Lorenzo Mosca
LA WEBPOLITICA
Istituzioni, candidati, movimenti
fra siti, blog e social network
Le Lettere
INDICE
1. Introduzione
1.1.La webpolitica e il caso italiano....................................... p. 9
1.2.Struttura e obiettivi del volume........................................ » 17
2. Comunicazione istituzionale e nuovi media: un’analisi
comparativa dei siti web delle regioni italiane
2.1.Introduzione................................................................... »
2.2.Principali scelte metodologiche....................................... »
2.3.Le politiche del governo elettronico in Italia..................... »
2.4.Lo sviluppo della società dell’informazione nei diversi
contesti regionali. Il divario digitale nelle regioni italiane.. »
2.5.I finanziamenti nazionali agli enti locali per l’e-government.»
2.6.Una valutazione diacronica dei siti web delle regioni......... »
2.7.L’analisi dei siti web delle regioni italiane........................ »
2.8.Conclusioni.................................................................... »
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3. Campagne elettorali postmoderne?
Alcuni elementi di riflessione a partire da un’analisi
delle elezioni regionali 2010 in lazio
3.1.Introduzione................................................................... » 53
3.2.Le tendenze evolutive delle campagne elettorali:
un inquadramento generale.............................................. »
3.3.Campagne elettorali e caso italiano.................................. »
3.4.Le elezioni regionali come elezioni di second’ordine?....... »
3.5.Le elezioni regionali del 2010 online................................ »
3.6.Le elezioni regionali online 2010 in Lazio:
uno studio di caso........................................................... »
3.6.1. La campagna delle candidate sul web...................... »
3.6.2. I siti web delle due candidate.................................. »
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indice
3.6.3. Facebook nella campagna delle due candidate......... » 81
3.6.4. Il bilancio della campagna...................................... » 83
3.7.Conclusioni.................................................................... » 87
4. Il potenziale democratico di internet
per i movimenti sociali
4.1.Introduzione................................................................... » 89
4.2.L’uso politico di internet da parte dei partecipanti
alle manifestazioni del movimento................................... » 94
4.3.L’uso politico di internet in base alle esperienze
partecipative e organizzative degli individui..................... »102
4.4.L’uso politico di internet da parte di organizzazioni
e famiglie del movimento antiliberista.............................. »107
4.5.Conclusioni.................................................................... »117
5.Osservazioni conclusive.................................................... »123
Bibliografia............................................................................. » 129
3.
CAMPAGNE ELETTORALI POSTMODERNE?
ALCUNI ELEMENTI DI RIFLESSIONE A PARTIRE DA
UN’ANALISI DELLE ELEZIONI REGIONALI 2010 IN LAZIO
3.1.Introduzione
Dopo aver analizzato la comunicazione istituzionale delle regioni
italiane mediante l’analisi dei loro siti web, in questo capitolo si
guarderà alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 2010,
concentrandosi soprattutto sulla dimensione online della competizione. Innanzitutto, richiamando un nota tassonomia di Pippa Norris
(2000), si presenterà l’evoluzione recente delle campagne elettorali
operando un confronto fra campagne premoderne, moderne e postmoderne. In seguito, si applicherà la classificazione di Norris al caso
italiano chiarendo se e come l’evoluzione da ella descritta possa
essere ravvisata nel nostro paese. Successivamente, si discuterà la
valenza politica delle elezioni regionali, spesso definite come “elezioni di medio termine” o “di second’ordine”. Pur rappresentando
un tipo di elezione con ridotta capacità di agenda e scarso coverage
mediatico, si cercheranno di evidenziare gli elementi di interesse di
questo tipo di elezione. Si presenterà poi il quadro generale delle
regionali del 2010 per quanto riguarda l’uso delle piattaforme online da parte dei principali candidati. Infine, si opererà un focus sulle
elezioni svoltesi nella regione Lazio, che hanno visto il confronto
fra Emma Bonino per la coalizione di centro-sinistra e Renata Polverini per quella di centro-destra. La ricostruzione della campagna
sarà effettuata mediante il ricorso a una rassegna stampa, l’analisi
delle piattaforme web delle candidate e interviste in profondità ai responsabili della comunicazione online di Emma Bonino e di Renata
Polverini. Se ne presenteranno le principali scelte strategiche per
poi concentrarsi sulla campagna online mediante un confronto fra i
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siti web e i profili Facebook delle due candidate. Infine, si effettuerà
un bilancio della campagna. Nelle conclusioni si svilupperà una riflessione sulle campagne online, alla luce del caso studio presentato
nel capitolo.
3.2.Le tendenze evolutive delle campagne elettorali: un inquadramento generale
Secondo Pippa Norris si possono individuare tre fasi storiche del
campaigning, suddividendolo le campagne elettorali in premoderne,
moderne e postmoderne. Le diverse fasi storiche del campaigning,
di cui si parlerà in quanto segue, devono essere intese come tendenze
generali per cui una fase può presentare elementi della fase precedente e di quella successiva. Nessuna segna, dunque, una drastica
rottura con ciò che la segue e con ciò che la precede. Va poi tenuto
conto che gli stili di campagna possono variare a seconda dell’importanza dell’elezione, del contesto in cui essa ha luogo e del livello
territoriale a cui essa si riferisce.
I cambiamenti delle campagne sono il portato di un mutamento
di lungo periodo avvenuto a livello politico, economico, culturale e
socio-tecnologico che ha delle conseguenze significative sugli intermediari politici, sui sistemi mediali e sugli individui. Secondo
Norris, infatti, «i cambiamenti nelle campagne di comunicazione
possono essere compresi meglio come un processo evolutivo di modernizzazione che trasforma simultaneamente le organizzazioni partitiche, i media informativi e l’elettorato» (2000, p. 137).
Le campagne elettorali che si svolgono in un arco temporale compreso fra metà Ottocento e metà Novecento vengono definite “premoderne”. Esse rappresentano la prima fase storica del campaigning
e in quanto tali presentano alcune caratteristiche distintive: si basano
su forme di comunicazione interpersonale, faccia-a-faccia e diretta
fra candidati e cittadini. Si svolgono sul livello locale con una pianificazione di breve periodo da parte della leadership del partito.
Per quanto riguarda i mezzi di informazione, la stampa di partito
rappresenta il principale intermediario fra i partiti ed il pubblico.
L’elettorato è rigido e dunque cristallizzato intorno a forti identità
e depositario di lealtà partitiche adamantine. La campagna porta-aporta viene effettuata interamente dal partito senza ricorrere a figure
campagne elettorali postmoderne?
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esterne mediante attività politiche in compresenza fisica come comizi, manifestazioni, riunioni di partito, volantinaggi etc. In questa
epoca storica le modalità della campagna vengono stabilite dal partito a livello locale, avvalendosi dell’opera importante dei militanti
e dei volontari.
Fra l’inizio degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta del
Novecento, le campagne elettorali subiscono alcuni cambiamenti
rilevanti. Nelle campagne “moderne” il coordinamento della campagna è centralizzato e minori gradi di libertà sono attribuiti al livello locale. Le campagne, dunque, estendono la loro scala territoriale
e la loro durata, nazionalizzandosi. I leader politici cominciano ad
esternalizzare le decisioni inerenti le scelte comunicative nei periodi
di campagna, affidandosi a consulenti professionali che colonizzano
gradualmente i quartier generali delle campagne politiche (Farrell et
al. 2001). Fra i mezzi di informazione, la televisione nazionale diviene l’arena principale della campagna. Anche i sondaggi di opinione,
pur realizzati sporadicamente, si affermano come uno degli strumenti fondamentali per cogliere gli orientamenti dell’opinione pubblica
ed impostare, di conseguenza, le strategie di campagna. L’elettorato
diviene meno rigido, con un erosione graduale e costante della lealtà
partitica. Il ruolo del cittadino in questo tipo di campagna è meno
attivo perché «il principale focus della campagna è collocato negli
studi televisivi nazionali» (ibidem, p. 140). La figura del militante e
del volontario viene marginalizzata passando da protagonista a spettatore passivo della campagna.
A partire dagli anni Novanta del Novecento il processo di modernizzazione produce una serie di cambiamenti a livello degli intermediari politici, dei sistemi mediali e dell’elettorato che portano a
definire le campagne elettorali come “postmoderne”. In questa fase
il contributo (retribuito) dei consulenti professionali cresce di importanza, assumendo un ruolo più influente anche nelle fasi routinarie
della attività politica e in quelle di governo perché le campagne divengono “permanenti”. Il primo studioso che ha parlato di campagne
permanenti è Blumenthal (1980), intendendo con questa espressione
il fatto che non esiste più una chiara separazione fra attività di campagna (campaigning) e attività di governo (governing). L’abbondanza dell’informazione (Bimber 2003) e dei mezzi d’informazione
che caratterizza questa fase storica produce una frammentazione dei
pubblici; l’elettorato diventa sempre più un elettorato di opinione e
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sempre meno di appartenenza. In questa fase le campagne possono
rappresentare per alcuni cittadini un ritorno a un ruolo più attivo e a
forme di coinvolgimento come quelle delle campagne premoderne
grazie ai nuovi media che favoriscono una maggiore interattività e
una comunicazione diretta con i leader.
Le campagne postmoderne, secondo Norris, non devono essere intese come l’ultima tappa di uno sviluppo lineare che procede
dal premoderno al moderno. Esse presentano, infatti, un ritorno ad
elementi tipici della fase premoderna delle campagne elettorali. Se
la televisione aveva segnato l’avvio delle campagne moderne, internet favorisce uno stile di campagna “ibrido” che permette di coniugare caratteristiche tipiche delle fasi precedenti di campaigning.
Oltre a un recupero parziale del contributo del militante/volontario
(soprattutto tramite l’interattività favorita dai nuovi media) le campagne postmoderne favoriscono un’organizzazione che offre spazio
al contributo diretto dei cittadini ed è al tempo stesso decentrata ma
comunque coordinata centralmente, come nel caso della nota campagna di Obama: «che, pur garantendo massima libertà ai propri
volontari in rete, ne ha indirizzato costantemente le attività attraverso un processo di ‘guida assistita dai dati’ che ne ha accresciuto
l’efficienza e ha alleviato la preoccupazione dello staff di doversi
affidare a meccanismi partecipativi che non garantivano il rispetto
delle priorità definite dal centro» (Mosca e Vaccari 2011, p. 22).
Un’altra dimensione che differenzia i tre tipi di campagna individuati da Norris consiste nella funzione specifica dell’attività di
campaigning, legata al fatto che l’elettorato diviene via via più fluido e volatile: le campagna premoderne si propongono soprattutto di
mobilitare l’elettorato fedele e di appartenenza, quelle moderne di
intercettare, “targettizzare” e conquistare gli elettori indecisi. Nella
campagna postmoderne diviene palese che la conquista degli elettori
di opinione, per essere realmente efficace, deve avvenire fornendo
contemporaneamente incentivi all’elettorato di appartenenza. Se le
elezioni si vincono conquistando nuovi elettori, occorre al tempo
stesso non tradire la fiducia e la fedeltà degli elettori di appartenenza.
Le caratteristiche principali dei tre tipi di campagna sono riassunte nella tabella 3.1. In generale, l’evoluzione delle campagne elettorali nel corso del tempo produce uno «slittamento da campagne con
un alto impiego di lavoro [di volontari] verso campagne caratterizzate da un impiego elevato di capitale» (ibidem, p. 146).
Premoderne
Da metà Ottocento
a metà Novecento
Locale e decentralizzata
Organizzazione della
campagna
Ruolo di volontari/
militanti
Professionalizzazione
Coordinamento nazionale
Campagne
Moderne
Inizio anni Sessanta – fine anni Ottanta
Postmoderne
Dagli anni Novanta in poi
Coordinamento nazionale
ma attività decentralizzate
Attivo
Passivo
Parziale recupero mediante
l’utilizzo dei nuovi media
Assente
Ruolo crescente dei consulenti
Ruolo di primo piano
dei consulenti politici
Breve, ad hoc
Lunga
Permanente
Durata
Leader di partito
Quartier generale del partito
Unità speciali del partito dedicate
Coordinamento
alla campagna
centrale
Incontri organizzati dal partito e
Sondaggi sporadici
Sondaggi regolari, focus group e
Feedback da parte
raccolta di opinioni a livello locale
siti web interattivi
degli elettori
Centralità della stampa di partito,
Media
Crisi della stampa di partito, ruolo
Trasmissioni TV indirizzate a pubblici
manifesti e opuscoli locali,
crescente della televisione nazionale e dei
specifici, siti web, email, gruppi di
trasmissioni radiofoniche
telegiornali, invio di materiale informativo
discussione online, intranet
mirato e personalizzato
Comizi a livello locale, tour dei
Conferenze stampa quotidiane, strategie
Eventi della
Estensione del news management
leader sul territorio
di controllo del flusso delle notizie verso i
campagna
alla politica di tutti i giorni e
media (news management), pianificazione
all’attività di governo
di pseudo-eventi per ottenere coverage
mediatico positivo
Bassi
Moderati
Più elevati per la retribuzione
Costi
dei consulenti professionali
Rigido/di
Elettorato
Diminuzione del voto di
Crescita del voto di opinione
appartenenza – allineamenti sociali e appartenenza – graduale disallineamento
partitici stabili
sociale e partitico
Mobilitare l’elettorato fedele
Conquistare gli indecisi
Conquistare il voto di opinione
Funzione
senza perdere il voto di appartenenza
Fonte: rielaborazione dell’autore da Norris 2000, p. 138.
Periodo storico
Caratteristiche
Tab. 3.1. Tipologia dell’evoluzione delle campagne elettorali
campagne elettorali postmoderne?
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lorenzo mosca
Il referente empirico più immediato della campagna elettorale postmoderna è rappresentato da quanto avviene sull’altra sponda dell’oceano, dove i costi elevatissimi per consulenze, sondaggi, focus
group, spot dei candidati sui media tradizionali e loro presenza sui
nuovi media mirano ad intercettare l’elettorato fluttuante e di opinione. La diffusione capillare di internet e dei nuovi media permette
di spostare la campagna dagli schermi televisivi alle realtà locali
coinvolgendo attivamente i cittadini mediante sistemi estremamente sofisticati di “responsabilizzazione controllata” come nel caso di
MoveOn, epifenomeno di una nuova generazione di gruppi di pressione (Karpf 2011). Inoltre, internet ha consentito a candidati che
partivano svantaggiati di recuperare posizioni anche attraverso strategie di raccolta fondi che anziché essere indirizzate a pochi finanziatori particolarmente generosi si rivolgono a masse di cittadini che
contribuiscono con piccole donazioni (ibidem). La diffusione capillare dei media digitali e di internet, così come l’arte del fundraising,
sono caratteristiche tipiche del contesto nordamericano che non hanno corrispettivi analoghi nel nostro paese. In questo senso occorre
discutere se e come il processo di modernizzazione descritto da Norris trova conferme o smentite nel caso italiano.
3.3.Campagne elettorali e caso italiano
Come ci ricorda ancora Norris, l’evoluzione delle campagne nel tempo e nello spazio varia in base a una serie di variabili intervenienti
che mediano gli effetti del processo di modernizzazione (figura 3.1).
Sono soprattutto quattro i fattori principali che svolgono questa importante funzione: a) l’ambiente regolativo (sistema elettorale; tipo
di elezione e norme che regolano la campagna); b) il sistema partitico (struttura, organizzazione, membership, finanziamenti) e tipo di
competizione; c) il sistema mediale (sviluppo di una industria dei
consulenti politici, struttura e cultura dei mezzi d’informazione); d)
l’elettorato (comportamento elettorale).
Per quanto riguarda il caso italiano, il processo di modernizzazione delle campagne subisce una brusca accelerazione in seguito al
crollo del sistema partitico della “prima repubblica” e alla discesa
in campo di Berlusconi. Come rileva Mazzoleni, «la campagna del
1994 rappresenta una clamorosa accelerazione della modernizzazio-
59
campagne elettorali postmoderne?
ne delle pratiche comunicative delle campagne italiane, avviatasi a
partire dagli anni Ottanta» (1996, p. 194). Se la campagna del 1994
è stata vista come una americanizzazione degli stili di campagna nel
nostro paese, va detto che essa è segnata da un cambiamento radicale
del ruolo dei media in politica che passano dal caratterizzarsi come
semplici “canali” a divenire “attori” di primo piano dell’arena politica (ibidem, p. 205).
Fig. 3.1. Fattori che determinano l’evoluzione delle campagne in contesti
diversi
Fig. 3.1. Fattori che determinano l’evoluzione delle campagne in contesti diversi
PROCESSO DI
MODERNIZZAZIONE
AMBIENTE
SISTEMA
SISTEMA
CARATTERISTICHE
REGOLATIVO
PARTITICO
MEDIALE
DELL’ELETTORATO
TIPO DI CAMPAGNA
È interessante notare come nel 1994, al fine di aggirare le forti limitazioni previste nell’ultimo mese di campagna, Berlusconi concentri i suoi sforzi comunicativi soprattutto nella fase di precampagna
(ibidem). Quasi venti anni dopo, in seguito all’approvazione della
legge sulla par condicio del 2000, che limita ulteriormente la comunicazione politica radiotelevisiva, è facile immaginare quale sia
il valore aggiunto che i nuovi media possono esprimere nella fase
finale di una campagna elettorale, quando il clima di opinione è maggiormente influenzabile. Il divieto per i candidati di diffondere spot
e di partecipare, nei due mesi che precedono il voto, a programmi
a carattere non informativo, relegandoli in appositi contenitori (sul
modello delle tribune elettorali) che devono sottostare a molti vincoli e controlli così come l’impossibilità di diffondere risultati di
sondaggi nei quindici giorni prima dell’apertura delle urne, rendono
il ciberspazio un ambiente in cui la campagna può proseguire senza
dover sottostare a controlli troppo rigidi.
60
lorenzo mosca
Dopo aver richiamato brevemente le norme che regolano le campagne elettorali italiane, occorre ricordare che il sistema elettorale
varia considerevolmente a seconda del tipo di elezione: la legge Calderoli del 2005 ha ridefinito la normativa relativa alle elezioni politiche nazionali optando per un sistema proporzionale corretto con
liste bloccate che attribuisce un rigido controllo delle candidature
alle élite di partito (D’Alimonte 2007; Fusaro 2007). L’impossibilità
per l’elettore di esprimere il proprio giudizio sul candidato rende la
campagna sul territorio sostanzialmente ininfluente e pone seri disincentivi ad investire nella competizione elettorale dal punto di vista
del candidato. I protagonisti delle campagne tornano ad essere quindi i partiti e i leader di partito e dai manifesti scompaiono i volti dei
candidati meno noti. In questo senso, rispetto alla precedente legge
elettorale (Mattarella) – che era stata approvata a seguito della campagna referendaria del 1993 e che si basava sull’elezione in collegi
uninominali spingendo i candidati a impegnarsi in prima persona
per la conquista degli elettori indecisi – la legge Calderoli produce
un sistema di incentivi tipico delle campagne moderne, mettendo
un freno alle sperimentazioni che avevano caratterizzato, in forma
più o meno riuscita, le campagne elettorali comprese fra il 1994 e il
2001 (Bentivegna 2006). Va detto però che se la legge Calderoli ha
modificato il sistema elettorale per le elezioni politiche nazionali,
essa non ha avuto ad oggetto altri tipi di elezione. In questo senso, le
leggi elettorali utilizzate per le elezioni amministrative sono rimaste
immutate. Nonostante l’autonomia statutaria riconosciuta alle regioni, tutte hanno scelto una forma di governo “neoparlamentare”, che
bilancia l’elezione diretta del presidente con il rapporto di fiducia fra
esecutivo e legislativo (Baldi 2010, p. 11). Prevedendo l’elezione diretta delle cariche monocratiche, il sistema elettorale regionale rende
protagonisti delle campagne i candidati a scapito dei partiti.
Oltre agli aspetti regolativi (più esposti a cambiamenti di breve
periodo), è importante considerare anche gli aspetti sistemici, sia dal
punto di vista partitico sia dal punto di vista mediale. Per quanto riguarda il primo aspetto, le elezioni della “seconda repubblica” si sono
caratterizzate per la presenza di un sistema partitico di tipo bipolare
ma frammentato (D’Alimonte e Chiaramonte 2000). Ciò significa
che gli attori della competizione tendono ad aggregarsi intorno a
due coalizioni che si sfidano per la guida del governo, l’alternanza
al governo si produce di frequente e i governi sono mediamente più
campagne elettorali postmoderne?
61
stabili, ma le coalizioni risultano essere eterogenee, frammentate e
conflittuali (Cotta e Verzichelli 2008, pp. 153-154). La prospettiva di
alternanza al governo, dovrebbe comportare un investimento significativo nelle campagne, nella speranza di attrarre quella quota di voti
fluttuanti decisiva per l’esito delle elezioni. Tuttavia, l’esperienza
passata indica come le elezioni siano state vinte da una coalizione
o dall’altra non tanto grazie alla conquista dell’elettorato fluttuante
nei periodi di campagna elettorale quanto in base alla capacità di costruire coalizioni molto larghe, ampliando le alleanze e includendo
nuovi partiti e, quindi, i loro elettori (Bartolini e D’Alimonte 1998).
Per quanto riguarda poi la membership, va notato che i principali
studi evidenziano il declino graduale e apparentemente inarrestabile
nel numero degli iscritti e dei volontari di partito; declino che non riguarda solamente il caso italiano (della Porta 2009a; Raniolo 2008).
Come ha scritto Ignazi, «il puzzle dei partiti contemporanei oggi
sembra difficile da comporre. Hanno acquistato forza grazie all’interpenetrazione con lo stato e hanno conquistato sempre più spazio
come agenzie pubbliche o parapubbliche […] però, proprio questo
processo li ha resi più vulnerabili agli occhi dell’opinione pubblica
che continua a manifestare disistima e distacco. Anche i tentativi di
“apertura e inclusione” si sono rivelati inefficaci, anzi rischiano di
ritorcersi contro come un boomerang. […] se gli apparati centrali
dei partiti si sono rafforzati e continuano a mantenere una posizione
cruciale, questo è avvenuto a spese di una minore legittimità che i
recenti provvedimenti di apertura e delega non hanno ancora rinvigorito» (2004, p. 341). Per quanto riguarda il finanziamento pubblico dei partiti, esso fu introdotto negli anni Settanta col fine di scoraggiare casi di finanziamento illecito, cancellato parzialmente nel
1993 in base a un referendum promosso dai Radicali (che aboliva un
contributo ordinario annuale ma salvaguardava i rimborsi elettorali)
e reintrodotto nel 1994 e poi modificato più volte facendo crescere
in maniera esponenziale l’ammontare dei rimborsi e il numero dei
beneficiari (Pacini 2002).
Per ciò che attiene al sistema mediale, l’Italia (come gli altri paesi
dell’Europa mediterranea) rientra in un modello che è stato definito
di “pluralismo polarizzato” (Hallin e Mancini 2004), la cui caratteristica principale riguarda la pervasività del mezzo televisivo. In
questo senso le campagne elettorali italiane dovrebbero avvicinarsi
al tipo di campagna che, sulla scorta di Pippa Norris, abbiamo defini-
62
lorenzo mosca
to “moderno”. Tuttavia alcuni sviluppi tecnologici recenti sembrano
definire una sfida alla centralità del mezzo televisivo tradizionale:
dal digitale terrestre, alla televisione satellitare fino al web e ai social
network le fonti di informazione si moltiplicano in misura esponenziale. Come si è visto nel capitolo precedente, l’accesso alla rete
in Italia è ancora limitato pur riguardando una percentuale di cittadini rilevante. Tuttavia, alcuni processi politici recenti (la vittoria
referendaria e l’esito delle elezioni amministrative in alcune grandi
città italiane nel 2011) sembrano essersi prodotti con un forte coinvolgimento dei cittadini mediante la rete, nonostante il sostanziale
disinteresse (e perfino l’ostilità) dei media mainstream. I media digitali sembrano essere stati capaci di creare un “clima di opinione”
opposto rispetto a quello costruito dai mezzi di comunicazione di
massa. Alcuni indizi sembrano quindi indicare la presenza di elementi “postmoderni” (ad esempio il ruolo significativo assunto dai
flussi di comunicazione bottom-up nelle recenti tornate elettorali)
nelle campagne elettorali italiane. Va aggiunto, infine, che l’industria dei consulenti politici in Italia è ancora a uno stadio di sviluppo
abbastanza limitato rispetto a paesi come gli Stati Uniti.
Dopo aver rapidamente passato in rassegna gli aspetti regolativi e
quelli sistemici, occorre soffermarsi brevemente sulle caratteristiche
del corpo elettorale in Italia. Nel nostro paese, fino all’avvento della
“seconda repubblica”, il voto degli elettori era stato un voto prevalentemente “di appartenenza” (Parisi e Pasquino 1977; Parisi 1995)
per cui si votava un partito sulla base di un senso di appartenenza
ideologica; molto più ridotta era la quota di elettori “di opinione”
che sceglievano il partito in base alla bontà dell’offerta elettorale;
un terzo tipo di voto, soprattutto al sud, era quello “di scambio” per
cui si votava un partito non per un’identificazione o per una valutazione del suo programma quanto perché al voto corrispondeva un
beneficio materiale (vestiario, alimenti, denaro, un posto di lavoro,
una pensione di invalidità etc.). A partire dall’inizio degli anni Novanta è stato notato come in seguito al crollo del muro di Berlino e a
“Tangentopoli” l’elettorato italiano sia divenuto più fluido ed operi
le proprie scelte sulla base di elementi sostantivi più che sulla scorta
di convinzioni ideologiche. Tuttavia, si è osservato che la volatilità
elettorale fra una coalizione e l’altra è ancora limitata mentre la volatilità totale (fra un partito e l’altro) è considerevole (Bardi 2006).
Ci troviamo quindi di fronte ad un elettorato meno rigido rispetto al
campagne elettorali postmoderne?
63
passato che però mantiene l’appartenenza non tanto al partito quanto alla coalizione (Barisione 2001), mediante una “fedeltà leggera”
(Natale 2000). Se la presenza di un elettorato di appartenenza rende
sostanzialmente superflua una campagna elettorale perché il voto
è rigido e quindi l’attività di campagna si risolve in ciò che Norris
(2003) chiama “preaching to the converted” (predicare ai convertiti), una quota significativa di elettorato di opinione fornisce maggiori
incentivi ad investire risorse in una campagna perché una conduzione accorta della stessa può attrarre il voto degli elettori indecisi.
Nel caso delle elezioni regionali, che – come si vedrà oltre – subiscono spesso una nazionalizzazione della campagna, l’elettorato è
più mobile e potenzialmente aperto all’innovazione. La rigidità del
corpo elettorale tende infatti a ridursi in consultazioni come quelle
subnazionali in cui elementi ideologici e di appartenenza sono meno
salienti.
Come si è visto, il ruolo delle variabili intervenienti che influenzano gli effetti del processo di modernizzazione sugli stili di campagna
riferite al contesto delle elezioni regionali in Italia è estremamente
ambivalente. Se alcuni fattori sembrano definire un quadro di incentivi che dovrebbe indirizzare gli stili di campagna verso una modalità
postmoderna, altri sembrano andare nella direzione opposta.
Vediamo quindi come l’analisi delle elezioni regionali può permetterci di cogliere gli elementi di cambiamento e quelli di stabilità
che caratterizzano le campagne italiane.
3.4.Le elezioni regionali come elezioni di second’ordine?
Secondo Norris (2000), le campagne di second’ordine assomigliano
maggiormente alle campagne premoderne che a quelle postmoderne.
Questo perché si tratta di elezioni che mobilitano meno risorse e che
risultano meno attraenti per i mass media.
In letteratura le elezioni regionali, sono state variamente definite
come elezioni di “medio termine” o di “second’ordine”. Si tratta di
definizioni prese in prestito da contesti caratterizzati da istituzioni,
attori politici e sistemi elettorali diversi da quello italiano. In particolare, si è parlato di elezioni di second’ordine soprattutto in riferimento alle elezioni europee (Reif e Schmitt 1980), mettendo in
evidenza come la posta in gioco in queste competizioni sia estrema-
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mente limitata rispetto a quella delle elezioni politiche nazionali. La
minor salienza di queste scadenze elettorali sarebbe confermata dai
tassi di partecipazione che tendono ad essere elevati per le elezioni
nazionali e a diminuire nel caso di elezioni a carattere subnazionale
(amministrative), sovranazionale (europee) e referendario. Anche da
un punto di vista dell’attenzione da parte dei media, dell’interesse
dell’opinione pubblica e dell’investimento sia in termini materiali
sia programmatici da parte dei protagonisti della competizione, queste elezioni vengono considerate come meno significative. L’espressione “elezioni di medio termine” è stata coniata invece in riferimento alle elezioni americane quando, a metà del mandato presidenziale,
si eleggono i membri della camera dei rappresentanti e un terzo dei
membri del senato. L’importanza politica delle elezioni di medio termine o di second’ordine risiede nel fatto che esse rappresentano una
indicazione indiretta degli umori dell’elettorato rispetto al governo
in carica e, in un paese come l’Italia, possono avere effetti anche
molto rilevanti sulla tenuta dell’esecutivo.
Diversi studi hanno evidenziato come, nel caso specifico delle
elezioni regionali, la campagna sia stata spesso monopolizzata dai
temi dell’agenda politica nazionale, offrendo poco spazio al confronto fra candidati e programmi genuinamente regionali, impedendo così di costruire un’arena della competizione con caratteristiche
distinte rispetto a quella nazionale (Chiaramonte 2000; Legnante
2000). In questo senso le elezioni regionali (così come altre elezioni
amministrative) sono state viste alla stregua di test o referendum sul
governo in carica, sui rapporti di forza fra i partiti e sulle dinamiche
coalizionali (Tronconi 2010, p. 47). A onor del vero, però, in Italia
«differentemente dall’opinione comunemente accettata, le elezioni regionali possono essere legittimamente considerate elezioni di
second’ordine solo dopo la metà degli anni Novanta» (Tronconi e
Roux 2009, p. 63).
Se la riforma in senso federalista del titolo V della costituzione, l’elezione diretta delle cariche monocratiche al vertice dei livelli
subnazionali di governo e il riconoscimento di autonomia statutaria
alle regioni hanno avuto la finalità di garantire maggiore stabilità
agli esecutivi regionali e di trasformare questi soggetti in enti pienamente autonomi (Baldi 2010, p. 9), alla piena autonomia delle regioni come organi di governo del territorio non sembra essere corrisposto, fino ad oggi, altrettanta autonomia dal punto di vista elettorale.
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