Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46/art. 1, comma 1, DCB Roma - Prezzo copia euro 0,20
MENSILE DIRCREDITO
ncontri
I idee&fatti
gennaio 2014
anno IV
18
USCIAMO DALL’EMPASSE
CONTRATTO
www.dircredito.info
informati con DirCredito
Incontri
idee&fatti
Anno IV - numero 18 - gennaio 2014
Editore: DirCredito
Direttore responsabile: Franz Foti
Vice Direttore: Cristina Attuati
Comitato di direzione: Maurizio Arena, Silvana Paganessi,
Franz Foti, Cristina Attuati
Hanno collaborato a questo numero
Maurizio Arena, Cristina Attuati, Silvio Brocchieri, Dante Columbro,
Franz Foti, Elisabetta Giustiniani, Livio Iacovella, Claudio Minolfi,
Agnese Ninci, Giulio Pomar, Dante Sbarbati.
Progetto grafico: Claudia Spoletini
Stampa: Orfeo Planet s.r.l. - Roma
Redazione: Via Principe Amedeo 23 - 00185 Roma
Periodico telematico in corso di registrazione
Reg. Trib. Roma n. 441/2005 - Iscrizione al ROC n. 13755
chiuso in tipografia il 23 gennaio 2014
SOMMARIO
IL PUNTO
Cambiare marcia per reggere le sfide del fututro
L’EDITORIALE
Contratto, usciamo dall’empasse
INTERNAZIONALE
Brevi dal mondo
Svizzera vince il fronte del “no” al riequilibrio delle retribuzioni aziendali
Stop alle speculazioni bancarie USA, da luglio scatta la “Regola Volcker”
SINDACATO
Crisi: sull’altare della stabilità disoccupazione e recessione
Federcasse come Abi, disdettati i Ccnl delle BCC
Manager: una strategia innovativa che privilegi il lavoro
Continua l’odissea in Equitalia
Contratti. Ingorgo politico e sindacale, sfida contro il tempo
Regali alle banche per 50 miliardi, ai lavoratori 182 euro
POLITICA
“Shut up and deal”, piantala e dai le carte
FINANZA
La Legge di stabilità punto per punto
LAVORO
Stipendi d’oro? C’era una volta la banca, ma oggi...
Esodati e “milleproroghe” il labirinto della vergogna
Creatività politica in Regione Liguria, s’inventa l’indennità di sopportazione
Premio Alte Professionalità alla seconda edizione
Il merito e la struttura del salario, riflessione per i prossimi contratti
LEGALE
Osservatorio sulla giustizia
Il filo d’Arianna
SOCIETÀ
The Nonna State
“Noi, il popolo” così si apre la Costituzione degli U.S.A.
Il popolo siamo noi
PERSONE
Nelson Mandela rilancia la sfida
CURIOS@NDO
Sua Maestà l’orologio
Commercio elettronico, volano le vendite, vita dura per gli intermediari
Donare il sangue fa bene, a noi e agli altri
Le Cinque Terre e il Sentiero Azzurro
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n I L P U N TO
Il fatto
del mese
CAMBIARE MARCIA
PER REGGERE LE SFIDE DEL FUTURO
Lo scorso 9 gennaio, si è svolto a Roma un incontro tra i Segretari Generali al fine di elaborare una
strategia unitaria in vista dell’apertura del confronto con ABI per il rinnovo del Contratto Nazionale di
Categoria.
La strategia condivisa è quella di aprire un dibattito con l’Associazione Bancaria a tutto campo, avva-
lendosi anche del supporto di figure esterne al settore con competenze nel campo economico.
La necessità di cambiare marcia, allargando il perimetro della discussione, nasce dal fatto che il settore,
per poter reggere le sfide del futuro, deve cambiare pelle, rinnovandosi, individuando nuovi modelli or-
ganizzativi e di servizio, investendo su nuove professionalità e non semplicemente tagliando i costi.
La terzietà degli esperti chiamati a dare il loro contributo di idee garantirà al Sindacato di proporre
alle aziende modelli di sviluppo sostenibili, che non pregiudichino i profili professionali degli addetti,
ma li valorizzino, mettendoli al centro di un progetto di rilancio delle aziende.
L’orizzonte temporale che ci si è posti per la presentazione della piattaforma è il prossimo febbraio. Dir-
Credito insieme alle altre organizzazioni sindacali ha come scopo primario quello di confrontarsi con
ABI su questioni di merito, senza alcuna pregiudiziale, ma non mancando di far notare, dati e pareri
degli esperti alla mano, che se nel settore qualcosa non ha funzionato, forse non è solo colpa della crisi,
ma anche della scarsa lungimiranza dei modelli di banca fin qui proposti, non dai lavoratori, ma da chi
le banche le ha gestite.
La sfida lanciata ad ABI è quella di confrontarsi in modo non convenzionale, abbandonando alibi, spesso
più aziendali che sindacali, che riconducono le difficoltà del settore al costo del lavoro degli addetti, di-
menticandosi di scorporare dallo stesso le retribuzioni e i bonus dei top manager.
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In cont ri
Maurizio Arena
L’ E D I TO R I A L E n
CONTRATTO
USCIAMO DALL’EMPASSE
contratto fino al prossimo 30 settembre supera, da un punto di vista
formale, la disdetta unilaterale del
contratto.
Noi però badiamo alla sostanza e
consideriamo tale proroga non come
obiettivo, ma come punto di partenza.
E’ imperativo che le parti si rivedano
per fornire risposte ai lavoratori, fissando tempi modi e contenuti del
nuovo contratto dei bancari.
E’ infatti impensabile che da un lato
ABI cerchi di depotenziare le tutele
dei bancari, ma dall’altro tenti di guadagnare tempo giocando al ribasso.
Siamo convinti che l’unica risposta
possibile da dare ai colleghi, dopo la
loro convinta e massiccia astensione
dal lavoro, sia quella di abbandonare
tecnicismi e bizantinismi per dar loro,
in tempi celeri e certi, un nuovo quadro di regole.
“
Crediamo che la coerenza e la trasparenza, alla lunga, paghino e che sia
nostro compito adoperarci per
uscire dall’empasse.
I banchieri continuano a trincerarsi
dietro la diminuzione degli utili determinata dalla crisi e dalla, così lasciano
intendere, inadeguatezza o meglio
obsolescenza professionale degli addetti. Tutto questo ci crea un certo
sconcerto.
Tuttavia, a parte la vecchia ricetta del
taglio del costo del lavoro, i banchieri
sembrano non avere la capacità di
proporre soluzioni veramente innovative che rilancino le aziende, magari
ricominciando a scommettere sulla
solvibilità di imprese e famiglie.
Forse anche questa incapacità di tornare ad immaginare il futuro in termini di sfida e di crescita è sintomo
di obsolescenza: la loro.
La proroga della vigenza
dell’attuale contratto
fino al prossimo
30 settembre supera,
da un punto di vista formale,
la disdetta unilaterale
del contratto
“
Come era prevedibile lo sciopero
dello scorso ottobre, a cui hanno
aderito massicciamente i lavoratori
bancari, ha prodotto i suoi effetti.
L’ABI è finalmente scesa dal suo piedistallo e, dimostrando per la prima
volta in diversi mesi un barlume di
senso di responsabilità, ha convocato
il sindacato per trovare una soluzione
condivisa, che consentisse l’adeguamento del Fondo di solidarietà a
quanto previsto dalla legge Fornero.
Si trattava dal nostro punto di vista
di un atto dovuto.
Il Fondo, infatti, nell’ultimo decennio
ha consentito al settore di ristrutturarsi senza creare tensioni occupazionali e garantendo l’accesso volontario
a migliaia di lavoratori giunti a ridosso
della pensione.
Uno strumento insomma che, nella
maggior parte dei casi, ha saputo brillantemente coniugare le esigenze
delle aziende di gestire il ricambio generazionale, con la tutela dei diritti
dei lavoratori a scegliere liberamente
di uscire dal ciclo produttivo e, nel
contempo, di continuare a godere di
una retribuzione adeguata.
Tuttavia, per quanto ci riguarda, la vicenda del Fondo andava inquadrata
nel tema più ampio della disdetta anticipata del contratto e, in particolare,
sulla ripresa di un confronto tra le parti
senza il condizionamento pesante di
una cessazione – il prossimo luglio –
degli effetti del contratto di categoria.
Il nostro intento non era certo
quello di guadagnare tempo, ma di
porre le premesse concrete per la ripresa della discussione e per la presentazione di una nuova piattaforma.
La proroga della vigenza dell’attuale
di Maurizio Arena
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n INTERNAZIONALE
BREVI DAL MONDO
Notizie, fatti e curiosità oltre i confini
n LONDRA: LA METROPOLITANA
“ENTRA” NELLE CASE DI ISLINGTON
A Londra in un quartiere dal nome
Islington circa mille case verranno riscaldate attraverso la metropolitana.
Si tratta di un progetto pilota europeo
chiamato Celsius che prevede il riciclo
di fonti secondarie di calore urbano.
Nel caso specifico, il calore prodotto
dalla metropolitana, che altrimenti andrebbe disperso, verrà convogliato in
una rete di riscaldamento collegata direttamente alle abitazioni.
Una notizia rivoluzionaria anche alla
luce delle enormi quantità di calore secondario che ogni anno vengono sprecate in Europa, disperdendosi nell’atmosfera, che, da sole, potrebbero
sostituire i combustibili e le energie
usate per il riscaldamento domestico.
Quella di Londra, tuttavia, non è
un’esperienza isolata, esistono infatti
altri progetti Celsius in Svezia, Germania e, nel nostro Paese a Genova che
studiano possibilità di riutilizzare il calore rilasciato nell’ambiente da inceneritori, sistemi fognari e reti di
distribuzione del gas. Lo sviluppo di
questi progetti è parzialmente finanziato dall’Unione Europea.
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n LA BEFANA IN TUNISIA REGALA
LA PARITÀ DI GENERE
Per la prima volta un paese arabo
sancisce la parità di genere nella
Costituzione.
Il 6 gennaio, l'Assemblea Costituente
tunisina, a tre anni dalla Rivoluzione dei
gelsomini, approva - con 159 voti favorevoli su 169 votanti - l'uguaglianza dei
tunisini e delle tunisine di fronte alla
legge “senza discriminazioni”.
Alcune associazioni per i diritti umani
criticano il testo perché troppo riduttivo, parlando soltanto di uguaglianza
tra uomini e donne, mentre avrebbe
dovuto riguardare anche la razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, le
opinioni politiche e altro.
Si dimentica che il paese ha un governo a guida islamista e che l'articolo
di legge approvato è il frutto di un
compromesso tra l'opposizione laica
e il partito islamista, che ha tentato di
far passare il concetto di “complementarietà” di genere piuttosto che di
uguaglianza.
Deve ancora essere approvato l'art. 45,
che introduce le pari opportunità, ma
un primo fondamentale passo è stato
compiuto.
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In cont ri
n ITALIA, PRIMA IN EUROPA
NEL GIOCO D’AZZARDO
Si fatica a crederlo, ma l’Italia è il Paese
dell’UE in cui il gioco d’azzardo si è
maggiormente diffuso.
Ormai le macchinette del videopoker
sono ovunque, nei bar, nelle stazioni
di ser vizio, nei supermercati, nelle
tabaccherie.
In alcune cittadine del nord la diffusione pro capite supera quella delle
farmacie o di altri servizi sociali di
prima necessità. Il dilagare di questi “aggeggi” ha determinato da un lato il numero di soggetti affetti da ludopatia,
dall’altro il numero di episodi di violenza sociale e domestica legati al
gioco.
“Secondo i dati di Global betting and
gaming consultants, l’Italia è diventata il
primo mercato in Europa e il quarto al
mondo dopo Stati Uniti, Giappone e
Macao”.
Fortunatamente le istituzioni si stanno
muovendo; insieme alla Lombardia
altre cinque regioni hanno approvato
leggi per contrastare il fenomeno e assistere i ludopatici
Oggi però molti italiani, a Pavia e
altrove, hanno deciso di affrontare il
problema.
A ottobre la Lombardia è diventata la
sesta regione italiana, insieme a diversi
comuni, ad approvare una legge per
contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo e assistere i giocatori patologici.
S I N D A C AT O n
CRISI: SULL’ALTARE DELLA STABILITÀ
DISOCCUPAZIONE E RECESSIONE
Politici italiani ed europei nel mirino delle proteste, lontani anche da se stessi
L’ultima settimana dell’anno l’Italia è
stata attraversata da un’ondata di proteste che hanno determinato il blocco
dei treni, la paralisi del traffico, la chiusura forzata di alcuni esercizi commerciali e, in alcuni casi, per fortuna
sporadici, lo scontro fisico con le forze
dell’ordine.
Sul campo erano presenti forze diverse, culturalmente e politicamente
disomogenee, in alcuni casi addirittura
antagoniste, ma accomunate da un
forte sentimento di ostilità nei confronti del governo e delle politiche di
austerità che da più di due anni affliggono il Paese.
Il sentire comune, non solo di chi protestava, ma in fondo di gran parte della
pubblica opinione, era che la classe
politica ha distrutto l’Italia, determinando l’impoverimento progressivo
della classe media e cancellando il futuro delle nuove generazioni.
Tuttavia, a far compagnia al Governo
italiano, sul banco degli imputati c’era
anche Bruxelles con le sue richieste lacrime e sangue e l’immancabile Euro, la moneta unica
che da opportunità si è tramutata in problema e da speranza in incubo per gran
parte di quei Paesi, il nostro
compreso, che nel non lontano 2001 l’avevano considerata una conquista, un
traghetto sicuro verso il benessere e la stabilità.
E’ proprio questo il punto.
Quale è stato fino ad oggi il
prezzo pagato dalla collettività per una stabilità di cui
non si conosce fino in fondo
il significato e, soprattutto,
quanti hanno potuto godere
di quel benessere economico
introdotto dalla moneta
unica?
“Ribellarsi è un dovere”, si leggeva su
un cartello esibito in piazza dai dimostranti. Tra loro camionisti, piccoli
imprenditori, studenti e disoccupati,
tutti uniti contro la casta politica a
cui si attribuisce la responsabilità della
più lunga recessione economica dal
dopoguerra.
Naturalmente non sono mancati tentativi di strumentalizzazione della protesta da parte di alcuni gruppi di
facinorosi, no global, indipendentisti e
addirittura ultras di diverse tifoserie. La
protesta e i suoi motivi erano nell’aria,
fa impressione tuttavia che, nonostante
anche un adolescente su dieci ne capisca le ragioni, proprio coloro che ne
erano i primi destinatari, i politici, ne
siano almeno a parole rimasti sorpresi,
dimostrando, se ce n’era bisogno, la distanza incolmabile che li separa dal
Paese reale. Le proteste rappresentano
la cartina di tornasole di come alla crisi
economica si aggiunga e si intrecci una
ancor più grave e preoccupante crisi di
rappresentanza.
E’ sempre più elevato il numero delle
Incon t ri
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persone che non si sente rappresentato né dai partiti né dalle imprese, ma
nemmeno - lo diciamo con una forte
preoccupazione - dai sindacati. Probabilmente è giunto il momento non
come ha fatto qualcuno di accarezzare
la protesta, per poi strumentalizzarla a
fini elettorali, ma di dare segnali, magari
piccoli, ma concreti.
E’ necessario abbandonare dibattiti dai
temi antichi e spesso semplicemente
autoreferenziali e prendere atto con
realismo che le cose intorno a noi non
stanno mutando, ma sono già cambiate
radicalmente. Aumenta il numero delle
aziende che chiudono e la disoccupazione giovanile marcia a ritmi infernali,
è già al 42%. Essere scollegati, far finta
di non sentire, voltarsi dall’altra parte
non paga più. L’inquietudine che pervade il sistema-paese va compresa e
gestita. Il problema non si risolve partecipando a trasmissioni televisive sempre più artefatte e salottiere, ma
probabilmente stando un po’ di più tra
la gente che si vuole rappresentare.
Cristina Attuati
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n POLITICA
«SHUT UP AND DEAL»,
PIANTALA E DAI LE CARTE
Il new deal italiano si appresta al decollo, nuovo giro di carte in mano
a Letta, Renzi e Alfano
Spesso, nei periodi di crisi o smarrimento e in assenza di soluzioni valide
per ritrovare la fiducia e la strada giusta che servono a ripartire, ci siamo
sentiti dire che la realtà del futuro bisogna ritrovarla nelle esperienze del
passato: la storia.
La crisi ci sta distruggendo ma non ci
ha sconfitti. In un bellissimo opuscolo
del 1993, intitolato “Roosevelt”, si richiamano due grandi autori americani: Woody Guthrie, scomparso nel
1967, che scriveva nelle sue canzoni
“la polvere non mi può uccidere” e
Bruce Springsteen che canta “c’è un
altro ballo, non devi far altro che dire
di sì” . Insomma ci è andata male ma
avremo ancora un’altra occasione,
basta saperla sfruttare.
Roosevelt riuscì a sconfiggere le conseguenze della crisi del ’29 con un
nuovo corso prendendo in mano il
8
destino vincente dell’America, ridando una nuova mano di carte
dopo quella perdente e disastrosa distribuita da Hoover il quale, di fronte
alla crisi, sosteneva che “la prosperità
è appena dietro l’angolo…si tratta
solo di ritrovare la fiducia”.
Hoover predicava che non era necessario far niente di eccezionale e
che il popolo americano avrebbe riscoperto la fiducia nel sistema, senza
preoccuparsi in che modo recuperarla e con quali uomini gestirla.
Roosevelt sapeva benissimo quali
erano le mosse giuste, come il centromediano in una squadra di football. Sapeva ascoltare la gente
interpretandone espressioni, stati
d’animo, bisogni, desideri e sofferenze
e invitava a prendere la vita nelle proprie mani continuando a sottolineare
che “Questa nazione chiede azione,
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
e azione immediata” e che “l’insuccesso non è l’abitudine americana”.
Predicava che bisognava impedire
che l’evento della crisi si trasformasse
in destino mentre la crisi doveva essere usata per riscoprirlo. E a questo
riguardo ricordava con forza che “il
nostro vero destino non è di essere
governati, ma di governare noi
stessi”, volendo intendere esattamente prendere la vita nelle proprie
mani.
Roosevelt, statista di principi pragmatici e ideologici, governante tattico e
flessibile, moderno “Principe”, trasmetteva la ferma convinzione secondo cui “questa grande nazione
sopporterà come sempre ha sopportato, rinascerà e prospererà ancora”, insistendo sul fatto che “la sola
cosa di cui dobbiamo aver paura è la
paura stessa” e che “le azioni future
POLITICA n
New Deal
Fai ciò che puoi, con ciò che hai, dove sei
Con il termine angloamericano New Deal, letteralmente Nuovo Metodo, si definisce il programma di politica economica
varato dal Presidente degli Stati Uniti, F. D. Roosevelt, per fronteggiare la crisi che sconvolse l'economia americana a
partire dal 1929. Sul piano pratico il New Deal si realizzò con misure immediate di risanamento e intervento (controllo
delle banche, svalutazione della moneta, lavori pubblici) e con riforme a lungo termine, tra cui quella agricola, regolata
dall'Agricultural Adjustment Act (1933) e gli interventi nel settore industriale, stabiliti dal National Industrial Recovery
Act (1933); l'istituzione della Tennessee Valley Authority (TVA, 1933), ente federale che curò la realizzazione di un grandioso complesso di opere pubbliche, assurte a simbolo del New Deal, e la costituzione della Reconstruction Finance
Corporation per il controllo degli investimenti.
Questo complesso di leggi per il rilancio incontrò forti resistenze nel mondo degli affari e della finanza e venne depotenziato nel 1935 (a parte la TVA) da una serie di sentenze di incostituzionalità della Corte Suprema, dominata dai conservatori tradizionalmente sostenitori di un'economia liberista.
Il Presidente Roosvelt, all’atto della sua rielezione, avvenuta trionfalmente, grazie all’appoggio delle classi lavoratrici, varò
il “secondo New Deal”, una serie di misure sociali tra cui spiccano il Social Security Act, riguardante le assicurazioni
sociali, e il National Labor Relations Act (o Wagner Act), per la regolamentazione delle relazioni sindacali, considerato
tuttora la Magna Charta del sindacalismo americano. Roosevelt, con il New Deal, individuò un metodo diverso per riorganizzare l'economia e la società americane, rendendole adatte ad affrontare i tempi nuovi senza sovvertirne le strutture;
il New Deal realizzò il superamento dell'individualismo caratteristico dell'Ottocento e l'avvento del progressismo, che
caratterizzò negli USA gli anni Trenta.
Oggi il termine New Deal viene utilizzato per riferirsi ad un diverso ordine economico in grado di assicurare benessere
e una più equa distribuzione della ricchezza.
dipendono dall’esito della prossima”.
La crisi del ’29 era stata provocata da
sovrapproduzione, quella attuale da
speculazione finanziaria e da distorsioni politiche e sociali, carenza di
piani industriali, agricoli, ambientali,
culturali, turistici, d’innovazione tecnologica ed energetica, da mediocrità
della classe dirigente del paese e dalla
carenza di strategie lungimiranti delle
istituzioni, partiti compresi. Dunque
crisi più complessa e aggrovigliata da
dipanare.
Per Roosevelt e gli Stati Uniti d’America le cose andarono diversamente.
Applicò la pratica dell’ora e subito facendo applicare alcuni provvedimenti
che è bene ricordare: un piano di assistenza nazionale, costruzione di
centrali idroelettriche, impianti industriali, opere d’irrigazione, regolazione
dei fiumi, lotta contro l’erosione del
suolo attraverso il rimboschimento,
la pubblicità nell’emissione di nuove
azioni, il finanziamento delle ipoteche
sulle abitazioni, un sistema di autogoverno industriale e di programma-
zione di lavori pubblici, la separazione
delle operazioni commerciali dagli investimenti garantendo i depositi bancari (Glass-Steagall Banking Act), la
riorganizzazione del credito agricolo
e la nomina di un coordinatore federale dei trasporti.
Correva l’anno 1933, e quei provvedimenti furono varati fra il 4 marzo e
il 16 giugno dello stesso anno, i famosi primi 110 giorni di Delano
Roosevelt. Penso che basti!
Nel nostro ambito governativo e
partitico abbiamo avuto sentore di
proposte e controproposte, di
espressioni sprezzanti verso altri politici, talvolta dello stesso schieramento, di annunci e di rinvii e di
qualche improvvisazione di troppo, di
un pullulare di sigle tributarie dove
pochi ci capiscono qualcosa.
Abbiamo affidato le prossime mosse
a voi cari Letta, Alfano e Renzi, nuova
generazione. Non è certo che altre
mosse possano accompagnare il vostro e il nostro cammino.
Sarebbe utile che ci richiamassimo
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
tutti quanti a un “Patto nazionale di
rinascita”, improntato alla giustizia sociale, segnalandovi un passo del compianto cardinale Carlo Maria Martini:
“Vi è la simultanea presenza di due
forze eterogenee e tendenzialmente
opposte, la forza del potere, una
forza fattuale che spinge a far prevalere l’interesse di parte e la forza
della ragione e della giustizia, una
forza ideale… per cui la soluzione razionale del problema consiste nel non
sacrificare la giustizia al potere, ma subordinando il potere alla giustizia”.
Martini richiamava Pascal: “la giustizia
senza la forza è impotente; la forza
senza la giustizia è tirannica… bisogna dunque mettere insieme la giustizia e la forza; per giungervi bisogna
far sì che ciò che è giusto sia forte e
ciò che è forte sia giusto” e invitava
ad affidarsi ad una equilibrata distribuzione del potere e alla coscienza
collettiva che costituisce il fondamento che regge l’edificio strutturale
e ne assicura il funzionamento.
Franz Foti
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n FINANZA
LA LEGGE DI STABILITÀ
Riproponiamo un aggiornamento dell’articolo sul ddl “stabilità” approvato in via
definitiva dal Senato senza modifiche rispetto al testo della Camera. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale la
manovra è divenuta legge dello Stato.
Dopo l’iter a Montecitorio, l’entità della
spesa riguardante questo provvedimento
è passata a 14,7 miliardi nel 2014, di cui
12,2 miliardi coperti con le misure del
ddl e circa 2,5 miliardi che andranno a
deficit.
La manovra resta però sbilanciata sul lato
delle entrate: le coperture arrivano infatti
da maggiori tasse con il prelievo fiscale e
contributivo che aumenta di 2,1 miliardi
nel 2014, di circa 600 milioni nel 2015 e
di 1,9 miliardi nel 2016.
Ecco le principali novità, integrate dalle
modifiche introdotte dal decreto milleproroghe.
n
TASSE SULLA CASA
Arriva la Iuc, la nuova imposta unica comunale, che per la parte patrimoniale
non riguarderà la prima casa, e che conterrà per tutti, abitazioni principali comprese, la tassa sui servizi indivisibili (Tasi)
e quella sui rifiuti (Tari) che saranno pagate, in quote determinate dai comuni,
anche dall’inquilino. Il tetto dell’aliquota
“ La manovra resta sbilanciata
sul lato delle entrate:
le coperture arrivano infatti
da maggiori tasse
con il prelievo fiscale
e contributivo
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n ge n nai o 201 4 -
”
In cont ri
Tasi per la prima casa è (per il momento)
del 2,5 per mille per il 2014. Circa 500
milioni saranno assegnati ai Comuni per
l’introduzione di detrazioni.
n
MINI RATA IMU SLITTA
24 GENNAIO
AL
Il pagamento della mini-rata Imu (costituita dalla differenza fra aliquota base 4%
e quella maggiore eventualmente deliberata dal Comune) e dell’addizionale Tares
non versata a dicembre slittano dal 16 al
24 gennaio 2014.
n
CUNEO FISCALE
n
FONDO TAGLIA-CUNEO
Nuovo limite introdotto allo scaglione
dei 55mila euro; i maggiori effetti del taglio si producono comunque, tra i 15mila
e i 28mila euro.
Nasce il fondo taglia cuneo fiscale alimentato con risorse ricavate dalla spending review e dai proventi della lotta
all’evasione fiscale. I tagli saranno divisi in
egual misura tra lavoratori e imprese.
n RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI
Nel triennio 2014/2016 la rivalutazione
dell’assegno sarà pari al 100% fino a tre
volte il minimo, 95% fino a 4 volte il minimo, 75% fino a 5 volte il minimo, 50%
fino a 6 volte il minimo e 40% oltre 6
volte il minimo.
n
SALVAGUARDIA
23 MILA ESODATI
PER
Vengono stanziate nuove risorse (ulteriori 950milioni di euro dal 2014 al
2020) per salvaguardare altri 23mila esodati rappresentati da 15.900 contributori
volontari, 1.000 contributori volontari in
mobilità ordinaria, 900 esodati e 5.200
licenziati.
n
STRETTA SUL PUBBLICO IMPIEGO
La percentuale di assunzioni è pari al
40% degli esodi nel 2015, al 60% nel
2016, all’80% nel 2017 e al 100% nel
2018. Si estende inoltre il tetto di circa
FINANZA n
PUNTO PER PUNTO
302.000 euro per lo stipendio dei dirigenti pubblici.
La Banca d’Italia, nel pieno della sua autonomia, dovrà decidere se adeguarsi o
meno al nuovo regime.
CONTRATTI SOLIDARIETÀ
AL 70% DELLO STIPENDIO
n
Per il 2014 i contratti di solidarietà potranno contare sul 70% della retribuzione persa a causa della riduzione
dell’orario di lavoro. Le risorse stanziate
ammontano a un massimo di 50 milioni
di euro.
n
WEB TAX SOFT
n
AFFITTI D’ORO
Obbligo di partita Iva per gli spazi pubblicitari e il diritto d’autore sul web.
Viene introdotta, dal decreto mille proroghe, la norma che consente alla Camera e al Senato di recedere dagli affitti
da loro stipulati, anche in mancanza della
clausola rescissoria, con preavviso di 180
giorni.
n
TRACCIABILITÀ AFFITTI
Divieto di pagare in contanti il canone di
locazione di qualsiasi importo (ad eccezioni per le case popolari ed enti assimilati) con affidamento dell’attività di
monitoraggio ai comuni.
n
BONUS BEBÈ PER FAMIGLIE
BASSO REDDITO
Stanziamento di circa 22 milioni per i nuovi
nati e i bimbi adottati per l’anno 2014.
n
QUOTE BANKITALIA
12%
CON IMPOSTA AL
Arriva un’imposta sostituiva al 12% (ex
16%) sulla rivalutazione delle quote di Via
Nazionale detenute dai partecipanti.
n
ANATOCISMO BANCARIO
Stop all’anatocismo degli interessi bancari. Gli interessi periodicamente capitalizzati non potranno produrre interessi
ulteriori che, nelle successive operazioni
di capitalizzazione, andranno calcolati
esclusivamente sul capitale.
n
CONTRIBUTO SOLIDARIETÀ
SU PENSIONI D’ORO E VITALIZI
Prorogato per il triennio 2014-2016 il
contributo di solidarietà del 3% per la
parte di reddito che supera i 300.000
euro.
Scatta da gennaio e per un periodo di
tre anni un nuovo contributo di solidarietà sulle pensioni superiori a poco più
di 90.000 euro lordi annui. Il prelievo è
del 6% sulla parte tra 14 e 20 volte il minimo Inps, al 12% tra 20 e 30 volte e al
18% per la parte oltre 30 volte il minimo.
Il contributo vale anche per i vitalizi e le
rendite degli organi costituzionali, di regioni e province autonome.
n
RISORSE SOCIAL CARD PER IL
PROGRAMMA INCLUSIONE ATTIVA
Le risorse devono essere intese “come
sperimentazione di un apposito programma di sostegno per l’inclusione attiva, volto al superamento della condizione
di povertà, all’inserimento e al reinserimento lavorativo e all’inclusione sociale”.
n
BANCHE: DEDUCIBILI IN 5
ANNI LE PERDITE SUI CREDITI
Le svalutazioni e le perdite sui crediti diventano “deducibili in quote costanti
nell’esercizio in cui sono contabilizzate e
nei quattro successivi”.
n
SANATORIA SULLE CARTELLE
28 FEBBRAIO
FISCO ENTRO IL
Si paga una rata unica senza interessi di
mora e senza interessi per mancata iscrizione a ruolo.
n
COSTI STANDARD
n
ELECTION DAY FINO ALLE 23
Verranno applicati dal 2015 anticipando
di un anno quanto previsto.
Dal 2014 ci sarà l’election day e le operazioni di voto si svolgeranno in una sola
giornata, dalle 7 alle 23.
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
n
STOP DELL’IMPOSTA DI BOLLO
FISSA SU CONTO TITOLI
E AUMENTO PER IMPRESE
Resta l’esenzione per le giacenze inferiori
ai 5.000 euro, viene eliminata dal 2014
l’imposta di bollo fissa su conto titoli pari
a 34,20 euro (per le giacenze tra i 5.000
euro e i 17.145 euro) e contestualmente
viene aumentata per le imprese la misura
massima dell’imposta da 4.500 a 14.000
euro.
n
DETRAZIONI
SU RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE
La manovra proroga fino al 31 dicembre
2014 la detrazione al 65% sugli interventi
di riqualificazione energetica degli edifici
e la detrazione al 50% per le ristrutturazioni semplici.
ARCHIVIO UNICO
PRA-MOTORIZZAZIONE
n
Unificazione in un unico archivio telematico nazionale dei dati concernenti la
proprietà e le caratteristiche tecniche dei
veicoli attualmente conservati nel pubblico registro automobilistico e nell’archivio nazionale dei veicoli.
n
PATTO DI STABILITÀ
Allentamento del patto di stabilità interno, comuni e province potranno finanziare investimenti pari a 1 miliardo e
rimborsare altri 500 milioni di debiti
commerciali in conto capitale.
DISMISSIONI:
1,5 MLD IN TRE ANNI
n
DALLA VENDITA IMMOBILI
Entro fine febbraio il governo definirà un
programma straordinario di cessioni di
immobili pubblici, compresi quelli detenuti dal ministero della Difesa e non utilizzati per finalità istituzionali, tale da
consentire introiti per il periodo 20142016 non inferiori a 500 milioni annui.
11
D.S.
n L AV O RO
INTERVISTA
STIPENDI D’ORO?
C’ERA UNA VOLTA LA BANCA, MA OGGI...
Il posto in banca, almeno fino agli anni
'90, veniva giudicato una sistemazione
a vita, sicura, ben remunerata e con
possibilità di fare carriera nel contesto
di uno status sociale al di sopra della
norma.
Stipendi superiori a quelli delle altre
categorie lavorative, qualche mensilità
in più oltre alla tredicesima, le missioni,
i trasferimenti pagati con contributi per
gli affitti, la scaletta per la carriera con
automatismi legati al ruolo e al tipo di
filiale: il tutto, oltre al prestigio, aveva
un peso non indifferente nella busta
paga, quella che mensilmente veniva
accreditata su un conto corrente privo
di spese e magari pure ben remunerato in termini di interessi e condizioni
speciali.
Una volta era più o meno così, ma oggi
come se la passa un bancario che, a
cavallo del ventennio trascorso, si ri-
“ I benefici economici
n ge n nai o 201 4 -
“
12
per un bancario,
oggi non arrivano più
da un iter di carriera
che si sviluppa,
ma una tantum
dai risultati economici
che riesce a conseguire
In cont ri
trova a vivere un passaggio professionale fra due generazioni agli antipodi?
Abbiamo sentito in proposito un collega romano, Gregorio, 45 anni di età,
Quadro di 2° livello, il quale una ventina d'anni fa era stato assunto in una
grande banca, quando la situazione del
settore era ancora quella felice.
"Altri tempi", sospira Gregorio. "Quando fui assunto in banca come impiegato
di 1a categoria, mi ero appena laureato,
festeggiammo in famiglia perché, come
ribadirono più volte genitori e nonni,
"mi ero sistemato". Anch'io ero convinto di quest'affermazione e decisi, da
subito, che avrei voluto e dovuto fare
carriera".
Per soddisfazione personale ed anche
economica?
“Lo stipendio, intorno al milione di lire,
per un neo assunto, all'epoca, non era
niente male. Quello fu l'ultimo decennio felice per le banche, bastava essere
un po’ ambiziosi, essere disponibili ai
trasferimenti e si faceva una discreta
carriera anche senza essere raccomandati. Per me fu così. Feci, infatti, alcuni
trasferimenti, qualcuno anche senza
passaggi di grado, ma ottenendo assegni alla persona che, alla lunga, mai immaginando le ristrettezze future,
hanno costituito una buona voce di
stipendio”.
Ma il settore, all'epoca, come se la
passava?
“Apparentemente bene. Allora imperava Enrico Cuccia e tutto dipendeva
da lui; nessuno, neppure per scherzo,
poteva ipotizzare qualche banca in
crisi; solo qualche anno dopo venne
fuori Cesare Geronzi con la politica
delle acquisizioni, diceva allora, per
espandersi. Successivamente i gradi e i
benefit furono ridotti e, di conseguenza, diminuirono le possibilità di ot-
L AV O RO n
INTERVISTA
tenere in busta paga "ritorni" adeguati
di carriera o nei trasferimenti”.
Oggi, invece, tutto diverso?
“Tutto diverso col punto esclamativo!
Sembra di operare non più in ambito
bancario ma in un altro settore. Economicamente, con circa 2.000 euro
netti, farei fatica a tirare avanti se non
ci fosse un lavoro part time di mia moglie (altri 500 euro) perché, con due
figli ancora studenti e con un residuo
mutuo da pagare, vivere in una grande
città come Roma, sia pure in un quartiere periferico, è davvero oneroso”.
Quali sono le voci che pesano
maggiormente sul vostro bilancio
familiare?
“Purtroppo le solite! Innanzitutto le
rate del mutuo e, poi, le benedette bollette delle utenze, le tasse comunali. Di
auto, ora, ne abbiamo una soltanto e
cerchiamo, grazie ai mezzi pubblici, di
sfruttarla utilmente. Per i divertimenti,
non andiamo oltre qualche cena in pizzeria, sottolineo pizzeria, non ristorante, con amici che vivono la nostra
stessa situazione. D'estate facciamo le
vacanze nella casa natia di mia moglie
in un paesino del Molise dove, se non
altro, ci ritempriamo, mentre i figli
vanno a Fregene e si muovono in motorino. Facciamo il possibile per non
privare loro di nulla e siamo pure fortunati ad averne due che si sono immedesimati nella situazione. Il maschio
voleva andare a studiare Ingegneria
Meccanica a Modena perché la sua
aspirazione era ed è quella di essere
assunto alla Ferrari, ma dopo aver fatto
un po’ di conti, si è convinto da sé che
fosse più conveniente per la famiglia
iscriversi alla Sapienza, rimanendo a
casa propria. Per le stesse ragioni analoga scelta farà la sorella alla fine del
Liceo”.
Quindi è ora di smetterla di parlare
di bancari privilegiati?
“Oggi la figura professionale del bancario è svilita perché se pensiamo che
le agenzie sono composte da 2/3/5
persone (una volta erano di 10/20/30),
quale prestigio, a livello di immagine,
può godere, ad esempio, un Direttore
presso la clientela? Nessuno, e questo
declino si riflette nella stessa maniera
nella busta paga. Ormai tutto si svolge
online e l'elemento umano ne ha risentito sotto ogni aspetto. I benefici
economici per un bancario, oggi non
arrivano più da un iter di carriera che
si sviluppa, ma una tantum dai risultati
economici che riesce a conseguire (aumento della clientela, dei ricavi, con
contestuale diminuzione dei costi ecc.).
E possiamo anche considerarci fortunati!”.
Fortunati? E perché mai?
“Perché continuiamo a godere del
posto di lavoro nonostante quotidianamente si senta parlare di riduzione
di personale. Ora c'é pure la lista delle
banche commissariate da aggiornare
continuamente! Questo settore non
ha nulla a che vedere con quello in cui
ero entrato giovanissimo”.
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
Ma forse è la stessa Italia di oggi che
non ha nulla a che vedere con quella
di allora?
“Eh sì, forse è così, perché se metà
dello stipendio lordo, così come esce
dall'azienda, se lo prende lo Stato in
tasse, allora è chiaro che non potremo
mai farcela e tutti continueremo ad
aspettare con ansia la fine del mese
per lo stipendio. Anche noi bancari,
purtroppo!”
In questa situazione, di risparmio neppure se ne parla, immagino…
“Il risparmio è una chimera; e per fortuna che, oltre al mutuo ancora per
quattro anni, non abbiamo debiti; finora
siamo riusciti ad evitare l'utilizzo del
modesto fido per scoperto che la
banca mi mette a disposizione e i figli
utilizzano una carta di credito ricaricabile. Solo mantenendo la situazione familiare rigidamente sotto controllo e,
diciamolo pure, con la responsabilità di
tutti, si riesce ad arrivare indenni a fine
mese”.
E il futuro come lo vede?
“Io spero di arrivare alla pensione
senza fare l'esodato; è l'avvenire dei figli
che mi preoccupa: alla ragazza dico
sempre, scherzando, che in mancanza
di lavoro dovrà trovarsi almeno un
buon marito che le consenta di fare la
brava casalinga, come si usava una
volta, mentre al maschio auguro che la
Ferrari continui sempre a mantenere
rampante il cavallino per poter coltivare speranze d'assunzione...”
Dante Columbro
13
n LEGALE
OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA
a cura di Claudio Minolfi
n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Sentenza n° 21922 del 25 settembre 2013
ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO A SEGUITO DI RICHIESTA IN FORMA
SCRITTA DELL’ORDINE DI ASSEGNAZIONE A NUOVE MANSIONI.
TALE PRETESA NON COMPROMETTE IL POTERE ORGANIZZATIVO E
DIRETTIVO DEL DATORE DI LAVORO
La Corte d’Appello di Milano dichiarò, nel 2008, l’illegittimità del licenziamento comminato ad una lavoratrice dipendente per aver subordinato l’esecuzione di una prestazione all’attribuzione con “lettera scritta” del nuovo incarico, stante la particolare
complessità rispetto alle mansioni sino ad allora svolte.
Condannata la società datrice di lavoro alla reintegrazione della dipendente ed al pagamento in suo favore di un’indennità risarcitoria, a nulla è valso poi, anche presso la
Corte di Cassazione, eccepire che la lavoratrice sarebbe stata in grado di assolvere
al compito richiestole, avendone la capacità professionale, potendosi ravvisare nella
sua pretesa un rifiuto all’esecuzione di una prestazione lavorativa.
Se pur vero, come già da precedenti assunti, il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire
una prestazione per il solo fatto che non corrisponda alle mansioni della qualifica
d’appartenenza, nel caso in specie i Giudici della Suprema Corte, hanno ritenuto che
pretendere l’ordine in forma scritta non concretizzi un vero e proprio rifiuto da parte
del lavoratore.
Il comportamento in discorso, precisa poi la Sentenza, non può essere considerato
incompatibile con il potere direttivo ed organizzativo dell’imprenditore, apparendo
la richiesta di forma scritta della dipendente rispondente a criteri di logicità e congruità, trovandosi essa esposta a possibili errori nell’esecuzione di compiti non abituali.
“
pretendere l’ordine
in forma scritta
non concretizza
un vero e proprio
rifiuto da parte
del lavoratore
“
n Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro
Sentenza n° 24260 del 28 ottobre 2013
ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA, SE DOVUTO
A RIFIUTO DI TRASFERIMENTO NON CONCRETAMENTE E
DETTAGLIATAMENTE MOTIVATO DAL DATORE DI LAVORO
14
n ge n nai o 201 4 -
“
In cont ri
per la validità
del trasferimento
devono essere
indicate nella sua
comunicazione
le ragioni tecniche,
organizzative
e produttive
“
Dichiaratane l’illegittimità in primo grado dal Tribunale di Roma, decisione poi riformata dalla Corte d’Appello, sono stati definitivamente vanificati dalla Corte di Cassazione gli effetti del licenziamento di una lavoratrice dipendente che, a seguito del
suo trasferimento, non si era presentata alla nuova postazione stante il mancato riscontro, da parte del datore di lavoro, alla sua richiesta di conoscere le concrete motivazioni del provvedimento.
Sebbene il trasferimento della lavoratrice fosse dipeso da una sua evidente problematicità caratteriale, la Suprema Corte rilevando non trattarsi di provvedimento disciplinare e quindi preclusa la disciplina prevista dallo Statuto dei Lavoratori (art. 7),
ha ritenuto analogicamente applicabile la norma dettata dall’art. 2 della Legge n° 604
del 1966 in tema di licenziamenti.
Ai fini della validità del trasferimento, precisa la Corte, è sufficiente che vengano indicate, contestualmente alla sua comunicazione, le ragioni tecniche, organizzative e
produttive, ma qualora queste vengano contestate é necessario che risultino effettive
e che il datore di lavoro fornisca prove in tal senso, sorgendo, in presenza di esplicita
richiesta del lavoratore, un vero e proprio onere a suo carico.
In mancanza, quindi, di risposta nel termine dei sette giorni previsti dalla Legge n°
604, anche in caso di trasferimento il relativo provvedimento sarà considerato illegittimo, rendendo inefficace ogni altra iniziativa ad esso conseguente. .
INTERNAZIONALE n
SVIZZERA, VINCE IL FRONTE DEL «NO»
AL RIEQUILIBRIO DELLE RETRIBUZIONI AZIENDALI
Il referendum boccia la proposta del rapporto di uno a docici fra le retribuzioni in un’azienda
La Confederazione Elvetica continua a
sorprenderci. Il referendum recentemente proposto dai Giovani Socialisti,
che chiedeva ai cittadini svizzeri di esprimersi sulla necessità di introdurre un
rapporto massimo di 1 a 12 sul differenziale tra le retribuzioni erogate nella
stessa azienda, ha subito una sonora
sconfitta, mettendo di fatto la parola fine
al confronto apertosi in Svizzera sulla necessità di “calmierare” le retribuzioni dei
Super Manager.
L’elettorato ha rigettato le ragioni dei socialisti che chiedevano un cambiamento
sostanziale della natura delle relazioni industriali del Paese, coinvolgendo per la
prima volta lo Stato.
Alla fine ha prevalso il timore che un’eccessiva statalizzazione e quindi regolamentazione dei rapporti di lavoro
arrecasse danni all’iperliberista economia
elvetica.
Hanno votato no più del 65% dei cittadini con percentuali mediamente omogenee in tutti i Cantoni della Confederazione. Chi guardava agli svizzeri come
apripista rispetto alla creazione di un
rapporto economicamente ed eticamente sostenibile tra retribuzioni del top
Management e gli altri lavoratori è rimasto deluso. Tuttavia, già per l’anno prossimo è prevista una nuova consultazione
referendaria sull’ipotesi di istituire un salario minimo per i redditi più bassi.
Ancora una volta il tema della “giustizia
sociale” dovrà aspettare il suo turno per
ritornare al centro dell’agenda elvetica.
La speranza è che i cittadini dimostratisi
tiepidi in tema di ridimensionamento
delle retribuzioni dorate si rivelino
più sensibili sul cosiddetto reddito di
cittadinanza.
Certo è interessante capire come mai
un quesito, quello sulla limitazione dei salari del top management, apparentemente così sentito e dibattuto, abbia poi
prodotto un risultato tanto distante dalle
aspettative di chi l’aveva promosso.
Probabilmente le ragioni dell’insuccesso
andrebbero individuate nell’attaccamento degli svizzeri al partenariato sociale che tanto bene ha funzionato
nell’individuazione di un equilibrio sostenibile tra le diverse parti sociali, stato
centrale incluso.
Altro fattore determinante per il risultato
è stata l’innata diffidenza rispetto a qualsiasi forma di intrusione dello stato nell’economia. Il fronte del “no” ha vinto la
battaglia anche paventando il rischio di
un ricorso alla delocalizzazione da parte
delle imprese, fenomeno tristemente
noto nel nostro Paese, che avrebbe reso
il modello svizzero un po’ più simile a
quello francese e quindi potenzialmente
più debole di fronte alla crisi in atto.
Naturalmente, a detta dei loro portavoce, è stato il fronte che fa capo ai partiti conservatori a considerare l’esito
delle votazioni come una grande vittoria.
Infatti, ancora una volta, gli Svizzeri hanno
fatto prevalere il loro pragmatismo
su qualsiasi ragionamento proveniente
dalla pancia che li avrebbe indotti verso
un modello salariale maggiormente
equilibrato.
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
I Socialisti, dal canto loro, al di là della
sconfitta che reputano solo temporanea,
considerano particolarmente positivo
che, per la prima volta, nel Paese si sia
aperto un dibattito serio in tema di giustizia sociale. Pur consapevoli che il sentimento prevalente, almeno per ora, è un
altro, i promotori del referendum non intendono mollare e sottolineano come
alla lunga un aumento eccessivo delle retribuzioni dei manager possa mettere a
rischio la coesione sociale, elemento imprescindibile anche per una nazione
come la Svizzera che ha fatto del benessere e del liberismo le sue bandiere.
Sembra infatti che anche là dove la crisi
non si è fatta sentire in modo così drammatico come nel nostro Paese, si stia capendo, seppure con estrema lentezza,
che alla lunga le disuguaglianze sociali ed
economiche non producono ricchezza,
anzi acuiscono fenomeni sociali che con
un po’ più di intelligenza e un po’ meno
egoismo potrebbero essere gestiti senza
danni.
C. A.
15
n INTERNAZIONALE
STOP ALLE SPECULAZIONI BANCARIE USA,
DA LUGLIO SCATTA LA «REGOLA VOLCKER»
Passi in avanti anche in Europa, scettica la Germania, l’Italia fanalino di coda
Sono solo 37 le parole inserite nel disegno di legge di 848 pagine, che prevede
la revisione della regolamentazione delle
istituzioni finanziarie americane. Si tratta
della “Volcker rule”, regola Volcker,
così chiamata perché proposta da Paul
Volcker, l’ex presidente della Federal
Reserve.
La norma impedisce alle banche di effettuare attività d’investimento rischiose
usando capitali propri ed è stata pensata
per evitare le speculazioni all’origine della
crisi scoppiata nel 2008.
I legislatori hanno voluto introdurre degli
strumenti che impedissero alle banche il
gioco d'azzardo con depositi assicurati
dal governo federale, promuovendo cioè
operazioni effettuate esclusivamente per
il loro tornaconto, piuttosto che servire
i clienti.
L’impatto immediato di tutto ciò sarà
modesto, poiché le maggiori banche
americane, proprio in previsione dell’introduzione della norma, avevano già
provveduto ad eliminare le forme più
evidenti di proprietary trading. La legge,
approvata con un anno e mezzo di ritardo rispetto a quanto era stato previ-
16
sto, entrerà in vigore già da quest’anno,
rappresentando un nuovo seppur modesto passo del governo federale statunitense verso la finanza immorale.
A giugno i colossi bancari americani saranno tenuti a comunicare alcuni dati
all’autorità federale, anche se la norma
diverrà pienamente cogente solo nel luglio del prossimo anno.
Le banche Usa, così come gran parte di
quelle Europee, godono di un sistema di
protezione pubblica. Vale a dire che per
rendere meno turbolento e soggetto a
sbalzi il sistema del credito che risulta vitale per l’economia e la vita di milioni di
persone, gli stati, come peraltro già successo, possono intervenire per salvare
istituzioni finanziarie in difficoltà.
Molto spesso però le banche si sono approfittate di tale regime protezionistico
speculando sui mercati finanziari.
Quando la scommessa veniva vinta le
aziende tenevano per sé i guadagni stratosferici ottenuti, scaricando invece sulle
spalle dello Stato e quindi dei cittadini le
eventuali perdite.
In parole povere era sempre il banco, o
meglio la banca a vincere.
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
Tuttavia, pur non essendo ancora divenuta esecutiva negli Stati Uniti, la Volcker
Rule all’europea, produce fughe in avanti,
crea contrasti, genera polemiche.
Il Credit Suisse ha già riunificato la gestione patrimoniale con il private banking
per dare maggiori attenzioni e garanzie
alla clientela retail, anticipando, di fatto, le
«nuove norme sulla vigilanza».
Nella stessa direzione si sta muovendo
anche il governo francese che intende riformare il settore bancario dividendo, all’interno delle banche nazionali, l’attività
di chi farà trading, da quella di chi si occuperà del retail.
Un’azione mirata a proteggere i depositi
dei cittadini francesi dagli eccessi della finanza speculativa e creativa. Accanto ai
transalpini troviamo la piccola Finlandia
che, già nel 2013, ha proposto una riforma del sistema bancario europeo, cercando così di mettere ai margini le
attività bancarie rischiose, separate nettamente dal business più tradizionale
come conti correnti, prestiti alle famiglie,
alle imprese, e fidi.
Più cauta appare la Germania, dove
la Bundesbank manifesta scetticismo
affermando che il semplice break up
delle banche universali risolverebbe
solo parte dei problemi dell’attuale sistema finanziario.
Forse tale posizione è avvalorata dal
fatto che in caso di netta separazione tra
attività commerciali e d’investimento sarebbe proprio una banca tedesca, la
Deutsche, a pagare il prezzo più alto.
Nonostante ciò il Governo francese sta
tirando diritto, creando non pochi malumori all’interno del suo sistema bancario
che vive tale separazione come una
sorta di penalizzazione competitiva rispetto alle altre banche dei Paesi UE.
Curiosa è ancora la totale mancanza di
dibattito sul tema nel mondo bancario
italiano, forse spia di come nei fatti l’Europa, anche quella economica, sia già a
due velocità.
Cristina Attuati
LEGALE n
IL FILO D’ARIANNA
Suggerimenti per districarsi nel labirinto della vita quotidiana
Riforma del Condominio: “anagrafe condominiale”.
Come rispondere ai questionari che vengono inviati dagli Amministratori di Condominio ai proprietari degli appartamenti di loro competenza.
La recente riforma del Condominio, nel tracciare gli obblighi degli Amministratori,
modificando l’articolo 1130 del Codice Civile ha introdotto la cura di un Registro
dell’Anagrafe Condominiale contenente le generalità, inclusi codice fiscale e residenza
o domicilio, dei titolari dei vari diritti vantati sugli appartamenti compresi nel Condominio (proprietari, usufruttuari, inquilini, comodatari), nonché i dati catastali e le informazioni sulle condizioni di sicurezza di ciascuna unità immobiliare.
Nessuna norma viene, però, posta circa i termini entro cui devono essere acquisite
tali notizie. Ogni possibile variazione deve essere, a cura del proprietario, notificata
all’Amministratore entro 60 giorni e, qualora i dati fossero richiesti da quest’ultimo,
la risposta deve pervenire entro 30 giorni.
Non vige alcun obbligo a carico del Condomino, ma è solo previsto che oltre detto
termine di 30 giorni, le notizie saranno acquisite direttamente dall’Amministratore
con addebito delle spese all’inadempiente.
Sono pertanto da ritenersi privi d’ogni fondamento i toni perentori con cui vengono
accompagnati i questionari all’uopo creati dagli Amministratori, tra l’altro con le più
svariate caratteristiche.
Particolare riguardo assumono le notizie da fornire in ordine alla sicurezza degli impianti presenti negli appartamenti che, a norma di legge, devono essere rispondenti
alle disposizioni vigenti al momento della loro installazione e non della dichiarazione
circa la loro conformità.
Salvo che non risulti da idonea documentazione cui fare riferimento, per evitare pericolose false attestazioni, sarà quindi preferibile dichiarare la conformità degli impianti
alle normative di sicurezza vigenti all’epoca del loro allacciamento o della loro modifica
(se intervenuta ed a conoscenza).
Il genitore che decide il tipo d’istruzione e di scuola da far frequentare al figlio minore, non può pretendere ristoro delle spese sostenute dal-
l’ex-coniuge se questo non è stato coinvolto nella decisione.
La Corte di Cassazione (I^ Sez. Civile, Sent. N° 10174 del 20 Giugno 2012) ha rafforzato la portata dell’articolo 155 del Codice Civile laddove sancisce, quale fine
esclusivo della disciplina dettata, il principio dell’interesse morale e materiale dei figli,
e ciò indipendentemente dai rapporti che intercorrono, o sono intercorsi, fra i coniugi
separati, che rimangono, comunque, pur sempre genitori.
Sia, pertanto, in costanza d’affidamento esclusivo dei figli minori ad uno dei genitori,
che d’affidamento congiunto ad entrambi, s’instaura tra di loro, per il superiore interesse dei minori stessi, un regime di necessaria condivisione delle scelte per il loro
accudimento e per la loro educazione.
Se tale condivisione trova riscontro, nell’affidamento esclusivo ad un genitore, in quel
diritto-dovere di vigilanza riconosciuto all’altro, nell’affidamento congiunto non implica
che ciascuno dei genitori provveda in modo diretto ed autonomo ai bisogni dei figli,
riducendosi poi l’apporto dell’altro ad una semplice erogazione di danaro, ma
comporta l’assunzione da parte di entrambi i genitori di uguali poteri e responsabilità
nella formazione ed istruzione dei figli, richiedendo a ciascuno di essi l’impegno a
realizzare un comune progetto educativo, frutto di costante e preventiva reciproca
consultazione.
Claudio Minolfi
I ncon t ri
- genn ai o 201 4 n
17
n L AV O RO
ESODATI E «MILLEPROROGHE»
IL LABIRINTO DELLA VERGOGNA
Una boccata d’ossigeno per alcuni, incertezza e disperazione per molti altri
Settimane di discussioni (anche) notturne in Commissione per giungere
alla soluzione finale: si ritirano tutti gli
emendamenti (compresi quelli condivisi da tutti) per rimescolare l'insieme
in un maxiemendamento "prendere o
lasciare". Come ai tempi del Governo
Monti e dei suoi abusati richiami al ricatto europeo ed allo spauracchio
greco.
Strani davvero questi nostri tempi in
cui si tirano fendenti verso i soggetti
più sofferenti, che manifestano il crescente stato di bisogno di molte famiglie e, allo stesso tempo, si assiste al
proliferare di trasmissioni televisive di
grande successo che trattano di prelibatezze culinarie, tanto per rimarcare
che c'è chi è disperato e chi si potrà
nutrire di "foie gras" e prelibato caviale.
Intanto chi avrebbe potuto immaginare
che ci saremmo trovati, nostro malgrado, di fronte all'ex ministro Fornero
18
che, mentre riconosce candidamente
le proprie responsabilità in tema di
danni agli esodati, ritira il premio Tarantelli per le benemerenze acquisite
come capo del dicastero del Welfare.
Succede anche questo!
Un ministro consapevole del suo preoccupante errore si permette di dichiarare che altri, lo afferma spudoratamente, rimedieranno ai problemi
che ha creato.
Niente di più falso ed illusorio: il governo in carica, infatti, dimentico persino del proprio programma, prima
disconosce la gravità del problema
degli esodati e poi, dietro la protesta
forsennata di questi "soggetti invisibili",
rimedia recuperando alla pensione
qualche decina di migliaia di costoro.
Rimangono ancora sul campo moltissimi ancora che alla pensione devono
forzatamente rinunciare.
Il governo non ce la fa a fronteggiare
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
economicamente a sanare quest'ingiustizia che meriterebbe un processo
penale nei confronti di chi ha commesso non un errore, ma un massacro
sociale.
Forse andrebbe sottratta la pensione
o lo stipendio ai responsabili diretti e
indiretti che hanno consentito e progettato questa nefasta operazione,
dentro e fuori dal parlamento, perché
capiscano bene che cosa significhi, moralmente e materialmente, lo stato di
sofferenza in cui versano decine e decine di migliaia di persone ingannate e
le loro famiglie.
Siamo di fronte a un imperdonabile
provvedimento verso gli esodati che
ha messo in ridicolo in tutto il mondo
il nostro paese, mentre fra "gli invisibili"
si fa strada, in maniera sempre più bruciante, il senso d'inadeguatezza e di
vergogna nel subire questa inqualificabile destino.
E ora, come carico aggiuntivo di squallore, gli esodati vengono messi in ginocchio anche dall'onere paradossale
previsto per il pagamento degli ulteriori contributi prima non dovuti
(oltre i 40 anni) senza i quali non taglieranno mai il traguardo verso l'agognata pensione.
Chiedersi con quale lavoro e con quali
soldi provvedere a questo adempimento sarebbe stato un compito assai
gravoso per le menti di chi si è reso
responsabile del misfatto e mentre
gode di privilegi che ad altri non sono
permessi.
Potremmo sostenere di trovarci di
fronte a un "pizzo" di Stato che tutti fingono di ignorare, in cui si afferma di
agire per tutelare gli interessi delle
nuove generazioni per poi trovarci
anche con il tasso di disoccupazione
giovanile che viaggia rapidamente
verso il 43%. Insomma, il danno e la
beffa!
Giulio Pomar
L AV O RO n
CREATIVITÀ POLITICA IN REGIONE LIGURIA
S’INVENTA L’INDENNITÀ DI SOPPORTAZIONE
L’Italia nel paradosso, priorità assoluta al mal di denti e si ignora lo stress da lavoro
Leggendo l'indagine della Mercer
Marsh Benefits (MMB), effettuata alla
fine del 2013 in 16 paesi diversi dell'Emea (Europa, Medioriente, Africa)
sul legame tra la buona salute dei dipendenti e il fatturato, ci si rende conto
di come la crisi economica nel nostro
paese abbia appannato le vere ragioni
della decadenza imprenditoriale italiana.
Nel caso nostro persiste una ottusa
“visione corta”, a causa della quale non
si investe efficacemente nella “spesa sul
benessere”, nonostante si sia dimostrato che politiche di prevenzione e
assistenza sanitaria abbassano i costi
sulla salute del'1,4% e aumentano la
produttività del 27%.
La cultura manageriale italiana mediamente si basa sul “Command and
Control”, cioè sul rispetto delle gerarchie e sull'ubbidienza agli ordini dei
capi, ignorando le capacità e le performance dei dipendenti.
Soltanto 4 aziende italiane su 10 (nei
paesi esaminati 8 su 10) vedono un legame tra politiche di healthcare e produttività/performance.
Neppure le assenze per malattia destano da noi il dovuto interesse: solo il
29% dei Consigli di Amministrazione
chiede un report al proposito, contro
una media Emea del 55%.
Secondo Linda van Andel, della MMB,
la scarsa fiducia delle aziende italiane
nella “spesa in benessere” risiede semplicemente nella mancanza d'esperienza, “Investendo molto meno delle
altre in programmi di prevenzione e
wellness, le aziende italiane non hanno
la possibilità di misurarne l'efficacia”.
Troppo buona e troppo comprensiva
la signora van Andel, la realtà è ben più
cruda, perché i manager italiani non
sono interessati a progetti a medio
lungo termine, vogliono i risultati subito e non ha alcuna importanza se in
tempi più lunghi si può ottenere una
maggiore produttività.
Eppure la stessa Commissione Europea, che già nel 2009 ha adottato una
strategia sulle disuguaglianze sanitarie
all'interno dell'Unione, ha sottolineato
come la salute sia un fattore importantissimo di crescita economica, perché
migliorando la salute della popolazione
si migliora la sua capacità di lavorare.
Un primato comunque sulla “spesa per
la salute” ce l'abbiamo: siamo il Paese
dove le aziende offrono più benefit per
le cure odontoiatriche e molto meno
per il supporto psicologico.
Non è dato conoscere le motivazioni
di tale scelta né sono state fatte indagini sull'influenza che una cura dentistica possa avere sul fatturato aziendale,
probabilmente un bel sorriso e denti
più sani favoriscono socializzazione e sinergie nell'organizzazione.
Il mal di denti è una brutta bestia, e
tutti sappiamo quanto disagio e quanto
penalizzante possa essere per qualsiasi
attività, però è un fattore temporaneo,
mentre lo stress legato al lavoro si
manifesta con intensità per periodi
prolungati.
Non solo, il disagio psicologico aumenta l'assenteismo e riduce la pro-
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
duttività e la competitività delle
aziende.
Investire sulla salute dei dipendenti è
una strategia vincente, all'estero lo
hanno capito bene considerando le
attività finalizzate alla sicurezza e alla salute sul lavoro alla stregua di investimenti realizzati nel campo delle risorse
umane.
I nostri imprenditori devono pensare
al futuro senza pregiudizi e riconoscere
le opportunità che si aprono, occupandosi anche di salute e di stress da lavoro correlato, oltre che di cure
dentali.
Non bisogna però arrivare all'eccesso
o al paradosso, come accaduto recentemente nella Regione Liguria, che ha
inventato l'“indennità di sopportazione”, pari a 13,00 euro al giorno per
tutti i dirigenti che quotidianamente
hanno il fastidio, o il dispiacere, di comunicare ai propri dipendenti novità
sgradite oppure respingere le loro
istanze.
19
Agnese Ninci
n S I N D A C AT O
FEDERCASSE COME ABI
DISDETTATI I CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI
DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO
Come spesso accade l’appetito vien
mangiando. Dopo l’Associazione Bancaria Italiana anche Federcasse, con lettera datata 26 novembre 2013,
disdetta unilateralmente il CCNL
21.12.2012 relativo ai Quadri Direttivi
e Aree Professionali e il CCNL
22.5.2008 dei Dirigenti, precisando che
gli effetti del recesso si produrranno a
far data dal 1 luglio 2014. Tale e quale.
Non può certamente sfuggire la consequenzialità della decisione presa.
In un settore globalizzato come quello
bancario, come poteva Federcasse non
assumere questa lungimirante e moderna iniziativa? Ma forse non ci hanno
sempre spiegato che le Banche di Credito Cooperativo hanno insito nel loro
DNA un particolare spirito di mutualità, in cui le esigenze e i bisogni dei soci
vengono prima di tutto? E i dipendenti,
anche loro spesso soci, non fanno
forse parte della stessa “famiglia”?
Abbiamo due strade. Pensare che
quello che ci hanno sempre spiegato
era solo una bella favola, artatamente
costruita ad hoc per attirare simpatia
e consenso, oppure dedurre che anche
Federcasse ha uninformato il proprio
modo di agire a quello di ABI ovvero
consulenze milionarie, manager con
bonus al posto dei dirigenti e ovvia-
... dalle Federazioni Regionali
Regione Abruzzo e Molise: siglato l’accordo che proroga fino alla scadenza
naturale del 31/12/14 il CIR, definendo altresì criteri e modalità di calcolo
per l’erogazione del Premio di Risultato relativo agli esercizi 2012, da liquidarsi
entro il mese di dicembre, e 2013.
Regione Calabria: raggiunta l’intesa circa l’erogazione del Premio di Risultato
con le competenze del mese di dicembre nonché rinnovo, in tutto il suo attuale impianto, del CIR con validità 31/12/14.
Regione Campania: stipulato un accordo che prevede la liquidazione del Premio di Rendimento entro il 10 gennaio, oltre al rinnovo del CIR con validità
fino al 31.12.2014.
Emilia Romagna: sottoscritto un accordo relativamente a Mutui Prima Casa
– disdettato dalla Federazione a fine ottobre –, Conto Welfare e erogazione
Premio di Risultato da effettuarsi entro fine 2013.
Regione Lombardia: firmato l’accordo che prevede il pagamento del Premio
di Risultato nel mese di dicembre contestualmente alla prosecuzione della
validità del CIR vigente, fino al 31/12/14.
Regione Marche: il protocollo siglato il 23/12. prevede, nello stesso mese,
l’erogazione del Premio di Risultato e il rinnovo del CIR sino al 31/12/14.
Regione Sicilia: sottoscritto l’accordo che disciplina parametri e criteri per la
determinazione del Premio di Risultato relativamente agli esercizi 2012/2013.
Regione Veneto: siglato l’accordo circa la determinazione del Premio di Risultato da erogarsi entro il 12 gennaio oltre a mantenere ultrattivo l’attuale
CIR, con le relative “code contrattuali”, fino al prossimo rinnovo.
20
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
mente pesanti tagli al costo del personale, non importa come ma quanto.
Appare chiaro che le criticità del sistema non siano attribuibili né ai costi
del lavoro, né alla struttura del Contratto Nazionale rinnovato nel dicembre di un anno fa, ma a scelte gestionali
e strategiche poco azzeccate, che non
possono certamente essere imputate
ai lavoratori.
“Anni e anni di relazioni sindacali e risultati di alto profilo bruciati sull’altare di
una regressione corporativa, che coinvolge la classe dirigente (management
ndr) di questo settore priva di ogni slancio autenticamente cooperativo, dell’autorevolezza progettuale che risiede nella
competenza e dell’onestà intellettuale richiesta a chi ha la responsabilità morale,
politica e giuridica di dare un futuro a
tante aziende, ai dipendenti che vi lavorano e ad un movimento che hanno
ereditato da altri”; con queste parole le
Segreterie Nazionali, all’indomani della
disdetta, hanno sottolineato la complessità del momento.
Dal mese di gennaio sarà avviata una
fase di consultazione di tutti i lavoratori
allo scopo di approntare le necessarie
iniziative a sostegno delle proprie ragioni, tra le quali il superamento del limite
temporale
dell’ultrattività,
attribuita unilateralmente da Federcasse, al Contratto Nazionale.
Seppur condizionata da questo inedito
e complicato scenario, resta sempre
aperta la campagna relativa al Premio
di Risultato; istituto fondamentale a “riconoscere” l’impegno e il sacrificio di
un intero anno di lavoro.
S.B.
S I N D A C AT O n
MANAGER: UNA STRATEGIA INNOVATIVA
CHE PRIVILEGI IL LAVORO
Sistema bancario fuori rotta, salva i buchi dello Stato e strozza l’economia
L’atavica incapacità del sistema di autoriformarsi è alla base di questa drammatica e interminabile crisi. Sono
passati ormai quasi due anni da
quando ha preso corpo il progetto europeo sull’unione bancaria.
L’intento è modernizzare questo sistema economico/finanziario, ormai superato dai tempi, adattandolo alle
nuove esigenze e spezzando il pericoloso legame tra banche e stati sovrani.
Il percorso appare tortuoso e rallentato, forse perché non interessa a nessuno o solo a pochi e nel frattempo la
crisi continua a mordere e il legame si
rafforza sempre più.
Infatti, l’ultima rilevazione Bankitalia
(novembre 2013) ci dice che nel portafoglio delle banche italiane ci sono
circa 400 miliardi di euro investiti in titoli di stato contro i 200 miliardi della
fine 2011, esattamente il doppio.
Il motivo è molto semplice e facilmente spiegabile, bisognava sostenere
il mercato dei bund. Lo stato emette
debito e qualcuno deve sottoscriverlo,
chi meglio delle banche?
La BCE inonda le banche di liquidità a
basso costo per cercare di sostenere
l’economia, fatta di famiglie e imprese,
e queste, invece di erogare prestiti ai
privati e finanziamenti alle aziende,
comperano solo debito, assicurandosi
un arbitraggio vantaggioso e rafforzando, nel contempo, i propri bilanci.
Questo modo di operare ha non poco
distorto il già difficile cammino verso la
ripresa in quanto, se è vero che lo
spread si è ridotto, è altrettanto vero
che la stretta creditizia ha messo in ginocchio la già fragile “economia reale”.
Ancora una volta, la finanza – ricchezza
e benessere per pochi – ha sconfitto il
vero fabbisogno della gente.
A questo punto viene da chiedersi se
valga veramente la pena di “mantenere”, lautamente ricompensata, questa nuova classe manageriale – “la
finanza da bere” –. Se la lungimirante e
innovativa strategia dei manager è solo
quella di fare arbitraggi
su titoli di debito pubblico, con soldi presi a
prestito e non utilizzati
allo scopo per cui erano
stati prestati, forse anche un bravo studente
universitario, iscritto alla
facoltà di economia, sarebbe in grado di farlo.
Invece si massacra il lavoro - fonte di reddito
per tutte le famiglie - e
si esaltano le consulenze, non si ragiona più nell’ottica di medio/lungo periodo ma solo in quella di brevissimo
respiro.
Così ‘stando le cose, a che cosa ci servono questi soloni?...forse a renderci
più poveri.
S.B.
Continua l’odissea in Equitalia
A seguito della dichiarazione dell’Azienda che a far tempo “dal 1° febbraio
2014 cesserà l’applicazione in ultrattività di ogni trattamento di secondo livello
derivante dai precedenti perimetri societari, ivi inclusi quelli parimenti scaduti
dell’ex Equitalia Polis, che devono pertanto intendersi tutti come formalmente
disdettati”, le Parti sociali hanno organizzato un presidio presso l’Agenzia delle
Entrate di Roma e, in data 13 dicembre, tutti i dirigenti sindacali hanno manifestato davanti al Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Siamo alle solite, è una litania che il settore conosce ormai a memoria. Da
ABI a Federcasse e, da tempo, anche in Equitalia sempre e solo la stessa proposta di soluzione, ovvero non tagliare le solite consulenze, i noti compensi e
benefit per il management, ma incidere esclusivamente sui costi del lavoro.
Nonostante la positiva conclusione della lunghissima trattativa circa la definizione del Premio di Produttività, con erogazione prevista nel corso del mese
di dicembre, gli Esattoriali sono stanchi di sentirsi dire che per far quadrare i
bilanci aziendali è necessario ridurre notevolmente i costi relativi al personale.
E’ forse giunto il momento di voltare pagina, i lavoratori non ce la fanno più a
fare da parafulmine a una politica che non sa gestire la fiscalità e a lavorare in
una azienda che non riesce a indirizzare efficacemente l’operatività del settore.
In questo difficile scenario resta ancora aperto il tema in merito alla “armonizzazione contrattuale” che vede il diretto coinvolgimento della Segreterie
Nazionali; attualmente in Equitalia sopravvivono ancora 17 Contratti Integrativi
diversi e la controparte sembra non preoccuparsene troppo. Servirebbe un
deciso cambiamento culturale…
Ultim’ora: nell’incontro dello scorso 16 gennaio, l'Azienda ha genericamente
dichiarato l'insostenibilità economica delle richieste avanzate. I Sindacati hanno
quindi sollecitato una posizione utimativa di controparte entro la fine del
mese.
S.B.
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
21
n SOCIETÀ
THE NONNA STATE
In Europa stato sociale per le “donne over 50”, in Italia si penalizzano
La definizione “The nonna State” arriva
da un'inchiesta del 2012 del giornale
inglese “Wall Street Journal” sulle reti
di protezione sociale a base familiare
che, in Italia e Spagna, aiutano soprattutto le nuove generazioni ad assorbire
i colpi della recessione.
Si tratta di quell'esercito di nonni che
in tutta Europa sta sopperendo alle carenze del Welfare State, anche in
quelle nazioni dove i sussidi dello Stato
per le famiglie sono maggiori, come in
Germania, Francia e Inghilterra.Il carico
maggiore di questo impegno spetta
alle donne che, in Italia, detengono un
primato mondiale, una volta tanto
sono delle vere leader: lavorano più di
tutti.
Attività domestiche e di cura, casa, figli
e genitori: 326 minuti al giorno più
degli uomini, contro una media OCSE
di 131 minuti (studio OCSE 2013
How's life?).
Ogni italiana dedica 36 ore la settimana ai lavori domestici, mentre gli uomini non vanno oltre le 14.
Pilastro del Welfare familiare sono soprattutto le “nonne”, quella generazione cioè di donne over 50, definite
“sandwich” perché schiacciate sotto il
peso di almeno due generazioni (anziani e nipoti). In Italia, poi, le ultracinquantenni stanno diventando l'anello
debole della catena di solidarietà femminile che ha retto fino ad oggi il nostro sistema di welfare.
Le “nonne” italiane hanno doppi, tripli
ruoli: sono madri di figli precari che
hanno necessità di sostegno al reddito,
sono loro stesse figlie di genitori in età
avanzata quasi sempre non più autosufficienti, sono nonne parcheggio di
livia
22
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
bambini sempre più soli e, spesso, sono
anche mogli separate o comunque con
poche possibilità di spartire con altri i
compiti di cura.
Nell'Europa a 27 l'Italia è penultima,
prima della Polonia, per l'assistenza alle
famiglie, ma ha il più basso tasso europeo di anziani che vivono in case di riposo. Fortuna, per altro verso sfortuna,
che la media di donne che lavorano è
ferma al 46%, in quanto un altro dato
preoccupante è la delega alle donne,
pressoché totale, dell'assistenza ai disabili, tutelati soltanto dall'arcaico istituto dell'invalido civile.
Mentre in Germania, Belgio e Slovenia
si sono trovate soluzioni come “l'aspettativa” per le nonne, e in Inghilterra entrerà fra un anno in vigore il “granny
leave”, una sorta di lavoro flessibile per
un paio d'anni, senza perdere contributi o, peggio ancora, il posto di lavoro,
nel nostro Paese le over 50, non solo
non hanno alcun tipo di aiuto, ma si
sono viste allungare di 5-6 anni, all'improvviso, l'età della pensione (Riforma
Fornero).
Le nonne italiane rischiano seriamente
di non farcela più: per loro la crisi è
doppia, toccandogli anche l'onere di
ammortizzarla e di non farla gravare
sulla famiglia, di tenere tutto in equilibrio, casa, bambini, vecchi, malati, bilancio, risparmio.
È un compito immane, non esistono
nemmeno le “famiglione” di una volta,
dove era possibile dividere il carico
delle cure tra più familiari ed è completamente assente una cultura dell'assistenza, ritenendo, come spesso
accade, che si tratti soltanto di problematiche femminili.
Occuparsi del lavoro di cura invece,
vuol dire occuparsi del sociale, vera
cartina di tornasole di ciò che non funziona nel nostro paese.
È una fra le tante cose che non funzionano, basterebbe soltanto un po' più
di cura, come direbbe papa Francesco.
Elisabetta Giustiniani
PERSONE n
NELSON MANDELA RILANCIA LA SFIDA
PER LA TOLLERANZA, IL PLURALISMO E LA SOLIDARIETÀ
La scomparsa del “Principe dell’Arcobaleno” richiama figure come Lincoln e Gandhi,
vissuti per sconfiggere egoismo, schiavitù e violenza
Oggi, a mente fredda, dopo le celebrazioni che hanno assunto una grande rilevanza a livello planetario, ricordiamo
la figura complessa e per certi versi
straordinaria di Nelson Mandela, Madiba, scomparso lo scorso 5 dicembre
all'età di 95 anni di cui 27 trascorsi in
carcere.
Molto è stato detto su quest'uomo,
apparentemente così mite, sempre
sorridente e spiritoso, ma dalla volontà
d'acciaio.
Un nero, nato in un Paese, il Sud Africa,
dove prima della sua presidenza era
impensabile che un afrikaner e un coloured, entrambi cittadini dello stesso
Paese, si frequentassero o si innamorassero. Addirittura era vietato che sedessero o mangiassero fianco a fianco.
Pena, la prigione.
Nelson Rolihlahla Mandela con il suo
coraggio e una determinazione che in
molti casi ha rasentato la cocciutaggine,
oltre al Sud Africa, ha contribuito a
cambiare il mondo.
Non a caso il suo secondo nome, Rolihlahla, in lingua locale significa letteralmente "colui che provoca
guai". E siccome spesso chi si
mette in testa di cambiare
regole vecchie e magari sbagliate, difese come baluardo
della conservazione e dell'ignoranza, Madiba viene
bollato come un rivoluzionario e un guastafeste.
Mandela, nella sua lunga vita,
per nostra fortuna, è stato
entrambe le cose, non solo
ponendo fine da un punto di
vista legislativo a quella legge
razziale nota con il nome di
Apartheid, ma, lottando fino
all'ultimo giorno affinché
neri e bianchi imparassero a
camminare insieme, non più divisi, orgogliosi delle loro differenti culture, ma
consapevoli che proprio da tali diversità poteva nascere il sogno e la ricchezza di un paese diverso, non più
semplicisticamente bianco e nero, ma
finalmente colorato con tutte le sfumature dell'arcobaleno.
Probabilmente con Mandela se ne va
l'ultimo padre della patria, l'ultimo leader, cioè colui che, come amava ricordare, si sente veramente tale perché sa
di essere in grado di sacrificare tutto
per il bene della sua gente.
Guardando a lui, purtroppo, la nostra
mente può volgersi solo al passato, ricordando figure come il mahatma
Gandhi , padre dell'India moderna e, in
tempi più remoti, Abramo Lincoln, che
divenuto Presidente degli Stati Uniti,
grazie al voto di cittadini bianchi, diede
la sua vita per liberare i neri dalla schiavitù alla ricerca di un mondo più giusto.
Questi tre uomini, vissuti in Paesi ed
epoche così diverse, condivisero in
fondo la stessa "visione" e lo testimoniano non solo gli ideali a cui hanno
dedicato le rispettive vite, ma anche al-
cune frasi che hanno pronunciato nel
corso della loro esistenza, divenute poi
celebri.
Queste frasi sembrano legate tra loro
da un filo rosso che le rende non simili,
ma assolutamente consequenziali, proiettate verso il futuro di una dimensione senza tempo.
Lincoln soleva definire il conservatorismo come l'adesione al vecchio e sperimentato, che si contrapponeva al
nuovo e mai tentato.
Questa sfida al cambiamento, inteso
come miglioramento della società fondato sul principio dell'uguaglianza, della
partecipazione e del coinvolgimento di
tutti gli uomini in questo processo,
viene raccolta da Gandhi che sosteneva con forza che ognuno di noi
debba in definitiva diventare quel cambiamento che vuol vedere.
Cambiare è difficile e spesso ci spaventa, ma la paura non deve distoglierci dal perseguire i nostri propositi
perché, come spesso affermava, Mandela, il vincitore è un sognatore che
non si è arreso.
Cristina Attuati
23
Nelson Mandela
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
n S I N D A C AT O
CONTRATTI
INGORGO POLITICO E SINDACALE, SFIDA CONTRO IL TEMPO
A gennaio mosse decisive per sciogliere nodi importanti dell’immediato futuro
Si sono accumulati troppi ritardi nell’azione politica e sindacale e non c’è
più tempo per rinvii di alcun genere. Il
risveglio dell’economia e il timido superamento della recessione vanno incrociati con strumenti nuovi e mentalità
cooperante.
I vecchi arnesi del conflitto e delle sterili contrapposizioni acuiscono il disincanto e il disprezzo per il potere,
ovunque si manifesti. L’attesa inconcludente sarebbe imperdonabile.
Vanno risolti alcuni temi importanti
della politica, dell’occupazione, della
competitività delle imprese, della produttività del lavoro e delle forme della
rappresentanza.
Sotto il profilo sindacale sembrano delinearsi alcuni aspetti da approfondire
ed è possibile che parte di essi rientrino già nel patto di governo d’inizio
d’anno.
sostanza
“ Inil CCNL
rappresenta
un garante e
un equlibratore
delle dinamiche
sociali,
professionali
ed economiche
dei lavoratori
di un paese
articolato come
il nostro
“
24
roga all’applicazione dell’art. 18 in materia di licenziamenti, indipendentemente dalla quantità di dipendenti
presenti in un’azienda.
Primo
n sempre in chiave politica, si è proposto di eliminare la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) da sostituire con
una sorta di salario sociale, a copertura
biennale, accompagnato da formazione
orientata al reinserimento lavorativo,
attivando, migliorando e integrando le
funzioni di collocamento, Agenzie del
Lavoro, con altre strutture di facilitazione e avviamento lavorativi.
Sembra altresì che questa forma di sostegno sociale debba essere estesa
a chiunque, disoccupato o inoccupato
che sia.
Altri sostengono il mantenimento
della CIG e, semmai, l’estensione a tutti
i settori di lavoro e a ogni forma di
disoccupazione.
n è stata posta politicamente una
questione riguardante le modalità di
accesso al lavoro nel triennio di avviamento, simile all’apprendistato, con un
periodo di prova più prolungato e con
la possibilità di ricorrere alla “non assunzione” del lavoratore in caso d’inadeguatezza professionale.
Si tratterebbe di flessibilità in entrata
nel mondo del lavoro attivando la de-
n si pone il problema contestuale
delle forme della rappresentanza, da
taluni invocata per legge, mentre altri
la vorrebbero affidare alla negoziazione
fra le parti sociali, associazioni datoriali
e sindacati dei lavoratori. Questo problema, come per altri aspetti, richiama
la questione della rappresentanza nei
periodi di inattività, sia per i dipendenti
sia per i disoccupati e il variegato universo della precarietà. In questo ambito di problemi si potrebbe collocare
anche il tema della rappresentanza dei
lavoratori all’interno degli organismi
della gestione d’impresa.
Dunque ci sono aspetti che toccano
governo e parlamento, con le loro procedure, i loro tempi e i gli innumerevoli
conflitti, e temi di stretta pertinenza
negoziale delle parti associative.
n si presenta una questione di carattere strutturale che riguarda il contratto nazionale di lavoro.
C’è chi sostiene che debba essere preminente la sua valenza nazionale, chi intende superarlo a vantaggio di quello
territoriale e aziendale e chi ritiene che
un giusto equilibrio fra le due posizioni
risponda meglio alle dinamiche dei bisogni produttivi, professionali e sociali.
Secondo
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
Terzo
Quarto
S I N D A C AT O n
Chiarezza dei contenuti e corsa contro il tempo produrranno conseguenze sulle sorti dell’economia, delle
imprese e degli interessi dei lavoratori
ed è importante che ci sia la consapevole convergenza di tutti gli attori
in campo.
Ritardi, arroccamenti conservatori, pregiudizi ideologici e decisioni non pertinenti alla centralità del lavoro e
dell’occupazione creerebbero ulteriori
momenti d’instabilità economica, sociale e politica.
Per il momento limiterei la riflessione
sulla struttura del contratto nazionale
(primo punto).
Innanzi tutto manterrei, aggiornandola,
la funzione del contratto nazionale di
lavoro perché:
l rappresenta il “legante” sociale e professionale di differenti situazioni geografiche, economiche e politiche;
l tutela il ruolo sociale ed etico del lavoratore e dell’impresa secondo i cardini stabiliti dalla costituzione, che pone
al centro dell’agire la dignità della persona e dei suoi valori;
l tutela il potere d’acquisto dei lavoratori che dovrebbero sostenere i bisogni
famigliari secondo i principi del giusto
e dignitoso compenso sussistenziale;
l determina le condizioni generali delle
regole in difesa del potere d’acquisto
delle retribuzioni - soprattutto in presenza di vincoli interni e internazionali
economici e di mercato - della salute
e della libertà e pluralità sindacale, garantendo altresì l’efficacia obbligatoria
per tutti gli appartenenti alle categorie
interessate.
In sostanza il CCNL rappresenta un
garante e un equlibratore delle dinamiche sociali, professionali ed economiche dei lavoratori di un paese
articolato come il nostro.
In secondo luogo il CCNL è un saldo
punto di riferimento nazionale se si
considerano gli andamenti di mercato,
la politica dei prezzi e del credito. Salvaguardia importante se si aggiungono
i continui sussulti prodotti dalle innovazioni tecnologiche e dalle normative
europee ed extra europee, che impongono rapidi adattamenti e mutamenti di strategie industriali, di processi
produttivi e di dinamiche del costo del
lavoro.
Contratti locali e soggettivi difficilmente potrebbero fronteggiare gli urti
della globalizzazione.
Forse sarebbe conveniente mantenere
l’impianto generale del CCNL nell’ottica di una diversa incidenza dei due livelli di contrattazione. Si potrebbe
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
assegnare alla dimensione nazionale la
destinazione del 60% della remunerazione del lavoro – base civica sussistenziale e professionale – e il 40% alla
contrattazione territoriale e aziendale.
Nella contrattazione aziendale, oltre al
salario di produttività, di area, di
gruppo e individuale, riserverei una
parte della retribuzione alla remunerazione del merito soggettivo che esula
dall’ambito della produttività pur se abbastanza contiguo ad essa.
Merito che non si lega ai megafattori
della dinamica salariale, né a quelli di
mercato o di settore o d’impresa.
A questa parte di remunerazione assegnerei il 10 o il 15 per cento di salario riservato alla contrattazione di
secondo livello.
Remunerazione i cui criteri e pesi retributivi dovrebbero essere negoziati
sindacalmente onde evitare distorsioni,
degenerazioni e clientelismo.
In questo modo si potrebbe raggiungere il giusto equilibrio contrattuale
con uno spostamento sulla prestazione
professionale soggettiva che rappresenta un decisivo differenziale qualitativo rispetto a quella di lavoratori di
molti altri paesi.
25
Franz Foti
n S I N D A C AT O
REGALI ALLE BANCHE PER 50 MILIARDI
AI LAVORATORI 182 EURO
Dal cilindro natalizio di Letta e Saccomanni vantaggi immeritati per il settore bancario
A settembre 2013 l’ABI ha comunicato
alle associazioni sindacali la disdetta del
Contratto Collettivo Nazionale in scadenza il 30 giugno 2014.
La prova di forza “muscolare” dell’associazione delle banche, anche per la
irritualità ed unilateralità delle modalità
scelte, ha sorpreso il mondo sindacale
e politico.
Tuttavia, le motivazioni sostenute per
la disdetta del contratto non sono
altro che la reiterazione pedissequa di
quanto da anni i lavoratori bancari
sono costretti ad accettare: ripetute
“riorganizzazioni” di modelli di lavoro
che, mascherate dalla necessità di renderle più efficienti, hanno l’unico obiettivo di tagliare i costi attraverso la
riduzione degli addetti.
La storia ci ha insegnato che solo con
26
l’intervento del sindacato si è riusciti a
mitigare gli effetti più negativi per i colleghi che sono via via usciti dal mondo
del lavoro e, soprattutto, a mantenere
all’interno delle aziende un clima “sostenibile” nonostante le continue pressioni commerciali e gli atteggiamenti
impositivi della controparte.
La risposta compatta del 31 ottobre
scorso ha rimarcato ancora di più la
fattiva presenza del sindacato ed è
stata recepita anche dall’ABI che, seppur parzialmente, ha dovuto fare marcia indietro e ritornare sul terreno
della contrattazione concertativa, unica
strada per ripristinare, nella reciproca
convenienza, un confronto costruttivo.
Le motivazioni dei banchieri sono però
state ben ascoltate dal mondo politico
che, con spirito del tutto bipartisan, è
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
intervenuto premurosamente per cercare di agevolare in questo “momento
particolarmente difficile” la parte datoriale approvando, nella legge di stabilità
e con decreti ad hoc, provvedimenti
che consentiranno alle banche notevoli
risparmi e insperati ricavi con il beneplacito di Bruxelles.
Sicuramente Babbo Natale e neppure
la Befana in questo “momento particolarmente difficile” potevano essere così
munifici ma, come sempre succede, la
realtà supera la fantasia.
Ed ecco che dal cilindro di Letta/Saccomanni escono, come per incanto:
l lo sconto fiscale sul monte sofferenze
che diverranno deducibili nei prossimi
cinque anni dal momento in cui sono
classificate (contro i 18 anni) e ciò potrebbe rendere quasi conveniente, in
base alle politiche di bilancio, portare
a sofferenza i tanti crediti dubbi;
l il paracadute sui cosiddetti “derivati”
mediante la smobilitazione della liquidità del Tesoro a garanzia di contratti
in essere;
l la garanzia della Cassa depositi e prestiti sui crediti alla piccola e media industria. Così le banche da una parte
non rischiano nulla perché la garanzia
è statale e dall’altra, se un prestito dovesse andare in sofferenza, lo detrarranno velocemente dall’imponibile;
l le privatizzazioni all’italiana, per le
quali è già previsto che una quota dei
soldi che si incasseranno cedendo società ed attività pubbliche andrà a finire
nelle fondazioni bancarie che, a loro
volta, controllano in parte o completamente i più grandi istituti di credito.
l la rivalutazione delle quote di Bankitalia che da “formali”, 156 mila euro, diverrebbero “sostanziali”, rivalutandosi
fino a 7,5 mld di euro, utilizzando le riserve di Bankitalia (con uno sconto fiscale che porterà l’aliquota sulle
S I N D A C AT O n
plusvalenze dal 20 al 12%) e consentendo, inoltre, con un abile trucco contabile, di ricapitalizzare il bilancio delle
banche agli occhi della BCE. Il provvedimento è ancora in discussione per
inserire correttivi dettati dalle osservazioni della stessa BCE. Provvedimento
che, una volta definitivo, meriterà in futuro un approfondimento;
l infine, si profila un progetto di Bankitalia, ancora da definire, per il quale le
banche venderebbero la propria rispettiva “bad bank” interna alla stessa
Cassa depositi e prestiti, o forse a un
soggetto esterno ancora da inventare.
Così tutte le sofferenze che affliggono
le banche verrebbero cartolarizzate
dallo stato che molto probabilmente
potrebbe successivamente trovare una
“soluzione” anche a scapito della fiscalità generale. Tutti questi regali sono
stati quantificati prudentemente in
oltre 50 miliardi di euro che vanno
messi a confronto con gli 1,5 miliardi
concessi ai lavoratori, ossia la ridicola
sforbiciata al cuneo fiscale: una misura
che, per un reddito lordo da 15mila
euro annui, garantisce un “aumento” in
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
busta paga da 182 euro e, per giunta,
spalmati in dodici mesi.
A questo punto sorge spontanea una
domanda che dovrà essere rivolta alle
aziende, in sede di negoziazione: quanti
di questi inaspettati “guadagni” potranno essere ripartiti anche tra i lavoratori che hanno permanentemente
sopportato il peso della gestione negativa dei banchieri che, in questi anni,
hanno lavorato a sostegno dell’immagine richiesta dai mercati, dalle agenzie
di rating e per garantire lauti guadagni
e super bonus per il top management?
Dante Sbarbati
27
n L AV O RO
PREMIO ALTE PROFESSIONALITÀ
ALLA SECONDA EDIZIONE
A Giuseppe Roma e Chicco Testa il riconoscimento della FADAP
Lo scorso 27 novembre, il Centro
Svizzero di Milano ha ospitato la seconda edizione del “Premio Alte Professionalità”, che ogni anno la Fadap
assegna a personalità che nella loro
carriera si sono distinte per elevata
professionalità.
FADAP – Federazione Autonoma
delle Alte Professionalità, costituita da
SNFIA e DirCredito – ha inteso premiare Giuseppe Roma, Direttore Generale del CENSIS, e Chicco Testa,
imprenditore.
La cerimonia di premiazione, che si è
svolta con la partecipazione di numerosi professionisti provenienti da più
parti d’Italia, è stata anche l’occasione
di un momento di riflessione sul tema
del “merito” che, come evidenziato
negli interventi dei vari ospiti, tra i quali
Arturo Artom – Fondatore del Forum
della Meritocrazia - può e deve essere
il principale motore della capacità innovativa e di rilancio del nostro sistema economico.
Il Presidente della Fadap, Marino D’Angelo, ha poi focalizzato la sua attenzione sul fatto che “oggi il merito è
stato ucciso”, individuando nell’autoreferenzialità dell’attuale management
una delle maggiori cause della disaffezione e della sfiducia, in un contesto di
crisi già di per sé difficile e complicato.
“Professionalità è anche semplicità”,
ha aggiunto Maurizio Arena, Segretario Generale della Fadap, sottolineando che non c’è molto da inventare,
c’è solo da lavorare duro valorizzando le caratteristiche di quel middle-management oggi “schiacciato” in
una posizione di mancato riconoscimento sia sul piano contrattuale che
professionale.
Con queste parole Maurizio Arena ha
sintetizzato il percorso da cui partire,
riportando al centro del discorso il valore umano e professionale della persona e non solo il profitto oligarchico
e fine a se stesso.
Nella stessa circostanza Fadap ha lan-
ciato una nuova iniziativa: “Il Patto del
Merito”, che si configura come un Manifesto programmatico democratico,
declinato in 5 punti e già sottoscritto
da autorevoli personaggi della società
civile tra i quali Arturo Artom, Alessandro Beulcke – Presidente Festival dell’Energia, Maurizio De Tilla – Presidente
di “Le Professioni per l’Italia”, Giorgio
Mulè - Direttore di Panorama, Franz
Foti – Docente dell’Università dell’Insubria e dai due vincitori del Premio
Alte Professionalità.
I punti salienti del Manifesto possono essere così sintetizzati:
ripensamento delle relazioni tra
azienda e lavoro sulla base della centralità del merito;
l
equa valorizzazione del talento e
delle competenze a prescindere da
strumentali contrapposizioni generazionali, di genere o di credo, ovvero
pari opportunità per tutti;
l
investimento sul capitale umano predisponendo politiche di formazione e
sistemi di valutazione adeguate;
l
l convogliare le risorse economiche a
disposizione verso iniziative in grado di
generare valore per tutti gli stakeholder – dipendenti, azionisti, etc. – riconoscendo ruolo e competenze al
middle-management;
ragionare sulle forme del lavoro rimettendo al centro il portale valoriale
dell’individuo aprendo una nuova fase
di dialogo tra imprese, sindacato, pubblico, privato, Stato e famiglie.
l
28
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
Silvio Brocchieri
L AV O RO n
IL MERITO E LA STRUTTURA DEL SALARIO
RIFLESSIONE PER I PROSSIMI CONTRATTI
Sbloccare del tutto il riconoscimento del suo valore per una nuova fase di cambiamento
Sembra che la crisi stia riaprendo la riflessione politica e sindacale sulle cose
concrete, sui bisogni delle persone e
sulle garanzie reali da destinare a tutti
i lavoratori. Dentro quest’ambito di ripensamenti si sta cercando di recuperare il giusto peso di una componente
retributiva essenziale della prestazione
di lavoro: il merito. E’ un tema interessante per le nuove forme di contrattazione del salario in sede aziendale e
non mancheranno sicuramente approfondimenti e confronti.
Vorremmo iniziare intanto a focalizzare, almeno parzialmente, alcune coordinate di contesto sull’argomento
con l’auspicio che la discussione possa
proseguire con l’attenzione e la cautela
che merita. E dunque guardiamo soprattutto ai suoi caratteri soggettivi.
Il merito rappresenta ciò che uno è, il
bagaglio che possiede in termini di cultura, conoscenze, competenze, abilità
relazionale, affidabilità, coerenza, capacità e tempestività operativa, stima, trasparenza di comportamento, intelligenza esecutiva, intuizione, esperienza, capacità di lettura dei contesti.
Insomma una combinazione di elementi e virtù personali utili all’esercizio
della professione, che, indipendentemente dalle declaratorie di profilo,
danno vita alla considerazione professionale e sociale di un soggetto in un
determinato momento, in una specifica
realtà lavorativa.
Il merito, presentandosi con queste caratteristiche, segnala due sfaccettature.
Una è quella della definizione del suo
valore all’interno delle scale retributive
della prestazione di lavoro, e dunque
all’interno di un Ente o di un’azienda, e
l’altra si riferisce alla dimensione sociale
di cui non ci occupiamo in questa nostra “rudimentale” riflessione.
Per definire il valore di qualsiasi performance, che presupponga una remune-
razione, occorre che la performance
stessa sia “visibile e valutabile”, dunque
percepita e misurabile attraverso una
scala di valutazione.
Questa scala di valore riguarda anche
il merito e potrà presentare gradazioni
differenti a seconda del contesto in cui
la valutazione si svolge e degli ambiti
specifici in cui i valori vengono misurati.
In ciascuna realtà di lavoro i fattori del
merito possono variare.
Per adottare una scala verosimilmente
realistica andrebbero attribuiti indici di
“peso” a ciascuna delle caratteristiche
del lavoratore e comporne un valore
finale ponderato.
Questo valore finale deve naturalmente produrre delle conseguenze sul
piano della retribuzione. Operazione
non difficile se si hanno idee chiare su
che cosa si vuole valutare.
Il merito, insomma, rappresenta una
combinazione di elementi professionali
e virtù “personali” che si manifestano
in un determinato momento, in una
specifica realtà.
Una volta attribuito un indice di valore
alle componenti che riteniamo debbano essere valutate in quel contesto
lavorativo, si stabilisce la consistenza
premiale retributiva del singolo lavoratore la quale andrebbe ad aggiungersi
alle altre componenti della remunerazione del lavoro.
E’ evidente che la procedura per la valutazione del merito potrà essere concordata in sede di contrattazione
aziendale, cercando di mantenere caratteri non rigidamente standardizzati
altrimenti salterebbe la finalità per cui
si introdurrebbe la valutazione medesima. Concordarne i criteri potrebbe
significare: valorizzare i caratteri individuali di prestazione mantenendo l’unitarietà del gruppo; accertamento del
possesso di qualità riconosciute, soprattutto nei luoghi di più alta respon-
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
sabilità e comando; creare i presupposti
per un incremento della produttività
individuale e di gruppo; stimolare la
competitività cooperante fra i lavoratori.
C’è chi, come metodologia della valutazione, vuol far coincidere il merito
con la produttività del lavoro. In effetti
i fattori della produttività sono moltissimi e taluni presentano marcati caratteri soggettivi. Si tratta di distinguerli da
ciò che può rientrare nella valutazione
del merito per non creare inutili sovrapposizioni.
Incidono sulla produttività fattori
come: il tasso di utilizzo della forza lavoro; costo e defiscalizzazione del lavoro; orario di lavoro, ore lavorate e
utilizzo degli impianti; premi, extra cottimi e fringe benefits; abilità delle maestranze, apprendimento e razionalizzazione dell’impiego della forza lavoro;
l’esperienza; la mobilità interna; i percorsi di carriera le innovazioni tecnologiche e il miglioramento della qualità
del lavoro e dell’ambiente. Il merito è
personalizzante. Risiede, come esempio, in quelle caratteristiche che abbiamo descritto e, naturalmente,
secondo il nostro punto di vista.
I nemici del merito risiedono nella
mediocrità manipolatoria e autoreferenziale della politica e di talune sfere
manageriali, nel lobbismo, nel nepotismo, nel clientelismo e nell’ideologismo
residuale.
Occorre superare lo schema della società culturalmente appiattita che accerchia, soffoca e rallenta i ritmi di ogni
cosa mentre si sente il bisogno di liberare energie, riorganizzarle e disporle
nelle reti produttive, sociali e formative.
Energie che non riescono a trovare i
luoghi e le spinte necessarie per incanalarsi in nuovo corso. Un corso che
per il momento stenta a decollare. Il
sindacato ci provi!
Franz Foti
29
n SOCIETÀ
«NOI, IL POPOLO»
COSÌ SI APRE LA COSTITUZIONE DEGLI USA
I politici nostrani arbitri infedeli della rappresentanza e della Costituzione
Qualche giorno fa mentre ero in fila
all’aeroporto londinese di Heatrow, in
attesa di imbarcarmi per l’Italia, non ho
potuto fare a meno di sbirciare, davanti
a me un passeggero, anche lui in attesa
di partire, che teneva aperto il passaporto per poterlo esibire al check in.
Sul documento oltre alla fotografia del
possessore, apparivano nitidamente tre
parole, scritte in grande, che nella loro
brevità racchiudono l’essenza del concetto di democrazia: we the people,
noi, il popolo. Si trattava di un passaporto americano.
Sono infatti queste le parole, peraltro
più volte ripetute, con cui si apre la
Costituzione degli Stati Uniti, parole
che custodiscono la storia stessa della
democrazia americana.
Una storia che, nel corso dei secoli è
stata spesso messa alla prova da minacce di ogni genere, prima fra tutte la
divisione fra le sue genti, così diverse,
così lontane nelle origini, nelle fedi e
nelle idee, ma così determinate ad essere un solo popolo.
Nella buona, ma soprattutto nella cattiva sorte.
E’ proprio infatti quando infuria la tem-
30
pesta, quando ogni speranza sembra
perduta, che gli americani trovano nel
loro senso di appartenenza alla nazione, nel loro rispetto delle istituzioni
e nel loro sentirsi comunità la forza di
guardare avanti con ottimismo e determinazione. E’ stato così dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbour, e
dopo gli attentati dell’11 settembre,
perché il concetto è che la democrazia,
quella vera, sopravvive e rinasce nei
tempi difficili.
Certo una frase non può, da sola, rappresentare un modo di essere e di vivere la democrazia rappresentativa,
tuttavia è un punto di partenza che
mette al centro l’interesse collettivo
rendendo il popolo l’unico vero arbitro
delle sorti del Paese.
In Italia, purtroppo, Il declino, inarrestabile di un sistema politico che non
riesce a rinnovarsi ha favorito l’entrata
in scena di Movimenti che hanno catalizzato lo scontento e la disillusione
dei cittadini mancando però, almeno
fino ad ora, l’obiettivo di elaborare soluzioni di rappresentanza alternative
sostenibili.
Tutto ciò ci pone di fronte antichi in-
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
terrogativi: democrazia rappresentativa
o democrazia diretta? Di quest’ultima,
che fino a qualche anno fa veniva considerata come un’utopia, oggi se ne
può parlare concretamente, poiché le
nuove tecnologie multimediali consentono soluzioni un tempo impensabili.
Oggi, infatti, almeno da un punto di
vista teorico, per votare basterebbe
premere un tasto da casa.
Un’alternativa che appare particolarmente allettante in un momento in cui
i Parlamenti tradizionali, in particolare
il nostro, vengono percepiti dalla pubblica opinione come centri di costo e
di spreco, luoghi in cui si celebrano rituali inutili ed obsoleti che non garantiscono alcuna trasparenza sulle
decisioni prese.
Il problema esiste, non lo si può negare. E la crisi politico-istituzionale in
atto, destinata probabilmente a durare
a lungo, ci impone un’attenta riflessione. La storia repubblicana recente e
passata ci ha dimostrato come spesso
gli organi costituzionali funzionino in
maniera completamente diversa da
come erano stati pensati dagli estensori della Carta.
IL POPOLO SIAMO NOI
SOCIETÀ n
nomico, sfoci
9 novembre 1989. Cade il muro di Berlino e con esso le ideologie che fino a quel momento avevano sorretto e
diretto il mondo.
Due blocchi contrapposti che, con visioni e impostazioni diverse, garantivano una certa stabilità politica ed economica. Da una parte libertà di mercato e dall’altra una economia statalista, entrambe però basate su regole certe,
con pesi e contrappesi in equilibrio.
Il mondo diventa tutto uguale, si globalizza. L’imperativo politico della
classe dirigente diventa, solo ed
esclusivamente, il mercato, senza regole, in cui l’individuo deve consumare per consentire nuova produzione, nuovi e maggiori profitti.
La politica non si preoccupa più di un
giusto welfare, della redistribuzione,
perché abbagliata dal benessere e dal
progresso fini a stessi, con la presunzione che potesse durare in eterno.
Comprare, consumare, sprecare…
comprare, anche a rate… soprattutto a rate; l’unica politica attuata è
quella basata su liberalizzazioni, condoni, immaginarie detassazioni e indebitamento, pubblico e privato.
Il pensiero “unico” che governa il mondo si fonda su una “nuova ideologia”: il libero mercato globalizzato – diverso
dal libero mercato precedentemente applicato e ben regolamentato - che avrebbe agito da arbitro regolatore
unico. I politici non si preoccupano più di sviluppare una visione di medio/lungo termine, ma, contrariamente a
quanto prevederebbe il loro compito istituzionale, di operare scelte nel breve/brevissimo termine. Unico punto di
riferimento il PIL, nella convinzione di una sua continua e costante crescita, sempre e comunque.
La crisi infrange queste teorie. Nel frattempo, però, i dirigenti sono stati sostituiti dai manager e i politici votati, cioè
scelti con il sistema delle preferenze, da quelli nominati. Queste due nuove figure si sono poi costruite una “realtà
parallela” fatta di privilegi, insindacabilità di giudizio e soprattutto centrata sulla loro autoreferenzialità. Caratteristiche,
tutt’ora dominanti nel mondo politico, che hanno determinato la disaffezione dei cittadini verso le Istituzioni favorendo e facendo rinascere il populismo. Viene cavalcato quello che oggi la gente vuole, senza proposte concrete,
utili a risolvere i problemi dei cittadini e con il solo interesse di mantenere inalterati i propri privilegi, senza alcun
contatto con l’odierna realtà, e di rendere impenetrabile la casta.
Giovani e vecchi, nuovi e usati non importa… sempre uguali a se stessi e con nessuna voglia di rinnovarsi. Se non
ci sono ideologie a cui ispirarsi non ci sono prospettive, mancano senso di appartenenza e solidarietà generazionale
e restano solo populismo e individualità, prerogative che da sempre hanno creato malessere e disagio nella società,
generando guasti a volte irreparabili.
Speriamo si ravvedano o meglio “noi, la gente”, facciamo in modo che si ravvedano. E presto.
S.B.
Purtroppo, per quanto una Costituzione sia valida ed efficace, sono sempre gli uomini che ne applicano le
regole e la mania tipicamente italiana
di derogare l’inderogabile, certo non
aiuta.
Vale a dire, le regole sono importanti,
ma conta sempre di più se e come
vengono applicate.
Lo stesso vale per le istituzioni. E’ stata
la cattiva politica ad umiliare il Parlamento e i Governi, intesi come forme
istituzionali e non viceversa, occorre
quindi trovare una giusta sintesi che attraverso una maggiore democrazia diretta corregga le storture di una
democrazia rappresentativa che si è
auto trasformata in casta.
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
Solo allora, forse, quel “we the people”,
anche se non sarà scritto sul nostro
passaporto, incomincerà a permeare le
nostre Istituzioni, mettendoci finalmente al centro dei processi decisionali e di cambiamento che investono
le nostre vite e rendendoci arbitri del
nostro destino.
C.A.
31
n CURIOS@NDO
SUA MAESTÀ L’OROLOGIO
Da Carolina Murat a Giovanni Agnelli, il fascino del misuratore del tempo
L’orologio è acciaio, silicio, titanio, oro,
carbonio, plastica, carati, zaffiri e rubini,
coccodrillo, caucciù, pelle, tessuto. E’
anche casse, fondali, lancette, bilancere,
rocchetto, corona, ruota, molla, batteria.
Spesso un’opera d’arte, vera o surreale.
Ma è anche antigraffio, antiurto, antiriflesso. Ora anche telefono. Da donna,
uomo, bambino. Spaziale, a carica manuale o automatico, radio controllato,
cronografo, digitale o analogico. Da polso
o tasca. Inoltre l’orologio è anche bellezza, fascino e suggestione. Tutto vero.
Ma l’orologio è soprattutto status symbol per eccellenza.
Nella società moderna l’orologio da
polso, infatti, non misura solo il tempo
che passa, ma caratterizza la persona che
lo indossa. Lo testimoniano icone eccellenti come quella di Gianni Agnelli che
vanta certamente il primo posto. L’avvocato appariva indubbiamente un uomo
molto elegante che amava indossare
l’orologio sul polsino della camicia. Un
vezzo, un’abitudine, un gesto che metteva in evidenza la qualità di un manager
di fortissima personalità.
Nella società moderna si dice che il
tempo è denaro e misurarlo può essere
molto costoso: recentemente la rivista
Forbes, in una delle sue sempre sorprendenti classifiche, ha stabilito che l’orologio
più caro al mondo è un Chopard dal
costo proibitivo di ben 25 milioni. Ma per
gli orologi provenienti dalla Cina il costo
si abbassa a pochissimi euro. In mezzo c’è
una gamma, pressoché infinita, di “pezzi”
di qualità di svariato prezzo.
Quando si parla di orologi il pensiero
32
AFORISMI SULL’OROLOGIO
l tempo vola. E noi no. Ma il peggio sarebbe se noi volassimo e il tempo no.
Il cielo sarebbe pieno di uomini con gli orologi fermi (Alessandro Bergonzoni)
Perdere tempo è una significativa forma di protesta contro l'inesorabilità di
una vita scandita dagli orologi
(Vittorio Deriu)
Ogni buona automobile dovrebbe durare quanto un buon orologio (Henry Ford)
Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l'oro(Henry Ford)
logio per risparmiare il tempo
Anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno (Hermann Hesse)
O quest'uomo è morto o il mio orologio si è fermato
Una volta al giorno anche gli orologi fermi dicono la verità
(Groucho Marx)
(Dino Segre)
Un uomo con un orologio sa che ore sono. Un uomo con due orologi non
è mai sicuro
(Arthur Bloch)
Fra gli occidentali, furono i tedeschi a inventare gli orologi meccanici, spaventosi simboli del tempo che scorre
(Oswald Spengler)
Ho l’orologio che va avanti di tre ore ma non sono mai riuscito ad aggiustarlo.
Così da Los Angeles mi sono trasferito a New York
(Steven Wright)
corre naturalmente alla Svizzera, Paese
nel quale si costruiscono gli orologi più
desiderati e imitati. Il binomio vincente
fra la Svizzera e l’orologeria sembra
un’evidenza assoluta. Da secoli, infatti, il
settore della misurazione del tempo è
uno dei fiori all’occhiello dell’industria
tecnologica e commerciale del paese
rossocrociato. Eppure, quando attorno al
XIV secolo cominciò ad essere introdotta la misurazione meccanica
del tempo, nulla lasciava presagire che
la Confederazione
sarebbe divenuta
secoli dopo leader
del settore. Inizialmente infatti le nazioni pioniere nella
fabbricazione
di
orologi erano più
che altro l’Italia, la
Germania, la Francia, l’Inghilterra e
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
l’Olanda. In questi Paesi la domanda da
parte di ricchi aristocratici era alta per gli
orologi in quanto oggetti di lusso, ma
anche strumenti di precisione, soprattutto per la determinazione della longitudine in mare. Tra le celebrazioni più
importanti del settore nel 2012 si è
svolta la cerimonia per il bicentenario del
progetto del primo orologio da polso
che Abraham Louis Breguet realizzò per
Carolina Murat, regina di Napoli. Nel
2013 si sono festeggiati i trent’anni degli
orologi di plastica, di cui è regina la
Swatch, che vende 10 milioni di pezzi
all’anno.
La rivista scientifica Nature ha dichiarato
che gli orologi più precisi al mondo sono
atomici e perdono un secondo ogni 300
milioni di anni. In questi orologi il
“secondo” è calcolato osservando le
oscillazioni dell’atomo di Cesio, un
elemento chimico che ne emette
ben 9.192.631.770.
Al secondo, appunto.
L.I.
CURIOS@NDO n
COMMERCIO ELETTRONICO,
VOLANO LE VENDITE, VITA DURA PER GLI INTERMEDIARI
All’Europa il primato degli acquisti, l’Italia dopo Regno Unito, Germania e Francia
Grazie alle offerte giunte via internet
ormai si va a cena a prezzi ultrapopolari,
si accede a visite mediche specialistiche
a prezzi che nessuna assicurazione può
garantire, si vivono vacanze di altissima
qualità a prezzi da pensione d’epoca. Ma
non solo, ogni giorno gruppi di acquisto
strutturati propongono un’ampia gamma
di prodotti e servizi a costi molto contenuti rispetto il commercio tradizionale.
Persino alla cultura si accede ormai in seguito alle mail di Groupon o Groupalia
scaricate su pc, tablet o smartphone.
Il commercio elettronico è dunque un
fenomeno sempre più diffuso a livello
globale, conseguenza diretta del successo
dei social network, specialmente facebook, twitter, linkedln e youtube.
Nati come occasione di incontro e condivisione, queste straordinarie piazze virtuali stanno diventando sempre più
luoghi della comunità con cui si misurano
produttori e commercianti di tutto il
mondo.
Sono canali comunicativi che attraggono
molto la politica che, dopo aver invaso la
tv, utilizza a ritmi crescenti i social per lanciare le proprie proposte tra giovani e
meno giovani.
Seguendo questa tendenza, con il trascorrere degli anni, sono nati dei veri e
propri marketplace come ebay e amazon in grado di proporre migliaia di articoli, prodotti e servizi saltando
completamente l’intermediazione tra
aziende, grossisti ed esercenti al dettaglio,
abbassando i costi a fronte di un’offerta
praticamente illimitata. Inoltre si sono sviluppati i sistemi di pagamento elettronico e moltiplicate le carte ricaricabili,
usate per proteggere le carte di credito
tradizionali.
Giro d’affari
Recentemente è nata addirittura una
moneta virtuale, il bitcoin, il cui giro d’affari a dicembre dello scorso anno è stato
stimato in circa 6 miliardi di dollari.
Le nostre abitudini cambiano molto in
fretta, come dimostrano i dati.
Nel commercio elettronico l’Europa si
conferma il mercato più attivo con un
fatturato di oltre 300 miliardi di euro.
Fatturato in costante crescita che raddoppierà nel giro di 3 anni, arrivando a
quota 625 miliardi nel 2016.
In questo contesto l’Italia è uno dei Paesi
emergenti, con un aumento sensibile dell’intero mercato e-commerce per un valore complessivo di oltre 21 miliardi di
euro.
In Europa il mercato è dominato da
Regno Unito (96 miliardi di euro), Germania (50 miliardi) e Francia (45 miliardi), che insieme hanno generato il
61% delle vendite.
Le note negative, ovviamente, non
mancano.
La facilità di accesso al gioco online, legalizzato nel 2011, può creare dipendenza e aumentare così il disagio. Sono
praticamente spariti i negozi di dischi e il
Giro d’affari del commercio elettronico nel 1999
Giro d’affari del commercio elettronico nel 2013
Valore del commercio elettronico negli USA
Valore del commercio elettronico in Europa
110 miliardi di dollari
1000 miliardi di dollari
297 miliardi di dollari
307 miliardi di dollari
Incon t ri
- genn ai o 201 4 n
fenomeno, molto velocemente, sta interessando anche le edicole.
Cambiano dunque le abitudini così come
lo scenario attorno a noi.
Livio Iacovella
Commercio elettronico
Italia
Germania
Gran Bretagna
38%
74%
82%
Utenti internet
Italia
26 milioni
Utenti che hanno effettuato
almeno un acquisto
in internet
13 milioni
Spesa media (dollari/anno)
1380
Motivi che spingono gli italiani
verso il commercio elettronico
Facilità di reperimento beni
Ampia scelta
Comparazione fra prezzi
Possibilità di acquistare
in ogni momento
Raccolta di informazioni
Risparmio di tempo
Tipologia degli acquisti
Libri, musica, quotidiani e riviste
Biglietterie e trasporti
Eventi
Abbigliamento
Prodotti tecnologici
ed elettrodomestici
Viaggi e vacanze
84%
80%
77%
75%
70%
65%
44%
37%
19%
33%
24%
23%
33
n CURIOS@NDO
DONARE IL SANGUE FA BENE,
A NOI E AGLI ALTRI
Senza questo apporto molti bambini, giovani e anziani, a rischio vita
Ci sono gesti semplici che aiutano a
salvare la vita, sia la propria che quella
degli altri, soprattutto. Uno tra quelli
più alla portata è certamente la donazione del proprio sangue a parenti e
amici. Ma non solo. Il sangue va donato
soprattutto a chi non si conosce, come
atto di generosità verso gli altri se non
come un gesto socialmente responsabile in un Paese evoluto come il nostro.
A chi rimane indifferente verso i temi
di solidarietà sociale come quello della
donazione del sangue va sottolineato
che, in mancanza di donatori, molti
bambini malati di leucemia non potrebbero sopravvivere così come le
persone in gravi condizioni dopo un
incidente.
Donare il sangue è dunque un gesto
rivolto agli altri. In realtà la generosità
garantisce anche un ritorno personale
importante perché donare periodicamente favorisce un controllo costante
sul proprio stato di salute attraverso
visite sanitarie e accurati esami di laboratorio garantiti a tutti i donatori. A
portata di mano, o per meglio dire di
“braccio”, c’è dunque l’opportunità di
conoscere il proprio organismo e vivere con maggiore serenità, sapendo
che la diagnosi precoce eviterà l’aggravarsi di disturbi latenti.
Donare il proprio sangue aiuta anche
la bilancia economica del Paese. Secondo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità il fabbisogno italiano è
di circa 2.400.000 unità, mentre quello
del plasma è di circa 900.000 litri. Numeri in costante aumento vista la cre-
SE VUOI DONARE IL SANGUE
Nel nostro Paese opera il Coordinamento delle diverse associazioni di donatori volontari (Civis), composto:
AVIS: Associazione Volontari Italiani del Sangue (www.avis.it)
CRI: Croce Rossa Italiana - Donatori di Sangue (www.cri.it)
FIDAS: Federazione italiana associazioni donatori di sangue
(www.fidas.it)
Fratres: Consociazione Nazionale dei Gruppi Donatori Fratres
delle Misericordie d'Italia (www.fratres.it)
Una di queste associazioni ha certamente un centro di raccolta
proprio vicino casa nostra.
34
n ge n nai o 201 4 -
In cont ri
scita dell’età media della popolazione
e i progressi della medicina che favoriscono interventi chirurgici anche in pazienti molto anziani.
Tutti possono donare, basta godere di
un buono stato di salute, un’età compresa tra i 18 e i 65 anni, pesare più di
50 chili, avere pulsazioni e pressione
arteriosa regolari.
In Italia gli uomini possono donare
massimo quattro volte l’anno, due
volte le donne in età fertile. Altri Paesi
consentono una frequenza maggiore,
per esempio in Francia, USA, Spagna,
Portogallo, Brasile.
Come sappiamo la legislazione italiana
(Legge 21 ottobre 2005, n. 219) prevede una giornata di riposo retribuita
per chi ha effettuato una donazione.
Questa norma, adottata anche da altre
nazioni europee per incentivare maggiormente i potenziali donatori, è comunque di carattere precauzionale e
viene normalmente disattesa dai donatori lavoratori autonomi che, dopo la
donazione, in genere affrontano una
normale giornata di lavoro.
Livio Iacovella
CURIOS@NDO n
LE CINQUE TERRE
E IL SENTIERO AZZURRO
Elisir di lunga vita in un solo giorno, tra muretti, panorami affascinanti e buon cibo
Per vivere una vacanza emozionante
non è necessario salire in aereo o in
nave; basta mettersi in cammino lungo
uno dei tanti sentieri che attraversano
le nostre belle valli o i nostri magnifici
monti, vista la ricchezza degli scenari
italiani che pochi altri Paesi al mondo
possono vantare.
Per giunta, camminare non costa più di
tanto. L’attrezzatura per farlo ha costi
minimi e gli itinerari per le escursioni
sono a portata di ciascuno, talvolta a
pochi “passi” da casa nostra.
Ogni regione vanta infatti decine di opportunità seppure non tutti i sentieri
tracciati sono pronti ad accogliere in sicurezza turisti e vacanzieri di ogni età.
Andare a piedi da un posto all’altro riserva quasi sempre piacevolissime sorprese, soprattutto perché camminare
aiuta l’escursionista a riappropriarsi di
colori, profumi, suoni e rumori che il
nostro Paese spesso regala in gran
quantità.
Ce n’è per tutti i gusti e specialmente
per ogni tipo di preparazione; basta affidarsi a chi
ha più esperienza e può
sostenerci nello sforzo con
un consiglio o un suggerimento, utili a vivere
un’esperienza bella da raccontare appena tornati in
ufficio.
In Italia operano diverse
organizzazioni in grado di
assicurarci proposte molto
interessanti; dal Club Alpino Italiano a Trekkingitalia
e Federtrek. Esistono associazioni che invitano ad un
vero e proprio viaggio a
piedi di più giorni come
Movimento Lento, Walden,
la Compagnia dei Cammini. Di queste associazioni
ne esistono talmente tante che non
sarà difficile trovarne una che fa al caso
nostro.
Quella che proponiamo noi per iniziare è un’escursione tra le più classiche, ma di sicuro effetto per chi vuole
vivere uno o più giorni di vacanza all’aria aperta: le Cinque Terre, parco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, che
vanta parecchi sentieri, uno più affascinante dell’altro, di facile accesso e fruibilità. Il mezzo di trasporto migliore per
raggiungere le Cinque Terre è sicuramente il treno, lungo la linea ferroviaria
Genova-Roma, fermata La Spezia, da
dove partono treni regionali che fermano in tutte le stazioni delle Cinque
Terre.
La nostra scelta ricade sul sentiero che
il sito internet www.cinqueterre.it indica come il numero 2, più noto come
Sentiero Azzurro. E’ uno dei più apprezzati percorsi pedonali di tutta l’Italia, sia perché non presenta particolari
difficoltà, sia per gli scorci panoramici
Incon t ri
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che regala alle migliaia di camminatori
che lo percorrono in ogni stagione
dell’anno. Si tratta di un itinerario già
esistente nel Medioevo (eccetto il segmento che coincide con la Via dell’Amore, risalente al Novecento), per
secoli unica via di comunicazione fra gli
abitanti del litorale.
Dal Sentiero Azzurro partono anche
decine di mulattiere che salgono fino
al crinale, disegnando una fittissima ragnatela di percorsi attraverso muretti
a secco, piccoli nuclei abitati e Santuari.
Anche se è possibile percorrere tutto
il sentiero in una sola giornata è comunque consigliabile frazionarlo in più
tappe. Nelle località raggiunte non
mancano B&B, hotel e affittacamere
per ogni esigenza. Il nostro suggerimento è di mettere in calendario
l’escursione giusto dopo aver svolto un
po’ di allenamento; diciamo all’inizio
della primavera.
L.I.
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