La Madonna della Salve Lanzavecchia Renato Alessandria, 1989 Diffusione del cristianesimo e culto della Vergine in Piemonte La diffusione del cristianesimo in Piemonte avvenne nel primi secoli con un processo disorganico e disarticolato, turbato dalle persecuzioni e costellato di santi e di martiri. Di alcuni evoca il ricordo Ennodio, in viaggio verso Briancon per incarico del vescovo di Pavia, di cui era segretario, nell’agosto 494: Limina sanctorum praestat lustrasse trementem Martjribus lacrimas se exhibuisse meas Ecce saturninus Cristinus Daria Maurus Eusebius Quintus gaudia magna parant. Octavi meritis da, Adventor, redde, Solutor Candida ne pullis vita cedat miraculis. (2) Grosso modo si può ritenere che l’evangelizzazione sia stata pressoché completamente attuata nel V secolo. In Piemonte la più antica epigrafe cristiana è quella di Revello, del 341. (3) Viandanti, soldati destinati alla Gallia avevano contribuito alla propagazione della nuova fede. Sul piano organizzativo, le più antiche sedi vescovili ripeterono le circoscrizioni amministrative ed il loro ulteriore assestamento non di rado provocò contrasti tra varie diocesi. Sul piano teologico non mancarono né disciplina unificatrice né formalismo in materia di dogma. La presenza di Maria – la cui figura era già stata interpretata con nuovi criteri metodologici e contenutistici dalla patristica – nella fede e nella cultura del popolo cristiano fu particolarmente sostenuta da S. Eusebio di Vercelli. Una tradizione antichissima gli attribuisce l’inizio della devozione verso Maria Ss. a Crea, dove il Santo sarebbe rimasto tre mesi per sfuggire alle persecuzione degli ariani: (4) “ … Pugnabat Eusebius contra immanissimas bestias ariomonitas … sciens scriptum: si vos persecuti fueritis in una civitate fugite in aliam, ad flumen Padum transiti et ad castrum quod dicitur Credonensium perveniens tribus mensibus degens in honorem B. Dei Genitricis Mariae oratorium construxit . Ubi etiam longius degens evangelium Christi sua manu scripsit …” ( Eusebio combatteva contro i crudelissimi ariani ben conoscendo il monito: se sarete perseguitati in una città andate in un’altra. Superò il Po e giunto alla località detta Crea trattenendovisi tre mesi alzò un oratorio in onore di Maria B. Genitrice di Dio. Ed ivi poi rimasto anche più lungo tempo, scrisse di sua mano il vangelo di Cristo …) credenza ancora unanimemente accolta quando l’anonimo scrittore scriveva la biografia, prima dell’850. (5) In effetti S. Eusebio aveva sostenuto l’ortodossia – la schiettezza e l’integrità della religione cristiana con le norme di vita morale e sociale da essa predicata – e proprio per la posizione assunta al concilio di Milano nel 355 patì l’esilio in Palestina. Da questa terra erano passate nell’Occidente immagini della Vergine, modelli dei primi pittori di icone del tardo periodo dell’arte paleocristiana – il colore nero del volto, secondo la tradizione del cristianesimo orientale, avrebbe dovuto “rendere più nobili e spirituali il culto, allontanando il pensiero dei fedeli da ogni bellezza profana”. (6) Non a caso Ambrogio, il vescovo di Milano traboccante di energia missionaria, che tanto contribuì per una base più solida allo sviluppo organizzativo religioso e culturale della regione piemontese, aveva indirizzato alla Chiesa di Vercelli un’epistola in cui affiorava, nelle entusiastiche affermazioni, il tema di fondo Maria ai piedi della croce: “ … Maria Mater Domini ante crucem filii stabat: nullus me hoc docuit, nisi sanctus Ioannes evangelista (Ioan. XIX 25). Mundum alii concussum in passione Domini conscripserunt coelum tenebris obductis (Matth. XXVII 45, 51), refugisse solem in paradisum latronem, sed post piam confessionem receptum (Luc. XXIII 42, 43, 45). Ioannes docuit quod alii non docuerunt, quemadmodum in cruce positus matrem appellaverit, pluris putans quod victor suppliciorum pietatis officia matri exhibebat, quam quod regnum coeleste donabat. Nam si religiosum est quod latroni donatur venia, multo uberioris pietatis est, quod a filio mater tanto affectu honoratur : Ecce, inquit, filius tuus … Ecce mater tua (Ioann. XIX 27). Testabatur de cruce Christus, et inter matrem atque discipulum dividebat pietatis officia. Condebat Dominus non solum publicum, sed etiam domesticum testamentum, et hoc eius testamentum signabat Ioannes, dignus tanto testatore testis. Bonum testamentum non pecuniae, sed vitae aeternae : quod non atramento scriptum est, sed spiritu Dei vivi, qui ait : Lingua mea calamus scribae velociter scribentis (Psal. XLIV 2). Se nec Maria minor, quam matrem Christi decebat. Fugientibus apostolis, ante crucem stabat, et piis spectabat oculis filii vulnera, sed mundi salutem : aut fortasse quia cognoverat per filii mortem mundi redemptionem aula regalis, etiam sua morte putabat se aliquid publico additurum muneri. Sed Jesus non egebat adjutore ad redemtionem omnium, qui omnes sine adjutore servavit. Unde et dicit: Factus sum sicut homo sine adjutorio inter mortuos liber (Psal. LXXXVII 6, 6). Suscepit quidem affectum parentis, sed non quaesivit alterius auxilium. Hanc imitamini, matres sanctae, quae in unico filio dilectissimo tantum maternae virtutis exemplum ededit ; neque enim vos dulciores liberos habetis, neque illud Virgo quaerebat solatiul, quod alium posset generare filium … (7) (… Maria madre del Signore stava davanti alla croce del figlio: nessuno mi ha mai insegnato ciò se non San Giovanni evangelista (Gv 19, 25). Altri hanno scritto che, nella passione del Signore, il mondo fu scosso dal terremoto e il sole, cadute le tenebre, (Mt 27, 45-51) fuggì in cielo ed in paradiso accolto il ladrone ma dopo pia confessione (Lc 23, 42-45). Giovanni insegnò ciò che altri non hanno insegnato, in qual modo il Signore posto in croce abbia chiamato la madre, pensando di più che il vincitore dei supplizi procurava alla madre impegni di affetto materno che ciò che il regno celeste donava. Se infatti è cosa santa l’essere stato dato perdono al ladrone, molta più profonda gratitudine è che la madre è onorata con tanto affetto dal figlio: Ecco, disse, tuo figlio … ecco tua madre (Gv 19, 27). Dalla croce Cristo faceva testamento e divideva le pie pratiche tra madre e figlio. Il Signore costituiva un testamento non solo pubblico ma anche privato e Giovanni annotava questo suo testamento, teste degno di tanto testatore. Buon testamento non di denaro ma di vita eterna: che non fu scritto con l’inchiostro ma con lo Spirito di Dio, che dice: La mia lingua è uno stile di scriba che scrive veloce (Sal 44, 2). Né Maria fu inferiore a quanto si addiceva a lei madre di Cristo. Fuggenti gli apostoli, stava davanti alla croce e osservava con gli occhi pii, del figlio le ferite ma del mondo la salvezza: o forse perché aveva conosciuto per mezzo della morte del figlio la redenzione del mondo riteneva che anche con la sua morte avrebbe aggiunto qualcosa a pubblico servigio. Ma Gesù non abbisognava di collaboratore per la redenzione di tutti, lui che tutti salvò senza alcun aiuto. Donde anche dice: Sono diventato come un uomo senza più soccorso, tra i morti libero (Sal 87, 5-6). Accolse invero l’affetto del genitore, ma non cercò l’aiuto di altri. O madri sante, imitate costei che nell’unico figlio, dilettissimo, manifestò un siffatto esempio di virtù materna: né voi avete figli più cari, né la Vergine cercava quel conforto, che potesse generare un altro figlio … ). Ed alla dimensione emotiva e cognitiva dei testi era corrisposta, solido nutrimento della spiritualità, la verità dogmatica della maternità divina di Maria SS. al concilio di Efeso, nel 431. Anche l’immagine di Maria SS., la cui simbologia era pur sempre rimasta episodica, si sviluppò in una nuova formulazione iconografica, destinata ad elemento essenziale dell’arte sacra, arte come “linguaggio universale per la comunione delle anime che vivevano una stessa vita, alimentata da una stessa fede, e che si esprimevano negli atti di un comune culto” (8). Il basso Piemonte Tutta la plaga del basso Piemonte era percorsa da itinerari fondamentali; tra le arterie più importanti erano la via Fulvia che da Tortona attraverso Asti raggiungeva Torino, un’altra si snodava da Tortona ad Acqui, Alba, Pollenzo sino a Torino; la via Emilia, che dalla regione emiliana giungeva a Tortona, e di là attraverso lo Scrivia e la Fraschetta, col nome di Levata, tra Fresonara e Bosco scendeva all’Orba e attraverso Libarna andava a raggiungere sulla destra dello Scrivia la via Emilia a Tortona; la via Francisca, che portava alla Lombardia occidentale. (9) Il territorio era coperto in gran parte da boscaglia, invaso irregolarmente dalle acque e con frequenza di paludi, di fossati e coste alberate. Terre di piccole e povere proprietà, coltivate prevalentemente a cereali, generalmente regolate secondo il criterio di “tre zone concentriche, la chiusura del villaggio, i seminativi, cioè lo spazio cerealiticio, infine una larga cintura incolta” (10), quella del campo e pascolo (ager et saltus) che appartenevano alla collettività. Le abitazioni, fatte di terra e di legno, coperto di legno o di paglia, costituivano raggruppamenti con l’insediamento fisso degli uomini. Nella zona, che poi sarà detta alessandrina, possiamo registrare in questo modo il sorgere di villaggi, costituzione di gruppi cristiano rurali in cui la famiglia era la cellula principale. Non dovette tardare, ad opera dei preti residenti, la fondazione di battisteri e quindi il sorgere della chiesa battesimale a sua volta preludio della pieve, elemento base nelle amministrazioni ecclesiastiche ma anche unità civile di straordinaria importanza nel corso del tempo (G. Gerosa Brichetto). Inoltre si era stabilita una fitta trama di dipendenze e di possessi benedettini per la bonifica del terreno e la razionalizzazione delle colture. Il retroterra di impegno religioso e culturale appare disegnato all’insegna di importanti momenti formativi: oltre che assolvere una funzione civilizzatrice tra gente ancora rozza e imbarbarita i monaci influirono sull’economia contadina, nell’antica struttura agraria, anche per coordinare programmazioni di carattere progettuale, e costituirono così una cerniera di sutura tra Chiesa e società. L’invasione longobardica sconvolse la vita cenobitica e dei monasteri, la cui ripresa fu poi lenta e difficile; oltretutto il monachesimo fu troppo intessuto negli ordinamento feudali. Agli inizi del sec. XI dilagarono dalla Francia gli ordini cistercensi e cluniacensi e, in minor misura, de l’Astelle, lungo gli itinerari dei pellegrini e dei mercanti stranieri. Sui tronchi stradali cisalpini sorsero numerosi hospitales – o xenodochi – un progressivo allineamento di ospizi religiosi sulle vie maestre, dotati di particolari rendite patrimoniali, per le nuove prospettive di bisogno. La fluttuazione di moltitudini in viaggio verso Roma, provenienti dalle nazioni più evangelizzate, aveva comportato una specifica codificazione di provvidenze, di leggi e di statuti già dal secolo VIII: dalla tassa decimaria per i mercanti d’oltralpe all’esenzione tributaria concessa ai romeni. E si tenga presente che dalle Alpi a Roma si impiegavano normalmente sei settimane di viaggio. (11) Una ricca molteplicità di nuovi hospitales venne attivata anche sulle vie minori, come nella zona che poi diremo alessandrina, passaggio obbligato su cui si intersecavano le principali rotte. Le comunità ecclesiastiche e la riorganizzazione delle diocesi – pur difficoltosa nel caso di Alessandria, zona di incontro di varie giurisdizioni – procedettero con minore lentezza e vischiosità, tuttavia senza che le chiese ottenessero la ricchezza di dotazione e benefici come i monasteri. (12) S. Maria di Castello Rovereto era “curtis regia”, come appare dal privilegio di Corrado II, del 1033, che richiama il diploma di donazione al monastero di S. Pietro in Cielo d’Oro, concessa da Liutprando il 2 aprile 712: “Conradi II imperatoris privilegium confirmatorium omnium jurium monasterii Ticinensis Sancti Petri quod appellatur in Coelo Aureo. Anno 1033 … Confirmamus in super praelibato coenobio atque Abbati Cortem Pavonem, nec non et illam quae in Roboreto dicitur Corte Regia et Ecclesiam Sanctae Mariae de Tergui, cum omnibus pertinentiis et adiacentibus sui, molendinis, piscationibus suis, aquis, aquarum decursibus, cultis et incultis rebus, ubicumque locorum ad easdem Cortes pertinentibus …”. (13) In questo borgo esisteva, prima della fondazione della città, la chiesa di S. Maria detta poi S. Maria di Castello. Aveva funzione pievana. È stato osservato che “la formazione delle parrocchie rurali, con prerogative pievane, nell’ambito del piviere fu strettamente connessa con la fondazione di borghi nuovi”. (14) E proprio su questa area sorse poi la “civitas nova” “con il castrum e la chiesa di S. Maria ed il territorio, in tutto o in parte, del fundus della curtis”. (15) Anche in questo centro demico, come in tutto il tessuto della regione, l’influenza delle regole degli Ordini aveva irradiato dai monasteri i suoi tentacoli e così molte chiese, delle quali però quasi tutto è scomparso, sono ricordate al nome della Vergine, nei suoi vari attributi. Alla chiesa di S. Maria di Castello era annessa una canonica – che gli antichi documenti ricordano “claustrum Sanctae Mariae” destinata ad abitazione dei canonici regolari che la officiavano. Nel corso del XII secolo – la data è incerta – giunsero a sostituirli i monaci mortariensi, meritatamente celebri per la loro vita di ministero ecclesiastico, di opere di carità, di studio: monaci dotti e zelanti nella gloria di Dio, di cui il cronista francese Alberico di Troifontaine e di Huy ebbe ad annotare (1240): “Monaci regulares de Mortare magnae riligionis dicuntur et opinionis” (16) Al fondo della loro visione missionaria operò pure la consapevolezza di forgiare un movimento popolare che si fosse presentato come forza positiva ed in grado di agire per affermare la propria identità, in difesa della Chiesa e delle libertà comunali. Sul piano più meditativo avevano accentuato direttive ascetico-devote per il culto della Beata Vergine, secondo la nascente corrente di pietà ispirata alla meditazione di Maria ai piedi della croce. La diffusione del culto dovette essere condotta in tutti i nuclei mortariensi irradiati soprattutto nell’alessandrino e nel Monferrato, anche se proseguì in modo difficilmente percettibile – la documentazione dei monaci mortariensi è andata pressoché totalmente perduta. Rientrava nei loro canoni l’unificazione delle forme cultuali, si può persino parlare di un movimento ideale riconoscibile e quasi costante nei nuclei mortariensi dato dall’architettura per le somiglianze stilistiche o per la costruzione dei campanili delle loro chiese. (17) Il 2 dicembre 1208 i canonici mortariensi di S. Maria di Castello ebbero riconosciuto l’acquisto della Rocca di Rovereto – era stato il baluardo contro il Barbarossa – che demolirono per ingrandire la chiesa e costruire il monastero (Leale, p. 29; Lo Schiavo, p. 165). La storiografia locale (Borgonzio, p. 19; Ansaldi, p. 13; Amato, p. 11) – e non è emersa alcuna documentazione che ci consenta di scostarci da tale autorità – è concorde nell’affermare che in quell’occasione l’immagine della Madonna, conservata “ad immemorabili” – rappresentante Maria SS. addolorata ai piedi della croce con a fianco S. Giovanni Evangelista in atto di porgerle aiuto – fu trasferita nel duomo, di recente costruzione (1170 – 1178). In S. Maria di Castello venne sostituita con altra in pietra, di più rozza fattura ed il cui soggetto era stato trattato in maniera alquanto arcaizzata – dominante l’elemento narrativo così caro all’uomo del tardo medioevo – e con una superficiale espressione di linguaggio, tuttavia non senza una certa coerente unità figurativa e spirituale consentanea di una facile ed efficace accoglienza tra i fedeli. Gli atti conservati nell’archivio di S. Maria di Castello ci permettono di seguire la fortuna di questa parrocchia che fu ricca di terre, di case, di decime e di pedaggi, tanto da avere depositi presso il Banco di S. Giorgio in Genova e di S. Ambrogio in Milano, e da contribuire sia alle spese per la fortificazione della civitas nova sia per le crociate. (18) Fu anche protagonista e testimone degli avvenimenti religiosi più decisivi della nascente comunità: ma particolarmente quella immagine della Madonna – detta dello spasimo con tutta probabilità, come si vedrà nei paragrafi successivi – aveva riflesso sentimenti, sensazioni spirituali nella vita dei primi tempi, il panorama sempre vivace e mobile di sollecitudini interiori di quel primitivo popolo cristiano. La Madonna della Salve La centralità del patrimonio iconografico della nostra diocesi ovviamente è rappresentata dall’immagine della B. Vergine della Salve. Si trovava ripetuta, con discreta frequenza e in vario modo, in affreschi a decoro di palazzi cittadini – qualcuna è rimasta (19) – o in talune cappellette di campagna. L’ignoto autore che ne ha soggettivizzato l’interpretazione ha attinto dal repertorio della pietà popolare, ben consona con la spiritualità religiosa tardo medievale. Certo, è una interpretazione che non si raccorda bene con le norme che, molto tempo dopo proprio dal card. Federico Borromeo, arcivescovo di Milano – di cui la diocesi di Milano era suffraganea – aveva suggerito: “ … l’immagine della B. Vergine per colorito tendeva a quello del frumento, capigliatura bionda, occhi penetranti con le pupille chiare e quasi del colore dell’oliva. Le sopracciglia incurvate e di un bel nero, il naso laghetto, le labbra tonde e soffuse della soavità della parola; la faccia non rotonda né acuta, ma alquanto allungata, parimenti le mani e le dita piuttosto lunghe …”. (20) Ma col passare del tempo la cultura figurativa si era evoluta. Nella civitas nova il sistema politico sviluppatosi in un contesto molto vario aveva imposto graduali ma non facili processi di equilibrio – i consoli Ruffino Bianco e Guglielmo di Borgomonte avevano fatto offerta alla Sede Apostolica del terreno su cui sarebbe stato costruito il duomo e avevano giurato fedeltà al Papa – e la costruendo chiesa avrebbe dovuto comprendere e rappresentare tutto il tessuto demico partecipe della fondazione di Alessandria. La destinazione della statua della B. Vergine al duomo riassumeva quindi una delle scansioni decisive della vita religiosa della comunità, un retroterra sociale ormai stabile ed in pace così che il Comune si era affrettato ad assumere nel novero delle proprie attività di riscossione delle imposte, pedaggi, ecc. e ad includere nei propri statuti norme relative al riparto delle decime sui prodotti agricoli, delle quali un quarto era devoluto alla Chiesa. (21) La collocazione della statua in duomo Nel duomo la collocazione del simulacro subì frequenti mutamenti. Il Gasparolo ne ha ricostruito le vicende, attraverso la storiografia locale: 1. “A detta del Borgonzio la cappella per la Salve si costruiva nel tempo della fabbrica dell’antica cattedrale, cioè nel secolo XII. Al principio del XIII, e precisamente nel 1208, avendo fatto dono Opizio Reversati della reliquia della Santa Croce, il simulacro e la detta reliquia della Santa Croce vennero poco dopo collocati in una cappella che pare fosse a capo della navata sinistra. 2. Nel 1489 venne trasportato in una cappella (Schiavina II, 35). 3. Nel 1592 venne trasportato alla nave destra della cattedrale (Ghilini I, 332) nella cappella detta della purificazione di S. Perpetuo. 4. Nel 1649 venne ricollocato in una nuova più sfarzosa cappella nello stesso luogo riedificata. Di essa pose la prima pietra il 2 ottobre 1645 il Vescovo mons. Adeodato Scaglia, mentre durante il lavoro di riedificazione per il simulacro venne provvisoriamente collocato nella cappella di S. Giuseppe (Ghilini III, 384). “In questa cappella vennero collocate le reliquie della Santa Croce e della Santa Spina trasportatevi dall’antica loro cappella della navata sinistra. E così un’atra volta si trovarono insieme riunite le due reliquie ed il simulacro della Vergine …”. (22) Si completa la descrizione della cappella come era prima del 1592 con l’indicazione di connotati fondamentali di una esperienza religiosa quali sono gli ex voto, elementi disparati che variano secondo le persone, la provenienza, le situazioni che erano rappresentate: “Sane nostra memoria adhunc sinistra Templi pars ingredientibus tot signis transversis constrata visa est, de quibus infinitus prope numerus, et omnis generis Imaginum, cerearum, indumentorum, tormentorum aeneorum, navigiorum, tabellorum beneficia accepta referentium, et id genus aliorum votivorum numerus pendebat”. (23) (Invero ancora a nostra memoria la porta sinistra del tempio apparve, a chi entrava, ricoperta di oggetti disposti per traverso il cui numero era quasi infinito, e pendeva ogni genere di immagini, di ceri, di indumenti, di strumenti di bronzo, di barche, di quadretti votivi a ricordo di benefici ricevuti, e gran quantità di altri oggetti votivi, della stessa maniera). Elementi che forniscono anche modelli di identificazione della vita quotidiana del tempo, e che sono rivelatori delle pene, dei dolori dell’esistenza umana aperta però alla speranza ed alimentata da un vivo sentimento dell’azione della Provvidenza. Espressioni devozionali L’organizzazione di grandiose manifestazioni religiose, per una dinamica di massa, oltre l’esercizio ad un complesso di pratiche di pietà, sostegno indispensabile alla vita interiore erano l’interpretazione, di indubbia sensibilità, degli orientamenti di un popolo ricco di fede. Per il simulacro della B. Vergine, così prestigioso, alla evidenza si erano rese necessarie architetture e decorazioni più idonee. E già da allora, atti devozionali espressione nella loro profonda motivazione di una civiltà contadina, gli ex voto infittirono ai piedi del simulacro, a testimonianza del costume e di condizioni esistenziali e soprattutto perché – è stato osservato – gli ex voto sono “pagine di dolore ed alfabeto di sofferenze, proveniente del settore più emarginato e dolorante della società” (25) Celebrando la B. Vergine della Salve mons. Pasio, nella lettera pastorale del 30 settembre 1842, aveva scritto: “ … questa tradizione tramandata di generazione in generazione è registrata nei monumenti della Città, negli annali della storia, e vive tuttora ne’ doni appesi, nelle largizioni de’ nostri maggiori, e nelle oblazioni che senza interruzione si fanno …”. (26) Scaturita dalla mentalità popolare, la religiosità cristiana legata ai miracoli ed alle reliquie aveva incluso anche l’attesa di interventi soprannaturali su cui fondare la speranza di grazie speciali per l’anima e per il corpo. Un evento prodigioso Il 24 aprile 1489 il volto del simulacro della B. Vergine sudò. Il prodigioso evento entrò poi nella vita della diocesi, topos della identificazione collettiva. La storiografia alessandrina scopre unanime la gioia e lo stupore per lo straordinario avvenimento quasi a sottolineare un’esperienza di fede indimenticabile. Si riporta qui la pagina dell’autore forse meno noto e tuttavia più interessante, che si rilegge con buona freschezza di’approccio attributivo: Giovanni Chiabrera, medico espertissimo ma anche cronista preciso, rigoroso e senza cedimenti al fascino del sensazionalismo. “ … MCCCCLXXXIX hjems fuit temperatissima, ac frumenti et vini copia. Eo anno dominus Augustinus Adurnus forte fuerat gubernator Januae, et dux Mediolani dominus. Tunc frumentum valebat solidos vigintiquattor pro tario, vinum vero libras tres pro condio. Universus ager est pulcherrimus, et tunc per dies quindecim a die XX maii fama increbuit, quod Alexandriae in domicilio quaedam pictura Virginis Mariae intitolata de spasmo lacrymatur; tunc enim propter antiquitatem fuerat dicta pictura renovata; et ob hoc tantus stupor hominum arripuit, et timor, ut ab omnibus terris Lombardiae, Pedemontis, Liguriae et Montisferrati ipsi populi in processione una cum gubernatoribus, et pueris nudis sese flagellantibus litanias cantando ad dictam figuram visitandam pergerent munera deferentes tot et tanta, ut in brevi temporis spatio puta mensis unius congesta sint plusquam triamilia ducatorum oblationum; suscipiebant autem mirabilia multa ab infirmis, qui alluc pergebant. Fuerant consimilia ex miraculis imaginis Virginis in diversis locis eodem tempore Casalis, Fubinis, Ponzonis, ad Stellam et in Vultrio. Antiqui vero hominum afferunt nunc esse annos centum, qyuibus populi totius Italiae linteaminibus operti in processionem alter alteri obviabant, quod tempus adhunc hodie appellatur tempus misericordiae, Nescio ne ista sint boni, an futuri alicuius divini judicii portenta. Avertat Deus ad Italia omne malum …” (27) (Nel 1489 ci fu un inverno dolcissimo ed abbondanza di frumento e di vino. In quell’anno don Agostino Adorno era stato governatore di Genova e il duca di Milano ne era signore. Il frumento valeva 24 soldi allo staio, il vino tre libbre al congio. Tutta quanta la campagna è bellissima e per 15 giorni a partire dal 20 maggio si diffuse la fama che una statua della Vergine Maria detta dello spasimo piange: detta statua era stata rimessa a nuovo per la sua antichità; e per questo sorsero così grande stupore e timore che da tutte le terre di Lombardia, Piemonte, Liguria e Monferrato le popolazioni si incamminavano insieme con i governanti, ed i fanciulli nudi che si flagellavano, in processione cantando litanie, per visitare la suddetta statua portando tanti e tanto grandi doni che in breve tempo, un mese all’incirca, furono raccolte più di 3.000 ducati di oblazioni. Molti miracoli scaturivano dagli infermi che colà si recavano. Fatti dello stesso genere si erano verificati per miracoli del simulacro della Vergine in luoghi di versi e nel medesimo tempo, a Casale, a Fubine, a Ponzone, a Stella e a Voltri. Gli antichi narrano che cento anni fa le popolazioni di tutta l’Italia andavano l’una incontro all’altra, avvolte in lini: quel tempo oggi è detto di misericordia. Non so se questo sia di buon augurio o manifestazione portatrice di qualche futuro divino prodigio. Che Iddio tenga lontana l’Italia da ogni male …). Giova puntualizzare l’annotazione “tunc enim propter antiquitatem fuerat dicta pictura renovata” che, pur nell’ambiguità dei vocaboli e quindi delle interpretazioni, costituisce la prima testimonianza di modificazioni, comunque apportate, al simulacro per la sua vetustà già allora riconosciuta. Il Ghilini aggiunge alcuni particolari: “ … 1489 … Di poi si accrebbe incredibile devozione ad una statua di Maria Vergine Santissima che si riverisce nel duomo di Alessandria; imperocché alli 24 di aprile avendo ella meravigliosamente sudato, concorsero alla sua miracolosa fama in questa cattedrale, non solo tutti i cittadini e circonvicini abitatori, ma anche grandissimo numero di persone di tutte le parti della Lombardia, le quali con statue d’argento e altri doni di valore devotamente ricorsero a questa Regina del cielo, poiché operava ogni giorno infiniti e stupendissimi segni e miracoli, conferiva grazie e favori segnalati, liberava indemoniati, sanava infermi e faceva altre miracolose operazioni questa benigna imperatrice ne’ suoi più cari e divoti. I tortonesi mossi dalla devozione di questo simulacro, gli donarono un bello e regale diadema d’argento che gli fu accomodato sopra il capo, nella parte interna del quale si leggono queste parole: Communitas Derthonae D. D. D. Anno MCCCCLXXXIX”. Era tanta la moltitudine delle persone che a questa santa statua accorrevano, che gli alessandrini fecero fabbricare un altare e sopra di esso la collocarono, come in luogo più onorevole e opportuno a essere dal popolo con maggiore devozione riverita. Dinnanzi ad essa si è mantenuto fino ai nostri giorni l’uso consueto di cantare ogni sabato la Salve Regina e le litanie: come anche il giorno, nel quale il detto miracolo avvenne, si celebra ogni anno con solenne processione, portandosi la effigie della statua per la città e per Borgoglio; e insieme si facevano nello stesso dì le rogazioni per le litanie maggiori; di modo che una sola processione serve così per la solennità delle rogazioni come per riverire la memoria di quel miracolo; il che ha sempre fino a questi tempo devotamente perseverato. Da questo miracoloso accidente fu presagita una gran disgrazia a questi paesi, che di poi se ne videro gli effetti; poiché non andò molto che seguì la pestilenza, non solo in questa città e nel suo territorio, ma anche nel circonvicino distretto e in altre parti …”. (28) La dedicazione del sabato in onore di Maria SS. era diffusa nella liturgia d’occidente sin dal secolo XI e, oltretutto, in epoche in cui si sentiva il bisogno di una potente intercessione la manifestazione del culto verso la Madonna si era di molto intensificata. Degna di rilievo, oltre che suggestiva, è in proposito la conferma del culto che si svolgeva nella chiesa di Vigevano – e quindi investiva un ambito assai vasto –: “ … divotioni … che per essere singolari, parmi non doversi passare sotto silenzio. Ogni sera di tutto l’anno (eccettuate le tre della quarta, quinta e sesta feria della settimana santa) si canta in detta cattedrale l’oratione chiamata comunemente il Salve, che è l’antifona Salve Regina … e chi interviene a questa Salve guadagna cento gorni di indulgenza, concessa dalla Santità di Gregorio terzodecimo à 18 d’aprile 1578, come per suo Breve, che comincia “Exponi nobis nuper fecit Ven. frater Episcopus Viglievanensis …”. (29) Ricordò poi mons. Salvaj – nella lettera pastorale del 22 febbraio 1889 – che: “ … Sono quindi moltissimi i santuari che sorsero in quei tempi alla gran madre di Dio, specie in Alta Italia. Così ad esempio, a Ceneda nel 1510, al Monte Berio presso Vicenza nel 1426, a Castelleone presso Cremona nel 1511, a Caravaggio pure presso Cremona nel 1432, a Crema nel 1490, a Desenzano presso Bergamo nel 1440, nella Valtellina nel 1504, a Treviglio nel 1522, a Saronno nel 1460, a Varallo nel 1491, a Mondovì pure verso il 1490, a Savona nel 1536, ed in molti altrui siti avvennero apparizioni della B. Vergine ed altri portentosi fatti … e servirono come di baluardo insormontabile contro le eresie …”. (30) Pellegrinaggi e processioni Si registrarono infatti impressionanti affluenze di pellegrini, manifestazioni penitenziali e testimonianze della fede del popolo nella potenza mediatrice di Maria SS.: “E tanto fu in tal congiuntura de’ forestieri il concorso, che non potendo capire tutto nella chiesa cattedrale, e nella gran Piazza, quantunque sia delle più vaste, monsignor Vescovo di quel tempo (che era monsignore Gio. Antonio della nobil famiglia de’ Sangiorgi, già proposto della Collegiata di S. Ambrogio maggiore di Milano sua patria, indi promosso al cardinalato dal sommo Pontefice Alessandro VI, e detto Cardinale alessandrino) diede incombenza a tutte le venerande confraternite, che erano ventidue, di ricevere ripartitamente, e trattenere le continove, e lunghissime processioni che arrivavano ogni giorno, dentro de’ loro rispettivi oratori, finocché le une potessero dar luogo in duomo alle altre senza pericolo di maggiore confusione, come da un registro antico, che ho trovato nella veneranda confraternita di S. Paolo, ora detta della B. Vergine di Loreto e de’ SS. Paolo e Urbano per le aggregazioni seguite …” (31) così che “volendo il pjissimo zelo di questa città esternare con la sua devozione la memoria de’ suoi giusti stupori, adunatasi nella gran sala del comune l’assemblea de’ presidenti, ed anziani della medesima; con l’assenso, e facoltà de’ superiori ecclesiastici stabilì con voto solenne di festeggiare ogn’anno il giorno anniversario del sudore miracoloso di questa statua, che cade il 24 aprile, ed anticipare in questo dì la processione delle Rogazioni maggiori con l’intervento del clero secolare e regolare e di tutte le confraternite, come si raccoglie da’ calendari antichi di questa diocesi, ne’ quali in tal giorno si prescrive: Festatur hodie in civitate ex voto, et fit processio generalis Litaniarum maiorum in hanc diem traslata ob insigna miracula a Jesu Christo edita in Ven. Genitricis suae simulacro de anno 1489. Parimente delle due medesime confraternite incominciarono fin d’allora, ed indi proseguirono a presentarle ogn’anno un grosso cereo per ciascheduna …”. (32) Gli antichi calendari reperiti o di cui si possa avere menzione confermano manifestazioni cultuali, processioni, con ricca adesione di fede. Per il 24 aprile 1631: “Hodie de consuetudine Alexandriae fit processio generalis ob insignia miracula a Jesu Christo edita anno 1489 in intemeratae suae Matris simulacro, quod in cathedrali Ecclesia asservatur, et in maxima veneratione habentur”. “Dello stesso tenore furono i calendari del 1674, pubblicato da mons. Ciceri; del 1696, pubblicato da mons. O. Guasco; del 1698, pubblicato dal vicario capitolare prevosto Gonzales, sede vancante”. Ogni sabato sul far della sera canonici e sacerdoti officianti alla cattedrale cantavano la Salve Regina od altra antifona de tempore, le litanie lauretane, preghiere: in linea con le nuove tendenze prevalenti in tali forme cultuali la denominazione di Madonna della Salve venne a sovrapporsi a quella più antica di Madonna dello Spasimo - come si legge ancora nel testo del Chiabrera – e poi a sostituirla nella espressione comune, con tutta probabilità a partire dal XVI secolo. Poiché il prodigio era accaduto il 24 aprile si stabilì di anticipare a tale giorno le litanie maggiori, portandosi con gran pompa in processione il simulacro. L’uso di anticipare le litanie maggiori al 24 aprile e di cantare ogni sabato la Salve Regina e le litanie lauretane durò sino a tutto il secolo scorso. (34) Dal 1644 però, in occasione del fatto che Filippo IV di Spagna, a cui obbediva allora Alessandria, aveva ordinato una processione generale da farsi in tutto lo Stato nella domenica in Albis, venne introdotto l’uso di esporre in tale domenica il simulacro ai cancelli dell’altar maggiore, di portarlo la sera dopo i vespri in processione e di celebrare in seguito, in onore di esso, una solenne novena. Municipio, nobili famiglie ed associazioni religiose, fedeli di ciascuna parrocchia della città offrivano copiose offerte di cera, parte nella domenica in Albis e parte nella domenica seguente. Il culto della Madonna della Salve Saldamente intrecciato con le vicende di Alessandria Per quel che sia possibile riportare alla luce i segni chiari di un costume, i connotati fondamentali di una esperienza religiosa che abbia avuto nella preghiera il livello spirituale più alto, il culto dedicato alla Madonna della Salve rappresentò una straordinaria vitalità della fede, accompagnata dal calendario liturgico e dai grandi avvenimenti della vita sociale, economica e politica. Sulla documentazione di cui siamo in possesso scorre il flusso delle vicende cittadine: nel luglio 1643 Galeazzo Trotti costrinse il visconte di Turenna ad abbandonare l’assedio posto ad Alessandria, e fu cantato un solenne Te Deum alla Madonna della Salve; nell’estate 1655 cessò l’occupazione del territorio fatta dai francesi, ed il Consiglio di Città ordinò: “Dovendosi rendere grazie maggiori a S. D. N. per aver fatto il raccolto, sebben tenue, stante l’invasione del nemico in questa provincia, ed acciò si possa fare il raccolto della vendemmia, ed il seminario tanto necessari per il vitto umano, hanno ordinato, che con consenso di monsignore illustrissimo e reverendissimo si faccia una novena alla Madonna della Salve nella cattedrale, quale comincerà dimani alle ore 22”; (35); nel luglio del 1657 fu scongiurato un ulteriore successivo assedio dei francesi ed il vescovo mons. Deodato Scaglia in considerazione che “così grande il beneficio della liberazione dell’assedio che abbiamo ottenuto … nella cattedrale faremo esporre … colla sacra immagine della Madonna della salve …;” (36) nel 1756 le truppe francesi calarono in Italia ed in quel frangente la civica amministrazione, presaga di tristissimi tempi, si affidò alla protezione della Madonna della Salve con deliberazione del 5 giugno: “Sempre memore questa città delle grandi e segnalate grazie, in tutti i tempi ricevute dal Sommo Iddio, mercé la potentissima intercessione e patrocinio costantemente invocato ed implorato dalla sempre B. V. Maria, onorata in questa chiesa cattedrale sotto il titolo della Salve …”. (37) Ma una visione più ampia della situazione di sofferenza, e della fede che accompagna e sostiene la fatica e la lotta della popolazione della diocesi ci è data da questa pagina inedita del vicario generale capitolare G. Guglielmo Rosasco del 19 ottobre 1755: “Le stravaganze de’ tempi occorrenti che in una stagione ormai avanzata già da più giorni ci dà piogge continue e tuoni strepitosi e fulmini spaventevoli uno dei quali cadendo in una terra della nostra diocesi li 12 andante in tempo della dottrina cristiana ha buttato a terra vari uomini nella chiesa, abbruciati abiti, presso che assordato il parroco, renduto semimorto un uomo, e distaccato perfino l’immagine del Crocifisso dalla sua croce, ci ha fatto riflettere che corrisponda alla stravaganza ed irregolarità del nostro operare, per cui, dopo d’averci Iddio nella state scorsa preservati dai pregiudizi maggiori che forse si aspettavano massimo riguardo de’ raccolti del grano, in vece di renderci grati alla segnalata liberalità del nostro Divino Benefattore, siam divenuti ingrati al favore non aspettato e certamente non dovuto ai nostri peccati; riflettendo quindi di più che d’ogni intorno, massime per l’inondazioni sterminate de’ fiumi siano seguiti recentemente gravissimi danni a terre, villaggi, cascine e campagne, e che in certo modo sia stata privilegiata fin’ora questa nostra città non ostante la circonvallazione dei due fiumi che fin’ora non hanno reccato effettivi e veri pregiudizi, e temendo d’altra parte, che la continuazione delle dirotte piogge, che cadono, sia per apportarci quella che non sarebbe meno essenziale, che non potessero cioè essere felicemente i nostri terreni seminati, siamo venuti in determinazione d’invitare questo popolo a ricorrere al Signore …”. (38) Segni di gratitudine a Maria Già nel 1732 la città e tutto il contado avevano subito danni gravissimi per le inondazioni del Tanaro, (39) nel 1734 ci fu una siccità implacabile mentre nel 1745, in piena guerra di successione austriaca, una disastrosa mortalità del bestiame aveva colpito l’agro alessandrino e il 5 agosto la civica amministrazione aveva deliberato: “per implorare dalla Divina Misericordia, mediante l’intercessione della B. Vergine, la pace tra la Corona del nostro Sovrano, e le corone nemiche, e il sollievo di questa città nei presenti bisogni, attesa anche la costernazione dell’epidemia nelle bestie bovine, farsi celebrare una novena in onore della B. Vergine della Salve con l’esposizione del Simulacro della medesima …”. (40) Certamente uno dei segni più evidenti della pietà e della devozione popolare si coglie nelle feste della B. Vergine, ma altro segno importante è dato dal ringraziamento e gratitudine a Maria SS., che stimolano e motivano assunzioni di impegni concreti. Ci soccorrono alcune indicazioni: Margherita Cuttica di Cassine aveva fatto annuale offerta di un sacco di grano ed un altro donò Giuseppe Cuttica di Cassine (1758); (41) terre e case erano state donate con testamento e non di rado la consistenza dei beni era rilevante – Francesca Lunella il 29 marzo 1679; (42) Eleonora Ardizzoni il 20 settembre 1572; Margherita Spinola il 9 gennaio 1742. (43) Nella gerarchia ecclesiastica, mons. Ottaviano Guasco vescovo (1695 – 1704) aveva inviato donativi da Cremona; mons. F. Arborio Gattinara vescovo (1730 – 1743) aveva dato la sua croce preziosa; mons. A. Miroglio vescovo (1744 – 1755) un vistoso lascito, come pure mons. De Rossi vescovo (1757 – 1786); il card. T. M. Ghilini aveva donato la sua croce guarnita di diamanti e due anelli di diamanti (1787); l’arciprete L. Burgonzio aveva donato una superba corona d’argento contornata d’oro. (44) Nella cappella della Madonna della Salve la società alessandrina aveva il suo centro, la sua speranza. Ha osservato l’Ansaldi: “Chi vuole stupire delle infinite grazie concedute da Maria, osservi gli attestati di riconoscenza a lei offerti, miri i voti pendenti nella sua cappella, s’appressi all’argentea sua cassa, e da vicino enumeri se può i diamanti, le perle, i topazi, le ametiste, i rubini, gli smeraldi, le grandi e piccole decorazioni di ordini militari, i gioielli di ogni genere, le grosse collane d’oro …”. (45) Costante pure la partecipazione della gente semplice sulla quale l’incidenza del messaggio evangelico rendeva più facile il nascere di uno spirito comunitario: “Anche i pescatori in gran copia ogni settimana sen vengono a questa piazza a far esito dei loro pesci vollero dimostrare in tal congiuntura la lor pietà e … si animarono a contribuire ogni sabbato qualche limosina per offerirle annualmente un altro grosso cero, acciò loro fosse propizia stella in questo mondo quella gran Vergine, che Stella del mare dai santi Padri si appella …”. (46) Il palio di Asti nel 1763 Tutta la storia civile è ritmata su quella della comunità cristiana; ne è dimostrazione persino l’entusiasmo per il palio, palpabile e bruciante, che si respira nella descrizione della vittoria riportata dal giovane alessandrino Terranera al palio di Asti del 1763: dopo l’esplosione della ebbrezza della massa, aveva trovato la sua conclusione nel ringraziamento alla Madonna della Salve, quasi a diffondere una dimensione di solidarietà e di spiritualità: “Il girono del corso che annualmente si celebra nella città di Asti il giovedì dopo la domenica in Albis per la festa di S. Secondo protettore della medesima, e quest’anno nel giorno delli 14 aprile, fu vinto il palio da un cavallo sardo in concorrenza di tre altri cavalcato da Giuseppe Bottazzo detto Terranera, giovane di 14 anni, ed esposto al corso della gioventù alessandrina sotto gli auspizi della B. Vergine che sotto il titolo della Salve si venera in questa chiesa cattedrale; si è ricevuta la lieta novella di tal vittoria sull’aurora del giorno 15 vegnente, recatasi per staffetta spedita la stessa notte, ne fu dato alla città tutta l’avviso col suono a festa delle campane di detta cattedrale. Non si può così facilmente esprimere qual sia stato a tal annunzio il giubilo universale della città, e la divisa di color bianco celeste con cui si distingueva il partito, presa quasi in un subito da ogni genere di persone, diede veramente a vedere che comune era il gradimento e la gioia. Frattanto i più impegnati partigiani che si trovavano in Alessandria ebbero l’attenzione di presentare alcune di dette divise di non poca vaghezza e valore ai capi d’ordine, sì politico sì militare, con regalarne ancora altri del popolo a profusa, e spedito il giorno 16 e distribuito in Asti, e preparare nel tempo stesso, ed ordinare quanto richiedeasi per la maggiore possibile solennità e pompa di trasporto del vinto palio in Alessandria. Restò fissata per tal funzione la domenica seguente giorno 17 dell’aprile alla mattina di qual giorno partirono gli alessandrini col palio della città d’Asti, accompagnati da alquanti signori di quella confraternita di San Michele, e di grande concorso e seguito di popolo, ed allo sbarro di non pochi mastij, o siano mortaretti, e dopo essere stati con singolari dimostrazioni d’allegrezza, con suoni e sbarri ne’ luoghi posti lungo la strada e segnatamente in Annone, Quattordio e Felizzano furono incontrati lungi dalla città due miglia da gran moltitudine di gente a piedi ed a cavallo e finalmente verso le 13 del giorno 17 fecero il loro ingresso in città coll’ordine seguente. Precedevano alquanti suonatori a piedi, che andati erano all’incontro fino al luogo di Felizzano, indi quattro trombettieri a cavallo, poi il foriere della città, ed un corpo di cavalleggeri del Regimento del Piemonte reale, presentemente di presidio di questa città, seguitati da una banda di suonatori a cavallo del regimento di Leuthe, chiamati da Valenza a questo fine, dietro veniva il mastro di posta della città pure a cavallo ed inalberato portava il palio, accompagnati da altri quattro mastri di posta d’Asti, di Annone, di Valenza e di Novara; in appresso il cavallo sardo che ha vinto coperto di richa valdrappa, condotto a mano da due palafrenieri; e sopra un cavallo vagamente e riccamente bardato seguiva Giuseppe Bottazzo Terranera, accompagnato da uno staffiere e veniva appresso un cocchio a foggia di barca, tirato da quattro cavalli, in cui eravi una banda di suonatori del Reggimento di guardia di presidio pure di questa città. Spalleggiavano ambi i lati a copia a copia ed in bell’ordine 180 cittadini tutti a cavallo politamente guarniti, e chiudeva tutta la schiera un corpo più numeroso della suddetta cavalleria. Così disposta l’ordinanza, ed entrata in città, venne nel suo primo ingresso da una gran selva di mortaretti salutata, e passando per le contrade piene di popolo, a cui andavansi distribuendo sonetti di diverse qualità e di diversi autori fra gli evviva ed acclamazioni d’esso, s’indirizzò alla gran Piazza dove fu repplicata, con maggiore e più numerosi scoppi la salva, e fatto intorno d’essa Piazza un giro, giunta alla porta della cattedrale, ivi svenderono ed i principali da cavallo entrarono in uno col palio al suono, al canto della piena orchestra. Trovassi il reverendissimo capitolo alla balaustrata dell’altar maggiore, dove era esposto il divino simulacro della B. Vergine della Salve, ed ivi consegnarono il palio, come in deposito al prefato rev.mo capitolo, da cui fu indi il paggio regalato per mezzo del suo can.co Pen. Di buona somma di denaro in una vaga borsa di drappo riposto. Fu finalmente da monsignor ill.mo e rev.mo alla detta cattedrale, e con la benedizione del Venerabile sopra il gran popolo in gran folla concorso, conchiusa la solenne funzione. Eravi alla porta maggiore di detta Cattedrale un cartellone con un elegante iscrizione latina, come qui a piedi, ed altro al di sopra del medesimo con le parole Salve Regina con trasparente illuminazione. Si sparsero altresì in tale occasione varj componimenti poetici, fra i quali uno in volgare alessandrino, in lode del detto Terranera. Si vidde alla sera l’illuminazione generale di tutta la città invitata a tal effetto dalli ill.mi sindaci della medesima. La facciata della chiesa cattedrale sontuosamente illuminata, il palazzo della città con torchio adornato, e le due bande de’ suonatori sopra d’una galleria co’ loro suoni facendo festa a tal vittoria. Intanto per ultima conchiusione si va ordinando solenne apparato alla chiesa cattedrale con musici che si attendono per la celebrazione in onore della B. Vergine della Salve, al quale si ha principio il giorno 14 d’aprile. B. V. Unde auspicium Rei bene feliciterque gestae Referens axitum Ab astensi agone tropheum Laeta libens ad cedes provoluta Submittit alexandrina pubes Do. Proceres optimates equites centuriones Civesque et convenae Votis studiisque aere quaesitum Et decoratum triunphum Maximis cumulata plausibus Sic vos Deiparata B. M. sospitet fortuneque. (47) Certo nella situazione di stallo a livello politico, dominante nel regno sabaudo, da parte del potere l’attenzione agli impulsi giunti dalla fede religiosa trovava una della sue ragioni d’essere nella ricerca di sicurezza e però comportava anche il mantenere aperti gli spazi di libertà consentiti dagli editti. In tutto il regno di Sardegna una disposizione sovrana aveva stabilito per l’8 dicembre una processione a Maria SS. In Alessandria si svolgeva con il simulacro della B. Vergine della Salve: nel 1787 partecipò Vittorio Amedeo III con i figli Vittorio Emanuele duca d’Aosta, Maurizio duca di Monferrato, Carlo Felice duca del Genovasco e Giuseppe conte di Moriana. (48) Nella domenica in Albis pulsava, dunque, il cuore della comunità: il Consiglio civico, per un voto fatto nel 1796, aveva offerto un cero di 5 rubbi con lo stemma della città; dal 1713 un cero aveva offerto la famiglia Ghilini, con lo stemma patrizio; ad antiquo, un cero avevano offerto i negozianti, anche le confraternite della SS. Trinità e di S. Sebastiano. (49) C’era responsabilità per tutti; c’era percezione di un dovere specifico ricevuto: responsabilità e dovere che si coniugavano in un ambiente sostenuto da valori convergenti verso un punto che dava senso dell’insieme. La Madonna della Salve nuovamente pellegrina Alessandria nel 1801 aveva una popolazione di 18.000 abitanti, scesa a 15.000 nel 1803 e destinata a via via diminuire, ed una guarnigione di 10.000 uomini destinati a via via aumentare per la grande importanza attribuita da Napoleone alle fortificazioni ed alla piazzaforte esistenti – i lavori erano stati affidati al conte Chasseloup-Loubat generale ed ispettore del genio. Il carattere militare gravò in vario modo sulla vita della città. Il colpo più grave venne inferto dalla demolizione dell’antica cattedrale, il centro delle memorie alessandrine, disposta con decreto dei consoli della Repubblica del 18 novembre 1802. (50) Provvisoriamente il simulacro della B. Vergine della Salve fu accolto nella chiesa della confraternita dell’Annunziata e successivamente in S. Alessandro. Per l’occasione fu compilato l’inventario di tutte le cose mobili della cappella della Salve della cattedrale, e trasportate al collegio dei Barnabiti (S. Alessandro) dall’abate amministratore Ghilini, in data 5 gennaio 1803: “Cittadino maire, desiderando l’infrascritto potente in qualità d’amministratore della cappella della B. V. sotto il titolo della Salve eretta in questa cattedrale di ritirare le suppellettili, arredi e mobili sottoscritti. Perciò detto potente v’invita, anche col non dissenso di questo cittadino vescovo, a lasciar ritirare tutti gli infrascritti mobili, arredi e suppellettili, il che spera … Un simulacro del B. V. della Salve in una sua cassa. Un altare con i suoi gradini, bardella di marmo, ed icona simile. Due balaustre co’ suoi gradini, pavimento, tre pietre sepolcrali, due tavolini infissi nel marmo con suoi piedestalli. Il tutto di marmo. Due pietre con incisione, a latere della cappella. Una ferriata con sua porticella di ferro che compisce una delle dette balaustre. Una lampada d’ottone con suo braccio di ferro. Una vetrata di cristallo per chiudere la nicchia della B. V. Una finestra coi suoi vetri, ferrata e tenda. Un organo, con orchestra, e pancone. Una braccio di ferro a sette candele per l’ornamento del Simulacro. Un baldacchino per la benedizione. Tre tovaglie per l’altare. Un leturino da messale. Due candelieri per le messe. Un contraltare di stoffa usitato. Un campanello per le messe. Un pavimento di marmi ed i suoi gradini. Due banchi laterali all’altare di noce a uso di comunione. Una porta con serratura e chiave, tendente alla scala dove esistono le reliquie di S. Croce e Spina. Due stendardi per abere riportati li Palii. Sei candelieri si legno, argentati. Sei vasi di fiori simili …”. (51) La Madonna della Salve nella nuova Cattedrale Ricostruita la chiesa di S. Marco, già dei Domenicani, quale nuova cattedrale, alla Vergine B. della Salve fu destinata, nel dicembre 1819, la cappella nella navata sinistra presso la sacrestia. La ricostruzione di S. Marco – la chiesa fu poi dedicata a S. Pietro Apostolo – ebbe una ragione fortemente incisiva perché diventò ampiamente testimoniale non solo di una fede ma anche di determinati atteggiamenti culturali e di tradizioni di vita che continuarono a conservare tutto il loro peso. Spese preventivate e piani di lavoro per la ricostruzione della chiesa di cui si ha menzione ci mettono di fronte ad impegno e rilevanza di professionalità. (52) A memoria dei contemporanei la cappella della Madonna della Salve parve davvero splendida: “Il signor architetto Cristoforo Valizone d’Alessandria ebbe a vincere molte difficoltà locali, per avere uno spazio conveniente, onde far sorgere la nuova cappella della Salve. Presentasi questa verso il corpo della chiesa con ampio e maestoso prospetto di figura rettangolare, che ne forma quasi il vestibolo, ornato come la cappella di cui ne fa parte. La cappella è poi quasi quadrata, ma nella quadratura sorgono otto colonne isolate d’ordine corinzio con capitelli dorati, distribuite ed accoppiate a due a due in guisa che formano un ottagono, sui quattro lati del quale poggiano quattro archi che reggono una galleria circolare praticabile, e munita di ringhiera in ferro colorito. Al di sopra di questo ergesi la cupola, la quale tutta è, come i medaglioni e gli archi, ornata a gran rosoni di stucco. Nei peduzzi sono egregiamente dipinti vari Geni con emblemi allusivi alla B. V. Sotto l’arco di prospetto sorgeva negli anni passati un altare di marmo nero e bardiglio …”. (53) Leopoldo Valizone architetto del Comune, richiesto di un disegno per eventuale ampliamento della cappella osservò: “… Checché si possa dire sul disegno dell’attuale cappella, egli è però costante, che da angusta in fuori, massime per le funzioni che si praticano in essa, nel resto non è dispregiabile , sia per la pianta, che per gli ornamenti che sono di ottimo gusto e ben ripartiti, e ciò massime se si osserva all’interno di essa che presenta una forma e compita, a differenza di quando si esamina dal corpo di chiesa, da dove appaiono troppo confuse le colonne che l’adornano, onde per rinunziare a questa, si dovrebbe surrogarne un’altra più ampia, e necessariamente più sontuosa …”. (54) Nel 1836 fu posto in opera un nuovo altare, in marmo di Carrara; nell’anno successivo si provvide alla stuccatura a lucido dei muri. (55) Così continua la descrizione dell’Ansaldi: “Ed ora del 1836 sorge un magnifico altare … ornato con fregi d’oro per voto fatto nel 1835 dalla città, la quale nel tempo stesso fece ornare con lucidi stucchi marmorei tutta quanta la vasta cappella. Sopra l’altare vi è la nicchia, ossia icona, munita di cristalli, a traverso de’ quali scorgesi il ven. simulacro, che travasi in un interno camerino a volto illuminato a spiragli, ed ornato di pitture, e stucchi dorati. Lateralmente travansi due orchestre, in una delle quali venne dal 1818 collocato un nuovo organo di nove registri ad uso della sola cappella …”. (56) In effetti la città era stata preservata dal colera che nel corso del 1835 infierì specialmente a Genova, Cuneo e Torino e portò ovunque morte, desolazione, spavento: palese a manifesto dovette apparire il soccorso della B. Vergine della Salve nell’aver tenuto lontano il morbo, tanto più che si erano rifugiati in Alessandria molti fuggitivi dai luoghi infetti, ai quali tuttavia si lasciarono sempre aperte le porte della città – secondo l’osservazione di mons. Salvaj, nella lettera pastorale del 22 febbraio 1889. L’amministrazione civica con atto consolare del 19 novembre 1835 decretò “per devota indelebile gratitudine e riconoscenza” di offrire alla Madonna della Salve due magnifiche lampade d’argento, opera di Maurizio Cerosa “fabbricante d’oggetti d’oro e d’argento di questa città: portavano inciso ex voto civitatis Alexandriae 1835 e furono collocate dinanzi al simulacro quando era esposto alla pubblica venerazione”. (57) Per la dinamica apostolico-caritativa intrinseca che lo motivava a lo reggeva, va ricordato il pio Istituto delle Signore della Carità a soccorso dei poveri o infermi a domicilio, fondato da mons. D’Angennes, vescovo di Alessandria del 1818 al 1832, e posto sotto la protezione della B. Vergine della Salve, come punto centrale di una Chiesa in cammino, solennizzata ogni anno nel lunedì seguente la domenica in Albis, secondo lo statuto. (58) L’incoronazione della Madonna della Salve: i preparativi Vescovo della diocesi di Alessandria dal 1833 al 1854 fu mons. Dionigi Pasio. Era stato professore all’Università di Torino e poi, dal 1840 al 1844, Presidente della Riforma. In diocesi fu attivissimo. Concordò piani per un più intenso scambio di attività culturali e religiose, promosse varie organizzazioni al cui interno non mancarono fermenti di stampo intellettualistico, fu particolarmente sensibile ai problemi religiosi ed attento a suscitare responsabilità, impegno e coinvolgimento. (59) Nel 1835 “tutti fecero a gara per tributare alla Consolatrice degli afflitti l’omaggio della loro gratitudine ed il vescovo con il rev.mo capitolo pensarono essere il caso di promuovere da Roma la coronazione. A tal fine raccoltisi i documenti comprovanti concorrere al Simulacro SS. della Salve le condizioni di grazia e prodigi, per cui soglionsi coronare i più celebri santuari dedicati a Maria, furono quelli trasmessi a rev.mo Capitolo Vaticano …”. (60) Incoronazioni anche recentissime erano state fatte anche in Piemonte, avevano ristabilito contatti vitali per la venerazione della Madonna, in spirito e in verità. A Torino (Madonna della Consolata) l’avevano ottenuta i cistercensi: con decreto del Capitolo Vaticano firmato dal card. Galeffi il 14 novembre 1828, mons. C. Chiaveroti, arcivescovo di Torino, l’aveva celebrata il 20 giugno 1829. A Belmonte (Valperga di Caluso – Cuorgné) ottenuta la concessione del privilegio dal Capitolo Vaticano il 3 maggio 1788, se ne ebbe la solenizzazione il 17-18 agosto da parte dell’abate G. Valperga di Masino, commendatario dell’abbazia di Fruttuaria. A Molare l’incoronazione della Madonna delle Rocche era stata svolta il 16 luglio 1823 dal vescovo di Acqui mons. C. G. Sappa dei Milanesi. (61) Episodi questi che, assurti a livello di nota storica in ordine alle forme cultuali, avevano veicolato contenuti ideali e memorie, reazioni incisive e positive tra i fedeli. Mons. Pasio aveva realisticamente osservato: “ … Noi sappiamo quale, non dico, devozione, ma entusiasmo eccitarono le varie coronazioni operatesi in questi Dominij, e segnatamente la recentissima di Maria SS. della Consolata a Torino, a cui come nuvole d’api accorsero da tutto il Piemonte le intere popolazioni …”. (62) E così egli provvide alla creazione di una “commissione officiosa per la solenne incoronazione della B. Vergine SS. della Salve” come risulta dagli “Atti”: “L’anno del Signore 1842, addì 6 novembre previo avviso dato con lettera in quest’aula capitolare i sig.ri can.ci prevosto d. Filippo Ansaldi, d. Giacomo Valsecchi e d. Pietro Barbieri deputati dal rev.mo capitolo, ed il sig.r Marchese Cuttica di Cassine, sig.r Marchese Faà di Bruno, sig.r Conte Melazzi Gerolamo, sig.r Conte E. Guasco di Bisio, sig.r Cav.re Cristofaro Cavasanti, sig.r Avv.to Aliora Carlo, sig. Avv.to Zani del Fra Bartolomeo, sig.r Nicola Massola. Alla loro presenza il rev.mo sig.r Can.co d. Carlo Braggione cancelliere di questa rev.ma curia vescovile ha letto il decreto con cui S. E. rev.ma mons.r D. Dionigi Andrea Pasio Vescovo di questa città e diocesi crea una commissione officiosa per la solenne coronazione della B. Vergine della Salve nominandone a questi membri li prefati sig.ri congregati. Terminata la lettura di esso decreto il sig.r prevosto Ansaldi vice presidente della medesima ha dichiarato legittimamente costituita la commissione officiosa. Infine si è fatta la distribuzione della lettera pastorale di S. E rev.ma riguardante a tale oggetto …”. (63) In precedenza, il 29 settembre, mons. Pasio aveva fatto le nomine: “ … La sollecitudine con cui i sacri pastori della Chiesa hanno in tutti i tempi eccitata e promossa la glorificazione della Beatissima Madre di Dio, e la devozione verso la medesima che fu sempre ed è in fiore in questa nostra città ci hanno mossi a supplicare al rev.mo Capitolo della sacrosanta basilica vaticana, che fosse destinata all’antichissima statua di Maria SS. Addolorata, che sotto il nome della Salve noi veneriamo nel nostro duomo, una delle corone auree che per legato del conte Alessandro Sforza Pallavicini si sogliono dal soprallodato rev.mo capitolo destinare a quelle immagini di Maria SS. che per antichità, o per miracoli sono più segnalate, ed in più venerazione sono tenute. Ora l’animo nostro giubila, che per le nostre suppliche furono benignamente accolte, ed impetrarono l’aurea corona da imporre sul venerando capo di Maria SS. della Salve. Nulla per noi si ometterà di quanto possa giovare al decoro, od alla splendidezza della sacra funzione dell’incoronazione ma avendo mestieri della cooperazione di zelanti persone, abbiamo determinato di eleggere una commissione officiosa alla quale sia affidata sotto la nostra direzione la raccolta e l’amministrazione delle oblazioni dei fedeli a tal fine destinati; come pure la proposizione e direzione de’ preparativi a farsi per detta solennissima funzione. Nominiamo pertanto a membri della commissione officiosa gli infrascritti rispettabilissimi signori cioè sig. can.co prevosto d. Filippo A. Ansaldi vice presidente due signori canonici deputati dal rev.mo capitolo cattedrale sig. marchese Cuttica di Cassine sig. marchese Faà di Bruno sig. conte Melazzi Gerolamo sig. cav.re Emilio Guasco di Bisio sig. cav.re Cristoforo Cavasanti, cassiere sig. avv.to Aliora Carlo sig. avv.to Zani del Fra’ Bartolomeo sig. Nicola Massola. Dato Alessandria dal palazzo vescovile il 29 7bre 1842”. (64) Con una visione ecclesiale della diaconia dell’amore, mons. Pasio fu portato dal suo dinamismo oltre che a scelte coerenti ed a collaborazioni possibili, all’utilizzazione di ogni energia e risorsa. Va anche riconosciuto che l’aristocrazia, la borghesia ambirono all’onore e all’onere di membri di commissione per istituzioni religiose: carità espressa come una delle “forme di alleanza tra il castello e la canonica” (E. Jarry) che erano rimaste in vita. Il capitolo della cattedrale provvide alla necessaria documentazione affidandone la cura al can. F. Ansaldi, il cui contributo alla conoscenza del culto della Madonna della Salve, oltre che dei modi di vita e di comportamento della popolazione alessandrina, è stato significativo: “Nella chiesa cattedrale di Alessandria della Paglia in Piemonte sino dai più remoti tempi si venera un simulacro di Maria Vergine Addolorata per cui nutrirono mai sempre non solo gli alessandrini, ma gli abitanti delle vicine province la più tenera devozione. La storia del predetto simulacro, non che la narrazione delle molte grazie dal Signore concedute per l’intercessione della SS.ma sua Madre trovasi consegnata nella relazione stampata, che si unisce, stata sulla scorta dei più autentici documenti compilata dal canonico Filippo Ansaldi teologo di detta cattedrale. Ci fu in ogni tempo il concorso di popolo a venerare il ridetto simulacro, ed effusa la pietà di tutti gli ordini dei cittadini: lo attestano la magnifica cappella al di lui culto eretta, il ricco trono, su cui è collocato, i molti doni e voti dei fedeli e l’annuale solennità seguita da un novendiario celebrato con abbondanza di doppieri e scelta musica. La mai interrotta frequenza avendo preso un grande incremento in questi ultimi tre anni, in cui avvicinatosi il colera alla città di Alessandria, anzi penetrandovi in qualche angolo si vide per l’intercessione invocata di Maria SS. prodigiosamente respinto, nacque in tutti i cittadini uno spontaneo, ardente non meno che unanime desiderio di testificare alla gran Madre di Dio la loro riconoscenza. Egli è perciò che il capitolo cattedrale custode e zelatore del detto simulacro, fa umile ricorso alla SS. VV. Rev.me pregandole a volergli benignamente decretare una di quelle corone che suol concedere agli insigni santuari. Che della grazia sottoscritti … Dionysius Andreas Pasius Episcopus Alexan.us Fidem fecimus atque testamur viso per nos et diligenter … libello praemisso per Capitulum Nostrum … ad Rev.mum Vaticanum Capitulum … cultum postulationibus annuere dignetur. In quorum fidem Dat. Alexandriae die XX 7bris 1837” . (65) Infine l’8 maggio 1842 il Capitolo Vaticano si pronunciò favorevolmente e la corona aurea, tramite l’ambasciatore del re di Sardegna a Roma, conte di Broglia, fu trasmessa al Primo segretario di Stato per gli Affari esteri a Torino, conte Solaro della Margherita, quindi al vescovo di Alessandria. (66) Il cerimoniale dell’incoronazione Si dà qui la trascrizione delle norme che regolavano l’incoronazione della Madonna, contributo ad un più intenso ritmo vitalistico del suo culto e a soddisfare esigenze reali e concrete suscitatrici di forze collettive straordinarie. Il testo indica dettagliate e definite procedure organizzative ma soprattutto segni molteplici e di notevole rilevanza dei fermenti di fede dai quali trae la sua ragione d’essere: “Ordo servandus in tradendis coroneis aureis quae donantur a Reverendissimo Capitulo S. Petri de Urbe sacris imaginibus Beatae Mariae Virginis ex legato Comitis Alexandri Sfortiae Pallavicini. Inter praecipua Sacrosanctae Vaticanae Basilicae decora, non infimum sane locum sibi vindicat elargitio Coronae aureae singulus fero annis ex legato Comitis Alexandri Sfortiae Pallavicini, ad augendum Deiparae cultum, axcitandamque fidelium pietatem erga eiusdem Beatissimae Virginis Imagines antiquitate et miraculis per locorum Ordinarios comprobatis magis commendatas, fieri consuevit. Ut igitur ea qua par est dignitate Coronatio huismodi peragatur, ordinem a caerimoniorum Magistris approbatum, munerisque illius functioni apprime consentaneum tredere visum fuit. Primum autem quae coronationi praemittenda sunt: deinde quae in ipsa coronatione debent observari: tum quae eamdem sequuntur, exponemus. Principio, autem, ut Sacra Beatae Virginis Imago iuxta mentem laudati Alexandri Sfortia Pallavicini coronari valeat, illam non minus vetustate, quam populi concursu, ac miraculorum frequentia celebrem esse oportet. Quibus per authenticas Ordinariorum literas Reverendissimo Capitulo, una cum supplici libello exhibitas, rite probatis, per idem Capitulo collegialiter congregatum Corona decernitur; indictoque functionis peragendae anno, eius muneris executio ut plurimum Canonico eiusdem Capituli, seu alteri personae in dignitatae constitutae demandatur. Ut vero Corona per artificem elaborando Capiti Imaginis B. V. coronandae adamussim respondeat, Oratoribus manus incumbit trasmittenti ad Urbem mensuram eiusdem Capitis, sive per longitudinem, latitudinemque sumtam, si in tabula vel tela Imago depista sit; sive per circulum orbemque, si ea in ligno, aere, vel marmore fuerit incisa. Atque ita dicendum, si una cum B. Virgine adsit Imago Santissimi Domini nostri Jesu Christi. Confecta ad Imaginis formam corona, Canonico Delegato traditur, qui intra annum a Rev.mo Capitulo praefinitum, certam coronationi celebrandae diem indicit: atque interim literas in forma Brevis a Summo Pontifice axpediri curat, quibus Indulgentia Plenaria conceditur omnibus, qui vere confessi, et sacra Communione referti, eadem die Ecclesiam illam, ubi sacra Imago colitur (cuius etiam numismata ab eiusdem Ecclesiae deputatis solent imprimi, ac populo distribui) pie ac religiose visitaverint. Cum autem ad destinatum locum Canonicus delegatus viatorio habitu indutus advenerit, honorifice ut decet ad eius incolis exceptus, statim ad Ecclesiam Deiparae coronandae procedit, praecedente ante coronationem tribus diebus continuis Campanarum sonitu, aliisque festivis laetitiae signis a Ministris ecclesiarum publicae edendis. Interim Ecclesia solemniori quo ad fieri potest a paratu ornari debet. Si sacra Imago sit amovibilis, in ara maxima suppellectile pretiosa, cereisque luminibus decenter ornata sub baldachino collocabitur. Sin autem loco moveri nequat, idem ornatus in qua fuerit Cappella servetur. Tota vero Ecclesiae pars interior, holosericis, seu cortinis nobiliorum contegetur, appensis etiam ad parietes inscriptionibus hinc de debito ordine distributis; eiusdemque Imaginis exemplar in tabula, vel tela expressum supra maiorem Templi januam apponetur, una cum Stemmate Sanctissimi Pontificis feliciter regnantis, Eminentissimi Cardinalis Archipresbyteri, Reverendissimi Capituli, et Canonici Delegati, si adsit. Omnibus igitur opportunae praeparatis, pridie ante Coronationem, sub vesperam canuntur Litaniae B. M. V. cum hymno Ave Maris Stella et Oratione. Famulorum quorum, quaesumus Domine, delictis ignosce: ut qui tibi placere de actibus nostris non valemus, Genitricis Filii tui Domini nostri intercessione salvemur. Qui tecum vivit et regnat … Die vero sequenti Delegatus, modo sit Canonicus SS. Basilicae Vaticanae, licet nulla alia dignitate praefulgeat, Praelatiis violacei coloris insignibus indutus cum mantelletta, et rocchetto, tanquam Protonotarius Apostolicus, etiam iuxta Urbis consuetudinem, a Primoribus loci stipatus, ad Ecclesiam accedit, ibique a clero vel magistratu exceptus, aspersorium accipit, quo seipsum tantum aqua benedica aspergit: idque facit etiam praesente Episcopo: deinde genuflectit ante altare, in quo servatur augustissimum Eucharistiae sacramentum, et aliquantisper orat. Tum surgit, et facta genuflexione, procedit ad locum functioni destinatum: inique coram Primoribus civitatis, seu loci, ac Notario Testibusque praesentibus, tradit Deputati Ecclesiae coronam auream, accepto prius ad eis juramento, quod illam super Virginis caput perpetuo retinendam, conservandamque curabunt iuxta formam legati. Qua de re publicum a Notario conficitur instrumentum. Tum clara distinctaque voce hoc idem instrumentum legitur, nec non Decretum reverendissimi Capituli de Coronatione peragenda, deque Delegati deputatione. Postea Delegatus benedicit coronam in aureo, seu argenteo pollubro positam, dicens Sub tuum praesidium … V. Adjutorium nostrum in nomine Domini R. Qui fecit coelum et terram V. Dominus vobiscum R. Et cum spiritu tuo Orems Omnipotens sempiterne Deus, cujus clementissima dispensatione cuncta creata sunt ex nihilo: Majestatem tuam supplice deprecamur, ut hanc coronam pro ornatu Sacrae Imaginis Genitricis Filii tui Domini nostri fabricatam benedicere, et sanctificare digneris. Per eundem … Aspergit eam aqua benedicta, et incensat. Deinde precedente cruce, sacra corona ad altare B. Virginia octo intorciis stipata cum pompa defertur, Delegato intonante hymnum “O Gloriosa Virginum”. Et choro cantorum alternatim prosequente: cum oratione “Deus qui virginalem aulam B. Mariae semper Virginis, in qua habitares, eligere dignatus es: da quaesumus, ut sua nos defensione munitos, iucundos facies suae interesse coronationi. Qui vivis et regnas cum Deo Patre …”. Deide deponitur corona super pulvino ad cornu epistulae, et promulgatur indulgentia in forma Brevis ab Ordinario loci recognita. Postea cantatur Missa, quae erit votiva solemnis de B. Maria, ab Episcopo vel a Delegato, aut a digniori Canonico Capituli, seu illius ecclesiae, assistentibus Ordinario loci, Canonicis sacris paramentis albis indutis. Cleroque caeterarum collegiatarum. Sive autem Delegatus Missam celebret, sive eidem ab aliis celebratae assistat, distinta illi sedes, quam Imperialem vocant cum ornamento postergali, vulgo tosello, super tabulatum duobus saltem gradibus elevatu gradinibus elevatum, decentique tappeto coopertum, praeparabitur cum assistentia Magisteri caerimoniarum SS. Basilicae, una cum genuflexorio appositis pulvinaribus, si Canonicus sacrificio Missae tantum assistat. Absoluto autem evangelio, ipse Delegatus de laudibus B. Virginis brevem orationem habet. Si vero Delegatus Missam celebrat, Episcopo assistente, etiamsi ipse Episcopus non sit, benedicit incensum, illud in thuribulum imponit, et altare, seu Imaginem more solito incensat. Ante purificationem et ante quam digitos abluat, Delegatus, vel Episcopus, iuxta antiquum et sacrum primaevae Ecclesiae morem, a diacono, et subdiacono sumenda est communio. Post Missam Delegatus pluviali indutus, si fuerit Episcopus aut sacerdos, procedit ad altare, inclinatoque ante Imaginem coronandam reverenter capite, genua flectit, et intonat hymnum, “Regina coeli laetare alleluia”. Choro musicorum prosequente. Sin autem diaconus vel subdiaconus, superpelliceo et rocchetto indutus, interim super tabulatum ascendit, et auream coronam capiti sacrae Imaginis reverenter imponit, dicens: “Sicuti per manus nostras coronaris in terris, ita et a Cristo gloria et honore coronari mereamur in coelis”. Quo facto tubis tympanisque clangentibus pulsantur campanae, et mortaria, aliaque tormenta bellica exploduntur. Si una cum Sanctissima Matre Imago quoque Filii eius Domini Nostri Jesu Christi fuerit, haec primum coronanda erit, dicente Delegato: “Sicuti per manus nostras coronaris in terris, ita et a Te gloria et honore coronari mereamur in coelis”. Deinde Episcopus vel Delegatus incensum benedicit, imponit, ac triplici ductu coronatam Immagine incensat. V. Corona aurea super caput eius R. Espressa signe sanctitatis, gloria honoris, et opus fortitudinis V. Coronasti eam Domine R. Et constituisti eam super opera manuum tuarum Oremus “Presta misericors Pater per invocationem Genitricis Unigeniti Filii tui Domini Nostri Jesu Christi quem pro salute generis humani integritate Virginis Mariae servata carnem sumere voluisti; quatenus precibus eiusdem Sacratissimae Virginia, quicumque eamdem misericordiae reginam et gratiosissimam dominam nostram coram hac effigie suppliciter onorare studuerint, et de instantibus periculis eruantur, et in conspectu divinae majestatis tuae de commissis et omissis veniam impetrent: ac mereantur in presenti gratiam quam desiderant aspici et in futuro perpetua salvatione cum electis tuis valeant granulari. Per eundem …”. Tum pro gratiarum catione intonatur hymnus “Te Deum laudamus”. Cum oratione Oremus. Deus, cuius misericordiae non est numerus, et bonitatis infinitus est thesaurus: piissimae majestati tuae pro collatis donis gratias agimus, tuam semper clementiam exorantes: ut qui petentibus postulata concedis, eosdem non deferens, ad praemia futura disponas. Per Christum Dominum nostrum”. Postea fine cantu recitatur Psalmus “De profundis” cum oratione Deus veniae largitor et humanae salutis amator, quaesumus clementiam tuam, ut animam alexandri benefactoris, quae ex hoc saeculo transivit, B. Maria semper Virgine intercedente cum omnibus sanctis tuis ad perpetuae beatitudinis consortium pervenire concedas. Per Christum Dominum nostrum. Amen V. Requiescat in pace R. Amen Tum subissa voce dicitur Pater noster, et Ave Maria: pro Capitulo, et Canonicis SS. Basilicae. Oremus pro benefactoribus nostris. Retribuire dignare Domine omnibus nobis bona facientibus propter nomen tuum vitam aeternam. Amen. Deinde dicitur oratio, quam Benedictus XIII Summus Pontifex incoronando S. Immagine B. V. Mariae nuncupatae della Rotonda in civitate Albanesi posita addidit: Oremus. Difende, quaesumus Domine B. Maria semper Virgine intercedente sacrosanctae Vaticanae Basilicae ab omni adversitatem familiam, et toto corde tibi prostratam ab hostium propitius tuere clementer insidiis. Per Christum Dominum nostrum. Post Verperas, quae solemniter cantatur cum ant. Et psal. Ut in festo S. Mariae ad Nives, panegiryca oratio habetur de laudibus Beatae Virginis Mariae : eiusque Imago per vias publicas mundatas, ac virentibus frondibus vel floribus conspertas in signum laetitiae ab eodem Canonico deputato, aliisque Primoribus cum pompa defertur ; et a Magistratu Civitatis in honorem eiusdem cereus magni ponderis offertur. Ad solis occasum laetitiae signa interim eduntur, accensis ubique facibus, in ea praesertim regione, ubi templum est coronatae Imaginis, et ex composita machina artificialis ignis editur. Utque Deiparae cultus magis excitetur, mos est integrum triduum conciones panegyricas inter Missarum solemnia, oratoria, sacrasque academias, aliaque similia inter musicos concentus pro fidelium pietate ad religiose celebrare. Eiusdem coronatae Imaginis exemplaria religionis causa distribuenda typis imprimuntur : Nimirum triginta in serico croceo, seu rubro cum ornamento aureo vel argenteo reverendissimis D. Canonicis SS. Basilicae Vaticanae, et unum forma praestantiori pro eminentissimo Cardinali Archipresbytero. Alia in super septuaginta in papyro pro beneficiatis et clericis eiusdem Basilicae. Item depingitur eiusdem Deiparae Imago in tela cum inscriptione, et ornamento, quae in eadem Basilica ad perpetuam rei memoriam asservetur. Quae omnia una cum In strumento, de quo supra dictum est, cumque istoria S. Imaginis, eiusque coronationis, ad reverendissimum D. Secretarium Capituli a Deputatis illius Ecclesiae trasmittuntur in Archivio Vaticano, reponenda, et ad perenne rei gestae monumentum diligenter asservanda” (67) (Ordine da rispettarsi nel consegnare le corone d’oro che sono donate dal rev.mo Capitolo di S. Pietro in Roma ai sacri simulacri della B. Vergine Maria, per legato del conte Alessandro Sforza Pallavicino. Tra gli incarichi specifici della santissima Basilica Vaticana non ultimo è la donazione della corona d’oro che quasi ogni anno, per legato del conte Alessandro Sforza Pallavicino, venne fatta per incrementare il culto della Madonna e per stimolare la venerazione dei fedeli verso i simulacri della beatissima Vergine più segnalati per antichità e per miracoli comprovati per mezzo dei vescovi ordinari del luogo, come è consuetudine. Pertanto affinché l’incoronazione sia compiuta con tutta la dignità della quale è meritevole sembrò opportuno tramandare l’ordine approvato dai Maestri delle cerimonie, particolarmente conforme all’adempimento di quel compito. Per prima cosa si devono premettere le cose che riguardano l’incoronazione, poi quelle che si devono conservare durante la stessa incoronazione, infine esporremo quelle che alle medesime fanno seguito. In primo luogo, affinché il sacro simulacro della B. Vergine valga ad essere incoronato secondo gli intendimenti del sullodato Alessandro Sforza Pallavicino, è opportuno che quello sia celebre non meno per vetustà che per concorso di gente e frequenza di miracoli. Le quali cose convenientemente dimostrate per mezzo di lettere autentiche dei vescovi ordinari inviate al rev.mo Capitolo insieme con una petizione, viene decretata la corona dal Capitolo stesso collegialmente riunito; stabilito l’anno in cui compiersi la funzione, l’esecuzione di quell’atto è demandata per lo più ad un canonico del Capitolo stesso o ad altra persona di prestigio. Affinché la corona, che un artista deve creare, corrisponda perfettamente al capo del simulacro della B. Vergine che deve essere incoronata, incombe l’incarico agli inviati di trasmettere a Roma la misura del capo stesso, sia quella assunta per lunghezza sia quella per larghezza, se il simulacro è dipinto su quadro o su tessuto; per circonferenza se quello fu lavorato in legno o in bronzo o in marmo. E così si deve dire nel caso in cui con la Beata Vergine sia presente l’immagine del Santissimo Signore Nostro Gesù Cristo. Preparata la corona secondo la forma del simulacro, viene consegnata al canonico delegato il quale, entro l’anno fissato dal rev.mo Capitolo stabilisce il giorno preciso per celebrare l’incoronazione: e frattanto cura che dal Sommo Pontefice siano spedite lettere con cui venga concessa l’indulgenza plenaria a tutti coloro i quali, fatta la confessione e ricevuta la comunione, abbiano visitato piamente e religiosamente quella chiesa in cui è onorato il sacro simulacro, e di questo dai deputati della chiesa stessa sogliono essere impresse medaglie e distribuite al popolo. Quando il canonico delegato in abito da viaggio sarà giunto al luogo stabilito, accolto onorevolmente come si conviene dagli abitanti, subito va alla chiesa della Madonna da incoronare; prima della incoronazione per tre giorni di seguito suoneranno le campane ed i ministri della chiesa dovranno fare pubblicamente altre solenni manifestazioni di festa. Frattanto la chiesa deve essere ornata con l’apparato il più possibile solenne. Se il sacro simulacro è mobile, si deve porre sotto un baldacchino sull’altare maggiore con preziosi adornamenti e convenientemente ornato di ceri e lumi. Se invece è in luogo da cui non possa essere mosso, sia ugualmente ben preparato nella cappella in cui resterà. Tutte le parti interne della chiesa devono essere ricoperte con sete o con tende più eleganti e si appenderanno anche alle pareti iscrizioni distribuite con criterio; un esemplare dello stesso simulacro, raffigurato in quadro o su tela deve essere posto all’ingresso principale del tempio, con lo stemma del Sommo Pontefice felicemente regnante e dell’Em.mo Cardinale arciprete, del Rev.mo Capitolo e del canonico delegato, se presente. Pertanto tutto essendo opportunamente preparato, il giorno prima dell’incoronazione, verso sera si cantano le litanie della B. Vergine Maria con l’inno Ave Maris Stella e l’orazione seguente … Il giorno seguente il delegato, che può essere soltanto un canonico della SS. Basilica Vaticana, e non è concesso che rifulga di alcun altro decoro, indossate le insegne prelatizie di colore violaceo con mantelletta e rocchetto, come Protonotario Apostolico, anche secondo la consuetudine di Roma, circondato dalle persone più ragguardevoli del luogo, entra in chiesa ed ivi, accolto dal clero o dal magistrato, prende l’aspersorio col quale asperge solo se stesso di acqua benedetta; e fa ciò anche presente il vescovo: di poi si genuflette davanti all’altare nel quale è conservato il SS. sacramento dell’eucaristia, e prega per un po’ di tempo. Poi si alza e, fatta la genuflessione, si avvia al luogo destinato alla funzione: ed ivi davanti ai maggiorenti della città o del luogo, ed alla presenza del notaio e dei testimoni, consegna agli incaricati della chiesa la corona d’oro, avendo prima ricevuto da loro il giuramento che sempre cureranno che quella dovrà essere tenuta sul capo della Vergine e conservata secondo la norma del legato. Della qual cosa viene fatta dal notaio pubblico instrumento. Viene poi letto con chiara e distinta voce questo stesso instrumento e così pure il decreto del rev.mo capitolo sull’adempimento dell’incoronazione e sulla deputazione del delegato. Poi il delegato benedice la corona posta su di una catinella d’oro o d’argento dicendo … Poi, dietro la croce, la sacra corona viene portata all’altare della Beata Vergine accompagnata solennemente … mentre il delegato intona l’inno “O gloriosa delle vergini”. E il coro dei cantori alternativamente prosegue: con l’orazione … Di poi la corona viene deposta su di un pulvino al lato della epistola e viene promulgata l’indulgenza in forma di Breve Pontificio richiesta dall’Ordinario del luogo. Poi viene cantata la messa, che sarà votiva solenne della B. Maria, dal Vescovo o dal delegato o dal canonico di più alta dignità del capitolo di quella chiesa, mentre assistono l’ordinario del luogo, i canonici vestiti dei sacri paramenti bianchi, e il clero delle altre collegiate. Sia che il delegato celebri la messa sia che alla stessa assista celebrata da altri, gli sarà destinato lo scanno che chiamano imperiale con ornamento della spalliera, volgarmente detto tosello, elevato almeno di due gradini sul tavolato, e coperto di un decente tappeto: sarà preparato con l’assistenza del maestro delle cerimonie della SS. Basilica, insieme con l’inginocchiatoio gli appositi cuscini, se il canonico assiste soltanto alla messa. Ma terminato il vangelo lo stesso delegato tiene una breve predica sulle lodi della B. Vergine. Se invece il delegato celebra la messa, ed il vescovo assiste ma anche se il vescovo non è presente, benedice l’incenso lo mette nel turibolo ed incensa l’altare, cioè il simulacro, secondo la consuetudine. Prima della purificazione e prima di lavare le dita il delegato o il vescovo, secondo l’antico e sacro costume della Chiesa primitiva, deve ricevere la comunione dal diacono o dal suddiacono. Dopo la messa, vestitosi del piviale, il delegato, se vescovo o sacerdote, procede verso l’altare e, inchinato riverentemente il capo davanti al simulacro che deve essere incoronato, piega le ginocchia e intona l’inno “Regina coeli laetari alleluia” E lo prosegue poi il coro dei cantori. Se invece diacono o suddiacono, indossato il rocchetto, sale sul tavolato e con riverenza pone la corona d’oro sul capo del sacro simulacro dicendo: “Come per mezzo delle nostre mani tu sei coronata in terra, così meritiamo di essere coronati in cielo con gloria ed onore da Cristo”. Fatto ciò, al suono di trombe e di cembali, saranno battute campane e mortai ed esplosi altri strumenti bellici. Se con la Madre ci sarà pure il santissimo simulacro di suo figlio Nostro Signore Gesù Cristo, si dovrà incoronare prima questo ed il delegato dovrà dire … Dopo i vespri, che sono cantati solennemente con antifone e salmi come nel giorno festivo di S. Maria della Neve, si tenga un panegirico per le vie cittadine, ben ripulite e cosparse di verdi fronde e fiori in segno di letizia, dallo stesso canonico incaricato e dagli altri maggiorenti; e sia offerto in suo onore un cero di gran peso dal magistrato della città. Al cadere del giorni si manifestino segni di gioia e si accendano fuochi soprattutto nel rione ove è il tempio del simulacro incoronato e si facciano fuochi d’artifizio con le apposite macchine. Per maggiormente stimolare il culto della Madonna è consuetudine celebrare un triduo completo, panegirici tra le solennità della messa, oratori, sacre accademie, ed altri simili canti tra musici, per la pietà e religione dei fedeli. Si stampino raffigurazioni dello stesso simulacro incoronato, esemplari da distribuire a pro della religione: almeno 30 in seta giallo oro, oppure rossa con ornamento di colore oro o argento per i rev.mi signori canonici della Basilica vaticana, ed uno in forma più elegante per l’em.mo cardinale arciprete. Inoltre altre 70 in papiro per i beneficiati ed i chierici della stessa Basilica. Similmente il simulacro della stessa Madonna incoronata viene dipinto su tela con iscrizione ed ornamento, che sarà conservato nella medesima Basilica a perpetua memoria dell’avvenimento. Le quali cose tutte insieme con l’instrumento di cui si è detto sopra e con la storia del s. simulacro e della sua incoronazione saranno trasmesse al rev.mo signor segretario del capitolo dai deputati di quella chiesa perché si debbano tenere nell’Archivio vaticano e perché si debbano custodire a perenne documentazione dell’avvenimento). L’incoronazione della Madonna della Salve comportò, in termini responsabilizzanti, la concessione di indulgenze che consolidarono efficacia all’esigenza partecipativa – la visita alle chiese, uno dei più popolari tra i pii esercizi, caro alla tradizione cristiana, per attingere alimento della preghiera e progredire la propria perfezione interiore: “M.to Ill.re e M.to rev.do signore la S. V. M.to Ill.re e M.to rev.da si compiacerà di annunziare a’ suoi parrocchiani nel giorno dell’ascensione di N. S. G. C. 1. Indulgenza plenaria da lucrarsi da tutti coloro che nel dì della coronazione di Maria Santissima della Salve (28 corrente) prenderanno la benedizione Papale e visiteranno dopo alcuna pubblica chiesa. 2. Indulgenza plenaria a tutti coloro che in detto giorno visiteranno la cappella della Salve. 3. Indulgenza plenaria per la benedizione Papale, che impartirà S. E. Rev.ma monsignor vescovo nel giorno di pentecoste ottava della coronazione. In ciascuno di questi tre casi i fedeli essere veramente pentiti de’ loro peccati, confessati e comunicati, e pregare secondo le intenzioni di S. S. Papa Gregorio XVI. 4. Indulgenza di 200 giorni a tutti i fedeli che in qualunque dì dell’anno visiteranno la cappella della Salve pregando secondo le intenzioni del S. Padre. Le indulgenze accennate sotto li nn. 1, 2 e 4 sono applicabili eziandio alle anime purganti, a cui favore S. S. ha pure concesso, che sia privilegiato in perpetuo, e per tutti i giorni l’altare della Salve. … D’ordine di S. E. Rev.ma monsignor vescovo dev.mo obb.mo servitore can. F. Braggione canc. Alessandria 20 maggiore 1843. (68) Sul piano organizzativo una ragnatela di prolegomeni necessitanti per lo sforzo finanziario comportato dalla solennizzazione dell’avvenimento si era sviluppata in sottoscrizioni, offerte, lotterie. (69) Si provvide persino ad una medaglia commemorativa con l’effigie della B. Vergine della Salve – l’incisione in rame era stata affidata a Cesare Ferrero di Pavia ed il conio a C. Cerbara di Roma. Si celebra l’incoronazione Il 28 maggio 1843 si svolse la cerimonia dell’incoronazione – la corona aurea veniva a sostituire il diadema d’argento che era stato offerto dal can. Borgonzio nel 1761 – tra l’esultanza e l’entusiasmo generale della popolazione. Se ne colgono gli echi in questa pagina calda e appassionante: “ … Spuntava l’avventurato giorno di domenica, 28, destinato per la straordinaria solennità; non mai si vidde in addietro tanta folla per tutte le nostre strade; zeppa ne era quella che conduce alla cattedrale, per cui traeva la gente a contemplare lo sfarzoso addobbo; e veramente paravasi allo sguardo uno dei più magnifici spettacoli; ricchezza di tappezzeria con maestrevole buon gusto agli archi e ai pilastri adattata; quasi cento lampadari di cristallo pendevano in sei file a tre ordini, riflettenti vagamente i colori dell’iride; dal lato del vangelo dell’ara maggiore elevatasi maestosa e regale tribuna; da quello dell’epistola, un ampio palco per l’orchestra. In sull’ora decima antimeridiana incominciavano le sacre funzioni nella chiesa stessa. V’intervenivano S. M. colle … LL. AA. e col regale corteggio, S. E. il governatore collo stato maggiore, il regio tribunale di prefettura ed il corpo civico. Fra una scelta sacra melodia, diretta dal maestro Rossi, celebratasi il santo sacrificio della messa da S. E. Rev.ma monsignor vescovo di Vercelli, assistevano due vescovi di Acqui e di Mondovì, insieme ai parroci di questa città ed a molti altri capitolari e distinti ecclesiastici di altre diocesi, ai capitoli della cattedrale e delle due collegiate. Dal prefato ecc.mo celebrante pronunziatasi, dopo il vangelo, un’analoga, tenerissima ed eloquente omelia. Benedettasi l’aurea corona, e terminato il sacrificio, processionalmente verso la piazza Reale si avviavano le deputazioni delle confraternite tutte della città, i regolari dei conventi qui stabiliti, il clero secolare, i sei predominati vescovi, cui seguiva il venerando simulacro della B. Vergine della Salve portato dai confratelli di S. Giovanni decollato entro la ricca sua custodia; dietro se ne andavano la M. S. colle LL. AA. e la reale corte, il regio tribunale ed il corpo civico predetti. Chiudevasi la imponente edificante marcia da un innumerevole affollamento di devoti cittadini e forestieri. Pervenuta la processione sull’accennata piazza, attorniata dalle truppe del presidio, ove sorgeva un elegante tempietto d’ordine corinzio, in forma rotonda, colla tazza sorretta da otto svelte colonne, vi si schieravano in giro le confraternite ed il clero regolare e secolare; vi ascendevano per l’ampia gradinata S. M. colle AA. LL. e la reale corte ed i sei vescovi col clero ministrante; collocatavisi nel mezzo su di un basamento la sacra Effige, precedevasi al rito della incoronazione, compiuto il quale, fra un profondo raccoglimento, compartitasi ai mille e mille spettatori da S. E. monsignore nostro vescovo la benedizione papale. E si lasciava esposto alla pubblica venerazione lo stesso coronato simulacro che di nuovo doveva essere processionalmente portato nella cattedrale verso sera; lacchè dalla sopravvenuta pioggia fu impedito. Dopo l’incoronazione piaceva a S. M., accompagnato dalle AA. LL., di recarsi nel civico palazzo a vedervi i doni generosamente offerti, ed in copia, dalle pietose signore alessandrine per formare una lotteria in beneficio delle feste per la sacra cerimonia. Dopo i vespri ritornato alla cattedrale il ven.do simulacro della Vergine incoronata, e dopo un’omelia estemporaneamente detta dal zelantissimo vescovo di Mondovì, assisteva S. M. colle AA. LL., la reale corte e le autorità militari e civili alla benedizione del Venerabile. A un’ora di notte muoveva ognuno verso Piazza d’Armi a gioire dello spettacolo quivi preparato di fuochi artificiali, che venivano largiti dalla munificenza sovrana; per ampiamente adempiere al succitato cerimoniale, che li prescrive in siffatta solennità. Da un padiglione addossato all’arco trionfale che stavvi eretto al centro del lato a ponente, li miravano le LL. AA. RR. il duca di Savoia, il duca di Genova, il principe ereditario di Lucca, e S. A. S. il principe di Savoia Carignano, col loro seguito; sovra due palchi a fianco, trovavansi raccolte, in quello a destra le autorità militari, e nell’altro a sinistra le autorità civili. Ingegnoso lavoro di valenti artifiziari nel R. Arsenale di Torino, riuscirono di universale appagamento e con sempre crescente maraviglia simili fuochi di gioia, e quelli d’aria, ed il bombardamento, e le sfere giranti, e le volute, ed i capricci, e la gran giostra, e le ruote doppie, la grande cascata, il gran mosaico, e magnifica oltre ogni dire la illuminazione del tempio, rappresentante la incoronazione, soggetto della festa. Entravano alle undici ore S. A. R. il duca di Genova e l’A. S. S. il principe di Savoia Carignano, col loro seguito, nel teatro civico sfarzosamente illuminato a giorno, e dal palco reale si udivano lo Stabat Mater con musica del maestro Rossini, eseguita da sessanta cantanti, e da settanta instromenti, quelli diretti dal maestro Rossi, questi dal professor Gherbart, primo violino della regia cappella, ambi da Torino. Tra i capolavori del celebre pescarese, questo ormai risuonante sulle scene di tutta Italia, anche sulle nostre rapiva gli animi ad una insolita commozione, e in essi trasfondeva un religioso raccoglimento …”. (70) Ed il sovrano volle ancora presenziare, col duca di Genova, alla celebrazione del secondo anniversario dell’incoronazione. (71) Oltre che una tradizione di tradizione e di costume, la religione continuava a costituire un elemento di energie aggreganti delle idee e dei sentimenti ed essere una ragione di vita. Il ricordo della incoronazione rimase straordinariamente a lungo vivo in un alone affettivo. Tuttavia i risultati di tanti sforzi incominciarono in qualche modo ad essere neutralizzati dai guasti di dottrine scristianizzanti. Mons. Salvaj aveva osservato. “ … Epperò come il culto della Beata Vergine ebbe … maggiore impulso, e prese ad esplicarsi con sempre più crescente fervore, pari alla fiducia che si poneva nella sua protezione sempre invocata nelle pubbliche e private necessità, così il culto della divina eucaristia si radicò più profondamente pure, insieme con quello di Maria SS. negli animi degli alessandrini: il nome poi di città dei suffragi datosi ad Alessandria compendia ed esprime esso solo tutto ciò, che si può dire di una città in prova che in essa la fede cattolica vive e fiorisce in tutto il suo vigore. No, l’eresia non penetrò in Alessandria; e se pur troppo l’indifferentismo, piaga ah! quanto funesta dei tempi nostri, anche qui è riuscito a raffreddare, e ad agghiacciare troppi cuori, abbiamo però veduto anche all’età nostra, come questi cuori si scaldino, si infiammino felicemente al nome di Maria SS. della Salve, segno dunque evidente che la fede è sempre viva tra noi …”. (72) Ricostruzione della cappella della Salve Nel 1874 venne costituita l’Opera pei restauri della chiesa cattedrale – si trattò più di ricostruzioni che di restauri. (73) Su disegno del vercellese E. Arborio Mella, diresse i lavori l’ing. G. Ferrari d’Orsara. E. Arborio Mella, profondo conoscitore dell’architettura, romanico gotico in particolare, aveva un peso ben definito nella vita culturale della seconda metà dell’Ottocento in Piemonte, specialmente nell’opera di restauro e specialmente nel mondo cattolico. La cappella di Maria SS. della Salve fu rifatta dalle fondamenta e decorata dal pittore vercellese Carlo Costa, allievo del Mella stesso, e dal cav. C. Gamba. (74) Ci fu l’evidente preoccupazione di conservare organicamente sicuro un centro che idealmente esprimesse, anche secondo i principi ed i valori tradizionali, la locale comunità. Non a caso nel 1875 mons. Salvaj affidò la congregazione per le missioni diocesane alla protezione della Madonna della Salve: “Fra i più poderosi mezzi di santificazione da G. C. assegnati alla sua Chiesa destinata a continuare su questa terra la redentrice di lui opera va certamente annoverata la predicazione della divina parola, la cui stupenda efficacia preannunciata già nelle Scritture sante in antico, da Gesù Signore altamente proclamata, e dalla esperienza di oltre diciotto secoli tra ogni maniera di difficoltà comprovata, non cessa di manifestarsi in ogni luogo ed in ogni tempo meravigliosamente operatrice e benefica … Quindi è che compresi, come non potevano non essere, del bisogno per una parte, che si prova ogni dì maggiore di avere preti in ogni diocesi soggetti capaci di sostenere il peso di straordinarie predicazioni … fin dal primo nostro assumere il governo di questa diocesi esultammo nel Signore pel divisamento, in cui tosto intendemmo essersi venuto già nel nostro antecessore, di venerata memoria, di supplire a quel difetto … ed approviamo il Regolamento annesso al presente da noi sottoscritto … Capo I – 1. scopo di questa istituzione: … è di dettare missioni alle popolazioni della diocesi di Alessandria. Sotto il titolo di missioni si comprendono anche esercizi spirituali al clero e al popolo, conferenze spirituali, novene, ottavari, o tridui preparatorii alla visita pastorale … 2. la patrona primaria è Maria Santissima della Salve …”. (75) La solenne consacrazione della cattedrale fu celebrata il 25 aprile 1879 ed il 26 il nuovo altare di N. S. della Salve. (76) L’incendio del 1876 Durante i lavori il simulacro era stato provvisoriamente posto nella chiesa della SS. Trinità. Ivi nella notte del 30 aprile 1876 uno spaventoso incendio, provocato da una candela accesa, avvolse la custodia del simulacro. La violenza delle fiamme distrusse tutto quanto era intorno, la cassa d’argento nella quale era racchiuso, i cristalli che lo proteggevano, gli ori e gli argenti che lo adornavano. Non fu risparmiato lo stesso simulacro che rimase guasto e offeso nella superficie ed in alcune parti più sporgenti ma miracolosamente, benché di antichissimo e sottile legno, non intaccato nella sua sostanziale integrità. Sparsasi la voce di tanta sventura, una profonda costernazione invase gli animi di tutti e quando poi si seppe che i guasti causati erano facilmente rimediabili, per alcuni giorni fu lasciato esposto il simulacro per soddisfare al desiderio della popolazione di visitarlo e venerarlo. Anzi, il vescovo ed il capitolo della cattedrale chiesero al sindaco un “atto pubblico” di riconoscimento: “Monsignor vescovo e il capitolo di questa cattedrale avvisarono di permettere che nei giorni di giovedì, venerdì e sabato di questa settimana dalle nove alle undici del mattino il seminario fosse aperto a qualunque nostro concittadino che desiderasse constatare l’esistenza di V. Simulacro della Salve. Però affinché tale constatazione abbia pure un carattere ufficiale e giuridico non solo per i presenti, ma ancora per i futuri, monsignore e il capitolo pregherebbero la S. V. perché si faccia un atto pubblico coll’intervento di quelle persone che ella crederebbe di scegliere coll’apposizione de’ sigilli municipale, capitolare e episcopale …”. (77) In quel frangente affluirono abbondanti oblazioni di denaro e di doni: un prezioso cammeo fu inviato da S. S. Pio IX oltre ad una somma di L. 2.000. (78) La riapertura coincise con l’inaugurazione del monumento commemorativo del settimo centenario della vittoria di Legnano, presenti 12 vescovi, in massima parte delle città dell’antica Lega Lombarda. (79) Furono feste splendide e memorande. Nuovi riti liturgici Con l’occasione mons. Salvaj aveva proposto alla S. Congregazione dei Riti alcune modifiche al calendario diocesano per il culto della B. Vergine della Salve poiché “il desiderio … dell’uffizio e della messa propria si è fatto sentire più vivo, ne ho perciò affidata la compilazione al mio segretario can. Carlo Borgogno, il quale, procuratisi gli inni propri del defunto can. teol. Giulio Aiachini, si pose con grande amore e diligente studio alla ricerca delle antifone, dei responsorii, delle lezioni, e di tutte le parti della messa, che più sembrassero appropriate, ed atte ad appagare il sovraespresso desiderio; ed ora ho fatto rassegnare il tutto alla sacra Congregazione dei Riti, poiché trovatosi o ridottisi alle vere norme delle sapientissime leggi liturgiche, ce ne venga accordata l’approvazione. Il concetto dell’uffizio e della messa racchiude la protezione di Maria SS. verso Alessandria, e la corrispondenza degli alessandrini verso Maria. Le lezioni del I notturno, ci narrano il trasporto dell’arca santa, alludono alla riapertura della cattedrale ed al solenne trasferimento, che vi fu fatto, del simulacro di Maria SS. Quelle del II notturno contengono la storia del culto al miracoloso simulacro fino ai dì nostri e quelle del III notturno accennano propriamente a Maria SS. appiè della croce come ci è rappresentato dal simulacro medesimo …”. (80) Un secondo incendio Successivamente, nel 1925, un altro incendio si accese nella cattedrale, senza però danneggiare in alcun modo la cappella. Tuttavia la decorazione del Costa, nel 1930, venne modificata dal torinese prof. Boasso mentre il prof. Morgari sostituì i fondi panoramici con uniformità d’oro e mosaico. Ulteriori variazioni ed apporti furono dati dal rifacimento in marmo del pavimento in rovere di Slavonia per il locale destinato alla custodia del Simulacro, nel 1955. Immutato l’altare, che era stato dono dei conti Figarolo di Gropello. (81) Riprove, tutte, d’una devozione, ardentissima, forte, costante. Custodia del simulacro Anticamente il simulacro era racchiuso in una cassa o custodia di legno intagliato e dorato, munito di cristallo. Nel 1761 il canonico Macedonio Gallea, amministratore della cappella della Salve, propose che venisse costruita una nuova custodia d’argento. Alle spese concorse prima la nobiltà (e si distinse il marchese Vittorio Ghilini) e poscia tutta la popolazione della città, della diocesi e dle parrocchie tutte. Concorse anche lautamente la città di Tortona. Numerose quindi accorsero le oblazioni, in modo che poté venir fatta una cassa decorata di fiori argentei che dall’Ansaldi viene così descritta: “Sopra una base generale di argento sorgono ai lati coi loro zoccoli quattro colonne con le convenienti lesene; al di sopra posano gli architravi, e su questi si alzano svelti e ben curvi rovesci mediani, i quali si riuniscono attorno un globo dorato. Incassate sono entro le lesene ai quattro lati grandi scannellate cornici sostenenti tersissimi cristalli, che lasciano visibile il simulacro. Il tutto è in argento storiato ed ornato a fiorami dorati con magnifico disegno, eseguito con isquisitissima perfezione”. Nel 1797 il canonico cantore Ghilini fece appello alla popolazione. Ed essa, insime con il municipio, diede i mezzi necessari a costruire una magnifica corona d’argento da collocarsi sulla cassa, d’elegantissimo disegno, dorata nei suoi ornati. Nella fabbricazione di questa corona si impiegarono oltre cinquecento once d’argento. Inoltre si aggiunsero per opera dei devoti due grossi putti d’argento massiccio quasi sostenenti in atto bizzarro la corona. Il governo, pressato da urgentissima spesa nel 1793, aveva a prima vista computata la ricchissima cassa della Salve fra gli argenti delle chiese della stato da consegnarsi alle regie zecche. Ma mons. Pistone vescovo di Alessandria avendo fatta rimostranza per trattarsi della custodia di un venerato simulacro miracoloso, sommamente venerato dai popoli, revocò l’ordine di consegna. (82) Nella prospettiva di rinnovare le tradizionali disponibilità e solidarietà, la città di Tortona aveva effettivamente contribuito con una discreta somma: “… Per il che li suddetti signor congregati hanno dato a me can.re la commissione di rispondere alla suddetta lettera et hanno disposto L. 250 per la suaccennata nova cassa d’argento che si sta lavorando …” era stato anotato in data 2 dicembre 1760, dal cancelliere comunale. (83) Tessendo le lodi della B. Vergine della Salve nel giorno della sua incoronazione, Francesco Quaglia, dottore medico alessandrino, lasciò scritta questa preziosa testimonianza: “… Il di Lei simulacro che vi si venera è riposto in una magnifica cassa d’argento ornata di fogliami dorati e di cesellature di squisitissimo gusto, chiusa da tutti quattro i lati da larghi e bellissimi cristalli di un raro prezzo, e sormontata da un’ampia e bellissima corona pure d’argento, di un finissimo e mirabile lavoro e della maggiore ricchezza, sostenuta da due graziosi putti dello stesso metallo … voti d’argento e d’oro, e varie maniere di ricchezze e doni che lo zelo dei divoti han in ogni tempo offerto a questa gran Madre …”. (84) Su questo modello operò l’orefice alessandrino Antonio Testore che ricostruì la cassa, andata distrutta nell’incendio, e la ultimò nel 1877. È quella giunta a noi. Il gruppo statuario Non tutte le testimonianze pervenute sono concordi nel riconoscere che il simulacro sia uscito indenne dall’incendio del 1876. Riserve sono state fatte sul restauro, ad esempio per la scomparsa del colore nero del volto. (85) Eppure l’incarico era stato affidato allo scultore savonese Antonio Brilla, ben noto per la sua ricchissima produzione di statuaria lignea, prevalentemente a soggetto sacro, ed artista che per i suoi lavori “si preoccupava fondamentalmente che essi risultassero innanzitutto corrispondenti alle esigenze dei committenti ed alla funzione che dovevano assolvere, che era quella di alimentare la fede …”. (86) Per obiettività, non parrebbe lecito supporre che abbia proposto creativamente una propria visione tale da violare, anche solo per episodi minimi, il veemente realismo tardo medievale del gruppo statuario della Madonna della Salve. Si tratta cioè di un artista tra i cui compiti rientrava riproporre il contenuto religioso per lo slancio e la devozione dei fedeli e così “a suo modo conciliare l’arte e la propria spiritualità”. (87) Assumono particolare interesse le incisioni ante 1876, rarissime; tra le più antiche, quella del Cattaneo a memoria del suaccennato rifacimento della custodia del 1761: pur con qualche particolare d’invenzione – l’aureola sul capo di S. Giovanni, il drappeggio, a cadenza ritmica ed elegante delle pieghe ma di eccessiva ampiezza, della Madonna – risulta la puntuale descrizione di un soggetto sacro segnatamente popolare ed emotivo. Le altre sono quasi sempre riferibili all’anno della incoronazione, straordinario punto di riferimento per la riflessione e l’esaltazione della B. Vergine della salve nel secolo XIX. Ovviamente non si tratta di un tipo di antiquariato archeologico che si volesse restaurare nella fede della popolazione, ma di una più ricca circolazione della vita spirituale attraverso la possibilità di una approfondita meditazione. Dall’incisione a firma Le Boro 1843 – la stampa conservata è forse l’unico esemplare reperibile (88) – si ricava più marcato l’atteggiamento della Madonna accasciata sulle ginocchia; anche il suo volto, come quello di S. Giovanni, risulta più reclinato verso il basso. Varianti sono rilevabili a proposito degli adornamenti. Maggiore aderenza alla posizione della figura nel gruppo statuario come ci è giunto si riscontra nell’incisione di Baudolino Rivolta (1843) – la stampa che ha avuto grande diffusione e di cui sono numerose le copie. (89) Il gruppo statuario, a noi giunto, è in legno dolce, la figura della Madonna e quella di S. Giovanni sono vuote in gran parte dell’interno. La lisciatura del gesso che copre il legno, probabilmente sottesa da una fittissima rete di tela, consentiva più proficuo lavoro di pittura ed evitava screpolatura nella vernice, secondo i criteri in voga nel Medio Evo. Dovuto alla fantasia plastica di un ignoto artista, il gruppo statuario è ricco di densità di espressione e gravità di contenuto, malgrado un linguaggio semplice e alquanto rozzo. Vi è dentro, forza primaria, la fede della protezione materna della Madre di Dio. Il valore affettivo con cui l’artista ha compiuto il lavoro coincideva con gli accenti fondamentali della committenza – tutta gente povera, semplice, umile ma di fede intensa e con la componente emozionale di chi si sentiva partecipe della missione della Chiesa –: Maria mediatrice, regina e madre, così come è stato osservato “la statua raffigura Maria SS. al termine del dramma del calvario, quando è invitata dall’apostolo Giovanni ad andare in casa sua”, come dice il vangelo: “Il discepolo Giovanni portò Maria i casa sua (Gv 19, 27)”. Fa da sfondo la croce, senza il corpo del Signore che è già stato sepolto. Maria SS. è immersa nel dolore per la morte del Figlio Gesù. La persona di Maria è intimamente unita a quella del discepolo Giovanni per ricordare la proclamazione fatta da Gesù sulla croce di “Maria Madre della Chiesa”, (90) così da derivarne una genuina espressione di arte popolare lontana dalla tipologia più comune. Anche l’arte si commisura con il momento storico. Vitalità della pietà mariana Già agli inizi del ‘600 l’alessandrino p. Filippo Ferrari aveva pubblicato due manuali per guidare l’esercizio delle pratiche religiose: “De anulo pronubo Deiparae Virginis” e “Officium B. M. V. in sabbato cum suis lectionibus”. Nel corso del tempo la fedeltà alla tradizione spirituale, oltre che a quella dogmatica, continuò ad essere ritenuta una esigenza irrinunciabile, anche nel senso eteronomico, particolarmente nel secolo XIX per le condizioni di estrema difficoltà causate dalla natura delle innovazioni in un periodo molto contraddittorio e confuso. La predicazione delle festività liturgiche e delle speciali solennità della B. Vergine della Salve venne normalmente condotta con spiegazioni di carattere moralistico, indulgenti più a motivi sentimentali e alla ragione del cuore che a temi teologici e dogmatici, con frequenti reminiscenze vetero e neo testamentarie, letterario-retoriche e accademiche. Ricchissima, ci è giunta solo qualche testimonianza e tuttavia molto significativa. (91) All’altare della B. Vergine della Salve continuò anche una intensa vita sacramentaria né mancarono esempi di presenze eccezionali: ci fu don Bosco tutto ardore di apostolato educativo, con lo spirito soprannaturale e la salva umanità di cui circondava la sua attività sacerdotale e apostolica: “… Il sabato mattina, 18 ottobre (1862), d. Bosco andò a salutare in duomo la Madonna della Salve, con tutti i suoi allievi …”; (92) ci fu p. Leone Dehon (fondatore della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore – Dehoniani) che, nei suoi itinerari di esplorazione ai luoghi pii – gli accendevano entusiasmo ed erano solido nutrimento alla sua spiritualità che ebbe la inaspettata gioia di pregare all’altare della B. Vergine della Salve: “ … Mi fermai ad Alessandria, contando di venerarvi una reliquia importante: il bastone di S. Giusppe. Fui deluso. Non so più dove si trova questo bastone. Ma io non ho perso il mio tempo, perché vi scoprii là una Madonna che mi ha rapito: è la Madonna della Salve. È una statua o piuttosto un gruppo in legno. La Vergine è d’una stupenda bellezza. È la madre del dolore sostenuta da S. Giovanni. Si trova su un trono d’argento è coperta di gioielli e di pietre preziose. Ella ha fatto innumerevoli miracoli ed è una delle più popolari d’Italia. Un canonico ha messo tutta la sua gentilezza per farmela visitare”. (93) L’associazione di S. Maria della Salve Di fronte alla dissoluzione del modello sacrale della società causata dalle trasformazioni sociali mons. Salvaj con decreto del 10 aprile 1885 eresse la “Pia Associazione sotto il titolo ed all’altare di Maria SS. della Salve speciale protettrice di Alessandria”, su istanza dell’arciprete d. Carlo Iachino già avanzata nel 1991: “Le molte istanze fattemi da ogni classe di persone, perché io volessi promuovere la Associazione in onore e col titolo della B. Vergine della Salve, nostra veneratissima Patrona, mi furono di facile stimolo a compiere un mio vagheggiato e caro proposito di ricorrere all’Eccellenza vostra Rev.ma affinché si degni di erigere amorevolmente la invocata Associazioni, ed approvarne il Regolamento che unisco a questo ricorso. V. E. Rev.ma conosce a prova quanta sia la devozione e quanto l’amore degli alessandrini verso la loro Madre pietosissima, la Vergine Maria della Salve. La piena fiducia in Lei degli avi de’ padri non si è svigorita nei figli e nei nipoti; anzi per la durata dal tempo infinito a noi essa andò sempre più crescendo in loro mirabilmente cosicché non vi è ormai né prospera, né malvagia ventura che non li spinga ai piedi del miracoloso simulacro a portar tributo di riconoscenza, od a supplicar patrocinio …”. (94) Tema portante l’Associazione fu la devozione mariana, attinta al magistero autentico della Chiesa, preghiera e meditazione ne costituirono gli altri temi basilari. I membri dovevano rispettare un codice religioso e morale più esigente, l’Associazione doveva essere uno strumento di proposta di riflessione e di scandagli coscienziali; norme e consigli di ascetica pratica non aderivano comunque ad una stretta concezione individualistica delle devozioni e delle forme di pietà. Questo è il sunto del regolamento della Pia Unione: 1. I fedeli dell’uno e dell’altro sesso fanno parte della Pia associazione; e diconsi soci effettivi: si possono pure iscrivere persone care a loro insaputa, non che i defunti; e questi sono soci partecipanti. 2. L’Associazione ha un consiglio di amministrazione composto di un direttore che è l’arciprete parroco della cattedrale, e d’un priore e sotto priore, d’una priora e sotto priora, nominati fra gli associati a maggioranza di voti in una adunanza che avrà luogo ogni anno nella prima settimana dopo Pasqua … 3. Per ciascuno degli associati, all’atto della sua iscrizione, si corrisponderà l’offerta di centesimi 25: i soci effettivi poi pagheranno centesimi 10 all’anno per contribuire alle spese della cera in tutte le feste di Maria SS.; per provvista di un cereo da offrirsi nel giorno della sua principale solennità, per la celebrazione di una santa messa funebre in suffragio degli associati defunti, una volta all’anno, il primo giorno libero dopo la solenne novena … 4. Le feste proprie dell’associazione sono: la solennità di Maria SS della Salve (domenica seconda dopo Pasqua), l’anniversario del miracoloso simulacro (domenica dopo l’incoronazione, le feste di Maria addolorata (venerdì di passione e domenica terza di settembre), la festa di S. Giovanni Evangelista (27 dicembre). Sono inoltre considerate come proprie dell’associazione, tutte le feste maggiori, o minori, di Maria SS.; ed il giorno 24 di aprile, anniversario del miracoloso sudore del simulacro. 5. Le funzioni che si celebreranno in particolare modo per l’associazione, sono: la messa della comunione generale nelle feste suaccennate, la benedizione con SS. Sacramento nelle sere dei giorni in cui è esposto il simulacro, una conferenza mensile all’altare dell’associazione. 6. Si faranno cara premura gli associati di frequentare le suddette funzioni per implorare il trionfo della S. Chiesa, la conservazione della fede, la conversione dei peccatori; di intervenire alle funzioni in cu si portasse il miracoloso simulacro, ed alla solenne novena. Come pure di assistere alla messa e benedizione all’aurora di tutti i sabati; al canto della Salve ed alle Litanie che si eseguisce dal Rev.mo capitolo ogni sabato dopo il coro della sera; all’esercizio del mese mariano, ed alla recita del S. Rosario seguito dalla benedizione, che ha luogo ogni giorno sia festivo, sia feriale. 7. Ogni associato avrà di mira di perfezionare se stesso nell’adempimento dei religiosi doveri, e di promuovere la osservanza ne’ propri dipendenti, invigilando specialmente in tempo opportuno, che i fanciulli ricevano il S. sacramento della cresima, e gli infermi il SS. viatico. Inoltre porterà l’abitino, o la medaglia della Madonna della Salve, ed in onore di essa reciterà ogni giorno la Salve Regina colla giaculatoria “Maria SS. della Salve, speciale patrona e regina, pregate per noi”. Infine si farrà un caritatevole dovere di pregare per gli associati infermi ed, in caso di morte, di suffragarne l’anime con un “De profundis”, o con una “Salve Regina”. Profonda devozione nel popolo Non è stato possibile seguire la capillarità della penetrazione di queste istituzioni nella vita sociale della diocesi – va però ricordato che esistevano numerose confraternite, sorte per lo più con ordini religiosi e con attività e contenuti ideali diversi – ma certo dovette essere concretizzata una discreta rete di solidarietà tra i devoti della B. Vergine della Salve. Ed alla Madonna della Salve, Madre e Regina, tutto il contado alessandrino continuò a chiedere protezione e soccorso: nel 1887: “ … quando avvenne quella scossa di terremoto di tanta violenza ed estensione, pari alla quale non si ha memoria che sia mai accaduta tra noi, al racconto delle sciagure e rovine, che tornarono altrove immense, incalcolabili, orribili, ci siamo meravigliati che la nostra città e i nostri paesi siano scampati pienamente immuni da quel disastro, non dubitammo di reputare questo favore alla protezione della Vergine della Salve; sicché pieni di riconoscenza e di affetto ci siamo stretti compatti attorno al Simulacro di Lei e ringraziarla in tanto numero, che nessuno ricorda l’eguale, e con tale espansione di affetto, che parve superare la nostra medesima aspettazione …” aveva testimoniato mons. Salvaj. (96) E quasi sotto la spinta di pulsioni collettive due anni prima – 1 luglio 1885 – egli stesso si era rivolto al S. Pontefice per perorare ulteriori indulgenze, a suscitare rinfrancate energie e impegni generosi: “Beatissimo Padre, in questa chiesa cattedrale si venera con culto speciale un antichissimo simulacro di Maria SS. della Salve, decorato nel 1843 della corona d’oro del rev. M. Capitolo vaticano. I Sommi Pontefici vostro predecessori, Gregorio XVI e Pio IX, accordarono che si celebrasse l’anniversario dell’incoronazione con rito doppio maggiore; la 2 domenica dopo Pasqua a doppio di prima classe con ottava; e finalmente completava la grazia coll’approvazione dell’intero offizio e proprio della messa propria, che io avevo proposto alla S. C. dei Riti per tale solennità. In onore della B. Vergine della Salve si celebrano in questa cattedrale le seguenti funzioni: 1. ogni sabbato, in aurora, messa all’altare della B. Vergine della Salve con esposizione e benedizione del SS. sacramento; 2. ogni sabbato, dopo l’ufficiatura corale della sera, il capitolo canta all’altare della B. Vergine della Salve l’antifona Salve Regina od altra, secondo i tempi, e le Litanie Lauretane; 3. ogni giorno dell’anno, in cui ricorre una festa di Maria SS. si espone il simulacro nella propria cappella; come pure nel giorno 24 aprile, anniversario del miracoloso sudore del Simulacro, avvenuto nel 1489; e nel giorno 27 dicembre, festa di S. Giovanni evangelista, la cui figura è unita a quella della B. Vergine rappresentata appresso la croce, nelle braccia del diletto apostolo; 4. ogni anno la 2 domenica dopo Pasqua si celebra la solennità di Maria SS. della Salve con esposizione del ven. Simulacro ai cancelli dell’altare maggiore, con grande apparato, e vi rimane esposto per tutta la novena che qui si celebra successivamente alla solennità. In questa solennità ha luogo di buon mattino la messa per la comunione generale; poi le funzioni pontificali mattino e sera, e la processione generale col trasporto del simulacro. In tutti i giorni della novena si canta messa solenne; alla sera ha luogo ogni giorno la predica e quindi si impartisce solennemente la benedizione col SS. sacramento. Tanto nel giorno della festa quanto in tutto il corso della novena è grandissimo il concorso dei fedeli a venerare Maria SS.; alla sera poi, fin a tarda notte, questo concorso è veramente straordinario, e peri tempi che corrono veramente consolante. Quest’anno poi, dietro analogo ricorso del can. arciprete parroco della cattedrale, avvalorato dal voto del rev.mo capitolo medesimo, ho eretto canonicamente sotto il titolo e all’altare della B. Vergine della Salve una Pia associazione; e questa fu accolta con tanto fervore, che in pochi giorni gli aggregati sorpassarono di gran lunga il migliaio. Non ostante la gran devozione che qui si ha alla Madonna della Salve, non mi consta che siasi mai fatto ricorso alla S. Sede per ottenere anche maggiore alimento alla pietà col tesoro delle sante indulgenze. Per aderire pertanto ai desideri espressimi, e per sentimento mio proprio porgo umili e riverenti suppliche alla S. V. perché si degni di favorire la divozione, che qui si professa alla B. Vergine della Salve colla concessione di indulgenze sia in genere per coloro che visitano la cappella della B. Vergine e prendono parte alle funzioni che si fanno in di lei onore, sia in particolare per gli aggregati alla Pia associazione; e così indulgenza plenaria nelle forme consuete della Chiesa per tutti coloro che confessati e comunicati visiteranno la B. Vergine della Salve nel giorno della sua primaria solennità (1 dom. dopo Pasqua od in un giorno della successiva novena; nell’anniversario dell’incoronazione del miracoloso simulacro, ed in tutti i giorni fra l’anno sacri a Maria SS.; nel giorno di aprile anniversario del miracoloso sudore del simulacro (24 aprile 1489); nel giorno 27 dicembre, sacro a S. Giovanni evangelista. Indulgenze parziali per coloro che prendono parte alle funzioni che si celebrano in onore di Maria SS. della Salve e si recano a visitarla nei giorni indicati …”. (97) Ovviamente, il culto alla B. Vergine della Salve era ben radicato pure tra il clero. Quando anche per la diocesi alessandrina venne costituita la celebre “Unione apostolica del clero” – 7 marzo 1895, superiore fu eletto il teol. can. Enrico Jachino – il circolo diocesano venne posto “sotto il nome e la protezione di Maria SS. della Salve”: doveva essere un centro di ispirazione, di sostegno e di irradiazione, all’insegna di una comune aspirazione di intensa vita religiosa e spirituale. (98) Il senso della presenza della Madonna della Salve nella vita contemporanea della diocesi In termini celebrativi ed in termini organizzativi sul finire del XIX secolo le tappe che indicano le connotazioni di iniziative postulanti una forte animazione spirituale, momenti di viva e positiva commozione religiosa, furono la ricorrenza del quarto centenario del miracoloso evento del simulacro (1889), del primo cinquantenario dell’incoronazione della Madonna della Salve, la solennizzazione per il secolo nascente, nell’auspicio della B. Vergine della Salve. E gli ultimi anni dell’800 furono in Alessandria specialmente ricchi sul piano socioculturale, con pensati incidenze sul campo religioso ecclesiale. Per la già ricordata celebrazione del quarto centenario del prodigioso sudore della Madonna della Salve si tennero feste solenni nei giorni 4-5-6-7 maggio 1889. Così il Berta descrisse l’avvenimento: “Vi intervennero dieci Vescovi, meno il metropolita mons. Fissore morto improvvisamente dopo d’aver accettato l’invito; ma ecco, nell’ultimo giorno delle feste giungeva da Roma l’annunzio telegrafico dell’assunzione a metropolita di mons. Pampirio Vescovo d’Alba presente alle feste; qualcun altro mancò per indisposizione. Le accoglienze e la maestà del corteggio fu quale si praticò nelle feste per l’apertura del duomo restaurato (1879); e come già per l’incoronazione della Madonna della Salve si era provvisoriamente il presbiterio ed ora si fece lo stesso ma in modo stabile per far posto ai vescovi ed alle rappresentanze capitolari e del clero. Il tempio era riccamente addobbato e forse più sfarzosamente che non per le feste dell’incoronazione (1843), in quanto almeno sovrabbondarono i lampadari, circa 80. La letizia era universale, e cosa mirabile non si ebbe a lamentare parola od atto discorde malgrado la trionfante miscredenza, onde in nostro vescovo che ne stava in qualche pensiero fu poi fuori di sé per la gioia della riuscita in ogni parte soddisfacente. Persino il tempo mantenutosi in avanti piovviginoso, nei tre giorni delle feste fu favorevole, aspettando al mercoledì a dar sfogo al suo contegno in pioggia dirotta tutto il giorno con meraviglia di qualche anticlericale. E veramente lo spettacolo ricordava i bei tempi nei quali la religione non era astiata dalle sette, e dalle autorità loro schiave; spettacolo commovente veder giungere pellegrinando da tutti i paesi della diocesi, ed anche di qualcheduna estera ripartitamente nei tre giorni confraternite e sodalizi di uomini e di donne con loro croci e stendardi inalberati cantando issi e salmi devotamente. Nella processione generale della domenica si contavano ben 22 croci e 12 stendardi. Anche in questa occasione, come in quella della coronazione, si coniarono medaglie commemorative, e di più alla stato diffuso della fotografia si poté mandare all’avvenire un esemplare dello stato in cui si presentava il duomo e la cappella della Salve per opera del nostro fotografo …”. (99) Ma tale qualificante forma di partecipazione alla vita religiosa non tardò ad essere indebolita soprattutto per motivazioni legate agli impulsi delle passioni politiche contingenti. Il 12 maggio 1893: “ … Ancora un altro giubileo, il cinquantenario della coronazione della B. Vergine della Salve; oggi venerdì i primi vesperi pontificati da mons. vescovo di Acqui, presenti i vescovi di Tortona, di Bobbio e d’Alba, il duomo sontuosamente addobbato dai genovesi. Sabbato è celebrante l’arcivescovo di Genova il quale all’offertorio ricevette le solite oblazioni di cera delle parrocchie e di alcuni sodalizi e confraternite tra le quali tre foranee. In occasione di questo primo cinquantenario della incoronazione avvenuta (1843) VI domenica dopo Pasqua, si stabiliva che la festa solenne celebratasi fino qui alla domenica in Albis con successiva novena avesse ad esser trasferita in perpetuo in questa seconda domenica con successiva ottava con tutte le altre esteriorità, come processione generale, offerte di cera … Nel terzo giorno cioè alla domenica, 14, predicava e pontificava l’arciv. di Torino mons. Riccardi, presenti altri sette vescovi. La processione del pomeriggio fu proprio generale avendovi preso parte molte confraternite e sodalizi foranei, che già di buon mattino erano accorse in pellegrinaggio, come numerosa fu la gente del contado: alla sera splendida illuminazione della facciata e della piazza del duomo a bicchierini colorati. Il municipio non diede segno di vita essendo tutto occupato … e anche la cittadinanza non rispose convenientemente all’appello per l’illuminazione, che riusciva insignificante, sia per la comune indifferenza o per paura della faccia di clericale, che per taluni più che paura suona spavento, e più di tutto al disuso in cui sono venute simili manifestazioni presso i privati …”. (100) Forse era la dimensione emotiva di talune esteriorità dovute alle incrostazioni di una tradizione secolare che stava cedendo, di certo non era l’esigenza di una chiara identità cristiana che stava mutando. Proprio negli anni in cui più robustamente si consolidarono il dottrinarismo della civiltà borghese e le teorie socialistiche si svolse la stagione della vita alessandrina forse è più eccezionalmente ricca di santi; sotto la protezione della Madonna della Salve madre Michel guardò al mondo degli infermi e degli anziani ed il canonico Stornino all’educazione dei giovani. La Madonna della Salve continuò a significare la presenza di una inconfondibile e insopprimibile dimensione religiosa, entusiasmante per la centralità della fede. Anche nell’emergere di nuovi valori sociali la popolazione della diocesi, quali che fossero le condizioni esterne della sua esistenza, ha conservato i suoi momenti di incontro con la sua Madonna e le celebrazioni liturgiche si sono sempre più consolidate col fluire degli anni. Nella prima metà del sec. XX, durante la quale dure prove e tempeste si erano scatenate sul cielo politico nazionale e mondiale, il mondo popolare cattolico in diocesi è stato attratto dai valori della acculturazione patriottica solo in rari, più cruciali momenti. I cattolici si sentirono preoccupati e mobilitati in sostegno della loro fede e degli interessi religiosi ma, ovviamente, anche attratti dai problemi politici secondo il clima culturale che esprimevano per tradurre indicazioni e tendenze di forze morali, compito impegnativo e complesso nella fluidità delle situazioni. Così nel 1928, per la progettazione di nuove volontà di lotta e di poter dare il proprio apporto di lievito necessario a sostegno delle classi meno abbienti, era sorta in città la “Piccola opera della Salve” (101) intanto che una simultanea affermazione della vita spirituale sublimava il particolare momento religioso della solennità della Madonna della Salve: “ … I giovani avevano osservato che ogni anno durante l’esposizione del simulacro della Madonna della Salve nel solenne ottavario dopo Pasqua, i fedeli accorrevano in modo imponente in duomo; e a tutte le ore del giorno istituti, congregazioni, parrocchie non lasciavano senza guardia orante la Madonna. Nelle ore di notte invece il simulacro restava solo sotto la cupola; si pagavano alcuni uomini a vegliare … dormendo dopo avere vuotato alcune bottiglie. I giovani compresero tutta l’opportunità di questa guardia poco devota e vollero impegnare le loro associazioni a mantenere a turno nelle notti dell’ottavario la guardia d’onore con un programma di preghiere, di meditazioni, di canti, che meglio del vino tenessero alto lo spirito. Ai giovani si aggiunsero presto gli uomini di A. C., i terziari, i vincenziani cosicché la veglia notturna, con finale messa e comunione continua ancora presentemente … “. (102) Nel 1929, ricorrendo il primo cinquantenario della consacrazione della cattedrale, si era tenuto il congresso mariano diocesano con tre giornate di studio, di un certo rilievo per la modernità di apertura ad interpretare la fede anche come ispirazione di cultura e di impegno sociale, al dibattito sui mutamenti socio-culturali in atto come momenti di ricerca e di confronto. (103) Soprattutto incisive, nella drammaticità degli eventi in cui erano svolte, le ricorrenze del primo centenario dell’incoronazione della Madonna della Salve, dall’8 al 17 maggio 1943 quando la quasi totalità della popolazione cittadina, spettatrice impotente di una tragica realtà, bisognosa oltre, e più, che dell’aspetto organizzativo dell’aspetto sacramentale della carità, si rivolse ancora una volta alla Madonna della Salve quasi che dal suo altare si diffondesse una dimensione di pace, di solidarietà e di spiritualità. La celebrazione del 9 maggio 1943 non fu solo una testimonianza di tanta ricchezza spirituale ma anche di riferimenti strutturali religiosi che si erano inseriti radicalmente nella realtà civile: “Il simulacro della Madonna della Salve ha percorso le vie principali della città in un tripudio di fedeli. Il violento uragano di pioggia e di vento ha ceduto di schianto nel momento stesso in cu doveva uscire la nostra Patrona; così la manifestazione del grandioso corteo di oltre diecimila persone acclamanti si è svolta pienamente. Il tempo incerto fino all’ultimo momento non ha permesso l’afflusso consueto dei fedeli dai paesi. La circostanza però ha fatto risaltare una cosa: che i cittadini non temono concorrenza ed il loro amore alla Madonna non è secondo a nessuno … Entusiastica la partecipazione delle associazioni cattoliche con vessilli e stendardi; assai numeroso il clero, fittissime le due ali di popolo orante e acclamante al passaggio del ven. simulacro … Il ven. simulacro è entrato nell’ampio e maestoso tempio, accolto dal saluto grandioso dell’organo e dal canto festoso di una folla enorme. L’Ecc. mons. vescovo con il cuore commosso … fa erompere un grazie affettuoso alla cara e potente nostra Patrona, che saprà, come sempre, ottenerci sante vittorie spirituali. Poi imparte la benedizione eucaristica che ripete sulla porta della cattedrale per la messa dei fedeli, che non aveva potuto trovare posto in chiesa. Il primo centenario dell’incoronazione della Madonna della Salve è stato ricordato con una solennità degna dell’antica e granitica fede dei nostri padri. La giornata era cominciata con un crescendo consolante di ininterrotte S. comunioni e con il pontificale del nostro presule diocesano …”. (104) Il 16 maggio si concluse la funzione dell’ottavario: “ … Come manifestazione esteriore emerge la predicazione dell’Ecc. mons. Angrisani, vescovo di Casale Monferrato. Se gli anni passati il duomo era gremito in quest’anno la sua alta, profonda e pia parola ha affascinato un’altra folla, che, densa, ha gremito anche la vasta piazza della cattedrale e ha convinto moltissimi individui ad ascoltare la sua appassionata predica … Nelle manifestazioni esteriori certamente non dimentichiamo l’affluenza enorme di popolo alle funzioni ed alla predicazione, cui si è già accennato. Ma si deve collocare in primo piano quelle delle offerte di oltre 3.000 bambini e del pellegrinaggio di penitenza della gioventù femminile di A.C. … Sono bimbi sulle braccia della mamma o fanciulli presi per mano dal babbo, che offrono l’innocenza alla Madre dell’innocenza, alla donna dei dolori, essi che non comprendono ancora la bellezza della propria innocenza, essi che ancora non conoscono il tormento del dolore …”. (105) Così si comprende anche la dimensione simbolica della grande gioia esplosa alla fine del conflitto mondiale quando la resa delle truppe tedesche di stanza nel nostro contado venne trattata in cattedrale con gli esponenti del locale C. L. nei giorni 26-27-28 aprile 1945: (106) l’avvenimento, inquadrato con netta precisione e rilievo storico sotteso da animoso entusiasmo non a caso si richiamò alla Madonna della Salve da cui parve necessario essersi lasciati guidare. Sotto la spinta di motivazioni spirituali e, per taluni aspetti, di suggestione ideologica del tradizionalismo religioso, nel 1948, dal 7 marzo al 23 maggio, si svolse la Peregrinatio Mariae; in occasione dell’anno mariano indetto da P. Pio XII così si celebrò la solennità della Salve il 2 maggiore 1954: “Gli alessandrini hanno fatto sì che la Madonna della Salve avesse in quest’anno centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata, manifestazioni più grandiose di omaggio e di affetto. Le vicarie vengono in pellegrinaggio a turno e nell’ottavario tutte le parrocchie della città gareggiano nel frequentare la cattedrale tramutata in santuario della Vergine. Nella notte gli uomini di A. C. si danno il turno con i giovani per la veglia. Domenica mattina fu una continua pasqua dei fedeli per le molte comunioni e le messe continue. Mons. vescovo che aveva già inaugurato l’ottavario della sera precedente, presiedette a tutte le solenni cerimonie. Durante la messa accettò le offerte delle parrocchie, nel pomeriggio intervenne alla processione. La messa fu cantata dai 150 pueri cantores delle scuole De Amicis, diretti dal prof. Don Ponzano e dal m. Maestri. Questa iniziativa, dovuta alla direttrice prof. Bobbio, fa sì che Alessandria possa contare su un folto gruppo di piccoli cantori che, crediamo, si distinguerebbe anche tra le migliaia di ragazzi delle corali di ogni nazione che costituiscono una vera internazionale di arte e di armonia. Alla processione del pomeriggio parteciparono pellegrini di paesi che di solito non vengono alla festa annuale. Interminabile teoria di oranti attraverso le vecchie vie della città e, come già altre volte, dovette fermarsi e stringersi perché – nonostante il lungo tragitto – la testa del corteo doveva già rientrare in duomo quando il Simulacro non ne era ancora uscito. Folla enorme di gente faceva ala; notammo le case più addobbate delle altre volte; anche il palazzo del Governo era addobbato; il palazzo del popolo alessandrino era squallido come una steppa russa. La Madonna fu accolta in cattedrale con le acclamazioni e con gli inni mariani cantati dalle imponenti masse giovanili. Ogni giorno nuovi pellegrini di fedeli si affollano presso il trono mariano; alla sera il p. B. Raschi minore conventuale dice, con distinta e devota facondia, le lodi della Madonna …” (107) Ma soprattutto significative furono le celebrazioni tenute dal 22 al 28 aprile 1985 allorché si svolse la grande settimana della Salve e di S. Pio V e si trattò, alla riscoperta delle radici profonde e autentiche della fede del popolo della nostra diocesi, di riconsiderare la storia da cui veniamo, non per scatenare effimere reazioni emotive ma per capirne lo spirito e tradurlo in atto con coerenza: un forziere di tanta ricchezza spirituale. Si coglie finalmente l’entusiasmo della cronaca di quelle giornate: “L’adagio tradizionale ‘pochi rumori fra il Tanaro e il Bormida’ è stato smentito la scorsa settimana nella celebrazione del solenne Ottavario in onore della Madonna della Salve con la presenza in cattedrale delle spoglie di S. Pio V. L’Ottavario si è snodato per tutto l’arco della settimana con un programma ricco di celebrazioni e di richiami per tutte le età e le classi sociali. Al mattino gli studenti delle scuole medie superiori hanno celebrato la loro Pasqua, numerosi e attenti, composti e compresi guidati nella riflessione da don Andrea Gemma. Per tutte le sere dell’Ottavario le zone pastorali della città e del forense si sono susseguite in pellegrinaggio in cattedrale per partecipare alle solenni celebrazioni eucaristiche presiedute lunedì 22 dal nostro vescovo, martedì 23 aprile dal vicario generale dei padri domenicani p. Venturino Alce, mercoledì dal card. Anastasio Ballestrero arcivescovo di Torino, giovedì da mons. Edoardo Rovida nunzio apostolico in Svizzera, venerdì 26 dal neo cardinale Luigi Dadaglio. Folta la presenza dei fedeli e numerosa la partecipazione ai sacramenti. Nel corso delle mattinate era poi la volta dell’omaggio alla Madonna degli alunni delle scuole elementari della città …” (108) E il 28 aprile alla conclusione della processione, il cardinale G. Ratzinger si espresse in questi termini : “ … Ringrazio di cuore tutti gli alessandrini che hanno partecipato a questa celebrazione. Il nostro comune pensiero è oggi particolarmente rivolto alla Madonna della Salve. L’immagine (la mater dolorosa” – la madre piangente – sostenuta dall’apostolo Giovanni) ricorda la scena riportata dal Vangelo di Giovanni (19, 25-27): “Gesù … vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quell’ora egli l’accolse nella sua intimità”. Giovanni, il discepolo amato, che rappresenta tutti noi, accoglie di buon animo l’ultima volontà del suo Signore. Egli introduce nella sua casa, nella sua intimità, fra i suoi beni più preziosi, Maria, la madre di Gesù, il dono ultimo e conclusivo che Cristo gli offre. Maria in quest’immagine sta piangendo: perché sta piangendo? Perché ella si trova presso la croce di suo figlio. Ella partecipa dunque intimamente alla sofferenza di Gesù. Gesù, suo figlio, dà la sua vita nell’obbedienza al Padre, ma non è un destino facile; Gesù ha dovuto combattere con la sua volontà umana prima di abbandonarsi fiduciosamente alla volontà del Padre. E Maria partecipa di tutto questo, lo vive profondamente, ella è la madre del Signore. Perciò piange. Ma questo pianto ci rivela tutta la sua grandezza, la sua importanza nella storia della salvezza: Maria in qualche modo ha condiviso il mistero della croce, il mistero di questa obbedienza del Figlio, che ci ha redento. Già alle nozze di Cana, Maria aveva detto a suo Figlio: ‘non hanno più vino’, e poi ai servitori ‘fate tutto quello che vi dirà’. Ella aveva cioè compreso la necessità della gente, ed aveva cercato di renderli disponibili ad accogliere il dono del Signore, la rivelazione della sua gloria. Anzi aveva anticipato in qualche modo la loro piena disponibilità dicendo: ‘fate tutto quello che vi dirà’. Maria è la nostra madre, perché anticipa le nostre necessità e le nostre suppliche, ma insieme la nostra fede e la nostra disponibilità. Maria, nostra madre, che rigenera continuamente i discepoli alla fede, è qui accolta dal discepolo prediletto come il tesoro più prezioso. Noi tutti che qui veniamo, sappiamo che Gesù ce l’ha data quale madre, perché come Giovanni, la accogliamo nel nostro cuore, la portiamo nel nostro intimo, la custodiamo come la presenza della parola del Signore in mezzo a noi”. (109) Per tutte queste celebrazioni si ebbero anche pubblicazioni di meditazioni e di preghiere, tra loro organicamente legate, secondo abitudini mentali e pratiche ben radicate tra i fedeli. E oltretutto, il culto della Madonna della Salve era poi rientrato persino nella aneddotica giovannea. A pellegrini alessandrini in S. Pietro una volta PP. Giovanni XXIII ebbe a chiedere bonariamente notizie di un canonico ‘alto alto’; lo ricordava bene: quando, tanti anni prima in visita al duomo di Alessandria si era indugiato davanti all’altare della Madonna della Salve, fattesi le ore 12 si era sentito sollecitare l’uscita … dal canonico così solerte nell’orario! Col correre del tempo il richiamo alla B. Vergine ha conservato una forte attrattiva, la partecipazione ai riti ha assunto un più marcato significato sociale e comunitario; nei mutamenti vorticosi della società contemporanea le esperienze fatte mostrano il resistere di una certa coerenza tra fede e vita ed il configurarsi di un rapporto fecondo con le realtà religiose anche da parte degli immigrati. Per le celebrazioni dell’anno mariano 1988, per la diocesi mons. Maggioni vescovo di Alessandria ha osservato: “ … mi pare bello fare un accostamento. Il Papa unisce la celebrazione dell’anno mariano con la celebrazione del millennio del battesimo di S. Vladimiro, che è posto alle radici del cristianesimo diffusosi man mano nei territori della Russia. Anche per noi la celebrazione dell’anno mariano sia connessa con la celebrazione del millennio della devozione della Salve …”. (110) E l’anno mariano 1988 non è stato un fuoco di cui sono rimaste solo le ceneri. Colti i segni dei tempi, gli avvenimenti sono guardati in prospettiva. Note (Lanzavecchia) 1. R. Besutti, Pietà e dottrina mariana nell’Ordine dei Servi di Maria nei sec. XV e XVI, Marianum, Roma 1984, p. 85 2. Testo in M. G. H. Auctorum antiquissimorum. Hannoverae 1878, t. 7 p. 194. Saturnius Crispinus, Daria sono in riferimento a Pavia; Maurus, Eusebius, Quintus a Vercelli; Octavius, Adventor, Solutor a Torino. Magno Felice Ennodio, nativo forse di Arles, nel 513 fu eletto vescovo di Pavia e morì nel 521. Di lui sono rimaste 297 lettere, 28 discorsi, 172 poesie, parecchi opuscoli. “Ennodio mescola sacro e profano, curando con gli artifizi della retorica l’espressione di un pensiero per lo più povero e smorto” (A. Ristagni) 3. M. Ruggiero, Storia del Piemonte, Piemonte in bancarella, Torino 1983, p. 32. Cf anche F. Alessio, Le origini del cristianesimo in Piemonte, in ‘Studi sulla storia del Piemonte avanti il Mille’, Pinerolo 1908; P. Brezzi, Barbari, feudatari, comuni e signorie fino alla metà del sec. XVI: l’azione assistenziale e civile dei vescovi, in ‘Storia del Piemonte, Torino 1960, I°, pp. 162-165; G. Goggi, Per la storia della diocesi di Tortona, I, Tortona 1963 (su S. Marziano p. 47 ss). 4. Cf F. Maccono, Storia del santuario di Crea, Casale M. 1981, p. 9. S. Eusebio, nativo della Sardegna, dal 345 circa fu vescovo di Vercelli. Ortodosso, antiariano, fu esiliato da Costanzo in Palestina, poi in Cappadocia e infine nell’Alto Egitto. Rientrò in patria nel 361, essendo imperatore Giuliano. Morì nel 370 o 371. 5. Cf F. Maccono, ib. 6. Cf M. Ruggero o.c. p. 33. Interessante anche l’osservazione sulla raffigurazione mariana secondo cui “ … Per la verosimigliante interpretazione delle Madonne nere nell’antropoformismo etnografico s’antepose … un simbolismo ideologico in virtù del quale, giusta l’ipotesi espressa dall’abate Clement ed accolta dall’accademico Huysmans, gli artisti religiosi di quell’epoca prettamente simbolica … (nel) nigra sum sed formosa del canto biblico, nell’ufficio mariano che scorge la B. V. pulcra, speciosa, formosa, che la giudica pulcherrima inter mulieres, che la venera omnium pulchritudinum pulcherrima pulchritudo”. L. Gualino, La Madonna nera, estratto da L’illustrazione biellese, agosto 1936, p. 11. 7. Sancti Ambrosii epist., LXII in Migne Patrologiae, t. XVI, col. 1218, P. L. Turnholt 1966. Sant’Ambrogio nacque a Treviri verso il 339. Il padre perfetto delle Gallie, lo inviò ben presto a Roma per consentirgli una preparazione di alto livello: già verso il 370 Ambrogio fu nominato governatore della provincia di Liguria ed Emilia, con sede a Milano. Quivi il popolo – morto il vescovo Assenzio filoariano – lo acclamò a succedergli, nel 373. Ambrogio fu uno studioso geniale, predicatore di straordinaria efficacia, autore di trattati dogmatici ed ascetici, di lettere e di poesie. Curioso di tutti gli aspetti della realtà, si preoccupò soprattutto di essere di guida al suo popolo. 8. G. Nicodemi, S. Ambrogio e la formazione dell’arte liturgica, in Ambrosiana. Scritti di storia, archeologia e arte, pubblicati nel XVI centenario della nascita di S. Ambrogio, CCCXL – MCMXL, Milano 1942, p. 275. 9. Cf B. Campora, Capriata d’Orba e la strada di Francia, in Rivista di storia, archeologia e arte della provincia di Alessandria, S. III, 1919, pp. 201-214; F. Pezza, Il tracciato romano della via Francisca, Torino, Anfossi 1927; A: Settia, Strade romane e antiche pievi fra Tanaro e Po, in Bollettino storico bibliografico subalpino, LXVIII, 1970, pp. 5-108. 10. G. Duby, L’economia rurale nell’Europa medievale, Bari, Laterza 1966, p. 16. 11. A. Solmi, L’amministrazione finanziaria del regno italico nell’alto medio evo, Biblioteca della Società Pavese di Storia Patria, Pavia 1932, pp. 12-14. 12. Cf in proposito V. Polonio, La diocesi di Alessandria e l’ordinamento ecclesiastico preesistente, in Rivista di storia, archeologia ed arte per le province di Alessandria ed Asti, LXXVIII – LXXIX, 1969-1970, pp. 565-576; G. Fiaschini, La fondazione della diocesi di Alessandria ed i contrasti con i vescovi acquesi, in Rivista di storia …, pp. 497-512. Più in generale, per un ulteriore approfondimento dell’argomento, si rinvia ai saggi di F. Pezza, cui sono debitore di queste osservazioni. 13. Testo in L. A. Muratori, Antiquitates italicae medii aevi, Mediolani MDCCXXXVIII, col. 595. 14. G. Pistarino, Dalla pieve alla cattedrale nel territorio di Alessandria, Alessandria 1978, p. 22 15. G. Pistarino, o. c., p. 24 16. 16 Cf F. Pezza, L’ordine mortariense e l’abbazia mitrata di S. Croce, Milano 1923, p. 9 17. Cf C. D. Fonseca, Le canoniche regolari riformate dell’Italia nord-occidentale. Ricerche e problemi, in Monasteri in Alta Italia dopo le invasioni saracene e magiare (sec X-XII). Relazioni e comunicazioni presentate al XXXII congresso storico subalpino. III convegno di storia della Chiesa in Italia, Pinerolo 6-9 settembre 1964, Torino 1966; L. M. Lo Schiavo, Da Mortara a Fregionaia. Annali dal 1083 al 1405, Napoli 1985, p. 185; F. Pezza, L’espansione mortariense nel monferrato e nell’alessandrino, in Alessandria, a. III (1935) n. 11, p. 12 e ss.; C. Ceschi, Architettura romanica genovese, Milano 1954, pp. 149-150. 18. F. Gasparolo, Monumenta alexandrina, Archivio di S. Maria di Castello, Roma 1896. Più in generale, per la chiesa di S. Maria di Castello: G. Leale, Della chiesa di S. Maria di Castello, Alessandria 1887; L. Mina, Della chiesa di S. Maria di Castello in Alessandria, Piccone Alessandria 1904; V. Guerci, La chiesa di S. Maria di Castello e i suoi restauri, in Bollettino storico biografico subalpino, a. XXIX 1927, pp. 127-148. 19. Cf in proposito l’autorizzazione concessa dal sindaco di Alessandria a F. Peretti, che l’aveva richiesta, per ridipingere la effigie della B. V. della Salve nella casa di sua proprietà in strada S. Lorenzo, mns. In Archivio di Stato di Alessandria, Archivio storico Comune di Alessandria, n. 1801. 20. Card. Federico Borromeo, De pictura sacra, a cura di C. Castiglioni, Sora 1932, pp. 92-94. Il card. F. Borromeo (1564-1631) arcivescovo di Milano dal 1595, fu attento e solerte riformatore del clero. Fondò numerose accademie e la celebre Biblioteca ambrosiana. La diocesi di Alessandria diventò suffraganea dell’archidiocesi di Vercelli il 16 novembre 1819 (bolla Paternae charitatis di Pio VII). 21. F. Niccolai, Note sulle consuetudini di Alessandria del 1179, Giuffré, Milano 1939, p. 32. 22. F. Gasparolo, Notizie e documenti per la storia della Madonna della Salve venerata in Alessandria, in Rivista di storia, archeologia e arte per la provincia di Alessandria, 1931, p. 455. 23. In F. Ansaldi, Notizie storiche del miracoloso simulacro della B. Vergine della Salve venerata nella Cattedrale di Alessandria, Alessandria 1837, p. 45 24. F. Ansaldi, o. c. pp. 18-19. 25. A. Tempera, Il linguaggio della pietà mariana negli ex voto. Testimonianze romane. Ricerche sulla religiosità popolare, EDB, Bologna 1972, p. 5. 26. Lettera pastorale di S. E. Mons. Vescovo di Alessandria ragguardante alla prossima coronazione di Maria SS. della Salve, Alessandria, p. 3. 27. Notae historicae repertae in quodam antiquo codice can. Gabrielis Chiabrera Praepositi capituli aquensis, in G. B. Moribondo, Monumenta aquensia, II, Torino 1790, col. 273 (è una cronica scritta da parecchi membri della famiglia Zabrera o Chiabrera; il primo scrittore è certamente il medico Giovanni Zabrera o Chiabrera, morto nel 1498. Egli cominciò a scrivere nel 1476 …); F. Savio, Indice al Moribondo, Alessandria 1900, p. 257. 28. G. Ghilini, Annali di Alessandria, vol. 4, a cura di Bozzola, Piccone, Alessandria 1903, II, pp. 67-68. 29. C. S. Brambilla, La chiesa di Vigevano, Milano 1669, pp. 18-19. Vescovo di Vigevano fu mons. P. G. Odescalchi (1564-1620) che era stato nominato alla sede di Alessandria nel 1599 e trasferito a Vigevano nel 1610. Tra le sue sollecitazioni pastorali fu privilegiato soprattutto il culto alla Madonna: “Ogni sabato si recava in duomo per partecipare coi canonici al canto della Salve Regina”; A Capriolo – A. Rimoldi – L. Vaccario, Diocesi di Vigevano, Brescia 1987, p. 30. Molto diffuso fu il suo Istituto di devozione ad honore della Beatissima Vergine Maria da esercitarsi quindici giorni avanti la Quaresima, con alcuni discorsi che servono a promuovere lo steso Istituto, Milano 1620. 30. Lettera pastorale per la quaresima del 1889. Feste centenarie in onore di Maria Santissima della Salve patrona della città”, Guazzetti, Alessandria 1889, p. 8 31. L. Burgonzio, Le notizie storiche in onore di Maria Santissima della Salve, Alessandria 1738, p. 24 32. L. Burgonzio, o. c. pp. 27-28. 33. A. Chenna, Del vescovato dei vescovi e delle chiese della città e diocesi di Alessandria, Alessandria 1786, II, p. 36. 34. La Salve regina attribuita a Ermanno (+ 1054) oppure a Bernardo di Chiaravalle, è l’inno dei cristiani alla regalità di Maria. Fu cantato dai crociati alla presa di Gerusalemme. 35. F. Ansaldi, o. c. p. 47. 36. Cf Testo a stampa in A.C.V.A. Doc. Ep. 37. F. Ansaldi, o. c. p. 63 38. Cf testo mns. In A.C.V.A. Doc. Ep. 39. F. Ansaldi, o. c. pp. 58-60; L. Burgonzio, o. c. pp. 50-51. 40. F. Ansaldi, o. c. pp. 61-61 41. F. Ansaldi, o. c. p. 51. 42. Cf mns. In A. S. A. – Archivio storico comune di Alessandria, s. III, 1804. 43. Cf mns. In Archivio Capitolare, Fund. Erct. Benef, tomo unico n. 20 e 34. 44. F. Ansaldi, o. c. pp. 56-57, 80. Mons. F. Arborio di Gattinara, barnabita, fu nominato vescovo da PP. Clemente XI, su preghiera del principe Carlo Enrico di Vaudemont governatore di Milano. Fece solenne ingresso in Alessandria il 29 settembre 1706. “ … travagliosi furono i primordi del suo vescovado: in quei giorni tedeschi e piemontesi, sotto il comando del principe Eugenio di Savoia, andavano a mettere assedio a quella città di cui impadronivansi dopo l’orrendo scoppio di una polveriera …”; L. A. Muratori, Annali, t. XII. 45. F. Ansaldi, o. c. p. 81. 46. L. Burgonzio, o. c. pp. 28-29. 47. Cf Abbozzo di relazione della vittoria del palio di corsa di Asti ad onore della B. Vergine della Salve (1763) mns. in Archivio Capitolare Alessandria, t. II, miscellanea n. 151. 48. Cf F. Ansaldi, o. c. p. 36. 49. Cf F. Ansaldi in F. Gasparolo, o, c. pp. 460-469. Il rubbo equivaleva a kg 7,92. 50. Cf R. Lanzavecchia, La Chiesa alessandrina nell’età napoleonica, Rivista di storia arte e archeologia per le provincie di Alessandria e Asti, a. XCI (1982), p. 16. 51. Cf elenco in F. Gasparolo, o. c. pp. 474-475. Alla cappella della Madonna della Salve erano anche legati dei redditi, così come li denunciò il p. Nicolao Molinari alla visita pastorale di Mons. De Rossi, nel 1760: “ … Li redditi sono … primieramente stanze tre civili e due rustiche con metà della stalla e due portici comuni, quali sono la metà della cascina situata nella valle di S. Bartolomeo alla collina detta la Colombara più cortile, pozzi due e forno pur comune. Campi avvignati moggia misura piccola sette … campi arativi in due pezze moggia undici detta misura piccola …” (mns. in A.C.V.A., Visita pastorale De Rossi, n. 14) 52. I disegni sono conservati in A.S.A., cart 2261 (quelli della cappella ai nn. 299-310) 53. F. Ansaldi, o. c. p. 20. 54. Cf F. Gasparolo, o. c. pp. 480-481. 55. Marmorista fu C.A. Sartorelli e stuccatore A. Cattaneo. La documentazione è stata pubblicata da F. Gasparolo, o. c. pp. 484-485. 56. F. Ansaldi, o. c. p. 21. 57. I testi in F. Gasparolo, o. c. pp. 486-487, La notizia del testo inciso è in copia di lettera di mons. P. G. Salvaj a PP. Leone XIII, del 21 giugno 1883, mns. In A.C.V.A. doc ep. Mons. Pietro Giocondo Salvaj nacque a Casale Monferrato il 21 aprile 1815. Si laureò in teologia ed in ambe leggi e fu Provveditore agli studi per la provincia di Cuneo. Nel 1859 venne nominato rettore del seminario diocesano di Alba e nel 1863 vicario generale della diocesi albese. Eletto vescovo di Alessandria, fece il suo solenne ingresso in diocesi il 22 marzo 1873. Morì nel 1897. Sull’argentiere alessandrino M. Ceresa, cf A. Bargoni, Mastri orafi e argentieri in Piemonte dal XVII al XIX sec., Centro studi piemontesi, Torino 1976, p. 8. 58. Cf F. Maggioni, Lettera pastorale 1988, La Voce alessandrina, 19 maggio 1988, n. 10. p. 11. 59. Mons. A. D. Pasio (S. Gillio presso Torino 25 aprile 1781 – Alessandria 26 novembre 1854) fu l’unico piemontese che si laureò in teologia all’Università di Torino in epoca napoleonica, quando era richiesta l’accettazione dei quattro punti del gallicanesimo per quel corso di studi. Fu Vescovo di Alessandria del 1833, dopo che mons. D’Angennes era stato traslato alla sede di Vercelli. Insegnò filosofia morale all’Università di Torino (fu lui a tenere il discorso per la laurea del Gioberti il 9 gennaio 1823); come presidente della Riforma ebbe il merito di aver fatto riaprire il Collegio delle Province, chiuso nel 1822 dopo i moti dell’anno precedente, e di aver chiamato ad insegnare metodo a Torino Ferrante Aporti. 60. D. Pasio, Lettera pastorale, 30 settembre 1842, p. 2. 61. Per la storia della Consolata di Torino, si rinvia a P. Buscalioni, La Consolata nella storia di Torino del Piemonte e dell’augusta dinastia Sabauda, Torino 1938; per l’incoronazione, p. 387; per la storia del santuario di Belmonte si rinvia a F. Maccono, Il santuario di N. S. di Belmonte, Casale Monferrato 1936; per l’incoronazione pp. 64-65; per l’incoronazione di N. S. delle Rocche, santuario di Molare (diocesi di Acqui) si rinvia alla lettera circolare del 10 luglio 1823 del vescovo di Acqui mons. C. Sappa dei Milanesi, msn. in A.P. Masone (Genova). 62. D. Pasio, Lettera pastorale, 30 settembre 1842, p. 7. 63. Cf Creazione della Commissione officiosa per la solenne incoronazione della B. Vergine della Salve, mns. A.C.V.A. 64. Ib p. 1 65. Mns. A.C.V.A., Doc ep. 66. La corona aurea era riservata ad immagini della Madonna più celebri per antichità di culto e per molteplicità di grazie e favori. La spesa era coperta in pio adempimento di un legato del conte A. Sforza Pallavicini. La scelta era di competenza del Capitolo di S. Pietro in Roma. 67. Testo a stampa, mns. A.C.V.A. 68. Testo in Creazione della Commissione officiosa per la solenne incoronazione della B. Vergine della Salve, mns. A.C.V.A. p. 9. Ivi anche la dichiarazione di PP. Gregorio XVI in Perpetuo Privilegiato quotidiano dell’altare della Salve: SS.mus D.nus Nr Gregorius PP. XVI in supraenunciata ecclesia benigne declaravit Privilegiatum Quotidianum prefatum Altare pro omissis, quae in eodem a quocumque sacerdote in suffragium fidelium defunctorum celebrabuntur, dummodo in ipsa ecclesia nullum aliud altare simili indulto jam decoratum existat … Datum Romae … die 6 maji 1843. 69. F. Gasparolo, o. c. pp. 510-511. 70. Gazzetta Piemontese, 19 giugno 1843. Carlo Alberto aveva affrettato il ritorno dalla Sardegna, ove si trovava, per assistere alla festa con i figli Vittorio Emanuele, Ferdinando e coi principi di Carignano e di Lucca. Anch’egli donò una coppia di lampade votive, opera dell’argentiere Angelo Maria Vedani; A. Bargoni, o. c. p. 250. 71. G. Berta, o. c. p. 116 72. G. Salvaj, Lettera pastorale per la quaresima 1889. Feste centenarie in onore di Maria SS. della Salve patrona della città, Alessandria, Guazzotti, p. 18. 73. Opera dei restauri della chiesa cattedrale di Alessandria. Regolamento, Guazzotti, Alessandria 1874. Titolo primo – scopo dell’opera – sua costituzione) – Art. 1. L’opera dei restauri della chiesa cattedrale di Alessandria è costituito allo scopo di raccogliere i mezzi necessari per tali restauri e provvedere alla loro attuazione. Essa sarà durativa sino al suo compimento e finale liquidazione. Art. 2. L’opera è retta da una Commissione di diciassette consiglieri sotto la presidenza effettiva di monsignor Vescovo e la presidenza onoraria del sindaco di Alessandria … 74. E. Arborio Mella (1808-1884) curò i restauri del duomo di Casale Monferrato, Alba, Ventimiglia, Susa, Acqui, Saluzzo, Covone, Chieri … progettò in Torino le nuove chiese del S. Cuore di Gesù, in collaborazione con C. Reviglio della Venaria, e di S. Giovanni Evangelista. Autore di numerosi trattati di architettura, di disegno e di geometria descrittiva, lasciò inoltre descrizioni di battisteri antichi, monografie di antichi edifici. Fu membro di molte accademie. Partecipò attivamente all’Opera dei congressi, di cui tenne la presidenza per la sezione arte cristiana, per lungo tempo. Per le benemerenze nel campo dell’arte nel 1875 Pio IX lo aveva nominato cavaliere dell’Ordine di S. Silvestro. Cf G.G. Ferria, Commemorazione del conte E. Arborio Mella, Torino 1884; E. Pistoni, Torino mezzo secolo di architettura 1865-1915, Torino 1969. C. Costa (1826-1897) fu per 35 anni professore di disegno all’Istituto di Belle Arti di Vercelli. Si era specializzato nella decorazione sacra, lavorò per le chiese di Santhià, Rivoli, La Morra, Covone, Tronzano, Sciolze, Lavoretto, Susa, Palestro, Borgo S. Martino, S. Benigno, Monza, Alassio, Cremona ecc. Trattò pure la pittura di paesaggio. Cf AA.VV., Ricordando gli scomparsi. Nel 50° anniversario della fondazione dell’Istituto delle Belle Arti di Vercelli, Vercelli 1904, pp. 21-24. 75. Regolamento della pia Congregazione della Salve e di S. Paolo della Croce per le missioni diocesane di Alessandria, Alessandria 1875, Guazzotti. 76. Salvaj, Lettera pastorale del 16 aprile 1879, Annunzio della solenne consacrazione della chiesa cattedrale, Alessandria 1879, Guazzotti. 77. Cf lettera al sindaco di Alessandria del 7 maggio 1876, a firma dell’arciprete del duomo, mns. in A.C.V.A. doc. ep. 78. Minuta di lettera indirizzata da mons. Salvaj a PP. Leone XIII, 22 giugno 1993, mns. in A.C.V.A. doc. ep. 79. Cf AA.VV., Riapertura della restaurata cattedrale, Alessandria 1879. 80. Minuta di lettera di mons. Salvaj all’Em.mo Card. Luigi Bilio per raccomandargli l’approvazione dell’Uffizio e Messa in onore di Maria SS. della Salve, 19 giugno 1883, in A.C.V.A. doc. ep.; PP. Leone XIII accordò l’autorizzazione e mons. Salvaj nella lettera pastorale per la quaresima del 1893, Cinquantenario dell’incoronazione di Maria SS. della Salve, Alessandria 1893, Guazzotti, p. 24 ricordò appunto: “ … Giovatevi altresì di questo tempo di grazie e di misericordia per continuare nelle preghiere, che già vi ho raccomandato, pel santo Padre Leone XIII, il quale coll’elevazione di rito concessa alle feste di Maria SS. della Salve, coll’approvazione dell’Uffizio proprio in onore di Lei, colle copiose indulgenze accordate ai suoi devoti ne aumentò il culto …”. Analogamente già in epoche più remote erano state fatte concessioni dai pontefici; cf. “Vero modo di visitare le quattro chiese destinate in Alessandria per pigliare il Santo Giubileo concesso dalla Santità di N. S. Benedetto XIV …”, Alessandria nelle stampe di I. Vimercati, 1751; C. Borgogno (Barolo 1841 – Alessandria 1902) dapprima assistente nel seminario di Alba, poi segretario di mons. Formica vescovo di Cuneo ed infine segretario di mons. Salvaj dal 1872. Di stile facile e forbito, scrisse la vita di S. Stanislao Kostka e curò la ristampa del saggio dell’Ansaldi sulla Madonna della Salve, con molte aggiunte. 81. Cf. Anonimo, La Salve: sempre Alessandria la Vergine esaudisce, s. a. 1988, pp. 5, 15. 82. F. Gasparolo, o. c. pp. 247-248 e relativa documentazione a pp. 470-471. 83. In Atti della città di Tortona, anni 1758-1761, mns. in Archivio Storico della città di Tortona, Biblioteca civica. 84. F. Quaglia, Le laudi di Maria Vergine della Salve nella solenne sua incoronazione il 28 maggio 1843, Novi 1843, Moretti, p. 9. 85. G. Amato, Il ven. simulacro della B. Vergine della Salve, Alessandria 1952, p. 6. 86. Cf F. Tiglio, Antonio Brilla, scultore savonese dell’800, in Sabazia n. 4, 1988 p. 10. 87. F. Tiglio, o. c., p. 16. Opere del Brilla sono reperibili in quasi tutte le città e i paesi dell’Alta Italia, ma anche in America Latina. Nel 1887 illustrò i Sacri misteri del Rosario nel santuario di Crea. Cf M. Gustavano, Un artista eccezionale. Memorie d’arte e domestici affetti, Savona 1917; F. Noberasco, Artisti savonesi, Savona 1931. 88. Stampa in A.S.A, Archivio storico del comune di Alessandria, s. III, 1804. 89. Riproduzione della stampa in G. Amato, o. c. p. 11. 90. F. Maggioni, La Madonna della Salve, L’Osservatore romano, 9 settembre 1987. 91. La raccolta più interessante fu pubblicata in Alessandria, L. Capriolo, Orazioni sacre dette nella chiesa cattedrale di Alessandria per la incoronazione di Maria SS. della Salve celebrata addì 18 maggio 1843; Omelie di mons. D’Angennes, arcivescovo di Vercelli, p. F. Minini, gesuita, p. C. M. Lolli, barnabita, d. E. Proli, canonico della cattedrale. Della omelia di mons. D’Angennes si riporta il paso sull’episodio alessandrino, poco noto, di Vittorio Emanuele I, caduto l’impero di Napoleone (tutta l’omelia esprime, nell’orizzonte storico del tempo, l’unione del sentimento religioso con quello patriottico): … Confesso però la verità, che in tanta esaltazione di tutti gli animi tremo di dover ricordare cose d’infausto dolore; pire affinché non paja di dover pagare con enorme ingratitudine un beneficio immenso, parlerò. Erano giorni di pianto e di desolazione senza fine. Cacciati i Principi dalle loro regge, i vescovi dalle loro sedi, le vergini dai oro chiostri; atterrati i templj e gli altari, convertiti in usi profani i santuari, pareva o che il mondo dovesse andare in sobbisso, o dissolversi da capo a fondo la società o cercarsi la religione in climi più umani stanza più queta e tranquilla. Tali erano le dubitazioni di molti, e fors’anco tale la poca fede di qualcuno; ma tale, o piissimi alessandrini, tale la vostra fede non fu. La fede vostra fu sempre che per intercessione della gran Vergine sarebbero cessati i dolori, cessate le angosce, e la lunga durissima tribolazione cessata anch’essa. Né credeste, né speraste invano. La grazia fu tanto più prodigiosa in quanto che, giusta l’antivedere umano, i vostri patimenti erano per durare molto di più. Sorgeste in un attimo, come chi dagli orrori del sepolcro è chiamato dall’onnipotenza di Dio a vita novella e dell’antica infinitamente più dolce. Tornarono in onore i vostri templi, al loro scaglio i vostri re, alla antica sede i vostri vescovi. Vittorio Emanuele, che piissimo era e santissimo principe, a pie’ di questo portentosissimo simulacro si dichiarò debitore alla gran madre di Dio del suo ritorno in patria e della riconquistata corona …”, pp. 16-17. 92. G. B. Lemoyne, Memorie biografiche del venerabile Servo di Dio don Giovanni Bosco, Torino 1907, VII p. 288. Per la visita fatta da Napoleone III si rinvia a La voce alessandrina, a. LXXI, n. 17, 27 aprile 1950. 93. Dal diario di p. Leone Dehon, quad. II, p. 1104, 3 dicembre 1890. Leone Dehon (18431925) assetato di vita interiore e desideroso di consacrarsi più interamente all’amore del Cuore di Gesù in spirito di riparazione, nel 1887 fonda la Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani); quando Leone XIII pubblicò la Rerum Novarum divenne il più ardente propagatore della dottrina sociale cristiana. Scrisse Il manuale sociale cristiano (1894) Le direttive politiche e sociali dei Papi (1897) Il catechismo sociale cristiano (1898). 94. Lettera non datata, mns. A.C.V.A. doc. ep. 95. Copia del testo in mns. A.C.V.A. doc. ep. 96. P. G. Salvaj, Lettera pastorale per la quaresima del 1889, pp. 13-14. 97. P. G. Salvaj, Ricorso alla S. S. per la concessione di indulgenze in onore della B. Vergine della Salve, 1° luglio 1885, mns. A.C.V.A. doc. ep. 98. Cf Registro dei verbali della Unione apostolica, mns. A.C.V.A. 99. Cf G. Berta, o. c., pp. 248-249. 100. Cf G. Berta, o. c., p. 262. Mons. Davide dei Conti Riccardi (Biella 1883 – Torino 1897) consacrato vescovo di Ivrea nel 1879 e traslato a Novara nel 1886, fu promosso arcivescovo di Torino nel concistoro del 14 novembre 1891; fu valido fautore dell’Opera dei Congressi in Piemonte. Mons. G. Marello (Torino 1844 – Savona 1895) consacrato vescovo di Acqui nel 1889, fondatore della Congregazione degli oblati di S. Giuseppe; Mons. G. F. Re (Bottigliera d’Asti 1848 – Alba 1933) consacrato vescovo di Alba nel giugno del 1890, improntò la sua opera soprattutto nello sviluppo del movimento sociale cattolico. Mons. G. B. Porrati (Castellazzo B.da 1825 – Bobbio 1902) consacrato vescovo di Bobbio nell’agosto 1880 ; Mons. I. Bandi (Zeme 1847 – Toprtona 1914) dapprima vicario generale della diocesi di Vigevano, consacrato vescovo di Tortona nel settembre 1890, fu attivissimo in seno al movimento sociale cattolico ligure piemontese e lombardo. 101. Cf La libertà, a. VIII, n. 15 dell’11 aprile 1929. La Piccola opera della salve “offre gratuitamente e con spirito di carità cristiana consiglio e tutela a qualsiasi persona del popolo che ad essa si rivolga per i bisogni religiosi, morali, civili, della vita quotidiana (art. 1) È a disposizione della Giunta diocesana di azione cattolica per conferenze (con proiezioni), giornate sociali, pellegrinaggi …”. 102. Cf C. Torriani, Uomini di buona volontà, Alessandria 1957, p. 114. 103. L’arciprete mons. Dogliosi trattò su Maria SS. della Salve e gli alessandrini … considerando che nella protezione della B. V. della salve sta il segreto della prodigiosa salvezza non soltanto spirituale ma anche materiale e persino sociale del popolo alessandrino, d’interesse non soltanto religioso ma anche civile; che la devozione alla B. V. della Salve è il più prezioso retaggio lasciatoci dagli avi nostri ma che non può o non deve però contentarsi né di forme sentimentali né di sporadiche manifestazioni a getto e a scadenza annuale … L’avv. Barale di Torino trattò su Maria e l’azione cattolica: Il Congresso invita la giunta diocesana a proclamare Maria SS. della Salve patrona dell’azione cattolica diocesana; invita i cattolici ad appoggiare la Piccola opera della Salve segretariato dei parroci, dei poveri e dell’azione cattolica … Parteciparono mons. G. Montanelli arcivescovo di Vercelli, mons. Bartolmasi vescovo di Pinerolo, mons. G.A. Scapardini arcivescovo di Vigevano, mons. Milone vescovo di Alessandria, La libertà, a. VIII, n. 16 del 18 aprile 1929 e succ. nn. 17 – 18. 104. Cf La voce alessandrina, a. LXIV, n. 19 del 13 maggio 1943 105. Cf La voce alessandrina, a. LXIV, n. 20 del 20 maggio 1943 106. Cf C. Torriani, o. c. pp. 174-175. 107. Cf La voce alessandrina, a. LXIV, n. 18 del 6 maggio 1954. 108. Cf La voce alessandrina, a. CVI, n. 18 del 4 maggio 1943 109. ib. 110. Rivista diocesana alessandrina, a. XXXIX, n. 2, ottobre 1987, p. 8.