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DELLA DOMENICA
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ANNO XVI - N. 8
DOMENICA 3 MArzO 2013
SPED. ABB. POST. - DL 353/2003
(Conv. in L. 27/02/2004 N° 46 Art.1, Comma 1, DCB) ROMA
TAXE PERCUE - TASSA RISCOSSA - ROMA ITALY
EURO 1,50
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24 - 25 FEBBRAIO 2013 - ELEZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE
Nencini: serve
un governo di responsabilità
P
remesso che in questa situazione non ci sono domande facili a
cui rispondere e dunque metto in
conto risposte problematiche, devo
innanzitutto chiederti: come se ne
esce? tra Grande coalizione, chiedere i voti a Grillo, governo ‘monocolore’ o lasciare in carica quello ‘tecnico’ che c’è per andare alle
elezioni anticipate nel più breve
tempo possibile, tu che strada
prenderesti?
La strada migliore per l’Italia nella situazione in cui si trova è quella di un
‘governo di responsabilità’. Ma non
bisogna solo considerare la formazione del governo. Ci sono da eleggere i
vertici di Camera e Senato e il successore di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica. C’è un bisogno assoluto di avere istituzioni profondamente convinte di essere al servizio dell’Italia. La proposta del governo di responsabilità, per l’estrema
delicatezza della situazione, va rivolta
all’intero Parlamento.
Grillo ha conquistato milioni di voti lasciando non solo noi, ma mezzo
mondo senza parole. Non è solo merito suo, è anche demerito della politica, anzi dei partiti. Vogliamo assegnare delle responsabilità?
Chi ha responsabilità di governo porta anche responsabilità maggiori.
Dunque sicuramente c’è una responsabilità del governo in carica e una assai più grande in quello che lo ha preceduto. Il governo Berlusconi ha aggiunto a una crisi economica e finan-
ziaria che ha investito l’Europa e il
mondo intero, altre tre crisi, mettendo
il nostro Paese in una situazione difficilissima. Berlusconi porta tutta la responsabilità di una crisi politica, di
una crisi morale e di una crisi, fortissima, di missione. Ha fallito nel compito più importante che doveva ssolvere, quello di dare una rotta all’Italia
per uscire dalla tempesta.
Però quanto avvenuto oggi con
Grillo richiama alle memoria la nascita della lega e poi l’ascesa di Di
Pietro...
La crisi più violenta per la politica,
quella del 1992, ha radici profonde.
Era cambiato il quadro sociale del
Paese. Non possiamo dimenticare che
l’industria aveva ceduto il passo al
settore terziario. Che stava emergendo una società nuova, quella della conoscenza che andava interpretata con
moduli nuovi perché essa stessa generava problemi nuovi. Questa è la radice della diversità e Berlusconi ha
mancato di soddisfare proprio quella
segue a pagina 2
Gli eletti
Riccardo Nencini Senato; Marco Di lello Camera; Pia locatelli
Camera; lello Di Gioia Camera; Oreste Pastorelli Camera;
Fausto Guilherme longo Senato; (Circoscrizione Estero Sudamerica)
Dopo la fine della Repubblica dei partiti e la vittoria di Grillo
Ci serve un governo di minoranza,
un programma limitato e a tempo
Alberto Benzoni
Q
ueste elezioni sono state un verdetto di morte. Per tutte le culture
politiche della prima e della Seconda
Repubblica, e anche per le formazioni
che le rappresentavano.
Scomparsi: i postfascisti, i liberali, i
democristiani e/o i centristi, i repubblicani, i socialisti, i verdi, la sinistra radicale, di tipo sociale o giustizialista. I
leghisti al livello minimo del 2001, in
quanto ai democratici, hanno continuato a fare il vuoto intorno a loro, seguendo, magari senza rendersene conto, il modello di Veltroni del 2008, ma
per ottenere un risultato di 8 punti inferiore a quello di allora. A destra, il
Pdl tiene i risultati di Forza Italia nel
1994, ma aggrega intorno a sé una
massa indistinta di frattaglie.
La sconfitta, peraltro, è anche dei partiti in quanto “trasmettitori di messaggi” e di iniziative politiche riconoscibili e condivise. E, in questo caso, particolarmente del Pd, l’unico che pretendesse di costituire un collettivo o,
nel pessimo neologismo in voga, una
“squadra”.
Sarà, ma nessuno se n’è accorto. Perché questo grande e glorioso collettivo
non è stato in grado di trasmettere un
Dizionario
di antipolitica
Marco Di lello
Ugo intini
messaggio che è uno, se non quello di
una voluta vaghezza di idee e di propositi, vaghezza che si è trasformata in
un handicap catastrofico sui due temi
fondamentali dei rapporti con il centro
e di quelli con l’Europa.
Certo, il centro-sinistra ha vinto. Ma la
sua è chiaramente una vittoria di Pirro,
di più un successo (il 55% dei seggi
con il 30% dei voti…) che rischia, a
breve, di tradursi in un vero e proprio
boomerang politico. Per il semplice
fatto che spetterà a Bersani di presentare una proposta di governo, in un
contesto in cui queste proposte o non
sono praticabili o hanno, comunque,
per il Pd, un costo politico evidente a
tutti. Tanto che, all’interno dello stesso
Partito democratico, già ci si comincia
a dividere, e in modo plateale, sulla linea da seguire.
Per tornare su due altri “verdetti” di
questa tornata elettorale. Che riguardano, insieme, la natura della sinistra e il
nuovo discrimine destinato a segnare il
confronto politico nel nostro Paese.
Per capire la natura del problema partiamo da una duplice constatazione.
Primo, la sinistra di Governo, come
quella radicale sono, ambedue, uscite
sconfitte dalle urne. Il Pd, si diceva, è
segue a pagina 2
i servirà proprio lo stellone, quello famoso che sta anche nei timbri
dello Stato. Col passare dei giorni crescerà la consapevolezza che serve
davvero un santo a cui affidarsi perché
lo scenario peggiore, quello che anche
il Presidente della Repubblica aveva
ripetutamente segnalato alle forze politiche quando indicava l’urgenza di
modificare la legge elettorale, si è realizzato. Si sa chi ha perso, però non ha
vinto nessuno, o meglio, ha vinto solo
l’antipolitica.
Per ora si possono intravvedere solo
soluzioni di emergenza, cosiddette di
scopo, perché la debolezza dei numeri
al Senato, innanzitutto, impedisce
qualunque soluzione politica stabile.
Nè Grillo, né Berlusconi sono ‘coalizionabili’, ovvero le loro forze parlamentari non possono essere sommate
per sostenere un governo politico. Solo il PD e la Lista Monti, potrebbero
trovare un compromesso, ma non
avrebbero i numeri per una maggioranza e un governo di Grande coalizione, ovvero PD, PDL, Lista Monti,
porterebbe altra acqua al Mulino Grillo senza tener conto degli effetti più o
meno dirompenti all’interno all’interno del PD innanzitutto.
Il crinale si fa strettissimo perché le
soluzioni di emergenza, come quella
di un monocolore PD che si cerca i voti in Parlamento di giorno in giorno, o
del governo attuale che resta in carica
come governo ‘tecnico’, non solo sarebbe sposto ai venti tempestosi degli
umori parlamentari e dei mercati, ma
si giustificherebbe solo con un ritorno
alle urne a data anticipata.
E perfino questa strada di un ritorno
anticipato alle urne non può essere
quella dei tempi brevissimi, perché il
Quirinale è entrato nel ‘semestre bianco’ e non può più sciogliere le Camere, né una, né tutte e due. Nella migliore (peggiore?) delle ipotesi se ne
riparla tra quattro mesi o giù di lì.
Si può governare un Paese come l’Italia in queste condizioni per più di tre o
quattro mesi?
Dunque nel rompicapo entra anche
l’elezione del successore di Napolitano e qualunque accordo tra le forze
politiche deve mettere nel conto anche
il nome del futuro inquilino del Quirinale; anzi lo deve mettere in cima alla
lista visto il ruolo cruciale che assumerà nei mesi a venire. E nessun accordo è davvero praticabile se non si
trova un accordo anche sulla legge
elettorale essendo ormai chiaro a tutti
che rivotare col Porcellum significa
certificare il naufragio dell’Italia.
I socialisti tornano in Parlamento dunque in una situazione difficilissima,
forse la peggiore dal dopoguerra. È
entrata in crisi la politica perché la sfiducia dilagante – giustificata o meno
l’
antipolitica nasce certo, innanzitutto e come è ovvio, dal degrado della politica stessa, dall’odioso
senso di impunità di capi e capetti, cui
hanno concorso venti anni di berlusconismo insieme all’assenza (caso unico
in Europa) di partiti veri, con la credibilità derivante dalla continuità e dalla
storia. Quale antidoto alla retorica che,
anch’essa, alimenta la antipolitica, e
quale strumento per la ricerca di una
soluzione, non è tuttavia inutile partire
dal dizionario, ovvero dall’ABC sul
significato delle parole e sul loro peso
nella realtà del Paese.
inciucio. Il termine, imposto a suo
tempo da Di Pietro, è oggi stato ereditato da Grillo. Nell’ultimo sciagurato
ventennio, è stato accettato passivamente per opportunismo, o viltà, o
ipocrisia, o semplicemente stupidità.
Oppure per tutte e quattro queste ragioni insieme. In tal modo, si è ridicolizzata e delegittimata l’essenza stessa
della politica, che è da sempre, in tutte
le democrazie del mondo, al contrario,
“l’arte del possibile”. Fatta pertanto di
mediazioni, compromessi, paziente ricerca di punti di equilibrio, realismo,
rinunce personali e collettive.
Bipolarismo. Da decenni insistiamo
che funziona nei Paesi dove in ciascuno dei due poli l’area della protesta
confusionaria, della demagogia populista e dell’estremismo risulta assolutamente marginale. Non ha funzionato
in Italia, perché questa area (che per
semplicità si può definire “della irrazionalità”) è sempre stata da noi, al
contrario, determinante in ciascuno
dei due poli. Sino a che (vellicata e legittimata dagli apprendisti stregoni di
entrambi gli schieramenti) si è ingigantita oltre misura, gonfiata dalla
“diseducazione” alla politica, ed è
esplosa all’interno dei due poli, fuosegue a pagina 2
Il nodo dei Cinque Stelle e gli errori
del PD nella campagna elettorale
olo nell’ultima settimana i partiS
ti di destra, di centro e di sinistra
hanno ritenuto meritevole di qual-
Fabio Fabbri
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Diario elettorale
Nencini, desiderio cambiamento
genererà ingovernabilità
“C’è la conferma del desiderio di
un forte cambiamento, ma questo
genererá ingovernabilità”. È il
commento di Riccardo Nencini,
segretario nazionale del Psi, ai dati
parziali dei risultati delle elezioni
politiche. “Da socialisti dovremmo
gioire: noi torniamo in parlamento,
Di Pietro è fuori. Da italiani siamo
preoccupati. C’era bisogno di stabilità, gli italiani hanno scelto l’ingovernabilità”.
Di Lello, dare risposte
agli elettori di Grillo
“Non si possono eludere le domande che arrivano dalla piazza di Grillo se non vogliamo ritrovarci a
combattere contro una nuova forma
di demagogia populista”.
È il commento di Marco Di Lello,
coordinatore della segreteria del
PSI e candidato nelle liste del PD
per la Camera in Campania alla
Radio CRC.
“Dobbiamo dare delle risposte
serie e credibili anche a quegli elettori che hanno votato Cinque Stelle. Questo non vuol dire prendere
per buone tutte le proposte di Grillo, ma discuterle sì, e quando è
giusto anche condividerle e portarle avanti. Se saremo maggioranza
terremo conto di quanto chiedono
gli elettori del Movimento, altrimenti si dovrà tornare al voto e
domandare nuovamente la fiducia
agli elettori”.
Di Lello, Quanto si farà
paghare la Rai per i sondaggi?
segue a pagina 2
Inevitabile
un ritorno
alle urne
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- Elezioni 2013 -
Lo Stellone
e le nostre idee
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che attenzione il “pericolo Grillo”.
Prima di allora la contesa è stata pigramente incentrata sul bipolarismo di guerra fra sinistra e berlusconismo, con la sola variante delle
‘salita’ in campo di Monti.
Eppure il caso Parma, con la disfatta dell’‘usato sicuro’ del PD, il Presidente della Provincia candidato
segue a pagina 3
“Se verrò eletto la prima interrogazione che intendo fare è per sapere
non quanto la Rai ha pagato per i
sondaggi e le proiezioni su queste
elezioni, ma quanto si farà pagare”,
ha affermato in merito Di Lello,
commentando l’enorme discrepanza tra i dati diffusi e forniti della
Rai e quelli ufficiali del Ministero
dell’interno.
Liguria. Viaggi
“Dai risultati elettorali di ieri emerge con chiarezza il desiderio di un
forte cambiamento”. Lo dichiara
Maurizio Viaggi, segretario del Psi
Ligure.
“Non averlo saputo pienamente
comprendere e interpretare è stato
l’errore del centrosinistra. I socialisti tornano in Parlamento e il nostro
contributo è stato determinante per
ottenere il premio di maggioranza
che questa legge prevede. Non
nascondiamo la nostra preoccupazione, poicé c’era bisogno di stabilità e ora rischiamo l’ingovernabilità. Ora affiancheremo Pierluigi
Bersani nell’impegnativo compito
di garantire governabilità con senso
di responsabilità nei confronti del
Paese e di consapevolezza della
grave crisi che sta attraversando. In
Liguria a Maggio saremo chiamati
a scadenze elettorali per il rinnovo
di molte amministrazioni comunali
dove i socialisti saranno presenti
con propri candidati e liste. Dai
territori e dalla partecipazione
democratica deve rinascere un
ritrovato consenso e condivisione
con i cittadini”.
Abruzzo. Carugno
“Il risultato elettorale che si va delineando in Abruzzo dimostra come
sia sempre piu necessaria una coalizione di centrosinistra compatta e
coesa e quindi si impone una rapida
segue a pagina 3
DELLA DOMENICA
2
www.partitosocialista.it
Lo Stellone
e le nostre idee
Di lello dalla prima
che sia – nei partiti incrina alle fondamenta il sistema basato sulla democrazia parlamentare.
Di questo stato di cose i partiti, il PSI
compreso, portano la gran parte della
responsabilità. Prima di tangentopoli
venne sottovalutato il fenomeno della
Lega, anzi si chiuse gli occhi di fronte
alla protesta crescente degli strati produttivi del Nord del Paese. Dopo si fece finta di pensare che Di Pietro, con
l’interventismo di una parte della magistratura, avrebbe sanato l’Italia. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La
corruzione è cresciuta e a rubare non
sono più partiti (che almeno, di solito,
con quei soldi finanziavano la politica), ma i privati per comprarsi ville,
yacht e Ferrari, (o fuoristrada quando
nevica a Roma).
Ci serve un governo
di minoranza, un ...
Benzoni dalla prima
8 punti sotto il 2008, siamo al 25%, più
o meno sui livelli del solo Pci nei primi decenni del dopoguerra. In quanto
alla sinistra radicale, nel modello sociale come in quello giustizialista,
questa, pur in una situazione apparentemente molto propizia, è ridotta ai minimi termini. A mangiarsi tutto, a raggiungere, di primo acchitto, un risultato senza precedenti nella storia politica
italiana ed europea (dal nulla a primo
partito con quasi 8 milioni e mezzo di
voti) è una nuova formazione politica,
una formazione che ha ereditato buona
parte dei suoi consensi dalla sinistra
tradizionale per la duplice e ottima ragione di rappresentare, essa sì, una
“costola della sinistra”, ma al tempo di
modificarne, anche in modo radicale, i
tradizionali parametri di riferimento.
“Costola della sinistra”, indiscutibilmente, nel messaggio e, soprattutto,
nella natura del personale politico incaricati di trasmetterlo. Mutamento radicale nei parametri: schematizzando
al massimo, non più lavoro contro capitale od onesti contro corrotti, ma
piuttosto cittadini contro casta. Una
casta che, agli occhi di tutto, appare
globalmente responsabile dei disastri
dell’ultimo ventennio.
Populismo di sinistra, dunque. In un
orizzonte che comprende necessaria-
Nencini: serve
un governo di ...
dalla prima
promessa di rappresentare i ceti emergenti con cui si era entrato in politica e
conquistato il governo. Ma la questione non riguarda solo la classe politica.
Non si può infatti ignorare il ritardo
clamoroso di tutte le classi dirigenti.
Da Ligresti a Rizzoli c’è stato un crollo verticale delle capacità di ‘governo’
dell’industria e della finanza. Se ci
guardiamo alle spalle, vediamo per
esempio che nella Borsa italiana in testa ci sono sempre le stesse aziende e
gli stessi nomi. Nepotismo, familismo
e basso valore aggiunto. E non è che
sia andato diversamente nelle Università. Poi la ribellione degli elettori si è
scaricata nelle urne, ma potremmo dire
anche che la politica, con i partiti tradizionali, è stata un facile capro espiatorio per un fallimento assai più diffuso.
È vero che anche il PD non si è speso
granché per modificare la legge elet-
“E ora che volete fare? Cosa proponete? Questa è la domanda che vorremmo rivolgere agli elettori di Grillo.
Comprendiamo la loro rabbia, ma anche la sterilità di una protesta di queste
proporzioni.
È il Paese di Masaniello perché se è
vero che i partiti ‘fanno schifo’, come
dice la vulgata di Cinque Stelle e dintorni, è vero anche che questa politica,
di questi partiti, è stata fatta dagli italiani, non dai marziani. Dunque prima
dobbiamo curare noi stessi, il nostro
scarso senso civico, la bassa propensione a pagare le tasse e rispettare le
regole, ecc..
Noi abbiamo solo la forza delle nostre
idee, della tradizione di un partito che
da tempo ha scelto la strada del riformismo per risolvere i problemi un po’
per volta, nel segno della giustizia sociale e della libertà. E queste nostre
vecchie e care idee le porteremo in
Parlamento, dove siamo tornati dopo
un’assenza durata cinque anni.
mente un giudizio negativo sull’Europa come è e come si manifesta. Un
messaggio, anche questo, per la nostra
sinistra di governo. Giusto e doveroso
scommettere sulla dimensione europea, ma per favore avendo qualcosa in
mano, altrimenti il nostro, doveroso,
internazionalismo rischia di non essere
né capito né apprezzato.
In questo clima e con questo mandato,
il Movimento Cinque Stelle appare oggettivamente ingestibile, almeno come
punto di riferimento di alleanze e/o accordi di tipo tradizionale, tanto più se
riferibili a combinazioni di governo.
Ed è questa una delle premesse indispensabili per assumere un qualsiasi
orientamento sul “che fare”. Già ci si
divide, al riguardo, tra sostenitori del
governissimo e partigiani dell’accordo
con Grillo, con il contorno di richieste
di dimissioni di Bersani.
A nostro modestissimo avviso due
strade o politicamente rovinose o impraticabili. Praticabile, o comunque
corretto, invece, ipotizzare un Governo di minoranza, con un programma
preciso e limitato nel tempo: riforma
elettorale e istituzionale (non c’è doppio turno senza semipresidenzialismo), misure urgenti per l’economia,
apertura di un confronto con i nostri
partner europei, e che chieda, su questa base, i necessari concorsi parlamentari. Probabile o comunque corretto. Almeno in teoria. Nella pratica un
film tutto da scrivere.
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torale visto che col Porcellum aveva
non solo le liste bloccate in mano al
segretario, ma si sentiva in tasca anche l’enorme vantaggio del premio
di maggioranza? Non aveva ragione
Napolitano a insistere sulla riforma
della legge elettorale? la si può fare
ora e come?
Questo è uno dei primi punti che il
nuovo governo deve avere nell’agenda
delle cose urgenti da fare. Resto fermamente convinto che bisogna restituire
ai cittadini il diritto di scegliere gli
eletti. Lo si può fare con le preferenze,
che incontrano molta diffidenza, ma lo
si può fare anche con dei collegi uninominali piccoli che consentirebbero
all’elettore di conoscere da vicino non
solo i candidati, ma anche i programmi. E poi darei il voto ai sedicenni.
Puoi spiegare come fa Berlusconi a
dire che praticamente ha vinto visto
che ha perso rispetto al 2008 quasi la
metà dei suoi elettori, cioè oltre sei
milioni di voti?
E la sua coalizione 7 e mezzo! Dobbiamo ammettere che le elezioni le ha
Direttore Politico
della domenica
Organo ufficiale del
Partito Socialista italiano
aderente
all’internazionale Socialista
e al Partito Socialista europeo
ANNO XVI - N.8 - DOMENICA 3 MARZO - 2013
Breve dizionario
di antipolitica
intini dalla prima
riuscendone e creandone un terzo, assolutamente nuovo: quello del “grillismo”. Volevamo così il bipolarismo e
abbiamo ottenuto il tripolarismo, con
tre poli che all’incirca si equivalgono.
Peggio. L’area della irrazionalità, ovvero delle forze che non si riconoscono
nelle grandi famiglie democratiche europee, è a ben vedere ormai la più consistente. Al grillismo infatti vanno aggiunte le componenti anomale rispetto
all’Europa ancora presenti, nonostante
l’esplosione prima ricordata, all’interno degli altri due poli: leghismo separatista, fascismo, vetero massimalismo
post comunista.
Personalizzazione. È sempre una malattia della democrazia, ma si manifesta seriamente quando ci sono davvero
leader carismatici sostenuti da un
grande consenso popolare. Altrimenti,
è soltanto ridicola. Lo è in Italia, dove
il campione della personalizzazione è
Berlusconi, il quale ha ottenuto il consenso di un italiano su cinque, se si
contano, come è giusto, anche gli astenuti (ancora meno se si pensa a quanti
lo hanno votato turandosi il naso in nome della “scheda utile”, imposta da un
sistema elettorale demenziale). Un altro campione della personalizzazione è
stato Di Pietro.
Chi non ha la memoria corta ricorda
che nel 1993 molti volevano l’elezione
popolare diretta del presidente della
Repubblica. Ma l’idea è stata accantonata perché si è calcolato che con l’elezione diretta avremmo avuto probabilmente capo dello Stato proprio l’eroe
di Mani Pulite.
Oggi tutti hanno capito chi era in verità l’eroe: Di Pietro è fuori del Parlamento, con un consenso personale probabilmente nell’ordine dello zero virgola qualcosa per cento. Così si sgonfiano la personalizzazione della politica e i palloni, appunto, gonfiati. C’è
sempre un puro più puro che ti epura.
Il grillismo ha liquidato il dipietrismo,
prendendone il posto. Non osiamo immaginare (se nel frattempo non ritornerà la politica con la P maiuscola) cosa prenderà il posto del grillismo.
Democrazia virtuale. Nel 1995, ho
scritto un libro intitolato “La democrazia virtuale”. La tesi era la seguente.
La democrazia si sviluppava ormai
non sulla realtà reale, ma sulla “realtà
virtuale”, rappresentata in modo artificioso dal media del momento: la televisione. La TV ha portato alla vittoria
Berlusconi: quello che la sapeva usare
vinte Grillo e le ha perse il centrosinistra, che c’è un vincitore e uno sconfitto. Ma i numeri dei voti nelle urne ci
confermano che il ciclo berlusconiano
si è esaurito. Se ha perso, come ha perso, quasi la metà del suo elettorato è
evidente che la caduta di Berlusconi,
nonostante le bugie e le promesse della sua campagna elettorale, si è fatta
inarrestabile. Questo però non vuol dire che è finita la destra in Italia, ma
semplicemente che lui non la rappresenta più. Che in Italia non c’è una destra come quelle del resto d’Europa e
che anche Monti, che voleva in qualche modo assumerne la guida, non ci è
Riccardo Nencini
Segreteria di Redazione
Domenico Paciucci
Direttore Editoriale
Roberto Biscardini
Società Editrice
Nuova Editrice Mondoperaio srl
Direttore Responsabile
Dario Alberto Caprio
Presidente del Consiglio
di Amministrazione
Oreste Pastorelli
Redazione
Carlo Corrér, Emanuele Pecheux
meglio e soprattutto la possedeva per
metà. Adesso, il media del momento,
che crea la “realtà virtuale” è Internet.
Come la televisione ha portato alla vittoria di Berlusconi, così Internet porta
alla vittoria di Grillo. Si può aggiungere un dato sociologico. Prevalentemente i vecchi stanno davanti al piccolo schermo e infatti votano molto per
Berlusconi. Prevalentemente i giovani
stanno davanti al computer e infatti votano massicciamente per Grillo. Si potrebbe azzardare una appendice inquietante. L’Italia produttiva non ha
tempo di stare a lungo né sul televisore
né (se non per lavorarci) sul computer.
In tal modo, è finita in minoranza.
Politici. Il termine “politico” o, peggio, “politico di professione” è diventato una offesa. Al punto che i più vecchi arnesi della politica clientelare
vanno oggi strepitando contro la politica stessa. Benedetto Croce già aveva
diagnosticato questa malattia tipicamente italiana, portatrice di qualunquismo e autoritarismo. Scriveva infatti.
“L’ideale che canta nell’animo di tutti
gli imbecilli è quello di una sorta di aeropago composto da onest’uomini, ai
quali dovrebbero affidarsi gli incarichi
del proprio Paese. Entrerebbero in quel
consesso chimici, fisici, poeti, matematici, medici, padri di famiglia e via
dicendo.
Quale sorta di politica farebbe codesta
accolta di onesti uomini tecnici, per
fortuna non ci è dato sperimentare,
perché mai la storia ha realizzato quell’ideale. Tutt’al più, qualche volta, episodicamente, ha per breve tempo messo a capo degli Stati uomini da tutti venerati per la loro probità e candidezza
e ingegno scientifico e dottrina; ma subito li ha rovesciati, aggiungendo alle
loro alte qualifiche quella della inettitudine.” Avviso per molti grillini, montiani, “rappresentanti della società civile” e apprendisti stregoni della demagogia “anti politica”.
Giovani. Da tempo imperversa, insieme a quella “nuovista”, la retorica giovanilista. Quasi che i giovani eletti
debbano essere, in quanto tali, meglio
dei vecchi. L’hanno cavalcata tutti e
tutti i Partiti si sono privati in tal modo
di non pochi dirigenti autorevoli e
competenti. Obama è un ottimo presidente giovane, così come Reagan (sia
pure da conservatore) era un ottimo
presidente vecchio. In tutto il mondo i
dirigenti si scelgono giovani o vecchi
sulla base della capacità e del consenso, non dell’età. La retorica giovanilista è infantile e qualche volta peggio. Il
fascismo ad esempio è nato anche sulla sua onda: contrapposto alle “vecchie
barbe” socialiste e liberali al canto, appunto, di “Giovinezza”. Al posto della
sinistra che predicava la “lotta di classe”, avremo in Parlamento i giovani
grillini che saranno tentati di predicare
la “lotta di classi”, ovvero di classi di
età: giovani contro vecchi. Magari tentando anche di togliere con demagogia
punitiva le pensioni ai vecchi ritenuti
troppo benestanti. Anche questo potrebbe riservare il “sonno della politica”.
libera stampa. I grandi giornali italiani sottolineano giustamente la funziona democratica della libera stampa
e danno lezioni. Tuttavia sono gli unici
al mondo che da decenni non hanno
mai capito, o previsto, ciò che sta accadendo nel Paese. Peggio. Conducono
campagne delegittimanti e devastanti
seguendo gli indirizzi del potere economico, che ne controlla la proprietà.
Come sia finita la campagna del 19921994, che ha distrutto la prima Repubblica senza costruire la seconda, lo si è
visto. E ne paghiamo ancora le conseguenze. La campagna degli ultimi mesi, condotta con i toni della antipolitica, cui ha largamente lisciato il pelo
Monti stesso, aveva l’obbiettivo di tirare la volata al presidente del Consiglio, in nome della governabilità. L’ha
invece tirata al grillismo, producendo
la ingovernabilità.
Aritmetica. Ultima e più importante
voce del dizionario.
i politologi e la grande stampa sopra
ricordata parlano soprattutto di
percentuali, ma sembrano ignorare
(e nascondere pertanto al Paese) i
numeri veri. Ai quali d’altronde,
non applicano le semplici regole dell’aritmetica. Ci hanno convinto, dal
1992 in poi, che l’infame governo
Craxi - Forlani (PSi, DC, Pli,
PSDi) era stato irrimediabilmente
delegittimato dal voto popolare e che
ciò aveva aperto le porte alla trionfante rivoluzione di Mani Pulite. eppure i quattro partiti che lo sostenevano avevano conquistato la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e al Senato (senza premi e artifici, bensì con il proporzionale puro). Non solo. Ciò che più conta, avevano ottenuto 19.169.903 voti. Più di
quanti mai ne hanno ottenuti le coalizioni vincenti della seconda Repubblica. Due milioni e 88 mila voti
in più di Berlusconi nel 2008, allorché fu unanimemente incoronato come trionfatore. tenetevi forte.
9.122.300 voti in più di Bersani nelle
elezioni attuali, allorché ha comunque conquistato, grazie all’esecrato
Porcellum, una larga maggioranza
alla Camera. Contare per credere. e
contare considerando che dal 1992 a
oggi il numero degli italiani aventi
diritto al voto è aumentato.
riuscito, o almeno lo ha fatto solo in
piccola parte.
nelle Istituzioni. Ci siamo rimasti solo
noi. Saremo un presidio per le battaglie della laicità e della libertà. Lo faremo con grandissimo dignità, in maniera pervicace, perché l’Italia ha bisogno di maggiore libertà.
Anche il PD ha perso 3 milioni e
mezzo di voti. Ha sbagliato da qualche parte, no?
Il PD ha affrontato in questi ultimi mesi due elezioni. Ha vinto le prime e
perso le seconde. Vincendo le primarie
ha creduto che fossero esaustive per risolvere la crisi del centrosinistra nel
nostro Paese. E lì èstato l’errore, senza
mettere la croce su Bersani.
Nel 2008 siamo usciti dal Parlamento e quest’anno ci siamo rientrati
mentre resta fuori Di Pietro, ingroia
e la sinistra giustizialista, e questa è
l’unica buona notizia delle elezioni.
Però ne sono usciti i radicali...
Purtroppo assieme ai radicali sono
usciti dalle Camere anche Repubblicani e Liberali e fa impressione pensare
che mentre si è appena festeggiato il
150.mo dell’Unità d’Italia, due delle
componenti che l’hanno reso possibile, che hanno fatto l’Italia unita, non
abbiano più nessuna rappresentanza
Redazione e amministrazione
P.zza S. Lorenzo in Lucina 26 – Roma
Tel. 06/68307666 - Fax. 06/68307659
email: [email protected]
Impaginazione e stampa
tabacci col suo Centro Democratico
ha avuto un risultato deludente.
Forse la lista del PSi l’avrebbe superato e l’intera coalizione avrebbe
guadagnato qualche voto socialista
in più. Scelta sbagliata di Bersani o
di Nencini?
Anche Napoleone avrebbe vinto a Waterloo se non fossero arrivati quasi alla
fine della battaglia i prussiani di Blucher... però arrivarono e questo fece la
differenza.
Penso, fortissimamente penso, che
avrebbe potuto ripetersi la situazione
del 2008. Un compagno della Sardegna con cui avevo discusso di questo
dilemma prima delle elezioni se presentare o meno il simbolo, alla fine
concordando sulla scelta fatta mi disse: “Ognuno conosce il suo cavallo”.
C.Co.
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versamento su c/c postale n. 87291001
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DELLA DOMENICA
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3
ANNO XVI - N.8 - DOMENICA 3 MARZO - 2013
Come far uscire il Partito socialista dal ‘cono d’ombra’ dei partiti più grandi
I risultati veri ci dicono che Berlusconi ha perso più di 7 milioni di voti
Parlare ai cittadini
dei bisogni dei cittadini
Altro che vittoria,
il Cavaliere è dimezzato
rigenti socialisti, fatto con prontezza
ed energia, ha permesso di rimediare.
È certo che le simpatie nei confronti di
chi, alleato, aveva mostrato così debole memoria sono scese a livelli molto
bassi.
Più recentemente altra dimenticanza.
Mi riferisco a quanto avvenuto all’interno della coalizione di centro-sinistra, dove un patto a tre è improvvisamente divenuto a quattro con l’ingresso ufficiale del CD.
A quello che si poteva considerare un
ampliamento (non sappiamo se collegialmente discusso e concordato) è seguita una contrazione con l’espulsione
Ci riferiamo spesso alla storia gloriosa
del PSI come nostra forza. Giusto farlo, ma senza dimenticare che nel rapporto tra i partiti e con la gente il peso
del partito non può fondarsi solamente
su di essa, perché i più l’hanno ormai
dimenticata, le giovani generazioni
non la conoscono e ai partiti “alleati”
interessa che sia ignorata.
La verità è che il PSI anche da chi gli è
politicamente più vicino viene considerato per quel che elettoralmente è,
ossia una piccola forza che si può nominare o ignorare, illuminare od oscurare a volontà. Solo la corposità può
impedire che l’ombra dell’uno copra
Matteo Morandini
nei fatti del PSI, non più invitato né
nominato per la presentazione del centro-sinistra in TV. Ed è stato per noi
della base inevitabile, a questo punto,
pensare che il pelo si può perdere, ma è
difficile perdere il vizio.
La cosa, in sé grave, ha avuto conseguenze immediate relativamente alla
presenza di uomini del PSI in TV. Hanno colto la palla al balzo i giornalisti
per estendere ulteriormente l’esclusione dei socialisti dalle trasmissioni, sì
che, se prima le rade apparizioni potevano attribuirsi alla piccolezza del PSI,
per cui era sufficiente invitarlo “a ogni
dimissione di Papa”, ora la sua scomparsa dagli schermi farà pensare alla
sua definitiva uscita di scena.
Perché tutto questo? Ci piaccia o no
riconoscerlo, la risposta sta nella debolezza del partito sotto l’aspetto
elettorale.
interamente l’altro sottraendolo alla
vista. Guardando al domani e volendo
garantirlo anche al nostro partito dobbiamo lavorare molto tra la gente per
convincerla.
C’è una infinità di persone (l’ho detto
altre volte) che ne sconoscono l’esistenza, che non sentendolo nominare e
non vedendo i suoi dirigenti pensano
che sia morto e sepolto.
Noi tutti abbiamo allora un preciso dovere: scendere nelle piazze, andare tra
la gente, parlare, spiegare, riferendosi
sempre ai concreti problemi, quelli del
lavoro, dei giovani e del fisco più in
particolare, che sono i più sentiti e che
prioritariamente - rispetto ad altri che
direi “elitari”, più propri di altre formazioni politiche - devono interessare
i socialisti. Solo questo potrà salvare il
Partito Socialista e ancorarlo saldamente al domani.
ri e accendere speranze (Veltroni nel
2008 aveva parlato al Paese con il discorso del Lingotto sulla bella politica)
Bersani resterà negli annali delle competizioni elettorali come il condottiero
che smacchiava i giaguari.
Certo, il risultato dell’usato sicuro piacentino-bolognese può sembrare migliore di quello parmense, ma è sfregiato dallo sfondamento delle orde di
Grillo. Forse le cose sarebbero andate
meglio se i partiti “storici”, modificando la legge elettorale-porcata, avessero
restituito ai cittadini il diritto di scegliere i loro parlamentari. Basta fare il
raffronto con le elezioni regionali, dove erano in lizza facce nuove, con possibilità di voto disgiunto.
Scrivendo sul giornale che fu diretto
da Pietro Nenni, Riccardo Lombardi e
Gaetano Arfè mi sia consentito un
amaro commento. Nella grande manifestazione del centro-sinistra a Milano
in favore di Ambrosoli sono stati chiamati sul palco Romano Prodi (prenotazione per la Presidenza della Repubblica?), Vendola, Tabacci, ma nessun
esponente socialista: nella città di Turati, di Greppi, di Aniasi, di Tognoli e
di Craxi. Un’altra constatazione: Prodi
non ha portato bene; parimenti, e secondo tradizione, non ha portato bene
l’abbraccio del giornale-partito “La
Repubblica”.
Sapremo presto quanto sarà incisiva la
disarticolazione del sistema politicoparlamentare italiano prodotto dal “ciclone Grillo”, che avrà notevoli ripercussioni sullo scacchiere europeo e internazionale.
Sotto il profilo parlamentare le incognite sono molteplici. Intanto il capo,
Grillo, e il suo braccio destro Casaleggio non sono membri del Parlamento.
Chi nominerà i presidenti dei Gruppi
parlamentari grillini? I parlamentari
eletti, o Grillo? Parteciperanno i neoeletti agli organi direttivi delle Commissioni Parlamentari, e, prima anco-
ra, agli uffici di Presidenza dei due rami del Parlamento? Nei Comuni lo
fanno, vedremo in Parlamento. Viene
alla mente un film già visto. Ricordo
quando arrivarono a Montecitorio e a
Palazzo Madama i leghisti: con aria
sprezzante e punitiva nei confronti della vecchia classe politica. Si vide un
cappio dondolare fra i banchi della Camera. Poi è finita come è finita, con il
cerchio magico di Bossi travolto dagli
scandali. Ma prima c’era stato il corteggiamento dell’allora PDS, quando
D’Alema definì la Lega una “costola
della sinistra” e stipulò nella casa romana di Umberto Bossi, mangiando
sardine, il patto che propiziò la nascita
del governo Dini in danno di Berluskaiser.
Ancor oggi D’Alema, che resta la testa
politica del PD, dopo aver proclamato
che la disfida della campagna elettorale era il duello fra Bersani e Berlusconi, nell’ultima settimana ha esortato a
dialogare con i grillini. Non mi pare
che al caso italiano che stiamo vivendo
si applicherà l’antica regola latina secondo la quale la Grecia conquistata
dai romani “ferum victorem coepit”,
conquistò ed ammansì il fiero guerriero venuto da Roma. Mentre ho sempre
pensato che i dirigenti periferici del
M5S siano in grado di amministrare gli
enti locali, ritengo invece che l’impatto dei parlamentari di Grillo sulle istituzioni nazionali possa essere difficile,
se non traumatico, accrescendo anche
l’anomalia del sistema italiano rispetto
al resto dell’Europa.
Come farà una sinistra sostanzialmente sconfitta ad uscire dal pantano politico, economico ed anche morale della
Seconda Repubblica?
Si apre un periodo amaro e travagliato
per il Bel Paese, al termine del quale
sembrano inevitabili nuove elezioni.
Uno scenario inquietante che deve stimolare anche in casa nostra un bilancio critico ed autocritico.
Giuseppe Miccichè
D
iciamolo senza mezzi termini: i
socialisti non hanno né amici veri
né simpatizzanti tra le forze politiche
presenti nel Paese.
Se ne è avuta una prova (e che prova!...) nella campagna elettorale e segnatamente nel suo momento mediano: mi riferisco al modo come sono
stati gestiti e l’accordo elettorale della
coalizione PD, PSI,SEL, e quello riguardante la presentazione di candidati socialisti nelle liste del PD.
Preciso. Sono uno di quelli, ritengo i
più, che hanno approvato l’accordo per
la presentazione di candidati socialisti
nelle liste del Partito Democratico. Coi
dubbi, molto fondati, sulla possibilità
di superare il 2% e contemporaneamente di superare l’altra lista - quella
del Centro Democratico, CD, - apparentata, non c’era altra scelta. In alternativa, unica certezza per il PSI sarebbe stata la sua definitiva scomparsa dal
panorama politico nazionale.
Non intendo lamentarmi, dunque, dell’accordo sottoscritto dai dirigenti centrali, ai quali deve andare tutta la nostra fiducia e il nostro plauso per la
tempestività e la dignità con cui hanno
difeso le ragioni del partito.
Devo dire, però, che mi ero illuso su
due cose: il rispetto della “carta d’intenti” e dell’accordo col PSI da parte
del PD, e la partecipazione di rappresentanti socialisti alle trasmissioni che
la TV dedica alle elezioni.
Su ambedue ho provato una grande delusione. Si è avuta prima la dimenticanza degli impegni sulla posizione
dei candidati socialisti nelle liste comuni e sulla autonomia dei futuri eletti. Dimenticanza spiacevole, immediatamente svelata facendo tornare la memoria a chi mostrava di averla perduta,
ma che ha prodotto una brutta impressione a pochissimi giorni dalla presentazione delle liste e con la difficoltà
che poteva conseguirne, forse insormontabile, di una eventuale raccolta di
firme per la presentazione di nostre liste a pochissimi giorni dalla scadenza
fissata dalla legge. L’intervento dei di-
Inevitabile un ritorno
alle urne
Fabbri dalla prima
alla carica di Sindaco della città,
avrebbe dovuto far riflettere. Se è vero
che i 19 anni della seconda Repubblica
si chiudono con un bilancio fallimentare, sarebbe stato giusto e saggio offrire ai cittadini, delusi e impoveriti,
una solida prospettiva di cambiamento, l’apertura di un capitolo nuovo della vita e nella storia delle istituzioni.
Ha prevalso invece il compattamento
del blocco storico della sinistra italiana. Vede bene il prof. Roberto D’Alimonte quando, su Il Sole-24 Ore del 24
febbraio, osserva che il PD non ha
scommesso sul cambiamento, ma sulla
sua identità: “Il suo nucleo organizzativo e ideologico è ancora quello dell’apparato del PDS”, lo stesso del
1994, la gioiosa e perdente macchina
da guerra di Occhetto. Volendo specificare, si può dire che questa volta la
guida del nucleo egemone è stata affidata ad un esponente dell’aurea mediocritas del post-comunismo emiliano, coadiuvato dall’attuale Presidente
della Regione Vasco Errani, indicato
come probabile sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio. Dunque, registra ancora D’Alimonte, “Renzi può
aspettare”. E’ il caso di aggiungere,
che la sconfitta del Sindaco di Firenze
alle primarie è dovuta proprio alla mobilitazione del sistema organizzativo
del PD: una macchina da guerra “domestica”, questa sì ben oliata ed efficiente.
Partito sull’onda delle primarie con la
vittoria in tasca, strada facendo Bersani
ha rivelato i caratteri dominanti della
sua personalità politica. Certo non gli
ha giovato il suo bricolage linguistico:
il “bersanese”, come lo chiama Miguel
Gotor. Anche a causa della mancanza
di idee-forza capaci di riscaldare i cuo-
t
esoro, mi si sono ristretti i sondaggi! Consiglieremmo questo titolo, parodia
di una celebre commedia hollywoodiana, a un produttore che scegliesse di
immortalare su pellicola le elezioni politiche appena archiviate. Che assieme alla certezza di un Senato senza maggioranza ci consegnano una scomoda verità:
le rilevazioni sulle intenzioni di voto, e peggio ancora quelle sul voto appena
espresso, hanno scattato una foto sballata. Fuori fuoco e fuori esposizione.
I numeri, quelli veri, dicono tutta un’altra storia. In un mondo perfetto, logica
vorrebbe che prima di intonar peana si aspettassero i dati definitivi. Se non altro
per evitare imbarazzate correzioni di tiro davanti alla cruda realtà. Ma tant’è.
Esercizio più proficuo, ma meno in voga è invece quello dell’analisi dei risultati definitivi. Dei voti assoluti, più che delle percentuali. Da consigliare vivamente e da praticare, perché aiuta non poco a capire.
C’è una notizia ed è che Berlusconi non vince. Recupera rispetto al quadro dei
sondaggi – appunto! - che da un anno lo danno per morto, ma perde, anzi straperde, davanti agli elettori. Sono infatti settemilionicentoquarantunomilaquattrocentosei (7.141.406, ma da scrivere per esteso, perché dà il senso della misura) i voti che la coalizione Pdl-Lega ha perso dal 2008 - il dato è relativo alla Camera, ed è certamente indicativo perché abbraccia una fetta di popolazione più
ampia, dai 18 anni in su.
Significa che i quattro anni di governo di centrodestra hanno provocato un’emorragia di consensi in quel campo. Il partito del Cavaliere perde oltre sei milioni di voti, la Lega più di un milione e mezzo. Entrambi dimezzati. Se Sparta
piange, Atene non ride.
Il computo dei voti rispetto a cinque anni fa è duro pure per il Pd ed il suo alleato principale di turno – ieri l’Idv, oggi Sel - che sta fra il 3 e il 4%. Nel 2008 Veltroni e Di Pietro persero con 13.689.330 voti, nel 2013 Bersani vince con
10.047.507. Mancano all’appello 3.641.823 elettori. Ingroia, che i sondaggi davano tranquillamente sopra al 4%, prende 765.054 voti. Molti meno del milione
e mezzo ottenuti dall’Idv nel 2008 e del milione e centomila della Sinistra Arcobaleno di Bertinotti. Numeri da far girare la testa (e non solo), appena edulcorati da una partecipazione più bassa, di circa due milioni, e da un’offerta politica
più ricca e frammentata.
L’unico vero vincitore, si fa per dire, è il Movimento 5 Stelle, che sbanca con
8.688.545 voti. I sondaggi lo davano attorno al 20, è risultato il primo partito d’Italia.
Un’ultima nota per il centro. Se vale il discorso fatto prima per Berlusconi, anche il risultato di Monti si può leggere come una bocciatura per chi ha governato l’Italia per quasi due anni. Il professore porta alla causa 2.823.814 voti, ma a
steccare sono i suoi alleati. L’Udc innanzitutto, che rispetto a cinque anni prima
perde ben 1.441.937 voti, e Fini, che in tutta Italia prende poco più (159.454 voti) della Lista Crocetta, presente solo in Sicilia. L’intera operazione centrista ha
prodotto un valore aggiunto di appena un milione e mezzo di voti rispetto al solo Udc di cinque anni fa.
Si dirà che la legge elettorale, quella che tutti volevano cambiare, ma magari
un’altra volta, ha prodotto il grande disastro. Si può obiettare che la legge dei numeri impone quantomeno una profonda riflessione su un’Italia ben diversa da
quella che i sondaggi si ostinavano a raccontarci.
Ma rimane ancora aperta
la questione socialista
leonardo Scimmi
D
opo le elezioni, si profila una
Grosse Koalition, un governissimo quindi tra Bersani e Berlusconi
per escludere Grillo e calmare i mercati e l’Europa.
Oppure, come dicono i tedeschi riferendosi ai colori della bandiera, una
Kenia Koalition, con i rossi di Bersani e neri di Berlusconi ed i verdi, mi
vien da dire, di Grillo.
Ma sarebbe la politica della commedia. La questione socialista, invece,
grande madre della seconda Repubblica, non è stata affrontata ed il tempo sta oramai scadendo.
Idee nuove, uomini nuovi, linguaggi
nuovi, diceva Craxi. La seconda Repubblica se fondata sull’ipocrisia crollerà, continuava il leader da Hammamet. Non si è voluto ascoltare, non si è
fatto i conti con la storia del pensiero
socialista e con la storia dei socialisti.
Ed allora, come stupirsi che il nostro
amato Bel Paese sia debole, insicuro,
strillone, in rovina e la sinistra ancora
incapace di vincere e convincere?
In tale scenario post-politico ed economicamente apocalittico, non vediamo al momento iniziative nè proposte
per risollevare il nostro Paese e riportarlo ai vertici della modernità.
Diario
elettorale
dalla prima
convocazione di un tavolo delle forze
che compongono l’alleanza di centrosinistra”. Lo afferma Massimo Carugno, segretario regionale in Abruzzo.
“È quantomai necessario stilare una
carta delle priorità e delle emergenze
dell’Abruzzo. Bisogna assolutamente
Nessuna idea nuova per rilanciare
l’occupazione, la tecnologia, l’export,
la scuola, la cultura europea, l’organizzazione amministrativa, la risorsa
degli emigrati, la partecipazione dei
lavoratori alla gestione delle imprese.
Il partito socialista, dopo aver vinto la
battaglia delle idee e della storia, ha
dovuto accettare un accordo confuso
e svantaggioso che è servito tuttavia a
rientrare in Parlamento, ed è questo
che conta oggi.
Il PD ha mostrato poca attenzione al
rinnovamento concettuale di una sinistra che sembrava votata alla vittoria
elettorale, ma che come al solito non
ha centrato l’obiettivo.
In questo quadro a tinte fosche il PSI
appare condannato ad un lento scivolamento verso le fauci del PD, poco
interessate invero a chiudere definitivamente la partita col rivale socialista.
Del resto cosa può’ fare il PSI che non
possa fare meglio e prima il PD?
Di fatto una ragione vera e propria di
esistere il PSI, ad oggi, non ce l’ha, se
non nella propria storia, identità e
nella questione socialista.
Ma se si rinuncia a questa storia, a
questa identità ed a sollevare la questione socialista, chi come e perché
dovrebbe votare per il PSI?
riportare la discussione sui problemi e
sui contenuti abbandonando le polemiche, le tattiche e le strategie. Ai cittadini occorre cominciare a proporre analisi e ipotesi di soluzione dei problemi.
Uno sguardo poi vadato alle regole. La
legge elettorale regionale non può
essere un fatto solo dei gruppi consiliari del PD e del PDL. Sono scelte
elettorali che vanno necessariamente
condivise tra il PD e i suoi alleati delle
prossime elezioni regionali”.
DELLA DOMENICA
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ANNO XVI - N.8 - DOMENICA 3 MARZO - 2013
Il possibile contributo delle tradizioni laiche e religiose alla salvaguardia della democrazia
Un alleato che non ti aspetteresti: la religione
Gainfranco Sabattini
S
econdo Albert Otto Hirschman gli uomini agiscono per
trarre maggior soddisfazione dalla rinuncia ad un interesse individuale egoistico a favore di un interesse collettivo, a condizione che le scelte politiche non frustrino le loro aspettative e favoriscano la loro aspirazione all’equità e
alla giustizia sociale; è, infatti, evitando la loro delusione
che si può impedire ai cittadini di “allontanarsi dalla politica”, per privilegiare il “rifugio” nella loro sfera egoistica
privata.
Il pericolo che gli uomini, sotto la costrizione degli imperativi economici, si ritirino tra le “bolle dei loro interessi
privati” è paventato anche da Jürgen Habermas in un articolo apparso, con qualche ritardo nella traduzione italiana,
sul n. 1/2013 di MicroMega col titolo “Linguaggio religioso e uso pubblico della ragione”.
Per il filosofo tedesco, la disponibilità degli uomini, intimiditi dagli effetti delle crisi economiche ricorrenti, a rispondere collettivamente alle criticità delle loro condizioni
sociali attraverso un’azione solidaristica, è destinata a
“sbiadire” a fronte di fenomeni che sfuggono ad ogni possibile controllo da parte della politica; e l’erosione della fiducia dei cittadini nei confronti della politica è causa della
crisi della democrazia modernamente intesa. Per fare fronte a tale crisi, gli stessi cittadini abbandonano i ragionamenti usuali della politica, per sostituirli con nuovi ragionamenti aperti a domini metafisici e religiosi, che consentono loro di trascendere l’idea della politica intesa come
scontro di potere. Al riguardo, Habermas, rifacendosi a
John Rawls, sottolinea come, in opposizione ai classici
della tradizione del contratto sociale che avevano rimosso
dalla politica ogni riferimento alla religione, occorra riconoscere che il “problema dell’impatto politico del ruolo
della religione nella società civile non è stato di per sé risolto dalla secolarizzazione dell’autorità politica”; per cui,
in particolare, non sempre si tiene conto che la secolarizzazione dello Stato non è la stessa cosa della secolarizzazione della società. Per prevenire le incomprensioni originate
dalla possibilità che si trascuri questa necessaria distinzione, la laicità pretende di impedirne il manifestarsi privatizzando interamente la religione.
Questa pretesa, però, non è universalmente condivisa, nel
senso che il permanere di motivi di ambiguità sulla necessità di tenere distinta la secolarizzazione dello Stato da
quella della società civile non consente la creazione delle
condizioni necessarie perché credenti e laici, rinunciando a
>> L’OSPITE <<
Debora Barletta
l
e istanze laiche che sono da avanzare
per la Sanità nel Lazio, riguardano
principalmente l’istituto dell’obiezione di
coscienza.
1 - Con il fine di salvaguardare i diritti di
tutti si richiede di inserire nella normativa
che disciplina i concorsi della sanità pubblica, la clausola che prevede l’assegnazione dei posti disponibili in eguale misura tra i non obiettori e chi si avvarrà dell’istituto dell’obiezione di coscienza. Per
quegli istituti pubblici dove attualmente
non c’è equilibrio fra le due tipologie di
operatori si chiede che i successivi concorsi siano mirati anche all’allineamento di
questi. Per tutti quelli che successivamente
vorranno attuare l’obiezione ma che però
sono stati assunti come non obiettori; dovranno attendere un nuovo concorso per
poter attuare l’obiezione di coscienza. Con
esplicito divieto ad attuarlo fin quando ri-
“fare i conti” con la diversità dei principi su cui dovrebbero fondare le differenze tra loro esistenti, mancano di riconoscere esplicitamente di vivere in una “società in cui la
pluralità gioca un ruolo primario”, contribuendo a radicare
e a generalizzare l’idea che il dibattito pubblico si svolge
tra credenti, da un lato, e laici ostili alla religione dall’altro.
Nulla di più errato e dannoso, per Habermas, per la salvaguardia della democrazia.
I laici democratici, pur “vivendo e pensando prescindendo
da Dio”, assumono un’indifferenza agnostica nei confronti
delle pretese religiose; il laico, perciò, respinge la mentalità laicista perché intollerante e perché le sue pretese sono
altrettanto poco desiderabili e altrettanto poco democratiche delle eventuali pretese fondamentalistiche dei credenti. Il laico democratico, pur accettando l’individualizzazione delle credenze religiose come conseguenza del processo
di laicizzazione che ha teso a trasformare la religione in
una scelta personale, intende la religione stessa, non come
un sistema normativo, ma come un sistema di risorse che
possono contribuire alla soluzione dei problemi sociali dell’età moderna. Al contrario, evidentemente, dei credenti
integralisti, che considerano le pretese religiose una concezione inglobante del mondo e un “sistema totalizzante di
senso e di norme di vita”.
Nella prospettiva della laicità, perciò, le pretese dei laici
consistono nel dissociare la cittadinanza dall’appartenenza
religiosa, intendendo tale dissociazione come garanzia del
pluralismo e della democrazia in una situazione ideale di
libertà e di uguaglianza di tutti, credenti e non credenti. All’interno di un sistema sociale democratico i cittadini secolari e quelli religiosi stanno tra loro in una situazione di
complementarità, in quanto coinvolti tutti in un sistema di
relazioni sociali costitutivo del processo democratico che
“sorge nel terreno della società civile e si sviluppa attraverso le reti comunicative informali della sfera pubblica”.
In questo processo, fino a quando la religione rimane una
forza vitale della società civile, lo rimane anche a presidio
della democrazia, rivelandosi in tal modo una componente
fondamentale dello Stato secolarizzato.
Il reciproco riconoscimento delle pretese dei laici e dei credenti all’interno della sfera pubblica può incoraggiare, perciò, il “ritorno alla politica” di tutti i cittadini che da essa si
sono allontanati perché disillusi, con la restituzione al ragionamento politico del suo originario significato, grazie
al contributo dei “potenziali semantici” accumulatisi nelle
tradizioni sia laiche che religiose.
[email protected]
copre il suo incarico. Abolizione dell’obiezione di coscienza prevista nei reparti di
ginecologia degli ospedali pubblici che devono garantire premura e tempestività nei
confronti di chi chiede una IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) e che devono inibire l’accesso agli attivisti ideologicamente orientati;
2 - Inserire l’assistenza morale (es. Le
Molinette di Torino) non confessionale
nella sanità pubblica; la procedura deve
prevedere che nella compilazione della
scheda di ricovero ci sia anche elencato
il servizio che, durante il periodo di degenza si desidera l’assistenza morale
non confessionale;
3 - Diffondere un messaggio positivo
sull’operato del personale sanitario anche
attraverso la toponomastica; per tanto si
chiede d’intestare gli istituti ospedalieri a
nomi che hanno fatto grande la medicina
non appartenenti allo stato confessionale;
Ed entrando nel merito delle istanze, non
viene minacciata nessuna libertà del medico obiettore se partecipare o no all’IVG
anzi bensì viene esonerato da questo compito in quanto non si metterà mai un medico obiettore nel reparto di ginecologia.
Mentre verrà cosi rispettata la volontà di
ogni donna nel suo pieno rispetto. Si deve
prender atto di ciò che dice la LAIGA (Libera Associazione Italiana Ginecologi per
l’applicazione della legge 194/78) che oggi i medici obbiettori sono più dell’80% e
che il fenomeno cresce sempre di più con
oltre il 50% del personale ausiliario, anestesisti, ferristi,ostetriche.
Poi si inserirebbe così un nuovo servizio
cioè quello dell’assistenza morale non
confessionale (ANMC) da svolgere come
in tutto il resto d’Europa, per tutti i cittadini che la richiedono anche quando professano un’altra religione.
Finora abbiamo assistito alle stravaganze
di Storace che assunse un prete per dir
messa tre volte l’anno in Regione che nel
ome muore il PSI, che dal 1994 non
si è mai più ripreso, lo sappiamo. Il
tema è stato sviscerato ampiamente. Si è
invece ragionato forse non abbastanza
sul periodo della segreteria di Bettino
Craxi, un’esperienza che ha segnato la
storia del socialismo e di tutta la sinistra
in Italia.
Il nodo iniziale resta quello del rapporto,
tanto stretto quanto conflittuale, con i
fratelli comunisti, separati per partogenesi nel 1921. Quella separazione non ha
portato nulla di buono, anzi, la debolezza
conflittuale che ne è derivata tanto per il
PCI quanto per il PSI, ha avuto un ruolo
determinante nel favorire prima l’ascesa
del fascismo, poi la sclerosi democratica
del cinquantennio democristiano e infine
anche l’avvento del berlusconismo nella
cosiddetta Seconda Repubblica. Insomma un disastro.
Andrea Spiri ha preso in esame il tratto
iniziale del cammino craxiano, con un’analisi del quinquennio trascorso tra l’elezione di Bettino Craxi alla segreteria del
PSI e il congresso di Palermo col lancio
dell’ultima grande intuizione del leader
socialista, una ‘Grande Riforma’ di cui
questa Italia continua ad avere un drammatico e impellente bisogno.
La segreteria Craxi nacque come risposta estrema – e per certi versi sorprendente e del tutto inaspettata – alla fase di
lenta dissoluzione che il Partito socialista
stava vivendo nel 1976, con Francesco
De Martino segretario. Una dissoluzione
nella larghe e potenti braccia comuniste
con un Enrico Berlinguer, ancora potentemente abbagliato dal vangelo comunista di Lenin e Togliatti, che pianificava la
cogestione dell’Italia con la Democrazia
Cristiana secondo lo schema del Compromesso storico che ovviamente non
prevedeva di lasciare grandi spazi all’Italia laica, liberale e socialista. La scelta di
De Martino nell’escludere la possibilità
di continuare a sostenere governi di cui
non facesse parte anche il PCI, lo strapotere delle correnti, il risultato elettorale
del 1976 col PSI inchiodato al minimo
storico del 9,6%, costituirono il terreno
di coltura dell’iniziativa politica che por-
a cura di Carlo Pareto<<
COlF, i contributi 2013
In vista della prossima scadenza del 10 aprile 2013 del versamento dei contributi per il lavoro domestico, l’Inps ha fornito gli importi da corrispondere e una
serie di chiarimenti. Va subito precisato intanto che le nuove fasce di retribuzioni sono cresciute del 3%. Oltre all’aumento dei minimi salariali conseguenti al rinnovo del contratto (che interessa però più che altro il personale convivente) vi è da registrare il consueto rincaro dei contributi da pagare all’Ente assicuratore. L’innalzamento è direttamente collegato sia alla lievitazione delle
retribuzioni convenzionali su cui viene calcolata la contribuzione, sia alla recente revisione dell’aliquota del fondo pensioni (più 0,30%) a carico dei dipendenti, voluta dalla Finanziaria 2008. Inoltre, sulla contribuzione dovuta per i
rapporti di lavoro domestico, a partire dal 1° gennaio 2013, hanno effetto alcune novità introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, in particolare l’art. 2 ha
previsto che l’assicurazione contro la disoccupazione involontaria (Ds) è sostituita dall’Assicurazione sociale per l’Impiego (Aspi). Pertanto il finanziamento dell’indennità di disoccupazione involontaria già presente nella contribuzione per attività di collaborazioni familiari, è sostituito dal finanziamento all’Aspi, a cui concorrono gli oneri previdenziali. La misura del contributo da corrispondere (con inclusa l’aggiunta numeraria dello 0,50 per cento per le lavoratrici non soggette alla tutela Cuaf) cambia naturalmente in base all’orario osservato dalla colf.: se inferiore alle ventiquattro ore settimanali, l’onere assicurativo è commisurato a tre diverse fasce di retribuzioni; se invece è superiore la
quota numeraria dovuta, per tutta la durata del servizio remunerato, è fissa.
I CONTRIBUTI 2013
Retrib. oraria
Contr. orario con Cuaf
Contr. orario senza Cuaf*
fino a 7,77 euro
1,47 (0,35)
1,48 (0,35)
fino a 9,47 euro
1,66 (0,39)
1,67 (0,39)
oltre 9,47 euro
2,02 (0,47)
2,03 (0,47)
più di 24 ore sett.
1,07 (0,25)
1,07 (0,25)
N.B. Le cifre in parentesi costituiscono la quota a carico del lavoratore.
*Mentre l’esclusione dal versamento del contributo Cuaf (Cassa Unica Assegni
familiari) è prevista soltanto nel caso di rapporto di lavoro tra coniugi e tra parenti o affini non oltre il terzo grado che siano conviventi (parenti: figli, fratelli o sorelle e nipoti; affini: genero, nuora e cognati).
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Un programma laico per la Sanità del Lazio
Dal Midas a Palermo. La svolta socialista
C
>> DIRITTI & LAVORO
2003 prendeva 12 mila euro annui fino ad
arrivare alla presidenza della Polverini che
erogava a questo stesso prete ben 25 mila
euro annui! Con la stessa presidenza la Regione Lazio ha partecipato con circa 250
mila euro al meeting di Comunione & Liberazione di Rimini nel 2012 .
Ora la realtà è che la sanità nel Lazio rischia il collasso e non è un compito semplice al quale viene chiamato Zingaretti,
quello che si deve evitare è appunto che il
Lazio diventi un’affiliazione di Comunione e Liberazione.
Prendete questo se volete anche come un
appello, a tutti i socialisti che entreranno
nella Regione Lazio e mi auguro sarete veramente tanti, di iniziare a fare la differenza con il resto della sinistra che fino ad oggi non ne vuol sapere della difesa del diritto dei cittadini di veder riconosciuta la
scelta di vivere secondo i propri principi e
secondo la propria autonomia.
I socialisti laici da sempre!
Lettere
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La memoria dei Socialisti
“Grati ed onorati per l’iniziativa
intrapresa dalla Cgil di costituire la
sezione Anpi in memoria di Alvaro
Fantozzi segretario della Camera del
lavoro e vicesindaco della giunta
socialista del sindaco Narsete Citi,
assassinato dai fascisti nell’aprile
del 1922 in quel di Marti mentre si
recava ad una riunione di lavoratori.
Il compagno Giacomo Maccheroni
parlando a nome del partito all’iniziativa di Cgil ha proposto che si
continui nel ricordo valorizzando
l’opuscolo curato da Roberto Cerri
sugli interventi di Fantozzi in consiglio comunale e sulle iniziative della
giunta Citi. Inoltre, ponendo una
lapide ricordo sulla casa dove
Fantozzi abitò. I socialisti organizzeranno ad aprile una manifestazione
commemorativa.
i Socialisti di Pontedera
Il li b ro
tò all’elezione di Craxi.
Le pagine di Spiri hanno il pregio di illuminare e spiegare con efficacia e semplicità il trapasso della segreteria demartiniana così come le fasi successive del
consolidamento craxiano anche nella terribile fase del rapimento e dell’assassinio
di Aldo Moro, nella crisi degli euromissili, fino al successo dell’elezione di Pertini al Quirinale passando per la demolizione del totem della supremazia globale
del comunismo con la ‘riscoperta’ di
Proudhon.
Spiri non affronta il tema delle differenze profonde tra il vecchio modo di essere del PSI, pregi e difetti compresi, e la
nuova classe dirigente che si installa a
via del Corso, ne mette però in luce la
modernità di fronte alla palude politica
del ‘compromesso storico’, la ‘mobilità’
tattica e strategica del craxismo contro i
due monoliti DC e PCI che nel momento
della loro massima potenza elettorale
(alle elezioni del 1976 assieme raccolgono il 73,1% dei voti) esprimono anche il
massimo della paralisi politica.
Eppure oltre il clamore degli indubbi
successi della leadership di Bettino Craxi, che continueranno dopo il congresso
di Palermo ancora per qualche anno, comincia ad emergere anche il limite di
quella stagione in cui i socialisti, come
scriveva Giuliano Amato nel 1981, avevano ritrovato l’orgoglio di chiamarsi tali ed era proprio nell’uomo stesso che
aveva impedito al PSI di scomparire anzitempo perché quella forza, quelle qualità, sembravano essere circoscritte solo
a lui, a Bettino Craxi. Una sorta di profezia quella di Amato che conclude le pagine di questo libro e che può valere per
altre stagioni e altri leader: “La forza di
Craxi – scriveva il primo maggio del
1981 su La Repubblica, poggerebbe su
un piedistallo di argilla; alla prima, effettiva sconfitta, il partito gli si rivolterebbe
contro e non avrebbe a quel punto null’altro per sopravvivere”. E così in effetti fu, perché nel ’94, con la crisi di tangentopoli, Bettino rimase solo e il partito
implose fin quasi a scomparire del tutto.
Carlo Correr
Andrea Spiri
La Svolta socialista
Il PSI e la leadership di Craxi
dal Midas a Palermo
(1976 – 1981)
Rubettino – pagg. 179 euro 12,00
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