d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
luglio/agosto2007
p e r i o d i c o
18,00
16,00
4,00
00
0
4
Poste Italiane SPA- Spedizione in abbonamento postale70% - DCB Roma - N° 4-2007
Treves: contro
il sommerso più sviluppo
6
Osservatorio:
i dati di luglio e agosto
14
vacanze: la parola
d'ordine è risparmiare
17
Le cucine italiane:
laboratori precari
di una società multietnica
Inserto: durata dell'apprendistato
ISO 9001:2000 certificato n° 356673 QM
entre attendiamo i dati relativi
al movimento turistico del mese di settembre, non possiamo
fare a meno di dare uno sguardo al contesto normativo del comparto turistico che
ha registrato alcune novità di sicuro interesse generale ed altre di stretta pertinenza dell’Ente. Sul piano generale registriamo una legge sull’agriturismo, una legge
sull’apprendistato professionalizzante con
un regolamento di applicazione, una legge di riordino del sistema turistico regionale ed infine,
nello specifico, un legge delega nazionale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro decisamente innovativa per la bilateralità.
Si tratta di provvedimenti destinati ad incidere profondamente sul sistema turismo, sulle imprese e sui lavoratori del comparto e richiederanno grande equilibrio da
parte di tutti per preservare una ricchezza che in fondo
non costa nulla all’erario al quale invece vanno molti van-
M
IL TURISMO
IN CIFRE
Editoriale
Giancarlo Mulas
presidente Ebtl
taggi. La legge sull’agriturismo, sebbene
adottata – non dubitiamo - per dare impulso alla ricettività delle province (ma anche Roma - non sembrerebbe - è all’avanguardia in questo campo), in realtà consentendo l’apertura di esercizi con 50 letti senza i vincoli, gli oneri e gli obblighi degli
alberghi tradizionali, di fatto favorisce una
insana concorrenza all’interno della ricettività, non crea occupazione apprezzabile
e scoraggia gli investitori che al contrario
sono indispensabili in quelle località provinciali che non
decollano turisticamente perché prive di albergatoria in
grado di sostenere flussi di utenti, per esempio, sul versante del termalismo, mercato particolarmente interessante. In altro numero di questa rivista poi ci siamo occupati della normativa in materia di apprendistato professionalizzante ed abbiamo sottolineato le critiche e le
preoccupazioni espresse dalle parti sociali per le deviazioni che possono derivare da un regolamento, approva-
foto di
copertina...
Scavi archeologici
di Civitavecchia
PROVINCIA
DI ROMA
Assessorato al turismo
Continua a pag. 42
Assessorato al turismo
Sommario
Intervista
19 I PIT cambiano pelle
Notiziario
Gabriele Natalizia
4 Treves: contro il sommerso
più sviluppo
Ente Bilaterale
Turismo Regione Lazio
26 Mostre, musica, teatro, eventi,
Roma&Lazio da vivere
Valentina Caracciolo
Autorizzazione
del Tribunale di Roma
n° 213/2007
del 23-05-2007
27 Farmaci col contagocce
Federica Mazzuca
Osservatorio
6 Luglio e agosto, mesi ottimi
per il turismo romano
Ilaria Morini
Giuseppe Aiello
30 Il sushi, prototipo
delle nuove tendenze
10 Fiumicino: trend positivo,
bene soprattutto gli stranieri
12 Firmato il nuovo contratto
del turismo
Giovanna Sfragasso
14 Vacanze: la parola d’ordine
è risparmiare
COMITATO
SCIENTIFICO
Attilio Celant
Giovanni Peroni
Giuseppe Aiello
Guido Improta
Franco Paloscia
Maurizio Fantaccione
Antonio Calicchia
Alessandro Circiello
G. A.
Interventi
Direttore responsabile:
Pietro Licciardi
Direttore:
Giancarlo Mulas
Coordinatore Editoriale:
Orfeo Cecchini
28 Club Isola Sacra,
tre stelle ma non le dimostra
31 Cuochi Lazio
20 Storie di ordinario
precariato
32 Rassegna stampa a cura
di Global Tourism Management
V. C.
22 «Viterbo? Non sanno
neanche dov’è»
Giorgia Gazzetti
Coordinatore:
Bartolo Iozzia
Giuseppe Aiello
Guido Improta
Orfeo Cecchini
Caterina Saccaro
Marcello Marzi
Giuseppe Zazzara
Tribuna del lavoro
Alessandro Quami
24 Frosinone come Rimini?
COMITATO
DI REDAZIONE:
33 Auto aziendali:
nuovi criteri di deducibilità
Maurizio Fantaccione
Franco Paloscia
Produzione:
Impatto Srl
36 Massimario del diritto
Tributario
17 Le cucine italiane:
laboratori precari
di una società multietnica.
Pubblicità:
Impatto Srl - Filippo Gentile
Tel. 06.55.17.95.33
Cell. 335.5774176
38 Responsabilità civile
e penale del datore di lavoro
da mobbing
Salvatore Bruno
Grafica e impaginazione:
Format Roma Srl
[email protected]
Stampa:
Arti Grafiche Srl - Pomezia
finito di stampare:
Settembre 2007
Daniela Carbone
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
3
IL TURISMO
IN CIFRE
Valentina Caracciolo
Treves: contro il sommerso
Claudio Treves
più sviluppo
oma & Lazio prosegue le sue
conversazioni con protagonisti ed esperti del mondo del lavoro sul tema della precarietà. Claudio Treves è il coordinatore del Dipartimento Politiche attive del lavoro della Cgil. Sul tema della precarietà è deciso: i numeri bisogna leggerli tutti,
non solo in valore assoluto, ma anche
e soprattutto come tendenze dei flussi: solo così diventa chiaro che, se il
lavoro a tempo indeterminato è maggioritario,
il trend occupazionale
«Un atto prioritario
ci dice che alcune catedel governo per
gorie, alcune fasce d’erisolvere il problema
tà, quelli che hanno perdovrebbe essere
so l’impiego e devono
la promozione
rientrare nel mercato del
di politiche
lavoro, hanno difficoltà
di sviluppo.
che durano nel tempo e
Innanzitutto contro
che gli consentono di
il sommerso».
accedere solo o quasi
soltanto a contratti atipici o a tempo determinato. E anche sul sommerso, in sistemi economici locali che si sono totalmente sviluppati sul lavoro nero, hai
voglia a dare incentivi: di fronte al “risparmio” determinato dall’evasione
contributiva e fiscale totale, anche le
forme più flessibili di lavoro sono comunque un costo. E allora, il contrasto deve essere netto.
R
Treves, di precarietà si parla moltissimo: per alcuni, i lavoratori in
questa condizione sono quasi quattro milioni, per altri poche centinaia di migliaia. Come stanno secondo lei le cose?
4
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
«Sulla precarietà si fanno molte chiacchiere ma poca attenzione ai dati reali. Non lasciamoci fuorviare dal fatto che il lavoro a tempo indeterminato è sempre prevalente, è necessario fare attenzione ai dati di flusso:
quelli che entrano o rientrano nel mercato del lavoro hanno la ragionevole certezza di trovare lavoro instabile o del tutto in nero. Una serie di indagini, non ultima quella dell’Isfol,
ha dimostrato che su 100 occupati a
termine, nei due anni successivi alla
scadenza del contratto, 60 non trovano lavoro o trovano solo lavoro a termine. Non solo i numeri in valore assoluto, ma anche la qualità del lavoro dovrebbe essere un dato considerato da tutti importante.
L’altro dato di cui bisogna tener conto è la segmentazione territoriale del
mercato del lavoro: se l’Italia finisse a Caserta, gli obiettivi di Lisbona
sarebbero tranquillamente raggiunti,
ma non si può fare un ragionamento
sull’occupazione in Italia senza tener conto del Mezzogiorno, dato che
il grosso del problema è lì».
Ma ormai, sarebbe possibile eliminare completamente la flessibilità
nei rapporti di lavoro?
«Che siano possibili e legittime forme di ingresso nel mercato del lavoro, è anche giusto. È normale. Un
esempio sono i contratti di formazione e lavoro, o l’apprendistato: tra la
metà degli anni ’80 a tutti gli anni
’90, l’80% di questi contratti si chiudevano con un’assunzione a tempo
indeterminato. Oggi questo non è più
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
così certo, e la vita delle persone inanella una serie di rapporti di lavoro
instabili e precari. Non solo. Quando il ministro Bonino discute di allungamento dell’età pensionabile per
le donne, dimentica il connotato di
genere della precarietà: in valore assoluto, le donne sono in maggioranza tra i lavoratori precari e tra quelli
che hanno un contratto di lavoro parttime. E questo un problema di qualche rilevanza sociale».
Come si fa a non trasformare la
flessibilità del mercato del lavoro
in precarietà per i lavoratori?
«Un atto prioritario del governo per
risolvere il problema dovrebbe essere la promozione di politiche di sviluppo. Innanzitutto contro il sommerso. A parte qualunque altra considerazione, il 16% di peso della economia sommersa sul Pil ha una gravità in sé. L’acquisizione culturale alla quale proviamo ad arrivare è che
l’economia sommersa non si riduce
al fenomeno del parrucchiere che non
rilascia la ricevuta o del bottegaio che
non fa lo scontrino, ma ci sono intere aree e sistemi economici nati e cresciuti sul nero. La scelta tra contrasto al sommerso o sostegno all’emersione deve essere chiara, in una situazione in cui non c’è deregolazione che tenga, dato che rispetto al nero totale anche il lavoro a chiamata
è un aggravio dei costi…»
Il comparto del turismo ha qualche problema in più, data la dimensione delle imprese spesso ridot-
t u r i s m o
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R o m a
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L a z i o
Se l’economia non cresce
la lotta alla precarietà
e al sommerso è una illusione.
importante, ma pensare – come aveva fatto la Legge 30 – di attribuire
loro funzioni improprie è sbagliato. Va bene renderli strumento di
supporto ai fabbisogni formativi delle imprese, va bene metterli in grado di agire dal punto di vista della
semplificazione burocratica, ma non
c’è pregiudizio ideologico se dico
e sostengo che non è possibile che
gli enti bilaterali facciano verifiche
sulla regolarità contributiva delle aziende».
«Uno strumento,
ta…Come si affronta il problema,
insieme a quello del lavoro nero?
«Rispetto al settore del turismo e dei
servizi, caratterizzato da realtà piccole o piccolissime, ci sono diversi
punti da affrontare. Il primo è certamente quello del rapporto con il sistema creditizio. Se tra Nord e Sud ci
sono differenze tra tassi bancari da
quattro a cinque punti, è ovvio che
questo impedisce alle imprese sane
di fare ricorso alle risorse “legali” e
soprattutto le rende massimamente
ricattabili. In secondo luogo, l’attività delle imprese che lavorano in nero si basa spesso sulla monocommittenza: è per questo che credo si debba creare, per esempio, un sistema di
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
accompagnamento ai sistemi fieristici, metodi di trasferibilità delle conoscenze sul mercato, strumenti di sostegno all’internazionalizzazione. È
così che si crea un’imprenditoria più
libera. Infine credo che sia fondamentale il sostegno alla formazione dei
dipendenti, e penso che andrebbe ripreso il discorso già avviato in questo senso nella Finanziaria 2007. Certo, la debolezza delle associazioni di
rappresentanza sul territorio non consente di fare un’opera efficace di sensibilizzazione delle aziende».
Che ruolo possono avere in questo
quadro gli enti bilaterali?
«Gli enti bilaterali hanno un ruolo
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
Quali strumenti, alpiù che la semplice
lora, dobbiamo usaerogazione di incentivi,
re nella lotta ai fenopotrebbe essere
meni di cui abbiamo
quello della
discusso finora? E co“repressione
sa pensa della “cabicautelativa”: non si
na di regia” per il
partecipa agli appalti
contrasto al sommere non si ricevono
so, di recente varata
agevolazioni se non
dal ministero del Lasi applica il contratto
voro?
nazionale di lavoro»
«Uno strumento in parte risolutivo, più che la
semplice erogazione di
incentivi, potrebbe essere quello della “repressione cautelativa”: non si
partecipa agli appalti e non si ricevono incentivi e agevolazioni se non
si applica il contratto nazionale di lavoro.
La Cabina di regia è un’ottima misura innanzitutto perché associa strettamente Stato e Regioni, e poi perché è fondamentale avere un luogo
nel quale è possibile monitorare sia
il fenomeno sia l’andamento delle
misure intraprese».
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
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5
IL TURISMO
IN CIFRE
OSSERVATORIO
Giuseppe Aiello
Luglio e agosto, mesi ottimi
per il turismo romano
Fig. 1 - Arrivi e presenze negli alberghi della Provincia
di Roma - Luglio Agosto 2007
Arrivi
18,00
Presenze
16,00
14,00
rosegue con buon ritmo la crescita della domanda turistica
12,00
negli esercizi alberghieri di Ro10,00
ma e provincia, con i turisti italiani
8,00
e stranieri che continuano ad arrivare, attratti dalla ricca e articolata of6,00
ferta turistica del territorio.
4,00
L’analisi dei dati sui flussi di doman2,00
da turistica negli alberghi della provincia di Roma nel quarto bimestre
dell’anno in corso evidenzia, infatti,
Totale
Italiani
Stranieri
ancora una volta che il periodo estivo continua ad attrarre consistenti
flussi di domanda italiana ed estera. Nel periodo luglio- in questo bimestre dobbiamo evidenziare come il dato
agosto 2007 gli alberghi della provincia di Roma hanno più significativo sia la maggior crescita della domanda
registrato 1.741.621 arrivi e 4.233.619 presenze, con una estera rispetto a quella italiana (tabelle 1 e 2). Infatti, se
crescita rispettivamente di +13,99% e di +13,49%. Pure la domanda italiana è cresciuta in misura apprezzabile
P
Tabella 1 - Provincia di Roma (Totale)- Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri: Luglio - Agosto 2007
PAESI
5 STELLE
Arrivi
Presenze
4 STELLE
Arrivi
Presenze
3 STELLE
Arrivi
Presenze
2 STELLE
Arrivi
Presenze
1 STELLA
Arrivi
Presenze
Totale
131.150
328.271
758.216
1.756.149
582.244 1.489.753
219.439
536.603
50.572
122.843
Italiani
18.344
33.971
195.795
367.980
206.494
489.973
138.389
318.083
29.735
71.432
Stranieri
112.806
294.300
562.421
1.388.169
375.750
999.780
81.050
218.520
20.837
51.411
TOTALE
Arrivi
Presenze
1.741.621 4.233.619
588.757
1.281.439
1.152.864 2.952.180
Tabella 2 - Provincia di Roma (Totale) - Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri: Luglio - Agosto 2007 - Var. % su anno precedente
PAESI
5 STELLE
Arrivi
Presenze
4 STELLE
Arrivi
Presenze
3 STELLE
Arrivi
Presenze
2 STELLE
Arrivi
Presenze
1 STELLA
Arrivi
Presenze
TOTALE
Arrivi
Presenze
Totale
23,44
16,66
16,28
17,97
11,83
11,39
8,44
5,80
8,45
6,18
13,99
Italiani
44,53
38,71
12,38
9,40
9,71
5,80
9,84
6,03
3,32
1,91
11,11
7,32
Stranieri
20,58
14,55
17,71
20,48
13,03
14,35
6,15
5,46
16,73
12,75
15,52
16,40
13,49
Tabella 3 - Roma - Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri: Luglio - Agosto 2007
PAESI
5 STELLE
Arrivi
Presenze
4 STELLE
Arrivi
Presenze
3 STELLE
Arrivi
Presenze
2 STELLE
Arrivi
Presenze
1 STELLA
Arrivi
Presenze
Totale
131.150
328.271
611.902
1.505.823
457.464 1.179.506
161.799
392.074
29.849
76.980
Italiani
18.344
33.971
137.502
262.453
125.213
263.528
85.301
183.499
10.251
27.688
Stranieri
112.806
294.300
474.400
1.243.370
332.251
915.978
76.498
208.575
19.598
49.292
6
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
TOTALE
Arrivi
Presenze
1.392.164 3.482.654
376.611
771.139
1.015.553 2.711.515
e
n e l
L a z i o
IL TURISMO
IN CIFRE
OSSERVATORIO
Cresce la domanda degli italiani che, in provincia,
è però ancora la metà di quella straniera
Fig. 2 - Arrivi e presenze negli alberghi di Roma
Luglio Agosto 2007
20,00
15,00
10,00
5,00
-
registrando negli alberghi dell’intera provincia 588.757 arrivi
(+11,11%) e 1.281.439 presenze (+7,32%), la domanda proveniente dall’estero ha registrato ben 1.152.864 arrivi
(+15,52%) e 2.952.180 presenze (+16,40%) (tabella
1 e 2). L’analisi della domanda per categoria di
esercizi alberghieri evidenzia nel bimestre la diffusione della crescita in tutte le categorie di esercizi alberghieri.
Sul fronte della domanda estera,
prosegue a buoni ritmi la crescita della domanda europea (494.083 arrivi con
+15,94% e 1.394.279 presenze con +17,38%), ed in par-
Totale
Italiani
Stranieri
Arrivi
Presenze
ticolare della domanda proveniente dalla Germania, dal Regno Unito, dalla Spagna e dalla Russia. In crescita apprezzabile risultano anche alcuni paesi dell’Est.
Prosegue, sempre nel periodo in esame,
la forte crescita della domanda turistica
proveniente dagli Usa (353.355 arrivi con
+16,17% e 858.968 con +16,66%).
Le quote di mercato Europa ed Usa continuano a crescere e queste aree si confermano
ancora come i due grandi serbatoi di domanda turistica verso Roma ed il suo hinterland.
Come si vede dalle tabelle da 3 a 6, anche a Roma e
Tabella 4 - Roma - Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri: Luglio - Agosto 2007- Var. % su anno precedente
PAESI
5 STELLE
Arrivi
Presenze
4 STELLE
Arrivi
Presenze
3 STELLE
Arrivi
Presenze
2 STELLE
Arrivi
Presenze
1 STELLA
Arrivi
Presenze
TOTALE
Arrivi
Presenze
Totale
24,88
17,65
15,58
18,14
12,02
12,12
8,68
7,23
14,80
11,99
14,33
Italiani
49,58
42,56
10,72
8,44
10,41
6,37
9,98
8,23
9,23
8,88
11,82
8,83
Stranieri
21,62
15,32
17,06
20,41
12,64
13,89
7,26
6,36
17,94
13,81
15,29
16,30
Tabella 5 - Hinterland di Roma - Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri: Luglio - Agosto 2007
PAESI
5 e 4 STELLE
Arrivi
Presenze
3 STELLE
Arrivi
Presenze
2 STELLE
Arrivi
Presenze
1 STELLA
Arrivi
Presenze
TOTALE
Arrivi
Presenze
Totale
146.314
250.326
124.780
310.247
57.640
144.529
20.723
45.863
349.457
750.965
Italiani
58.293
105.527
81.281
226.445
53.088
134.584
19.484
43.744
212.146
510.300
Stranieri
88.021
144.799
43.499
83.802
4.552
9.945
1.239
2.119
137.311
240.665
Tabella 6 - Hinterland di Roma - Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri: Luglio - Agosto 2007 - Var. % su anno precedente
PAESI
5 e 4 STELLE
Arrivi
Presenze
3 STELLE
Arrivi
Presenze
2 STELLE
Arrivi
Presenze
1 STELLA
Arrivi
Presenze
TOTALE
Arrivi
Presenze
Totale
19,34
16,98
11,14
8,69
7,79
2,12
0,46
-2,31
12,65
Italiani
16,52
11,85
8,65
5,16
9,60
3,17
0,46
-2,05
9,86
5,12
Stranieri
21,29
21,02
16,12
19,55
-9,63
-10,32
0,49
-7,43
17,26
17,49
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
8,79
L a z i o
7
14,56
OSSERVATORIO
IL TURISMO
IN CIFRE
Fig. 3 - Arrivi e presenze negli alberghi dell'hinterland
di Roma - Luglio Agosto 2007
nel suo hinterland separatamente
Arrivi
considerati continuano ad esservi
20,00
Presenze
andamenti decisamente positivi, sebbene diversificati.
A Roma vi è stata una ottima cre15,00
scita degli arrivi (+14,33%) e delle
presenze complessive (+14,56%).
10,00
La crescita risulta più accentuata per
la domanda straniera a Roma, che
5,00
ha registrato tassi di incremento nel
bimestre sia negli arrivi (+15,29%)
sia nelle presenze (+16,30%); la domanda italiana ha registrato tassi di
Totale
Italiani
Stranieri
crescita di +11,82% negli arrivi e
+8,83% nelle presenze. Come in
passato questa crescita ha caratteè cresciuta del +9,86% negli arrivi e del +5,12% nelle
rizzato tutte le categorie di hotel (tabelle 3 e 4).
Anche negli alberghi dell’hinterland prosegue la buo- presenze. La domanda proveniente dall’estero è crena crescita della domanda italiana e straniera (+12,65% sciuta del +17,26% negli arrivi e del +17,49% nelle
di arrivi e +8,79% di presenze). La domanda italiana presenze (tabelle 5 e 6).
MUNICIPI DI ROMA
Distribuzione degli arrivi e delle presenze negli alberghi per Municipi - AGOSTO 2007
Valori assoluti
Municipi
Composizione %
Variazione %
su stesso mese a.p.
Arrivi
Presenze
Permanenza
media
Arrivi
Presenze
Arrivi
Presenze
Municipio 1
373.167
941.586
2,52
59,52%
58,64%
11,78%
10,80%
Municipio 2
37.696
105.884
2,81
6,01%
6,59%
24,85%
37,16%
Municipio 3
17.523
40.154
2,29
2,79%
2,50%
3,64%
3,64%
Municipio 4
7.526
17.769
2,36
1,20%
1,11%
9,44%
1,92%
Municipio 5
7.588
17.429
2,30
1,21%
1,09%
24,99%
27,68%
Municipio 6
753
1.677
2,23
0,12%
0,10%
3,72%
34,92%
Municipio 7
3.393
8.309
2,45
0,54%
0,52%
102,45%
121,46%
Municipio 8
8.462
21.161
2,50
1,35%
1,32%
-3,83%
-35,36%
Municipio 9
3.147
7.442
2,36
0,50%
0,46%
-4,55%
-8,25%
Municipio 10
9.183
22.167
2,41
1,46%
1,38%
69,52%
54,11%
24,02%
Municipio 11
8.419
18.663
2,22
1,34%
1,16%
35,46%
Municipio 12
25.928
45.160
1,74
4,13%
2,81%
11,84%
-0,47%
Municipio 13
15.553
36.822
2,37
2,48%
2,29%
28,23%
36,20%
Municipio 15
12.647
34.305
2,71
2,02%
2,14%
228,32%
365,53%
Municipio 16
9.218
25.964
2,82
1,47%
1,62%
43,47%
40,38%
Municipio 17
27.600
85.249
3,09
4,40%
5,31%
-19,84%
1,59%
Municipio 18
32.605
98.203
3,01
5,20%
6,12%
0,45%
8,90%
Municipio 19
15.016
48.223
3,21
2,39%
3,00%
3,59%
8,56%
Municipio 20
11.718
29.566
2,52
1,87%
1,84%
-0,62%
3,35%
627.142 1.605.733
2,56
100,00%
100,00%
12,23%
13,28%
Totale
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
9
IL TURISMO
IN CIFRE
OSSERVATORIO
G.A.
Fiumicino: trend positivo,
bene soprattutto gli stranieri
negli arrivi e +0,47% nelle presenze, la seconda ha registrato una crescita di +13,15% negli arrivi e +10,69%
nelle presenze (tabella 1). I dati per singole nazionalità
di provenienza della domanda estera evidenziano ancora il primato della domanda proveniente dagli Usa. (37,4%),
seguita da quella proveniente dal Giappone (5,03%), dal
Regno Unito (5,41%), dalla Francia (3,5%), e dalla Germania (1,48%). I dati di agosto portano l’insieme della
domanda nel periodo gennaio-agosto 2007 rispettivamente a 270.648 arrivi con +13,86% (di cui 110.664 italiani con +15,64% e 159.984 stranieri con +12,66%) e a
rosegue il trend positivo della domanda turistica
negli esercizi alberghieri di Fiumicino, soprattutto sul versante della domanda estera.
La domanda complessiva negli hotel di Fiumicino è stata, infatti, di 38.320 arrivi e 58.038 presenze, pari ad un
tasso d’occupazione medio del 58,42% per le camere e
del 59,36% dei letti (tabelle 1, 2, 3) con variazioni negli
arrivi e nelle presenze rispettivamente di +12,61% e
+5,17%. Anche questo mese la crescita ha riguardato sia
la domanda italiana sia la domanda estera.
La prima ha registrato tassi d’incremento di +11,93%
P
Tab 1 - Arrivi e presenze negli esercizi alberghieri. Agosto 2007
Totale Febbraio 2007
Valori %
Diff% Febbraio 2006/2007
Valori assoluti 2006
Paesi
Arrivi
Presenze
Perm. media
Arrivi
Presenze
Arrivi
Presenze
Arrivi
Presenze
Totale
38.320
58.038
1,51
100,00
100,00
12,61
5,17
34.029
55.186
Italiani
16.751
29.951
1,79
43,71
51,61
11,93
0,47
14.966
29.811
Stranieri
21.569
28.087
1,30
56,29
48,39
13,15
10,69
19.063
25.375
Francia
748
983
1,31
3,47
3,50
15,61
33,74
647
735
Germania
308
415
1,35
1,43
1,48
-9,68
-15,31
341
490
Regno Unito 1.088
Usa
Giappone
1.519
1,40
5,04
5,41
20,89
9,99
900
1.381
9.116
10.505
1,15
42,26
37,40
6,36
-4,87
8.571
11.043
968
1.413
1,46
4,49
5,03
109,52
163,13
462
537
Tab 2 - Tasso di occupazione camere
Tab 2 bis - Capacità ricettiva
e letti negli hotel. Agosto 2007
Tab 3 - Quote di mercato per categoria
di hotel. Agosto 2007
Agosto 2007
Agosto 2006
Camere
Letti Camere
Letti
Italiani
Stranieri
Arrivi Presenze
Arrivi Presenze
Hotel, camere, letti (anno 2007)
N. Hotel Camere
Letti
Categoria
Totale
Arrivi Presenze
4 stelle
56,85
45,87
70,75
54,50
4 stelle
3
986
1.994
4 stelle
39,29
25,07
78,44
74,21
61,33
48,85
3 stelle
67,62
84,06
75,92
86,87
3 stelle
11
434
911
3 stelle
49,78
56,55
20,42
24,22
33,25
40,90
2 stelle
43,20
82,77
46,67
91,44
2 stelle
7
90
173
2 stelle
7,03
13,76
0,75
1,13
3,49
7,65
1 stella
33,96
64,01
36,96
67,44
1 stella
3
44
76
1 stella
3,90
4,62
0,39
0,44
1,93
2,60
Totale 58,42 59,36 69,64 68,73
Totale
24 1.554 3.154
Totale 100,00 100,00100,00 100,00 100,00 100,00
Tab 4 - Arrivi, presenze e permanenza media per categoria di hotel. Agosto 2007
Italiani
Categoria
4 e 3 stelle
2 stelle
1 stella
Totale
10
p e r i o d i c o
Arrivi
Presenze P e r m . m e d i a
Arrivi
Stranieri
Totale
Presenze P e r m . m e d i a
Arrivi Presenze Perm. media
14.920
24.446
1,64
21.322
27.645
1,30
36.242
52.091
1,44
1.178
4.121
3,50
161
318
1,98
1.339
4.439
3,32
2,12
86
124
1,44
739
1.508
2,04
1,79 21.569
28.087
1,30
38.320 58.038
1,51
653
1.384
16.751
29.951
d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
IL TURISMO
IN CIFRE
OSSERVATORIO
In crescita anche la domanda
turistica degli italiani
Fig. 1 - Arrivi e presenze di italiani negli esercizi
alberghieri - Agosto 2007
30.000
20.000
402.892 presenze con +11,39% (di
0
cui 186.083 italiani con +10,60% e
216.809 stranieri con + 12,07%).
Nonostante la crescita della domanda, l’analisi dei tassi d’occupazione di camere e letti (tabella 2) continua ad indicare una
ancora non pienamente soddisfacente utilizzazione media delle strutture ricettive. Il problema rimane sempre
lo stesso: definire adeguate politiche di marketing che,
facendo leva sulle specificità del territorio intese in senso ampio, consentano di attrarre e fidelizzare adeguati
29.951
16.751
10.000
Arrivi
Presenze
flussi di domanda italiana ed estera. Bisogna però tenere presente che la flessione dei tassi di occupazione nonostante la crescita di arrivi e presenze è dovuto unicamente alla crescita di capacità ricettiva degli hotel a quattro stelle che hanno, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, circa il 40% di camere e letti in più.
Fig. 2 - Arrivi e presenze di stranieri
negli esercizi alberghieri - Agosto 2007
Fig. 3 - Occupazioni camere e letti
Agosto 2007
Camere
90,00
80,00
30.000
25.000
20.000
15.000
21.569
28.087
10.000
5.000
0
p e r i o d i c o
Arrivi
d e l l ’ E B T L
Presenze
s u l l ’ a n d a m e n t o
Letti
70,00
60,00
50,00
40,00
30,00
20,00
10,00
0,00
Letti
4 stelle
d e l
3 stelle
t u r i s m o
2 stelle
a
Camere
1 stella
R o m a
e
n e l
L a z i o
11
IL TURISMO
IN CIFRE
Cauta soddisfazione
da parte del sindacato,
positiva l’accoglienza dei datori di lavoro
INTERVENTI
Firmato
il nuovo contratto
del turismo
stato finalmente siglato l’accordo per il rinnovo del contratto di lavoro del turismo.
Sottoscritto dalle organizzazioni sindacali Fisascat Cisl, Filcams Cgil e
Uiltucs Uil e dalle associazioni imprenditoriali Federalberghi, Fipe, Fiavet, Faita e Federretti riguarda circa
900mila lavoratori e circa 300mila
imprese. La firma è arrivata dopo diciannove mesi dalla scadenza del contratto e al termine di una lunga serie
di incontri e trattative che hanno visto anche momenti di forte tensione.
L’intesa raggiunta contiene «aspetti
innovativi» legati alla gestione dell’orario di lavoro, al riposo settimanale, ad una nuova disciplina dell’apprendistato, del part time, delle terziarizzazioni e delle attività di ristorazione in concessione sulle autostrade. L’attenzione, dunque, è rivolta ai
temi della stagionalità, del mercato
del lavoro, degli ammortizzatori sociali, della semplificazione amministrativa, degli Enti bilaterali. Argomenti cardine del settore turistico che
necessitano, secondo quanto dichiarato dalle parti, di essere nuovamente oggetto di riflessione e discussione. In merito, infatti, nell’accordo
sottoscritto è stata fatta esplicita richiesta di promozione di tavoli di
concertazione. L’accordo, prevede un
incremento salariale sottoforma di
un’una tantum di 350 euro e un aumento medio a regime per un lavoratore di quarto livello pari a 135 euro per il quadriennio 2006-2009 (l’incremento viene distribuito in quattro
tranches con scadenza rispettivamente a luglio 2007, gennaio 2008, luglio 2008 e luglio 2009). Entro il 31
È
12
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
marzo 2008, però, le parti procederanno alla verifica dell’inflazione reale registrata per l’anno 2007, così da
poter apportare correttivi a quanto
definito per il biennio 2006-2007, in
caso di scostamento superiore allo
0,25% rispetto ai tassi di inflazione
presi a base nell’accordo stesso. Il tema del mercato del lavoro è uno dei
più interessanti del nuovo contratto
nazionale, poiché finalmente è stata
data attuazione alla riforma Biagi sia
in tema di apprendistato, attivando
l’apprendistato professionalizzante,
sia in tema di part time, con l’introduzione delle clausole flessibili ed
elastiche. In riferimento all’apprendistato professionalizzante le più importanti novità riguardano il numero
degli apprendisti (un apprendista ogni
lavoratore qualificato, mentre in precedenza la regola era di 1 a 2), la retribuzione (con il mantenimento del
sistema delle percentuali) e le qualifiche (con la possibilità di instaurare il contratto di apprendistato per
tutte le qualifiche dal secondo al sesto livello, mentre in precedenza per
il sesto livello esisteva una limitata
casistica di figure per le quali era possibile utilizzarlo).
Le parti hanno inoltre aggiornato la
disciplina dell’apprendistato in cicli
stagionali: potrà essere messo in atto a condizione che lo svolgimento
dei diversi rapporti di lavoro sia compreso in un arco di tempo complessivo di 48 mesi consecutivi. Di interesse, la possibilità, per l’apprendista assunto a tempo determinato per
la stagione, di avvalersi del diritto di
precedenza nell’assunzione presso la
stessa azienda nella stagione success u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
Giovanna Sfragasso
siva. Anche in tema di part time il
nuovo contratto registra delle novità. Sono stati eliminati i limiti massimi (in precedenza fissati nella misura di 28 ore rispetto al normale orario settimanale, 124 ore rispetto al
mese, 1352 ore rispetto all’anno); sono state attivate le clausole elastiche
(relative alla variazione della collocazione temporale) e flessibili (relative alla variazione in aumento della
durata della prestazione); è stata introdotta la nuova formula del part time per un minimo di 8 ore nel week
end per gli studenti. Sull’orario di lavoro l’accordo di rinnovo fornisce
una risposta positiva sia sulla questione della gestione della flessibilità che del riposo settimanale. Il limite delle ore giornaliere di straordinario (in precedenza due) è stato abolito. È stata invece introdotta la possibilità di ricorrere a diverse modalità di godimento del riposo settimanale al fine di favorire l’organizzazione dei turni e la rotazione del giorno di riposo. A trarne beneficio, sia
le aziende, che non effettuano il giorno di chiusura settimanale, sia i lavoratori, che avranno un’opportunità in più per conciliare la vita professionale con la vita privata.
Il riposo settimanale potrà essere fruito ad intervalli più lunghi di una settimana, purché la sua durata complessiva (ogni quattordici giorni o nel
diverso periodo che sarà determinato dalla contrattazione integrativa)
corrisponda a non meno di una giornata per ogni sei giornate effettivamente lavorate. Di rilievo anche il
punto relativo al sostegno al reddito
per le imprese nelle situazioni di ristrutturazione o riorganizzazione
aziendale interessate da periodi di sospensione dell’attività. In merito è
stata anche definita una regolamentazione per consentire alle aziende
più complesse di beneficiare dell’intervento della bilateralità. Ciò ha comportato il bisogno di creare un sistema attraverso il quale la gestione del
sostegno al reddito per le aziende
multilocalizzate sia affidato all’Ente Bilaterale Nazionale del Turismo.
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
Silvana Morini
vicedirettore
di Federalberghi
segretario generale di Filcams
Cgil di Roma e Lazio
Si è finalmente chiuso il contratto nazionale di lavoro del settore turismo, qual è il suo commento?
«La storia delle trattative che hanno portato al raggiungimento dell’accordo è stata lunga e faticosa,
poiché il settore interessato è piuttosto articolato.
Parlare di diciannove mesi di ritardo non è del tutto
corretto. Non dimentichiamo infatti che il testo definitivo del precedente contratto è stato disponibile solo a luglio 2006.Sui risultati raggiunti c’è da entrambe le parti al tavolo delle trattative una soddisfazione
a metà, come è giusto che sia, vista la complessità
del settore di riferimento. Il contratto ha comunque
un gran pregio, quello cioè di proporre soluzioni innovative. Considerando le difficoltà che il settore del
turismo sta attraversando, abbiamo fatto un grande
sforzo per cercare di rispondere alle loro necessità.
Ora ci auguriamo che arrivino risposte concrete anche dalle Istituzioni alle quali il nuovo contratto non
rivolge semplici richieste ma propone un vero e proprio progetto».
Tra i temi caldi c'è senz'altro quello relativo al mercato del lavoro. Sono infatti note le difficoltà di chi è
in cerca di prima occupazione e di chi sta tentando
di rientrare dopo un licenziamento...
«Sui temi del mercato del lavoro possiamo dire che i
risultati ottenuti sono soddisfacenti. Relativamente all’apprendistato professionalizzante ricordiamo che
già esisteva una disciplina in materia ed è da questa
che il nuovo contratto ha recepito alcune istanze. Le
novità introdotte sono soprattutto a vantaggio dei giovani e della loro formazione. Un ruolo fondamentale,
in tal senso, è attribuito agli Enti Bilaterali. Un punto
di particolare interesse, come ribadito nel contratto
dalle parti, è la stagionalità, indispensabile per il settore turistico.
In proposito siamo intervenuti proponendo una soluzione nuova, di compromesso, che rispondesse
anche alle esigenze delle imprese. Riteniamo equilibrata la soluzione relativa alla questione del risposo
settimanale che consente di alternare i giorni di lavoro, per un settore che considera feriale anche la
domenica. Permettere cioè una migliore organizzazione dei turni».
Che può dire riguardo la parte relativa al soste gno al reddito?
«Abbiamo consolidato una norma già esistente. Ora
l’impegno è a muoversi in parallelo con i temi di una
politica generale che include anche il tema degli ammortizzatori sociali. Roma, e il Lazio, hanno in merito il vantaggio di uno strumento che esiste da trent’anni a livello regionale».
E per quanto riguarda le terziarizzazioni?
«Abbiamo raggiunto un buon compromesso, che offre più garanzie di trasparenza»
Un commento sull’accordo raggiunto dopo 19
mesi dalla scadenza del precedente.
«Si è trattato di un rinnovo sofferto. I punti nodali su
cui ci siamo confrontati sono stati molti. Nel rispetto
delle esigenze delle imprese abbiamo dovuto contemplarne alcuni che non avevamo considerato, gli stessi che hanno poi determinato l’allungamento dei tempi. Sono così trascorsi 19 mesi, ma l’accordo risulta
essere frutto di una forte mediazione. Nel complesso
possiamo dichiararci soddisfatti, anche se in bocca
resta un pizzico di amaro, per entrambe le parti al tavolo delle trattative.
Tra i punti di maggiore interesse sul fronte normativo ci sono i temi relativi al “mercato del lavoro”…
«Relativamente all’apprendistato professionalizzante, siamo soddisfatti dei risultati ottenuti, sia per la
parte normativa che per quella economica. Sull’apprendistato in cicli stagionali, bene le norme sul diritto di precedenza e il mantenimento della durata a 48
mesi. Sul part time, e clausole elastiche e flessibili, è
stato importante ripristinare le norme di garanzia in
atto prima della legge 30.
Quali sono invece le più interessanti novità sul fronte economico?
«Per quanto riguarda l’aumento economico possiamo dirci soddisfatti. Il nuovo accordo prevede l’aumento di 135 euro per tutto il quadriennio con una verifica sul dato dell’inflazione prevista a marzo 2008 e
con importo una tantum di 350 euro. È da sottolineare positivamente, che il 60% dell’aumento economico verrà percepito dai lavoratori nell’arco di sei mesi»
Com e considera l’articolo relativo al sostegno al
reddito?
«Accogliamo positivamente l’introduzione del sostegno al reddito, senza però dimenticare che a livello territoriale esiste da 30 anni. Nel Lazio abbiamo da tempo mostrato una certa sensibilità nei confronti di questo tema, vista la possibilità di trovarsi di fronte a crisi
da dover gestire e superare. La presenza di un fondo
nazionale è sicuramente rilevante per il sostegno alle
più piccole imprese che fino ad oggi non hanno goduto degli ammortizzatori sociali».
Sul tema terziarizzazioni?
«È il punto nero di questo contratto. Già da tempo
abbiamo intrapreso una battaglia sul territorio per cercare di arginare il problema. Nell’articolo del nuovo
CCNL dedicato al tema, è delineato un percorso, senza però che di fatto siano definite quali attività possono essere date in appalto. Ce ne sono infatti alcune che per non essere snaturate devono necessariamente essere diretti. Avremmo voluto, queste le nostre richieste, che nell’articolo di riferimento fosse stata esplicitata l’esclusione dall’appalto delle funzioni
primarie delle aziende.
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
INTERVENTI
IL TURISMO
IN CIFRE
Alessandro Nucara
13
IL TURISMO
IN CIFRE
Franco Paloscia
INTERVENTI
Vacanze:
la parola d’ordine
è risparmiare
l dato fa riflettere: i turisti stranieri da gennaio a giugno 2007
hanno speso di meno per i loro
viaggi in Italia, esattamente l’1,5%
in meno, totalizzando 13.581 milioni di spesa, una bella cifra,
s’intende, ma pur sempre
inferiore alle previsioni. È
però un segnale che deve
essere correlato agli altri
dati che indicano che gli arrivi, al contrario delle spese, sarebbero aumentati del
5,5%. I dati, ormai è un fatto riconosciuto, sono relativamente attendibili, molte fonti si contraddicono,
ma la sensazione più diffusa è che l’industria turistica non gode di salute eccellente, considerato anche che
il volume di affari stagionali sarebbe diminuito del
2% per effetto di una stasi
generali dei consumi delle
famiglie, molte delle quali
avrebbero preferito scegliersi una vacanza all’estero per
economizzare, come conferma la crescita fino a giugno del 6,8% della spesa
complessiva di 8.322 milioni di euro per altre destinazioni.
La Fiavet ha lamentato un
calo di presenze tra il 6 e il
7% in alcune località, riferendosi alle vendite dei pacchetti turistici delle agenzie di viaggi in luglio e agosto, ma il presidente dell’Assotravel denuncia un aumento delle vendite dei pacchetti del
4%. L’estate degli incendi può aver
I
14
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
svolto un ruolo negativo specialmente su chi aveva prenotato viaggi nel
Sud e in Grecia, ma sono tanti gli elementi da valutare, come l’abnorme
espansione dei viaggi on line, il crol-
lo dei last minute (secondo una ricerca di Expedia) e, al contrario, l’espansione dei viaggi on line prenotati con largo anticipo, la fuga dalle
località che praticano il caro-prezzi,
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
le troppe disfunzioni nella nostra organizzazione dell’ospitalità, denunciata dalle migliaia di proteste che
pervengono alle associazioni dei consumatori. Al minor introito valutario
ed alla stagnazione dei consumi non
corrisponde, secondo la Fipe, una diminuzione degli occupati nel comparto. È un buon segno, per cui i lavoratori dipendenti dovrebbero attestarsi sulla media annua di 772.000
unità, raggiungendo una punta di
915.000 a luglio, il mese in cui la stagione delle vacanze entra nel vivo,
come conferma il fatto che il 23%
degli italiani e il 33% degli stranieri
sceglie in questo periodo un pacchetto turistico. Il settore alberghiero è il pilastro dell’industria delle vacanze ma il
presidente della Federalberghi non é soddisfatto del
trend dei connazionali, attribuendolo alla scarsa capacità di spesa delle famiglie, a sostegno delle quali propone una defiscalizzazione delle vacanze trascorse in Italia; con un tetto di 2.500 euro, aggiunge
il Cta delle Acli, insieme
alla possibilità di scegliere
un periodo diverso da quello estivo, grazie ad una efficace scaglionamento.
La ridotta liquidità delle famiglie ha colpito quest’anno molte zone di punta come l’Emilia Romagna, dove i fatturati aziendali sarebbero diminuiti per la tendenza al risparmio di molte correnti, ivi compresa
quella leader, qual’è la tedesca.
Un’indagine alla vigilia dell’estate prevedeva che il
51% degli italiani avrebbe
rinunciato alle vacanze. È
presto per averne conferma. Se così fosse, bisognerà intervenire sulla motivazione, che nel 40%
dei casi è strettamente economica. I
buoni vacanza potranno rivelarsi utili, mentre la rateizzazione della spe-
t u r i s m o
a
R o m a
e
n e l
L a z i o
IL TURISMO
IN CIFRE
sa procede intensamente ma spalanca una serie di scenari preoccupanti
circa le possibilità di far fronte ad un
indebitamento magari superiore alle
effettive possibilità future delle famiglie. La vacanza estiva sulle nostre spiagge è il punto forte dell’industria turistica. Ed è il punto dolente. In effetti se le città d’arte, a cominciare da Roma e Firenze, non hanno di che dolersi ed anzi sorridono
per le performance estive, il mordi e
fuggi imperversa sulle nostre spiagge e il sindacato balneari Sib avverte che, nonostante la flessibilità delle tariffe, a luglio si è perso il 5% della clientela, circa 400.000 mila presenze in meno, spalmate dal nord al
sud con punte più elevate nelle isole
e in Calabria.
Le zone di montagna alternano dati
fiacchi e buoni risultati come a Bolzano che segnala il 3,4% di aumento degli arrivi nei primi sette mesi.
Uno dei punti di forza delle vacanze
di questi anni come l’agriturismo segna il passo in una delle regioni dove ha realizzato progressi straordinari, la Toscana, soprattutto nella provincia di Siena che vanta 3.500 strutture e dove l’aumento dei costi e la
minore disponibilità alla spesa degli
ospiti, a cominciare dagli americani,
ha determinato una stagione molto
fiacca rispetto ai trionfi del passato.
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
INTERVENTI
Bilancio in chiaroscuro
di una estate turistica appena chiusa
Dunque, il bilancio provvisorio dell’industria turistica nel 2007 non è
del tutto esaltante.
Appare drammatica, quindi, la prospettiva emersa dalla conferenza nazionale di Roma sui cambiamenti climatici, secondo cui nel mondo potrebbero venir meno nei prossimi anni 200 milioni di viaggiatori, con una
minore spesa per 110 miliardi di euro. Se così fosse, l’Italia sarebbe uno
dei paesi più esposti alla crisi, anche
perchè oltre all’effetto dei cambiamenti climaPrezzi alti e minore
tici sulle nostre
spiagge e in gecapacità di spesa
nere su tutto il
Gli italiani, così vulnedelle famiglie
territorio, ci trorabili all’invito a rilasla causa
veremmo a vesarsi e a curare il corpo
della non esaltante
dere accentuati
e la mente nei centri beperformance
quelli che già
nessere, confermano che
del nostro
oggi sono gravi
le terme li attirano, anturismo estivo
problemi
di
zi il comparto ha segnacompetitività doto una crescita di fattuvuti a tante rarato del 3,6%, ma anche
in questo settore la parola d’ordine è gioni; in primo luogo alle politiche
“non rinunciare ma spendi di ambientali e delle infrastrutture che
meno”.Un sospiro di sollievo, tra tan- rendono l’Italia un territorio che dete difficoltà, proviene dalle vacanze grada il suo patrimonio turistico e
verdi, non più una sorpresa dal mo- rende più difficile e costosa la sua
mento che il trend di crescita prose- fruizione.
gue da anni e ha toccato quest’anno
il 10%, realizzando 9 miliardi di fatturato. I giovani sono i clienti più appassionati dei parchi e delle zone più
integre mentre l’enogastronomia locale, specialmente i prodotti doc, esercita un richiamo irresistibile sui palati degli adulti.
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IL TURISMO
IN CIFRE
Salvatore Bruno
(Chef)
INTERVENTI
Le cucine italiane:
laboratori precari
di una società multietnica.
ire che i lavoratori immigrati sono una minoranza, in
molti settori della nostra economia è oggi certo un eufemismo;
sintomo di ingenuità o di ignoranza.
In ambiti come l’edilizia, l’assistenza domiciliare, il lavoro stagionale
in agricoltura e la cucina professionale gli stranieri rappresentano infatti la parte maggioritaria della forza
lavoro e specialmente la questione
degli immigrati nelle nostre cucine
suscita due atteggiamenti contrapposti. Da un lato c’è chi li considera una
risorsa primaria del Paese, che va a
colmare le carenze di personale italiano nei settori poco specializzati o
poco attraenti; perciò, facendo appello ai valori della solidarietà e del
cosmopolitismo, prevede che fra qualche decennio il flusso migratorio verrà completamente metabolizzato dal
nostro tessuto sociale. Dall’altro lato c’è l’atteggiamento di chi si pone
il problema di una tutela, seppur all’insegna dell’accoglienza e dello
scambio, di un’identità italiana che
rischia di essere snaturata dal contraccolpo che altre civiltà, bene o male, producono. A questo proposito,
Giorgio Bocca, in un articolo sull’Espresso sosteneva che sotto l’ondata
della spinta migratoria «la conoscenza del nostro Paese, della sua società, della sua civiltà è fortemente diminuita» a cominciare dalle sue abitudini gastronomiche e dalla sua cultura culinaria.
Probabilmente queste posizioni, rifacendosi a un più diffuso senso comune, ci presentano opinioni troppo
generiche contenenti in ugual misura parte di verità e parte di retorica.
D
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In certi casi è forse opportuno proporre invece un’analisi più modesta,
rintracciando sul campo dati di fatto
reali che mostrino la logica fredda
degli interessi reciproci. In questo
senso credo non sia inutile il punto
di vista, magari parziale, di uno che
le cucine le ha frequentate e continua a frequentarle da tecnico del settore. Consideriamo anzitutto la dimensione del fenomeno immigrazione nelle nostre cucine dal punto di
vista quantitativo. La principale ragione che giustifica la cospicua presenza di stranieri nelle cucine italiane e i criteri che spingono le aziende ad orientarsi verso la loro ricezione, paradossalmente, sono proprio la
loro mancanza di professionalità e la
scarsa propensione a rivendicare diritti sul posto di lavoro, compensata
del resto dall’adattarsi a svolgere mansioni poco specializzate in condizioni di lavoro sfavorevoli. Nelle cucine, così come nel settore edile, c’è
una fortissima richiesta di manovalanza, possibilmente silente ed estremamente malleabile. Non credo di
svelare alcun segreto nel dire che la
strategia economica, anche di grandi strutture alberghiere, affida a stagisti, lavoratori extra e immigrati la
copertura di ruoli e mansioni lavorative che mantiene di proposito scoperte. Non è una rappresentazione
parziale della situazione; prova ne è
che, dati alla mano, il flusso delle
presenze turistiche giornaliere su una
città come Roma è aumentato di molto negli ultimi anni mentre i posti di
lavoro coperti regolarmente nelle
strutture alberghiere e ristorative sono rimasti pressoché immutati. Ciò
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lascia facilmente prevedere un cospicuo ricorso ad una manodopera straniera come lavoratori saltuari, extra
o in nero. È quasi impossibile monitorare il flusso di personale straniero che ogni tre o quattro mesi si avvicenda nelle cucine e nelle sale di
molte imprese di ristorazione.
È vero, esistono anche aziende, soprattutto del Nord, che si lamentano
perché molti immigrati una volta integrati, istruiti professionalmente e
in un certo senso fidelizzati se ne tornano a
casa propria, ma ci soMancanza
no di contro settori, codi professionalità
me quello della ristorae scarsa propensione
zione, in cui questa ina rivendicare diritti
stabilità fa molto comosono il motivo
do ed è in definitiva il
dell’assunzione
paravento di una pessidi tanti stranieri
ma gestione della forza lavoro immigrata in
forma di mobilità. La
seconda considerazione riguarda le tipologie e le risposte
degli immigrati nel contesto appena
descritto. Nella mia esperienza ho
constatato che pochi lavoratori stranieri sono davvero interessati alla cucina italiana mentre moltissimi sono
interessati al lavoro in un ristorante
italiano. Non c’è da meravigliarsi ed
è comprensibile e umano che chi ha
bisogni economici primari si dia da
fare per soddisfarli. Per molti di loro è importante garantirsi un reddito
e non fa alcuna differenza se per averlo devono impastare la pasta per le
fettuccine o il cemento. Date queste
premesse è del tutto evidente che l’addestramento professionale degli stranieri si arresta nella maggioranza dei
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17
IL TURISMO
IN CIFRE
INTERVENTI
Il massiccio ricorso agli stranieri
è il sintomo di una pessima gestione del lavoro
nella piccola e media ristorazione
casi a competenze tecnico-pratiche.
Magari dopo anni di esperienza alcuni di loro riusciranno a svolgere
anche mansioni complesse e remunerative e tuttavia, anche quando arrivano a gestire una cucina, questi lavoratori non sono capaci di discutere in modo paritario, come nei ristoranti spesso avviene, con il gestore.
Questo perché agli occhi del datore
di lavoro spesso rimangono semplici “tecnici” e non professionisti.
Non ho mai visto uno chef immigrato discutere la scadente qualità di un
prodotto troppo economico o contestare i fornitori che il gestore si è scelto. Questo naturalmente è un male
per la cucina, che è anche cura, competenza, piacere di far bene e non solo abilità tecnica. Non basta saperci
fare con i fornelli o saper affrontare
con disinvoltura i grandi numeri di un ristorante per essere “proAllo straniero
fessionisti” in un meche ha intenzione
stiere fatto anche di stidi rimanere dobbiamo
moli, di ricerca e approdare la possibilità
fondimenti che danno
di integrarsi
poi valore aggiunto al
e di partecipare
prodotto gastronomico.
al nostro diritto,
Gli immigrati per queaffinché non sia
sti e altri motivi sono
e non continui
l’anello debole della caa sentirsi un estraneo
tena contrattuale, lavorano per anni in ristoranti o strutture alberghiere senza stabilizzazione, neanche nelle mansioni meno specializzate come addetto alla plonge o aiuto cuoco e quelli tra loro che raggiungono un buon livello tecnico diventano una leva da usare contrattualmente in contrapposizione al personale specializzato. Alla luce di queste considerazioni bisogna rispondere alla domanda: esiste un rapporto
tra la disoccupazione professionale
dei cuochi (specializzati e scolarizzati) e l’ondata migratoria di forza
lavoro nelle nostre cucine? In linea
di principio no, non dovrebbe esistere. Se infatti la gestione delle cucine
italiane aspirasse al raggiungimento
di standard professionali idonei sotto il profilo della qualità e delle ga-
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ranzie occupazionali non esisterebbe alcun conflitto. Gli chef addestrerebbero gli immigrati entrati nelle
nostre cucine al pari di altri ragazzi
italiani da professionalizzare e con
l’andare del tempo, l’esperienza e
l’impegno ognuno di loro, sulla base delle loro capacità professionali,
potrebbe aspirare a posti di maggior
prestigio e garanzia contrattuale. Ma
la situazione di fatto è ben diversa.
E non è certo colpa degli immigrati
bensì, lo ripeto, della pessima gestione della forza lavoro nelle cucine della piccola e media ristorazione.
Tra i molti esempi di cattiva gestione delle cucine che potrei portare c’è
ne uno davvero esemplare di cui sono stato testimone. Di recente ho consigliato allo chef e gestore di un ristorante di buon livello che cercava
un secondo chef capace di guidare la
cucina in sua vece, una donna di sicura esperienza, capacità e serietà sul
lavoro. Ahimé la collega ha avuto
grandi difficoltà a dirigere una brigata composta perlopiù da uomini e
ragazzi romeni e si è trovata subito a
dover fronteggiare un atteggiamento
di velata ed inspiegabile ostilità che
è gradualmente aumentata con il progressivo impegno profuso da lei sul
lavoro. Da vera appassionata della
propria professione e da donna temprata, la collega ha comunque raggiunto risultati eccellenti senza la minima collaborazione degli altri dipendenti, riuscendo in appena un mese ad elevare notevolmente il livello
qualitativo del locale. Ebbene, nonostante ciò è stata allontanata dal ristorante per incompatibilità con il resto del personale.
L’inspiegabile comportamento del
gestore nascondeva però ben altri motivi: i dipendenti romeni, due Commis di cucina, un lavapiatti e una cameriera, lavoravano infatti nel locale non come dipendenti ma come soci di gestione, naturalmente fittizi,
percependo stipendi fissi ma sottoforma di dividendi. Ovviamente non
avevano la più pallida idea di quali
fossero le entrate o le uscite dell’attività, gli attivi e i passivi di gestios u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
ne e, presumibilmente, non avevano
alcuna idea di cosa sia un bilancio.
Chi spiega a questi romeni - che hanno creduto la professionalità della
donna chef una minaccia e si sono
così tanto affannati per farla allontanare - che in realtà non avevano niente da difendere perché niente possedevano, a parte i pochi soldi che percepivano mensilmente senza garanzie contributive e senza versamenti
per il trattamento di fine rapporto?
Di questo naturalmente si accorgeranno quando il gestore, come già avvenuto in passato, deciderà di terminare l’attività, magari coinvolgendoli civilmente e penalmente nel probabile fallimento. Impareranno a loro spese che da colei la quale hanno
creduto antagonista potevano invece
imparare una professione. Questo,
forse, è un caso limite ma non raro
di come gli standard qualitativi delle nostre cucine siano spesso sacrificati in nome di una logica del profitto immediato. È questo il vero nemico della qualità e della meritocrazia professionale, capace di creare
divisioni più di quanto qualsiasi differenza culturale sappia fare.
Tirate le somme, gli immigrati c’entrano poco perché le vere responsabilità sono le nostre, che continuiamo a rispondere alle sfide che l’epoca attuale ci pone con strumenti inadeguati, sia da un punto di vista lavorativo che culturale.
Trovare risposte non è facile ma a
chi, con una buona dose di retorica,
sostiene la necessità di una politica
d’accoglienza orientata verso un cosmopolitismo tout court bisogna di
sicuro ricordare le disfunzioni che
questo atteggiamento porta; al di la
delle buone intenzioni. In poche parole è assolutamente necessario regolare il processo, distinguendo tra
lo straniero solo di passaggio, che
deve avere il diritto all’accoglienza,
e chi ha intenzione di rimanere; al
quale dobbiamo dare la possibilità
di integrarsi e di partecipare al nostro diritto, affinché non sia e non
continui a sentirsi un estraneo a casa nostra.
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IL TURISMO
IN CIFRE
Restyling completo per i Punti
di Informazione Turistica del Comune
I PIT
cambiano pelle
oma si rifà il trucco in vista
dell’inizio del nuovo anno. I
dati sul boom del settore turistico capitolino del 2006 e del 2007
non possono che confermare la necessità di investimenti su idee innovative. Un maquillage non può che
partire dai Punti di Informazione Turistica, che rappresentano dei veri e
propri centri dove l’Urbe si ritrova a
dare il benvenuto ai milioni di turisti che, appena giunti a destinazione,
rimangono talvolta spaesati al cospetto di una città così multipolare. Tra
la stagione estiva e quella autunnale
è stata così predisposta un’operazione di restyling per i vecchi PIT, il cui
costo si aggira intorno ai seicentomila euro. La creazione di chioschi più
moderni e funzionali risponde all’esigenza di fornire un servizio completo per le sempre più diversificate
e puntuali richieste degli utenti. L’offerta non resterà, come in passato, limitata all’esposizione e distribuzione di semplici prodotti informativi,
ma si amplierà fino a comprendere
la vendita di biglietti di mezzi pubblici, musei, scavi archeologici ed
eventi notturni. Senza dimenticare la
possibilità di acquistare la RomaPass, strumento indispensabile per
quanti sono costretti ad effettuare un
tour con pochi giorni a disposizione
o, più semplicemente, si vogliono godere Roma per un week-end lontano
dalla routine quotidiana. Se fino a diciotto mesi or sono la città non era
dotata di una card turistica sul modello di tante altre capitali europee,
come Parigi, Londra e Lisbona, viceversa oggi sembra aver allungato
il passo sulle dirette concorrenti: oltre alla classica Roma-Pass che, al
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costo di venti euro, permette di avere un kit comprensivo di una piantina topografica, un titolo di viaggio
per mezzi sotterranei e di superficie
valido per tre giorni, nonché di due
ingressi museali gratuiti e i restanti
a tariffa ridotta, è stata realizzata anche la Roma&Più-Pass. Quest’ultima allarga la validità della carta a tutta la provincia, con soli cinque euro
di sovrapprezzo, e permette di visitare dintorni imperdibili della capitale come villa Adriana o Villa d’Este a Tivoli, utilizzando i mezzi di trasporto extraurbani. All’interno di entrambe le versioni della Roma-Pass
è presente anche una guida al suo utilizzo, che illustra la proposta culturale di tutte le realtà pubbliche e private che hanno aderito all’iniziativa.
Condicio sine qua non di un’operazione che lascia aperto l’orizzonte a
successivi perfezionamenti, è stata
l’informatizzazione dei PIT, che saranno collegati in rete a tutti i circuiti dell’offerta alberghiera, cinematografica, teatrale e musicale. Per ottenere un’informazione al passo con
i tempi, ma soprattutto con il continuo mutamento degli eventi e delle
strutture, l’Assessorato per la promozione del Turismo e della Moda ha
coinvolto la Federalberghi Roma Apra
e l’Anec-Agis. In questa prospettiva,
contribuisce a far quadrare il cerchio
l’avvio, a partire da ottobre, del servizio contact center integrato 060608,
gestito in collaborazione con la società Zetema Progetto Cultura, alla
quale è stata affidata anche la ristrutturazione dei PIT. Il primo servizio,
complementare al secondo, permetterà sia attraverso il numero telefonico che tramite web, di ricevere ins u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
INTERVENTI
Gabriele Natalizia
formazioni dettagliate sulle maggiori iniziative turistiche, culturali e di
spettacolo in programma a Roma e
di prenotare ed acquistare i relativi
biglietti pagando con carta di credito: il call center è predisposto per rispondere in cinque lingue diverse (italiano, inglese, francese, spagnolo e
tedesco).Ma non è tutto. l’Amministrazione Comunale si è impegnata
a incrementare il numero complessivo dei chioschi sull’intera superficie
urbana. Ne sorgeranno di nuovi in
tutte le zone considerate “strategiche” per la prima accoglienza ai turisti: sarà realizzato un PIT nell’aeroporto di Ciampino, che rappresenta ormai un “caso” nazionale per la
mole di passeggeri che vi fanno scalo, uno ad Ostia, nell’ambito del progetto di rilancio del litorale romano,
ed uno o più punti all’interno della
nuova Fiera di Roma, che forniranno un servizio informativo a coloro
che visiteranno le numerose iniziative in calendario presso il polo fieristico. La ciliegina sulla torta è rappresentata dall’utilizzo del nuovo spazio denominato Vetrina Roma contenitore di eventi e catalizzatore di incontri oltre che Punto Informativo
Turistico situato a Piazza dei Cinquecento nell’area antistante la stazione
Termini, centro della città, crocevia
quotidiano di cittadini e turisti.
Il primo ottobre è stata inaugurata dal
vice sindaco di Roma Mariapia Garavaglia, una mostra di arte contemporanea africana, significativamente intitolata Africa Today. The dark
side of the art, dove sono esposte più
di quattrocento opere che esprimono
la contaminazione tra le tensioni politiche e sociali del continente nero
e le ispirazioni dell’arte europea e
nord-americana. In altre parole, l’impegno dell’Amministrazione Comunale e del vice sindaco Mariapia Garavaglia che ha la delega alle politiche del turismo, è quello di trasformare i Punti Informativi Turistici da
centri prettamente dedicati all’accoglienza e all’informazione dei turisti
e degli stessi romani in punti di riferimento culturali.
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IL TURISMO
IN CIFRE
V. C.
INTERVENTI
Storie di ordinario
precariato
rovate a inserire in un qualsiasi motore di ricerca su Internet la parola chiave “testimonianze di lavoratori precari”: verranno fuori decine di siti che raccolgono esperienze, propongono iniziative, forniscono dati sulla condizione
di quelli che – eufemisticamente –
vengono chiamati “atipici”, e che vivono ogni giorno l’incertezza del loro percorso professionale e
umano. Le denominazioni
sono ironiche, a volte pungenti: precariarestanca, generazione 1000 euro, cinicamentetrentenni, ma il più bello, forse, è “lateniamoinconsiderazione.blogspot.com”,
nel quale si può trovare di
tutto dal mondo delle offerte di lavoro da parte delle
aziende più disparate. La migliore certamente è la seguente: “Società start-up settore
ICT zona EUR cerca neolrt
Ing. ele o cultura equiv. per
Lab tec e non solo. English
skills, saltuari viaggi in territorio naz. contr. a prog. €600/mese, PC e cell. aziendali, orario estremamente flessibile. Inizio sett.”. Ma
anche la successiva, forse nel disperato tentativo di risultare attraente,
non scherza: “Tour operator - agenzia viaggi/tour operator cerca urgentemente ragazze/i vivaci e simpatici
max 35, con disponibilità immediata fulltime, per semplice lavoro promozionale su appuntamenti prefissati-no vendita. Guadagni ‘eccezzzziunali veramente’. Indispensabile la
macchina!!!!”. E si potrebbe andare
avanti a lungo.
P
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d e l l ’ E B T L
La vita del precario italiano, di questi tempi, è movimentata, caratterizzata dall’insicurezza sul proprio futuro e sulle proprie possibilità di carriera. Carriera? Nessuno si aspetta
tanto, basterebbe quella che in gergo specialistico si chiama “stabilizzazione”, ovvero l’assunzione a tempo indeterminato: «Volevo raccontare», dice Francesca, su anagrafepre-
cari.it, «semplicemente la mia esperienza di ex precaria: oggi finalmente ho timbrato, dopo tanti anni di precariato, per la prima volta un cartellino. Sono stata assunta presso un ente pubblico grazie alla finanziaria con
una qualifica inferiore alla mia laurea ma finalmente con un lavoro fisso, con il diritto di ferie, buoni pasto,
maternità, malattia. Questo per me
sarà un giorno da ricordare». Non per
tutti, però, finisce così. Anzi, qualcuno molla. «Un po’ per gioco, un
po’ per caso, ero diventato un bravissimo barman, esperto di cocktails e
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richiesto anche nelle scuole alberghiere per insegnare. Ma sempre a
termine, senza alcuna certezza, neanche la più vaga, che il mese dopo potessi portare a casa lo stipendio». Cristian L. ha 33 anni, ha fatto il barman per sette anni, e ha smesso perché non riusciva ad avere alcuna prospettiva “decente”, in balia del lavoro nero, di orari e situazioni particolari. Farsi una famiglia? In realtà, non
ci pensa neanche ora che lavora in
ufficio pubblico, «veramente non ci
lavoro», dice, «collaboro», figuriamoci all’epoca.
Secondo l’Istat, invece, l’aggregato
dei lavoratori con contratto a termine, dei collaboratori e dei prestatori
d’opera nel secondo trimestre del
2006, ammonta a circa 2 milioni 735
mila persone (11,8 per cento dell’occupazione totale), di cui 1 milione
327mila uomini e 1 milione
408 mila donne. Di questi, il
numero di lavoratori temporanei è particolarmente alto
in valore assoluto nel settore
dei servizi (1 milione e 898
mila unità, pari al 12,4 per
cento di occupati nel settore). Le incidenze più alte si
raggiungono però nel settore dell’agricoltura (24,2 per
cento per un totale di circa
237 mila occupati) e, nell’ambito dei servizi, nel settore
“Alberghi e ristorazione” (19,7
per cento, pari a 230 mila unità). «Il mio primo contratto»,
racconta Cristiano S., «era
proprio un contrattino di due paginette. Il mio capo di allora – titolare
di un’azienda di doppiaggio cinematografico e televisivo era senza dubbio un “bravuomo”. Ti negava le ferie con bravura e bonomia: “non le
hai ancora maturate” – diceva -, anche dopo diversi mesi. Il giorno che
stavi a casa per malattia, il permesso per andare al funerale del parente…tutto era una concessione dall’alto elargita con finta magnanimità,
sempre con la presunzione di colpevolezza “ogni scusa è buona per non
lavorare” e c’era sempre la sgrade-
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IL TURISMO
IN CIFRE
vole sensazione che tutto un giorno
ti si sarebbe potuto ritorcere contro».
«Ma», continua Cristiano, «anche
sulla natura delle mansioni bisogna
essere molto flessibili, può venir chiesto di fare qualcosa non specificato
del contratto: impiegato amministrativo–commerciale, nel mio caso. A
me è stato chiesto anche di fare il
guardamacchine: risparmiare il tempo per trovare il parcheggio e quell’euro di sosta sulle strisce blu. Così ho dovuto controllare che non passasse un odiato vigile a fare la multa per sosta in doppia fila».
Anche il Nidil-Cgil, il sindacato degli atipici della confederazione di
Corso d’Italia, ha raccolto storie e te-
stimonianze di precari: «Mi chiamo
Simona, ho 18 anni e per un mese ho
lavorato in nero come animatrice. Il
contatto che si stabiliva con le persone nel mio lavoro era molto piacevole, ma non mi piacevano affatto i
220 euro di stipendio. Speravo di avere uno stipendio più alto e soprattutto di avere un contratto. Mi è capitato di farmi male, per fortuna non gravemente, e non ero assicurata, quindi non ho avuto nessuna indennità».
Alla precarietà spesso si lega strettamente il lavoro nero o irregolare, specialmente nel settore terziario e dei
servizi. Secondo quanto rileva l’IresCgil nella ricerca “I volti del sommerso. Percorsi di vita dentro il la-
INTERVENTI
Per alcuni un male, per altri una opportunità.
Di sicuro il precariato piace poco
e non fa troppo bene neppure alle aziende
voro irregolare”, intanto tra gli atipici si rileva una totale esclusione dei
canali istituzionali di ingresso nel
mercato del lavoro: solo canali informali, conoscenze personali o amici
già impiegati in quella particolare
azienda. Nessuno ha descritto la propria condizione lavorativa con orari
e organizzazione del lavoro libera come è naturale in rapporti che si definiscono di collaborazione. Tutti invece raccontano di un inquadramento assimilabile a quello dei loro colleghi dipendenti. E ancora, durata del
rapporto di lavoro breve, con cambiamenti frequenti del committente
e delle mansioni, quasi sempre nella forma della collaborazione. Rispetto alle retribuzioni le cifre più basse
riguardano proprio gli atipici, tra i
quali il minimo dichiarato è stato di
400 euro mensili presso una cooperativa.
E poi c’è chi si rivolge alle agenzie
interinali. Anche lì non manca un ventaglio di esperienze grottesche se non
fossero surreali: «In fase di colloquio
hanno da ridire sul mio curriculum
troppo variegato, e ho trovato anche
chi discrimina sul fatto di non essermi sposato. Ma come faccio a sposarmi senza un lavoro stabile? ». «La
cosa più ridicola che mi sono sentito chiedere da una selezionatrice di
un’agenzia di lavoro: “Come mai non
ha mai trovato un lavoro a tempo indeterminato?”. E secondo lei chi va
nelle agenzie di lavoro, chi ha un impiego statale…?»
inviando una mail all’Ebtl di Roma:
[email protected]
Oppure telefonando al numero
06.48.90.70.20
la rivista
GRATIS
a casa vostra
o in ufficio
inviando un fax al numero
06.48.90.68.28
Nella richiesta specificare il proprio nome, cognome e
l’iindirizzo completo cui si vuole far recapitare i numeri di
Roma&Lazio il turismo in cifre e (facoltativo) la qualifica,
la professione, il settore turistico in cui si opera.
I dati saranno trattati in osservanza del D.Lgs. n° 196 del 30.06.2003 in materia di privacy
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IL TURISMO
IN CIFRE
Alessandro Quami
INTERVENTI
«Viterbo?
Non sanno neanche dov’è»
«Manca
un’efficace politica
di promozione
del territorio».
UTRI –«Tuscia terra meravigliosa:
ricca di laghi, di mare, di boschi, di monti, di colline, di vallate. Con prodotti tipici di prima scelta. Ma nessuno la conosce, e pochissimi conoscono i suoi prodotti». Andy
Luotto è innamorato della Tuscia. Per
questo ci vive. Ma, da viaggiatore e
conoscitore dell’Italia e del mondo,
è dispiaciuto di come la promozione
del territorio lasci a desiderare. E penalizzi un’economia e una società
che, dice, «avrebbero tutto per rivaleggiare con zone d’Italia più rinomate, come la Toscana o la vicinissima Umbria». Dai primi di aprile
Luotto ha aperto un ristorante: “Il
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p e r i o d i c o
S
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D’Angeli”, nel delizioso centro storico di Sutri.
Essendo adesso cuoco di professione, vuol parlare di prodotti tipici
del Viterbese?
«Credo nel territorio e nel binomio
territorio-prodotti tipici. Io e i colleghi del ristorante che abbiamo aperto da poco nel centro storico di Sutri, ci teniamo molto ai prodotti locali. Che cerchiamo con passione e
insistenza».
Che significa “li cerchiamo”? Non
si trovano facilmente?
«Se vai in un negozio, alla fin fine
non trovi i prodotti tipici veri. Se invece ti dai da fare, trovi prodotti buonissimi: olio, nocciole, castagne, vis u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
no, lenticchie, miele, pesce di lago,
pomodori di un certo tipo, e molto
altro. Ma devi perderci tempo».
Le ho sentito dire: è necessario che
la provincia cresca. Che intende?
«Se vai in giro per l’Italia e dici Viterbo, pochi sanno dove si trovi. Invece ha una storia straordinaria».
Cioè?
«Manca un’efficace politica di promozione del territorio».
Quindi lei critica il lavoro delle istituzioni politiche, che si occupano
di promozione (anche) turistica.
«No. Io non critico nessuno. Io penso per me. Siccome vivo e lavoro nel
Viterbese, mi accorgo di alcune ca-
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IL TURISMO
IN CIFRE
Antonio Vallebona
TRIBUNA DEL LAVORO
Ordinario di diritto del lavoro Università dì Roma «Tor Vergata»
Durata dell’apprendistato
e parere di conformità
dell’Ente Bilaterale
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE - SEZIONE LAVORO
19 dicembre 2006 — Pres./Est. Amato — GI.DI. S.p.A. c. Cu.
Apprendistato - Disciplina collettiva
Parere di conformità dell’Ente Bilaterale
per durata maggiore - Legittimità.
Non lede il principio di libertà sindacale la clausola di un contratto collettivo che prevede una durata
maggiore per l’apprendistato solo in presenza di un parere di conformità da parte dell’ente bilaterale.
(Omissis)
1. La controversia verte, dunque, sulla pretesa della
società di far durare il contratto di apprendistato
stipulato nel settembre 2000 con Ca. Cu. trentasei mesi secondo la dizione dell’art. 30 quinquies
c.c.n.l. del 20 settembre 1999 vigente al momento dell’accordo contrattuale, sebbene questa disposizione esplicitamente al co. 2 stabilisca che —
ai fini dell’applicazione della regolamentazione della durata dell’apprendistato modulata per le diverse categorie del personale dal co. 1 da 12 a 36
mesi, misura questa seconda riservata anche al
conseguimento per le qualifiche appartenenti al 4°
livello professionale — i datori di lavoro devono
presentare, prima dell’inoltro della richiesta di autorizzazione al servizio ispettivo territoriale, copia
di questa alla Commissione dell’ente bilaterale (costituito ai sensi dell’alt. 16 della parte del contratto collettivo dedicata alle relazioni sindacali) tenuta ad esprimere un parere di conformità.
Il Tribunale di Pistoia ha ritenuto che la mancata
iscrizione ai detto ente bilaterale e quindi la mancanza dei parere di conformità non consentono al
datore di avvalersi del termine di durata più lungo
rispetto a quello previsto, secondo quella che all’evidenza costituisce regola generale della materia, dall’art 28 c.c.n.l. per il quale il limite massimo
dell’apprendistato per diventare commessa di 4°
livello è 24 mesi.
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La decisione si mostra immune da ogni censura
ed ha definito la questione giuridica seguendo con
coerente valutazione le regole generali dell’interpretazione dei contratti.
2. Risulta, infatti, assolutamente indiscutibile che il rapporto tra gli arti. 28 e 30 quinquies della contrattazione di settore applicabile all’epoca dei fatti sia riconducibile a quello di regola ed eccezione, dove
la prima è rappresentata dalla netta e precisa determinazione della «durata dell’apprendistato» (così la rubrica dell’art. 28) secondo la delega alle parti collettive contenuta nel co. 1 dell’art. 71. n. 25/1955,
che si è — com’è noto — limitato a definire la durata massima quinquennale di tale tipo speciale ed
a causa mista di rapporto di lavoro, lasciando per
intero alle pani sociali ed alla loro conoscenza e
sensibilità dei problemi e delle esigenze formative
esistenti presso i vari settori produttivi la definizione dei differenti limiti di durata per categorie professionali. La seconda, nell’ambito di una molto articolata ed accurata disciplina di dettaglio dell’apprendistato, rimodula in maniera più ampia la medesima durata del contratto di apprendistato utilizzabile per le varie qualifiche (ne indica cinque, dal
6° al 2° livello, mentre l’art- 28 ha provveduto a definire il limite di durata soltanto per 5° e 4° livello)
dal datore di lavoro, a condizione tuttavia della valutazione di conformità da parte dell’ente bilaterale introdotto per il settore in questione.
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I
TRIBUNA DEL LAVORO
IL TURISMO
IN CIFRE
Gli enti bilaterali, costituiti da associazioni dei datori
di lavoro e dei prestatori di lavoro, sono diffusamente intesi come organismi aventi funzioni soprattutto
di intermediazione e controllo nel mercato del lavoro, unitamente ad altri soggetti pubblici e privati, ed
hanno le potenzialità positive d’intervento di un soggetto privato particolarmente, in linea astratta, qualificato allo scopo e quindi capace di intervenire in
modo concreto e mirato sul mercato del lavoro al fine di agevolare e realizzare — come già le casse di
mutuo soccorso dell’ ‘800 o talune aggregazioni corporative del secolo successivo — condizioni migliori per entrambe le pani del rapporto di lavoro.
Al di là dei giudizi storico-politici e giuridici che si
possono esprimere sull’argomento o della effettiva
operatività qualitativa e quantitativa di tali enti, quel
che rileva in questa controversia è che la misura della diversa (espansiva o riduttiva, come nel caso dell’accesso al 6° livello) durata massima del rapporto
di apprendistato stabilita dall’art 30 quinquies c.c.n.l.
commercio in esame viene ritenuta legittima dalla
regola collettiva (la sola esistente in ragione della delega del citato art. 7, co. 1, l. n. 25) soltanto nel caso in cui la valutazione congiunta di tipo tecnico e
politico delle stesse parti sociali sia positiva per quello specifico caso, ossia venga ritenuto per quel determinato contratto di lavoro necessario approntare un termine diverso della formazione professionale del lavoratore apprendista, oltre il quale il rapporto de quo si estingue.
Sotto questo profilo francamente del tutto eccessiva, eccentrica e sfocata appare la critica mossa dalla società alla valutazione del Tribunale, cui viene imputata la violazione del principio di libertà sindacale. Nessuna impropria costrizione del datore di lavoro è stata realizzata, né dalla contrattazione né —
tanto meno — dal giudice che l’interpreta; molto più
pacatamente è dato rilevare che, qualora il datore
di lavoro voglia fruire dell’agevolazione rappresentata senza alcun dubbio (in parte anche per il lavoratore, almeno a livello teorico) dalla maggiore durata del rapporto — a minor costo economico, compensato dalla formazione professionale erogata al
giovane addetto —, deve ottenere un ulteriore «visto di legittimità» oltre quello consistente nella formale autorizzazione dell’organo pubblico (art. 21.
n. 25/1955 all’epoca vigente ed ora abrogato dall’art. 85, co. I. lett. b), d.lgs. n.27672003). In carenza di tale parere di conformità rilasciato dall’ente bilaterale (la cui adesione, ripetesi, non è imposta da
alcuna disposizione dello stesso contratto collettivo), rimane quale regola della durata del rapporto
di apprendistato quella generale e già preesistente
stabilita dall’art. 28 citato.
Resta libera la scelta dell’azienda, come la Gi.
II
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Distribuzioni S.p.A., di non aderire all’ente bilaterale e quindi di non fruire dei vari «servizi» da esso erogati, tra i quali quello di valutazione tecnica circa la
estensione maggiore della durata dell’apprendistato di commessi e commesse di 4° livello, alla medesima stregua dell’adesione — libera pur essa —
ad altro tipo di aggregazione sindacale dei datori di
lavoro esercenti nel settore del terziario e del commercio, che attribuisce i vantaggi della «solidarietà»
interna ma attraverso la quale — ad esempio — viene di fatto e di diritto «imposta» l’applicazione ai dipendenti della specifica contrattazione collettiva di
settore.
3. Anche il successivo motivo d’appello proposto dalla società si mostra infondato.
L’art. 7, prima parte, della risalente disciplina in materia di apprendistato («l’apprendistato non può avere una durata superiore a quella che sarà stabilita
per categorie professionali dai contratti collettivi di
lavoro») detta, infatti, una indicazione estremamente ampia per la contrattazione delle parti sociali, tale per cui in essa deve reputarsi rientrare certamente anche la modulazione della durata — per le varie
categorie di addetti — tarata pure sulla valutazione
di organismi tecnico-politici come gli enti bilaterali
(nel 1955 non esistenti in quanto tali e con le competenze assegnate dal c.c.n.l. in questione), giacché esso si mostra palesemente espressione del
principio, rectius dell’acquisizione teorica pregiudiziale, di essere gli agenti sociali della regolamentazione dei rapporti di lavoro i soggetti maggiormente
in grado di disciplinare in dettaglio questo segmento della materia normata in sede legale.
D’altro canto, osserva la Corte, quand’anche volesse rinvenirsi nella disciplina di rango secondario al
vaglio del Collegio una violazione della «delega» contenuta nell’art. 7 cit., questa interpretazione mai potrebbe comportare l’eliminazione di tutta la disciplina dell’apprendistato contenuta nel c.c.n.l. bensì —
è ovvio —-soltanto l’espunzione da essa di quella
modulazione «vietata», ossia l’affidamento di compiti di asseverazione all’ente bilaterale (i commi da
2 in avanti dell’alt. 30 quinquies).
Questa, tuttavia, avrebbe come ineluttabile conseguenza la necessità di scegliere tra l’art. 28 e l’art.
30 quinquies quale debba essere la regola della durata dell’apprendistato, non potendo logicamente
coesistere per la medesima ipotesi due discipline
divergenti o comunque diverse significativamente
quanto a limite di durata: trattandosi peraltro, come
ricostruito, di rapporto tra regola ed eccezione, sarebbe irrimediabilmente travolta dalla (presunta) invalidità della previsione dell’intervento dell’ente bilaterale tutta la disposizione dell’ari. 30 quinquies
(che è l’ultimo di un compendio di articoli, che par-
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TRIBUNA DEL LAVORO
IL TURISMO
IN CIFRE
te dal 30 bis in cui su più piani vengono valorizzati
presenza ed intervento dell’ente bilaterale) e permarrebbe integra e vigente la sola regola generale
dell’ari. 28, ossia quella su cui ha fondato la domanda l’appellata Cu. e su cui ha definito questo aspetto della lite il Tribunale di Pistoia.
4. Nemmeno può ritenersi censurabile la decisione del
Tribunale di Pistoia in relazione alla interpretazione
fornita sulla durata dell’apprendistato dalla circolare 14 novembre 2001 n. 1992 del Ministero del Lavoro, posta dalla società a base del terzo motivo
d’impugnazione. Fermo restando che una interpretazione in sede amministrativa non vincola l’autorità giudiziaria chiamata all’ermeneutica contrattuale, occorre rilevare che la scelta ministeriale neppure appare persuasiva dal momento che — in linea
assolutamente apodittica — pretende di ricavare
dal generalissimo principio di eguaglianza sancito
dall’art. 3 Cost. l’esistenza di una disparità di trattamento tra lavoratori apprendisti a secondo se —
attraverso l’applicabilità o meno del meccanismo
del parere di conformità dell’ente bilaterale — sia
agibile una durata massima di 36 o 24 mesi del rapporto speciale in vista del conseguimento di determinate qualifiche del settore terziario: al riguardo la
Corte, in senso contrario alla stessa valutazione del
primo giudice, ritiene palesemente infondata la considerazione del Ministero per la quale «l’applicazione di una diversa disciplina (artt. 28 o 30) deriva da
parametri esterni alla ratio contrattuale», ossia dipenderebbe da fattori che sono «fuori» dalla causa
del rapporto di apprendistato: al contrario, la scelta dei contraenti collettivi di codificare in maniera differenziata la durata dell’apprendistato (nella specie)
per l’accesso al 4° livello di classificazione, nella quale scelta viene recepito in positivo il ruolo dell’ente
bilaterale, consegna proprio al sinallagma funzionale del contratto, caratterizzato da formazione vs agevolazione retributiva e contributiva, aspetti aggiuntivi e non sostitutivi della medesima causa. In altri
termini, la durata più estesa del contratto, affidata
alla valutazione tecnico-politica (nel senso di politica dell’occupazione) fa «corpo» preciso e precipuo
con tale specifico sinallagma, con siffatta peculiare
causa del rapporto di apprendistato, in quanto mira a rendere più concreta e coerente la formazione
professionale attraverso un vaglio specifico degli
«addetti ai lavori» da sommare alla generale valutazione di legittimità dell’organo pubblico. A diversa
situazione di fatto, dunque, può correttamente applicarsi una differenziata regolamentazione del rapporto.
Francamente incomprensibile, inoltre, — nell’ambito della corretta valutazione dell’equo contemperamento degli interessi contrapposti delle parti indivi-
duali del rapporto de qua (raccomandata all’interprete del contratto dall’art. 1371 c.c. come regola
ermeneutica finale) — si palesa il giudizio ministeriale circa il «maggior favore» insito (dall’andamento dell’argomentazione, sembra doversi intendere
per lavoratori apprendisti) nei termini stabiliti dall’art.
30 quinquies rispetto a quelli più brevi dell’art., 28,
permanendo infatti del tutto indimostrato il vantaggio (per una commessa di esercizio commerciale,
com’è nel caso al vaglio della Corte) della legittima
prosecuzione per un altro anno di un rapporto di lavoro certamente meno stabile e retribuito di quello
a tempo indeterminato cui all’esito dei due anni di
apprendistato si dovrebbe fisiologicamente convenire quello speciale a causa mista.
È vero, infatti, che l’aspetto formativo «costituisce un
elemento imprescindibile e fondamentale» (così convincentemente la difesa dell’appellante) nell’attuale
mondo del lavoro in cui la «conoscenza» rende più
forte la posizione del singolo lavoratore sul mercato;
tuttavia, trattandosi di anni e non di mesi o settimane, resta priva di spiegazione razionale in generale
ed in concreto la circostanza secondo cui la maggiore durata dell’apprendistato per qualificazioni professionali di non elevatissimo contenuto tecnico-pratico agevoli il lavoratore e sia quindi un atout da spendere sul mercato ed anche nel concreto rapporto di
lavoro in essere.
A meno di. non presupporre la diversa (ma inespressa idea, non condivisa dalla Corte, della) fisiologica
cessazione al raggiungimento del triennio del rapporto di lavoro senza alcuna «conversione». A beneficio esclusivo, quindi, del datore di lavoro.
5. Consegue da quanto testé argomentato, in ordine alla implausibilità della interpretazione ministeriale in
aperto contrasto con la regola contrattuale collettiva,
anche l’insussistenza del valore dirimente dell’autorizzazione alla stipula del contratto tra i soggetti in lite da parte dell’organo amministrativo di vigilanza,
che — contrariamente all’assunto della difesa della
società — mai potrebbe essere utile a sanare irregolarità non di tipo formale, ma squisitamente d’ordine
sostanziale come nella specie in cui viene violata riguardo alla durata del contratto individuale di lavoro
la clausola del contratto collettivo, fonte deputata ex
lege 25/1955 a realizzare in concreto le finalità dell’intervento normativo. È utile chiarire, infatti, che non
si tratta nella presente fattispecie di ritenere nullo il
contratto di apprendistato — così negando ogni valore alla specifica competente valutazione della D.p.l.
che ne ha autorizzato la stipulazione —, ma più congruamente di riportarne la durata massima alla regola ritenuta vigente secondo la evidente «comune intenzione delle parti» del contratto collettivo (come appunto ritenuto dal Tribunale).
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III
IL TURISMO
IN CIFRE
TRIBUNA DEL LAVORO
6. Anche l’ultimo mezzo di gravame della S.p.A-, avente la natura di una valutazione meramente suggestiva, non fornisce apporto giuridico alla soluzione
della controversia: la modifica nel 2004 della regolamentazione collettiva del rapporto di apprendistato nel settore del terziario (eliminazione dell’intermediazione dell’ente bilaterale e sensibile aumento a
48 mesi della durata massima per il conseguimento di qualifiche del 4° livello d’inquadramento) intanto non è utile a visualizzare il «comportamento complessivo anche posteriore» (art. 1362, co. 2, c.c.)
dei contraenti collettivi, atteso che nella specie vi è
stata una sostituzione contrattuale e dunque un diverso approccio a tutto il complesso intreccio di
questioni inerenti ad una contrattazione collettiva
nazionale di lavoro. Essa al più è in grado di evidenziare ragionevolmente un ripensamento delle parti
sociali, può venire interpretata come frutto di una
bilaterale rivisitazione delle parti sociali sull’argomento ovvero quale espressione di un forte mutamento dei rapporti di forza contrattuale tra gli stipulanti
collettivi; tuttavia, in ogni caso ratione temporis si
colloca al di fuori di qualsiasi capacità normativa riguardo al rapporto della signora Cu. (Omissis).
Enti bilaterali e libertà sindacale negativa
1. - È pienamente condivisibile il principio affermato da
Appello Firenze 19 dicembre 2006, secondo cui il
contratto collettivo può condizionare una maggiore durata dell’apprendistato al previo rilascio di un
parere di conformità da parte dell’ente bilaterale
senza per questo ledere la libertà sindacale negativa del datore di lavoro.
2. - Nella specie la questione riguardava la vecchia disciplina dell’apprendistato, in cui, entro i limiti fissati dalla legge, era demandata alla contrattazione collettiva l’indicazione della durata dell’apprendistato (art. 7, co. 1; legge n. 25 del 1955; art. 16,
co. 1, legge n. 196 del 1997).
Ma la questione si ripropone identica nella disciplina vigente, che rimette ai contratti collettivi, sempre nel rispetto dei limiti di legge, la fissazione della durata del contratto di apprendistato professionalizzante (art. 49, co. 3, d.lgs. n. 276 del 2003),
con un tipico rinvio all’autonomia collettiva in funzione integrativa della fattispecie legale (Corte cosi. n. 268/1994, n. 344/1996: Cass. n. 17674/2002).
3. - Il contratto collettivo non può certo imporre a qualsiasi datore di lavoro di iscriversi all’ente bilaterale
per ottenerne un parere di conformità qualificato
come necessario per la stipula del contratto di apprendistato.
Una simile previsione, infatti, lederebbe palesemente la libertà sindacale negativa del datore di
lavoro, costretto a iscriversi all’ente bilaterale per
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poter stipulare un contratto di apprendistato.
4. - Del tutto diversa, invece, è una disciplina collettiva, come quella esaminata dalla sentenza in epigrafe, che condizioni al parere dell’ente bilaterale
non la legittima stipulazione, ma solo una maggiore durata dell’apprendistato.
Qui il datore di lavoro è libero di scegliere tra una
durata inferiore dell’apprendistato senza contatti
con l’ente bilaterale oppure una durata maggiore
autorizzata da quest’ultimo.
Non a caso la Corte costituzionale (n. 270 del 1987)
e la Cassazione (n. 227 del 2000; n. 195 del 1997;
n. 7694 del 1990; n. 6453 del 1986; n. 7508 del
1983) hanno sempre escluso qualsiasi dubbio di
legittimità costituzionale per le norme di legge che
condizionano un beneficio all’applicazione di un
contratto collettivo, rilevando che non si tratta di
una coercizione, proprio perché è rimessa all’imprenditore la scelta di ottenere un vantaggio a certa condizioni oppure di rinunziare al vantaggio restando libero da vincoli e rapporti sgraditi.
5. - Per completezza sistematica si aggiunge:
• la stessa conclusione qui indicata, per la stessa
ragione della garantita libertà di scelta del datore
di lavoro, vale per la disposizione (art. 10, legge n.
30 del 2003) che condiziona il riconoscimento di
benefici normativi e contributivi a favore delle imprese artigiane, commerciali del turismo alla condizione dell’«integrale rispetto» dei contratti collettivi, ivi compreso l’obbligo di finanziamento degli
enti bilaterali (cfr. il mio saggio Gli enti bilaterali: un
seme di speranza da salvaguardare, in «Dir. rel.
ind.» 2006, 1041, ove sono esaminate anche le
opinioni contrarie);
• solo la legge può imporre a tutti un’autorizzazione preventiva, amministrativa o di altri competenti soggetti, per la stipula di determinali contratti,
come, ad esempio, era previsto a proposito del
lavoro a termine per le punte di attività e come sarebbe stato possibile per lo stesso apprendistato
qualora fosse stata attuata la delega a riconoscere «agli enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatarie» (art. 2, co. 1,
lett. b), legge n. 30 del 2003), mentre in alternativa non possono provvedere le leggi regionali (cfr.
Corte cost. n. 24/2007, in questa rivista 2007, 218;
contra circ. Min. Lav. n. 40/2004 e n. 30/2005);
• l’imposizione direttamente per legge della tutela procedimentale autorizzataria è ben diversa dalla incostituzionale attribuzione di efficacia generale al trattamento dei contratti collettivi, come già
rilevato dalla Corte costituzionale (n. 10/1957) proprio in materia di apprendistato.
Tratto dal Massimario di giurisprudenza del lavoro n 7
suppl. Il Sole 24 Ore, luglio 2007
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IL TURISMO
IN CIFRE
INTERVENTI
Intervista a Andy Luotto,
attore e chef che ha aperto un ristorante a Sutri
renze che ci sono: la politica di promozione non è la punta di diamante di questa terra. Inoltre, mi hanno
detto di parlare con i sindaci e gli
assessori: io faccio politica per conto mio. I politici non sono sensibili
al turismo».
Quindi gli enti turistici sono inefficienti?
«Le rispondo per quelli che conosco.
A Sutri c’è un ottimo ufficio turistico: sono molto bravi, e mi trattano
bene».
Forse perché porta Sutri ogni sabato in tv, nel suo spazio nella rubrica di enogastronomia sul Tg2
delle 13?
«Forse».
L’anno scorso ha organizzato una cena a base di pollo, per combattere la fobìa dell’aviaria. Quest’anno?
«Faremo una serata con soli prodotti della Tuscia.
Porteremo in cucina le vecchie signore che cucinano come una volta: le chiameremo da tutta la provincia».
Nel fare promozione, qualche responsabilità ce l’hanno anche gli
imprenditori?
«Certo. Si devono far conoscere.
Spendere in pubblicità. Ci sono prodotti e ricette strepitose che si stanno perdendo; nessuno ha recuperato
questo patrimonio, non solo locale».
Che cosa preparerete?
«Ad esempio l’acquacotta.
Come quella del
Lago di Bolsena, o
quella di Sutri».
Come sta andando il locale?
«Bene. Ci sono tanti clienti».
Anche persone famose?
«Qualcuna sì. Ma sono le persone comuni che mi gratificano di più».
Un’ultima cosa…
«No. Ora la lascio. Devo andare a cucinare delle verdure: è quasi ora di cena, e la gente ha fame. Arrivederla».
Luotto, una vita con Arbore e due amori:
Antonella e la cucina
ndreas Luotto è nato a Brooklyn,
New York, nel 1950. Venuto in
Italia nel 1965, ha studiato nel
liceo americano di Roma e frequentato
l’università (comunicazione) negli Usa. Al
termine degli studi è tornato nuovamente in Italia per sfuggire alla cartolina
precetto e alla guerra in Vietnam. Oggi vive «felicemente», ci tiene a precisare,
con Antonella D’Angeli e i due figli: Steven e
Silvia. Nella sua vita ha
lavorato nel cinema,
nel teatro e nello spettacolo. Storica la sua
amicizia e relazione
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professionale con Renzo Arbore mentre più recentemente ha recitato in film con Ricky Tognazzi e Francesco Rosi. L’ultimo tour
lo ha fatto con Gabriele Lavia. Andy vive a Nepi e gestisce un ristorante a Sutri: locale ristrutturato da Carlo Scaparro, «insegnante di pittura e scultura di livello europeo», dice Luotto, che è anche il designer dei piatti serviti. L’aiutante in cucina è Stefano Rosi, un ragazzo uscito dalla scuola alberghiera di Caprarola.
Luotto è diventato “somministratore di alimenti e bevande” nella
primavera 2006, dopo aver frequentato il corso Rec (Registro
esercenti commercio) organizzato dalla Confesercenti di Viterbo.
Sempre in quel periodo ha organizzato a Sutri una cena esclusivamente a base del pollo. Erano i giorni della psicosi aviaria e con
quell’iniziativa volle dire alla gente che in realtà la malattia era ampiamente sotto controllo e che proprio a causa della epidemia i
controlli erano più rigorosi e non c’era alcun pericolo. Quindi, non
solo attore, non solo cuoco, non solo imprenditore ma anche abile comunicatore.
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IL TURISMO
IN CIFRE
Giorgia Gazzetti
INTERVENTI
Frosinone
come Rimini?
e chiedessimo ad un riminese
di descrivere Rimini probabilmente risponderebbe così: venti chilometri di costa, dove un turista
ha a disposizione 100mila camere
distribuite in 1300 alberghi, quattro
parchi a tema (Italia in miniatura, Fiabilandia, Acquafan e il Delfinario) e
dove regna lo shopping,
praticato soprattutto dai vacanzieri arabi e dell’Europa dell’Est. Una città e una
provincia in cui albergatori, ristoratori, operatori e
imprenditori turistici hanno nel Dna il dono di saper trattare con ogni riguardo l’ospite. Ecco spiegato
in poche battute come una
città balneare sia potuta diventare la Mecca dei vacanzieri di mezza Europa,
nonostante l’attrazione principale, il mare, sia per niente esaltante, e perché la città simbolo della Romagna
è un esempio da imitare per
qualunque realtà italiana
che ambisca ad entrare con
profitto nel mondo del turismo. Anche per Frosinone, come
riconosce l’assessore provinciale al
turismo, Danilo Campanari, secondo cui «lo sviluppo turistico balneare di Rimini ha inizio già dalla fine
del XIX secolo e, grazie al boom degli anni ‘60-‘70, la cittadina è diventata la metropoli balneare per eccellenza, nonché capitale europea delle
vacanze. È indubbio, quindi, che il
sistema turistico di Rimini rappresenti per tutti un modello di promozione e di sviluppo da imitare e che,
con opportuni adeguamenti alla nostra offerta, possa rappresentare un
eccellente laboratorio di studio per
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migliorare il nostro prodotto turistico». Frosinone, città moderna e ancora immatura in materia turistica, al
contrario di Rimini, sembra però incapace di cogliere e “inventare” i desideri dei potenziali vacanzieri, nonostante sia ricca di tradizioni e di bellezze paesaggistiche. Forse ancor più
della cittadina romagnola.
Scopriamo subito cosa rende la località adriatica unica. Innanzitutto le
cifre. 16 milioni i turisti che ogni anno trascorrono le vacanze su quel tratto di costa; 30mila le piccole e medie imprese legate all’industria turistica; 1 a 7 il rapporto tra residenti
della città e turisti. Solo nell’estate
2006, il settore dei parchi a tema ha
registrato circa un milione di visitatori, divenendo una destinazione autonoma di vacanza grazie alla strategia dell’innovazione e all’organizzazione di eventi, spettacoli e nuove attrazioni. Inoltre dal rapporto della Fes u l l ’ a n d a m e n t o
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deralberghi sul sistema alberghiero
2007 in Italia (ultimissimi dati ufficiali rilevati dall’Istat relativi al 2005),
la provincia di Rimini è la terza nel
Bel Paese per numero di pernottamenti potendo usufruire di 2.418 strutture alberghiere. Decima per numero di posti letto alberghieri nella graduatoria, vanta, infatti, 145.478 posti letto distribuiti in tutte le categorie di albergo da uno a cinque stelle.
È terza, tra le 103 province italiane,
per aver registrato 14,2 milioni di pernottamenti annui ripartiti tra turisti
italiani (l’81,4% degli arrivi) e stranieri. Cifre che fanno ulteriormente
riflettere se confrontate con quelle
emerse dai dati forniti dal
medesimo Rapporto sul sistema alberghiero di Frosinone e provincia. Il capoluogo ciociaro conta
14.246 posti letto, di cui il
2,1% nei cinque stelle,
l’11,8% nei 4 stelle, il
65,4% nei 3 stelle, il 14,7%
nei 2 stelle e il 6% a 1 stella distribuiti in 264 imprese alberghiere. Su un totale di 387.793 arrivi, 1,2 milioni è il numero di pernottamenti registrati nel 2005
che posiziona Frosinone al
cinquantatreesimo posto
tra le province italiane. Rimini, certamente si obietterà, è un fenomeno e una
realtà a parte. Tuttavia cosa manca al capoluogo della Ciociaria per imitarne le strategie
e cogliere, almeno in parte, gli stessi successi? «Premesso che occorra
sviluppare una cultura del turismo a
tutti i livelli e migliorare la qualità
dell’offerta, dall’accoglienza all’ospitalità», dice ancora Campanari, «è
con soddisfazione che da alcuni anni, come le stesse statistiche attestano, la Ciociaria, prima quasi completamente sconosciuta in Italia e all’estero, sta diventando una destinazione turistica richiesta sia da turisti organizzati in gruppi che individualmente. Ciò grazie alla sinergia che
siamo riusciti ad instaurare fra isti-
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IL TURISMO
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tuzioni pubbliche, imprenditori e operatori privati». La Provincia, in collaborazione con l’Apt e alcune associazioni ha promosso, infatti, alcune
iniziative per favorire lo sviluppo della domanda e per diffondere l’immagine della Ciociaria. L’assessore ne
menziona alcune: «La campagna promozionale su testate nazionali di settore, le affissioni nelle stazioni di Roma e Napoli e nell’aeroporto di Fiumicino. La campagna incentivi
gruppi e la promozione weekend individuali. Il
progetto interregionale della “Via
Benedicti” che da
Norcia porta a
Montecassino. Infine un educational tour cui hanno partecipato
giornalisti, tour operator e Cral. Altro dato non trascurabile le migliaia
di visite e richieste di informazioni
e di depliants giunte attraverso i siti
istituzionali: www.provincia.fr.it e
www.apt.frosinone.it.
Queste ed altre iniziative, se ulteriormente finanziate anche dagli enti privati, costituiranno il volano per lo
sviluppo dell’intero comparto». Sviluppo sul quale vogliono puntare in
molti; anche il presidente della Provincia, Francesco Scalia, il quale durante un meeting che si è svolto al
Grand Hotel della Fonte di Fiuggi nel
luglio scorso ha ricordato come il turismo potrebbe diventare facilmente
il fattore trainante dell’economia laziale. Per centrare l’obiettivo però
non è sufficiente, come sembra invece si voglia fare, puntare sulle strutture ricettive e sull’offerta già esistente, almeno per quanto riguarda
la Ciociaria. In fondo Frosinone è in
una posizione strategica eccezionale, tra due metropoli come Roma e
Napoli; vicinissima al mare - incomparabilmente migliore – e con un clima che talvolta consente di prolungare le ferie fino a ottobre inoltrato.
Solo dovrebbe cogliere la sfida delp e r i o d i c o
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l’innovazione, sviluppare e promuovere un turismo diversificato, puntando su cultura, natura, tradizione,
cure termali e benessere; senza tralasciare il turismo religioso (arrivato in Italia a coprire il 20% del mercato) o enogastronomico, arricchendo l’offerta con qualche investimento in più nei divertimenti. L’assessore provinciale al turismo, Danilo Campanari, aggiunge anche che «è indispensabile adeguarsi ai profondi
cambiamenti di
comportamento
della domanda offrendo nuovi prodotti coerenti con
quanto richiede il
mercato turistico.
Occorre un’adeguata politica tariffaria anche in
considerazione del
fatto che, ormai, i turisti frazionano
le vacanze. Aumenta il numero degli
arrivi ma diminuisce quello delle presenze». Purtroppo, nonostante gli
sforzi di qualcuno, la sensazione è
che siano pochi gli amministratori
veramente intenzionati a puntare sul
“prodotto” Ciociaria. Franco Tucciarelli, il presidente dell’Associazione
albergatori di Fiuggi (Adaf) chiede
ad esempio agli amministratori e imprenditori locali, ma soprattutto alla
Regione Lazio, di investire in idee,
progetti e tempo sulla provincia: «Altrimenti la crisi che ha colpito il territorio nella stagione 2007 appena
trascorsa, (solo a Fiuggi gli abbonamenti alle terme sono diminuiti
dell’80% n.d.a.) non potrà che peggiorare nei prossimi anni».
«La Ciociaria, come la stessa Fiuggi, per anni fiore all’occhiello del turismo termale in tutto il mondo», prosegue Tucciarelli, «ha bisogno di tre
ingredienti fondamentali per rilanciare l’offerta e soddisfare la domanda dei turisti. Innanzitutto un progetto globale che unisca tutti i 91 comuni del comprensorio ciociaro. È inoltre indispensabile che questo progetto sia pianificato e coordinato da pers u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
INTERVENTI
Qualche considerazione
e un paio di idee per il turismo ciociaro
sone competenti, serie, capaci, motivate che credano nella sua effettiva
realizzazione». Secondo il presidente dell’Associazione albergatori sarebbe auspicabile affidare il tutto ai
“cervelli” delle università ciociare:
Frosinone, Sora e Cassino, piuttosto
che ai politici di turno, «troppo spesso indaffarati a discutere di proposte
fatiscenti e irrealizzabili a breve termine». Tucciarelli, con un po’ di amarezza, aggiunge: «La Regione dovrebbe fare da padre a tutte le cinque
province laziali, invece sembra abbia una sola figlia: Roma. Eppure
Frosinone è la seconda realtà turistica per numero di posti letto». Insomma, secondo il presidente dell’Adaf,
Rimini potrebbe certamente rappresentare un modello da cui trarre ispirazione per la Ciociaria. Ma: «Mentre Rimini è la città del divertimento, dove il mare è un optional, la città dei e per i
«Da alcuni anni,
giovani, della vita notturcome le stesse
na e del turismo permisstatistiche attestano,
sivo, la Ciociaria è una
la Ciociaria,
terra graziosa e variegaprima quasi
ta, ricca di storia, di cultura, di tradizioni. Mencompletamente
tre gli imprenditori e gli
sconosciuta in Italia
operatori riminesi e la
e all’estero,
Regione Emilia- Romasta diventando
gna, hanno mostrato senuna destinazione
sibilità ed interesse verturistica richiesta»
so la città, investendo soldi, tempo e progetti, a
Frosinone questa volontà e forza comune è sempre venuta meno». Ma
una notizia positiva c’è. Sembra sia
stato apprezzato il tentativo di portare il cinema in Ciociaria con il primo Festival Cinematografico Ciociaro, organizzato dalla Società del cinema “Nino Manfredi”, che dal 6 al
9 settembre ha animato la città con
la proiezione di opere inedite, mostre, teatro, musica, degustazioni e
animazione per bambini. Di gente ce
n’era tanta. E anche l’entusiasmo; a
dispetto delle sale semi vuote nei cinema italiani. Che possa essere proprio il cinema il punto di partenza
per promuovere le eccellenze della
Ciociaria?
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IL TURISMO
IN CIFRE
L’audizione del presidente Paolucci
alla X Commissione della Camera
NOTIZIARIO
La promozione
di Enit-Agenzia
per il 2007
l Presidente dell’Enit-Agenzia,
Umberto Paolucci, è intervenuto
il 3 ottobre alla X Commissione
– Attività Produttive della Camera dei
Deputati in un’audizione per illustrare il lavoro e gli obiettivi dell’organismo
nazionale di promozione turistica, che
punta alla promozione nel mondo del
“prodotto” Italia ma
I
soprattutto a fare sistema. In questa
ottica, in anticipo sul processo di riorganizzazione, l’ENIT-Agenzia – ha
detto Paolucci - sta attivando le procedure per potenziare la presenza all’estero dei suoi “Osservatori” che
oggi operano efficacemente in molti mercati emergenti come la Cina e
l’India, il Brasile, la Corea e la Polonia, che sono i grandi serbatoi futuri di domanda. In sinergia con l’I-
26
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ce e le Camere di Commercio italiane all’estero è in programma l’apertura di nuovi osservatori nella maggiore area turistica mondiale: a Budapest e a Praga. È prevista inoltre
la riapertura in Sud
America dell’ufficio
di Buenos Aires,
mentre negli Usa, a
Seattle, sarà posizionato un osservatorio
tecnologico. Un analogo osservatorio sarà attivato nell’area
medio orientale, a
Dubai, dato che l’Enit-Agenzia guarda
con particolare interesse ai sette Emirati Arabi, dove il turismo è diventata
un’attività di grande rilievo.
Riguardo l’attività svolta nel corso
dell’anno Paolucci ha fornito alcune cifre. Nell’area della comunicazione, è stata sviluppata una forte
fidelizzazione nei confronti della
destinazione Italia, sia da parte del
pubblico che degli organi di stampa, con la pubblicazione di newsletter inviate dagli uffici dell’agenzia,
oltre 350 conferenze stampa, la maggior parte di interesse regionale e
locale e l’assistenza e accompagnamento di quasi 12 mila tra giornalisti esteri ed operatori stranieri in visite del nostro Paese. In seguito a tali visite sono stati prodotti oltre
12.500 tra articoli, programmi radio
e tv, pari a 488.299.768 di euro di
pubblicità in valore corrente di mercato e senza onere finanziario per
l’Agenzia, che hanno fatto registrare più di 170 mila pagine di catalos u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
I. M.
ghi di agenzie di viaggio dedicati all’Italia.
L’Enit-Agenzia inoltre ha realizzato
nel mondo 32 fiere al servizio di Regioni ed imprese, per un totale di
12mila mq di allestimenti; oltre 250
serate e settimane italiane mentre nel
corso dell’anno prosegue intensa l’attività informativa degli Uffici all’estero, con una richiesta media di circa 3.700.000 informazioni. Il servizio viene assicurato attraverso la distribuzione di opuscoli dell’organizzazione turistica periferica, di manifesti, foto, diapositive ed audiovisivi. Il 2007 – sempre secondo la relazione del presidente - vede l’agenzia
impegnata a consolidare i risultati di
visibilità, intervenendo sui mercati
esteri con la nuova campagna “Italy
for Life”, condivisa dalla nuova governance e leva strategica del Piano
esecutivo, con un investimento globale di oltre 12 milioni di euro.
La campagna, prosecuzione di “Italia Opera Unica” lanciata nel 2006,
è stata articolata in una varietà di azioni sinergiche in grado di potenziare
l’efficacia dell’attività di marketing
portata avanti con costante impegno
dagli Uffici all’estero. Cinque i prodotti turistici interessati: cultura, mare, natura, terme e congressi. L’impianto complessivo ha permesso di
sviluppare un piano di comunicazione basato su plurimi interventi massmediatici, corrispondenti ad altrettanti strumenti pubblicitari modulati ed adattati in funzione dell’area
geografica di azione.
L’evoluzione dell’advertising, inoltre, ha trovato nel 2007 un importante strumento di rafforzamento nelle
operazioni di co-marketing per la realizzazione di accordi promozionali
con i maggiori operatori che, a livello internazionale, commercializzano
il nostro Paese. Miscelando messaggi alternativi alle immagini legate a
location di immediata riconoscibilità, la campagna ha rafforzato la visibilità in quegli Stati nei quali l’Italia
è meno conosciuta ed anche in quei
mercati che hanno maggiore familiarità con il nostro Paese.
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IL TURISMO
IN CIFRE
L’esigenza di limitare
la spesa sanitaria si scontra
con le prerogative dei medici
Farmaci
col contagocce
na volta il contagocce serviva per dosare la quantità dei
medicinali da assumere per
via orale. Oggi invece sembra essere diventato lo strumento utilizzato
da Regioni e Asl per elargire risorse
destinate alla tutela della salute pubblica. Sopratutto per quanto riguarda il campo farmaceutico.
I primi a lamentarsi sono i medici
che, dicono, tentano di difendere le
prerogative della professione e l’idea
della non sostituibilità del farmaco.
Secondo loro infatti tutto ciò che interferisce con l’autonomia prescrittiva del medico danneggia indirettamente il malato, perché condiziona
chi ha il compito di scegliere al meglio per la sua salute.
Ad esempio, l’obbligo di prescrivere un prodotto generico per gli inibitori di pompa protonica – ovvero quei
farmaci che inibiscono la produzione di acidi da parte dello stomaco –
ha come conseguenza che i medici si
sentano più liberi di aumentare il numero delle dosi prescritte, annullando il risparmio derivante dall’uso di
prodotti senza brand. Altri invece preferiscono ricorrere al ricettario bianco: ci vietano di prescrivere farmaci
che riteniamo essere i migliori per la
cura di quella specifica patologia? E
noi continuiamo in questo modo a
fornire l’indicazione corretta; con la
conseguenza, però, che il paziente
deve sostenere per intero la spesa di
acquisto. Infine ci sono medici che
contestano decisamente l’etichetta di
“iperprescrittori” di medicine, sostenendo che se per eccesso di scrupolo qualche “spreco” può essersi an-
U
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che verificato è sempre poco rispetto a quelli delle Regioni in materia
di sanità. A questo punto cosa si può
fare per salvare capra (il bilancio pubblico) e cavoli (tutelare al massimo
la salute)? Interpretando le richieste
dei medici e delle Regioni sarebbe
auspicabile avere al più presto indicatori di qualità e criteri condivisi per
ridurre i casi di sforamento della spesa, ma senza introdurre vincolo alcuno sul tipo di farmaco da prescrivere. Anche perché sembra che il sistema di attenta supervisione messo
fin qui in atto non abbia prodotto
grandi risultati. L’Agenzia italiana
farmaci ha anche lanciato l’allarme:
«nel nostro Paese si rischiano ventuno prontuari medici». Decisamente
troppi. In realtà sono tutti convinti
che l’adozione di un prezzo di riferimento per i medicinali sia più che
altro una scelta puramente ammini-
NOTIZIARIO
Federica Mazzuca
strativa, non avvalorata da alcuna necessità scientifica. Ma quella del prezzo di riferimento non è la sola via seguita per l’abbattimento della spesa
farmaceutica. Altre Regioni stanno
percorrendo vie parallele di risparmio, con l’assegnazione di tetti prescrittivi sia ai direttori generali delle Asl che ai medici di famiglia. La
necessità inoltre aguzza l’ingegno.
L’Osservatorio sull’uso dei farmaci
(Osmed) rivela che se in alcuni casi il
consumo di farmaci aumenta in quantità, viene poi ridotto in valore, con il
risultato di mantenersi al di sotto del
tetto di spesa ammissibile. Ciò troverebbe rispondenza sia nel consumo di
inibitori di pompa protonica (gli antiulcera) sia per le statine (anticolesterolo) che gli antiipertensivi e antidepressivi. Insomma; se l’imperativo,
almeno secondo le Regioni, dovrebbe essere un massiccio ricorso ai farmaci equivalenti (meno cari), rimane
sempre il problema della coperta corta costituito dal tetto imposto dalla
spesa farmaceutica pubblica. L’esigenza poi di non scontentare i cittadini (elettori) fa si che alla fine si ricorre sempre più all’imposizione di ticket che
finiscono, come sempre, col colpire le cateL’allarme
gorie meno protette e
dell’Agenzia dei
più bisognose di aiuti da
farmaci: «nel nostro
parte delle Istituzioni.
Paese si rischiano
ventuno prontuari
medici».
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IL TURISMO
IN CIFRE
Ilaria Morini
NOTIZIARIO
Club Isola Sacra,
tre stelle ma non le dimostra
Hotel Club Isola Sacra di Fiumicino è
stato inaugurato nell’aprile del 2000, cogliendo
al volo gli incentivi che precedettero il Grande Giubileo, ma ad appena sette anni è già in procinto di dotarsi di altre 45 camere e nuovi servizi, tra i quali una piscina. Come spiega infatti
Massimiliano Cozzi, direttore e comproprietario, la filosofia imprenditoriale che
sta dietro questa struttura di
ben 60 camere e sala convegni di 250 posti, è: alta qualità e clienti sempre soddisfatti; soprattutto quando è
assicurato loro un trattamento di categoria superiore al
prezzo di un tre stelle.
L’hotel è dotato di ristorante con grande patio, ha ambienti comuni ampi e accoglienti, ben arredati; le camere, spaziose e alcune attrezzate per ospitare disabili, sono dotate di tutti i confort: aria condizionata, TV
satellite, asciuga capelli, frigobar, telefono diretto. Tra
le altre “dotazioni” un grande parcheggio e bus navetta
per il collegamento diretto con il Leonardo da Vinci e Roma. Curato anche il sito internet dell’albergo, che
consente di visitare virtualmente l’interno delle camere e la hall, oltre naturalmente ad effettuare prenotazioni on line. Attento alle innovazioni
tecnologiche e alle esigenze dei suoi
ospiti e il linea con la filosofia azien-
L’
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dale l’albergo si è munito di un ulteriore servizio, anche questo abbastanza inconsueto per una struttura di questa categoria: le stanze sono dotate
del sistema Genesis, ovvero la possibilità di vedere film come al cinema
tramite pay per view e connessione
ad internet direttamente in camera
con ascolto della musica preferita.
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Qualche parola in più merita anche il ristorante “l’Antico Porto”, che si è fatto un
nome non solo tra la clientela abituale dell’Hotel Club,
sia per la sobria eleganza della sala, ottima location per
cerimonie e ricevimenti, sia
per la cucina, che offre il piacere di gustare e conoscere i
piatti tipici della costa laziale a base di pesce, particolari perché semplici e delicati,
nonché la saporitissima cucina tipica romana. l’Antico
Porto inoltre offre una vasta
scelta di menù per colazioni
di lavoro o coffe break, che
durante la bella stagione possono essere consumate nel
patio che si affaccia sull’ampio parco. Ottimo rapporto
qualità prezzo, dicevamo; ed
è proprio questa la caratteristica più importante e in un
certo senso la novità di questa struttura, poiché purtroppo la consuetudine è rappresentata piuttosto da hotel tre
stelle con camere anguste, arredi vecchi, dotazioni ordinarie e in molti casi senza servizio ristorante. Il che può
ancora funzionare in città di
grande richiamo turistico o business
ma rappresenta un vero suicidio in
realtà relativamente marginali come
Fiumicino. Come quasi tutti gli hotel
della zona la clientela di riferimento
è quella business, ma l’ottimo rapporto qualità-prezzo richiama anche
numerosi clienti che arrivano a Fiumicino per lavorare in una delle nu-
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merosissime aziende dell’indotto aeroportuale. Tuttavia, dice ancora Cozzi, l’Hotel è nato soprattutto grazie
ad una scommessa fatta a suo tempo
dal padre Corrado e dalla mamma
Marcella, i quali intravidero per la cittadina a cavallo della foce del Tevere uno sviluppo turistico proprio. L’intuizione si è rivelata giusta solo in
parte dal momento che Fiumicino ancora oggi è luogo solo di passaggio
verso Roma, tuttavia gli oltre seimila attracchi per imbarcazioni da diporto lungo il fiume portano un buon
numero di turisti, che potrebbero moltiplicarsi quando finalmente saranno
riqualificate le attrezzature portuali
dell’area. Anche per questo all’Hotel
Club Isola Sacra il clima è disteso e
si guarda con fiducia al futuro. Del
resto le dimensioni e la cura che vie-
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ne riservata al suo mantenimento, con
continui investimenti, ne fanno una
struttura saldamente al top della categoria e una delle principali dell’area, in grado di non sfigurare con i
colossi a quattro stelle che operano
attorno alla cittadina. Insomma presidia saldamente un segmento di mer-
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IL TURISMO
IN CIFRE
NOTIZIARIO
Ottimi servizi e ambienti di qualità
per un hotel al top della sua categoria
cato forse un po’ trascurato, considerato che le nuove aperture hanno riguardato principalmente hotel di lusso mentre le categorie inferiori segnano il passo per quanto riguarda l’ammodernamento di strutture e servizi.
A loro discolpa tuttavia c’è il fatto
che ancora oggi ogni volta si deve
aprire un cantiere bisogna affrontare
una interminabile via crucis di uffici
e di autorizzazioni.
Anche all’Hotel Club Isola Sacra hanno dovuto il loro bel da fare per poter programmare il loro prossimo ampliamento, benché il Comune di Fiumicino abbia adottato una politica di
grande collaborazione con gli imprenditori locali. Forse lo sviluppo turistico, non solo di questa cittadina portuale ma di tutta la provincia, comincia proprio da qui
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IL TURISMO
IN CIFRE
NOTIZIARIO
Alessandro Circiello
(chef)
ra che anche le multinazionali del fast-food si sono rassegnate ad introdurre bocconcini di sushi nei loro menù, fino
ad ieri rigorosamente a stelle e striscie, non sembrano esserci più dubbi: gli appetiti del nuovo millennio,
forse minacciati dallo spettro di una
globalizzazione anche del gusto, cercano la diversità, l’eclettismo, la fantasia. L’inedito e il sorprendente sembrano ormai essere la chiave di violino cui accordare i menù dei ristoranti e anche le cucine locali si adeguano a questa tendenza apparentemente irresistibile, tanto da aver contagiato, appunto, il mondo iperstandardizzato del “mangiare veloce”,
dove al binomio hamburger – ketchup è stato associato addirittura il
sushi, che meglio di altri incarna e
celebra l’apoteosi di quella costellazione di sapori cui si ispira la sensibilità alimentare più evoluta.
Tanto l’hamburger è sinonimo di cibo “cattivo” quanto il sushi si colloca agli antipodi: miniaturizzato, decolpevolizzante, esteticamente seducente, gastronomicamente raffinato,
iperdigeribile, dispensato da grassi
cattivi e aggiunti senza apparire deprimentemente dietetico. E ancora:
esotico e cosmopolita, suscettibile di
infinite variazioni; niente più fresco
del pese crudo.
Il sushi è insomma un eccezionale
prototipo del cibo alla moda e comodo. Può sembrare un paradosso, se si
pensa che in Giappone il sushi ha
umilissime origini, essendo concepito originariamente come sistema di
conservazione del pesce e a tutt’oggi la sua clientela è ultra popolare;
tanto da costituire uno street food,
ovvero è un cibo servito in pittoresche bancarelle ambulanti; esattamente come accade altrove per gli
hot dog. Resta da chiedersi perché
tra i tanti manicaretti solo il sushi abbia varcato i confini locali per essere adottato tale e quale o come divertente fonte di ispirazione in raffinati ristoranti di tutto il mondo.
Una spiegazione plausibile è proprio
che ciò di cui il sushi è ambasciato-
O
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Il sushi, prototipo
delle nuove tendenze
Il successo di un piatto
che sta conquistando sempre più
le nostre tavole
re in Occidente è lo stesso che la cucina contemporanea condivide e interpreta. Servito come aperitivo a mo’
di Tapas o come portata a sé stante,
confezionato da un sushi man in un
apposito reparto del locale, solitamente a vista, il sushi anche in Italia
ha ormai varcato confini del ristorante Orientale per andare a convivere con altre cucine e altre suggestioni. Il fenomeno gastronomicamente più interessante è però quello
che lo vede contaminato dai sapori
nostrani. Grandi cuochi lo interpretano italianizzandolo già da tempo.
Interessante l’idea semplice e geniale di servire ai commensali assortimenti di pesce crudo accorpato non
solo a carboidrati, non necessariamente solo riso; serviti rigorosamens u l l ’ a n d a m e n t o
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te freddi in una tavolozza di colori e
forme armoniosamente alternati. Rispetto al modello originale i bocconcini così ottenuti sono “contaminati” con aromi nostrani: pomodoro,
olio, senape, aceto balsamico, erbe
aromatiche. Il sushi dunque è la dimostrazione di come anche in cucina ci siano innovazioni di successo,
destinate ad alimentare nuovi filoni
gastronomici, e altre che percorrono
binari morti. Il saper individuare e
interpretare tali innovazioni è sempre più la chiave di volta per il successo del proprio locale e la soddisfazione della clientela.
Lo chef Alessandro Circiello
(www.alessandrocirciello.com)
è coordinatore della Federazione
Italiana Cuochi Regione Lazio
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IL TURISMO
IN CIFRE
Arrivano i corsi di aggiornamento della Fic
Finalmente, dopo mesi di preparativi, anche Roma avrà i suoi corsi di
aggiornamento professionale tenuti
dai massimi esperti italiani di cucina.
Ad aprire la serie mensile di lezioni
sarà il rettore dell’Ordine dei maestri di cucina italiana F.I.C. Giorgio
Nardelli, mentre il presidente dell’Unione cuochi Lazio, Carlo Zappulla, presenterà il programma ricco di novità, dedicato ai cuochi che
vorranno aggiornarsi sulle varie tematiche della cucina e pasticceria.
Come ha sottolineato lo chef Alessandro Circiello, coordinatore del
progetto formazione: «L’esempio dei
maestri che interverranno è la migliore forma d’insegnamento per chi
fa questo mestiere»; per questo l’appuntamento è presso l’Azienda Tervi in via Ferratella in Laterano, 1 (zona San Giovanni), sede del corso, col
seguente orario: dalle ore 10.00 alle
ore 18.00 nei due giorni di corso. Al
termine verrà rilasciato un attestato
dell’Unione regionale cuochi Lazio
- Federazione italiana cuochi.
Per informazioni e prenotazioni,
telefono: 3923156133
e-mail: [email protected]; pagine web su:
www.cuochilazio.it
Programma:
26 e 27 novembre:
L’evoluzione dello Chef ieri ed oggi.
I processi di cottura.
Le nuove tecnologie
Chef Giorgio Nardelli, Rettore dell’Ordine dei maestri di cucina F.i.c. e membro della giuria internazionale Word association of chef societies W.a.c.s.
Nel corso verranno trattate diverse tematiche tecnologiche, come la bassa temperatura ed il sottovuoto,
con proposte di cucina sicuramente attuali e applicabili nella moderna ristorazione, all’insegna della creatività e della fantasia, nel rispetto della fattibilità e soprattutto delle tradizioni.
Saranno utilizzate le marinate a secco e per siringatura, l’affumicatura liquida o tradizionale di carni e
pesci durante due giornate intense di emozioni, calde e fredde. Verranno inoltre dati preziosi spunti per
10 e 11 dicembre:
Finger-food, tapas e antipasti
di nuova tendenza
Chef Fabio Tacchella Team manager nazionale italiana cuochi F.i.c.
Il corso è impostato sulle nuove tecniche di preparazione, con utilizzo degli enzimi, gelificanti ed emulsionanti in cucina, di finger food e piatti da buffet e ristorazione. Una full immersion nella grande innovazione gastronomica, sempre nel rispetto dei sapori Italiani. Nel corso vi saranno preparazioni di pietanze a base di pesce,
carni, formaggi e verdura sia per piccoli aperitivi, che
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la realizzazione di antipasti per ogni occasione e stagione, con l’ adozione delle normative per la conservazione e lo stoccaggio.
Le ricette proposte potranno essere riprodotte in una
qualsiasi realtà regionale.
Carni e pesci marinati saranno conditi secondo l’originalità e l’estro del maestro in accompagnamento a
verdure di ogni genere e provenienza.
Poche righe non bastano a descrivere l’esperienza che
sarà condivisa, accumulata in tanti anni di lavoro e
sopratutto basata sulla tecnologia. In queste giornate
lo chef tratterà una cucina ricca di passione ma tradizionale, utilizzando prodotti stagionali di mercato dando vita ad un corso veramente completo e che soddisferà anche il corsista più esigente. Verranno affrontati antipasti, primi piatti, paste ripiene, zuppe e minestre, pesce di mare e di acqua dolce senza trascurare le carni di selvaggina e cacciagione. Il docente
rimarrà infine a disposizione per rispondere ad ulteriori richieste ed esigenze.
Cuochi Lazio
www.cuochilazio.it
per pietanze idonee a buffet e preparazioni al piatto. Interessante l’approfondimento nell’utilizzo del
mcroonde e cottura a bassa temperatura nell’olio. Si tratta, fra l’altro, di
tecniche utilizzate nei concorsi gastronomici di tutto il
mondo e in considerazione dell’esperienza internazionale del maestro vi sarà anche
l’occasione per approfondire questo
tema: le gare culinarie e la Coppa del
mondo di cucina.
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IL TURISMO
IN CIFRE
Management
Global Tourism
rassegna stampa
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In aumento le partenze dagli Usa verso l’Europa
L’Italia ha mantenuto una delle prime posizioni,
per Roma, Firenze eVenezia le maggiori quote di mercato
Le partenze dagli Usa verso l’Europa sono in aumento rispetto al 2006
e gli analisti del Dipartimento economico americano hanno reso noto che
nel primo trimestre del 2007, gli americani hanno speso 3,8 miliardi di dollari per viaggi e vacanze in Europa
(+5,5% rispetto al primo trimestre del
2006), riporta una nota dell’Enit-Agenzia. Nel contesto Europeo, l’Italia ha
mantenuto una delle prime posizioni; operatori e agenti di viaggi ame-
ricani dichiarano circa il 10% di incremento nelle vendite di viaggi e
pacchetti, confermando le previsioni
fatte per l’alta stagione. Roma, Firenze e Venezia continuano ad essere le
destinazioni italiane con le maggiori
quote di mercato mentre cresce l’interesse per piccole città poco affollate, villaggi e borghi storici dove gli
abitanti del luogo sono friendly, prevale la cucina tradizionale e si possono fare acquisti di prodotti tipici.
Il turismo italiano in 4 punti secondo il Tci
Semplificazione dell’Enit, dati statistici e misure fiscali
tra i temi toccati in audizione alla Camera dei Deputati
semplificazione della struttura organizzativa dell’Enit, sul modello francese e spagnolo, e intensificazione
della promozione unificata della marca “Italia” (anche attraverso un ulteriore sviluppo del portale italia.it);
creazione di un sistema di dati e statistiche affidabile, condiviso e puntuale; misure fiscali e finanziarie che
favoriscano la “rottamazione degli
alberghi” per innalzare la qualità delle strutture ricettive utilizzando il design e il “Made in Italy”.
Il Touring è stato invitato da Daniele Capezzone (presidente della Commissione Attività produttive, Commercio, Turismo della Camera dei
Deputati) a scattare una fotografia
realistica della situazione del turismo
in Italia. L’intervento in audizione alla Camera dei Deputati di Guido Venturini, direttore generale, si è articolato in quattro proposte: attivazione
di un servizio nazionale di conciliazione in ambito turistico, nel rispetto della Carta dei diritti del turista;
Per la Slovenia
è l’Italia il mercato più importante
Obiettivo, sollecitare il Centro e il Sud del Paese
Il mercato italiano rappresenta per
la Slovenia il 19% del totale dei visitatori, provenienti in massima parte dal Nord Italia. Nei primi sette
mesi sono state 192.000 le presenze
italiane per un totale di 450.000 pernottamenti. L’obiettivo per i prossimi 4 anni è un aumento di arrivi dall’Italia del 4,5% e di pernottamenti
in misura del 3%. «Dobbiamo sollecitare di più il Centro e il Sud Italia – ha spiegato Gorazd Skrt, nuovo direttore dell’ufficio del turismo
Sloveno –, puntando anche sul volo
per Trieste che dista pochi chilometri dai confini della Slovenia. Il nostro Paese offre una serie di opportup e r i o d i c o
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nità per un turismo anche non stagionale, grazie anche ai numerosi centri benessere, i casinò, centri congressuali ed un’offerta alberghiera di prim’ordine a prezzi concorrenziali».
Gorazd ha ricordato le bellezze naturali della Slovenia. «Il territorio è
coperto da boschi in misura del 60%,
risultando uno dei Paesi europei più
verdi, il mare anche se per solo 46
km di costa è molto apprezzato.
La Slovenia ha adottato l’euro dal
gennaio di quest’anno, primo Paese
tra i dieci entrati in Europa il 1° maggio 2004 e nel primo semestre del
2008 assumerà la presidenza dell’Unione Europea».
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Cresce il trend dell’enogastronomia
e del benessere e si allarga il ventaglio delle offerte nei cataloghi degli
operatori nord americani. Il prodotto
cultura si integra con l’enogastronomia, il benessere e la natura, lo shopping e gli eventi. Autorevoli economisti ipotizzano contrazioni nei consumi statunitensi, che potrebbero riflettersi anche nel comparto viaggi e
turismo, a causa della crisi dei mutui
“subprime”.
Cresce a due cifre
il turismo a Roma
Con i numeri la Capitale risponde
alle accuse di spendere troppo per
eventi e cultura
È positivo il turismo a Roma: ad agosto gli arrivi nella Capitale sono cresciuti del 12%, le presenze hanno registrato un +13,28% rispetto a un anno fa. Sono i dati resi noti dall’amministrazione comunale, che parla di
un aumento di turisti del 25% in due
anni e così risponde a chi critica le
spese fatte per eventi come la Notte
Bianca o il Festival del Cinema: «Facciamo investimenti rilevanti che hanno ricadute sull’intero Paese. Il settore della cultura e del turismo è una
filiera industriale».
Beni Stabili
interessatoadinvestire
nel settore hotel
Obiettivo: creare una piattaforma
specializzata nell’hospitality
Dalle pagine de Il Sole-24 Ore si apprende che il Gruppo Beni Stabili è
intenzionato ad investire un miliardo nel settore hotel. Secondo quanto dichiarato da Massimo De Meo,
top manager di Beni Stabili Hotel
Massimo De Meo: «Vogliamo creare una piattaforma specializzata nell’hospitality in grado di raggiungere
una taglia di un miliardo nei prossimi tre anni». A partecipare all’iniziativa Fonciere des Regions e Fonciere des Murs con l’80% delle quote e
Beni Stabili con il restante 20%.
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IL TURISMO
IN CIFRE
Maurizio Fantaccione
(dottore commercialista)
egli ultimi dodici mesi i criteri di detraibilità dell’Iva
pagata sull’acquisto dei veicoli a motore nonché i criteri di deducibilità del costo dai redditi sono
più volte cambiati. Per quanto riguarda l’Iva il combinato disposto dell’art. 30, L. 388/2000 e dell’art. 19bis 1, lett. c), D.P.R. 633/1972 - nella sua formulazione antecedente alle modifiche apportate dal D.L.
258/2006 (conv. dalla L. 278/2006)
- disponeva l’indetraibilità dell’85%
dell’Iva in relazione ai costi sostenuti per gli acquisti e le importazioni
di autoveicoli non direttamente destinati all’attività imprenditoriale o
N
professionale svolta dal soggetto passivo del tributo (più in generale i mezzi cosiddetti ad uso promiscuo), mentre ai fini della determinazione della base imponibile Irpef/Ires i costi
di gestione la regola della tabella 1.
In ragione del contrasto della normativa iva italiana con quella comunitaria (direttiva 77/388/Cee), la Corte di Giustizia Europea - con sentenza 14.9.2006 – dichiarava illegittima
la normativa italiana e disponeva che
i soggetti passivi italiani potevano
procedere alla detrazione per intero
dell’imposta sostenuta per l’acquisto
e l’importazione dei succitati autoveicoli, nonché delle relative spese
TRIBUNA DEL LAVORO
Auto aziendali:
nuovi criteri di deducibilità
di gestione, con conseguente diritto
al recupero dell’Iva non detratta.
Tale situazione poneva, però, in grave difficoltà i conti dello Stato, il quale si è visto costretto a procedere a
tutto un susseguirsi di interventi volti a ridurre gli effetti negativi che tale sentenza avrebbe prodotto sulle finanze del Paese.
Infatti, a seguito della sentenza è stato emesso un provvedimento di assenso all’applicazione della normativa comunitaria, è stata richiesta la
possibilità di applicare una misura ridotta di detraibilità dell’Iva per il nostro paese ma, in attesa della risposta, si è reso indeducibile il costo de-
Tabella 1
Tipologia di veicolo
Possessore
Periodo d’imposta
precedente a quello
in corso al 3.10.2006
Periodo d’imposta
in corso al 3.10.2006
Strumentale per l’attività
Impresa
100%
100%
Uso pubblico
Impresa
100%
100%
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Agente di Commercio
80%
80%
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Impresa
50%
0%
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Lavoratore autonomo
50%
25%
Assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Impresa
100%
Pari al fringe benefit
Assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Lavoratore autonomo
100%
Pari al fringe benefit
Lavoratore dipendente
30% del costo chilometrico
ACI percorrenza annua
di 15000 km
30% del costo chilometrico
ACI percorrenza annua di
15000 km al 50%
Fringe benefit in capo al dipendente
Assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
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IL TURISMO
IN CIFRE
TRIBUNA DEL LAVORO
Dopo l'intervento della Corte di giustizia europea
necessario un adeguamento della norma
tivi ad auto aziendali e professionali a conclusione di tutti gli interventi possono sintetizzarsi nella tabella
2. Visto che l’entrata in vigore del
provvedimento fa riferimento all’esercizio in corso al 3 ottobre 2006 e
considerato che nella maggior parte
dei casi, il saldo delle imposte relative all’esercizio in corso al 3.10.2006
risulta già stato versato, per evitare
la variazione dei calcoli già eseguiti
per la determinazione del carico tributario dell’esercizio 2006, è stato
previsto che il recupero delle maggiori imposte versate in relazione a
tale periodo d’imposta sia effettuato
nell’esercizio in corso al 27.6.2007
gli autoveicoli ed il relativo costo di
gestione nel computo della base imponibile Irpef/Ires, D.l: 262/2006 con
le modifiche sotto riportate in tabella 1. Tale norma, però, era da considerarsi transitoria e quindi valida sino a quando la comunità avrebbe accettato l’applicazione di un’aliquota
forfetaria inferiore al 100% per il paese Italia. Con la risposta affermativa
dell’unione alla riduzione della percentuale Iva deducibile per l’Italia,
si è attuata una nuova manovra estiva 2007 con la quale sono stati modificati i precedenti vincoli di cui al
D.L. 262/2006. Pertanto, le nuove
modalità di deduzione dei costi rela-
ed, eventualmente, già in occasione
della corresponsione del secondo o
unico acconto d’imposta dovuto per
tale esercizio.
A conclusione di quanto riportato si
ricorda che le norme susseguitesi nel
tempo, non hanno modificato i limiti di importo sui quali calcolare l’ammontare massimo di costo deducibile per gli automezzi non strettamente strumentali all’attività. Infatti, per
tutti quei mezzi a motore per i quali
è ravvisabile il concetto della promiscuità di utilizzo, rimangono immutati i limiti entro cui determinare la
quota deducibile ai fini della deduzione dal reddito (tabella 3).
Tabella 2
Tipologia di veicolo
Possessore
Periodo d’imposta
in corso al 3.10.2006
Periodo d’imposta
in corso al 27.6.2007
Strumentale per l’attività
Impresa
100%
100%
Uso pubblico
Impresa
100%
100%
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Agente di Commercio
80%
80%
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Impresa
20%
40%
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Lavoratore autonomo
30%
40%
Assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Impresa
65%
90%
Assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Lavoratore autonomo
65%
90%
Lavoratore dipendente
30% del costo chilometrico
ACI per una percorrenza
annua di 15000 km
30% del costo chilometrico
ACI per una percorrenza
annua di 15000 km
Fringe benefit in capo al dipendente
Non assegnato a dipendenti
per la maggior parte del periodo
di imposta.
Tabella 3
tipologia di spesa
auto
motocicli
Ciclomotori
Acquisto
€ 18.075,99*
€ 4.131,66
€ 2.065,83
Leasing
canoni proporzionalm. corrispondenti al costo limite di cui sopra
Noleggio
€ 3.615,20
€ 774,69
€ 413,17
* € 25.822.84 per gli agenti di commercio.
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IL TURISMO
IN CIFRE
l fine di agevolare il compito dell’Amministrazione nella valutazione della capacità contributiva dei propri contribuenti, il legislatore ha
aggiunto un’altra freccia al suo arco nella lotta al fenomeno dell’evasione fiscale: l’art. 37, co. 33-37 d.l.
4.7.2006 n. 223 convertito con modif. con la l.
4.8.2006 n. 248 ha istituito, infatti, l’obbligo di provvedere all’invio telematico dei corrispettivi giornalieri per ogni punto vendita.
Tale provvedimento è stato oggetto di successive
leggi (finanziaria 2007), comunicati e provvedimenti
da parte dell’Agenzia delle Entrate volti a definire in
particolare:
A
il contenuto della comunicazione telematica
le modalità tecniche di trasmissione
i termini di decorrenza ed il periodo di riferimento
il campo di applicazione
Partiamo dal primo punto: è
previsto che la comunicazione
telematica debba contenere oltre al cod. fiscale del contribuente che procede all’invio e
al numero identificativo del punto vendita - l’importo complessivo dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle
prestazioni di servizi, compresi i corrispettivi per i quali è stata emessa la fattura.
L’obbligo della comunicazione
va adempiuto anche per quelle giornate in cui non vi sono
stati corrispettivi, mentre non vi è alcun obbligo per
i corrispettivi relativi a operazioni non ricorrenti di natura straordinaria (cessione di beni immobili o strumentali).
In merito al secondo punto, si continueranno ad utilizzare i normali canali di trasmissione quali, alternativamente, il servizio telematico Entratel o Internet
(Fisconline).
Altre procedure di comunicazione potranno essere
specificate in seguito per mezzo di appositi provvedimenti direttoriali dell’Agenzia delle Entrate. Per
quanto riguarda i termini di decorrenza, il periodo di
riferimento ed il campo di applicazione, si deve distinguere il primo invio, che seguirà regole particolari, dagli invii successivi (a regime). Per ciascun invio poi, occorre fare una ulteriore distinzione tra i diversi contribuenti.
1) PRIMO INVIO
I contribuenti che hanno totalizzato nell’anno
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TRIBUNA DEL LAVORO
Trasmissione telematica dei corrispettivi
d’imposta 2006 corrispettivi superiori a 6.000.000
dovranno dare comunicazione dei corrispettivi
realizzati nel periodo di riferimento compreso tra
il 01.01.2007 e il 30.09.2007 entro il 25.10.20007.
I contribuenti che, nel medesimo anno, hanno realizzato corrispettivi compresi tra 600.001 e
6.000.000 euro dovranno dare comunicazione
dei corrispettivi realizzati nel periodo di riferimento compreso tra il 01.01.2007 e il 31.10.2007 entro il 25.11.20007.
Per quei contribuenti che, nel 2006, non hanno superato il tetto dei 600.000 euro e per quelli
che hanno iniziato la propria attività nell’anno d’imposta 2007, è fissato il termine di presentazione
al 25.03.2008 relativamente ai corrispettivi realizzati nel periodo compreso tra il 01.07.2007 e, presumibilmente, 31.12.2007.
I contribuenti che applicano il regime della
franchigia con decorrenza
dall’1.1.2007 effettueranno la
prima comunicazione telematica dei corrispettivi, conseguiti nel periodo tra il 1.1.2007 e
il 31.8.2007, entro il giorno
25.9.2007.
Entro la stessa scadenza, i soggetti che erano già in attività nel
2006 sono tenuti a presentare
la dichiarazione di variazione dei
dati di cui all’art. 35, D.P.R.
633/1972, per comunicare la
sussistenza dei presupposti ex
art. 32-bis, D.P.R. 633/1972.
Medesimi scadenza (25.9.
2007) e periodo di riferimento (1.7.2007 –
31.08.2007) anche per i soggetti che operano nel
settore della grande distribuzione.
2) INVII SUCCESSIVI
Gli invii successivi andranno effettuati:
il giorno 25 del mese successivo a quello di riferimento per tutti i contribuenti che liquidino l’Iva con cadenza mensile;
il giorno 25 del secondo mese successivo al
trimestre di riferimento per tutti i contribuenti trimestrali.
i soggetti operanti nella grande distribuzione
saranno chiamati ad effettuare le suddette comunicazioni con periodicità settimanale.
In tutti i casi anzidetti, si ricorda che qualora il termine cada in un giorno festivo, la comunicazione
potrà essere posticipata al primo giorno feriale successivo.
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TRIBUNA DEL LAVORO
IL TURISMO
IN CIFRE
Massimario
del diritto Tributario
Sent. n. 1913 del 28 novembre 2006 (dep. il 30 gennaio 2007) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres.
Saccucci, Rel. Scuffi Tributi - Imposta di registro Fattispecie - Cessione di immobile adibito ad uso
alberghiero - Cessione d’azienda - Configurabilità
- Artt. 2555 del codice civile - Artt. 2 e 40 del D.P.R.
26 aprile 1986, n. 131
Massima - Deve ritenersi ravvisabile una cessione
d’azienda laddove il negozio di trasferimento abbia
ad oggetto un insieme di beni organizzati in un contesto produttivo dall’imprenditore per l’esercizio dell’attività d’impresa subordinato alla condizione di fatto che l’organizzazione in tal senso del complesso di
beni preesista alla convenzione e sia già posta in essere dal cedente.
Svolgimento del processo - La S.r.l. T.d.S. acquistava dalla S.r.l. R. un complesso immobiliare adibito ad
albergo con atto assoggettato ad imposta fissa di registro ed Iva.
A seguito di accesso fiscale nella sede legale della
società acquirente venivano rinvenute fatture di acquisto di mobili ed attrezzature emesse da fornitori
vari in epoca successiva al rogito notarile e beni di altra natura supposti ceduti unitamente all’immobile,
per cui l’ufficio, ipotizzando una cessione di azienda,
emetteva avviso di liquidazione di imposta suppletiva di registro.
Parimenti il rimborso del credito Iva, già ritenuto spettante ai sensi dell’art. 3, comma 2, lettera c), del D.P.R.
n. 633/1972, veniva rifiutato per difetto dei presupposti indicati nella norma in quanto non maturato per
l’acquisto di un bene strumentale per l’esercizio dell’impresa.
Avverso tale atto di diniego ricorreva la società contribuente davanti alla Commissione tributaria provinciale di Latina sostenendone l’illegittimità in quanto la
cessione di azienda, intesa quale complesso organizzato di beni per l’esercizio dell’impresa ex art. 2555
del codice civile, non era mai avvenuta posto che il
trasferimento aveva interessato solo il compendio immobiliare.
I primi giudici accoglievano il ricorso con decisione
confermata in appello.
La Commissione tributaria regionale di Roma - Sezione distaccata di Latina - rilevava infatti che oggetto del trasferimento era non un complesso di beni già
organizzato dalla società venditrice per l’esercizio dell’attività alberghiera ma unicamente il fabbricato inteso nella sua concretezza come tale assoggettabile
ad Iva.
Aggiungeva che, perché potesse configurarsi in concreto una cessione di azienda sottoposta ad imposta di registro, occorreva l’esistenza di un comples-
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so di beni dotati di un’attitudine ancorché solo potenziale per un’attività di impresa e tale scopo non rivelava la cessione di singoli beni.
Il fatto poi che fosse stato acquistato un immobile finalizzato alla continuazione dell’esercizio dell’attività
alberghiera della dante causa era irrilevante perché
esso era privo di beni strumentali destinati a quella
attività (arredi, attrezzature, impianti, servizi), perché
l’acquirente non era subentrata nei rapporti con il personale dipendente e nelle necessarie licenze ed autorizzazioni, perché non era escluso che l’immobile
potesse essere destinato ad altro uso - ove reputato finanziariamente vantaggioso -, cioè ad appartamenti da vendere od affittare data la posizione vantaggiosa dal punto di vista turistico.
Ricorre l’Amministrazione finanziaria per ottenere la
cassazione della sentenza denunziando - con unico
mezzo - violazione degli artt. 2555 del codice civile,
40 e 2 del D.P.R. n. 131/1986 nonché vizi di motivazione su punto decisivo della controversia.
Assume che - contrariamente a quanto ritenuto dai
giudici di appello - la sussistenza di una cessione di
azienda richiedeva la mera potenzialità produttiva dei
beni trasferiti in un contesto organizzato dall’imprenditore anche se al momento della stipulazione dell’atto l’attività era sospesa e che nel caso di specie il
complesso immobiliare compravenduto risultava possedere tutte le caratteristiche per svolgere l’attività alberghiera avendo la società acquirente da sempre
svolto tale attività incrementando - successivamente all’acquisto - gli arredi talché l’attitudine potenziale del bene a tale scopo rendeva irrilevante la mancanza di subentro nelle relazioni commerciali e personali del cedente e l’esercizio in concreto della pertinente attività.
Resiste con controricorso la S.r.l. T.d.S. (ora B.R.)
chiedendo la riunione dei procedimenti concernenti
sia l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro sia
il diniego di rimborso Iva ed insistendo per il rigetto
di entrambi i ricorsi
Motivi della decisione - Il ricorso dell’Amministrazione può essere esaminato separatamente rispetto a
quello riguardante il diniego di rimborso Iva in quanto rivolto contro diversa sentenza (n. 121/05) ed atto impositivo (avviso di liquidazione) ancorché siano
coinvolti in lite identici presupposti.
L’Amministrazione finanziaria con unica censura sostanzialmente investe l’interpretazione operata dai giudici di appello dell’atto di compravendita di complesso immobiliare già adibito ad albergo assumendo l’irrilevanza del mancato subingresso della società nei
rapporti con il personale dipendente e nelle varie licenze ed autorizzazioni posto che la cessione di azienda era configurabile anche al cospetto di una mera
attitudine potenziale del bene ceduto all’esercizio di
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TRIBUNA DEL LAVORO
IL TURISMO
IN CIFRE
impresa come risultava nel
caso di specie da una serie di elementi quali l’incremento degli arredi e
l’attività di albergatore da
sempre esercitata dalla
cessionaria.
Ora il motivo così come
formulato si rivolge - innanzitutto - contro un insindacabile apprezzamento delle risultanze processuali da parte del giudice
di merito che ha formato
il suo convincimento contrario alla tesi sostenuta
dall’Amministrazione sul rilievo che, al momento del
trasferimento, il bene era privo di beni strumentali necessari allo svolgimento dell’attività alberghiera quali
gli arredi, le attrezzature, gli impianti ed i servizi, non
vi era stato alcun subentro nei rapporti intrattenuti
dalla società venditrice, non era dunque implausibile
che l’immobile - ove fosse stato ritenuto economicamente più conveniente secondo autonome scelte imprenditoriali - potesse essere destinato ad altro uso.
Tale giudizio valutativo - considerato che non è stata dedotta alcuna violazione delle regole di ermeneutica contrattuale ma piuttosto denunziate il mancato,
deficiente, contraddittorio esame di punti decisivi della controversia a sensi dell’art. 360, n. 5), del codice
di procedura civile - risulta sorretto da congrua motivazione non solo sotto il profilo logico - formale ma
anche sotto quello della correttezza giuridica non risultando pretermessi i criteri che presiedono la configurabilità di una azienda a sensi della disciplina civilistica.
Inconsistente è pertanto anche la prospettata violazione dell’art. 2555 del codice civile ai fini dell’applicazione della disciplina del registro anziché dell’Iva.
Carattere precipuo dell’azienda, secondo la nozione
civilistica dell’istituto, è «l’organizzazione dei beni finalizzata all’esercizio dell’impresa», intesa come attività di coesione funzionale alla realizzazione di un
rapporto di complementarietà strumentale tra beni
destinati alla produzione.
Pertanto se va ravvisata una cessione di azienda tutte le volte in cui la relativa convenzione negoziale abbia avuto ad oggetto il trasferimento di beni organizzati in un contesto produttivo (anche solo potenziale) dall’imprenditore per l’attività d’impresa, occorre
pur sempre che il complesso di beni sia già organizzato come tale dal precedente imprenditore.
Perché se è vero che non si richiede che l’esercizio
di impresa sia attuale bastando la preordinazione dei
beni strumentali tra loro interdipendenti ad integrare
la potenzialità produttiva
dell’azienda che permane ancorché non risultino cedute le pregresse
relazioni finanziarie, commerciali e personali, è altresì vero che deve comunque preesistere tale
collegamento funzionale
per farne oggetto di cessione nella sua interezza
da parte della venditrice.
Circostanza questa esclusa dalla Commissione regionale con accertamento di fatto compiuto sulla documentazione probatoria acquisita attestante
che la cessione aveva riguardato unicamente il fabbricato nella sua materialità privo di beni strumentali necessari allo svolgimento di attività di impresa che
erano stati autonomamente ripristinati dalla acquirente ai fini della la ricostituzione dell’azienda dismessa
dalla venditrice.
L’alienazione d’azienda, invero, presuppone il passaggio non di uno o più beni considerati nella loro individualità giuridica ma di un insieme organicamente
finalizzato ex ante all’esercizio di una attività di impresa (ancorché in prospettiva non necessariamente «dinamica» ma solo «statica»).
L’atto di cessione di cui si discute, peraltro, non ha
interessato l’»organizzazione» propriamente intesa
che è elemento imprescindibile per la produzione o
lo scambio di beni e servizi ma solo un complesso
immobiliare autonomo ex post assemblato e coordinato con i fattori occorrenti per elevare il compendio
così costituito al rango di azienda che in quanto tale
non esisteva prima del trasferimento.
Né dal fatto che l’acquirente fosse un albergatore di
professione è dato desumere - almeno fino a quando non venga dedotto e dimostrato dall’Amministrazione finanziaria l’esistenza di un intento elusivo - che
nella compravendita con separati atti di un immobile
e dei beni organizzati per l’esercizio di una impresa
debba sempre e comunque ravvisarsi un’unica cessione di azienda specie quando - come nel caso - diversi siano stati i tempi di acquisizione e le parti venditrici dell’uno e degli altri, oggetto ex novo dell’opera «unificatrice» del nuovo imprenditore.
Il ricorso va dunque conclusivamente rigettato avendo i giudici di appello fatto corretta e motivata applicazione delle regole giuridiche pertinenti alla fattispecie.
Ricorrono giusti motivi - stante la natura della controversia - per compensare le spese del presente.
P.Q.M. - la Suprema Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del presente giudizio.
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IL TURISMO
IN CIFRE
TRIBUNA DEL LAVORO
Daniela Carbone
(avvocato)
Responsabilità civile
e penale del datore di lavoro
da mobbing
Non esiste nel codice penale una espressa norma incriminatrice che sanzioni il mobbing. La figura di reato maggiormente prossima ai connotati caratterizzanti il cd. mobbing è quella dei maltrattamenti commessa da persona dotata di autorità per l’esercizio di una professione (art. 572
c.p.). Comunque il mobbing è una condotta che si protrae
nel tempo con le caratteristiche della persecuzione, finalizzata all’emarginazione del lavoratore, onde configurare
una vera e propria condotta persecutoria posta in essere dal
preposto sul luogo di lavoro.
1) Il fenomeno chiamato
“mobbing”
Il poderoso e sempre in crescita contenzioso giudiziario avente ad oggetto
richieste risarcitorie per pretesa lesione della sfera giuridica patrimoniale e
non dei prestatori di lavoro a fronte di
condotte illegittime da parte degli enti, impone una riflessione sulla qualificazione giuridica della responsabilità da “mobbing” (1). Tanto più in un
contesto dottrinal-giurisprudenziale in
cui copioso è stato il dibattito sul tema
de quo, fino a spingersi a paventare una
eventuale rilevanza penale del fenomeno. Lo spunto non è cosa nuova; certo
è che la soluzione al quesito sembra
essere offerta dalla recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassa-
zione (2) con la quale gli ermellini hanno ribadito che la figura di reato più
prossima al mobbing è quella disciplinata dall’art. 572 Cp.
Sul versante della qualificazione giuridica dell’illecito di cui è parola, è ormai pacifico che costituisce mobbing
quella condotta asociale caratterizzata
da una sorta di reazione di un individuo o di un insieme di individui nei
confronti di un membro della stessa organizzazione, verso chi presenta caratteristiche dissonanti o non si adatta a
una certa situazione ambientale o ancora verso chi è più capace ed efficiente e pertanto pericoloso per i colleghi
che tendono ad allontanarlo. Segnatamente, il fatto giuridico (mobbing) è
un fenomeno poliedrico e non sogget-
to ad una standardizzazione dei comportamenti; è condotta atipica e inutile sarebbe una qualsiasi elencazione
d’ipotesi di riferimento perché ogni
condotta sistematica e duratura, molesta e vessatoria perpetrata sul luogo di
lavoro potrebbe costituire mobbing (3).
In altra sede (4) il mobbing viene espressamente definito quale tipologia sì generica da includervi le più variegate
ipotesi di violenze sui posti di lavoro:
per persecuzione s’intendono ricorrenti azioni riprovevoli o chiaramente ostili intraprese nei confronti dei singoli
lavoratori, in modo offensivo, tali da
determinare l’allontanamento di questi lavoratori dalla collettività. In particolare, la riconducibilità di una condotta alla figura del mobbing è legata
alla sistematicità degli atti vessatori
protratti per un periodo di tempo relativamente ampio, diretti a menomare
la posizione del lavoratore in azienda.
Tuttavia, i singoli comportamenti anomali non sempre assumono una rilevanza giuridica. La loro sostanziale atipicità fa si che possano verificarsi casi, seppure rari, in cui le azioni posti in
essere dai colleghi o superiori non integrino gli estremi dell’illecito civile o
penale. Sul punto, come rilevato da una
NOTE
1) Dal punto di vista etimologico, il termine mobbing
trae origine dal verbo
inglese to mob che indica
le azioni di assaltare,
aggredire in massa, assediare e dal derivato
sostantivo mob significante
folla in tumulto, moltitudine
disordinata;
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dal latino mobile vulgus
intes in senso dispregiativo
come movimento della
plebaglia, in tal senso vedi
Meucci in Violenza da
mobbing sul posto di lavoro, in D&L, Riv. Crit. Dir.
lav., 2, 2000; e Monateri,
Bova, Oliva, Vessazioni sul
lavoro, Giuffrè, Milano; In
particolare secondo la
definizione autorevole di
Leymann, il mobbing sul
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lavoro indica una forma di
terrorismo psicologico che
implica un atteggiamento
ostile e non etico posto in
essere in forma sistematica almeno per sei mesi di
durata tali da determinare
nella vittima considerevoli
sofferenze mentali, psicosomatiche e sociali.
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2) Cassazione penale,
sentenza 29 agosto 2007
n. 33624, in Rassegna di
giurisprudenza penale, a
cura di R. Garofoli e G.
Buffone, neldiritto.it, 2007;
3) Tribunale di Cassino,
sentenza 18 dicembre
2002, in nuova giur. Civile
Commerciale 2003, I, 931;
4) Tribunale di Torino 16
novembre 1999, in Resp.
Civ. e prev., 2000, I, 732;
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IL TURISMO
IN CIFRE
sentenza del tribunale di Agrigento (5),
nel nostro ordinamento non trova alcuna specifica tutela il diritto ad un reciproco rispetto e socializzazione tra i
lavoratori, né d’altro canto il giudice
può intervenire nella gestione dei rapporti sociali. Ciò nonostante, si possono anche svolgere considerazioni differenti. Si valuti infatti che, secondo
una condivisibile valutazione di esperti (6), la tutela della sicurezza e della
salute dei lavoratori dipende «dal coincidere di due condizioni indispensabili ma di per sé non sufficienti: che
l’ambiente, le macchine e gli impianti siano sicuri e che il comportamento
dei lavoratori sia conforme alle esigenze di sicurezza» . Sicchè, verificandosi una situazione di mobbing aziendale, si potrebbe determinare una situazione in antitesi con la previsione
generale contenuta nell’art. 5, comma
1, Dlgs n. 626/94, la quale stabilisce
che «ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della
propria salute e di quella delle altre
persone presenti sul luogo di lavoro,
su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni od omissioni (…)». Ciò
tanto più considerando che il Dlgs citato ha introdotto un nuovo modello di
impresa sicura che appare non solo di
tipo compartecipativo, ma modulato in
chiave sinergica tra i protagonisti del
mondo del lavoro. Dall’esegesi del testo dell’enunciato art. 5 si evince che
tutti i lavoratori, pur essendo gli unici
soggetti creditori di sicurezza e salute,
ciò nonostante, sono chiamati a contribuire insieme al datore di lavoro, ai
dirigenti e preposti all’adempimento
di tutti gli obblighi imposti dall’auto5) Tribunale di Agrigento,
sezione lavoro, sentenza 1
febbraio 2005, con commento di M.R.Mottola, in
D&G, n. 10, 2005;
6) 11° Commissione permanente del Senato nell’indagine conoscitiva sulla
sicurezza e l’igiene del
lavoro depositata in data
22 luglio 1997;
p e r i o d i c o
rità competente o comunque necessari per tutelare la salute dei lavoratori
durante il lavoro. In tale prospettiva sinergica, il contributo richiesto dal citato art 5 Dlgs 626/94 è sanzionato penalmente in caso di omissione.
2) Profilo civilistico
Enucleata la nozione di mobbing e preso atto della molteplicità delle condotte ad esso riconducibili, è necessario
individuare - insieme agli strumenti
predisposti dall’ordinamento a garanzia del diritto del lavoratore a non essere vittimizzato – la disciplina giuridica che soddisfi l’esigenza di tutela
e risarcimento dei danni subiti, in un
contesto privo di disciplina legislativa
(7). Allo stato, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie ritengono che
il fondamento giuridico della tutela
contro il mobbing vada ricercato nell’art. 2087 Cc, che assoggetta ad una
responsabilità contrattuale il datore di
lavoro, imponendogli determinati obblighi di protezione nei confronti del
dipendente. Detta responsabilità deriva dall’inosservanza da parte del datore di lavoro di un obbligo di rango
costituzionale che si pone quale limite al diritto di libertà di iniziativa privata di impresa di cui all’art. 41, comma 1 e 2 Cost. Tale limite comporta a
carico del datore di lavoro l’obbligo di
non arrecare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore. Al riguardo, proprio la centralità
della tutela della persona e dei lavoratori ha consentito alla giurisprudenza
più giovane e prevalente di affermare
7) Così Spagnolo Vigorità, Il
quadro normativo attuale a
tutela della dignità del lavoro ed i profili della condotta
di mobbing, in www.pegacity.it/justice/impiego;
8) Ne consegue che mentre
grava sul datore di lavoro
l’onere di avere ottemperato
all’obbligo di protezione dell’integrità psicofisica del lavoratore, grava su questi l’onere di provare sia la lesione
d e l l ’ E B T L
la natura contrattuale della responsabilità per danni procurati con il richiamo all’art. 2087 Cc., con la conseguenza che il regime probatorio è quello
previsto dall’art. 1218 Cc (8). La norma configura in capo al datore di lavoro l’autonomo e peculiare obbligo
di protezione del lavoratore, avente
contenuto di ampia portata fino ad includere la predisposizione di tutte le
misure generiche di prudenza e diligenza necessarie per la tutela dell’incolumità ed integrità psico-fisica del
dipendente, nonché della personalità
morale e sociale (9). Sicchè, il datore
di lavoro deve non solo astenersi dal
porre in essere comportamenti lesivi
dell’integrità fisica e della personalità morale del prestatore di lavoro (responsabilità diretta), ma anche punire
e prevenire simili atti da chiunque realizzati nel contesto dell’attività lavorativa, anche mediante l’impiego del
potere disciplinare ( responsabilità diretta ex art. 2049 Cc e ruolo di garante ex art. 40 Cp). Per tutte le suesposte argomentazioni, la giurisprudenza
correttamente ritiene l’art. 2087 Cc
una norma di chiusura, volta a ricomprendere ipotesi e situazioni non espressamente previste che ha una funzione
di adeguamento permanente del sistema alla sottostante realtà socio-economica, con una dinamicità più accentuata di quella dell’ordinamento. Inoltre, come acutamente osservato (10),
l’articolo citato s’innesta automaticamente nel contenuto del rapporto di
lavoro al momento della conclusione
del contratto perché integrativo o specificativo degli ordinari obblighi di
correttezza e buona fede (11). Ne se-
alla richiamata integrità sia il
nesso causale tra tale evento dannoso e l’eventuale inadempimento datoriale, in tal
senso ex plurimis vedi Cass.
Civ. sez. lav. 02 maggio
2000 n. 5491; Cass. Sez
Lav. 05 febbraio 2002 n.
1307 e cass. 09 aprile 2003
n. 5539;
9) Ghera, Diritto del lavoro,
Cacucci, Bari, 2000;
10) Caracuta, il mobbing e
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
TRIBUNA DEL LAVORO
Cassazione, sentenza
del 29 agosto 2007 n. 33624
t u r i s m o
la tutela giudiziaria, relazione al Convegno UIL C.A.,
Galatina 16 giugno 2000;
11) Venturi, in Riv.it.dir.lav.,
1999, II
12) Tribunale di Torino,
sent. Citata;
13) Ziviv, mobbing e risarcimento del danno, nota a
sent. Forlì 15 marzo 2001,
in resp. Civ. e prev., 2001;
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R o m a
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L a z i o
39
TRIBUNA DEL LAVORO
IL TURISMO
IN CIFRE
gue che il lavoratore vanta un autentico diritto soggettivo cui corrisponde
l’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro.
L’evoluzione giurisprudenziale in materia raggiunge il suo più rivoluzionario esito allorquando il Tribunale di
Torino (12), cui hanno aderito le successive pronunce di merito, qualificava il fenomeno come categoria unitaria, ovvero alla stregua di un framework (13), ossia come cornice all’interno della quale trovano giusta collocazione le molteplici azioni con cui si
manifesta il mobbing. In tale contesto
appare significativa una recente decisione della Suprema Corte (14), in tema di mobbing orizzontale, che ha accolto la domanda di risarcimento danni di una lavoratrice a fronte della mancata adozione da parte dell’ente datoriale degli obblighi di protezione ex
art. 2087 Cc. Con queste ed altre pronunce, il Supremo Collegio del Palazzaccio ha confermato la qualificazione del fenomeno in termini di responsabilità contrattuale, tanto che, sotto il
profilo probatorio, non ricorre la necessità di allegazione circa l’elemento psicologico della volontarietà della
condotta mobizzante (15).
Si è già in precedenza detto della dimensione poliedrica della responsabilità da mobbing. Invero, secondo una
parte considerevole della giurisprudenza (16), tra le norme di riferimento oltre all’art. 2087 Cc, rileva anche
la disposizione dettata dall’art. 2043
Cc– che ne fissa per contro la responsabilità extracontrattuale - nonché artt.
1175 e 1375 Cc, quali indici dei principi di correttezza e buona fede, in
combinato disposto con fonti di derivazione costituzionali, quali l’art. 32
e 41 Cost. Al riguardo, significativa si
presenta una recente pronuncia delle
SS.UU. (17) secondo la quale «si deve ritenere proposta l’azione aquiliana tutte le volte in cui non emerga la
scelta del danneggiato in favore di
quella contrattuale, e quindi tutte le
volte che il danneggiato invochi la responsabilità extracontrattuale, ovvero invochi il risarcimento del danno
senza dedurre una specifica obbligazione contrattuale». Il citato orientamento consente pertanto di affermare
che le condotte mobbizzanti possono
dar luogo ad una responsabilità di tipo extracontrattuale, fondata sul generale divieto del neminem ladere. Sicchè possono agevolmente ricondursi
ad ipotesi di illecito aquiliano tutte
quelle condotte datoriali dolose o colpose che arrechino danno ingiusto al
lavoratore (18). Si consideri tuttavia
che optare per il modello aquiliano di
responsabilità potrebbe comportare un
aggravio sotto il profilo probatorio atteso che il lavoratore sarebbe onerato
dalla gravosa allegazione circa la preordinazione o colposità della condotta
datoriale censurata, quindi il nesso di
causalità tra detti comportamenti ed i
danni lamentati. Allo stato attuale è
pacificamente ammessa la possibilità
di invocare il concorso delle due responsabilità, quella contrattuale e quella aquiliana, anche se fino al reveriment della Cassazione, i danni da mobbing, concretizzando una lesione al diritto soggettivo primario della salute,
erano risarciti in quanto ingiusti ex art.
2043 (19). Sul punto si specifica che
può aversi concorso di responsabilità
qualora la condotta illecita sia posta in
essere da colleghi - i quali rispondono per responsabilità extracontrattuale – e il datore di lavoro ometta di vigilare sul corretto comportamento dei
propri dipendenti; egli risponderà dell’altrui illecito ex art 2087 Cc in virtù
del rapporto di lavoro che lo lega con
il lavoratore-vittima (responsabilità indiretta). Ma il concorso di responsabilità è ascrivibile anche in capo al solo datore di lavoro: fatto è che l’obbligo di cui all’art. 2087 Cc risulta compatibile con il divieto di comportamenti omissivi o commissivi lesivi dell’integrità psicofisica del lavoratore che,
in quanto caratterizzati da colpa o dolo diventano fonte di responsabilità extracontrattuale per inosservanza del
dovere generale di neminem laedere.
Si realizza così una commistione di
regole sottese ai citati modelli di responsabilità, con conseguente ammissibilità di ipotesi di danni risarcibili
ampi e con minore rilevanza dell’elemento soggettivo (20). Sul versante
dei mezzi di tutela esperibili, ad una
attente disamina, ci si avvede che gli
effetti delle condotte di mobbing possono assumere rilevanza sotto due profili; segnatamente quello risarcitorio
alla stregua degli artt. 2087, 1218 e
2043 Cc e riparatorio/ripristinatorio
ex lege n. 300/70 con possibilità di riassunzione del lavoratore o, in alternativa, di ricostruzione della posizione aziendale di questi (21). Si deve,
inoltre, alla giurisprudenza il riconoscimento di una tutela inibitoria mediante il provvedimento d’urgenza ex
art. 700 Cpc (22).
NOTE
14) Cass. Sez. lav. 25
maggio 2006 n. 12445; in
www.altalex.it;
15) In tal senso, Tar Lazio,
IIIsez. Bis, 5 aprile 2004; in
senso contrario e sulla
necessaria rilevanza dell’intento persecutorio del
mobber vedi ex multis trib.
Bari, 23 marzo 2004, in
D&G n. 15/04;
40
p e r i o d i c o
16) Spagnolo Vigorita, op.
citata;
17) Cass. SS.UU. 4 maggio 2004, n. 8438;
18) Quanto al giudice
competente, si osserva
che se trattasi di azione
contrattuale, la cognizione
della domanda spetta al
giudice del lavoro, mentre
se trattasi di azione extracontrattuale essa appartiene al giudice ordinario;
d e l l ’ E B T L
19) Parodi, op. citata; ico
tra principi costituzionali,
rigidità codicistiche e tutela
previdenziale, DRI, 2001;
20) Zoppoli, il danno biolog
21) Parodi, una disciplina
in evoluzione, in Ambiente
e Sicurezza, 19, 2001, I;
22) Per i provvedimenti
urgenti in materia del lavoro, ex multis vedi pret.
Roma 25 febbraio 1980, in
Riv. Giu. Lav;
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t u r i s m o
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sull’onere della prova del
periculum in more si veda
pret. Roma 11 giugno
1993, in Giu. Lav. Lazio,
1994; sulla irreparabilità
del pregiudizio Pret. Roma
31 agosto 1992 in Dir &
prat. Lav., 1993;
23) Parodi, in Ambiente e
Sicurezza, 2001, op. cit.;
R o m a
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n e l
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IL TURISMO
IN CIFRE
3) Rilevanza penale
del mobbing
Il mobbing costituisce quello che viene definito penale in bianco, ovvero
senza spargimento di sangue. Tuttavia,
costituisce indagine di rilevante importanza quella afferente alla possibilità,
e se si in che termini e sotto l’egida di
quale norma di riferimento, di una rilevanza penale della condotta mobbizzante. Certo è che, considerato il riconoscimento costituzionale dei beni lesi, indubbia appare la rilevanza penale dei molteplici comportamenti, singolarmente considerati, integranti il
mobbing. Si badi bene, difficile appare la configurabilità di una rilevanza
penale della figura unitariamente considerata del mobbing, sotto la veste di
fattispecie tipica di reato; al più uno o
alcuni degli atti o condotte realizzanti
il mobbing, e comunque uti singuli,
possono assumere rilevanza penale. In
effetti molti di essi possono essere penalmente sanzionati se riletti in relazione all’evento, cioè alle conseguenze psicofisiche in capo alla vittima o
con riferimento alla condotta perché
alcuni comportamenti sono stati già tipizzati dal legislatore penale (23). Diversamente argomentando, ovvero elevando il mobbing alla stregua di un
ipotesi di reato, si rischia di porsi in
violazione del principio di legalità. Sicchè è parso più agevole dare rilievo, di
volta in volta, ai singoli atti perturbanti, piuttosto che alla globalità della figura complessa. In tal senso si evidenziano la teorica applicabilità ai casi di
specie dell’art. 582 Cp (lesione personale), dell’art. 590 Cp ( lesioni personali colpose), dell’art. 586 Cp (morte
24) Vedasi l’equiparazione
del lavoratore dipendente
con la persona sottoposta
alla sua autorità, per la
prima volta espressamente
in cass. Sez. VI Pen. N.
10090 del 12 marzo 1997;
e di recente in Cass. 29
agosto 2007 n. 33624;
25) Cass. pen., sez. VI,
08/01/2004, n.4933
p e r i o d i c o
o lesione come conseguenza di altro
delitto) che risulta confacente per perseguire i casi di mobbing realizzati mediante ripetuti comportamenti vessatori che già in sé integrano una figura
di delitto punito a titolo di dolo, e dell’art. 572 Cp (maltrattamenti) che ha
ormai assunto un ruolo preminente nell’azione giudiziaria contro le vessazione sul luogo di lavoro (24); dell’art. 40
Cp con la conseguente responsabilità
per il datore di lavoro e per il medico
competente ex art. 17 L. 626/94. L’approdo giurisprudenziale seguito dalla
recentissima sentenza della Corte della nomofilachia è quello che individua
la figura di reato maggiormente prossima ai connotati del mobbing nell’art.
572 Cp, commessa da persona dotata
di autorità per l’esercizio di una professione. Il rapporto intersoggettivo
che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato, essendo caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare che la legge attribuisce al datore
nei confronti del lavoratore dipendente, pone quest’ultimo nella condizione, specificamente prevista dall’art.
572 c.p., di persona sottoposta alla sua
autorità il che, sussistendo gli altri elementi previsti dalla legge (nella specie, ripetute e sistematiche vessazioni
fisiche e morali, consistite in schiaffi,
calci, pugni, morsi, insulti, molestie
sessuali) permette di configurare a carico del datore di lavoro il reato di maltrattamenti in danno dal lavoratore dipendente. Nel delitto di maltrattamenti in famiglia, punito dall’art. 572 c.p.,
il dolo è generico, sicché non si richiede che l’agente sia animato da alcun
fine di maltrattare la vittima, bastan-
26) I reati si suddividono in
due tipologie: reati colposi
e dolosi. Succintamente si
ha che il dolo presuppone
nell’agente la coscienza e
la volontà sia della condotta
che dell’evento; nella colpa
la coscienza e la volontà
sono limitate alla condotta,
non all’evento, e dipende
da imprudenza, imperizia,
negligenza, inosservanza di
leggi o regolamenti;
d e l l ’ E B T L
do la coscienza e volontà di sottoporre la stessa alla propria condotta abitualmente offensiva (25). Pertanto, integra il delitto di maltrattamenti previsto dall’art. 572 c.p., e non invece quello di abuso dei mezzi di correzione o
di disciplina (art. 571 c.p.), la condotta del datore di lavoro e dei suoi preposti che, nell’ambito del rapporto di
lavoro subordinato, abbiano posto in
essere atti volontari, idonei a produrre uno stato di abituale sofferenza fisica e morale nei dipendenti, quando
la finalità perseguita dagli agenti non
sia la loro punizione per episodi censurabili ma lo sfruttamento degli stessi per motivi di lucro personale. Ed ancora, integra il delitto di maltrattamenti previsto dall’art. 572 c.p la condotta del datore di lavoro e dei suoi preposti che, nell’ambito del rapporto di
lavoro subordinato, abbiano posto in
essere atti volontari, idonei a produrre uno stato di abituale sofferenza fisica e morale nei dipendenti, quando
la finalità perseguita dagli agenti non
sia la loro punizione per episodi censurabili ma lo sfruttamento degli stessi per motivi di lucro personale. Gli ermellini sottolineano la necessità, sotto il profilo dell’elemento oggettivo e
probatorio, della prova della condotta
mobizzante, ricavabile dalla sistematicità e durata dell’azione nel tempo,
dalle sue caratteristiche oggettive di
persecuzione e discriminazione, risultanti specificatamente da una connotazione emulativa e pretestuosa. Nondimeno, in sede applicativa, una serie
di problematiche si pongono all’attenzione dell’interprete quali ad esempio
quella della valutazione dell’elemen-
27) E per la fattispecie di
cui all’art. 572 Cp è richiesto il dolo generico consistente nella coscienza e
volontà di sottoporre il
soggetto passivo ad una
serie di sofferenze fisiche e
morali in modo continuato
ed abituale, in modo da
lederne complessivamente
la personalità, senza che
occorra un animo pravo né
un fine particolare, essen-
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
TRIBUNA DEL LAVORO
Non c'è nel Codice penale una norma che sanziona
la condotta persecutoria
t u r i s m o
do sufficiente la consapevolezza e volontarietà della
serie di atti lesivi idonei a
produrre costante sofferenza. Né è richiesto che
l’agente persegua particolari finalità né il proposito di
infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali
senza plausibile motivo.
a
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41
IL TURISMO
IN CIFRE
TRIBUNA DEL LAVORO
Editoriale
to soggettivo della fattispecie(26). In
particolare si tratta di valutare se la
compromissione dell’integrità psicofisica del lavoratore sia riconducibile
ad una condotta colposa ovvero dolosa del datore di lavoro, intenzionalmente e consapevolmente orientata a produrre quel danno in capo al prestatore
di lavoro. Il nodo gordiano circa la valutazione dell’approccio psicologico
dell’agente è sciolto attraverso l’analisi delle modalità estrinseche di concreta manifestazione della condotta
dell’imputato, delle circostanze di fatto. Sono dunque essenziali gli elementi obiettivi del fatto, le espressioni concrete della condotta e ulteriori elementi di carattere soggettivo, quali la dichiarata motivazione della condotta.
Sicchè può affermarsi che l’area della colpa investa solo quelle situazioni
di aggressione alla sfera morale e psichica del lavoratore cui si possa riconoscere una matrice inconsapevole, nel
senso che esse si devono sostanziare
in condotte in relazione alle quali il datore di lavoro sia in grado di offrire una
giustificazione motivazionale compatibili con profili gestionali del modello organizzativo dell’azienda. Orbene,
appare logico concludere nel senso di
escludere la configurabilità del reato
di cui all’art. 572 Cp in presenza di un
approccio solo colposo dell’agente. In
ogni altra situazione in alcun modo
connessa o non riconducibile, nelle intenzioni e nelle motivazioni di chi l’ha determinata ad ambiti gestionali od
organizzativi, il criterio di imputazione soggettiva della responsabilità per
le lesioni dell’integrità psicofisica del
lavoratore dovrà essere quella del dolo (27). Così analizzati i criteri per l’imputazione soggettiva del fatto costituente reato, va sottolineato che comunque i profili contravvenzionali ordinari di violazione della normativa
prevenzionistica e di igiene del lavoro
mantengono il loro autonomo disvalore e rilevanza penale, e non possono
in alcun modo ritenersi assorbiti nella
vicenda di mobbing. Ad essi sarà applicabile, secondo i principi, il meccanismo procedurale canzonatorio delineato dal Dlgs 758794.
42
p e r i o d i c o
d e l l ’ E B T L
Segue da pag. 3
to dalla Giunta regionale, ma ad
oggi non pubblicato sul bollettino
ufficiale, il quale, in netto contrasto con un indirizzo contenuto nella finanziaria 2006, apre un varco
alle aziende che non osservano la
contrattazione di comparto per ottenere gli stessi benefici di sgravio
contributivo riservati a quelle che
l’applicano.
Peraltro, anche se può apparire prematuro dare un giudizio sulla legge di riordino del sistema turistico
regionale, tanto complessa da aver
richiesto una gestazione pluriennale, e pur apprezzando gli spazi offerti alla bilateralità - unico esempio di attenzione fra tutte le Regioni – balza agli occhi la venatura di
eccessivo dirigismo che si coglie
con il rinvio agli atti regolamentari di Giunta su temi strutturali come l’individuazione dei sistemi turistici locali speculari ai distretti
industriali. Stranamente il legislatore regionale si è posto in controtendenza rispetto all’indirizzo nazionale che lascia ai soggetti pubblici e privati locali la proposta di
individuare il sistema turistico analogamente a quanto avviene per
l’industria nell’osservanza di una
legge che la nostra Regione ha prodotto qualche anno fa. La scelta fatta difficilmente potrà essere corretta con atto di Giunta la quale,
s u l l ’ a n d a m e n t o
d e l
t u r i s m o
procedendo dal vertice ad individuare la mappatura dei sistemi turistici, finisce di fatto per sottrarre ruolo di analisi e proposta agli
enti locali e per inibire ai privati la
localizzazione compatibile dei propri investimenti con la conseguenza di ridurre anche le opportunità
occupazionali.
Siamo certi, per i suoi trascorsi di
pubblico amministratore, che il nuovo Assessore al Turismo porrà la
massima attenzione ai temi trattati e saprà trovare, anche con i Colleghi di riferimento, una coerente
linea politica per il turismo.
Dal legislatore nazionale con la legge 123 - che ha sviluppato un orientamento precedentemente contenuto nella legge 626 in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro - viene invece offerta una opportunità
di integrazione pubblico-privato
che è stata tempestivamente colta
dagli interessati: mentre scriviamo
infatti, su iniziativa della Provincia di Roma, Vigili del fuoco, ASL,
Parti sociali, EBTL, Università e,
naturalmente la Provincia stessa,
sta per essere dato il via ai corsi di
formazione di figure idonee a verificare con professionalità l’applicazione in concreto delle misure di
tutela e sicurezza normate. Questo
è un esempio che ci auguriamo possa essere seguito da altre Amministrazioni nel pubblico interesse.
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Inserto: durata dell`apprendistato - ONT Osservatorio nazionale del