IV Serie • Anno I • n° 2 • agosto 2013 Notiziario del Centenario Salve Messaggio del cardinale Sepe Regina I VESCOVI DELLA CAMPANIA E LE FESTE POPOLARI MACCHINE DA FESTA. Documenti per la storia del carro e dei gigli SOMMARIO Messaggio del Cardinale Sepe pag. 3 La luce della fede pag. 4 Decreto per l’Incoronazione della Madonna della Neve pag. 6 I vescovi della Campania e le feste popolari pag. 7 Maria nel disegno del Padre pag. 8 Antichi precursori del carro di Ponticelli ed altre tradizionali “Macchine da festa” pag. 9 Feste religiose e feste di popolo pag. 13 Happy hour della gioia pag. 17 I bambini di Ponticelli con il naso all’insù pag. 18 Un arredo urbano in frantumi pag. 20 Periodico Salve Regina IV Serie - Anno I – n°2 agosto 2013 Basilica Santuario S.M. della Neve Piazza Vincenzo Aprea, 2 – 80147 NAPOLI www.santamariadellaneve.it e-mail: [email protected] Direttore responsabile: prof. Giuseppe Improta Stampa ALFA grafica S.r.l. Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 1624 In copertina: Antica statua lignea della Madonna della Neve 2 3 MAGISTERO P. Carlo Cicala LA LUCE DELLA FEDE I La prima enciclica di Papa Francesco l Santo Padre ha inviato a tutta la Chiesa Cattolica la sua prima enciclica, cioè una lettera riguardante i contenuti, il valore e l’importanza della Fede. Lettera che deve essere un riferimento per tutti i cristiani per comprendere il ruolo della Fede nella vita dei discepoli del Signore. Questo documento completa ed integra l’Enciclica di Papa Benedetto XVI, “ Spe Salvi”, con la quale il Papa, attraverso il Magistero di successore di Pietro, insegna che la Redenzione operata da Gesù Cristo ci dona la Fede che però diventa allo stesso modo Speranza perché la vita abbia pienezza e significato. Ci viene ribadito che la Fede senza la Speranza non ha senso, è inutile e non produttiva. La Fede non può essere ridotta a sentimento, non è festaiola, né domenicale, né un prodotto gestito a seconda dei propri gusti religiosi. Il Papa insegna e ci ricorda che la Fede è dono di Dio ad un popolo e che ogni singolo, all’interno di questo popolo riceve non solo la salvezza ma è liberato dalla solitudine del proprio “io” perché inserito 4 in una folla ben individualizzata - il Popolo di Dio - che crede nella sua verità, annuncia e vive ciò che crede. Credere è lasciarsi guidare e conquistare da Dio, è fidarsi di Dio, è abbandonarsi all’Altro, è camminare nel deserto, è lasciarsi “afferrare” dallo Spirito Santo per realizzare la vocazione alla santità che abbiamo ricevuto nel Battesimo e perché annunciassimo con coraggio il Regno di Dio. Papa Francesco, poi, ci insegna che la Fede è Luce perché illumina ogni atto vitale e intelligente dell’uomo. In forza di ciò il cristiano non può essere triste, malinconico, dubbioso, incerto e mediocre, perché tutti coloro che incontrano Cristo trovano il fondamento e la ragion d’essere del loro vivere e morire. La Fede non può ridursi a sterili pratiche religiose, a chiudersi nelle mura di un tempio, ma deve mettersi in gioco dandosi da fare, coinvolgendosi nelle attese e speranze del mondo. La Fede nasce solo dall’ascolto e dalla familiarità con il Vangelo, attorno al quale ruota la vita del credente e lo mette in condizione di “Presentarlo”agli altri (evange- MAGISTERO lizzare, comunicare la Fede), perché tutti possano entrare in comunione tra di loro e con l’unico Dio trinitario. Solo se i battezzati comprenderanno la Fede potranno predicare e parlare. Questa ignoranza dei contenuti della Fede non producendo in noi l’amore per Cristo ha generato cristiani muti, indifferenti e incapaci di essere cooperatori di Cristo per la salvezza del mondo e che si rifugiano nella contemplazione narcisistica della loro religiosità. P. Carlo Cicala Papa Francesco sottolinea che la fede è sempre un incontro storico e concreto perché interpella la famiglia che a sua volta costituisce il tessuto sociale della Chiesa ed è proprio la famiglia che deve custodire e trasmettere la Fede la quale accompagna tutte le età dell’uomo. ll Papa scrive ancora che “la Fede non è un rifugio per gente che non ha coraggio”, ma invita l’uomo ad essere lievito, sale, luce ed a scontrarsi con il male, il peccato e ad essere dalla parte dei deboli e dei poveri. Decreto originale per l’incoronazione dell’immagine della Madonna della Neve 5 Cronache del Centenario Testo in italiano del Decreto con cui il Capitolo Vaticano concede il privilegio dell’Incoronazione All’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Giuseppe Prisco Arcivescovo dl Napoli salute eterna nel nostro Signore. Al Nostro Capitolo, poiché ad esso compete il diritto e l’onore di incoronare le Sacre Immagini della Madre di Dio assai conosciute sia per l’antichità del culto sia per il gran numero dei miracoli, il rev.mo don Ferdinando GRIECO, parroco della cittadina comunemente chiamata Ponticelli, della tua diocesi, ha tempo fa comunicato che da antico tempo nella chiesa della predetta località è venerata la statua della Beata Maria Vergine sotto il titolo della Neve e che Essa, sia per la fama dei prodigi, sia per la devozione conclamata dei cittadini e delle popolazioni viciniori, è molto conosciuta poiché in numerosissimi frangenti è stata protezione e presidio degli abitanti. Per questi motivi, mosso da singolare sentimento dl devozione per la Genitrice di Dio, con intense preghiere ha chiesto che l’Augusta Statua sia adornata di quella corona d’oro con la quale dal Nostro Capitolo sogliono essere cinte le prodigiose Immagini della Madre di Dio. A tali preghiere si sono aggiunte in modo particolare le tue lettere commendatizie nelle quali chiedevi che la richiesta fosse accolta con pia sollecitudine. E Noi che con zelo ininterrotto siamo sempre solleciti quando si tratta di onorare la Santissima Vergine - affinché ad Essa in ogni angolo della terra si rivolgano grati ossequi di devozione - mossi da queste suppliche, il 13 aprile di quest’ anno, regolarmente riuniti nell’ Aula Capitolare, abbiamo preso atto della petizione sulla rinomanza di questa Statua. Di poi, accolto anzitutto il voto dell’Ill.mo e Rev.mo Don Giuseppe De Bisogno dei Marchesi di Casaluce, Decano del Nostro Capitolo, espresso con pienezza di favore su tale argomento, abbiamo preso atto che è universalmente nota la grande devozione e la fama ben diffusa dei miracoli di tale Statua. Per questi motivi Noi, a maggior gloria dell’Augustissima Trinità, per un nuovo decoro ed ornamento della Madre di Dio, con sentenza unanime e sommo rendimento di grazie stabiliamo e ordiniamo che la surricordata Statua di NOSTRA SIGNORA DELLA NEVE sia incoronata con rito solenne con una corona d’oro. Abbiamo conferito e con la presente conferiamo il compito dl tale incoronazione a Te, Rev.mo ed Em.mo Signor Cardinale. E con sommo gaudio Ti incarichiamo dl imporre a Nostro Nome, nel giorno che stabilirai, una corona d’oro sul capo sacratissimo della medesima Statua, rispettando, peraltro, il rituale che usiamo in simili cerimonie, di cui Ti inviamo una copia. E se, impedito da qualsiasi ragione, non potrai eseguire tale compito, Ti conferiamo ugualmente la facoltà dl scegliere un altro incaricato, beninteso di pari dignità ecclesiastica, che porti a compimento questo sacro rito. A testimonianza di tutto questo… Dato in Roma il 3 maggio dell’anno del Signore 1913, anno Decimo del Pontificato del Nostro Papa Pio. Giacomo Sinibaldi Canonico Segretario 6 Giuseppe Cascioli Cancelliere DOCUMENTI P. Fabrizio De Michino I VESCOVI E LE FESTE Norme della Conferenza Episcopale Campana per lo svolgimento delle feste religiose a carattere popolare “L a sintonia dei cuori costituisce una grande forza. Radicarsi in ciò che è antico, forte, profondo e, allo stesso tempo, caro al cuore, dà un’energia interiore straordinaria. Se tale radicamento è poi unito ad un’ardimentosa forza di pensiero, non c’è ragione di temere per il futuro della fede e dei rapporti umani all’interno di una nazione”. Così il beato Giovanni Paolo II in un suo testo, “Alzatevi, Andiamo”, si esprimeva a proposito della pietà popolare. Molto spesso quando si parla di pietà popolare si pensa immediatamente a quella fede espressa da persone semplici, poco colte o dalle “classi subalterne”. In realtà è ormai lontano questa forma di pensiero, in quanto innanzitutto la pietà popolare è una prova continua e sicura presenza dello Spirito Santo che accende la fede, la speranza e la carità nei cuori della gente; ed è lo stesso Spirito Santo che nobilita le forme così varie e numerose con cui si esprime attraverso l’annuncio cristiano in accordo con le culture e i costumi propri di ogni luogo. Inoltre “pietà popolare”esprime la pietà (dono dello Spirito) che rende capace l’uomo di relazionarsi e parlare a Dio filialmente. I Vescovi della Campania, pochi mesi fa, hanno redatto un documento che spiega il senso e la bellezza di queste forme di espressione di fede. Compito non solo dei sacerdoti ma di tutti gli uomini è coltivare le tradizioni sane e per questo il documento dei vescovi ribadisce: - le feste patronali vengano autorizzate dal Vescovo, proposte dal Consiglio Pastorale e organizzate da un Comitato esterno, presieduto dal Parroco; - il momento ludico non va trascurato ma staccato dal momento religioso; - sono vietati spettacoli che non danno garanzia di contenuti e di linguaggio; - la processione deve essere un’espressione pubblica di fede; - non è consentito attaccare denari alle statue e fermare la processione mentre si sparano fuochi d’artificio; - la durata della processione sia breve; - parte delle offerte raccolte siano riservate a gesti di carità ed a spese che rendano più dignitosa la Casa di Dio. 7 MARIOLOGIA Mons. Raffaele Russo MARIA NEL DISEGNO DEL PADRE Inizia, con questo intervento, I una serie di riflessioni teologico-mariane mutamenti epocali, che sul piano socioculturale si sono verificati in questi ultimi tempi, non hanno mancato di far sentire il loro influsso sulla vita della comunità ecclesiale. Le situazioni determinate da simili cambiamenti non sempre, però, si sono rivelate favorevoli alla crescita della fede cristiana e alla sua fecondità. Non sono rari, infatti, i casi in cui tali situazioni fanno della fede “una fede esposta alle prove e minacciata […], assediata e combattuta” (Evangelii Nuntiandi, 54). Ma, benché non raramente la fede venga vista non come una luce che, illuminandola, rende la ragione umana più ragione, ma «come un’illusione di luce che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso il domani» (Lumen Fidei, 2), si può dire che i ponticellesi, in continuità con le generazioni del passato, si sentono e si proclamano devoti della Madonna della Neve. 8 Necessariamente, però, è d’obbligo porsi una domanda: nelle «situazioni di scristianizzazione frequenti ai nostri giorni» (Evangelii Nuntiandi, 52) è sufficiente sentirsi e proclamarsi devoti di Maria? Ignazio, vescovo di Antiochia (+107), in tempi di persecuzione dei cristiani, dice che non è importante “dirsi”, ma “essere” cristiano. Allo stesso modo, in un tempo che, come quello di oggi, pone non poche sfide alla fede cristiana, si può dire che non è importante “dirsi”, ma “essere” devoti di Maria. Essere devoto di Maria non può risolversi in un amore fatto di sentimenti. Essere devoto di Maria comporta necessariamente l’impegno a condurre una vita che abbia sempre più il senso che Ella ha dato al suo vissuto quotidiano. Pertanto, in preparazione alle celebrazioni del centenario dell’incoronazione della Protettrice di Ponticelli (1914-2014), non sembra inutile proporre una serie di riflessioni che possano agevolare un cammino che porti a riprodurre in noi i tratti che hanno sostanziato e caratterizzato l’esistenza storica di Maria. Ora, a chi vuole condurre una vita, che sia effettivo riflesso di quella di Maria, si impone l’obbligo di approfondire sempre più la conoscenza della sua singolare identità. A tal fine non si può fare a meno di procedere con un discorso che prende avvio dal disegno che il Padre, dall’eternità, ha avuto su di Lei. STORIA E TRADIZIONI L Giuseppe Viscardi macchine da festa Documenti per la storia del carro e dei gigli ’uso delle macchine da festa per Immacolata Concezione. E’ questo Carro le celebrazioni di avvenimenti ci- una vasta, ed alta Macchina, portata da vili - l’ingresso, ad esempio, di un cento facchini, che vi van sotto coperti, e sovrano - o per scopi religiosi come le vien sempre formato con architettura di processioni, è sicuramente di antica tradi- nuova, e capricciosa invenzione, adorno zione. Ha avuto il suo massimo splendore di tanti lumi, e fregi sì maestosi, che nel nei secoli XVI e XVII. E alcune di queste passare alza archi di meraviglia nelle ci“macchine da festa” richiamano da vicino glia de “riguardanti.” il carro di Ponticelli ed i gigli di Nola. Un’ulteriore descrizione di questo gran A Napoli già verso la fine del sec XVI carro, da cui traspare un’evidente similiera famoso il Carro Battaglini. Una de- tudine con il nostro carro di Ponticelli, è scrizione dettagliata di questo carro viene riportata da Claudio Bernardi (La dramfatta dal gesuita Tommaso Strozzi in un maturgia della Settimana Santa in Italia, passo di un opuscolo stampato a Palermo 1991): “Il carro, molto complesso, camnel 1703 (Controversia della Concezione biava ogni anno grazie all’invenzione della Beata Vergine Maria), ove si parla degli artisti incaricati. Quello allestito da di una grande processione notturna fatta a Mario Gioffredo nel 1742 aveva, nel priNapoli in onore dell’Immacolata ed a cui mo piano, le statue di Adamo ed Eva con partecipavano più di 4000 persone: musi- al centro l’albero. Al secondo piano staci, confratelli, fedeli, nobili e clero. vano quattro putti con cartelloni in mano. “Nel Sabbato Santo, che in Al terzo era collocata una enorme colomquell’anno [1580] cadde a’ dodici del predetto Aprile, si dispose ed uscì in processione alle tre ore di notte dalla medesima Chiesa di Monte Calvario, una numerosa comitiva di Confratelli vestiti con abito bianco, e mozzetta torchina …, tutta questa pompa precede al gran Carro su cui si porta in trionfo la Vergine Nostra Signora in una Maestosa effigie di rilievo, rappresentante la sua La Vara di Messina 9 STORIA E TRADIZIONI ba, «tutta lumeggiata d’argento con una sfera armillare sul suo dorso e sfoderata di cristalli da dentro con lampiere in mezzo», sulla cima della sfera vi era, infine, la Madonna, in un trionfo di putti.” Tale carro verrà realizzato fino a circa il 1750 e la manifestazione sarà poi sospesa per evidenti difficoltà economiche, ma probabilmente anche per motivi religiosi. In ogni caso gli elementi decorativi quali la colomba, la sfera, il trionfo dei putti ed anche Adamo ed Eva della descrizione appartengono anche alla tradizione storica del Carro di Ponticelli. In relazione alla festa dei gigli di Nola lo storico Ambrogio Leone, nel “De Nola Gigli di Nola 10 Giuseppe Viscardi Patria” (Venezia 1514), riporta la seguente descrizione: “Il giorno prima della festa di S. Paolino, si fa un altro giro per la città: prima vanno i contadini con falci, seguendo, come fosse il loro vessillo, una grandissima torcia a guisa di colonna, accesa e adorna di spighe di grano. Questa torcia è tanto grande che un sol uomo non può portarla, onde è portata da parecchi ritta su una specie di cataletto. Viene fatta col denaro raccolto fra i contadini, e ogni anno si accresce, non solo viene rifatto ciò che si accende percorrendo la città; la chiamano cereo.” Oltre feste famose, come quella di Santa STORIA E TRADIZIONI Rosa a Viterbo, i ceri di Gubbio, i gigli di Nola e di altri centri campani, vi sono numerose altre manifestazioni che fanno uso di macchine da festa, chiamate anche macchine giulive o carri trionfali. Ricordo solamente, in Sicilia, la Vara dell’Assunta di Messina ed il carro di Palermo in onore di Santa Rosalia ed, inoltre, il carro trionfale di Terlizzi (BA), quello di Matera il 2 luglio in onore della Madonna Bruna. La Vara dell’Assunta di Messina è una manifestazione che si ripete ogni anno il 15 agosto e conta oltre cinque secoli di storia. Si tratta di un carro piramidale dell’altezza di circa 14 metri che viene fatto scivolare sull’asfalto trainato da migliaia di devoti. Rappresenta l’Assunzione di Maria al cielo e, come tutte le rappresentazioni pittoriche sul tema, la Madonna è contornata dai dodici apostoli, dagli angeli e sulla sommità è accolta da suo figlio Gesù. Tutti questi personaggi attualmente sono forgiati in cartapesta, ma fino al 1860 erano rappresentati da bambini che prendevano posto sulla vara. A Palermo dal 1686 Santa Rosalia, patrona della città, viene portata trionfalmente su un carro trainato da buoi. Ecco come racconta la processione Conrad MalteBrun, geografo danese, nel 1829 “un carro di 70 piedi di lunghezza e 50 di larghezza, e più di 80 di altezza, contenente numerosa orchestra, guernito di alberi di... una cupola retta da sei colonne d’ordine corintio, sotto la quale è collocata la statua gigantesca di santa Rosalia d’ argento massiccio”. La manifestazione si svolge la notte tra il 14 e 15 luglio, ma con gli anni il carro ha subito diverse mo- Giuseppe Viscardi difiche e attualmente non ha più le forme classiche dei secoli XVII e XVIII. Spettacolare è il carro trionfale di Terlizzi (BA). Si hanno notizie certe a partire dal 1749, anche se la tradizione e la leggenda relativa all’evento affondano radici in tempi più lontani. Si tratta di una maestosa macchina alta circa 22 metri, a forma di campanile, su cui viene posta l’immagine della Madonna di Sovereto. La festa si svolge la domenica successiva al primo sabato di agosto. La macchina oggi è spinta da un centinaio di uomini in sostituzione dei buoi che anticamente la trainavano. Il Carro di Matera, tirato da cavalli e dedicato alla Madonna Bruna, è un’altra tipica celebrazione barocca. Anche per questa macchina da festa esiste un mito di fondazione che racconta di una richiesta fatta dalla Madonna ad un contadino di essere trasportata ogni anno per le ve della città. Singolare invece la spiegazione riguardante il perché si distrugge questo carro alla fine della processione. La leggenda racconta, infatti, che i Materani distrussero il Carro per evitare che le immagini sacre, che adornavano il carro stesso cadessero nelle mani degli infedeli “saraceni” che avevano attaccato la città. Sulle origini di tali macchine è stata ipotizzata anche la diretta derivazione dalle rappresentazioni sacre dei secoli XV e XVI. Non vanno tuttavia trascurate ipotesi riconducibili, ad esempio, alla realizzazioni di macchine ed apparati costruiti per l’incendio di fuochi pirotecnici. Tra i più antichi il carro fiorentino della Domenica di Pasqua, chiamato a Firenze Brindellone, oppure lo spettacolo dell’incendio del castello che si realizzava in piazza del 11 STORIA E TRADIZIONI La “barca” con San Paolino, vescovo di Nola Mercato a Napoli. Quest’ultimo è raccontato da P. Pier Tommaso Moscarella nella sua “Cronistoria” del Convento del Carmine Maggiore: “principiò il tumulto nel dì 7 di Luglio coll’occasione della festa del Carmine, in cui era costume di farsi nella Piazza del Mercato un Castello, e questo poi alla militare si saccheggiava”. Questo tipo di apparato si evolverà poi in altro modo generando ancora eventi e macchine da festa appartenenti alla nostra tradizione. E’ chiaro che col tempo queste manifestazioni e le relative macchine hanno subito profonde trasformazioni. Dopo circa cinque secoli è, infatti, molto difficile, ad esempio, il raffronto tra i “cerei” descritti da Ambrogio Leone e l’attuale manifesta12 Giuseppe Viscardi zione nolana e “simili svolte in altri luoghi”. Il senso di offerta e ringraziamento (i prodotti della terra che adornano i “cerei” ed il periodo dell’anno in cui si svolge la manifestazione coincidente con il mese della mietitura ), che traspare dalla descrizione del Leone è ormai completamente sparito. Ha lasciato posto solo al frastuono e alla rivalità fra i diversi “maestri di festa”, che realizzano i diversi gigli e le “paranze” chiamate per il trasporto degli obelischi. La scomparsa del carattere esclusivamente religioso rende ormai tali manifestazioni sempre più simili agli antichi riti pagani svolti per propiziare un buon raccolto che poi successivamente il sincretismo pagano-cristiano ha mutuato nei primi secoli dell’era cristiana. Diverso è il carro di Ponticelli. Conserva sempre il carattere di manifestazione esclusivamente religiosa anche attraverso il suo aspetto. La forma della barca nella parte inferiore rimanda simbolicamente all’immagine della Chiesa e la sua altezza esprime il desiderio di collocare al disopra di tutto la Madre celeste invitando il popolo ad alzare gli occhi verso il cielo. Ciò che invece accomuna tutte le citate manifestazioni è il senso di appartenenza che esse generano all’interno delle comunità. Manifestazioni simili realizzate in altri luoghi e stagioni (lo spazio ed il tempo sono fondamentali nella comprensione delle manifestazioni) perdono tuttavia completamente il senso originario e diventano da elemento unificante elemento di contrapposizione all’interno della collettività, che da sempre si riconosce nei propri riti e tradizioni. STORIA E TRADIZIONI L Giuseppe Improta FESTE RELIGIOSE E FESTE DI POPOLO Il carro di Ponticelli, i gigli di Nola e quelli di Barra ’estate è tempo di tradizionali feste religiose o semplicemente popolari e folcloristiche. Alcune di esse sono caratterizzate da un elemento comune: il passaggio, per le vie della città o del paese, di grandi obelischi o costruzioni mobili, dette “macchine da festa”, come “gigli”, “carri”, “ceri”. Tra i più noti i gigli di Nola, in onore di San Paolino (per essi i nolani attendono dall’Unesco l’ambito riconoscimento di “patrimonio immateriale dell’umanità”). Carro di Fontanarosa Ma anche i ceri di Gubbio. Ed il carro (il primo nel 1686) in onore di Santa Rosalia a Palermo, la cui festa, ormai senza alcun carattere sacro, è oggi un “evento” cittadino, organizzato e gestito solo dal Comune. A Barra la festa dei gigli è curata da comitati cittadini locali e non è da collegarsi ad alcun evento religioso. Meno noti sono i gigli di Brusciano, di Casavatore, di Crispano, di Villaricca: un panorama vasto. Da non dimenticare poi, in provincia di Avellino, anche il carro di Fontanarosa ed il giglio di Flumeri: due alti obelischi, realizzati in legno e con paglia e spighe di grano, che vengono “tirati” in processione lungo le strade da coppie di buoi. Ma l’elenco potrebbe ancora continuare… Sull’interpretazione di queste feste - alcune in origine pagane, legate a riti propiziatori per la fertilità della terra - e sul significato sociale, politico e culturale delle specifiche manifestazioni popolari e/o religiose hanno scritto significative opere studiosi ed antropologi come Roberto De Simone (noto il suo saggio “Chi è devoto”), Lombardi Satriani e Alfonso Maria di Nola. Quest’ultimo ha giustamente osservato che “nella costruzione delle ‘macchine da festa’ concorrono realtà diverse e non omologabili”. Infatti più spiccatamente religiosa risulta essere la festa del carro a Ponticelli, un quartiere una volta agricolo, poi operaio, 13 STORIA E TRADIZIONI divenuto negli ultimi decenni sede di numerosi insediamenti di edilizia popolare che hanno fatto crescere notevolmente la popolazione. Qui, nella domenica che segue il 5 agosto, festa liturgica della Madonna della Neve, Protettrice del “paese”, migliaia di persone – molti tornano dalle vacanze o dai luoghi di lavoro – partecipano ad una festa attorno al carro che ha caratteristiche peculiari rispetto alle feste simili. Una prima differenza è nella struttura del carro stesso e nel modo di trasportarlo. Diversamente dai gigli di Nola e di Barra, più leggeri e quindi più idonei a sopportare i “balli” dei portatori, il carro di Ponticelli è certamente molto pesante. È alto 16 metri circa cui si aggiungono alla sommità i due metri della statua della Madonna. Poggia su quattro pali circolari di circa 30 centimetri. Al di sotto, altri cinque pali – del diametro di 40 centimetri – sono fissati parallelamente in posizione orizzontale Benedizione dei portatori del carro di Ponticelli 14 Giuseppe Improta e servono per sollevare l’intero carro. Le facciate sono addobbate con scene religiose di cartapesta realizzate da “artisti apparatori”, come, negli anni Trenta, Modestino e Michele Caracciolo, artigiani di Ponticelli, e successivamente i fratelli Zito ed i Tudisco, questi ultimi costruttori dei gigli di Nola. Da alcuni anni, invece, l’addobbo viene realizzato sulla base di un progetto complessivo, artistico e religioso, scelto a seguito di uno specifico bando, curato direttamente dalla Parrocchia, cui partecipano tecnici, architetti e anche giovani legati alla tradizione cittadina. Il carro è trasportato lentamente da più di cento giovani e uomini maturi che reggono i grossi pali, stretti l’uno all’altro, e talvolta si muovono strisciando i piedi per terra. Ubbidendo agli ordini perentori del “mast ‘e festa”, che stabilisce le soste ed i vari spostamenti, essi si sottopongono ad una fatica davvero immane, quasi in una sorta di rito espiatorio e propiziatorio. Una STORIA E TRADIZIONI Giuseppe Improta Consacrazione dei bimbi alla Madonna della Neve durante la processione del carro fatica che provoca nei portatori del carro – in genere operai, contadini, artigiani, disoccupati – sofferenza, ma anche soddisfazione e gioia. Il ruolo svolto e lo sforzo fatto è anzi sentito come un particolare privilegio, al punto che, fino a pochi anni fa, si tramandava di padre in figlio. Assolve ad una funzione non solo catartica, ma spesso anche di riscatto e di particolare richiesta di aiuto alla Vergine “per sé e per la famiglia”. Ed è questo lento, sofferto, quasi “rituale” incedere dei portatori del carro - insieme con i fedeli, i sacerdoti ed il parroco della Basilica-Santuario della Madonna della Neve, costantemente impegnato ad invitare tutti i partecipanti alla preghiera - a dare una connotazione speciale alla processione del carro di Ponticelli, che dura diverse ore e attraversa qua- si tutto il centro antico del quartiere. E in molte famiglie, specialmente in quelle dei portatori del carro, non si inizia il pranzo se non quando “la Madonna si è ritirata in chiesa”. A Ponticelli non è esistita e non esiste quella gara presente tra i diversi gruppi che preparano i gigli a Nola, dove a volte effettivamente è davvero difficile stabilire quanto ci sia di religioso. Anche le musiche ed i canti, che accompagnano il lento e solenne incedere del carro a Ponticelli, non sono di carattere leggero e “profano”come quelli che accompagnano i portatori dei gigli. A Ponticelli davanti al sudore che fuoriesce dalla fronte dei tanti “cirenei” portatori del carro qualcuno può rimanere anche perplesso e incerto. Certamente un fasci15 STORIA E TRADIZIONI no particolare ed un’aura spirituale e religiosa fa sì che, nonostante i cambiamenti avvenuti nel quartiere, nel contesto della festa della Madonna della Neve e anche tra gli stessi portatori del carro, chi da piccolo o da giovane ha sentito come “sua” la processione con il carro anche da adulto - e semmai non più residente a Ponticelli - non sa più distaccarsene. Chi è nato a Ponticelli si identifica con il carro e con la Protettrice, la Madonna della Neve. E in ogni caso da sempre la festa accomuna tutta la popolazione senza distinzioni: credenti e “laici”, praticanti e cristiani “tiepidi”. Ciascuno in modi e forme personali. Ma spesso ci si domanda: cosa spinge i portatori del carro a sottoporsi a fatiche impensabili nell’attuale moderna società? Indubbiamente una prima spiegazione è nella fede che li anima , anche se essa poi nella vita quotidiana non si esprime sempre nei modi e nelle forme richieste da un’autentica devozione. Un’altra risposta potrebbe venire - secondo il compianto Giorgio Mancini, che ha dedicato a questa festa un’attenta ricerca storica - da un’analisi psicoanalitica del sacrificio cui si sottopongono: “Il dolore è finalizzato al raggiungimento di una protezione che è un bisogno fondamentale nella condizione di sofferenza; i portatori sanno di farsi male alzando il carro, ma lo fanno per rinsaldare il rapporto di protezione della Vergine su tutto il popolo che essi rappresentano”. Si tratta di tentativi di capire questa speciale festa che, comunque, vanno continuati ed approfonditi. Anche per aiutare clero e fedeli di Ponticelli a salvare e mantenere il carattere originale di questa festaprocessione religiosa e popolare. 16 Giuseppe Improta Il carro di Ponticelli 2011 Fede e società Roberta Guarracino Happy hour della gioia A Risultati e proposte di un’esperienza che vuole essere vita e non un semplice evento più di una settimana dalla conclusione dell’Happy hour della gioia, l’evento organizzato da alcune parrocchie di Ponticelli per avvicinare i ragazzi del quartiere, i giovani del nono decanato si sono incontrati per raccontarsi l’esperienza vissuta e stilare un elenco di proposte da attuarsi nel corso del prossimo anno pastorale. L’obiettivo dichiarato è quello di dare seguito all’evento, redigendo un organico piano d’azione che possa veder collaborare le parrocchie del decanato, con continuità ed unità d’intenti, in quella che Papa Francesco non si stanca di definire come la doverosa “uscita” dei Cristiani dalle sagrestie. Sul volto dei giovani si leggevano entusiasmo e intesa. Chi ha avuto il dono di poter partecipare lo ha potuto constatare sin dal primo giorno. Sin dall’emozionata ed emozionante Messa per il conferimento del “mandato missionario”. Don Lello Ponticelli lo aveva preannunciato nell’incontro di formazione organizzato per i giovani missionari: il primo frutto della missione sono proprio loro, i missionari stessi, i circa 60 giovani che hanno accettato l’ardita proposta dei loro parroci. In giro per Ponticelli hanno “parlato” poco i missionari; riferiscono di aver prevalentemente “ascoltato” le storie, talvolta le confidenze, dei giovani che avvicinavano, i quali, superata la naturale diffidenza iniziale, si sono spesso raccontati con spontaneità e fiducia. Don Lello aveva raccomandato di non svendere la Salvezza a basso costo, ma di essere “semplicemente se stessi”, di comportarsi così come avrebbero fatto con i loro amici di ogni giorno. I “missionari” riferiscono anche delle numerose difficoltà incontrate, dei rifiuti, del naturale senso di incapacità e di impotenza davanti a tante situazioni, ma il Maestro li aveva già preparati: niente paura! Si impara “strada facendo”. Tutti d’accordo: la catechesi di don Pasquale Incoronato, attraverso le canzoni di musica pop, ha fatto davvero centro! Sorprendente anche il numero di persone che hanno partecipato all’adorazione in piazza della domenica sera. Ecco quanto brevemente si può dire di un’esperienza che potrebbe e dovrebbe essere vita e non evento. Ieri, lungo Corso Ponticelli, ho incontrato un gruppetto di adolescenti conosciuti durante la tre giorni. A Claudio ed Anna avevamo regalato le croci che avevamo al collo, ricevute in occasione del mandato missionario: non le indossavano più. Gli ho domandato: “ragazzi, ma le croci?”. Si sono fatti subito seri. No, non le avevano più con sé. Le avevano lasciate sulla lapide del padre di un amico presente lì con loro. L’importanza del gesto, il valore del dono, la sacralità del segno: avevano capito quanto basta questi giovani di Ponticelli. 17 Fede e società Gessica Elce I BAMBINI DI PONTICELLI CON IL NASO ALL’INSU’ I Positiva l’esperienza dell’oratorio estivo 2013. I commenti delle mamme. n molte città dell’Italia, al termine delle attività pastorali, tra giugno e luglio, sta diventando consuetudine svolgere l’oratorio estivo, chiamato anche diversamente campo estivo o grest. Nasce all’interno delle comunità parrocchiali come strumento e metodo per la formazione umana e cristiana delle giovani generazioni dalla proposta educativa di san Giovanni Bosco. Attraverso questa attività, la Chiesa si pone accanto al soggetto educante primario, la famiglia, esprimendo la propria sollecitudine nei confronti dei ragazzi nella loro fase di formazione umana e spirituale. Quest’anno la comunità di Santa Maria della Neve, usufruendo di uno spazio maggiore nel campetto parrocchiale, ristrutturato di recente, ha organizzato l’oratorio dal 1° al 14 luglio. Quattordi- 18 ci giorni di vera gioia ed entusiasmo che ha coinvolto circa 130 bambini e 80 tra animatori e mamme. E con dispiacere si è dovuto rifiutare l’iscrizione di molti ritardatari… Il titolo dell’oratorio è stato “Nasinsù… guarda il cielo e conta le stelle”, un titolo che segna la direzione, non solo da dare al nostro sguardo, ma anche ai cuori orientati verso l’unico bene, il Signore Gesù. I temi affrontati hanno spaziato dalla fraternità all’ amicizia, dai doni ai talenti ricevuti, dalla condivisione alla famiglia ed al rispetto delle regole. Tra canti, balli, giochi, laboratori e una gita al Vesuvio si è svolta questa esperienza che certamente resterà nel cuore di tutti coloro che si sono messi in gioco e hanno con noi messo il naso all’insù! I risultati? Abbiamo chiesto un commen- Fede e società to agli stessi genitori, che spesso hanno dato un loro contributo ed aiuto diretto. Per Maria “nell’oratorio estivo, organizzato dai sacerdoti della nostra Basilica coinvolgendo mamme, papà e giovani della comunità con giochi, balli e laboratori, ogni giorno è stato efficacemente affrontato un tema diverso: l’amicizia, la solidarietà, il talento, il dono…tutti valo- Gessica Elce ri che vanno scomparendo tra i giovani di oggi”. “Per noi mamme – ha sottolineato Angela – è stata un’esperienza interessante. Ci siamo riscoperte complici tra di noi e con i nostri figli. La fatica è scomparsa leggendo sul volto dei bambini una luce nuova che esprime gioia soprattutto nel cooperare insieme”. La fine delle singole giornate è stata caratterizzata dalla preghiera comunitaria (e la domenica dalla partecipazione alla Messa sia dei bambini che dei genitori). E per Teresa “questa preghiera ha unito piccoli e grandi con un unico ed invisibile filo conduttore che riporta tutti a Cristo. E ciò fa la differenza con tutti gli altri campi estivi! Nel firmamento della nostra comunità parrocchiale 130 stelle hanno brillato in questi giorni di luglio”. 19 Arte e territorio Michele De Martino e Rosalia Gigliano UN ARREDO URBANO IN FRANTUMI I Le edicole del “Cammino della Croce” a Ponticelli l significato della Croce è sempre stato presente nel cuore e nella vita dei credenti: non c’è da meravigliarsi se in ogni paese, grande o piccolo, vengono eretti monumenti ed edicole votive dedicate a Gesù Cristo sofferente sul Golgota. Ponticelli in passato, a totale vocazione contadina, aveva un legame molto forte con questo tipo di spiritualità. Chi, alle prime luci dell’alba, si incamminava o per i lavori nei campi o per portare i propri prodotti della campagna al mercato di Deposizione di Gesù 20 Napoli, si soffermava presso il noto Crocifisso posto “sul ponte” a Via Argine, si faceva il segno della croce e sicuramente dentro di sè pregava affinché la giornata avesse un risvolto positivo. ncora oggi c’è chi ricorda che il Crocifisso sul ponte aveva anche una funziona di faro, di vero e proprio orientamento, per chi dai campi si dirigeva per il centro di Santa Croce nelle ore notturne o per chi veniva lungo “il lagno” da Napoli! Fu lo zelo e la devozione del popolo a far innalzare, su un solido basamento, un grande Crocifisso posto, però, in un primo tempo alle intemperie. Presto poi i Ponticellesi si resero conto che l’antica edicola che proteggeva (in malo modo) il Crocifisso, posto sull’alveo, andava rifatta. E così nel 1840 l’opera fu portata a termine. “Io ritengo che per la gente, quando usciva dalla chiesa di S. Croce, dopo la celebrazione eucaristica, quel tratto di strada appariva come la via dolorosa per raggiungere il Crocifisso posto proprio sul ponte, quasi un calvario”, così scriveva il compianto prof. Giorgio Mancini. La devozione alla Santa Croce in verità è testimoniata a Ponticelli già dal 1820, anno in cui risulta che i fedeli sollecitarono la costruzione di una cappella nelle zone rurali, lungo il “lagno” (l’alveo che da Pollena Trocchia arrivava sino a Ponti- Arte e territorio Michele De Martino e Rosalia Gigliano celli), lontano dall’unica chiesa del paese, quella di S. Maria della Neve. Nella zona, infatti, col tempo, insieme con l’edicola con il Crocifisso, fu realizzata dai nostri antenati una piccola “via del Calvario”: era questo il titolo del percorso di ben cinque edicole votive erette fra via Napoli, via Principe di Napoli e via Argine, nella zona denominata di “giù Santa Croce”. Si tratta di cinque edicole poste sulla strada, con probabile datazione d’inizio costruzione nel 1833. Quel breve e significativo “Cammino della Croce” era costituito complessivamente da sei edicole: quella del Crocifisso ed altre cinque rappresentanti i momenti culminanti della sofferenza di Cristo. Sono rimaste per oltre un secolo nel nostro quartiere. Fino agli anni ’80 (del secolo passato) le edicole erano ancora tutte in piedi. Oggi, purtroppo, si possono trovare gli scheletri muti di due edicole a via Principe di Napoli (lato dopo il “ponte” di via Argine) e di altre tre sull’altro versante di via Principe di Napoli (nei pressi del convento delle Ancelle del Sacro Cuore). Solo un’edicola, quella posta di fronte all’ingresso dell’Istituto Ancelle del Sacro Cuore, è stata salvata completamente e ristrutturata a cura delle stesse religiose. E lo scorso mese di aprile è stata dedicata alla loro fondatrice Caterina Volpicelli proclamata santa dal Papa. L’altra edicola, a forma di tempietto, pure ristrutturata, e che ospita il Crocifisso prima ricordato, è stata comunque spostata rispetto all’originaria e secolare colloca- zione sul “ponte di via Argine”… Ogni edicola aveva una raffigurazione, mediante antiche e preziose maioliche, di alcune stazioni della via Crucis: 1. Gesù incontra le pie donne; 2. Gesù flagellato; 3. Gesù inchiodato sulla croce; 4. Gesù deposto dalla croce; 5. Gesù calato nel sepolcro. Oggi soltanto tre di questi antichi pannelli maiolicati sono conservati nella chiesa di S. Croce: la flagellazione; Gesù inchiodato alla croce; la deposizione dalla croce. Quel che resta dell’edicola posta all’angolo di via Principe di Napoli 21 Arte e territorio Michele De Martino e Rosalia Gigliano Iscrizione posta sulla base del Crocifisso Furono recuperati e salvati dal prof. Carmine Adamo insieme con il parroco pro tempore Don Salvatore Coppola, che provvide a collocarli nella sua chiesa parrocchiale rispettivamente nella sala S. Francesco e sui due lati dell’altare. L’incuria e la volontà d’arricchimento di qualcuno ha portato alla perdita dei restanti maiolicati. Pasquale Schettino - mastro muratore che con le sue mani rimosse e portò in sicurezza all’interno della Chiesa le opere appena salvate - ricorda ancora che “uno dei pannelli recuperati era privo di alcune maioliche. Il prof. Carmine Adamo le fece subito rifare a sue spese”. “Sulla sommità del timpano di ogni edicola – aggiunge Schettino - c’era una croce in ferro; l’unica conservata fu collocata sul timpano della Chiesa di Santa Croce”. Nonostante tutto, però, c’è chi in parte ha cercato di recuperare qualcosa di queste ex edicole. Come abbiamo accennato, una ora ospita il Crocifisso che era sul ponte, un’altra, invece, è stata restaurata e dedicata a Caterina Volpicelli. Non a tutti è piaciuta questa variazione, anche perché i lavori del presunto restauro non hanno rispettato le decorazioni artistiche preesistenti, come testimoniano 22 i disegni accessibili a tutti e presenti nelle opere di Mancini e Bove su questo argomento. Sia le edicole maiolicate che il tempietto dedicato al Crocifisso appartenevano – lo sanno tutti, anche nella nostra Municipalità – all’arredo urbano cittadino di fine Ottocento. Dopo il terremoto furono inseriti in un progetto di recupero dell’arredo cittadino di Ponticelli che doveva essere Edicola in via Principe di Napoli inglobata nella facciata di un palazzo Arte e territorio Michele De Martino e Rosalia Gigliano realizzato in toto. Purtroppo, forse più per assenza di sensibilità che per la solita mancanza di fondi, il progetto non è stato messo in atto finora. Ma perché comprometterne la realizzazione, in futuro, con scelte autonome, non partecipate e non sempre condivisibili? Per essere ancora più chiari va detto che nell’Ottocento i nostri antenati progettando e realizzando il “Cammino della Croce” intesero non solo alimentare e dare un concreto supporto alla fede cristiana del popolo, ma anche donare un arredo urbano di notevole significato e valore artistico (così come del resto fecero realizzando l’ormai distrutta sede della Casa Comunale…). Oggi, invece, i nostri amministratori sono riusciti a cancellare il passato senza peraltro dare al nuovo alcun significato! Crocifissione di Gesù Particolare dell’edicola in via Principe di Napoli 23