OSSERVATORIO ASTRONOMICO GALILEO GALILEI 28019 SUNO (NO) - Tel. 032285210 - 335275538 apansuno @ tiscali.it www.apan.it - www.osservatoriogalilei.com Le coordinate dell’osservatorio sono: 45° 38’ 16” Nord 8° 34’ 25 Est BOLLETTINO N. 334 Mercoledì 5 marzo 2014, dopo le ore 21, in osservatorio, per i tradizionali incontri del primo mercoledì di ogni mese, vi sarà una serata di osservazioni al telescopio. La Luna sarà al primo quarto, per cui in condizioni ottime per poterla osservare. La luce radente del Sole permetterà di vedere molto bene i crateri Data la sua luminosità non eccessiva si potranno osservare le costellazioni invernali quali il Toro, i Gemelli, Orione, ecc. Si potremo osservare anche molti oggetti del profondo: la nebulosa M1 nel Toro, la nebulosa m42 in Orione ecc. Sarà ancora visibile la supernova in M82, la più luminosa degli ultimi decenni, anche se indebolita. Giove sarà visibile tutta notte nei Gemelli. Urano si troverà tra i Pesci e la Balena. Marte sorgerà a tarda notte nella Vergine e più tardi Saturno nella Bilancia. Venere sarà visibile al mattino nel Sagittario e Mercurio sorgerà poco prima il Sole in Acquario. RECENSIONI BUCCHI MASSIMIANO IL POLLO DI NEWTON. LA SCIENMZA IN CUCINA Guenda 2013 - Pag. 184 – Brossura - Euro 16,50 L’aneddoto è significativo. Ci riporta ai primi giorni della primavera del 1626, scomodando la prima lama della scienza moderna, ovvero Francesco Bacone. Mentre viaggia su una carrozza con l’amico Witherborne, medico di Re Giacomo, il filosofo si accorge che sotto il manto di neve calpestata dalle ruote riaffiora un’erba dal colore verdissimo, quasi che fosse appena spuntata. Bacone si convince così che neve e ghiaccio possano essere utilizzati per conservare gli alimenti. Infastidito dallo scetticismo di Witherborne e incurante della temperatura, Bacone scende dalla carrozza, acquista un pollo eviscerato, lo farcisce di neve ma si sente male per il freddo e di lì a qualche giorno muore per una polmonite. Sulla veridicità dell’episodio c’è più di qualche dubbio. Ma l’aneddoto, riportato in Il pollo di Newton, è una buona spia per raccontare il controverso e sfaccettato rapporto che nel corso dei secoli hanno avuto la scienza e la cucina. E il saggio di Bucchi, docente di Scienza, tecnologia e società all’Università di Trento, è davvero una miniera di curiosità, il più delle volte significative e spesso niente affatto residuali nella storia del costume degli ultimi secoli. L’autore, ad esempio, scrive come il fiorire di scienze culinarie e domestiche a cavallo tra fine Ottocento e inizio Novecento non vada derubricato semplicemente a un ghiribizzo delle donne d’alta società. Rispondeva, piuttosto, “all’esigenza di offrire un ambito – purché definito e limitato – di attività scientifica alla crescente quantità di donne che premevano per accedere professionalmente a settori quali a scienza e la medicina”. Ma il racconto di Bucchi solca anche episodi più laterali, incrociando furbizie e piccoli escamotage commerciali. È il caso, tra gli altri, delle vicende del chimico Justus von Liebig che, fattosi imprenditore, decise di lanciare sul mercato gli estratti di carne, all’inizio indirizzati ad ospedali e farmacie. Fu un fiasco totale. Fisiologi e terapisti stroncarono il prodotto, ma il Nostro non si perse d’animo e virò sul pubblico delle massaie, puntando tutto su praticità ed economicità dei prodotti. Non solo. Attraverso manuali di cucina, opuscoli divulgativi, e con una sapiente distribuzione di incarichi professionali, si conquistò l’appoggio delle autrici più influenti e accreditate dei testi culinari. E alla fine fece cassa, con buona pace dei rigidi giudizi di medici e scienziati. L’autore ricorda anche che William Stukely pastore anglicano e pioniere degli studi sul monumento megalitico di Stonenge, una sera invitò a cena Isaac Newton e gli fece preparare un pollo arrosto. Ma Newton, assorto nelle sue meditazioni, si fece attendere per ore. Cedendo all’appetito, Stukely divorò il pollo destinato all’ospite lasciando solo un mucchietto di ossa e rimise il coperchio sul piatto. Quando finalmente Newton si sedette a tavola, alzo il copri piatto e vedendo i resti del volatile borbottò: “Strano ero convinto di non aver ancora mangiato”. (a cura di Silvano Minuto) MERIDIANE E QUADRANTI SOLARI Continuiamo l’esame dell’orologio della cattedrale di Messina Teodoro Ungerer ha voluto attribuire alla sua opera un significato simbolico. Ha distribuito le sedici parti dell’orologio in quattro tetralogie. Ecco lo schema: 1. I QUADRANTI DELLE ORE Misurano m 3,50 di diametro. La notte sono illuminati dall’interno da due potenti lampade a mercurio, che si accendono e spengono automaticamente per mezzo di una cellula fotoelettrica. 2. DINA E CLARENZA Le ore sono battute, ogni 15 minuti, da due statue-automi di bronzo, alte 3 metri, raffiguranti Dina e Clarenza, due personaggi che si ricollegano alla storia dei Vespri Siciliani. L’otto agosto 1282 le truppe angioine avevano aperto una breccia nelle mura della città, ma ne erano state ri-cacciate. La notte seguente, allo scopo di concedere un po’ di riposo ai guerrieri, le donne mes-sinesi montarono la guardia sugli spalti. Ad un tratto si accorsero che il nemico ritentava l’assalto: Dina, allora, cominciò a far rotolare pietre sugli assalitori, mentre Clarenza diede l’allarme con il suono delle campane. La città fu salva; sul campanile le due eroine hanno il monumento più significativo. a cura di Salvatore Trani IMPARARE GLI ALLINEAMENTI Un osservatore che per la prima volta affronta un cielo stellato con la volontà di riconoscere le costellazioni, può essere preso dallo sconforto: le stelle sono tante, più o meno luminose, più o meno vicine fra loro; orientarsi in un mare così caotico può sembrare difficile. Quando si inizia ad osservare il cielo, occorre innanzitutto cercare delle forme caratteristiche, dette asterismi. Fondamentale per l'apprendimento è un cielo non inquinato e buio, possibilmente sgombro da intralci fisici (come montagne alte molto vicine) che impediscano l'osservazione di grandi aree della volta celeste. In questa esposizione non seguiremo necessariamente le stagioni, ma procederemo ad illustrare le varie costellazioni per raggruppamenti omogenei. I - Riconoscere il Grande Carro (o Orsa Maggiore) – 31.3.2011 II – Riconoscere la Stella Polare – 30.4.2011 III – Cassiopeia – 31.5.2011 IV – Costellazioni circumpolari – 28.7.2011 V – Cefeo – 31.8.2011 VI – Drago – 30.9.2010 VII – Perseo – 27.10.2011 VIII – Cani da Caccia – 30.11.2011 IX – Triangolo estivo – 31.12.2011 X – La Lira – 31.01.2012 XI – Il Cigno – 28.02.2012 XII – L’Aquila – 31.03.2012 XIII – Alcune costellazioni minori – 30.04.2012 XIX – Boote e dintorni – 31.05.2012 XX – Boote e Corona Boreale – 30.06.2012 XXI – Chioma di Berenice – 31.07.2012 XXII – Spica e la Vergine – 31.8.2012 XXIII – Trovare Ercole – 30.9.2012 XXIV – Dal Triangolo estivo all’Ofiuco – 2.11.2012 XXV – La testa dell’Ofiuco – 30.11.2012 XXVI – Ofiuco – 31.12.2012 XXVII – Serpente – 31-1-2013 XXVIII – Scorpione – 28.2.2013 XXIX – Bilancia 31.3.2013 XXX – Sagittario – 30.04.2013 XXXI – Capricorno – 31 05 2013 XXXII – Verso l’Acquario – 30 06 2013 XXXIII – Pegaso – 31 07 2013 XXXIV – Andromeda – 31 08 2013 XXXV – Il Quadrato del Pegaso – 31102013 XXXVI – Perseo – 30112013 XXXVII – Ariete e Triangolo – 31122013 XXXVIII – Pesci - 31012014 Il grande pentagono dell’Auriga La costellazione dell'Auriga è una delle più brillanti del cielo: contiene cinque stelle disposte a formare un pentagono, la più brillante delle quali, Capella, con una magnitudine pari a 0,08, è la sesta stella più luminosa del cielo. Si tratta di una stella di colore giallo, ma in realtà è un sistema di quattro stelle, risolvibili solo con un telescopio. Nelle notti autunnali, Capella si osserva in direzione nord-est, senza difficoltà in quanto domina quella parte di cielo. Per fugare ogni dubbio sulla sua reale identità, si può provare a sfruttare l'allineamento di alcune stelle nella costellazione di Cassiopea, proseguendo poi rozzamente la direzione indicata da queste stelle verso est (vedi immagine). A sud di Capella è presente un gruppo composto da tre stelle di terza magnitudine, talvolta chiamate "caprette", due delle quali sono disposte in coppia. Da: Osservare il Cielo – Corso per imparare a riconoscere stelle e costellazioni recensito il 15.2.2011 CANIS VENATICI In Grecia e a Roma non si sapeva che formassero una costellazione a sé. Tolomeo le descrisse come appartenenti all’Orsa Maggiore. Mentre in alcune carte vengono rappresentati tenuti al laccio da Boote. Cor Caroli contraddistingue il collare di Chara Segugio meridionale, uno dei cani della costellazione dei Cani da Caccia. Il secondo cane, Asterione Segugio settentrionale. Asterione (o Asterio) re di Creta, figlio di Tettamo che aveva colonizzato l’isola con un gruppo di Eoli e di Pelasgi. Quando Europa arrivò a Creta, Asterio la sposò e adottò i tre figli che aveva avuto da Zeus: Minosse, Radamanto e Sarpedone. Non avendo avuto propri figli maschi, nominò suo successore Minosse. Asterio ed Europa ebbero una figlia di nome Creta. Il nome di Asterio è qualche volta attribuito al Minotauro. C’è un’altra versione in cui si narra che fosse figlio di Minosse, ucciso da Teseo. INQUINAMENTO LUMINOSO Quanto si spende…… Ritorniamo a parlare degli sprechi delle amministrazioni comunali. Tutti si lamentano ma nessuno fa niente, anzi a Novara si vuole incrementare l’illuminazione perché qualcuno dice che alle tre di notte non riesce a leggere il giornale sul marciapiede di casa. Probabilmente è un passa parola suggerito dagli addetti ai lavori. Si continua ad indicare la sicurezza, quando le statistiche dicono che i delitti si compiono nelle prime ore della sera e non durante la notte. Qualcuno è capace di dire ai nuovi governanti che noi spendiamo il doppio degli altri Paesi UE, Come più volte detto, secondo gli studi europei se confrontiamo il consumo pro capite per l’illuminazione pubblica con quello della Germania, ci accorgiamo che il nostro è doppio: 107 chilowattora contro 42 oppure la Gran Bretagna con un 50 (la media Ue è 51). A questo si aggiungono i costi di manutenzione altissimi, sopra i 50, talvolta sopra gli 80 euro a punto luce all’anno. Questi costi di manutenzione sono una follia. Eppure in alcune città dove i sindaci dichiarano di non poterne più e di rischiare di non pagare gli stipendi, hanno illuminato delle montagne, monumenti, sottoponti ecc. che non vengono spenti neanche quando nessuno è più in giro per ammirare questo scempio. La potenza istallata è tale che i fari delle autovetture non si vedono più entrando nei centri cittadini. Se spegnete metà dell’illuminazione di quasi tutte le piazze (ad esempio Piazza del Duomo a Milano), nessuno si accorgerebbe della diminuzione dell’illuminazione al suolo. La pavimentazione della piazza di Oleggio sembra più il piano di lavoro di un gabinetto di entomologia che una zona cittadina. La Francia spegne tutte le insegne a mezzanotte! Forse sarebbe ora che i responsabili si svegliassero e non ci facessero pagare tutte queste spese. Ricordiamo che per produrre energia elettrica si deve consumare del combustibile, che le polveri sottili entrano nei polmoni anche dei bambini piccoli e che il combustibile viene dall’estero e il costo dissangua la bilancia dei pagamenti del nostro Paese. Speriamo che nel prossimo futuro si facciano pagare ai responsabili tutti i danni provocati per incapacità e negligenza. UNA NUOVA VIA PER CERCARE CIVILTÀ ALIENE I dati delle osservazioni astronomiche nello spettro infrarosso possono essere setacciati alla ricerca di "sfere di Dyson", tecnologie aliene in grado di sfruttare tutta l'energia di una stella, secondo l'ipotesi formulata nel 1959 dal britannico Freeman Dyson. Un primo tentativo condotto recentemente è fallito, ma ora la ricerca si è spostata verso galassie lontane. Questo nuovo approccio attivo, sostenuto dal progetto SETI, consentirebbe di trovare civiltà extraterrestri che non stanno cercando di entrare in contatto con noi Siamo soli nell'universo?” L'eterna domanda viene liquidata in una celebre striscia del fumetto “Calvin&Hobbes” con una battuta folgorante: “La miglior prova dell'esistenza di vita intelligente extraterrestre è che nessuno ha mai cercato di contattarci”. Ma per chi prende la cosa più seriamente, come gli scienziati del progetto Search for Extra-Terrestrial Intelligence, meglio conosciuto con l'acronimo SETI, la questione è invece che un'ipotetica civiltà aliena potrebbe aver cercato un contatto con altre forme di civiltà nel cosmo, tra cui noi. Di conseguenza, i progetti SETI finora si sono basati soprattutto sulla rilevazione di eventuali segnali radio provenienti dall'universo, la forma più probabile di comunicazione con punti molto lontani, almeno secondo il modo di vedere di noi esseri umani. Ma questa ricerca di segnali radio dallo spazio, il cosiddetto SETI "passivo", non ha ancora dato risultati. E allora, perché non andare in cerca degli alieni in modo “attivo”, senza basarci sull'ipotesi che abbiano cercato un contatto? L'idea è affascinante, e può essere applicata in modo relativamente semplice, sfruttando i dati di osservazioni astronomiche già disponibili e l'ipotesi formulata alcuni anni fa dal matematico e fisico teorico britannico Freeman Dyson. Nel 1959, Dyson teorizzò che una civiltà aliena avanzata sarebbe stata in grado di sviluppare la tecnologia necessaria per sfruttare l'energia prodotta dalla propria stella, creando una sorta di sfera, battezzata appunto "sfera di Dyson", che gli astronomi potrebbero rilevare dal calore che produce usando i telescopi per le osservazioni nello spettro infrarosso La sfera di Dyson, come ha avuto modo di spiegare il matematico, sarebbe qualunque struttura in orbita attorno a una stella e in grado assorbirne tutta l'energia. E si possono dare anche dei numeri, per rendere le previsioni più precise e circostanziate. Secondo le stime di Dyson, una civiltà aliena dovrebbe vivere a una temperatura di circa 27 gradi Celsius. Ora, tutti i corpi caldi emettono radiazione elettromagnetica, e quella corrispondente a 27 gradi è una radiazione infrarossa con una lunghezza d'onda di circa dieci micrometri. Il problema è che l'atmosfera terrestre emette molta radiazione in questa parte dello spettro elettromagnetico. Così la prima occasione concreta per osservare, in linea teorica, una sfera di Dyson con una strumentazione adatta, si è presentata solo nel 1983, con il lancio dell'Infrared Astronomical Satellite (IRAS), il primo osservatorio spaziale per l'osservazione del cielo in luce infrarossa. A dimostrazione del fatto che non si tratta di un'idea da fantascienza, Richard Carrigan, ricercatore emerito del Fermilab di Batavia, nell'Illinois, ha usato i dati di IRAS per andare alla ricerca di eventuali sfere di Dyson nell'universo. Risultato: gli oggetti candidati entro un raggio di qualche centinaio di anni luce sarebbero appena una manciata. Carrigan e colleghi del SETI Institute hanno verificato se da questi oggetti provenivano segnali radio. Nulla di nulla. L'insuccesso tuttavia non sembra aver dissuaso gli ostinati cercatori di vita aliena. Perché non pensare in grande ed estendere la ricerca oltre i limiti di distanza fissati da Carrigan? Dopotutto, una civiltà aliena potrebbe essere abbastanza evoluta da utilizzare una sfera di Dyson non su una singola stella, ma su un'intera galassia. L'astrofisico russo Nikolai Kardashev, nel 1964, ha introdotto una classificazione delle ipotetiche civiltà presenti nell'universo secondo la loro capacità di sfruttamento dell'energia. La scala di Kardashev prevede tre tipi di civiltà, a seconda che siano in grado di sfruttare tutte le risorse energetiche di un pianeta (Tipo 1), di una stella (Tipo2) o di una galassia (Tipo 3). (L'umanità, per la cronaca, è ancora ferma al Tipo 0, essendo in grado di sfruttare solo una minima parte dell'energia del pianeta su cui vive). È così che un altro ricercatore, Jason Wright, astrofisico della Pennsylvania State University, ha pensato semplicemente di passare dalla ricerca di civiltà di Tipo 2 a quella di civiltà di Tipo 3, sfruttando il telescopio spaziale Wide-Field Infrared Survey Explorer (WISE) per verificare se esistono nello spazio sfere di Dyson che contengono intere galassie. Purtroppo, nemmeno in questo caso sono emerse prove dell'esistenza delle sfere nella maggior parte delle galassie, senza però una stima percentuale precisa. Ma la strada sembra segnata: l'obiettivo dei prossimi anni è arrivare a valutazioni più accurate, restringendo al 20-30 per cento la frazione di galassie che potrebbero effettivamente contenere sfere di Dyson, e confrontando poi gli eventuali oggetti candidati con le osservazioni effettuate con altri telescopi. Fonte: Rivista Le Scienze – on line NGC 2419 IL VAGABONDO GALATTICO NELLA LINCE NGC 2419 è un ammasso globulare così lontano dal centro galattico che ci si è chiesti a lungo se appartiene ancora alla nostra Galassia. Si trova a circa 210.000 anni luce dal centro galattico, distanza superiore ad esempio a quella delle nubi di Magellano. Nelle riprese fotografiche con telescopi di buona apertura oltre alla zona centrale molto luminosa si vedono le stelle della periferia, sono giganti rosse, circa 400 volte più luminose del Sole. Il disegno mette bene in evidenza la dislocazione di questo oggetto da confrontare con la stragrande maggioranza degli ammassi globulari che sono contenuti all'interno di una sfera o un alone di circa 65.000 anni luce. Sempre dal disegno si capisce come mai NGC2419 è chiamato il vagabondo galattico. Per saperne di più, è stato chiesto all’Osservatorio Lowell se sta fuggendo negli spazi intergalattici o meno. La risposta è che la rotazione galattica possibile è di almeno 250Kpc ovvero 750.000 anni luce, quindi la massa della Via Lattea è più che sufficiente per mantenere l’oggetto legato gravitazionalmente, sempreché non venga attratto da un altra galassia che potrebbe fargli cambiare orbita. LE QUATTRO STELLE REGALI E' questa, forse, la più antica informazione astronomica; infatti risale a quattro o cinque mila anni fa, quindi verso il 2000/3000 avanti Cristo. I nomi delle Quattro Stelle Regali sono: Regolo (alfa del Leone), Aldebaran (alfa del Toro), Fomalhaut (alfa del Pesce Australe) e Antares (alfa dello Scorpione). Queste Stelle avevano allora una posizione particolare, via via modificata dalla Precessione degli Equinozi. Erano posizionate in Cielo, e lo sono tuttora, pressoché ai quattro angoli del Cielo divise, tra di loro, da circa 90°. Le Quattro Stelle Regali sarebbero state per gli antichi Persiani (3000 a.C.) i punti che dividevano il Cielo in quattro parti il percorso del Sole annuale intorno alla Terra (!) ed erano i guardiani dei Solstizi e degli Equinozi. Tutto ciò si basa su notizie poco attendibili ma ugualmente non mancano di un misterioso fascino. Bisogna precisare che Aldebaran (La Seguente) e Fomalhaut (La Bocca del Pesce meridionale) sono di origine palesemente araba, mentre Regolo era chiamato in oriente "Sharru" (il Re) ed infine Antares è di origine greca, che significa "simile a Marte" ovviamente per il colore rosso. Se prendiamo un Atlante Celeste vedremo che le nostre Quattro Stelle Regali sono poste in modo tale che sono in ordine ( Aldebaran, Regolo, Antares, Fomalhaut ) di ascensione retta con le prime due con declinazione positiva mentre le ultime due con declinazione negativa. E' opportuno qui ricordare che la zona cui fa riferimento l'antica notizia delle Quattro Stelle Regali, è quella della Persia e della Mesopotamia dove ebbe inizio lo studio del Cielo e quindi dell'Astronomia. Delle Quattro Regali, solo Fomalhaut non rientra in una odierna zona oggi interessata da una costellazione zodiacale, anticamente però essa, la costellazione del Pesce Australe, faceva parte dell'Aquario. Fomalhaut era la bocca del pesce intento a bere (!) l'acqua versata dalla brocca dell'Aquario. L'unica cosa certa è che anche oggi le Stelle Regali dividono certamente il Cielo in quattro parti, e sono visibili nelle quattro stagioni, ovvero: Regolo in primavera, Antares in Estate , Fomalhaut in Autunno ed infine Aldebaran in inverno. Si può obiettare perché queste Stelle si chiamano Regali e non altre forse più vistose e poste in posizioni tali da dividere pure il Cielo in quatto parti quasi uguali. Penso che la risposta sia semplice, la Storia del Cielo ha molte cose note ed altre ancora molto misteriose, certamente perché la Storia ha avuto origine agli albori dei Tempi. Uranio FLY ME TO THE MOON Il cratere Protagora Al bordo settentrionale della Luna possiamo osservare il cratere "Protagoras", una formazione distrutta di 22Km con versanti poco scoscesi, alte pareti leggermente terrazzate e fondo tormentato. La sua formazione risale al periodo Imbriano Inferiore (da -3.85 miliardi di anni a -3.8 miliardi di anni). Il periodo migliore per la sua osservazione è 6 giorni dopo la Luna nuova oppure 5 giorni dopo la Luna piena. Alcuni dati: Longitudine: 7.341° East Latitudine: 56.018° North Faccia: Nearside Quadrante: Nord-Est Area: Bordo Settentrionale della Luna Origine del nome: Dettagli: Protagora Filosofo greco del 5° secolo a.C. nato in Grecia Nato ad Abdera nel 485 a.C. Morto nel 411 a.C. Fatti notevoli: Eccellente oratore, ideatore dell'arte della persuasione e autore di 'Trattato dell'Essere' e di 'Intorno agli Dei'. Autore del nome: Schmidt (1878) Nome dato da Hevelius: Scopuli Hyperborei Nelle foto una ripresa amatoriale del cratere "Protagoras" e una scultura dell'epoca del filosofo Protagora. Lo strumento minimo per poter osservare questo cratere è un rifrattore da 60mm. Davide Crespi SUPERNOVA IN M82 Supernova in M82, la più vicina degli ultimi 27 anni Immagine di Oreste Lesca ripresa il 24 febbraio 2014 a Suno in osservatorio con posa di 30 secondi 6400 Iso al fuoco diretto del telescopio rifrattore da 127 mm, oramai in fase calante ma ancora visibile Hanno collaborato Silvano Minuto Salvatore Trani Davide Crespi Sandro Baroni Oreste Lesca Vittorio Sacco