LE NUOVE MOBILITÀ IN EUROPA IL SISTEMA ACLI NELL’EUROPA CHE CAMBIA PAOLA VACCHINA Il sistema Acli nell’Europa che cambia - Paola Vacchina Le migrazioni da sempre sono una cartina di tornasole che evidenzia la vera identità di un Paese. I fenomeni migratori, nello scompaginare costumi, tradizioni, prassi mettono in evidenza non tanto la situazione del Paese di partenza, ma soprattutto il sentire più profondo, le contraddizioni, gli orientamenti del Paese che si trova ad accogliere persone portatrici di culture, fedi, visioni e modelli nuovi, diversi quando non alternativi. In tal senso le migrazioni verso l’Europa e nell’Europa prima che un fenomeno da “gestire” e “programmare” sono interessanti perché ci costringono a leggere alla prova dei fatti, e quindi oltre facili e scontati luoghi comuni, come sta cambiando l’Europa, verso cosa si sta orientando e quale nuova identità, spesso molto diversa dai suoi principi ispiratori, sta definendo. L’Europa delle origini si è pensata come un luogo politico e uno spazio sociale in cui si tentasse di riconoscere pari dignità a tutti gli individui, a prescindere dalla loro origine etnica e religiosa. Per far questo ha creato uno spazio geografico che consentisse agli Stati membri di salvaguardare e di potenziare il proprio patrimonio democratico, e alle persone di spostarsi, di incontrarsi, di sentirsi europei. Uno spazio democratico che facesse fronte alle derive totalitarie, che impediscono de facto lo sviluppo di luoghi di composizione di progetti politici, religiosi e culturali differenti, ma anche a “potentati” fluidi e incorporei che impongono la proprio azione economica e sociale a prescindere da qualunque processo democratico e di giustizia sociale. Se questo è vero l’Europa non può prescindere dal normare il commercio, la finanza, il lavoro, i diritti sociali, la moneta e soprattutto le regole di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini alla costruzione della vita democratica. D’altro canto l'Europa non ha potuto prescindere, fin dalle origini, dal darsi una politica di estensione: “estensione” di questi diritti a soggetti che ne sono esclusi attraverso l'inclusione di Paesi confinanti ed estensione intesa come occasioni di dialogo e confronto con Paesi con sistemi politici economici e sociali diversi, a volte antitetici. Un’Europa, quindi, capace di tutelare i soggetti più deboli, pronta ad accogliere progressivamente nuovi stati al proprio interno, ma anche un’Europa capace di guardare oltre i propri confini più o meno naturali, ma innanzitutto al bacino del Mediterraneo. Questi obiettivi negli anni si sono perseguiti con slanci di grande entusiasmo. Noi ci abbiamo creduto convintamente e ancora ci crediamo! Oggi non c’è dubbio però che vivano una fase di grande difficoltà e di stallo. L’euroscetticismo è il cavallo di battaglia di partiti che governano alcuni Paesi dell’Eurozona; il processo normativo pare involuto in sola burocrazia; l’estensione dell’Europa è auspicato e voluto da Paesi con economie in difficoltà, mentre è ignorato o avversato dai Paesi con gradi di democrazia e di prosperità economica percepiti come superiori; il Mediterraneo da crogiolo di culture è diventato il fossato a difesa della cittadella dei garantiti. PAGINA 1 LE NUOVE MOBILITÀ IN EUROPA IL SISTEMA ACLI NELL’EUROPA CHE CAMBIA Individuati alcuni macro processi in atto e senza addentrarsi in discorsi eccessivamente analitici, non vi è dubbio che le Acli con i loro servizi in un contesto in divenire siano chiamate a trasformare la propria presenza ridefinendo la propria idea di Europa oltre alla propria azione sociale. Un’idea che non può prescindere dal fatto, come dimostrato dalla storia dell’Europa dell’ultimo secolo, che l’inclusione sociale sia premessa e fondamento della ripresa economica e non zavorra o limite allo sviluppo e alla ricchezza come spesso oggi si sente dire. A questo proposito rimane interessante notare come lo “spostamento” verso l’Unione da Paesi extra europei sia chiamata “emigrazione”, con un’evidente sottolineatura negativa al fenomeno, mentre il fenomeno dello “spostamento” di persone all’interno dell’Unione acquisti il termine di “mobilità”, con una valenza più positiva. Il tutto nella consapevolezza, esclusivamente demografica, che l’Europa allo stato attuale per garantire lo stesso livello di produzione e di conseguenza di benessere economico non potrà prescindere dall’accogliere milioni di lavoratori extraeuropei nei prossimi decenni… vorrei tenere insieme nella mia riflessione entrambi i fenomeni. Su questa premessa le Acli negli anni hanno attivato alcune progettualità nei Paesi di emigrazione verso l’Europa e, da ultimo, anche dei progetti per sostenere la mobilità all’interno dell’Unione. La presenza del Patronato Acli, di Enaip e di Ipsia in Albania, Kosovo, Moldova, Romania, Ucraina, Marocco… (che Pino Gulia racconterà…) seppure in forme e specificità diverse rappresenta un’occasione importante per le Acli non tanto sul fronte dei servizi, ma soprattutto per la capacità di accompagnare percorsi tesi a sviluppare società civile e processi democratici in questi Paesi. In tal senso diventa fondamentale riuscire a garantire una presenza di “sistema” integrato che sappia andare oltre la semplice capacità di fornire una risposta qualificata alle prime domande di chi si appresta a vivere un’esperienza di emigrazione, ma che soprattutto sappia creare le condizioni personali, familiari e sociali attraverso cui la migrazione, da scelta obbligata per garantirsi una vita che abbia almeno una parvenza di dignità, possa trasformarsi in un processo che coinvolga il contesto arricchendolo anche da un punto di vista sociale e non depauperandolo con un esclusivo rimborso di piccole rimesse private. L’altro versante su cui negli ultimi tempi sta impegnando il patronato, ma anche l’Enaip riguarda la mobilità transnazionale, all'interno della UE. Non è un fenomeno nuovo, ma nell’ultimo decennio ha assunto una rilevanza e caratteristiche, come abbiamo sentito questa mattina, sono profondamente differenti rispetto all’emigrazione del passato…. Per quanto riguarda gli italiani non è facile sapere con esattezza quanti siano coloro che si muovono per lavoro, ma secondo i dati dell’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero) oltre il 50% degli quasi 4 milioni di Italiani residenti all’estero si è iscritto solo negli ultimi dieci anni all’anagrafe, e a questi si devono aggiungere le tante persone che non si iscrivono perché non interessate o perché non adeguatamente informate. La mobilità odierna degli italiani ha in ogni caso caratteristiche proprie che la distinguono dall’emigrazione del passato. Indubbiamente ci sono ancora molte persone che si trasferiscono per rispondere al bisogno impellente di trovare un lavoro e l’intendono come risposta estrema ad una disoccupazione crescente e senza prospettive. Però la mobilità professionale non è più solo risposta alla disoccupazione; sempre più spesso rappresenta una possibilità e di conseguenza una scelta concreta attraverso cui le persone cercano di soddisfare le proprie competenze professionali, trovare PAGINA 2 LE NUOVE MOBILITÀ IN EUROPA IL SISTEMA ACLI NELL’EUROPA CHE CAMBIA condizioni di lavoro più idonee, perseguire esigenze di carriera, conoscere nuove realtà non solo lavorative, ma anche e soprattutto sociali e culturali. E’ un fenomeno prevalentemente giovane quello della mobilità (circa il 50% dei nostri residenti all’estero ha un’età inferiore ai 40 anni), istruito (la maggioranza delle persone ha una laurea), consapevole. Sono persone che attraverso la loro esperienza, spesso anche temporanea, precorrono il superamento di concetti come quello di “frontiera” e di Stato nazionale. Per la stragrande maggioranza dei cittadini italiani, invece, ma spesso anche delle organizzazioni e delle istituzioni l’emigrazione è un fenomeno pensato al passato e in termini prevalentemente residuali: oggi si parla di “fuga di cervelli”, di “residenti all’estero”, tutt’al più si qualifica il termine “emigrazione” con la parola “professionale”. Poco si dice e si sa sulle dimensioni del fenomeno, sulle sue necessità, sulle opportunità insite in questo fenomeno, sulle complesse ragioni che lo sottendono. Le Acli presenti all’estero in questi anni hanno intercettato e realizzato una prima istantanea del fenomeno, rapidamente descritto, e registrato un numero crescente di domande relative alla consulenza previdenziale, giuslavoristica, assistenziale, fiscale proprie di chi instaura un rapporto di lavoro all’estero. Da tempo a fronte di questa situazione, nei nostri uffici si stanno strutturando e predisponendo nuovi strumenti (sviluppo di nuove competenze, messa a disposizione di opuscoli, offerta di consulenza specialistica..) per rispondere più efficacemente ai bisogni delle persone che si rivolgono agli sportelli del patronato non più e solo per questioni di carattere previdenziale. A partire da questa esperienza, suffragata anche dai dati sulla mobilità in Europa, si è deciso di avviare una sperimentazione che permetta di dare una prospettiva progettuale a questi interventi, ad oggi non ancora coordinati, nell’ottica di rispondere più efficacemente ai bisogni di questi lavoratori, di organizzare la presenza del patronato all’estero in un modo parzialmente diverso rispetto al passato e di organizzare una rete di consulenza che possa accompagnare nei loro vari spostamenti i lavoratori dell’Unione europea. Andarsene dal Paese d'origine, anche a fronte di una scelta consapevole e motivata e non di una necessità, può rappresentare un'impresa complessa. Le molteplici problematiche si possono raggruppare in due grandi filoni: le difficoltà concrete, tra cui l'abitazione, la lingua, il lavoro; le difficoltà di carattere psicologico come la paura verso un mondo in ogni caso sconosciuto, per quanto affascinante, oppure l'idea di ritornare nel proprio Paese senza il riconoscimento dell'esperienza lavorativa compiuta. Il principale bisogno che emerge da queste difficoltà riguarda indubbiamente l’orientamento sul lavoro. È nella maggioranza dei casi il lavoro che spinge le persone a staccarsi dalla propria famiglia, dai propri affetti e dalle proprie origini per sperare in qualcosa di meglio per sé ma anche, magari, per dare un futuro migliore ai propri figli. Chi arriva in un Paese nuovo porta dietro di sé una serie di aspettative che non sempre vengono soddisfatte, contribuendo ad aumentare lo stato di incertezza personale. Da qui l’attenzione a soddisfare anche altri bisogni quali l’assistenza sanitaria, la ricerca dell’alloggio, l’informazione istituzionale di base, l’informazione sulle proposte culturali e sociali del Paese. Problematiche molto concrete con cui ogni cittadino-lavoratore deve confrontarsi. PAGINA 3 LE NUOVE MOBILITÀ IN EUROPA IL SISTEMA ACLI NELL’EUROPA CHE CAMBIA Un altro filone rimane quello di fornire a chi sperimenta un progetto di mobilità occasioni di incontro, aggregazione, riflessione. Si resta sbalorditi facendo una rapida ricerca su internet delle centinaia di siti che garantiscono consulenza, informazione, scambio, incontri fra gli italiani che risiedono in città come Londra, Brussels, Berlino. Spazi che trasudano di energia, vitalità, fantasia, che creano nuovi linguaggi, ma che soprattutto scompaginano e ignorano i soggetti “classici” della rappresenta (i sindacati, i partiti, le associazioni…) Riprendendo la premessa, è indubbio che i bisogni delle persone incontrate interroghino profondamente il senso della presenza oggi delle Acli all’estero, imponendoci anche di trasformarla per rispondere alle esigenze di cui queste persone sono portatrici, per perseguire con sempre maggior efficacia le nostre finalità istituzionali che permangono quelle di accompagnare e i lavoratori e i cittadini nell’ambito di quanto previsto dalle leggi e soprattutto di promuovere cittadinanza, partecipazione e democrazia. Vorrei concludere riprendendo un punto che ho accennato: riguarda il fatto che l'immigrazione da paesi extra UE e soprattutto la mobilità transfrontaliera o transnazionale sono fenomeni, sono percorsi di vita che riguardano prevalentemente giovani o giovani adulti. A questa osservazione voglio affiancare la constatazione positiva che un ricambio generazionale e' avvenuto anche nelle Acli: dentro i nostri servizi, (ENAIP e Patronato) forse ancor più che nella stessa associazione, ricambio che ha attinto in parte anche da questa stessa mobilità, attraverso il servizio civile, per esempio... Necessità di lasciare spazi di progettualità e di impegno e di responsabilità anche nel movimento a quarantenni e a giovani migranti. Questa e' la sfida per il futuro delle ACLI in Europa, una sfida cui dobbiamo concorrere tutti assieme, movimento e servizi, sia Patronato che ENAIP, il più possibile insieme. In quali direzioni: - nella accoglienza e con i servizi per le persone in migrazione - attraverso la creazione di occasioni formative, come ad esempio i tirocini o il sostegno nell'apprendimento della lingua - attraverso il mantenimento di legami con le proprie radici - ma anche con l'accompagnamento della società che accoglie, ad abbassare le diffidenze, le paure, attraverso la conoscenza reciproca... E non vorrei dimenticare un altro compito per il quale le Acli d'Europa tutte sono chiamate a collaborare: quello di avvicinare l'Italia all'Europa. REIS, ma anche programma per un sistema duale anche in Italia (i dieci punti per la IeFP). In questo la nostra presenza europea può esserci molto preziosa! Ma se progettiamo noi da soli...non andremo molto lontano! Mi diceva ieri un presidente europeo che afferma di essere al termine del suo impegno, sebbene sia ancora tra i più giovani e ci auguriamo contribuisca ancora a lungo al nostro lavoro..., "sarebbe come spremere limoni e pretendere che ne esca succo di mela"... Ci ha detto padre Tassello che c'è il rischio di chiuderci nel nostro ambiente, nei nostri circuiti, in cui si sta bene! Non che noi non contiamo, anzi! Ma dobbiamo dare spazio, creare occasioni, sostenere, facendo leva sulle nuove generazioni e le presenze anche femminili che già abitano la nostra associazione e forse ancor più i nostri servizi, a cui chiediamo un forte investimento, un grande aiuto in questo progetto! PAGINA 4