XXVIII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI “CHI NON INNOVA E’ PERDUTO”: UNA ANALISI CRITICA DELLA VISIONE STRATEGICA DELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA Loris SERAFINO1 1 Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Udine Via delle Scienze 208, 33100 Udine Email: [email protected] SOMMARIO In questo paper si intende analizzare in termini costruttivistici la VSR fatta propria dalla Giunta Regionale del Friuli VG insediatasi nel 2003, ovvero si cercherà di sviscerare la natura discorsiva e retorica attraverso cui si motivano e si legittimano sia la visione che le azioni intraprese in suo nome. L’interesse per l’analisi delle narrative ha coinvolto in anni recenti anche gli studiosi delle politiche regionali. Nel caso di studio regionale che sarà approfondito, la VSR si nutre di quella che si può definire la “cultura dell’innovazione”; questa cultura si è andata consolidando di pari passo con l’adozione di alcune retoriche (relative alla realtà dei processi socio-economici alla scala globale, al ruolo del sapere tecno-scientifico, all’importanza giocata dall’azione sinergica, il “fare sistema”, e altro ancora) e di propri “padri spirituali” (Porter, Negroponte, De Bono). Nel paper si cercherà di mettere in evidenza in particolare tre aspetti della VS friulana: la natura spiccatamente economicistica che la caratterizza; i meccanismi di inclusione/esclusione che produce; il carattere assai dibattuto delle teorie scientifiche su cui si fonda. 1 ITRODUZIOE In astratto, con il termine “visione strategica” intenderemo qui un modello di futuro auspicabile per la regione che viene fatta propria da una coalizione composta dai gruppi dirigenti regionali e altre categorie influenti (pubbliche e private) e poi rilanciata alla cittadinanza regionale al fine di costruire condivisione intorno ad un progetto di sviluppo. Non si intende fare riferimento quindi ad una mera strategia di marketing, né semplicemente ad un sistema di persuasione attuato dai diversi gruppi di pressione al fine di mascherare interessi privati (anche se tali elementi possono entrare a far parte del quadro) ma ad un processo più elaborato, un’articolata negoziazione attraverso cui si cerca una convergenza di prospettive tra le diverse comunità locali, relativamente ad alcuni principi che devono infondere il processo di decision-making del governo regionale nel breve-medio e a volte anche nel lungo termine. In generale una VSR è dunque una sorta di milieu, più o meno consapevole, che sta sullo sfondo, allo stesso tempo obiettivo e strumento, che può manifestarsi discorsivamente attraverso uno specifico “gioco linguistico”, eventualmente affiancato da atti e/o procedure più o meno formalizzate (costruzione di scenari, piani strategici, ecc.) che si rafforzano a vicenda, e che in qualche modo sostanzia e motiva le azioni e le politiche di sviluppo che una regione intende intraprendere. Per quanto storicamente e geograficamente le VSR abbiano assunto le forme più disparate, alcuni aspetti comuni che si possono evidenziare sono: • • • priorità: una VSR si costruisce intorno ad alcuni punti chiave. Ad esempio come vedremo nel caso friulano, così come in molte VS regionali, è costituita dal termine innovazione e conseguente enfasi sull’importanza di puntare sulla ricerca scientifica e sul trasferimento tecnologico. In questo caso può giocare anche un effetto traino o “moda”; coinvolgimento: è l’aspetto essenziale dell’utilizzo di una VSR; l’assunto fondamentale è che “il futuro va creato” e per farlo occorre che vi sia coordinamento esteso il più possibile tra le varie parti del sistema (i vari stakeholders regionali) verso un obbiettivo condiviso; comunicazione: è un momento particolarmente delicato che serve proprio a raggiungere l’obiettivo della partecipazione. La natura dei processi di creazione e implementazione di visioni strategiche è ampiamente dibattuta all’interno di discipline quali la pianificazione territoriale e l’economia urbana (Albrechts, 2006; Shipley, 2002; Ache, 2000). Inoltre, l’importanza dell’adozione di una qualche VS alla scala sub-nazionale è stata al centro di notevoli riflessioni politiche. A livello di UE ad esempio si è molto insistito sull’adozione di metodologie di “prospettiva” ( termine utilizzato per tradurre la parola inglese foresight) alla scala regionale. Secondo i dettami UE: “La prospettiva è un processo sistematico partecipativo, che comporta la rilevazione di informazioni e la creazione di visioni sul futuro a medio e lungo termine, destinato a orientare le decisioni del presente 2 e a mobilitare i mezzi necessari per le azioni congiunte. La prospettiva si pone come punto di incontro fra i principali protagonisti del cambiamento e varie fonti di conoscenza, per elaborare visioni strategiche e un’analisi delle informazioni che consenta di giocare d’anticipo. La prospettiva regionale consiste nell’applicazione dei cinque elementi costitutivi della prospettiva - anticipazione, partecipazione, interazione in rete, visione e azione - su una scala territoriale più ridotta rispetto ai tradizionali studi nazionali” (COMMISSIONE EUROPEA). Questi aspetti vanno di pari passo con il crescente orientamento dei paesi europei verso un decentramento delle competenze e dei poteri statali e, in particolare, il mutamento delle forme e delle modalità di azione collettiva in campo urbano e regionale, con il sempre più netto superamento delle modalità tradizionali di pianificazione e il consolidamento di logiche e pratiche di paternariato, cooperazione, pianificazione strategica e più in generale governance (Salone, 2005). Anche se in questa sede non si approfondirà la linea comunitaria in tema di prospettiva e si utilizzerà un concetto più generico di VS, questi richiami sono utili per evidenziare l’importanza e l’interesse economico e politico verso le problematiche relative alla costruzione di “immagini del futuro”. L’idea che intorno al dibattito politico e accademico sullo sviluppo regionale si sia prodotto un ampio e riconoscibile discorso, con sue specificità contenutistiche e lessicali, non è affatto nuova (Lagendijk et al., 2000). Nel lavoro citato gli autori coniano il termine Industria dello Sviluppo per indicare la complessa interazione tra attori pubblici, mondo accademico e istituzioni varie che, attingendo ad una serie di elaborazioni teoriche più o meno consolidate, si mobilita con la finalità dichiarata di produrre politiche mirate allo sviluppo regionale. La tesi che qui si propone è che nell’ambito della costruzione di una VSR - l’evoluzione più recente a cui fa riferimento l’industria dello sviluppo - si sia prodotta una peculiare forma di conoscenza, un ibrido tra discorso politico, scientifico e tecnico che ha subito nel tempo una sorta di codificazione e stabilizzazione intorno ad alcuni principi e concetti consolidati e che in qualche modo necessita di luoghi specifici in cui essere riprodotta. 1.1 Sapere ibrido Il nostro oggetto di interesse (la VSR) è, per quanto si è detto nell’introduzione, al tempo stesso sfuggente e multiforme, non si presta a facili messe a fuoco e allo stesso tempo presenta una molteplicità di punti di attacco. Dal punto di vista teorico la produzione di una VSR implica un triplice ordine di problematicità: una prima legata alla peculiare forma di interazione tra comunità epistemiche (politica, scienza, mondo produttivo) che la caratterizza, una seconda legata al riferimento al futuro, e una terza legata alla dimensione regionale, con annessi riferimenti a tematiche di governance, partecipazione, etc. Vediamo più in dettaglio questi aspetti. In riferimento alla prima problematica si può affermare che in prima approssimazione una VSR vede l’interazione di due comunità fondamentali: da un lato la comunità politica e dall’altro un 3 sistema epistemico di una comunità di tecnici, che, in generale e anche nel caso di studio qui analizzato, è costituito dalla comunità degli studiosi di economia. Tale interazione non è nuova anche se è stata scarsamente teorizzata ed analizzata in letteratura. Lo studio dei rapporti tra scienza e politica si è focalizzato principalmente sul caso delle hard sciences come nel caso delle politiche connesse alle problematiche ambientali. In questo ambito esiste una vasta letteratura geografica che affronta la problematica, in chiave costruttivista e non (Demeritt, 1996; Demeritt, 2001). I modelli astratti degli economisti, la loro formulazione e il loro raffinamento tendono ad occupare un ruolo privilegiato come sorgente di politiche. L’Economia intesa come “scienza” tende a produrre modelli, astrazioni del mondo su come il mondo funziona, sovente tali astrazioni sono scritte nel linguaggio altamente formalizzato della matematica e attraverso l’ausilio di curve e grafici. Tali astrazioni del mondo vengono poi applicate alle questioni e ai problemi riconosciuti dall’agenda politica qualora siano ritenute appropriate a questo utilizzo e questo ciclo ha profonde implicazioni sia teoriche che pratiche. I modelli razionali dell’Economia sono presentati come scientifici, neutrali e quindi “naturali” e di conseguenza naturalmente accettabile diventa anche il discorso politico che si basa su di esse. L’Economia, intesa come “scienza naturale del mercato” ha inoltre dimostrato di avere una forte tendenza a colonizzare altri “ambiti cognitivi”, di imporre agende di ricerca, valorizzare certe variabili a discapito della complessità dei fenomeni. È stato il caso della Geografia quando ha assimilato il modello economico neoclassico (homo oeconomicus, mercato perfettamente concorrenziale, distanza-costo, etc.) per spiegare la struttura economica del territorio dimenticandosi tutti gli altri aspetti sociali e culturali che la modellano. È il caso di una certa Urbanistica anche recente. Le “relazioni pericolose” tra politica e scienza economica sono al centro stesso della problematica legata alla costruzione della VSR. Sulla presunta razionalità e naturalità di quest’ultima si basa gran parte della loro teorizzata forza. A maggior ragione perché vi è un altro elemento problematico che si aggiunge: non va dimenticato che una VS si costruisce con riferimento ad un modello di futuro. Il riferimento ad un futuro introduce un elemento di aleatorietà ineliminabile e questo le impone, per avere forza normativa, di appoggiarsi a retoriche forti (come direbbe Vallega (2003)) che fanno riferimento a modelli del reale percepiti appunto come naturali e “inevitabili”. Vi è poi la terza dimensione problematica che si connette al fatto che la scala di riferimento è quella regionale e a come questa viene concettualizzata all’interno della cornice ideale “teoriaevidenza empirica-politiche”. Trattando di VS, il riferimento alla regione non riguarda solo un aspetto meramente dimensionale ma tocca da vicino questioni rilevanti circa la natura partecipativa dei nuovi approcci allo sviluppo e da qui l’enfasi della scala regionale (se questa si possa sovrapporre al concetto di locale è questione su cui si potrebbe dibattere) che si porrebbe come naturale arena di governance, di sviluppo dal basso. Ecco perché in tema di VSR si intrecciano tematiche di tipo scientifico, politico, comunicativo e mobilitativo, categorie i cui confini sovente sono difficili da discernere. Altrettanto complesso e importante è poi il problema di come si relazionano la VSR e l’identità regionale. Per identità di una regione ci riferiamo a quelle caratteristiche naturali, o tratti socio-culturali e storici che vengono “usati ” nei discorsi e 4 nelle dispute scientifiche, politiche, culturali o economiche per caratterizzare e distinguere una regione dalle altre. Questo accade per esempio nella costruzione di divisioni regionali, marketing regionale, governo e ragionalizzazione per finalità politiche. Queste classificazioni sono basate inevitabilmente su scelte, dove alcuni elementi sono inclusi e altri esclusi. Ogni identità regionale è espressione del “potere”, di coloro i quali hanno la possibilità di delimitare, nominare e utilizzare in modo simbolico spazi e gruppi di persone. Vi è poi dall’altro lato una identità regionale concepibile come “consapevolezza regionale”, ossia il senso di appartenenza, l’identificazione di un gruppo di abitanti nei confronti dell’area geografica in cui vivono o di cui serbano memoria (Paasi, 2002). L’analisi di diversi casi regionali dimostra che la relazione tra VSR e identità è assai complessa. Prendiamo ad esempio la nota Silicon Valley. Che questa regione, che negli ultimi anni ha lavorato molto sul piano della costruzione di una visione strategica condivisa, punti sulla strada di un ruolo di spicco nel futuro in tema di alte tecnologie (in particolare delle nanotecnologie) evidenzia una relazione abbastanza stretta tra identità e VS. Il fatto che l’attuale Giunta Regionale del Friuli produca una VS che ha tra i suoi slogan “Friuli Venezia Giulia: la regione della ricerca” presenta invece delle problematicità: il nesso tra vocazione alla ricerca scientifica e identità regionale qui è meno semplicistico ma è comprensibile alla luce del ruolo giocato da Trieste, dai rapporti di forza tra gli attori e dalle conoscenze coinvolte come si vedrà in seguito. Un punto problematico che è stato messo in evidenza in un articolo vivacemente discusso della Markusen (1999), è che l’ambito delle politiche regionali si appoggia sempre più spesso a concetti che fanno riferimento a realtà spaziali mal definite, non chiaramente riconoscibili, nella migliore delle ipotesi entità caratterizzate in modo assai fuzzy (si pensi a termini come Cluster, learning region, Regional Innovation Systems). Tutte queste problematiche conducono a riflettere sull’importanza della narrazione, attraverso quale forma materiale, quale lessico e quale grammatica la VS viene a comporsi e per fare questo è necessario rivolgere lo sguardo all’analisi delle pratiche discorsive. 1.2 La prospettiva costruttivista negli studi regionali: un preambolo teorico e metodologico Analizzare in termini costruttivistici la problematica dello sviluppo regionale significa sviscerare la natura discorsiva e retorica attraverso cui si motivano e si legittimano le azioni. Il concetto di discorso (che qui sarà considerato equivalente al termine narrativa) a cui si farà riferimento in seguito è connesso ai “testi” generati all’interno di una comunicazione, e possiamo definirlo come una complessa serie di rappresentazioni, pratiche e performance che lavorano a diversi livelli per produrre significati e rappresentazioni di una porzione del mondo, di esperienze o eventi. Il discorso è diventato uno dei termini più largamente e confusamente usati nelle teorie recenti in campo artistico e nell’ambito delle discipline sociali dopo essere stato sviluppato dalla semiologia e dalla linguistica. Nelle discipline geografico-territoriali tale termine è stato largamente utilizzato in seno alle correnti post-strutturaliste che hanno posto l’accento sulla 5 relazione tra potere e pratiche discorsive egemoniche, ovvero quelle macro-narrazioni che organizzano in maniera sistematica la conoscenza e l’esperienza, e con la loro dominanza reprimono l’esistenza di visuali alternative (Ohillips et al., 2002). Il nazionalismo ad esempio è stato interpretato alla luce di queste impostazioni come una pratica discorsiva posta in essere da alcuni gruppi di potere per motivare presso l’opinione pubblica l’interventismo bellico, lo sfruttamento coloniale ed altre forme di prevaricazione dello stato per fini economici. In riferimento a tale accezione si studiano fenomeni di resistenza intesi come opposizione al discorso dominante. L’analisi di tali aspetti ha prodotto alcune caratterizzazioni: • • • • • i discorsi sono eterogenei: relativamente alla molteplicità di “autori” che li producono, sostengono e li distribuiscono; i discorsi sono strutturati: posseggono un certo grado di sistematicità e coerenza anche se possono manifestare aspetti contraddittori; i discorsi sono immersi (embedded): materialmente implicati nella costruzione della vita sociale, dei ruoli e delle istituzioni che li sostengono; i discorsi sono situati: riflettono una visione parziale, situata in uno specifico contesto ed in uno specifico assetto di potere tra i gruppi sociali. In quanto tali i discorsi non sono statici ma continuamente contestati, adattati e negoziati a seconda delle contingenze. i discorsi sono performativi: hanno forza ed effetto, costruiscono la realtà di cui parlano (con riferimento all’esempio precedente sul concetto di “nazione”) che viene percepita come esterna e naturale. In questa sede non si entrerà nel nel merito di quella lunga diatriba tra coloro che pensano al mondo come una costruzione discorsiva (argomento costruttivista: non c"è nulla di reale al di fuori del discorso) e quelli che affermano l’importanza della realtà extra-discorsiva. L’interesse per l’analisi delle narrative ha coinvolto anche gli studiosi delle politiche regionali. Un approccio discorsivo al problema della costruzione di politiche regionali (policymaking) si pone nell’ottica di comprendere come una certa politica risponda ad un particolare problema e questo conduce ad analizzare in che modo un determinato ambito del reale venga costruito discorsivamente come “problema”. Si può affermare che dalla definizione e costruzione del “problema” emerga implicitamente la costruzione della “soluzione” a quel problema. Gli studiosi di discipline regionali hanno posto l’accento sul fatto che la costruzione di narrative e la riuscita concretizzazione in una politica richiede un coordinamento tra una coalizione di attori locali (politici, burocrati, rappresentanti di gruppi di interesse, esperti che hanno un’elevata continuità di ruolo nel tempo) che si solidifichi intorno a interazioni durevoli che producono conoscenza reciproca e comunanza di interessi. Quanto detto suggerisce che le narrative sono articolate in precisi vocabolari. L’analisi del linguaggio costituisce un classico strumento metodologico nell’ambito degli studi in chiave costruttivista. Ad esempio analizzando un importante documento strategico dell’Unione Europea dal titolo European Spatial Development Perspective (ESDP), il nucleo della visione è 6 condensato nel triangolo di concetti coesione sociale, sviluppo sostenibile, e competitività bilanciata. Questi obiettivi sono conseguibili attraverso lo sviluppo di una concettualizzazione spaziale del territorio europeo che si fondi su un sistema urbano policentrico e bilanciato, su nuove forme di partnership tra aree urbane e rurali, su una equità di accesso alle infrastrutture e alla conoscenza ed infine una prudente gestione e protezione dell’ambiente e del patrimonio culturale. Si tratta di un impianto discorsivo che vede nel bilanciamento tra le esigenze economiche e quelle sociali ed ambientali il suo fulcro e che ha precise implicazioni spaziali (Richardson et al., 2003). L’ipotesi è dunque di interpretare una VSR come un discorso, costituito da una concatenazione di materiali eterogenei, da codici specifici, da un linguaggio, etc. Nel seguito per comprendere gli elementi salienti della VSR friulana saranno presi in considerazione sia alcuni documenti ufficiali chiave sia giornali locali, brochure informative, interventi in trasmissioni televisive locali etc. Da essi si ricaveranno gli elementi linguistici che caratterizzano la narrativa, il problema e la soluzione corrispondente alla narrativa su cui si costruisce la VSR, al fine di ricavare una retorica intellegibile e coerente in grado di legittimare una serie di azioni politiche. A questa analisi si affianca la partecipazione diretta agli eventi descritti nella terza parte del capitolo ed utilizzati per mettere in luce gli elementi principali delle performance connesse alla VS e la relazione tra queste e il contesto. 2 LA VISIOE STRATEGICA I FRIULI VG 2.1 Panoramica sul caso friulano In questa sede si prenderà in considerazione la VS friulana così come è andata evolvendosi negli ultimi anni, in particolare dal 2003, anno cui si è insediata la Giunta Regionale di sinistra presieduta da Riccardo Illy. Prima di procedere occorre premettere una nota metodologica. Una VSR è qualcosa che per sua natura non ha una forma o una collocazione precisa; non è un discorso puramente scientifico anche se generalmente attinge ad argomentazioni e rimanda a teorizzazioni sviluppate in ambito accademico; l’esigenza di costruire una retorica pubblica, di coniugare fondamenta teoriche “forti” e un linguaggio mirato, di facile presa, non eccessivamente tecnico, produce come si è già evidenziato un ambito discorsivo ibrido. Questo discorso si “situa” in parte in documenti ufficiali, in parte in interventi sui media locali1 (quotidiani, mensili e TV) e ancora in performance presso convegni, incontri, etc. Nel caso friulano abbiamo da un lato una serie di documenti che in qualche modo sostanziano e formalizzano il fondamento razionale di una VS (documenti ufficiali che per lo più scaturiscono da un tipico percorso di programmazione e pianificazione strategica regionale), dall’altro un ambito legato alla comunicazione e alla diffusione pubblica che è costituita da documenti scritti, discorsi presso convegni, conferenze o sui media, che si diversifica a seconda del target, delle finalità, del contesto ecc. E proprio qui sta il punto centrale. Nel caso friulano emerge chiaramente come il discorso che costituisce la VSR si è ormai strutturato ma allo stesso tempo non ha un luogo specifico per palesarsi nelle varie 7 sfaccettature proprio in quanto ibrido di diversi sistemi cognitivi: politico, scientifico, economico, etc. In tale ottica vedremo che contesti come InnovAction diventano le nicchie naturali più appropriate dove poter osservare le varie dimensioni delle performance che costituiscono una VSR e vedremo poi come processi interpretabili alla luce della teoria duale abbiano agito in questo caso. Per sua natura quindi la VSR “emerge” da un nucleo eterogeneo di materiali, più o meno formali, e richiede il coinvolgimento coordinato e continuativo di diversi attori, mezzi e idee che formano un tutto non necessariamente coerente e univocamente interpretabile. In questo primo paragrafo l’attenzione si focalizzerà sull’analisi dei documenti scritti, sia quelli per così dire istituzionali sia di pubblicistica informativa, al fine di estrapolare ad ampio raggio la narrativa che costituisce gli elementi fondamentali della VS friulana. Nel paragrafo tre si analizzeranno invece le performance connesse a tale narrativa. Per quanto riguarda il primo aspetto, si evidenzia fin da ora come un ruolo centrale nella costruzione della VSR friulana sia costituito dal documento intitolato “Verso una visione economica condivisa”1, che costituisce la relazione conclusiva di uno studio che la regione ha affidato alla società di consulenza esterna Monitor Group Srl, società che fa parte del Gruppo Monitor fondato dal noto studioso Michael Porter e che si è conclusa con la consegna della versione conclusiva nel dicembre del 2005. Nelle intenzioni acclamate, lo studio della società strategica aveva la finalità di determinare i fattori competitivi della regione e quindi costituire le premesse per la costruzione di una visione strategica che, come dice il titolo, fosse “condivisa”. Secondo quanto dichiarato da Monitor, la ricerca si è basata su una analisi di tipo quantitativo, sui risultati di 643 questionari utili ad inquadrare le caratteristiche nel tessuto imprenditoriale del Friuli Venezia Giulia e su 65 interviste dirette agli attori economici e istituzionali di maggiore rilievo. Le diverse fasi di avanzamento della ricerca sono state presentate e discusse da un Comitato di pilotaggio, guidato dal presidente Illy, e condivise da un Comitato scientifico, di cui fanno parte rappresentanti delle varie realtà regionali: associazioni imprenditoriali, sindacati, università, istituzioni scientifiche. I risultati di tale studio sono stati utilizzati dalla regione per elaborare le due principali leggi che regolamentano, in materia di fondi per la competitività delle PMI, innovazione e trasferimento tecnologico (LR 4/2005 e LR 26/2005). Inoltre la “visione condivisa” emersa dallo studio è stata recepita e utilizzata per la stesura del Documento Strategico Preliminare (DSP), attraverso il quale, come è noto, la Regione intende partecipare alla predisposizione del Quadro di riferimento Strategico .azionale (QSN) che il Governo dovrà presentare alla Commissione Europea per attivare il processo di programmazione dei fondi strutturali (FESR e FSE) per la Politica di coesione economica e sociale per il quinquennio 2007-2013 (si veda il sito regionale per le copie dei singoli documenti). L’aver assegnato a Monitor il compito di definire i pilastri di un progetto strategico circostanzia in modo assai preciso l’ambito del discorso sulla VSR, perlomeno per quanto riguarda gli aspetti più formali e contenutistici. L’operato di questa società fa riferimento alle teorie del “guru” dell’economia internazionale Michael Porter, che è l’indiscusso leader del mercato per quanto 1 E’ possibile scaricare una versione elettronica del documento presso il sito della Regione Friuli: www.regione.fvg.it 8 riguarda le analisi Cluster-based. Tra i principali “clienti” che in Europa hanno usufruito dei servizi dell’azienda si possono citare il Portogallo, la regione basca e la Scozia. Porter è uno degli esperti di management più citati al mondo, il suo libro “Il vantaggio competitivo delle nazioni ” (Mondadori, 1991) è diventato un best-seller assurgendo allo status di “bibbia” in tema di sviluppo regionale, con un forte influsso presso i policymaker di tutto il mondo tra cui lo stesso presidente Riccardo Illy che in più occasioni lo ha chiamato in causa. Non sono ovviamente mancate le critiche alle teorie di Porter e all’operato di Monitor. Relativamente agli attori locali coinvolti a vario grado (istituzionale, comunicativo) nella costruzione della VSR va segnalato il ruolo giocato da alcune “personalità” di rilievo che, sinergicamente, hanno svolto un importante ruolo comunicativo e contribuito a costruire il discorso pubblico sulla VSR. Va sicuramente sottolineata a tal riguardo il ruolo giocato dal presidente Riccardo Illy. L’ex primo cittadino di Trieste, uomo colto e comunicativo che proviene dal mondo dell’impresa (è l’attuale vice-presidente della nota azienda che produce l’omonimo caffè), in svariate occasioni (convegni, articoli, interviste) è sceso in campo in prima persona nella divulgazione e nella difesa dei principi cardine che sostanziano la VSR. Unendo concretezza e appeal comunicativo è intervenuto spesso nel merito delle problematiche connesse ai concetti della VSR e in particolare va segnalato come nei suoi discorsi e scritti emerga una particolare enfasi sulla necessità di guardare al futuro, all’importanza di riflettere sul futuro e di come attrezzarsi per farvi fronte. Non è un caso se nelle diverse iniziative della regione sia stato coinvolto anche un futurologo con una certa fama internazionale. Il secondo attore molto attivo sul versante comunicazionale è il Rettore dell’Università di Udine, il professore Furio Honsell. Il Rettore Honsell si è segnalato in questi ultimi anni per l’attenzione verso la necessità di un riorientamento dell’istituzione universitaria intesa come attore primario all’interno delle dinamiche di sviluppo economico regionale. L’asse Trieste-Udine da questo punto di vista sembra fare un buon gioco di squadra. Del resto se da un lato la città di Trieste si presenta con una naturale vocazione in tema di ricerca scientifica e tecnologica, in quanto sede di prestigiosi istituti di ricerca e imprese hi-tech, l’Università di Udine è l’ateneo che, come la città che lo ospita, fa da centro (nel senso christalleriano del termine) alla provincia friulana più estesa in termini territoriali, e quella in cui sono situate le principali aree produttive costituite da PMI. Il ruolo di Udine diventa dunque strategico in un’ottica di coinvolgimento ed indirizzamento del tessuto imprenditoriale locale. Vi sono poi altre personalità che fanno capo a realtà scientifiche e istituzionali locali importanti e che nell’insieme costituiscono una “coalizione per lo sviluppo” che con uno sforzo coordinato sta portando avanti un progetto politico che va di pari passo con l’enunciazione di una precisa VSR. 2.2 I caratteri della VSR in Friuli Venezia Giulia L’analisi dei documenti indicati nello schema di pagina 104, consente di enucleare gli elementi principali della VSR friulana, in particolare mettendo in evidenza in modo formale e in un quadro istituzionale i concetti chiave che ne costituiscono l’ossatura portante. 9 Per introdurre l’analisi partiamo da un brano scritto dal presidente Illy che condensa bene tutti gli elementi essenziali della VS che la coalizione regionale ha inteso proporre in questi anni: "Nell’epoca che stiamo oggi sperimentando, caratterizzata dal passaggio dalla società industriale alla società della conoscenza, le esperienze condotte all’interno dei laboratori scientifici di ricerca sono destinate ad avere una sempre maggiore ricaduta sulla crescita economica e sul livello del benessere di cui i cittadini possono godere e sulla loro vita quotidiana. Basti pensare a come i recenti sviluppi dell’informatica e della telematica hanno cambiato il modo di produrre i tradizionali beni e servizi e, nello stesso tempo, hanno messo a disposizione del pubblico strumenti del tutto nuovi, fino a ieri sconosciuti, come il Personal Computer e il telefono cellulare, a loro volta in fase di rapidissimo perfezionamento ed evoluzione. [...] Più aggiungiamo conoscenza, più si eleva il valore aggiunto. Ciò significa che siamo in grado di spuntare sul mercato prezzi più elevati per i nostri beni e servizi, quindi di competere con quei Paesi meno sviluppati dove sono molto più bassi i costi dei fattori della produzione, dalla manodopera all’energia. La produzione di conoscenza nei centri di ricerca, e il suo trasferimento alle imprese in termini di innovazione, rappresentano dunque un elemento cruciale per mantenere la competitività del nostro sistema-Paese. [...] Abbiamo dunque un sistema di educazione e formazione avanzato, una fabbrica per la produzione di conoscenze nelle nostre Università e nei nostri istituti di ricerca, una rete per il trasferimento di queste conoscenze alle imprese affinché possano essere trasformate in innovazione. Come Regione continueremo a sostenere questo circuito virtuoso perché siamo consapevoli che, nello scenario dell’economia della conoscenza globale, qui si gioca il nostro futuro. Non solo il futuro delle nostre imprese, ma anche il futuro della qualità della vita per i cittadini del Friuli Venezia Giulia".2 Le parti enfatizzate di questo brano tratto da un opuscolo mensile pubblicato dalla Regione costituiscono dunque le priorità della VS friulana e come tali sono riprese nelle varie sedi con diverso grado di approfondimento e di legittimazione scientifica e con diversificata enfasi comunicativa-motivazionale. 4Brano tratto da: REGIONE/guida, anno I numero 4, dicembre 2005 (enfatico mio). Si tratta di una visione spiccatamente economicistica, in particolare aziendalistica, nel senso che si condensa principalmente sulla sfera dell’”economico” e sottende un modello di “futuro desiderabile” in cui la regione si impegna a far fronte alle sfide della cosiddetta “società della conoscenza” attraverso quello che nel DPS è stato definito uno scenario combinato. Le sfide imposte dalla globalizzazione - competizione globale, necessità di innovazione continua, etc. - si possono vincere attraverso un giusto mix di vecchio e di nuovo, di tradizionale e di innovativo: da un lato di mantenere e difendere un tessuto produttivo tipico e radicato nel territorio, e dall’altro integrarlo con eccellenze nei settori ad alto contenuto tecnico-scientifico, favorendo la crescita aziendale, il trasferimento tecnologico e la costruzione di sinergie tra gli agenti economici e istituzionali. Come vincere dunque le sfide del futuro? Qui entra in scena l’apporto del lavoro di Monitor e delle teorie porteriane, con la loro retorica forte in grado di dare 2 Brano tratto da: REGIONE/guida, anno I numero 4, dicembre 2005 (enfatico mio). 10 “risposte semplici a problemi complessi”. Nella relazione Verso una visione economica condivisa troviamo la ricetta così espressa: "L’obiettivo economico che la regione Friuli Venezia Giulia deve porsi è quello di realizzare standard di vita elevati e crescenti per tutti coloro che vivono ed operano in regione. Il mantenimento di questo obiettivo dipende dalla creazione di un sistema di business altamente competitivo, che favorisca l’innovazione e la crescita continua della produttività. A sua volta un solido sistema di business dipende dall’esistenza di aggregati di aziende ed istituzioni (Cluster ) forti e competitivi, in grado di dar luogo ad una forza in grado di creare innovazione e crescenti livelli di produttività. I decisori pubblici a diversi livelli, le istituzioni e tutti i settori dell’economia del Friuli Venezia Giulia hanno potere di influenzare tale sistema di business e la produttività dei Cluster. In particolare, l’amministrazione regionale ha il compito di creare le condizioni favorevoli alla crescita. Sono però le aziende e le aggregazioni di aziende che devono assumere un ruolo predominante, in quanto da esse dipende in primo luogo la capacità di raggiungere e sostenere il vantaggio competitivo. Le istituzioni formali ed informali, fra cui le associazioni specifiche di Cluster, così come le strutture demandate all’istruzione e alla formazione, hanno un ruolo importante nel sostenere l’innovazione e la produttività dei settori economici presenti in regione..." (documento Monitor, enfatico in originale) Nello specifico il lavoro di Monitor era finalizzato a ricavare una sorta di “mappatura” dei principali Cluster regionali con successiva selezione di quelli prioritari sui quali è la Regione è chiamata a impegnarsi fin da subito. I Cluster prioritari sono: • • • • • • • Mobile e Sedia; Trasporti e Logistica; Nano-biotecnologie e servizi di Sanità avanzata; Turismo/Nautica da diporto. Inoltre sono stati evidenziati come prioritari alcuni interventi trasversali: Ricerca Applicata. Imprenditorialità e innovazione. Lo studio prosegue con una analisi quantitativa dei su indicati Cluster, i trend globali, le prospettive di investimento e le potenzialità di mercato per la regione e soprattutto elencando le azioni prioritarie da parte dell’Amministrazione Regionale per sostenere una adeguata politica dei Cluster. A tal fine Monitor ha indicato in cinque principi fondamentali, i pilastri della visione economica del Friuli Venezia Giulia: 1. Stimolare il mantenimento e lo sviluppo dell’eccellenza nei Cluster chiave del manifatturiero: attraverso ad esempio una sempre maggiore focalizzazione su segmenti di domanda evoluti e su una differenziazione qualitativa dell’offerta. 11 2. Sviluppare un forte polo logistico e dei traffici commerciali: in quanto è basilare saper sfruttare il “vantaggio competitivo” che deriva dalla fortunata posizione geopolitica che pone la regione al “centro della nuova Europa” dopo l’apertura della UE ad Est. 3. Creare Cluster d’eccellenza in alcuni servizi: tra questi si evidenziano turismo, sanità avanzata, ricerca, assicurazione 4. Investire su Cluster emergenti laddove esistano asset e competenze distintive: ad esempio le nano-biotecnologie, considerate la prossima grande rivoluzione tecnologica. 5. Rafforzare l’intero sistema economico con azioni trasversali e su sistemi di Cluster: azioni che abbiano effetto sistemico a sostegno dell’intera economia come il potenziamento infrastrutturale, facilitazione dell’accesso al credito, interventi di formazione e riqualificazione professionale e l’agevolazione ai collegamenti fra Cluster. Lo studio poi entra nel merito di questi punti con una descrizione più dettagliata delle azioni che competono la Regione ma in questa sede non saranno approfonditi. Società della conoscenza, produzione e trasferimento di conoscenza, competitività, innovazione, Cluster; dal brano di Illy e dalla premessa del documento Monitor emerge un preciso ambito discorsivo che poi viene adattato alla realtà locale. La rete di significati con cui si relazionano tali termini costituisce la narrativa di cui si nutre la VSR friulana. Ricapitolandone sinteticamente il fondamento razionale, così come si può evincere dai documenti e dai riferimenti teorici in essi contenuti, tali teorie enfatizzano l’importanza dell’innovazione e dei problemi dell’apprendimento per aumentare la produttività dell’impresa, ravvisando nel processo di trasferimento della conoscenza un fattore critico della comprensione del successo competitivo guidato da innovazione. In prima battuta, la competitività regionale (o urbana) sarebbe definita come la capacità di una regione (città) di imporsi sul mercato globale avendo la meglio su altri competitors ed anche nella capacità di attrarre in regione capitale straniero. Nella formulazione di Porter, che inizialmente aveva sviluppato le sue teorie concentrandosi alla scala nazionale, si tratta di un concetto che sottolinea il ruolo dei settori export-orientated nel consentire il mantenimento di elevati standard di vita. Successivamente lo stesso Porter ha riformulato in modo meno ambiguo gli aspetti fondamentali legati a tale termine. Per lo studioso di Harward, l’unico modo significativo di definire la competitività è di associarla al concetto di produttività. La meta principale di una nazione è la realizzazione di un standard di vita elevato per ogni suo cittadino. L’abilità di raggiungere tale obbiettivo dipende, secondo questa linea di ragionamento, dalla capacità delle aziende presenti sul territorio di una nazione di raggiungere alti livelli di produttività e di saperla poi incrementare nel corso del tempo. A sua volta questo risiederebbe nella capacità dell’impresa di innovare perennemente sia i prodotti che i processi produttivi. Successivamente tali teorie sono state applicate alla scala regionale. Il palcoscenico principale di tali ricerche negli anni recenti si può intravedere nel concetto porteriano di Cluster, e di come all’interno di queste catene di relazioni orizzontali e verticali tra soggetti economici localizzati 12 geograficamente e nel giusto mix tra competizione e cooperazione, si concretizzino di fatto fenomeni di innovazione. La concettualizzazione spaziale del concetto di Cluster, ha poi insistito sull’importanza della prossimità geografica, dell’interazione faccia-a-faccia e sulla distinzione tra conoscenza tacita e codificata. Nei documenti ufficiali analizzati, in particolare nel DPS, in più di qualche occasione è stata utilizzata la locuzione “sistema di innovazione” (Cook et al., 2003). La letteratura sui cosiddetti sistemi regionali di innovazione si intreccia, anche se non si sovrappone, a quella sui Cluster (Doloreux et al., 2005). In questo ambito del discorso si enfatizza molto la scala regionale mettendo in rilievo l’importanza, in un’ottica sistemica, delle variegate forme di interazione tra gli elementi fondamentali della vita economica: imprese, istituzioni e mercato. L’innovazione sarebbe il risultato di un processo sistemico, che scaturisce dall’interazione tra funzioni diverse all’interno dell’impresa, tra fornitori e clienti, tra imprese appartenenti allo stesso settore, e tra imprese e il più largo milieu istituzionale di una data regione. Routine e convenzioni possono aiutare a regolare processi economici riducendo l’incertezza e facilitando coordinazione e cooperazione per il beneficio reciproco. Cluster e innovazione sistemica sarebbero dunque gli elementi chiave della crescita e della competitività alla scala regionale, in virtù della quale si possono osservare riduzione dei costi di transazione, fenomeni spiegabili facendo ricorso ai concetti di economie di agglomerazione e del ruolo giocato dalle competenze tecnologiche locali. Oltre a spiegare la competitività regionale esclusivamente su aspetti di tipo economico, gli sviluppi recenti di questo ambito di studi enfatizzano come un ruolo fondamentale sia giocato da aspetti sociali e culturali nel modellare una mentalità tesa verso l’innovazione e l’apprendimento continuo. La VSR friulana ha fatto propria tale narrativa, enfatizzando ora l’uno ora l’altro aspetto a seconda delle situazioni, con opportuni adattamenti locali. Un aspetto delicato è costituito dall’enfasi assegnata al ruolo dell’innovazione basata su ricerca scientifica e tecnologica, e quindi sull’innovazione R&D based, che costituisce la grande assente del tessuto produttivo locale, costituito da piccole imprese impegnate in settori tradizionali ad alta intensità di manodopera (Cagnina, 2003). Questo aspetto spiega in parte l’enfasi posta sulla necessità di un orientamento culturale dell’imprenditoria locale, e da qui il ruolo giocato dagli aspetti comunicativi, informativi e di azione legislativa vera e propria tese a stimolare processi di interazione tra mondo accademico e imprese. Il terzo e ultimo adattamento locale è il coinvolgimento di tali retoriche nei meccanismi di marketing territoriale della regione Friuli. In effetti si può osservare come nel caso friulano l’enfasi sui principali aspetti della VS incide anche nella direzione della costruzione di una identità territoriale attrattiva nei confronti del capitale esterno. Da un lato, dunque, si cerca di scuotere l’imprenditoria locale, dall’altro si cerca di allettare imprese estere con una immagine di Regionale conscia alle problematiche della competitività globale. Ovviamente la VSR friulana non è riducibile al dibattito accademico sui temi testé sommariamente rievocati e che si possono estrapolare dai documenti ufficiali. Vi è un aspetto comunicativo che agisce nella direzione di semplificare, filtrare, enfatizzare alcune parole di più 13 facile recepimento a scapito di altre. Nel caso friulano ad esempio si nota lo sforzo teso a semplificare il linguaggio su pochi concetti chiave sottolineati nelle varie occasioni: competitività, innovazione e conoscenza, quest’ultima intesa principalmente come sapere scientifico e tecnologico. 2.3 Una Visione tra tecnologia e ideologia È utile a questo punto provare a decostruire la VSR per meglio mettere in evidenza i caratteri discorsivi e retorici. La valutazione critica si focalizza su tre aspetti: la natura prettamente economicistica che la caratterizza; i meccanismi di inclusione/esclusione che produce; la natura assai discutibile delle teorie su cui si fonda. Per cominciare bisogna dire che l’emersione di una VSR in Friuli non è stato il frutto di un processo di coinvolgimento aperto e partecipato delle parti interessate, i temi principali della VS non sono stati il risultato di un dibattito pubblico come nel caso di processi organici di visionong o di foresight territoriale. In questi casi, come evidenziano alcuni esempi di realtà urbane e regionali molto noti in letteratura (Catalogna, West Midlands, Lione e in Italia il caso più specifico della Lombardia (Cariola et al., 2004)) l’utilizzo iniziale di arene, workshop o altre forme di interazione hanno costituito un mezzo a vario modo “democratico” per la discussione delle priorità su un ampio ventaglio di questioni, per mettere sul piatto le poste ritenute importanti e meritevoli di investimento nel medio-lungo termine (siano esse scientifiche, tecnologiche, ambientali, di welfare a seconda dei casi). Il carattere principale di queste forme di pianificazione strategica di ultima generazione dovrebbe essere quello di condurre un numero ampio di soggetti pubblici e privati interessati a convergere su “cosa si vuole essere” (più che “cosa si intende fare”) nel proprio futuro urbano-regionale6 (McCann, 2001). In realtà nel caso friulano si è trattato di un processo molto più top-down, in cui gli esponenti della “coalizione” hanno fatto propria la retorica descritta in precedenza e l’hanno proposta come naturale, sia nei problemi cui dovrebbe far fronte sia nei metodi per risolverli. L’autorevolezza dei soggetti coinvolti, l’enfasi su una comunicazione semplice, chiara, mirata, il riferimento ad un discorso assai “in voga” in ambito internazionale, questi ed altri aspetti hanno prodotto una VS che si presentava coesa e consolidata presso il pubblico. Il primo punto è evidente, la visione friulana tende a fare perno sulla dimensione economica delle sfide regionali. Emerge una visione aziendalistica, presumibilmente legata alla composizione della attuale Giunta, fortemente “triestocentrica”. Nonostante la Regione abbia accolto, sul piano formale, le istanze provenienti dall’Unione Europea per uno sviluppo che coniughi competitività e coesione sociale, la VSR è fortemente sbilanciata sul primo di questi due pesi, come se questo fosse l’ambito in cui la regione è più chiamata ad impegnarsi mentre l’altra dimensione (la coesione sociale) sia ascrivibile ad altre sedi istituzionali - e ad altre scale - come lo Stato, le Province o i Comuni o ad altri strumenti di natura più tecnica (piani urbanistici, infrastrutturali, etc.) o ad altre fasi della politica regionale In una recente intervista televisiva, il Presidente Illy ha dichiarato esplicitamente che la focalizzazione sui temi economici era caratteristica di una prima fase di governo. Al successo di 14 questa sarebbe seguita una seconda fase maggiormente incentrata sulle problematiche sociali della regione. Questo aspetto differenzia il caso friulano da altri esempi nazionali ed internazionali in cui una dimensione economica tende ad essere bilanciata da elementi sociali e ambientali che si rifanno a concezioni più sostenibili dello sviluppo o a coinvolgere maggiormente le peculiarità storico-culturali specifiche anche in una ottica proiettata verso il futuro. Non che la regione non operi anche in tali sfere - istruzione, politiche sociali ed ambientali - come e in alcuni casi più di precedenti Giunte, ciò che qui si intende affermare è che queste non entrano a far parte della VSR in una ottica più vasta e integrata. Questo aspetto si riallaccia al secondo punto critico relativo ai meccanismi di inclusione/esclusione che la VSR sottende. Di sicuro la VS si “parla” in modo selettivo al tessuto imprenditoriale friulano, in particolare alle PMI che esportano e alle papabili realtà che dall’esterno potrebbero essere interessate ad investire in regione. Anche se il riferimento è la “Regione”, si tratta di una regione intesa in modo assai stilizzato, che guarda poco alle diversità territoriali ma che si focalizza sui nodi, sui poli, sulle eccellenze, sugli asset strategici. L’identità che esce da questa visione è tutta costruita in funzione di un discorso sulle priorità del futuro, e infatti aspetti quali le peculiarità culturali locali, l’agricoltura tradizionale, l’artigianato, la stessa piccola industria non tecnologizzata non hanno spazio a meno che non costituiscano fulgidi esempi di innovazione da innalzare al ruolo di best-practice. Entrando un po’ nel merito delle teorie economiche sottese alla VSR, i documenti analizzati connessi alla VS che sottolineano l’importanza della competitività tendono a presentarla come un concetto non problematico, che in modo non ambiguo si associa positivamente ai problemi economici della scala regionale. Per vincere la sfida economica è necessario essere più competitivi e ciò si traduce in una maggiore produttività delle imprese di una regione. In realtà è presente una vivace discussione teorica e metodologica a livello internazionale sul concetto di “competitività” e permangono ancora dubbi e scetticismo su come vada intesa e come possa essere “misurata” a livello della scala regionale (Bristow, 2005). Il discorso sulla competitività regionale è anche caratterizzato dal fatto che la performance economica regionale e in fin dei conti la sua prosperità siano riconducibili l’una all’altra. Vi è dunque una visione che tende a focalizzarsi sulla crescita piuttosto che sullo sviluppo regionale. Anche il concetto di Cluster su cui si basa tutta l’impalcatura del lavoro Monitor è stata oggetto di analisi critiche dalla recente Geografia Economica. Un problema sorge già a livello di definizione e di delimitazione dei Cluster. Il Cluster porteriano è qualcosa di estremamente generico, intenzionalmente vago e sufficientemente indeterminato da ammettere uno spettro molto largo di casistiche relative a raggruppamenti industriali localizzati di ogni sorta (dai Cluster calzaturieri a quelli biotecnologici). Più che un modello teorico che deve essere testato e valutato empiricamente, l’idea del Cluster è stata diffusamente accettata come un atto di fede. Ragionare sui Cluster ha preso le sembianze di un “modo di pensare”, relativamente all’economia nazionale o regionale, come una sorta di template o procedura attraverso la quale decomporre l’economia in distinti raggruppamenti industriali allo scopo di comprendere e promuovere la competitività e l’innovazione (Martin et al, 2003). Una scorsa alla letteratura sull’argomento è esplicativa di 15 questa realtà: non esiste una chiara definizione del termine Cluster che la differenzi nettamente da altre forme di raggruppamenti localizzati di industrie, né tanto meno un metodo chiaro ed univoco che consenta di delimitarli sul territorio. A questo livello, tutto può essere Cluster, o meglio, tutti possono fregiarsi di questo “titolo”. La notevole indeterminatezza definizionale di tale concetto è stata sicuramente un’importante ragione per la sua popolarità. Indubbiamente Porter è stato un abile venditore del suo lavoro. Grazie all’impostazione e al linguaggio tipico del Business Management più concreto e diretto, unito ad uno stile di scrittura semplice, è riuscito a conquistare il mondo della politica in un settore dove da almeno due decenni Geografi ed Economisti producevano teorizzazioni e introducevano concetti (dai vecchi distretti industriali ai “New Industrial Spaces”, territorial production complexes, neo-Marshallian nodes, regional innovation milieux, network regions, learning regions) tesi all’analisi dei fenomeni di specializzazione geografica. Come spiega Martin (2003), lo stile letterario di Porter era molto più orientato alla pratica, molto policy-friendly, piuttosto che alla esplorazione di fumose teorie sui processi del sistema economico internazionale (come nel caso dei geografi) soprattutto nell’enfasi con cui si guarda alle regioni con una visione aziendalistica. Date queste premesse il flirt tra le idee di Porter e Illy, industriale di successo prestato alla politica, era una questione quasi inevitabile. Ma se non esiste una teoria condivisa e generalmente accettata sulla competitività regionale, questo non ha fermato i policymaker dal farle proprie e trasformarle in dogmi. Nel caso friulano si evidenziano due fenomeni tipici di questo atteggiamento. Uno è legato alla ostentazione di una “illusione di certezza” relativa alla proiezione nel futuro di alcune tendenze socio-economiche attuali, alla convinzione quasi matematica che “il futuro va in una data direzione” e che per farvi fronte non vi sia altra alternativa che ricorrere a tali determinate ricette. Ad esempio nella VSR si accetta come dato di fatto che la cosiddetta “società della conoscenza” sia una realtà concreta e pressante oggi e che lo sarà sempre di più in futuro; all’interno di questo fatto dato per assodato, la logica dice che è opportuno attrezzarsi puntando appunto sulle intelligenze, sulla preparazione tecnico-scientifica, e così via, per non perdere il treno della competitività. Dunque il futuro è disegnato e la strada da percorrere, per raggiungere e mantenere un dato tenore di vita, non può essere che una. Si tratta di un atteggiamento rilevabile in molti documenti scritti analizzati e che viene riprodotto nelle performance dal vivo che saranno descritte nella terza sezione. Il secondo aspetto è legato alla generalizzabilità di approcci (politiche, visioni) utilizzati in altri contesti territoriali: spesso gli attori della VS nelle loro affermazioni sottintendono senza troppa problematicità che “ciò che ha funzionato altrove funzionerà anche qui”. Come è stato chiaramente spiegato dai teorici della nuova Sociologia della Conoscenza Scientifica, il successo di un concetto dipende dalla potenza retorica che accumula e dalla capacità di cooptare risorse e produrre consenso e rafforzare reti di potere. I concetti diventano come delle “scatole nere” in cui non si va più a guardare il contenuto, si reificano, agiscono in modo quasi autonomo in virtù del loro essere centro portante di narrative, punti di passaggio obbligato tanto per chi è a favore quanto per chi si oppone ad essi. 3 LA VISIOE STRATEGICA I AZIOE: AALISI DI ALCUI COTESTI 16 3.1 Gli eventi In questo paragrafo si analizzerà il caso della Fiera Internazionale dell’Innovazione, una manifestazione che si è tenuta a Udine dal 9 all’11 febbraio 2006 organizzata dalla Regione Friuli Venezia Giulia, da Udine Fiere S.p.A. in collaborazione con l’Università di Udine e con la Camera di Commercio di Udine. Tale evento era stato preceduto da una serie di appuntamenti meno impegnativi dal punto di vista organizzativo ma dalle finalità similari. In particolare in data 10 marzo 2005 nella Sala Congressi di Udine Fiere si è tenuto il convegno Bisogni & Opportunità, incentrato sulle tematiche dello sviluppo per le PMI, la formazione e l’innovazione. Già in questa occasione i caratteri specifici della VS friulana, intesa come narrativa coerente e strutturata, si palesava nei suoi aspetti essenziali con una certa compiutezza anche perché costituiva l’occasione in cui i risultati del lavoro di Monitor venivano ufficializzati al pubblico. Il convegno vedeva la presenza, oltre al responsabile del Gruppo Monitor che ha relazionato sulle principali conclusione della dell’indagine commissionata, dello stesso Illy e di altri esponenti della giunta regionale. La tavola rotonda del pomeriggio incentrata sui temi del rilancio strategico del Friuli Venezia Giulia vedeva la presenza di un variegato parterre di ospiti, tra cui: Edoardo Boncinelli che ha sottolineato il ruolo strategico per la regione di puntare sulle nanobiotecnologie (le nano-bio rappresentano una priorità di investimento per la Regione come sottolineato dalla indagine Monitor); Josep Ejarque Bernet chiamato dalla regione ad occuparsi, in qualità di consulente esperto, di problematiche legate al turismo; Mauro Ferrari, l’esperto di nano-tecnologie che si è messo in collegamento telefonico durante la conferenza in quanto al tempo occupato in un progetto statunitense legato al settore delle nano-tecnologie. Altri interventi si sono focalizzati su aspetti più puntuali della politica fiscale della regione, sugli aiuti alle PMI in tema di progetti di ricerca e innovazione e sulle problematiche connesse al passaggio generazionale delle imprese. La prolusione all’incontro tenuta da Illy è stata un condensato di VSR che, volendo riassumere si compone di a) il problema: il passaggio dall’economia industriale a quella della conoscenza, la globalizzazione dei mercati, l’introduzione dell’Euro e, cambiamento sottovalutato e strisciante, la progressiva perdita di competitività del nostro sistema-paese e b) la soluzione: la necessità di innovare, le nuove tecnologie, il ruolo delle istituzioni nel favorire un processo di rinnovamento e riorientamento culturale. Ma veniamo all’evento principale, la prima edizione di InnovAction, Fiera Internazionale dell’Innovazione. Nelle intenzioni dell’amministrazione regionale tale evento intendeva essere una: “fiera globale tesa a offrire ai partecipanti l’opportunità di presentare, valorizzare, diffondere progetti, processi e servizi innovativi e finalizzata a rilanciare la competitività delle imprese della regione nel panorama internazionale, nonché a diffondere la cultura 8www.InnovActionfair.com dell’innovazione evidenziando l’importanza della stessa quale valore competitivo” (Estratto del testo della legge regionale n. 26 del 10/11/2005 che definiva i fondi da stanziare per l’evento). 17 In realtà cosa intenda significare chiaramente la locuzione “diffondere la cultura dell’innovazione” non è a priori molto chiaro (la questione sarà approfondita nel terzo paragrafo) ed anche sui media locali si è fatto un po’ di confusione sul quale dovesse essere la natura specifica della manifestazione. Per accogliere l’evento lo spazio fieristico era stato pensato come una “cittadella” suddivisa dal punto di vista spaziale e concettuale in tre piazze (della Conoscenza, delle Idee e dell’Innovazione, ognuna intendeva rappresentare un ideale anello all’interno della catena dell’innovazione che parte dalla conoscenza, passa dallo sviluppo di un’idea di business e, attraverso la fattibilità economica e tecnologica, si trasforma in impresa, strumento attraverso il quale l’innovazione raggiunge il mercato. La Square of Knowledge era pensata come uno spazio dedicato ai workshop, ai seminari ed incontri con il pubblico; Square of Ideas, luogo dedicato alle idee innovative non ancora trasformate in business che si sono confrontate con il mercato alla ricerca di acquirenti, partner o finanziatori; Square of Innovation, spazio rivolto alle aziende interessate a presentare prodotti, processi e servizi, già disponibili o in fase di prototipazione, un luogo in cui domanda e offerta di prodotti e servizi di eccellenza si potevano incontrare. In particolare, nell’ambito della Square of Ideas, AREA Science Park – presente con un proprio stand istituzionale - ha promosso due eventi, organizzati dal Servizio Marketing & Relazioni Internazionali, dedicati alla cooperazione transnazionale nel campo della ricerca, dello sviluppo e del trasferimento delle tecnologie: INNOV-Agro, evento di paternariato scientifico e industriale sulle biotecnologie applicate al settore agro-alimentare, medico e ambientale, rivolto a imprese hightech, università e centri di ricerca; INNO-Transport, giornata di trasferimento tecnologico transnazionale nel settore delle tecnologie per la logistica e i trasporti. Da segnalare la notevole partecipazione del mondo accademico (con stand organizzati sia da strutture locali che nazionali e internazionali) e di delegazioni straniere (tra gli altri Taiwan, Stati Uniti, ed Emirati Arabi) di rappresentanti di parchi scientifici, enti pubblici e privati, e tanto altro che attenga alla “filiera dell’innovazione” dall’idea al prodotto. A cornice delle conferenze e degli interventi specialistici vi sono stati seminari, workshop, incontri, eventi, mostre, dimostrazioni pratiche. Gli argomenti principali trattati durante i vari incontri sono stati gli strumenti (programmi, sistemi e risorse finanziarie) che l’Europa mette a disposizione delle PMI volte all’innovazione, la presentazione e l’analisi di best practice regionali, il modo in cui avviare un’economia della conoscenza, il tentativo di tracciare un quadro di riferimento dello scenario economico globale e dei principali mega-trend e altre riflessioni utili per capire quali siano le strategie competitive vincenti che le imprese possono realizzare per dare corso all’innovazione. Dalla definizione stessa data in precedenza emerge come InnovAction sia stato pensato sia come evento regionale rivolto verso l’esterno (e quindi pesabile come strumento di marketing territoriale) sia come evento rivolto verso gli attori locali. Il primo scopo si poteva raggiungere spingendo sulla “grancassa mediatica” in particolare collocando nella scaletta vari incontri con nomi illustri (premi Nobel, giornalisti famosi, pop futurist); il secondo dando spazio promozionale e di approfondimento a quei comparti economici che rispecchiano la tradizionale specializzazione produttiva della regione (legno-arredamento, meccanica, agricoltura). 18 Focalizzando l’attenzione sulle performance osservate, un buon punto di partenza può essere l’analisi dei convegni, workshop e seminari che hanno avuto luogo ad InnovAction. Si passa da performance tipiche di un convegno scientifico (SOSTENIBILITÀ NEL COSTRUIRE; GRID IL FUTURO DELLA RETE: APPLICAZIONI ) a curiose contaminazioni tra arte, scienza e comunicazione come lo spettacolo multimediale PROVE DI VOLO; interessanti dal punto di vista della commistione di comunità diverse sono eventi come quello che in qualche modo rappresenta il tipo di conoscenza precipuo della fiera, dal titolo OGGI IL MONDO DI DOMANI CONOSCENZE, IDEE, INNOVAZIONE. L’eterogenea composizione del parterre dei relatori da già l’idea della varietà della commistione di conoscenze in gioco. 3.2 Analisi delle performance Analizzare le performance che costituiscono gli eventi principali di InnovAction consente di comprendere come la narrativa della VS venga riprodotta “in azione”. Effettuare un’analisi delle performance mette in gioco gli aspetti linguistici, la fisicità, il sotteso, l’improvvisato, l’emotivo; tutti aspetti che entrano in gioco all’unisono e costituiscono la forma comunicativa che va colta nella sua complessità. Ovviamente parafrasando si potrebbe dire che “il contesto fa il messaggio”, la struttura convegnistica degli eventi qui analizzati fa sì che tra emittente e destinatario del messaggio si instauri preventivamente una sorta di patto, di gioco delle parti che prevede una etichetta codificata, una scansione ritmica, un evolversi che sottintende l’innescarsi di tutta una serie di convenzioni più o meno tacite. La forma conferenza è il contesto in cui si dà forma al “testo” VSR e quindi quest’ultima si adatta e si organizza sui vincoli della prima. Gli elementi caratterizzanti il contesto sono tipicamente: un luogo, una sala attrezzata per i convegni con monitor, microfoni e proiettore; poi vi è un pubblico, che nel caso era costituito da varie tipologie di stake-holders, studenti e personale universitario, personale di enti e varie istituzioni pubbliche e private; e poi vi è lo “spettacolo”, l’insieme delle performance messe in atto da coloro che sul palco sono deputati a parlare, a turno, con una tempistica assai rigida monitorata da un moderatore che tiene le fila complessive della discussione. Il rapporto comunicativo tra chi sta sul palco e tiene la parola, da un lato, e chi sta in platea e ascolta si traduce in una relazione asimmetrica, scarsamente interattiva dati anche gli imperativi temporali delle varie sessioni. La fase interattiva del dibattito tende ad essere compressa e spesso limitata a pochi interventi. Su tutto poi imperversa il “Power-Point cognitive style” imposto dall’uso e abuso del noto software di presentazione. Kjeldsen (2005) ricorda come il dominio di questo software come ausilio utilizzato nei seminari, abbia prodotto il paradosso che non c’è più uno strumento al servizio di un utente ma un utente piegato alla logica dello strumento: l’utilizzo di Power-Point, con la sua filosofia speaker-oriented piuttosto che content-oriented impone uno stile povero, frammentato in una successione di parole chiave raggruppate in blocchi isolati (le famose slide) a scapito di una coerente linea di ragionamento e fluidità narrativa, che irreggimenta eccessivamente il discorso e incoraggia l’utilizzo di accostamenti di formati (immagini, colori, video) che spesso hanno solo un effetto estetico e di impatto visivo a scapito 19 della profondità dei contenuti concettuali. E tutto questo nella migliore delle ipotesi, ossia quando lo strumento viene utilizzato al meglio. Purtroppo la casistica di un utilizzo grossolano del mezzo nella forma (slide troppo fitte, testo troppo piccolo, accostamenti assurdi di colori, formati delle immagini non adatti, etc.) e nella sostanza (assenza di integrazione tra parlato dallo speaker e contenuto scritto delle slide) è tutt’altro che infrequente. Tornando a InnovAction, in questo genere di manifestazioni lo spettatore viene generalmente colpito da un flusso comunicativo intenso in un tempo abbastanza contenuto. Segue una pausa e poi si ricomincia con una nuova sessione e così via. Anche se il pubblico presente alla manifestazione era eterogeneo alcune categorie risultano primariamente coinvolte nel meccanismo comunicativo della VSR. È il caso dell’imprenditoria locale. Tradizionalmente, per quanto riguarda la Regione, si tratta di un soggetto concreto, che bada al sodo e crede poco ai discorsi teorici, tende ad avere una visuale limitata al breve periodo, conosce bene le problematiche del proprio settore ma manifesta una certa chiusura rispetto a questioni che non riguardano direttamente il business di riferimento e scarsa propensione alla cooperazione inter e trans-settoriale. Si tratta ovviamente di una tipizzazione di massima, che tra l’altro sta evolvendo rapidamente di pari passo con i processi di passaggio intergenerazionale che investono la regione, ma tali atteggiamenti mentali incidono sulla realtà economica e hanno riflessi precisi sulla messa in atto della pratica discorsiva della VSR. Convincere questo genere di imprenditore non è cosa da poco, ed è tutto da dimostrare che cornici come quella di InnovAction 2006 facciano breccia su questo target. Un altro target primario è costituito dai giovani, sia di provenienza universitaria (studenti, laureati, dottorandi) ma anche più vicini al mondo lavorativo e imprenditoriale. Trattando di visioni del futuro questa fascia rappresenta un elemento strategico fondamentale e il suo coinvolgimento un aspetto primario. L’importanza di uno stimolo verso i giovani - soprattutto se dotati di titoli scientifici di alto livello - a prendere in considerazione l’avvio di iniziative imprenditoriali nei settori di punta e ad alto contenuto tecnologico - magari facendo gruppo, unendo le forze e le diverse competenze culturali e professionali - è un “cruccio” che ha caratterizzato molti interventi sia di Illy che di Honsell durante le varie fasi della definizione della VSR. Un argomento tipicamente sottolineato dal Rettore dell’ateneo udinese concerne ad esempio l’esigenza di instillare nei giovani studenti lo spirito imprenditoriale, la voglia di “fare impresa” a fronte di una tradizione universitaria che generalmente tende a formare “dipendenti” piuttosto che “imprenditori”3. L’entusiasmo di Honsell nei confronti di manifestazioni come START CUP, la gara delle idee imprenditoriali più innovative aperta agli studenti, è assai indicativo. Ai fini pratici si possono considerare i vari incontri previsti durante la manifestazione come suddivisi in queste categorie: categoria 1 discorsi delle autorità categoria 2 analisi di best-practice, progetti e/o realtà economiche e territoriali; 3 Rileviamo ad esempio la presenza in InnovAction di uno stand sponsorizzato da MTV, il network musicale assai noto presso i giovani. 20 categoria 3 analisi tecniche su aspetti economici, strumenti finanziari e problematiche gestionali connesse con l’innovazione; categoria 4 incontri incentrati sulla presentazione o descrizione di prodotti e tecnologie all’avanguardia; categoria 5 incontri misti su tematiche di più ampio respiro riguardanti gli aspetti sociali, economici e della creatività e dell’innovazione tecnologica; categoria 6 altri (eventi-spettacolo come il teatrale PROVE DI VOLO). La categoria 5 (comprendente ad esempio l’incontro iniziale di giovedì 09/02 “DALLA CREATIVITÀ ALL’INNOVAZIONE”, oppure quello di sabato 11/02 dal titolo “OGGI IL MONDO DI DOMANI: CONOSCENZE, IDEE, INNOVAZIONE”), è la più interessante e la più specifica per una analisi delle performance che si rifanno al discorso sulla VSR. A queste in particolare fanno riferimento le considerazioni che seguono che tuttavia tengono conto anche dell’osservazione delle altre categorie nell’ottica di una valutazione più generale. Inoltre in questa analisi riassuntiva delle performance si ritiene utile prendere in considerazione anche di quanto si è osservato in occasioni che hanno preceduto e preparato InnovAction come il convegno “Bisogni & Opportunità” di cui si è parlato in precedenza. Tuttavia i casi del punto 5 rappresentano sicuramente le realtà più emblematiche di questa manifestazione con riferimento alla diversità dei partecipanti coinvolti e alla qualità, e varietà dei temi trattati e delle tipologie di performance osservate. Per una maggiore chiarezza si è pensato di radunare in alcune tipologie descrittive - dai confini inevitabilmente labili - gli atteggiamenti e gli atti linguistici che riproducono la narrativa della VSR sottolineando il fatto che il discorso corrispondente presenta una pluralità di valenze comunicative, scientifiche, politiche - che si mescolano producendo qualcosa di nuovo. Le considerazioni che seguono sono frutto dell’osservazione diretta degli attori - relatori e conferenzieri – agli eventi sopra descritti, con particolare riferimento agli incontri prima ricordati. • • Tattica dell’”atto di fede”. A dispetto della incertezza e del carattere fuzzy dei concetti che ne costituiscono il fondamento, le performance osservate raramente erano riconducibili a valutazioni critiche o che quantomeno problematizzassero gli assunti di fondo su cui si basa l’edificio della VS. Le implicazioni esistenti tra conoscenza (scientifica e tecnologica)-innovazione sistemica-benessere regionale sono assunti come un dogma discorsivo che non si possono mettere in discussione. Questi aspetti costituivano la premessa di fondo da cui partire e sono dati per scontato anche in chi ascolta. Questo aspetto vale anche per alcune curiose associazioni linguistiche che si notano e che sarebbero meritevoli di ulteriori approfondimenti: conoscenza-innovazione-ricchezzasoldi-felicità-benessere-comunità-identità, e si potrebbe continuare. Occorre fare breccia su un tessuto imprenditoriale che ha bisogno di fiutare opportunità nel breve periodo. Tattica della negazione. Si riallaccia al punto precedente e si riferisce al silenzio nei discorsi di contro-esempi o evidenze che possano mettere in discussione la logica del dogma. Il fatto che sia dia ampio spazio alle best practice tende a favorire una sorta di 21 • • • • • convergenza cognitiva che non lascia spazio a vie alternative. Ad esempio il discorso relativo alle nanotecnologie si incentra sugli aspetti strategici e di business di quella che è considerata la prossima rivoluzione tecnologica. Non vengono mai sollevati gli aspetti problematici, etici e di regolazione che coinvolgono tali tecniche e che potrebbero rivelarsi tanto se non più pressanti al fine del loro viluppo di quanto lo sono stati ad esempio nel caso delle biotecnologie. Tattica dell’aneddoto. Al fine di solleticare l’emotività della platea, è tipico il ricorso ad aneddoti curiosi, casi eclatanti, ricordi ed esperienze personali vengono ad assumere significati più generali, che fanno caso a sé ma da cui si possono cogliere importanti lezioni. Molte “personalità” di richiamo intervenute alla manifestazione lo hanno utilizzato per sottolineare l’importanza di questa o quella dimensione strategica. Inevitabile il richiamo poi ai luoghi comuni e alle mitologie contemporanee, come i leggendari garage di Silicon Valley dove studenti neolaureati, poveri di mezzi ma armati di idee e talento, davano vita ad progetti imprenditoriali destinati a imporsi come realtà leader alla scala globale. Tattica della “potenza dei numeri”. Un altro elemento retorico ricorrente è costituito dal ricorso ad evidenze di tipo quantitativo-statistico a sostegno delle tesi. Spesso si citano ricerche, si richiamano numeri per avvalorare questa o quella visione, oppure per sottolineare l’inevitabilità di un certo trend; in altri casi questo è funzionale a motivare una linea di condotta che sarebbe opportuno seguire. Spesso le fonti sono incerte o assenti del tutto. L’aspetto degno di nota è che anche quando il discorso sia basato su metodologie formali rigorose l’aleatorietà sempre insita nel discorso statistico tende ad essere sotto-evidenziata a favore di un enfasi fortemente deterministica. Tattica dell’”alternativo è bello”. Si osserva come a volte sia volutamente ostentato un atteggiamento, un linguaggio, un modo di esprimersi colloquiale, “giovane”, abbondante di neologismi e di espressioni gergali alla moda, come a voler prendere le distanze dall’impostazione paludata e rituale dell’immaginario convegnistico tipico con quelle seriose tavole rotonde incentrate su temi economici e politici. Tattica della mobilitazione. Sono soventi i richiami a “mettere insieme le forze”, a “fare sistema”, a “mettere da parte le incomprensioni”. Queste costituiscono affermazioni che si sono ascoltate diverse volte nel corso dei vari interventi. Tali proposizioni sono un momento importante e delicato del processo di coinvolgimento; generalmente si tratta di affermazioni generiche, rivolte alla regione nel suo complesso. Tattica dell’ottimismo. È la modalità con cui si tende a concludere gli incontri, con i richiami alle risorse presenti nella regione, al fatto che esiste una consapevolezza, una condivisione di valori, un agire verso mete comuni. Un ulteriore aspetto interessante degli eventi riferibili alla categoria 5 si lega ad una sorta di “interscambiabilità” dei ruoli degli invitati a parlare, sintomo di una retorica forte, che ha raggiunto una fase matura di trasformazione e che oramai si è consolidata fino al punto di 22 rendersi in un certo senso indipendente dagli elementi cognitivi che inizialmente la componevano. Nelle performance associate alla VSR si osserva come i ruoli, così come il linguaggio, tendono ad essere più fluidi. Si può osservare l’economista che scivola nel gergo del politichese, e il politico che si lancia in disquisizioni teoriche e analisi statistiche, oppure lo scienziato che decanta le virtù che una data tecnologia può apportare all’umanità (è questo il tipico caso delle nano-tecnologie considerate la panacea commerciale prossima ventura). 4 COSIDERAZIOI COCLUSIVE 4.1 Futuro e innovazione: un nuovo determinismo? InnovAction, la Fiera dell’Innovazione, è un evento-contesto per certi versi unico. A livello internazionale in nessun altro posto si era pensato di dedicare una manifestazione al fine di celebrare, in un modo che ha quasi del religioso, l’essenza magica che secondo un certo filone di pensiero alimenta i meccanismi dell’economia contemporanea: l’innovazione. Al di là degli aspetti promozionali e strumentali che l’evento incorpora, indubbiamente questa manifestazione coglie genuinamente nel suo genus loci quegli elementi che caratterizzano una certa cultura - e filosofia di vita - che identifica una specifica élite imprenditoriale-politico-accademica, che guarda al futuro e alle sue sfide con spirito dinamico, proattivo, di stimolo all’intelligenza e all’azione. Questa cultura si è andata consolidando di pari passo con l’adozione di alcune retoriche (relative alla realtà dei processi socio-economici alla scala globale, al ruolo del sapere tecno-scientifico, all’importanza giocata dall’azione sinergica, il “fare sistema”, e tutto il resto che si è descritto in precedenza) e dei propri “padri spirituali” (Porter, Negroponte, De Bono). Giuste o sbagliate che siano queste convinzioni, le corrispondenti retoriche hanno attualmente una notevole influenza sui processi di governance regionale ed entrano prepotentemente nella costruzione delle VS corrispondenti. A parte aggiustamenti di importanza secondaria, la VS che abbiamo descritto qui per il caso friulano è di fatto applicabile a moltissime altre realtà regionali e urbane, data la diffusione di quel tipo di cultura che caratterizza le comunità (e gli spazi mentali corrispondenti) che abbiamo descritto e che oggi è lecito definire la cultura dell’innovazione tecno-scientifica. Si tratta, a ben vedere, di una riedizione riveduta, corretta e debitamente aggiornata del “mito del progresso”. Del resto la natura quasi “favolistica” che hanno assunto alcuni casi di studio (la Silicon Valley, il modello americano, etc. ) e i vari atti di fede di cui si è parlato sono lì a dimostrare come le peculiarità discorsive, le forme della narrazione che danno sostanza alla cultura e alla natura stessa della VSR, facciano riferimento ad archetipi, modelli, stilemi, forme del pensiero riconducibili ad un preciso universo mitologico. Poiché oggi molte VSR si nutrono di questa mitologia è assai difficile poterle valutare secondo crismi di razionalità e infatti è tipico l’atteggiamento di chi vi si tuffa dentro con atteggiamento acritico e aprioristico e di chi d’altra parte le rigetta appunto in quanto pura e semplice ideologia senza fondamento empirico. Un po’ come succede per le squadre di calcio, si tifa pro o contro più per passione che per ragione. 23 Per quanto riguarda il problema del grado di “risposta” da parte della comunità locale a questo evento, si tratta di un problema che necessità di una analisi qualitativa e quantitativa approfondita che in questa sede non verrà effettuata ma che può costituire uno stimolate problema di ricerca. Delle varie anime che la manifestazione ha incarnato a vario modo, alcune hanno finito con l’incidere fortemente sul contesto influendo sulla sua natura di possibile nodo, sul suo grado di apertura e in ultima analisi sulla qualità delle performance viste. Questi elementi, uniti ai vincoli di natura spazio-temporale del contesto, producono precisi effetti di inclusione/esclusione ed hanno influenze sulla natura delle performance e sul grado di apertura del contesto InnovAction inteso come potenziale “nodo”. È plausibile immaginare che la natura ibrida e la peculiarità dell’evento abbia prodotto in particolare due distinte tipologie di visitatore. Il visitatore con interessi specifici e mirati, che vi si reca consapevolmente per concentrarsi in un numero ristretto di incontri o eventi, può aver trovato utile la manifestazione in particolare sul versante della “costruzione di alleanze” (instaurare nuovi contatti, sviluppare opportunità di collaborazioni, accordi partnership, progetti di ricerca, etc.) molto meno invece su quello dell’approfondimento tecnico-scientifico e/o economico-finanziario. Il visitatore generico e occasionale, mosso dalla curiosità personale o indotto dal battage mediatico, si trovava di fronte ad una molteplicità di avvenimenti e percorsi possibili, con scarse possibilità di poter discernere un possibile percorso da un altro, per via della mancanza di una chiave interpretativa di un contesto nuovo e dell’assenza di forme di indirizzamento, di percorsi tematici e di gestione degli eventi che dessero organicità e veicolassero secondo una qualche logica l’esperienza di chi intendeva fruire il luogo. In queste condizioni è plausibile che il visitatore occasionale sia indirizzato verso l’evento più gettonato mediaticamente come la conferenza che vanta l’ospite illustre ampiamente rilanciato dagli organi di informazione (come nel caso dell’affollatissimo incontro OGGI IL MONDO DI DOMANI di sabato 09/02 che vedeva la presenza del Nobel Edward Prescott e del famoso economista Jeremy Rifkin; un successo per l’organizzazione, un po’ di svantaggi per la gente costretta a seguire i vari interventi in piedi in condizioni di ascolto e scarsa visibilità). Bibliografia 1. Ache P. (2000) Vision and creativity - challenge for city regions. Futures, 32:435–449. 2. Albrechts L. (2006) Shifts in strategic spatial planning? some evidence from Europe and Australia. Environment and Planning A, 38:1149–1170. 3. Barnett C. (2005) Ways of relating: hospitality and the acknowledgement of otherness. Progress in Human Geography, 29, 1:5–21. 4. Bristow G. (2005) Everyone’s a winner: problematising the discourse of regional competitiveness. Journal of Economic Geography, 5:285–304. 24 5. Cagnina M. R., editor. (2003) Indagine sull’offerta di ricerca scientifica e tecnologica in Friuli. Fondazione CREF (disponibile sul sito: www.provincia.udine.it). 6. Cariola M., Rolfo S. (2004) Evolution in the rationales of foresight in Europe. Futures, 36:1063–1075. 7. Cook P., Heidenreich M., Braczyk H. J. editors (2004). Regional Innovation Systems. The role of governance in a globalized world. Routledge, London and New York. 8. Demeritt D. (1996) Social theory and the reconstruction of science and geography. Transactions of The Institute of British Geographers, 21:484–503. 9. Demeritt D. (2001) The construction of global warming and the politics of science. Annals of the Association of American Geographers, 91(2):307–337. 10. Doloreux D., Parto S. (2005) Regional innovation systems: Current discourse and unresolved issues. 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The interest in the analysis of the discourses has also involved in recent years many practitioners of the Regional Sciences. In the paper it will be stressed in particular three interrelated aspects of the RSV under study: the strongly economism that characterizes it; the mechanisms of inclusion/exclusion that produces; the questionable scientific validity of theories on which it is based. In particular, we recognize that the VSR can be characterized by a so called "culture of the innovation": this term refers to the adoption of some “linguistic games” (related to the reality of the economic challenges in the so called “knowledge society” in times of global competitiveness, to the role of the to techno-scientific knowledge, the importance played by the “synergic action” of stakeholders, the pleas to “make system", and others) and of proper "spiritual fathers" (Porter, Negroponte, De Bono). 26