Società di Studi politici Scuola di alta formazione dell’istituto italiano per gli Studi Filosofici umanesimo e Rinascimento 5 Angelo poliziano Gentile Becchi la congiura della verità introduzione, commento e cura di Marcello Simonetta traduzione di Gerardo Fortunato la scuola di pitagora editrice Questa collana è promossa dalla Società di studi politici ed è diretta da Gerardo Fortunato copyright © 2012 la scuola di pitagora editrice piazza Santa Maria degli Angeli, 1 80132 Napoli www.scuoladipitagora.it [email protected] iSBN 978-88-6542-060-7 (versione cartacea) iSBN 978-88-6542-155-0 (versione elettronica nel formato pdF) Printed in Italy - Stampato in italia iNdice introduzione Nota biografica su Angelo poliziano Nota biografica su Gentile Becchi Nota al testo del Commentarium Pactianae coniurationis Nota al testo della Florentina Synodus 11 35 39 49 51 Angelo poliziano coNiuRAtioNiS coMMeNtARiuM 56 Cronaca della congiura dei Pazzi Gentile Becchi FloReNtiNA SyNoduS Il sinodo fiorentino 90 Appendici documentarie 171 cronologia sintetica dall’elezione di Sisto iV all’inizio della guerra dei pazzi 193 Angelo PoliziAno, La Congiura dei Pazzi gentile Becchi, Il Sinodo fiorentino ogni cosa dissolve morte luigi Pulci a lorenzo de’ Medici, 1471 o Siena cholonbaia di pazzi dove ti vegho io per dar fede a papa Sixto brodaiolo di Roma. o Siena chaterva di ghaglioffi, e che soqquadro se’ ttu per chredere al chonte d’Urbino chapitano! Benedetto Dei, lettera a Siena dell’anno 1479 intRoDUzione 1. La congiura della verità Domenica 26 aprile 1478, durante la messa post-pasquale celebrata nel Duomo di Firenze, lorenzo e giuliano de’ Medici furono aggrediti da due drappelli di assassini: mentre lorenzo scampò miracolosamente all’assalto, giuliano stramazzò sotto una scarica di colpi efferati. Poliziano, poeta e amico dei fratelli Medici, ne contò diciannove, contemplando con orrore il cadavere del venticinquenne iulio che giaceva immerso nel suo sangue, miserabilmente martoriato. era l’epifania dell’impotenza letteraria: le sue incompiute Stanze per la giostra, iniziate per giuliano nel 1475, non celebravano ormai altro che la morte dell’eroe. il Commentarium Pactianae coniurationis fu composto nelle settimane immediatamente successive alla congiura, e divenne la necessaria conclusione prosaica dell’abortito progetto poetico. la struttura del Commentarium è piuttosto semplice, in apparenza: Poliziano introduce i congiurati, uno ad uno: prima i sette principali, in una sorta di ordine simmetrico – tutti cittadini fiorentini; poi i tre forestieri (sicari in pectore di lorenzo); i due altri membri della famiglia Pazzi indirettamente coinvolti, e infine napoleone Franzesi (l’unico che scamperà alla sistematica rappresaglia medicea): 12 Marcello Simonetta congiurato Ritratto Azione Morte/esilio* ______________________________________________________________ 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. Jacopo Pazzi Francesco Salviati Francesco Pazzi Jacopo Salviati Jacopo Bracciolini Jacopo Salviati Bernardo Bandini giambattista da Montesecco Antonio da Volterra Stefano da Bagnone Renato Pazzi guglielmo Pazzi napoleone Franzesi 3 4-5 5-7 8 9 10 10 11 11 11 12 12 12 16, 26, 28-29 17, 25 18, 26 17 17, 25 17 18, 21, 22 17 17 17 33, 39 29 29 29 27 29 34 34 34 34 33 34* 34-35* i tredici congiurati sono tutti descritti con tratti negativi presi in prestito da Sallustio, con una certa monotonia stilistica1. Sono degli automi di cattiveria e perversione, motivati o dall’ambizione o dall’avarizia. Un accenno alle ciceroniane Tusculanae Disputationes apre un altro scenario filosofico: Francesco Pazzi è «ad excandescientiam proclivis»; il termine tecnico è ripreso dal catalogo delle libidines prodotte dall’umore iracondo, la bile gialla: «Quae autem libidini subiecta sunt, ea sic definiunt, ut ira sit libido poeniendi eius, qui videatur laesisse iniuria, excandescientia autem sit ira nascens et modo exsistens, quae thumosis graece dicitur, odium ira inveterata, inimicitia ira ulciscendi tempus observans, discordia ira acerbior...» (cic. Tusc. iV, 9, 21: «le passioni che rientrano nella libidine si definiscono così: l’ira è la libidine di punire chi crediamo che ci abbia ingiustamente offesi; l’escandescenza è un’ira che ora si accende ora si placa, ed è chiamata dai greci quémwsiv; l’odio è un’ira inveterata, l’inimicizia un’ira che aspetta l’ora per vendicarsi, la discordia è un’ira più acerba» [...]). l’intimo studio dell’ira aveva profonde radici psicologiche e autobiografiche: il padre di Poliziano era un dottore di legge che fu assassinato nel 1464, quando il figlio non aveva ancora compiuto dieci anni. 1 A. lA PennA, Appendice seconda. Brevi note sul tema della congiura nella storiografia moderna, in Sallustio e la “rivoluzione” romana, Milano 1968, pp. 432-436. intRoDUzione 13 Dunque il poeta era costretto a rimettere in scena il trauma della morte del padre, massacrato a pugnalate come il suo quasi coetaneo giuliano (nato nel 1453). in termini psicoanalitici, il senso di colpa del sopravvissuto giocava forse qualche ruolo emotivo, ma in superficie il resoconto in prima persona dell’attentato contro i Medici è freddo e preciso: la preparazione, l’esecuzione, il fallimento, e la punizione. i congiurati scompaiono, uno ad uno, dalla scena, che alla fine è occupata soltanto dal ritratto fantasmatico di giuliano, amplificato dalla retorica. nel paragrafo che evoca la morte di giuliano, nel cuore della narrazione (XViii), gli echi letterari diventano improvvisamente più profondi: con la scelta di parallelismi impliciti e significativi il fine letterato evoca tre momenti violentissimi – celebrando rispettivamente la hybris punita, la fraternità vendicata, e la furia evitata: «ense per pectum adacto» allude al suicidio di Anfione, marito di niobe, dopo la strage dei suoi sette figli. la superba regina di tebe aveva concluso la sua folle ed empia perorazione invitando i suoi sudditi ad abbandonare i sacri riti a metà e a rimuovere il lauro dai propri capelli (Met. Vi 200-201: «infectis properate sacris laurumque capillis / ponite». Quel gesto di suprema hybris viene punito dalla violenta pioggia di frecce che Apollo e Diana fanno piombare sulla progenie di niobe («examines inter natos natasque virumque» v. 302 [«tra figli e figlie e marito esanimi»]) scaraventandola in una lacrimosa solitudine. la seconda eco, nella frase «iuvenis, deficiente spiritu, terrae concidit», richiama uno degli episodi più sanguinosi delle Metamorfosi di Apuleio (iX 37: «exanimatus adulescens ille terrae concidit») in cui tre fratelli figli di un contadino difendono un povero vicino le cui terre sono minacciate dalle prepotenti pretese (“tyrannica superbia”) di un nobile sprezzante della legge. Poiché non riesce a ottenere quel che voleva, l’usurpatore sguinzaglia i suoi cani da caccia e da guardia contro i fratelli, il più giovane dei quali viene sbranato vivo. gli altri due fratelli cercano di vendicarsi contro il “mandante”, ma uno viene trafitto con una lancia e dato per morto (questo è il momento da cui Poliziano riprende il calco; ma lo “iacentem” che segue nel Commentarium, nel testo di Apuleio precede, descrivendo la caduta fatale del fratello più giovane, perseguitato dai cani inferociti come giuliano lo è dai Pazzi). in realtà il fratello ferito è ancora vivo: provoca l’assassino ad avvicinarsi e riesce a trucidarlo con la sua spada, prima di finire stoicamente se stesso. 14 Marcello Simonetta la terza citazione («in latebras se turpiter coniecerat»; cfr. Aen. X 657: «conicit in latebras») evoca il fantasma fuggitivo di enea che trae in inganno il furioso turno, allontanandolo dalla battaglia con l’eroe troiano su una nave guidata dagli dèi pietosi. Disperato in mezzo al mare, turno si appella a chi lo ha ritenuto degno di crudele beffa («crimine dignum»2) e si domanda se rivedrà i «muri di lauro» («laurentisne iterum muros... videbo»: Aen. X 671). Si tratta di diversi omaggi obliqui ai lauri di lorenzo3, il vero protagonista dietro le quinte, a cui si riferisce anche la citazione conclusiva dalle Georgiche virgiliane: come nota Perosa, il Commentarium si chiude con un vibrante messaggio di speranza. l’enigma intertestuale si infittisce se leggiamo anche le due contemporanee lettere private di Poliziano a lorenzo contenenti citazioni virgiliane: «governiamoci il meglo possiamo; ma a me toccano tutte le botte: pure te propter libyce etc.» (Aen. iV 320)4; «Durate et vosmet rebus servate secundis» (Aen. i 207)5. la prima riprende il lamento di l’indignato Poliziano ripete facinus 18 volte (una di meno delle pugnalate inferte a giuliano). cfr. c. MAltA, Le Amatoriae narrationes del Poliziano, in Laurentia Laurus. Per Mario Martelli, a cura di F. BAUSi e V. FeRA, Messina 2004, pp. 195-196: «quasi automatico accostare la fisionomia stilistica della versione plutarchea alla prosa del Commentarium sulla congiura dei Pazzi, che aveva da poco impegnato le energie dello storico, testimone in prima persona di una tragedia cittadina inquadrata secondo la categoria del facinus, dello scelus»; cfr. P. De cAPUA, Il De ira del Poliziano, ibid., pp. 223, 238-9. 3 Anche Becchi nella Florentina Synodus (Xiii. 4) parla del lauro che «spinge le sue radici in profondità», per enfatizzare la popolarità medicea, in contrasto col malcontento aizzato invano dai congiurati. 4 Angelo Poliziano a lorenzo de’ Medici, Pistoia, 24 agosto 1478 (edita in Prose volgari inedite e poesie greche e latine edite e inedite, a cura di i. Del lUngo, Firenze 1867, p. 58, già in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo Avanti il Principato [d’ora in poi: MAP] XXXi, ma riscontrata qui sull’autografo in Bibliothèque nationale France, it. 2033, f. 33r; ringrazio elisa curti, che sta curando l’edizione critica delle lettere volgari di Poliziano, per avermi inviato una copia dell’originale). 5 Angelo Poliziano a lorenzo de’ Medici, Pistoia, 26 agosto 1478 (in Prose volgari cit., p. 60; l’autografo già in MAP XXXi è al momento disperso). interessante che la stessa citazione virgiliana compaia in una lettera di pochi mesi dopo di gentile Becchi a niccolò Michelozzi, cafaggiolo, 31 gennaio 2 intRoDUzione 15 Didone «gentes nomadumque tyranni/odere»; la seconda è l’invito di enea ad affrontare il viaggio verso il lazio affidandosi alla fortuna. le allusioni poetiche si trasformano in un linguaggio cifrato di avvertimenti politici; ma sono riferimenti talmente impercettibili per un occhio non letteratissimo come quello di Poliziano, che viene spontaneo mettere in questione la verità storiografica della congiura raccontata dal poeta. È notevole che dopo la compilazione sallustiana dei medaglioni negativi, alla fine del testo si trovi un mosaico di citazioni di Svetonio per comporre il ritratto di giuliano, quasi a significare che gli spetta il rango imperiale. Se la datazione del corso polizianesco su Svetonio6 all’anno accademico 1482-83 è corretta, c’è da domandarsi per quale ragione il neo-professore di retorica allo Studio fiorentino abbia sentito il bisogno di concentrarsi sullo storico romano con la fama di essere il più obiettivo: si trattava forse di una sorta di mea culpa indiretto? Per di più, nella medesima Praefatio in Svetonium, Poliziano fa un esplicito confronto a sfavore di Sallustio: «itaque numquam ego, aut Plutarchum minus hominibus quam herodotum, aut Suetonium quam Sallustium fatear contulisse» («non riconoscerei mai che Plutarco ha giovato all’umanità meno di erodoto, o Svetonio meno di Sallustio»)7. le idee di Poliziano non sono originali, ma vengono riprese direttamente dall’opuscolo Quomodo historia conscribenda sit di luciano di Samosata, che era stato pubblicato in latino solo pochi anni prima a napoli8. luciano definisce lo storico modello «uno scrittore intrepido, incorruttibile, libero, amante della libertà di parola e della verità»9. 1479: «mai mi pesò tanto questo rochetto che gli corsi alla staffa nell’armigeria pensata se io mi stracherei hora in tanto bisogno d’una fede ch’andasse da sé». «Durate et vosmet rebus servate secundis» (n. 62; vedi nota 18 infra). 6 V. FeRA, la Praefatio in Suetoni expositionem del Poliziano, in Laurentia Laurus cit., pp. 139-159, e l’analisi della Praefatio in n. gARDini, Rinascimento, torino 2010, pp. 129 ss. 7 FeRA, la Praefatio cit., p. 155; cfr. PoliziAno, Opera omnia, Basilea 1533, p. 503. 8 cfr. lilio tiFeRnAte, Luciani De veris narrationibus. introduzione, note e testo critico a cura di g. DAPelo e B. zoPPelli, genova 1998, pp. 31-32 per la stampa napoletana del 1475. 9 gARDini, Rinascimento cit., pp. 139 ss.; cfr. e. MAttioli, Luciano e l’Umanesimo, napoli 1980, p. 165. 16 Marcello Simonetta ora, l’obiettività non è assolutamente il pregio principale del Commentarium, e neppure il suo scopo dichiarato. non si fa nessuna menzione diretta della chiesa o del papa (se non per il finto messaggio che a suo nome Salviati avrebbe dovuto consegnare alla Signoria), del ruolo di girolamo Riario10, né della confessione di Montesecco. Questo racconto, in tutta la sua melodrammatica messinscena, era politicamente innocuo e riduceva le responsabilità individuali agli attori (e alle comparse), ma lasciava completamente fuori i registi occulti. lo stile tendenzioso, duttile e pieno di pathos del Commentarium era ben noto se circa quindici anni dopo, in seguito all’elezione di Alessandro Vi, ludovico il Moro scrisse al potente fratello cardinale Ascanio per proporre Poliziano come autore di Commentarii celebrativi sul nuovo papato borgiano, una “impresa litteraria” in cui avrebbe potuto «etiam col stilo, quale ha elegantissimo ad historia, scrivere le actione et gesti de Sua Beatitudine, e lassare notata alla posterità la memoria de uno glorioso pontifice»11. negli stessi anni, gentile Becchi pagava lo scotto della sua fama negativa. l’autore della Florentina Synodus aspirava ancora al cardinalato, ma «a Roma gli rinfacciavano quella scrittura apertamente», come testimoniano due ambasciatori fiorentini a Piero de’ Medici: Ma che bene supplicavamo alla Santità Sua per parte della città et vostra si degnassi promuovere questo nostro vescovo d’Arezo parendo quando la Sua Santità non lo facessi, che lasciassi la città nostra segnata, compiacendo maxime tutti li altri potentati el ultramontani et italici; ad questo [...] usò molte buone parole verso di voi, et promectendo dal canto suo fare ogni opera possibile e dicendoci che saria cosa difficilissima a trarre il vescovo d’Arezo perché non era puncto accepto al collegio, et che è in concepto homo di mal cervello, dicendo che fece già certa invectiva contro a Sixto, che saria stato meglio che havessi arso il Calamo et il Papiro et ciò che 10 P. FARengA, Libri intorno a Girolamo Riario, in Editori ed edizioni a Roma nel Rinascimento, a cura di P. FARengA, Roma, Roma nel Rinascimento, 2005, pp. 45-63. 11 ludovico Sforza a Ascanio Sforza, Vigevano, 4 settembre 1492, in i. Del lUngo, Florentia, Firenze 1897, p. 246 (su Becchi, p. 224); è probabile che il suggerimento provenisse da Jacopo Antiquario, il segretario milanese che era in corrispondenza con Poliziano. intRoDUzione 17 haveva in quel puncto che pensò di farla, che habbiamo conchiuso e’ faranno questa mactina tutti e cardinali disegnati, et noi lasceranno12. Per ironia della sorte, quella fu un’importante infornata di dodici cardinali, fra cui cesare Borgia e Alessandro Farnese: mentre il secondo, quarant’anni dopo, sarebbe salito al soglio pontificio col nome di Paolo iii, il primo si sarebbe presto spogliato della porpora cardinalizia per perseguire le sue ambizioni di conquista e controllo territoriale nel centro italia – una versione più aggressiva ed efficace del piano di girolamo Riario, esponente di spicco del nepotismo (o figlismo) papale. Dunque, il prelato più mediceo non divenne mai cardinale a causa della sua lealtà eccessiva alla casata fiorentina? 2. Un “garbuglio romanesco” Si può affermare a buon diritto che gentile Becchi era più “mediceo” di Poliziano. nel 1454, anno di nascita di quest’ultimo, il venticinquenne Becchi entrò al servizio di cosimo il Vecchio. Dovette presto conquistare un posto privilegiato nell’esigente casata se le epigrafi originali che accompagnavano i due capolavori donatelliani, il David e la giuditta, collocati all’interno del palazzo di Via larga, gli sono state attribuite al di là di ogni ragionevole dubbio13. la sua eccezionale padronanza del latino lo fece diventare precettore dei due figli di Piero il gottoso sin da giovanissimi. già nel 1459, Benozzo gozzoli immortalò il viso affilato e lo sguardo vivace del giovane tutore accanto ai due pupilli, lorenzo e giuliano (rispettivamente a dieci e otto anni). in qualità di antico maestro personale delle due vittime designate della congiura del 26 aprile 1478, oltre che di vescovo di Arezzo (dal 1473), Becchi era la persona più indicata per comporre un attacco ver12 Antonio da colle e Antonio da Bibbiena a Piero de’ Medici, Roma, 20 settembre 1493 (MAP lV 77, c. 103r-v; corsivi nostri); vedi g.B. Picotti, Giovinezza di Leone X, Milano 1927, p. 260 e 289, nota 97. Per l’elezione dei cardinali, cfr. S. inFeSSURA, Il Diario della Città di Roma, a cura di o. toMMASini, Roma 1890, p. 93. 13 F. cAglioti, Donatello e i Medici. Storia del David e della giuditta, Firenze 2000. 18 Marcello Simonetta bale contro il papa che aveva ispirato la diabolica aggressione. la presunta riunione (sinodo) dei vescovi toscani in effetti non avvenne mai, ma fornì il pretesto per la scrittura di Becchi in risposta alla «scomunicata scomunica» papale di lorenzo e all’interdetto contro Firenze del primo giugno 147814. È possibile seguire da vicino le fasi della composizione di questo virulentissimo contrattacco contro Sisto iV «lenone» della Sede Apostolica Romana che anticipa per molti aspetti le polemiche luterane (rivolte inizialmente proprio contro il nipote dello stesso Sisto iV, giulio ii). Becchi, presumibilmente, aveva una sufficiente infarinatura del diritto canonico come di quello civile per imbastire un robusto argomento di natura legale. tuttavia, non esitò ad appoggiarsi ai consilia di esperti dottori in utroque15. Se le citazioni di Poliziano sono sottilmente letterarie, quelle di Becchi sono apertamente bibliche: l’accumulo sistematico di invettive e allusioni scritturali (ne abbiamo riconosciute circa una settantina) tende all’effetto implicito della legittimazione argomentativa – rinforzata dalla confessione di gian Battista Montesecco o altri documenti coevi (come un breve papale a lorenzo, o la lettera di Francesco la Bulla Iniquitatis filius et perditionis alumnus è pubblicata in A. FABRoni, Laurentii Medicis Magnifici Vita, Firenze 1784, ii, pp. 121-129. 15 K. Pennington, The Pazzi Conspiracy and the Jurists, capitolo 7 di The Prince and the Law, 1200-1600, Berkeley-los-Angeles-oxford, University of california Press 1993, pp. 238-268 contiene un’ottima analisi dei consilia, anche se manca una riflessione sul più ampio contesto politico; si veda anche e. SPAgneSi, In difesa del Magnifico. A proposito di alcuni consilia legali al tempo della Congiura dei Pazzi, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico. Politica Economia Cultura Arte, Pisa 1996, vol. iii, pp. 1235-1253 (su Becchi pp. 1239 ss.), e l’articolo di o. cAVAllAR, Il tiranno, i dubia del giudice, e i consilia dei giuristi, «Archivio storico italiano», n. 572-573, a. clV, 1997, ii-iii, pp. 265-346, che offre uno studio tecnico su lorenzo tyrannus e il crimen lesae maiestatis alle pp. 298 ss. Sugli effetti della “propaganda” medicea, cfr. F. nAitAnA, I beni dei Pazzi all’indomani della congiura, «Quaderni medievali», 1999, pp. 41-75. Da ultimo, la sintesi di A. De BeneDictiS, Una guerra d’Italia, una resistenza di popolo. Bologna 1506, Bologna 2004, pp. 37-40; eAD., Abbattere i tiranni, punire i ribelli. Diritto e violenza negli interdetti del Rinascimento, in «Rechtsgeschichte» 11, 2007, pp. 76-93, in particolare 78 ss. 14 intRoDUzione 19 Filelfo a Sisto iV16). Ma lo stesso Poliziano non era estraneo, dietro le quinte, all’opera del Becchi, se nella citata lettera del 24 agosto scriveva a lorenzo: «vi mando e’ consigli di messer Bartolomeo Sozzini; holli sollicitati a ogni hora, et trovato li scriptori, et elli ancora vi ha usata diligentia somma, ma non si è potuto fare più presto»17. Anche l’aretino Francesco Accolti, che era professore a Siena, fornì il suo consilium a lorenzo e venne in seguito minacciato di arresto su richiesta dell’ambasciatore napoletano18. Dunque la Florentina Synodus fu il risultato di un lavoro di équipe in cui le più sottili teste toscane (anche se non necessariamente i vescovi) contribuirono ad affinare l’aggressiva difesa contro Sisto iV. l’analisi e confutazione degli undici capi d’accusa della chiesa contro Firenze (Xiii) espressi nella scomunica affronta questioni squisitamente territoriali e strategiche, non teologiche e spirituali. la tendenziosa ricostruzione dei recenti scontri più o meno espliciti, soprattutto nella vicina Umbria (città di castello e Montone), minimizza il tentativo di lorenzo e di Firenze di contenere le legittime mire pontificie negli stati l’autografo della lettera di Filelfo a Sisto iV del 3 giugno 1478 in Vat. lat. 5164 (codice appartenuto al lorenzi) è edito criticamente in appendice a R. FABBRi, Tra politica, clientelismo e « filologia »: l’epistola di Francesco Filelfo a Sisto IV del 3 giugno 1478, in «Atti dell’istituto Veneto di Scienze, lettere ed Arti. classe di Scienze Morali, lettere ed Arti», tomo cXlii (1983-84), pp. 337-350. cfr. Francesco Filelfo a lorenzo de’ Medici, Milano, 20 maggio 1478: «harei carissimo essere advisato del fundamento et processo de tanto tradimento et a cui petitione et a che fine se faceva a ciò che una perpetua memoria per me scripta fusse, avisandove che a niuno la spiarmarò et sia chi se vole» (MAP XXXVi 592; cfr. ibid. 1123, Milano, 9 ottobre 1478: «la lettera per me scripta a Re de Francia de cui ve mandai la copia per essere soprastato il cavallaro uno giorno la refeci de novo et amplificai et de quella mando la copia al cardenale de Milano [...] aciò che lui come assentatore la mostre a quel castrone del papa. Vostra magnificentia nulla me responde. credo siate facto pythagorico...»); esiste anche un’altra epistola di Filelfo a Sisto iV del 18 agosto 1478 (pubblicata dal MAnSi nella Miscellanea del Baluze, lucca 1761, vol. i, pp. 513-516). 17 FABRoni ii, p. 183; Prose volgari cit. p. 58 (vedi nota 4 supra per la presente collocazione archivistica della lettera). 18 cfr. Lettere iii p. 182; Francesco Accolti a lorenzo de’ Medici, Siena, 2 novembre 1478, in FABRoni ii, pp. 135-136; cfr. MAP XXXVi 1225). 16