Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46/art. 1, comma 1, DCB Roma - Prezzo copia euro 0,20 MENSILE DIRCREDITO ncontri I idee&fatti gennaio 2014 anno IV 18 USCIAMO DALL’EMPASSE CONTRATTO www.dircredito.info informati con DirCredito Incontri idee&fatti Anno IV - numero 18 - gennaio 2014 Editore: DirCredito Direttore responsabile: Franz Foti Vice Direttore: Cristina Attuati Comitato di direzione: Maurizio Arena, Silvana Paganessi, Franz Foti, Cristina Attuati Hanno collaborato a questo numero Maurizio Arena, Cristina Attuati, Silvio Brocchieri, Dante Columbro, Franz Foti, Elisabetta Giustiniani, Livio Iacovella, Claudio Minolfi, Agnese Ninci, Giulio Pomar, Dante Sbarbati. Progetto grafico: Claudia Spoletini Stampa: Orfeo Planet s.r.l. - Roma Redazione: Via Principe Amedeo 23 - 00185 Roma Periodico telematico in corso di registrazione Reg. Trib. Roma n. 441/2005 - Iscrizione al ROC n. 13755 chiuso in tipografia il 23 gennaio 2014 SOMMARIO IL PUNTO Cambiare marcia per reggere le sfide del fututro L’EDITORIALE Contratto, usciamo dall’empasse INTERNAZIONALE Brevi dal mondo Svizzera vince il fronte del “no” al riequilibrio delle retribuzioni aziendali Stop alle speculazioni bancarie USA, da luglio scatta la “Regola Volcker” SINDACATO Crisi: sull’altare della stabilità disoccupazione e recessione Federcasse come Abi, disdettati i Ccnl delle BCC Manager: una strategia innovativa che privilegi il lavoro Continua l’odissea in Equitalia Contratti. Ingorgo politico e sindacale, sfida contro il tempo Regali alle banche per 50 miliardi, ai lavoratori 182 euro POLITICA “Shut up and deal”, piantala e dai le carte FINANZA La Legge di stabilità punto per punto LAVORO Stipendi d’oro? C’era una volta la banca, ma oggi... Esodati e “milleproroghe” il labirinto della vergogna Creatività politica in Regione Liguria, s’inventa l’indennità di sopportazione Premio Alte Professionalità alla seconda edizione Il merito e la struttura del salario, riflessione per i prossimi contratti LEGALE Osservatorio sulla giustizia Il filo d’Arianna SOCIETÀ The Nonna State “Noi, il popolo” così si apre la Costituzione degli U.S.A. Il popolo siamo noi PERSONE Nelson Mandela rilancia la sfida CURIOS@NDO Sua Maestà l’orologio Commercio elettronico, volano le vendite, vita dura per gli intermediari Donare il sangue fa bene, a noi e agli altri Le Cinque Terre e il Sentiero Azzurro Incon t ri 4 5 6 15 16 7 20 21 21 24 26 8 10 12 18 19 28 29 Contratto usciamo dall’empasse 14 17 22 30 31 23 32 33 34 35 - genn ai o 201 4 n 3 n I L P U N TO Il fatto del mese CAMBIARE MARCIA PER REGGERE LE SFIDE DEL FUTURO Lo scorso 9 gennaio, si è svolto a Roma un incontro tra i Segretari Generali al fine di elaborare una strategia unitaria in vista dell’apertura del confronto con ABI per il rinnovo del Contratto Nazionale di Categoria. La strategia condivisa è quella di aprire un dibattito con l’Associazione Bancaria a tutto campo, avva- lendosi anche del supporto di figure esterne al settore con competenze nel campo economico. La necessità di cambiare marcia, allargando il perimetro della discussione, nasce dal fatto che il settore, per poter reggere le sfide del futuro, deve cambiare pelle, rinnovandosi, individuando nuovi modelli or- ganizzativi e di servizio, investendo su nuove professionalità e non semplicemente tagliando i costi. La terzietà degli esperti chiamati a dare il loro contributo di idee garantirà al Sindacato di proporre alle aziende modelli di sviluppo sostenibili, che non pregiudichino i profili professionali degli addetti, ma li valorizzino, mettendoli al centro di un progetto di rilancio delle aziende. L’orizzonte temporale che ci si è posti per la presentazione della piattaforma è il prossimo febbraio. Dir- Credito insieme alle altre organizzazioni sindacali ha come scopo primario quello di confrontarsi con ABI su questioni di merito, senza alcuna pregiudiziale, ma non mancando di far notare, dati e pareri degli esperti alla mano, che se nel settore qualcosa non ha funzionato, forse non è solo colpa della crisi, ma anche della scarsa lungimiranza dei modelli di banca fin qui proposti, non dai lavoratori, ma da chi le banche le ha gestite. La sfida lanciata ad ABI è quella di confrontarsi in modo non convenzionale, abbandonando alibi, spesso più aziendali che sindacali, che riconducono le difficoltà del settore al costo del lavoro degli addetti, di- menticandosi di scorporare dallo stesso le retribuzioni e i bonus dei top manager. 4 n ge n nai o 201 4 - In cont ri Maurizio Arena L’ E D I TO R I A L E n CONTRATTO USCIAMO DALL’EMPASSE contratto fino al prossimo 30 settembre supera, da un punto di vista formale, la disdetta unilaterale del contratto. Noi però badiamo alla sostanza e consideriamo tale proroga non come obiettivo, ma come punto di partenza. E’ imperativo che le parti si rivedano per fornire risposte ai lavoratori, fissando tempi modi e contenuti del nuovo contratto dei bancari. E’ infatti impensabile che da un lato ABI cerchi di depotenziare le tutele dei bancari, ma dall’altro tenti di guadagnare tempo giocando al ribasso. Siamo convinti che l’unica risposta possibile da dare ai colleghi, dopo la loro convinta e massiccia astensione dal lavoro, sia quella di abbandonare tecnicismi e bizantinismi per dar loro, in tempi celeri e certi, un nuovo quadro di regole. “ Crediamo che la coerenza e la trasparenza, alla lunga, paghino e che sia nostro compito adoperarci per uscire dall’empasse. I banchieri continuano a trincerarsi dietro la diminuzione degli utili determinata dalla crisi e dalla, così lasciano intendere, inadeguatezza o meglio obsolescenza professionale degli addetti. Tutto questo ci crea un certo sconcerto. Tuttavia, a parte la vecchia ricetta del taglio del costo del lavoro, i banchieri sembrano non avere la capacità di proporre soluzioni veramente innovative che rilancino le aziende, magari ricominciando a scommettere sulla solvibilità di imprese e famiglie. Forse anche questa incapacità di tornare ad immaginare il futuro in termini di sfida e di crescita è sintomo di obsolescenza: la loro. La proroga della vigenza dell’attuale contratto fino al prossimo 30 settembre supera, da un punto di vista formale, la disdetta unilaterale del contratto “ Come era prevedibile lo sciopero dello scorso ottobre, a cui hanno aderito massicciamente i lavoratori bancari, ha prodotto i suoi effetti. L’ABI è finalmente scesa dal suo piedistallo e, dimostrando per la prima volta in diversi mesi un barlume di senso di responsabilità, ha convocato il sindacato per trovare una soluzione condivisa, che consentisse l’adeguamento del Fondo di solidarietà a quanto previsto dalla legge Fornero. Si trattava dal nostro punto di vista di un atto dovuto. Il Fondo, infatti, nell’ultimo decennio ha consentito al settore di ristrutturarsi senza creare tensioni occupazionali e garantendo l’accesso volontario a migliaia di lavoratori giunti a ridosso della pensione. Uno strumento insomma che, nella maggior parte dei casi, ha saputo brillantemente coniugare le esigenze delle aziende di gestire il ricambio generazionale, con la tutela dei diritti dei lavoratori a scegliere liberamente di uscire dal ciclo produttivo e, nel contempo, di continuare a godere di una retribuzione adeguata. Tuttavia, per quanto ci riguarda, la vicenda del Fondo andava inquadrata nel tema più ampio della disdetta anticipata del contratto e, in particolare, sulla ripresa di un confronto tra le parti senza il condizionamento pesante di una cessazione – il prossimo luglio – degli effetti del contratto di categoria. Il nostro intento non era certo quello di guadagnare tempo, ma di porre le premesse concrete per la ripresa della discussione e per la presentazione di una nuova piattaforma. La proroga della vigenza dell’attuale di Maurizio Arena Incon t ri - genn ai o 201 4 n 5 n INTERNAZIONALE BREVI DAL MONDO Notizie, fatti e curiosità oltre i confini n LONDRA: LA METROPOLITANA “ENTRA” NELLE CASE DI ISLINGTON A Londra in un quartiere dal nome Islington circa mille case verranno riscaldate attraverso la metropolitana. Si tratta di un progetto pilota europeo chiamato Celsius che prevede il riciclo di fonti secondarie di calore urbano. Nel caso specifico, il calore prodotto dalla metropolitana, che altrimenti andrebbe disperso, verrà convogliato in una rete di riscaldamento collegata direttamente alle abitazioni. Una notizia rivoluzionaria anche alla luce delle enormi quantità di calore secondario che ogni anno vengono sprecate in Europa, disperdendosi nell’atmosfera, che, da sole, potrebbero sostituire i combustibili e le energie usate per il riscaldamento domestico. Quella di Londra, tuttavia, non è un’esperienza isolata, esistono infatti altri progetti Celsius in Svezia, Germania e, nel nostro Paese a Genova che studiano possibilità di riutilizzare il calore rilasciato nell’ambiente da inceneritori, sistemi fognari e reti di distribuzione del gas. Lo sviluppo di questi progetti è parzialmente finanziato dall’Unione Europea. 6 n LA BEFANA IN TUNISIA REGALA LA PARITÀ DI GENERE Per la prima volta un paese arabo sancisce la parità di genere nella Costituzione. Il 6 gennaio, l'Assemblea Costituente tunisina, a tre anni dalla Rivoluzione dei gelsomini, approva - con 159 voti favorevoli su 169 votanti - l'uguaglianza dei tunisini e delle tunisine di fronte alla legge “senza discriminazioni”. Alcune associazioni per i diritti umani criticano il testo perché troppo riduttivo, parlando soltanto di uguaglianza tra uomini e donne, mentre avrebbe dovuto riguardare anche la razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, le opinioni politiche e altro. Si dimentica che il paese ha un governo a guida islamista e che l'articolo di legge approvato è il frutto di un compromesso tra l'opposizione laica e il partito islamista, che ha tentato di far passare il concetto di “complementarietà” di genere piuttosto che di uguaglianza. Deve ancora essere approvato l'art. 45, che introduce le pari opportunità, ma un primo fondamentale passo è stato compiuto. n ge n nai o 201 4 - In cont ri n ITALIA, PRIMA IN EUROPA NEL GIOCO D’AZZARDO Si fatica a crederlo, ma l’Italia è il Paese dell’UE in cui il gioco d’azzardo si è maggiormente diffuso. Ormai le macchinette del videopoker sono ovunque, nei bar, nelle stazioni di ser vizio, nei supermercati, nelle tabaccherie. In alcune cittadine del nord la diffusione pro capite supera quella delle farmacie o di altri servizi sociali di prima necessità. Il dilagare di questi “aggeggi” ha determinato da un lato il numero di soggetti affetti da ludopatia, dall’altro il numero di episodi di violenza sociale e domestica legati al gioco. “Secondo i dati di Global betting and gaming consultants, l’Italia è diventata il primo mercato in Europa e il quarto al mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Macao”. Fortunatamente le istituzioni si stanno muovendo; insieme alla Lombardia altre cinque regioni hanno approvato leggi per contrastare il fenomeno e assistere i ludopatici Oggi però molti italiani, a Pavia e altrove, hanno deciso di affrontare il problema. A ottobre la Lombardia è diventata la sesta regione italiana, insieme a diversi comuni, ad approvare una legge per contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo e assistere i giocatori patologici. S I N D A C AT O n CRISI: SULL’ALTARE DELLA STABILITÀ DISOCCUPAZIONE E RECESSIONE Politici italiani ed europei nel mirino delle proteste, lontani anche da se stessi L’ultima settimana dell’anno l’Italia è stata attraversata da un’ondata di proteste che hanno determinato il blocco dei treni, la paralisi del traffico, la chiusura forzata di alcuni esercizi commerciali e, in alcuni casi, per fortuna sporadici, lo scontro fisico con le forze dell’ordine. Sul campo erano presenti forze diverse, culturalmente e politicamente disomogenee, in alcuni casi addirittura antagoniste, ma accomunate da un forte sentimento di ostilità nei confronti del governo e delle politiche di austerità che da più di due anni affliggono il Paese. Il sentire comune, non solo di chi protestava, ma in fondo di gran parte della pubblica opinione, era che la classe politica ha distrutto l’Italia, determinando l’impoverimento progressivo della classe media e cancellando il futuro delle nuove generazioni. Tuttavia, a far compagnia al Governo italiano, sul banco degli imputati c’era anche Bruxelles con le sue richieste lacrime e sangue e l’immancabile Euro, la moneta unica che da opportunità si è tramutata in problema e da speranza in incubo per gran parte di quei Paesi, il nostro compreso, che nel non lontano 2001 l’avevano considerata una conquista, un traghetto sicuro verso il benessere e la stabilità. E’ proprio questo il punto. Quale è stato fino ad oggi il prezzo pagato dalla collettività per una stabilità di cui non si conosce fino in fondo il significato e, soprattutto, quanti hanno potuto godere di quel benessere economico introdotto dalla moneta unica? “Ribellarsi è un dovere”, si leggeva su un cartello esibito in piazza dai dimostranti. Tra loro camionisti, piccoli imprenditori, studenti e disoccupati, tutti uniti contro la casta politica a cui si attribuisce la responsabilità della più lunga recessione economica dal dopoguerra. Naturalmente non sono mancati tentativi di strumentalizzazione della protesta da parte di alcuni gruppi di facinorosi, no global, indipendentisti e addirittura ultras di diverse tifoserie. La protesta e i suoi motivi erano nell’aria, fa impressione tuttavia che, nonostante anche un adolescente su dieci ne capisca le ragioni, proprio coloro che ne erano i primi destinatari, i politici, ne siano almeno a parole rimasti sorpresi, dimostrando, se ce n’era bisogno, la distanza incolmabile che li separa dal Paese reale. Le proteste rappresentano la cartina di tornasole di come alla crisi economica si aggiunga e si intrecci una ancor più grave e preoccupante crisi di rappresentanza. E’ sempre più elevato il numero delle Incon t ri - genn ai o 201 4 n persone che non si sente rappresentato né dai partiti né dalle imprese, ma nemmeno - lo diciamo con una forte preoccupazione - dai sindacati. Probabilmente è giunto il momento non come ha fatto qualcuno di accarezzare la protesta, per poi strumentalizzarla a fini elettorali, ma di dare segnali, magari piccoli, ma concreti. E’ necessario abbandonare dibattiti dai temi antichi e spesso semplicemente autoreferenziali e prendere atto con realismo che le cose intorno a noi non stanno mutando, ma sono già cambiate radicalmente. Aumenta il numero delle aziende che chiudono e la disoccupazione giovanile marcia a ritmi infernali, è già al 42%. Essere scollegati, far finta di non sentire, voltarsi dall’altra parte non paga più. L’inquietudine che pervade il sistema-paese va compresa e gestita. Il problema non si risolve partecipando a trasmissioni televisive sempre più artefatte e salottiere, ma probabilmente stando un po’ di più tra la gente che si vuole rappresentare. Cristina Attuati 7 n POLITICA «SHUT UP AND DEAL», PIANTALA E DAI LE CARTE Il new deal italiano si appresta al decollo, nuovo giro di carte in mano a Letta, Renzi e Alfano Spesso, nei periodi di crisi o smarrimento e in assenza di soluzioni valide per ritrovare la fiducia e la strada giusta che servono a ripartire, ci siamo sentiti dire che la realtà del futuro bisogna ritrovarla nelle esperienze del passato: la storia. La crisi ci sta distruggendo ma non ci ha sconfitti. In un bellissimo opuscolo del 1993, intitolato “Roosevelt”, si richiamano due grandi autori americani: Woody Guthrie, scomparso nel 1967, che scriveva nelle sue canzoni “la polvere non mi può uccidere” e Bruce Springsteen che canta “c’è un altro ballo, non devi far altro che dire di sì” . Insomma ci è andata male ma avremo ancora un’altra occasione, basta saperla sfruttare. Roosevelt riuscì a sconfiggere le conseguenze della crisi del ’29 con un nuovo corso prendendo in mano il 8 destino vincente dell’America, ridando una nuova mano di carte dopo quella perdente e disastrosa distribuita da Hoover il quale, di fronte alla crisi, sosteneva che “la prosperità è appena dietro l’angolo…si tratta solo di ritrovare la fiducia”. Hoover predicava che non era necessario far niente di eccezionale e che il popolo americano avrebbe riscoperto la fiducia nel sistema, senza preoccuparsi in che modo recuperarla e con quali uomini gestirla. Roosevelt sapeva benissimo quali erano le mosse giuste, come il centromediano in una squadra di football. Sapeva ascoltare la gente interpretandone espressioni, stati d’animo, bisogni, desideri e sofferenze e invitava a prendere la vita nelle proprie mani continuando a sottolineare che “Questa nazione chiede azione, n ge n nai o 201 4 - In cont ri e azione immediata” e che “l’insuccesso non è l’abitudine americana”. Predicava che bisognava impedire che l’evento della crisi si trasformasse in destino mentre la crisi doveva essere usata per riscoprirlo. E a questo riguardo ricordava con forza che “il nostro vero destino non è di essere governati, ma di governare noi stessi”, volendo intendere esattamente prendere la vita nelle proprie mani. Roosevelt, statista di principi pragmatici e ideologici, governante tattico e flessibile, moderno “Principe”, trasmetteva la ferma convinzione secondo cui “questa grande nazione sopporterà come sempre ha sopportato, rinascerà e prospererà ancora”, insistendo sul fatto che “la sola cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa” e che “le azioni future POLITICA n New Deal Fai ciò che puoi, con ciò che hai, dove sei Con il termine angloamericano New Deal, letteralmente Nuovo Metodo, si definisce il programma di politica economica varato dal Presidente degli Stati Uniti, F. D. Roosevelt, per fronteggiare la crisi che sconvolse l'economia americana a partire dal 1929. Sul piano pratico il New Deal si realizzò con misure immediate di risanamento e intervento (controllo delle banche, svalutazione della moneta, lavori pubblici) e con riforme a lungo termine, tra cui quella agricola, regolata dall'Agricultural Adjustment Act (1933) e gli interventi nel settore industriale, stabiliti dal National Industrial Recovery Act (1933); l'istituzione della Tennessee Valley Authority (TVA, 1933), ente federale che curò la realizzazione di un grandioso complesso di opere pubbliche, assurte a simbolo del New Deal, e la costituzione della Reconstruction Finance Corporation per il controllo degli investimenti. Questo complesso di leggi per il rilancio incontrò forti resistenze nel mondo degli affari e della finanza e venne depotenziato nel 1935 (a parte la TVA) da una serie di sentenze di incostituzionalità della Corte Suprema, dominata dai conservatori tradizionalmente sostenitori di un'economia liberista. Il Presidente Roosvelt, all’atto della sua rielezione, avvenuta trionfalmente, grazie all’appoggio delle classi lavoratrici, varò il “secondo New Deal”, una serie di misure sociali tra cui spiccano il Social Security Act, riguardante le assicurazioni sociali, e il National Labor Relations Act (o Wagner Act), per la regolamentazione delle relazioni sindacali, considerato tuttora la Magna Charta del sindacalismo americano. Roosevelt, con il New Deal, individuò un metodo diverso per riorganizzare l'economia e la società americane, rendendole adatte ad affrontare i tempi nuovi senza sovvertirne le strutture; il New Deal realizzò il superamento dell'individualismo caratteristico dell'Ottocento e l'avvento del progressismo, che caratterizzò negli USA gli anni Trenta. Oggi il termine New Deal viene utilizzato per riferirsi ad un diverso ordine economico in grado di assicurare benessere e una più equa distribuzione della ricchezza. dipendono dall’esito della prossima”. La crisi del ’29 era stata provocata da sovrapproduzione, quella attuale da speculazione finanziaria e da distorsioni politiche e sociali, carenza di piani industriali, agricoli, ambientali, culturali, turistici, d’innovazione tecnologica ed energetica, da mediocrità della classe dirigente del paese e dalla carenza di strategie lungimiranti delle istituzioni, partiti compresi. Dunque crisi più complessa e aggrovigliata da dipanare. Per Roosevelt e gli Stati Uniti d’America le cose andarono diversamente. Applicò la pratica dell’ora e subito facendo applicare alcuni provvedimenti che è bene ricordare: un piano di assistenza nazionale, costruzione di centrali idroelettriche, impianti industriali, opere d’irrigazione, regolazione dei fiumi, lotta contro l’erosione del suolo attraverso il rimboschimento, la pubblicità nell’emissione di nuove azioni, il finanziamento delle ipoteche sulle abitazioni, un sistema di autogoverno industriale e di programma- zione di lavori pubblici, la separazione delle operazioni commerciali dagli investimenti garantendo i depositi bancari (Glass-Steagall Banking Act), la riorganizzazione del credito agricolo e la nomina di un coordinatore federale dei trasporti. Correva l’anno 1933, e quei provvedimenti furono varati fra il 4 marzo e il 16 giugno dello stesso anno, i famosi primi 110 giorni di Delano Roosevelt. Penso che basti! Nel nostro ambito governativo e partitico abbiamo avuto sentore di proposte e controproposte, di espressioni sprezzanti verso altri politici, talvolta dello stesso schieramento, di annunci e di rinvii e di qualche improvvisazione di troppo, di un pullulare di sigle tributarie dove pochi ci capiscono qualcosa. Abbiamo affidato le prossime mosse a voi cari Letta, Alfano e Renzi, nuova generazione. Non è certo che altre mosse possano accompagnare il vostro e il nostro cammino. Sarebbe utile che ci richiamassimo Incon t ri - genn ai o 201 4 n tutti quanti a un “Patto nazionale di rinascita”, improntato alla giustizia sociale, segnalandovi un passo del compianto cardinale Carlo Maria Martini: “Vi è la simultanea presenza di due forze eterogenee e tendenzialmente opposte, la forza del potere, una forza fattuale che spinge a far prevalere l’interesse di parte e la forza della ragione e della giustizia, una forza ideale… per cui la soluzione razionale del problema consiste nel non sacrificare la giustizia al potere, ma subordinando il potere alla giustizia”. Martini richiamava Pascal: “la giustizia senza la forza è impotente; la forza senza la giustizia è tirannica… bisogna dunque mettere insieme la giustizia e la forza; per giungervi bisogna far sì che ciò che è giusto sia forte e ciò che è forte sia giusto” e invitava ad affidarsi ad una equilibrata distribuzione del potere e alla coscienza collettiva che costituisce il fondamento che regge l’edificio strutturale e ne assicura il funzionamento. Franz Foti 9 n FINANZA LA LEGGE DI STABILITÀ Riproponiamo un aggiornamento dell’articolo sul ddl “stabilità” approvato in via definitiva dal Senato senza modifiche rispetto al testo della Camera. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale la manovra è divenuta legge dello Stato. Dopo l’iter a Montecitorio, l’entità della spesa riguardante questo provvedimento è passata a 14,7 miliardi nel 2014, di cui 12,2 miliardi coperti con le misure del ddl e circa 2,5 miliardi che andranno a deficit. La manovra resta però sbilanciata sul lato delle entrate: le coperture arrivano infatti da maggiori tasse con il prelievo fiscale e contributivo che aumenta di 2,1 miliardi nel 2014, di circa 600 milioni nel 2015 e di 1,9 miliardi nel 2016. Ecco le principali novità, integrate dalle modifiche introdotte dal decreto milleproroghe. n TASSE SULLA CASA Arriva la Iuc, la nuova imposta unica comunale, che per la parte patrimoniale non riguarderà la prima casa, e che conterrà per tutti, abitazioni principali comprese, la tassa sui servizi indivisibili (Tasi) e quella sui rifiuti (Tari) che saranno pagate, in quote determinate dai comuni, anche dall’inquilino. Il tetto dell’aliquota “ La manovra resta sbilanciata sul lato delle entrate: le coperture arrivano infatti da maggiori tasse con il prelievo fiscale e contributivo 10 n ge n nai o 201 4 - ” In cont ri Tasi per la prima casa è (per il momento) del 2,5 per mille per il 2014. Circa 500 milioni saranno assegnati ai Comuni per l’introduzione di detrazioni. n MINI RATA IMU SLITTA 24 GENNAIO AL Il pagamento della mini-rata Imu (costituita dalla differenza fra aliquota base 4% e quella maggiore eventualmente deliberata dal Comune) e dell’addizionale Tares non versata a dicembre slittano dal 16 al 24 gennaio 2014. n CUNEO FISCALE n FONDO TAGLIA-CUNEO Nuovo limite introdotto allo scaglione dei 55mila euro; i maggiori effetti del taglio si producono comunque, tra i 15mila e i 28mila euro. Nasce il fondo taglia cuneo fiscale alimentato con risorse ricavate dalla spending review e dai proventi della lotta all’evasione fiscale. I tagli saranno divisi in egual misura tra lavoratori e imprese. n RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI Nel triennio 2014/2016 la rivalutazione dell’assegno sarà pari al 100% fino a tre volte il minimo, 95% fino a 4 volte il minimo, 75% fino a 5 volte il minimo, 50% fino a 6 volte il minimo e 40% oltre 6 volte il minimo. n SALVAGUARDIA 23 MILA ESODATI PER Vengono stanziate nuove risorse (ulteriori 950milioni di euro dal 2014 al 2020) per salvaguardare altri 23mila esodati rappresentati da 15.900 contributori volontari, 1.000 contributori volontari in mobilità ordinaria, 900 esodati e 5.200 licenziati. n STRETTA SUL PUBBLICO IMPIEGO La percentuale di assunzioni è pari al 40% degli esodi nel 2015, al 60% nel 2016, all’80% nel 2017 e al 100% nel 2018. Si estende inoltre il tetto di circa FINANZA n PUNTO PER PUNTO 302.000 euro per lo stipendio dei dirigenti pubblici. La Banca d’Italia, nel pieno della sua autonomia, dovrà decidere se adeguarsi o meno al nuovo regime. CONTRATTI SOLIDARIETÀ AL 70% DELLO STIPENDIO n Per il 2014 i contratti di solidarietà potranno contare sul 70% della retribuzione persa a causa della riduzione dell’orario di lavoro. Le risorse stanziate ammontano a un massimo di 50 milioni di euro. n WEB TAX SOFT n AFFITTI D’ORO Obbligo di partita Iva per gli spazi pubblicitari e il diritto d’autore sul web. Viene introdotta, dal decreto mille proroghe, la norma che consente alla Camera e al Senato di recedere dagli affitti da loro stipulati, anche in mancanza della clausola rescissoria, con preavviso di 180 giorni. n TRACCIABILITÀ AFFITTI Divieto di pagare in contanti il canone di locazione di qualsiasi importo (ad eccezioni per le case popolari ed enti assimilati) con affidamento dell’attività di monitoraggio ai comuni. n BONUS BEBÈ PER FAMIGLIE BASSO REDDITO Stanziamento di circa 22 milioni per i nuovi nati e i bimbi adottati per l’anno 2014. n QUOTE BANKITALIA 12% CON IMPOSTA AL Arriva un’imposta sostituiva al 12% (ex 16%) sulla rivalutazione delle quote di Via Nazionale detenute dai partecipanti. n ANATOCISMO BANCARIO Stop all’anatocismo degli interessi bancari. Gli interessi periodicamente capitalizzati non potranno produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, andranno calcolati esclusivamente sul capitale. n CONTRIBUTO SOLIDARIETÀ SU PENSIONI D’ORO E VITALIZI Prorogato per il triennio 2014-2016 il contributo di solidarietà del 3% per la parte di reddito che supera i 300.000 euro. Scatta da gennaio e per un periodo di tre anni un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni superiori a poco più di 90.000 euro lordi annui. Il prelievo è del 6% sulla parte tra 14 e 20 volte il minimo Inps, al 12% tra 20 e 30 volte e al 18% per la parte oltre 30 volte il minimo. Il contributo vale anche per i vitalizi e le rendite degli organi costituzionali, di regioni e province autonome. n RISORSE SOCIAL CARD PER IL PROGRAMMA INCLUSIONE ATTIVA Le risorse devono essere intese “come sperimentazione di un apposito programma di sostegno per l’inclusione attiva, volto al superamento della condizione di povertà, all’inserimento e al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale”. n BANCHE: DEDUCIBILI IN 5 ANNI LE PERDITE SUI CREDITI Le svalutazioni e le perdite sui crediti diventano “deducibili in quote costanti nell’esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi”. n SANATORIA SULLE CARTELLE 28 FEBBRAIO FISCO ENTRO IL Si paga una rata unica senza interessi di mora e senza interessi per mancata iscrizione a ruolo. n COSTI STANDARD n ELECTION DAY FINO ALLE 23 Verranno applicati dal 2015 anticipando di un anno quanto previsto. Dal 2014 ci sarà l’election day e le operazioni di voto si svolgeranno in una sola giornata, dalle 7 alle 23. Incon t ri - genn ai o 201 4 n n STOP DELL’IMPOSTA DI BOLLO FISSA SU CONTO TITOLI E AUMENTO PER IMPRESE Resta l’esenzione per le giacenze inferiori ai 5.000 euro, viene eliminata dal 2014 l’imposta di bollo fissa su conto titoli pari a 34,20 euro (per le giacenze tra i 5.000 euro e i 17.145 euro) e contestualmente viene aumentata per le imprese la misura massima dell’imposta da 4.500 a 14.000 euro. n DETRAZIONI SU RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE La manovra proroga fino al 31 dicembre 2014 la detrazione al 65% sugli interventi di riqualificazione energetica degli edifici e la detrazione al 50% per le ristrutturazioni semplici. ARCHIVIO UNICO PRA-MOTORIZZAZIONE n Unificazione in un unico archivio telematico nazionale dei dati concernenti la proprietà e le caratteristiche tecniche dei veicoli attualmente conservati nel pubblico registro automobilistico e nell’archivio nazionale dei veicoli. n PATTO DI STABILITÀ Allentamento del patto di stabilità interno, comuni e province potranno finanziare investimenti pari a 1 miliardo e rimborsare altri 500 milioni di debiti commerciali in conto capitale. DISMISSIONI: 1,5 MLD IN TRE ANNI n DALLA VENDITA IMMOBILI Entro fine febbraio il governo definirà un programma straordinario di cessioni di immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal ministero della Difesa e non utilizzati per finalità istituzionali, tale da consentire introiti per il periodo 20142016 non inferiori a 500 milioni annui. 11 D.S. n L AV O RO INTERVISTA STIPENDI D’ORO? C’ERA UNA VOLTA LA BANCA, MA OGGI... Il posto in banca, almeno fino agli anni '90, veniva giudicato una sistemazione a vita, sicura, ben remunerata e con possibilità di fare carriera nel contesto di uno status sociale al di sopra della norma. Stipendi superiori a quelli delle altre categorie lavorative, qualche mensilità in più oltre alla tredicesima, le missioni, i trasferimenti pagati con contributi per gli affitti, la scaletta per la carriera con automatismi legati al ruolo e al tipo di filiale: il tutto, oltre al prestigio, aveva un peso non indifferente nella busta paga, quella che mensilmente veniva accreditata su un conto corrente privo di spese e magari pure ben remunerato in termini di interessi e condizioni speciali. Una volta era più o meno così, ma oggi come se la passa un bancario che, a cavallo del ventennio trascorso, si ri- “ I benefici economici n ge n nai o 201 4 - “ 12 per un bancario, oggi non arrivano più da un iter di carriera che si sviluppa, ma una tantum dai risultati economici che riesce a conseguire In cont ri trova a vivere un passaggio professionale fra due generazioni agli antipodi? Abbiamo sentito in proposito un collega romano, Gregorio, 45 anni di età, Quadro di 2° livello, il quale una ventina d'anni fa era stato assunto in una grande banca, quando la situazione del settore era ancora quella felice. "Altri tempi", sospira Gregorio. "Quando fui assunto in banca come impiegato di 1a categoria, mi ero appena laureato, festeggiammo in famiglia perché, come ribadirono più volte genitori e nonni, "mi ero sistemato". Anch'io ero convinto di quest'affermazione e decisi, da subito, che avrei voluto e dovuto fare carriera". Per soddisfazione personale ed anche economica? “Lo stipendio, intorno al milione di lire, per un neo assunto, all'epoca, non era niente male. Quello fu l'ultimo decennio felice per le banche, bastava essere un po’ ambiziosi, essere disponibili ai trasferimenti e si faceva una discreta carriera anche senza essere raccomandati. Per me fu così. Feci, infatti, alcuni trasferimenti, qualcuno anche senza passaggi di grado, ma ottenendo assegni alla persona che, alla lunga, mai immaginando le ristrettezze future, hanno costituito una buona voce di stipendio”. Ma il settore, all'epoca, come se la passava? “Apparentemente bene. Allora imperava Enrico Cuccia e tutto dipendeva da lui; nessuno, neppure per scherzo, poteva ipotizzare qualche banca in crisi; solo qualche anno dopo venne fuori Cesare Geronzi con la politica delle acquisizioni, diceva allora, per espandersi. Successivamente i gradi e i benefit furono ridotti e, di conseguenza, diminuirono le possibilità di ot- L AV O RO n INTERVISTA tenere in busta paga "ritorni" adeguati di carriera o nei trasferimenti”. Oggi, invece, tutto diverso? “Tutto diverso col punto esclamativo! Sembra di operare non più in ambito bancario ma in un altro settore. Economicamente, con circa 2.000 euro netti, farei fatica a tirare avanti se non ci fosse un lavoro part time di mia moglie (altri 500 euro) perché, con due figli ancora studenti e con un residuo mutuo da pagare, vivere in una grande città come Roma, sia pure in un quartiere periferico, è davvero oneroso”. Quali sono le voci che pesano maggiormente sul vostro bilancio familiare? “Purtroppo le solite! Innanzitutto le rate del mutuo e, poi, le benedette bollette delle utenze, le tasse comunali. Di auto, ora, ne abbiamo una soltanto e cerchiamo, grazie ai mezzi pubblici, di sfruttarla utilmente. Per i divertimenti, non andiamo oltre qualche cena in pizzeria, sottolineo pizzeria, non ristorante, con amici che vivono la nostra stessa situazione. D'estate facciamo le vacanze nella casa natia di mia moglie in un paesino del Molise dove, se non altro, ci ritempriamo, mentre i figli vanno a Fregene e si muovono in motorino. Facciamo il possibile per non privare loro di nulla e siamo pure fortunati ad averne due che si sono immedesimati nella situazione. Il maschio voleva andare a studiare Ingegneria Meccanica a Modena perché la sua aspirazione era ed è quella di essere assunto alla Ferrari, ma dopo aver fatto un po’ di conti, si è convinto da sé che fosse più conveniente per la famiglia iscriversi alla Sapienza, rimanendo a casa propria. Per le stesse ragioni analoga scelta farà la sorella alla fine del Liceo”. Quindi è ora di smetterla di parlare di bancari privilegiati? “Oggi la figura professionale del bancario è svilita perché se pensiamo che le agenzie sono composte da 2/3/5 persone (una volta erano di 10/20/30), quale prestigio, a livello di immagine, può godere, ad esempio, un Direttore presso la clientela? Nessuno, e questo declino si riflette nella stessa maniera nella busta paga. Ormai tutto si svolge online e l'elemento umano ne ha risentito sotto ogni aspetto. I benefici economici per un bancario, oggi non arrivano più da un iter di carriera che si sviluppa, ma una tantum dai risultati economici che riesce a conseguire (aumento della clientela, dei ricavi, con contestuale diminuzione dei costi ecc.). E possiamo anche considerarci fortunati!”. Fortunati? E perché mai? “Perché continuiamo a godere del posto di lavoro nonostante quotidianamente si senta parlare di riduzione di personale. Ora c'é pure la lista delle banche commissariate da aggiornare continuamente! Questo settore non ha nulla a che vedere con quello in cui ero entrato giovanissimo”. Incon t ri - genn ai o 201 4 n Ma forse è la stessa Italia di oggi che non ha nulla a che vedere con quella di allora? “Eh sì, forse è così, perché se metà dello stipendio lordo, così come esce dall'azienda, se lo prende lo Stato in tasse, allora è chiaro che non potremo mai farcela e tutti continueremo ad aspettare con ansia la fine del mese per lo stipendio. Anche noi bancari, purtroppo!” In questa situazione, di risparmio neppure se ne parla, immagino… “Il risparmio è una chimera; e per fortuna che, oltre al mutuo ancora per quattro anni, non abbiamo debiti; finora siamo riusciti ad evitare l'utilizzo del modesto fido per scoperto che la banca mi mette a disposizione e i figli utilizzano una carta di credito ricaricabile. Solo mantenendo la situazione familiare rigidamente sotto controllo e, diciamolo pure, con la responsabilità di tutti, si riesce ad arrivare indenni a fine mese”. E il futuro come lo vede? “Io spero di arrivare alla pensione senza fare l'esodato; è l'avvenire dei figli che mi preoccupa: alla ragazza dico sempre, scherzando, che in mancanza di lavoro dovrà trovarsi almeno un buon marito che le consenta di fare la brava casalinga, come si usava una volta, mentre al maschio auguro che la Ferrari continui sempre a mantenere rampante il cavallino per poter coltivare speranze d'assunzione...” Dante Columbro 13 n LEGALE OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA a cura di Claudio Minolfi n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n° 21922 del 25 settembre 2013 ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO A SEGUITO DI RICHIESTA IN FORMA SCRITTA DELL’ORDINE DI ASSEGNAZIONE A NUOVE MANSIONI. TALE PRETESA NON COMPROMETTE IL POTERE ORGANIZZATIVO E DIRETTIVO DEL DATORE DI LAVORO La Corte d’Appello di Milano dichiarò, nel 2008, l’illegittimità del licenziamento comminato ad una lavoratrice dipendente per aver subordinato l’esecuzione di una prestazione all’attribuzione con “lettera scritta” del nuovo incarico, stante la particolare complessità rispetto alle mansioni sino ad allora svolte. Condannata la società datrice di lavoro alla reintegrazione della dipendente ed al pagamento in suo favore di un’indennità risarcitoria, a nulla è valso poi, anche presso la Corte di Cassazione, eccepire che la lavoratrice sarebbe stata in grado di assolvere al compito richiestole, avendone la capacità professionale, potendosi ravvisare nella sua pretesa un rifiuto all’esecuzione di una prestazione lavorativa. Se pur vero, come già da precedenti assunti, il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire una prestazione per il solo fatto che non corrisponda alle mansioni della qualifica d’appartenenza, nel caso in specie i Giudici della Suprema Corte, hanno ritenuto che pretendere l’ordine in forma scritta non concretizzi un vero e proprio rifiuto da parte del lavoratore. Il comportamento in discorso, precisa poi la Sentenza, non può essere considerato incompatibile con il potere direttivo ed organizzativo dell’imprenditore, apparendo la richiesta di forma scritta della dipendente rispondente a criteri di logicità e congruità, trovandosi essa esposta a possibili errori nell’esecuzione di compiti non abituali. “ pretendere l’ordine in forma scritta non concretizza un vero e proprio rifiuto da parte del lavoratore “ n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro Sentenza n° 24260 del 28 ottobre 2013 ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA, SE DOVUTO A RIFIUTO DI TRASFERIMENTO NON CONCRETAMENTE E DETTAGLIATAMENTE MOTIVATO DAL DATORE DI LAVORO 14 n ge n nai o 201 4 - “ In cont ri per la validità del trasferimento devono essere indicate nella sua comunicazione le ragioni tecniche, organizzative e produttive “ Dichiaratane l’illegittimità in primo grado dal Tribunale di Roma, decisione poi riformata dalla Corte d’Appello, sono stati definitivamente vanificati dalla Corte di Cassazione gli effetti del licenziamento di una lavoratrice dipendente che, a seguito del suo trasferimento, non si era presentata alla nuova postazione stante il mancato riscontro, da parte del datore di lavoro, alla sua richiesta di conoscere le concrete motivazioni del provvedimento. Sebbene il trasferimento della lavoratrice fosse dipeso da una sua evidente problematicità caratteriale, la Suprema Corte rilevando non trattarsi di provvedimento disciplinare e quindi preclusa la disciplina prevista dallo Statuto dei Lavoratori (art. 7), ha ritenuto analogicamente applicabile la norma dettata dall’art. 2 della Legge n° 604 del 1966 in tema di licenziamenti. Ai fini della validità del trasferimento, precisa la Corte, è sufficiente che vengano indicate, contestualmente alla sua comunicazione, le ragioni tecniche, organizzative e produttive, ma qualora queste vengano contestate é necessario che risultino effettive e che il datore di lavoro fornisca prove in tal senso, sorgendo, in presenza di esplicita richiesta del lavoratore, un vero e proprio onere a suo carico. In mancanza, quindi, di risposta nel termine dei sette giorni previsti dalla Legge n° 604, anche in caso di trasferimento il relativo provvedimento sarà considerato illegittimo, rendendo inefficace ogni altra iniziativa ad esso conseguente. . INTERNAZIONALE n SVIZZERA, VINCE IL FRONTE DEL «NO» AL RIEQUILIBRIO DELLE RETRIBUZIONI AZIENDALI Il referendum boccia la proposta del rapporto di uno a docici fra le retribuzioni in un’azienda La Confederazione Elvetica continua a sorprenderci. Il referendum recentemente proposto dai Giovani Socialisti, che chiedeva ai cittadini svizzeri di esprimersi sulla necessità di introdurre un rapporto massimo di 1 a 12 sul differenziale tra le retribuzioni erogate nella stessa azienda, ha subito una sonora sconfitta, mettendo di fatto la parola fine al confronto apertosi in Svizzera sulla necessità di “calmierare” le retribuzioni dei Super Manager. L’elettorato ha rigettato le ragioni dei socialisti che chiedevano un cambiamento sostanziale della natura delle relazioni industriali del Paese, coinvolgendo per la prima volta lo Stato. Alla fine ha prevalso il timore che un’eccessiva statalizzazione e quindi regolamentazione dei rapporti di lavoro arrecasse danni all’iperliberista economia elvetica. Hanno votato no più del 65% dei cittadini con percentuali mediamente omogenee in tutti i Cantoni della Confederazione. Chi guardava agli svizzeri come apripista rispetto alla creazione di un rapporto economicamente ed eticamente sostenibile tra retribuzioni del top Management e gli altri lavoratori è rimasto deluso. Tuttavia, già per l’anno prossimo è prevista una nuova consultazione referendaria sull’ipotesi di istituire un salario minimo per i redditi più bassi. Ancora una volta il tema della “giustizia sociale” dovrà aspettare il suo turno per ritornare al centro dell’agenda elvetica. La speranza è che i cittadini dimostratisi tiepidi in tema di ridimensionamento delle retribuzioni dorate si rivelino più sensibili sul cosiddetto reddito di cittadinanza. Certo è interessante capire come mai un quesito, quello sulla limitazione dei salari del top management, apparentemente così sentito e dibattuto, abbia poi prodotto un risultato tanto distante dalle aspettative di chi l’aveva promosso. Probabilmente le ragioni dell’insuccesso andrebbero individuate nell’attaccamento degli svizzeri al partenariato sociale che tanto bene ha funzionato nell’individuazione di un equilibrio sostenibile tra le diverse parti sociali, stato centrale incluso. Altro fattore determinante per il risultato è stata l’innata diffidenza rispetto a qualsiasi forma di intrusione dello stato nell’economia. Il fronte del “no” ha vinto la battaglia anche paventando il rischio di un ricorso alla delocalizzazione da parte delle imprese, fenomeno tristemente noto nel nostro Paese, che avrebbe reso il modello svizzero un po’ più simile a quello francese e quindi potenzialmente più debole di fronte alla crisi in atto. Naturalmente, a detta dei loro portavoce, è stato il fronte che fa capo ai partiti conservatori a considerare l’esito delle votazioni come una grande vittoria. Infatti, ancora una volta, gli Svizzeri hanno fatto prevalere il loro pragmatismo su qualsiasi ragionamento proveniente dalla pancia che li avrebbe indotti verso un modello salariale maggiormente equilibrato. Incon t ri - genn ai o 201 4 n I Socialisti, dal canto loro, al di là della sconfitta che reputano solo temporanea, considerano particolarmente positivo che, per la prima volta, nel Paese si sia aperto un dibattito serio in tema di giustizia sociale. Pur consapevoli che il sentimento prevalente, almeno per ora, è un altro, i promotori del referendum non intendono mollare e sottolineano come alla lunga un aumento eccessivo delle retribuzioni dei manager possa mettere a rischio la coesione sociale, elemento imprescindibile anche per una nazione come la Svizzera che ha fatto del benessere e del liberismo le sue bandiere. Sembra infatti che anche là dove la crisi non si è fatta sentire in modo così drammatico come nel nostro Paese, si stia capendo, seppure con estrema lentezza, che alla lunga le disuguaglianze sociali ed economiche non producono ricchezza, anzi acuiscono fenomeni sociali che con un po’ più di intelligenza e un po’ meno egoismo potrebbero essere gestiti senza danni. C. A. 15 n INTERNAZIONALE STOP ALLE SPECULAZIONI BANCARIE USA, DA LUGLIO SCATTA LA «REGOLA VOLCKER» Passi in avanti anche in Europa, scettica la Germania, l’Italia fanalino di coda Sono solo 37 le parole inserite nel disegno di legge di 848 pagine, che prevede la revisione della regolamentazione delle istituzioni finanziarie americane. Si tratta della “Volcker rule”, regola Volcker, così chiamata perché proposta da Paul Volcker, l’ex presidente della Federal Reserve. La norma impedisce alle banche di effettuare attività d’investimento rischiose usando capitali propri ed è stata pensata per evitare le speculazioni all’origine della crisi scoppiata nel 2008. I legislatori hanno voluto introdurre degli strumenti che impedissero alle banche il gioco d'azzardo con depositi assicurati dal governo federale, promuovendo cioè operazioni effettuate esclusivamente per il loro tornaconto, piuttosto che servire i clienti. L’impatto immediato di tutto ciò sarà modesto, poiché le maggiori banche americane, proprio in previsione dell’introduzione della norma, avevano già provveduto ad eliminare le forme più evidenti di proprietary trading. La legge, approvata con un anno e mezzo di ritardo rispetto a quanto era stato previ- 16 sto, entrerà in vigore già da quest’anno, rappresentando un nuovo seppur modesto passo del governo federale statunitense verso la finanza immorale. A giugno i colossi bancari americani saranno tenuti a comunicare alcuni dati all’autorità federale, anche se la norma diverrà pienamente cogente solo nel luglio del prossimo anno. Le banche Usa, così come gran parte di quelle Europee, godono di un sistema di protezione pubblica. Vale a dire che per rendere meno turbolento e soggetto a sbalzi il sistema del credito che risulta vitale per l’economia e la vita di milioni di persone, gli stati, come peraltro già successo, possono intervenire per salvare istituzioni finanziarie in difficoltà. Molto spesso però le banche si sono approfittate di tale regime protezionistico speculando sui mercati finanziari. Quando la scommessa veniva vinta le aziende tenevano per sé i guadagni stratosferici ottenuti, scaricando invece sulle spalle dello Stato e quindi dei cittadini le eventuali perdite. In parole povere era sempre il banco, o meglio la banca a vincere. n ge n nai o 201 4 - In cont ri Tuttavia, pur non essendo ancora divenuta esecutiva negli Stati Uniti, la Volcker Rule all’europea, produce fughe in avanti, crea contrasti, genera polemiche. Il Credit Suisse ha già riunificato la gestione patrimoniale con il private banking per dare maggiori attenzioni e garanzie alla clientela retail, anticipando, di fatto, le «nuove norme sulla vigilanza». Nella stessa direzione si sta muovendo anche il governo francese che intende riformare il settore bancario dividendo, all’interno delle banche nazionali, l’attività di chi farà trading, da quella di chi si occuperà del retail. Un’azione mirata a proteggere i depositi dei cittadini francesi dagli eccessi della finanza speculativa e creativa. Accanto ai transalpini troviamo la piccola Finlandia che, già nel 2013, ha proposto una riforma del sistema bancario europeo, cercando così di mettere ai margini le attività bancarie rischiose, separate nettamente dal business più tradizionale come conti correnti, prestiti alle famiglie, alle imprese, e fidi. Più cauta appare la Germania, dove la Bundesbank manifesta scetticismo affermando che il semplice break up delle banche universali risolverebbe solo parte dei problemi dell’attuale sistema finanziario. Forse tale posizione è avvalorata dal fatto che in caso di netta separazione tra attività commerciali e d’investimento sarebbe proprio una banca tedesca, la Deutsche, a pagare il prezzo più alto. Nonostante ciò il Governo francese sta tirando diritto, creando non pochi malumori all’interno del suo sistema bancario che vive tale separazione come una sorta di penalizzazione competitiva rispetto alle altre banche dei Paesi UE. Curiosa è ancora la totale mancanza di dibattito sul tema nel mondo bancario italiano, forse spia di come nei fatti l’Europa, anche quella economica, sia già a due velocità. Cristina Attuati LEGALE n IL FILO D’ARIANNA Suggerimenti per districarsi nel labirinto della vita quotidiana Riforma del Condominio: “anagrafe condominiale”. Come rispondere ai questionari che vengono inviati dagli Amministratori di Condominio ai proprietari degli appartamenti di loro competenza. La recente riforma del Condominio, nel tracciare gli obblighi degli Amministratori, modificando l’articolo 1130 del Codice Civile ha introdotto la cura di un Registro dell’Anagrafe Condominiale contenente le generalità, inclusi codice fiscale e residenza o domicilio, dei titolari dei vari diritti vantati sugli appartamenti compresi nel Condominio (proprietari, usufruttuari, inquilini, comodatari), nonché i dati catastali e le informazioni sulle condizioni di sicurezza di ciascuna unità immobiliare. Nessuna norma viene, però, posta circa i termini entro cui devono essere acquisite tali notizie. Ogni possibile variazione deve essere, a cura del proprietario, notificata all’Amministratore entro 60 giorni e, qualora i dati fossero richiesti da quest’ultimo, la risposta deve pervenire entro 30 giorni. Non vige alcun obbligo a carico del Condomino, ma è solo previsto che oltre detto termine di 30 giorni, le notizie saranno acquisite direttamente dall’Amministratore con addebito delle spese all’inadempiente. Sono pertanto da ritenersi privi d’ogni fondamento i toni perentori con cui vengono accompagnati i questionari all’uopo creati dagli Amministratori, tra l’altro con le più svariate caratteristiche. Particolare riguardo assumono le notizie da fornire in ordine alla sicurezza degli impianti presenti negli appartamenti che, a norma di legge, devono essere rispondenti alle disposizioni vigenti al momento della loro installazione e non della dichiarazione circa la loro conformità. Salvo che non risulti da idonea documentazione cui fare riferimento, per evitare pericolose false attestazioni, sarà quindi preferibile dichiarare la conformità degli impianti alle normative di sicurezza vigenti all’epoca del loro allacciamento o della loro modifica (se intervenuta ed a conoscenza). Il genitore che decide il tipo d’istruzione e di scuola da far frequentare al figlio minore, non può pretendere ristoro delle spese sostenute dal- l’ex-coniuge se questo non è stato coinvolto nella decisione. La Corte di Cassazione (I^ Sez. Civile, Sent. N° 10174 del 20 Giugno 2012) ha rafforzato la portata dell’articolo 155 del Codice Civile laddove sancisce, quale fine esclusivo della disciplina dettata, il principio dell’interesse morale e materiale dei figli, e ciò indipendentemente dai rapporti che intercorrono, o sono intercorsi, fra i coniugi separati, che rimangono, comunque, pur sempre genitori. Sia, pertanto, in costanza d’affidamento esclusivo dei figli minori ad uno dei genitori, che d’affidamento congiunto ad entrambi, s’instaura tra di loro, per il superiore interesse dei minori stessi, un regime di necessaria condivisione delle scelte per il loro accudimento e per la loro educazione. Se tale condivisione trova riscontro, nell’affidamento esclusivo ad un genitore, in quel diritto-dovere di vigilanza riconosciuto all’altro, nell’affidamento congiunto non implica che ciascuno dei genitori provveda in modo diretto ed autonomo ai bisogni dei figli, riducendosi poi l’apporto dell’altro ad una semplice erogazione di danaro, ma comporta l’assunzione da parte di entrambi i genitori di uguali poteri e responsabilità nella formazione ed istruzione dei figli, richiedendo a ciascuno di essi l’impegno a realizzare un comune progetto educativo, frutto di costante e preventiva reciproca consultazione. Claudio Minolfi I ncon t ri - genn ai o 201 4 n 17 n L AV O RO ESODATI E «MILLEPROROGHE» IL LABIRINTO DELLA VERGOGNA Una boccata d’ossigeno per alcuni, incertezza e disperazione per molti altri Settimane di discussioni (anche) notturne in Commissione per giungere alla soluzione finale: si ritirano tutti gli emendamenti (compresi quelli condivisi da tutti) per rimescolare l'insieme in un maxiemendamento "prendere o lasciare". Come ai tempi del Governo Monti e dei suoi abusati richiami al ricatto europeo ed allo spauracchio greco. Strani davvero questi nostri tempi in cui si tirano fendenti verso i soggetti più sofferenti, che manifestano il crescente stato di bisogno di molte famiglie e, allo stesso tempo, si assiste al proliferare di trasmissioni televisive di grande successo che trattano di prelibatezze culinarie, tanto per rimarcare che c'è chi è disperato e chi si potrà nutrire di "foie gras" e prelibato caviale. Intanto chi avrebbe potuto immaginare che ci saremmo trovati, nostro malgrado, di fronte all'ex ministro Fornero 18 che, mentre riconosce candidamente le proprie responsabilità in tema di danni agli esodati, ritira il premio Tarantelli per le benemerenze acquisite come capo del dicastero del Welfare. Succede anche questo! Un ministro consapevole del suo preoccupante errore si permette di dichiarare che altri, lo afferma spudoratamente, rimedieranno ai problemi che ha creato. Niente di più falso ed illusorio: il governo in carica, infatti, dimentico persino del proprio programma, prima disconosce la gravità del problema degli esodati e poi, dietro la protesta forsennata di questi "soggetti invisibili", rimedia recuperando alla pensione qualche decina di migliaia di costoro. Rimangono ancora sul campo moltissimi ancora che alla pensione devono forzatamente rinunciare. Il governo non ce la fa a fronteggiare n ge n nai o 201 4 - In cont ri economicamente a sanare quest'ingiustizia che meriterebbe un processo penale nei confronti di chi ha commesso non un errore, ma un massacro sociale. Forse andrebbe sottratta la pensione o lo stipendio ai responsabili diretti e indiretti che hanno consentito e progettato questa nefasta operazione, dentro e fuori dal parlamento, perché capiscano bene che cosa significhi, moralmente e materialmente, lo stato di sofferenza in cui versano decine e decine di migliaia di persone ingannate e le loro famiglie. Siamo di fronte a un imperdonabile provvedimento verso gli esodati che ha messo in ridicolo in tutto il mondo il nostro paese, mentre fra "gli invisibili" si fa strada, in maniera sempre più bruciante, il senso d'inadeguatezza e di vergogna nel subire questa inqualificabile destino. E ora, come carico aggiuntivo di squallore, gli esodati vengono messi in ginocchio anche dall'onere paradossale previsto per il pagamento degli ulteriori contributi prima non dovuti (oltre i 40 anni) senza i quali non taglieranno mai il traguardo verso l'agognata pensione. Chiedersi con quale lavoro e con quali soldi provvedere a questo adempimento sarebbe stato un compito assai gravoso per le menti di chi si è reso responsabile del misfatto e mentre gode di privilegi che ad altri non sono permessi. Potremmo sostenere di trovarci di fronte a un "pizzo" di Stato che tutti fingono di ignorare, in cui si afferma di agire per tutelare gli interessi delle nuove generazioni per poi trovarci anche con il tasso di disoccupazione giovanile che viaggia rapidamente verso il 43%. Insomma, il danno e la beffa! Giulio Pomar L AV O RO n CREATIVITÀ POLITICA IN REGIONE LIGURIA S’INVENTA L’INDENNITÀ DI SOPPORTAZIONE L’Italia nel paradosso, priorità assoluta al mal di denti e si ignora lo stress da lavoro Leggendo l'indagine della Mercer Marsh Benefits (MMB), effettuata alla fine del 2013 in 16 paesi diversi dell'Emea (Europa, Medioriente, Africa) sul legame tra la buona salute dei dipendenti e il fatturato, ci si rende conto di come la crisi economica nel nostro paese abbia appannato le vere ragioni della decadenza imprenditoriale italiana. Nel caso nostro persiste una ottusa “visione corta”, a causa della quale non si investe efficacemente nella “spesa sul benessere”, nonostante si sia dimostrato che politiche di prevenzione e assistenza sanitaria abbassano i costi sulla salute del'1,4% e aumentano la produttività del 27%. La cultura manageriale italiana mediamente si basa sul “Command and Control”, cioè sul rispetto delle gerarchie e sull'ubbidienza agli ordini dei capi, ignorando le capacità e le performance dei dipendenti. Soltanto 4 aziende italiane su 10 (nei paesi esaminati 8 su 10) vedono un legame tra politiche di healthcare e produttività/performance. Neppure le assenze per malattia destano da noi il dovuto interesse: solo il 29% dei Consigli di Amministrazione chiede un report al proposito, contro una media Emea del 55%. Secondo Linda van Andel, della MMB, la scarsa fiducia delle aziende italiane nella “spesa in benessere” risiede semplicemente nella mancanza d'esperienza, “Investendo molto meno delle altre in programmi di prevenzione e wellness, le aziende italiane non hanno la possibilità di misurarne l'efficacia”. Troppo buona e troppo comprensiva la signora van Andel, la realtà è ben più cruda, perché i manager italiani non sono interessati a progetti a medio lungo termine, vogliono i risultati subito e non ha alcuna importanza se in tempi più lunghi si può ottenere una maggiore produttività. Eppure la stessa Commissione Europea, che già nel 2009 ha adottato una strategia sulle disuguaglianze sanitarie all'interno dell'Unione, ha sottolineato come la salute sia un fattore importantissimo di crescita economica, perché migliorando la salute della popolazione si migliora la sua capacità di lavorare. Un primato comunque sulla “spesa per la salute” ce l'abbiamo: siamo il Paese dove le aziende offrono più benefit per le cure odontoiatriche e molto meno per il supporto psicologico. Non è dato conoscere le motivazioni di tale scelta né sono state fatte indagini sull'influenza che una cura dentistica possa avere sul fatturato aziendale, probabilmente un bel sorriso e denti più sani favoriscono socializzazione e sinergie nell'organizzazione. Il mal di denti è una brutta bestia, e tutti sappiamo quanto disagio e quanto penalizzante possa essere per qualsiasi attività, però è un fattore temporaneo, mentre lo stress legato al lavoro si manifesta con intensità per periodi prolungati. Non solo, il disagio psicologico aumenta l'assenteismo e riduce la pro- Incon t ri - genn ai o 201 4 n duttività e la competitività delle aziende. Investire sulla salute dei dipendenti è una strategia vincente, all'estero lo hanno capito bene considerando le attività finalizzate alla sicurezza e alla salute sul lavoro alla stregua di investimenti realizzati nel campo delle risorse umane. I nostri imprenditori devono pensare al futuro senza pregiudizi e riconoscere le opportunità che si aprono, occupandosi anche di salute e di stress da lavoro correlato, oltre che di cure dentali. Non bisogna però arrivare all'eccesso o al paradosso, come accaduto recentemente nella Regione Liguria, che ha inventato l'“indennità di sopportazione”, pari a 13,00 euro al giorno per tutti i dirigenti che quotidianamente hanno il fastidio, o il dispiacere, di comunicare ai propri dipendenti novità sgradite oppure respingere le loro istanze. 19 Agnese Ninci n S I N D A C AT O FEDERCASSE COME ABI DISDETTATI I CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO Come spesso accade l’appetito vien mangiando. Dopo l’Associazione Bancaria Italiana anche Federcasse, con lettera datata 26 novembre 2013, disdetta unilateralmente il CCNL 21.12.2012 relativo ai Quadri Direttivi e Aree Professionali e il CCNL 22.5.2008 dei Dirigenti, precisando che gli effetti del recesso si produrranno a far data dal 1 luglio 2014. Tale e quale. Non può certamente sfuggire la consequenzialità della decisione presa. In un settore globalizzato come quello bancario, come poteva Federcasse non assumere questa lungimirante e moderna iniziativa? Ma forse non ci hanno sempre spiegato che le Banche di Credito Cooperativo hanno insito nel loro DNA un particolare spirito di mutualità, in cui le esigenze e i bisogni dei soci vengono prima di tutto? E i dipendenti, anche loro spesso soci, non fanno forse parte della stessa “famiglia”? Abbiamo due strade. Pensare che quello che ci hanno sempre spiegato era solo una bella favola, artatamente costruita ad hoc per attirare simpatia e consenso, oppure dedurre che anche Federcasse ha uninformato il proprio modo di agire a quello di ABI ovvero consulenze milionarie, manager con bonus al posto dei dirigenti e ovvia- ... dalle Federazioni Regionali Regione Abruzzo e Molise: siglato l’accordo che proroga fino alla scadenza naturale del 31/12/14 il CIR, definendo altresì criteri e modalità di calcolo per l’erogazione del Premio di Risultato relativo agli esercizi 2012, da liquidarsi entro il mese di dicembre, e 2013. Regione Calabria: raggiunta l’intesa circa l’erogazione del Premio di Risultato con le competenze del mese di dicembre nonché rinnovo, in tutto il suo attuale impianto, del CIR con validità 31/12/14. Regione Campania: stipulato un accordo che prevede la liquidazione del Premio di Rendimento entro il 10 gennaio, oltre al rinnovo del CIR con validità fino al 31.12.2014. Emilia Romagna: sottoscritto un accordo relativamente a Mutui Prima Casa – disdettato dalla Federazione a fine ottobre –, Conto Welfare e erogazione Premio di Risultato da effettuarsi entro fine 2013. Regione Lombardia: firmato l’accordo che prevede il pagamento del Premio di Risultato nel mese di dicembre contestualmente alla prosecuzione della validità del CIR vigente, fino al 31/12/14. Regione Marche: il protocollo siglato il 23/12. prevede, nello stesso mese, l’erogazione del Premio di Risultato e il rinnovo del CIR sino al 31/12/14. Regione Sicilia: sottoscritto l’accordo che disciplina parametri e criteri per la determinazione del Premio di Risultato relativamente agli esercizi 2012/2013. Regione Veneto: siglato l’accordo circa la determinazione del Premio di Risultato da erogarsi entro il 12 gennaio oltre a mantenere ultrattivo l’attuale CIR, con le relative “code contrattuali”, fino al prossimo rinnovo. 20 n ge n nai o 201 4 - In cont ri mente pesanti tagli al costo del personale, non importa come ma quanto. Appare chiaro che le criticità del sistema non siano attribuibili né ai costi del lavoro, né alla struttura del Contratto Nazionale rinnovato nel dicembre di un anno fa, ma a scelte gestionali e strategiche poco azzeccate, che non possono certamente essere imputate ai lavoratori. “Anni e anni di relazioni sindacali e risultati di alto profilo bruciati sull’altare di una regressione corporativa, che coinvolge la classe dirigente (management ndr) di questo settore priva di ogni slancio autenticamente cooperativo, dell’autorevolezza progettuale che risiede nella competenza e dell’onestà intellettuale richiesta a chi ha la responsabilità morale, politica e giuridica di dare un futuro a tante aziende, ai dipendenti che vi lavorano e ad un movimento che hanno ereditato da altri”; con queste parole le Segreterie Nazionali, all’indomani della disdetta, hanno sottolineato la complessità del momento. Dal mese di gennaio sarà avviata una fase di consultazione di tutti i lavoratori allo scopo di approntare le necessarie iniziative a sostegno delle proprie ragioni, tra le quali il superamento del limite temporale dell’ultrattività, attribuita unilateralmente da Federcasse, al Contratto Nazionale. Seppur condizionata da questo inedito e complicato scenario, resta sempre aperta la campagna relativa al Premio di Risultato; istituto fondamentale a “riconoscere” l’impegno e il sacrificio di un intero anno di lavoro. S.B. S I N D A C AT O n MANAGER: UNA STRATEGIA INNOVATIVA CHE PRIVILEGI IL LAVORO Sistema bancario fuori rotta, salva i buchi dello Stato e strozza l’economia L’atavica incapacità del sistema di autoriformarsi è alla base di questa drammatica e interminabile crisi. Sono passati ormai quasi due anni da quando ha preso corpo il progetto europeo sull’unione bancaria. L’intento è modernizzare questo sistema economico/finanziario, ormai superato dai tempi, adattandolo alle nuove esigenze e spezzando il pericoloso legame tra banche e stati sovrani. Il percorso appare tortuoso e rallentato, forse perché non interessa a nessuno o solo a pochi e nel frattempo la crisi continua a mordere e il legame si rafforza sempre più. Infatti, l’ultima rilevazione Bankitalia (novembre 2013) ci dice che nel portafoglio delle banche italiane ci sono circa 400 miliardi di euro investiti in titoli di stato contro i 200 miliardi della fine 2011, esattamente il doppio. Il motivo è molto semplice e facilmente spiegabile, bisognava sostenere il mercato dei bund. Lo stato emette debito e qualcuno deve sottoscriverlo, chi meglio delle banche? La BCE inonda le banche di liquidità a basso costo per cercare di sostenere l’economia, fatta di famiglie e imprese, e queste, invece di erogare prestiti ai privati e finanziamenti alle aziende, comperano solo debito, assicurandosi un arbitraggio vantaggioso e rafforzando, nel contempo, i propri bilanci. Questo modo di operare ha non poco distorto il già difficile cammino verso la ripresa in quanto, se è vero che lo spread si è ridotto, è altrettanto vero che la stretta creditizia ha messo in ginocchio la già fragile “economia reale”. Ancora una volta, la finanza – ricchezza e benessere per pochi – ha sconfitto il vero fabbisogno della gente. A questo punto viene da chiedersi se valga veramente la pena di “mantenere”, lautamente ricompensata, questa nuova classe manageriale – “la finanza da bere” –. Se la lungimirante e innovativa strategia dei manager è solo quella di fare arbitraggi su titoli di debito pubblico, con soldi presi a prestito e non utilizzati allo scopo per cui erano stati prestati, forse anche un bravo studente universitario, iscritto alla facoltà di economia, sarebbe in grado di farlo. Invece si massacra il lavoro - fonte di reddito per tutte le famiglie - e si esaltano le consulenze, non si ragiona più nell’ottica di medio/lungo periodo ma solo in quella di brevissimo respiro. Così ‘stando le cose, a che cosa ci servono questi soloni?...forse a renderci più poveri. S.B. Continua l’odissea in Equitalia A seguito della dichiarazione dell’Azienda che a far tempo “dal 1° febbraio 2014 cesserà l’applicazione in ultrattività di ogni trattamento di secondo livello derivante dai precedenti perimetri societari, ivi inclusi quelli parimenti scaduti dell’ex Equitalia Polis, che devono pertanto intendersi tutti come formalmente disdettati”, le Parti sociali hanno organizzato un presidio presso l’Agenzia delle Entrate di Roma e, in data 13 dicembre, tutti i dirigenti sindacali hanno manifestato davanti al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Siamo alle solite, è una litania che il settore conosce ormai a memoria. Da ABI a Federcasse e, da tempo, anche in Equitalia sempre e solo la stessa proposta di soluzione, ovvero non tagliare le solite consulenze, i noti compensi e benefit per il management, ma incidere esclusivamente sui costi del lavoro. Nonostante la positiva conclusione della lunghissima trattativa circa la definizione del Premio di Produttività, con erogazione prevista nel corso del mese di dicembre, gli Esattoriali sono stanchi di sentirsi dire che per far quadrare i bilanci aziendali è necessario ridurre notevolmente i costi relativi al personale. E’ forse giunto il momento di voltare pagina, i lavoratori non ce la fanno più a fare da parafulmine a una politica che non sa gestire la fiscalità e a lavorare in una azienda che non riesce a indirizzare efficacemente l’operatività del settore. In questo difficile scenario resta ancora aperto il tema in merito alla “armonizzazione contrattuale” che vede il diretto coinvolgimento della Segreterie Nazionali; attualmente in Equitalia sopravvivono ancora 17 Contratti Integrativi diversi e la controparte sembra non preoccuparsene troppo. Servirebbe un deciso cambiamento culturale… Ultim’ora: nell’incontro dello scorso 16 gennaio, l'Azienda ha genericamente dichiarato l'insostenibilità economica delle richieste avanzate. I Sindacati hanno quindi sollecitato una posizione utimativa di controparte entro la fine del mese. S.B. Incon t ri - genn ai o 201 4 n 21 n SOCIETÀ THE NONNA STATE In Europa stato sociale per le “donne over 50”, in Italia si penalizzano La definizione “The nonna State” arriva da un'inchiesta del 2012 del giornale inglese “Wall Street Journal” sulle reti di protezione sociale a base familiare che, in Italia e Spagna, aiutano soprattutto le nuove generazioni ad assorbire i colpi della recessione. Si tratta di quell'esercito di nonni che in tutta Europa sta sopperendo alle carenze del Welfare State, anche in quelle nazioni dove i sussidi dello Stato per le famiglie sono maggiori, come in Germania, Francia e Inghilterra.Il carico maggiore di questo impegno spetta alle donne che, in Italia, detengono un primato mondiale, una volta tanto sono delle vere leader: lavorano più di tutti. Attività domestiche e di cura, casa, figli e genitori: 326 minuti al giorno più degli uomini, contro una media OCSE di 131 minuti (studio OCSE 2013 How's life?). Ogni italiana dedica 36 ore la settimana ai lavori domestici, mentre gli uomini non vanno oltre le 14. Pilastro del Welfare familiare sono soprattutto le “nonne”, quella generazione cioè di donne over 50, definite “sandwich” perché schiacciate sotto il peso di almeno due generazioni (anziani e nipoti). In Italia, poi, le ultracinquantenni stanno diventando l'anello debole della catena di solidarietà femminile che ha retto fino ad oggi il nostro sistema di welfare. Le “nonne” italiane hanno doppi, tripli ruoli: sono madri di figli precari che hanno necessità di sostegno al reddito, sono loro stesse figlie di genitori in età avanzata quasi sempre non più autosufficienti, sono nonne parcheggio di livia 22 n ge n nai o 201 4 - In cont ri bambini sempre più soli e, spesso, sono anche mogli separate o comunque con poche possibilità di spartire con altri i compiti di cura. Nell'Europa a 27 l'Italia è penultima, prima della Polonia, per l'assistenza alle famiglie, ma ha il più basso tasso europeo di anziani che vivono in case di riposo. Fortuna, per altro verso sfortuna, che la media di donne che lavorano è ferma al 46%, in quanto un altro dato preoccupante è la delega alle donne, pressoché totale, dell'assistenza ai disabili, tutelati soltanto dall'arcaico istituto dell'invalido civile. Mentre in Germania, Belgio e Slovenia si sono trovate soluzioni come “l'aspettativa” per le nonne, e in Inghilterra entrerà fra un anno in vigore il “granny leave”, una sorta di lavoro flessibile per un paio d'anni, senza perdere contributi o, peggio ancora, il posto di lavoro, nel nostro Paese le over 50, non solo non hanno alcun tipo di aiuto, ma si sono viste allungare di 5-6 anni, all'improvviso, l'età della pensione (Riforma Fornero). Le nonne italiane rischiano seriamente di non farcela più: per loro la crisi è doppia, toccandogli anche l'onere di ammortizzarla e di non farla gravare sulla famiglia, di tenere tutto in equilibrio, casa, bambini, vecchi, malati, bilancio, risparmio. È un compito immane, non esistono nemmeno le “famiglione” di una volta, dove era possibile dividere il carico delle cure tra più familiari ed è completamente assente una cultura dell'assistenza, ritenendo, come spesso accade, che si tratti soltanto di problematiche femminili. Occuparsi del lavoro di cura invece, vuol dire occuparsi del sociale, vera cartina di tornasole di ciò che non funziona nel nostro paese. È una fra le tante cose che non funzionano, basterebbe soltanto un po' più di cura, come direbbe papa Francesco. Elisabetta Giustiniani PERSONE n NELSON MANDELA RILANCIA LA SFIDA PER LA TOLLERANZA, IL PLURALISMO E LA SOLIDARIETÀ La scomparsa del “Principe dell’Arcobaleno” richiama figure come Lincoln e Gandhi, vissuti per sconfiggere egoismo, schiavitù e violenza Oggi, a mente fredda, dopo le celebrazioni che hanno assunto una grande rilevanza a livello planetario, ricordiamo la figura complessa e per certi versi straordinaria di Nelson Mandela, Madiba, scomparso lo scorso 5 dicembre all'età di 95 anni di cui 27 trascorsi in carcere. Molto è stato detto su quest'uomo, apparentemente così mite, sempre sorridente e spiritoso, ma dalla volontà d'acciaio. Un nero, nato in un Paese, il Sud Africa, dove prima della sua presidenza era impensabile che un afrikaner e un coloured, entrambi cittadini dello stesso Paese, si frequentassero o si innamorassero. Addirittura era vietato che sedessero o mangiassero fianco a fianco. Pena, la prigione. Nelson Rolihlahla Mandela con il suo coraggio e una determinazione che in molti casi ha rasentato la cocciutaggine, oltre al Sud Africa, ha contribuito a cambiare il mondo. Non a caso il suo secondo nome, Rolihlahla, in lingua locale significa letteralmente "colui che provoca guai". E siccome spesso chi si mette in testa di cambiare regole vecchie e magari sbagliate, difese come baluardo della conservazione e dell'ignoranza, Madiba viene bollato come un rivoluzionario e un guastafeste. Mandela, nella sua lunga vita, per nostra fortuna, è stato entrambe le cose, non solo ponendo fine da un punto di vista legislativo a quella legge razziale nota con il nome di Apartheid, ma, lottando fino all'ultimo giorno affinché neri e bianchi imparassero a camminare insieme, non più divisi, orgogliosi delle loro differenti culture, ma consapevoli che proprio da tali diversità poteva nascere il sogno e la ricchezza di un paese diverso, non più semplicisticamente bianco e nero, ma finalmente colorato con tutte le sfumature dell'arcobaleno. Probabilmente con Mandela se ne va l'ultimo padre della patria, l'ultimo leader, cioè colui che, come amava ricordare, si sente veramente tale perché sa di essere in grado di sacrificare tutto per il bene della sua gente. Guardando a lui, purtroppo, la nostra mente può volgersi solo al passato, ricordando figure come il mahatma Gandhi , padre dell'India moderna e, in tempi più remoti, Abramo Lincoln, che divenuto Presidente degli Stati Uniti, grazie al voto di cittadini bianchi, diede la sua vita per liberare i neri dalla schiavitù alla ricerca di un mondo più giusto. Questi tre uomini, vissuti in Paesi ed epoche così diverse, condivisero in fondo la stessa "visione" e lo testimoniano non solo gli ideali a cui hanno dedicato le rispettive vite, ma anche al- cune frasi che hanno pronunciato nel corso della loro esistenza, divenute poi celebri. Queste frasi sembrano legate tra loro da un filo rosso che le rende non simili, ma assolutamente consequenziali, proiettate verso il futuro di una dimensione senza tempo. Lincoln soleva definire il conservatorismo come l'adesione al vecchio e sperimentato, che si contrapponeva al nuovo e mai tentato. Questa sfida al cambiamento, inteso come miglioramento della società fondato sul principio dell'uguaglianza, della partecipazione e del coinvolgimento di tutti gli uomini in questo processo, viene raccolta da Gandhi che sosteneva con forza che ognuno di noi debba in definitiva diventare quel cambiamento che vuol vedere. Cambiare è difficile e spesso ci spaventa, ma la paura non deve distoglierci dal perseguire i nostri propositi perché, come spesso affermava, Mandela, il vincitore è un sognatore che non si è arreso. Cristina Attuati 23 Nelson Mandela Incon t ri - genn ai o 201 4 n n S I N D A C AT O CONTRATTI INGORGO POLITICO E SINDACALE, SFIDA CONTRO IL TEMPO A gennaio mosse decisive per sciogliere nodi importanti dell’immediato futuro Si sono accumulati troppi ritardi nell’azione politica e sindacale e non c’è più tempo per rinvii di alcun genere. Il risveglio dell’economia e il timido superamento della recessione vanno incrociati con strumenti nuovi e mentalità cooperante. I vecchi arnesi del conflitto e delle sterili contrapposizioni acuiscono il disincanto e il disprezzo per il potere, ovunque si manifesti. L’attesa inconcludente sarebbe imperdonabile. Vanno risolti alcuni temi importanti della politica, dell’occupazione, della competitività delle imprese, della produttività del lavoro e delle forme della rappresentanza. Sotto il profilo sindacale sembrano delinearsi alcuni aspetti da approfondire ed è possibile che parte di essi rientrino già nel patto di governo d’inizio d’anno. sostanza “ Inil CCNL rappresenta un garante e un equlibratore delle dinamiche sociali, professionali ed economiche dei lavoratori di un paese articolato come il nostro “ 24 roga all’applicazione dell’art. 18 in materia di licenziamenti, indipendentemente dalla quantità di dipendenti presenti in un’azienda. Primo n sempre in chiave politica, si è proposto di eliminare la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) da sostituire con una sorta di salario sociale, a copertura biennale, accompagnato da formazione orientata al reinserimento lavorativo, attivando, migliorando e integrando le funzioni di collocamento, Agenzie del Lavoro, con altre strutture di facilitazione e avviamento lavorativi. Sembra altresì che questa forma di sostegno sociale debba essere estesa a chiunque, disoccupato o inoccupato che sia. Altri sostengono il mantenimento della CIG e, semmai, l’estensione a tutti i settori di lavoro e a ogni forma di disoccupazione. n è stata posta politicamente una questione riguardante le modalità di accesso al lavoro nel triennio di avviamento, simile all’apprendistato, con un periodo di prova più prolungato e con la possibilità di ricorrere alla “non assunzione” del lavoratore in caso d’inadeguatezza professionale. Si tratterebbe di flessibilità in entrata nel mondo del lavoro attivando la de- n si pone il problema contestuale delle forme della rappresentanza, da taluni invocata per legge, mentre altri la vorrebbero affidare alla negoziazione fra le parti sociali, associazioni datoriali e sindacati dei lavoratori. Questo problema, come per altri aspetti, richiama la questione della rappresentanza nei periodi di inattività, sia per i dipendenti sia per i disoccupati e il variegato universo della precarietà. In questo ambito di problemi si potrebbe collocare anche il tema della rappresentanza dei lavoratori all’interno degli organismi della gestione d’impresa. Dunque ci sono aspetti che toccano governo e parlamento, con le loro procedure, i loro tempi e i gli innumerevoli conflitti, e temi di stretta pertinenza negoziale delle parti associative. n si presenta una questione di carattere strutturale che riguarda il contratto nazionale di lavoro. C’è chi sostiene che debba essere preminente la sua valenza nazionale, chi intende superarlo a vantaggio di quello territoriale e aziendale e chi ritiene che un giusto equilibrio fra le due posizioni risponda meglio alle dinamiche dei bisogni produttivi, professionali e sociali. Secondo n ge n nai o 201 4 - In cont ri Terzo Quarto S I N D A C AT O n Chiarezza dei contenuti e corsa contro il tempo produrranno conseguenze sulle sorti dell’economia, delle imprese e degli interessi dei lavoratori ed è importante che ci sia la consapevole convergenza di tutti gli attori in campo. Ritardi, arroccamenti conservatori, pregiudizi ideologici e decisioni non pertinenti alla centralità del lavoro e dell’occupazione creerebbero ulteriori momenti d’instabilità economica, sociale e politica. Per il momento limiterei la riflessione sulla struttura del contratto nazionale (primo punto). Innanzi tutto manterrei, aggiornandola, la funzione del contratto nazionale di lavoro perché: l rappresenta il “legante” sociale e professionale di differenti situazioni geografiche, economiche e politiche; l tutela il ruolo sociale ed etico del lavoratore e dell’impresa secondo i cardini stabiliti dalla costituzione, che pone al centro dell’agire la dignità della persona e dei suoi valori; l tutela il potere d’acquisto dei lavoratori che dovrebbero sostenere i bisogni famigliari secondo i principi del giusto e dignitoso compenso sussistenziale; l determina le condizioni generali delle regole in difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni - soprattutto in presenza di vincoli interni e internazionali economici e di mercato - della salute e della libertà e pluralità sindacale, garantendo altresì l’efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie interessate. In sostanza il CCNL rappresenta un garante e un equlibratore delle dinamiche sociali, professionali ed economiche dei lavoratori di un paese articolato come il nostro. In secondo luogo il CCNL è un saldo punto di riferimento nazionale se si considerano gli andamenti di mercato, la politica dei prezzi e del credito. Salvaguardia importante se si aggiungono i continui sussulti prodotti dalle innovazioni tecnologiche e dalle normative europee ed extra europee, che impongono rapidi adattamenti e mutamenti di strategie industriali, di processi produttivi e di dinamiche del costo del lavoro. Contratti locali e soggettivi difficilmente potrebbero fronteggiare gli urti della globalizzazione. Forse sarebbe conveniente mantenere l’impianto generale del CCNL nell’ottica di una diversa incidenza dei due livelli di contrattazione. Si potrebbe Incon t ri - genn ai o 201 4 n assegnare alla dimensione nazionale la destinazione del 60% della remunerazione del lavoro – base civica sussistenziale e professionale – e il 40% alla contrattazione territoriale e aziendale. Nella contrattazione aziendale, oltre al salario di produttività, di area, di gruppo e individuale, riserverei una parte della retribuzione alla remunerazione del merito soggettivo che esula dall’ambito della produttività pur se abbastanza contiguo ad essa. Merito che non si lega ai megafattori della dinamica salariale, né a quelli di mercato o di settore o d’impresa. A questa parte di remunerazione assegnerei il 10 o il 15 per cento di salario riservato alla contrattazione di secondo livello. Remunerazione i cui criteri e pesi retributivi dovrebbero essere negoziati sindacalmente onde evitare distorsioni, degenerazioni e clientelismo. In questo modo si potrebbe raggiungere il giusto equilibrio contrattuale con uno spostamento sulla prestazione professionale soggettiva che rappresenta un decisivo differenziale qualitativo rispetto a quella di lavoratori di molti altri paesi. 25 Franz Foti n S I N D A C AT O REGALI ALLE BANCHE PER 50 MILIARDI AI LAVORATORI 182 EURO Dal cilindro natalizio di Letta e Saccomanni vantaggi immeritati per il settore bancario A settembre 2013 l’ABI ha comunicato alle associazioni sindacali la disdetta del Contratto Collettivo Nazionale in scadenza il 30 giugno 2014. La prova di forza “muscolare” dell’associazione delle banche, anche per la irritualità ed unilateralità delle modalità scelte, ha sorpreso il mondo sindacale e politico. Tuttavia, le motivazioni sostenute per la disdetta del contratto non sono altro che la reiterazione pedissequa di quanto da anni i lavoratori bancari sono costretti ad accettare: ripetute “riorganizzazioni” di modelli di lavoro che, mascherate dalla necessità di renderle più efficienti, hanno l’unico obiettivo di tagliare i costi attraverso la riduzione degli addetti. La storia ci ha insegnato che solo con 26 l’intervento del sindacato si è riusciti a mitigare gli effetti più negativi per i colleghi che sono via via usciti dal mondo del lavoro e, soprattutto, a mantenere all’interno delle aziende un clima “sostenibile” nonostante le continue pressioni commerciali e gli atteggiamenti impositivi della controparte. La risposta compatta del 31 ottobre scorso ha rimarcato ancora di più la fattiva presenza del sindacato ed è stata recepita anche dall’ABI che, seppur parzialmente, ha dovuto fare marcia indietro e ritornare sul terreno della contrattazione concertativa, unica strada per ripristinare, nella reciproca convenienza, un confronto costruttivo. Le motivazioni dei banchieri sono però state ben ascoltate dal mondo politico che, con spirito del tutto bipartisan, è n ge n nai o 201 4 - In cont ri intervenuto premurosamente per cercare di agevolare in questo “momento particolarmente difficile” la parte datoriale approvando, nella legge di stabilità e con decreti ad hoc, provvedimenti che consentiranno alle banche notevoli risparmi e insperati ricavi con il beneplacito di Bruxelles. Sicuramente Babbo Natale e neppure la Befana in questo “momento particolarmente difficile” potevano essere così munifici ma, come sempre succede, la realtà supera la fantasia. Ed ecco che dal cilindro di Letta/Saccomanni escono, come per incanto: l lo sconto fiscale sul monte sofferenze che diverranno deducibili nei prossimi cinque anni dal momento in cui sono classificate (contro i 18 anni) e ciò potrebbe rendere quasi conveniente, in base alle politiche di bilancio, portare a sofferenza i tanti crediti dubbi; l il paracadute sui cosiddetti “derivati” mediante la smobilitazione della liquidità del Tesoro a garanzia di contratti in essere; l la garanzia della Cassa depositi e prestiti sui crediti alla piccola e media industria. Così le banche da una parte non rischiano nulla perché la garanzia è statale e dall’altra, se un prestito dovesse andare in sofferenza, lo detrarranno velocemente dall’imponibile; l le privatizzazioni all’italiana, per le quali è già previsto che una quota dei soldi che si incasseranno cedendo società ed attività pubbliche andrà a finire nelle fondazioni bancarie che, a loro volta, controllano in parte o completamente i più grandi istituti di credito. l la rivalutazione delle quote di Bankitalia che da “formali”, 156 mila euro, diverrebbero “sostanziali”, rivalutandosi fino a 7,5 mld di euro, utilizzando le riserve di Bankitalia (con uno sconto fiscale che porterà l’aliquota sulle S I N D A C AT O n plusvalenze dal 20 al 12%) e consentendo, inoltre, con un abile trucco contabile, di ricapitalizzare il bilancio delle banche agli occhi della BCE. Il provvedimento è ancora in discussione per inserire correttivi dettati dalle osservazioni della stessa BCE. Provvedimento che, una volta definitivo, meriterà in futuro un approfondimento; l infine, si profila un progetto di Bankitalia, ancora da definire, per il quale le banche venderebbero la propria rispettiva “bad bank” interna alla stessa Cassa depositi e prestiti, o forse a un soggetto esterno ancora da inventare. Così tutte le sofferenze che affliggono le banche verrebbero cartolarizzate dallo stato che molto probabilmente potrebbe successivamente trovare una “soluzione” anche a scapito della fiscalità generale. Tutti questi regali sono stati quantificati prudentemente in oltre 50 miliardi di euro che vanno messi a confronto con gli 1,5 miliardi concessi ai lavoratori, ossia la ridicola sforbiciata al cuneo fiscale: una misura che, per un reddito lordo da 15mila euro annui, garantisce un “aumento” in Incon t ri - genn ai o 201 4 n busta paga da 182 euro e, per giunta, spalmati in dodici mesi. A questo punto sorge spontanea una domanda che dovrà essere rivolta alle aziende, in sede di negoziazione: quanti di questi inaspettati “guadagni” potranno essere ripartiti anche tra i lavoratori che hanno permanentemente sopportato il peso della gestione negativa dei banchieri che, in questi anni, hanno lavorato a sostegno dell’immagine richiesta dai mercati, dalle agenzie di rating e per garantire lauti guadagni e super bonus per il top management? Dante Sbarbati 27 n L AV O RO PREMIO ALTE PROFESSIONALITÀ ALLA SECONDA EDIZIONE A Giuseppe Roma e Chicco Testa il riconoscimento della FADAP Lo scorso 27 novembre, il Centro Svizzero di Milano ha ospitato la seconda edizione del “Premio Alte Professionalità”, che ogni anno la Fadap assegna a personalità che nella loro carriera si sono distinte per elevata professionalità. FADAP – Federazione Autonoma delle Alte Professionalità, costituita da SNFIA e DirCredito – ha inteso premiare Giuseppe Roma, Direttore Generale del CENSIS, e Chicco Testa, imprenditore. La cerimonia di premiazione, che si è svolta con la partecipazione di numerosi professionisti provenienti da più parti d’Italia, è stata anche l’occasione di un momento di riflessione sul tema del “merito” che, come evidenziato negli interventi dei vari ospiti, tra i quali Arturo Artom – Fondatore del Forum della Meritocrazia - può e deve essere il principale motore della capacità innovativa e di rilancio del nostro sistema economico. Il Presidente della Fadap, Marino D’Angelo, ha poi focalizzato la sua attenzione sul fatto che “oggi il merito è stato ucciso”, individuando nell’autoreferenzialità dell’attuale management una delle maggiori cause della disaffezione e della sfiducia, in un contesto di crisi già di per sé difficile e complicato. “Professionalità è anche semplicità”, ha aggiunto Maurizio Arena, Segretario Generale della Fadap, sottolineando che non c’è molto da inventare, c’è solo da lavorare duro valorizzando le caratteristiche di quel middle-management oggi “schiacciato” in una posizione di mancato riconoscimento sia sul piano contrattuale che professionale. Con queste parole Maurizio Arena ha sintetizzato il percorso da cui partire, riportando al centro del discorso il valore umano e professionale della persona e non solo il profitto oligarchico e fine a se stesso. Nella stessa circostanza Fadap ha lan- ciato una nuova iniziativa: “Il Patto del Merito”, che si configura come un Manifesto programmatico democratico, declinato in 5 punti e già sottoscritto da autorevoli personaggi della società civile tra i quali Arturo Artom, Alessandro Beulcke – Presidente Festival dell’Energia, Maurizio De Tilla – Presidente di “Le Professioni per l’Italia”, Giorgio Mulè - Direttore di Panorama, Franz Foti – Docente dell’Università dell’Insubria e dai due vincitori del Premio Alte Professionalità. I punti salienti del Manifesto possono essere così sintetizzati: ripensamento delle relazioni tra azienda e lavoro sulla base della centralità del merito; l equa valorizzazione del talento e delle competenze a prescindere da strumentali contrapposizioni generazionali, di genere o di credo, ovvero pari opportunità per tutti; l investimento sul capitale umano predisponendo politiche di formazione e sistemi di valutazione adeguate; l l convogliare le risorse economiche a disposizione verso iniziative in grado di generare valore per tutti gli stakeholder – dipendenti, azionisti, etc. – riconoscendo ruolo e competenze al middle-management; ragionare sulle forme del lavoro rimettendo al centro il portale valoriale dell’individuo aprendo una nuova fase di dialogo tra imprese, sindacato, pubblico, privato, Stato e famiglie. l 28 n ge n nai o 201 4 - In cont ri Silvio Brocchieri L AV O RO n IL MERITO E LA STRUTTURA DEL SALARIO RIFLESSIONE PER I PROSSIMI CONTRATTI Sbloccare del tutto il riconoscimento del suo valore per una nuova fase di cambiamento Sembra che la crisi stia riaprendo la riflessione politica e sindacale sulle cose concrete, sui bisogni delle persone e sulle garanzie reali da destinare a tutti i lavoratori. Dentro quest’ambito di ripensamenti si sta cercando di recuperare il giusto peso di una componente retributiva essenziale della prestazione di lavoro: il merito. E’ un tema interessante per le nuove forme di contrattazione del salario in sede aziendale e non mancheranno sicuramente approfondimenti e confronti. Vorremmo iniziare intanto a focalizzare, almeno parzialmente, alcune coordinate di contesto sull’argomento con l’auspicio che la discussione possa proseguire con l’attenzione e la cautela che merita. E dunque guardiamo soprattutto ai suoi caratteri soggettivi. Il merito rappresenta ciò che uno è, il bagaglio che possiede in termini di cultura, conoscenze, competenze, abilità relazionale, affidabilità, coerenza, capacità e tempestività operativa, stima, trasparenza di comportamento, intelligenza esecutiva, intuizione, esperienza, capacità di lettura dei contesti. Insomma una combinazione di elementi e virtù personali utili all’esercizio della professione, che, indipendentemente dalle declaratorie di profilo, danno vita alla considerazione professionale e sociale di un soggetto in un determinato momento, in una specifica realtà lavorativa. Il merito, presentandosi con queste caratteristiche, segnala due sfaccettature. Una è quella della definizione del suo valore all’interno delle scale retributive della prestazione di lavoro, e dunque all’interno di un Ente o di un’azienda, e l’altra si riferisce alla dimensione sociale di cui non ci occupiamo in questa nostra “rudimentale” riflessione. Per definire il valore di qualsiasi performance, che presupponga una remune- razione, occorre che la performance stessa sia “visibile e valutabile”, dunque percepita e misurabile attraverso una scala di valutazione. Questa scala di valore riguarda anche il merito e potrà presentare gradazioni differenti a seconda del contesto in cui la valutazione si svolge e degli ambiti specifici in cui i valori vengono misurati. In ciascuna realtà di lavoro i fattori del merito possono variare. Per adottare una scala verosimilmente realistica andrebbero attribuiti indici di “peso” a ciascuna delle caratteristiche del lavoratore e comporne un valore finale ponderato. Questo valore finale deve naturalmente produrre delle conseguenze sul piano della retribuzione. Operazione non difficile se si hanno idee chiare su che cosa si vuole valutare. Il merito, insomma, rappresenta una combinazione di elementi professionali e virtù “personali” che si manifestano in un determinato momento, in una specifica realtà. Una volta attribuito un indice di valore alle componenti che riteniamo debbano essere valutate in quel contesto lavorativo, si stabilisce la consistenza premiale retributiva del singolo lavoratore la quale andrebbe ad aggiungersi alle altre componenti della remunerazione del lavoro. E’ evidente che la procedura per la valutazione del merito potrà essere concordata in sede di contrattazione aziendale, cercando di mantenere caratteri non rigidamente standardizzati altrimenti salterebbe la finalità per cui si introdurrebbe la valutazione medesima. Concordarne i criteri potrebbe significare: valorizzare i caratteri individuali di prestazione mantenendo l’unitarietà del gruppo; accertamento del possesso di qualità riconosciute, soprattutto nei luoghi di più alta respon- Incon t ri - genn ai o 201 4 n sabilità e comando; creare i presupposti per un incremento della produttività individuale e di gruppo; stimolare la competitività cooperante fra i lavoratori. C’è chi, come metodologia della valutazione, vuol far coincidere il merito con la produttività del lavoro. In effetti i fattori della produttività sono moltissimi e taluni presentano marcati caratteri soggettivi. Si tratta di distinguerli da ciò che può rientrare nella valutazione del merito per non creare inutili sovrapposizioni. Incidono sulla produttività fattori come: il tasso di utilizzo della forza lavoro; costo e defiscalizzazione del lavoro; orario di lavoro, ore lavorate e utilizzo degli impianti; premi, extra cottimi e fringe benefits; abilità delle maestranze, apprendimento e razionalizzazione dell’impiego della forza lavoro; l’esperienza; la mobilità interna; i percorsi di carriera le innovazioni tecnologiche e il miglioramento della qualità del lavoro e dell’ambiente. Il merito è personalizzante. Risiede, come esempio, in quelle caratteristiche che abbiamo descritto e, naturalmente, secondo il nostro punto di vista. I nemici del merito risiedono nella mediocrità manipolatoria e autoreferenziale della politica e di talune sfere manageriali, nel lobbismo, nel nepotismo, nel clientelismo e nell’ideologismo residuale. Occorre superare lo schema della società culturalmente appiattita che accerchia, soffoca e rallenta i ritmi di ogni cosa mentre si sente il bisogno di liberare energie, riorganizzarle e disporle nelle reti produttive, sociali e formative. Energie che non riescono a trovare i luoghi e le spinte necessarie per incanalarsi in nuovo corso. Un corso che per il momento stenta a decollare. Il sindacato ci provi! Franz Foti 29 n SOCIETÀ «NOI, IL POPOLO» COSÌ SI APRE LA COSTITUZIONE DEGLI USA I politici nostrani arbitri infedeli della rappresentanza e della Costituzione Qualche giorno fa mentre ero in fila all’aeroporto londinese di Heatrow, in attesa di imbarcarmi per l’Italia, non ho potuto fare a meno di sbirciare, davanti a me un passeggero, anche lui in attesa di partire, che teneva aperto il passaporto per poterlo esibire al check in. Sul documento oltre alla fotografia del possessore, apparivano nitidamente tre parole, scritte in grande, che nella loro brevità racchiudono l’essenza del concetto di democrazia: we the people, noi, il popolo. Si trattava di un passaporto americano. Sono infatti queste le parole, peraltro più volte ripetute, con cui si apre la Costituzione degli Stati Uniti, parole che custodiscono la storia stessa della democrazia americana. Una storia che, nel corso dei secoli è stata spesso messa alla prova da minacce di ogni genere, prima fra tutte la divisione fra le sue genti, così diverse, così lontane nelle origini, nelle fedi e nelle idee, ma così determinate ad essere un solo popolo. Nella buona, ma soprattutto nella cattiva sorte. E’ proprio infatti quando infuria la tem- 30 pesta, quando ogni speranza sembra perduta, che gli americani trovano nel loro senso di appartenenza alla nazione, nel loro rispetto delle istituzioni e nel loro sentirsi comunità la forza di guardare avanti con ottimismo e determinazione. E’ stato così dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour, e dopo gli attentati dell’11 settembre, perché il concetto è che la democrazia, quella vera, sopravvive e rinasce nei tempi difficili. Certo una frase non può, da sola, rappresentare un modo di essere e di vivere la democrazia rappresentativa, tuttavia è un punto di partenza che mette al centro l’interesse collettivo rendendo il popolo l’unico vero arbitro delle sorti del Paese. In Italia, purtroppo, Il declino, inarrestabile di un sistema politico che non riesce a rinnovarsi ha favorito l’entrata in scena di Movimenti che hanno catalizzato lo scontento e la disillusione dei cittadini mancando però, almeno fino ad ora, l’obiettivo di elaborare soluzioni di rappresentanza alternative sostenibili. Tutto ciò ci pone di fronte antichi in- n ge n nai o 201 4 - In cont ri terrogativi: democrazia rappresentativa o democrazia diretta? Di quest’ultima, che fino a qualche anno fa veniva considerata come un’utopia, oggi se ne può parlare concretamente, poiché le nuove tecnologie multimediali consentono soluzioni un tempo impensabili. Oggi, infatti, almeno da un punto di vista teorico, per votare basterebbe premere un tasto da casa. Un’alternativa che appare particolarmente allettante in un momento in cui i Parlamenti tradizionali, in particolare il nostro, vengono percepiti dalla pubblica opinione come centri di costo e di spreco, luoghi in cui si celebrano rituali inutili ed obsoleti che non garantiscono alcuna trasparenza sulle decisioni prese. Il problema esiste, non lo si può negare. E la crisi politico-istituzionale in atto, destinata probabilmente a durare a lungo, ci impone un’attenta riflessione. La storia repubblicana recente e passata ci ha dimostrato come spesso gli organi costituzionali funzionino in maniera completamente diversa da come erano stati pensati dagli estensori della Carta. IL POPOLO SIAMO NOI SOCIETÀ n nomico, sfoci 9 novembre 1989. Cade il muro di Berlino e con esso le ideologie che fino a quel momento avevano sorretto e diretto il mondo. Due blocchi contrapposti che, con visioni e impostazioni diverse, garantivano una certa stabilità politica ed economica. Da una parte libertà di mercato e dall’altra una economia statalista, entrambe però basate su regole certe, con pesi e contrappesi in equilibrio. Il mondo diventa tutto uguale, si globalizza. L’imperativo politico della classe dirigente diventa, solo ed esclusivamente, il mercato, senza regole, in cui l’individuo deve consumare per consentire nuova produzione, nuovi e maggiori profitti. La politica non si preoccupa più di un giusto welfare, della redistribuzione, perché abbagliata dal benessere e dal progresso fini a stessi, con la presunzione che potesse durare in eterno. Comprare, consumare, sprecare… comprare, anche a rate… soprattutto a rate; l’unica politica attuata è quella basata su liberalizzazioni, condoni, immaginarie detassazioni e indebitamento, pubblico e privato. Il pensiero “unico” che governa il mondo si fonda su una “nuova ideologia”: il libero mercato globalizzato – diverso dal libero mercato precedentemente applicato e ben regolamentato - che avrebbe agito da arbitro regolatore unico. I politici non si preoccupano più di sviluppare una visione di medio/lungo termine, ma, contrariamente a quanto prevederebbe il loro compito istituzionale, di operare scelte nel breve/brevissimo termine. Unico punto di riferimento il PIL, nella convinzione di una sua continua e costante crescita, sempre e comunque. La crisi infrange queste teorie. Nel frattempo, però, i dirigenti sono stati sostituiti dai manager e i politici votati, cioè scelti con il sistema delle preferenze, da quelli nominati. Queste due nuove figure si sono poi costruite una “realtà parallela” fatta di privilegi, insindacabilità di giudizio e soprattutto centrata sulla loro autoreferenzialità. Caratteristiche, tutt’ora dominanti nel mondo politico, che hanno determinato la disaffezione dei cittadini verso le Istituzioni favorendo e facendo rinascere il populismo. Viene cavalcato quello che oggi la gente vuole, senza proposte concrete, utili a risolvere i problemi dei cittadini e con il solo interesse di mantenere inalterati i propri privilegi, senza alcun contatto con l’odierna realtà, e di rendere impenetrabile la casta. Giovani e vecchi, nuovi e usati non importa… sempre uguali a se stessi e con nessuna voglia di rinnovarsi. Se non ci sono ideologie a cui ispirarsi non ci sono prospettive, mancano senso di appartenenza e solidarietà generazionale e restano solo populismo e individualità, prerogative che da sempre hanno creato malessere e disagio nella società, generando guasti a volte irreparabili. Speriamo si ravvedano o meglio “noi, la gente”, facciamo in modo che si ravvedano. E presto. S.B. Purtroppo, per quanto una Costituzione sia valida ed efficace, sono sempre gli uomini che ne applicano le regole e la mania tipicamente italiana di derogare l’inderogabile, certo non aiuta. Vale a dire, le regole sono importanti, ma conta sempre di più se e come vengono applicate. Lo stesso vale per le istituzioni. E’ stata la cattiva politica ad umiliare il Parlamento e i Governi, intesi come forme istituzionali e non viceversa, occorre quindi trovare una giusta sintesi che attraverso una maggiore democrazia diretta corregga le storture di una democrazia rappresentativa che si è auto trasformata in casta. Incon t ri - genn ai o 201 4 n Solo allora, forse, quel “we the people”, anche se non sarà scritto sul nostro passaporto, incomincerà a permeare le nostre Istituzioni, mettendoci finalmente al centro dei processi decisionali e di cambiamento che investono le nostre vite e rendendoci arbitri del nostro destino. C.A. 31 n CURIOS@NDO SUA MAESTÀ L’OROLOGIO Da Carolina Murat a Giovanni Agnelli, il fascino del misuratore del tempo L’orologio è acciaio, silicio, titanio, oro, carbonio, plastica, carati, zaffiri e rubini, coccodrillo, caucciù, pelle, tessuto. E’ anche casse, fondali, lancette, bilancere, rocchetto, corona, ruota, molla, batteria. Spesso un’opera d’arte, vera o surreale. Ma è anche antigraffio, antiurto, antiriflesso. Ora anche telefono. Da donna, uomo, bambino. Spaziale, a carica manuale o automatico, radio controllato, cronografo, digitale o analogico. Da polso o tasca. Inoltre l’orologio è anche bellezza, fascino e suggestione. Tutto vero. Ma l’orologio è soprattutto status symbol per eccellenza. Nella società moderna l’orologio da polso, infatti, non misura solo il tempo che passa, ma caratterizza la persona che lo indossa. Lo testimoniano icone eccellenti come quella di Gianni Agnelli che vanta certamente il primo posto. L’avvocato appariva indubbiamente un uomo molto elegante che amava indossare l’orologio sul polsino della camicia. Un vezzo, un’abitudine, un gesto che metteva in evidenza la qualità di un manager di fortissima personalità. Nella società moderna si dice che il tempo è denaro e misurarlo può essere molto costoso: recentemente la rivista Forbes, in una delle sue sempre sorprendenti classifiche, ha stabilito che l’orologio più caro al mondo è un Chopard dal costo proibitivo di ben 25 milioni. Ma per gli orologi provenienti dalla Cina il costo si abbassa a pochissimi euro. In mezzo c’è una gamma, pressoché infinita, di “pezzi” di qualità di svariato prezzo. Quando si parla di orologi il pensiero 32 AFORISMI SULL’OROLOGIO l tempo vola. E noi no. Ma il peggio sarebbe se noi volassimo e il tempo no. Il cielo sarebbe pieno di uomini con gli orologi fermi (Alessandro Bergonzoni) Perdere tempo è una significativa forma di protesta contro l'inesorabilità di una vita scandita dagli orologi (Vittorio Deriu) Ogni buona automobile dovrebbe durare quanto un buon orologio (Henry Ford) Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l'oro(Henry Ford) logio per risparmiare il tempo Anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno (Hermann Hesse) O quest'uomo è morto o il mio orologio si è fermato Una volta al giorno anche gli orologi fermi dicono la verità (Groucho Marx) (Dino Segre) Un uomo con un orologio sa che ore sono. Un uomo con due orologi non è mai sicuro (Arthur Bloch) Fra gli occidentali, furono i tedeschi a inventare gli orologi meccanici, spaventosi simboli del tempo che scorre (Oswald Spengler) Ho l’orologio che va avanti di tre ore ma non sono mai riuscito ad aggiustarlo. Così da Los Angeles mi sono trasferito a New York (Steven Wright) corre naturalmente alla Svizzera, Paese nel quale si costruiscono gli orologi più desiderati e imitati. Il binomio vincente fra la Svizzera e l’orologeria sembra un’evidenza assoluta. Da secoli, infatti, il settore della misurazione del tempo è uno dei fiori all’occhiello dell’industria tecnologica e commerciale del paese rossocrociato. Eppure, quando attorno al XIV secolo cominciò ad essere introdotta la misurazione meccanica del tempo, nulla lasciava presagire che la Confederazione sarebbe divenuta secoli dopo leader del settore. Inizialmente infatti le nazioni pioniere nella fabbricazione di orologi erano più che altro l’Italia, la Germania, la Francia, l’Inghilterra e n ge n nai o 201 4 - In cont ri l’Olanda. In questi Paesi la domanda da parte di ricchi aristocratici era alta per gli orologi in quanto oggetti di lusso, ma anche strumenti di precisione, soprattutto per la determinazione della longitudine in mare. Tra le celebrazioni più importanti del settore nel 2012 si è svolta la cerimonia per il bicentenario del progetto del primo orologio da polso che Abraham Louis Breguet realizzò per Carolina Murat, regina di Napoli. Nel 2013 si sono festeggiati i trent’anni degli orologi di plastica, di cui è regina la Swatch, che vende 10 milioni di pezzi all’anno. La rivista scientifica Nature ha dichiarato che gli orologi più precisi al mondo sono atomici e perdono un secondo ogni 300 milioni di anni. In questi orologi il “secondo” è calcolato osservando le oscillazioni dell’atomo di Cesio, un elemento chimico che ne emette ben 9.192.631.770. Al secondo, appunto. L.I. CURIOS@NDO n COMMERCIO ELETTRONICO, VOLANO LE VENDITE, VITA DURA PER GLI INTERMEDIARI All’Europa il primato degli acquisti, l’Italia dopo Regno Unito, Germania e Francia Grazie alle offerte giunte via internet ormai si va a cena a prezzi ultrapopolari, si accede a visite mediche specialistiche a prezzi che nessuna assicurazione può garantire, si vivono vacanze di altissima qualità a prezzi da pensione d’epoca. Ma non solo, ogni giorno gruppi di acquisto strutturati propongono un’ampia gamma di prodotti e servizi a costi molto contenuti rispetto il commercio tradizionale. Persino alla cultura si accede ormai in seguito alle mail di Groupon o Groupalia scaricate su pc, tablet o smartphone. Il commercio elettronico è dunque un fenomeno sempre più diffuso a livello globale, conseguenza diretta del successo dei social network, specialmente facebook, twitter, linkedln e youtube. Nati come occasione di incontro e condivisione, queste straordinarie piazze virtuali stanno diventando sempre più luoghi della comunità con cui si misurano produttori e commercianti di tutto il mondo. Sono canali comunicativi che attraggono molto la politica che, dopo aver invaso la tv, utilizza a ritmi crescenti i social per lanciare le proprie proposte tra giovani e meno giovani. Seguendo questa tendenza, con il trascorrere degli anni, sono nati dei veri e propri marketplace come ebay e amazon in grado di proporre migliaia di articoli, prodotti e servizi saltando completamente l’intermediazione tra aziende, grossisti ed esercenti al dettaglio, abbassando i costi a fronte di un’offerta praticamente illimitata. Inoltre si sono sviluppati i sistemi di pagamento elettronico e moltiplicate le carte ricaricabili, usate per proteggere le carte di credito tradizionali. Giro d’affari Recentemente è nata addirittura una moneta virtuale, il bitcoin, il cui giro d’affari a dicembre dello scorso anno è stato stimato in circa 6 miliardi di dollari. Le nostre abitudini cambiano molto in fretta, come dimostrano i dati. Nel commercio elettronico l’Europa si conferma il mercato più attivo con un fatturato di oltre 300 miliardi di euro. Fatturato in costante crescita che raddoppierà nel giro di 3 anni, arrivando a quota 625 miliardi nel 2016. In questo contesto l’Italia è uno dei Paesi emergenti, con un aumento sensibile dell’intero mercato e-commerce per un valore complessivo di oltre 21 miliardi di euro. In Europa il mercato è dominato da Regno Unito (96 miliardi di euro), Germania (50 miliardi) e Francia (45 miliardi), che insieme hanno generato il 61% delle vendite. Le note negative, ovviamente, non mancano. La facilità di accesso al gioco online, legalizzato nel 2011, può creare dipendenza e aumentare così il disagio. Sono praticamente spariti i negozi di dischi e il Giro d’affari del commercio elettronico nel 1999 Giro d’affari del commercio elettronico nel 2013 Valore del commercio elettronico negli USA Valore del commercio elettronico in Europa 110 miliardi di dollari 1000 miliardi di dollari 297 miliardi di dollari 307 miliardi di dollari Incon t ri - genn ai o 201 4 n fenomeno, molto velocemente, sta interessando anche le edicole. Cambiano dunque le abitudini così come lo scenario attorno a noi. Livio Iacovella Commercio elettronico Italia Germania Gran Bretagna 38% 74% 82% Utenti internet Italia 26 milioni Utenti che hanno effettuato almeno un acquisto in internet 13 milioni Spesa media (dollari/anno) 1380 Motivi che spingono gli italiani verso il commercio elettronico Facilità di reperimento beni Ampia scelta Comparazione fra prezzi Possibilità di acquistare in ogni momento Raccolta di informazioni Risparmio di tempo Tipologia degli acquisti Libri, musica, quotidiani e riviste Biglietterie e trasporti Eventi Abbigliamento Prodotti tecnologici ed elettrodomestici Viaggi e vacanze 84% 80% 77% 75% 70% 65% 44% 37% 19% 33% 24% 23% 33 n CURIOS@NDO DONARE IL SANGUE FA BENE, A NOI E AGLI ALTRI Senza questo apporto molti bambini, giovani e anziani, a rischio vita Ci sono gesti semplici che aiutano a salvare la vita, sia la propria che quella degli altri, soprattutto. Uno tra quelli più alla portata è certamente la donazione del proprio sangue a parenti e amici. Ma non solo. Il sangue va donato soprattutto a chi non si conosce, come atto di generosità verso gli altri se non come un gesto socialmente responsabile in un Paese evoluto come il nostro. A chi rimane indifferente verso i temi di solidarietà sociale come quello della donazione del sangue va sottolineato che, in mancanza di donatori, molti bambini malati di leucemia non potrebbero sopravvivere così come le persone in gravi condizioni dopo un incidente. Donare il sangue è dunque un gesto rivolto agli altri. In realtà la generosità garantisce anche un ritorno personale importante perché donare periodicamente favorisce un controllo costante sul proprio stato di salute attraverso visite sanitarie e accurati esami di laboratorio garantiti a tutti i donatori. A portata di mano, o per meglio dire di “braccio”, c’è dunque l’opportunità di conoscere il proprio organismo e vivere con maggiore serenità, sapendo che la diagnosi precoce eviterà l’aggravarsi di disturbi latenti. Donare il proprio sangue aiuta anche la bilancia economica del Paese. Secondo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità il fabbisogno italiano è di circa 2.400.000 unità, mentre quello del plasma è di circa 900.000 litri. Numeri in costante aumento vista la cre- SE VUOI DONARE IL SANGUE Nel nostro Paese opera il Coordinamento delle diverse associazioni di donatori volontari (Civis), composto: AVIS: Associazione Volontari Italiani del Sangue (www.avis.it) CRI: Croce Rossa Italiana - Donatori di Sangue (www.cri.it) FIDAS: Federazione italiana associazioni donatori di sangue (www.fidas.it) Fratres: Consociazione Nazionale dei Gruppi Donatori Fratres delle Misericordie d'Italia (www.fratres.it) Una di queste associazioni ha certamente un centro di raccolta proprio vicino casa nostra. 34 n ge n nai o 201 4 - In cont ri scita dell’età media della popolazione e i progressi della medicina che favoriscono interventi chirurgici anche in pazienti molto anziani. Tutti possono donare, basta godere di un buono stato di salute, un’età compresa tra i 18 e i 65 anni, pesare più di 50 chili, avere pulsazioni e pressione arteriosa regolari. In Italia gli uomini possono donare massimo quattro volte l’anno, due volte le donne in età fertile. Altri Paesi consentono una frequenza maggiore, per esempio in Francia, USA, Spagna, Portogallo, Brasile. Come sappiamo la legislazione italiana (Legge 21 ottobre 2005, n. 219) prevede una giornata di riposo retribuita per chi ha effettuato una donazione. Questa norma, adottata anche da altre nazioni europee per incentivare maggiormente i potenziali donatori, è comunque di carattere precauzionale e viene normalmente disattesa dai donatori lavoratori autonomi che, dopo la donazione, in genere affrontano una normale giornata di lavoro. Livio Iacovella CURIOS@NDO n LE CINQUE TERRE E IL SENTIERO AZZURRO Elisir di lunga vita in un solo giorno, tra muretti, panorami affascinanti e buon cibo Per vivere una vacanza emozionante non è necessario salire in aereo o in nave; basta mettersi in cammino lungo uno dei tanti sentieri che attraversano le nostre belle valli o i nostri magnifici monti, vista la ricchezza degli scenari italiani che pochi altri Paesi al mondo possono vantare. Per giunta, camminare non costa più di tanto. L’attrezzatura per farlo ha costi minimi e gli itinerari per le escursioni sono a portata di ciascuno, talvolta a pochi “passi” da casa nostra. Ogni regione vanta infatti decine di opportunità seppure non tutti i sentieri tracciati sono pronti ad accogliere in sicurezza turisti e vacanzieri di ogni età. Andare a piedi da un posto all’altro riserva quasi sempre piacevolissime sorprese, soprattutto perché camminare aiuta l’escursionista a riappropriarsi di colori, profumi, suoni e rumori che il nostro Paese spesso regala in gran quantità. Ce n’è per tutti i gusti e specialmente per ogni tipo di preparazione; basta affidarsi a chi ha più esperienza e può sostenerci nello sforzo con un consiglio o un suggerimento, utili a vivere un’esperienza bella da raccontare appena tornati in ufficio. In Italia operano diverse organizzazioni in grado di assicurarci proposte molto interessanti; dal Club Alpino Italiano a Trekkingitalia e Federtrek. Esistono associazioni che invitano ad un vero e proprio viaggio a piedi di più giorni come Movimento Lento, Walden, la Compagnia dei Cammini. Di queste associazioni ne esistono talmente tante che non sarà difficile trovarne una che fa al caso nostro. Quella che proponiamo noi per iniziare è un’escursione tra le più classiche, ma di sicuro effetto per chi vuole vivere uno o più giorni di vacanza all’aria aperta: le Cinque Terre, parco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, che vanta parecchi sentieri, uno più affascinante dell’altro, di facile accesso e fruibilità. Il mezzo di trasporto migliore per raggiungere le Cinque Terre è sicuramente il treno, lungo la linea ferroviaria Genova-Roma, fermata La Spezia, da dove partono treni regionali che fermano in tutte le stazioni delle Cinque Terre. La nostra scelta ricade sul sentiero che il sito internet www.cinqueterre.it indica come il numero 2, più noto come Sentiero Azzurro. E’ uno dei più apprezzati percorsi pedonali di tutta l’Italia, sia perché non presenta particolari difficoltà, sia per gli scorci panoramici Incon t ri - genn ai o 201 4 n che regala alle migliaia di camminatori che lo percorrono in ogni stagione dell’anno. Si tratta di un itinerario già esistente nel Medioevo (eccetto il segmento che coincide con la Via dell’Amore, risalente al Novecento), per secoli unica via di comunicazione fra gli abitanti del litorale. Dal Sentiero Azzurro partono anche decine di mulattiere che salgono fino al crinale, disegnando una fittissima ragnatela di percorsi attraverso muretti a secco, piccoli nuclei abitati e Santuari. Anche se è possibile percorrere tutto il sentiero in una sola giornata è comunque consigliabile frazionarlo in più tappe. Nelle località raggiunte non mancano B&B, hotel e affittacamere per ogni esigenza. Il nostro suggerimento è di mettere in calendario l’escursione giusto dopo aver svolto un po’ di allenamento; diciamo all’inizio della primavera. L.I. 35 al riparo con PACCHETTO ASSICURATIVO DIRCREDITO POLIZZA RC PROFESSIONALE POLIZZA CASSIERI POLIZZA INFORTUNI POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PROFESSIONALE) POLIZZA TUTELA GIUDIZIARIA (VITA PRIVATA) POLIZZA RC CAPOFAMIGLIA e ancora... Polizza Long Term Care Prodotti Vita n Polizza RC Auto Polizza Viaggi n Polizza Casa Progetto Welfare Spese Odontoiatriche Consulta la pagina AON su www.dircredito.info