt. 43 ss.) e nella legislazione speciale (D.P.R. 30/05/1989 n. 223). In virtù del principio di gerarchia
delle fonti, è necessario partire dall’analisi delle norme costituzionali.
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Nel caso de quo il nucleo della questione giuridica concerne il riconoscimento del diritto alla residenza come diritto soggettivo.
Nell’ambito dei Principi Fondamentali, l’art. 2 riconosce e garantisce i
diritti inviolabili dell’uomo. Questi ultimi sono i diritti fondamentali attraverso i quali la persona umana può affermare la propria libertà ed
autonomia, appartengono alla sfera più intima e personale dell’uomo
e, per tale motivo, sono inalienabili, intrasmissibili, irrinunciabili, indisponibili ed insopprimibili (il procedimento di revisione costituzionale
disciplinato dall’art. 138 Cost. non può portare alla soppressione di
nessuno di tali diritti in quanto il sistema delle libertà costituisce il fondamento dello Stato di diritto e una sua violazione costituirebbe un
sovvertimento dell’ordinamento costituzionale). L’art. 2 Cost. connota
il nostro sistema come Stato di Diritto. Tra i diritti inviolabili dell’uomo
rientrano tutti quelli riconosciuti dagli artt. 13 e ss., ma anche quelli
che rappresentano i c.d. “nuovi valori”, costituendo l’art. 2 Cost. - ormai per la dottrina dominante - una norma a fattispecie aperta. L’articolo in esame proclama altresì l’attuazione di un principio solidarista
laddove, oltre a riconoscere i diritti inviolabili, richiede l’adempimento
dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Quest’ultimo profilo è strettamente connesso al dettato dell’art. 3
Cost. e, dunque, al rispetto e all’attuazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale. Nella parte dedicata alle libertà fondamentali, la tutela garantita dall’art. 14 rappresenta una tra le principali forme di manifestazione delle libertà personali. L’art. 14 Cost. riconosce
la libertà di domicilio come inviolabile e ne disciplina la tutela, reprimendo qualsiasi forma di limitazione o violazione non giustificabile ex
lege. La nozione di domicilio accolta dall’art. 14 Cost. è molto ampia
comprendendo ogni luogo chiuso ed isolato dall’ambiente esterno
dove il singolo intenda svolgere la propria vita privata e curare i propri
interessi. La nozione ricomprende, quindi, l’abitazione (residenza), il
luogo di esercizio di un’attività, il luogo di dimora occasionale, ogni
luogo, comunque, adibito allo svolgimento delle attività della vita. In
sintesi, è il principale ambiente in cui il singolo esercita la sua libertà
personale e per tale motivo è inviolabile e gode delle stesse garanzie
previste dall’art. 13 per la libertà personale.
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Tutto ciò è confermato dalle norme del codice civile che attuano la disciplina costituzionale e i suddetti principi al più ristretto ambito del
domicilio e della residenza. Ai sensi dell’art. 43 c.c. “Il domicilio di
una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei
suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la
dimora abituale”. La giurisprudenza, soprattutto tra gli anni 70-80, ha
contribuito ha chiarire entrambe le nozioni. Innanzitutto numerose
sono le pronunce che sottolineano i due elementi costitutivi della residenza: un elemento oggettivo rappresentato dalla permanenza abituale della persona in un determinato luogo, un elemento soggettivo
costituito dalla volontarietà di tale permanenza, dall’intenzione di abitare stabilmente nella dimora indicata. In relazione a tale ultimo elemento la Cassazione ha avuto modo di rilevare che “l’intenzione è rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali” (Cass. 14 marzo 1986 n. 1738 in Mass. Ciust. Civ.
1986, fasc. 3, conforme anche Cass. 1972 n. 126). Secondo la Suprema Corte inoltre “Per determinare il momento in cui può ritenersi
acquistata la residenza non è necessario, peraltro, che la permanenza in un determinato posto si sia già protratta per un tempo più o
meno lungo, ma è sufficiente accertare che la persona abbia fissato
in quel posto la propria dimora con l’intenzione, desumibile da ogni
elemento di prova anche con giudizio ex post, di stabilirvisi in modo
non temporaneo” (Cass. 6 luglio 1983 n. 4525 in Mass. Giust. civ.,
fasc. 7). Del resto, sempre secondo quanto stabilito dalla Cassazione
“La residenza è un fatto giuridico che incide in modo obiettivo su una
situazione giuridica, fonte di diritti e doveri in un determinato Comune. L’interessato, pertanto, è legittimato a proporre in via autonoma
azione di accertamento giudiziale sull’effettiva sua residenza in un
Comune” (Cass. 1081/68).
In definitiva la giurisprudenza riconosce l’esistenza di un diritto alla
residenza, qualificandolo come diritto soggettivo e, rispetto a tale diritto, la legge non attribuisce all’autorità amministrativa alcuna sfera
di discrezionalità, ma le commette compiti di mero accertamento.
Ne consegue, che il cittadino che faccia richiesta di essere iscritto nei
registri della popolazione residente in un comune, essendo titolare di
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un diritto soggettivo, non deve far altro che manifestare all’ufficiale
d’anagrafe la intenzione di fissare la propria residenza nel territorio di
quel comune e dare attuazione a tale volontà.
È evidente che, trattandosi di situazioni di diritto soggettivo, la cognizione di tutte le controversie attinenti alla cancellazione o iscrizione
nei registri della popolazione residente in un determinato territorio,
deve essere devoluta al giudice ordinario.
Per tutte, vale la pena di ricordare la più recente sentenza del T.A.R.
Lazio sez. Latina, che nella sentenza n. 1102 del 9 dicembre 1992,
ha espressamente stabilito che “L’iscrizione e la cancellazione dai registri della popolazione residente di un comune sono il risultato di accertamenti circa la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi
che integrano quella particolare relazione giuridica che è la residenza; la relative controversie attengono, perciò a diritti soggettivi con
conseguente devoluzione della cognizione all’autorità giudiziaria ordinaria” (T.A.R. Lazio, sez. Latina, 9 dicembre 1992, n. 1102, in Foro
Amm. 1993, f. 11-12; cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio
1990, n. 14 in Con. Stato 1990, I, 18; T.A.R. Lombardia sez. Milano,
18 dicembre 1982 n. 1358 in T.A.R. 1983, I, 528 ).
Riguardo a tale materia, occorre specificare che il giudice ordinario
ha la possibilità di emettere una sentenza di condanna ad un facere,
nei confronti della P.A., oltre che di condanna al risarcimento del danno.
Una sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 17 novembre
1984 n. 5834, infatti, ha stabilito che il giudice ordinario, munito di
giurisdizione sulla domanda proposta dal privato cittadino per tutelare
i propri diritti dai danni che possano derivare da un comportamento
omissivo della P.A., con riguardo ad azioni o omissioni della P.A. medesima che non configurino espressione di attività amministrativa, ma
meri comportamenti materiali in contrasto con i precetti posti dalla
prudenza o dalla tecnica a salvaguardia dei diritti altrui, “può non soltanto accertare gli obblighi della Amministrazione medesima, ma anche pronunciare condanna di essa ad un “facere” specifico, ove detto
“facere” non costituisca attività provvedimentale, o, comunque, riservata all’esclusiva apprezzamento delle competenti autorità ammini-
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strative” (Cass. civ. sez. un. 17 novembre 1984 n. 5835 in Mass. Giust. civ.1984 fasc. 11).
L’iscrizione nei registri della popolazione anagrafica non rappresenta
atto provvedimentale, ma atto vincolato da inquadrasi nella categoria
degli atti amministrativi non negoziali o meri atti amministrativi, i cui
effetti derivano direttamente dalla legge, senza che la P.A. abbia alcuna facoltà di scelta dei mezzi per il raggiungimento del fine.
Alla luce di tali argomentazioni, è apparso evidente come, nel caso
del sig. Mario, sussistesse la competenza del giudice ordinario ad
emettere una sentenza di condanna nei confronti della P.A., contenente un facere, anche al fine di garantire una immediata e pronta tutela della posizione giuridica soggettiva attiva del cittadino.
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LA POTESTÀ GENITORIALE DELLE PERSONE SENZA FISSA DIMORA E L’INTERVENTO DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI: LO
STATO DI ABBANDONO DEI MINORI E IL DECRETO DI ADOTTABILITÀ
di Maria Elena Guarini
Riferimenti generali
Fra i problemi primari che le persone senza fissa dimora patiscono
nella loro dimensione esistenziale, primeggia sicuramente il problema
del difficile esercizio della potestà genitoriale.
Il disagio sociale, alla base di alcune scelte di allontanamento dalla
ordinaria quotidianità (tossicodipendenza, disturbi mentali, disoccupazione, ecc...) ovvero la consapevole decisione di coltivare uno stile
di vita a margine delle comuni famiglie regolari, espongono spesso i
soggetti al controllo pubblico sulla loro genitorialità.
I servizi sociali dovrebbero intervenire a sostegno della famiglia ma,
spesso, sono mal tollerati per le loro ingerenze: la necessaria tutela
dei minori viene subita dai soggetti marginali come forma di controllo
sociale, con una totale incomunicabilità ed il rifiuto ad ogni proficua
collaborazione, nell'interesse prioritario dei soggetti più deboli.
In tale situazione di cronica carenza di strutture incisive di mediazione socio-culturale, interviene a volte il Tribunale dei Minori per la verifica della sussistenza dello stato di abbandono dei minori, e la conseguente apertura del procedimento di adottabilità.
Allo sportello di Avvocato di Strada, si rivolgono soggetti con convocazioni da parte degli assistenti sociali, ed in taluni casi, più gravi, del
Giudice dei Minorenni. Le prime informazioni di carattere generale riguardano solitamente la funzione del Tribunale per i Minorenni, e il
potere dei Servizi Sociali di cui si deve sempre rimuovere un persistente pregiudizio.
Nei casi più gravi, quando si è già aperto un procedimento di adottabilità per l' eventuale verifica sullo stato di abbandono del minore, è
necessario un serio lavoro di indagine al fine, non solo di salvaguar-
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dare il rispetto delle garanzie processuali (intervento tecnico), ma anche per far comprendere agli adulti le ragioni del minore che deve godere del primario diritto a vivere dignitosamente, con un genitore in
grado di curarlo, mantenerlo, istruirlo. Trattasi di valutare la sussistenza di una genitorialità responsabile e matura: questo percorso
dovrà essere rappresentato al Giudice per i Minorenni affinché possa
elaborare un progetto di salvaguardia del minore.
In tale intervento, spesso determinanti risultano le famiglie d'origine
che possono supportare i figli nell'educazione e nella crescita dei minori, assicurando ai bambini la possibilità di rimanere nel nucleo famigliare allargato, con potenzialità affettive di primario rilievo.
Tali problemi sono emersi in tutta la loro rilevanza in due casi che abbiano affrontato e che di seguito si illustreranno a scopo esemplificativo.
Si deve innanzitutto ricordare che il nostro ordinamento sancisce il diritto del minore a crescere ed essere educato nella famiglia di origine,
tuttavia il legislatore spesso interviene con mere affermazioni manifesto, suggestive ed eloquenti, ma in pratica difficilmente realizzabili.
Si deve altresì riflettere su tutte quelle disposizioni in cui lo Stato, e
gli Enti Locali, si sono formalmente impegnati a sostenere economicamente i nuclei familiari a rischio nei limiti delle risorse finanziarie disponibili. Anche in questo caso, la cultura della solidarietà appare eccessivamente ancorata a ragioni di bilancio, nonostante questa rappresenti l'unico vero parametro valutativo della civiltà di un Paese.
La casistica
Giovanna si è rivolta al nostro sportello con un decreto di adottabilità
del piccolo Amir di due anni. Giovanna era una ragazza di circa 30
anni, di origini sarde, con un trascorso di tossicodipendenza e una famiglia all'origine (residente in Sardegna) che la poteva aiutare a fronteggiare la situazione giudiziaria.
La storia di Giovanna è singolare ma emblematica. La ragazza, dopo
un'adolescenza ribelle e dopo varie battaglie familiari, convinse i ge-
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nitori a farla venire a Bologna per studiare presso il Dams, della Facoltà di Lettere e Filosofia.
I genitori, prima contrari, accettarono tale trasferimento a fronte delle
assicurazioni della figlia e della vicinanza a Bologna di uno zio paterno che poteva essere un valido aiuto per l' inserimento della nipote in
città. Dopo un primo momento di vita pressoché regolare, Giovanna
cominciò a frequentare persone dedite all' uso massiccio di stupefacenti, iniziò a cambiare varie case, e a svolgere precari lavoretti per
integrare le entrate provenienti dalla famiglia.
La vita per Giovanna cambiò radicalmente quando incontrò un ragazzo extracomunitario con il quale diede inizio ad una relazione sentimentale molto burrascosa ed intrapresa nel totale dissenso della famiglia. Nello stesso periodo Giovanna iniziò a fare uso di eroina, dissimulando totalmente la sua condizione ai genitori; l'uso, infatti, era
regolare, ma mai devastante e la ragazza tornava a casa in Sardegna in buone condizioni psico-fisiche.
Gli studi universitari proseguivano con molte difficoltà, ogni anno veniva superato qualche esame, e la famiglia veniva rassicurata. In
questa condizione di isolamento affettivo e familiare, Giovanna rimase incinta e decise di tenere il bambino nonostante la immediata sparizione del suo compagno. Ancora una volta Giovanna decise di tacere con la famiglia rivolgendosi solo al Ser.T., per cercare aiuto medico e psicologico. Con parecchie settimane di anticipo nacque Amir;
due giorni dopo i Carabinieri avvisarono i genitori di tale circostanza:
la sorpresa fu enorme giacché in un solo colpo scoprirono che la figlia era tossicodipendente, e madre. Presi dagli impegni di lavoro e
dalla totale impreparazione al viaggio, i genitori di Giovanna mandarono a Bologna il figlio maggiore al fine di organizzarsi a fronte dell’inaspettata notizia. Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, accertate
le condizioni inadeguate di Giovanna a prendersi cura del bambino,
ne sospendeva la potestà genitoriale fin dalla nascita, affidando il
bambino ad un istituto per la cura, dopo un primo periodo di ricovero
di Amir nel reparto di neonatologia in quanto prematuro.
Da quel momento per Giovanna iniziarono i problemi giudiziari, a cui
si aggiungevano le concrete difficoltà nella cura del bambino. La ma-
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dre di Amir appariva infatti inaffidabile, piena di buone intenzioni ma
poco strutturata, molto influenzabile ed instabile. I nonni, dopo un primo momento di sbandamento, si offrirono senza resistenze a collaborare trovando poca disponibilità dai Servizi Sociali. La distanza dalla Sardegna a Bologna costituiva, infatti, un fortissimo ostacolo ad
un'immediata comunicazione e, pertanto, dopo una serie di relazioni
degli psicologi e degli assistenti sociali, il Tribunale per i Minorenni
accertò con decreto lo stato di abbandono del minore, dichiarandolo
adottabile. In tale situazione siamo intervenuti proponendo, nei 30
giorni previsti dalla legge, l'opposizione affinché il Giudice per i Minorenni (in diversa composizione) rivedesse l'accertamento in contraddittorio delle parti ed in processo dibattimentale.
L'udienza durò circa 5 ore, fu lunga, estenuante e molto difficile; gli
operatori confermarono le loro relazioni dai toni lapidari, e la nostra
difesa si concentrò sulla disponibilità dei nonni a farsi carico dell'educazione e cura del nipote, in attesa che il recupero di Giovanna (che
nel frattempo aveva trovato un nuovo compagno, un nuovo lavoro,
una nuova sistemazione) fosse completato per svolgere responsabilmente le sue funzioni di genitore.
Il Tribunale per i Minorenni, dopo una lunga Camera di Consiglio, dispose che Amir fosse affidato ai nonni materni entro 30 giorni, accettando che se ne prendessero cura, con l'ausilio e la vigilanza dei Servizi Sociali di Orosei (Sassari) che dovevano altresì curare il graduale
avvicinamento della madre naturale al bambino.
Ora tutti gli atti sono passati alla Curia del Tribunale per i Minorenni
competente. Ora speriamo che Amir stia bene e che dopo un inizio di
vita davvero difficile, sia un bambino sereno, con l' amore della sua
famiglia, e le protezioni adeguate per il suo sviluppo psico-fisico.
Francesca, nel gennaio del 2002, si è presentata allo sportello degli
avvocati di strada con decreto del Tribunale per i Minorenni del
13.9.2001 che disponeva l’apertura del procedimento di adottabilità
nei confronti della figlia India. Nel decreto si leggeva: "i genitori sono
entrambi tossicodipendenti e la madre è nota al Tribunale in quanto
le altre due figlie nate da un precedente matrimonio vivono presso i
parenti paterni a causa dell'inadeguatezza genitoriale, ed ha alle
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spalle una lunga storia di tossicodipendenza mai risolta nonostante
l'esperienza comunitaria che ha abbandonato per seguire il B. (con il
quale ha messo al mondo India) ed una famiglia problematica in cui
una sorella è deceduta giovane per una patologia collegata all'abuso
di sostanze stupefacenti; la bambina alla luce di vari elementi emersi
pare essere pesantemente trascurata se non addirittura maltrattata
dai genitori; disponeva l'apertura del procedimento di verifica della
sussistenza dello stato di abbandono con sospensione della potestà
per entrambi i genitori, con la nomina di un tutore per la minore, che
avrebbe dovuto collocare la bambina in un ambito protetto con la madre di Francesca ovvero, in caso contrario (in assenza del consenso),
in una comunità di tipo familiare regolando i suoi rapporti con la madre affinché verificare la sussistenza di un'adeguata relazione madrefiglia".
Nel decreto, il Tribunale per i Minorenni convocava le parti all'udienza
del 29.11.2001 avanti al Giudice Relatore dott. Magagnoli. Francesca
nel frattempo era stata male con ricoveri in ospedali per un'epatite C
molto grave.
Ovviamente, per tale motivo, Francesca non era potuta andare in Comunità come prescritto e non si era potuta presentare all'udienza,
mostrando peraltro un disinteresse al processo che il Tribunale per i
Minorenni aveva apprezzato molto negativamente.
Nel febbraio 2002 abbiamo convinto Francesca a difendersi per riprendere i rapporti con la figlia e cercare di salvaguardare la sua posizione di madre. In tale contesto, inoltre, erano intervenuti gli zii paterni di India che chiedevano l'affidamento della minore accusando i
genitori di maltrattamenti. Gli stessi avevano accolto la minore dal novembre del 2001 in occasione del ricovero ospedaliero di Francesca.
Il 16.4.2002, il Giudice per i Minorenni fissò la nuova udienza di audizione della madre che, nel frattempo, aveva iniziato un percorso personale di recupero con l'ausilio delle strutture del Ser.T. In tale percorso gli operatori sono riusciti a ricucire i rapporti fra la madre e gli
zii paterni di India, affidatari temporanei della bambina, così preservando la minore da allontanamenti dalla famiglia d'origine disposti
d'autorità dal Tribunale per i Minorenni.
75
Francesca ha accettato che la minore rimanesse presso gli zii paterni
(che si sono mostrati attenti e tutelanti per la crescita della bambina)
continuando il percorso riabilitativo e di ripresa costante dei rapporti
con la figlia.
Il Tribunale, a seguito del nostro intervento, con decreto del
16.9.2002, ha infine dichiarato non doversi provvedere quanto all'adottabilità della minore disponendo che India rimanesse collocata
presso il nucleo della zia paterna, svolgendo in suo favore con l'ausilio dell' A.U.S.L. di Bologna Nord un'opera di vigilanza e sostegno e
valutando l'opportunità della ripresa dei rapporti con la sola madre,
restando sospesi quelli con il padre.
Anche in questo secondo caso è stato evitato l'allontanamento della
minore dal nucleo familiare, sventando lo stato di adottabilità con relativa rottura definitiva dei rapporti con i genitori naturali.
All'esito dei casi sommariamente esposti, una riflessione appare determinante, affinché si possano comprendere le caratteristiche del
nostro intervento legale.
Presupposto per la dichiarazione di adottabilità del minore è che egli
versi in uno stato di abbandono. La nozione di abbandono, necessariamente correlata a quella di interesse del minore, costituisce per
giudizio unanime della dottrina e della giurisprudenza, il fulcro dell'intera disciplina e rappresenta l'aspetto più rilevante (ed anche sicuramente il più discusso) di tutta la problematica dell'intervento istituzionale del Tribunale per i Minorenni.
Abbandono nel linguaggio corrente è "atto di lasciare, gettare, trascurare" ma il legislatore non ne ha fatto suoi i contenuti. Egli, infatti, ha
preferito non definire, in maniera precisa e circostanziata, in che cosa
consista la situazione di abbandono, ma ha utilizzato una clausola
generale, con il preciso intento di consentire al Giudice ed all'interprete l'esame dei singoli casi sottoposti alle loro diverse realtà, condotto
sulla base di parametri che tengano conto non solo delle condizioni
personali, ma anche sociali ed ambientali del contesto di appartenenza.
76
Il ricorso ad una formula "flessibile", infatti, garantisce una lettura della norma conforme al rapido evolversi dei costumi e della società. In
tale contesto è evidente come l'avvocato delle parti sia fondamentale
per valorizzare le condizioni dei singoli affinché il prudente apprezzamento del Giudice sul singolo caso tenga conto delle specificità delle
esperienze umane.
I criteri attraverso i quali il Giudice deve operare si rinvengono nel sistema costituzionale (e nei trattati internazionali di riferimento fra cui
la convenzione di Strasburgo recentemente ratificata dall' Italia e riportata in appendice) ed in particolare degli art. 2, 3 comma 2°, 30 e
31 Cost., dal quale risulta che la norma dell'art. 8 si riferisce principalmente al diritto inviolabile ad uno sviluppo armonico ed equilibrato
della personalità, finalizzato al raggiungimento di una "formazione integrale" quale contenuto del rapporto educativo.
Il preciso dovere di educare e di mantenere la prole, posto dall' art.
147 c.c., si traduce così, per i genitori, nella creazione di un ambiente
familiare che consenta ai figli di poter sfruttare, nella misura più ampia ed armoniosa possibile, le proprie facoltà, attitudini ed inclinazioni, onde affrontare nella migliore condizione possibile le esigenze future di persone adulte inserite nella società.
L'accertamento della situazione di abbandono va fatto con apprezzamento casistico diretto ad accertare le conseguenze che "i comportamenti" (anche deviati) hanno sulla personalità dei figli: considerando
non la figura del minore in senso astratto, né quella di tutti i minori di
quell'età o di quel determinato ambiente sociale, ma la figura di quel
minore particolare, con la sua storia, il suo vissuto, le sue caratteristiche fisiche e psicologiche, la sua età, il suo grado di sviluppo.
Il modello di attenzione dei genitori verso i figli, può essere diverso a
seconda delle culture sia di quel particolare nucleo familiare, sia del
ceto cui il nucleo appartiene: il Giudice deve tenere conto dei diversi
modelli e non può imporre quello, magari anche generalizzato, che è
specifico di classi sociali integrate e più progredite.
Diversamente si rischia di procedere in modo sommario, oltreché
profondamente ingiusto.
77
In tale contesto si devono sollecitare adeguati interventi di prevenzione, rivolti a nuclei familiari a rischio, tesi ad evitare l'abbandono ed a
consentire al minore di continuare a vivere nell'ambito della propria
famiglia: le associazioni presenti sul territorio, con le loro specifiche
competenze, possono evitare che le lentezze burocratiche e la carenza di attenzione delle strutture sociali, unitamente alla carenza di fondi necessari, finiscano per attribuire alle norme in materia solo un valore di mere petizioni di principio.
Gli avvocati di strada, nel ruolo assistenziale di loro competenza, con
il valore aggiunto derivante da una motivata disponibilità "all'ascolto",
possono agevolare una fruttuosa mediazione nei confronti delle istituzioni affinché, nel rispetto delle garanzie dei cittadini adulti e minori,
si realizzi un avvicinamento alle strutture di sostegno sociale superando la prevenzione e l'avversione che spesso viene manifestata
dal timore di interventi intrusivi e penalizzanti della marginalità economica e sociale.
78
UN CONFRONTO CON GLI STATI UNITI
di Andrea Shemberg
Il sistema di assistenza legale
Gli articoli che precedono aiutano a capire meglio il lavoro che svolge
“Avvocato di Strada” a Bologna e mettono in evidenza le esigenze di
tutela legale delle persone senza fissa dimora in Italia. A questo punto potrà apparire opportuno, dunque, confrontare il sistema di tutela
dei diritti dei “senza fissa dimora” in Italia con quello esistente in un
altro paese. Un tale procedere può servire tanto per individuare le
prospettive di sviluppo del progetto di Avvocato di Strada, o di altri simili, quanto per migliorare la tutela dei diritti dei senza fissa dimora in
Italia.
Negli Stati Uniti ho lavorato per più di cinque anni con diverse realtà
che si occupano dell’assistenza legale ai poveri. In queste pagine
proverò a descrivere quindi la mia esperienza ed il sistema americano di assistenza legale per i non abbienti, sempre facendo riferimento
a quello che ho imparato in questi anni di sportello presso Avvocato
di Strada.
L’America è un esempio molto particolare. La realtà delle persone
senza fissa dimora negli Stati Uniti ha una storia relativamente lunga
ed evoluta; quella della povertà in America è infatti una questione che
riguarda ogni tipo di persona, di razza, di età; e che non di rado coinvolge interi nuclei familiari. Un sondaggio del 2001 ha rilevato che il
40% dei senza fissa dimora degli Stati Uniti è costituito da famiglie
con bambini.1 Oltreoceano, circa quarant’anni fa, è stato creato un sistema di assistenza legale per i poveri (tipo Avvocato di Strada) operante in ciascuno Stato dell’Unione. Oggi il sistema di assistenza “legale” (nel senso ampio della parola) per i poveri si presenta dunque
in modo alquanto articolato rispetto all’esempio italiano. Un confronto
1
Conference of Mayors 2000 Report pagina ii. A Status Report on Hunger and
Homelessness in America’s Cities, a 25-city survey 2001.
79
con tale realtà potrebbe dunque servire per esportare in Italia gli
aspetti positivi di tale modello. Come in Italia, anche negli Stati Uniti, i
servizi legali di assistenza ai poveri sono divisi in due macrocategorie: quella penale e quella civile. In questo articolo descriverò principalmente la tutela dei diritti civili; e questo per due ragioni.
Innanzitutto, perché ho visto che in Italia, l’idea di fornire assistenza
legale ai non abbienti per le questioni di diritto civile, è nata (o rinata
come spiega l’Avv. Savigni) da poco, ed in ogni caso in un ambito
piuttosto limitato, con ciò dimostrando la mancanza di una profonda
conoscenza della povertà. Inoltre, come ho menzionato, il sistema
americano offre la possibilità di avere a disposizione un’esperienza di
tutela civile dei non abbienti abbastanza lunga e con molte caratteristiche positive. Il confronto con il sistema americano del gratuito patrocinio per le questioni penali, invece, appare di minore rilievo giacché assume profili molto simili a quelli del sistema italiano. Solo per
accennare come sia strutturato il sistema americano nell’ambito penale, posso dire che esiste un diritto costituzionale a ricevere assistenza legale quando una persona rischia di perdere la propria “libertà”, cioè quando, essendo accusati in un processo penale, si può essere sottoposti a misure restrittive che comportino la privazione della
libertà personale (libertà vigilata, carcere, ecc…). In tal caso esiste il
diritto ad essere assistiti gratuitamente da un avvocato, senza prescindere dalla propria condizione di persona povera o senza fissa dimora. La soglia di reddito in base alla quale si viene ammessi al gratuito patrocinio può cambiare a seconda dello Stato ed in base ad altre considerazioni. Il sistema forense fornisce avvocati (public defenders: impiegati pubblici o altri che difendono i poveri nei processi penali) che sono spesso molto giovani e/o che hanno un numero eleva-
80
to di incarichi2. Dell’assistenza legale nell’ambito civile 3, descriverò invece i diversi tipi e le relative strutture4. In tale ambito le realtà di tutela legale di maggior importanza appaiono essere le seguenti: 1) Legal Services Corporation (“LSC”), un ente istituito dal Congresso nel
1974 con un finanziamento statale; 2) Legal Services e Legal Aid
(“Legal Aid”), uffici di assistenza legale privati non-profit per i poveri
finanziati da LSC; 3) altri enti privati non-profit che forniscono assistenza legale non finanziati da LSC; 4) enti privati non-profit che non
forniscono servizi diretti agli utenti, ma appoggiano le organizzazioni
descritte nei punti 2 e 3 e fanno ricerca, proposte di leggi, e organizzano altre iniziative nell’interesse dei poveri; 5) associazioni professionali di avvocati e paralegali; 6) istituzioni come le università e i
gruppi di studenti che fanno progetti per la tutela dei poveri.
Legal Services Corporation (LSC)5
2
Il sistema di assistenza legale tramite il “gratuito patrocinio” penale in America in tanti casi si è dimostrato inadeguato. Per esempio, il 4 giugno 2002, la
Corte Suprema degli Stati Uniti ha accordato a una detenuta (che è stata condannata alla pena di morte) un nuovo processo perché il suo avvocato (designato dal tribunale, gratuito patrocinio) aveva dormito durante il dibattimento.
Inmate Whose Lawyer Slept Gets New Trial, New York Times, June 4, 2002,
Linda Greenhouse.
3
Non uso il termine “gratuito patrocinio” nell’ambito civile perché come già
detto nel capitolo sull’assistenza legale il “gratuito patrocinio” è molto limitato
come idea. Invece, qualsiasi assistenza significativa deve essere molto più
ampia.
4
I servizi legali sono organizzati più che altro per i poveri (senza riferimento
alla mancanza di una fissa dimora), quindi quando parlo di assistenza per i
poveri ovviamente i senza fissa dimora sono inclusi. Specifico solo se un ente
fornisce un servizio esclusivamente per i senza fissa dimora.
5
Una spinta importante per l’avvio del finanziamento della struttura statale di
assistenza legale civile per i poveri e i senza fissa dimora in America è venuta
da un articolo scritto nel 1964 da Cahn Edgar S. and Jean C. Cahn: The War
on Poverty: a Civilian Perspective, The Yale Law Journal Volume 73, July
1964 Number 8, page 1317 – 1352. Questo articolo esprime in modo molto
chiaro come dovrebbe essere organizzata l’assistenza legale. Per questo motivo in America l’articolo è molto conosciuto e molto studiato ed è diventato un
punto di riferimento, non solo in America, ma anche in tanti altri paesi dove
81
Nel 1974 il Congresso degli Stati Uniti ha istituito la LSC (Corporazione di Servizi Legali), un ente privato non-profit6, con lo scopo di “fornire un accesso equo al sistema della giustizia per le persone che chiedono un risarcimento delle lagnanze e per fornire un’assistenza legale di alta qualità alle persone che non potrebbero sostenere i costi di
un servizio legale adeguati.7 Il budget per il 2003 per LSC corrisponde a $ 329,300,000.00 (circa € 394.500.000,00).
Legal Services and Legal Aid
LSC ha il compito di distribuire i fondi stanziati dal Congresso alle organizzazioni locali, allo scopo di fornire supporto finanziario per l’assistenza legale civile alle persone povere. LSC finanzia i servizi legali dei Legal Aid (uffici simili a quello di Avvocato di Strada) presenti in
tutta la nazione. Alcuni servizi speciali sono finanziati a favore di due
viene citato come fonte (si veda N. Trocker, Assistenza legale e giustizia civile, Giuffrè 1979).
6
Il Congresso ha istituito LSC dopo aver accertato le seguenti esigenze: 1)
esisteva la necessità di provvedere ad un accesso equo al sistema della giustizia negli Stati Uniti; 2) necessità di un’assistenza e di un programma di servizi legali di alta qualità per coloro che non potevano permettersi di pagare un
consulente legale; 3) lo scopo era quello di fornire assistenza legale alle persone economicamente svantaggiate, per contribuire così al miglioramento delle condizioni di vita delle persone con un reddito basso (low-income persons);
4) l’esistenza di servizi legali pubblici ha aumentato la fiducia dei cittadini nel
governo e nelle leggi; 5) l’efficacia del programma di servizi legali dipende dalla sua libertà dalle influenze politiche; 6) gli avvocati che forniscono l’assistenza legale devono avere la libertà totale di proteggere gli interessi dei loro
clienti, come previsto dal Codice di Responsabilità Professionale, I Canoni di
Etica, e l’alto standard della professione legale. L’Atto “Legal Services Corporation Act”, 88 Stat. 378, 42 U.S.C. § 2996 et seq. Oggi LSC rappresenta il finanziamento maggiore per i servizi legali per i poveri.
7
“Legal Services Corporation Act”, 88 Stat. 378, 42 U.S.C. § 2996b(a) et seq.
I regolamenti che disciplinano la materia prevedono che le strutture finanziate
da LSC forniscano il servizio solo agli utenti che hanno un reddito sotto il
125% del livello ufficiale di povertà determinato da FEDERAL POVERTY INCOME GUIDELINES. Si veda http://www.lsc.gov/FOIA/frn/fr161101.htmed.
82
gruppi sociali con bisogni particolari: americani indigeni e operai “migranti”8.
Nel 1998 in tutti gli Stati Uniti (ed in altri territori) il finanziamento di
LSC ha coperto i costi di 3.590 avvocati (full-time), 1.427 paralegali,
3.210 soggetti inquadrati come personale amministrativo. Nel 1998
c’erano 891 uffici locali di servizi legali aperti ad orario pieno e pagati
da LSC.9 Questi uffici hanno anche altre fonti di finanziamento. Ad
esempio, nel 2000 Legal Aid ha ricevuto solo il 50,8% del suo budget
da LSC. Del restante 49,8 %, il 14,6% è venuto da sovvenzioni dello
Stato o di Enti locali, l’11,3% dallo IOLTA10, il 10,3% da Enti pubblici,
il 7,9% da altri enti e il restante 5,1% da sovvenzioni private11. Nel
1999 gli uffici locali che ricevevano fondi da LSC, hanno definito circa
924.000 casi12. Legal Aid ha utilizzato anche il coinvolgimento di avvocati privati disponibili a patrocinare gratuitamente controversie per
l’ufficio locale, come accade nell’esperienza di Avvocato di Strada13.
8
Si tratta di lavoratori agricoli temporanei che vengono da altri paesi, come ad
esempio il Messico o l’Equador, impiegati per alcuni mesi per la raccolta dei
prodotti agricoli. Terminato il periodo di lavoro queste persone rientrano nel
paese di origine o si spostano in altri stati ancora.
9
I dati statistici ufficiali sono riportati sul sito web di LSC http://www.
lsc.gov/pressr/pr_sl.htm. Nel 1998 il salario medio per gli avvocati impiegati in
questi uffici è stato di $ 39.706,00 (circa € 44.466,00).
10
IOLTA (Interest On Lawyer’s Trust Accounts) è un programma che esiste in
tutti gli stati per finanziare i servizi legali per i poveri, facendo maturare gli interessi delle somme guadagnate dagli avvocati. Quando un avvocato riceve da
un suo cliente un pagamento anticipato, l’avvocato è obbligato (in qualche stato gli avvocati possono scegliere di non partecipare) a depositare questi soldi
in un conto IOLTA. La legge prevede che gli interessi che maturano non possono arricchire l’avvocato, ma vanno direttamente in un conto creato appositamente per Legal Aid. Nel 1999 IOLTA ha “generato” più di $139 milioni per Legal Aid.
Si veda http://www.abanet.org/legalservices/ioltback.html.
11
Legal Services Corporation Serving the Civil Legal Needs of Low-Income
Americans, A Special Report to Congress, 30 aprile 2000 pag. 9.
12
Un “caso” significa che l’utente ha ricevuto un consiglio o un’altra forma di
assistenza (una definizione molto ampia), 30 aprile 2000, pag. 5,6.
13
Nel 1997 gli avvocati privati che hanno lavorato in queste strutture hanno
chiuso 160.300 casi. Sempre nel 1997 sono stati 47.638 gli avvocati che hanno dato la loro disponibilità per patrocinare gratuitamente alcune cause. Nel
83
Con uno staff di persone che lavorano a tempo pieno, queste strutture riescono a sviluppare progetti interessanti per tutelare i diritti della
povertà. A tali uffici si aggiunge sul territorio la presenza di diverse
unità locali che non forniscono servizi direttamente agli utenti, occupandosi esclusivamente di fornire attività di supporto al lavoro dei Legal Aid. In Ohio è ad esempio presente l’Ohio State Legal Services
Association (OSLSA). Gli avvocati di OSLSA, tutti esperti di settori e
materie specifiche (casa e locazione, tutela della salute, tutela di altri
benefici pubblici, ecc…), hanno il compito di rispondere alle domande
tecniche ed alla domanda di assistenza formulata dagli avvocati dei
Legal Aid sul territorio.
A titolo esemplificativo, ove si presenti una controversia di particolare
complessità ed importanza, gli esperti aiutano i legali del caso non
solo nella preparazione degli atti necessari ma costituiscono un’unità
di supporto e formazione durante tuttto il decorso della vicenda processuale. Inoltre, l’OSLSA organizza e fornisce corsi di formazione rivolti alla generalità degli avvocati dei Legal Aid in Ohio sui temi della
povertà, curando altresì progetti rivolti al pubblico per educarne la conoscenza dei propri diritti. Organizzazioni come OSLSA, grazie al finanziamento in parte garantito dall’ LSC, rappresentano forti agenti di
cambio per il miglioramento della situazione dei poveri. Tuttavia l’azione dei Legal Aid rimane ad oggi esperienza ancora eccessivamente isolata per apportare cambiamenti determinanti alla condizione di
povertà. Quando LSC finanzia un’organizzazione, inoltre, impone
numerosi ed importanti restrizioni su tutta l’attività della realtà finanziata14. In particolare, nel 1996, il Congresso degli Stati Uniti ha stabilito una serie di forti restrizioni, tra cui il divieto alle organizzazioni di
presentare proprie proposte di legge in materia. Per evitare tali vincoli
sono state create nuove strutture per l’assistenza legale non LSC.
1998, 138.937 casi sono stati chiusi grazie al lavoro di avvocati privati che
hanno prestato la loro opera gratuitamente. Per tutti i dati completi si veda
http://www.lsc.gov/pressr/pr_pai.htm.
14
Questi divieti valgono per tutte le organizzazioni che ricevono fondi da LSC.
84
Assistenza Legale Non LSC
Esistono oggi dunque organizzazioni non-profit fondate allo scopo
precipuo di portare avanti le azioni proibite alle organizzazioni finanziate dal LSC. In Ohio, nel 1995 ho avuto l’opportunità di lavorare alcuni mesi presso ABLE (Advocates for Basic Legal Equality: Avvocati
per Uguaglianza della Legge), nella sezione per le riforme.
85
A quell’epoca, ABLE era ente finanziato dal LSC. L’obiettivo della sezione riforma era quello di individuare situazioni comuni ad un largo
numero di persone svantaggiate e cercare un utente (come esempio)
modello sul quale promuovere una causa pilota che, ove vinta, avrebbe permesso di modificare la legge o l’interpretazione della stessa
(come è accaduto ad Avvocato di Strada per la questione della “residenza”). ABLE ha vinto una causa contro la polizia di Toledo, Ohio, la
quale assumeva personale tramite una procedura discriminatoria.
Dopo la causa, ABLE è stata chiamata dalla polizia per approvare
tutte le nuove classi di poliziotti assunti. ABLE aveva come scopo anche l’individuazione di problemi comuni a tutte le categorie svantaggiate e la promozione di azioni per proteggere i diritti dei cittadini versanti in condizioni di povertà. Tuttavia, nel 1996 LSC ha vietato questa attività. La conseguenza è stata che il gruppo con cui lavoravo ha
dato vita ad un nuovo ente, Equal Justice Foundation (Fondazione
per Giustizia Equa), che adesso ha sede a Columbus, Ohio, e che
adotta come obiettivo quello di proteggere i diritti dei poveri, dei minori, e delle altre categorie svantaggiate dell’Ohio tramite “class action”
e cause pilota15. Esistono anche altre organizzazioni che forniscono
un supporto ai gruppi che svolgono un servizio diretto. È il caso della
National Law Center on Homelessness and Poverty (NLCHP: Centro
Nazionale di Legge per Senza Fissa Dimora e Povertà) 16. La NLCHP
esercita pressioni per ottenere leggi favorevoli agli interessi dei poveri o dei senza fissa dimora, promuove la ricerca, si occupa della formazione degli avvocati e del pubblico a livello nazionale. Gli avvocati
e gli esperti di NLCHP sono diventati un punto di riferimento per il legislatore e per tutti coloro che si occupano di disegni e progetti di legge in tema di povertà e senza fissa dimora L’NLCHP, infatti, viene
chiamato a testimoniare davanti al legislatore o invitato dai mass-media in merito ai problemi legali dei senza fissa dimora.
15
16
Si veda http://www.equaljusticefoundation.com/
Si Veda http://www.nlchp.org/index.cfm
86
Organizzazioni Professionali
Poiché è un obbligo per ogni avvocato ed ogni paralegale prestare
servizio pro-bono, cioè patrocinare gratuitamente gli utenti che non
hanno la disponibilità economica sufficiente a sostenere gli onorari di
una prestazione professionale, spesso gli ordini degli avvocati e gli
ordini dei paralegali organizzano progetti per fornire servizi ai poveri
o alle persone senza fissa dimora. Al tempo in cui studiavo, a Columbus, l’ordine degli avvocati del luogo aveva dato così vita ad un progetto assai simile ad Avvocato di Strada. L’ordine, assieme al Columbus Legal Aid, provvedeva infatti alla formazione degli avvocati e degli studenti di legge illustrando i problemi legali più comuni fra le persone senza fissa dimora. Ad ogni avvocato era affiancato uno studente e, ogni settimana in tutti i dormitori della città, c’era uno sportello aperto per l’assistenza legale. Gli studenti aiutavano gli avvocati
ed erano responsabili delle informazioni sui servizi sociali. Lo studente, in più, era chiamato a tenere aggiornato un elenco completo dei
servizi per i senza fissa dimora presenti nella città non dissimile da
quello pubblicato recentemente da Avvocato di Strada.
Gli avvocati fornivano in conclusione la consulenza legale mentre gli
studenti si curavano di fornire le indicazioni relative a tutti gli altri servizi. Potrebbe essere molto interessante riuscire ad inserire studenti
allo sportello Avvocato di Strada.
Quest’anno ad esempio, uno studente (Donato), ha effettuato lo stage universitario presso il nostro sportello; esperienza molto positiva
per noi e per lui che proseguita, magari coinvolgendo altri studenti,
potrebbe dare un supporto importante al progetto e rappresentare
anche un momento di crescita per i giovani coinvolti.
87
Le Università – Scuole di Legge
Le scuole di legge in America affrontano la questione della giustizia
sociale per i senza fissa dimora (e più in generale per i poveri) in vari
modi. In base alla mia esperienza ritengo che in Italia le risorse dell’Università - studenti, professori, strutture e materiali didattici - siano
sottovalutate e poco utilizzate nella tutela delle persone svantaggiate.
Tra i vari servizi che una scuola di legge (Università) può fare per tutelare le persone senza fissa dimora, c’è sicuramente quello di portare a conoscenza degli studenti le problematiche legali di tali persone.
Per esempio, se guardiamo ai problemi che hanno i senza fissa dimora, capiamo come nella loro vita ci siano una serie di questioni irrisolte, diretta conseguenza dello stato di povertà o di disagio: problemi relativi all’affidamento dei figli, possibilità di lavorare, necessità di
aiuti per ottenere i benefici statali (food stamps, SSI, SSDI) 17, sanzioni dure ricevute per aver dormito in luoghi pubblici od aver mendicato18 ed altri ancora.
La formazione degli studenti, anche se non di beneficio diretto ed immediato per le persone senza fissa dimora, è certamente una fondamentale operazione culturale nell’assicurare maggiore giustizia alle
persone svantaggiate nella nostra società, a prescindere dalla professione specifica che gli studenti svolgeranno in futuro.
In America molte scuole di legge hanno nei loro programmi corsi di
formazione e/o progetti per la tutela dei senza fissa dimora e dei poveri19. In molte scuole sono stati istituiti degli sportelli per fornire un
17
“Food Stamps” sono buoni equivalenti ad una somma di denaro con la quale è possibile acquistare solo cibo e “SSI” Supplemental Security Income è
una somma di denaro per le persone che per ragioni di salute hanno una ridotta capacità lavorativa.
18
Per una descrizione di questi argomenti si veda il paragrafo successivo La
tutela degli homeless.
19
Alcuni esempi di progetti delle scuole di legge si possono trovare ai seguenti indirizzi: Cardozo clinic for elderly and disabled, also in housing issues,
http://www.cardozo.yu.edu/academic/specprog.html#clinics;
Saint
Louis
school of law clinic on homelessness prevention, http://law.slu.edu/ clinics/inhouse.html. Rutgers urban law clinic, si occupa di problemi della casa e diritti
88
servizio di consulenza a tale categoria di soggetti o a quelle in pericolo di perdere la casa ed entrare in uno stato di povertà duratura. Gli
studenti hanno così la possibilità di fare un’esperienza diretta presso
questi sportelli e di aiutare concretamente quanti si trovano in difficoltà.
Le scuole di legge, inoltre, forniscono gratuitamente tanto ai Legal
Aid, quanto ad altre organizzazioni non-profit, l’aiuto degli studenti.
Durante il corso di laurea, gli studenti di frequente seguono degli stage, svolgono un lavoro part-time o prestano attività relazionate all’assegnazione di una borsa di studio. Nel mio caso ho ricevuto una borsa di studio (pagata da una fondazione) per lavorare per due estati
per il Legal Aid.
Prendendo ancora spunto dalla mia esperienza personale per narrare esperienze di qualche utilità, di interesse particolare è il Pro Bono
Research Group (Gruppo di Ricerca per Pro Bono) dell’Ohio State
College of Law. Durante l’ultimo anno della scuola di legge un gruppo
di studenti, tra cui io stessa, abbiamo fondato il PBRG; gruppo di ricerca che lavora direttamente con il Legal Aid e con l’OSLSA. Gli studenti del PBRG eseguono delle ricerche sulla base di richieste specifiche fatte dagli avvocati del Legal Aid e, in alcuni casi, partecipano
anche attivamente alle cause da questa promosse. Questo servizio
rappresenta una risorsa molto importante per il Legal Aid anche perché gli studenti hanno accesso gratuito a tutte le banche dati elettroniche e al materiale giuridico dell’Università20.
Un altro progetto molto interessante, ancora realizzato in sede studentesca, è V.I.T.A. (Volunteer Income Tax Assistance: assistenza
volontaria per le tasse). Questo programma, presente in tutti gli Stati
fondamentali delle persone senza fissa dimora, http://rutgers-newark.rutgers.edu/law/clinics_urban.html; Hofstra University ha un dipartimento che si
occupa del settore dell’abitabilità e di casi che studiano riforme legislative per
le abitazioni a favore delle persone povere, http://www.hofstra.edu/Academics/Law/Law_clinic.cfm#housing; the University of Minnesota ha un dipartimento per i problemi della casa, http://www.law. umn.edu/students/lawclinics/
housing_law.php.
20
Per altre informazioni si veda http://www.acs.ohio-state.edu/units/law/
PBRG/pbrgop.htm
89
Uniti, viene spesso gestito dalle scuole di legge ed offre servizi speciali ai poveri per il pagamento delle tasse e la dichiarazione dei redditi (tax filing season). In particolare, il servizio verifica che le persone
usufruiscano di tutte le detrazioni cui hanno diritto e che i poveri con
figli a carico, ottengano il credito per loro previsto (Earned Income
Tax Credit, cioè un credito per coloro che hanno guadagnato anche
solo un dollaro e hanno figli, concesso anche se la persona ha un
reddito che è esente da tassazione)21.
La tutela degli homeless
Quelle che ho così fugacemente descritte sono le forme più importanti di servizi legali per i senza fissa dimora e per i poveri presenti
negli Stati Uniti. Nonostante il sistema americano sia dunque piuttosto articolato e costituito da numerosi programmi e strutture, solo il
20% dei problemi legali civili dei poveri d’America viene risolto. In
questo 20% ci sono alcune questioni molto frequenti e di particolare
importanza; proverò a disegnarne brevemente una panoramica, in
modo da poter fare un confronto fra la realtà dell’Italia e quella americana.
Negli Stati Uniti i diritti delle persone senza fissa dimora sono previsti
e riconosciuti dalla Costituzione, da leggi statali e federali, da decisioni giuridiche, regole amministrative e da accordi internazionali 22.
Come accade in Italia, i diritti fondamentali sono diritti riconosciuti all’individuo in quanto tale e, pertanto, non ci sono differenze o discipline particolari per le persone senza fissa dimora.
21
Per informazioni sul programma VITA (volunteer income tax assistance) si
veda http://www.abanet.org/lsd/stulawyer/198vita.html, si veda anche http://
mason.gmu.edu/~llederma/VITA.htm.
22
90
Il diritto alla residenza
In America non esiste un concetto di residenza in senso formale; parimenti assente è l’idea di “carta d’identità” per come la stessa è conosciuta in Italia. È dunque sufficiente avere un indirizzo dove la persona possa ricevere la corrispondenza per accedere al complesso
elementare dei diritti di cittadinanza (non basta però una casella postale)23. Ciò è altresì sufficiente per poter esercitare il diritto di voto,
anche ove l’indirizzo dichiarato non coincida con il luogo abituale di
dimora.
“Il diritto al lavoro”
In America la mancanza di una residenza non impedisce di lavorare
regolarmente, né crea alcun tipo di ostacolo giuridico rilevante. La
legge richiede solo il numero di “social security” e un altro documento
di identità o un passaporto. Per ottenere questi documenti, come
specificato, è necessario e sufficiente dichiarare un indirizzo dove poter ricevere la corrispondenza.
Diritto all’assistenza sanitaria e all’assistenza finanziaria
Le persone senza fissa dimora hanno il diritto all’assistenza sanitaria
pubblica (medicaid), che consiste in un’assicurazione medica pagata
dallo Stato che copre i costi dei servizi sanitari e delle medicine. Anche in questo caso non è richiesto un indirizzo permanente. Gli uffici
che amministrano questi benefici avviano una procedura che permette alle persone senza fissa dimora di ottenere questi benefici, in
modo da garantire la tutela del diritto alla salute.
Inoltre, queste persone, hanno anche il diritto di usufruire dei benefici
statali per il cibo attraverso i c.d. “Food Stamps” (buoni mensili con
cui la persona può comprare solo cibo) e “SSI” Supplemental Security Income (pensioni per le persone che per ragioni di salute hanno
una ridotta capacità lavorativa). In caso di problemi o di benefici negati, gli aventi diritto possono rivolgersi all’ufficio locale di Legal Aid
per ricevere assistenza.
23
Non esistono i vigili che controllano dove abitano le persone e la legge non
prevede alcun tipo di accertamento.
91
Il diritto allo studio
Negli Stati Uniti sono molte le famiglie senza fissa dimora e, in questi
casi, è molto difficile garantire ai minori l’educazione e la formazione
scolastica. Questi minori hanno tuttavia il diritto di ricevere un’edu-cazione pubblica, equivalente a quella degli altri. Per iscriversi a scuola
non è necessario un indirizzo permanente e il diritto allo studio non
può essere negato nemmeno se lo studente si dimostri privo di documenti. Questi bambini, inoltre, hanno diritto di continuare a frequentare la stessa scuola che frequentavano prima di rimanere senza casa.
Le scuole, a tal riguardo, sono dunque gravate dell’obbligo di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’iscrizione e la frequenza di studenti senza casa. Esistono inoltre molti programmi e finanziamenti
statali, regionali e locali, per assicurare a questi studenti pasti gratuiti.
Il diritto di voto
Per esercitare il diritto voto non c’e bisogno di un indirizzo permanente; è sufficiente un qualsiasi indirizzo che la persona affermi di considerare come sua “base” (home base) tra cui, ad esempio, l’indirizzo
di un dormitorio pubblico.
Il diritto di essere senza fissa dimora
Nel 77% delle 50 città più grandi d’America ci sono leggi che vietano
di mendicare24. Inoltre, in molte città è proibito dormire, sedersi o
sdraiarsi in pubblico. Secondo la NLCHP negli Stati Uniti di oggi c’è
una forte tendenza a criminalizzare lo status di senza fissa dimora.
La NLCHP, ed altre organizzazioni che si occupano della tutela delle
persone senza fissa dimora, ritengono che tutte le regole o le leggi
che: 1) hanno il proposito principalmente di allontanare le persone
senza fissa dimora da una città; 2) criminalizzano comportamenti legati necessariamente alla sopravvivenza (come ad esempio dormire
in pubblico se non ci sono abbastanza dormitori); 3) consentono una
discriminazione o una applicazione arbitraria nei confronti delle per24
Illegal to be Homeless: The Criminalization of Homelessness in the United
States, 2002 The National Law Center on Homelessness and Poverty.
92
sone senza fissa dimora, siano da considerarsi illegali e/o incostituzionali. In alcuni Stati il diritto di dormire in un luogo pubblico è stato
riconosciuto come diritto garantito dalla Costituzione Federale25.
Negli ultimi anni, c’e stato uno sforzo diffuso in tutta la nazione per
garantire una serie di diritti e combattere alcune illegalità perpetrate
ai danni degli homeless. Non avendo una casa, infatti, spesso queste
persone vengono sottoposte a perquisizioni illegali o vengono fermate dalla polizia. La NLCHP ed altri gruppi stanno lavorando per stabilire un diritto nazionale alla privacy per le persone senza fissa dimora, in particolare per evitare gli abusi da parte della polizia.
Conclusione
Nel 2001 in Italia è finalmente entrata in vigore una nuova legge che
ha disciplinato il gratuito patrocinio anche nel processo civile. Tuttavia, come già anticipato nel capitolo “L’Assistenza Legale”, l’istituto
del gratuito patrocinio non appare sufficiente in quanto la maggior
parte dei casi sottoposti allo sportello di Avvocato di Strada è escluso
dal suo ambito di applicazione (consulenze o interventi legali stragiudiziali). La stessa questione del “Foglio di Via Obbligatorio”, descritta
dall’Avv. Murru, presenta una necessità di intervento legale non compresa tra quelle per cui è previsto il gratuito patrocinio; in quanto non
inerente una fase del procedimento giurisdizionale (penale).
La previsione dell’istituto del gratuito patrocinio in Italia dunque, per
quanto importante, mi pare tutt’ora insufficiente per fornire una reale
ed efficiente tutela legale alle persone senza fissa dimora. Rivolgendo lo sguardo all’esperienza degli Stati Uniti ritengo centrale anche in
Italia l’introduzione di organizzazioni e servizi istituzionalizzati, o comunque finanziati e supportati dalle Istituzioni. In questo modo si potrebbe formare una classe di avvocati e legali esperti nell’ambito specifico dell’aiuto e della tutela delle sole persone svantaggiate. Le organizzazioni e i gruppi di avvocati avrebbero inoltre un interesse di25
Questo argomento è simile a quello descritto dall’Avv. Murru in riferimento
al tema del Foglio di Via Obbligatorio.
93
retto nel superamento delle condizioni di povertà ed il servizio sarebbe fornito da professionisti esperti del settore.
A mio avviso in Italia la struttura creata da Avvocato di Strada rappresenta un buon esempio di assistenza legale qualificata per i senza
fissa dimora. Tramite l’attività dello sportello siamo riusciti a sviluppare un contatto diretto con gli utenti, a fornire un servizio legale ai senza fissa dimora, ad effettuare la formazione degli avvocati volontari e
degli altri operatori, a creare una rete di partner e sponsor pubblici e
privati sia in Italia che all’estero. Per molte persone di Bologna, Avvocato di Strada è stato sinora l’unico servizio di assistenza legale disponibile.
Lo sviluppo del progetto Avvocato di Strada e l’attività dello sportello
sono affidati alla volontà e all’impegno di tutti i volontari che impiegano il loro tempo libero. Per l’anno 2002 Avvocato di Strada ha ottenuto dei finanziamenti prevalentemente privati tramite i quali è stato
possibile allestire l’ufficio, realizzare un opuscolo informativo sul progetto, produrre questa pubblicazione e organizzare la segreteria amministrativa dello sportello.
Tuttavia, ritengo che per strutturare un servizio efficiente nella tutela
legale dei senza fissa dimora e per fornire una reale garanzia di giustizia, sia necessario che progetti come Avvocato di Strada abbiano
un sostegno economico e tecnico da parte delle istituzioni. Bologna e
le sue istituzioni assieme ad Avvocato di Strada potrebbero rappresentare un esempio importante per tutta l’Italia.
94
APPENDICE
95
96
IL PROGETTO “AVVOCATO DI STRADA”
Alla fine del 2000 nasce, a Bologna, il progetto Avvocato di Strada.
Scopo principale dell’iniziativa è fornire una tutela giuridica qualificata
ed organizzata alle persone senza fissa dimora.
Il progetto prevede anche la costituzione di una rete di associazioni e
servizi, che dovrà essere:
1. uno strumento di tutela;
2. un contenitore di scambio e raccolta degli episodi di prevaricazione;
3. un luogo di produzione di materiale informativo e divulgativo;
4. un luogo di costruzione di iniziative pubbliche contro gli abusi e prevaricazioni che vengono commessi quotidianamente
tra le persone che non hanno una dimora stabile e che vivono in condizioni di estrema precarietà.
Obiettivi del progetto:
1. raccogliere tutta la normativa e la giurisprudenza rispetto ai
temi dell’esclusione;
2. stilare una carta dei diritti;
3. costruire un centro diritti della povertà e del disagio.
Azioni immediate:
1) costituzione di una rete con coinvolgimento dei sindacati unitari,
della Consulta Cittadina contro l’Esclusione Sociale, delle realtà
no profit, dei centri diritti presenti sul territorio cittadino, delle Associazioni di Volontariato e di altre realtà del territorio, dei Patronati, dell’Università degli Studi, con particolare riferimento alla facoltà di Giurisprudenza, di avvocati;
2) costruzione di un contenitore “laboratorio” di raccolta di “casi” rispetto a prevaricazioni, abusi, violenze che subiscono continuamente le persone “indifese”, da sottoporre ad un “pool” di avvocati;
3) costituzione di un pool di avvocati civilisti, penalisti, amministrativi, che dovranno assistere le persone, anche attraverso l’utilizzo
del gratuito patrocinio (avvocati di strada);
97
4)
sviluppo di iniziative di sensibilizzazione in alcuni luoghi della
città (es.: in stazione FF.SS.).
Azioni future:
1) stesura di una “carta dei diritti” dei senza tetto da divulgare tra
chi vive in strada;
2) creazione di una rete tra le diverse realtà che operano all’interno
di centri diritti;
3) costruzione di momenti di iniziative pubbliche rispetto ai temi che
si andranno ad affrontare.
Il rapporto tra giuristi ed utenti avverrà per il tramite di associazioni
che operano sul territorio per la tutela dei soggetti più deboli.
L’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus - che si occupa da anni
delle persone senza fissa dimora - avrà, almeno nella fase iniziale del
progetto, una funzione di coordinamento; avrà altresì il compito di
fungere da ponte tra la strada ed il centro diritti, mettendo a disposizione i propri soci, e si attiverà per l’organizzazione delle iniziative
pubbliche di discussione.
Altri apporti, in termini umani e di risorse, verranno richiesti a sindacati, cooperative, associazioni e fondazioni che si occupano della tutela dei diritti dei meno abbienti.
Bologna, 1 dicembre 2000
98
ASSOCIAZIONE AMICI DI PIAZZA GRANDE
“Avvocato di Strada”
Via Libia, 69 40138 – Bologna
Attività di assistenza e consulenza legale svolta dal progetto
“Avvocato di Strada” di Bologna da gennaio 2001 a settembre 2004
Pratiche di diritto civile
U.
D.
Tot.
Diritto alla residenza
Licenziamenti, crediti e altre problematiche relative al
diritto del lavoro
Pratiche relative a sinistri stradali e risarcimento danni
Pratiche relative al diritto di mantenimento
Problematiche connesse ad invalidità e pensioni
Problematiche connesse allo smarrimento o mancanza
di documenti di identità
Problematiche legate alla patria potestà e ai figli minori
Problematiche relative a situazioni debitorie nei confronti di privati
Problematiche relative alle successioni ereditarie
Procedure esecutive per mancato pagamento di imposte e tasse
Ricerca di parenti in vita
Richieste di interventi per mancata o inadeguata assistenza sociale
Separazioni e/o divorzi
Sfratti e problematiche relative alle locazioni
Problematiche relative a situazioni creditorie nei confronti di privati
Totale delle Pratiche di diritto civile
42% del globale
20
17
8
4
28
21
5
2
4
2
2
2
-
7
4
4
2
7
7
10
7
17
14
5
3
7
-
12
3
1
8
3
6
4
14
16
15
6
14
12
3
30
27
9
118
78
196
99
60%
40%
100%
Pratiche di diritto penale
U.
D.
Tot.
Istanze per l'ottenimento della riabilitazione
Posizioni debitorie per spese di giustizia e di detenzione
Possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere
Pratiche relative a richieste di pene alternative alla detenzione
Procedimenti in qualità di persona offesa (aggressioni,
minacce, molestie, ecc...)
Procedimenti penali per reati legati agli stupefacenti
Procedimenti per diffamazione, offesa, resistenza a
pubblico ufficiale
Reati contro il patrimonio (rapina, furto, ricettazione,
truffa, ecc...)
Reati contro la persona (minacce, violenza, diffamazione, ecc...)
Vittime dello sfruttamento della prostituzione
Totale delle Pratiche di diritto penale
33% del globale
1
9
-
1
7
1
27
2
1
31
12
5
20
22
3
3
2
25
5
40
10
50
12
4
16
127
1
30
1
157
81%
19%
100%
100
Pratiche di diritto amministrativo
U.
D.
Tot.
Cartelle esattoriali per mancato pagamento di imposte,
tasse e contributi
Fogli di via e decreti di espulsione
Problematiche relative ai permessi di soggiorno
Procedimenti amministrativi per reati legati agli stupefacenti (ritiro patente, ecc...)
Procedure per illeciti amministrativi (assegni a vuoto,
ecc…)
Sanzioni per mancanza di titolo di viaggio su mezzi
pubblici
Sanzioni per violazioni al Codice della Strada
Totale delle Pratiche di diritto amministrativo
25% del globale
15
8
23
13
18
11
2
5
1
15
23
12
6
1
7
7
4
11
25
96
4
24
29
120
80%
20%
100%
341
132
473
72%
285
28%
113
100%
398
14
4
18
43
14
57
Totale delle pratiche dal 01/01/2001 al settembre
2004 100% del globale
Di cui cittadini italiani
84% del globale
Di cui cittadini comunitari
4% del globale
Di cui cittadini extracomunitari
12% del globale
101
Dettagli dell’attività di assistenza e consulenza legale svolta
dal progetto “Avvocato di Strada” di Bologna nel solo anno 2001
Pratiche di diritto civile
U.
D.
Tot.
Diritto alla residenza
Licenziamenti, crediti e altre problematiche relative al
diritto del lavoro
Pratiche relative a sinistri stradali e risarcimento danni
Pratiche relative al diritto di mantenimento
Problematiche connesse ad invalidità e pensioni
Problematiche connesse allo smarrimento o mancanza
di documenti di identità
Problematiche legate alla patria potestà e ai figli minori
Problematiche relative a situazioni debitorie nei confronti di privati
Problematiche relative alle successioni ereditarie
Procedure esecutive per mancato pagamento di imposte e tasse
Ricerca di parenti in vita
Richieste di interventi per mancata o inadeguata assistenza sociale
Separazioni e/o divorzi
Sfratti e problematiche relative alle locazioni
Problematiche relative a situazioni creditorie nei confronti di privati
Totale delle Pratiche di diritto civile
48%
delle pratiche 2001
14% del globale
6
3
1
6
4
1
2
2
1
-
2
2
2
1
-
1
1
-
1
-
2
-
2
-
2
4
-
1
1
-
5
1
-
22
5
27
81%
19%
100%
102
Pratiche di diritto penale
Istanze per l'ottenimento della riabilitazione
Posizioni debitorie per spese di giustizia e di detenzione
Possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere
Pratiche relative a richieste di pene alternative alla detenzione
Procedimenti in qualità di persona offesa (aggressioni,
minacce, molestie, ecc...)
Procedimenti penali per reati legati agli stupefacenti
Procedimenti per diffamazione, offesa, resistenza a
pubblico ufficiale
Reati contro il patrimonio (rapina, furto, ricettazione,
truffa, ecc...)
Reati contro la persona (minacce, violenza, diffamazione, ecc...)
Vittime dello sfruttamento della prostituzione
Totale delle Pratiche di diritto penale
26%
delle pratiche 2001
10% del globale
103
U.
D.
Tot.
-
-
-
2
-
2
3
1
4
2
1
-
2
1
3
-
3
3
-
3
14
1
15
93%
7%
100%
Pratiche di diritto amministrativo
Cartelle esattoriali per mancato pagamento di imposte,
tasse e contributi
Fogli di via e decreti di espulsione
Problematiche relative ai permessi di soggiorno
Procedimenti amministrativi per reati legati agli stupefacenti (ritiro patente, ecc.)
Procedure per illeciti amministrativi (assegni a vuoto,
ecc...)
Sanzioni per mancanza di titolo di viaggio su mezzi
pubblici
Sanzioni per violazioni al Codice della Strada
Totale delle Pratiche di diritto amministrativo 26%
delle pratiche 2001
13% del globale
1
-
1
9
2
-
1
-
10
2
-
-
-
-
-
-
-
2
14
1
2
15
93%
7%
100%
50
7
57
77%
88%
38
12%
6
100%
44
5%
3
-
3
18%
9
1
10
Totale delle pratiche nell’anno 2001
12% del globale
Di cui cittadini italiani
delle pratiche 2001
Di cui cittadini comunitari
delle pratiche 2001
Di cui cittadini extracomunitari
delle pratiche 2001
104
Dettagli dell’attività di assistenza e consulenza legale svolta
dal progetto “Avvocato di Strada” di Bologna nel solo anno 2002
Pratiche di diritto civile
U.
D.
Tot.
Diritto alla residenza
Licenziamenti, crediti e altre problematiche relative al
diritto del lavoro
Pratiche relative a sinistri stradali e risarcimento danni
Pratiche relative al diritto di mantenimento
Problematiche connesse ad invalidità e pensioni
Problematiche connesse allo smarrimento o mancanza
di documenti di identità
Problematiche legate alla patria potestà e ai figli minori
Problematiche relative a situazioni debitorie nei confronti di privati
Problematiche relative alle successioni ereditarie
Procedure esecutive per mancato pagamento di imposte e tasse
Ricerca di parenti in vita
Richieste di interventi per mancata o inadeguata assistenza sociale
Separazioni e/o divorzi
Sfratti e problematiche relative alle locazioni
Problematiche relative a situazioni creditorie nei confronti di privati
Totale delle Pratiche di diritto civile
45%
delle pratiche 2002
32% del globale
10
5
7
2
17
7
1
1
-
-
1
1
-
4
-
5
2
9
2
1
-
3
-
4
-
-
2
2
2
2
5
3
4
1
1
3
6
4
7
34
28
62
55%
45%
100%
105
Pratiche di diritto penale
Istanze per l’ottenimento della riabilitazione
Posizioni debitorie per spese di giustizia e di detenzione
Possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere
Pratiche relative a richieste di pene alternative alla detenzione
Procedimenti in qualità di persona offesa (aggressioni,
minacce, molestie, ecc...)
Procedimenti penali per reati legati agli stupefacenti
Procedimenti per diffamazione, offesa, resistenza a
pubblico ufficiale
Reati contro il patrimonio (rapina, furto, ricettazione,
truffa, ecc...)
Reati contro la persona (minacce, violenza, diffamazione, ecc...)
Vittime dello sfruttamento della prostituzione
Totale delle Pratiche di diritto penale
40%
delle pratiche 2002
35% del globale
106
3
-
3
8
-
8
3
-
3
9
-
1
-
10
-
20
5
25
5
1
6
48
7
55
87%
13%
100%
Pratiche di diritto amministrativo
Cartelle esattoriali per mancato pagamento di imposte,
tasse e contributi
Fogli di via e decreti di espulsione
Problematiche relative ai permessi di soggiorno
Procedimenti amministrativi per reati legati agli stupefacenti (ritiro patente, ecc...)
Procedure per illeciti amministrativi (assegni a vuoto,
ecc...)
Sanzioni per mancanza di titolo di viaggio su mezzi
pubblici
Sanzioni per violazioni al Codice della Strada
Totale delle Pratiche di diritto amministrativo 15%
delle pratiche 2002
18% del globale
1
1
2
1
5
6
1
3
-
2
8
6
-
-
-
1
-
1
1
15
1
6
2
21
71%
29
100%
Totale delle pratiche nell’anno 2002
del globale
29%
97
41
138
Di cui cittadini italiani
delle pratiche 2002
Di cui cittadini comunitari
delle pratiche 2002
Di cui cittadini extracomunitari
delle pratiche 2002
83%
70
83
30%
32
100%
115
2%
1
2
3
15%
13
7
20
107
Dettagli dell’attività di assistenza e consulenza legale svolta
dal progetto “Avvocato di Strada” di Bologna nel solo anno 2003
Pratiche di diritto civile
U.
D.
Tot.
Diritto alla residenza
Licenziamenti, crediti e altre problematiche relative al
diritto del lavoro
Pratiche relative a sinistri stradali e risarcimento danni
Pratiche relative al diritto di mantenimento
Problematiche connesse ad invalidità e pensioni
Problematiche connesse allo smarrimento o mancanza
di documenti di identità
Problematiche legate alla patria potestà e ai figli minori
Problematiche relative a situazioni debitorie nei confronti di privati
Problematiche relative alle successioni ereditarie
Procedure esecutive per mancato pagamento di imposte e tasse
Ricerca di parenti in vita
Richieste di interventi per mancata o inadeguata assistenza sociale
Separazioni e/o divorzi
Sfratti e problematiche relative alle locazioni
Problematiche relative a situazioni creditorie nei confronti di privati
Totale delle Pratiche di diritto civile
39%
delle pratiche 2003
27% del globale
3
4
-
3
4
1
1
2
-
1
-
2
1
2
-
1
4
1
3
2
7
3
3
-
3
3
1
3
1
1
2
4
2
7
1
8
3
-
10
10
1
33
21
54
61%
39%
100%
108
Pratiche di diritto penale
Istanze per l’ottenimento della riabilitazione
Posizioni debitorie per spese di giustizia e di detenzione
Possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere
Pratiche relative a richieste di pene alternative alla detenzione
Procedimenti in qualità di persona offesa (aggressioni,
minacce, molestie, ecc...)
Procedimenti penali per reati legati agli stupefacenti
Procedimenti per diffamazione, offesa, resistenza a
pubblico ufficiale
Reati contro il patrimonio (rapina, furto, ricettazione,
truffa, ecc...)
Reati contro la persona (minacce, violenza, diffamazione, ecc...)
Vittime dello sfruttamento della prostituzione
Totale delle Pratiche di diritto penale
33%
delle pratiche 2003
29% del globale
1
2
-
1
2
1
10
1
1
11
1
3
4
6
1
1
1
7
2
12
3
15
2
1
3
36
10
46
100%
109
Pratiche di diritto amministrativo
Cartelle esattoriali per mancato pagamento di imposte,
tasse e contributi
Fogli di via e decreti di espulsione
Problematiche relative ai permessi di soggiorno
Procedimenti amministrativi per reati legati agli stupefacenti (ritiro patente, ecc...)
Procedure per illeciti amministrativi (assegni a vuoto,
ecc…)
Sanzioni per mancanza di titolo di viaggio su mezzi
pubblici
Sanzioni per violazioni al Codice della Strada
Totale delle Pratiche di diritto amministrativo 28%
delle pratiche 2003
32% del globale
7
5
12
3
5
2
1
1
3
6
3
3
-
3
4
1
5
6
30
1
9
7
39
77%
23%
100%
99
40
139
94%
71%
91
29%
39
100%
130
1%
2
-
2
5%
6
1
7
Totale delle pratiche nell’anno 2003
29% del globale
Di cui cittadini italiani
delle pratiche 2003
Di cui cittadini comunitari
delle pratiche 2003
Di cui cittadini extracomunitari
delle pratiche 2003
110
Dettagli dell’attività di assistenza e consulenza legale svolta
dal progetto “Avvocato di Strada” di Bologna nel solo anno 2004
Pratiche di diritto civile
U.
D.
Tot.
Diritto alla residenza
Licenziamenti, crediti e altre problematiche relative al
diritto del lavoro
Pratiche relative a sinistri stradali e risarcimento danni
Pratiche relative al diritto di mantenimento
Problematiche connesse ad invalidità e pensioni
Problematiche connesse allo smarrimento o mancanza
di documenti di identità
Problematiche legate alla patria potestà e ai figli minori
Problematiche relative a situazioni debitorie nei confronti di privati
Problematiche relative alle successioni ereditarie
Procedure esecutive per mancato pagamento di imposte e tasse
Ricerca di parenti in vita
Richieste di interventi per mancata o inadeguata assistenza sociale
Separazioni e/o divorzi
Sfratti e problematiche relative alle locazioni
Problematiche relative a situazioni creditorie nei confronti di privati
Totale delle Pratiche di diritto civile
38%
delle pratiche 2004
27% del globale
1
5
1
1
2
6
2
-
2
-
2
2
-
2
2
4
2
6
4
3
-
-
3
-
3
3
6
5
5
1
4
7
-
9
12
1
29
24
53
55%
45%
100%
111
Pratiche di diritto penale
Istanze per l'ottenimento della riabilitazione
Posizioni debitorie per spese di giustizia e di detenzione
Possesso ingiustificato di oggetti atti ad offendere
Pratiche relative a richieste di pene alternative alla detenzione
Procedimenti in qualità di persona offesa (aggressioni,
minacce, molestie, ecc...)
Procedimenti penali per reati legati agli stupefacenti
Procedimenti per diffamazione, offesa, resistenza a
pubblico ufficiale
Reati contro il patrimonio (rapina, furto, ricettazione,
truffa, ecc...)
Reati contro la persona (minacce, violenza, diffamazione, ecc...)
Vittime dello sfruttamento della prostituzione
Totale delle Pratiche di diritto penale
30%
delle pratiche 2004
26% del globale
112
2
-
2
9
1
10
5
4
9
5
1
1
1
6
2
5
2
7
3
2
4
30
1
11
1
41
73%
27%
100%
Pratiche di diritto amministrativo
Cartelle esattoriali per mancato pagamento di imposte,
tasse e contributi
Fogli di via e decreti di espulsione
Problematiche relative ai permessi di soggiorno
Procedimenti amministrativi per reati legati agli stupefacenti (ritiro patente, ecc...)
Procedure per illeciti amministrativi (assegni a vuoto,
ecc…)
Sanzioni per mancanza di titolo di viaggio su mezzi
pubblici
Sanzioni per violazioni al Codice della Strada
Totale delle Pratiche di diritto amministrativo 32%
delle pratiche 2004
37% del globale
6
2
8
6
3
1
-
7
3
3
1
4
3
2
5
16
37
2
8
18
45
72%
18%
100%
96
43
139
69%
31%
100%
79%
73
36
109
7%
8
2
10
14%
15
5
20
Totale delle pratiche nell’anno 2004 (da gennaio a
settembre)
30% del globale
Di cui cittadini italiani
delle pratiche 2004
Di cui cittadini comunitari
delle pratiche 2004
Di cui cittadini extracomunitari
delle pratiche 2004
113
114
RICHIESTA PER L’AMMISSIONE AL PATROCINIO A SPESE DELLO
STATO NEI GIUDIZI CIVILI ED AMMINISTRATIVI
Al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna
OGGETTO: richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
ex L. 217/1990, così come modificata dalla L. 134/2001.
Autorità Giudiziaria:………………………
Udienza: …………….
R.G.:……….
Il/la sottoscritto/a ………………………………… nato/a a ……………
il ……………………… e residente in ……………………………..……
via ………………………………………… C.F. …………………………
Parte in qualità di …………………. nel procedimento in epigrafe
CHIEDE
di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, trovandosi nelle
condizioni previste dalla legge (reddito complessivo inferiore ad €
9.296,22, così come determinato dalla L. 134/2001).
A tal fine dichiara:
che la propria famiglia anagrafica è composta da un solo membro
oppure
che le generalità dei componenti il proprio nucleo familiare sono le
seguenti:
- …………………………… nato a …………………………………
il ………………… C.F. ……………………………………………….…
reddito da lavoro o redditi diversi da quelli di lavoro, beni immobili o
mobili registrati: …………………………………………………………
2) che il proprio reddito consente l’ammissione al patrocinio a spese
dello Stato come risulta dall’autocertificazione allegata;
3) che si impegna a comunicare entro 30 giorni dalla scadenza del
termine di un anno e fino a che il procedimento non sia definito,
le eventuali variazioni dei limiti di reddito rilevanti ai fini della concessione del beneficio (art. 5, comma 1, sub. c));
1)
115
Dichiara inoltre che il procedimento per il quale si chiede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ha ad oggetto
………………………………………………………….
La pretesa del sottoscritto, quale attore/convenuto, si fonda sui seguenti elementi in fatto e in diritto:
…………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………
……
…………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………
……
A sostegno della pretesa che il sottoscritto fa valere si intende chiedere l’ammissione dei seguenti mezzi di prova:
…………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………
……
…………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………
……
Dichiara di nominare quale proprio difensore di fiducia l’Avv.
……………………….
con studio in ………………………………………………
presso il quale elegge domicilio ai fini del presente procedimento incidentale.
Dichiara inoltre di revocare ogni altro difensore che dovesse risultare
essere stato nominato in precedenza.
Allegati:
1) autocertificazione attestante la sussistenza delle condizioni sul
reddito (art. 5, comma 1, sub b)).
In caso di documentazione insufficiente, chiede termine ai sensi dell’art. 5, comma 5.
Luogo, data
Firma richiedente ………………….
Per Autentica
Avv. …………..
116
117
RICHIESTA PER L’AMMISSIONE AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATO NEI GIUDIZI PENALI
AUTORITÀ GIUDIZIARIA
Proc. pen. N. reg.
a carico di
Istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato
Il sottoscritto …………………., nato a ……………. il ………….., residente a ………………………. in via ………………………. codice fiscale ……………………………, elettivamente domiciliato ai fini della
presente procedura in ………………………….., presso lo studio dell’Avv. …………………., suo difensore di fiducia,
chiede
di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato ai sensi della L.
217/90 e a tale scopo:
1)dichiara che la propria famiglia anagrafica è composta da un solo
membro;
2)attesta sotto la propria responsabilità che sussistono le condizioni
di reddito previste dalla citata legge per l’ammissione al beneficio in
quanto il sottoscritto non ha percepito reddito negli anni 2000/2001 e
di non essere titolare di diritti reali in relazione a beni immobili e a
beni mobili registrati;
3)si impegna a comunicare, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno dalla presentazione dell’istanza fino alla data di definizione del procedimento, le eventuali variazioni rilevanti ai fini della
concessione del beneficio.
Luogo, Data
Firma richiedente
118
119
SCHEMA DI MEMORIA SCRITTA DIFENSIVA NEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO ARTT. 7 E 8 L. 241/90
QUESTURA DI ……………
Memorie scritte e deposito documenti ex art.10 L. 241.90 e art. 5
D.M.I. 284.93
OGGETTO: Procedimento amministrativo artt. 7 e 8 L.241/90 contro
……………….., nato/a a ………………., il ………………….
In riferimento alla comunicazione di avvio di procedimento amministrativo nei confronti del sig. ……………….., così come sopra generalizzato, avvenuta a ……………. in data ………………., con le presenti
memorie, si comunica e si osserva quanto segue.
Il/la sig./sig.ra ……………. non è un soggetto socialmente pericoloso, né risulta avere precedenti penali o carichi pendenti che
possano fare anche solo ritenere che possa avere una qualche
capacità a delinquere;
È attualmente alla ricerca di un’occupazione;
È alla ricerca di una casa nella quale possa vivere stabilmente.
Si chiede pertanto all’Intestata Questura, nella persona del Responsabile Ufficio Misure di Prevenzione e Sicurezza, di voler provvedere
alla archiviazione del procedimento in epigrafe, poiché, in relazione
alla condotta del/la sig./sig.ra ………………., non sembrano sussistere i presupposti per il proseguimento del procedimento.
Si allega alla presente memoria scritta;
- Procura speciale
Luogo, Data
Con Osservanza
Avv. ……………………
120
121
LEGGE N° 77/2003 DI CONVERSIONE DELLA CONVENZIONE EUROPEA DI STRASBURGO 25.1.1996
Al fine di valorizzare le normative sui minori più attuali e più importanti, si allega la legge di conversione del 20.3.2003 n. 77 della Convenzione Europea di Strasburgo 25.1.1996.
LEGGE
Art. 1
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il
25 gennaio 1996.
Art. 2
1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 21, paragrafo 3, della Convenzione
stessa.
Art. 3
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in
314.210 euro annui a decorrere dal 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, a fini del bilancio
triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l' anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Traduzione non ufficiale
Preambolo
Gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari della
presente Convenzione, considerando che lo scopo del Consiglio
d'Europa è di realizzare una più stretta unione tra i suoi membri;
122
in considerazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del
fanciullo ed in particolare dell'articolo 4 che esige che gli Stati Parti
adottino ogni misura legislativa, amministrativa e di altro genere, necessaria per l' attuazione dai diritti riconosciuti in tale Convenzione;
prendendo nota del contenuto della Raccomandata 1121 (1990) dell'Assemblea Parlamentare relativa ai diritti dei fanciulli;
convinti che i diritti e gli interessi superiori dei fanciulli debbano essere promossi e che a tal fine i fanciulli dovrebbero avere la possibilità
di esercitare tali diritti, in particolare nelle procedure in materia familiare che li concernono;
riconoscendo che i fanciulli dovrebbero ricevere informazioni pertinenti affinchè i loro diritti ed interessi superiori possano essere promossi, e le loro opinioni tenute in debito conto;
riconoscendo il ruolo rilevante dei genitori per la protezione e la promozione dei diritti e degli interessi superiori dei figli, e considerando
che anche gli Stati dovrebbero, se del caso, concorrervi;
considerando tuttavia che in caso di conflitto, è opportuno che le famiglie si adoperino per raggiungere un accordo prima di deferire la
questione dinnanzi ad un'istanza giudiziaria,
hanno convenuto quanto segue:
Capitolo I
Portata e oggetto della convenzione, e definizioni
Articolo 1
Portata ed oggetto della Convenzione
1. La presente Convenzione si applica ai fanciulli che non hanno ancora 18 anni.
2. L'oggetto della presente Convenzione mira a promuovere, nell'interesse superiore dei fanciulli, diritti degli stessi, a concedere loro diritti procedurali ed agevolarne l'esercizio, vigilando affinchè possano,
direttamente o per il tramite di altre persone od organi, essere informati ed autorizzati a partecipare alle procedure che li riguardano dinnanzi ad un'autorità giudiziaria.
3. Ai fini della presente Convenzione, le procedure che concernono i
fanciulli dinanzi ad un'autorità giudiziaria sono considerate procedure
in materia familiare, in particolare quelle relative all'esercizio delle responsabilità di genitore, soprattutto per quanto riguarda la residenza
ed il diritto di visita riguardo ai figli.
4. Ogni Stato, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, deve designare mediante una dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, almeno tre categorie di controversie fami-
123
liari dinnanzi ad un'autorità giudiziaria cui la presente Convenzione
può applicarsi.
5. Ogni parte può con una dichiarazione addizionale completare l'elenco delle categorie di controversie familiari cui la presente Convenzione può applicarsi, a fornire ogni informazione relativa all'applicazione degli articoli 5 e 9 paragrafo 2, 10, paragrafo 2, e 11.
6. La presente Convenzione non impedisce alle parti di applicare regole più favorevoli per la promozione e l'esercizio dei diritti dei fanciulli.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente Convenzione, s'intende per:
a) "autorità giudiziaria", un tribunale o un'autorità amministrativa
avente una competenza equivalente;
b) "detentore di responsabilità di genitore" i genitori ed altre persone
od organi abilitati ad esercitare in tutto o in parte, responsabilità di
genitore;
c) "rappresentante" ogni persona come un avvocato o un organo designato ad agire dinnanzi un'autorità giudiziaria a nome di un fanciullo;
d) "informazioni pertinenti" le informazioni appropriate in considerazione dell'età e del discernimento del fanciullo, che saranno fornite
allo stesso per consentirgli di esercitare pienamente i suoi diritti salvo
se la comunicazione di tali informazioni potrebbe nuocere al suo benessere.
Capitolo II
Misure procedurali per promuovere l'esercizio dei diritti dei fanciulli
A. Diritti procedurali di un fanciullo
Articolo 3
Diritto di essere informato e di esprimere la propria opinione nelle
procedure
Ad un fanciullo che è considerato dal diritto interno come avente un
discernimento sufficiente, sono conferiti nelle procedure dinnanzi ad
un'autorità giudiziaria che lo concernono i seguenti diritti, di cui egli
stesso può chiedere di beneficiare:
a)
ricevere ogni informazione pertinente;
b)
essere consultato ed esprimere la sua opinione;
c) essere informato delle eventuali conseguenze dell'attuazione
della sua opinione e delle eventuali conseguenze di ogni decisione.
124
Articolo 4
Diritto di chiedere la designazione di un rappresentante speciale
1. Salvo quanto disposto dall' articolo 9, il fanciullo ha il diritto di chiedere, personalmente o per il tramite di altre persone od organi, la designazione di un rappresentante speciale nelle procedure dinnanzi ad
un'autorità giudiziaria che lo concernono, qualora il diritto interno privi
coloro che hanno responsabilità di genitore, della facoltà di rappresentare il fanciullo per via di un conflitto d'interesse con lo stesso.
2. Gli Stati sono liberi di disporre che il diritto di cui al paragrafo 1 si
applichi unicamente ai fanciulli considerati dal diritto interno come
aventi un discernimento sufficiente.
Articolo 5
Altri eventuali diritti procedurali
Le Parti esaminano l'opportunità di concedere ai fanciulli diritti procedurali supplementari nelle procedure che li concernono dinnanzi ad
un'autorità giudiziaria, in particolare:
a) il diritto di chiedere di essere assistiti da una persona appropriata
di loro scelta per aiutarli ad esprimere la loro opinione;
b) il diritto di chiedere, essi stessi o per il tramite di altre persone od
organi, la designazione di un rappresentante speciale, se del caso un
avvocato;
c) il diritto di designare un proprio rappresentante;
d) il diritto di esercitare, in tutto o in parte, le prerogative di una parte
di tali procedure.
B. Ruolo delle autorità giudiziarie
Articolo 6
Processo decisionale
Nelle procedure che interessano un fanciullo, l'autorità giudiziaria, prima di adottare qualsiasi decisione deve:
a) esaminare se dispone di informazioni sufficienti in vista di prendere una decisione nell'interesse superiore del fanciullo e se del caso
ottenere informazioni supplementari in particolare da parte di coloro
che hanno responsabilità di genitore;
b) quando il fanciullo è considerato dal diritto interno come avente un
discernimento sufficiente, l'autorità giudiziaria:
- si accerta che il fanciullo abbia ricevuto ogni informazione pertinente;
- consulta personalmente il fanciullo, se del caso, e se necessario
in privato, direttamente o attraverso altre persone od organi, nel-
125
la forma che riterrà più appropriata tenendo conto del discernimento in contrasto con gli interessi superiori dello stesso;
- consente al fanciullo di esprimere la sua opinione; o tenere debitamente conto dell'opinione espressa da quest'ultimo.
Articolo 7
Obbligo di agire con prontezza
Nelle procedure che concernono un fanciullo, l'autorità giudiziaria
deve procedere con prontezza evitando ogni inutile ritardo e deve potersi avvalere di procedure che assicurino una rapida esecuzione delle sue decisioni. In caso di urgenza, l'autorità giudiziaria ha, se del
caso, facoltà di adottare decisioni immediatamente esecutive.
Articolo 8
Possibilità di procedere d'ufficio
Nelle procedure che interessano un fanciullo, l'autorità giudiziaria ha
facoltà, nei casi di grave minaccia al benessere del fanciullo, secondo quanto determinato dal diritto interno di procedere d' ufficio.
Articolo 9
Designazione di un rappresentante
1. Nelle procedure che interessano un fanciullo, se, in virtù del diritto
interno, coloro che hanno responsabilità di genitore si vedono privati
della facoltà di rappresentare il fanciullo a causa di un conflitto d'interessi con lo stesso, l'autorità giudiziaria può designare un rappresentante speciale per il fanciullo in tali procedure.
2. Le Parti esaminano la possibilità di prevedere che, nelle procedure
che interessano un fanciullo, l'autorità giudiziaria abbia facoltà di designare un rappresentante speciale, se del caso un avvocato, per
rappresentare il fanciullo.
C. Ruolo dei rappresentanti
Articolo 10
1. Nel caso di procedure che interessano un fanciullo dinnanzi ad
una autorità giudiziaria, il rappresentante deve, a meno che ciò non
sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori del fanciullo:
a) fornire al fanciullo ogni informazione pertinente, se quest'ultimo è
considerato dal diritto interno come avente un discernimento sufficiente;
b) fornire spiegazioni al fanciullo, se quest'ultimo è considerato da diritto interno come avente un discernimento sufficiente, in merito alle
eventuali conseguenze dell' attuazione pratica della sua opinione e
delle eventuali conseguenze di ogni azione del rappresentante;
126
c) determinare l'opinione del fanciullo ed informare l'autorità giudiziaria.
2. Le Parti esaminano la possibilità di estendere le norme del paragrafo 1 a coloro che hanno responsabilità di genitore.
D. Estensione di talune disposizioni
Articolo 11
Le Parti esaminano la possibilità di estendere le disposizioni degli articoli 3,4 e 9 alle procedure che interessano i fanciulli e che sono
pendenti presso altri organi nonchè alle questioni che li interessano,
a prescindere da ogni procedura.
E. Organi nazionali
Articolo 12
1. Le Parti incoraggiano, attraverso organi aventi, tra l'altro le funzioni
di cui al paragrafo 2, la promozione e l'esercizio dei diritti dei fanciulli.
2. Tali funzioni sono le seguenti:
a) formulare proposte per rafforzare il dispositivo legislativo relativo
all'esercizio dei diritti dei fanciulli;
b) formulare pareri sui progetti legislativi relativi all'esercizio dei diritti
dei fanciulli;
c) fornire informazioni generali relative all'esercizio dei diritti dei fanciulli, ai mezzi di comunicazione, al pubblico ed alle persone o agli organi che si occupano di questioni relative ai fanciulli;
d) ricercare l'opinione dei fanciulli e fornire loro ogni informazione appropriata.
F. Altre misure
Articolo 13
Mediazione ed altri metodi di soluzione dei conflitti
Per prevenire e risolvere i conflitti ed evitare procedure che coinvolgono un fanciullo dinnanzi ad un'autorità giudiziaria, le Parti incoraggiano la mediazione od ogni altro metodo di soluzione dei conflitti,
nonchè la loro utilizzazione per concludere un accordo nei casi appropriati determinati dalle Parti.
Articolo 14
Patrocinio legale gratuito e consulenza giuridica
Se il diritto interno prevede il patrocinio legale gratuito o la consulenza giuridica per la rappresentanza dei fanciulli nelle procedure che li
interessano dinnanzi ad un'autorità giudiziaria, tali disposizioni si applicano alle materie considerate dagli articoli 4 e 9.
Articolo 15
Relazioni con altri strumenti internazionali
127
La presente Convenzione non ostacola l'applicazione di altri strumenti internazionali che trattano questioni specifiche inerenti alla protezione dei fanciulli e delle famiglie, ai quali una Parte della presente
Convenzione è Parte o lo diviene.
Capitolo III - Comitato permanente
Articolo 16
Istituzione e funzioni del Comitato permanente
1. Ai fini della presente Convenzione, è istituito un Comitato permanente.
2. Il Comitato permanente segue i problemi relativi alla presente Convenzione, In particolare, ha facoltà di:
a) esaminare ogni questione pertinente relativa all'interpretazione o
all'attuazione della Convenzione. Le conclusioni del Comitato permanente relative all'attuazione della Convenzione possono essere formulate sotto forma di raccomandazione; le raccomandazioni sono
adottate a maggioranza di tre quarti dei voti espressi;
b) proporre emendamenti alla Convenzione ed esaminare quelli formulati secondo l'articolo 20;
c) fornire consulenza ed assistenza agli organi nazionali che esercitano le funzioni di cui al paragrafo 2 dell'articolo 12, e promuovere la
cooperazione internazionale tra gli stessi.
Articolo 17
Composizione
1. Ogni Parte può farsi rappresentare in seno al Comitato permanente da uno o più delegati, Ciascuna Parte dispone di un voto.
2. Ogni Stato di cui all'articolo 21 che non è Parte alla presente Convenzione può essere rappresentato al Comitato permanente da un
osservatore. Lo stesso si applica ad ogni altro Stato o alla Comunità
europea, dopo l'invito ad aderire alla Convenzione, in conformità con
le disposizioni dell'articolo 22.
3. A meno che una Parte, almeno un mese prima della riunione, non
abbia informato il Segretario generale della sua obiezione il Comitato
permanente può invitare a partecipare a titolo di osservatore a tutte le
riunioni, o a tutta, o a parte di una riunione:
- ogni Stato non previsto al paragrafo 2 di cui sopra;
- il Comitato dei diritti del fanciullo delle Nazioni Unite;
- la Comunità europea;
- ogni organismo internazionale governativo;
- ogni organismo internazionale non governativo che persegue una o
più delle funzioni di cui al paragrafo 2 dell'articolo 12;
128
- ogni organismo nazionale governativo o non governativo, che esercita una o più funzioni di cui al paragrafo 2 dell'articolo 12.
4. Il Comitato permanente può scambiare informazioni con le organizzazioni appropriate che operano a favore dell'esercizio dei diritti
dei fanciulli.
Articolo 18
1. Alla fine del terzo anno successivo alla data di entrata in vigore
della presente Convenzione e, a sua iniziativa, in qualsiasi altro momento dopo questa data, il Segretario generale del Consiglio d'Europa inviterà il Comitato permanente a riunirsi.
2. Il Comitato permanente può adottare decisioni solo a condizione
che almeno la metà delle Parti sia presente.
3. Salvo quanto disposto dagli articoli 16 e 20, le decisioni del Comitato permanente,sono adottate a maggioranza dei membri presenti.
4. Salvo quanto disposto dalle norme della presente Convenzione, il
Comitato permanente stabilisce il proprio Regolamento interno ed il
regolamento interno di ogni gruppo di lavoro che ha istituito per svolgere tutti i compiti appropriati nel quadro della Convenzione.
Articolo 19
Rapporti del Comitato permanente
Dopo ciascuna riunione, il Comitato permanente trasmette alle Parti
ed al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa un rapporto relativo
ai suoi dibattiti ed alle decisioni adottate.
Capitolo IV . Emendamenti alla Convenzione
Articolo 20
1. Ogni proposta di emendamento agli articoli della presente Convenzione, presentata da una Parte o dal Comitato permanente, è comunicata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa e trasmessa a
sua cura, almeno due mesi prima della successiva riunione del Comitato permanente, agli Stati membri del Consiglio d'Europa, ad ogni firmatario, ad ogni Parte, ad ogni Stato invitato a firmare la presente
convenzione secondo le disposizioni dell'articolo 21, e ad ogni Stato
o alla Comunità europea, che è stato invitato ad aderire secondo le
disposizioni dell'articolo 22.
2. Ogni proposta di emendamento presentata secondo le disposizioni
del paragrafo precedente, è esaminata dal Comitato permanente,
che sottopone il testo adottato a maggioranza di tre quarti dei voti
espressi all'approvazione del comitato dei Ministri. Dopo tale approvazione, il testo è trasmesso alle Parti per accettazione.
129
3. L'emendamento entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di un mese dopo la data alla quale le
Parti avranno informato il Segretario generale della loro accettazione.
V - Clausole finali
Articolo 21
Firma, ratifica ed entrata in vigore
1. La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri
del Consiglio d'Europa e degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione.
2. La presente Convenzione sarà soggetta a ratifica, accettazione o
approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio
d'Europa.
3. La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del
mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data
alla quale tre Stati, compresi almeno due Stati membri del Consiglio
d'Europa, abbiano espresso il loro consenso ad essere parte della
Convenzione, secondo le norme del paragrafo precedente.
4. Per ogni Stato che esprima in seguito il suo consenso ad essere
parte della Convenzione, quest'ultima entrerà in vigore il primo giorno
del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la
data di deposito del suo strumento di ratifica, accettazione o approvazione.
Articolo 22
Stati non membri e Comunità europea
1. Dopo l' entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato
dei Ministri del Consiglio d'Europa potrà, di sua iniziativa o su proposta del Comitato permanente, e previa consultazione delle Parti, invitare ogni Stato non membro del Consiglio d'Europa che non ha partecipato all'elaborazione della Convenzione, come pure la Comunità
europea, ad aderire alla presente Convenzione con una decisione
presa alla maggioranza prevista all'articolo 20, capoverso d) dello
Statuto del Consiglio d'Europa, ed all'unanimità dei voti dei delegati
degli Stati contraenti aventi diritto ad essere rappresentati al Comitato dei Ministri.
2. Per ogni Stato aderente o per la Comunità europea, la Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo allo scadere
di un periodo di tre mesi dopo la data di deposito dello strumento di
adesione presso il Segretario generale del Consiglio d'Europa.
Articolo 23
Applicazione territoriale
130
1. Ogni Stato può, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, designare il territorio o i territori cui la presente Convenzione si applicherà.
2. Ogni Parte può, in qualsiasi momento successivo, mediante una
dichiarazione indirizzata al Segretario generale del Consiglio d'Europa, estendere l'applicazione della presente Convenzione ad ogni altro
territorio designato nella dichiarazione, per il quale tratta le relazioni
internazionali o è abilitata a stipulare. La Convenzione entrerà in vigore nei confronti di questo territorio il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre anni dopo la data di ricevimento
della dichiarazione da parte del Segretario generale.
3. Ogni dichiarazione resa ai sensi dei due paragrafi precedenti, potrà essere ritirata per quanto riguarda il territorio (o i territori) indicato
(i) in tale dichiarazione, mediante notifica inviata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese successivo allo scadere di un periodo di tre mesi dopo la data di ricevimento della notifica da parte del Segretario Generale.
Articolo 24
Riserve
Non può essere formulata alcuna riserva alla presente Convenzione.
Articolo 25
Denuncia
1. Ogni Parte può in qualunque momento denunciare la presente
Convenzione indirizzando una notifica al Segretario Generale del
Consiglio d'Europa.
2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo allo
scadere di un periodo di tre mesi dopo la data di ricevimento della
notifica da parte del Segretario Generale.
Articolo 26
Notifiche
Il Segretario Generale del consiglio d'Europa notificherà agli Stati
membri del Consiglio, ad ogni firmatario, ad ogni Parte e ad ogni altro
Stato a alla Comunità Europea, invitato ad aderire alla presente Convenzione:
a) ogni firma;
b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;
c) ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione, secondo
i suoi articoli 21 o 22;
131
d) ogni emendamento adottato secondo l'articolo 20 e la data alla
quale tale emendamento entra in vigore;
e) ogni dichiarazione formulata ai sensi delle disposizioni degli articoli
1 e 23;
f) ogni denuncia formulata ai sensi delle disposizioni dell'articolo 25;
g) ogni altro atto, notifica o comunicazione attinente alla presente
Convenzione.
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 MAGGIO
1989, N. 223 – NORMATIVA SULLA RESIDENZA
Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione
residente.
GU n. 132 del 8-6-1989
in vigore dal: 23-6-1989
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'art. 87 della Costituzione;
Visto l'3 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1958, n.
136, con il quale è stato emanato il regolamento di esecuzione della
legge 24 dicembre 1954, n. 1228, sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente;
Ritenuta la necessità di procedere, sotto il profilo giuridico, economico, sociale ed organizzativo, all'aggiornamento della disciplina regolamentare in materia di servizi anagrafici;
Udito il parere del Consiglio di Stato;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1988,
con il quale veniva approvato il regolamento anagrafico della popolazione residente;
Considerato che la Corte dei conti ha formulato osservazioni in merito ad alcune disposizioni del predetto regolamento;
Ritenuta pertanto l'opportunità di sopprimere, in adesione ai rilievi
predetti, gli articoli da 27 a 33 ed il comma 3 dell'art. 57, concernenti
la tenuta delle anagrafi degli italiani residenti all'estero, in quanto la
materia risulta disciplinata dalla sopravvenuta legge 27 ottobre 1988,
n. 470;
Ritenuto altresì di procedere alla modifica della rubrica del capo IV;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 12 maggio 1989;
132
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto
con i Ministri dell'interno, di grazia e giustizia, delle finanze e del tesoro;
EMANA
il seguente decreto:
Art. 1
1. È approvato l'unito regolamento, vistato dal proponente, sul nuovo
ordinamento anagrafico, in sostituzione dell'analogo regolamento
emanato con decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio
1958, n. 136.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella
Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica Italiana. È fatto
obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 30 maggio 1989
COSSIGA
DE MITA, Presidente del Consiglio dei Ministri
GAVA, Ministro dell'interno
VASSALLI, Ministro di grazia e giustizia
COLOMBO, Ministro delle finanze
AMATO, Ministro del tesoro
Visto, il Guardasigilli: VASSALLI
Registrato alla Corte dei conti, addì 2 giugno 1989
Atti di Governo, registro n. 77, foglio n. 27
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 1.
Anagrafe della popolazione residente
1. L'anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica
dell'insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie
ed alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.
2. L'anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza.
3. Nelle schede di cui al comma 2 sono registrate le posizioni anagrafiche desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti
d'ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 2. Delega delle funzioni di ufficiale di anagrafe
133
1. Il sindaco può delegare e revocare in tutto o in parte le funzioni di
ufficiale di anagrafe ad un assessore, al segretario comunale o ad
impiegati di ruolo del comune ritenuti idonei.
2. In caso di assenza del sindaco, la funzione di ufficiale di anagrafe
può essere esercitata dall'assessore delegato o dall'assessore anziano ed, in mancanza degli assessori, dal consigliere anziano.
3. Ogni delega o revoca deve essere approvata dal Prefetto come
previsto dall'ultimo comma dell'art. 3 della legge 24 dicembre 1954, n.
1228.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 3.
Popolazione residente
1. Per persone residenti nel comune s'intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel comune.
2. Non cessano di appartenere alla popolazione residente le persone
temporaneamente dimoranti in altri comuni o all'estero per l'esercizio
di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 4.
Famiglia anagrafica
1. Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone
legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o
da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso
comune.
2. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 5.
Convivenza anagrafica
1. Agli effetti anagrafici per convivenza s'intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza,
militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune.
2. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della
convivenza, purché non costituiscano famiglie a se stanti.
3. Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica.
134
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 6.
Responsabili delle dichiarazioni anagrafiche
1. Ciascun componente della famiglia è responsabile per sé e per le
persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni
anagrafiche di cui all'art. 13. Ciascun componente può rendere inoltre
le dichiarazioni relative alle mutazioni delle posizioni degli altri componenti della famiglia.
2. Agli effetti degli stessi adempimenti la convivenza ha un suo responsabile da individuare nella persona che normalmente dirige la
convivenza stessa.
3. Le persone che rendono le dichiarazioni anagrafiche debbono
comprovare la propria identità mediante l'esibizione di un documento
di riconoscimento.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 7.
Iscrizioni anagrafiche
1. L'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente viene effettuata:
a) per nascita, nell'anagrafe del comune ove sono iscritti i genitori o
nel comune ove è iscritta la madre qualora i genitori siano iscritti in
anagrafi diverse, ovvero, quando siano ignoti i genitori, nell'anagrafe
ove è iscritta la persona o la convivenza cui il nato è stato affidato;
b) per esistenza giudizialmente dichiarata;
c) per trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero dichiarato dall'interessato oppure accertato secondo quanto è disposto dall'art. 15, comma 1, del presente regolamento, tenuto conto delle particolari disposizioni relative alle persone senza fissa dimora di cui all'art. 2, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, nonché
per mancata iscrizione nell'anagrafe di alcun comune.
2. Per le persone già cancellate per irreperibilità successivamente ricomparse devesi procedere a nuova iscrizione anagrafica.
3. Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l'obbligo di rinnovare annualmente all'ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel
comune, corredata di permesso di soggiorno. L'ufficiale di anagrafe
procederà comunque agli opportuni accertamenti ed adotterà i conseguenti richiesti provvedimenti dandone comunicazione al prefetto.
4. Il registro di cui all'art. 2, comma quarto, della legge 24 dicembre
1954, n. 1228, è tenuto dal Ministero dell'interno presso la prefettura
135
di Roma. Il funzionario incaricato della tenuta di tale registro ha i poteri e i doveri dell'ufficiale di anagrafe.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 8.
Posizioni che non comportano l'iscrizione anagrafica
1. Non deve essere effettuata, né d'ufficio, né a richiesta dell'interessato, l'iscrizione anagrafica nel comune, per trasferimento di residenza, delle seguenti categorie di persone:
a) militari di leva, nonché pubblici dipendenti e militari di carriera
(compresi i carabinieri, il personale di polizia di Stato, le guardie di finanza ed i militari che abbiano, comunque, contratto una ferma) distaccati presso scuole per frequentare corsi di avanzamento o di perfezionamento;
b) ricoverati in istituti di cura, di qualsiasi natura, purché la permanenza nel comune non superi i due anni; tale periodo di tempo decorre
dal giorno dell'allontanamento dal comune di iscrizione anagrafica;
c) detenuti in attesa di giudizio.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 9.
Trasferimento di residenza della famiglia
1. Il trasferimento di residenza della famiglia in altro comune comporta, di regola, anche il trasferimento di residenza dei componenti della famiglia stessa eventualmente assenti perché appartenenti ad una
delle categorie indicate nell'art. 8.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 10.
Mutazioni anagrafiche
1. La registrazione nell'anagrafe della popolazione residente delle
mutazioni relative alle posizioni anagrafiche degli iscritti viene effettuata:
a) ad istanza dei responsabili di cui all'art. 6 del presente regolamento;
b) d'ufficio, per le mutazioni conseguenti alle comunicazioni di stato
civile e per movimenti nell'ambito del comune, non dichiarati dall'interessato ed accertati secondo quanto è disposto dall'art. 4 della legge
24 dicembre 1954, n. 1228, e dall'art. 15, comma 1, del presente regolamento.
136
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 11.
Cancellazioni anagrafiche
1. La cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente viene
effettuata:
a) per morte, compresa la morte presunta giudizialmente dichiarata;
b) per trasferimento della residenza in altro comune o all'estero, nonché per trasferimento del domicilio in altro comune per le persone
senza fissa dimora;
c) per irreperibilità accertata a seguito delle risultanze delle operazioni del censimento generale della popolazione, ovvero, quando, a seguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati, la persona
sia risultata irreperibile.
2. I nominativi delle persone risultate irreperibili devono essere comunicati, a cura dell'ufficiale di anagrafe, al prefetto entro trenta giorni
dall'avvenuta cancellazione per irreperibilità; entro pari termine devono essere segnalate anche le eventuali reiscrizioni.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 12.
Comunicazioni dello stato civile
1. Devono essere effettuate dall'ufficiale di stato civile le comunicazioni concernenti le nascite, le morti e le celebrazioni di matrimonio,
nonché le sentenze dell'autorità giudiziaria e gli altri provvedimenti relativi allo stato civile delle persone.
2. Le comunicazioni relative alle nascite, alle morti ed alle celebrazioni di matrimonio devono essere effettuate mediante modelli conformi
agli appositi esemplari predisposti dall'Istituto centrale di statistica.
3. Nei comuni in cui l'ufficio di stato civile è organicamente distinto
dall'ufficio di anagrafe, le comunicazioni a quest'ultimo ufficio devono
essere effettuate nel termine di tre giorni dalla formazione dell'atto di
stato civile, ovvero dalla trascrizione di atti o verbali formati da altra
autorità competente, ovvero dall'annotazione in atti già esistenti di
sentenze e provvedimenti emessi da altra autorità.
4. Nei comuni in cui l'ufficio di stato civile non è organicamente distinto da quello di anagrafe, la registrazione sugli atti anagrafici delle notizie relative agli eventi di cui al comma 1, deve essere effettuata nel
termine stabilito all'art. 17 del presente regolamento.
137
5. Le comunicazioni concernenti lo stato civile riflettenti persone non
residenti nel comune devono essere effettuate al competente ufficio
del comune di residenza entro il termine di dieci giorni con l'osservanza delle disposizioni sull'"ordinamento dello stato civile". Per le persone residenti all'estero le comunicazioni devono essere effettuate con
le stesse modalità al competente ufficio del comune nella cui AIRE
sono collocate le schede anagrafiche delle stesse persone.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 13.
Dichiarazioni anagrafiche
1. Le dichiarazioni anagrafiche da rendersi dai responsabili di cui all'art. 6 del presente regolamento concernono i seguenti fatti:
a) trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero trasferimento di residenza all'estero;
b) costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza;
c) cambiamento di abitazione;
d) cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della convivenza;
e) cambiamento della qualifica professionale;
f) cambiamento del titolo di studio.
2. Le dichiarazioni di cui alle lettere precedenti devono essere rese
nel termine di venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti. Le
dichiarazioni di cui alla lettera a) devono essere rese mediante modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica; ai dichiaranti deve essere rilasciata ricevuta.
3. Le dichiarazioni di cui alle lettere b), c), d), e) ed f), possono essere rese anche a mezzo di lettera raccomandata; le dichiarazioni di cui
alle lettere e) ed f) devono essere corredate dalla necessaria documentazione.
4. Le dichiarazioni anagrafiche sono esenti da qualsiasi tassa o diritto.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 14.
Documentazione per l'iscrizione di persone trasferitesi dall'estero
1. Chi trasferisce la residenza dall'estero deve comprovare all'atto
della dichiarazione di cui all'art. 13, comma 1, lettera a), la propria
identità mediante l'esibizione del passaporto o di altro documento
138
equipollente. Se il trasferimento concerne anche la famiglia, deve esibire inoltre atti autentici che ne dimostrino la composizione, rilasciati
dalle competenti autorità dello Stato di provenienza se straniero o
apolide, o dalle autorità consolari se cittadino italiano.
2. Per ottenere l'iscrizione gli stranieri devono esibire anche il permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno o risultare
iscritti nello schedario della popolazione temporanea di uno stesso
comune da almeno un anno. Se l'iscrizione è effettuata per questo
secondo motivo, l'ufficiale di anagrafe deve darne comunicazione alla
competente autorità di polizia.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 15.
Accertamenti di ufficio in caso di omessa dichiarazione delle parti
1. Qualora l'ufficiale di anagrafe accerti, a seguito delle indagini di cui
all'art. 4 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, che non siano state
rese, per fatti che comportino l'istituzione o la mutazione di posizioni
anagrafiche, le prescritte dichiarazioni di cui all'art. 13 del presente
regolamento, deve invitare gli interessati a renderle.
2. Nel caso di mancata dichiarazione, l'ufficiale di anagrafe provvede
ai conseguenti adempimenti e li notifica agli interessati entro dieci
giorni.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 16.
Segnalazioni particolari
1. Quando risulti che una persona o una famiglia iscritta nell'anagrafe
del comune abbia trasferito la residenza in altro comune dal quale
non sia pervenuta la richiesta di cancellazione, l'ufficiale di anagrafe
deve darne notizia all'ufficiale di anagrafe del comune nel quale la
persona o la famiglia risulta di fatto trasferitasi, per i conseguenti
provvedimenti.
2. Nel caso di persona che dichiari per sé e/o per i componenti della
famiglia di provenire dall'estero, l'ufficiale di anagrafe del comune nel
quale essa intende stabilire la residenza, prima di procedere all'iscrizione, deve segnalare tale fatto, mediante l'inoltro di una regolare
pratica migratoria, all'ufficiale di anagrafe del comune di eventuale
precedente iscrizione anagrafica affinché questo, qualora non sia stata a suo tempo effettuata la cancellazione per l'estero, provveda alla
cancellazione per emigrazione nel comune che ha segnalato il fatto.
139
L'iscrizione viene pertanto effettuata con provenienza dal comune di
precedente iscrizione e non dall'estero; ove la cancellazione per l'estero sia stata invece a suo tempo effettuata, si procede ad una iscrizione con provenienza dall'estero.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 17.
Termine per le registrazioni anagrafiche
1. L'ufficiale di anagrafe deve effettuare le registrazioni nell'anagrafe
entro tre giorni dalla data di ricezione delle comunicazioni dello stato
civile o delle dichiarazioni rese dagli interessati, ovvero dagli accertamenti da lui disposti.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 18.
Decorrenza dell'iscrizione e cancellazione anagrafica
1. Le dichiarazioni rese dagli interessati, di cui all'art. 13, comma 1,
lettera a), del presente regolamento, relative ai trasferimenti di residenza da altro comune o i provvedimenti che le sostituiscono, devono essere trasmessi, entro venti giorni, dall'ufficiale di anagrafe che li
ha ricevuti o adottati al comune di precedente iscrizione anagrafica
per la corrispondente cancellazione.
Le notizie anagrafiche rese dagli interessati all'atto delle dichiarazioni
di cui all'art. 13 devono essere controllate, ed eventualmente rettificate, dal comune di precedente iscrizione anagrafica, sulla base degli
atti anagrafici in suo possesso. Lo stesso comune, ove lo ritenga necessario, deve disporre gli opportuni accertamenti per appurare se
sussistono i motivi per la cancellazione dall'anagrafe. I termini per la
registrazione anagrafica di cui all'art. 17 decorrono dal giorno di ricezione della conferma di cancellazione.
2. La cancellazione dall'anagrafe del comune di precedente iscrizione
e l'iscrizione nell'anagrafe di quello di nuova residenza devono avere
sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza.
3. Il comune di precedente iscrizione, che per giustificati motivi non
sia in grado di ottemperare alla richiesta di cancellazione nel termine
di venti giorni, deve darne immediata comunicazione al comune richiedente, precisando le ragioni e fissando il termine entro il quale
provvederà agli adempimenti richiesti.
140
4. Qualora, trascorso quest'ultimo termine, non si fosse fatto luogo
agli adempimenti richiesti, il comune richiedente ne solleciterà l'attuazione, dando nel contempo comunicazione alla prefettura dell'avvenuta scadenza dei termini da parte del comune inadempiente.
5. Quando, a seguito degli accertamenti, l'ufficiale di anagrafe ritiene
di non accogliere la richiesta di iscrizione, deve darne immediata comunicazione all'interessato, specificandone i motivi.
6. Per le persone non iscritte in anagrafe e risultanti abitualmente dimoranti nel comune in base all'ultimo censimento della popolazione,
l'iscrizione anagrafica decorre dalla data della dichiarazione resa dall'interessato di cui all'art. 13, comma 1, lettera a), del presente regolamento.
7. Le vertenze che sorgono tra uffici anagrafici in materia di trasferimento di residenza sono risolte dal prefetto se esse interessano comuni appartenenti alla stessa provincia e dal Ministero dell'Interno,
sentito l'Istituto centrale di statistica, se esse interessano comuni appartenenti a province diverse.
8. Le segnalazioni al Ministero dell'Interno vengono effettuate dalle
competenti prefetture, dopo aver disposto gli opportuni accertamenti
il cui esito viene comunicato, corredato degli atti dei comuni interessati, con eventuale parere.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 19.
Accertamenti richiesti
dall'ufficiale di anagrafe
1. Gli uffici di cui all'art. 4, comma terzo, della legge 24 dicembre
1954, n. 1228, sono tenuti a fornire all'ufficiale di anagrafe le notizie
da esso richieste per la regolare tenuta dell'anagrafe della popolazione residente.
2. L'ufficiale di anagrafe è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l'iscrizione anagrafica. Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi
di polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, utilizzando un modello conforme all'apposito
esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica.
3. Ove nel corso degli accertamenti emergano discordanze con la dichiarazione resa da chi richiede l'iscrizione anagrafica, l'ufficiale di
anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza.
[...]
141
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 20.
Schede individuali
1. A ciascuna persona residente nel comune deve essere intestata
una scheda individuale, conforme all'apposito esemplare predisposto
dall'Istituto centrale di statistica, sulla quale devono essere indicati il
sesso, la data e il comune di nascita, lo stato civile, la professione,
arte o mestiere abitualmente esercitato o la condizione non professionale, il titolo di studio, nonché l'indirizzo dell'abitazione.
2. L'inserimento nelle schede individuali di altre notizie, oltre a quelle
già previste nella scheda stessa, può essere effettuato soltanto previa autorizzazione da parte del Ministero dell'Interno, d'intesa con l'Istituto centrale di statistica, a norma dell'art. 12 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228.
3. Per le donne coniugate o vedove le schede devono essere intestate al cognome da nubile.
4. Le schede individuali debbono essere tenute costantemente aggiornate e devono essere archiviate quando le persone alle quali
sono intestate cessino di far parte della popolazione residente del comune.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 21.
Schede di famiglia
1. Per ciascuna famiglia residente nel comune deve essere compilata
una scheda di famiglia, conforme all'apposito esemplare predisposto
dall'Istituto centrale di statistica, nella quale devono essere indicate le
posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono.
2. La scheda di famiglia deve essere intestata alla persona indicata
all'atto della dichiarazione di costituzione della famiglia di cui al comma 1 dell'art. 6 del presente regolamento. Il cambiamento dell'intestatario avviene solo nei casi di decesso o di trasferimento.
3. In caso di mancata indicazione dell'intestatario o di disaccordo sulla sua designazione, sia al momento della costituzione della famiglia,
sia all'atto del cambiamento dell'intestatario stesso, l'ufficiale di anagrafe provvederà d'ufficio intestando la scheda al componente più anziano e dandone comunicazione all'intestatario della scheda di famiglia.
142
4. Nella scheda di famiglia, successivamente alla sua istituzione, devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della famiglia
e cancellate le persone che cessino di farne parte; in essa devono
essere tempestivamente annotate altresì le mutazioni relative alle posizioni di cui al comma 1.
5. La scheda deve essere archiviata per scioglimento della famiglia o
per trasferimento di essa in altro comune o all'estero.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 22.
Schede di convivenza
1. Per ciascuna convivenza residente nel comune deve essere compilata una scheda di convivenza, conforme all'apposito esemplare
predisposto dall'Istituto centrale di statistica, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla medesima, nonché
quelle dei conviventi residenti.
2. Sul frontespizio della scheda devono essere indicati la specie e la
denominazione della convivenza ed il nominativo della persona che
normalmente la dirige.
3. Nella scheda di convivenza, successivamente alla sua istituzione,
devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della convivenza e cancellate le persone che cessano di farne parte.
4. La scheda di convivenza deve essere tenuta al corrente delle mutazioni relative alla denominazione o specie della convivenza, al responsabile di essa, alla sede della stessa ed alle posizioni anagrafiche dei conviventi.
5. La scheda di convivenza deve essere archiviata per cessazione
della convivenza o per trasferimento di essa in altro comune o all'estero.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 23.
Conservazione delle schede anagrafiche nelle anagrafi gestite con
elaboratori elettronici
1. Le schede individuali, di famiglia e di convivenza devono essere
conservate e costantemente aggiornate anche se le anagrafi sono
gestite con elaboratori elettronici, salvo i casi in cui una diversa gestione sia stata, a richiesta, autorizzata da parte del Ministero dell'interno, d'intesa con l'Istituto centrale di statistica.
2. Gli uffici anagrafici che utilizzano elaboratori elettronici devono
adottare tutte le misure di sicurezza atte a garantire nel tempo la per-
143
fetta conservazione e la disponibilità dei supporti magnetici contenenti le posizioni anagrafiche dei cittadini.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 24.
Ordinamento e collocazione delle schede individuali
1. Le schede individuali devono essere collocate in ordine alfabetico
di cognome e nome dell'intestatario. È data facoltà all'ufficiale di anagrafe di raccoglierle in schedari separati, per sesso.
2. Le schede degli stranieri devono essere collocate in uno schedario
a parte.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 25.
Ordinamento e collocazione delle schede di famiglia e di convivenza
1. Le schede di famiglia e di convivenza devono essere collocate in
ordine alfabetico di area di circolazione e, per ciascun area di circolazione, in ordine crescente di numero civico, scala, corte ed interno.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 26.
Archiviazione degli atti
1. Le schede individuali e le schede di famiglia e di convivenza archiviate devono essere conservate a parte; le schede individuali devono
essere collocate secondo l'ordine alfabetico del cognome e nome
dell'intestatario e quelle di famiglia e di convivenza secondo il numero
d'ordine progressivo che sarà loro assegnato all'atto dell'archiviazione; tale numero deve essere riportato sulle rispettive schede individuali, anche se archiviate precedentemente.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 27.
Anagrafe degli italiani e residenti all'estero (AIRE)
1. La costituzione e la tenuta dell'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) e' disciplinata dalla legge 27 ottobre 1988, n. 470, e dal
relativo regolamento di esecuzione.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 28.
Uffici anagrafici periferici
144
1. Per una migliore funzionalità dei servizi anagrafici è consentita ai
comuni che gestiscono le anagrafi con l'impiego di elaboratori elettronici l'istituzione di uffici periferici collegati con l'anagrafe centrale mediante mezzi tecnici idonei per la raccolta delle dichiarazioni anagrafiche ed il rilascio delle certificazioni.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 29.
Istituzione delle anagrafi separate
1. L'istituzione delle anagrafi separate di cui all'art. 7 della legge 24
dicembre 1954, n. 1228, può essere disposta dal prefetto qualora esista un separato ufficio di stato civile.
2. Delle istituzioni effettuate il prefetto dovrà dare notizia al Ministero
dell'Interno ed all'Istituto centrale di statistica.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 30.
Attribuzioni delle anagrafi separate
1. Le anagrafi separate funzionano da organi periferici dell'anagrafe
comunale. Esse ricevono le comunicazioni dello stato civile e le dichiarazioni delle persone residenti o che intendono stabilire la residenza nelle circoscrizioni nelle quali sono istituite. Esse provvedono
altresì al rilascio delle certificazioni anagrafiche.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 31.
Corrispondenza delle anagrafi separate con l'anagrafe centrale
1. L'originale delle schede di famiglia e di convivenza, nonché delle
schede individuali che vengono formate presso le anagrafi separate
viene trasmesso all'anagrafe centrale. Copia di dette schede viene
custodita presso l'anagrafe separata per gli adempimenti di cui all'art.
30, con le modalità previste nel presente regolamento per l'ordinamento e la collocazione delle schede anagrafiche.
2. Ogni mutazione delle posizioni di cui all'art. 1, comma 3, del presente regolamento deve essere riportata con la stessa
decorrenza tanto nell'originale quanto nella copia.
3. Qualora gli adempimenti di cui all'art. 29 possano essere più agevolmente assicurati con l'impiego di idonei mezzi tecnici, le anagrafi
separate vengono dispensate dalla tenuta delle copie delle schede.
145
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 32.
Schedario della popolazione temporanea
1. Lo schedario della popolazione temporanea concerne i cittadini italiani o gli stranieri che, essendo dimoranti nel comune da non meno
di quattro mesi, non si trovano ancora in condizione di stabilirvi la residenza per qualsiasi motivo. Gli stranieri dimoranti nel comune da
non meno di quattro mesi sono comunque iscritti nello schedario della popolazione temporanea quando non siano in possesso del permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno di cui al comma 2 dell'art. 14.
2. L'iscrizione viene effettuata a domanda dell'interessato o d'ufficio
quando l'ufficiale di anagrafe venga a conoscenza della presenza
della persona nel comune da non meno di quattro mesi.
3. L'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea esclude
il rilascio di certificazioni anagrafiche.
4. La revisione dello schedario della popolazione temporanea deve
essere effettuata periodicamente, almeno una volta l'anno, allo scopo
di eliminare le schede relative a persone non più dimoranti temporaneamente nel comune:
a) perché se ne sono allontanate o sono decedute;
b) perché vi hanno stabilito la dimora abituale.
5. Ogni iscrizione o cancellazione dallo schedario deve essere comunicata all'ufficiale di anagrafe dell'eventuale comune di residenza.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 33.
Certificati anagrafici
1. L'ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, fatte
salve le limitazioni di legge, i certificati concernenti la residenza e lo
stato di famiglia.
2. Ogni altra posizione desumibile dagli atti anagrafici, ad eccezione
delle posizioni previste dal comma 2 dell'art. 35, può essere attestata
o certificata, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze di pubblico interesse, dall'ufficiale di anagrafe d'ordine del sindaco.
3. Le certificazioni anagrafiche hanno validità di tre mesi dalla data di
rilascio.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 34.
146
Rilascio di elenchi degli iscritti nell'anagrafe della popolazione residente e di dati anagrafici per fini statistici e di ricerca.
1. Alle amministrazioni pubbliche che ne facciano motivata richiesta,
per esclusivo uso di pubblica utilità, l'ufficiale di anagrafe rilascia, anche periodicamente, elenchi degli iscritti nella anagrafe della popolazione residente.
2. Ove il comune disponga di idonee apparecchiature, l'ufficiale di
anagrafe rilascia dati anagrafici, resi anonimi ed aggregati, agli interessati che ne facciano richiesta per fini statistici e di ricerca.
3. Il comune può esigere dai richiedenti un rimborso spese per il materiale fornito.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 35.
Contenuto dei certificati anagrafici
1. I certificati anagrafici devono contenere l'indicazione del comune e
della data di rilascio; l'oggetto della certificazione; le generalità delle
persone cui la certificazione si riferisce, salvo le particolari disposizioni di cui alla legge 31 ottobre 1955, n. 1064; la firma dell'ufficiale di
anagrafe ed il timbro dell'ufficio.
2. Non costituiscono materia di certificazione le notizie riportate nelle
schede anagrafiche concernenti la professione, arte o mestiere,
la condizione non professionale, il titolo di studio e le altre notizie il
cui inserimento nelle schede individuali sia stato autorizzato ai sensi
dell'art. 20, comma 2, del presente regolamento.
Se in conseguenza dei mezzi meccanici che il comune utilizza per il
rilascio dei certificati tali notizie risultino sui certificati stessi, esse
vanno annullate prima della consegna del documento.
3. Il certificato di stato di famiglia deve rispecchiare la composizione
familiare quale risulta dall'anagrafe all'atto del rilascio del certificato.
4. Previa motivata richiesta, l'ufficiale di anagrafe rilascia certificati attestanti situazioni anagrafiche pregresse.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 36.
Ricorsi in materia di certificazioni anagrafiche
1. Avverso il rifiuto opposto dall'ufficiale di anagrafe al rilascio dei certificati anagrafici e in caso di errori contenuti in essi, l'interessato può
produrre ricorso al prefetto.
147
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 37.
Divieto di consultazione delle schede anagrafiche
1. È vietato alle persone estranee all'ufficio di anagrafe l'accesso all'ufficio stesso e quindi la consultazione diretta degli atti anagrafici.
Sono escluse da tale divieto le persone appositamente incaricate dall'autorità giudiziaria e gli appartenenti alle forze dell'ordine ed al Corpo della Guardia di finanza. I nominativi delle persone autorizzate ad
effettuare la consultazione diretta degli atti anagrafici devono figurare
in apposite richieste dell'ufficio o del comando di appartenenza; tale
richiesta deve essere esibita all'ufficiale di anagrafe, unitamente ad
un documento di riconoscimento. Resta salvo altresì il disposto dell'art. 33, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
2. È consentita agli stessi la possibilità di collegarsi tramite terminali
con le anagrafi dotate di elaboratori elettronici, ai soli fini di consultazione degli atti anagrafici.
3. Le richieste per la realizzazione di tali collegamenti devono essere
sottoposte all'approvazione del Ministero dell'Interno tramite le competenti prefetture.
4. All'ufficiale di anagrafe devono essere comunicati i nomi e gli
estremi dei documenti del personale abilitato alla consultazione, il
quale opererà secondo modalità tecniche adottate d'intesa tra gli uffici anagrafici comunali e gli organi interessati.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 38.
Adempimenti topografici
1. La ripartizione del territorio comunale in sezioni di censimento e le
delimitazioni delle località abitate (centri e nuclei abitati), stabilite in
occasione del censimento generale della popolazione sugli appositi
piani topografici approvati dall'Istituto centrale di statistica, devono rimanere invariate sino al successivo censimento salvo quanto previsto nel comma 3 dell'art. 39.
2. La cartografia concernente le predette ripartizioni viene conservata
presso l'ufficio statistica, ove esista, ovvero presso l'ufficio topografico od ecografico; nei comuni nei quali non esistono tali uffici la predetta cartografia viene custodita a cura dell'ufficio anagrafe.
148
3. Al fine di una migliore gestione dei dati topografici ed ecografici
possono essere utilizzate le più avanzate metodologie e tecnologie
cartografiche.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 39.
Aggiornamento del piano topografico
1. A cura degli uffici di cui all'art. 38 deve essere formata una copia
del piano topografico stabilito in occasione dell'ultimo censimento.
2. In detta copia, devono essere riportate le mutazioni dipendenti dallo sviluppo edilizio, ivi comprese nuove opere pubbliche e simili.
3. Nel periodo intercensuario l'Istituto centrale di statistica impartisce
le opportune istruzioni affinché vengano aggiornate periodicamente
le delimitazioni delle località abitate in base all'intervenuto sviluppo
edilizio.
4. Nello stesso periodo è fatto obbligo ai comuni di segnalare tempestivamente all'Istituto centrale di statistica, oltre che alle regioni competenti, l'insorgere di eventuali contestazioni territoriali.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 40.
Formazione del piano topografico a seguito di variazioni territoriali
1. I comuni costituiti dopo l'ultimo censimento generale della popolazione devono provvedere alla formazione del proprio piano topografico. Del pari devono provvedere alla formazione di un nuovo piano topografico i comuni che, a decorrere dalla data di tale censimento,
hanno avuto modifiche territoriali.
2. La formazione di tali piani topografici deve essere effettuata al momento stesso della variazione territoriale, ma facendo riferimento, per
quanto concerne la delimitazione delle località abitate, alla situazione
rilevata all'ultimo censimento ed agli eventuali successivi aggiornamenti previsti dal comma 4 dell'art. 39.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 41.
Adempimenti ecografici
1. Ogni area di circolazione deve avere una propria distinta denominazione da indicarsi su targhe di materiale resistente.
2. Costituisce area di circolazione ogni spazio (piazza, piazzale, via,
viale, vicolo, largo, calle e simili) del suolo pubblico o aperto al pubblico destinato alla viabilità.
149
3. L'attribuzione dei nomi deve essere effettuata secondo le norme di
cui al regio decreto-legge 10 maggio 1923, n. 1158, convertito dalla
legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, in
quanto applicabili.
4. In caso di cambiamento di denominazione dell'area di circolazione
deve essere indicata anche la precedente denominazione.
5. Nell'ambito del territorio comunale non può essere attribuita una
stessa denominazione ad aree di circolazione dello stesso tipo, anche se comprese in frazioni amministrative diverse.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 42.
Numerazione civica
1. Le porte e gli altri accessi dall'area di circolazione all'interno dei
fabbricati di qualsiasi genere devono essere provvisti di appositi numeri da indicarsi su targhe di materiale resistente.
2. L'obbligo della numerazione si estende anche internamente ai fabbricati per gli accessi che immettono nelle abitazioni o in ambienti destinati all'esercizio di attività professionali, commerciali e simili.
3. La numerazione degli accessi, sia esterni sia interni, deve essere
effettuata in conformità alle norme stabilite dall'Istituto centrale di statistica in occasione dell'ultimo censimento generale della popolazione
e alle successive eventuali determinazioni dell'Istituto stesso.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 43.
Obblighi dei proprietari di fabbricati
1. Gli obblighi di cui all'art. 42 devono essere adempiuti non appena
ultimata la costruzione del fabbricato.
2. A costruzione ultimata e comunque prima che il fabbricato possa
essere occupato, il proprietario deve presentare al comune apposita
domanda per ottenere sia l'indicazione del numero civico, sia il permesso di abitabilità se trattasi di fabbricato ad uso di abitazione, ovvero di agibilità se trattasi di fabbricato destinato ad altro uso.
3. Con la domanda di cui al comma 2 il proprietario del fabbricato
deve chiedere, occorrendo, anche la determinazione dei criteri per
l'indicazione della numerazione interna da effettuarsi a cura del proprietario stesso. Qualora l'indicazione della numerazione interna non
venga effettuata dal proprietario, vi provvede il comune addebitandogli la relativa spesa.
150
4. La domanda deve essere presentata mediante modello conforme
all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica. In
essa inoltre dovrà essere indicato il numero totale degli accessi, individuati secondo quanto prescritto nel comma 3 dell'art. 42.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 44.
Comunicazioni da parte degli uffici topografico ed ecografico
1. Nei comuni in cui gli adempimenti topografici ed ecografici sono
esplicati da uffici organicamente distinti da quello di anagrafe, gli uffici predetti devono comunicare a quest'ultimo le disposizioni ed i provvedimenti, da essi presi, concernenti l'onomastica delle aree di circolazione e la numerazione civica.
2. Le comunicazioni predette devono essere effettuate entro lo stesso mese in cui i provvedimenti sono stati adottati; per i provvedimenti
presi nell'ultima settimana del mese, la comunicazione può aver luogo nei primi sette giorni del mese successivo.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 45.
Stradario
1. In ciascun comune l'ufficio preposto agli adempimenti ecografici
deve curare la compilazione e l'aggiornamento dello stradario secondo le indicazioni fornite dall'Istituto centrale di statistica.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 46.
Revisione delle anagrafi Stradario
1. A seguito di ogni censimento generale della popolazione, i comuni
devono provvedere alla revisione dell'anagrafe al fine di accertare la
corrispondenza quantitativa e qualitativa di essa con le risultanze del
censimento.
2. La documentazione desunta dai censimenti per la revisione delle
anagrafi è soggetta alle norme che tutelano la riservatezza dei dati
censuari.
3. La revisione viene effettuata secondo modalità tecniche stabilite
nell'occasione dall'Istituto centrale di statistica.
4. Nell'intervallo tra due censimenti l'anagrafe deve essere costantemente aggiornata, in modo che le sue risultanze coincidano, in ogni
momento, con la situazione di fatto relativa al numero delle famiglie,
delle convivenze e delle persone residenti nel comune.
151
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 47.
Revisione dell'onomastica stradale e della numerazione civica
1. Nel quadro dei lavori preparatori ai censimenti generali della popolazione, i comuni devono provvedere alla revisione dell'onomastica
delle aree di circolazione e della numerazione civica, al fine di adeguarle alla situazione di fatto esistente, avendo particolare riguardo ai
cambiamenti di denominazione, all'apertura di nuove strade, a nuove
costruzioni, ampliamenti, demolizioni, ecc…
2. La revisione predetta viene effettuata d'ufficio, indipendentemente
dalla richiesta dei proprietari dei fabbricati di cui all'art. 43 ed a prescindere dall'eventuale carattere abusivo delle abitazioni di nuova costruzione.
3. È fatto obbligo ai comuni di osservare le modalità tecniche stabilite
nell'occasione dall'Istituto centrale di statistica.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 48.
Rilevazioni statistiche concernenti il movimento della popolazione residente
1. Le rilevazioni statistiche concernenti il movimento naturale della
popolazione residente ed i trasferimenti di residenza vengono effettuate dall'ufficiale di anagrafe in conformità ai modelli predisposti ed
alle istruzioni impartite dall'Istituto centrale di statistica.
2. Ai fini predetti l'ufficiale di anagrafe deve riportare su registri conformi agli appositi esemplari predisposti dall'Istituto centrale di statistica il numero delle iscrizioni e delle cancellazioni effettuate per fatti
derivanti dal movimento naturale della popolazione residente e per
trasferimenti di residenza.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 49.
Rilevazioni statistiche concernenti le abitazioni
1. I competenti uffici comunali provvedono, nei termini e secondo le
istruzioni impartite dall'Istituto centrale di statistica, alle varie rilevazioni di carattere ecografico concernenti, in particolare, le abitazioni
di nuova costruzione, gli ampliamenti e le demolizioni.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 50.
152
Adempimenti dell'ufficio di statistica
1. Nei comuni nei quali esista un ufficio di statistica organicamente distinto ai sensi della legge 16 novembre 1939, n. 1823, i modelli di rilevazione, debitamente compilati in ogni loro parte, devono essere
trasmessi all'Istituto centrale di statistica tramite il predetto ufficio, il
quale deve curare altresì il controllo tecnico dei dati in essi riportati.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 51.
Particolari compiti del sindaco
1. Il sindaco è tenuto a provvedere alle attrezzature occorrenti per la
conservazione e la sollecita consultazione degli atti anagrafici, tenendo presenti le metodologie e le tecnologie più avanzate per la gestione delle anagrafi.
2. Inoltre il sindaco assicura la regolare esecuzione degli adempimenti topografici ed ecografici.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 52.
Vigilanza del prefetto
1. Il prefetto vigila affinché le anagrafi della popolazione residente e
gli ordinamenti topografici ed ecografici dei comuni della provincia
siano tenuti in conformità alle norme del presente regolamento e che
siano rigorosamente osservati le modalità ed i termini previsti per il
costante e sistematico aggiornamento degli atti, ivi compresi gli
adempimenti di carattere statistico.
2. La vigilanza viene esercitata a mezzo di ispezioni da effettuarsi, almeno una volta all'anno in tutti i comuni, da funzionari della prefettura
appartenenti alle carriere direttiva e di concetto, competenti in materia anagrafica e statistica.
3. L'esito dell'ispezione deve essere comunicato all'Istituto centrale di
statistica.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 53.
Vigilanza nelle regioni a statuto speciale
1. Le funzioni che in materia di ordinamento delle anagrafi della popolazione residente sono demandate ai prefetti, vengono esercitate,
nelle regioni a statuto speciale nelle quali manchi l'organo prefettizio,
153
dagli organi cui siano state devolute le attribuzioni dei prefetti attinenti
a servizi statali svolti dai comuni.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 54.
Vigilanza esercitata dal Ministero dell'Interno e dall'Istituto centrale di
statistica
1. L'alta vigilanza sulla regolare tenuta delle anagrafi è esercitata dal
Ministero dell'Interno e dall'Istituto centrale di statistica per mezzo di
propri funzionari ispettori.
2. L'Istituto centrale di statistica vigila, tra l'altro, affinché da parte di
tutti i comuni siano adottati modelli conformi agli appositi esemplari
predisposti dall'Istituto stesso e promuove da parte dei comuni l'adozione di sistemi organizzativi e funzionali dei servizi anagrafici rispondenti ai progressi della tecnica amministrativa ed alle esigenze dei
servizi stessi.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 55.
Irregolarità ed inadempienze anagrafiche da parte dei comuni
1. Qualora, a seguito delle ispezioni di cui agli articoli precedenti, risultassero situazioni irregolari nella tenuta delle anagrafi e degli ordinamenti topografici ed ecografici, il prefetto o, rispettivamente, il Ministero dell'Interno e l'Istituto centrale di statistica possono disporre
ispezioni di carattere straordinario, il cui onere viene posto a carico
dei comuni inadempienti, salvo rivalsa nei confronti degli eventuali responsabili.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 56.
Procedura per l'applicazione delle sanzioni
1. Le contravvenzioni alle disposizioni della legge 24 dicembre 1954,
n. 1228, ed a quelle del presente regolamento commesse dalle persone aventi obblighi anagrafici devono essere accertate, con apposito verbale, dall'ufficiale di anagrafe.
2. Il verbale deve espressamente indicare se al contravventore sia
stata o meno personalmente contestata la contravvenzione.
3. Al contravventore ammesso a pagare all'atto della contestazione la
somma stabilita dall'art. 11, comma terzo, della citata legge l'ufficiale
di anagrafe e' tenuto a rilasciare ricevuta dell'eseguito pagamento
154
sull'apposito modulo, da staccare da un bollettario a madre e figlia,
vidimato dal sindaco o da un suo delegato.
[...]
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 57.
Termine per l'adeguamento delle anagrafi al regolamento
1. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente regolamento i comuni devono uniformare ad esso la tenuta delle anagrafi.
Allegato
in vigore dal: 23-6-1989
Art. 58.
Abrogazione di precedenti norme in materia anagrafica
1. Sono abrogati il "Regolamento di esecuzione della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione
residente", approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31
gennaio 1958, n. 136, ed ogni altra disposizione regolamentare contraria al presente regolamento.
Visto, il Presidente del Consiglio dei Ministri De Mita
155
RASSEGNA STAMPA
“Nasce a Bologna un progetto di tutela giuridica dei senza fissa dimora, per difenderli dalle prevaricazioni che subiscono. Perché in strada
non ci sono regole.”
Rivista del volontariato, Febbraio 2001
“Avvocato di Strada: un premio alla solidarietà”
Rivista del volontariato, Marzo 2001
“ Gli avvocati di strada chiedono il certificato di residenza per chi non
ha una fissa dimora. I legali affronteranno una causa pilota contro il
comune per ottenere il documento”
La Repubblica, 13 Aprile 2001
“Da due anni ospite del Beltrame, non riesce ad ottenere il riconoscimento. In tribunale con gli Avvocati di Strada”.
Il Domani, 13 Aprile 2001
“ La polemica: dare la residenza ai clochard? Il comune nicchia.”
Il Resto del Carlino, 13 Aprile 2001
“Residenza a tutti i senza casa. Gli avvocati di strada hanno vinto il ricorso per il caso Antonio de Fazio. Il tribunale civile ha accolto la richiesta, ora chi non ha fissa dimora può chiedere e ottenere il documento all’anagrafe.”
Il Domani, 27 Aprile 2001
“Clochard e residente. Da due anni viveva al dormitorio.”
156
Il Resto del Carlino, 27 Aprile 2001
“Dal collega Antonio Mumolo, socio fondatore dell’associazione Amici
di Piazza Grande e coordinatore del progetto Avvocato di Strada, riceviamo questo contributo, che ci aggiorna su una interessante iniziativa nata all’interno della avvocatura bolognese: che realizza anche il precetto dell’art. 1 RD 3282/1923, secondo il quale la difesa dei
poveri è un ufficio onorifico ed obbligatorio della classe degli avvocati”
Bologna Forense, Maggio-Agosto 2001
“E il giudice sentenzia: alloggio al clochard che abita al dormitorio”
La Repubblica, 23 giugno 2001
“Il senzatetto batte “Guazza”, comune costretto a pagare. Aveva fatto
causa per la residenza e il giudice gli dà ragione.”
Il Resto del Carlino 29 Giugno 2001
“Clochard vince, Comune perde. L’uomo, assistito dagli Avvocati di
Strada, aveva fatto causa per la residenza. Il giudice definisce l’amministrazione ingiustificatamente inerte e la condanna a pagare le
spese legali.”
Il Domani, 29 Giugno 2001
“Avvocato di Strada, l’iniziativa tesa a dare una tutela giuridica ai cittadini più deboli e senza diritti, riceverà il premio della fondazione nazionale italiana del volontariato, quale più significativa opera nel campo della solidarietà sociale per il 2001.
L’Unità, 1 Marzo 2002
“È più di un anno che a Bologna gli Avvocati di Strada difendono le
persone senza fissa dimora. Un progetto realizzato all’interno dell’associazione “Amici di Piazza Grande”, che ha già trattato circa 50
casi.”
Rivista del volontariato, Marzo 2002
157
“L’avvocato dei senza fissa dimora. A Bologna l’associazione Amici di
Piazza Grande” ha risolto già 50 casi”
L’Unità, 13 Marzo 2002
“Avvocati di Strada. Un premio a Roma”
L’Unità, 24 Marzo 2002
“Clochard in tribunale, ci pensano gli avvocati di strada. L’iniziativa riceverà il premio nazionale della solidarietà Luciano Tavazza 2001
della fondazione italiana per il volontariato.”
Ansa, 3 Aprile 2002
“Avvocati di Strada, 2 anni in tribunale per i diseredati. Moderni paladini dei diritti negati al servizio dei senza dimora bolognesi.”
City, 28 Maggio 2002
“Toghe di strada, boom di cause. Ieri avvocati provenienti da tutta Italia si sono riuniti a Bologna realizzare l’ultima idea del pool bolognese: dar vita ad un progetto di coordinamento nazionale, aprire cioè
sportelli simili in altre città.
Il Resto del Carlino, 11 Luglio 2002
“C’è un avvocato per la strada. Un associazione di legali nata a Bologna per difendere gratuitamente il popolo dei senza dimora. L’attenzione ora va anche ai minori”
Famiglia Cristiana, Aprile 2003
“Senza casa, ma con diritti. Un opuscolo aiuta ad orientarsi a Bologna. Quattromila copie stampate grazie alla Provincia.”
Il Domani, 17 Agosto 2003
“Piazza Grande celebra 10 anni.”
Leggo, 17 Agosto 2003
158
“Ventidue legali e un opuscolo per chi vive in strada. Il progetto “Avvocato di Strada” ha compilato un vademecum per gli homeless di
Bologna. È dedicato a Massimo Zaccarelli, l’inventore di “Piazza
Grande” recentemente scomparso.”
L’Unità, 17 Settembre 2003
“Dagli avvocati di strada un opuscolo per i senza dimora, unico nel
suo genere, fornisce informazioni utili alle persone in stato di disagio,
su dove andare a vestirsi, lavarsi, dormire, curarsi, trovare lavoro e
avere assistenza legale.”
La Repubblica, 17 Settembre 2003
“ Vivere in strada. Una guida per i senza tetto.”
City, 17 Settembre 2003
“Un manuale di sopravvivenza per i mille senza fissa dimora. Un’iniziativa di Avvocati di Strada.”
Il Resto del Carlino, 18 Settembre 2003
“Un opuscolo per i senza casa. Una cinquantina di pagine per aiutare
sia i senza fissa dimora sia gli operatori del volontariato che cercano
di aiutarli ad uscire dalla loro situazione di precarietà. Frutto dell’attività di provincia, di Avvocati di Strada e Nuovamente”
Il Domani 12 Marzo 2004
“I senza fissa dimora voltano pagina. Un libretto per la sopravvivenza”
Il Resto del Carlino, 12 Marzo 2004
“Avvocati di Strada a Bologna. Si occupano dei senza fissa dimora, li
assistono per far avere loro una residenza, li sostengono nelle loro
necessità, li vanno ad aiutare lì dove loro vivono.”
Ristretti Orizzonti, Maggio-Giugno 2004
“Elezioni, a Bologna chiamati alle urne più di 300 senzatetto. Quest’anno per la prima volta andranno alle urne 300 senzatetto ospiti
159
dei dormitori cittadini, che hanno fatto richiesta di ottenere la residenza al Comune di Bologna”
Adnkronos 12 Giugno 2004
“Alle urne trecento senzatetto con residenza nei dormitori.”
La Repubblica, 12 Giugno 2004
“L’avventura di un avvocato di strada. Antonio Mumolo 42 anni, neoeletto in Comune per i Ds, racconta come è arrivato alla politica.”
L’Unità 2 Luglio 2004
“Avvocato di Strada: Tutela giuridica, bene alla portata di tutti. Consulenza giuridica e difesa gratuite. E in più uno studio dei diritti della povertà. Storia del progetto dedicato ai soggetti deboli e senza fissa dimora, nato a Bologna a fine 2000.”
La Piazza, 7 Luglio 2004
“Bologna: legali volontari a confronto su tutela diritti senzatetto. Incontro nazionale promosso da associazione “avvocati di strada”
Adnkronos, 10 Luglio 2004
“Dopo Bologna l’attività degli avvocati di strada viene estesa ad altre
8 città: Milano, Padova, Vicenza, Firenze, Napoli, Roma, Reggio Calabria e Reggio Emilia. Primo incontro nazionale degli avvocati che
prestano gratuitamente assistenza legale alle persone senza fissa dimora.”
Redattore Sociale, 12 Luglio 2004
“Arriva l’avvocato di strada al servizio degli emarginati. Il Veneto risponde all’espansione del progetto “Avvocati di Strada” un progetto
pilota nato quattro anni fa a Bologna. A ottobre aprirà un nuovo sportello a Padova”
Corriere del Veneto 20 Agosto 2004
160
“I difensori dei senza dimora. Il progetto Avvocati di Strada, nato a
Bologna alla fine del 2000, si estende ad altre città. Verso un coordinamento nazionale degli operatori.”
Famiglia Cristiana Agosto 2004
“Il cammino dell’Avvocato di Strada. L’esperienza bolognese di tutela
legale dei senza casa esportata in altre città. Del modello bolognese
intendono ora avvalersi altri studi e associazioni no profit. Nato di recente uno sportello a Verona e verso iniziative analoghe anche Milano e Padova.”
L’Unità 26 Agosto 2004
“Professioni coraggiose: Avvocati di Strada. A Bologna c’è una associazione che difende gratis i senza tetto. Li aiuta a trovare un alloggio, a cercare un lavoro, a ottenere l’affidamento dei figli, ma soprattutto a voltare pagina.”
Donna Moderna, 10 Ottobre 2004
“Quelli senza tetto ma con la legge. Si chiamano avvocati di strada e
difendono gli homeless di Bologna. La solita consulenza da volontariato? Macché, discutono vere cause nelle aule dei tribunali, e vincono persino contro il Comune.”
Il Venerdì di Repubblica, Ottobre 2004
161
LE ATTIVITÀ DELL’ASSOCIAZIONE AMICI DI PIAZZA GRANDE
NEL 2004
di Maria Assunta Serenari
Attualmente all'interno dell'Associazione Amici di Piazza Grande
sono attive le seguenti attività:
Il giornale "Piazza Grande", primo giornale di strada in Italia, scritto
e diffuso da senza tetto, unico nel suo genere in Europa, nato alla
fine del '93, esce da allora tutti i mesi ed è distribuito nelle strade della città di Bologna e in abbonamento postale per le destinazioni italiane o europee. In dieci anni di attività sono state vendute circa seicentomila copie del giornale e sono state coinvolte per la sua distribuzione ed elaborazione circa 500 persone senza fissa dimora.
Servizio mobile di sostegno. Il Servizio Mobile di Sostegno è un’attività di mutuo-aiuto svolta la sera dalle 21 alle 24 a favore di chi vive
per strada (16 sono le persone senza tetto impegnate mensilmente in
questa attività e 6091 sono le persone che sono state avvicinate e
supportate per le strade di Bologna solo nel 2003).
Contatti del Servizio Mobile di Sostegno con persone che vivono in
strada a Bologna (2003)
Uomini italiani
Donne italiane
Uomini immigrati
Donne immigrate
Tossicodipendenti
Totale contatti
Gen.
192
93
248
59
102
592
Febbr.
148
51
253
47
78
499
Mar.
188
75
357
93
77
713
Apr.
193
71
368
112
81
744
Mag.
198
80
377
118
87
773
162
Giug.
118
44
178
68
85
408
Lug.
115
41
176
56
82
388
Ott.
296
84
183
38
96
601
Nov.
312
88
230
48
154
678
Dic.
321
91
244
39
158
695
Tot.
2.081
718
2.614
678
1.000
6.091
Grafico di monitoraggio sulla presenza di uomini e donne avvicinati
per le strade di Bologna dal Servizio Mobile nel 2003
15%
28%
9%
uomini italiani
donne italiane
uomini immigrati
donne immigrate
13%
35%
tossicodipendenti
Officine:
1) Centro raccolta differenziata, recupero e riutilizzo di legno, metalli, mobili, oggetti.
2) Mostra di mobili e oggetti riciclabili.
3)
Bicicentro. Raccolta di biciclette dismesse, riparazione e personalizzazione di biciclette, corsi di formazione per operatori addetti alla riparazione di biciclette, noleggio e custodia parcheggi.
4) Sartoria. Raccolta indumenti e riutilizzo. Questo settore è gestito
e animato da donne senza fissa dimora e in condizione di svantaggio sociale che forniscono attività di sartoria e riparazioni e
“vintage” trasformando gli abiti usati in costumi per compagnie
teatrali ed altre realtà.
L’origine delle Officine è da attribuire al buon risultato di un progetto
finanziato nel 1995 dalla Commissione Europea, DGV Occupazione,
relazioni industriali e affari sociali, all’interno della linea di intervento
“Lotta all’esclusione sociale”. Il progetto si proponeva di legare ecologia e lavoro di utilità sociale, creando un luogo dove i senza dimora
potessero sviluppare quella capacità, che alcuni avevano appreso vivendo in strada, di riutilizzo di beni che chi ha casa dismette.
Clienti delle Officine sono soprattutto coloro che cercano oggetti e arredi a prezzi accessibili, in particolare giovani studenti universitari e
163
persone immigrate, in questo senso esse offrono un servizio importante per la città.
Laboratori di transizione e accompagnamento al lavoro
Lo spazio in cui è adibito l’insieme delle attività delle Officine è situato
in un capannone, sede di tutte le attività associative (attualmente in
gran parte danneggiato da un incendio avvenuto il 23 luglio 2004 ma
ugualmente in uso) dove la prerogativa dei grandi spazi interni ed
esterni permette a molte persone senza fissa dimora di esprimere la
propria creatività in nel settore del recupero ecologico, occupare parte del loro tempo socializzando con altri e intraprendere un percorso
di transizione al lavoro. I “tutor” dei laboratori sono anch’essi senza
tetto, persone che da tempo si sono impegnate a gestire e a mantenere attiva l’Associazione. L’opportunità dei laboratori consente, per
un buon numero di persone fortemente svantaggiate di Bologna –
dalle 40 alle 70 ogni anno - di fruire di risorse integrate di sussistenza
che, seppur minime, permettono un reinserimento dignitoso nel tessuto sociale. Ciò che a tanti studiosi e osservatori appare evidente è
che la rilevanza innovativa avviata dall’Associazione Amici di Piazza
Grande va colta nella capacità di coniugare intervento sociale e autoimprenditorialità, dove l’assistenzialismo è sostituito dalla semplice
offerta di opportunità gestite dal basso verso l’alto. Scrive M. T. Tagliaventi1: “Piazza Grande non offre soluzioni, non è in grado di farlo,
ma pur non proponendo alle persone di cambiare, fornisce due elementi fondamentali al processo di costruzione della propria identità:
offre il contenitore per identificarsi e la possibilità di sperimentare, attraverso i percorsi lavorativi o pseudo-lavorativi, o anche solo nei rapporti tra soci, altri ruoli. In tal modo, con una serie di stimoli, promuove disponibilità al cambiamento e apre spazi per non sentirsi totalmente identificati nell’immagine del deviante”.
Progetti in parternariato
Molti sono i progetti sperimentali, formativi, di acquisizione di competenze e di inserimento sociale e lavorativo avviati in questi anni in
parternariato con Enti di formazione, Enti locali, realtà del Terzo settore. Piazza Grande trova spazio nella maggioranza degli studi socia1
Da Teresa Tagliaventi , p.38, in "I laboratori di Piazza Grande" tra lavoro e
intervento sociale. a cura di Alessandro Martelli, Maria Teresa Tagliaventi,
Paolo Zurla. Collana Sociologia del lavoro - Ed. Franco Angeli,1999.
164
li come esempio di “Buona prassi” di intervento per l’inclusione sociale. I progetti di parternariato sono il volano di Piazza Grande, luoghi
dove le idee prendono corpo, le relazioni con le altre realtà locali, nazionali e europee si consolidano come stabili rapporti di rete, dove
senza fissa dimora, operatori, dirigenti si sperimentano nelle nuove
forme di welfare.
Cooperativa La Strada di Piazza Grande
L’esperienza positiva delle Officine dà vita, nel 1998, alla prima Cooperativa sociale di tipo b di Piazza Grande, denominata Cooperativa
sociale “La Strada”. Nel tempo, La Strada di Piazza Grande, ha sviluppato competenze gestionali e progettuali tali da permetterle di divenire un punto di riferimento nell’articolazione delle politiche sociali
territoriali e di ampliare il proprio settore di intervento alla gestione di
centri di accoglienza rivolti a cittadini stranieri e alle nuove marginalità. Contemporaneamente ha avviato un processo di diversificazione
delle attività, nei settori delle pulizie, delle piccole manutenzioni e dell’alfabetizzazione informatica, al fine di permettere la promozione sociale di soggetti deboli e delle loro specifiche risorse e capacità. La
forte integrazione nel territorio e le sinergie sviluppate hanno contribuito ad una più ampia ed efficace promozione del riconoscimento
sociale delle persone senza dimora e dei loro diritti. La Cooperativa è
oggi composta da 32 soci e la base occupazionale è costituita da 20
soci lavoratori, 7 lavoratori dipendenti, 2 collaboratori a progetto, 2
soggetti svantaggiati inseriti in stage in borsa lavoro a carico della
Amministrazione locale e una socia volontaria. 10 lavoratori risultano
appartenere alla categoria di "persone svantaggiate" secondo la Legge 381/91, mentre altri tredici lavoratori risultano in condizioni di disagio sociale pur non rientrando nelle categorie della L. 381. L’organizzazione complessiva del lavoro è caratterizzata da un’elevata flessibilità ed imperniata sui bisogni e sulle specifiche caratteristiche di
soggetti che esprimono una capacità occupazionale spesso limitata.
Cooperativa sociale di tipo B “Fare Mondi”
È la seconda esperienza di cooperativa sociale nata dallo sviluppo
delle attività di Piazza Grande. Nasce il 23 luglio 2003 grazie al progetto “Riciclo e beni durevoli” finanziato dal FSE Ob.1 NOICON 2003
- Sovvenzione Globale - Regione Emilia Romagna. La cooperativa si
occupa di produzione lavoro: recupero di computer usati, magazzinaggio e relativo smaltimento; recupero di bancali in legno; attività di
165
sgomberi; attività di pulizie, piccola manutenzione, imbiancatura, ecc.
L’attivazione di tali attività ha permesso, da gennaio a luglio 2004,
l’accoglienza di 7 persone svantaggiate in borse di formazione lavoro, inviate dai servizi pubblici tramite il “Centro servizi integrati Oltre la
Strada” e l’avvio di due rapporti di lavoro alle dipendenze (co.co.co. e
occasionali). Dal mese di ottobre 2004 la cooperativa ha previsto e
programmato l’assunzione di due dipendenti in collaborazione a progetto
Il teatro
Il Direttivo dell'Associazione Amici di Piazza Grande a metà del 2003,
alla luce del successo e dei positivi risultati ottenuti dalle attività del
proprio laboratorio teatrale, decise di concorrere al bando Sovvenzione Globale FSE Regione Emilia Romagna (NOICON 2003) per costituire una cooperativa teatrale e sviluppare il concetto di impresa sociale in questo settore. Non risultando ammessi al finanziamento richiesto, il Consiglio Direttivo, dopo una sua attenta valutazione della
nuova legge di istituzione delle associazioni di promozione sociale
(legge 7 dicembre 2000, n. 383) ritenne rispondente tale nuova forma
giudica all’ avvio di una specifica formulazione associativa per meglio
proporsi come laboratorio e compagnia teatrale a favore dell'inclusione sociale. Il primo ottrobre 2003 nasce l’Associazione culturale di
promozione sociale Fraternal Compagnia di Piazza Grande. Attualmente le attività teatrali coinvolgono 12 persone di cui sei in condizione di svantaggio.
La Fraternal Compagnia di Piazza Grande nasce, nel 1999, da un
progetto di Intercultura Sociale finalizzato a costruire laboratori in cui
persone con problemi di esclusione sociale lavorassero gomito a gomito con persone esterne interessate. Il progetto parte con un laboratorio teatrale e uno di giornalismo sociale. Dal Laboratorio teatrale si
è formata la Fraternal Compagnia che in quattro anni ha prodotto
quattro spettacoli: “la Fraternal Compagnia”, “Godot”, “Le Spacconate
di Capitan Fracassa”, “Ombre” e due video: “La Fraternal Compagnia” e “La Linea Sottile”. In entrambi i casi si tratta di documentari riguardanti i laboratori realizzati con persone senza fissa dimora.
Fino ad oggi la compagnia ha tenuto quattro corsi i teatro comico e si
è specializzata nella Commedia dell’Arte proponendo corsi intensivi.
Il gruppo teatrale è partner del progetto “Prova e Riprova” realizzato
in parternariato con il Comune di Bologna e la Cooperativa sociale
Nuova Sanità dove attiva laboratori di costruzione maschere in cuoio
e cartapesta e di teatro a favore di persone in condizione di forte
166
svantaggio sociale. Da due anni porta i laboratori sul sociale nelle
scuole per sensibilizzare i ragazzi sul problema dell’esclusione.
Il gruppo teatrale insieme ai laboratori delle officine, del bici centro e
della sartoria nel partecipa a vari progetti in partnership.
Avvocato di Strada
Questo progetto è attivo dal 2000 e ha come obiettivo la tutela dei diritti dei senza fissa dimora. Il servizio è realizzato attraverso uno
sportello di consulenza fornita gratuitamente, a turno, da 30 avvocati
del foro di Bologna. Inoltre, circa 30 avvocati dello stesso Foro, pur
non partecipando direttamente all’attività dello sportello, danno la loro
disponibilità a patrocinare gratuitamente uno o due casi l’anno riguardanti uomini e donne senza fissa dimora. Lo Sportello fornisce assistenza legale gratuita alle donne e agli uomini che alloggiano nei dormitori pubblici o dormono nelle strade e che sono in ogni caso senza
dimora.
167
NUOVAMENTE
PERSONE E PROGETTI PER LA CITTA’
Perché Nuovamente
Siamo nati il 4 luglio del 2000 per dare vita, uomini e donne, al laboratorio di nuova educazione, per ricostruire il tessuto della coscienza
civica e sociale di Bologna.
Abbiamo operato, nel corso di questi anni, per incrociare esperienze
e capacità, doti umane e professionali, con il fine di realizzare concretamente progetti in grado di riformare le consuetudini culturali, le
condizioni sociali e le regole della democrazia. Ci siamo impegnati in
un lungo percorso politico cercando e ricercando una politica rinnovata, «altra» rispetto a quella tradizionale.
Abbiamo imparato, con l’esperienza, a misurarci con un nuovo concetto di cittadinanza, un concetto realistico e inclusivo, fondato sulla
responsabilizzazione di tutti coloro che abitano gli stessi luoghi, anziché su pretese identità nazionali sempre più labili.
È una casa comune, la nostra, dove c’è spazio per tutti i cittadini con
le loro differenti identità e le loro relazioni, dove il diritto fondamentale
che viene esercitato è il diritto a capire e partecipare. È questo diritto
inalienabile a rappresentare il nord della nostra bussola e il bene di
cui vogliamo tutti possano godere.
Il nostro percorso
La nostra associazione vive oggi su una rete di più di mille e trecento
cittadine e cittadini, oltre duecento dei quali svolgono funzioni di dirigenza all’interno di associazioni e cooperative. Abbiamo realizzato oltre quaranta progetti, coinvolgendo migliaia di cittadini bolognesi.
Con Avvocato di Strada e con il forum Dei diritti e delle pene abbiamo contribuito a rafforzare i diritti dei più deboli — dagli homeless
ai reclusi — rivestendo di concretezza il grande tema della solidarietà: un tragitto che sta proseguendo ora con l’introduzione a Bologna
della figura del Garante per i diritti delle persone private della libertà.
168
Ci siamo confrontati sulle nuove professioni con il progetto Worklab,
con la Casa dei produttori autonomi (CPA), con la Carta di Bologna, promuovendo e favorendo l’aggregazione dei soggetti direttamente interessati per una loro maggiore tutela e valorizzazione. Ci
siamo impegnati nel superamento di quell’atomizzazione dei giovani
e più avanzati soggetti produttivi che è causa effettiva della loro debolezza.
Con la Casa di vetro, il progetto sui rapporti fra i cittadini e l’Amministrazione, ci siamo impegnati a rafforzare l’uso di strumenti di democrazia diretta quali le Istruttorie pubbliche; figuriamo tra i promotori
dell’istruttoria sulla multimedialità e siamo tra i sostenitori dell’introduzione del referendum abrogativo fra gli istituti previsti dal regolamento
del Comune di Bologna.
I nostri progetti Fuori da soli… Dove? e Progetta il tuo spazio hanno visto più di duemila ragazzi delle scuole medie superiori ideare i
luoghi della propria socialità e progettarli in prima persona, formandosi ai temi della bioarchitettura e dell’integrazione sociale e culturale
fra le generazioni. Il risultato è stata la realizzazione di tre centri giovanili: a Bologna presso l’Istituto tecnico Crescenzi-Pacinotti, a Porretta Terme al polo Montessori, a San Giovanni in Persiceto all’ISIS
Archimede. I centri sono gestiti da comitati composti ciascuno da tre
nostri rappresentanti, da delegati delle scuole e degli enti locali e da
studenti degli istituti interessati; gli studenti mantengono un ruolo propositivo centrale all’interno dei comitati, che con la nostra presenza di
garanzia e di indirizzo hanno sviluppato interessanti forme di autogestione. Inoltre stiamo realizzando altri tre centri giovanili in spazi di
proprietà dei Comuni di Bologna, Budrio e Marzabotto, con interventi
specifici tesi a dare vita a laboratori specializzati nella produzione artistica e culturale: in particolare, a Marzabotto procederemo a un intervento di specializzazione nel campo della ricerca e della creazione
musicale, con l’allestimento di strutture che consentono un ciclo completo di produzione di audiovisivi; il centro che aprirà a Bologna avrà
invece un prevalente indirizzo audiovisivo, e sarà dotato comunque di
strutture per la registrazione musicale.
L’edizione 2004 di Progetta il tuo spazio ha scelto di mutare i termini
della proposta per promuovere il confronto dei ragazzi con le tecniche audiovisive e con la descrizione del paesaggio. Ai giovani partecipanti è stato richiesto di testimoniare il territorio in cui vivono attraverso video di durata variabile sino ai cinque minuti, declinandoli nel
genere della fiction, del videoclip o del documentario. Gli oltre 600 ragazzi che hanno preso parte all’iniziativa hanno prodotto 156 audiovi-
169
sivi di eccellente qualità, i migliori dei quali sono stati riprodotti in una
videocassetta pubblicata in mille copie e inviata alle scuole e agli Enti
Locali.
I ragazzi vincitori di questa edizione di Progetta il tuo spazio hanno
accettato poi di partecipare alla scrittura e alla produzione di un film
sulle produzioni agricole sperimentali nella Provincia di Bologna e sul
recupero dei boschi e degli edifici storici dell’Appennino. Il gruppo di
lavoro, che inizierà l’attività dal mese di settembre ed è coordinato da
nostri rappresentanti, fruisce di un apposito finanziamento della Società Produttori Sementi di Bologna.
Cento fra associazioni e comitati di giovani si sono aggregati nel
coordinamento da noi proposto, Spazio al futuro. Una delle nostre
prime iniziative è stata quella di pianificare l’assegnazione di contenitori industriali dismessi alle associazioni giovanili, con l’obiettivo del
loro riutilizzo e della loro restituzione alla vita della città attraverso
l’inserimento di attività educative e ricreative.
Paesi di donne. Scritti al femminile ha raccolto, dalle mura domestiche alle strade della città, i tragitti letterari di donne impegnate nella scrittura.
Contro il nemico invisibile ha raccontato dell’esperienza dei comitati antismog.
Il Forum sul verde pubblico e la partecipazione ha ricostruito i percorsi di 85 associazioni che stanno curando oltre un milione di metri
quadrati di verde a Bologna.
Abbiamo iniziato a maggio 2003 un percorso di appuntamenti culturali con la Scuola di etica laica per l’azione civile «I lumi della ragione», un’occasione per tutti i cittadini di riflettere sui fondamenti etici del vivere collettivo secondo le coordinate della tolleranza e dell’accettazione del pluralismo. Abbiamo ragionato e discusso di filosofia,
di bioetica e di scienza, di economia, di liberalismo e di socialismo,
della storia del carattere degli italiani: lo abbiamo fatto assieme ad alcuni nomi di alto profilo culturale, intrecciando con loro un dialogo improntato alla franchezza e all’informalità.
Nel nostro percorso progettuale abbiamo fondato una collana editoriale (otto titoli già pubblicati, altri due in preparazione) e il website
www.nuovamente.org.
Ci confrontiamo, ogni giorno, con il desiderio di realizzare l’utopia
concreta di un nuovo modo di vivere la città.
170
Partecipazione e reciprocità: il nostro modello di lavoro
Con l’esistenza e il valore della costituzione materiale nella vita della
città ci siamo rapportati sin dal primo giorno della nostra attività associativa. Per costituzione materiale intendiamo quell’insieme di saperi,
di pratiche e di relazioni che indirizza l’agire individuale e di gruppo e
che non necessariamente coincide con il quadro giuridico e politico
vigente, ma spesso se ne distacca e se ne rende autonomo.
Questa costituzione materiale esprime spesso esigenze di reciprocità, di solidarietà, di pari dignità e pari ragioni fra i soggetti impegnati.
Favorire e rispondere a tali esigenze «dal basso» è stata dall’inizio la
nostra responsabilità più chiara. Ci siamo dati un obiettivo che fu facile definire ambizioso — rafforzare il diritto di cittadinanza, il suo riconoscimento, la sua tutela, fornendo per quanto a noi possibile supporto ed evidenza alle istanze di comitati e associazioni. Siamo stati
coerenti a questo obiettivo. Lo abbiamo dimostrato con i fatti nel nostro impegno quotidiano.
Ci siamo posti come traguardo quello di essere un atelier di linguaggio e di pensiero democratico, un luogo di ricerca e di progettazione
dedicato a tutte le dimensioni della qualità della convivenza civica.
Il nostro processo associativo nasce dalla consapevolezza — maturata già con la grande stagione dell’Illuminismo europeo — che una
società più giusta si raggiunge non con il solo progresso dei singoli,
ma attraverso un percorso collettivo.
Le esperienze costruite in questi anni dall’Associazione Nuovamente
sul territorio cittadino sono parte di uno stesso reticolo di desideri e di
progetti, sono intimamente unite da un medesimo filo conduttore: la
volontà di allargare i consueti confini della progettualità urbana sino
ad includervi i soggetti che di essa costituiscono, di norma, la controparte passiva.
Nel nostro modello realizzativo i cittadini sono svincolati dalla condizione di meri destinatari di contenitori dispensati da una catena amministrativa remota e impermeabile, per divenire piuttosto attori del
proprio bisogno sociale.
Nel suo fare quotidiano Nuovamente incarna un modello di collaborazione e di intervento partecipato che coinvolge i cittadini, le istituzioni,
gli imprenditori e ogni componente della realtà cittadina con le funzioni di ideatori, progettisti, fruitori, finanziatori. Un modello di piena partecipazione di realtà diverse e di integrazione delle competenze peculiari dei singoli nella logica di un fine comune da realizzare.
Tante sono le anime che compongono una comunità, che non si può
pensare di costruire qualcosa di realmente significativo per l’interesse
171
pubblico se a tutte loro non viene assicurata la medesima voce. Sta
tutta qui la ragione sociale di Nuovamente. Un intervento partecipato
di questo tipo, che all’inizio poteva sembrare una scommessa destinata a essere perduta, è invece riuscito a dare vita in breve a una
prassi progettuale e costruttiva dove pubblico e privato hanno concorso in egual misura a definire un percorso alternativo di lavoro fatto
di reciproco rispetto e di condivisione degli interessi. Il risultato è stato un modello di realizzazione di opere d’interesse pubblico largamente nuovo, più efficiente, e soprattutto conforme ai bisogni espressi dai cittadini.
La vera vittoria di Nuovamente, se possiamo parlare in questi termini,
è quella di essere riuscita a concretizzare la sua progettualità e, contestualmente, a coniugare rapidità ed efficacia dell’intervento e coinvolgimento della globalità dei soggetti impegnati in esso. La vera vittoria è stata la dimostrazione che un superamento dei tradizionali itinerari dei lavori pubblici, che faccia leva sulla sensibilità etica, è possibile.
I soggetti che vi si sono impegnati sono cresciuti assieme, mettendo
a disposizione l’uno dell’altro saperi, entusiasmo, ricerca. In questi
percorsi partecipati il rapporto fra pubblico e privato è stato improntato al reciproco rispetto e alla condivisione degli interessi.
Progettazione, corealizzazione, gestione: Nuovamente tesse una rete
di rapporti di democrazia diretta in cui il soggetto è sempre tenuto al
centro. Vogliamo riuscire ad armonizzare le anime della città, nella
convinzione che la nostra democrazia, oggi, debba fare un ulteriore
passo avanti, associando alla rappresentanza un carattere partecipativo che costantemente diriga la progettazione e la realizzazione delle
amministrazioni pubbliche.
Il nostro percorso
- Fuori da soli… Dove? Un percorso di sei mesi con cento adolescenti per comprendere i loro desiderata e i loro progetti
- Avvocato di Strada. Un’esperienza ora consolidata di assistenza
legale ad una delle fasce più deboli della nostra città: i «senza
fissa dimora»
- Progetta il tuo spazio 2001-2002. Il laboratorio nel quale ragazze
e ragazzi hanno progettato i loro spazi ideali
- Work LAB. Il primo convegno nel 2000 sui nuovi diritti e i nuovi
lavori
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Spazio al futuro. La costituzione di un coordinamento di cento
associazioni per l’utilizzo di contenitori industriali dismessi da destinare alle nuove attività culturali e produttive
Progetta il tuo spazio 2003-2003. Più di mille studenti hanno progettato loro spazi in base a requisiti di bioarchitettura
Censimento delle fabbriche dismesse a Bologna
Centro giovanile Crescenzi-Pacinotti a Bologna
Centro giovanile Polo Montessori a Porretta
Centro giovanile – area per manifestazioni ISIS Archimede a
San Giovanni in Persiceto
Convegno su Sicurezza e allarme sociale
Forum Dei diritti e delle pene
La casa di vetro. Diritti dei cittadini, trasparenza riforma amministrativa
Censimento, a Bologna e in provincia, con gli studenti delle
scuole medie superiori degli spazi pubblici e privati abbandonati.
Ne sono stati identificati 250
Convegno sul verde pubblico
Indagine e raccolta di dati delle esperienze di 70 associazioni
che gestiscono il verde
Costituzione della Scuola di etica laica per l’azione civile «I lumi
della ragione»
Copromozione della Carta di Bologna in nuovi lavori e cultura
Proposta e progetto della istruttoria sul multimediale
Seminario su Laicità e coscienza morale
Seminario su Il governo della vita
Seminario su Metodo scientifico e dogma
Il meccanico a due ruote, in collaborazione con Associazione
Piazza Grande ed EnAIP Emilia Romagna, per la promozione
della mobilità alternativa e il reinserimento professionale di soggetti a rischio attraverso la creazione di imprese artigianali e il recupero dell’antico mestiere del meccanico di biciclette. L’iniziativa è alla seconda edizione
Fondazione della collana di Nuovamente
Website www.nuovamente.org
Copromozione estate Bologna 2003 e 2004 di Paci-notti
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Convegno su Democrazia e cultura del discorso pubblico: la proposta dei sondaggi deliberativi
Documenta la tua città e il tuo Appennino: esperienza di ricerca
audiovisiva con gli studenti
L’etica laica e lo spirito del capitalismo: impresa e finanza pubblica davanti al bene comune
Pubblicazione sulla progettazione con i requisiti di bioarchitettura
degli studenti
Impresa, diritto ed economia: il caso Parmalat e non solo: colloquio con Guido Rossi
Convegno su Spazio pubblico e segno religioso, I, Laicità della
scuola e simboli religiosi; II, Coscienza, corpo, appartenenza.
Autodeterminazione della donna e identità collettiva
Presentazione del volume Dei diritti e delle pene e dibattito sul
Garante dei diritti delle persone private della libertà personale,
con Franco Corleone, Luigi Manconi, Massimo Pavarini, Sandro
Mezzadra
Indagine sul territorio nel quartiere Navile sulla fruizione del parco Agucchi-Bertalia, tramite la distribuzione e la raccolta di un
questionario compilato da oltre 1200 cittadini
Sull’uso della bicicletta, in collaborazione con Legambiente Emilia Romagna, Piazza Grande, EnAIP Emilia Romagna, per la
promozione della bicicletta come mezzo di mobilità alternativa ed
ecocompatibile, volto al censimento delle piste ciclabili nel Comune e nella Provincia di Bologna e alla creazione di parcheggi
specificamente destinati alle biciclette.
I Quaderni di Nuovamente
- I, Persone e progetti per la città, 2001
-
II, Paesi di donne. Scritti al femminile, 2001
III, Contro il nemico invisibile. Comitati, inquinamento e salute a
Bologna, 2002
IV, Fuori da soli… Dove? Adolescenti, progetti e spazi, 2002
V, Bruno Giorgini, Fermoguerra. Da Oriente a Occidente in ogni
punto è divisione, 2003
174
-
VI, Per la tutela del verde urbano. Gestione, cura e progettazione, 2003
VII, Progetta il tuo spazio. Giovani, bioarchitettura e integrazione
sociale, 2003
VIII, Dei diritti e delle pene. I Garanti delle libertà, 2004
Progetti in corso e in fase di avviamento
- Progetto «Pegaso» - Processi plurali di rete per l’inclusione dei
detenuti, in collaborazione con Provincia di Forlì-Cesena, Comune di Ferrara, Comune di Bologna, Cefal Bologna, Téchne ForlìCesena, Dipartimento di Comunicazione dell’Università di Bologna, EnAIP Emilia Romagna, EnAIP Ferrara, per la crescita della
condizione di cittadinanza dei detenuti e delle opportunità di accesso al lavoro e ai servizi e per la governance istituzionale e sociale delle reti dell’esecuzione penale.
- Percorso di cittadinanza attiva per gli adolescenti: un progetto
teso al coinvolgimento degli studenti delle scuole medie superiori
della Provincia di Bologna sul tema della cittadinanza e della
partecipazione alle scelte collettive, strutturato sulla realizzazione di un website e la produzione di un film, in sinergia con le attività in funzione nei centri per giovani aperti da Nuovamente. Il
percorso costituirà l’oggetto della IV edizione di Progetta il tuo
spazio.
- Produzione di un video sulle coltivazioni alternative e la valorizzazione del territorio, con valore educativo e di formazione all’uso degli strumenti audiovisivi, insieme con i ragazzi vincitori dell’edizione 2004 di Progetta il tuo spazio. In contemporanea, sarà
documentato l’intero percorso con la realizzazione di un “video
sul video” che costituirà una testimonianza dell’esperienza e della maturazione artistica e tecnica dei regazzi
- Convegno sulla gestione partecipata del verde pubblico a Bologna e sulle possibili sinergie con la cooperazione sociale, con
presentazione del progetto di miglioramento del parco AgucchiBertalia secondo i dati ricavati dall’indagine che ha coinvolto
1200 cittadini secondo lo strumento della progettazione partecipata. Gli interventi saranno successivamente pubblicati in un volume
175
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-
Ripresa degli incontri della Scuola di etica laica «I lumi della ragione». Fra le questioni in programma, l’ambientalismo, i diritti
degli animali, le connotazioni psicologiche dell’etica, la responsabilità sociale dell’impresa, l’individuo secondo la filosofia contemporanea
Inaugurazione dei tre centri per giovani in corso di ultimazione a
Bologna, Budrio e Marzabotto, in cogestione con i relativi Comuni tramite apposita convenzione con la nostra associazione
Allestimento di un centro di ricerca e di elaborazione musicale
presso il Comune di Marzabotto, in un locale di prossimità al
centro per giovani che si andrà ad aprire e che sarà messo a disposizione dei Comuni dell’Appennino
Allestimento di un laboratorio per la produzione audiovisiva nel
Comune di Bologna
Pubblicazione dei prossimi volumi della collana dei Quaderni di
Nuovamente: IX, I diritti e la povertà, l’esperienza di Avvocato di
Strada. X, Verde pubblico, politiche sociali e partecipazione. XI, I
lumi della ragione: gli interventi alla Scuola di etica laica maggio
2003-marzo 2004.
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In questa collana sono stati pubblicati:
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
Persone e progetti per la città
Paesi di donne scritti al femminile
Contro il nemico invisibile. Comitati, inquinamento e
salute a Bologna
Fuori da soli… dove? Adolescenti progetti e spazi
Fermoguerra. Da Oriente a Occidente in ogni punto
è divisione
Per la tutela del verde urbano. Gestione, cura e
progettazione
Progetta il tuo spazio. Giovani, bioarchitettura e integrazione sociale
Dei diritti e delle pene. I Garanti delle libertà
Direttore responsabile: Diego Benecchi
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Coordinamento del Quaderno a cura di:
Alberto Benchimol, Diego Benecchi, Antonio Dercenno, Daniela Minardi, Franco Motta, Antonio Mumolo
Grafica e impaginazione:
Daniela Minardi
Associazione Nuovamente
Via Borgo di S. Pietro, 52 - 40126 Bologna
Tel. 051 42.22.046 - 051 24.79.89 - 051 24 88 74
Fax. 051 42.16.961
e-mail: [email protected]
web: http://www.nuovamente.org
Finito di stampare nel mese di Gennaio 2005
Tipografia SIGEM
178
Il progetto Avvocato di Strada
è sostenuto da:
I DIRITTI
E LA POVERTÀ
L’esperienza di
Fondazione
del Monte
DI BOLOGNA E RAVENNA
I QUADERNI
e 10,00
Avvocato di Strada
1473
I DIRITTI E LA POVERTÀ
“Chi opera nel sociale, a stretto contatto con situazioni di
disagio, ha più volte denunciato un irrigidimento
ingiustificato sia delle istituzioni che dei cittadini nei
confronti di tutto ciò che non rientra nella “normalità”.
Le persone che vivono in strada – e più in generale i
soggetti deboli e meno tutelati - subiscono ogni giorno
soprusi e prevaricazioni di ogni genere, senza potersi
difendere.
Rispetto alla povertà, assistiamo ad atteggiamenti lontani
dai principi di solidarietà: come se l’essere poveri
potesse considerarsi una colpa e non una condizione in
cui ognuno di noi può trovarsi.
Il progetto Avvocato di Strada nasce per fornire a tutte le
persone senza fissa dimora una tutela giuridica
organizzata, qualificata e gratuita.
Non per solidarismo né per carità, ma per riaffermare la
dignità e la cittadinanza di persone oggettivamente
private dei loro diritti fondamentali”.
IX
I QUADERNI
EDIZIONI SIGEM
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I diritti e la povertà