Cittadini attivi! terre terre Mendrisiotto, città giardino di Mario Ferrari e Ivo Durisch Il concetto di ‘Ticino città diffusa ‘ è ormai entrato nel linguaggio comune, mentre nei processi di aggregazione chi da ‘paesano’ diventa ‘cittadino’ sembra trarne un vanto. L’essere o il diventare città, oggi, più che suscitare orgogli deve invece attivare sfide almeno su due piani: quello relativo alla rifondazione del significato di cittadinanza attiva in contrapposizione a quella rancorosa oggi ampiamente sperimentata e quello del governo del territorio per non amplificare il suo degrado, la sua distruzione e banalizzazione. Risanare la Ruhr Nell’autunno del 2008, Metropoly Svizzera ha organizzato, con il sostegno dei Comuni di Mendrisio e di Chiasso, tre serate dal titolo ‘Progettare, costruire, curare’, riflettendo sullo spazio come bene comune e sull’architettura come terapia dello spazio in modo da sottrarre il territorio alla semplice mercificazione. Il Consiglio di Stato in un suo recente messaggio afferma che il Mendrisiotto, dagli anni sessanta ha letteralmente cambiato pelle a una velocità che non ha pari nella storia. Una semplice istantanea sul fondovalle restituisce infatti un’immagine nuova fatta di case, palazzi, assi di transito, edifici industriali e commerciali, dove a malapena si distinguono i confini politici dei vari Comuni. Di fronte alla cosiddetta ‘città effettiva’, citiamo, «la ge- Oltre il piano dei trasporti L’obbiettivo non è utopico poiché la Confederazione in particolare offre una strada: quella legata al concetto di agglomerato, volto a coordinare le vie di comunicazione e lo sviluppo urbano. La proposta di Piano di agglomerato del Mendrisiotto, presentata dal Cantone a Berna, si riduce però al recupero del vecchio piano dei trasporti che da una parte appare datato e dell’altra non tocca il tema centrale dello sviluppo urbano. Berna ha dunque espresso severe critiche da prendere sul serio, non solo Nello sviluppo delle fusioni, si pone poca attenzione ai mutamenti sociologici e culturali che avvengono nella popolazione. Si sfilacciano le reti dell’ identità e non se ne ripropongono altre se non le commissioni di quartiere. Troppo poco poiché così nei mutamenti rischia di infiltrarsi l’indifferenza, la diper avere maggiori finanziamenti, ma appunto per cominciare a costruire politiche regionali coordinate e riuscire a mettere a punto un piano di sviluppo e di protezione del paesaggio di cui abbiamo estremo bisogno. Ci vorrà uno strumento di progettazione nuovo, recuperando il buono che l’esperienza della Commissione trasporti ha dato, per costruire un vero programma d’agglomerato che marci in consonanza con il Piano direttore cantonale. Vi è un secondo strumento che deve essere celermente attivato dai vari comuni ed è la scheda R6 del Piano direttore dal titolo: Sviluppo e contenibilità del Piano Regolatore. Debbono dunque cominciare ad emergere con forza progetti che evitino la dispersione degli insediamenti, la diffusione di supermercati e capannoni e deve in qualche modo riemergere la parola dezonamento con strumenti operativi per attuarlo. Dobbiamo dunque tendere a realizzare un vero paesaggio urbano perché del paesaggio, quale bene comune, abbiamo tutti bisogno. In un paesaggio dignitoso, in una città giardino, può sicuramente crescere un cittadino meno rancoroso e imbarbarito. 4 tutte le foto Ivo Durisch saffezione, e una forma di urbanizzazione più anonima. Dalla semplice rivendicazione spesso nasce la diffidenza e perfino il rancore dovuto allo svuotamento di valori e anche a piccoli o grandi spaesamenti. Il cittadino diventa un semplice amministrato che esprime solo la dimensione del di- ritto, molto meno quella del dovere e della partecipazione. Riscoprire il bene comune e il valore d’una cittadinanza attiva che promuova partecipazione e legami sociali rappresenta una strada importante. Gli esempi qui proposti sono una forma di cittadinanza attiva nella gestione del territorio. La masseria di Vigino a Castel San Pietro è l’ultima importante costruzione del Mendrisiotto rurale inserita ancora in un contesto agricolo. Oggi questa costruzione, ignorata per troppo tempo dal suo attuale proprietario: il Cantone, è pericolante e rischia lo sfascio. Un gruppo di cittadini, attraverso una petizione che ha raccolto 4000 firme, si è attivato per riscattarla. La richiesta dei promotori è in primo luogo quella di recuperare l’edificio ristrutturandolo, ma la loro proposta si spinge oltre, con l’idea di un progetto regionale che relazioni la salvaguardia del territorio con la promozione economica, in questo caso attraverso offerte alimentari locali e attività turistiche. La campagna dell’Adorna è l’ultima zona agricola di pianura del Mendrisiotto. In questo territorio, costituito in gran parte da campi e vigneti, scorre il Laveggio con i suoi boschi golenali e le sue zone umide. Forti pressioni economiche stanno mettendo a rischio il già precario equilibrio di questa zona. In autunno infatti approderà sui tavoli del Gran Consiglio il messaggio per la costruzione di un bacino di laminazione in zona Mulino, ciò comprometterà definitivamente l’ecosistema di un’ampia zona fluviale di notevole valore paesaggistico. Più a valle, nel comparto Valera, si prospetta un piano di quartiere, che prevede la riconversione in zona artigianale industriale dello spazio dove sorgevano i bidoni per lo stoccaggio di idrocarburi. Un gruppo di cittadini e associazioni ambientaliste si sta attivando per preservare queste zone proponendo alternative più rispettose della natura. In aprile è stata organizzata lungo il fiume una gita informativa a cui hanno partecipato più di cento persone. Villa Argentina, sede amministrativa dell’Accademia di Architettura di Mendrisio, rappresenta un esempio di villa signorile di fine ottocento di ispirazione palladiana. Il parco retrostante fu pensato come parte integrante della villa, ma allo stato attuale parte di esso è proprietà privata sulla quale è prevista un’operazione immobiliare. Per evitare che il parco venga compromesso, un comitato apartitico domanda al Municipio, attraverso una petizione firmata da 2800 cittadini, la sua ricostituzione originale. Successivamente un’interrogazione ha chiesto allo stesso Municipio di valutare attraverso una perizia i costi derivanti da un eventuale esproprio materiale. In autunno si dovrebbero conoscere i risultati di questa perizia. 5 stione del territorio rimane frazionata denotando limiti evidenti, incapace di coordinare su scala regionale il processo di edificazione del territorio che ha portato nell’ultimo decennio ad una scomparsa di aree libere al ritmo di 2 metri quadrati ogni 10 minuti». Una realtà e una prospettiva da incubo dove un’edilizia becera e vorace e un’economia mal diretta e poco illuminata stanno distruggendo una delle zone che artisti noti, nel secolo scorso, avevano dipinto come la Toscana della Svizzera. Sempre Metropoly Svizzera nelle scorse settimane ha pubblicato un opuscolo dal titolo ‘Il paesaggio metropolitano: conservare e rinnovare’, dove si dice che «La regione della Ruhr, con la sua industria del carbone, è stata per anni l’emblema del paesaggio rovinato. Adesso invece è vista come un paesaggio industriale che ha un’attrattiva e viene inserita negli elenchi dei beni culturali». Anche il fondovalle del Mendrisiotto è l’emblema d’un paesaggio rovinato; c’è dunque bisogno di curare, di risanare, d’avere appunto un grande progetto territoriale che porti a ricostituire un paesaggio che si possa degnamente guardare. Questa regione ha cambiato pelle a una velocità che non ha pari nella storia ticinese, diventando emblema di un paesaggio rovinato. E si è fatta esempio concreto della necessità urgente di un grande progetto territoriale. Per il paesaggio, bene comune, ma anche per i cittadini, che in una città giardino crescono meno rancorosi e imbarbariti.