Università degli Studi di Verona
Laurea Specialistica in Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate
Tesi di Laurea
ATTUAZIONE DI UN PROGRAMMA DI ATTIVITA’
MOTORIA A DOMICILIO PER L’ANZIANO FRAGILE
Relatore:
Ch.mo Federico Schena
Laureando:
Dario Meneghini
Anno Accademico 2009 – 2010
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INDICE
1. PREMESSA
4
2. INVECCHIAMENTO E DEFICIT FUNZIONALE
7
2.1 DEFINIZIONI E DESCRIZIONI FUNZIONALE DEGLI ANZIANI
7
2.2 DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL’ANZIANO FRAGILE
9
3. EVIDENZE SCIENTIFICHE SUI BENEFICI DELL’ATTIVITA’
FISICA NELLA POPOLAZIONE ANZIANA
15
3.1 ATTIVITA’ FISICA NELLE PATOLOGIE CRONICHE
15
3.2 EVIDENZE ED ESPERIENZE DI ATTIVITA’ MOTORIA
A DOMICILIO.
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4. GLI ANZIANI FRAGILI E IL COMUNE DI LONIGO
4.1 INIZIATIVE DEL COMUNE E DEI SERVIZI SOCIALI
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23
- Dati anagrafici e di contesto
23
- Servizi erogati dal comune
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4.2 INIZIATIVE DA PARTE DELL’ULSS 5
27
- Servizio di assistenza domiciliare
27
- La palestra di recupero e rieducazione funzionale
29
- Una nuova frontiera, servizi e tecnologie per la gestione domiciliare di
soggetti fragili con patologie croniche
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4.3 I SERVIZI PRIVATI
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4.4 I BISOGNI CONCRETI
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3
5. INTRODUZIONE ALLO STUDIO SPERIMENTALE
35
5.1 ATTUAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI ATTIVITA’ MOTORIA
DOMICILARE PER ANZIANI FRAGILI
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5.2 COLLABORAZIONE TRA ULSS 5 – MMG – ESPERTO DI ATTIVITA’
MOTORIA
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6. LO STUDIO SPERIMENTALE
39
6.1 FINALITA’ E DESCRIZIONE GENERALE
39
6.2 OBIETTIVI DEL PROGETTO
39
6.3 MODALITA’ DI ATTUAZIONE
40
6.4 METODO
40
Struttura dello studio
40
Soggetti e contesto
42
Strumenti di valutazione
44
6.5 INTERVENTO
47
Organizzazione e cronologia
47
La seduta di esercizio
48
Problematiche rilevate in itinere
49
6.6 RISULTATI
51
6.7 CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE
63
Bibliografia e sitografia
65
Appendice
73
Ringraziamenti
85
4
1.
PREMESSA
Oggigiorno la nostra società è caratterizzata da un elevato numero di persone anziane, che
oltre a rappresentare una risorsa sia dal punto di vista umano per il loro vissuto, sia in
alcuni casi per il ruolo assunto nel contesto famigliare e/o sociale, rappresentano una sorta
di vero e proprio problema sociale, in quanto le fasce più deboli di questa popolazione di
over 65, presentano molto spesso problemi di salute dovuti principalmente alla presenza di
svariate patologie croniche, che associate alla normale perdita di funzionalità, portano
questi individui ad una condizione di fragilità e poi di dipendenza che rappresenta un costo
che si ripercuote sia sulle famiglie, sia a carico delle amministrazioni e della sanità.
Secondo i più recenti dati Istat, (Istat 2009) la speranza di vita è ora di 78,8 anni per gli
uomini e 84,1 per le donne, e la popolazione anziana in Italia rappresenta il 20% del totale.
Se andiamo più nello specifico, e analizziamo il Veneto troviamo che la popolazione over
65 costituisce il 19,66% del totale, di questi, il 14,13% ha un’età tra i 65 e i 79 anni, e il
rimanente 5,53% è over 80.
La tendenza, in Italia come all’estero, nei paesi industrializzati, è quella di un ulteriore
aumento della popolazione anziana, che da qui al 2050 potrebbe superare il 30% della
popolazione.
Con l’aumento della vita media (l’Italia e il Paese dell’Unione Europea con la più alta
aspettativa di vita), dovuta soprattutto ad una sempre miglior applicazione delle ricerche
scientifiche in ambito clinico, è però aumentato anche il numero di persone affette da
malattie croniche degenerative o da patologie che riducono l’autosufficienza, e quindi è
aumentato il numero di anni di disabilità prima della morte; questi anni di disabilità
rappresentano un vero costo per la società, perché si deve ricorrere a frequenti.
ospedalizzazioni, ricoveri in strutture protette, affidamento della persona a fonti di
sostentamento anche esterne alla famiglia, siano esse private o pubbliche, innescando così
un reazione a cascata che porta ad un aumento esagerato della spesa pubblica e dei costi
per la famiglia e non solo.
E’ esperienza comune e sempre più diffusa in tutti i comuni e in tutte le aziende sanitarie,
progettare dei piani di sostentamento verso le fasce più deboli della popolazione, compresa
quella anziana, con politiche volte a mantenere nel proprio domicilio questi anziani, si
veda ad esempio l’assistenza domiciliare a opera di ULSS e servizi sociali, i servizi e le
5
iniziative di vario tipo che nel proseguo della trattazione verranno approfondite nel
dettaglio.
Lo scopo della mai tesi è stato quello di creare un’ulteriore rete di supporto tramite il
coinvolgimento nel progetto dell’ULSS e dei medici di medicina generale verso un ambito,
quello del’attività motoria adattata domiciliare a questa fascia di utenza, che sia in grado, e
di contrastare il declino funzionale, e di innalzare i parametri di efficienza fisica che sono
altamente correlati con un buon stato di salute per evitare il decadimento delle funzioni
fisiche di questa tipologia di persone.
L’attività fisica, si è dimostrata efficace in tutte le tipologie di utenza, se ben condotta e
progettata per le esigenze specifiche di una determinata fascia di popolazione, e riveste
quindi una potenziale risorsa al fine di contenere, tramite la prevenzione mediante
l’esercizio fisico, i costi del problema assistenziale.
E’ utile riportare che la popolazione anziana tra i 65 e 74 anni presenta per il 73% una
malattia cronica e ben il 48% con due o più malattie croniche, e per chi ha più di 75 anni
queste percentuali aumentano all’82,3% e al 60,6%, (Massimo Valsecchi 2006) quindi il
problema alla lotta contro l’inattività fisica va affrontato in maniera preventiva anche e
soprattutto nella popolazione anziana.
La
motivazione più grande che mi ha spinto a progettare questa tesi è quella di
sensibilizzare chi di competenza: direttori generali,
responsabili dei distretti sanitari,
medici, amministrazioni locali e tutti coloro che si occupano di anziani e di salute pubblica
dell’importanza di investire sull’esercizio fisico come strumento di prevenzione e
promozione della salute, e della possibilità concreta, testata sul campo. di agire con
competenza ed appropriatezza in un cointesto territoriale reale e rappresentativo della
realtà regionale
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2.
INVECCHIAMENTO E DEFICIT FUNZIONALE
Con il termine anziano si è soliti indicare persone che hanno superato i 65 anni di età;
all’interno di questa classe di popolazione, che come già abbiamo avuto modo di vedere, è
sempre più in crescita, si differenziano dal punto di vista funzionale diversi classificazioni
di anziani, tra loro molto eterogenei.
Un utile e preziosa classificazione funzionale dell’anziano è quella fornita da Waneen
Spirduso nel suo libro “Physical dimension of aging” (1995), che categorizza la
popolazione anziana sia da un punto di vista funzionale, sia nei loro bisogni specifici,
rappresentando un valido strumento anche per noi operatori nel campo motorio, per poter
meglio individuare e sviluppare protocolli valutativi e di esercizio specifici per ogni
anziano.
Queste classificazioni che descrivono le abilità funzionali della popolazione anziana sono:
- elite
- fisicamente in forma
- fisicamente indipendente
- fisicamente fragile
- fisicamente dipendente
I primi due termini, “elite” e “fisicamente in forma”, indicano non solo che l’anziano è
completamente autonomo, indipendente, ma per di più è in buona/ottima salute, e in grado
di compiere nel caso di soggetti elite, prestazioni sportive che nulla hanno da invidiare a
soggetti adulti; il soggetto fisicamente in forma svolge regolare esercizio fisico, di gruppo
e/o individualizzato.
Questa tipologia di utenza svolge quindi regolare attività fisica, e/o addirittura sportiva, e
non è quindi di mia attenzione per la tesi che ho sviluppato.
Gli anziani “fisicamente indipendenti” vivono indipendentemente, non hanno difficoltà ad
eseguire le attività strumentali della vita quotidiana (IADL, ovvero Instrumental Activities
of Daily Living), ovvero spostarsi con mezzi pubblici, mantenere un adeguato ordine della
casa, fare il bucato, etc.. Solitamente non presentano i sintomi disabilitanti delle maggiori
malattie croniche, ma hanno poca salute e non svolgono un adeguata attività fisica, la quale
potrebbe aiutarli a mantenere l’indipendenza e prevenire il decadimento fisico; infatti una
breve malattia o ferite possono portare una rapida perdita delle funzioni fisiche e una
conseguente perdita dell’indipendenza. (Wojtek J. Chodzko-Zajko (1995)
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Gli anziani fisicamente fragili possono fare le attività basilari della vita quotidiana (BADL,
Basic Activities of Daily Living) come vestirsi, lavarsi, spostarsi, usare il bagno, mangiare,
camminare. ma non tutte o alcune delle attività per vivere in maniera indipendente (IADL)
Questo è generalmente dovuto a malattie o condizioni disabilitanti; hanno scarsa riserva
funzionale e condizioni di salute molto spesso precarie, le quali possono rapidamente
portarli in una condizione di disabilità.
Un’attività fisica appropriata può significativamente aumentare la loro qualità di vita e
ristabilire l’indipendenza in molte delle aree funzionali.
L’anziano fisicamente dipendente non può eseguire alcune o tutte le BADL, e sono
dipendenti da altri per mangiare e per le funzioni vitali di base; anche per questi soggetti,
un attività fisica adattata alle loro esigenze potrebbe migliorare il loro stato funzionale.
Risulta quindi abbastanza evidente che protocolli di attività motoria domiciliare, trattati
nella mia tesi, sono indirizzati in particolare alla fascia dell’anziano definito “fisicamente
fragile”, o nei limiti, alle categorie fisicamente indipendente o dipendente; nel corso della
dissertazione avremo modo di approfondire più nel dettaglio gli anziani fragili, spiegare i
motivi che mi hanno spinto e a scegliere questa tipologia di soggetti, e a sviluppare questa
modalità di intervento.
Vi sono inoltre le linee guida di Heidelberg (Heidelberg, Agosto 1996), che aiutano a
completare il quadro sulle tipologie di anziano, e mettono in relazione lo stato di salute e
l’efficienza fisica con la quantità di attività motoria praticata.
I gruppi identificati sono tre:
Gruppo 1 Fisicamente efficienti - Sani
Questi individui sono regolarmente inseriti in programmi appropriati di attività fisica,
possono essere ritenuti fisicamente efficienti e possono partecipare in tutte le attività del
vivere quotidiano.
Gruppo 2: Fisicamente non efficienti - Non sani, indipendenti
Questi individui non sono inseriti in programmi di attività fisica. Nonostante conducano
ancora una vita indipendente, stanno sviluppando patologie multiple croniche che
pregiudicano la loro indipendenza. L’attività fisica regolare può aiutare a migliorare le
capacità funzionali e a prevenire la perdita di indipendenza.
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Gruppo 3: Fisicamente non efficienti -Non sani, dipendenti.
Questi individui non sono più in condizione di condurre una vita indipendente nella società
per una serie di ragioni fisiche e/o psichiche. Una appropriata attività fisica può migliorare
significativamente la qualità della vita e restituire indipendenza in alcune aree funzionali.
2.2 DESCRIZIONE DETTAGLIATA DELL’ANZIANO FRAGILE
Il termine anziano fragile è sicuramente di difficile spiegazione, a causa dell’estrema
variabilità di condizioni che concorrono a determinare questa condizione.
Si prenderà ora in esame un articolo comparso su Gerontologia nel 2007 che esaminava e
proponeva una sorta di “revisione storica” sulle origini del termine anziano fragile,
aiutandoci così a capire più nel dettaglio questa tipologia di anziani, e come queste
posizioni si siano evolute nel corso degli ultimi anni.
Le prime denominazioni di anziano fragile risalgono agli inizi degli anni 70’ dello scorso
secolo; in particolare nel 1974 il Federal Council on the Aging istituisce una Task Force
sull’anziano Fragile, che per prima introduce il termine “frail elderly”; tale termine
rispondeva alla necessità di un termine che sintetizzasse la drammatica condizione di un
gruppo di soggetti anziani, le cui caratteristiche principali erano la presenza di disabilità
fisica, compromissione affettiva, in un ambiente strutturalmente e socialmente sfavorevole.
Nel 1976 lo stesso centro pubblica su “Geriatrics” una nuova definizione di frail elderly,
ovvero gli descrive come quelle persone che richiedono continuo supporto sociale a causa
dell’accumulo di disabilità associate all’invecchiamento, precisando che i bisogni
dell’anziano fragile non sono necessariamente economici, in quanto soggetto che necessita
di una organizzazione assistenziale in cui servizi sociali siano strettamente integrati con
quelli sanitari.
Nel 1978, sempre il Federal Council on the Aging, specifica che l’anziano fragile è una
persona di solito ultra 75enne che, a causa dell’accumularsi di più malattie croniche,
spesso richiede uno o più servizi di supporto per garantire le attività del suo vivere
quotidiano.
Le prime definizioni sono quindi molto generali, poco esaustive, e non riescono a dare una
vera e propria dimensione di chi sia veramente l’anziano fragile, in quanto il dibattito è più
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concentrato sugli aspetti sociali e socio – economici, che su quelli più prettamente
biologici e funzionali.
Anche altri studi e citazioni riportati negli anni 80’ si concentrano su questi aspetti, ma non
riescono a fornire quadri chiari di identificazione. Solamente nel corso del decennio
successivo si assiste ad una significativa crescita di interesse della comunità scientifica nei
confronti della fragilità, forse anche perché il problema e i numeri cominciavano ad essere
significativi, infatti, secondo la American Medical Association, nel 1990 sarebbe fragile il
10-25% degli ultra 65enni, il 46% degli ultra 85enni.
Nel 1991 Mark Speechley e Mary Tinetti, in una ricerca sul rischio di caduta in soggetti
anziani viventi nel domicilio, identificano i fragili, in contrapposizione a quelli definiti
vigorosi e di transizione, sulla base di una serie di parametri anagrafici, fisici e psicologici.
In particolare sarebbero fragili quelli con 4 o più delle seguenti caratteristiche: età >80
anni, disturbi dell’equilibrio e dell’andatura, sedentarietà, depressione, uso di sedativi,
ridotta forza muscolare di spalla e ginocchio, deficit visivo, disabilità agli arti inferiori; al
contrario appartengono alla categoria dei vigorosi quelli di età < 80 anni, cognitivamente
integri, con buona vista e fisicamente attivi. Sulla base di questi parametri il 20% dei
soggetti risultava fragile, il 26% vigoroso ed il 54% di transizione.
Altro studio riportato, e decisamente interessante è quello del 1992 di David Buchner ed
Edward Wagner, che forniscono un contributo che rappresenta a tutt’oggi una pietra
miliare per la comprensione dei meccanismi fisiopatologici della fragilità e della disabilità.
Gli autori definiscono la fragilità una “condizione caratterizzata da una ridotta riserva
fisiologica, associata ad un’aumentata suscettibilità alla disabilità”, aggiungendo che: “le
principali componenti della fragilità sono una ridotta capacità del sistema neurologico,
cardiovascolare e respiratorio indotta dal sommarsi agli effetti dell’invecchiamento dei
danni conseguenti ad uno stile di vita inadeguato (sedentarietà, fumo, abuso di alcool,
ecc.) ed a malattie subite nel corso della vita. Innovativo è il concetto espresso dagli autori
che la fragilità può essere contrastata così come essa si realizza solo quando la riduzione
delle riserve fisiologiche raggiunge un livello critico.
Sulla stessa linea di pensiero è quanto Brocklehurst afferma nella IV edizione del suo
trattato di Medicina Geriatrica e Gerontologia: “l’anziano fragile pur avendo una ridotta
riserva funzionale può vivere indipendentemente e bene in comunità. Quando stressato da
una malattia, da un trauma o da fattori ambientali sfavorevoli, la sua capacità di svolgere
le attività basilari della vita quotidiana inizia a sgretolarsi. L’inattività e l’immobilità
possono, inoltre, drammaticamente compromettere la forza muscolare e la riparazione
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muscolare, così come la flessibilità articolare, l’equilibrio e la velocità di reazione. In
queste circostanze, anche un evento banale può innescare disastrose conseguenze
funzionali e quando questo succede, l’anziano fragile è ad elevato rischio di essere
istituzionalizzato o quanto meno ha necessità di un’assistenza intensa e continuativa.
Buchner, Wagner e Brokelhurst sono quindi i primi studiosi che vedono nella fragilità una
condizione estremamente complessa al cui determinismo partecipano sia condizioni
biologiche che sociali; sono definizioni che per prime riescono veramente ad inquadrare la
situazione, ma i contributi non finiscono qui.
Secondo un altro autore, M. Bortz, su un articolo pubblicato nel 1993 su American
Geriatric Society, afferma che la fragilità è dovuta principalmente a: “malattia, il disuso e
l’invecchiamento sono i tre fattori che contribuiscono in maniera sinergica alla
diminuzione della vitalità ed all’aumentare della fragilità, cioè al passaggio
dell’organismo da una condizione di stabilità ad un livello di stabilità via via inferiore che
si manifesta come una ridotta capacità dell’organismo di interagire con l’ambiente fisico
circostante”. La fragilità, come perdita di integrità strutturale, è quindi il risultato di un
disaccoppiamento dell’organismo dal suo ambiente, nei confronti del quale è
estremamente difficile distinguere il ruolo della malattia, del disuso e dell’invecchiamento
di per sé.”
Nel 1994 i canadesi Rockwood e Fox ribadirono che “la fragilità ha una rilevanza centrale
in medicina geriatrica, che per questo viene spesso identificata come medicina
dell’anziano fragile”, e che la fragilità può essere meglio caratterizzata solo utilizzando un
approccio multidimensionale.
Un ulteriore significativo contributo sull’argomento è quello di J. Campbell e D. Buchner
che riaprendo nel 1997 il dibattito su disabilità e fragilità, dichiarano: “la disabilità indica
perdita di funzione, mentre la fragilità uno stato di instabilità e di rischio di perdita o di
ulteriore perdita della funzione. Ne deriva che la persona fragile è quella che ha un
aumentato rischio di disabilità e di morte quale conseguenza di un evento stressante anche
di minima entità.
Gli autori identificano le principali componenti della fragilità nella funzione muscoloscheletrica, nella capacità aerobica, nelle funzioni cognitive e di integrazione neurologica,
nella nutrizione.
Inoltre definiscono le modalità più opportune per la misurazione di tali componenti, quali
la forza di presa della mano (grip strength), il tempo di alzata e seduta dalla sedia (chair
stand), il treadmill test per sforzo sub-massimale, il test del cammino dei 6 minuti, il Mini11
Mental State Examination, il test di equilibrio statico (static balance test), il BMI e la
massa muscolare del braccio.
Infine invitavano ad utilizzare tali procedure nella pratica clinica e nella ricerca in quanto
“definire e misurare la fragilità potrebbe aiutare nel processo di identificazione della
popolazione anziana a rischio, dando così ad essa la possibilità di beneficiare di
programmi pubblici ed individuali rivolti al mantenimento della salute.”
Sulla
base
della
consapevolezza
espressa
da
Rockwood
a
riguardo
della
multidimensionalità, si indica che “il principale ostacolo allo sviluppo di interventi
geriatrici rivolti alla prevenzione degli autcome clinici della fragilità, quali mortalità,
cadute, fratture, ospedalizzazioni, istituzionalizzazioni, è l’assenza di un metodo
standardizzato e validato per lo screening dei soggetti che sono realmente fragili”.
Il paragrafo fin qui descritto è stato riportato dall’articolo comparso nel giornale: (G.
Gerontol 2007;55:183-190, dal titolo “Alla scoperta delle origini dell’anziano fragile” –
Discovering the origins of the frail elderly, di C.Ruggero,)
Vediamo ora un prezioso contributo attuale, fornito da medici italiani (M. Foroni 2006) e
comparso su un articolo uscito su Gerontologia; in questo contributo si individua la
fragilità dell’anziano in una sindrome biologica caratterizzata da riduzione delle riserve e
delle resistenze agli stress e provocata dal declino cumulativo di più sistemi fisiologici. La
fragilità si caratterizza inoltre per l’eterogeneità, l’instabilità e per la vulnerabilità con
tendenza a manifestazioni peggiorative la salute, e vi concorrono sicuramente fattori molto
diversi, di natura biologica, medica ed ambientale.
La domanda che ci si pone in ambito concreto è, come si fa a stabilire la fragilità?
In ambito medico sembra essere di recente molto apprezzata la tabella dove sono riportati
cinque criteri prevalentemente funzionali, che aiutano ad individuare le caratteristiche
degli anziani.
Tali criteri sono stati sviluppati da. (Fried et al. 2001) in base ai dati del Cardiovascular
Health Study (CHS)
Questi cinque criteri sono i seguenti:
-
perdita di peso (4,5 kg nell’ultimo anno)
-
affaticamento (fatica in almeno 3 giorni/settimana)
-
riduzione della forza muscolare (hand-grip) ovvero meno di 5,85 e 3,37 kg nel M e
F, rispettivamente.
-
Ridotta attività fisica (valutabile attraverso il PASE-Physical Activity Scale for the
Elderly)
12
-
Riduzione della velocità di cammino (percorso noto: più di 7 sec. A percorrere 4,57
metri)
Se almeno tre dei cinque parametri sono presenti siamo di fronte a fragilità, mentre quando
sono presenti meno di 3 item si può parlare di pre-frail.
La fragilità tende progressivamente a portare alla disabilità direttamente senza
malattia; è questa una affermazione che da sola dovrebbe fare riflettere tutte le persone
che direttamente o indirettamente hanno a che fare con il mondo dell’anziano.
E’ di fondamentale importanza individuare la fragilità perché è così che si possono mettere
in atto una serie di strategie preventive (si veda l’esercizio fisico e il movimento, ma anche
revisione di farmaci assunti e miglioramento della dieta), ma anche perché la sua diagnosi
ha implicazioni in termini di morbilità, ospedalizzazioni, istituzionalizzazione, mortalità,
utilizzazione dei servizi e costi socio-sanitari.
Solo il suo tempestivo riconoscimento, anche in ambito medico, consente di intervenire e
prevenire il susseguirsi di interventi e reazioni a catena che si sviluppano con l’avanzare
della fragilità.
Ho voluto riportare questo articolo perché lo ritenevo particolarmente significativo, in
quanto, oltre a offrire un ulteriore spunto di riflessione per noi operatori nel campo
motorio, fornisce un utile strumento anche ai MMG, che costantemente hanno la possibilità
di vedere i loro pazienti, di individuare, con metodi tutto sommato semplici e veloci, la
presenza di uno stato di fragilità.
Dal punto di vista motorio siamo invece abituati a classificare l’anziano fragile come un
soggetto che può fare le attività basilari della vita quotidiana (BADL, Basic Activities of
Daily Living) come vestirsi, lavarsi, spostarsi, usare il bagno, mangiare, camminare, ma
non tutte o alcune delle attività per vivere in maniera indipendente (IADL- Instrumental
Activities of Daily Living).
13
14
3.
EVIDENZE SCIENTIFICHE SUI BENEFICI DELL’ATTIVITA’
FISICA NELLA POPOLAZIONE ANZIANA
Sono ormai evidenti e rilevanti gli effetti dell’attività motoria nella popolazione anziana, e
ciò è dimostrato dal crescente interesse verso tale argomento, non solo dai diretti interessati
all’attività fisica, ma anche dagli enti e istituzioni, che guardano a questo tema come
un’opportunità al fine di attuare politiche di promozione e incentivo per contrastare il
crescente aumento della popolazione anziana e il ripercuotersi che questo ha nella sfera
sociale.
Negli ultimi anni i contributi su questo tema si sono moltiplicati, e hanno trovato largo
spazio anche studi condotti su anziani con caratteristiche assai precarie; vedremo ora una
serie di contributi a riguardo.
3.1 SU PATOLOGIE CRONICHE E MUSCOLOSCHELETRICHE
L’esercizio fisico si è dimostrato in corso di numerosi studi, un ottimo strumento per la
prevenzione delle malattie cardiovascolari; si riporta uno studio di Posner et al. (1990) che
hanno condotto un follow-up di due anni su soggetti di oltre 60 anni; si sono diagnosticate
malattie cardiovascolari nel 2% dei soggetti che facevano esercizio fisico, rispetto al 13%
dei controlli.
Altra patologia molto frequente nell’anziano è l’ictus, il quale ha fattori di rischio simili
con la cardiopatia ischemica, con l’ipertensione nel ruolo di protagonista (Ostfeld, 1980),
ma anche diabete mellito, fumo, malattie cardiovascolari o fibrillazione atriale.
Dato il ruolo dominante dell’ipertensione arteriosa come causa dell’ictus, è ragionevole
ipotizzare che l’esercizio fisico possa svolgere un ruolo nella prevenzione primaria
(Shephard 1998).
Analizzando numerosi studi a riguardo, si può notare come questi siano giustamente
incentrati sulla prevenzione primaria, che si concentra in particolare a migliorare mediante
attività a prevalente carattere aerobico, profilo lipidico, controllo dell’ipertensione e
prevenzione dei disturbi metabolici, obiettivi difficilmente raggiungibili in anziani fragili.
Uno studio condotto da Reaven et al. (1991), che si concentrava sull’ipertensione
arteriosa, hanno suddiviso donne tra i 50 e gli 89 anni sulla base dei quadri abituali di
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attività fisica; la pressione sistolica era di circa il 20% inferiore in chi svolgeva attività
pesante rispetto ai soggetti inattivi.
Altri studi condotti da Kasch et al. (1998), hanno osservato che, rispetto ai soggetti non
allenati di età analoga, le persone anziane più allenate hanno la pressione arteriosa più
bassa, sia a riposo sia a un dato livello di lavoro.
Anche le vasculopatie periferiche rappresentano un problema abbastanza diffuso,
numerosi studi (revisione di Barnard, 1994), hanno dimostrato che l’esercizio fisico può
migliorare le prestazioni e ridurre o eliminare i sintomi della claudicatio intermittens nei
primi stadi di una vascolopatia periferica clinicamente manifesta.
L’obesità rappresenta un problema per tutte le fascie di popolazione, e naturalmente anche
per le persone anziane, per tutti i problema che questa comporta (patologie metaboliche,
carico sulle articolazioni, difficoltà maggiore nei movimenti, etc..). L’obesità sembra molto
più facile da prevenire che da curare e sia gli studi trasversali sai quelli longitudinali
sottolineano il valore dell’attività fisica regolare nella prevenzione primaria.
I confronti fra i gruppi attivi e sedentari di soggetti anziani (DiPietro, 1995; Kohrt et al.
1992) e gli studi su atleti masters di varie età (Kavanagh et al., 1988), indicano che
l’energica attività di resistenza può limitare l’accumulo progressivo di adipe osservato
comunemente nell’invecchiamento.
Il diabete mellito, o diabete di tipo II, è una causa importante sia di morbilità sia di morte
prematura e costituisce addirittura il 10% di tutti i giorni di ospedalizzazione per patologie
acute (Leon, 1989). Sono due i meccanismi su cui agisce l’attività fisica: la riduzione della
glicemia e l’incremento dell’azione dell’insulina da una parte e una diminuzione del
grasso viscerale dall’altra (Evans et al., 1999).
IL diabete di tipo II si sviluppa con più facilità in persone in soprappeso o obese, in
particolare nell’età adulta; sono infatti numerosi i studi a riguardo; su un confronto
trasversale all’interno di società sviluppate si è evidenziato l’associazione fra l’inattività
fisica e il diabete di tipo II diagnosticato clinicamente (Kriska, Blair e Pereira, 1994).
L’importanza dell’attività fisica sul diabete si è dimostrata particolarmente utile anche nei
soggetti anziani, considerato che fino ad un terzo di essi ha difficoltà a comprendere anche
le diete più semplici, bisogna però considerare che molti di loro presentano un diabete
avanzato, ed è quindi necessario prestare cautela nel prescrivere l’esercizio fisico, tenendo
conto delle numerose complicanze specifiche (Shephard 1998), quali l’accelerazione
dell’assorbimento di insulina e successiva ipoglicemia con rischio successivo di incorrere
in maggiori probabilità di cadute.
16
Il profilo di trigliceridi e profilo lipemico sfavorevole hanno un importante correlazione
con il rischio cardiovascolare; questo avviene anche nell’anziano, in quanto si associa a un
certo aumento del rischio di cardiopatia; risulta quindi opportuno tentare di abbassare il
livello di colesterolo sierico con un’associazione di esercizio fisico, modificazioni
dietetiche e terapie farmacologiche.
Vediamo alcuni studi a riguardo.
Uno studio trasversale di Reaven et al. (1990) ha evidenziato un’associazione positiva fra
la partecipazione all’esercizio fisico regolare ed energico e le concentrazioni plasmatici di
colesterolo HDL.
In un altro studio Swhartz et al. (1992) hanno sottoposto un gruppo di uomini di 67 anni a
un programma di esercizio per 6 mesi, comprendente sessioni di 45 minuti di esercizio
sotto supervisione per 5 giorni la settimana, fino all’85% della frequenza cardiaca.
Questo regime ha indotto un aumento del 15% delle concentrazioni plasmatiche di
colesterolo HDL, insieme a una riduzione del 21% dei trigliceridi plasmatici e a un
decremento del 13% del colesterolo LDL.
La sarcopenia è molto diffusa in anziani fragili e non permette di eseguire tutte o molte
delle attività della vita quotidiana; l’associazione di una dieta inadeguata e di perdita della
forza muscolare crea un circolo vizioso di progressiva inattività fisica e accelerazione
dell’atrofia muscolare; inoltre man mano che i muscoli si indeboliscono, la lunghezza del
passo si accorcia (Fiatarone et al., 1990).
In uno studio di Welle et al., (1993) si è arrivati alla conclusione che a qualunque età
l’allenamento contro resistenza aiuta a mantenere la forza a un livello più alto rispetto a
una persona sedentaria; pertanto le persone attive restano molto più forti dei soggetti
sedentari, anche negli ultimi anni di vita.
A differenza degli studi che abbiamo visto a riguardo delle patologie croniche, molti studi
che hanno indagato l’efficacia di programmi di attività fisica finalizzati ad incrementare la
forza muscolare, sono stati sperimentati, e hanno avuto la loro efficacia, anche in anziani
residenti nelle RSA o molto fragili.
Frontera et al., (1988) hanno riportato un incremento della sezione muscolare a metà coscia
dell’11.4%, e della forza muscolare di oltre il 100% dopo 12 settimane di esercizi di forza
con carichi elevati in uomini anziani
Quelli che sembrano avere più efficacia sembrano essere gli esercizi muscolari a bassa
ripetizione e contro forte resistenza, dove sono stati osservati aumenti di forza massima
addirittura del 174% (Fiatarone et al., 1994).
17
Un altro studio molto interessante (Schena et al, 2000) che ha indagato in particolare la
forza in 27 anziani di età compresa tra i 63 ed i 93 anni, residenti in tre case di riposo della
zona di Trento; i soggetti sono stati divisi in tre gruppi, uno ha lavorato con macchine
isotoniche (GrMI), un gruppo con bande elastiche (GrEL), e un gruppo ha costituito il
gruppo di controllo.
Il protocollo è durato 12 settimane con tre sedute a settimana, e ha portato a variazioni
largamente significative della forza isometrica degli arti inferiori (+63% GrMI, +39%
GrEL) e superiori (+22% e +27% rispettivamente); inoltre la performance motoria è
migliorata significativamente in tutte le prove, mentre ciò non è avvenuto nel gruppo di
controllo dove si è misurata una variazione significativa solo per il tempo di cammino per i
15 metri.
L’osteoporosi rappresenta una densità minerale ossea al di sotto della quale l’incidenza
delle fratture aumenta drasticamente (Aloia, 1989); risulta quindi importante prevenire tale
meccanismo svolgendo regolare esercizio fisico durante tutto l’arco della vita, in modo da
influenzare positivamente i valori di densità ossea di picco e le rapidità di declino della
stessa, elementi che determinano il rischio in maggior rischio di andare incontro ad
osteoporosi (Kemmler et al, 2004).
Gli studi su anziani non hanno riportato aumenti significativi nell’indice di calcificazione
ossea, se non in presenza di densità iniziale bassa, come riporta Blumenthal et al. (1989)
che ha sperimentato l’efficacia di esercizio aerobico tre volte la settimana per una durata di
4 mesi.
3.2 EVIDENZE ED ESPERIENZE DI ATTIVITA’ MOTORIA A DOMICILIO.
Passiamo ora in rassegna una serie di studi condotti più nello specifico su anziani fragili,
sia con esperienze di attività motoria a domicilio, sia in strutture protette.
Un interessante protocollo è stato sviluppato in alcuni distretti del Canada attraverso il
“Centre for Activity and Ageing’s attraverso l’Home Support Exercise Programme
(HSEP) e pubblicato da Tudor-Locke et al.,(2000).
Questo protocollo è indirizzato ai soggetti anziani residenti nel proprio domicilio che
ricevono quella che in Italia costituisce “l’assistenza programmata”e che presentano quindi
situazioni assai vulnerabili per quanto concerne il declino della loro funzionalità e
18
indipendenza; questi anziani sono indirizzati a svolgere 11 semplici esercizi e
dall’operatore che gli assiste, e da un programma-video che gli aiuta a svolgere in forma
autonoma l’attività; a distanza di un anno si è registrato che il 42% dei soggetti interessati
continuava le attività, le quali mirano a mantenere e aumentare le capacità funzionali come
i trasferimenti dal letto alla sedia, l’alzarsi dalla sedia, deambulare,
incrementare l’equilibrio.
Un altro contributo molto interessante, anche questo di provenienza canadese e pubblicato
da Shanti Jacob Johnson et al., (2004) focalizza la sua attenzione in anziani residenti in
strutture protette, che sono stati coinvolti nel “Restorative Care Education and Training
(RCET), un programma che consiste in 35 ore di workshop per un periodo di cinque
settimane dove un team multidisciplinare composto da educatore, fisioterapista,
logopedista e dietista ha progettato dei gruppi di lavoro finalizzati nel rendere più
autonomi nelle attività della vita quotidiana gli ospiti; si interveniva con esercizi specifici
su sedia per incrementare le capacità funzionali, a esercizi dove veniva spiegato il corretto
modo di alzarsi e di effettuare gli spostamenti in forma autonoma, fino a coinvolgerli negli
elementi base dell’importanza di una corretta dieta alimentare.
Il tutto è stato valutato prima e dopo mediante dei test specifici, quali la velocità di
cammino e le abilità funzionali della vita quotidiana, nonché test per valutare il grado
cognitivo; i risultati per il gruppo di lavoro sono stati incoraggianti in quanto si è registrato
un aumento della mobilità del 72%, dei trasferimenti del 16% e nelle ADLs del 14%.
Un altro studio davvero interessante, e sviluppato in Italia in Emilia Romagna e pubblicato
di recente (aprile 2010) su Gerontologia da parte di Salsi et al., merita di essere descritto in
maniera approfondita, visto l’approccio molto simile e ai modelli canadesi, e in parte al
protocollo che ho sviluppato nel mio studio.
Il titolo dello studio è: “La prevenzione del rischio di caduta dell’anziano al domicilio,
valutazione di fattibilità”. Considerato che le cadute sono eventi molto frequenti nella
popolazione anziana, e in particolare negli anziani fragili, con conseguenze e
complicazioni spesso rilevanti e anche costose per il sistema socio-sanitario, dedico a
questo aspetto uno spazio di rilievo.
Lo studio ha coinvolto sette comuni della regione, e prevedevano il coinvolgimento di un
numero massimo di 26 soggetti per comune; questi soggetti dovevano presentare le
seguenti caratteristiche:
-
Età superiore agli 80 anni
-
Sussistenza nei dodici mesi precedenti di almeno una caduta
19
Venivano inoltre esclusi:
-
Non vedenti
-
Titolari di assegno di accompagnamento e con diagnosi di demenza
Dalla lista creata vengono estratti trecento nominativi in maniera casuale con il nominativo
dei medici curanti, che dovevano individuare se vi erano controindicazioni cliniche
all’attività fisica;
a questo punto a tutti i soggetti ritenuti idonei veniva inviata una lettera di presentazione
del programma con l’invito a prendervi parte ed il preavviso di una telefonata per fissare il
primo appuntamento con un fisioterapista.
Se con la telefonata l’anziano accettava di entrare nel protocollo veniva a quel punto
fissato il primo appuntamento con il fisioterapista; durante il primo accesso si effettuavano
dei test motori (chair stand test e four test balance scale) e MMSE per valutare il livello
cognitivo.
Sempre nel primo accesso si facevano eseguire degli esercizi di rafforzamento muscolare e
miglioramento dell’equilibrio, nonché un piano di deambulazione minima quotidiana di
sicurezza; veniva inoltre consegnato un opuscolo di immagini con istruzioni scritte, a una
settimana di distanza il soggetto viene contattato telefonicamente per verificare se il
programma è rispettato o se vi sono problemi nell’esecuzione.
Dopo quindici giorni c’era il secondo accesso del fisioterapista per valutare il livello di
apprendimento delle attività motorie programmate; alla quarta e alla sesta settimana hanno
luogo un secondo ed un terzo contatto telefonico per verificare l’andamento delle attività.
Il terzo accesso del fisioterapista avviene all’ottava settimana, per verificare ulteriormente
l’apprendimento, e per compilare un questionario sul gradimento dell’attività.
Poi si effettuavano a cadenza mensile delle telefonate di controllo fino al dodicesimo mese.
Nello studio si portano alla luce i risultati positivi ottenuti, come il coinvolgimento degli
anziani in protocolli di attività motoria, della buona compliance ottenuta e un protocollo
con costi ridotti.
Resta però a mio avviso una carenza molto importante per noi operatori nel campo
motorio, ovvero al termine dello studio non c’è stato una successiva valutazione dei test
motori eseguiti inizialmente, e non si hanno così risultati a riguardo sull’efficacia dello
studio.
Quello che mi ha spinto a descrivere così nel dettaglio questo studio è il protocollo
utilizzato, e il coinvolgimento dell’AUSL locali.
20
In un altro studio di tipo caso-controllo su 911 anziani ospedalizzati per frattura all’anca e
910 controlli è risultato che un maggior numero di ore settimanali di attività è correlato con
una riduzione del rischio di fratture nei soggetti che vivevano presso il loro domicilio,
mentre i livelli di attività degli anziani istituzionalizzati risultavano molto bassi e quindi
privi di effetto protettivo. (Norton R et al., 2001)
21
22
4.
GLI ANZIANI FRAGILI NEL COMUNE DI LONIGO
4.1 INIZIATIVE DEL COMUNE E DEI SERVIZI SOCIALI
L’aumento costante della popolazione anziana e in particolare di anziani con bisogno di
assistenza, pone al centro delle amministrazioni pubbliche e dei servizi sociali, dei continui
aggiornamenti sulle politiche a favore del sostegno di questa fascia di popolazione debole,
con interventi sempre più complessi e diversificati per far fronte alle sempre maggiori
richieste di sostegno.
Vediamo di seguito e alcuni dati anagrafici, e le iniziative portate avanti dai servizi sociali.
Dati anagrafici e di contesto
La popolazione residente nel comune di Lonigo al 31.12.2009 era di 16.070 persone con
una percentuale del 50,48 % di machi e 49,52 % di femmine.
La popolazione con più di 65 anni è di 2641 persone e rappresenta il 16,43 % della
popolazione leonicena; il dato è inferiore rispetto alla media regionale che è del 19,66% in
quanto la percentuale di residenti stranieri (verosimilmente in gran parte giovani e adulti) è
del 20,3%, quindi una quota considerevole del totale.
I maschi con più di 65 anni rappresentano il 40,21 % e sono quindi 1062, mentre la
percentuale di donne over 65 è del 59,79 % e sono 1.567.
L’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra la popolazione con età superiore ai 65 anni e la
popolazione con età inferiore ai 15 anni, è pari al 95 %.
I nuclei famigliari complessivi sono 5.630, ma dato interessante è conoscere che tra gli
over 65 ci sono 740 nuclei famigliari composti da una sola persona, con una percentuale a
favore della popolazione femminile assai rilevante; ben l’80,81% è costituito infatti da
soggetti di sesso femminile e solo il 19,19 % da quello maschile.
E’ importante sottolineare nella lettura dei dati sulla popolazione anziana, che in prima
battuta sembra essere significativamente inferiore rispetto alle medie italiane e venete, che
il dato è più basso in quanto negli ultimi dieci anni il flusso migratorio dovuto alla
popolazione straniera è stato incessante, e come riportavamo è del 20,3 % sul totale della
popolazione, che inficia, per così dire, la percentuale di popolazione anziana residente nel
comune di Lonigo, che si ferma al 16,43 % del totale.
23
Servizi erogati dal comune e dai servizi sociali
Il comune di Lonigo, tramite i Servizi Sociali, offre una serie di prestazioni svolte a
domicilio in quella che viene chiamata assistenza domiciliare socio-assistenziale,
verosimilmente il SAD (servizio di assistenza domiciliare), che è delegato ad una
cooperativa che ha al suo interno personale qualificato con titolo di operatore sociosanitario.
Gli utenti con più di 65 anni che al 31.12.2009 usufruiscono del SAD sono 28 e
rappresentano 1,06 % della popolazione anziana.
Le prestazioni che vengono offerte agli utenti del servizio sono:
-
cure della persona (igiene, mobilizzazione, aiuto nell’assunzione dei pasti, etc.)
-
igiene della casa (pulizia e riordino alloggio)
-
“segretario sociale” (si danno informazioni su risorse pubbliche disponibili per
facilitare la permanenza del soggetto presso il proprio domicilio), inoltre si pagano
bollette, si ritirano pensioni, etc.
Il comune, sempre attraverso i servizi sociali, offre altre prestazioni a sostegno della
domiciliarità, che ora andremo a descrivere.
Servizio consegna pasti caldi a domicilio
Il servizio comprende la preparazione e la consegna presso il domicilio dell’utente dei
pasti;
tale servizio è attivo 365 giorni all’anno, domeniche e festività incluse e ciascun utente può
richiedere di usufruire del servizio tutti i giorni, oppure solo quando lo ritiene opportuno,
purchè ciò avvenga in tempi utili, ovvero di settimana in settimana si avvisa l’operatore e
di quanti pasti si richiedono nel proseguo della settimana, e il menù, a seconda delle
esigenze individuali.
Il servizio ha un costo di 7,30 Euro a pasto consegnato, che comprende sia il pranzo che la
cena.
Al momento non esiste alcuna deroga rispetto al costo del servizio, ma è in progetto
l’applicazione della valutazione economica con riferimento all’ISEE al fine di garantire
costi variabili a seconda delle disponibilità economiche.
Al 31.12.2009 risultano usufruire del servizio 27 utenti, pari all’1,02 % della popolazione
anziana.
24
E’ bene sottolineare che il costo pagato da ogni utente copre solo parzialmente la spesa
sostenuta dal comune per il servizio: tale spesa comprende i costi per la preparazione dei
pasti, i costi di trasporto (entrambi effettuati dalla casa di riposo Villa Serena di Lonigo),
nonché i costi di acquisto dei particolari contenitori all’interno dei quali sono riposti i pasti
consegnati.
Servizio di telesoccorso
Il servizio di telesoccorso è gestito anch’esso dai servizi sociali, ma dato in appalto ad
un’azienda esterna che garantisce il servizio 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno;
l’utente, mediante un apposito apparecchio, può quindi allertare gli operatori del servizio
che a loro volta mettono subito in allerta i tre numeri forniti dall’utente da avvisare nei casi
di bisogno.
Inoltre il servizio oltre ad essere attivo in caso di situazioni di emergenza, chiama
direttamente i gli utenti una volta la settimana mediante un suo operatore.
Al 31.12.2009 , nel comune di Lonigo, i soggetti anziani che usufruivano di tale servizio
erano 72 e corrispondono quindi al 2,73 % degli over 65; di questi l’82 % è di sesso
femminile e il 18 % di sesso maschile; inoltre 57 dei 72 utenti, pari al 79,16 % è vedovo o
celibe/nubile.
Servizio di trasporto comunale ed extracomunale
Il servizio di trasporto comunale è completamente gratuito per i residenti del comune di
Lonigo in territorio comunale, mentre c’è un costo legato al chilometraggio per i servizi
extracomunali.
Il servizio è gestito dai servizi sociali grazie a dei volontari; la richiesta può essere fatta
chiamando direttamente l’ufficio dei servizi sociali, e si presta a trasportare le persone con
bisogno per accompagnarle a visite mediche, in farmacia, e per qualsiasi tipo di prestazioni
sanitaria.
Contributi economici a sostegno della domiciliarità
Vi sono varie norme regionali finalizzate al sostegno dei famigliari che si occupano
dell’anziano non autosufficiente, e che cercano di mantenerlo il più possibile nel proprio
domicilio; di seguito verranno elencate:
25
-
“provvidenze a favore delle persone non autosufficienti assistite a domicilio”, la
quale è complementare al servizio domiciliare socio assistenziale perché finalizzato
a sostenere la famiglia che si prende cura della persona non autosufficiente
-
“interventi a favore delle famiglie che assistono in casa persone con demenza
accompagnata da gravi disturbi comportamentali”
-
“Contributi alle famiglie che si avvalgono di assistenti famigliari badanti”
-
“Interventi per il sollievo a favore delle famiglie che assistono in casa persone in
condizioni di non autosufficienza”, si tratta di assegni economici per fronteggiare il
particolare carico gravante sulle famiglie coinvolte nell’assistenza di persone non
auto sufficienti o di buoni servizio per l’acquisto di servizi di accoglienza
residenziale temporanea.
Per quanto riguarda il comune di Lonigo, i punti due e tre spora descritti non sono
cumulabili.
Soggiorni climatici e altre iniziative a favore della popolazione anziana
Da molti anni il comune offre alla popolazione anziana la possibilità di effettuare dei
soggiorni climatici durante il periodo estivo sia in località di montagna sia di mare.
La durata di questi soggiorni climatici è di 15 giorni, e sono effettuati in periodi differenti.
Al servizio, per l’estate 2009 si sono registrate circa 70 presenze.
Da più di vent’anni c’è inoltre il servizio denominato “cure termali”, dove nell’anno 2009
hanno partecipato 102 persone complessive; il comune di Lonigo ha infatti stipulato un
contratto con una residenza termale in provincia di Verona, per accogliere, in forma
agevolata, le persone over 65 che usufruiscono di tale servizio.
Il centro diurno adulti – anziani
Il centro diurno rappresenta uno spazio adibito all’incontro di persone adulte e anziane con
un target di frequentazione abbastanza ampio che va dai 55 anni in poi.
Le attività sono molto varie e vanno dall’università adulti – anziani, frequentata in
particolar modo dalla parte più giovane della popolazione, dove le attività maggiormente
coinvolgenti in numero di partecipazioni riguardano quelle sull’uso del computer, della
lingua inglese, e dell’attività motoria.
In particolare riferimento a quest’ultima, è attivo ormai da molti anni un corso di attività
motoria per le persone frequentanti il centro diurno, per due volte la settimana della durata
di circa un ora, dove si usano tappetini e piccoli attrezzi; le attività hanno un carattere
26
molto ludico, e riscuotono un buon successo in termini numerici, in quanto il corso è
frequentato nel suo complesso da circa 30-35 anziani.
4.2 INIZIATIVE DA PARTE DELL’ULSS 5
Si andranno ora a descrivere le prestazioni che offre l’ULSS 5 (ovest vicentino) per quanto
riguarda la popolazione anziana sia a livello di prestazioni domiciliari, attraverso l’A.D.I,
sia con la palestra di recupero e rieducazione funzionale, presente a Lonigo, Montecchio
Maggiore e Valdagno, nonché si andrà ad approfondire più nel dettaglio le funzioni
dell’U.O.S.D Adulti e Anziani.
Servizio di assistenza domiciliare, (A.D.I.)
Il termine ADI significa “assistenza domiciliare integrata”, e nello specifico per assistenza
si intende aiuto alla persona che non è più in grado di badare completamente a se stessa,
domiciliare perché le prestazioni sono date direttamente presso il domicilio della persona
bisognosa, integrata perché l’assistenza prevede servizi sanitari (assistenza medica,
infermieristica, medico – specialistica, protesica) e servizi socio assistenziali (cura ed
igiene della persona, aiuto domestico, piccole commissioni).
L’integrazione è pertanto da intendersi sia come collaborazione tra più figure professionali,
sai come collaborazione tra enti (comune e ULSS), sia tra servizi (ospedale e distretto
socio sanitario) per la predisposizione, attivazione e coordinamento degli interventi
necessari al superamento dello stato di bisogno. (guida per il paziente in A.D.I, ULSS 5
Azienda Unità Locale Socio Sanitaria, novembre 2005)
In realtà dopo colloqui con il responsabile dei servizi sociali del comune di Lonigo, ho
potuto constatare che le prestazioni e i servizi tra “il sanitario” e “il sociale”, sono tutti,
ripeto tutti, gestiti o attraverso l’A.D.I. e quindi con i servizi sanitari, o attraverso il SAD,
quindi dal sociale.
Nella pratica quotidiana quindi i due servizi non riescono ancora ad integrarsi tra loro, e
per difficoltà e in alcuni casi, per mancanza di necessità.
L’A.D.I. svolge un importante funzione perché la persona bisognosa ha la possibilità di
rimanere nel proprio domicilio, infatti il servizio offre cure sanitarie che un tempo erano
27
garantite solo in ospedale, e si evita, o si ritarda il più possibile, l’inserimento delle persone
non autosufficienti in strutture di ricovero.
Il servizio si rivolge a tutte le persone presenti nel territorio dell’ULSS 5, non
autosufficienti o allettati, e i costi per i vari servizi, sono a completo carico dell’ULSS.
Nel territorio sono presenti quattro forme di assistenza domiciliare, che vedremo ora nello
specifico.
1. assistenza domiciliare socio assistenziale, la quale è erogata dai comuni o dalla
azienda ULSS su delega del comune per cura dell’igiene personale, igiene
dell’ambiente, pasti a domicilio, trasporti, integrazione economica; nello specifico,
nel comune di Lonigo, rappresenta il SAD, ed è quindi gestito dal comune – servizi
sociali.
2. assistenza domiciliare infermieristica – A.D.I. profilo B, dove su richiesta del
medico curante, possono essere eseguiti a domicilio semplici interventi di tipo
infermieristico come prelievi di sangue, medicazioni di piaghe,, cambio catetere,
etc.
3. assistenza domiciliare programmata – A.D.I. profilo C, la quale è svolta dal
Medico di Medicina Generale (M.M.G.) per tutti quegli utenti, particolarmente
anziani, che avendo bisogno di controlli periodici dello stato di salute per malattie
croniche invalidanti, o per mancanza di completa autonomia nelle attività
strumentali della vita quotidiana, non possono raggiungere l’ambulatorio del
proprio medico; è questo il profilo di utente che ho individuato e trattato nella mia
dissertazione; nel distretto di Lonigo sono presenti 240 anziani in assistenza
programmata profilo C.
4. assistenza domiciliare integrata – ADIMED, che è la forma maggiore di
integrazione dell’A.D.I con i servizi sociali, e con le varie figure professionali, ed è
rivolta a pazienti con patologie importanti e che necessitano di interventi di
maggiore complessità e continuità.
L’accesso a questa forma di assistenza può avvenire unicamente attraverso la
valutazione della U.V.D.M ovvero unità di valutazione multidimensionale
distrettuale, la quale è costituita da un gruppo di lavoro composto dal medico del
distretto, dal medico di famiglia, da un infermiere del punto salute di appartenenza,
da un assistente sociale del comune di residenza o del distretto, che valuta la
richiesta di assistenza, analizzando le condizioni sanitarie, economiche, abitative,
l’assistenza fornita dalla rete famigliare, e predispone il programma degli interventi
28
assistenziali personalizzati; tale gruppo viene integrato di volta in volta da medici
specialisti e da altri operatori in caso di bisogno (oncologo, nutrizionista,
pneumologo, etc.).
E’ inoltre presente il servizio di cure palliative per i malati oncologici, che opera attraverso
il Nucleo di Cure Palliative, costituito da un gruppo di lavoro che comprende: medici di
medicina generale, infermieri del territorio, terapisti del dolore, nutrizionisti, assistenti
sociali, oncologi, psicologo dell’oncologia.
Il Nucleo di Cure Palliative ha il compito di attivare l’assistenza domiciliare integrata
(ADIMED), per i pazienti oncologici terminali.
Il Medico di Medicina Generale (Medico di famiglia) è centrale rispetto a tutte le forme di
ADI per cui siano previsti interventi sanitari ed è indispensabile per la realizzazione
dell’assistenza domiciliare programmata – A.D.I. (profilo C), quello che ha riguardato la
mia tesi, e dell’ADIMED (profilo D).
A seconda del programma concordato, il medico compie visite periodiche a casa del
paziente, che nel caso degli anziani che ho trattato, quelli con profilo C, è di una visita nel
proprio domicilio ogni due settimane, ma in caso di bisogno anche più volte; la maggior
parte dei medici dell’ULSS hanno volontariamente aderito agli accordi aziendali, e per
questo servizio ricevono appositi compensi.
Nell’ULSS 5 non è presente il servizio di assistenza riabilitativa domiciliare, o meglio c’è
il servizio ma è pagamento in quanto è gestito dalla palestra di recupero e rieducazione
funzionale dell’ospedale di Lonigo, che attraverso dei fisioterapisti copre questa mancanza
ma per l’appunto è ancora un servizio che l’utente deve pagare; è presente inoltre il
servizio di assistenza protesica, ovvero nell’erogazione anche nel domicilio di protesi e
ausili; la mancanza di assistenza riabilitativa è in parte compensata per l’appunto dalla
presenza della palestra di recupero e rieducazione funzionale, che sarà approfondita nel
prossimo paragrafo.
La palestra di recupero e rieducazione funzionale
La palestra è situata all’interno dell’ospedale San Giovanni Battista ed è composta da spazi
adibiti ad attività di rieducazione funzionale e da una piscina adibita a servizio di
idrochinesiterapia.
La mission e gli obiettivi che si pone tale servizio sono i seguenti:
29
l’U.O.C. di Recupero e Rieducazione Funzionale è al servizio dell’intero territorio
dell’Azienda ULSS 5 “Ovest Vicentino” per le attività sanitarie di riabilitazione
“interventi valutativi, diagnostici, terapeutici e altre procedure finalizzate a portare il
soggetto affetto da lesione invalidante a contenere o minimizzare la sua disabilità, al fine di
potersi relazionare nel modo più efficace possibile nel proprio ambiente familiare,
lavorativo, scolastico e sociale.”
E’ chiaro che tali servizi sono rivolti non solo a pazienti anziani, ma a tutti i soggetti che
necessitano di attività specifiche per il recupero funzionale.
Nello specifico per la popolazione anziana si offrono le seguenti prestazioni:

Visita fisiatrica, valutazione protesica, iniezione di sostanze terapeutiche

Rieducazione funzionale individuale per patologia semplice e complessa, training
deambulatori e del passo, rieducazione motoria di gruppo, esercizi respiratori,
esercizi posturali-propriocettivi individuali e collettivi

Elettroterapia
antalgica
(TENS,
diadinamiche,
interferenziali,
galvanica,
ionoforesi), elettroterapia di muscoli normo o denervati di altri distretti,
magnetoterapia, laserterapia, ultrasuonoterapia, radarterapia

Massoterapia distrettuale reflessogena, trazione scheletrica cervicale
Come accennato c’è anche il servizio di idrochinesiterapia, ma la popolazione anziana, in
particolare gli anziani “fragili” non usufruiscono di tale servizio.
Le modalità di accesso ai servizi sono o attraverso il reparto per acuti previa consulenza
fisiatrica, oppure direttamente previa visita fisiatrica con impegnativa del Medico di
medicina generale.
30
Una nuova frontiera, servizi e tecnologie per la gestione domiciliare di
soggetti fragili con patologie croniche
Questo servizio è un nuovo progetto dell’ULSS 5 di Teleassistenza domiciliare e si pone il
problema di affrontare in maniera sempre più organica e coordinata, la gestione di pazienti
fragili e/o cronici; rappresenta infatti un ulteriore supporto e sostegno ai servizi sociosanitari attivi sul territorio.
Nello specifico, attraverso questo software di teleassistenza, si mette a disposizione a tutte
le figure che prestano dei servizi presso il domicilio dell’anziano, e in particolare al medico
di medicina generale, un dossier clinico ospedaliero che persegue l’obiettivo della
continuità assistenziale, si ha inoltre l’introduzione del servizio di Telesorveglianza,
erogato da una struttura di call center qualificata, e inoltre si ha l’introduzione di
dispositivi medicali leggeri per uso domiciliare, integrati con tecnologie multimediali di
Contact Center per l’acceso a distanza e in tempo reale ai parametri clinici del paziente
assistito a domicilio, da parte dei diversi operatori sanitari che lo hanno in cura.
Questo servizio è erogato a queste tipologie di utenze:
-
scompenso cardiaco cronico (SCC) e le malattie polmonari cronico ostruttive
(BPCO), visto che rappresentano le due patologie con alto tasso di mortalità e
invalidità.
-
Anziani con uno status di isolamento sociale marcato
-
Pazienti con deterioramento cognitivo lieve, in quanto il 30% degli ultra 85enni ne
è colpito, e questi presentano un aumento significativo di sviluppare la malattia di
Alzheimer.
Il sistema utilizzato (Web-based), da accoppiare al SIO (sistema informativo ospedaliero)
al fine di condividere le informazioni tra ospedale e territorio, quindi con il domicilio della
persona e quindi dell’ADI, al fine per l’appunto di operare attraverso percorsi clinici il più
possibile coordinati e seguiti sia dai medici ospedalieri, sia dal MMG.
L’adozione di servizi medicali leggeri per uso domiciliare, integrati con tecnologia
multimediali di Contact Center e con applicativi Web-based per la gestione dei dati
strumentali rilevati, consente l’accesso a distanza e in tempo reale ai parametri clinici del
paziente a domicilio da parte dei diversi operatori sanitari che lo hanno in cura.
I pazienti in SCC e BPCO presentano un monitoraggio continuo e nel loro domicilio sono
quindi stati installati i presidi medicali leggeri che consentono per l’appunto un costante
monitoraggio di parametri quali spirometria, saturi metro, misuratore di pressione, etc.
31
Ai pazienti definiti non critici non vengono installati questi presidi, ma l’operatore
domiciliare o l’infermiere professionale si sposta periodicamente con una valigetta
contenete il necessario per il monitoraggio.
Ai pazienti che invece richiedono un supporto psicologico perché socialmente isolatati o
affetti da lieve demenza senile, viene offerta la soluzione della video comunicazione, dove
il senso di vicinanza visiva e vocale sono molto importanti, si installa presso il domicilio
una postazione di video comunicazione con la quale l’utente può comunicare con un
operatore della centrale operativa o con un medico dell’ULSS 5 o direttamente con il
proprio medico di base.
4.3 INIZIATIVE DA PARTE DI PRIVATI
A Lonigo è di recente avvio il centro “PRIVATASSISTENZA”, una rete nazionale nata
nel 1993 in Emilia Romagna, che offre assistenza domiciliare per anziani, malati e disabili
che necessitano di un aiuto o di un supporto al domicilio per tutti i bisogni socio
assistenziali e/o sanitari fra i quali l'igiene personale, la vestizione, l'assistenza al pasto, la
compagnia, la vigilanza, la tutela, e l'accompagnamento, la prevenzione piaghe o il
supporto per la cura di determinate patologie.
Il servizio offre inoltre anche prestazioni fisioterapiche e di integrazione o sostituzione
badante.
Il centro Privatassistenza si pone come un ulteriore servizio ai cittadini e in particolare alla
popolazione anziana, che non rientra nei parametri richiesti per usufruire del SAD, oppure
per prestazioni sanitarie e/o socio assistenziali tempestive, in quanto nel caso di bisogni
immediati, ne i servizi sociali, ne l’ULSS attraverso i vari servizi A.D.I. riescono a
intervenire in tempi molto rapidi, e quindi rappresenta un indubbio canale di assistenza,
composto da personale qualificato, che si presta a servire quella fascia di popolazione che
richiede l’esigenza di essere seguita.
Trattandosi di un ente privato, ha naturalmente dei costi per l’utenza, a differenza dei
servizi erogati dal comune o dall’ULSS.
32
4.4 I BISOGNI CONCRETI
Da questi resoconti relativi alla rete di servizi a sostegno e dell’anziano in termini
“generali”, e le politiche attuali a sostegno della domiciliarità da parte di servizi sociali e
socio sanitari, nonché di iniziative da parte di privati, abbiamo potuto vedere che il sistema
è presente e consente quindi un buon supporto all’anziano alla quale si aggiunge in molti
casi una rete famigliare che gli consente di rimanere nel proprio domicilio a lungo, senza
ricorrere alle strutture protette, le quali se un tempo fornivano più un servizio sociale, di
questi tempi sono divenute dei veri e propri piccoli centri di cura vera e propria, trascinati
ormai in modelli medico – ospedalieri (Guaita A., 2001).
Il sistema socio – sanitario a sostegno della domiciliarità sarà nei prossimi anni sempre più
sviluppato e le percentuali di utenti che ne usufruiranno sarà destinato ad aumentare in
maniera considerevole, visto che attualmente è erogato, in Italia, solo verso il 2 % della
popolazione, mentre nei paesi nordici si arriva a punte vicino al 20%. (Leichsenring K.
2004), e che la popolazione anziana, come visto in precedenza, sarà destinata ad aumentare
in maniera significativa, e con essa, il bisogno di assistenza.
Tale prospettiva implicherà un aumento dei costi sociali e socio – assistenziali; domanda
che ci si pone è se il sistema riuscirà effettivamente a sorreggere questi costi, perché in
ogni caso, sia l’assistenza domiciliare, sia il ricovero in strutture protette o le spese per i
ricoveri ospedalieri, aumenteranno e dovranno essere affrontate.
Sicuramente l’integrazione socio – sanitaria e l’intervento integrato di più figure starà alla
base del sostegno alla domiciliarità, ma punto essenziale, per una politica lungimirante, è
quello di prevenire il più possibile gli interventi e le spese; per avere una idea sull’impatto
che hanno gli ultra 65enni sul nostro sistema di servizi sociali e sanitari, si consideri che
consumano più del cinquanta per cento delle risorse erogate. (Giovanni Bertin 2009).
Uno dei modi per prevenire questa situazione, a mio avviso, è quello di prevenire e quindi
investire risorse, capacità e mezzi, in attuazioni di programmi di attività motoria per tutta la
popolazione, al fine e di prevenire l’incidenza di patologie cronico – degenerative, e in
particolare prevenire attraverso l’esercizio fisico la perdita di autonomia funzionale in
particolare con interventi diretti a favore della popolazione anziana, ivi compresi la fascia
più anziana di questa categoria di persone.
E’ in quest’ottica che ho voluto sviluppare il progetto di attività motoria per anziani fragili
nel loro domicilio, e nelle pagine seguenti sarà illustrato più nel dettaglio la mia proposta.
33
34
5.
INTRODUZIONE ALLO STUDIO SPERIMENTALE
Molti studi in letteratura riportano che l’attività motoria per anziani che presentano
numerose patologie croniche o gradi di autonomia molto bassi, come per esempio i
residenti in strutture protette, è in grado di apportare significativi miglioramenti; la
specificità di quest’ultimi è già stata evidenziata nei precedenti capitoli di questa
dissertazione, ma ciò che interessa evidenziare è l’attuabilità di un protocollo di attività
motoria per anziani fragili da proporsi nel loro domicilio.
In passato sono già stati condotti studi simili in merito, in particolare in contesto nordeuropeo e americano, dove il Centre for Activity and Ageing (CAA) ha redatto e
supportato l’Home Support Exercise Program (HSEP), appunto per contrastare la perdita di
funzionalità, indipendenza e necessità all’istituzionalizzazione di quelli che in lingua
inglese vengono definiti gli “homeboundess”(Tudor - Locke, 2000); anche in Italia, a
Rovereto, è stato sviluppato un programma simile (Zandonai et al, 2006), dove l’attività
motoria per questa tipologia di anziani definiti “fragili”è entrata a far parte del SAD
(servizio di assistenza domiciliare) del comune trentino.
Nel prossimo capitolo descriveremo più nel dettaglio la struttura dello studio e le modalità
di coinvolgimento delle figure interessate e nello specifico il protocollo della
sperimentazione.
5.1 ATTUAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI ATTIVITA’ MOTORIA
DOMICILIARE PER ANZIANI FRAGILI
L’idea di progettare un programma di attività motoria domiciliare è un’esigenza di fatto, in
quanto questi soggetti presentano una buona se non completa autonomia nell’eseguire le
azioni fondamentali della vita quotidiana, tuttavia, dal punto di vista della qualità della
vita, individuate nelle abilità strumentali come fare la spesa, usare mezzi di trasporto,
riordinare la casa, sia negli indicatori della qualità avanzata della vita (viaggiare, dedicarsi
ad hobby, etc) sono più in difficoltà, e per questo presentano notevoli problemi nell’uscire
di casa e quindi recarsi ad un corso di attività motoria in palestra.
35
Questa tipologia di utenza, come scritto in precedenza, prende il nome nei paesi
anglosassoni di “homebaoundness”, ovvero persone che mai o molto raramente escono di
casa, e se lo fanno, solo con assistenza; è stato stimato che in Canada le persone
appartenenti a questa tipologia costituiscono il 50% dei over 85. (Tudor – Locke. 2000)
E’ bene specificare inoltre che i consueti corsi in palestre più o meno strutturate, non sono
in grado di offrire nei loro servizi, attività motorie adattate a questa particolare tipologia di
utenza, quindi il problema è ancor più complesso.
La loro autonomia tra le mura di casa, in assenza di eventi acuti, però, è tale che non è
previsto un servizio di fisioterapia da parte dell’ULSS e quindi questi soggetti, che
ricordiamo presentano condizioni di salute spesso precarie, dove una caduta, o una banale
influenza possono provocare una serie a cascata di eventi, i quali possono condurre, in
breve tempo, ad un grado di disabilità che non li permetta più di vivere nel proprio
domicilio, se non in presenza di un costante supporto.
A quel punto si rende quindi quasi inevitabile la permanenza in strutture protette, ma
questo atteggiamento, viste le prospettive di una crescita esponenziale del numero di
anziani, e di anziani con disabilità, non è lungimirante, in quanto si rischia di asfaltare
l’Italia di RSA facendo così definitivamente saltare i magri bilanci dello Stato Sociale
(Micheli A. 2004).
Ritengo quindi importante investire in politiche sociali e sociosanitarie multidisciplinari,
tra cui naturalmente anche quella dello specialista in attività motorie, al fine di mantenere
nel proprio domicilio l’anziano, attuando un progetto preventivo che consenta di ritardare
il momento in cui la capacità funzionale scenda fino alla soglia critica della perdita di
autosufficienza (Shepard. J. 1998).
L’interesse inoltre si è spostato dal semplice prolungamento della sopravvivenza e
dell’attesa di vita in sé, ad una attesa di vita sana, attiva e di qualità (Shepard. J. 1998);
questo significa che anche l’anziano fragile ha la volontà di vivere appieno gli ultimi anni
della sua vita, in quanto è ben risaputo che hanno difficoltà ad accettare l’entrata in casa di
riposo, ma tendono per l’appunto a rimanere nel proprio domicilio il più a lungo possibile.
Ricordiamo, che il luogo di vita, la casa, lo spazio di vita e di relazione hanno un
importanza cruciale nel definire il successo o l’insuccesso dell’invecchiamento personale e
sociale (Micheli 2002), tanto da far dire che la casa ”è una parte del corpo degli anziani”.
La necessità di abbandonare questo “paese dell’anima” è quindi quasi un’amputazione di
una parte di se stessi, e il ricovero istituzionale non può fare a meno di avere addosso tutta
36
la negatività della scelta obbligata di un male necessario:pochi scelgono di essere ricoverati
in istituto, così come nessuno sceglie di essere malato, disabile, solo.
Oggi in Italia, quasi il 2% di ultra 65enni sono ricoverati in strutture residenziali, mentre
meno dell’1% sono seguiti a domicilio. (Guaita A., 2001)
Voglio inoltre ricordare che i motivi per i quali un anziano o i suoi famigliari chiedono di
entrare in una struttura protetta sono i seguenti, e spesso, ovviamente, si sommano:
(Micheli A. 2004)
-
perdita di autonomia funzionale
-
assenza di risorse relazionali forti
-
assenza di spazi intermediari
E’ evidente che nel punto “perdita di autonomia funzionale”, l’esercizio fisico svolga un
ruolo predominante, mentre per assenza di spazi intermediari si intende la mancanza di
un’adeguata rete di servizi/supporti che possano mantenere l’anziano, anche se in
condizioni di parziale disabilità, nel proprio domicilio.
Risulta quindi evidente che nel prossimo futuro le amministrazioni locali, le ULSS e i
servizi sociali dovranno intraprendere una politica di sostegno interdisciplinare in grado di
prevenire quello che potrebbe rivelarsi un vero e proprio boomerang sociale, ovvero
l’assistenza della popolazione anziana.
E’ per questa serie di motivi che ho pensato e progettato un protocollo di intervento per
questa tipologia di utenza e in questo specifico contesto, ovvero l’attività motoria a
domicilio per anziani fragili, e ora, nel prossimo paragrafo, andrò a spiegare il tipo di
collaborazione che si è resa necessaria per apportare questo intervento.
5.2 COLLABORAZIONE TRA ULSS 5 – MMG – ESPERTO DI ATTIVITA’
MOTORIA
Il problema principale nel costruire un progetto è quello di coordinare nella maniera più
opportuna e gli enti coinvolti, e le tempistiche dell’intervento.
Nel caso del mio progetto il punto più complicato, ma alla base dell’idea stessa, era quello
di trovare i soggetti alla quale avrei poi applicato il protocollo sperimentale.
37
Il primo step è stato quello di contattare l’ULSS 5 (Azienda Unità Locale Socio Sanitaria)
dell’ovest vicentino, con una figura di rilievo che potesse essere interessata direttamente al
progetto; tra i vari servizi del distretto socio sanitario ho trovato quello relativo alla
“promozione del benessere della persona anziana, prevenzione del ricovero in istituto, con
funzione di dare impulso alla rete dei servizi esistenti , promuovere la diversificazione
dell’offerta di servizi rendendo maggiormente incisivi quelli che perseguono finalità
alternativa alla istituzionalizzazione”. (ULSS 5, 2009)
Questo servizio prende il nome di U.O.S.D Adulti e Anziani, al quale la figura di
riferimento è il dott. E. Dian che ho contattato e con il quale ho avuto un primo contatto
per la descrizione del mio progetto a cui ha fatto seguito una disponibilità di
collaborazione.
Oltre a questa attività, è presente anche il servizio per l’assistenza domiciliare integrata
(ADI), che si occupa delle persone a domicilio non autosufficienti mediante interventi di
personale medico, infermieristico e degli operatori di assistenza.
A Rovereto (Tn) si è inserita l’attività motoria per anziani fragili nel loro domicilio grazie
all’intervento di un operatore motorio che è entrato in contatto con il SAD e ha così
raggiunto un buon numero di soggetti, seguiti poi nel proseguo dagli operatori stessi del
servizio di assistenza domiciliare.
La scelta di inserirmi e di contattare l’U.O.S.D Adulti e Anziani sta per l’appunto nella
descrizione dei punti che ho riportato poche righe sopra, e che può essere ricondotta ad un
termine molto importante e di moda tra noi operatori nel campo delle Scienze Motorie,
ovvero prevenzione, prevenzione della disabilità funzionale che il mio progetto ha
l’ambizione di attuare attraverso l’attività motoria.
Il colloquio con il responsabile di questo servizio è servito per delineare in forma generale
e più nello specifico, gli obiettivi e il contesto in cui si andava ad operare, e soprattutto a
capire se c’era la possibilità reale di renderlo attuabile.
Come dicevo poc’anzi, il punto nodale era quello di trovare i soggetti che sarebbero entrati
nel mio studio, e per fare questo avrei avuto bisogno di contattare dei medici di medicina
generale operanti nel comune di Lonigo che fossero disponibili e ad avere un colloquio
informativo, e a sostenere nella pratica il mio progetto, che sarà spiegato in maniera
dettagliata, con tutte le modalità di coinvolgimento, i metodi di intervento e la tipologia
specifica di soggetti nel proseguo della dissertazione.
38
6.
LO STUDIO SPERIMENTALE
6.1 FINALITA’ E DESCRIZIONE GENERALE
La finalità dello studio sperimentale è principalmente quella di riuscire a coinvolgere in un
programma di attività motoria domiciliare, dei soggetti anziani in assistenza programmata,
mediante sedute individuali, svolte per l’appunto a domicilio, e verificare se tali attività
sono in grado di migliorare le capacità fisiche e funzionali di questi soggetti.
6.2 OBIETTIVI DEL PROGETTO
Gli obiettivi principali del progetto sono sostanzialmente tre:
1 - in primo luogo si vuole rendere l’anziano più attivo e sensibile all’attività fisica, e
attraverso questa migliorare le condizioni fisiche dei soggetti stessi; solamente se nasce la
consapevolezza e si associa l’attività motoria come un mezzo per migliorare la propria
salute, tale obiettivo potrà essere centrato, infatti, il protocollo di esercizi è stato sviluppato
affinché in un primo momento ci sia l’intervento dell’operatore motorio, ma poi ci sia
l’autonomia dell’anziano nell’eseguire gli esercizi senza per l’appunto il supporto di una
figura esterna.
2 - se si verifica che tale modello è attuabile, lo si rende a sua volta sostenibile, in quanto si
potrebbero coinvolgere un elevato numero di anziani, e attuare così politiche di
prevenzione e di sostegno a questa fascia di popolazione; il secondo obiettivo è dunque un
obiettivo non direttamente raggiungibile da questa tesi, ma per l’appunto si vuole verificare
se l’esercizio fisico, oltre ad essere positivo sulle capacità fisiche e i livelli di autonomia,
può entrare a far parte del quotidiano dell’anziano, e se questo può essere svolto in forma
autonoma; se così fosse, si potrebbe pensare di sviluppare delle politiche di sostegno a tale
scopo, e coinvolgere elevati numeri di soggetti che diventano “attivi” sul fronte motorio.
3 - Il terzo obiettivo non può non prescindere dai precedenti, ed è sicuramente il più
interessante
e
lungimirante,
anche
se
ovviamente
è
il
più
difficile
da
raggiungere/realizzare, ovvero capire, se politiche concentrate più sulla prevenzione,
attraverso per l’appunto l’attività fisica, siano in grado di diminuire gli outcomes tipici
della fragilità, ovvero morbilità, ospedalizzazioni, istituzionalizzazione, utilizzazione dei
servizi e costi socio-sanitari, mortalità
39
6.3 MODALITA’ DI ATTUAZIONE
Per far ciò si è interpellata l’ULSS 5 “ovest vicentino” che copre il territorio di Lonigo, in
quanto si voleva coinvolgere nel progetto la figura del Medico di Medicina Generale, che
assiste periodicamente gli anziani in assistenza programmata “profilo C”.
Come abbiamo già detto in precedenza, questo utente è seguito dal suo Medico nel proprio
domicilio periodicamente, in quanto le sue condizioni di salute, ma in particolare la sua
autonomia, non gli consentono di spostarsi con facilità.
Si è quindi interpellata L’ULSS 5 che ha sua volta ha contattato due medici al fine di
coinvolgerli nel progetto per poi individuare un buon numero di soggetti disponibili ad
entrare nello studio sperimentale.
6.4 METODO
Struttura dello studio
Lo studio sperimentale si è strutturato in varie fasi, che ora andremo a descrivere.
In primo luogo ho contattato un responsabile dell’ULSS 5, dott. Dian, responsabile
dell’U.O.S.D adulti anziani (i motivi che mi hanno spinto a scegliere questo servizio e il
ruolo dello stesso servizio sono già stati specificati precedentemente), con la quale ho
avuto un colloquio dove gli ho spiegato il mio progetto; come precedentemente specificato
chiedevo la possibilità di contattare dei medici di medicina generale che seguissero dei
soggetti in assistenza programmata profilo C, e da questo colloquio ne sono poi seguiti
degli altri dove sono stati individuati e coinvolti due MMG del comune di Lonigo.
Dopo avere spiegato loro il mio progetto, ho evidenziato quelli che potevano essere i
soggetti, all’interno dell’assistenza programmata, che potevano svolgere il protocollo di
tesi e quindi essere coinvolti nelle attività.
Andiamo quindi a descrivere nel dettaglio quali erano i criteri di inclusione/esclusione dati
a due medici.
-
Soggetto over 65, in assistenza programmata “profilo C”, ovvero è il MMG che visita a
domicilio il soggetto in quanto il suo grado di fragilità e mancanza di autonomia non
gli consente (se non con difficoltà) a recarsi lui stesso dal medico.
40
-
Assenza di grave deterioramento cognitivo tale da impedire lo svolgimento del
programma di attività motoria.
-
Assenza di patologie acute in atto (processi infettivi, angina di recente insorgenza,
vasculopatie acute, ecc..)
-
Assenza di patologie croniche invalidanti (scompenso cardiaco grave, BPCO di grado
medio elevato, angina instabile, ecc)
-
Soggetti in grado di compiere in maniera autonoma le attività di vita quotidiana
(BADL), senza particolari difficoltà, anche con l’aiuto di ausili per gli spostamenti.
-
Persona non allettata o in sedia a rotelle.
Da questo primo screening possiamo dire che nello studio potranno rientrare anziani che
presentano queste peculiarità:
- persona autosufficiente nelle attività di vita quotidiana ma con bisogno di aiuto per alcune
delle attività più complesse della vita quotidiana (fare la spesa, andare dal medico,
commissioni varie, igiene dell’ambiente, ecc..).
Soggetti in grado quindi di compiere le attività basilari della vita quotidiana (BADL) in
maniera autonoma e senza particolari difficoltà, ma che presentano qualche problema nello
svolgere le IADL.
A questo punto i medici di base hanno individuato i possibili anziani che potevano
rientrare nello studio, e hanno chiesto loro, durante le visite programmate, se erano
disponibili a far parte dello studio sperimentale.
I soggetti individuati (il numero che indicativamente ho dato loro era 7+7 soggetti, in
quanto le tempistiche dell’intervento richiedevano un dispendio di tempo non indifferente,
e non sarei riuscito a seguirne un numero maggiore), sono stati per l’appunto 14, e questi
potevano entrare quindi a far parte dello studio.
Mi preme sottolineare un aspetto direi molto significativo, in quanto sono stati interpellati
un totale di 16 anziani, e quindi solamente due di loro non hanno dato la loro disponibilità;
se si pensa questo è un dato che da solo deve fare riflettere, infatti può denotare due cose:
-
il medico di base è per questi soggetti una figura di riferimento molto importante, e un
suo consiglio viene molto spesso recepito favorevolmente.
-
gli anziani se si rendono conto che stanno perdendo parte della loro autonomia e quindi
della loro libertà, sono pronti a raccogliere iniziative che in prima battuta possono
sembrare di difficile ricezione, ma se spigate nella giusta maniera, le possono
accogliere con favore.
41
Una volta individuati i soggetti, ci si recava con il medico durante una sua uscita in
“assistenza programmata”, per conoscere gli anziani ed eseguire le valutazioni motorie,
che verranno illustrate a breve nel proseguo della dissertazione.
Una volta eseguite le 14 valutazioni, si è diviso il gruppo in un gruppo sperimentale
composto da 8 soggetti, e da un gruppo di controllo, costituito invece di 6 anziani.
Il gruppo sperimentale eseguiva nell’arco dei due mesi successivi 16 sedute con l’operatore
motorio che si recava nel domicilio dell’anziano; al termine dei due mesi si eseguivano di
nuovo le valutazioni per entrambi i gruppi; il gruppo sperimentale continuava in forma
autonoma ad eseguire gli esercizi con il supporto di materiale illustrativo, e l’operatore
motorio, a distanza di un mese, andava a verificare il numero di sedute fatte in forma
autonoma e ad eseguire nuovamente le valutazioni.
Successivamente verrà spiegato più nel dettaglio l’organizzazione e la tempistica del
protocollo.
Soggetti e contesto
Come più volte detto nel corso della dissertazione, il contesto dove si è svolto il protocollo
di attività è stato il domicilio del soggetto; questo in alcuni casi ha portato a problemi di
spazio, non tanto per le sedute specifiche, ma per il protocollo di valutazioni, problemi
comunque che sono stati risolti senza particolari difficoltà.
I soggetti dello studio erano 14, divisi in un gruppo sperimentale e un gruppo di controllo;
vediamo ora un po’ di dati relativi ai soggetti presi in esame.
Gruppo sperimentale.
DATI ANAGRAFICI GRUPPO SPERIMENTALE
Id n°
cognome e nome
sesso
età
1
Gattere M.
F
85
2
Biolcati M
F
81
3
Consolaro R.
F
83
4
Marostica A.
F
84
5
Visentin B.
M
75
42
6
Mainente M
F
75
7
Piccottin R
F
90
8
Brusaferro E.
F
78
MEDIA
81,38
DEV.ST
5,21
Tabella 1, dati riferiti al gruppo sperimentale
Gruppo di controllo.
DATI ANAGRAFICI GRUPPO CONTROLLO
Id n°
cognome e
nome
Data di nascita
sesso
età
1
Colognese A.
29/12/1925
F
85
2
Urbani T.
21/06/1932
F
78
3
Peretti A.
14/01/1932
F
78
4
Mancassola A.
11/12/1927
F
83
5
Mazzaron L
05/07/1928
F
82
6
Gattere L.
09/04/1919
F
91
MEDIA
82,83
DEV.ST
4,88
Tabella 2, dati riferiti al gruppo di controllo
43
Strumenti di valutazione
La valutazione dei soggetti è stata eseguita assieme al rispettivo medico durante il primo
incontro con l’anziano e a distanza di due mesi dall’inizio del protocollo di attività per tutti
e due i gruppi; in alcune valutazioni a preso parte anche il responsabile dell’U.O.S.D adulti
anziani.
Il gruppo sperimentale ha eseguito anche una terza valutazione che ha riguardato
solamente la parte motoria ed eseguita solamente dall’operatore motorio.
Le valutazioni sono state fatte nell’arco delle due settimane precedenti l’inizio del
protocollo di esercizi, e nella settimana successiva al termine dello stesso.
Le valutazioni si sono sempre svolte nell’abitazione dell’anziano in un clima il più
possibile di imparzialità e rigore metodologico.
Nel caso di alcuni test motori di più difficile esecuzione (chair stand e arm curl, sono state
eseguite delle prove prima dell’esecuzione vera e propria.
Andiamo ora a descrivere i test utilizzati, che sono stati divisi in:
-
motori
-
funzionali
-
cognitivi.
TEST MOTORI
TEST DI TINETTI “Tinetti balance and gait scale”
per l’equilibrio e la postura.
Performance-oriented assessement of mobility problems in eldery patients.
JAGS
1986;34:119-126
Il test è costituito da 9 items riguardanti l’equilibrio e 9 riguardanti l’andatura per un totale
di 28 punti; punteggi superiori a 20 indicano soggetto deambulante a basso rischio di
caduta, tra 2 e 19 deambulante a rischio di caduta, uguali o inferiori a 1 soggetto non
deambulante
UP & GO TEST: per la valutazione della motilità generale.
Podsiadlo D, Richardson S. The Time “Up & Go”: A Test of Basic Functional Mobility for
Frail Elderly Person. J Am Geriatr Soc. 1991 Feb;39(2):142-148.
44
Viene misurato, in secondi, il tempo impiegato dal paziente ad alzarsi da una sedia (alta
circa 0,46 m.), percorrere la distanza di 3 m, girare attorno ad un cono, ritornare e sedersi
nuovamente. Il soggetto calza scarpe comode e può usare i suoi presidi abituali. Al
momento della partenza il dorso è a contatto dello schienale, mentre le braccia appoggiano
ai braccioli. Il soggetto deve cercare di effettuare l’intero percorso nel minor tempo
possibile senza essere aiutato. La presenza dell’insegnante risulta importante nel caso in
cui il soggetto perda l’equilibrio. Molti anziani mostrano infatti difficoltà di coordinazione
spazio – temporale nell’aggirare l’ostacolo soprattutto nelle prime prove.
30 sec. CHAIR-STAND TEST: per la valutazione indiretta della forza degli arti inferiori.
Jones CJ, Rikli RE, Beam WC. A 30-s Chair – Stand Test as a Measure of Lower Body
Strength in Community – Residing Older Adults. Res Q Exerc Sport 1999 Jun;70(2):113119.
Il soggetto viene fatto sedere su di un sedia di circa 0,42 m (bloccata contro la parete) con
le braccia incrociate al petto. Gli viene chiesto di alzarsi in piedi fino alla massima
estensione delle ginocchia e di risedersi sulla sedia continuativamente per 30 secondi, il più
velocemente possibile. Viene quindi registrato il numero delle ripetizioni eseguite
completamente
30 sec. ARM CURL TEST : per valutare la forza degli arti superiori.
Jones CJ, Rikli RE, Beam WC. A 30-s Arm Curl – Curl Test as a Measure of Body Strength
in Community – Residing Older Adults. Res Q Exerc Sport 1999 Jun;70(2)
Il test consiste nel flettere il braccio dominante verso di sé per il maggiore numero di volte
nell’arco dei 30’’ utilizzando un pesetto di 2kg per le donne e 3 kg per gli uomini.
Il rischio di scarsa autonomia è sia per le donne che per gli uomini quando si alza per
meno di 11 volte il pesetto.
BACK SCRATCH TEST: è usato per valutare la flessibilità dell’articolazione della
spalla.
Rikli R., Jones CJ Development and Validation of a functional fitness test for communityresiding older adults. Journal of aging and Physical Activity 1999,6; 129-161.
Si chiede al soggetto di alzarsi in piedi e di portare entrambi gli arti nella parte posteriore
del corpo a livello del dorso, uno con la mano che va verso il basso, e l’altro dall’alto; si
misura la distanza tra le due dita medie.
45
Il test è considerato “negativo” quando per gli uomini si verifica un risultato uguale o
superiore ai meno 10 cm, mentre per le donne ai meno 5 cm.
CHAIR SIT AND REACH TEST: usato per valutare la flessibilità della parte bassa del
corpo.
Rikli R., Jones CJ Development and Validation of a functional fitness test for communityresiding older adults. Journal of aging and Physical Activity 1999,6; 129-161.
Si chiede al soggetto seduto su una sedia di provare a toccarsi le punte dei piedi con le dita
delle mani; l’obiettivo è quello di misurare in centimetri quanto manca alla punta del piede
o al contrario quanto la supera.
TEST FUNZIONALI
BADL – indice di indipendenza nelle attività della vita quotidiana: lavarsi, vestirsi,
toilette, spostarsi, continenza, alimentazione.
Viene utilizzato l’indice di Barthel, nella sua versione comprendente sia la situazione
funzionale, sai la mobilità, dove viene indagato se il soggetto è in grado di deambulare e di
fare le scale.
Il punteggio massimo è di 100, più il punteggio si avvicina a questo numero, più la
situazione funzionale è deficitaria.
Si è utilizzata la versione presente nella scheda S.V.A.M.A. (scheda per la valutazione
multidimensionale delle persone adulte e anziane) 2008 della regione Veneto.
IADL – indice di indipendenza nelle attività strumentali della vita quotidiana: uso del
telefono, fare la spesa, cucinare, cura della casa, fare il bucato, spostamenti fuori casa,
assunzione farmaci, uso denaro.
Il range di punteggio va da 0 a 8; Dai 6 agli 8 punti si è classificati autonomi, dai 5 ai 3
punti parzialmente autonomi e un punteggio inferiore a 2 non autonomi.
Lawton, M.P., and Brody, E.M.
Instrumental Activities of daily living. Gerontologist 1969; 9:179
46
TEST COGNITIVI
GDS-15 Geriatric Depression Scale: per la valutazione del tono dell’umore.
Almeida OP, Almeida SA. Short Versions of the Geriatric Depression Scale: A study of
their validity for the Diagnosis of a Major Depressive Episode According to ICD-10 and
DSM-IV. Int J Geriatr Psychiatry 1999;14:858-865.
Verrà utilizzata la versione di 15 domande e non la versione completa formata da 30 item
in quanto il grado di sensibilità e specificità si è dimostrato molto simile alla versione
completa a 30 domande; per una questione di tempo si è scelto di utilizzare la forma
ridotta.
MMSE Mini Mental Status Examination: per la valutazione della funzione cognitiva.
Folstein MF, Folstein SE, McHugh PR. “Mini Mental State” a pratical method for grading
the cognitive state of patients for the clinician. J Psychiatric Res 1975;112:189 – 198.
Bianchetti A, Trabucchi M. La valutazione Clinica del Demente. In: M Trabucchi (Ed.). Le
Demenze. UTET Periodici, Torino;1998:67-68.
Attraverso questo tipo di test viene valutata la capacità cognitiva mediante un indagine su
parametri di orientamento spazio-temporale, memoria, abilità di calcolo, rievocazione e
linguaggio. Il punteggio totale del test, costituito dal numero totale di risposte esatte, viene
corretto utilizzando un coefficiente di aggiustamento che tiene conto dell’età del soggetto e
del grado di scolarizzazione. In base al risultato, che va da 0 a 30 (più un eventuale
incremento dovuto all’indice di aggiustamento) vengono definite tre grandi classi che
dividono il livello cognitivo in deterioramento grave, deterioramento lieve e funzione
cognitiva nella norma.
Tutti i test somministrati sono riportati nell’allegato 2.
6.5 INTERVENTO
Organizzazione e cronologia
L’organizzazione del protocollo per il gruppo sperimentale consisteva nel programmare
nell’arco di otto settimane nel periodo che comprendeva i mesi di maggio – giugno, 16
sedute, quindi due a settimana, per ogni soggetto facente parte del gruppo sperimentale.
47
I giorni fissati per l’intervento motorio erano il martedì e il venerdì in modo da avere dei
giusti tempi di recupero tra una seduta e l’altra.
La seduta di esercizio aveva una durata effettiva di circa 30-35’ minuti; nello specifico
verrà spiegata dettagliatamente nel paragrafo che segue.
Tutti i partecipanti al gruppo sperimentale erano residenti nel comune di Lonigo, e l’orario
fissato negli appuntamenti era fatto in modo da permettermi degli spostamenti funzionali e
il più possibile ravvicinati.
Si riporta in seguito una tabella riassuntiva che indica le tempistiche dell’intervento.
Tipologia di
Durata
Frequenza
intervento
1
2
3
Attività motoria con
2 mesi (16 sedute)
operatore
2 volte a settimana
Seconda valutazione
1 settimana
Attività motoria
1 mese ( 8 sedute o
2 volte la settimana (o
autonoma
più)
più)
Terza valutazione
1 settimana
4
5
2 settimane
Prima valutazione
Tabella 3, riferita alle tempistiche di intervento
La seduta di esercizio
La seduta di esercizio aveva una durata effettiva di circa 30-35’ minuti, e cominciava con
una breve fase di esercizi di riscaldamento con mobilità delle articolazioni di spalla e
anche; si proseguiva poi con potenziamento muscolare attraverso una fisioband a bassa
resistenza (colore giallo) per i principali muscoli degli arti superiori e alcuni della parte
inferiore del corpo.
48
Questi esercizi venivano eseguiti sulla sedia; si passava poi agli esercizi in piedi, in
appoggio sul tavolo per garantire più sicurezza, dove si coinvolgevano prevalentemente i
muscoli degli arti inferiori; si concludeva con degli esercizi di stretching per la catena
posteriore e per l’articolazione della spalla.
Questo protocollo di esercizi andava modulato da soggetto a soggetto, ma tendenzialmente
era composto da due serie da 8-15 ripetizioni per ogni esercizio, a seconda del soggetto che
avevo di fronte e dal gruppo muscolare interessato.
Per quanto riguarda i tempi di recupero, per gli esercizi eseguiti con la fisioband erano
bassi in quanto molti degli stessi venivano eseguiti prima con un arto e poi con l’altro.
Per gli esercizi fatti in piedi invece, c’era un recupero di circa 30” tra un esercizio e l’altro,
inoltre si era soliti eseguire tutta la serie e poi a ripeterla interamente, quindi lo stesso
gruppo muscolare non lavorava a distanza ravvicinata.
Viene ora riportato qui sotto l’intera gamma di esercizi proposti; queste illustrazioni sono
poi state consegnate ai soggetti, che hanno avuto modo di eseguirle in forma autonoma.
E’ bene specificare che nel primo mese spiegavo io l’esecuzione degli esercizi, cercando
inoltre di far ricordare ai soggetti che avevo di fronte, gli esercizi fatti le volte precedenti;
poi a partire dal secondo mese, tutti gli esercizi e le sedute, sono state eseguite con la
“brochure”, in maniera tale da metterli nelle condizioni di eseguirle successivamente in
forma autonoma.
In fondo si trova l’allegato 1 con gli esempi raffiguranti gli esercizi
Problematiche rilevate in itinere
In questo punto passo in rassegna alcune delle problematiche sorte durante il protocollo di
esercizi, che devo già anticipare, non sono state molte, anzi, assai limitate.
Il punto a mio avviso che mi ha consentito di non avere particolari problemi dal punto di
vista organizzativo è dovuto al fatto che non vi erano vincoli di nessun tipo sul giorno e
l’ora dove poter effettuare l’incontro, visto che le 16 sedute di attività motoria erano
condotte dall’operatore motorio, che di volta in volta, fissava l’appuntamento successivo,
con data e ora di ritrovo, su un calendario fornito a ciascun partecipante. Perciò, in caso di
problemi (generalmente visite mediche), si spostava il girono o l’ora compatibilmente con
gli altri soggetti e/o impegni; questo ha naturalmente garantito una certa facilità nel
programmare le varie sedute, e l’aver lasciato loro questa sorta di calendario, gli ha
facilitati e resi più partecipi all’iniziativa.
49
Calendario dove poi, ciascun anziano, aveva modo di segnare nella successiva fase
autonoma, il giorno dove aveva eseguito le attività individualmente, in modo tale che
l’operatore motorio potesse poi verificare le sedute eseguite.
La problematica più rilevante nel corso dei tre mesi di protocollo (i due mesi con
l’operatore e il mese autonomo), sono state le condizioni climatiche, che in alcuni gironi
sono state davvero al limite, viste le elevate temperature; sicuramente il periodo non era
dei migliori, però come potremo vedere successivamente dai risultati ottenuti, non ha
inficiato negativamente sul protocollo e sulla sua validità.
L’unica nota veramente dolente, è stato l’abbandono di una signora (soggetto numero 8 del
gruppo sperimentale), dopo 13 sedute, in quanto soffriva di problema cardiaci; il dottore
che la seguiva ha preferito farla interrompere per non compromettere il suo stato di salute;
la signora ha quindi eseguito la seconda valutazione, ma non le attività autonome e quindi
la terza valutazione.
Il costante monitoraggio del medico di base, che con l’assistenza programmata era solito
passare ogni 15 giorni circa, garantiva un certo controllo nel corso del protocollo di
attività, e il fatto che la signora che avvertiva questi problemi sia uscita dallo studio
conferma questa opinione.
Il punto più di difficile organizzazione sono state le valutazioni in quanto il protocollo ha
visto la presenza dei medici di base e in alcuni casi anche del dott. Dian, ma si sono svolte
nei tempi e nei modi previsti.
50
6.6 RISULTATI
Compliance
Lo studio è stato strutturato nell’arco di tre mesi, i primi due con supporto dell’operatore
motorio, e il terzo dove le sedute di attività motoria erano svolte in forma autonoma.
Andremo ora a rappresentare graficamente il numero di sedute svolte nei due periodi dai
sogetti che hanno svolto lo studio.
SEDUTE CON OPERATORE
SEDUTE SVOLTE
MOTORIO
AUTONOMAMENTE
Sedute
Sedute
Sedute
Sedute
program.
svolte
%
program.
svolte
%
1. G.M
16
16
100
8
8
100
2. B.M
16
15
93,75
8
4
50
3. C.M
16
14
87,50
8
8
100
4. M.A
16
16
100
8
4
50
5. V.B
16
16
100
8
8
100
6. M.M
16
15
93,75
8
0
0
7. P.R
16
16
100
8
8
100
8. B.E
16
13
81,25
/
/
/
SOGGETT0
MEDIA
94,53
71,43
DEV.ST
7,04
39,34
Tabella 4, dati relativi alla compliace del gruppo sperimentale
Dal grafico emerge l’alto numero di percentuale di sedute svolte nella prima parte del
protocollo, ovvero quella svolta con l’operatore motorio, dato in parte inficiato
dall’abbandono del soggetto numero 8 per problemi di salute.
Questa anziana non ha quindi preso parte alla successiva fase di lavoro autonomo, e quindi
non è stata conteggiata nei calcoli relativi a questa fase.
La seconda parte del protocollo è stata eseguita in tutte le sedute da 4 soggetti su 7, due
invece hanno svolto solamente il 50% delle sedute, mentre una signora non ha eseguito
nessuna seduta.
51
Questi dati mi portano ad alcune riflessioni, anche se l’esiguo numero di soggetti non mi
permette di trarre delle conclusioni.
In primis, i 4 soggetti che hanno eseguito tutte le sedute programmate, hanno riferito di
non aver avuto problemi nella comprensione degli esercizi, così come i due soggetti che ne
hanno eseguite solamente quattro; addirittura, tre dei quattro soggetti con otto sedute su
otto fatte, hanno riportato un numero di sedute eseguite, superiore a quello indicato, segno
che hanno ben recepito anche il “messaggio” che si è voluto dare, ovvero che l’attività
fisica, è in grado di migliorare la propria autonomia e la propria libertà.
Tra i soggetti che non hanno eseguito completamente le sedute, la motivazione che gli ha
spinti a ciò, è stato l’eccessivo caldo, e in generale spossatezza e debolezza.
Risultati test cognitivi e funzionali
Di seguito saranno riportati i dati raccolti durante la prima e la seconda valutazione,
eseguite a tutti i soggetti che hanno partecipato allo studio.
Gruppo sperimentale:
SOGGETT0
1. G.M
2. B.M
3. C.M
4. M.A
5. V.B
6. M.M
7. P.R
8. B.E
MEDIA
DEV.ST
TEST. T
PREADL
/100
9
2
2
9
0
11
18
2
6,63
6,19
POSTADL
/100
4
2
2
6
0
11
18
2
5,63
6,05
p > 0,05
PREIADL
/8
6
8
8
6
7
4
1
5
5,63
2,33
POSTIADL
/8
6
8
8
7
7
5
1
5
5,88
2,30
p > 0,05
Tabella 5, dati relativi al gruppo sperimentale
52
PREMMSE
/30
24,2
28,3
28,4
26,4
28,7
24
20,2
27,7
26,11
2,92
POSTMMSE
/30
24,2
27,3
29,4
27,4
27,7
23
21,2
27,7
25,99
2,82
p > 0,05
PREGDS-15
/15
1
7
2
3
5
9
5
8
5
2,88
POSTGDS-15
/15
2
3
1
2
6
5
6
8
4,13
2,47
p > 0,05
Gruppo di controllo:
SOGG
1. C.A
2. V.T
3. P.A
4. M.A
5. M.L
6. G.L
MEDIA
DEV.ST
TEST. T
PREADL
/100
7
2
2
11
17
4
7,75
5,91
POSTADL
/100
9
7
2
11
17
4
8,33
5,35
p > 0,05
PREIADL
/8
6
7
8
5
4
6
6
1,41
POSTIADL
/8
6
6
8
5
4
6
5,83
1,33
p > 0,05
PREMMSE
/30
22,2
26
27,7
23,04
27,05
24,20
25,11
2,31
POSTMMSE
/30
25,2
28
27,7
23,04
26,05
23,20
25,61
2,17
p > 0,05
PREGDS-15
/15
5
9
2
1
13
8
6,33
4,55
POSTGDS-15
/15
6
8
2
1
13
8
6,33
4,41
p > 0,05
Tabella 6, dati relativi al gruppo di controllo
Come si può notare, il gruppo sperimentale è migliorato sia nelle BADL, sia nelle IADL,
in quanto si è passati per le BADL da 6,63 a 5,63, dato che però non mostra una differenza
statisticamente significativa in quanto il test.T ha dato 0,180 quindi p > 0,05; nelle IADL
invece si è passati da un valore iniziale di 5,63 a 5,88, anche in questo caso non c’è stata
una differenza significativa (0,170), quindi anche in questo caso p > 0,05
Il gruppo di controllo ha invece leggermente peggiorato i risultati in entrambi i valori.
Nelle BADL si è passati da 7,75 a 8,33 (differenza non statisticamente significativa, p
>0,05), mentre nelle IADL si è passati da 6 nella valutazione iniziale a 5,83 nella
valutazione a due mesi, differenza anch’essa non statisticamente significativa, p > 0,05.
Anche se i risultati non hanno valore statistico, si può notare un leggero incremento nel
gruppo che ha svolto le sedute di attività motoria, e un lieve decremento nel gruppo di
controllo.
Per quanto riguarda le valutazioni nei test cognitivi, sia il gruppo di controllo sia il gruppo
sperimentale non presentano sostanziali cambiamenti per quel che riguarda il MMSE,
mentre nella scala relativa alla grado di depressione, il gruppo che ha condotto gli esercizi
mostra un miglioramento, in quanto passa da un valore di 5 (su 15), a 4,13, anche se non
rappresenta un miglioramento significativo (p 0,277) quindi p > 0,05.
53
VARIAZIONI % TRA I e II VALUTAZIONE - TEST
FUNZIONALI E COGNITIVI
9
7
%
5
3
Gruppo sperimentale
1
Gruppo di controllo
-1
-3
BADL
IADL
MMSE
GDS-15
-5
Grafico 1. Dati relativi alle variazioni % tra prima e seconda valutazione
-test funzionali e cognitivi
54
Risultati test motori
Andremo ora ad analizzare i dati relativi ai test motori, di entrambi i gruppi della
sperimentazione.
Le variazioni che vediamo sono relative alla seconda valutazione, in quanto la terza
valutazione ha avuto come scopo principale il monitoraggio dell’attività autonoma in
termini di compliance, in quanto è stata eseguita la valutazione funzionale e cognitiva;
comunque verranno riportati i dati relativi e saranno commentati sotto la tabella.
Gruppo sperimentale:
VALUTAZIONI
DATI 1°RIL
DATI 2° RIL
VARIAZ.
ASSOLUTE
VARIAZ. %
TEST. T
30” CHAIR
STAND (n)
6,38
 1,60
8,15
 1,89
+1,77
+27,74
P < 0,05
30” ARM CURL
(n)
10,50
 3,21
14,24
 3,37
+3,74
+35,62
P < 0,01
UP AND GO
TEST (sec)
16,70
 7,45
14,37
 5,85
-2,33
+13,95
p> 0,05
TINETTI ( /28)
20,00
 5,90
22,75
 4,95
+2,75
+9,82
P <0,05
CHAIR SIT
AND REACH
(cm)
BACK
SCRATCH (cm)
-12
 9,61
-4
 7,31
+8
+66,67
P < 0,05
-21,50
 7,62
-21,63
 8,19
-0,13
-0,60
P > 0,05
Tabella 7, dati relativi al gruppo sperimentale
55
Gruppo di controllo
VALUTAZIONI
DATI 1°RIL
DATI 2° RIL
VARIAZ.
ASSOLUTE
VARIAZ. %
TEST. T
30” CHAIR
STAND (n)
6,33
 2,07
6,00
 1,89
-0,33
-5,21
P > 0,05
30” ARM CURL
(n)
8,17
 3,76
8,50
 3,73
+0,33
+4,04
p > 0,05
UP AND GO
TEST (sec)
15,81
 6,25
18,51
 6,01
+2,7
-17,08
p > 0,05
TINETTI ( /28)
16
6
15,5
 5,89
-0,55
-1,79
p > 0,05
CHAIR SIT
AND REACH
(cm)
BACK
SCRATCH (cm)
-5,00
 9,61
-7,17
 7,31
-2,17
-43,4
P > 0,05
-28,33
 15,29
-29,83
 17,33
-1,50
-5,29
p > 0,05
Tabella 8, dati riferiti al gruppo di controllo
I risultati per quanto riguarda i test motori risultano assai positivi, in termini di
miglioramenti per quanto riguarda il gruppo sperimentale, che ad eccezione del test
relativo alla mobilità delle spalle (back scratch test), che risulta sostanzialmente simile
rispetto ai valori iniziali; ciò a dire il vero era presumibile in quanto il protocollo di esercizi
non prevedeva specifici esercizi a riguardo.
Questo ha anche un altro significato, che a mio modo di vedere rafforza l’efficacia di
questo protocollo, in quanto può dare un’ulteriore prova che i miglioramenti avuti negli
altri test non sono dovuti al fatto (puramente psicologico) che la maggior confidenza
acquisita nelle 16 sedute di attività insieme, possa avere influenzato positivamente i
risultati.
Entrambi i test che misuravano indirettamente la forza (30”chair stand per la forza degli
arti inferiori, e 30”arm curl test per la forza delle braccia), il gruppo sperimentale ha
riportato miglioramenti significativi (p< 0,05 per il 30” chair stand), e (p< 0,01 per il 30”
arm curl test) con una variazione assoluta rispettivamente di +1,77 per il numero di alzate
dalla sedia, e +3,74 ripetizioni con il braccio dominante, e una variazione percentuale
rispettivamente di +27,74% e +35,62%.
56
Il test di velocità di cammino (8 foot up and go) si è abbassata in termini assoluti di 2,33
secondi, e una variazione percentuale di +13,95%; non si sono riportati miglioramenti
significativi (p>0,05).
Per quanto riguarda il secondo test di mobilità (chair sit and reach test), che valutava la
mobilità della catena cinetica posteriore, si è verificato un miglioramento significativo (p<
0,05), con una variazione assoluta di +8 cm, e una variazione percentuale molto positiva,
+66,67%.
Infine il Tinetti, test che valutava l’equilibrio e il cammino, ha riportato miglioramenti
significativi (p< 0.05), con una variazione assoluta di 2,75 punti, e una variazione
percentuale di + 9,82%
Per quanto riguarda il gruppo di controllo invece, il trend è risultato negativo per tutti i test
(senza però un decremento significativo ai fini statistici (p<0,05), ad eccezione del 30” arm
curl, anche se senza significatività (p>0,05), un miglioramento comunque assai ridotto
(variazione assoluta di +0,33 alzate, e percentuale di +4,04%, assimilabile come
miglioramento della tecnica di esecuzione).
L’altro test di forza (30” chair stand test) ha riportato una variazione assoluta di -0,33
alzate dalla sedia, che corrispondono ad una variazione percentuale di -5,21%
Il test 8 foot up and go, che misura la velocità di cammino, è quello che più è peggiorato
(variazione assoluta di +2,7 secondi e una variazione percentuale negativa di -17,08%;
questo dato è influenzato negativamente a causa del peggioramento delle condizioni di
salute di due signore, che nella prima valutazione avevano fatto registrare dei tempi molto
migliori.
I due test di mobilità continuano il trend negativo con variazione assolute per il sit chair
stand di -2,17 cm, e per il back scratch test di -1,50 cm.
Infine il Tinetti è peggiorato di 0,55 punti in termini assoluti, e del 1,79% in punti
percentuali.
Nonostante il ridotto numero di soggetti (8 per il gruppo sperimentale e 6 per il gruppo di
controllo), è facile notare le differenze tra i due gruppi, in quanto il gruppo di controllo,
che ha continuato a svolgere le normali attività quotidiane, ha avuto un lieve
peggioramento dei risultati, con una diminuzione notevole per il tempo di cammino, come
specificato poc’anzi; nel decremento dei risultati, possono avere influenzato anche le alte
temperature, in quanto le valutazioni di controllo sono state eseguite nei primi giorni di
57
luglio, a distanza di circa 70-75 giorni dalle valutazioni iniziali, svolte nell’ultima
settimana di aprile.
I miglioramenti nel gruppo sperimentale sono stati ragguardevoli, ma di questo c’è ne
occuperemo con maggior attenzione nelle conclusioni finali.
VARIAZIONI % TRA I e II VALUTAZIONE TEST CAPACITA' MOTORIE
Gruppo sperimentale
80
Gruppo di controllo
60
40
%
20
0
-20
30" chair
stand
30" arm curl foot up and
go
Tinetti
chair sit and back scratch
reach
-40
-60
Grafico 2. Dati relativi alle variazioni % tra prima e seconda valutazione
Test motori
58
Con la successiva tabella andremo a rappresentare graficamente i test motori relativi alla
seconda e la terza valutazione, naturalmente riferita al gruppo sperimentale.
Questo lasso di tempo (1 mese), è servito come periodo follow-up in particolare per vedere
la compliance nelle sedute, ma anche per monitorare le variazioni nei test motori.
VALUTAZIONI
DATI 2° RIL
DATI 3° RIL
VARIAZ.
ASSOLUTE
VARIAZ. %
TEST. T
30” CHAIR
STAND (n)
7,86
 1,86
7,86
 1,77
0
0
P > 0,05
30” ARM CURL
(n)
14,57
 3,58
14,14
 2,79
-0,43
-2,95
P > 0,05
UP AND GO
TEST (sec)
14,71
 6,22
14,64
 6,22
-0,7
-0,48
p> 0,05
TINETTI ( /28)
22,43
 5,26
22,29
 5,15
-0,14
-0,48
P >0,05
CHAIR SIT
AND REACH
(cm)
BACK
SCRATCH (cm)
-5
 7,28
-4,71
 7,20
+0,29
+5,8
P > 0,05
-22,86
 8,01
-20,86
 5,98
+2
+8,75
P > 0,05
Tabella 9, dati riferiti ai test motori del gruppo sperimetale, confronto tra seconda e terza
valutazione
Come si può vedere dal grafico, a distanza di un mese i test motori sono rimasti pressochè
invariati, e questo è un risultato assai confortante, in quanto, anche se gli esercizi sono stati
eseguiti in forma autonoma, si sono dimostrati efficaci nel mantenere i risultati raggiunti.
Si andrà ora ad evidenziare con dei grafici, i risultati relativi ai test motori.
Si riportano i risultati relativi al confronto tra la prima e la seconda valutazione.
59
30" chair stand
10
num. ripetizioni
8,13
8
6,38
6,33
6
6
prima ril.
4
seconda ril.
2
0
gr. sperimentale
gr. controllo
Grafico 3. Dati 30” Chair stand Test - gruppi a confronto
num. ripetizioni
30" arm curl
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
14,25
10,5
8,17
8,5
prima ril.
seconda ril.
gr. sperimentale
gr. controllo
Grafico 4. Dati 30” Arm curl Test - gruppi a confronto
60
8 up and go test
secondi
30
20
16,7
18,51
15,81
14,37
prima ril.
seconda ril.
10
0
gr. sperimentale
gr. controllo
Grafico 5. Dati 8 Up and go Test - gruppi a confronto
tinetti
28
22,75
punteggio
21
20
16
15,5
prima ril.
14
seconda ril.
7
0
gr. sperimentale
gr. controllo
Grafico 6. Dati relativi al test di Tinetti - gruppi a confronto
61
chair sit and reach
0
centimetri
-2
-4
-6
-4
-5
-8
prima ril.
-7,17
seconda ril.
-10
-12
-14
-12
g. sperimentale
g. controllo
Grafico 7. Chair sit and reach test - gruppi a confronto
back scratch test
0
centimetri
-5
-10
-15
prima ril.
-20
-25
seconda ril.
-21,5 -21,63
-30
-28,33 -29,83
-35
g. sperimentale
g. controllo
Grafico 8. Back scratch test - gruppi a confronto
62
6.7 CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE
Questo studio ci ha permesso di metter in evidenza alcuni aspetti rilevanti relativi
all’applicazione di un programma di attività fisica nell’anziano fragile.
In primo luogo, la finalità generale, è stata raggiunta, in quanto si è riusciti a coinvolgere in
un programma di attività motoria domiciliare, soggetti anziani fragili, mediante la
collaborazione con ULSS 5 e Medici di Medicina Generale, che hanno collaborato in
maniera attiva nell’individuazione dei soggetti, e nella fase valutativa, apportando così un
appoggio concreto e importante all’iniziativa; inoltre si sono ottenuti ottimi risultati (tutti
statisticamente significativi), sui test motori dopo il periodo di condizionamento attraverso
il protocollo di attività motoria svolto dal gruppo sperimentale, mentre il gruppo di
controllo, che non ha svolto nessuna attività, ha riportato un leggero calo delle prestazioni,
e questo in un arco di tempo limitato (circa 70-80 giorni).
Per quanto concerne gli obiettivi prefissati, avevamo citato come primo di questi, il riuscire
a rendere più attivi gli anziani coinvolti nell’ iniziativa, e questo è avvenuto, in quanto
nella fase iniziale, con il supporto dell’operatore motorio si è verificata un alta percentuale
di sedute realizzate (94,53%), e nella seconda fase, quella svolta in forma autonoma, il
71,43%, con ben 4 dei 7 soggetti (ricordiamo che uno ha abbandonato nelle ultime 3 sedute
della prima fase per problemi di salute, ma ha comunque fatto la seconda valutazione), che
hanno svolto tutte (se non più) le 8 sedute programmate nel mese di follow-up. Questo
rende tale modello anche sostenibile, in quanto dopo un periodo di controllo e
supervisione, questi anziani hanno dimostrato di poter proseguire in forma autonoma
nell’esecuzione degli esercizi; questo punto faceva riferimento al secondo obiettivo
prefissato, e possiamo dire sia stato raggiunto.
Il terzo obiettivo prefissato, come dicevamo nella descrizione degli obiettivi del progetto,
non è possibile da verificare, in quanto non siamo in grado di capire con questo studio, se
l’attività fisica per questa fascia di popolazione sia in grado di diminuire gli autcomes tipici
della fragilità, ovvero morbilità, ospedalizzazioni, istituzionalizzazioni, mortalità,
utilizzazione dei servizi socio-sanitari e relativi costi. Naturalmente le risorse in campo, il
tempo e l’esiguità dei soggetti non permettono di arrivare a fare considerazioni
inattaccabili, ma si voleva solamente cercare di dare un contributo e soprattutto un valido
spunto ad ULSS, amministrazioni pubbliche, agenzia private che si occupano di anziani,
che investire nell’attività motoria per questa fascia di popolazione ha dato dei risultati
63
molto positivi in termini di condizioni fisiche e parametri funzionali, le quali sono
altamente correlati con il rischio di perdita di autosufficienza, e quindi si supporto sociosanitario e/o istituzionalizzazione, o carico per la famiglia.
Anche se non è sempre immediato per i non addetti ai lavori comprendere il significato
pratico dei test di ambito motorio essi sono un indice importante per capire l’autonomia, il
rischio di cadute, etc. e quindi un semplice test come il numero di alzate dalla sedia in 30”,
indice della forza degli arti inferiori e quindi di molte delle attività che si possono o meno
eseguire con facilità e/o sicurezza, oppure il tempo impiegato per percorrere una
determinata distanza, possono essere evidenti a tutti.
L’attività motoria e il protocollo utilizzato hanno apportato miglioramenti in questo senso,
e tali miglioramenti, mi ripeto, non sono fini a se stessi, ma hanno una forte correlazione
con molte della attività quotidiane.
L’esperienza condotta suggerisce quindi che sia doveroso investire su questo ambito,
programmare più ampi progetti magari anche con il supporto di altre figure professionali,
al fine di occuparsi in forma attiva e soprattutto lungimirante di un tema, quello della
popolazione anziana fragile e del suo CARE-Cure, che tocca sempre più ampi strati della
popolazione ed in una visione di prospettiva, indistintamente tutti noi.
64
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(http:/demo.istat.it/popolazione/index.html)
72
Allegato 1
73
74
75
76
77
Allegato 2
TEST MOTORI
Nome: ……………………...
Cognome: …………………..
Data di nascita: …………….
Data misurazione: ………….
CHAIR SIT AND REACH
Prima prova:
Seconda prova:
Miglior prova:
Seconda prova:
Miglior prova:
Seconda prova:
Miglior prova:
8 UP & GO TEST:
Prima prova:
BACK SCRATCH
Prima prova:
30” ARM CURL TEST (n):
30 SECOND CHAIR STAND (n):
78
GDS – 15 GERIATRIC DEPRESSION SCALE
1) E’ SODDISFATTO DELLA SUA VITA?
0 1
2) HA ABBANDONATO MOLTE DELLE SUE ATTIVITA’ ED INTERESSI?
1 0
3) RITIENE CHE LA SUA VITA SIA VUOTA?
1 0
4) SI ANNOIA SPESSO?
1 0
5) E’ DI BUON UMORE PER LA MAGGIOR PARTE DEL TEMPO?
0 1
6) TEME CHE LE STIA PER CAPITARE QUALCOSA DI BRUTTO?
1 0
7) SI SENTE FELICE PER LA MAGGIOR PARTE DEL TEMPO?
0 1
8) SI SENTE SPESSO INDIFESO?
1 0
9) PREFERISCE STARE A CASA, PIUTTOSTO CHE USCIRE A FARE COSE NUOVE?
1 0
10) PENSA DI AVERE PIU’ PROBLEMI DI MEMORIA DELLA MAGGIOR PARTE DELLE PERSONE?
1 0
11) SI SENTE SPESSO ABBATTUTO E TRISTE, ADESSO?
1 0
12) TROVA CHE LA VITA SIA MERAVIGLIOSA?
0 1
13) SI SENTE PIENO DI ENERGIA?
0 1
14) PENSA DI ESSERE IN UNA SITUAZIONE PRIVA DI SPERANZA?
1 0
15) PENSA CHE LA MAGGIOR PARTE DELLE PERSONE SIA IN UNA CONDIZIONE MIGLIORE DELLA SUA?
1 0
Score (0-4 normale, 5-9 depressione lieve, 10-15 depressione più grave)
79
80
81
82
83
84
Ringraziamenti
Volevo ringraziare il professore nonché relatore della mia tesi, dott. Federico Schena per
la competenza e la professionalità dimostrata nel corso della stesura dell’elaborato.
Sentiti e sinceri ringraziamenti vanno alla dottoressa Arianna Zandonai per la disponibilità
e la gentilezza dimostratami.
Un sentito ringraziamento anche al dott. Ermanno Dian, responsabile dell’U.O.S.D adulti –
anziani dell’ULSS 5, nonché ai due Medici di Medicina Generale di Lonigo, dott. Lago e
Costanzo, per la disponibilità e il tempo dedicatomi.
Un affettuoso ringraziamento per la collaborazione a tutti gli anziani che si sono resi
disponibili ad entrare nello studio sperimentale.
Un sentito ringraziamento e saluto a tutti i miei compagni di università, che mi sono stati
vicino in questi anni, e che hanno contribuito alla mia formazione personale.
Un grazie di cuore a Marina e ai miei genitori per la vicinanza e il supporto che mi hanno
dimostrato in ogni occasione.
.
85
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attuazione di un programma di attivita` motoria a