Lorenzo Mosca LA WEBPOLITICA Istituzioni, candidati, movimenti fra siti, blog e social network Le Lettere INDICE 1. Introduzione 1.1.La webpolitica e il caso italiano....................................... p. 9 1.2.Struttura e obiettivi del volume........................................ » 17 2. Comunicazione istituzionale e nuovi media: un’analisi comparativa dei siti web delle regioni italiane 2.1.Introduzione................................................................... » 2.2.Principali scelte metodologiche....................................... » 2.3.Le politiche del governo elettronico in Italia..................... » 2.4.Lo sviluppo della società dell’informazione nei diversi contesti regionali. Il divario digitale nelle regioni italiane.. » 2.5.I finanziamenti nazionali agli enti locali per l’e-government.» 2.6.Una valutazione diacronica dei siti web delle regioni......... » 2.7.L’analisi dei siti web delle regioni italiane........................ » 2.8.Conclusioni.................................................................... » 21 24 27 33 35 38 41 47 3. Campagne elettorali postmoderne? Alcuni elementi di riflessione a partire da un’analisi delle elezioni regionali 2010 in lazio 3.1.Introduzione................................................................... » 53 3.2.Le tendenze evolutive delle campagne elettorali: un inquadramento generale.............................................. » 3.3.Campagne elettorali e caso italiano.................................. » 3.4.Le elezioni regionali come elezioni di second’ordine?....... » 3.5.Le elezioni regionali del 2010 online................................ » 3.6.Le elezioni regionali online 2010 in Lazio: uno studio di caso........................................................... » 3.6.1. La campagna delle candidate sul web...................... » 3.6.2. I siti web delle due candidate.................................. » 54 58 63 66 69 72 74 8 indice 3.6.3. Facebook nella campagna delle due candidate......... » 81 3.6.4. Il bilancio della campagna...................................... » 83 3.7.Conclusioni.................................................................... » 87 4. Il potenziale democratico di internet per i movimenti sociali 4.1.Introduzione................................................................... » 89 4.2.L’uso politico di internet da parte dei partecipanti alle manifestazioni del movimento................................... » 94 4.3.L’uso politico di internet in base alle esperienze partecipative e organizzative degli individui..................... »102 4.4.L’uso politico di internet da parte di organizzazioni e famiglie del movimento antiliberista.............................. »107 4.5.Conclusioni.................................................................... »117 5.Osservazioni conclusive.................................................... »123 Bibliografia............................................................................. » 129 3. CAMPAGNE ELETTORALI POSTMODERNE? ALCUNI ELEMENTI DI RIFLESSIONE A PARTIRE DA UN’ANALISI DELLE ELEZIONI REGIONALI 2010 IN LAZIO 3.1.Introduzione Dopo aver analizzato la comunicazione istituzionale delle regioni italiane mediante l’analisi dei loro siti web, in questo capitolo si guarderà alla campagna elettorale per le elezioni regionali del 2010, concentrandosi soprattutto sulla dimensione online della competizione. Innanzitutto, richiamando un nota tassonomia di Pippa Norris (2000), si presenterà l’evoluzione recente delle campagne elettorali operando un confronto fra campagne premoderne, moderne e postmoderne. In seguito, si applicherà la classificazione di Norris al caso italiano chiarendo se e come l’evoluzione da ella descritta possa essere ravvisata nel nostro paese. Successivamente, si discuterà la valenza politica delle elezioni regionali, spesso definite come “elezioni di medio termine” o “di second’ordine”. Pur rappresentando un tipo di elezione con ridotta capacità di agenda e scarso coverage mediatico, si cercheranno di evidenziare gli elementi di interesse di questo tipo di elezione. Si presenterà poi il quadro generale delle regionali del 2010 per quanto riguarda l’uso delle piattaforme online da parte dei principali candidati. Infine, si opererà un focus sulle elezioni svoltesi nella regione Lazio, che hanno visto il confronto fra Emma Bonino per la coalizione di centro-sinistra e Renata Polverini per quella di centro-destra. La ricostruzione della campagna sarà effettuata mediante il ricorso a una rassegna stampa, l’analisi delle piattaforme web delle candidate e interviste in profondità ai responsabili della comunicazione online di Emma Bonino e di Renata Polverini. Se ne presenteranno le principali scelte strategiche per poi concentrarsi sulla campagna online mediante un confronto fra i 54 lorenzo mosca siti web e i profili Facebook delle due candidate. Infine, si effettuerà un bilancio della campagna. Nelle conclusioni si svilupperà una riflessione sulle campagne online, alla luce del caso studio presentato nel capitolo. 3.2.Le tendenze evolutive delle campagne elettorali: un inquadramento generale Secondo Pippa Norris si possono individuare tre fasi storiche del campaigning, suddividendolo le campagne elettorali in premoderne, moderne e postmoderne. Le diverse fasi storiche del campaigning, di cui si parlerà in quanto segue, devono essere intese come tendenze generali per cui una fase può presentare elementi della fase precedente e di quella successiva. Nessuna segna, dunque, una drastica rottura con ciò che la segue e con ciò che la precede. Va poi tenuto conto che gli stili di campagna possono variare a seconda dell’importanza dell’elezione, del contesto in cui essa ha luogo e del livello territoriale a cui essa si riferisce. I cambiamenti delle campagne sono il portato di un mutamento di lungo periodo avvenuto a livello politico, economico, culturale e socio-tecnologico che ha delle conseguenze significative sugli intermediari politici, sui sistemi mediali e sugli individui. Secondo Norris, infatti, «i cambiamenti nelle campagne di comunicazione possono essere compresi meglio come un processo evolutivo di modernizzazione che trasforma simultaneamente le organizzazioni partitiche, i media informativi e l’elettorato» (2000, p. 137). Le campagne elettorali che si svolgono in un arco temporale compreso fra metà Ottocento e metà Novecento vengono definite “premoderne”. Esse rappresentano la prima fase storica del campaigning e in quanto tali presentano alcune caratteristiche distintive: si basano su forme di comunicazione interpersonale, faccia-a-faccia e diretta fra candidati e cittadini. Si svolgono sul livello locale con una pianificazione di breve periodo da parte della leadership del partito. Per quanto riguarda i mezzi di informazione, la stampa di partito rappresenta il principale intermediario fra i partiti ed il pubblico. L’elettorato è rigido e dunque cristallizzato intorno a forti identità e depositario di lealtà partitiche adamantine. La campagna porta-aporta viene effettuata interamente dal partito senza ricorrere a figure campagne elettorali postmoderne? 55 esterne mediante attività politiche in compresenza fisica come comizi, manifestazioni, riunioni di partito, volantinaggi etc. In questa epoca storica le modalità della campagna vengono stabilite dal partito a livello locale, avvalendosi dell’opera importante dei militanti e dei volontari. Fra l’inizio degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta del Novecento, le campagne elettorali subiscono alcuni cambiamenti rilevanti. Nelle campagne “moderne” il coordinamento della campagna è centralizzato e minori gradi di libertà sono attribuiti al livello locale. Le campagne, dunque, estendono la loro scala territoriale e la loro durata, nazionalizzandosi. I leader politici cominciano ad esternalizzare le decisioni inerenti le scelte comunicative nei periodi di campagna, affidandosi a consulenti professionali che colonizzano gradualmente i quartier generali delle campagne politiche (Farrell et al. 2001). Fra i mezzi di informazione, la televisione nazionale diviene l’arena principale della campagna. Anche i sondaggi di opinione, pur realizzati sporadicamente, si affermano come uno degli strumenti fondamentali per cogliere gli orientamenti dell’opinione pubblica ed impostare, di conseguenza, le strategie di campagna. L’elettorato diviene meno rigido, con un erosione graduale e costante della lealtà partitica. Il ruolo del cittadino in questo tipo di campagna è meno attivo perché «il principale focus della campagna è collocato negli studi televisivi nazionali» (ibidem, p. 140). La figura del militante e del volontario viene marginalizzata passando da protagonista a spettatore passivo della campagna. A partire dagli anni Novanta del Novecento il processo di modernizzazione produce una serie di cambiamenti a livello degli intermediari politici, dei sistemi mediali e dell’elettorato che portano a definire le campagne elettorali come “postmoderne”. In questa fase il contributo (retribuito) dei consulenti professionali cresce di importanza, assumendo un ruolo più influente anche nelle fasi routinarie della attività politica e in quelle di governo perché le campagne divengono “permanenti”. Il primo studioso che ha parlato di campagne permanenti è Blumenthal (1980), intendendo con questa espressione il fatto che non esiste più una chiara separazione fra attività di campagna (campaigning) e attività di governo (governing). L’abbondanza dell’informazione (Bimber 2003) e dei mezzi d’informazione che caratterizza questa fase storica produce una frammentazione dei pubblici; l’elettorato diventa sempre più un elettorato di opinione e 56 lorenzo mosca sempre meno di appartenenza. In questa fase le campagne possono rappresentare per alcuni cittadini un ritorno a un ruolo più attivo e a forme di coinvolgimento come quelle delle campagne premoderne grazie ai nuovi media che favoriscono una maggiore interattività e una comunicazione diretta con i leader. Le campagne postmoderne, secondo Norris, non devono essere intese come l’ultima tappa di uno sviluppo lineare che procede dal premoderno al moderno. Esse presentano, infatti, un ritorno ad elementi tipici della fase premoderna delle campagne elettorali. Se la televisione aveva segnato l’avvio delle campagne moderne, internet favorisce uno stile di campagna “ibrido” che permette di coniugare caratteristiche tipiche delle fasi precedenti di campaigning. Oltre a un recupero parziale del contributo del militante/volontario (soprattutto tramite l’interattività favorita dai nuovi media) le campagne postmoderne favoriscono un’organizzazione che offre spazio al contributo diretto dei cittadini ed è al tempo stesso decentrata ma comunque coordinata centralmente, come nel caso della nota campagna di Obama: «che, pur garantendo massima libertà ai propri volontari in rete, ne ha indirizzato costantemente le attività attraverso un processo di ‘guida assistita dai dati’ che ne ha accresciuto l’efficienza e ha alleviato la preoccupazione dello staff di doversi affidare a meccanismi partecipativi che non garantivano il rispetto delle priorità definite dal centro» (Mosca e Vaccari 2011, p. 22). Un’altra dimensione che differenzia i tre tipi di campagna individuati da Norris consiste nella funzione specifica dell’attività di campaigning, legata al fatto che l’elettorato diviene via via più fluido e volatile: le campagna premoderne si propongono soprattutto di mobilitare l’elettorato fedele e di appartenenza, quelle moderne di intercettare, “targettizzare” e conquistare gli elettori indecisi. Nella campagna postmoderne diviene palese che la conquista degli elettori di opinione, per essere realmente efficace, deve avvenire fornendo contemporaneamente incentivi all’elettorato di appartenenza. Se le elezioni si vincono conquistando nuovi elettori, occorre al tempo stesso non tradire la fiducia e la fedeltà degli elettori di appartenenza. Le caratteristiche principali dei tre tipi di campagna sono riassunte nella tabella 3.1. In generale, l’evoluzione delle campagne elettorali nel corso del tempo produce uno «slittamento da campagne con un alto impiego di lavoro [di volontari] verso campagne caratterizzate da un impiego elevato di capitale» (ibidem, p. 146). Premoderne Da metà Ottocento a metà Novecento Locale e decentralizzata Organizzazione della campagna Ruolo di volontari/ militanti Professionalizzazione Coordinamento nazionale Campagne Moderne Inizio anni Sessanta – fine anni Ottanta Postmoderne Dagli anni Novanta in poi Coordinamento nazionale ma attività decentralizzate Attivo Passivo Parziale recupero mediante l’utilizzo dei nuovi media Assente Ruolo crescente dei consulenti Ruolo di primo piano dei consulenti politici Breve, ad hoc Lunga Permanente Durata Leader di partito Quartier generale del partito Unità speciali del partito dedicate Coordinamento alla campagna centrale Incontri organizzati dal partito e Sondaggi sporadici Sondaggi regolari, focus group e Feedback da parte raccolta di opinioni a livello locale siti web interattivi degli elettori Centralità della stampa di partito, Media Crisi della stampa di partito, ruolo Trasmissioni TV indirizzate a pubblici manifesti e opuscoli locali, crescente della televisione nazionale e dei specifici, siti web, email, gruppi di trasmissioni radiofoniche telegiornali, invio di materiale informativo discussione online, intranet mirato e personalizzato Comizi a livello locale, tour dei Conferenze stampa quotidiane, strategie Eventi della Estensione del news management leader sul territorio di controllo del flusso delle notizie verso i campagna alla politica di tutti i giorni e media (news management), pianificazione all’attività di governo di pseudo-eventi per ottenere coverage mediatico positivo Bassi Moderati Più elevati per la retribuzione Costi dei consulenti professionali Rigido/di Elettorato Diminuzione del voto di Crescita del voto di opinione appartenenza – allineamenti sociali e appartenenza – graduale disallineamento partitici stabili sociale e partitico Mobilitare l’elettorato fedele Conquistare gli indecisi Conquistare il voto di opinione Funzione senza perdere il voto di appartenenza Fonte: rielaborazione dell’autore da Norris 2000, p. 138. Periodo storico Caratteristiche Tab. 3.1. Tipologia dell’evoluzione delle campagne elettorali campagne elettorali postmoderne? 57 58 lorenzo mosca Il referente empirico più immediato della campagna elettorale postmoderna è rappresentato da quanto avviene sull’altra sponda dell’oceano, dove i costi elevatissimi per consulenze, sondaggi, focus group, spot dei candidati sui media tradizionali e loro presenza sui nuovi media mirano ad intercettare l’elettorato fluttuante e di opinione. La diffusione capillare di internet e dei nuovi media permette di spostare la campagna dagli schermi televisivi alle realtà locali coinvolgendo attivamente i cittadini mediante sistemi estremamente sofisticati di “responsabilizzazione controllata” come nel caso di MoveOn, epifenomeno di una nuova generazione di gruppi di pressione (Karpf 2011). Inoltre, internet ha consentito a candidati che partivano svantaggiati di recuperare posizioni anche attraverso strategie di raccolta fondi che anziché essere indirizzate a pochi finanziatori particolarmente generosi si rivolgono a masse di cittadini che contribuiscono con piccole donazioni (ibidem). La diffusione capillare dei media digitali e di internet, così come l’arte del fundraising, sono caratteristiche tipiche del contesto nordamericano che non hanno corrispettivi analoghi nel nostro paese. In questo senso occorre discutere se e come il processo di modernizzazione descritto da Norris trova conferme o smentite nel caso italiano. 3.3.Campagne elettorali e caso italiano Come ci ricorda ancora Norris, l’evoluzione delle campagne nel tempo e nello spazio varia in base a una serie di variabili intervenienti che mediano gli effetti del processo di modernizzazione (figura 3.1). Sono soprattutto quattro i fattori principali che svolgono questa importante funzione: a) l’ambiente regolativo (sistema elettorale; tipo di elezione e norme che regolano la campagna); b) il sistema partitico (struttura, organizzazione, membership, finanziamenti) e tipo di competizione; c) il sistema mediale (sviluppo di una industria dei consulenti politici, struttura e cultura dei mezzi d’informazione); d) l’elettorato (comportamento elettorale). Per quanto riguarda il caso italiano, il processo di modernizzazione delle campagne subisce una brusca accelerazione in seguito al crollo del sistema partitico della “prima repubblica” e alla discesa in campo di Berlusconi. Come rileva Mazzoleni, «la campagna del 1994 rappresenta una clamorosa accelerazione della modernizzazio- 59 campagne elettorali postmoderne? ne delle pratiche comunicative delle campagne italiane, avviatasi a partire dagli anni Ottanta» (1996, p. 194). Se la campagna del 1994 è stata vista come una americanizzazione degli stili di campagna nel nostro paese, va detto che essa è segnata da un cambiamento radicale del ruolo dei media in politica che passano dal caratterizzarsi come semplici “canali” a divenire “attori” di primo piano dell’arena politica (ibidem, p. 205). Fig. 3.1. Fattori che determinano l’evoluzione delle campagne in contesti diversi Fig. 3.1. Fattori che determinano l’evoluzione delle campagne in contesti diversi PROCESSO DI MODERNIZZAZIONE AMBIENTE SISTEMA SISTEMA CARATTERISTICHE REGOLATIVO PARTITICO MEDIALE DELL’ELETTORATO TIPO DI CAMPAGNA È interessante notare come nel 1994, al fine di aggirare le forti limitazioni previste nell’ultimo mese di campagna, Berlusconi concentri i suoi sforzi comunicativi soprattutto nella fase di precampagna (ibidem). Quasi venti anni dopo, in seguito all’approvazione della legge sulla par condicio del 2000, che limita ulteriormente la comunicazione politica radiotelevisiva, è facile immaginare quale sia il valore aggiunto che i nuovi media possono esprimere nella fase finale di una campagna elettorale, quando il clima di opinione è maggiormente influenzabile. Il divieto per i candidati di diffondere spot e di partecipare, nei due mesi che precedono il voto, a programmi a carattere non informativo, relegandoli in appositi contenitori (sul modello delle tribune elettorali) che devono sottostare a molti vincoli e controlli così come l’impossibilità di diffondere risultati di sondaggi nei quindici giorni prima dell’apertura delle urne, rendono il ciberspazio un ambiente in cui la campagna può proseguire senza dover sottostare a controlli troppo rigidi. 60 lorenzo mosca Dopo aver richiamato brevemente le norme che regolano le campagne elettorali italiane, occorre ricordare che il sistema elettorale varia considerevolmente a seconda del tipo di elezione: la legge Calderoli del 2005 ha ridefinito la normativa relativa alle elezioni politiche nazionali optando per un sistema proporzionale corretto con liste bloccate che attribuisce un rigido controllo delle candidature alle élite di partito (D’Alimonte 2007; Fusaro 2007). L’impossibilità per l’elettore di esprimere il proprio giudizio sul candidato rende la campagna sul territorio sostanzialmente ininfluente e pone seri disincentivi ad investire nella competizione elettorale dal punto di vista del candidato. I protagonisti delle campagne tornano ad essere quindi i partiti e i leader di partito e dai manifesti scompaiono i volti dei candidati meno noti. In questo senso, rispetto alla precedente legge elettorale (Mattarella) – che era stata approvata a seguito della campagna referendaria del 1993 e che si basava sull’elezione in collegi uninominali spingendo i candidati a impegnarsi in prima persona per la conquista degli elettori indecisi – la legge Calderoli produce un sistema di incentivi tipico delle campagne moderne, mettendo un freno alle sperimentazioni che avevano caratterizzato, in forma più o meno riuscita, le campagne elettorali comprese fra il 1994 e il 2001 (Bentivegna 2006). Va detto però che se la legge Calderoli ha modificato il sistema elettorale per le elezioni politiche nazionali, essa non ha avuto ad oggetto altri tipi di elezione. In questo senso, le leggi elettorali utilizzate per le elezioni amministrative sono rimaste immutate. Nonostante l’autonomia statutaria riconosciuta alle regioni, tutte hanno scelto una forma di governo “neoparlamentare”, che bilancia l’elezione diretta del presidente con il rapporto di fiducia fra esecutivo e legislativo (Baldi 2010, p. 11). Prevedendo l’elezione diretta delle cariche monocratiche, il sistema elettorale regionale rende protagonisti delle campagne i candidati a scapito dei partiti. Oltre agli aspetti regolativi (più esposti a cambiamenti di breve periodo), è importante considerare anche gli aspetti sistemici, sia dal punto di vista partitico sia dal punto di vista mediale. Per quanto riguarda il primo aspetto, le elezioni della “seconda repubblica” si sono caratterizzate per la presenza di un sistema partitico di tipo bipolare ma frammentato (D’Alimonte e Chiaramonte 2000). Ciò significa che gli attori della competizione tendono ad aggregarsi intorno a due coalizioni che si sfidano per la guida del governo, l’alternanza al governo si produce di frequente e i governi sono mediamente più campagne elettorali postmoderne? 61 stabili, ma le coalizioni risultano essere eterogenee, frammentate e conflittuali (Cotta e Verzichelli 2008, pp. 153-154). La prospettiva di alternanza al governo, dovrebbe comportare un investimento significativo nelle campagne, nella speranza di attrarre quella quota di voti fluttuanti decisiva per l’esito delle elezioni. Tuttavia, l’esperienza passata indica come le elezioni siano state vinte da una coalizione o dall’altra non tanto grazie alla conquista dell’elettorato fluttuante nei periodi di campagna elettorale quanto in base alla capacità di costruire coalizioni molto larghe, ampliando le alleanze e includendo nuovi partiti e, quindi, i loro elettori (Bartolini e D’Alimonte 1998). Per quanto riguarda poi la membership, va notato che i principali studi evidenziano il declino graduale e apparentemente inarrestabile nel numero degli iscritti e dei volontari di partito; declino che non riguarda solamente il caso italiano (della Porta 2009a; Raniolo 2008). Come ha scritto Ignazi, «il puzzle dei partiti contemporanei oggi sembra difficile da comporre. Hanno acquistato forza grazie all’interpenetrazione con lo stato e hanno conquistato sempre più spazio come agenzie pubbliche o parapubbliche […] però, proprio questo processo li ha resi più vulnerabili agli occhi dell’opinione pubblica che continua a manifestare disistima e distacco. Anche i tentativi di “apertura e inclusione” si sono rivelati inefficaci, anzi rischiano di ritorcersi contro come un boomerang. […] se gli apparati centrali dei partiti si sono rafforzati e continuano a mantenere una posizione cruciale, questo è avvenuto a spese di una minore legittimità che i recenti provvedimenti di apertura e delega non hanno ancora rinvigorito» (2004, p. 341). Per quanto riguarda il finanziamento pubblico dei partiti, esso fu introdotto negli anni Settanta col fine di scoraggiare casi di finanziamento illecito, cancellato parzialmente nel 1993 in base a un referendum promosso dai Radicali (che aboliva un contributo ordinario annuale ma salvaguardava i rimborsi elettorali) e reintrodotto nel 1994 e poi modificato più volte facendo crescere in maniera esponenziale l’ammontare dei rimborsi e il numero dei beneficiari (Pacini 2002). Per ciò che attiene al sistema mediale, l’Italia (come gli altri paesi dell’Europa mediterranea) rientra in un modello che è stato definito di “pluralismo polarizzato” (Hallin e Mancini 2004), la cui caratteristica principale riguarda la pervasività del mezzo televisivo. In questo senso le campagne elettorali italiane dovrebbero avvicinarsi al tipo di campagna che, sulla scorta di Pippa Norris, abbiamo defini- 62 lorenzo mosca to “moderno”. Tuttavia alcuni sviluppi tecnologici recenti sembrano definire una sfida alla centralità del mezzo televisivo tradizionale: dal digitale terrestre, alla televisione satellitare fino al web e ai social network le fonti di informazione si moltiplicano in misura esponenziale. Come si è visto nel capitolo precedente, l’accesso alla rete in Italia è ancora limitato pur riguardando una percentuale di cittadini rilevante. Tuttavia, alcuni processi politici recenti (la vittoria referendaria e l’esito delle elezioni amministrative in alcune grandi città italiane nel 2011) sembrano essersi prodotti con un forte coinvolgimento dei cittadini mediante la rete, nonostante il sostanziale disinteresse (e perfino l’ostilità) dei media mainstream. I media digitali sembrano essere stati capaci di creare un “clima di opinione” opposto rispetto a quello costruito dai mezzi di comunicazione di massa. Alcuni indizi sembrano quindi indicare la presenza di elementi “postmoderni” (ad esempio il ruolo significativo assunto dai flussi di comunicazione bottom-up nelle recenti tornate elettorali) nelle campagne elettorali italiane. Va aggiunto, infine, che l’industria dei consulenti politici in Italia è ancora a uno stadio di sviluppo abbastanza limitato rispetto a paesi come gli Stati Uniti. Dopo aver rapidamente passato in rassegna gli aspetti regolativi e quelli sistemici, occorre soffermarsi brevemente sulle caratteristiche del corpo elettorale in Italia. Nel nostro paese, fino all’avvento della “seconda repubblica”, il voto degli elettori era stato un voto prevalentemente “di appartenenza” (Parisi e Pasquino 1977; Parisi 1995) per cui si votava un partito sulla base di un senso di appartenenza ideologica; molto più ridotta era la quota di elettori “di opinione” che sceglievano il partito in base alla bontà dell’offerta elettorale; un terzo tipo di voto, soprattutto al sud, era quello “di scambio” per cui si votava un partito non per un’identificazione o per una valutazione del suo programma quanto perché al voto corrispondeva un beneficio materiale (vestiario, alimenti, denaro, un posto di lavoro, una pensione di invalidità etc.). A partire dall’inizio degli anni Novanta è stato notato come in seguito al crollo del muro di Berlino e a “Tangentopoli” l’elettorato italiano sia divenuto più fluido ed operi le proprie scelte sulla base di elementi sostantivi più che sulla scorta di convinzioni ideologiche. Tuttavia, si è osservato che la volatilità elettorale fra una coalizione e l’altra è ancora limitata mentre la volatilità totale (fra un partito e l’altro) è considerevole (Bardi 2006). Ci troviamo quindi di fronte ad un elettorato meno rigido rispetto al campagne elettorali postmoderne? 63 passato che però mantiene l’appartenenza non tanto al partito quanto alla coalizione (Barisione 2001), mediante una “fedeltà leggera” (Natale 2000). Se la presenza di un elettorato di appartenenza rende sostanzialmente superflua una campagna elettorale perché il voto è rigido e quindi l’attività di campagna si risolve in ciò che Norris (2003) chiama “preaching to the converted” (predicare ai convertiti), una quota significativa di elettorato di opinione fornisce maggiori incentivi ad investire risorse in una campagna perché una conduzione accorta della stessa può attrarre il voto degli elettori indecisi. Nel caso delle elezioni regionali, che – come si vedrà oltre – subiscono spesso una nazionalizzazione della campagna, l’elettorato è più mobile e potenzialmente aperto all’innovazione. La rigidità del corpo elettorale tende infatti a ridursi in consultazioni come quelle subnazionali in cui elementi ideologici e di appartenenza sono meno salienti. Come si è visto, il ruolo delle variabili intervenienti che influenzano gli effetti del processo di modernizzazione sugli stili di campagna riferite al contesto delle elezioni regionali in Italia è estremamente ambivalente. Se alcuni fattori sembrano definire un quadro di incentivi che dovrebbe indirizzare gli stili di campagna verso una modalità postmoderna, altri sembrano andare nella direzione opposta. Vediamo quindi come l’analisi delle elezioni regionali può permetterci di cogliere gli elementi di cambiamento e quelli di stabilità che caratterizzano le campagne italiane. 3.4.Le elezioni regionali come elezioni di second’ordine? Secondo Norris (2000), le campagne di second’ordine assomigliano maggiormente alle campagne premoderne che a quelle postmoderne. Questo perché si tratta di elezioni che mobilitano meno risorse e che risultano meno attraenti per i mass media. In letteratura le elezioni regionali, sono state variamente definite come elezioni di “medio termine” o di “second’ordine”. Si tratta di definizioni prese in prestito da contesti caratterizzati da istituzioni, attori politici e sistemi elettorali diversi da quello italiano. In particolare, si è parlato di elezioni di second’ordine soprattutto in riferimento alle elezioni europee (Reif e Schmitt 1980), mettendo in evidenza come la posta in gioco in queste competizioni sia estrema- 64 lorenzo mosca mente limitata rispetto a quella delle elezioni politiche nazionali. La minor salienza di queste scadenze elettorali sarebbe confermata dai tassi di partecipazione che tendono ad essere elevati per le elezioni nazionali e a diminuire nel caso di elezioni a carattere subnazionale (amministrative), sovranazionale (europee) e referendario. Anche da un punto di vista dell’attenzione da parte dei media, dell’interesse dell’opinione pubblica e dell’investimento sia in termini materiali sia programmatici da parte dei protagonisti della competizione, queste elezioni vengono considerate come meno significative. L’espressione “elezioni di medio termine” è stata coniata invece in riferimento alle elezioni americane quando, a metà del mandato presidenziale, si eleggono i membri della camera dei rappresentanti e un terzo dei membri del senato. L’importanza politica delle elezioni di medio termine o di second’ordine risiede nel fatto che esse rappresentano una indicazione indiretta degli umori dell’elettorato rispetto al governo in carica e, in un paese come l’Italia, possono avere effetti anche molto rilevanti sulla tenuta dell’esecutivo. Diversi studi hanno evidenziato come, nel caso specifico delle elezioni regionali, la campagna sia stata spesso monopolizzata dai temi dell’agenda politica nazionale, offrendo poco spazio al confronto fra candidati e programmi genuinamente regionali, impedendo così di costruire un’arena della competizione con caratteristiche distinte rispetto a quella nazionale (Chiaramonte 2000; Legnante 2000). In questo senso le elezioni regionali (così come altre elezioni amministrative) sono state viste alla stregua di test o referendum sul governo in carica, sui rapporti di forza fra i partiti e sulle dinamiche coalizionali (Tronconi 2010, p. 47). A onor del vero, però, in Italia «differentemente dall’opinione comunemente accettata, le elezioni regionali possono essere legittimamente considerate elezioni di second’ordine solo dopo la metà degli anni Novanta» (Tronconi e Roux 2009, p. 63). Se la riforma in senso federalista del titolo V della costituzione, l’elezione diretta delle cariche monocratiche al vertice dei livelli subnazionali di governo e il riconoscimento di autonomia statutaria alle regioni hanno avuto la finalità di garantire maggiore stabilità agli esecutivi regionali e di trasformare questi soggetti in enti pienamente autonomi (Baldi 2010, p. 9), alla piena autonomia delle regioni come organi di governo del territorio non sembra essere corrisposto, fino ad oggi, altrettanta autonomia dal punto di vista elettorale.