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IMPIANTI DI FITODEPURAZIONE DI ACQUE REFLUE
DA ZONA MUNGITURA E CASEIFICIO
Negli ultimi anni la riscoperta dei benefici ambientali
derivanti dalla fitodepurazione ne ha favorito una
rapida diffusione, con applicazioni finalizzate anche al
trattamento di acque di scarico di origine agricola ed
agro-industriale.
In Italia il ricorso a tale tecnologia è incoraggiato dalle
nuove Norme in materia ambientale (D.lgs 152/06), che
introducendo il concetto di “trattamento appropriato”
(allegato 5 alla parte terza, paragrafo 3) recita: “Per tutti
gli agglomerati con popolazione equivalente compresa
tra 50 e 2.000 AE (abitanti equivalenti) si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale
quali il lagunaggio o la fitodepurazione…”.
Nei comparti zootecnico ed agro-industriale la fitodepurazione può trovare concreta applicazione nel
trattamento delle acque reflue a minor carico organico
e di nutrienti, maggiormente affini agli scarichi civili,
come quelle prodotte nel corso delle operazioni di
mungitura in sala (associata alla stabulazione libera)
e di caseificazione.
Questo opuscolo si propone di divulgare le possibilità
applicative della tecnica di fitodepurazione a flusso
sommerso in agricoltura e più in particolare nella filiera
produttiva del Parmigiano-Reggiano, anche attraverso
l’illustrazione di esempi concreti di realizzazione e funzionamento di impianti aziendali seguiti dal CRPA.
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LA FITODEPURAZIONE
La fitodepurazione è un sistema naturale di purificazione delle acque basato sui processi fisici, chimici e biologici caratteristici
degli ambienti acquatici e delle zone umide. È una tecnica a basso consumo energetico, basso impatto ambientale, di semplice
conduzione e decentrabile sul territorio.
A seconda dei contesti le acque in uscita dagli impianti di fitodepurazione vengono generalmente scaricate in acque superficiali,
oppure sono riutilizzate (ad esempio a fini irrigui).
 APPLICAZIONI IN AGRICOLTURA
La fitodepurazione può trovare applicazione in particolari contesti di tipo agricolo o agro-industriale, ma per essere applicabile ed
economicamente conveniente devono verificarsi contemporaneamente le seguenti circostanze:
 produzione di elevate quantità di reflui con bassi carichi organici e di nutrienti;
 difficoltà a realizzare grandi bacini di stoccaggio adeguati all’accumulo dei reflui prodotti e, quindi, impossibilità di effettuare il
loro utilizzo fertirriguo nei periodi più idonei per le colture;
 eccessiva lontananza della rete fognaria in cui potrebbero convenientemente essere convogliati i reflui.
La prima condizione è caratteristica ad esempio delle zone di mungitura nelle stalle a stabulazione libera e dei caseifici; la seconda
della maggior parte delle realtà aziendali agricole; la terza in special modo delle aree di collina e montagna e, più in generale, delle
aree agricole non ancora toccate dall’espansione della rete di collettamento delle acque reflue degli insediamenti civili.
I liquami zootecnici presentano concentrazioni di sostanza organica e nutrienti troppo elevate e pertanto non sono efficacemente
trattabili con la fitodepurazione. Anche la frazione liquida derivante dal trattamento di separazione solido-liquido non è sufficientemente alleggerita del carico di solidi e di nutrienti per potere essere trattata con questa tecnica, almeno nel nostro Paese, per le
elevate diluizioni richieste e gli impegni di superficie necessari per la realizzazione dei bacini.
 FITODEPURAZIONE A FLUSSO SOMMERSO
È questa la tipologia di impianti che, soprattutto per le caratteristiche di compattezza, trova maggiore applicabilità nelle nostre
condizioni. Prevede l’utilizzo di lagune impermeabili riempite con materiale inerte a diversa granulometria (pietrisco, ghiaia, sabbia),
sul quale vengono fatte sviluppare piante palustri.
Il materiale di riempimento, oltre a essere il supporto della vegetazione, svolge attivamente un’azione di filtrazione meccanica e costituisce, insieme agli apparati radicali, il substrato per l’adesione della pellicola biologica (batteri, funghi, protozoi, piccoli metazoi).
Due le tecniche di gestione possibili. La figura in seconda pagina (in alto) illustra come i reflui da trattare possono attraversare
le lagune scorrendo in direzione prevalentemente orizzontale, cioè dall’ingresso allo scarico collocato sul lato opposto (A), mantenendosi poco al di sotto della superficie libera dello strato di materiale inerte (flusso continuo), oppure verticale, cioè dall’alto
verso il basso (B), venendo distribuiti periodicamente su tutta la superficie del materiale inerte (flusso intermittente). Lo scorrimento
verticale intermittente delle acque ne permette l’ossigenazione, che invece è limitata negli impianti a flusso orizzontale.
Il tempo impiegato dalle acque per attraversare queste lagune è generalmente dell’ordine di alcuni giorni in flusso orizzontale e
di alcune ore in flusso verticale.
1
Schema di funzionamento di impianti a flusso sommerso orizzontale (A) e verticale (B)
Piante palustri
Ingresso reflui
Ciottoli
Ghiaia
Ciottoli
Scarico reflui
Sistema distribuzione reflui
Ingresso reflui
Sabbia
Ghiaietto
Ghiaia
Scarico reflui
Ghiaia grossa
La gestione di questi impianti non è onerosa e non richiede competenze specialistiche, ma in generale gli impianti a flusso orizzontale, una volta avviati, specie se svincolati da sistemi elettromeccanici di alimentazione, necessitano di minori controlli e interventi
di manutenzione rispetto a quelli a flusso verticale. Per questo motivo il CRPA ha finora preferito proporre e seguire la realizzazione
e il monitoraggio di questa tipologia di impianti più semplice da gestire.
Sistemi a flusso orizzontale o verticale possono essere utilizzati in combinazione tra loro, come illustrato nella figura sotto, al fine
di favorire alcuni processi depurativi.
Comuni combinazioni di sistemi a flusso sommerso orizzontale e verticale
1) Orizzontale-verticale: favorisce rimozione carico organico e solidi, nitrificazione
2) Orizzontale-verticale-orizzontale: favorisce rimozione carico organico e solidi, nitrificazione-denitrificazione
3) Verticale-orizzontale: favorisce nitrificazione-denitrificazione, utilizzabile per reflui con basso tenore di solidi
2
 IL RUOLO DELLE PIANTE
La piantumazione delle lagune di fitodepurazione viene solitamente effettuata con essenze igrofile caratteristiche delle nostre
latitudini (Phragmites, Typha, Juncus, Scirpus, Carex, ecc.).
Il ruolo principale delle piante è quello di favorire lo sviluppo della flora microbica, principale responsabile della depurazione biologica,
che si avvantaggia dell’ossigeno e degli essudati radicali forniti dai vegetali. L’assorbimento da parte delle piante delle sostanze
che contaminano le acque di scarico è infatti ridotto rispetto alla quantità che viene rimossa attraverso i processi biochimici che
si realizzano nella pellicola biologica adesa al materiale di riempimento. Per questo, asportare le piante non significa eliminare
quantità rilevanti di sostanze inquinanti e gli sfalci possono essere ridotti ad una volta all’anno.
ACQUE REFLUE DELLA ZONA DI MUNGITURA
Dalle operazioni di mungitura in apposita sala derivano notevoli volumi di reflui variamente contaminati da deiezioni animali, latte,
detergenti e disinfettanti. Considerato anche il loro basso contenuto di elementi fertilizzanti, lo stoccaggio e lo spandimento agronomico assieme agli altri effluenti zootecnici risultano problematici e non economici.
 QUANTITÀ E QUALITÀ DELLE ACQUE REFLUE
Nella tabella che segue si riportano i volumi di reflui normalmente prodotti in zona di mungitura.
Reflui derivanti dalla zona di mungitura in allevamenti a diversa capienza
Vacche in lattazione (*)
(n.)
Gruppi di mungitura
(n.)
Produzioni unitarie
(l/capo * d)
50
8
48
80
12
42
120
14
36
180
20
33
250
24
30
(*) Periodo di produzione di 305 giorni/anno.
La produzione unitaria di reflui tende a calare all’aumentare della consistenza della mandria, in quanto gli utilizzi non sono direttamente proporzionali al numero di capi in lattazione.
Si tratta di valori medi e non va dimenticato che una notevole eterogeneità dei dati si lega alla diversa organizzazione aziendale,
sia in termini di disposizione planimetrica e di superficie delle varie aree della zona di mungitura, sia relativamente allo svolgimento
delle operazioni di pulizia.
Le caratteristiche di qualità delle acque reflue della zona di mungitura sono riportate nella tabella sottostante, dove per zona “pulita” si intendono le aree non calpestate dagli animali (fossa del mungitore, sala del latte, impianto di mungitura) mentre per zona
“sporca” si intendono le aree calpestate (zona di attesa e poste di mungitura).
Caratteristiche qualitative delle acque reflue della zona di mungitura di stalle del comprensorio del Parmigiano-Reggiano
Derivazione
COD
(mg O2/l)
Azoto totale
(mg/l)
Fosforo totale
(mg/l)
Zona “pulita”
500-2.000
30-100
15-30
Zona “sporca”
6.000-10.000
250-400
45-80
COD: richiesta chimica di ossigeno, necessario per ossidare la maggior parte della sostanza organica presente nel refluo.
Va rilevato che anche le acque derivanti dalla zone “pulite” non presentano in alcun caso i requisiti qualitativi di legge per essere
scaricate, sia in forma tal quale sia dopo trattamento con fossa biologica, in acque superficiali.
 ACQUE DA DESTINARE ALLA FITODEPURAZIONE
Il ricorso alla fitodepurazione è ipotizzabile solo per le acque reflue prodotte nelle aree “pulite” della zona di mungitura. La restante quota di reflui, provenienti dalle aree calpestate dagli animali, non dovrebbe essere indirizzata alla fitodepurazione bensì allo
stoccaggio con i liquami, a causa del suo elevato contenuto organico e di nutrienti.
È allora importante, qualora si sia intenzionati ad applicare il trattamento di fitodepurazione, progettare la zona di mungitura in modo
da rendere possibile la separazione dei due tipi di refluo. Nei casi in cui la zona di mungitura sia già esistente e non si possano
agevolmente separare le due quote “pulita” e “sporca” di reflui, allora dovrebbe essere almeno contenuto il carico organico dello
scarico, facendo precedere al lavaggio delle aree calpestate dalle vacche una pulizia con raschietto dotato di lama in gomma, in
modo da allontanare “a secco” la maggior parte delle deiezioni solide.
3
ACQUE REFLUE DEL CASEIFICIO
La lavorazione del formaggio richiede condizioni di elevata salubrità ambientale per garantire lo svolgimento ottimale del processo
di caseificazione e la successiva maturazione del prodotto. Vengono pertanto impiegate acque di buona qualità per i lavaggi quotidiani delle attrezzature e dei pavimenti, allo scopo di rimuovere i residui di latte, siero e latticello, nonché le tracce di sporco.
 QUANTITÀ E QUALITÀ DELLE ACQUE REFLUE
Nei caseifici si riscontrano valori molto variabili di acque reflue, sia come portata unitaria sia come concentrazione, in dipendenza
dell’organizzazione dello stabilimento e dell’attenzione riposta dagli addetti ai lavaggi nel limitare le perdite di latte e siero e nel
contenere l’utilizzo di acqua.
Le acque reflue dei caseifici presentano in genere concentrazioni relativamente elevate di COD, BOD5, azoto e fosforo, in accordo
con la natura prettamente organica del carico inquinante presente in tale refluo: grassi del latte, carboidrati (lattosio), proteine.
Anche in questo caso i valori sono sempre tali da non permettere, sulla base della vigente normativa, lo scarico in acque superficiali
senza aver prima effettuato idonei trattamenti depurativi.
Caratteristiche quanti-qualitative delle acque reflue del caseificio per Parmigiano-Reggiano
Consumo idrico
(m3/d * t di latte lavorato)
COD
(mg O2/l)
BOD5
(mg O2/l)
Valore medio
1,8
1.500
700
Valore minimo
1,2
650
300
Valore massimo
2,5
3.000
1.400
Nei consumi idrici sono escluse le acque di raffreddamento estivo, generalmente riciclate.
BOD5: richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni, è la quantità di ossigeno richiesta per ossidare, tramite respirazione dei microrganismi presenti, la sostanza organica biodegradabile presente
nel refluo.
Le acque reflue del caseificio, rispetto a quelle provenienti dalle sale di mungitura, presentano come differenza principale un contenuto più ridotto di materiali solidi in sospensione. Per questo tali reflui non si prestano a trattamenti basati prevalentemente sulla
separazione solido-liquido. Questa caratteristica ne rende però meno difficile il trattamento in fitodepurazione a flusso sommerso,
che generalmente può essere praticato sulla quota totale di acque di scarico prodotte anche senza fare ricorso a pretrattamenti di
sedimentazione. Per il resto, le concentrazioni di sostanza organica e di nutrienti nei due tipi di acque generalmente manifestano
un buon grado di similitudine.
RISPETTO DELLA NORMATIVA
I principali riferimenti normativi sono il Dlgs 152 del 3 aprile 2006 (Norme in materia ambientale) quando le acque residue dai
lavaggi si classificano come “acque reflue industriali” e le normative regionali sugli scarichi quando si classificano come “acque
reflue domestiche”.
Si hanno “ acque reflue domestiche”:
a) nel caso delle acque reflue del caseificio, quando la materia prima lavorata (latte) proviene per almeno due terzi da aziende
agricole che esercitano anche l’attività di caseificazione;
b) nel caso delle acque reflue della mungitura, quando l’azienda pratica l’utilizzazione agronomica degli effluenti (liquami e letami)
e ha la disponibilità di almeno un ettaro di terreno per ogni 2,5 vacche da latte in produzione.
Nel caso dell’Emilia-Romagna queste acque possono essere scaricate in acque superficiali o nella rete fognaria nel rispetto della
Deliberazione di Giunta n. 1053/2003. Ai sensi del decreto interministeriale del 7 aprile 2006 sull’utilizzazione agronomica degli
effluenti (ex art. 38 del Dlgs n. 152/99), queste acque possono anche essere utilizzate a fini agronomici.
In tutti i casi diversi da a) e da b), si è in presenza di “acque reflue industriali”, che possono essere scaricate in acque superficiali
nel rispetto dei limiti di scarico della tabella 3 allegato 5 alla parte terza del Dlgs 152 del 3 aprile 2006 o nella rete fognaria, sempre
nel rispetto di questi limiti e di quelli posti dal Regolamento del Gestore del Servizio idrico integrato.
C.R.P.A. notizie
Direttore Responsabile Adelfo Magnavacchi. Testi di Paolo Mantovi, Sergio Piccinini, Giuseppe Bonazzi.
Revisione testi di Magda C. Schiff. Stampa Tecnograf - Reggio Emilia.
Ogni riproduzione, integrale o parziale, deve essere autorizzata dal CRPA
4
INDICAZIONI PER LA REALIZZAZIONE
E LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI
Di seguito si sintetizzano i principali elementi da tenere in considerazione nella progettazione, realizzazione e manutenzione di
impianti di fitodepurazione a flusso sub-superficiale di tipo orizzontale per il trattamento di acque reflue da zona di mungitura
e/o caseificio.
Passaggi necessari per avere un impianto di fitodepurazione funzionante
Caratterizzazione(1) dello scarico da trattare e scelta del sito
che potrebbe ospitare l’impianto
Realizzazione dell’impianto
Dimensionamento dell’impianto e progettazione di massima
Avvio dell’impianto e piantumazione vegetali
Progettazione esecutiva
Controlli periodici e interventi
di manutenzione
(1) Caratterizzazione quantitativa, attraverso la misurazione del volume, e qualitativa, con analisi di laboratorio.
 SCELTA DEL SITO
L’impianto deve essere costruito ad una distanza adeguata dagli insediamenti abitativi (almeno 50 m) e deve essere di facile accesso anche con macchinari per la manutenzione. È opportuno, in fase di progettazione, tenere conto della possibilità di un eventuale successivo ampliamento dell’impianto. Sono da evitare siti particolarmente sfavorevoli da un punto di vista microclimatico
(ad esempio alta montagna, per il freddo intenso) e terreni a forte pendenza, per il rischio di smottamenti.
 DIMENSIONAMENTO
L’impianto di fitodepurazione può essere dimensionato tenendo in considerazione volume e carico organico dei reflui che devono
essere trattati. I reflui della zona di mungitura e del caseificio di norma presentano una concentrazione di materia organica più
elevata rispetto a quella dei reflui civili e pertanto occorre prestare attenzione: A) a non eccedere nel carico organico avviato all’impianto; B) a non avere un carico idraulico troppo limitato.
A) Il carico organico, cioè la quantità di sostanza organica in ingresso all’impianto, rapportata alla superficie dell’impianto stesso,
è bene non ecceda i 44 g COD/m2 * d. Questo perché in impianti a flusso sub-superficiale orizzontale si ritiene adeguata al trattamento, ai fini dello scarico in acque superficiali, una superficie di almeno 3 m2 per abitante equivalente. Siccome un abitante
equivalente corrisponde a 132 g COD/d ecco che 132/3=44 g COD/m2 * d.
B) Il carico idraulico, cioè il volume delle acque reflue in ingresso all’impianto, rapportata alla superficie dell’impianto stesso, è
bene sia compreso nell’intervallo tra 20 e 200 litri/m2 * d. Per acque reflue da zona mungitura o caseificio il rischio è di avere un
carico idraulico minore o uguale al limite inferiore di 20 litri/m2 * d.
Ove richiesto il rispetto dei limiti tabellari più restrittivi (tabella 3, allegato 5 alla parte terza, del Dlgs 152/06) si consiglia anche di
non superare carichi di 0,9 g NTK/m2 * d e 0,3 g P tot/m2 * d (NTK: azoto totale Kjeldahl; P tot: fosforo totale).
 ALIMENTAZIONE DELLE LAGUNE
L’afflusso di acque dalla zona di mungitura o dal caseificio è di norma irregolare, concentrandosi nelle fasi di lavaggio di pavimenti
e attrezzature. Per questo occorre prevedere la realizzazione di una vasca di equalizzazione capace di contenere tutti i reflui prodotti nel corso delle operazioni giornaliere di lavaggio. Per lo scarico del caseificio, in questa vasca è opportuno che funzioni una
piccola pompa soffiante per evitare l’acidificazione del refluo (dovuta alla fermentazione anaerobica del siero). Da questa vasca
le acque devono essere convogliate alle lagune di fitodepurazione in modo lento e regolare.
 PRETRATTAMENTI
Per la sedimentazione dei solidi in sospensione le acque reflue della sala di mungitura devono transitare attraverso fossa Imhoff,
dimensionata per il numero di abitanti equivalenti trattati. Le acque reflue dei caseifici presentano invece un contenuto relativamente basso di solidi sospesi e pertanto non si ritiene opportuno prevedere pretrattamenti di sedimentazione. Si consiglia in ogni
caso di inserire un pozzetto di controllo, dotato di filtro o tubo a sifone, prima delle lagune di fitodepurazione; in tal modo può risultare possibile separare altro materiale in sospensione o che affiori in questo pozzetto.
 CONFIGURAZIONE IMPIANTO
Le singole lagune possono essere disposte in serie o in parallelo o con una combinazione di queste due configurazioni. Il rapporto lunghezza/larghezza delle lagune deve essere compreso tra 0,5:1 fino a 4:1; il rapporto consigliato è 2:1. Il passaggio delle
acque da una laguna alla successiva deve preferibilmente avvenire per caduta; in caso contrario è necessario l’utilizzo di pompe
con meccanismo di attivazione a galleggiante, da collocare nei pozzetti di scarico delle lagune.
INDICAZIONI PER LA REALIZZAZIONE
E LA GESTIONE DEGLI IMPIANTI
 IMPERMEABILIZZAZIONE
Le lagune devono essere completamente impermeabilizzate. Si consigliano teli impermeabili resistenti allo sviluppo radicale e
agli UV, di spessore > 1 mm. Il PVC è il materiale più diffuso, ma sarebbe da preferire il PEAD o HDPE, per il suo minore impatto
ambientale in fase di smaltimento. Prima della posa del telo è consigliabile stendere uno strato di sabbia dello spessore di 5 cm
circa sul fondo delle lagune al fine di eliminare asperità. Anche la posa di geotessuto sopra e sotto il telo impermeabile garantisce
una sua maggiore protezione dalla forature.
 SUBSTRATO
Deve essere adatto allo sviluppo radicale. Si consiglia ghiaia non frantumata, per scongiurare forature dei teli di impermeabilizzazione, e lavata, per evitare intasamenti dovuti a materiale più fine. La ghiaia deve avere dimensioni via via inferiori procedendo da una
laguna alla successiva. Si consigliano ghiaie di diametro variabile dai 5 ai 20 mm. Nelle parti iniziali e finali di ogni laguna è preferibile
utilizzare ghiaia di pezzatura superiore (da 30 a 50 mm), per favorire l’infiltrazione delle acque. Lo scarico del materiale inerte all’interno delle lagune deve avvenire senza che lo stesso risulti compattato per calpestamento da parte delle macchine operatrici.
 PENDENZE E PROFONDITÀ
La superficie dell’impianto deve essere piana mentre il fondo delle lagune deve avere una pendenza dell’1% circa, necessaria a
favorire il deflusso nella direzione di scorrimento delle acque. La profondità del substrato inerte deve essere maggiore o uguale a
50 cm. Dove si prevedono temperature più rigide è bene che le profondità siano maggiori (fino a 80-90 cm). In ogni caso la superficie delle ghiaie si deve collocare almeno una decina di cm al di sotto dei limiti superiori dei bordi esterni delle lagune.
 DISTRIBUZIONE ED EVACUAZIONE ACQUE
Per la distribuzione delle acque sulle lagune sono da preferire sistemi facilmente ispezionabili e comunque capaci di permettere
una omogenea distribuzione del refluo. Per il deflusso sono consigliate tubazioni di almeno 100 mm di diametro, con fori di 5-10
mm. Il tubo di scarico nel pozzetto deve essere ad altezza variabile per permettere l’eventuale allagamento della superficie vegetata ed anche lo svuotamento totale. Deve essere possibile pulire tutte le tubazioni con sistemi a pressione.
 PROTEZIONE DAL RUSCELLAMENTO
Per evitare che nei bacini possano entrare acque di precipitazione dalle aree circostanti è necessario realizzare arginelli di guardia dell’altezza indicativa di 20 cm. A garanzia della loro durata possono essere coperti con il telo di impermeabilizzazione delle
lagune o con il solo geotessuto.
 VEGETAZIONE
L’essenza più utilizzata nella piantumazione delle lagune è la cannuccia di palude (Phragmites australis). Possono comunque essere utilizzate specie diverse quali la mazzasorda (Typha latifolia), il giunco (Juncus effusus) e altre, per le quali, tuttavia, esistono
in letteratura pochi dati sull’efficienza di depurazione. L’impianto della vegetazione può essere fatto, a seconda delle specie, con
piantine in pani di terra, interrando cespi o rizomi, con talee o per semina diretta. Esso dovrebbe garantire una copertura vegetale
densa e uniforme al fine di limitare l’insorgenza e lo sviluppo di malerbe.
 MANUTENZIONE
Riguarda essenzialmente:
 il controllo del funzionamento della pompa soffiante in vasca di equalizzazione (in impianti per caseifici) e di altri eventuali dispositivi elettromeccanici installati;
 la pulizia del fondo della vasca di equalizzazione e della fossa Imhoff (3-4 volte l’anno) e l’asportazione del materiale filtrato o
venuto a galla nel pozzetto di ingresso dei reflui (almeno una volta al mese);
 lo sfalcio e l’asportazione della vegetazione, consigliati ogni anno a fine inverno, prima del ricaccio, in modo che la vegetazione
secca funzioni da isolante limitando il raggiungimento di basse temperature all’interno delle lagune nel corso dell’inverno;
 il contenimento delle malerbe, che può essere effettuato innalzando il livello dell’acqua nelle lagune per alcuni giorni, in modo
da eliminare le essenze meno igrofile;
 controlli generali visivi di funzionalità del sistema, percorrendo a piedi l’impianto, per intervenire ove possa risultare opportuno
(cadenza almeno quindicinale);
Per smaltire correttamente il materiale vegetale che si raccoglie sono state proposte soluzioni quali la trinciatura e l’utilizzo come
ammendante, il compostaggio o il conferimento in impianti di conversione energetica (biogas, combustione).
IMPIANTO TIPO PER IL TRATTAMENTO
DELLE ACQUE REFLUE DELLA ZONA DI MUNGITURA
Ubicazione: Azienda agricola “Santa Lucia” di Casina (RE).
Caratteristiche dell’allevamento: l’allevamento produce latte per la trasformazione in Parmigiano-Reggiano. Circa 80 capi in lattazione vengono munti in sala del tipo a spina di pesce con 5+5 poste di mungitura e corsia di ritorno. Le acque dell’area di attesa
non vengono inviate alla fitodepurazione. Il consumo medio giornaliero di acque per lavaggi è di 4,5 m3. All’impianto di fitodepurazione arrivano anche 2 m3/giorno di acque di origine civile.
Classificazione dei reflui: acque reflue assimilate alle domestiche, secondo l’art. 28, comma 7, lettera b) del Dlgs 152/99.
Componenti dell’impianto:
- vasca Imhoff dimensionata per circa 50 abitanti equivalenti;
- pozzetto con filtro in plastica;
- due lagune di fitodepurazione a flusso sommerso orizzontale, in serie.
Caratteristiche delle lagune: dimensioni di 12,5x6x0,9 m, impermeabilizzate con telo in PVC protetto da entrambe i lati con geotessile, la prima con ghiaia Ø 8-12 mm, la seconda con ghiaia Ø 3-6 mm, vegetate con Phragmites australis.
Destinazione scarico impianto: acque superficiali, nel rispetto di tabella D della Deliberazione regionale n. 1053/2003
Avvio dell’impianto: febbraio 2000.
Caratteristiche chimiche medie delle acque (periodo aprile 2000 - aprile 2002)
Unità
di misura
Ingresso
impianto
Scarico
impianto
Limiti di
legge per
scarico (*)
-
7,72
7,50
-
mg/l
690
60
80
COD
mg O2/l
1.219
98
160
BOD5
mg O2/l
451
28
40
Azoto totale
mg/l
64,7
33,3
-
Azoto ammoniacale
mg/l
22,4
24,5
25
Azoto organico
mg/l
42,3
8,8
-
Azoto nitrico
mg/l
<0,5
<0,5
-
Fosforo totale
mg/l
12,8
5
-
Cloruri
mg/l
54
28
-
Solfati
mg/l
171,3
20,8
-
Rame
mg/l
0,081
0,017
-
Zinco
mg/l
0,354
0,051
-
Tensioattivi
mg/l
1,32
0,47
-
UFC/100 ml
1.100.000
3.000
-
Parametro
pH
Solidi sospesi totali
Escherichia coli
4
4
3
3
2
1
(*) Tabella D Deliberazione regionale n. 1053/2003.
Planimetria dell’impianto:
Abitanti equivalenti trattati: mediamente 60
Carichi medi in ingresso all’impianto:
Carico idraulico: 43 l/m2 * d
COD: 52,8 g/m2 * d
BOD5: 19,5 g/m2 * d
Azoto totale: 2,80 g/m2 * d
Fosforo totale: 0,55 g/m2 * d
1) vasca Imhoff
2) pozzetto con filtro
3) lagune di fitodepurazione
4) pozzetti di scarico lagune
IMPIANTO TIPO PER IL TRATTAMENTO
DELLE ACQUE REFLUE DEL CASEIFICIO
Ubicazione: caseificio “Salto Santa Maria” di Montese (MO).
Caratteristiche dello stabilimento: il caseificio lavora circa 1.700 t/anno di latte per la produzione di Parmigiano-Reggiano. Il
consumo medio giornaliero di acque per lavaggi è di 10 m3. All’impianto di fitodepurazione arrivano anche 0,5 m3/giorno di acque
di origine civile.
Classificazione dei reflui: acque reflue industriali, non assimilabili alle domestiche secondo l’art. 28, comma 7, lettera c) del Dlgs
152/99.
Componenti dell’impianto:
- vasca di accumulo/equalizzazione da 10 m3 con pompa soffiante;
- pozzetto di controllo con sifone;
- due lagune di fitodepurazione a flusso sommerso orizzontale, in serie.
Caratteristiche delle lagune: dimensioni di 20x10x0,9 m, impermeabilizzate con telo in PVC protetto da entrambe i lati con geotessile, la prima con ghiaia Ø 12 mm, la seconda con ghiaia Ø 6 mm, vegetate con Typha latifolia.
Destinazione scarico impianto: acque superficiali, nel rispetto di tabella 3, allegato 5, del Dlgs 152/99.
Avvio dell’impianto: settembre 2003.
Caratteristiche chimiche medie delle acque (periodo luglio 2004 - ottobre 2005)
Unità
di misura
Ingresso
impianto
Scarico
impianto
Limiti di
legge per
scarico (1)
-
6,14
7,06
5,5-9,5
mg/l
253
14
80
COD
mg O2/l
938
23
160
BOD5
mg O2/l
595
5
40
Azoto totale
mg/l
33,7
12,5
-
Azoto ammoniacale
mg/l
6,0
9,0
11,65 (2)
Azoto organico
mg/l
27,7
3,5
-
Azoto nitrico
mg/l
0,16
0,11
20
Fosforo totale
mg/l
7,7
2,1
10
Cloruri
mg/l
422
323
1.200
Solfati
mg/l
34,8
1,8
1.000
Rame
mg/l
0,531
0,013
0,1
Zinco
mg/l
0,141
0,008
0,5
Grassi e oli animali/
vegetali
mg/l
59
1
20
Tensioattivi
mg/l
1,1
0,8
2
UFC/100 ml
3.800.000
2.618
5.000
Parametro
pH
Solidi sospesi totali
Escherichia coli
4
3
4
3
(1) Tabella 3, allegato 5, Dlgs 152/99.
(2) Espresso come N-NH4, in tabella 3, allegato 5 Dlgs 152/99 il valore è espresso come NH4 ed è 15.
Abitanti equivalenti trattati: mediamente 75.
Carichi medi in ingresso all’impianto:
Carico idraulico: 26 l/m2 * d
COD: 24,6 g/m2 * d
BOD5: 15,6 g/m2 * d
Azoto totale: 0,88 g/m2 * d
Fosforo totale: 0,20 g/m2 * d
1
2
Planimetria dell’impianto:
1) Vasca accumulo/equalizzazione
2) pozzetto con sifone
3) lagune di fitodepurazione
4) pozzetti di scarico lagune
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Impianti di fitodepurazione di acque reflue da