PICCOLA GUIDA FISCALE
DELL’ODONTOIATRA
A cura del Dott. Mario Ortello
Revisore Contabile in Milano
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Premessa
Il presente opuscolo costituisce un promemoria di
rapida consultazione per il professionista che non vuole
sostituire l’imprescindibile supporto del proprio
consulente fiscale per i dovuti approfondimenti dei casi
specifici. Esso evidenza le più significative
problematiche fiscali dell’esercizio della professione in
forma autonoma o associata, tralasciando gli altri casi
(quali ad es. l’odontoiatra alle dipendenze di una
struttura sanitaria pubblica o privata).
L’odontoiatra nell’esercizio della professione deve
tener conto innanzitutto di un complesso di norme sia
legislative che deontologiche tra le quali, a titolo
esemplificativo:
Norme sulla sicurezza sul lavoro (D.lgs.
n.81/2008), che mirano a ridurre rischi per la
sicurezza e la salute, attuando norme di
prevenzione ed informazione, individuando gli
idonei mezzi nei casi di infortunio, incidente o
altra emergenza;
Norme sulla Privacy (D.lgs. n.196/2003 con i
successivi aggiornamenti tra cui gli ultimi
contenuti nel D.Lgs. n. 69/2012) con il fine di
tutelare i dati sensibili del professionista, dei
propri dipendenti ma, in particolare, dei pazienti,
le cui informazioni personali dovranno essere
trattate e gestite con opportune cautele proprio per
evitare che sin dall’anamnesi possano essere
conosciute da persone non autorizzate;
Norme relative allo smaltimento dei rifiuti sanitari
e tossico-nocivi (D.lgs. n.152/2006 e successive
modificazioni ed integrazioni,
in particolare
riferite al trattamento dei rifiuti speciali (es. i
sanitari) e pericolosi connessi a materiali di
consumo di alcuni macchinari o residui di
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lavorazioni (metalli pesanti, sostanze chimiche,
ecc.);
Norme in tema di radio protezione (D.lgs. n.
230/1995 e nn.187 e 241del 2000 e successive
modificazioni) in particolare riferite alla tutela del
paziente, del medico e degli operatori esposti alle
radiazioni nell’esecuzione degli usuali tipi di
accertamento diagnostico;
Prassi sul cosiddetto “consenso informato” quale
applicazione pratica dei diritti costituzionali della
tutela della salute e dell’inviolabilità della libertà
individuale e norme deontologiche che mirano a
far si che il paziente sia informato sulla diagnosi,
sulla possibile cura e possa rappresentare, in
relazione a ciò, le proprie scelte.
Quando si inizia.
Pare superfluo ricordare che per l’esercizio della
professione odontoiatrica, in tutto il territorio nazionale
occorre aver conseguito il relativo diploma di laurea,
l’abilitazione all’esercizio della professione, l’iscrizione
all’Albo degli Odontoiatri tenuto dall’Ordine dei Medici
e degli Odontoiatri della provincia di residenza. Per chi
è in possesso di titoli e/o abilitazioni estere è necessario
attuare la procedura di riconoscimento di detti titoli (più
agevole per i titoli conseguiti in Paesi Ue nonché
Norvegia,
Liechtenstein,
Islanda e
Svizzera)
indirizzandola al Ministero della Salute utilizzando
l’apposita modulistica rinvenibile sul sito. Tale
adempimento ha riflessi anche in campo fiscale
relativamente all’applicabilità dell’IVA alle prestazioni.
L’attività può essere svolta in forma individuale o in
associazione con altri professionisti (che non significa
condividere uno studio per poi ripartirsi le spese della
struttura).
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L’inizio dell’attività, in forma abituale, non coincide
con l’iscrizione all’albo, ma con l’effettuazione della
prima operazione (attiva o passiva) rilevante ai fini IVA
ovvero
con
la
costituzione
dell’associazione
professionale. Dal quel momento si hanno 30 giorni
per richiedere il rilascio della partita Iva denunciando
l’inizio attività ad un qualsiasi ufficio dell’Agenzia
delle Entrate (e non solo quello di competenza in
relazione al domicilio fiscale). Si utilizza il modello
AA9/11 (che serve anche per comunicare variazioni di
dati o cessazione dell’attività sempre entro 30 giorni dal
verificarsi dell’evento) nel quale si indicano, tra le varie
voci, i dati del contribuente, il domicilio fiscale, dove
avviene l’esercizio prevalente dell’attività, altri sedi
secondarie, il luogo di conservazione delle scritture
contabili ed eventuali opzioni per regimi contabili
diversi da quello naturale (che per l’odontoiatra è il
regime semplificato).
La comunicazione è consegnata personalmente
all’ufficio, o a mezzo persona delegata, o a mezzo
raccomandata o inviata telematicamente.
Di contro, con l’iscrizione all’Albo degli Odontoiatri,
avviene l’iscrizione all’ENPAM (Ente Nazionale di
Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli odontoiatri)
che viene attivata previa apposita comunicazione
dell’Ordine. La contribuzione è obbligatoria e
suddivisa in quota A (dovuta dall’iscrizione all’albo a
prescindere dall’esercizio della professione ed oscillante
– a seconda dell’età- per il 2012 ad una quota annua tra
i 193,92 ed i 1.304,56 Euro oltre ad Euro 51,56 per
contributo di maternità/adozione) e quota B (dovuta
con l’esercizio della libera professione e la cui
contribuzione è proporzionale all’età ed al reddito
professionale).
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La tassazione dei redditi professionali e gli
altri tributi.
Le imposte sui redditi (D.P.R. 917/1986- T.U.I.R.)
L’attività professionale dell’odontoiatra, esercitata in
maniera abituale e non occasionale, permette di
conseguire redditi classificati nella categoria dei redditi
di lavoro autonomo. Le regole per la determinazione
del reddito imponibile, a cui applicare le aliquote della
tassazione diretta (IRPEF) sono individuate in larga
parte dagli articoli 53 e 54 del TUIR (D.P.R. 917/1986).
Le associazioni di professionisti, ai fini delle imposte
sui redditi (art. 5 comma 3 lett. c), sono equiparate alle
società semplici. Le quote di partecipazione agli utili si
presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei
soci (salvo diversa determinazione contenuta nell'atto
pubblico o scrittura privata autenticata in fase di
costituzione) o, se il valore dei conferimenti non risulta
determinato, si presumono uguali. L'atto o la scrittura
sopra citati possono essere redatti fino alla
presentazione
della
dichiarazione
dei
redditi
dell'associazione. Gli utili derivanti dall’esercizio di arti
e professioni rappresentano il compenso del singolo
associato (che è determinato quando termina il periodo
d’imposta). Quindi l’anticipazione di una quota di utile
non ha rilevanza fiscale, ma solo finanziaria nei rapporti
tra associazione e associato. In tal senso i prelievi
effettuati nel corso dell’anno dagli associati non
costituiscono “acconti di utili” né componente negativa
di reddito per l’associazione, ma solo anticipazioni
finanziarie.
Dal 2012, con l’introduzione delle disposizioni di cui
all’art. 10 della legge n. 183/2011, è ammesso
l’esercizio della professione in forma di società
commerciali rispettando talune limitazioni ed
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indicazioni. L’Amministrazione Finanziaria, in tale
caso, inquadra i redditi derivanti da tale attività tra i
redditi d’impresa con regole differenti, che non
verranno trattate per esigenze di sintesi, nella
determinazione dell’imponibile.
Il reddito imponibile, è costituito dalla differenza tra
l’ammontare dei compensi in denaro o in natura
percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di
partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute
nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della
professione.
I compensi si intendono percepiti nel periodo d’imposta
quando avviene l’incasso (principio di cassa) sia a titolo
di acconto che di saldo della prestazione. Non si valuta
il periodo d’imposta cui sono riferite le prestazioni
(principio di competenza usuale nel reddito d’impresa).
Esemplificando se il professionista esegue una
prestazione odontoiatrica tra ottobre 2011 e febbraio
2012 pagata dal cliente interamente al termine della
stessa (febbraio 2012) il compenso avrà rilevanza
fiscale solo nel 2012, mentre per il 2011 avranno
rilevanza fiscale solo gli acconti eventualmente
corrisposti dai pazienti.
L’incasso di somme derivanti dal riaddebito a colleghi
di spese comuni non costituiscono compensi. Si tratta,
di solito, della suddivisione dei costi per l’uso della
medesima struttura (affitto, utenze, segreteria comune,
ecc) ma i cui contratti sono intestati ad uno solo.
Le spese sostenute possono essere deducibili dal
reddito interamente o parzialmente. La regola generale
impone che esse siano inerenti con l’attività esercitata e
siano adeguatamente documentate. Quindi non è
possibile dedurre spese estranee all’attività o
“camuffate” e documentate come spese inerenti
l’esercizio della professione. Un comportamento del
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genere può assumere, oltre che rilievo amministrativo,
anche penale. Ad esempio dedurre il costo di una fattura
per ripristino, manutenzione o rifacimento degli
impianti sanitari dello studio quando il lavoro è stato, in
realtà,
eseguito
presso
l’abitazione
privata
dell’odontoiatra configura l’ipotesi di reato di
utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti.
Sono interamente deducibili, nell’esercizio in cui sono
state sostenute, le spese:
− per prestazioni di lavoro subordinato o assimilato
(compresi i contributi previdenziali ed assistenziali)
ma escluse le retribuzioni o compensi al coniuge o ai
figli;
− per l’aggiornamento professionale (abbonamento a
riviste, libri o sussidi anche informatici);
− acquisto di software applicativo (di solito è bene
strumentale);
− per cancelleria;
− per forniture ed utenze;
− per prestazioni ricevute da altri professionisti (es.
commercialista o avvocato);
− per canoni relativi alla locazione degli immobili
esclusivamente destinati alla professione;
− ecc.
Sono parzialmente deducibili, secondo particolari
percentuali e regole, le spese:
− per acquisto di oggetti d’arte, antiquariato o
collezione (in ragione dell’1% dei compensi
percepiti nel periodo) o altre spese di
“rappresentanza”;
− per alberghi o ristoranti (75% dell’importo fino a un
tetto del 2% dei compensi percepiti nel periodo).
Trattasi di spese di trasferta, vitto e alloggio fuori
dal territorio comunale di dipendenti, o sostenute per
conto del professionista (in tale ultimo caso
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adempiendo ad alcune prescrizioni sono deducibili
interamente);
− per congressi, convegni e corsi di aggiornamento –
comprese le spese di viaggio e soggiorno – cui
partecipa l’odontoiatra sono deducibili – in ragione
di una percentuale pari al 50%. Ricordando che le
spese per vitto e alloggio, come sopra detto, sono
deducibili al 75% l’effettiva deduzione per tali spese
sostenute in tali occasioni risulta del 37,5%.
Per le spese relative a beni strumentali all’attività, sia
di proprietà che in leasing, esistono regole particolari
dettate da esigenze di evitare “abusi” e tenendo conto di
alcuni usi “promiscui” (personale e professionale). Si
citano ad esempio:
− veicoli: esiste la possibilità di dedurre costi riferiti
ad un solo veicolo per professionista (in caso di
esercizio in forma associata un veicolo per “socio”)
sia esso ciclomotore, moto o auto ed una limitazione
quantitativa
pari
ad
una
percentuale
dell’ammortamento o del canone di leasing (40%)
entro certi tetti massimi (costo del veicolo o canone
di leasing);
− acquisto di beni necessari alla professione quali
macchinari, strumentazione, ecc: si procede con
l’ammortamento – se bene di proprietà - secondo le
percentuali annue fissate dal decreto ministeriale o
con la deduzione dei canoni di leasing se si è scelta
tale opzione. Non si applica l’ammortamento
cosiddetto “anticipato” o “accelerato”e la deduzione
delle quote inizia anche se il bene non è stato
utilizzato;
− l’ammortamento (o i canoni di locazione finanziaria
o noleggio) delle spese afferenti la telefonia e le
comunicazioni,
quali
cellulari,
telefax,
apparecchiature per connessione internet (modem e
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reuter) nonché relative manutenzioni sono deducibili
all’80%. Il computer anche se in grado di
comunicare con i vari sistemi attualmente disponibili
è deducibile al 100% se utilizzato in studio;
− beni immobili utilizzati solo ai fini della professione:
dall’ 1/1/2010 non è possibile dedurre la quota di
ammortamento per quelli di proprietà, né gli
eventuali canoni di leasing. Sono deducibili le spese
condominiali e gli interessi passivi (mutuo o
finanziamento che sia) mentre hanno limitazioni
quelle per manutenzioni ordinarie o straordinarie o
ristrutturazione (5% del costo complessivo di tutti i
beni materiali ammortizzabili e l’eccedenza nei 5
anni successivi. Il limite si applica anche alla
deduzione di tali spese in caso di utilizzo dei locali
in virtù di un contratto di locazione).Per i beni
immobili ad uso promiscuo (sempre dall’ 1/1/2010)
la deduzione si riduce alla metà ed è ammessa a
condizione che nello stesso Comune il professionista
non disponga di altro immobile destinato
esclusivamente ad attività professionale.
Concorrono alla determinazione del reddito imponibile
anche le plusvalenze e le minusvalenze realizzate a
seguito della cessione di beni strumentali (ovvero della
loro destinazione ad uso personale, familiare o ad altri
usi estranei all’attività).
L’Imposta sul Valore aggiunto (IVA- D.P.R.
633/1972) e gli obblighi conseguenti
Di norma l’odontoiatra effettua prestazioni esenti da
IVA cioè non va aggiunta tale imposta al valore della
prestazione resa. La norma di riferimento è l’art. 10,
comma 1 n.18 del DPR n. 633/72 ed opera al sussistere
del requisito oggettivo (ovvero prestazione per diagnosi,
cura, riabilitazione resa alla persona con il fine di
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ristabilire o mantenere la salute ovvero tutelarla
attraverso la prevenzione) e soggettivo (cioè resa da
persone abilitate all’esercizio della professione o
riconosciute
dalla
normativa
come
tali).
Conseguentemente se l’odontoiatra effettua una
consulenza legale (es. in ambito assicurativo) o riceve
dei compensi quale relatore di un convegno medico, tali
prestazioni saranno assoggettate ad IVA secondo
l’aliquota vigente (ora il 21%).
In ogni caso non sussistono esoneri riguardanti gli
obblighi di certificazione degli introiti. L’odontoiatra
deve emettere un documento fiscale (parcella, notula o
fattura) in duplice esemplare (uno per il cliente uno da
lui trattenuto) entro il giorno stesso del pagamento
(anche per acconti sulla prestazione), nel quale vanno
indicati alcuni elementi essenziali:
dati identificativi del professionista e del cliente,
numerazione e data, descrizione delle prestazioni
eseguite, titolo di esenzione (la norma sopra citata) o
IVA applicabile in caso contrario.
Il documento va spedito o consegnato al cliente.
Spesso capita di emettere parcella per prestazioni rese a
minori. Sicuramente nella descrizione occorre precisare
che la stessa è resa al minore ma a chi intestare il
documento? E’ corretto intestarlo a chi paga fungendo
così il professionista da “certificatore” di chi sopporta
l’onere della spesa per il minore. Infatti la nota
detrazione dalle imposte sul reddito (pari 19%) spetta a
colui che ha effettivamente pagato. Si deve evitare di
cedere a richieste di intestazioni di “comodo” quando
l’effettivo pagamento è fatto, ad esempio, dall’altro
genitore. È corretto farlo se il pagamento avviene con
assegno non trasferibile avente quale beneficiario
l’odontoiatra ed emesso ad esempio dal padre del
minore mentre lo consegna la madre del minorestesso.
In tale caso la stessa svolge una solo funzione di
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consegna e la parcella va intestata a colui che emette
l’assegno. E’ anche corretto intestare la fattura al
minore, indipendentemente da chi paga, dato che in tale
evenienza la detrazione fiscale sarà ripartita pro-quota
tra i genitori.
La
non
assoggettabilità
all’IVA
determina
l’applicazione dell’imposta di bollo (Euro 1,81) per
corrispettivi superiori a euro 77,47. La vecchia marca
da bollo ora è sostituita dal contrassegno telematico.
L’obbligo ricade sul professionista, che può addebitare
l’importo al cliente indicandolo in fattura. In caso di
mancato pagamento sono solidalmente responsabili nei
confronti dell’Erario sia l’odontoiatra che il paziente.
Sull’acquisto di beni o servizi l’odontoiatra paga l’IVA
(secondo le aliquote vigenti) ma essa rimane
interamente un costo a suo carico non potendo,
normalmente, essere detratta. La motivazione risiede nel
fatto che le proprie prestazioni sono esenti, non
incassando IVA da versare all’Erario a cui contrapporre
l’IVA pagata. Tuttavia se l’odontoiatra effettua una
percentuale di operazioni imponibili (magari perché
svolge consulenze legali per conto di un giudice) la
fattura emessa dall’odontoiatra va assoggettata ad IVA
con aliquota del 21% e da ciò sorge il diritto per
l’odontoiatra di portare in detrazione una parte dell’IVA
sugli acquisti, secondo il meccanismo del cosiddetto
pro-rata di detraibilità. Il pro-rata è dato dal rapporto tra
l’ammontare delle operazioni assoggettate ad IVA ed il
totale delle operazioni effettuate dall’odontoiatra.
Facciamo un esempio pratico: un odontoiatra nell’anno
2011 ha conseguito un volume d’affari di di € 200.000,
di cui € 170.000 per prestazioni sanitarie (pertanto
esenti da IVA) ed € 30.000 per consulenze legali in
ambito assicurativo (pertanto assoggettate ad IVA). Il
pro-rata è dato dal rapporto tra 30.000 e 200.000 e nel
nostro caso sarà pari al 15%.
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In questo caso l’ odontoiatra potrà detrarre il 15%
dell’IVA pagata sugli acquisti inerenti l’attività
professionale.
Se ha solo occasionalmente svolto un’operazione
imponibile (purché ciò non si ripeta con sistematicità) il
meccanismo non opera.
L’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP –
D.LGS. 446/1997).
Questa imposta è al centro di numerose dispute tra
Amministrazione Finanziaria e professionisti. Essa può
definirsi un’imposta locale dato che si applica alle
attività produttive esercitate nel territorio. Presupposto
di tale imposta è il valore prodotto da un’attività
organizzata
autonomamente.
Il
suo
campo
d’applicazione include anche le persone fisiche titolari
di redditi di lavoro autonomo (non occasionale), quindi
il professionista. Conseguentemente il professionista
che non ha una struttura produttiva autonomamente
organizzata è esente da IRAP. Ma quando l’assunto può
effettivamente dirsi realizzato in concreto?
Volendo sintetizzare i principi fondamentali enunciati
da autorevole dottrina e giurisprudenza si possono trarre
le seguenti conclusioni, tenuto conto che il tributo
colpisce una capacità produttiva impersonale ed
aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista:
•
sicuramente si applica se l’attività odontoiatrica è
esercitata in forma di società commerciale
(l’elemento organizzativo è connaturato a tale
forma);
•
l’Amministrazione Finanziaria (recependo le
ultime sentenze della Cassazione) presume
esistente l’autonoma organizzazione in presenza di
società semplice esercente arti o professioni
(quindi l’esercizio della professione in forma
associata). Pur tuttavia all’odontoiatra rimane la
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possibilità di dimostrare che il reddito
dell’associazione deriva dal solo lavoro dei singoli
associati, evitando la tassazione IRAP (Cass.
N.22386 del 03.11.2010);
•
l’esercizio della professione, in forma non
associata, è soggetto a IRAP quando esiste una
struttura autonomamente organizzata desumibile,
sempre verificando il singolo caso, ad esempio
anche da uno dei fattori elencati:
− utilizzo di lavoro altrui in maniera non
occasionale ivi compreso l’affidamento a terzi
in maniera non saltuaria di prestazioni tipiche
dell’odontoiatra. Di contro non rilevano quelle
attività estranee (consulenza ed assistenza
tributaria o legale);
− utilizzo di beni strumentali eccedenti quelli
strettamente necessari quale la strumentazione
tecnica e di supporto (di solito si valuta il
valore o la quantità delle stesse).
Ne consegue che il professionista che ritiene di essere
nelle condizioni di “esenzione” dall’IRAP, proprio
perché la sua attività professionale è fondata solo sul
suo personale apporto e minimamente ausiliata da altri
elementi, dovrà essere in grado di dimostrarlo con
idonea documentazione. E’ un suo onere. Sicuramente
l’Amministrazione Finanziaria attingerà le informazioni
necessarie
al
corretto
inquadramento,
dalla
dichiarazione dei redditi, dall’allegato modello degli
studi di settore, dalle scritture contabili.
Sulla procedura pratica da adottare in caso si decida,
sulla base della situazione riscontrata, di non essere
soggetto IRAP è bene consultarsi con il proprio
consulente fiscale che potrà optare tra varie strade
possibili, quali, a solo titolo di esempio: presentare la
dichiarazione IRAP, pagare l’imposta e chiederne il
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rimborso (allegando la documentazione probante);
presentare la dichiarazione IRAP ma evidenziando una
base imponibile pari a zero; ecc..
La base imponibile dell’IRAP è ottenuta sempre dalla
differenza tra compensi e spese ma tra queste non
potranno includersi (ai fini della deduzione) interessi
passivi e spese per prestazioni di lavoro (salvo alcune
particolarità). Anche le plusvalenze e le minusvalenze
concorrono alla base imponibile IRAP. L’aliquota
applicabile è del 3,9% ma le Regioni hanno la
possibilità di variarla entro un range dello 0,92.
I regimi contabili e l’influenza
determinazione del reddito.
sulla
La determinazione del reddito dei professionisti avviene
in base alle scritture contabili, nelle quali vanno annotati
proventi e spese. Tali scritture potranno tenersi in forma
cartacea, meccanografica o con strumenti informatici
detenuti:
− direttamente dal contribuente nel luogo di
esercizio dell’attività;
− presso terzi (es. commercialista) purché questo
rilasci apposita attestazione nella quale si
indica tale tenuta (va esibita in caso di
controllo da parte di personale appartenente
all’Amministrazione Finanziaria altrimenti
scatta una sanzione).
Contabilità Semplificata
La Contabilità semplificata è il regime “naturale del
professionista”. Essa prevede la tenuta delle seguenti
scritture contabili obbligatorie:
•
Registro degli incassi e pagamenti in cui si
annotano entro 60 giorni e cronologicamente
incassi e spese sostenuti (esistono dati minimali da
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indicare, tra cui gli estremi del documento e le
operazioni non soggette a registrazione ai fini Iva
quali le quote di ammortamento);
•
Registro IVA acquisti e Vendite. E’ alternativo al
precedente. In esso andranno annotate anche le
spese di cui si è appena fatto cenno (es. quote di
ammortamento);
•
Libro Unico del lavoro quale scrittura per il
personale dipendente.
Dal 1° gennaio 2012, i lavoratori autonomi che
effettuano incassi e pagamenti solo con mezzi
interamente tracciabili possono, sostituire le scritture
contabili, con la conservazione degli estratti conto
bancari (art. 14 comma 10 L. n. 183/2011). E’
comunque opportuno che, in tal caso, il professionista
tenga appositi prospetti atti a dimostrare le spese che
non hanno determinato uscite nel periodo d’imposta (es.
ammortamenti) proprio per evitare contestazioni da
parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Contabilità Ordinaria
E’ un regime opzionale (e revocabile) che il
professionista sceglie sia comunicandolo all’Agenzia
delle Entrate attraverso apposita comunicazione sia in
sede di dichiarazione ma tenendo già in concreto la
contabilità
secondo
tale
regime
(cosiddetto
comportamento
concludente).
Chiaramente
la
contabilità è soggetta a qualche maggiore formalità e
prevede l’istituzione di:
•
Registro cronologico in cui vanno annotati entro
60 giorni e cronologicamente tutte le componenti
di reddito oltre i relativi movimenti finanziari.
Viene anche tenuto in partita doppia;
•
Libro Unico del lavoro quale scrittura per il
personale dipendente.
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•
Registro IVA acquisti e Vendite;
•
Registro dei beni ammortizzabili.
Questi ultimi due registri potrebbero essere non tenuti se
le scritturazioni vengono eseguite nel registro
cronologico seguendo le disposizioni Iva; ma questa
scelta, nella pratica, difficilmente viene adottata dal
professionista.
“Nuove iniziative”
E’ un regime opzionale e particolare cui il professionista
può aderire al sussistere delle seguenti condizioni:
• requisito dell’inizio attività (cioè non aver
esercitato nel triennio antecedente attività
professionale, anche in forma associata) e
novità (cioè l’attività non deve risultare una
prosecuzione di altra già in precedenza svolta);
• l’ammontare dei compensi da lavoro autonomo
non deve superare Euro 30,987,41;
• si deve adempiere agli obblighi previdenziali
ed assicurativi.
Gli adempimenti contabili sono ridotti: si devono
emettere le relative parcelle, conservare la
documentazione afferente le spese e tenere il solo libro
unico del lavoro (in presenza di dipendenti o
collaboratori). Il reddito è soggetto ad un’imposta
sostitutiva del 10% (sostituisce IRPEF e relative
addizionali) ed il reddito di lavoro autonomo non si
cumula nel reddito complessivo. I contribuenti possono
farsi assistere negli adempimenti dagli uffici
dell’Agenzia delle Entrate competente.
“Contribuenti minimi”
E’ un regime opzionale cui il professionista può aderire,
per l’anno d’inizio dell’attività e per i quattro
successivi, al sussistere delle seguenti condizioni:
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•
requisito dell’inizio attività e novità (uguale al
precedente ma si può optare per questo se
l’odontoiatra ritiene di essere in possesso degli
altri requisiti);
• l’ammontare dei compensi da lavoro autonomo
non deve superare Euro 30,000;
• acquisto dei beni strumentali per un valore non
superiore ad Euro 15.000;
• assenza di lavoratori dipendenti.
I contribuenti in tale regime sono esonerati da obblighi
di registrazione e tenuta delle scritture contabili mentre
debbono conservare i documenti emessi e ricevuti. Il
reddito si determina sempre come differenza tra
compensi e spese ma tra queste ultime si segnala che:
− non valgono le limitazioni riferite a quelle
“alberghiere” o di “ristorazione”;
− non si è soggetti a studi di settore o parametri.
Sul reddito così ottenuto (che non confluisce nel
reddito complessivo del soggetto) si applica un’imposta
sostitutiva del 5% (sostituisce IRPEF e relative
addizionali). In questo caso si è esenti da IRAP.
“Contribuenti minimi residuali”
E’ un regime opzionale cui il professionista che ha gli
stessi requisiti del regime dei minimi, ma non quello
della novità, può aderire.
Anche in questo caso vengono riconosciuti i ridotti
adempimenti contabili e l’esonero da obblighi di
registrazione e tenuta delle scritture contabili mentre
bisogna conservare i documenti emessi e ricevuti. Il
reddito si determina sempre come differenza tra
compensi e spese, ma ad esso non si applica alcuna
imposta sostitutiva, andando a confluire tra il reddito
complessivo del soggetto per essere sottoposto alle
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aliquote ordinarie. Anche in questo caso si è esenti da
IRAP.
Non ci si può più avvalere di tale regime se non si
posseggono più i requisiti previsti per legge.
“Regime premiale per favorire la trasparenza”
E’ un regime particolare che andrà in vigore a
decorrere dal 01 gennaio 2013 cui il professionista,
pur continuando ad essere nel regime semplificato (il
suo “naturale”) potrà aderire beneficiando di una serie
di agevolazioni e semplificazioni rispettando le seguenti
condizioni:
• provvedere
all’invio
telematico
all’Amministrazione Finanziaria delle fatture
emesse e ricevute e delle risultanze degli
acquisti e cessioni non soggetti a fattura;
• istituire un conto corrente dedicato ai
movimenti finanziari relativi all’attività
professionale.
Si noti che tale ultima condizione è un “ritorno” alla
disposizione del c.d. Decreto Bersani del luglio 2006
che imponeva l’istituzione di un conto corrente per la
professione, obbligo poi soppresso da successive
disposizioni e che dal prossimo 1° gennaio sarà
obbligatorio se si vorrà optare per tale regime.
Di contro si potrà beneficiare:
− di
semplificazione
negli
adempimenti
amministrativi;
− assistenza da parte dell’Amministrazione
Finanziaria negli adempimenti (L’Agenzia
delle Entrate predisporrà la dichiarazione
IRPEF e IRAP sulla base dei dati comunicati);
− accelerazione di rimborsi o compensazioni Iva
(agevolazione non utile agli odontoiatri);
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−
riduzione di un anno dei termini di decadenza
per l’attività di accertamento (salvo presenza
reati tributari) ed esclusione dall’applicazione
di presunzioni semplici in caso di accertamento
per contribuenti non soggetti a studi di settore.
Si sarà esonerati dalla tenuta delle scritture contabili, ma
resterà l’obbligo di conservazione dei documenti emessi
e ricevuti. I dettagli, ancora da definire, contribuiranno a
delineare i reali vantaggi permettendo la valutazione
sulla convenienza di tale regime anche da parte dei
professionisti del campo medico.
L’uso del contante.
La limitazione dell’uso del contante, nata dall’esigenza
di contrastare il fenomeno del riciclaggio ha assunto
sempre più finalità di natura fiscale. Anche la “stretta
normativa” sui limiti ai saldi dei libretti al portatore,
sulle clausole di trasferibilità degli assegni, sul
trasferimento di denaro all’estero, vanno viste nella
medesima ottica.
Allo stato attuale, dal 6 dicembre 2011, sono vietati i
pagamenti effettuati con denaro contante (anche tramite
trasferimento di libretti al portatore) per importi pari o
superiori a 1000 Euro (o più precisamente i
trasferimenti di denaro contante tra soggetti diversi a
qualsiasi titolo). Tali trasferimenti sono vietati anche
quando si ricorre al frazionamento dei pagamenti per
eludere la norma, cioè quando si effettuano nell’arco di
un breve tempo pagamenti di importo unitario inferiori
ai 1.000 Euro, ma che sommati tra di loro superano tale
soglia.
Quindi, l’odontoiatra, non dovrà accettare o eseguire
pagamenti in contanti quando l’importo è pari o
superiore alla soglia anche se documentato da fattura o
parcella.
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Si dovrà ricorrere ad assegni (con clausola di non
trasferibilità con indicazione del beneficiario), bonifici,
POS, società di moneta elettronica, intermediari abilitati
che provvederanno ad effettuare il trasferimento di
fondi in piena regolarità.
La violazione della norma determina specifiche sanzioni
amministrative.
Ma anche la notizia di eventuali infrazioni (acquisita da
intermediari finanziari, da professionisti - quali ad
esempio il commercialista - o dagli altri operatori
individuati dalla Legge) fa scattare l’obbligo della
comunicazione alla Guardia di Finanza dell’operazione
ritenuta irregolare che sarà oggetto di approfondimento
e se ne verrà ravvisata l’utilizzabilità ai fini
dell’accertamento di maggior reddito, sarà comunicata
all’Agenzia delle Entrate.
Come comportarsi in caso di visite ispettive
della Guardia di Finanza (o dell’Agenzia
delle Entrate).
Com’è noto l’Amministrazione Finanziaria attraverso
l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza effettua
specifiche attività ispettive finalizzate a verificare la
veridicità e la congruità dei redditi dichiarati, delle
imposte dovute e pagate, nonché la correttezza della
tenuta delle scritture contabili obbligatorie e
all’acquisizione di altre informazioni necessarie ai fini
dell’accertamento sul reddito e/o delle altre imposte e
tasse.
Già da tempo la Legge 212/2000, nota come Statuto dei
diritti dei Contribuenti, disciplina i rapporti tra Fisco e
Contribuente garantendo a quest’ultima categoria una
serie di diritti, ma prevedendo allo stesso tempo anche
una serie di obblighi. In particolare viene istituita la
figura del Garante cui il contribuente può rivolgersi in
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caso ritenesse di essere stato leso nei propri diritti per un
comportamento non conforme dei funzionari civili o
militari dell’Amministrazione Finanziaria.
Di norma l’attività ispettiva compiuta dagli appartenenti
all’Amministrazione Finanziaria si distingue tra quella
svolta in ufficio e quella presso la sede del contribuente
(o suo consulente).
Istruttoria presso gli uffici
L’Amministrazione Finanziaria, esercitando specifici
poteri, può richiedere al contribuente dati e notizie
che si sostanziano, in estrema sintesi:
− in inviti a comparire di persona;
− compilare questionari;
− esibire o trasmettere atti o documenti.
Sono previste sanzioni amministrative per chi non
aderisce e, recentemente, anche sanzioni penali, nei casi
più gravi.
Ma le informazioni possono essere richieste anche a
terzi in relazione agli accertamenti nei confronti del
professionista. Ad esempio:
− richiedere informazioni e compilazione di
questionari a pazienti o fornitori dell’odontoiatra;
− acquisire da Notai, Conservatori dei registri
immobiliari o altri pubblici ufficiali atti, documenti
o informazioni;
− attivare lo scambio di informazioni con Stati esteri.
− acquisire da Istituti creditizi, finanziari, Poste
Italiane, società di assicurazione, dati e notizie
relativi al contribuente ispezionato (ciò avviene
telematicamente ed il contribuente è avvisato) ;
Quest’ultimo potere, noto come indagini finanziarie,
pone non pochi problemi al contribuente professionista
il quale viene chiamato a giustificare le movimentazioni
presenti in detti rapporti fornendo atti e documenti. In
21
particolare gli accrediti debbono trovare giustificazione
nelle scritture contabili ovvero bisogna dimostrare che
se n’è tenuto conto in sede di determinazione del
reddito. In alternativa si dovrà dare prova che sono
introiti da redditi esenti o somme che non rilevano nella
determinazione del reddito imponibile. Se non si è in
grado di dare questa dimostrazione il reddito verrà
rettificato in aumento per la presenza di detti compensi
presunti. È onere, quindi, del contribuente dare la
giustificazione delle somme e non degli appartenenti
all’Amministrazione Finanziaria.
Anche per i prelevamenti bisogna fornire idonea prova
documentale dell’uscita di dette somme evidenziando
che risultino dalle scritture contabili ed indicando le
generalità del beneficiario ovvero indicandone il
beneficiario se l’uscita è estranea all’attività
professionale. In assenza di tale prova questi
prelevamenti saranno considerati come compensi
presunti scaturenti da costi “occulti” non giustificati. E’
importante, quindi, per il professionista attenersi a
queste disposizioni e soprattutto accendere e tenere un
conto dedicato all’attività professionale dato che spesso
le indagini finanziarie si riferiscono ad annualità
trascorse in cui risulta difficile avere memoria delle
operazioni compiute. Chiaramente le spese personali
potranno essere inquadrate come tali in sede di
contraddittorio.
Istruttoria presso la sede del contribuente
Gli appartenenti all’Amministrazione Finanziaria hanno
il potere di accedere presso il luogo di esercizio della
professione, al fine di compiere l’attività ispettiva
(ispezioni, ricerche documentali e verifiche). Si ricorre
all’accesso per giustificate ragioni legate ad esigenze di
indagine e controllo sul luogo. I verificatori (funzionari
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dell’Agenzia delle Entrate o militari della Guardia di
Finanza) dovranno:
− esibire le loro tessere personali di riconoscimento
(anche i militari operano generalmente non in divisa
salvo casi del tutto eccezionali);
− mostrare la lettera d’incarico o foglio di servizio che
legittima l’accesso;
− enunciare
le
motivazioni
dell’accesso
e
dell’ispezione, i diritti (tra cui quello di farsi
assistere da un professionista abilitato) e gli obblighi
(non intralciare le operazioni ispettive, collaborare,
esibire la documentazione richiesta e fornire
adeguati chiarimenti, ecc);
Gli stessi hanno facoltà di effettuare ricerche ed
acquisire la documentazione utile all’attività ispettiva.
Non può essere opposto rifiuto all’esibizione di
documentazione sanitaria dei pazienti per motivi di
tutela della Privacy poiché questo diritto ha la stessa
tutela costituzionale del diritto all’accertamento della
capacità contributiva di ciascun soggetto che produca
reddito sul territorio nazionale. I verificatori avranno
cura di trattare i dati solo per finalità fiscali garantendo
l’adeguata riservatezza dei dati sensibili.
L’accesso presso gli studi professionali richiede la
presenza del titolare dello stesso. Per cui, in caso di
assenza, l’odontoiatra sarà invitato a conferire, anche
via fax ma contestualmente, apposita delega. Durante le
ricerche il professionista o il suo delegato deve assistere
i verificatori. Sarà lui a dare l’autorizzazione ad aprire
borse o casseforti o plichi chiusi ovvero, in caso di
rifiuto, gli stessi verificatori potranno chiedere
l’autorizzazione al Procuratore della Repubblica
competente, autorizzazione necessaria anche in caso di
perquisizioni personali.
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L’accesso nei locali destinati ad abitazione del
professionista
è
sempre
effettuato
previa
autorizzazione del procuratore della Repubblica, che
provvede in presenza di gravi indizi di violazione alle
norme tributarie.
Tale attività “invasiva”, viene svolta a sorpresa, ma
deve essere compiuta arrecando minor turbativa
possibile e normalmente negli orari di apertura dello
studio.
La documentazione acquisita può essere cautelata in
luoghi ritenuti idonei suggellando gli stessi.
La permanenza presso la sede del contribuente (o
presso il suo commercialista se il contribuente
preferisce che in tal luogo venga condotta l’attività e vi
è disponibilità da parte del fiscalista) non può durare più
di 15 giorni (periodo ridotto dall’art. 7 comma 2 lett.c)
del D.L. n. 70/2011 conv. con mod. il L. n. 106/2011)
prorogabili di altri 15 giorni per casi complessi in un
arco di un trimestre. I giorni sono conteggiati come
giorni lavorativi di effettiva presenza presso la sede del
contribuente.
L’accesso, le operazioni avvenute e quelle giornalmente
compiute sono documentate da un atto noto come
Processo Verbale di Verifica mentre l’esito complessivo
dell’ispezione viene riepilogata nel Processo Verbale di
Constatazione ove si indicano anche i rilievi. In
entrambi gli atti il contribuente può formulare
osservazioni o fare dichiarazioni.
E se dal controllo emergono rilievi…
Nel caso in cui le attività ispettive dovessero
concludersi con la constatazione di uno o più violazioni
il consulente fiscale suggerirà le fasi da percorrere che
sono, a titolo meramente esemplificativo:
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−
adesione al processo verbale di constatazione
(P.V.C.) o agli inviti al contraddittorio;
− formulazioni di osservazioni e produzione di
documenti (entro 60 giorni dalla notifica del
P.V.C.);
− richiesta di accertamento con adesione;
− acquiescenza o definizione agevolata di sole
sanzioni;
− ricorso in Commissione tributaria,
− ecc.
Ogni strada deve essere intrapresa valutando il singolo
caso e contemperando vantaggi e rischi nonché costi
della procedura.
Un breve cenno agli Studi di Settore.
Rappresentano uno strumento inquadrabile tra la
tipologia degli accertamenti analitico-induttivi.
In sostanza l’Amministrazione Finanziaria ha chiesto
alle varie categorie di comunicare una serie di dati
riguardanti la propria attività (numero di dipendenti,
valore beni strumentali, locali utilizzati, ecc). Essi
vengono comunicati attraverso apposito modello
allegato alla dichiarazione dei redditi. La veridicità degli
stessi può essere anche oggetto di riscontro sul posto da
parte dei funzionari del Fisco. Nel tempo
l’Amministrazione Finanziaria li ha elaborati e validati
al fine di individuare un reddito probabile per le varie
categorie di imprenditori e professionisti, anche con
specifici aggiornamenti. Il professionista inserendo i
suoi dati nel software gratuito GE.RI.CO. verifica se il
suo reddito è in linea o meno con le risultanze del
reddito teorico.
In particolare si parlerà di “congruità” con i compensi
teorici e di “coerenza” con i principali indicatori
economici. Al sussistere di tali risultati nessun
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adempimento ulteriore è richiesto al contribuente
dall’Amministrazione Finanziaria, mentre in caso di
divergenza il professionista è chiamato a delle scelte
che, in sintesi possono così riassumersi:
− adeguarsi ai parametri teorici dichiarando
maggiori compensi;
−
non adeguarsi ai parametri teorici ed
esponendosi, di fatto, al possibile controllo
dell’Amministrazione Finanziaria che potrà
utilizzare i dati degli Studi di settore come una
presunzione fiscale di occultamento di base
imponibile.
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