Società di Studi politici
Scuola di alta formazione dell’istituto italiano per gli Studi Filosofici
umanesimo e Rinascimento
5
Angelo poliziano
Gentile Becchi
la congiura della verità
introduzione, commento e cura di Marcello Simonetta
traduzione di Gerardo Fortunato
la scuola di pitagora
editrice
Questa collana è promossa dalla Società di studi politici ed è diretta da
Gerardo Fortunato
copyright © 2012 la scuola di pitagora editrice
piazza Santa Maria degli Angeli, 1
80132 Napoli
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iSBN
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Printed in Italy - Stampato in italia
iNdice
introduzione
Nota biografica su Angelo poliziano
Nota biografica su Gentile Becchi
Nota al testo del Commentarium Pactianae coniurationis
Nota al testo della Florentina Synodus
11
35
39
49
51
Angelo poliziano
coNiuRAtioNiS coMMeNtARiuM
56
Cronaca della congiura dei Pazzi
Gentile Becchi
FloReNtiNA SyNoduS
Il sinodo fiorentino
90
Appendici documentarie
171
cronologia sintetica dall’elezione di Sisto iV
all’inizio della guerra dei pazzi
193
Angelo PoliziAno, La Congiura dei Pazzi
gentile Becchi, Il Sinodo fiorentino
ogni cosa dissolve morte
luigi Pulci a lorenzo de’ Medici, 1471
o Siena cholonbaia di pazzi
dove ti vegho io per dar fede a papa Sixto brodaiolo di Roma.
o Siena chaterva di ghaglioffi, e che soqquadro se’ ttu
per chredere al chonte d’Urbino chapitano!
Benedetto Dei, lettera a Siena dell’anno 1479
intRoDUzione
1. La congiura della verità
Domenica 26 aprile 1478, durante la messa post-pasquale celebrata nel Duomo di Firenze, lorenzo e giuliano de’ Medici furono aggrediti da due drappelli di assassini: mentre lorenzo scampò miracolosamente all’assalto, giuliano stramazzò sotto una scarica di colpi efferati. Poliziano, poeta e amico dei fratelli Medici, ne contò diciannove,
contemplando con orrore il cadavere del venticinquenne iulio che giaceva immerso nel suo sangue, miserabilmente martoriato. era l’epifania dell’impotenza letteraria: le sue incompiute Stanze per la giostra, iniziate per giuliano nel 1475, non celebravano ormai altro che la morte
dell’eroe.
il Commentarium Pactianae coniurationis fu composto nelle settimane immediatamente successive alla congiura, e divenne la necessaria
conclusione prosaica dell’abortito progetto poetico. la struttura del
Commentarium è piuttosto semplice, in apparenza: Poliziano introduce
i congiurati, uno ad uno: prima i sette principali, in una sorta di ordine simmetrico – tutti cittadini fiorentini; poi i tre forestieri (sicari in
pectore di lorenzo); i due altri membri della famiglia Pazzi indirettamente coinvolti, e infine napoleone Franzesi (l’unico che scamperà
alla sistematica rappresaglia medicea):
12
Marcello Simonetta
congiurato
Ritratto
Azione
Morte/esilio*
______________________________________________________________
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
Jacopo Pazzi
Francesco Salviati
Francesco Pazzi
Jacopo Salviati
Jacopo Bracciolini
Jacopo Salviati
Bernardo Bandini
giambattista da Montesecco
Antonio da Volterra
Stefano da Bagnone
Renato Pazzi
guglielmo Pazzi
napoleone Franzesi
3
4-5
5-7
8
9
10
10
11
11
11
12
12
12
16, 26, 28-29
17, 25
18, 26
17
17, 25
17
18, 21, 22
17
17
17
33, 39
29
29
29
27
29
34
34
34
34
33
34*
34-35*
i tredici congiurati sono tutti descritti con tratti negativi presi in
prestito da Sallustio, con una certa monotonia stilistica1. Sono degli
automi di cattiveria e perversione, motivati o dall’ambizione o dall’avarizia. Un accenno alle ciceroniane Tusculanae Disputationes apre un
altro scenario filosofico: Francesco Pazzi è «ad excandescientiam proclivis»; il termine tecnico è ripreso dal catalogo delle libidines prodotte dall’umore iracondo, la bile gialla: «Quae autem libidini subiecta
sunt, ea sic definiunt, ut ira sit libido poeniendi eius, qui videatur laesisse iniuria, excandescientia autem sit ira nascens et modo exsistens,
quae thumosis graece dicitur, odium ira inveterata, inimicitia ira ulciscendi tempus observans, discordia ira acerbior...» (cic. Tusc. iV, 9, 21:
«le passioni che rientrano nella libidine si definiscono così: l’ira è la
libidine di punire chi crediamo che ci abbia ingiustamente offesi;
l’escandescenza è un’ira che ora si accende ora si placa, ed è chiamata
dai greci quémwsiv; l’odio è un’ira inveterata, l’inimicizia un’ira che
aspetta l’ora per vendicarsi, la discordia è un’ira più acerba» [...]).
l’intimo studio dell’ira aveva profonde radici psicologiche e autobiografiche: il padre di Poliziano era un dottore di legge che fu assassinato nel 1464, quando il figlio non aveva ancora compiuto dieci anni.
1
A. lA PennA, Appendice seconda. Brevi note sul tema della congiura nella
storiografia moderna, in Sallustio e la “rivoluzione” romana, Milano 1968, pp.
432-436.
intRoDUzione
13
Dunque il poeta era costretto a rimettere in scena il trauma della morte
del padre, massacrato a pugnalate come il suo quasi coetaneo giuliano
(nato nel 1453). in termini psicoanalitici, il senso di colpa del sopravvissuto giocava forse qualche ruolo emotivo, ma in superficie il resoconto in prima persona dell’attentato contro i Medici è freddo e preciso: la preparazione, l’esecuzione, il fallimento, e la punizione. i congiurati scompaiono, uno ad uno, dalla scena, che alla fine è occupata soltanto dal ritratto fantasmatico di giuliano, amplificato dalla retorica.
nel paragrafo che evoca la morte di giuliano, nel cuore della narrazione (XViii), gli echi letterari diventano improvvisamente più profondi: con la scelta di parallelismi impliciti e significativi il fine letterato evoca tre momenti violentissimi – celebrando rispettivamente la
hybris punita, la fraternità vendicata, e la furia evitata: «ense per pectum adacto» allude al suicidio di Anfione, marito di niobe, dopo la
strage dei suoi sette figli. la superba regina di tebe aveva concluso la
sua folle ed empia perorazione invitando i suoi sudditi ad abbandonare i sacri riti a metà e a rimuovere il lauro dai propri capelli (Met. Vi
200-201: «infectis properate sacris laurumque capillis / ponite». Quel
gesto di suprema hybris viene punito dalla violenta pioggia di frecce
che Apollo e Diana fanno piombare sulla progenie di niobe («examines inter natos natasque virumque» v. 302 [«tra figli e figlie e marito esanimi»]) scaraventandola in una lacrimosa solitudine.
la seconda eco, nella frase «iuvenis, deficiente spiritu, terrae concidit», richiama uno degli episodi più sanguinosi delle Metamorfosi di
Apuleio (iX 37: «exanimatus adulescens ille terrae concidit») in cui tre
fratelli figli di un contadino difendono un povero vicino le cui terre
sono minacciate dalle prepotenti pretese (“tyrannica superbia”) di un
nobile sprezzante della legge. Poiché non riesce a ottenere quel che
voleva, l’usurpatore sguinzaglia i suoi cani da caccia e da guardia contro i fratelli, il più giovane dei quali viene sbranato vivo. gli altri due
fratelli cercano di vendicarsi contro il “mandante”, ma uno viene trafitto con una lancia e dato per morto (questo è il momento da cui
Poliziano riprende il calco; ma lo “iacentem” che segue nel Commentarium, nel testo di Apuleio precede, descrivendo la caduta fatale del
fratello più giovane, perseguitato dai cani inferociti come giuliano lo è
dai Pazzi). in realtà il fratello ferito è ancora vivo: provoca l’assassino
ad avvicinarsi e riesce a trucidarlo con la sua spada, prima di finire stoicamente se stesso.
14
Marcello Simonetta
la terza citazione («in latebras se turpiter coniecerat»; cfr. Aen. X
657: «conicit in latebras») evoca il fantasma fuggitivo di enea che trae
in inganno il furioso turno, allontanandolo dalla battaglia con l’eroe
troiano su una nave guidata dagli dèi pietosi. Disperato in mezzo al
mare, turno si appella a chi lo ha ritenuto degno di crudele beffa («crimine dignum»2) e si domanda se rivedrà i «muri di lauro» («laurentisne iterum muros... videbo»: Aen. X 671). Si tratta di diversi
omaggi obliqui ai lauri di lorenzo3, il vero protagonista dietro le quinte, a cui si riferisce anche la citazione conclusiva dalle Georgiche virgiliane: come nota Perosa, il Commentarium si chiude con un vibrante
messaggio di speranza.
l’enigma intertestuale si infittisce se leggiamo anche le due contemporanee lettere private di Poliziano a lorenzo contenenti citazioni
virgiliane: «governiamoci il meglo possiamo; ma a me toccano tutte le
botte: pure te propter libyce etc.» (Aen. iV 320)4; «Durate et vosmet
rebus servate secundis» (Aen. i 207)5. la prima riprende il lamento di
l’indignato Poliziano ripete facinus 18 volte (una di meno delle pugnalate inferte a giuliano). cfr. c. MAltA, Le Amatoriae narrationes del Poliziano,
in Laurentia Laurus. Per Mario Martelli, a cura di F. BAUSi e V. FeRA, Messina
2004, pp. 195-196: «quasi automatico accostare la fisionomia stilistica della
versione plutarchea alla prosa del Commentarium sulla congiura dei Pazzi, che
aveva da poco impegnato le energie dello storico, testimone in prima persona
di una tragedia cittadina inquadrata secondo la categoria del facinus, dello scelus»; cfr. P. De cAPUA, Il De ira del Poliziano, ibid., pp. 223, 238-9.
3
Anche Becchi nella Florentina Synodus (Xiii. 4) parla del lauro che
«spinge le sue radici in profondità», per enfatizzare la popolarità medicea, in
contrasto col malcontento aizzato invano dai congiurati.
4
Angelo Poliziano a lorenzo de’ Medici, Pistoia, 24 agosto 1478 (edita in
Prose volgari inedite e poesie greche e latine edite e inedite, a cura di i. Del
lUngo, Firenze 1867, p. 58, già in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo
Avanti il Principato [d’ora in poi: MAP] XXXi, ma riscontrata qui sull’autografo in Bibliothèque nationale France, it. 2033, f. 33r; ringrazio elisa curti, che
sta curando l’edizione critica delle lettere volgari di Poliziano, per avermi inviato una copia dell’originale).
5
Angelo Poliziano a lorenzo de’ Medici, Pistoia, 26 agosto 1478 (in Prose
volgari cit., p. 60; l’autografo già in MAP XXXi è al momento disperso).
interessante che la stessa citazione virgiliana compaia in una lettera di pochi
mesi dopo di gentile Becchi a niccolò Michelozzi, cafaggiolo, 31 gennaio
2
intRoDUzione
15
Didone «gentes nomadumque tyranni/odere»; la seconda è l’invito di
enea ad affrontare il viaggio verso il lazio affidandosi alla fortuna. le
allusioni poetiche si trasformano in un linguaggio cifrato di avvertimenti politici; ma sono riferimenti talmente impercettibili per un
occhio non letteratissimo come quello di Poliziano, che viene spontaneo mettere in questione la verità storiografica della congiura raccontata dal poeta.
È notevole che dopo la compilazione sallustiana dei medaglioni
negativi, alla fine del testo si trovi un mosaico di citazioni di Svetonio
per comporre il ritratto di giuliano, quasi a significare che gli spetta il
rango imperiale. Se la datazione del corso polizianesco su Svetonio6
all’anno accademico 1482-83 è corretta, c’è da domandarsi per quale
ragione il neo-professore di retorica allo Studio fiorentino abbia sentito il bisogno di concentrarsi sullo storico romano con la fama di essere
il più obiettivo: si trattava forse di una sorta di mea culpa indiretto? Per
di più, nella medesima Praefatio in Svetonium, Poliziano fa un esplicito
confronto a sfavore di Sallustio: «itaque numquam ego, aut Plutarchum minus hominibus quam herodotum, aut Suetonium quam
Sallustium fatear contulisse» («non riconoscerei mai che Plutarco ha
giovato all’umanità meno di erodoto, o Svetonio meno di Sallustio»)7.
le idee di Poliziano non sono originali, ma vengono riprese direttamente dall’opuscolo Quomodo historia conscribenda sit di luciano di
Samosata, che era stato pubblicato in latino solo pochi anni prima a
napoli8. luciano definisce lo storico modello «uno scrittore intrepido,
incorruttibile, libero, amante della libertà di parola e della verità»9.
1479: «mai mi pesò tanto questo rochetto che gli corsi alla staffa nell’armigeria pensata se io mi stracherei hora in tanto bisogno d’una fede ch’andasse da
sé». «Durate et vosmet rebus servate secundis» (n. 62; vedi nota 18 infra).
6
V. FeRA, la Praefatio in Suetoni expositionem del Poliziano, in Laurentia
Laurus cit., pp. 139-159, e l’analisi della Praefatio in n. gARDini, Rinascimento,
torino 2010, pp. 129 ss.
7
FeRA, la Praefatio cit., p. 155; cfr. PoliziAno, Opera omnia, Basilea 1533,
p. 503.
8
cfr. lilio tiFeRnAte, Luciani De veris narrationibus. introduzione, note e
testo critico a cura di g. DAPelo e B. zoPPelli, genova 1998, pp. 31-32 per
la stampa napoletana del 1475.
9
gARDini, Rinascimento cit., pp. 139 ss.; cfr. e. MAttioli, Luciano e l’Umanesimo, napoli 1980, p. 165.
16
Marcello Simonetta
ora, l’obiettività non è assolutamente il pregio principale del
Commentarium, e neppure il suo scopo dichiarato. non si fa nessuna
menzione diretta della chiesa o del papa (se non per il finto messaggio che a suo nome Salviati avrebbe dovuto consegnare alla Signoria),
del ruolo di girolamo Riario10, né della confessione di Montesecco.
Questo racconto, in tutta la sua melodrammatica messinscena, era
politicamente innocuo e riduceva le responsabilità individuali agli attori (e alle comparse), ma lasciava completamente fuori i registi occulti.
lo stile tendenzioso, duttile e pieno di pathos del Commentarium
era ben noto se circa quindici anni dopo, in seguito all’elezione di
Alessandro Vi, ludovico il Moro scrisse al potente fratello cardinale
Ascanio per proporre Poliziano come autore di Commentarii celebrativi sul nuovo papato borgiano, una “impresa litteraria” in cui avrebbe
potuto «etiam col stilo, quale ha elegantissimo ad historia, scrivere le
actione et gesti de Sua Beatitudine, e lassare notata alla posterità la
memoria de uno glorioso pontifice»11. negli stessi anni, gentile Becchi
pagava lo scotto della sua fama negativa. l’autore della Florentina
Synodus aspirava ancora al cardinalato, ma «a Roma gli rinfacciavano
quella scrittura apertamente», come testimoniano due ambasciatori
fiorentini a Piero de’ Medici:
Ma che bene supplicavamo alla Santità Sua per parte della città et
vostra si degnassi promuovere questo nostro vescovo d’Arezo parendo
quando la Sua Santità non lo facessi, che lasciassi la città nostra segnata,
compiacendo maxime tutti li altri potentati el ultramontani et italici; ad
questo [...] usò molte buone parole verso di voi, et promectendo dal canto
suo fare ogni opera possibile e dicendoci che saria cosa difficilissima a trarre il vescovo d’Arezo perché non era puncto accepto al collegio, et che è
in concepto homo di mal cervello, dicendo che fece già certa invectiva contro
a Sixto, che saria stato meglio che havessi arso il Calamo et il Papiro et ciò che
10
P. FARengA, Libri intorno a Girolamo Riario, in Editori ed edizioni a Roma
nel Rinascimento, a cura di P. FARengA, Roma, Roma nel Rinascimento, 2005,
pp. 45-63.
11
ludovico Sforza a Ascanio Sforza, Vigevano, 4 settembre 1492, in i. Del
lUngo, Florentia, Firenze 1897, p. 246 (su Becchi, p. 224); è probabile che il
suggerimento provenisse da Jacopo Antiquario, il segretario milanese che era
in corrispondenza con Poliziano.
intRoDUzione
17
haveva in quel puncto che pensò di farla, che habbiamo conchiuso e’ faranno questa mactina tutti e cardinali disegnati, et noi lasceranno12.
Per ironia della sorte, quella fu un’importante infornata di dodici
cardinali, fra cui cesare Borgia e Alessandro Farnese: mentre il secondo, quarant’anni dopo, sarebbe salito al soglio pontificio col nome di
Paolo iii, il primo si sarebbe presto spogliato della porpora cardinalizia per perseguire le sue ambizioni di conquista e controllo territoriale
nel centro italia – una versione più aggressiva ed efficace del piano di
girolamo Riario, esponente di spicco del nepotismo (o figlismo) papale. Dunque, il prelato più mediceo non divenne mai cardinale a causa
della sua lealtà eccessiva alla casata fiorentina?
2. Un “garbuglio romanesco”
Si può affermare a buon diritto che gentile Becchi era più “mediceo” di Poliziano. nel 1454, anno di nascita di quest’ultimo, il venticinquenne Becchi entrò al servizio di cosimo il Vecchio. Dovette presto conquistare un posto privilegiato nell’esigente casata se le epigrafi
originali che accompagnavano i due capolavori donatelliani, il David e
la giuditta, collocati all’interno del palazzo di Via larga, gli sono state
attribuite al di là di ogni ragionevole dubbio13. la sua eccezionale
padronanza del latino lo fece diventare precettore dei due figli di Piero
il gottoso sin da giovanissimi. già nel 1459, Benozzo gozzoli immortalò il viso affilato e lo sguardo vivace del giovane tutore accanto ai due
pupilli, lorenzo e giuliano (rispettivamente a dieci e otto anni).
in qualità di antico maestro personale delle due vittime designate
della congiura del 26 aprile 1478, oltre che di vescovo di Arezzo (dal
1473), Becchi era la persona più indicata per comporre un attacco ver12
Antonio da colle e Antonio da Bibbiena a Piero de’ Medici, Roma, 20
settembre 1493 (MAP lV 77, c. 103r-v; corsivi nostri); vedi g.B. Picotti,
Giovinezza di Leone X, Milano 1927, p. 260 e 289, nota 97. Per l’elezione dei
cardinali, cfr. S. inFeSSURA, Il Diario della Città di Roma, a cura di o.
toMMASini, Roma 1890, p. 93.
13
F. cAglioti, Donatello e i Medici. Storia del David e della giuditta,
Firenze 2000.
18
Marcello Simonetta
bale contro il papa che aveva ispirato la diabolica aggressione. la presunta riunione (sinodo) dei vescovi toscani in effetti non avvenne mai,
ma fornì il pretesto per la scrittura di Becchi in risposta alla «scomunicata scomunica» papale di lorenzo e all’interdetto contro Firenze del
primo giugno 147814.
È possibile seguire da vicino le fasi della composizione di questo
virulentissimo contrattacco contro Sisto iV «lenone» della Sede
Apostolica Romana che anticipa per molti aspetti le polemiche luterane (rivolte inizialmente proprio contro il nipote dello stesso Sisto iV,
giulio ii). Becchi, presumibilmente, aveva una sufficiente infarinatura
del diritto canonico come di quello civile per imbastire un robusto
argomento di natura legale. tuttavia, non esitò ad appoggiarsi ai consilia di esperti dottori in utroque15.
Se le citazioni di Poliziano sono sottilmente letterarie, quelle di
Becchi sono apertamente bibliche: l’accumulo sistematico di invettive
e allusioni scritturali (ne abbiamo riconosciute circa una settantina)
tende all’effetto implicito della legittimazione argomentativa – rinforzata dalla confessione di gian Battista Montesecco o altri documenti
coevi (come un breve papale a lorenzo, o la lettera di Francesco
la Bulla Iniquitatis filius et perditionis alumnus è pubblicata in A.
FABRoni, Laurentii Medicis Magnifici Vita, Firenze 1784, ii, pp. 121-129.
15
K. Pennington, The Pazzi Conspiracy and the Jurists, capitolo 7 di The
Prince and the Law, 1200-1600, Berkeley-los-Angeles-oxford, University of
california Press 1993, pp. 238-268 contiene un’ottima analisi dei consilia,
anche se manca una riflessione sul più ampio contesto politico; si veda anche
e. SPAgneSi, In difesa del Magnifico. A proposito di alcuni consilia legali al
tempo della Congiura dei Pazzi, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico.
Politica Economia Cultura Arte, Pisa 1996, vol. iii, pp. 1235-1253 (su Becchi
pp. 1239 ss.), e l’articolo di o. cAVAllAR, Il tiranno, i dubia del giudice, e i consilia dei giuristi, «Archivio storico italiano», n. 572-573, a. clV, 1997, ii-iii, pp.
265-346, che offre uno studio tecnico su lorenzo tyrannus e il crimen lesae
maiestatis alle pp. 298 ss. Sugli effetti della “propaganda” medicea, cfr. F.
nAitAnA, I beni dei Pazzi all’indomani della congiura, «Quaderni medievali»,
1999, pp. 41-75. Da ultimo, la sintesi di A. De BeneDictiS, Una guerra d’Italia,
una resistenza di popolo. Bologna 1506, Bologna 2004, pp. 37-40; eAD.,
Abbattere i tiranni, punire i ribelli. Diritto e violenza negli interdetti del Rinascimento, in «Rechtsgeschichte» 11, 2007, pp. 76-93, in particolare 78 ss.
14
intRoDUzione
19
Filelfo a Sisto iV16). Ma lo stesso Poliziano non era estraneo, dietro le
quinte, all’opera del Becchi, se nella citata lettera del 24 agosto scriveva a lorenzo: «vi mando e’ consigli di messer Bartolomeo Sozzini;
holli sollicitati a ogni hora, et trovato li scriptori, et elli ancora vi ha
usata diligentia somma, ma non si è potuto fare più presto»17. Anche
l’aretino Francesco Accolti, che era professore a Siena, fornì il suo consilium a lorenzo e venne in seguito minacciato di arresto su richiesta
dell’ambasciatore napoletano18.
Dunque la Florentina Synodus fu il risultato di un lavoro di équipe
in cui le più sottili teste toscane (anche se non necessariamente i vescovi) contribuirono ad affinare l’aggressiva difesa contro Sisto iV.
l’analisi e confutazione degli undici capi d’accusa della chiesa contro
Firenze (Xiii) espressi nella scomunica affronta questioni squisitamente territoriali e strategiche, non teologiche e spirituali. la tendenziosa
ricostruzione dei recenti scontri più o meno espliciti, soprattutto nella
vicina Umbria (città di castello e Montone), minimizza il tentativo di
lorenzo e di Firenze di contenere le legittime mire pontificie negli stati
l’autografo della lettera di Filelfo a Sisto iV del 3 giugno 1478 in Vat. lat.
5164 (codice appartenuto al lorenzi) è edito criticamente in appendice a R.
FABBRi, Tra politica, clientelismo e « filologia »: l’epistola di Francesco Filelfo a
Sisto IV del 3 giugno 1478, in «Atti dell’istituto Veneto di Scienze, lettere ed
Arti. classe di Scienze Morali, lettere ed Arti», tomo cXlii (1983-84), pp.
337-350. cfr. Francesco Filelfo a lorenzo de’ Medici, Milano, 20 maggio
1478: «harei carissimo essere advisato del fundamento et processo de tanto
tradimento et a cui petitione et a che fine se faceva a ciò che una perpetua
memoria per me scripta fusse, avisandove che a niuno la spiarmarò et sia chi
se vole» (MAP XXXVi 592; cfr. ibid. 1123, Milano, 9 ottobre 1478: «la lettera per me scripta a Re de Francia de cui ve mandai la copia per essere soprastato il cavallaro uno giorno la refeci de novo et amplificai et de quella mando
la copia al cardenale de Milano [...] aciò che lui come assentatore la mostre a
quel castrone del papa. Vostra magnificentia nulla me responde. credo siate
facto pythagorico...»); esiste anche un’altra epistola di Filelfo a Sisto iV del 18
agosto 1478 (pubblicata dal MAnSi nella Miscellanea del Baluze, lucca 1761,
vol. i, pp. 513-516).
17
FABRoni ii, p. 183; Prose volgari cit. p. 58 (vedi nota 4 supra per la presente collocazione archivistica della lettera).
18
cfr. Lettere iii p. 182; Francesco Accolti a lorenzo de’ Medici, Siena, 2
novembre 1478, in FABRoni ii, pp. 135-136; cfr. MAP XXXVi 1225).
16
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