speciale Santi Domenicani Tommaso d’Aquino li, ed incominciò ad avvicinarsi e ad apprezzare gli scritti di Aristotele, allora proibiti nelle Facoltà ecclesiastiche. Durante i suoi studi a Napoli frequentò il convento di San Domenico, rimase affascinato dallo stile di vita e dalla profonda fede dei frati Predicatori e all’età di circa 20 anni prese la decisione di entrare nell’Ordine Domenicano. Quando comunicò tale vocazione alla sua famiglia si trovò ad affrontare una forte resistenza. I suoi confratelli di Napoli cercarono dunque di allontanarlo il prima possibile dalla sfera di influenza della sua famiglia e dell’Imperatore (poiché gli Ordini Mendicanti furono subito sospettati di stare con il Papa contro l’Imperatore) inviandolo a Parigi per completare i suoi studi. Proprio mentre Tommaso era in viaggio venne raggiunto e fermato dai suoi fratelli con l’intento di riportarlo a casa e rinchiuso in un castello del padre. Il suo sequestro durò circa un anno durante il quale i familiari cercarono in tutti i modi di farlo desistere da quella scelta, ritenuta non consona alla dignità della casata. La nobile famiglia sarebbe stata disposta a vederlo religioso, ma al seguito dei potenti Benedettini e non di un Ordine Mendicante. Le biografie narrano che egli venne anche tentato nella sua castità attraverso una bella ragazza appositamente mandata nella sua cella, ma fermamente respinta da Tommaso stesso. La castità di Tommaso del resto era nota, in seguito gli fu attribuito infatti il titolo di “Dottore Angelico”. Nel 1245, ormai maggiorenne, fu rilasciato, libero di seguire la propria strada e proseguì la propria formazione a Parigi e a Colonia, sotto la guida di sant’Alberto Magno, domenicano, filosofo e teologo, vero iniziatore dell’aristotelismo medioevale nel mondo latino e uomo di vasta cultura. A Colonia Tommaso frequentò i corsi di Teologia per la preparazione immediata al sacer- San Tommaso d’Aquino la vita T ommaso, della famiglia dei conti d’Aquino, nacque a Roccasecca nel 1225. Il padre Landolfo, di origine longobarda e vedovo con tre figli, aveva sposato in seconde nozze Teodora, napoletana di origine normanna; dalla loro unione nacquero nove figli, quattro maschi e cinque femmine, dei quali Tommaso era l’ultimo dei maschi. All’età di cinque anni iniziò il suo percorso formativo presso il monastero di Montecassino, dove venne mandato dai genitori per avviare il figlio alla vita monastica, ma con la segreta speranza che potesse diventare abate e accrescere così la potenza della casata. L’educazione benedettina, semplice ma aristocratica ed austera, segna la personalità di Tommaso temprandolo al silenzio contemplativo, all’amore per lo studio e al dominio di sé. Tommaso, invece, dopo qualche anno tornò in famiglia e proseguì gli studi all’Università di Napoli, dove frequentò il corso delle Arti libera- 8 dozio. In questi anni, a causa del suo atteggiamento schivo, fatto di discrezione e di silenzio, fu soprannominato dai suoi confratelli “il bue muto”, riferendosi anche alla sua corporatura robusta. Si dice che il Maestro davanti a tutti esclamò: “Noi lo chiamiamo bue muto, ma egli con la sua dottrina emetterà un muggito che risuonerà in tutto il mondo”. Per l’insistenza di Alberto, nel 1252 Tommaso tornò all’Università di Parigi per completare gli studi superiori e diventare dottore in teologia. Nel 1255 fu coinvolto nella lotta fra i maestri secolari e quelli appartenenti agli Ordini Mendicanti, accusati dai primi come falsi apostoli di cui si chiedeva l’esclusione dall’insegnamento. Tommaso, che scrive a favore dei Mendicanti, diventa all’età di ventisette anni professore di Teologia nell’Università dove anni prima aveva studiato, nonostante la vivace opposizione diretta non contro la sua persona, ma contro l’influenza sempre crescente degli Ordini Mendicanti. Tommaso era afflitto pesantemente da queste dispute. Il Papa stesso interverrà in appoggio dei Mendicanti obbligando l’Università a togliere il boicottaggio nei suoi confronti. Tommaso venne subito apprezzato dagli studenti; gli storici ci narrano delle novità nell’insegnamento di Tommaso; professore in Sacra Scrittura, organizzava in modo insolito l’argomento con nuovi metodi di prova, nuovi esempi per arrivare alla conclusione; egli era uno spirito aperto e libero, fedele alla dottrina della Chiesa e innovatore allo stesso tempo. Dopo tre anni di insegnamento presso l’Università di Parigi, Tommaso tornò in Italia prima a Napoli poi a Orvieto, a Roma e a Viterbo continuando a insegnare a predicare. Per alcuni anni lavorerà, chiamato dal Papa Urbano IV, presso la sua corte di Orvieto. A Roma gli fu affidato l’incarico di seguire e organizzare corsi di teologia per gli studenti della Provincia Romana dei Domenicani. Durante i suoi numerosi viaggi Tommaso d’Aquino venne accompagnato da fra Reginaldo da Piperno che, oltre ad essere sacerdote e lettore in teologia, gli sarà vicino nella vita quotidiana ascoltandolo, consigliandolo, confessandolo e servendogli la Messa: i due domenicani costituirono, a loro modo, una piccola comunità in cui si aiutavano vicendevolmente. Nella sua giornata Tommaso alternava momenti di preghiera a momenti di studio, teneva lezioni, scriveva e pregava fino a notte fonda in maniera sempre molto discreta, cercando di non disturbare i suoi confratelli. Nel 1269 era di nuovo a Parigi per un nuovo ciclo di insegnamento. Qui venne aspramente criticato da più parti per le sue posizioni di difesa della filosofia aristotelica, al punto che ancora una volta Tommaso fu costretto a lasciare la Francia e a ritornare a Napoli nel convento in cui era sbocciata la sua vocazione. Un giorno del dicembre 1273, durante la celebra- zione della Messa, fu sconvolto da un pensiero che gli cambiò radicalmente il ritmo di vita. Senza dare alcuna spiegazione decise che non avrebbe più continuato a scrivere. In seguito egli confiderà a padre Reginaldo: “Reginaldo, non posso, perché tutto quello che ho scritto è come paglia per me, in confronto a ciò che ora mi è stato rivelato”, aggiungendo: “L’unica cosa che ora desidero, è che Dio dopo aver posto fine alla mia opera di scrittore, possa presto porre termine anche alla mia vita”. Nel 1274, nonostante le sue precarie condizioni di salute, venne chiamato dal Papa a partecipare al Concilio di Lione; Tommaso volle ancora una volta obbedire, ma durante il viaggio fu colto da grave malore e trovò ricovero presso l’abbazia cistercense di Fossanova. Nonostante le cure prestate amorevolmente dai cistercensi il 7 marzo 1274 Tommaso morì. Tre giorni prima della sua morte volle ricevere gli ultimi sacramenti e ai monaci e agli amici che lo circondavano espresse ancora alcuni concetti sulla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, concludendo: “Ho molto scritto ed insegnato su questo Corpo Sacratissimo e sugli altri sacramenti, secondo la mia fede in Cristo e nella Santa Romana Chiesa, al cui giudizio sottopongo tutta la mia dottrina”. Gli scritti di Tommaso sono numerosi e comprendono commenti alle Sacre Scritture, commenti ad Aristotele e ad altri autori antichi e medioevali, “Questiones disputatae” su temi diversi come la verità, la fede, la virtù, l’anima, numerosi opuscoli e due vastissime “Summe”. I suoi scritti, rivolti direttamente agli studenti o frutto di interventi nel corso di polemiche o dibattiti, sono generalmente chiari. Tommaso segue un discorso organico e completo cercando di eliminare il più possibile ogni ambiguità e, rifacendosi esplicitamente ad Aristotele, evitando il linguaggio eccessivamente simbolico, metaforico e allusivo dei platonici. Nonostante il suo intento di chiarezza e di trasparenza alcune sue tesi furono considerate pericolose (probabilmente perché decisamente innovatrici) e vennero condannate sia a Parigi che a Oxford. L’Ordine Domenicano si impegnò nella difesa del suo più grande maestro e nel 1278 dichiarò il “Tomismo” dottrina ufficiale dell’Ordine. Il 18 luglio 1323 venne proclamato santo, due anni dopo furono abrogate tutte le condanne nei confronti delle sue tesi, nel 1576 fu proclamato Dottore della Chiesa e il 4 agosto 1880, patrono delle scuole e università cattoliche. Le sue reliquie sono state smembrate nel tempo e venerate in vari luoghi: a Fossanova, nel Duomo della vicina Priverno, nella chiesa di SaintSermain a Tolosa in Francia; a Salerno; nell’antico convento dei Domenicani di Napoli e nel Duomo della città. L.C. 10