1 F. Forino*, M.L. Nulvesu**, A. Taratufolo*** *Dirigente Medico, Direttore U.O.C. Formazione, Qualità, Educazione alla Salute, Azienda USL di Viterbo. **Dirigente Psicologo, U.O.C. Formazione, Qualità, Educazione alla Salute, Azienda USL di Viterbo. *** Infermiera, U.O.C. Formazione, Qualità, Educazione alla Salute, Azienda USL di Viterbo. Formazione: approccio sistemico e learning organization Training: systemic approach and learning organization Parole chiave: Formazione. Piano formativo aziendale. Approccio sistemico. Learning organization. Regole semplici. Sommario Scopo del lavoro è quello di descrivere l'esperienza condotta dal 2000 al 2004 dall' Azienda USL di Viterbo nel campo dell'aggiornamento degli operatori sanitari, anche a seguito dell'introduzione del sistema ECM. L' inizio ha visto la formulazione di un piano formativo aziendale. rivelatosi in seguito non completamente aderente alle reali necessità di formazione. L'esperienza si è quindi successivamente basata su principi e tecniche propri dell'approccio sistemico e della learning organization. Questi sono basati su regole semplici, con partenza da proposte concrete fornite dagli operatori dell' Azienda e con l'ulteriore partecipazione attiva degli operatori alla loro realizzazione. I risultati ottenuti hanno dimostrato l'applicazione di nuovi schemi mentali e di nuovi comportamenti sia a livello di singoli operatori, sia nel sistema azienda. Questi sono stati confermati dalla velocità, dalla razionalità e dall'entusiasmo con cui sono avvenute I'ideazione, la progettazione e la realizzazione di nuove attività formative. Pertanto, questo tipo di esperienza ha permesso di comprendere che non si possono dominare le organizzazioni, ma bisogna apprendere da loro e con loro, secondo una logica di complessità. Keywords: Training. Training plan of health trust. Systemic approach. Learning organization. Simple rules. Summary The aim of this article is to describe the experience conducted from 2000 to 2004 by Local Health Unit Trust of Viterbo about refresher courses of health workers, even due to the introduction of ECM system. The beginning has seen the formulation of a training plan of the health trust, which afterward has revealed as not completely adhering to the real needs of training. The experience has subsequently based itself on the principles and the techniques typical of systemic approach and learning organization. These ones. based on simple rules. have started from concrete purposes given by the health workers of the health trust. with a further active participation of workers to their realization. The obtained results have showed the application of new mental schemes and new behaviours both in individual workers and in the trust system.These ones have been confirmed by the quickness. the rationality and the enthusiasm which have characterized the conceiving. the plan and the achievement of the new formative activities. Therefore, this type of experience has permitted to know that organizations cannot be dominated. but it is necessary to learn from them and with them. in conformity with a logic of complexity. Introduzione Spesso, in modo abbastanza tradizionale, concepiamo le organizzazioni come riduzione della complessità, come ricerca di un ordine razionale da estrarre dal disordine delle cose.(1 ) Spesso concepiamo così anche le attività formative che realizziamo in funzione dei programmi che abbiamo elaborato articolandole nelle quattro classiche fasi: analisi dei bisogni, progettazione, attuazione, valutazione dei risultati. Il presente lavoro propone la "narrazione" (2) dell'esperienza condotta nell' Azienda USL di Viterbo nel campo dell' aggiornamento degli operatori sanitari che è stata basata su principi e tecniche propri dell' approccio sistemico e della learning organization. Ringraziamo tutti i componenti dell’ Unità Operativa Formazione Qualità ed Educazione alla Salute e tutti i colleghi dell'azienda che con il loro impegno hanno reso possibile dell' esperienza narrata. L'azienda USL di Viterbo L' Azienda USL di Viterbo comprende i 48 comuni della Provincia di Viterbo che hanno una popolazione di circa 300.000 abitanti. E' stata costituita nel 1994 accorpando le cinque USL in cui è articolato il territorio della provincia di Viterbo. Nei suoi 10 anni di vita ha subito profonde riorganizzazioni. Dal 1994 ad oggi si sono avvicendati tre direttori generali. L'attuale Direttore Generale si è insediato nel gennaio del 2002. Attualmente, secondo quanto previsto dall'atto aziendale, adottato nel maggio del 2003, l'azienda è articolata in un' area sanità territoriale; un' area sanità ospedaliera; un dipartimento per l'integrazione 2 sociosanitaria; tutela maternità ed infanzia, un dipartimento di salute mentale; un dipartimento di prevenzione; un' area amministrativa e un' area di staff. Come in tutta la Regione Lazio l' assistenza sociale è di competenza dei comuni. Il modello organizzativo dei distretti è in via di ridefinizione. I dipartimenti hanno una valenza strutturale con orientamento alla gestione delle risorse. Ciò riguarda anche i dipartimenti ospedalieri che comprendono unità operative appartenenti ai 5 ospedali dell' azienda. Dal 2002 ad oggi i dipendenti sono stati in media circa 2300. Di questi oltre 1000 sono infermieri e circa 500 medici. I tecnici sanitari di radiologia medica sono circa 70 così come i terapisti della riabilitazione. Gli psicologi sono circa 50, così come le ostetriche, i tecnici sanitari di laboratorio biomedico, i "capo sala", i tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, i veterinari. Vi sono poi professioni che hanno una minore consistenza e che complessivamente sommano circa 100 dipendenti (biologi, assistenti sanitari, puericultrici, farmacisti, educatori professionali, terapisti occupazionali, fisici,sociologi, dietiste, logopedisti, tecnici di neurofisiopatologia, tecnici audiometristi, chimici). I dipendenti appartenenti al settore amministrativo e agli uffici tecnici sono circa 260. I medici di famiglia sono circa 250, i pediatri di libera scelta 35, gli specialisti ambulatoriali convenzionati circa 45. Il passato come contesto Fino al 2001 nell' Azienda USL di Viterbo le attività di aggiornamento non avevano avuto particolare rilevanza e non erano state affidate ad una particolare struttura aziendale. Nel 2000 veniva formalizzato un gruppo di lavoro aziendale per la formazione che, posto in statI alla direzione generale, era composto da operatori inseriti in diverse realtà aziendali. Un gruppo formulò un' ipotesi di lavoro basata sulla creazione di una rete di facilitatori della formazione, sulla rilevazione del fabbisogno formativo e sull' elaborazione di un piano formativo aziendale annuale. Alla fine di dicembre del 2000 organizzò un seminario, attivamente promosso dalla direzione generale, intitolato "la formazione come leva di sviluppo dell' ASL di Viterbo". Al seminario parteciparono i direttori dei dipartimenti e delle unità operative. L' obiettivo era quello di rilevare, attraverso gruppi di lavoro, il fabbisogno formativo percepito dal top management. Il seminario ebbe una buona riuscita e il primo obiettivo assegnato all'U.O. Formazione, Qualità ed Educazione alla Salute (d'ora in poi U.O. Formazione), costituita nel marzo del 2001 e posta in staff alla direzione generale, fu quello di elaborare un "Piano Formativo Annuale" utilizzando i risultati del seminario svolto. Nello stesso mese l'entrata a regime del sistema di Educazione Continua in Medicina (ECM) che, come è noto, coinvolge tutti i professionisti sanitari per i quali è obbligatorio acquisire ogni anno i crediti formativi previsti, cambiò radicalmente lo scenario in cui ci muovevamo. In una situazione in cui gli operatori sanitari hanno sempre più la necessità di mantenersi aggiornati l'ECM ha sostituito per molti aspetti il sistema delle "idoneità" e dei corsi e concorsi abilitanti che certificavano "per sempre" l'acquisizione delle competenze necessarie a volgere determinati ruoli e funzioni professionali nel Servizio sanitario nazionale. L'ECM attraverso la certificazione dei crediti acquisiti attesta, sia pure con alcuni evidenti limiti, la qualità, la struttura, l' orientamento dell' aggiornamento continuo di ciascun operatore sanitario. L'avvio dell'ECM ha rappresentato per i professionisti e per le aziende sanitarie un vero e proprio mutamento di contesto inteso come l'insieme delle condizioni e dei fatti che concorrono al determinarsi situazioni e/o comportamenti. Per noi rappresentava un problema ma anche un ' occasione in quanto si erano improvvisamente create verso la formazione un' attenzione e una tensione prima sconosciute. Nella primavera del 2002 nella nostra azienda i dipendenti con obbligo ECM erano circa 2100, e, come in molte altre aziende, il primo problema che si pose fu quello di comprendere quanti corsi si sarebbero dovuti mettere in campo per assicurare a tutti i crediti previsti dall' ECM. In termini quantitativi cosi si prospettava il problema di generare circa 21.000 crediti e calcolando che in media una giornata formativa potesse fornire 6 crediti a 20 partecipanti avevamo il problema di progettare e realizzare, in sei mesi, circa 175 giornate formative pari a circa 60 corsi di tre giorni. In termini qualitativi il problema era ancora di più difficile soluzione. In questa prima fase molti erano più preoccupati di acquisire i crediti necessari che di partecipare a corsi per loro davvero utili. In più avevamo appreso che era difficile per noi individuare contenuti aderenti allo specifico delle diverse realtà, professioni e specializzazioni presenti in azienda. Per quanto potessimo impegnarci e ricorrere alla nostra fantasia non avremmo mai messo insieme un numero sufficiente di argomenti da trasformare in corsi di formazione. A tutto ciò si aggiungeva la limitatezza delle risorse. Nella primavera del 2002 la nostra U.O. aveva meno di un anno di esperienza. Era formata dal direttore, medico con lunga esperienza di direzione sanitaria, da due dirigenti, una psicologa e un sociologo, che avevano fatto parte del groppo di lavoro aziendale per la formazione, da due infermieri con lunga esperienza e da due amministrativi. Avevamo un mandato ampio e la formazione impegnava full time la dirigente psicologa e un' infermiera anche se nella prima fase tutti i componenti della nostra U.O. contribuirono in modo decisivo all'avvio e allo sviluppo delle attività di formazione. Inoltre mentre avevamo una dotazione di personal computer e di supporti d'aula adeguati, disponevamo di una sola aula e di due salette per i lavori di gruppo. Dovevamo riflettere e decidere in fretta. Ci servivano una strategia e una metodologia d'azione. Tra marzo del 2001 e marzo del 2002 avevamo condotto tre esperienze che nel tempo si sovrapposero tra loro. Su di esse riflettemmo attentamente. II piano formativo aziendale La prima esperienza fu quella del "Piano Formativo 2 Annuale" che elaborammo tra marzo e giugno del 2001 e che, secondo un' aspettativa assai diffusa, doveva: o Promuovere lo sviluppo delle risorse umane intese quale patrimonio primario dell'azienda; o Favorire lo sviluppo del Processo di Aziendalizzazione; o Supportare la realizzazione degli obiettivi previsti dalla programmazione annuale; o Promuovere il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni erogate e delle attività propri delle diverse articolazioni aziendali. Naturalmente il piano rispondeva al mito della programmazione e ad una logica "cibernetica". Era rispettoso delle quattro classiche fasi cicliche della formazione. Il piano prevedeva in tutto 18 titoli e 55 giornate formative. A livello centrale come UO Formazione avremmo gestito più edizioni di corsi "trasversali e strategici" mentre alcune UU.OO. avrebbero negoziato in sede di contrattazione di budget la realizzazione di alcuni corsi tecnico-professionali tesi a favorire il raggiungimento degli obiettivi loro assegnati. Per dare flessibilità alla programmazione venne naturalmente prevista una revisione semestrale del piano. Il "piano formativo annuale" approvato dalla direzione generale venne presentato ai direttori delle UU.OO. dell'azienda nel giugno del 2001. A ottobre del 2001 si ebbe certezza che l'avvicendamento del direttore generale sarebbe avvenuto a gennaio del 2002 e, come spesso accade per le azioni organizzative ben aderenti ai canoni della programmazione, il piano formativo aziendale, dopo aver suscitato discussioni e attese, invecchiò rapidamente e finì nel classico cassetto. Avevamo appreso che la rilevazione sistematica del fabbisogno formativo, la progettazione dei corsi e ia loro programmazione richiedeva molte energie e molti mesi e che un piano annuale nasce vecchio e invecchia rapidamente. Inoltre l'idea della programmazione delineava per la nostra U.O. una delega integrale e un ruolo burocratico e di controllo che erano vissuti più come inibizione che come promozione della creatività e della iniziativa degli operatori e delle UUOO. II progetto azioni positive A settembre del 2001 ci venne affidato il coordinamento del progetto "Azioni Positive" promosso dal Comitato Aziendale per le Pari Opportunità (CPO) e finanziato dal Ministero del Lavoro nell'ambito del quale, tra l'autunno del 2001 e la primavera del 2002, vennero realizzati 59 corsi di informatica di base per 1200 dipendenti del comparto. Il progetto voleva facilitare il processo di informatizzazione dell'azienda attraverso l'acquisizione, da parte della generalità dei dipendenti del comparto, delle conoscenze di base riguardanti l'uso del personal computer. Il progetto era piuttosto articolato e prevedeva oltre ai corsi la somministrazione ai partecipanti di un questionario per rilevare il "clima organizzativo"; una serie di 5 seminari per il ritorno dell' informazione; un convegno sui risultati della ricerca sul clima interno; la diffusione di un opuscolo sulle pari opportunità. Nel progetto venne coinvolto il Servizio di Assistenza Infermieristica (SAI), anch'esso di recente costituzione, che assicurò un capillare raccordo con tutte le realtà aziendali. Il progetto arrivò così a mobilitare circa 20 persone. Nell'ambito del progetto come UO Formazione, dopo una prima fase di ideazione che condividemmo con il SAI e il CPO, svolgemmo, volutamente, un ruolo di supporto. I componenti del CPO e del SAI si fecero carico con entusiasmo delle attività di organizzazione e di gestione "sul campo". Ciascuno nella propria realtà risolse brillantemente problemi per noi insormontabili: esame delle domande di partecipazione, composizione delle liste dei partecipanti, compatibilità con turni ed orari, contatti in sede locale con i direttori degli ospedali e dei distretti, reperimento di aule informatiche, somministrazione dei questionari e dei test di gradimento e di apprendimento, gestione dell'aula e degli imprevisti, etc.. Realizzarono inoltre i seminari ed il convegno conclusivo. Avevamo appreso che i componenti del SAI e del CPO avevano giocato un ruolo decisivo, diverso da quello del facilitatore, erano stati dei convinti protagonisti di un progetto che sentivano proprio. Avevano espresso un impegno e una creatività che andava al di là dei ruoli e dei compiti formali che ciascuno di loro ricopriva in azienda. Grazie al ruolo attivo di molti avevamo fatto formazione senza fare formazione. Noi come organizzatori Nel quadro di incertezza che si era creato decidemmo di organizzare direttamente dei corsi e tra ottobre del 2001 e febbraio del 2002 realizzammo nove titoli in più edizioni. Faticammo molto a trovare temi ed idee, a pubblicizzare i corsi, a non provocare reazioni negative da parte di esperti o di settori dell'azienda che si potevano sentire scavalcati o esclusi. Ci rendevamo conto che dal nostro punto di vista proponevamo tematiche di interesse assai 'generale e proprio per questo poco sentite dai colleghi in quanto poco aderenti al quotidiano della loro realtà. Decidemmo di procedere molto pragmaticamente e di accogliere le proposte estemporanee che provenivano da operatori e UU.OO. tra i più attivi dell' Azienda realizzando dei corsi che ebbero molto successo. Per quanto ci fossimo impegnati i corsi da noi direttamente progettati e realizzati, mentre avevano assorbito completamente le nostre energie, rappresentavano un'offerta formativa assolutamente insufficiente rispetto alle aspettative che si stavano creando in quei mesi di sperimentazione dell' ECM. Avevamo appreso che non saremmo mai stati in grado di catturare una sufficiente quantità e varietà di idee e argomenti, ne gestire direttamente le decine di corsi necessari a formulare un' adeguata offerta formativa. Dovevamo riuscire a fare formazione senza fare formazione. Dall'esperienza al modello, dal modello all'esperienza Riflettere sulle esperienze fatte ci aiutò molto. Il 3 problema da risolvere era complesso e non c'era nessun attore e nessuna azione che da soli potessero risolvere la situazione. L'approccio classico basato sulla programmazione annuale non sembrava praticabile e non era credibile che noi organizzassimo tutti i corsi necessari. Fu decisivo riflettere sul fatto che i professionisti coinvolti nel progetto azioni positive avevano mostrato di possedere capacità e competenze che normalmente non utilizzavano in quanto non ruoli e dalle funzioni da loro formalmente ricoperti. Eravamo a gennaio del 2001 e 20 e esperienze svolte e le nostre riflessioni ci spingevano sempre più a riflettere in termini di approccio sistemico e “learning organization” come logiche fondanti la nostra azione e il nostro ruolo all'interno dell'azienda. (3) L 'approccio sistemico propone di trattare i sistemi complessi come tali (4) e di guardare alle aziende sanitarie come a sistemi complessi adattativi, (SCA) ovvero come "un insieme di sottosistemi e/o agenti individuali che hanno la libertà di agire in modi non sempre prevedibili e le cui azioni sono interconnesse tra loro così che le azioni di un agente cambia il contesto per gli altri agenti". ( 5) Nella concezione della learning organization la formazione è una riflessione del sistema su se stesso. E' parte e modalità del suo processo evolutivo. La formazione può contribuire alla gestione dell'innovazione e del cambiamento se, e in quanto, genera un apprendimento organizzativo capace di intrecciare gli apprendimenti individuali all'interno di un processo con il quale l'organizzazione trasforma se stessa così da costituirsi come "contesto nuovo" che favorisce l' emergere di nuovi schemi mentali e con essi di nuovi comportamenti dell' organizzazione stessa e dei suoi componenti.(6 ) Dovevamo lavorare sull'intero "sistema azienda" concepito come contesto di chi vi opera e indurvi delle trasformazioni così che emergesse quella riserva di capacità che alcuni suoi componenti, nel corso del progetto azioni positive, in una situazione che sentivano responsabilizzante e creativa, avevano mostrato di possedere adottando comportamenti nuovi.(7) Avremmo dovuto adottare una strategia che permettesse di mobilitare queste energie latenti che, però, non sapevamo quante e dove fossero. Volevamo fare in modo che l'azienda apprendesse ad autogenerare un capillare aggiornamento che con il passare del tempo avrebbe potuto riguardare settori sempre più vasti dell'azienda. Così la strategia che con il tempo abbiamo messo a fuoco si può riassumere nell'idea che volevamo passare dalla ricerca di un sistema per fare formazione ad una concezione dell 'azienda vista come sistema complesso adattativo capace di apprendere a autogenerare l'aggiornamento dei propri componenti intesi sia come suoi sottosistemi, sia come suoi agenti individuali.(8) Ci era chiaro che avremmo dovuto tenere ben presente che : • le organizzazioni sanitarie hanno una forte base professionale e che il loro funzionamento non dipende solo dai comportamenti dei loro sottosistemi (distretti, ospedali, dipartimenti, unità operative), ma anche da quelli dei loro agenti individuali (singoli professionisti o piccoli groppi professionali) che rappresentano gli agenti ultimi "liberi di agire e "l'unità elementare" della loro complessità.; ( 7) . • dovevamo stimolare la creatività a livello dei professionisti in quanto individui e fare attenzione al rispetto dei ruoli in quanto operavamo in un'organizzazione fortemente formalizzata; (9) • per coniugare l'aggiornamento con i fabbisogni formativi delle diverse realtà aziendali era necessario decentrare al massimo livello possibile l'ideazione e la realizzazione delle attività formative; (9) • era necessario acquisire il contributo di singoli professionisti, o di gruppi professionali così come quello delle strutture "formali" dell'azienda. La strategia che avevamo concepito ci poneva non poche difficoltà e durante tutta I' esperienza narrata abbiamo dovuto continuamente difenderci: • dall'ansia di avere tutto sotto controllo e dal mito consolatorio della programmazione; • dalla riserva mentale di vedere sminuito il nostro ruolo; • dalla tentazione di fare i "formatori"; • dall'idea di aver violato la sacralità delle fasi canoniche della fondazione; • dall'idea del "piano formativo annuale"; • dalla tentazione del centralismo inteso come centralità del nostro ruolo e delle nostre idee; dalla tentazione di costituire una rete formale di facilitatori o referenti della formazione per avere interlocutori fissi con i quali pensare la formazione tra esperti; • dall'ansia dell' attesa e dell' incertezza del quando e del come saremmo pervenuti a dei risultati. Le regole semplici Poteva apparire paradossale ma per lavorare sugli individui avremmo dovuto lavorare sull'intera azienda, sul contesto e fu così che venne naturale pensare di utilizzare due regole semplici: "chiunque ha un'idea può organizzare un corso di formazione" e "per ogni giornata formativa avete 450 euro a disposizione". Le "regole semplici" ( 10), sono regole spesso non esplicitate che la mente facilmente fa proprie. Sono intrinseche all' organizzazione e difficilmente riconoscibili. Sono parte della dimensione sociale, emotiva e psicologica dell' organizzazione. Sono schemi mentali tanto radicati da essere capaci di determinare il comportamento del sistema stesso e dei suoi componenti. Sono regole in cui i gruppi e il sistema si identificano, attorno alle quali si consolidano comportamenti che ostacolano il radicarsi di nuove regole semplici e l'elaborazione di nuove mappe concettuali e con ciò il cambiamento. Ci trovavamo in una situazione e in un'organizzazione molto complesse e ci attendevamo che dall'applicazione di poche regole semplici potessero emergere cambiamenti rilevanti. Individuammo alcune regole semplici che apparivano dominanti, non solo in azienda, ma anche in molte 4 altre aziende e in molte normative: • la formazione è un diritto dei dipendenti e l' azienda deve provvedere; • è necessario un piano formativo aziendale che assicuri equità; • pensare ed avere idee è un compito dei "capi" e non riguarda chi lavora; • fare formazione è un compito e dello statI e dei capi. Nel corso di incontri formali e informali potemmo constatare che andava prendendo vita un'altra regola semplice: "l'azienda deve provvedere a fornire a tutti i dipendenti tutti i crediti previsti dall' ECM". Per noi era fondamentale che il sistema azienda e i suoi agenti svolgessero un ruolo creativo e attivo mentre molte cose deponevano per un atteggiamento passivo e di delega. Dovevamo individuare regole semplici che inducessero molti "dipendenti" dell'azienda a concepirsi non come passivi fruitori di formazione ma come soggetti attivi, capaci di progettare e realizzare attività formative, e come soggetti adulti, portatori di creatività e di idee preziose sulle quali l'azienda avrebbe investito. Per contrastare e sostituire quelle dominanti articolammo meglio le nostre prime due regole semplici : • chiunque ha un'idea può proporre un'iniziativa formativa; • per ogni giornata formativa avete a disposizione 450 euro; • l' U.O. Formazione non fa formazione, vi aiuterà a farla; • la partecipazione ai "corsi" aziendali" rientra nella formazione obbligatoria ovvero si svolge in orario di servizio. Concepimmo l'idea del "signor chiunque" puntando sull'idea che concepire e gestire un corso di formazione nella propria azienda e nel proprio ambiente di lavoro molto potesse essere l'occasione per soddisfare in molti di noi quei bisogni propri delle persone adulte rappresentati da: creatività, partecipazione, sviluppo, responsabilità, appartenenza, sicurezza. Partivamo poi dal presupposto che un "qualunque" operatore dell'azienda nel concepire e realizzare un corso avesse grandi possibilità di successo, comunque più delle nostre, in quanto: I) vive la concretezza della propria realtà che dal centro, dallo statI, è difficile conoscere e agganciare; . 2) conosce i problemi suoi e dei suoi colleghi e/o collaboratori; 3) è" in grado di definire obiettivi formativi alla portata sua e della realtà che esprime; 4) è in grado di coinvolgere perché è coinvolto; 5) vive la realizzazione di un corso di aggiornamento da lui ideato più come un'esperienza creativa che come parte del lavoro di tutti i giorni; 6) ritiene di avere l' occasione di farsi valere e di proporre qualche cosa di significativo; 7) su uno specifico argomento in cui è competente sa riconoscere il fabbisogno formativo della struttura in cui opera e della situazione che vive; 8) attiva l'interesse per il corso che ha proposto a livello capillare utilizzando canali e reti di comunicazioni invisibili dal centro; 9) farà di tutto per il successo dell'iniziativa assunta in quanto attende un successo; 10) coinvolge i "capi" con i quali attiva sul piano professionale una competizione/ cooperazione . 11) userà al meglio le risorse che gli vengono affidate dall'azienda poiché se ne sente responsabile. Non avremmo fatto formazione e per dare un segnale chiaro adottammo una procedura che, per la progettazione dei corsi, prevedeva per la nostra unità operativa un ruolo di supporto allo sviluppo delle idee che ci venivano proposte. Tale procedura, assai semplice e tutt’ora in uso, consiste in : • un appuntamento per illustrare e discutere "l'idea"; • un colloquio guidato teso a sondare la fattibilità tecnica e economica del corso; • un eventuale secondo colloquio; • la consegna al responsabile scientificoorganizzativo delle linee guida per la progettazione del corso e per la sua validazione da parte del responsabile della U.O. cui appartiene il responsabile scientifico organizzativo; • la validazione da parte dell'U.O. Formazione dei progetti e il loro inserimento nell'offerta formativa. Con questa procedura volevamo sottolineare la nostra funzione di ascolto e di accoglienza delle proposte formulate ben sapendo che la comunicazione inizia dal tipo di relazione che stabilisci. Il colloquio iniziale e il suo setting sono stati un modo efficace di relazionarci e una delle chiavi del nostra successo. I messaggi sottesi "ascoltarvi è una cosa importante", "vogliamo dedicare uno spazio e un tempo appropriato per discutere le vostre idee", " le vostre proposte sono preziose e l' azienda investe in esse" ci hanno permesso, quasi sempre, di affiancare positivamente la progettazione dei corsi e di scartare pochissime proposte. Come e' andata Avevamo abbandonato il mito rassicurante del piano annuale e ci trovavamo a navigare nell'incertezza. Eravamo a disagio. Non avevamo un obiettivo ben visibile, quantificabile e definito nel tempo. Avevamo solo strategia, abbozzata e per di più poco ortodossa, e un'ipotesi di scenario per il futuro della formazione in azienda. Ad aprile del 2002 avevamo prospettato alla direzione generale la strategia messa a punto; ricevendone un convinto assenso. Tra maggio e settembre tenemmo dodici seminari in altrettante sedi decentrate dell'azienda presentando l'ECM e la nostra strategia. A giugno del 2002 avevamo ricevuto alcune proposte di corsi ma anche se il progetto azioni positive e i corsi fin qui realizzati ci davano una certa credibilità, non eravamo affatto sicuri che si sarebbero verificati i cambiamenti e i risultati attesi. Mentre capivamo che eravamo in grado di "cogliere l' occasione" non potevamo sapere 5 quanti corsi si sarebbero realizzati e il grado di razionalità e qualità che avrebbero espresso. La direzione generale giocò un ruolo decisivo sostenendo direttamente e indirettamente, e in più occasioni le regole semplici che avevamo adottato. Confermò l'autonomia di cui godevamo come U.O. Formazione e fece sua l' ipotesi di passare dal piano formativo annuale all'offerta formativa. aziendale ritenendo quest’ ultima più flessibile è adatta a gestire in tempo reale i fabbisogni di formazione via via che si evidenziavano. Approvò e condivise le nostre scelte fondamentali che a maggio vennero formalizzate in una circolare del direttore generale che riguardava: • la costituzione della nostra U.O. come punto di riferimento aziendale per la formazione e non come agente effettore di iniziative formative; • la realizzazione delle attività formative da parte dei professionisti e delle UU.OO. ; • la definizione di un budget annuale per la formazione gestito direttamente dalla nostra U.O.; • la definizione del parametro di spesa di riferimento per ogni giornata formativa fissato in 450 euro; • l'inserimento nella formazione obbligatoria delle partecipazioni ai corsi inseriti nell'offerta formativa. Erano segnali forti che in azienda davano importanza all' aggiornamento. Le regole semplici tradotte nella circolare del direttore generale prendevano forza e visibilità. Fino a settembre continuammo a tenere decine di altri incontri, formali e informali, con i rappresentanti sindacali, con la FIMMG, con l'IPASVI e con i collegi Tabella 1. Azienda USL di Viterbo, settembre 2002-dicembre 2004. Responsabili scientifico organizzativi consi derati per numero di corsi organizzati professionali, con l'ordine dei medici, con il servizio infermieristico, Curammo un'edizione speciale del notiziario interno dell'azienda dedicato all'ECM. All'inizio di agosto del 2002 la direzione generale deliberò la prima offerta formativa (23 titoli e 71 edizioni) che riprodotta in centinaia di copie venne capillarmente diffusa a tutti i livelli dell'azienda. Il sei settembre del 2002 prese il via il primo corso di aggiornamento accreditato in ECM, nello stesso mese, con delibera del direttore generale, venne aggiornata l' offerta formativa (6 titoli per 7 edizioni). Alla fine di settembre organizzammo una "conferenza aziendale sulla formazione" che per la sponsorizzazione della direzione generale e per la grande attenzione per l’ECM vide la maSsiccia partecipazione dei direttori di tutte le articolazioni aziendale delle rappresentanze sindacali. Nel corso degli incontri e nella conferenza proponemmo l’ECM come occasione e l'azienda come soggetto che investiva risorse rilevanti nella formazione; ribadimmo che come U.O. non avremmo fatto formazione ma avremmo favorito la realizzazione di corsi che "chiunque" poteva organizzare e gestire a patto che avesse un'idea; richiamammo i contratti e le normative vigenti in tema di aggiornamento; illustrammo la circolare del direttore generale e le logiche sottese dall'offerta formativa sottolineando il successo dei primi corsi ideati e realizzati con le risorse messe a disposizione. Non ci restava che attendere e osservare i tempi di risposta del sistema. Il futuro era poco prevedibile. Avevamo messo in atto tutto quanto potevamo per fare maturare la situazione ma sapevamo che il tempo del nostro attendere era diverso dal tempo "interno" dell' azienda e che dovevamo controllare la tentazione di forzare i suoi tempi di risposta. Sperimentavamo quanto fosse vero che nei sistemi complessi spesso l' unico modo di prevedere come il sistema si comporterà in futuro è di aspettare letteralmente che il futuro abbia luogo ( 11 ) Sapevamo di dover attendere la risposta del sistema che fu rapida, più rapida di quanto immaginassimo. Dopo otto mesi avevamo edito 29 titoli e realizzato 76 corsi ai quali avevano partecipato circa 1700 dipendenti dell'azienda. In quei mesi avevamo continuamente fatto circolare dati e altre informazioni sull' andamento delle attività formative constatando che attraverso reti e canali a noi invisibili le regole semplici lavoravano per noi. A dicembre del 2003 tenemmo un incontro con i responsabili scientificoorganizzativi dei corsi per condividere con loro i risultai raggiunti che ritenevamo assai soddisfacenti. La giornata. ebbe un buon successo e fu l'occasione per consegnare ai colleghi un attestato di riconoscimento per il loro operato. In 18 mesi di attività l'azienda aveva edito 81 titoli, realizzato 250 corsi e 14 convegni. Le partecipazioni erano state oltre 5.500 e i crediti formativi corrisposti oltre 47.000. In media si erano svolti 14 corsi al mese, ogni dipendente aveva partecipato a 2,5 corsi ottenendo in media oltre 20 crediti formativi. Dovevamo gestire una mole di dati e di comunicazioni sempre più rilevante ed era diventato indispensabile disporre di una gestione informatizzata delle procedure utilizzate. Il lavoro svolto era molto apprezzato e ciò ci permise di ottenere le risorse necessarie. A dicembre del 2003, dopo un breve periodo di sperimentazione entrarono in funzione programmi e database che ci permisero da allora in poi di gestire sul sito aziendale i cataloghi dei corsi, l'iscrizione online, le comunicazioni da e verso coloro che si iscrivono, la stampa dei diplomi, la generazione dei dati, anche economici, di monitoraggio delle attività e dei risultati, l'anagrafica con lo storico individuale delle partecipazione a corsi aziendali, etc, etc. 6 RISULTATI I risultati presentati prendono in considerazione solo i progetti formativi aziendali (PFA), corsi e/o convegni riservati a operatori dell' azienda, realizzati in azienda nel periodo di due anni e mezzo che va da settembre del 2002 a dicembre 2004. Nello stesso periodo infatti sono stati realizzati anche 22 eventi formativi residenziali, corsi e/o convegni aperti anche a professionisti non dipendenti dall'azienda, mentre altri 32 corsi sono stati organizzati con altre agenzie formative. Nel periodo considerato l'organico dell' AUSL/VT comprendeva mediamente circa 2060 dipendenti appartenenti al ruolo sanitario e coinvolti dal sistema ECM. In questo periodo sono stati editi 164 titoli di PFA e realizzate complessivamente 411 edizioni (corsi) degli stessi, per un totale di oltre 10.200 partecipazioni, con una media di circa 164 edizioni e 4.066 partecipazioni annuali. In media sono state offerte ad ogni dipendente 5 partecipazioni ovvero 2 partecipazioni all'anno. La durata media dei corsi è stata di 2,5 giornate formative (una giornata formativa fatta pari a 7 ore effettive d'aula). In totale nel periodo considerato si sono svolte oltre 1030 giornate formative corrispondenti ad un investimento aziendale in formazione di circa 140.000 ore, pari circa 56.000 ore di formazione all'anno. Mediamente i titoli accreditati hanno ottenuto circa 10,5 crediti, corrispondenti a 4,2 crediti / per giornata formativa. Senza contare i crediti relativi ai 22 eventi e ai 32 corsi realizzati in collaborazione con altre agenzie formative, i crediti Tabella 2. Azienda USL di Viterbo, anno 2004. N° di professionisti mediamente in organico suddivisi per professione e loro % sull'organico raffrontato con il n° di partecipanti a PFA per professione e con la loro % sul totale delle partecipazioni. ECM assegnati con i 411 PFA sono stati oltre 86.000 con una media di circa 42 crediti per dipendente in due anni e mezzo. Se si considera che in particolare i medici, circa 500, hanno fruito di formazione all'esterno dell'azienda (vedi tabella 2) si può ritenere che mediamente l'azienda ha dato a ciascun dipendente l'occasione di acquisire più crediti dei 60 crediti previsti come obbligatori dall'E CM nei due anni e mezzo considerati. Gli operatori dell'azienda che si sono impegnati per 193 volte nel ruolo di responsabile scientifico/ organizzativo dei PFA sono stati 128, pari a16,2% dei professionisti sanitari (vedi tabella 1). Dei 128 responsabili scientifico organizzativi considerati il 23% sono direttori di U.O., il 41% medici, il 7% altri dirigenti e il 29% altri professionisti sanitari. Dal 2002 al 2004 si è avuto un decremento dell'impegno dei direttori di U.O. superiore al 300% e un incremento di oltre il 200% del gruppo degli "altri professionisti" che meglio delle altre rappresenta l'idea del "signor chiunque" e quella del massimo decentramento possibile dell'ideazione e della creatività.. Considerando i 22 eventi realizzati e i PFA realizzati nel 2005 o attualmente in programmazione, ad oggi, maggio 2005, i responsabili scientifico organizzativi hanno superato i 190, praticamente il 10% dei professionisti dell'azienda con obbligo ECM. Se poi si considera che il 90% dei docenti sono stati professionisti dell' azienda si può affermare che effettivamente il "potenziale di capacità formative interne e di creatività esisteva in azienda e si è rivelato comunque superiore ad ogni aspettativa. La tabella 2 riguarda il consumo di partecipazioni da parte delle diverse professioni. I dati riportati riguardano solo il 2004 ma confermano pienamente una precedente parziale rilevazione effettuata nel 2003. Considerando che storicamente i medici possono fruire di formazione all'esterno dell' azienda si può rilevare la razionalità della distribuzione di tale consumo da parte delle diverse professioni. Tale razionalità è riconducibile al fatto che col tempo settori sempre più vasti dell'azienda si sono coinvolti nella formazione e che si sono attivati canali e soggetti che hanno permesso di realizzare corsi per settori specifici (ad esempio sert, assistenza domiciliare, ) o specializzati (medicina nucleare, dialisi, camera operatoria. ...) e viceversa per professioni assai trasversali (il servizio infermieristico per gli infermieri, i coordinatori delle professioni tecniche per le diverse figure di tecnici ) o ancora corsi per situazioni e ruoli generalizzati (il servizio prevenzione e protezione, la presa in carico del paziente,). Ciò è ricollegabile anche alla distribuzione 7 dei corsi nelle aree aziendali, infatti mentre nel 2002 si aveva una netta prevalenza dei corsi organizzati nell'area ospedaliera, nel 2004 si è avuto un equilibrio con i corsi organizzati nell' area territoriale, rispettivamente il 45,5% e il 44,5% del totale (10% area di staff). La tabella 3 riporta in percentuale le valutazioni dei partecipanti che riguardano tutti i corsi svolti. Tabella n. 3. Azienda USL di Viterbo, settembre 2002-dicembre 2004. Rilevanza degli argomenti trattati, Qualità educativa, Efficacia del corso secondo il giudizio dei partecipanti ai corsi tenuti nell' Azienda USL di Viterbo. l dati riportati nella tabella 3 sono stati elaborati sulla base dei questionari standard previsti in ECM per la rilevazione del gradimento. Le valutazioni formulate dai partecipanti sono differenziate e fanno riflettere sulla possibilità che il giudizio sull' efficacia dei corsi sia da mettere in relazione con l'ansia da "crediti ECM" , che rappresenta un fattore confondente per la motivazione di alcune partecipazioni e per la loro aderenza ai fabbisogni formativi individuali o dell' U.O. di appartenenza . Infine sembra assai rilevante ricordare il risultato economico. Nei due anni e mezzo considerati, gli infatti 22 eventi hanno prodotto un attivo di alcune migliaia di euro e un notevole ritorno d'immagine. Per i 411 corsi realizzati l'azienda ha impiegato circa 320.000 euro. Le principali voci dj spesa sono state: docenti interni (retribuiti secondo normativa contrattuale) 47%; docenti esterni 25%; accreditamento ECM 16% .II costo medio per corso è stato di circa 780 euro ed il costo per ogni giornata formativa di circa 3]0 euro a fronte dei 450 euro indicati come parametro di riferimento per una giornata formativa. Ma il risultato più significativo emerge analizzando i titoli prodotti che, in base alle tematiche affrontate, abbiamo distribuito in sei categorie. Infatti il 58 % dei 411 corsi hanno riguardato tematiche direttamente connesse ad attività tecnico professionali, il 19% tematiche di management e di organizzazione dei servizi, il 14% la qualità; il 3% la sicurezza nei luoghi di lavoro, il 3% l'Educazione alla Salute e il 3% la comunicazione. Difficilmente un "piano formativo", elaborato da addetti ai lavori o da esperti, avrebbero potuto immaginare di meglio. Difficilmente una logica lineare avrebbe potuto produrre una maggiore razionalità. Questa distribuzione è stata costante nel tempo, ci ha sorpreso e sorprende perché non è così scontato che i sistemi abbiano una loro razionalità. CONCLUSIONI I dati presentati depongono per una validazione delle ipotesi di lavoro formulate e della strategia adottata che fanno riferimento alle logiche dell' approccio sistemico e della learning organization. Le regole semplici utilizzate hanno certamente contribuito ad una trasformazione di contesto che ha permesso ai singoli e al sistema azienda nel suo complesso di adottare nuovi schemi mentali e nuovi comportamenti. C'è stato un notevole investimento dell'azienda e le persone si sono impegnate. Il decentramento ha pagato. A livello decentrato, nel profondo del tessuto aziendale, là dove si realizzano attività e prestazioni, c'è stata consapevolezza del fabbisogno formativo, capacità di ideazione e di individuare concreti obiettivi formativi collegati a problemi e bisogni reali. L' ideazione, la progettazione e la realizzazione delle attività formative si è prodotta velocemente e con un sorprendente grado di razionalità, probabilmente superiore a quello di molte esperienze basate sulle logiche della programmazione lineare. I dati dell'anno in corso indicano che il "sistema azienda USL di Viterbo" ha appreso a autogenerare la propria formazione continua. La nostra esperienza prosegue e la nostra impressione è che ciò che l' azienda e i suoi componenti hanno appreso in termini di capacità creative e propositive si Sta trasferendo agli altri ambiti del mandato della nostra U.O. Parallelamente allo sviluppo delle attività formative si è saldamente Strutturata una rete di professionisti e di UU.OO. coinvolti nell' Educazione alla Salute che ha prodotto numerosi progetti e che sta conducendo un' esperienza assai interessante di revisione tra pari degli interventi di Educazione alla Salute. Per il secondo anno consecutivo nella programmazione annuale sono Stati ins eriti progetti di appropriatezza clinica, assistenziale, tecnica, autonomamente elaborati e proposti dalle diverse UU.OO., ed il raggiungimento degli obiettivi in essi dichiarati è stato collegato alla corresponsione del 20% del premio di risultato. La realtà è andata oltre ogni nostra aspettativa. All'inizio della nostra esperienza come componenti dell' U.O. Formazione non eravamo in grado, tutti insieme, di indicare più di una ventina di colleghi cui affidare la progettazione e la gestione di un corso di formazione. Oggi stiamo preparando la Il giornata aziendale dei formatori per condividere con centinaia di colleghi i risultati di cui tutti siamo orgogliosi. Nella esperienza narrata ci sono cose assai poco standardizzabili e difficili da riportare. Molti colleghi ci hanno testimoniato l'entusiasmo provato nell' organizzare i corsi, il piacere di comunicare in aula, la soddisfazione per l'impegno profuso e per quanto realizzato, la piacevolezza delle situazioni di 8 creatività. Tutto ciò oggi è patrimonio di molti in azienda. Ed è forse questa la scommessa più importante che non potevamo vincere utilizzando gli strumenti tradizionali dell’ azione organizzativa. Apprendere dall'esperienza Dall' esperienza condotta abbiamo appreso: a evitare l'ambizione del pensiero semplice e all'idea di poter controllare e dominare le organizzazioni; che non si può programmare la scoperta, I'ideazione, la curiosità, la creatività; • che le organizzazioni sono abitate da persone e che queste hanno emozioni; • quanto sia importante avere la possibilità di partecipare, appartenere, responsabilizzarsi e provvedere al proprio autosviluppo; • a dialogare e negoziare con l' organizzazione di cui siamo parte; • a vincere tutti a considerare ogni corso realizzato come una vittoria nostra, di chi lo ha realizzato di chi vi ha partecipato e dell' Azienda. • a valorizzare gli altri, a dare valore alle idee e al punto di vista degli altri; • a riconoscere il valore del "sapere tecnico" rispetto al nostro sapere di formatori; • che spesso ascoltare è più importante del parlare; . • a trattare l'azienda in quanto sistema complesso come tale, ad apprendere da lei e con lei. Abbiamo appreso a chiederci: nelle organizzazioni, chi guida chi? Abbiamo appreso che un corso di formazione, ciascun corso di formazione è anche tutto questo. manager nei sistemi adattativi complessi in Dedalo, Gestire i Sistemi Complessi in Sanità, volume n, Numero 2/2003 6.' Argyris C., Schon D.A., (1998) Apprendimento organizzativo. Teoria, metodo e pratiche, Guerini, Milano 7. Forino F., L'Approccio Sistemico alle Organizzazioni Sanitarie, in Dedalo 97, Gestire i Sistemi Complessi in Sanità, volume I, Numero l, Numero 2 e Numero 3/2003 8. Di Stanislao F., le logiche di complessità e di sistema nella sanità e nella salute come premessa di nuovi scenari di welfare di comunità, in QA, volume Il, n° 2, giugno 2000 9. De Rosnay J. Il macroscopio, verso una visione globale, Dedalo Libri, Bari, 1977 lO. Pecere O., Munari F., LoiK F., Casini M. La complessità organizzativa della continuità delle cure: l' approccio attraverso regole semplici, in Dedalo 97, Gestire i Sistemi Complessi in Sanità, volume I, Numero l, Numero 2 e Numero 3/2003 Il. Choi T. Y., Dooley K.J. e Rungtusanatham M. Supply networks and complex adaptive , systems: control versus emergence. Journal of Operations Management 2001; 19: 351-366 Post Scriptum Una saggia "capo sala" della nostra azienda ci ha raccontato una metafora: se metti delle galline in un recinto che possono saltare, fatto con una rete a maglie larghe, le galline non lo saltano. Se però metti degli stracci sul recinto così che possano prendere la misura, lo saltano. Morale: cambiando il contesto si generano, o vengono utilizzati, schemi mentali nuovi, o diversi, che portano a comportamenti nuovi. Bibliografia: 1. Warglien M., Ripensare la semplicità: la progettazione di organizzazioni complesse, Keiron giugno 2001, n. 7 2. Totis M., Casini M, Il raccontare le storie: uno strumento in Dedalo, Gestire i Sistemi Complessi in Sanità, volume n, Numero 3/2004 3. Senge P. (1992) La Quinta Disciplina. Sperling e Kumppfer Editori, Milano 4.Morin E., (1985) Le vie della complessità, in La sfida della complessità, a cura di G.Bocchi e M. 5. Brusaferro, S., Casini, M. Vivere ed operare da 9