Lo sport incontra
la disabilità
una finestra sulle esperienze piacentine di
integrazione realizzate attraverso lo sport
Rapporto di ricerca a cura di
Giuseppe Magistrali
Evelyn Uhunmwangho
Hanno collaborato
Brunello Buonocore, Tina Felloni, Luciano Fuochi,
Franco Paratici, Antonella Sala
Ottobre 2012
Indice
Presentazione. .................................................................................................................. pag 5
A cura di Francesco Cacciatore
Sport e disabilità, quale incontro?..................................................................................... pag 7
A cura di Brunello Buonocore e Franco Paratici
Introduzione……………………….................................................................................... pag 9
A cura di Giuseppe Magistrali
Le interviste operatori, volontari e istruttori: un approfondimento qualitativo ……............ pag 11
A cura di Evelyn Uhunmwangho
1.1.
Obiettivi …………………………………………………….................................. pag 11
1.2.
Metodologia, strumenti e soggetti di ricerca ……………………………….......... pag 12
1.3.I risultati delle interviste: Introduzione al punto di vista dei testimoni privilegiati .. pag 13
1.4. Le storie: traguardi, ostacoli e mete. ................................................................. pag 14
1.4.1. L’esperienza degli operatori................................................................................ pag 14
1.4.2. L’esperienza dei volontari………………………………....................................... pag 24
1.4.3. L’esperienza degli istruttori sportivi ………………………………………….......... pag 31
1.5.
I significati e i bisogni …………………………………………………................... pag 36
1.5.1. Integrazione e ruolo dello sport........................................................................ pag 36
1.5.2. Quali bisogni e quali risposte nella pratica sportiva............................................. pag 39
1.6. Conclusioni: i punti di incontro.......................................................................... pag 46
L’impegno delle società sportive piacentine:
l’inserimento dei ragazzi disabili e le principali manifestazioni ................................................. pag 47
A cura di Evelyn Uhunmwangho e Luciano Fuochi
2.1.Obiettivi, metodologia e strumenti.....................................................................pag 47
2.2. Analisi dei risultati . ........................................................................................ pag 48
la rassegna delle principali manifestazioni realizzate a piacenza
A cura di Evelyn Uhunmwangho, Tina Felloni e Antonella Sala
......................................... pag 51
Presentazione
Il territorio piacentino ha ospitato negli ultimi anni numerose
manifestazioni ed iniziative che hanno posto al centro il tema della pratica
sportiva come strumento di integrazione a forte valenza sociale. I progetti
sviluppati sui minori a rischio di isolamento ed esclusione e le numerose
iniziative a favore delle persone disabili sono una chiara testimonianza di questa
sensibilità. L’idea dello sport come strumento di coesione sociale e di crescita
comunitaria ha rappresentato un sicuro orientamento per l’Amministrazione
comunale. Naturalmente un notevole stimolo è venuto dal volontariato e
dall’associazionismo, realtà con le quali è cresciuta una costante collaborazione.
In particolare il Comitato Paralimpico Italiano, emanazione del
CONI, e l’ASP “Città di Piacenza” sono stati partner d’elezione per l’azione
di sensibilizzazione e di concreto avvio alla pratica sportiva delle persone
con disabilità. Sostanzialmente si è lavorato su tre versanti: la promozione di
iniziative mirate in ambito scolastico; il sostegno a progetti realizzati da servizi,
enti e associazioni operanti nel campo della disabilità; la creazione di concrete
opportunità di svolgimento della pratica sportiva nelle società operanti sul
territorio.
La ricerca che viene presentata in questa pubblicazione ha avuto il merito
di tentare una prima ricognizione dell’esistente. Attraverso un questionario
rivolto alle società e alcune interviste in profondità con gli operatori è stato
possibile dar conto di fermenti, proposte e idee; verificare bisogni e aspettative;
mettere a fuoco luci ed ombre. Un percorso con finalità non solo conoscitive che
si è collegato con manifestazioni pubbliche in cui i protagonisti si sono cimentati
direttamente “scendendo in campo”. La prospettiva è quella di realizzare
appuntamenti periodici dedicati alle diverse discipline; si è così partiti con il
calcio a cinque, dando vita al primo trofeo città di Piacenza con il coinvolgimento
di alcune squadre nazionali, oltre alle realtà piacentine. Naturalmente il lavoro
da fare per radicare una cultura dell’integrazione e dell’incontro sui campi di
gioco è ancora lunga, tuttavia questo opuscolo testimonia una ricchezza da non
disperdere.
L’assessore allo Sport
del Comune di Piacenza
Francesco Cacciatore
5
6
Sport e disabilità, quale incontro?
Parlare di disabilità e sport è come mettersi a dissertare sulla musica italiana
in generale. Le caratteristiche, le peculiarità e le differenze possono essere
enormi, cosiccome tra i canti di montagna e la pizzica, e la banalizzazione può
produrre incomprensioni e blocchi.
Prima di affrontare il tema dell’incontro tra sport e disabilità dobbiamo
domandarci quale/i sport e quali disabilità o meglio ancora quali persone disabili
sono interessate al tema.
Per fortuna la cultura dell’integrazione ha preso piede e oggi non è difficile
reperire iniziative che vedano protagonisti disabili fisici, mentali e psichici (con
grande prevalenza dei primi) all’interno di manifestazioni aperte a tutti; si veda
ad esempio la Placentia Marathon, dove le handybikes sono in primo piano.
Nell’immaginario collettivo si è rimasti agli anni immediatamente successivi
alla fine della seconda guerra mondiale, in Inghilterra, quando grazie alle
intuizioni del dottor Guttmann, ci si ritrovò con un considerevole numero di
persone che avevano subito deficit di varia natura a causa della guerra.
Tra le tante vittime vi era una categoria di disabili che in quel periodo
incontrava serie difficoltà di sopravvivenza, si trattava di coloro che avevano
subito una lesione alla colonna vertebrale e al midollo spinale: i paratetraplegici.
Guttmann capì subito che i paratetraplegici non potevano essere curati con
i metodi tradizionali, ma che occorreva realizzare strutture specializzate e che
bisognava coniugare il recupero psicofisico e l’autonomia, e soprattutto dare
importanza all’integrazione sociale.
Si affermò così lo sport per i disabili fisici che ha sicuramente grandi meriti,
ma oggi sappiamo che la richiesta che proviene dai disabili stessi, dalle loro
famiglie, dalle associazioni e dalle realtà, che sono impegnate in questo settore,
fa soprattutto riferimento a disabilità di tipo misto, a disabilità mentali e
psichiche.
La disponibilità sul territorio piacentino di una ventina di società pronte ad
accogliere va esaminata con cura.
Quasi sempre infatti viene richiesta una forma di accompagnamento,
attenzione, non relativa al trasporto – problema spesso superabile anche
attraverso le risorse comunali (prontobus e altro) – ma al sostegno assistenziale
e più spesso educativo per il singolo atleta inserito. “Che cosa faccio se un
ragazzo scappa? È opportuno un mio intervento di correzione oppure è meglio
che agisca un operatore? Se mi occupo di lui devo abbandonare il gruppo con
cui sto facendo allenamento”: queste le principali obiezioni di preparatori di
società sportive, che sono assolutamente disponibili ad iniziare nuove esperienze,
ma che non vogliono essere lasciati da soli quando si verifica una difficoltà
non di scarsa entità. E se è vero che un allenatore è quasi sempre una figura
educativa importante, è anche vero che può capitare che l’interpretazione di un
comportamento, e non semplicemente l’atto stravagante, metta in difficoltà.
7
Un problema cruciale da risolvere dopo aver acquisito la disponibilità delle
realtà sportive è perciò quello della mediazione, visto che l’integrazione non
può essere la condizione di partenza, ma l’obiettivo al quale mirare.
Siamo convinti che molte attività di sport e disabilità non siano nemmeno
iniziate a Piacenza perché non è stato affrontato scientificamente questo tema.
E la generosità non sempre è bastata e può bastare. Occorre insomma agire
a due livelli: quello tecnico e quello educativo e, se può essere fondamentale
superare i confini in modo che l’allenatore diventi almeno in parte operatore
sociale e l’educatore diventi un po’ allenatore, bisogna essere attenti a non
mortificare o banalizzare una delle due funzioni.
Occorre poi analizzare i luoghi di applicazione. Importantissimi risultati sono
stati conseguiti nei seguenti ambiti: bocce, calcio a cinque, basket, judo, tiro con
l’arco e tiro a segno. Queste attività non camminano però autonomamente e
necessitano di rinforzi.
Ma non adagiamoci sugli allori; in molti settori si rileva che la proposta di
accoglienza è più ampia della richiesta e questo ci sembra un ottimo punto
di partenza. È necessario lavorare molto ed è bene guardarsi attorno. Un
contributo interessante ci arriva da Cremona, dove è nato il baskin, esperimento
che ha suscitato grande interesse da parte della scuola e dell’ente locale, ma
che poi non si è diffuso in altri territori e rischia perciò l’isolamento. Lì le cose
funzionano grazie al coinvolgimento degli insegnanti e degli studenti delle
secondarie superiori, utilizzando spesso le ore di integrazione. Altrove il successo
delle Paralimpiadi sembra aver messo in moto nuove energie.
È un mondo che anche a Piacenza è attivo e potenzialmente più produttivo
(anche di forme di volontariato) di quanto si creda.
Brunello Buonocore
Franco Paratici
ASP Città di Piacenza
Comitato Paralimpico Italiano,
delegazione di Piacenza
8
Introduzione
Di Giuseppe Magistrali* 1∗
La ricerca che presentiamo ha voluto verificare e documentare un incontro
tutt’altro che semplice tra sport e disabilità, denso di significati concreti e simbolici
sulla strada di una reale integrazione delle persone con handicap. In linea con i
principi tracciati a partire dalla L. 104 del 92 si è lavorato per promuovere diritti
e opportunità anche al di là dei tradizionali interventi di sostegno, cura e tutela.
La conquista di una piena cittadinanza per tutti passa infatti anche attraverso
il possibile accesso alle possibilità che la città offre nel campo del tempo libero,
della cultura, dello sport. Non a caso il presente progetto è stato inserito a pieno
titolo all’interno dei Piani di Zona per la salute e il benessere sociale.
Del resto da anni a Piacenza i servizi, le associazioni di volontariato, le
famiglie e la parte più sensibile del movimento sportivo si battono per garantire
ai ragazzi con diverse forme di disabilità concrete opportunità di vivere in modo
continuativo questa esperienza fortemente educativa e aggregativa.
L’iter di ricerca ha rappresentato un tentativo di realizzare una sorta di
radiografia dello stato dell’arte dello sport a favore delle persone disabili
attraverso un censimento delle società impegnate al riguardo, l’analisi delle
principali manifestazioni realizzate sul territorio piacentino, una serie di
interviste in profondità a testimoni privilegiati dei servizi, del volontariato e
della cooperazione sociale, del mondo sportivo.
Presupposto prioritario dell’iniziativa era la volontà di consolidare le attività
sportive condotte dai centri e i servizi cittadini nonché di aprire gli impianti e
favorire l’inserimento nelle società; un modo concreto per abbattere barriere
che ancora resistono.
I risultati che presenteremo in modo diffuso delineano nel complesso un
quadro incoraggiante da un lato, grandi possibilità ancora inesplorate dall’altro.
Su 155 società sportive interpellate 24 hanno dichiarato di inserire nelle loro
attività ragazzi con disabilità o di essere disponibili a farlo in futuro. Nel complesso
le persone coinvolte nelle diverse forme di pratica sportiva sono risultate oltre
180. Un dato sicuramente incoraggiante; occorre tuttavia osservare che solo la
metà è impegnata in attività continuative all’interno delle società. In altri casi
si fa riferimento alla partecipazione più episodica ad eventi e manifestazioni
specifiche.
Sul versante dei servizi sociali, del volontariato e delle famiglie emerge
l’esigenza di affiancare l’attività sportiva realizzata all’interno dei centri socioriabilitativi ad inserimenti individuali mirati dei ragazzi nelle società sportive
del territorio. Naturalmente l’integrazione può essere garantita solo unendo
strettamente gli aspetti educativi e di socializzazione con quelli agonistici
(che non possono essere prioritari). Le società sportive a loro volta dichiarano
disponibilità ma anche l’esigenza di supporto e di consulenza per realizzare
inserimenti positivi per tutti.
* Dirigente del servizio Programmazione del Comune di Piacenza
9
Nel complesso si avverte una nuova sensibilità del mondo sportivo e una reale
volontà di aprire le porte. La ricerca conferma infatti che diverse società piacentine
sono disponibili ad inserire persone disabili nelle loro fila. Un risultato del lavoro
di sensibilizzazione condotto in questi anni, cresce infatti la consapevolezza che
lo sport non serva solo a selezionare gli atleti migliori ma soprattutto a includere
le persone in difficoltà nella vita della città.
L’incontro auspicato si caratterizza per una necessaria reciprocità. Il
mondo sportivo costantemente “sporcato” da scandali e malcostume può
ritrovare l’anima riscoprendosi fenomeno sociale di straordinaria portata. Per
i ragazzi coinvolti l’esperienza sportiva diviene festa ma anche impegnativa
palestra di sperimentazione del valore del limite; della possibilità di vincere
e perdere e comunque di crescere. Il fare i conti con le regole; la necessità di
gestire creativamente i conflitti che anche sul campo si manifestano; il senso
di appartenere ad una squadra di essere necessariamente in relazione, sono
elementi educativi di straordinaria portata. Alcuni degli intervistati ci hanno
parlato del valore fortemente vissuto dai ragazzi nel rito di riconoscimento del
valore altrui realizzato con il “terzo tempo”
L’evento sportivo conserva infatti una sacralità costitutiva (Caio 2011) capace
di ricostruire legami, di attribuire ricchezza simbolica a gesti, linguaggi, riti. Sono
eventi dove il gioco richiama la necessità di superarsi e di confrontarsi con l’altro
(Botti 1994).
L’opportunità educativa per i ragazzi (non solo ovviamente per quelli con
disabilità) è evidente, ha a che fare con le loro emozioni, sia quelle positive che
quelle negative; con la capacità di accettare e gestire la frustrazione, senza paura
del confronto.
Il rapporto con l’adulto allenatore, dotato di innegabile autorevolezza agli
occhi dei ragazzi, costituisce un’esperienza preziosa e inusuale. In questo senso
il gioco si fa anche esperienza estremamente seria senza perdere la peculiarità
di incontro tra desiderio e limite (Pollo 2011) Anche l’esperienza della sconfitta,
collegata però al senso di essersi potuti giocare la partita, costituisce itinerario di
crescita ineludibile.
La struttura centrale del rapporto riguarda l’analisi delle interviste in
profondità rivolte sia agli operatori sportivi che ai referenti dei servizi pubblici
e privati impegnati nel campo dell’handicap. Attraverso la voce dei protagonisti
abbiamo riportato storie che raccontano traguardi raggiunti, riflettono sugli
ostacoli ancora presenti, tratteggiano possibili evoluzioni. Gli episodi evocati
hanno grande freschezza e profondità narrativa; le riflessioni che scaturiscono
sono state fatte in punta di piedi, per non rischiare di “interpretare” troppo
quello che direttamente ci viene comunicato. Le vicende evocate dai nostri
testimoni ci parlano dei punti di forza, delle difficoltà, dei bisogni, delle proposte
per il futuro.
Nella parte conclusiva si presentano alcuni dati relativi alla rilevazione degli
inserimenti individuali all’interno delle società sportive o a esperienze realizzate
ad hoc per consentire l’avvicinamento alla pratica sportiva da parte dei ragazzi
con handicap fisici, psichici, intellettivi o sensoriali. Da ultimo si tratteggia un
quadro d’assieme delle principali manifestazioni realizzate negli ultimi anni nel
territorio piacentino.
10
Le interviste a operatori,
volontari e istruttori
un approfondimento qualitativo
A cura di Evelyn Uhunmwangho*2∗
1.1. Obiettivi
Si è scelto di dare il via alla presentazione dei risultati del processo di
mappatura dell’attuale situazione locale, in tema di sport a favore delle persone
disabili, partendo da un affondo qualitativo.
La ricerca nel suo complesso intende infatti offrire al lettore una fotografia
di quanto viene promosso nel territorio piacentino. Nella consapevolezza del
fatto che tutto questo avviene grazie all’impegno di tanti, è parso importante
partire proprio dalle testimonianze degli operatori attivi nella promozione del
benessere di persone disabili, sia sul versante sociale che su quello sportivo.
Oggetto di approfondimento, in questa prima traiettoria di indagine, sono
stati i pareri ed i racconti, dei traguardi raggiunti e delle difficoltà affrontate,
di testimoni privilegiati attivi in tre diversi ambiti: quello delle strutture e dei
servizi socio-educativi e riabilitativi, quello delle associazioni che svolgono
attività di sostegno e promozione sociale e quello delle realtà che si occupano
di promozione sportiva, rivolta anche a persone disabili.
Si è voluto dare voce alle loro parole e alle loro riflessioni innanzitutto nella
convinzione che la lettura della situazione da angolature diverse e da punti di
vista differenti non possa altro che arricchirne e migliorarne la comprensione, e
quindi favorire il perseguimento dell’obiettivo ultimo di tutta la ricerca, vale a
dire offrire spunti per possibili direzioni di lavoro.
Questa scelta è inoltre legata all’idea che mettere insieme voci e vissuti di
operatori attivi in questi ambiti diversi possa, almeno in piccola parte, favorire il
dialogo e lo scambio tra questi mondi, per consolidare le basi di una maggiore
sinergia, a favore del benessere e del miglioramento della qualità della vita dei
cittadini piacentini con disabilità.
* Collaboratrice dell’Ufficio di Piano – Distretto Città di Piacenza
11
1.2. Metodologia,
strumenti e soggetti di ricerca
La rilevazione dei punti di vista soggettivi di esponenti di queste realtà è
avvenuta mediante la conduzione di interviste semi-strutturate, faccia a faccia,
costruite ad hoc.
La traccia, composta esclusivamente da domande aperte, è stata elaborata
da operatori dell’Ufficio di Piano del Distretto Città di Piacenza, con il supporto
di tutta l’équipe di progetto.
Le domande poste erano volte ad approfondire due principali tematiche:
la ricostruzione della storia dell’esperienza maturata in tema di disabilità integrazione - sport, ed il sistema di valori e significati soggettivi sottostante, che
ha mosso e motivato le scelte adottate, le strategie con cui sono state affrontate
le difficoltà incontrate lungo il cammino e le idee maturate in merito al futuro.
Le 18 interviste, audio registrate, sono state condotte tra novembre 2011 e
gennaio 2012, da operatori dello stesso Servizio e del Servizio Sport.
I testimoni privilegiati sono stati individuati in modo da rappresentare sia i
servizi di sostegno socio-sanitario e socio-assistenziale, sia il terzo settore che le
società sportive. Hanno quindi partecipato all’indagine:
- 6 operatori di servizi e strutture locali socio-educative e riabilitative diurne,
residenziali e domiciliari per persone disabili (Germoglio2, Geocart, Assofa,
ASP Città di Piacenza e Gruppo Sportivo “Metro’s” del Dipartimento di Salute
Mentale dell’Azienda USL di Piacenza)
- 3 volontari di realtà del terzo settore piacentine attive nella promozione
sociale ed attente anche al versante sportivo (Aias, Afagis e Assofa)
- 9 operatori di associazioni e società di promozione sportiva locali che
promuovono anche la partecipazione di persone con disabilità, tra cui figurano
realtà con ruolo di collegamento e coordinamento (Comitato Italiano Paralimpico
- CIP, Centro Sportivo Educativo nazionale, Associazione Italiana Cultura e Sport AICS, Unione Italiana Sport per tutti - UISP, Centro Sportivo Italiano - CSI, Palestra
Sakura, Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali – FISPeS, Atletica
Piacenza, Associazione sportiva ACLI - Circolo Sommozzatori di Piacenza).
I testi sono stati elaborati mediante analisi qualitativa del contenuto,
realizzata da operatori dell’Ufficio di Piano Distretto Città di Piacenza.
12
1.3. I
risultati delle interviste: Introduzione al punto di
vista dei testimoni privilegiati
Le interviste hanno permesso di ricostruire la storia dell’esperienza
maturata dai testimoni privilegiati in tema di disabilità - integrazione – sport,
approfondendo anche i significati soggettivi attribuiti a questi concetti.
Si è scelto di presentare i testi dei racconti che ne sono scaturiti, accostando di
volta in volta le voci dei testimoni privilegiati rispetto a ciascuno degli argomenti
toccati. In pratica la presentazione, commentata, delle narrazioni, segue la
traccia dell’intervista, proponendo quindi una sorta di racconto collettivo a più
voci, da diversi punti di vista. Questo rende più agevole la messa in evidenza
di similitudini, differenze e possibili punti di incontro tra le diverse realtà
rappresentate (le strutture e i servizi socio-educativi e riabilitativi, le realtà di
volontariato e promozione sociale del terzo settore e le associazioni e società
sportive). In questo modo si intende dare un contributo alla costruzione di un
linguaggio comune, per favorire il dialogo tra questi diversi mondi, a vantaggio
dei destinatari delle loro attività.
Vengono quindi dapprima presentati i racconti delle esperienze maturate,
che si snodano tra passato, presente e futuro, mostrando i traguardi raggiunti,
gli ostacoli incontrati e le mete perseguite, vicine o lontane. Questi narrano
le storie così come sono state e vengono vissute dagli operatori / volontari e,
naturalmente, aprono scorci sulla storia delle loro organizzazioni di riferimento
e su quella delle persone di cui si prendono cura e che supportano.
A questa condivisione di storie, che vuole essere uno stimolo iniziale
all’empatia del lettore, fanno seguito i racconti che approfondiscono le opinioni
ed i significati attribuiti dai testimoni privilegiati all’integrazione, ai bisogni
delle persone con disabilità ed al ruolo che in tutto questo lo sport può giocare.
L’augurio è che l’accostamento dei significati soggettivi di testimoni di realtà
del mondo sociale e di quello sportivo, possa almeno in piccola parte contribuire
alla scrittura di un vocabolario condiviso.
Nel rispetto dell’anonimato delle persone che hanno partecipato all’indagine,
i nomi riportati a firma dei testi estratti dalle interviste sono nomi di fantasia.
13
1.4. Le
storie: traguardi, ostacoli e mete
Il primo macro-tema affrontato dalle interviste ha riguardato la ricostruzione
dell’esperienza maturata dall’operatore, e dalla realtà di cui questo fa parte,
nella promozione della partecipazione a pratiche sportive da parte di persone
con disabilità.
1.4.1.
L’esperienza degli operatori
“L’importanza del Terzo Tempo”
Dalle interviste agli operatori attivi in servizi e strutture socio-educative e
riabilitative, emerge un quadro eterogeneo rispetto alle condizioni cliniche
delle persone con disabilità da loro seguite, che partecipano ad attività sportive.
L’utenza delle realtà considerate comprende persone con un livello di
compromissione delle autonomie molto elevato o elevatissimo. In queste
situazioni la maggior parte degli operatori specifica che la propria realtà di
riferimento tende a non promuovere la partecipazione ad attività sportive,
bensì realizza attività psico-motorie a carattere terapeutico, riabilitativo e di
rilassamento.
Ecco, non proprio sportiva, ma fisica. Fisica sì. Noi qui al nostro interno
abbiamo una palestrina, attrezzata da noi, al cui interno si svolgono
attività motorie in piccolo gruppo. Non viene fatta tanto un’attività
riabilitativa individualizzata, perché questa viene garantita dall’Asl,
attraverso cicli di fisioterapia individuale. Noi all’interno abbiamo degli
attrezzi: c’è il tapis roulant, la cyclette, c’è un attrezzo per il discorso
delle spalle, per il discorso della muscolatura degli arti superiori...
E quindi l’attività fisica diventa veramente l’alibi per fare una cosa
assieme. Quindi è un’attività motoria, ma con una grossa valenza
psicomotoria. Quindi si lavora molto sulla relazione, sull’interazione
all’interno del piccolo gruppo, attraverso il passaggio degli oggetti,
l’interazione tra le stesse persone… E quindi non è tanto sportiva, ma
fisica senz’altro. [Alice]
La promozione delle abilità relazionali è un obiettivo centrale di queste
attività.
Per quanto riguarda il Centro Socio-Riabilitativo, ospitiamo persone
gravi/gravissime, quindi con delle grossissime compromissioni legate
sia alla possibilità di movimento e anche, magari, con ritardo cognitivo
14
significativo. Per cui le dico, attività sportive in senso stretto, no.
Abbiamo delle esperienze pregresse di collaborazione, per esempio
con l’Istituto Colombini, con cui abbiamo anche, per esempio, attivato
un progetto qualche anno fa, in cui collaborava anche il CIP, che era
un progetto di Orienteering, come tipologia di attività. Devo dire che
l’Orienteering è anche una disciplina abbastanza complessa. Per noi e
per i nostri ragazzi aveva più la caratteristica della socializzazione e
del coinvolgimento in un’iniziativa che vedesse comunque l’incontro
e l’integrazione con dei giovani studenti. Questo per specificare un
attimo l’ambito. Altre esperienze se non … Noi abbiamo fatto l’anno
scorso un progetto di attività assistita con gli animali, non rientra
proprio nell’ambito, con dei cani. Però, come vede, hanno tutte le
caratteristiche della socializzazione o, comunque della stimolazione,
ma globale, per quanto riguarda la persona con gravissime
compromissioni. [Ines]
L’inserimento in specifiche attività sportive o la loro diretta organizzazione,
tende ad essere generalmente promosso per un altro profilo di utenza molto
eterogeneo.
Si tratta di persone, adulte e minorenni, con disabilità medio - grave e lieve,
principalmente a livello psichico, che presentano disturbi comportamentali e
relazionali e diversi gradi di autonomia. Sono persone, nella maggior parte
dei casi uomini, con le seguenti patologie: Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
(in prevalenza Autismo), Ritardo Mentale, Sindrome di Down, Disturbi di tipo
Psicotico e di Personalità.
Anche la tipologia di attività sportive risulta essere molto variegata: nuoto
e laboratori in piscina, bocce, calcetto “misto” (a livello locale e/o presso altre
città, nella maggior parte dei casi Cremona), pesca, judo, camminate e marce,
basket, calcio...
Ognuno dei nostri ospiti partecipa, eventualmente a turno,
compatibilmente con la oggettiva possibilità di essere accompagnati e
trasportati dal nostro personale e grazie anche alla collaborazione di
persone esterne che gestiscono aree attrezzate e “senza barriere”. È
praticamente impossibile ai nostri ospiti accedere a strutture pubbliche
in autonomia. [Diana]
I presupposti per la partecipazione riguardano aspetti logistico - organizzativi
ed anche l’attitudine dei partecipanti.
In tutte le fasi di queste attività gli utenti sono coinvolti in rapporto alle
loro capacità e secondo ruoli decisi insieme: atleta, accompagnatore,
fotografo, tifoso-sostenitore, arbitro, iscritto all’associazione... [Fabio]
E’ massima l’attenzione agli aspetti relazionali: l’esperienza sportiva diventa
parte del processo terapeutico ed è promossa come occasione di fare qualcosa
15
insieme, sentirsi parte di qualcosa ed allenarsi alla relazione.
Sottolineiamo l’importanza del “Terzo Tempo” che inizia già sotto
la doccia e prosegue di norma intorno ad una tavola apparecchiata
insieme alla squadra avversaria: momento di socializzazione delle
vittorie come delle sconfitte, momento di riflessione e riesame critico
del proprio comportamento in gara, per correggere eventualmente
strategie, modalità comportamentali, atteggiamenti dei singoli e
del gruppo; per rendere sempre e comunque “onore all’avversario”;
momento per risolvere definitivamente ogni eventuale residuo
conflittuale rimasto dopo il termine della gara, nel riconoscimento delle
reciproche responsabilità e nell’accettazione del verdetto del campo,
dell’operato dell’arbitro dell’eventuale superiorità dell’avversario,
degli errori del compagno di squadra; per rinforzare il senso di
appartenenza, per fissare il ricordo e la storia; per approfondire in
libertà le relazioni intra-gruppo. [Fabio]
“Abbiamo trovato una grandissima disponibilità”
Dai racconti emergono molte esperienze positive, soprattutto a livello della
soddisfazione e dell’impegno dei partecipanti.
Gli episodi particolari, per noi, erano un po’ gli allenamenti che
abbiamo fatto prima di partire, di andare a Cremona. Quando gli
educatori li accompagnavano in questo campo, che avevamo affittato
al Polisportivo, quando andavano lì ad allenarsi la difficoltà era come
fare ad allenarli. Perché non c’era la squadra avversaria, erano solo
loro. Quindi ci chiedevamo: come faranno a capire che devono lanciare
nell’altra porta? Perché adesso formiamo due squadre, mentre poi
formiamo una squadra sola, per cui la difficoltà era questa cosa! Perché
devi fargli capire: “devi sempre tirare là, mai tirare dalla Paola!”. Per
cui la cosa era quella, che loro capissero un attimo i passaggi. Perché
uno aveva la palla, si emozionava e allora subito la tirava dove andava.
E noi: “devi tirarla là!”. Erano un po’, gli allenamenti erano veramente
ridicolissimi! Erano divertenti! Noi assolutamente fuori da ogni spirito
competitivo. (…) Poi per loro la cosa più bella era la pizza dopo! Andare
a mangiare la pizza, era proprio quello che… [Alice]
Gli episodi significativi evocati dimostrano gli effetti positivi dell’attività
sportiva sulle abilità sociali e sulle autonomie.
La partecipazione è assidua e costante. L’attività è molto gradita anche
da utenti che di solito sembrano partecipare passivamente alla vita
della comunità. Anche se i numeri assoluti sono ridotti, tuttavia in
percentuale la partecipazione vede la presenza di più dell’80% degli
uomini ospiti della RTI. Da sottolineare che alcuni hanno scoperto
una sorta di tardiva passione calcistica e sono tra i primi a richiedere
16
allenamenti, partite e quant’altro. Spesso è necessario ribadire la
valenza riabilitativa e la funzione di integrazione sociale e di lotta allo
stigma ed al pregiudizio che accompagnano queste attività, troppo
spesso ancora vissute e lette in modo semplicistico esclusivamente
nella loro connotazione ludico-ricreativa. (…) Traguardi raggiunti
sono la puntualità, la costante partecipazione, la passione con la quale
vengono affrontate le partite e i tornei. Per qualcuno è un traguardo
significativo anche indossare la divisa o fare la doccia a fine partita,
o non lamentarsi delle prestazioni dei compagni o assumersi in prima
persona la responsabilità di errori commessi, o ancora risparmiare per
poter affrontare la spesa di una trasferta o consolare un compagno che
ha sbagliato un rigore,o dare sostegno e morale alla squadra che sta
perdendo. [Fabio]
La “sensibilità” delle organizzazioni e delle strutture ospitanti, e,
naturalmente, quella delle persone che vi operano, risulta essere il presupposto
di base per la buona riuscita dell’esperienza.
Grazie all’estrema sensibilità di un’amica, nel 2005 è stata organizzata
la prima edizione della “gara del cuore”, una gara di pesca presso il
“Lago Verde”. La manifestazione prevedeva che ogni ospite, affiancato
da un pescatore tesserato, gareggiava individualmente. Ai partecipanti
è stato donato tutto il pescato… Il nostro pulmino puzzava un sacco
di pesce, ma da allora questo appuntamento annuale è rimasto una
simpatica ed apprezzata consuetudine. [Diana]
È questa disponibilità a rendere “virtuosa”, l’esperienza.
Le dico, per esempio, una dimensione virtuosa, nell’estate, col Progetto
Autismo Gruppo Adolescenti. Siccome è molto importante la dimensione
dell’attività di rilassamento in piscina, ma anche l’idea, appunto, del fare
proprio attività fisica, quindi macinare vasche è un elemento di sfogo; e
altresì, la piscina è per noi un ambiente di verifica dell’apprendimento
di una serie di abilità personali - pensi pure allo spogliatoio: bisogna
spogliarsi, gestire il proprio materiale, farsi la doccia - e poi di regole
sociali, sono già diversi anni che durante l’estate abbiamo trovato
una grandissima disponibilità in alcune piscine, dunque, Gragnano e
Fiorenzuola, sperando di non dimenticare nessuno, veramente molto
attente. Noi, ad esempio, abbiamo chiesto che il bagnino, che gestisce le
regole, quando noi arriviamo, possa dedicare un momento a richiarire
le regole del luogo: sono piccole cose, ma molto significative. E qui,
devo dire che è sempre questione di disponibilità, personale e di società
che gestiscono gli impianti, molto virtuose. E quindi è molto chiaro poi
ai ragazzi che: se fischia il bagnino, stop! È lui che detta le regole.
O comunque, se viene fatta una richiesta, l’educatore dice: “Chiedi al
bagnino, che è lui il capo di questo territorio”. Quindi questa, le dico,
questa è un’esperienza virtuosa. Nel senso che comunque noi abbiamo
sempre la possibilità e l’accesso. Se abbiamo avuto, magari anche
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qualche esigenza di organizzare, magari anche di tipo strutturale,
magari una panchetta in più perché era funzionale alla strutturazione
dell’ambiente, sono sempre stati gentilissimi. E su questo, veramente,
tanto di riconoscimento. [Ines]
L’atteggiamento dell’istruttore sportivo è visto come variabile fondamentale.
So che ci sono state, perché ne ho avuto testimonianza, che ci sono
state ottime esperienze con la Palestra Sakura, dove, per esempio,
abbiamo fatto, proprio in questo senso, l’accompagnamento di un
ragazzo autistico, che partecipava alle attività corsuali tradizionali. Era
accompagnato, ovviamente, dall’educatore, però riusciva, attraverso la
sua mediazione a rapportarsi. Questa è stata sicuramente un’esperienza
virtuosa, ed ha già qualche anno, insomma, stiamo parlando di circa 4
o 5 anni fa. (…) Poi non è andato avanti perché poi è cambiata un
attimo anche la prospettiva dell’interesse di questo ragazzo. Ormai
è grande e maggiorenne ed è entrato in un circuito di, terminato il
percorso della scuola, poi si è trasferito in una struttura. Però devo dire
che l’esperienza è stata proprio… Ecco, l’attenzione e la sensibilità a
spendersi in una dimensione di integrazione, da parte del maestro è
stata messa in campo con grande onore. Vorrei rendergliene merito,
per quel poco che posso! [Ines]
“Non è semplice, proprio perché hanno tanti bisogni”
Sono però numerosi gli ostacoli e le difficoltà incontrate.
All’inizio e tuttora incontriamo e affrontiamo difficoltà di tipo
organizzativo. Occorre una grande elasticità e anche un po’ di
passione da parte degli operatori. [Simone]
Agli operatori è richiesto un grande sforzo organizzativo, sono necessari
continui riadattamenti.
La prima difficoltà è stata quella di identificare il contesto,
gli interlocutori, l’ambito adeguati con i quali relazionarci.
Contemporaneamente abbiamo operato all’interno del gruppo in
funzione della ridefinizione degli obiettivi, dell’aggiustamento delle
aspettative, del sostegno motivazionale. [Fabio]
L’organizzazione dei trasporti o la gestione di specifiche esigenze sanitarie
quando si è fuori sede, rappresentano ostacoli di non facile soluzione.
Hanno partecipato a un torneo di calcetto, di calcio, a Cremona. Non
dico nell’organizzazione come abbiamo tribolato! Eh beh, sa, bisogna
caricarli sui pulmini, andar là e star là tutto il giorno. Poi abbiamo un
ragazzo che è diabetico e deve fare l’insulina. Doveva stare via mezzo
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giorno e là non garantivano l’infermiere per fargli l’insulina, per cui
rischiavamo proprio di non riuscire a portarlo. E…. Per cui, insomma,
non è semplice, proprio perché hanno tanti bisogni. Però anche lì, è
stato bello. [Alice]
Si possono incontrare difficoltà anche a livello burocratico e normativo, il che
contribuisce a rendere più “faticosa” l’esperienza, sebbene le si affronti.
Un’esperienza faticosa per gli operatori direttamente coinvolti,
non prevista né richiesta dal nostro contratto in vigore con gli Enti
e per niente retribuita. Un esempio concreto: per essere in regola
con l’assicurazione, ci siamo fatti carico direttamente dell’iscrizione
di tutti i nostri ospiti presso le sedi di attività sportiva così come di
tutti i trasporti. (…) Credo che la prima barriera da abbattere, da un
punto di vista normativo, sia promuovere la possibilità delle persone
disabili di essere regolarmente assicurate come tutti gli altri. Sapevi che
l’assicurazione non copre in caso di sinistri o infortuni, anche piccoli, se
trattasi di persone con handicap? [Diana]
Emergono anche le difficoltà legate alle limitate risorse economiche
disponibili, che richiedono ulteriore attenzione agli aspetti organizzativi.
Si è preso coscienza che queste cose sono importanti e ci stiamo
attrezzando per riuscire a farlo. Le difficoltà attuali sono la
contrazione dei finanziamenti per cui va valutato molto bene il livello
di autonomia dei ragazzi. [Simone]
Un elemento problematico, che rischia di precludere la partecipazione ad
iniziative ed attività da parte dell’utenza dei servizi socio-educativi considerati,
è rappresentato dagli orari.
È di qualche giorno fa la comunicazione che abbiamo ricevuto per
una buona iniziativa e cioè una gara di bocce tra ospiti di diversi
Centri Diurni della nostra città. La data scelta sarebbe sabato mattina,
giornata in cui i Centri Diurni sono chiusi… [Diana]
Gli operatori incontrano infatti grande difficoltà nel partecipare a eventi ed
iniziative quando queste non coincidono con gli orari di apertura dei Centri.
Viene loro richiesto un impegno di carattere extra-ordinario, per non gravare
sulle famiglie e non precludere occasioni positive agli ospiti.
Se ci fosse, e io con il CIP lo ho detto tante volte, se ci fosse la possibilità,
magari, di incontrarsi con altri ragazzi di altri Centri, di altre strutture,
ma nell’orario in cui noi siamo aperti... Perché queste cose ci sono
molto negli orari dopo Centro. E quindi noi… Perché loro danno una
disponibilità enorme, cercano gli istruttori… Però il nostro problema
è che se loro ci propongono di andare in una palestra a Pontenure
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alle 3 del pomeriggio, questi alle 4 devono rientrare a casa. Avremmo
bisogno che questa cosa si svolgesse o al mattino, quando siamo aperti,
come facciamo con le piscine, noi andiamo al mattino in piscina, oppure
nel primissimo pomeriggio, che comunque loro poi sono sempre un
po’ più stanchi. (…) È l’orario il problema. Perché poi anche le gare
si fanno al sabato… Cioè, poi noi siamo chiusi. (…) Noi non ci siamo
alle 6 e mezzo di sera, e come si fa? L’orario è fondamentale. Questo
è sempre stato uno scoglio. D’altra parte dal CIP ci dicevano sempre:
“al mattino le palestre sono sempre impegnate dalle scuole”. Anche le
strutture sono impegnate dagli istituti scolastici, quindi come si fa? (…)
Sull’orario, secondo me, si potrebbe anche trovare… Però, io dico, non
posso dire ai genitori di portarli a fare… Poi i nostri sono quasi tutti
genitori anziani. E questi vanno tutti accompagnati e anche facilitati
nell’esecuzione del compito. (…) La famiglia ne ha già abbastanza, la
famiglia ne ha già abbastanza. [Alice]
“Perché per noi il primo scoglio è la relazione”
Gli operatori dei servizi socio-educativi e riabilitativi, raccontano anche di
difficoltà di natura diversa da quelle di tipo organizzativo.
Emergono dai racconti episodi che testimoniano difficoltà connesse alla
gestione dei particolari bisogni relazionali delle persone con disabilità che si
vorrebbe inserire in attività sportive.
Uno dei nostri ragazzi, anni fa nuotava. Faceva le gare, è andato persino
all’estero a fare delle gare. Ha smesso di fare le gare perché l’istruttore
gli diceva: “Dai, dai, dai che sei primo!”. Lo invogliava, lo incoraggiava.
Lui non può sentire urlare. Viveva questo in modo veramente molto
disturbante. Ed ha smesso. Quindi, voglio dire, è difficilissimo. Perché
per noi il primo scoglio è la relazione, poi si entra sul contenuto della
relazione. [Alice]
Tali difficoltà hanno in alcuni casi impedito l’avvio di progetti mirati e
individualizzati, con cui si voleva permettere a ragazzi disabili con specifiche
problematiche a livello relazionale e comportamentale, di partecipare ad attività
sportive ritenute essere particolarmente adatte, anche per finalità terapeutiche.
Per quanto riguarda i percorsi rivolti ai minori, soprattutto nell’ambito,
per esempio, del Progetto dell’Unità Adolescenti del Gruppo Autismo,
abbiamo più volte tentato un aggancio con alcune Società Sportive,
relativamente alla possibilità di effettuare attività di atletica. Devo
dire che il Comune di Piacenza è sempre stato molto disponibile nel
permetterci l’accesso ad alcune strutture, come la Pista del Pino Dordoni,
piuttosto che altre realtà. Abbiamo anche riscontrata la disponibilità di
un’insegnate, ma questo devo dire con un ingaggio volontaristico, che
ci ha aiutato un po’ a dare una dimensione più sportiva alla pratica. Il
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nostro obiettivo era di costruire un po’ dei requisiti, in modo tale che i
ragazzi potessero poi eventualmente essere facilitati nell’accesso a delle
Società Sportive. Devo dire che non abbiamo avuto un riscontro positivo.
Probabilmente anche la dimensione Autismo spaventa. Poi noi parliamo
di ragazzi non verbali, quindi… Sui quali, effettivamente è vero, stiamo
lavorando con delle metodologie particolari, di educazione strutturata,
di comunicazione mediata visivamente. Però avremmo anche garantito
una presenza, di un educatore che potesse accompagnare e trasmettere
anche all’istruttore individuato le strategie opportune, per diventare
poi anche autonomo nella gestione, insomma, di questo ragazzo. A
malincuore, devo dire che non abbiamo avuto riscontri positivi. (…)
Non abbiamo trovato adesione a una tipologia di progetto di questo
tipo. (…) Abbiamo provato, appunto, attraverso questa insegnate
di educazione fisica a cui facevo riferimento precedentemente, che
conosce nell’ambito di alcune Società Sportive degli allenatori. E lei
ha costituito un elemento di mediazione, chiedendo l’eventuale
disponibilità e mettendo anche a disposizione quella che è stata la sua
esperienza. Però devo dire che non abbiamo ricevuto alcuna adesione.
(…) Mi è stato riferito (…), che comunque le Società Sportive hanno
una finalità agonistica. E che quindi investire in un progetto di questo
tipo avrebbe comportato, insomma, probabilmente, l’emergere di
alcune criticità. Avevamo poi provato a muoverci direttamente verso
le Società Sportive, per esempio coinvolgendo anche il CIP, con cui
avevamo già collaborato, anche perché ritenevamo che, per esempio
due ragazzi per i quali avevamo pensato di attivare questa tipologia di
sperimentazione, avessero veramente anche la possibilità di spendersi,
anche in una dimensione di risultato sportivo. (…)
La corsa è molto funzionale dal punto di vista di un percorso di
educazione strutturata. Questi ragazzi (con Autismo) funzionano
molto bene anche in una dimensione di strutturazione dell’ambiente,
per cui la pista è un elemento di strutturazione naturale, con le sue
linee… Abbiamo cercato un elemento virtuoso in una…, e quindi di
contenimento, e questa cosa diminuisce sicuramente l’emissione di
comportamenti problematici. Da informazioni molto chiare: tu arrivi,
c’è questa linea e fino a che non c’è qualcuno che ti stoppa, corri.
È molto semplice, ma… E oltretutto avevamo qualcuno con delle
prestazioni significative! È stato un peccato veramente. [Ines]
“Per il futuro vorremmo …”
Gli spunti per progetti ed attività future riportati dagli operatori sono
molteplici.
Emergono specifici propositi di avvio, nel prossimo futuro, di nuove attività
sportive, partecipazione a tornei e promozione anche di attività rivolte alle
ragazze.
Per il futuro vorremmo cominciare a far partire una squadra di calcetto
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tutta femminile visto che abbiamo le ragazze e c’è anche la possibilità
di partecipare a dei tornei. Questa squadra avrebbe la sede a Piacenza.
(…) E stiamo anche esplorando il discorso del baskin [Claudia]
In alcuni casi si tratta di un lungo elenco.
Alcune idee e progetti scaturiti dal gruppo che dobbiamo valutare in
relazione alla opportunità e fattibilità sono: organizzare allenamenti
con squadre (di calcio) di terza categoria o di amatori, aggiungere
all’allenamento settimanale sul campo una seduta in piscina o una
uscita in bicicletta, trovare uno sponsor per rinnovare il corredo, fondare
una vera e propria associazione con coinvolgimento dei volontari,
organizzare - magari in occasione della giornata della salute mentale
- un triangolare o quadrangolare a Piacenza; partecipare a marzo al
torneo nazionale a undici di Torino; partecipare a settembre al torneo
internazionale di Prato; confermare o migliorare il settimo posto alle
finali nazionali di Montalto di Castro a settembre 2012; organizzare
alcuni giorni di “ritiro precampionato” in una struttura della nostra
provincia in autogestione;aumentare ulteriormente e consolidare
la presenza di volontari; pubblicizzare l’iniziativa; organizzare una
giornata di riflessione sul tema sport-salute mentale; partecipare a
giugno al torneo di Medesano; costituire una squadretta di pallavolo
femminile; identificare strumenti di rilevazione della qualità, efficacia
e pertinenza degli interventi; intensificare la rete di contatti con altre
realtà simili; riorganizzare la documentazione della attività svolta…
[Fabio]
In altri casi i racconti parlano di propositi e proposte, non ancora in cantiere,
quali “bowling e ping pong” o la realizzazione di camminate in montagna.
Un ambito che potrebbe essere molto interessante è quello legato
alla montagna. (…) Reputo che la montagna, sia in una dimensione
di escursionismo, ovviamente valutando qual è il target dei ragazzi,
le competenze e le possibilità, però possa essere un’esperienza
significativa e di crescita. Questa è una cosa che non mi dispiacerebbe
si potesse sviluppare, anche nel territorio piacentino. (…) Ad essere
sincera non abbiamo ancora preso contatto con nessuno. Abbiamo
fatto noi delle iniziative, magari un po’ informali, all’interno della
nostra programmazione, di gite ed escursioni, ad esempio con i
ragazzini all’interno del progetto Cresci Imparando, quindi bambini
con la sindrome di Down. Si è trattato della classica gita in provincia,
quindi sulla Pietra Parcellare, piuttosto che verso un’altra meta. Però
devo dire che sono esperienze significative. [Ines]
In relazione alle difficoltà riscontrate, legate alla gestione o al timore di
particolari bisogni relazionali, emerge il desiderio di superarle realizzando
inserimenti individuali di adolescenti con Autismo in attività di atletica.
Inoltre il desiderio sarebbe quello di prendere spunto da questa esperienza,
22
ed in particolare dagli elementi emersi rispetto al tema della partecipazione e
dell’agonismo, per proseguire ed approfondire una riflessione tra parti sociali
e enti di coordinamento della promozione sportiva su sport e disabilità e sulle
opportunità educative dello sport.
L’esperienza di alcuni ragazzini, che non rientra propriamente nella
disabilità, ma con disturbi di Iperattività… Per esempio, mi è capitata
l’esperienza di un bimbo che ha un grande interesse per il calcio. Il
calcio è l’ambiente sportivo meno… Il calcio che abbiamo conosciuto
noi, attraverso alcune società sportive, è stato l’ambiente meno
accogliente, perché è molto competitivo... (…) Ci sono poche realtà
che propongono attività sportiva non agonistica. Sarebbe interessante
una riflessione all’interno del CONI con, veramente, anche varie parti
sociali. Lo sport può essere veramente un elemento importantissimo
del percorso di crescita, e lo è, però può segnare sia in termini positivi
che negativi. Credo che una società, dico società nel senso di cittadini,
si debba domandare, e anche chi rappresenta le varie Società Sportive
e il CONI stesso, si debba domandare qual è l’immagine e qual è
l’opportunità educativa che sicuramente lo sport può rappresentare.
[Ines]
Infine un ulteriore spunto di riflessione e suggerimento riguarda la possibilità
di favorire la continuità dell’accesso ad impianti sportivi, oltre i limiti di età di
progetti strutturati e consolidati sul territorio.
L’attività sportiva che alcuni di loro continuano, anche poi attraverso
la famiglia, è molto importante. Non c’è però immediatezza e questo è
inevitabile. Così come, e sottolineo un’altra criticità, abbiamo persone,
ad esempio, che seguiamo, che beneficerebbero molto dal fatto di
poter accedere alla piscina, ad una piscina, per fare un’attività, magari
con l’accompagnamento di un educatore, ma di rilassamento. Eppure
gli spazi aperti al pubblico sono in orari poco accessibili. Effettivamente,
non ci sono molte possibilità di questo tipo. E soprattutto, nel
momento in cui i ragazzi che hanno fatto attività di nuoto, ne hanno
tratto giovamento, nell’ambito più strutturato di convenzionamento
con il Comune, oltre il sedicesimo anno di età, ad eccezione di qualche
limitato strappo alla regola, poi non hanno più accesso. E finisce
l’esperienza, che è un’esperienza significativa. L’idea di provare l’accesso
con l’educatore diventa problematico, perché lo spazio destinato al
pubblico spesso non coincide con l’orario di erogazione del tipo di
servizi, magari individualizzati. Quindi questo può essere un elemento,
una criticità importante. (…) Noi ci muovevamo nella dimensione di
questi servizi pomeridiani in campo educativo, di accompagnamento
sul territorio, rispetto ad alcuni progetti individualizzati, e l’idea di
accedere alla piscina sarebbe stata un’opportunità… Sia in continuità
con un’esperienza favorevole, precedentemente maturata, sia perché
comunque è un bisogno di tutti noi, mantenersi in forma, in una
dimensione di benessere, di vissuto di benessere. [Ines]
23
1.4.2.
L’esperienza dei volontari
“Il gioco insieme è un importante momento di integrazione”
Le realtà del terzo settore attive nella promozione sociale che hanno
partecipato all’indagine, svolgono tutte attività connesse alla promozione del
benessere di persone con disabilità e delle loro famiglie.
L’esperienza maturata dalle tre realtà (Afagia, Aias e Associazione Assofa)
rispetto alla promozione della partecipazione ad attività sportive è molto
eterogenea.
In genere viene promossa l’organizzazione di specifiche attività sportive
rivolte a persone con disabilità.
Il discorso sport nella disabilità lo abbiamo veramente iniziato da molto
poco, quindi non possiamo ancora avere dei risultati sull’applicazione
del progetto. Qualcosa abbiamo fatto. E abbiamo notato, ad esempio,
il gioco delle bocce, che da alcuni ragazzi è stato veramente molto
apprezzato e abbiamo visto un impegno notevole, del ragazzo, ad
attivare questa attività sportiva. Altro sport che stiamo promuovendo
è il calcetto. Anche qui abbiamo qualche ragazzo che… ce la da dentro
tutta nel giocare a calcetto! Abbiamo fatto qualche cosina, proprio a
livello molto, molto casalingo, direi, però abbiamo visto che ci sono
ragazzi proprio che ci mettono tutto, tutto l’impegno. Chiaramente nel
gioco del calcetto li associamo a dei volontari che non hanno difficoltà
a calciare il pallone, ecco. [Daniele]
Il livello organizzativo, la quantità di esperienza accumulata e le tipologie
di attività sportive proposte e sono molto vari. Sia in autonomia che in
collaborazione con realtà del versante sportivo, vengono realizzate attività
quali: bocce, calcetto, nuoto, judo e basket.
Partecipano disabili adulti dai 18 ai 45/50 anni sono circa una
quindicina tra cui 4 ragazze, vi è un Maestro dello Sport e la presenza
di un operatore e volontari dell’Associazione. Anche perché mentre
alle bocce giocano solo disabili accoppiati, sia il basket che il calcetto
prevedono una squadra mista di disabili e non, con alcune regole
che limitano il ruolo dei normodotati, sicché già il gioco insieme è un
importante momento d’integrazione. [Bianca]
Eterogeneo risulta essere anche il target delle loro iniziative. Si tratta di
persone, adulti e/o minori con: disabilità a livello motorio, Ritardo Mentale
(Lieve e Moderato) e Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (in prevalenza Autismo).
Oltre ad organizzare e/o promuovere l’inserimento in attività sportive, le
realtà del terzo settore che hanno partecipato all’indagine svolgono attività di
sensibilizzazione, con diverse modalità.
24
In particolare realizzano attività informativa rivolta a persone con disabilità
ed alle loro famiglie, in stretto raccordo con realtà con ruolo di coordinamento
nella promozione sportiva per persone con disabilità.
Nell’ambito di questo ampio sportello informativo dell’Aias, dove ci
sono quattro persone che prestano consulenza quotidianamente, c’è
anche questo sportello informativo “Sport senza barriere”. Questo non
significa, ci tengo a precisarlo, che l’Aias, sia diventata un’associazione
esperta anche nella materia sport e disabilità, però, trattandosi di un
polo informativo importante, si è ritenuto opportuno accettare l’idea
di aggiungere questo sportello sullo sport e la disabilità, perché possa
fare da filtro, da primo filtro, per le esigenze in questo senso di persone
o di gruppi, e quindi poter dare una prima infarinatura generale, salvo
poi, dove vi sia un interesse reale, suggerire, dirottare, la condizione
al CIP, quindi al Comitato Italiano Paralimpico, che quindi si occupa in
particolare, se non esclusivamente, del tema sport e disabilità. (…) Al
momento c’è questa attività di tipo informativo che è già importante e,
come diceva lei prima, è comunque segnale di un’attenzione diversa, di
una partecipazione diversa a questo tema così importante. Un tempo si
pensava impraticabile lo sport, decenni fa. Si pensava che lo sport fosse
impraticabile per le persone disabili e invece, vediamo oggi che ci sono
addirittura le olimpiadi. Quindi abbiamo fatto passi importanti, ma ci
sono ancora passi decisivi, c’è ancora tanta acqua che deve passare.
[Francesco]
Si occupano inoltre di organizzare eventi culturali e sportivi e realizzano e
partecipano ad attività di ricerca sul tema.
Nell’ultimo periodo abbiamo anche iniziato e collaborato a nuovi
progetti. Vedi il progetto per lo Sport e Disabilità, vedi il progetto per il
Tempo Libero, che è appena iniziato, ma già con dei forti risultati. Perché
nella mappatura dei bisogni, anche per il tempo libero, abbiamo visto
che una volta che i ragazzi disabili, ragazzi ma anche adulti, una volta
che escono dai Centri di Riabilitazione, dai Centri Semiresidenziali, c’è
la casa e poi nulla altro. Mentre noi tendiamo a far avere anche a loro
dei momenti di svago, che possono essere anche associati a momenti
culturali. [Daniele]
Anche dai racconti dei volontari emerge quindi la forte attenzione alla
valenza relazionale della pratica sportiva, evidenziando le ricadute positive a
livello sociale, di visibilità ed anche ludico.
“Li vedi che alzano la testa e seguono la boccia dove arriva”
Anche i racconti di volontari e consulenti delle realtà del Terzo Settore
evocano molti episodi e situazioni che testimoniano la positività di eventi ed
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attività sportive organizzate.
In alcuni casi testimoniano i risultati sportivi conseguiti.
Abbiamo vinto un torneo di bocce, e a novembre abbiamo vinto
a Milano la prima partita del torneo interprovinciale di basket
organizzato dal CSI anche senza allenatore, sostituito da un giovane
volontario. [Bianca]
La positività delle esperienze emerge soprattutto, anche in questo caso, a
livello di impegno, espressione di capacità e divertimento dei partecipanti, e del
loro benessere a livello relazionale.
Sembra che, nel momento in cui il disabile si concentra sull’attività,
che sia di bocce o di calcetto, si vede una persona più matura di
quello che può sembrare normalmente. Questo sì. Cioè, forse è il
loro impegno in queste attività, magari anche nuove per loro, da cui
trovano godimento, quindi il loro aspetto e il loro impegno, da proprio
l’impressione di una maturità migliore. Soprattutto con i ragazzi
autistici, si vede proprio che partecipano a quello che stanno facendo.
Sono ragazzi che a volte fanno e non partecipano alle cose che stanno
facendo. Mentre in queste due attività si è visto proprio che la loro
partecipazione usciva dal guscio ed entrava in quello che era l’attività
a cui stanno giocando. Questa è una cosa veramente molto bella. (…)
Ragazzi che vivono la giornata con lo sguardo rivolto al terreno, con
la testa abbassata, li vedi, quando tirano la boccia, che alzano la testa
e seguono la boccia dove arriva, se è arrivata giusta o no. E questo
lo ho notato anche in una festa che abbiamo organizzato noi, a fine
estate, che è la nostra festa di fine estate, che fa parte sempre di quelle
attività per la socializzazione. La abbiamo fatta presso la Cuccia, che
è uno dei luoghi in cui esercitiamo questo Tempo Libero. Durante la
festa abbiamo fatto il lancio dei colombi. Un amico è venuto coi suoi
colombi viaggiatori. Dalla gabbia: “Meno uno, meno due, pronti e via”.
E c’erano parecchi ragazzi disabili che hanno alzato gli occhi al cielo,
seguendo il percorso dei colombi. È una cosa veramente emozionante.
Perché ragazzi abituati a guardarsi la punta delle scarpe, dei piedi,
hanno alzato la testa e hanno seguito, con lo sguardo, col movimento
della testa, i colombi che giravano, giravano, per prendere poi la loro
strada per tornarsene a casa. È una cosa inattesa, veramente. E anche lì
possiamo dire che era una festa organizzata per la socializzazione, ma
quanto bene fa questa attività di socializzazione al disabile? Lascio il
punto di domanda e lascio rispondere agli altri. [Daniele]
L’impegno a la soddisfazione dei partecipanti nel fare sport insieme,
mostrando la propria competenza alla comunità, rappresenta un importante
traguardo raggiunto, che emerge in maniera vivida negli episodi raccontati.
E comunque sono importanti anche eventi come questi (…): uno è
questo (“Disabilità, tempo libero, sport e turismo: un universo in
evoluzione”), che abbiamo organizzato noi, sicuramente molto
importante, e l’altro, lo dico perché è il primo che mi viene in mente,
26
perché avevo contribuito ad organizzarlo, è “A canestro in modo
speciale”. È stata una giornata sicuramente bella. Bella è sicuramente
riduttivo, ma non amo parlare con grandi superlativi. È stata una
bella giornata di sport, il cui regolamento prevedeva che ci fossero
squadre – parliamo di basket – che ci fossero squadre con tre persone
disabili e due non disabili e questi ultimi due, però, non vanno al
canestro, cioè giocano, passano, ma non vanno al canestro. E anche
questa sicuramente è stata una giornata importante, perché inoltre
ha fatto nascere una squadra piacentina, che è il CSI Assofa, per la
precisione. Quindi è nata per l’occasione, si è allenata per poco, per
un mese e mezzo. La allenava una giocatrice di basket affermata
a livello nazionale, la Cavenaghi, che non è piacentina, ma adesso
vive a Piacenza, e si è fatta carico di questo impegno. E poi c’erano
altre quattro squadre più rodate: una di Vigevano, una di Pavia,
una di Milano e una di Cava Manara, in provincia di Pavia. Tutte, o
quasi tutte, con sponsorizzazione! Addirittura quella di Milano era
sponsorizzata da Armani (…) Credo faccia parte del circuito della
Armani Milano, che è la seconda o terza squadra di Italia, parlando di
basket. E comunque dicevo che, al di là di tutto, al di là del fatto che
il Piacenza si allenava solo da un mese e mezzo, comunque ha fatto
una bella figura. Ma non era quello il punto. Chiaramente non c’era
una classifica, c’erano premi per tutti, naturalmente, ma era quello il
punto. Dicevo che si è vista una squadra, che non era un’accozzaglia
di singoli individui, ma dove c’era gente che tendeva ad aiutarsi e
dove addirittura c’erano un paio di individualità notevoli! Così come
ce n’erano anche nelle altre squadre. Le altre squadre che però erano
più rodate, insomma… Le altre squadre sono arrivate con panchine di
15-16 giocatori, o anche 20. Ma anche perché è un torneo, questo, che
gira per le province, quindi ci sono 4 o 5 tornei l’anno. È un circuito
organizzato dall’associazione dei Lions e infatti a Piacenza è stato
portato, appunto dai Lions piacentini - anche se in realtà l’ideatore
del circuito è Aldo Pollini di Vigevano – e naturalmente, con l’aiuto
eccezionale del CIP e, naturalmente anche di Assofa, che, insieme al
Cip ha organizzato questa squadra, che abbiamo preparato e tuttora,
credo continui ad allenarsi e che credo sia anche già andata in trasferta
in almeno un’occasione. (…) Tra l’altro poi la cosa altrettanto bella è
stata che questa iniziativa è stata aperta alle scuole. Quindi il torneo
si è svolto nella palestra di San Lazzaro ed erano presenti centinaia
di ragazzi di scuole – direi di scuola media – che hanno partecipato
calorosamente. Addirittura poi, pensi che c’erano i tifosi, c’erano un
paio di squadre che avevano portato gli striscioni. Pensi che bello! E
poi alla fine c’è stato il momento insieme, il pranzo offerto dai Lions,
in un locale lì vicino e c’erano… C’era il mondo. Io penso che tra
accompagnatori e squadre, credo che andassimo sulle 150 persone.
Perché teniamo conto che si muovevano in 20-25 persone per
panchina, più i genitori… Insomma, sono venuti col pullman, c’erano
4 pullman più i piacentini, forse saremo stati anche 180-190 persone!
Tutti assieme lì, poi sono scatenati, musica, balli… È stata proprio una
bella giornata veramente. [Francesco]
27
“Abbiamo incontrato diversi ostacoli,
ma abbiamo trovato aiuto”
Anche il cammino raccontato da volontari e consulenti risulta pieno di
ostacoli.
Le difficoltà incontrate riguardano soprattutto aspetti organizzativo
– strutturali, spesso affrontati facendo squadra con le organizzazioni di
promozione sportiva con ruolo di coordinamento, che si occupano proprio di
sport e disabilità.
Abbiamo incontrato diversi ostacoli, ma abbiamo trovato aiuto nel CIP
e nel CSI (…) Con l’aiuto loro c’è comunque il problema degli spazi
(palestre,campi), degli orari e degli allenatori. [Bianca]
Non è semplice trovare gli spazi adeguati per gli allenamenti e anche dal
versante del Terzo Settore emerge il problema degli orari. Organizzare le
attività significa anche conciliare gli orari di apertura e disponibilità di servizi e
strutture sportive, con quelli degli operatori del settore sociale e con gli orari di
apertura dei Centri in cui sono ospitate le persone con disabilità.
Un ostacolo è stato ed è conciliare gli orari in cui sono disponibili
le palestre e gli allenatori con quelli in cui sono liberi i ragazzi che
frequentano centri diurni e organizzare i trasporti e la presenza di
educatori e volontari. [Bianca]
In maniera non distante dalle difficoltà di inserimento in specifiche attività
sportive, riportate nei racconti del gruppo precedente, emergono qui, infine,
anche difficoltà legate alla “mentalità”.
Le difficoltà sono sempre le difficoltà che si è sempre incontrato
quando parliamo di disabilità: difficoltà strutturali, difficoltà anche
proprio di mentalità retrograda. Faccio l’esempio del professore di
ginnastica che ha il disabile in carrozzella. Quando porta la classe a far
ginnastica lui dice: “Eh, ma sì, è in carrozzella, cosa gli faccio fare? Cosa
gli posso far fare? È in carrozzella …”. Quindi non cerca la soluzione di
fargli qualcosa anche se è in carrozzella. Perché per lui è in carrozzella
e dice, insomma: “Cosa ci posso fare? Quello non cammina e… Come
posso fargli fare attività?”. Probabilmente nel passato, e anche nel
passato recente, questo è successo. E succede tuttora perché manca
la cultura del… del sapere cosa fare verso il disabile per uguagliarlo o
portarlo vicino all’uguaglianza del normodotato. (…) Quindi difficoltà
strutturali perché si è sempre fatto poco per le barriere architettoniche,
sia nelle scuole che nelle palestre, e proprio, poi, anche come cultura
nel rapporto con la persona. (…) Probabilmente nell’ambito sportivo
non lo ho percepito così tanto come nell’ambito scolastico. Per quanto
riguarda le difficoltà strutturali nell’ambito sportivo, poi questo è stato
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rilevato da quello che è stato fatto nel progetto (Svep), dalla mappatura
delle palestre, quelle che erano adeguate e quelle non adeguate. Si è
visto che molte non sono adeguate e forse neanche adattabili, se non
con dei grossi interventi edilizi. (…) Rispetto alle difficoltà culturali,
nel rapporto con la persona, il terreno è chiaramente più fertile. E
diciamo che, guardando il passato, ora viviamo in un’epoca, direi molto
più serena, come rapporto tra il normodotato e il disabile. E quindi
l’integrazione diciamo che ha fatto grossi passi negli ultimi anni. E
speriamo ne faccia ancora più lunghi! [Daniele]
Queste difficoltà “culturali” tendono ad essere riferite soprattutto al passato
e sono viste ora in via di superamento.
Io penso allo sviluppo che c’è stato. Io ricordo un’epoca… Lasciamo
stare le associazioni: è chiaro che se uno ne faceva parte o la costituiva,
credeva in qualcosa di più. Ma io ricordo (…) che indubbiamente c’è
stato un periodo in cui il disabile era un recluso. Nel senso che anche
se qualche volta usciva di casa, era considerato come se fosse una
mosca bianca. Anzi, ci si meravigliava che uscisse. Quindi siamo passati
dalla fase della disabilità come patologia, come malattia, al momento,
finalmente, del disabile come persona. E questa è stata un’evoluzione
un po’ lenta, devo dire. Però poi un fiume in piena, è diventata. E
questo a tutti i livelli. A livello di consapevolezza di gran parte di noi.
Quindi se prima c’era una parte piccola, oggi è la gran parte che ne è
consapevole. E soprattutto un riconoscimento a livello legale, a livello
legislativo più che legale. Quindi tutta una serie di leggi importanti,
ispirate indubbiamente alla Costituzione, che hanno condotto a questo
risultato straordinario. Quindi: leggi su agevolazioni, sui diritti, leggi
antidiscriminatorie. Ce n’è una che è uscita, l’ultima che è uscita nel 2006
che nessuno conosce. (…) È una legge, la 67 del 2006, che non conosce
nessuno semplicemente perché è una legge scomoda. Perché è vero che
è una legge punisce la discriminazione diretta, ci mancherebbe altro! La
discriminazione diretta si ha quando una persona disabile va in un locale
pubblico e le dicono: “No, tu non puoi entrare perché dai fastidio”. Eh
beh, questo è chiaro: è un’ipotesi da manuale di discriminazione diretta.
Ma la legge prevede anche ipotesi di discriminazione indiretta. Per tale
intendendosi ogni atto, fatto, prassi, regolamento, comportamento che
possa ledere la dignità della persona disabile, o comunque non farla
sentire una persona come tante altre. Allora è chiaro che si potrebbe
anche pensare che in tutto questo elenco di ipotesi di discriminazione
indiretta possa anche rientrare l’esistenza delle così dette “barriere
architettoniche”. Allora capisce bene che se ciascuna persona disabile
dovesse lamentare, ricorre al giudice, nei confronti del comune di
appartenenza o di un altro comune o dell’Anas, per ottenere la
rimozione di ciò che non gli consente di vivere la propria dignità o la
propria parità, capisce bene che intaseremmo i tribunali e, soprattutto,
daremmo delle botte alle casse, già scarne, degli Enti locali. E quindi la
legge è stata, come dire, poco pubblicizzata. Però è un atro passaggio,
anche questo, per il riconoscimento della persona. [Francesco]
29
Partendo dallo sport, quindi, il discorso si fa più ampio e si riconoscono i passi
avanti, anche a livello legislativo, verso il superamento delle “barriere culturali”.
“Il programma sarebbe poi di …”
Anche i racconti di volontari e consulenti delle realtà del Terzo Settore sono
ricchi di spunti per il futuro.
Emergono intenti già in cantiere e di prossimo avvio, verso il consolidamento
e delle attività già poste in essere.
A novembre 2011 abbiamo iniziato gli allenamenti di calcetto nella
Palestra di Pontenure con un allenatore molto bravo che ha dettato
subito le regole. Intendiamo procedere partecipando a qualche torneo,
come stiamo facendo con il basket. [Bianca]
Si intende incrementare le attività già avviate, cercando nuovi spazi dedicati
e non mancano le mete un po’ più lontane, ancora da progettare.
Allora, in queste poche cose che abbiamo iniziato a fare, i ragazzi sono
ragazzi che vanno dai 18 ai 30 anni. Sono ragazzi che hanno come
diagnosi una cerebropatia neonatale, che però riescono a camminare
e a muoversi abbastanza correttamente, senza grosse difficoltà, e
ragazzi con Autismo. Il programma sarebbe poi di arrivare anche al
ragazzo in carrozzella, alla persona in carrozzella. Lì, insomma, ci sono
un po’ più di difficoltà. Perché per fare pallacanestro in carrozzella,
per fare attività sportiva in carrozzella, ci vogliono delle carrozzelle
adeguate all’attività, altrimenti diventa un pericolo. Lì è il prossimo
passo ecco. È una cosa che va ancora concretizzata. (…) Ma io direi
che l’esperienza delle bocce è molto, molto positiva ed entusiasmante.
Da proprio l’input e il coraggio di proseguire e migliore ed aumentare
questa attività. Perché quella delle bocce, forse è stata, tra le poche
cose fatte, quella che ha dato più risultato. Ancora più dell’esperienza
del calcetto. Per il calcetto ci vogliono campetti adeguati … Insomma,
probabilmente anche a livello soggettivo, ha dato più risultato e più
entusiasmo il gioco delle bocce. (…) Per il calcetto bisogna trovare
il campetto che ci ospita… Mentre per il gioco delle bocce va bene
qualsiasi campetto di bocce. Sarebbe bello poterne creare uno
esclusivamente per i nostri ragazzi. Dove organizzare anche delle
piccole gare con un premio finale, che è sempre molto apprezzato.
(…) È una proposta che dovrebbe far parte, poi, dell’attuazione del
progetto che è stato portato a termine (Progetto Sport e Disabilità
dello Svep). È un’indicazione, anche perché i progetti se rimangono
solo progetti penso proprio che non servano a nulla: l’importante poi è
ottenere che il progetto venga attuato. [Daniele]
30
1.4.3.
L’esperienza degli istruttori sportivi
“Far praticare sport ai disabili”
Le 9 realtà locali di promozione sportiva, rappresentate dagli operatori
intervistati, presentano esperienze eterogenee in ambito di sport e disabilità.
Nell’elenco rientrano, da un lato, associazioni che si occupano in maniera specifica
di sport e disabilità e tra queste sono comprese realtà che in questo ambito
assumono un ruolo di coordinamento delle attività realizzate coinvolgendo
altre associazioni e società sportive (CIP, UISP, FISPeS).
CIP fa parte del CONI ed é ha la stessa struttura, avendo al suo interno
Federazioni sia paralimpiche che riconosciute tali, sia Discipline Associate,
che Organizzazione Promozionali, che Associazioni Benemerite. (..)
Collaboriamo anche con otto Società Sportive di disabili o aperte ai
disabili. (…) Operiamo, con il Progetto Scuole Sport Integrazione, nella
maggioranza (55) delle scuole di Piacenza e Provincia. (…) Avviamo sia
gli studenti del Progetto Scuola, sia gli altri disabili che lo desiderino
verso una attività sportiva continuativa sia personale che nell’ambito
di una società sportiva. (…) Siamo referenti terminali dello sportello
creato dallo Svep e gestito dall’Aias per indirizzare i disabili all’attività
sportiva. Collaboriamo attivamente con il CONI, con il CSI e con tutte
le associazioni di disabili e non che abbiano interesse al problema
dello sport per i disabili. Collaboriamo anche con tutte le Istituzioni
Pubbliche di città e provincia. [Filippo]
Dall’altra parte vi sono realtà e società sportive che favoriscono e sono aperte
a realizzare inserimenti individuali e progetti rivolti a persone con disabilità
(Centro Sportivo Educativo nazionale, AICS, CSI, Palestra Sakura, Atletica
Piacenza e Circolo Sommozzatori di Piacenza).
L’attività per disabili è gestita da UISP e l’Azienda Unità Sanitaria Locale
con la collaborazione, per la parte di utenza composta dagli adulti, dei
servizi sociali territoriali. L’obiettivo è far praticare sport ai disabili, in
particolar modo il nuoto che è uno sport che riduce tutte le forme di
disabilità grazie all’acqua. [Luca]
Anche in questo caso il target delle iniziative è molto eterogeneo. Si tratta
infatti di persone adulte e minori con disabilità a livello fisico (anche acquisita),
sensoriale, a relazionale e mentale (tra le specifiche patologie indicate figurano
anche Autismo e Sindrome di Down).
Le attività sportive in oggetto risultano essere molto varie, a seconda della
tipologia di disabilità: nuoto e laboratori in piscina, attività motoria, basket,
calcio, atletica leggera, judo, bocce, tennis a tavolo, pallamano, tiro a segno,
31
rugby in carrozzina e scherma.
In diversi casi queste sono realizzate all’interno di ampi progetti con le scuole o di
laboratori strutturati insieme ad Enti e realtà dell’area sociale e socio-sanitaria.
In estate, con i centri estivi, vengono coinvolti anche i disabili con
attività natatorie. Si tratta di ragazzi con disabilità fisica e autistici,
l’età va dai 4 ai 17 anni. In questi centri estivi oltre ai disabili ci sono
anche ragazzi normodotati che interagiscono con loro. [Alex]
In altri casi, si tratta di inserimenti individuali, a volte gestiti senza la
mediazione di realtà del mondo sociale.
Sia il circolo sommozzatori che le società che fanno capo al usACLI e
non organizzano corsi specifici per disabili. (…) Noi non precludiamo
a priori l’accesso ai nostri corsi a utenti disabili ma eseguiamo un
analisi della disabilità presentata e verifichiamo la compatibilità con
lo svolgimento degli esercizi necessari per poter conseguire il brevetto
per normodotati. [Mattia]
“Ci piazziamo sul podio”
I traguardi raggiunti messi in evidenza dai referenti per le realtà di
promozione sportiva, riguardano innanzitutto segnali di una certa tendenza
attuale a superare una “mentalità” di chiusura in merito alla pratica sportiva
realizzata da persone disabili. Questa positiva inversione di rotta rispetto al
passato è quindi riconosciuta e sentita anche dal versante sportivo.
All’inizio c’è stata un po’ di diffidenza poi superata. Sono riuscito a
coinvolgere almeno 50 disabili tra cui anche alcuni extracomunitari. La
partecipazione ora è in crescendo. [Stefano]
L’evidenza di questo cambiamento, secondo gli intervistati, è data
dall’aumento del numero di partecipanti e di richieste.
la sempre maggiore richiesta da parte dei disabili di fare attività
sportiva in un ambiente reso fertile soprattutto dal Progetto Scuola e
dalle manifestazioni sportive. [Filippo]
L’incremento dell’attività è visto come effetto degli sforzi posti in essere dal
mondo sportivo, da quello sociale e sanitario e dalle famiglie: è quindi anche
effetto della collaborazione e della sensibilità di tanti.
Ora la partecipazione sportiva sta aumentando, la sensibilità dei
genitori, dei ragazzi stessi, degli operatori in Emilia Romagna è un dato
acquisito. [Giorgio]
32
Un ulteriore risultato raggiunto, messo in evidenza soprattutto in queste
testimonianze, riguarda i risultati raggiunti a livello delle prestazioni sportive.
Il primo caso è rappresentato da un utente maschio di trenta anni
mancante dell’arto superiore sinistro che ha richiesto di imparare
a nuotare per poter partecipare ad un corso sub. Il percorso è stato
relativamente breve in quanto in due anni è riuscito ad imparare uno
stile di nuoto tale che gli permettesse di essere autonomo in acqua. In
seguito ha partecipato a corsi sub conseguendo brevetti di vari livelli
sempre nei tempi standard. [Mattia]
Riconoscimenti, premi e partecipazione a campionati, vengono elencati con
soddisfazione, per il grande impegno di partecipanti, allenatori e società.
Da quando ci siamo affiliati alle federazioni CIP abbiamo ottenuto un
titolo nazionale sui 100 metri categoria juniores, un secondo posto
sempre sui 100 metri juniores e due titoli regionali sui 100 metri piani.
[Mirco]
Le vittorie sono quindi tante.
I traguardi raggiunti che abbiamo ottenuto sono la partecipazione da
sei anni ai campionati italiani di nuoto per disabili con buoni risultati.
Siamo l’unica squadra di tutta la provincia di Piacenza che esiste. A
livello regionale, inoltre, vinciamo quasi sempre o comunque ci
piazziamo sul podio. [Luca]
Si tratta di conquiste non solo a livello agonistico, ma anche relazionale.
Un episodio che mi ha toccato è quando all’Anna Frank ho incontrato
un ragazzo autistico molto schivo. Dopo cinque o sei lezioni questo
ragazzo è diventato più socievole. [Stefano]
“Le affrontiamo una per volta”
La maggior parte delle difficoltà riportate da allenatori e operatori delle
realtà sportive sono di natura strutturale e organizzativa.
Più che difficoltà abbiamo incontrato criticità strutturali in seguito
superate, ad esempio nel nuoto l’impianto sportivo che non riesce ad
accogliere tutte le esigenze delle famiglie. [Luca]
I racconti testimoniano il persistere di barriere e ostacoli a livello di accesso
alle strutture, a cui si cerca di far fronte riorganizzandosi di volta in volta.
33
Le difficoltà le abbiamo tuttora, l’agibilità alle strutture, meccanica
e burocratica, è ancora forte; le affrontiamo una per volta cercando
alternative e mediando quanto più possibile. (…) Festa Nazionale del
CIP: pubblico passeggio di Piacenza, il bocciodromo all’aperto non
era accessibile per i disabili in carrozzina. Contattando i consiglieri
comunali e gli uffici U.O. Sport si è aperto “un varco” nella recinzione
che permette l’accesso ai disabili. [Marco]
Gli inserimenti in specifiche discipline, specialmente a carattere agonistico,
sono resi difficoltosi anche a livello burocratico.
Esiste purtroppo un frazionamento di federazioni relativo alle
diverse disabilità i disabili intellettivi non gareggiano con i fisici e non
gareggiano con i non vedenti, per le iscrizioni alle gare nazionali le
procedure sono estremamente complesse. [Mirco]
Anche a livello dell’organizzazione delle attività le difficoltà raccontate
risultano molteplici.
La difficoltà a reperire fondi necessari per tecnici specializzati. [Mirco]
Le società sportive non impegnate in maniera esclusiva sul versante della
disabilità, ma disponibili a realizzare inserimenti, incontrano ostacoli e vincoli
legati alla mancanza di personale specializzato.
Per il futuro riteniamo di proseguire con l’attuale condotta non
avendo istruttori con la necessaria preparazione nei confronti dei
disabili e qualora si presentassero nuove richieste verrà effettuata una
valutazione caso per caso. [Mattia]
Oltre alle difficoltà nel coordinare le risposte a bisogni specifici dei partecipanti
connessi a diverse tipologie di disabilità, emergono gli ostacoli connessi agli orari.
Anche le testimonianze dal versante sportivo mettono infatti in evidenza le
difficoltà nel conciliare i propri orari con quelli dell’area socio-sanitaria.
Le difficoltà ci sono sempre state. Il problema fondamentale era far
entrare nel pensiero comune delle persone il fatto che anche per i
disabili ci potesse essere un’attività sportiva staccata dalla terapia.
Per fortuna oggi le cose sono cambiate. Ora le difficoltà sono legate
all’organizzazione perché, ad esempio, alcune attività non possono
essere svolte dopo l’orario di lavoro, in quanto gli operatori che
affiancano i disabili non hanno disponibilità fuori dal loro orario
di lavoro. Un’altra difficoltà è mettere insieme disabilità diverse e
farle confluire in un’unica attività sportiva. Oggi aumentando la
partecipazione si possono fare categorie più omogenee e rendere
l’attività sportiva più attraente. [Giorgio]
34
Infine anche dal versante sportivo sono sentite le “difficoltà culturali”. Se da
una parte da alcuni racconti emerge il sentore di essere in una fase avviata
verso il loro superamento, le testimonianze delle realtà di coordinamento, che
si occupano in maniera esclusiva di sport e disabilità, raccontano, come emerso
nei racconti degli operatori dell’area socio-sanitaria, del persistere di barriere.
La scarsa disponibilità delle società sportive convenzionali ad accogliere
i disabili che vogliono fare attività sportiva, soprattutto se disabili
intellettivi, che spesso richiedo supporto per una attività di sostegno
che non può essere svolta dal tecnico dello sport. [Filippo]
“Per il futuro cerco di …”
Per quanto riguarda, il futuro da diversi racconti dei testimoni del
versante sportivo emergono specifici progetti già in cantiere, da realizzare in
collaborazione con il Terzo Settore.
È allo studio il progetto per una collaborazione con un’associazione di
volontariato cittadina. [Mirco]
Emergono idee progettuali volte ad ampliare l’attività svolta e a renderla
ancor più motore di integrazione.
Dal punto di vista della società sportiva agonistica mi piacerebbe avere
uno sponsor che sostenga la società sportiva. Da un punto di vista
strutturale dell’attività, con gli altri collaboratori abbiamo pensato
di dare la possibilità al 70% dei ragazzi che fanno parte della società
sportiva di frequentare l’attività con un loro compagno di classe o di
lavoro. Il progetto si chiama “Porta un amico in piscina”, per dimostrare
che l’integrazione nello sport funziona. [Luca]
Viene messo in evidenza anche l’intento di promuovere la qualità dell’attività
mediante la formazione degli istruttori.
Per il futuro cerco di specializzarmi sull’autismo, su come approcciarmi
con i ragazzi autistici. [Stefano]
Altri racconti testimoniano auspici e aperture alla collaborazione in progetti
nuovi.
Non abbiamo un progetto specifico ma la capacità di rispondere giorno
per giorno a delle esigenze immediate e anche a dei progetti che ci
vengono proposti. [Giorgio]
35
Infine emergono auspici e riflessioni in merito alla realizzazione di nuove
strutture dedicate.
È difficile preventivare il futuro senza il supporto delle istituzioni;
dovremmo riuscire a realizzare strutture autonome con il rischio di
ottenere una ghettizzazione di chi ha una disabilità. [Marco]
1.5.I
significati e i bisogni
La seconda parte delle interviste ha approfondito il punto di vista dei testimoni
privilegiati in merito al ruolo svolto dallo sport nel processo di integrazione ed
alle modalità con cui rispondere ai bisogni delle persone disabili nella pratica
sportiva.
1.5.1.
intergrazione e ruolo dello sport
Il significato soggettivo dato al concetto di integrazione delle persone con
disabilità, mostra molti elementi in comune tra le diverse realtà che hanno preso
parte alla ricerca.
“Come persone alla pari”
I concetti più ricorrenti fanno riferimento, in maniera trasversale, al
“relazionarsi”, al “fare qualcosa insieme”, “esprimere le proprie capacità”,
“raggiungendo obiettivi comuni” ed interagendo come “persone alla pari”, in un
contesto “accogliente” e che faciliti l’ “accessibilità”.
Emerge un generale accordo rispetto al ruolo che lo sport può svolgere in
tale processo.
Lo sport è importante perché è un ulteriore ambito di scoperta e
valorizzazione dei potenziali umani delle persone disabili e strumento
di integrazione. [Bianca]
Per tutti gli intervistati lo sport svolge un ruolo “importante” nel processo di
integrazione. Emergono lievi differenze, o meglio, sfumature nel considerare
l’intensità di questa importanza.
Dal versante sportivo, in modo particolare, viene evidenziata la centralità
dello sport nel processo di integrazione.
36
Integrazione è dare la possibilità alla persona con svantaggio di poter
esser messo nelle condizioni di fare quello che fa un normodotato
nelle condizioni, possibilità e misure che lui ha. Lo sport ha un ruolo
fondamentale per realizzare questo. [Luca]
Tale ruolo è inteso come “fondamentale” in relazione all’opportunità data
dallo sport di esprimere le proprie competenze.
Integrazione significa far fare ai disabili le cose che fanno le persone
normodotate, facendo in modo che riescano ad arrivare a dei risultati,
tenendo conto delle loro capacità e delle loro difficoltà, che mettano
in risalto le loro risorse. La pratica sportiva in questo processo ha un
ruolo fondamentale per l’integrazione, attraverso lo sport i disabili
dimostrano le loro capacità. [Claudia]
Questa centralità viene vista esprimersi appieno soprattutto nel momento
in cui l’espressione delle capacità della persona disabile viene condivisa con la
comunità.
L’attività sportiva é determinante nel processo di integrazione é per
questo che é nato il Progetto Scuola Cip e tutta l’attività é proiettata a
far si che il disabile faccia sport insieme ai normodotati [Filippo]
I testimoni del versante dei servizi socio-sanitari e quelli del Terzo Settore,
parlano, invece, del ruolo dello sport nel processo di integrazione in termini di
potenzialità.
Lo sport, in teoria può aiutare a superare i propri limiti ed a collaborare
per raggiungere obiettivi comuni. [Diana]
Un elemento discriminate di questa potenzialità è visto nell’attenzione a
realizzare inserimenti e progetti centrati sulla persona.
Va sempre considerato che noi ragioniamo su progetti individualizzati.
Quindi ovviamente, come dicevo prima quando ho parlato di attività
sportive e di alcune scelte e opportunità che abbiamo sondato sul
territorio, era perché avevamo in mente delle persone e dei progetti.
Quindi posso dire che, in linea generale, l’interesse c’è e ci può essere,
è logico che poi va mappato in base a quelle che possono essere le
predisposizioni individuali. [Ines]
Ritengono che lo sport possa svolgere un importante ruolo nel promuovere
il processo di integrazione, in raccordo con un’ampia gamma di iniziative e
attività, tra cui, in genere, quelle che riguardano il tempo libero.
Integrazione è la consapevolezza dell’esigenza della persona e della
37
capacità e della necessità, di questa persona, di relazionarsi. Ecco,
questa è… relazionarsi. Quindi, vuol dire sport, vuol dire tempo libero,
vuole dire cultura. [Francesco]
Un elemento trasversale ai tre gruppi, che emerge in diversi racconti, riguarda
l’evidenziare alcune caratteristiche intrinseche dello sport, che lo rendono
adatto a favorire l’integrazione.
Dal mio punto di vista, il punto più importante dell’integrazione è che
i ragazzi disabili vengano accettati non come ragazzi disabili, ma come
persone alla pari. E questo loro lo sentono molto. Perché se vengono
considerati alla pari, è per loro uno stimolo a migliorarsi sempre di più
e a non abbandonarsi alle loro sofferenze e alla loro disabilità. (…)
Penso proprio che lo sport possa avere un ruolo. Non solo l’attività
sportiva, ma anche le attività culturali. Io voglio portare l’esempio di
una ragazza disabile che, era un progetto che avevamo fatto anni
fa, che era una ragazza portata a scrivere poesie. Poesie che sono
state pubblicate, in un libro intitolato “Luna sei bella”, che abbiamo
presentato come associazione. Un libro che è stato venduto e molto
apprezzato. E direi che questo esempio si può portare in eguale misura
anche nel discorso sport. Perché credo che il normodotato che vede il
disabile con un impegno enorme nello svolgere un’attività sportiva,
possa capire meglio quanto bisogno e quanta voglia abbia questo
ragazzo, ad essere come lui normodotato. Quindi tutte le attività,
sportive, culturali, penso che siano proprio degli oggetti primari
all’integrazione sociale. (…) Anche altre attività oltre a cultura e sport.
Direi che cultura e sport sono quelle che più danno a vedersi, rispetto
ad altre attività. Ma anche le attività del tempo libero. Io insisto nel
tempo libero, perché sono ragazzi che sono sempre, diciamo, sotto
terapia, cioè stimolati a rendersi il più possibile autonomi, a migliorarsi,
eccetera, eccetera. E passano le loro giornate con questi stimoli. E poco
si è fatto e poco si fa per dare loro, proprio la possibilità di divertirsi.
Cioè di provare gioia nel gioco, nel divertimento. Nell’andare a cavallo,
nel guardare gli animali, nel farsi i dispetti… Insomma, proprio come
abbiamo avuto… Forse abbiamo voglia di giocare ancora adesso noi
grandi, però da ragazzi avevamo proprio voglia di giocare. Il gioco fa
parte della crescita della persona. (…) In questo senso anche le attività
del tempo libero, le attività culturali e le attività sportive possono
essere ben associate a quello che è il gioco. [Daniele]
Tra questi aspetti rientrano quindi sia la dimensione ludica che le potenzialità
in termini di sensibilizzazione.
L’attività sportiva può aiutare a rendere efficace l’azione di
integrazione: concorrendo ad abbattere il pregiudizio e lo stigma che
ancora gravano sulla malattia mentale e sulle situazioni di sofferenza
ed emarginazione in genere, pregiudizio che aggiunge sofferenza a
sofferenza, emarginazione ad emarginazione; promuovendo incontri e
38
relazioni in contesti di “normale” quotidianità; sostituendo allo scenario
tipico del rapporto terapeuta-utente uno scenario nuovo dove questi
ruoli sfumano o addirittura scompaiono per lasciare emergere o riemergere competenze nuove o temporaneamente sopite; aumentando
l’autostima, canalizzando l’aggressività, facilitando l’esperienza di
apprendimento di regole condivise; ponendo la disponibilità alla
fatica, la ricerca della collaborazione, il sapersi contenere e gestire in
un ruolo ed imparare contemporaneamente ad assumere se necessario
un altro ruolo come elementi positivi e funzionali al raggiungimento
di obiettivi non solo miei ma di un intero gruppo di persone di cui ho
deciso liberamente di fare parte e nelle quali mi riconosco; insegnando
a mediare i miei desideri e bisogni con quelli degli altri… [Fabio]
La pratica sportiva permette di “esporre” la potenzialità del soggetto
ed avvicina il grande pubblico alla “problematica” mettendo in
secondo piano la disabilità evidenziando le capacità di adattamento
del soggetto. [Marco]
Si aggiungono inoltre la dimensione del lavorare “insieme” e quella del
“rispetto delle regole”.
Punto centrale è la relazione sulla quale, in quanto operatori, dobbiamo
lavorare. Credo che l’attività sportiva permetta la partecipazione, lo
stare insieme agli altri rispettando delle regole. Rispettare le regole
del gioco diventa un modo per rispettare le regole della vita. Siamo
di fronte a una fase di passaggio. Per molto tempo l’attività sportiva è
stata affiancata alla riabilitazione, in un centro come il nostro l’attività
sportiva va vista come uno strumento di costruzione di relazioni
positive. [Simone]
1.5.2.
quali bisogni e quali risposte nella pratica
sportiva
Dai racconti emergono differenze e specificità, ma anche punti di incontro,
a livello dei bisogni delle persone disabili nella pratica sportiva e di quello che
sarebbe opportuno fare per rispondervi.
“Sensibilità e professionalità”
Gli operatori di strutture e servizi socio-educativi e riabilitativi ritengono che
lo sport possa riuscire a rispondere ai bisogni delle persone con disabilità nel
momento in cui riesce a dare spazio, innanzitutto all’aspetto partecipativo.
39
Occorre una politica di integrazione, di accoglienza dei disabili con
la realtà delle società sportive. A Piacenza ci sono delle condizioni di
partenza molto buone. L’attività sportiva risponde a questi bisogni e va
calibrata in base alla capacità della persona. Le società sportive possono
rispondere a questi bisogni integrando al loro interno una disciplina
dove è importante non il singolo ma il collettivo, dove ognuno può
dare il proprio apporto. [Simone]
Secondo i testimoni del versante socio-sanitario è importante che
l’organizzazione delle attività sportive parta dal considerare le capacità della
persona con disabilità, permettendole così una reale partecipazione.
I disabili necessitano di attività sportiva sia per il benessere fisico sia, da
un punto di vista sociale, per confrontarsi con altre persone. Per poter
svolgere questa attività i disabili necessitano di impianti e istruttori. Le
società sportive potrebbero cercare di inserirli e dargli la possibilità di
svolgere attività sportiva in base alle loro capacità e non secondo gli
obiettivi delle società sportive. [Claudia]
Gli operatori ritengono fondamentale la disponibilità di chi opera in ambito
sportivo a lavorare sulla relazione e sulla comunicazione, senza concentrarsi
sull’ agonismo.
Il loro bisogno, loro e delle loro famiglie, è proprio essere inseriti in
un tessuto sociale più accogliente e sicuramente più alla loro misura,
piuttosto che alla misura dei così detti “normodotati”. Lo sport dipende
da come viene vissuto. Perché se si cerca la competizione, loro sono
sicuramente tagliati fuori. Perché, anzi, come dico, magari sono anche
bravini, magari hanno anche la forza, hanno anche l’agilità, però non
hanno la capacità di stare nella situazione. E allora, secondo me, lo
sport potrebbe essere, se diventa, anche lì, un contesto relazionale.
Allora in quel caso, allora l’attività diventa importante perché diventa
lo strumento per fargli uscire di casa. (…) Per loro (le società sportive)
il progetto è diverso da quello che facciamo… (…) I loro obiettivi sono
molto diversi dai nostri. Insomma, c’è proprio un gap tra quello che
vogliono fare loro e… D’altra parte ognuno ha il suo lavoro. Adesso
non so se si può mettere assieme questa cosa. Però io penso che sia
anche difficile far capire a una società sportiva che devi mettere
lì un istruttore … Voglio dire, lo fa il CIP perché quello è proprio il
suo mandato. Ma non so io se una società sportiva può mettere a
disposizione della gente… Bisogna vedere che disponibilità danno. Noi
qui non abbiamo persone in carrozzina, però abbiamo persone con le
quali si fa molta fatica a comunicare. Molti di essi hanno delle paure.
Per cui bisogna lavorare tutto su questa parte, e poi allora arrivi alla
persona. (…) Io penso che, perché loro non sono in grado di capire, di
porsi in quel modo, perché questo qui (la competizione) è un concetto
nostro, non loro. Non appartiene a loro questo concetto, secondo me. Si
40
potrebbe lavorare sul concetto della partecipazione, del divertimento,
del riuscire e stare con gli altri. Ecco quello sì, e già ce n’è molto, è
molto impegnativo raggiungere questa parte, per loro è molto, molto
impegnativo. [Alice]
Ritengono quindi importante che le proposte di svolgimento di attività
sportive vengano modulate sulle reali possibilità delle persone, in base alle
specificità della loro disabilità.
Nell’incontrare, per esempio, i nostri ospiti del Centro Socio-Riabilitativo,
le persone incaricate, appunto, di presentare questo tipo di iniziative, si
sono presentate non, forse, tenendo conto delle persone che avevano
davanti. Per cui è stato proposto di andare a cavallo, per esempio, a
persone che stanno in carrozzina e non hanno capacità di controllo del
busto e del capo… E però poi questa cosa ha provocato un’aspettativa,
nei confronti in particolare di questo ragazzo, e dover poi svolgere
un’azione, tristemente educativa, per l’elaborazione di un lutto di
una mancata esperienza realizzata. (…) Quello che serve è sensibilità e
professionalità. Nel senso di apertura mentale a considerare tutta una
serie di elementi e, nello stesso tempo, di avere grandissima attenzione.
Perché l’incontro con la persona disabile, deve tener conto, come in
tutti gli incontri, del rispetto delle persone. Allora anche il nostro
entusiasmo, dico in generale, di operatori sociali, deve essere molto
dosato. Noi ci muoviamo in una dimensione che deve essere molto
attenta nel dire: verifichiamo che ci siano le condizioni. Anche, per
esempio, nel comunicare alle famiglie, noi abbiamo fatto questo lavoro
di preparazione atletica di questi due ragazzi, come dicevo prima, con
Autismo, non abbiamo detto subito alle famiglie: “Guardate che stiamo
lavorando, per poi tentare un aggancio sulla dimensione di una società
sportiva”. Perché avremmo creato una falsa aspettativa. Abbiamo visto
se riuscivamo a creare, come obiettivo intermedio, il consolidamento di
alcuni pre-requisiti. A quel punto abbiamo detto: “Guardate, abbiamo
lavorato, c’è questa possibilità. Siete d’accordo? Vediamo?”. Bisogna
veramente avere un grande senso della responsabilità. (…) Io ho la
percezione che la dimensione sportiva per persone con disabilità, tenda,
in generale, vedo che viene molto pubblicizzata a mezzo stampa, e…
Evidentemente, i risultati più grossi li può ottenere e li ha ottenuti, e
ne ha dato evidenza sulla stampa, però di persone che avessero una
disabilità, che non comprometteva completamente tutte le funzioni.
Quindi bisogna avere molta attenzione e delicatezza, anche quando
appunto si propone sport per le persone disabili, sport per tutti. Anche
le terminologie, insomma, dovrebbero essere usate con attenzione
perché insomma… E poi sicuramente è più facile per una società
sportiva, accogliere e rendersi disponibile rispetto ad una persona che
ha una disabilità acquisita, in seguito ad un evento traumatico. Quindi ci
si trova comunque davanti a una persona che sicuramente ha un vissuto
di grande sofferenza, ma comunque è una persona che ha seguito uno
sviluppo tipico, a livello cognitivo, oltre che a quello sociale. Diverso è,
per esempio, l’inserimento di una persona che ha… [Ines]
41
Il lavoro sulla relazione, ritengono debba partire dall’approccio con cui sono
realizzare proposte: rendendo più chiaro e circostanziato il significato di “sport
per tutti”, “dosando l’entusiasmo, con professionalità e sensibilità”, specialmente
quando si propone l’attività al diretto interessato.
Per il resto il tema ci sfiora appena perché i nostri ospiti hanno un livello
di necessità assistenziale altissimo e le abilità residue sono lontane anni
luce dallo sport così come è rappresentato negli stereotipi. (…) Sport e
disabilità mi suona come un binomio fantastico… magari da sviluppare,
ma con modalità e luoghi tutti da inventare. [Diana]
Un aspetto ritenuto molto importante per facilitare la partecipazione ad attività
sportive da parte di persone con disabilità riguarda il lavoro di “mediazione”. Con
questo si intende sia l’intervento di figure professionali, provenienti dal versante
sociale e sanitario, che facilitino il rapporto tra partecipante con disabilità ed
istruttore, sia il lavoro di “preparazione” della persona, realizzato in ambito
sociale e sanitario, di alcuni “pre-requisiti” a livello relazionale.
Io individuo sicuramente nel termine integrazione, innanzitutto
l’accessibilità: sia in termini classici, legata ai luoghi, ma anche
un’accessibilità alle informazioni, alle opportunità di incontro. E
dall’altra parte vuol dire anche avere un ambiente attento e formato,
alla diversificazione dell’approccio, o comunque dell’offerta di quei
servizi che offre. Questo è un elemento di una criticità infinita. È per
questo che dove abbiamo identificato a volte, sempre in riferimento
ai ragazzi che seguivamo, abbiamo sempre pensato ad una figura di
mediazione: l’educatore. Proprio per cercare di sciogliere il nodo. Non si
può pretendere che ogni, faccio un esempio, istruttore di una disciplina
sportiva di una x società abbia una formazione sull’Autismo, piuttosto
che in un altro ambito. Cito l’Autismo perché magari è quello un po’
più eclatante. Però il fatto di poter, innanzitutto preparare i ragazzi
in modo che possano avere i pre-requisiti più facilitanti all’incontro e
dall’altra parte poter comunque garantire l’affiancamento all’esperto,
che comunque riamane il garante della propria competenza, rimane il
garante delle regole dell’ambiente, e quindi tutto questo avviene in una
dimensione di rispetto delle regole sociali, e l’educatore è un mediatore. E
interviene solo nella dimensione, magari, di una difficoltà comunicativa,
nella dimensione di un episodio critico che può capitare a un ragazzo,
un comportamento problematico, una dimensione di disagio che si
può manifestare. Questo senza, secondo me, andare incontro a dover
limitare lo svolgimento di un’attività ordinaria. Questo secondo me è
un atteggiamento di grande rispetto. Nel senso che deve essere chiaro
che integrazione vuol dire non snaturare quelle che sono le tipicità
dei contesti sportivi, piuttosto che culturali, ma favorire un incontro
che sia un incontro facilitato e facilitante, ma di soddisfazione. Perché
non diventa qualcosa di speciale, ma è un’esperienza che si realizza
42
in termini di benessere, di piacevolezza e di soddisfazione personale.
In una dimensione di rispetto delle regole sociali, senza stravolgere
nessun tipo di natura. Perché le cose, poi, un po’ troppo… Quando
diventano troppo speciali, poi perdono anche un po’ significato. (…)
Quindi, anche il fatto di lavorare prima sui pre-requisiti e permettere
un accesso dignitoso all’incontro, e qui ritorno alla domanda su che
cos’è l’integrazione: non è solo spirito caritatevole e sopportazione
dell’accoglienza, ma è sicuramente l’impegno a mettere i ragazzi nelle
condizioni di potersi spendere in una relazione efficace, sia che sia
una relazione all’interno di un contesto di socializzazione, piuttosto
che in un contesto più produttivo, piuttosto che in ambito sportivo. E
dall’altra parte è anche importante sensibilizzare l’ambiente, di modo
che ci sia quell’attenzione a rivolgersi con una modalità comunicativa,
piuttosto che con un’altra, che facilita. L’accessibilità, a cui accennavo
prima, alle informazioni o ai contesti e alle esperienze. [Ines]
In sostanza per gli operatori dell’area socio-sanitaria la risposta ai bisogni
delle persone con disabilità nella pratica sportiva riguarda l’organizzazione e la
preparazione del contesto e delle persone.
Contesti adeguati, coinvolgimento di volontari, equilibrio
gratificazione-frustrazione nei risultati, sostegno alla motivazione,
continuità, organizzazione e gestione di eventi sportivi dignitosi e ben
curati, personale specializzato, flessibilità e gradualità delle proposte.
[Fabio]
“La preparazione psicologica”
Anche le testimonianze dalle realtà del Terzo Settore sottolineano
l’importanza dell’organizzazione e della preparazione.
Necessitano di un aiuto sia tecnico sia educativo per conoscere e
rispettare le regole, imparare ad usare i propri talenti in funzione del
Gruppo. Ciò che gli serve è anche poter disporre del tempo necessario
per fare sport. [Bianca]
Anche in questo caso si fa riferimento ad un lavoro preparatorio basato
innanzitutto sul considerare a priori le possibilità di pratica sportiva in relazione
alla disabilità della persona. In secondo luogo si parla di preparazione della
persona con disabilità, in questo caso lavorando sulla motivazione.
Quello che si può dire è questo: che è necessaria, talvolta, un’opera di
intelligente convincimento della persona a praticare lo sport. Non è
che il ragazzo disabile nasce già con l’idea, con la voglia, di fare sport.
A volte subentra una certa pigrizia. Ma altre volte nasce un dubbio. Il
dubbio è quello di non essere all’altezza, di non essere capace di fare
sport. Ecco perché ci vuole un intelligente lavoro di preparazione. Non
43
atletica, intendiamoci bene, ma proprio di preparazione psicologica. Poi
cosa succede anche? La preparazione psicologica potrebbe anche essere,
come dire, l’esempio che si vede. Anche se non lo si pratica al momento,
l’esempio che si vede è un bel volano! Perché l’esempio che si vede, se
tu vai al torneo dove ragazzi disabili giocano, tranquillamente e magari
anche bene, a basket, in questo caso parliamo del basket, può essere
anche una spinta. Proprio perché tu vedi giocare, non solo giocare,
correre o camminare, a seconda ovviamente delle capacità, ma vedi
proprio il gusto, per non dire la gioia, nell’affrontare questa esperienza.
E quindi a quel punto è chiaro che può essere una bella spinta. Non
le nascondo che io, quando incontro qualche ragazzo, che ovviamente
abbia una disabilità motoria o comunque una disabilità mentale lieve,
gli dico: “Ti piace giocare a basket? … Perché c’è una squadra …”. E mi
dice: “Eh, ci faccio un pensiero …”. Non ti dicono di sì subito, è chiaro,
è difficile che dicano subito di sì, però, qualcuno lo sto lavorando, e uno
sta quasi cedendo! E credo che anche individualmente abbiamo questo
compito. [Francesco]
Un altro pre-requisito che ritengono renda completa la risposta ai bisogni
delle persone disabili nella pratica sportiva, riguarda l’atteggiamento, la
disponibilità e la professionalità delle diverse figure coinvolte.
Nel gioco del calcetto si prevede la partecipazione di normodotati che
non hanno disabilità e soprattutto hanno l’amore di giocare assieme
a questi ragazzi. Perché la sensibilità del disabile è molto oltre alla
nostra sensibilità. Quindi se hanno di fronte o assieme una persona
che li apprezza e che li ama, loro lo percepiscono e danno il proprio
impegno. Se hanno qualcuno che è lì soltanto perché qualcuno gli ha
detto di essere lì, si nota la differenza. È importante dare a loro l’amore
che loro danno a noi. [Daniele]
Infine, in relazione alla difficoltà connessa agli orari, emersa soprattutto a
livello di servizi strutture, emerge anche una richiesta diretta di intervento alle
realtà che promuovono attività sportive.
Trovare palestre, luoghi ove fare allenamenti in orari “praticabili”.
Trovare con l’aiuto del Comitato Paralimpico gli allenatori necessari.
[Bianca]
“Adattare la normale attività”
Anche le interviste alle realtà di promozione sportiva emerge l’importanza
dell’atteggiamento di apertura e accoglienza da parte di istruttori e
organizzatori.
Bisogna adattare la normale attività sportiva in base al contesto. [Luca]
44
Si parla quindi di “adattamento”, partendo, proprio come emerso anche
dalle testimonianze degli altri gruppi, dalle capacità e dai bisogni della persona
disabile, “senza anteporli a quelli della società”.
Necessitano anche di strutture da parte delle società sportive che
devono lasciar perdere i risultati, l’aspetto agonistico e farli giocare,
all’inizio vanno solo coinvolti, la selezione poi verrà da sé. [Alex]
Elemento centrale della risposta agli specifici bisogni delle persone risulta
essere, anche in queste testimonianze, l’organizzazione delle attività.
Le persone disabili hanno bisogno di un’organizzazione che per il
momento è delegata a volontari, famiglie. Ci vorrebbe qualcosa di già
pronto. Le società sportive devono tener presente questo problema e
saper che è un loro compito preciso affrontarlo. [Giorgio]
In particolare emerge il suggerimento di lavorare in sinergia con realtà che
abbiano già maturato esperienze simili ed anche quello di aprire l’attività anche
a tirocinanti del corso di laurea in scienze motorie.
Approntare un piano di progressione tecnica, poter disporre di
sostegno economico per non dover solo guardare “alla quota sociale
di iscrizione” ma, più di tutto, imparare ad ascoltare chi si impegna da
anni nel settore accogliendone richieste e proposte. [Marco]
Professionalità di chi è a contatto con questi ragazzi. Occorrono inoltre supporti
da parte, ad esempio, di studenti universitari - vedi scienze motorie - che potrebbero
fare i loro tirocini con le società sportive. Le società sportive per rispondere a questi
bisogni dovrebbero avvalersi del supporto di questi studenti. [Stefano]
Accanto alla cura degli aspetti organizzativi, proprio come in precedenza,
figura anche il lavoro sull’atteggiamento e sulla professionalità delle figure
coinvolte.
I disabili hanno bisogno di aiuto, entusiasmo e pazienza da parte di chi
se ne occupa che deve essere in grado di coinvolgerli. [Alex]
Si aggiunge inoltre, anche in questo caso, l’attenzione alla preparazione
della persona con disabilità che si avvicina alla pratica sportiva, lavorando
sull’informazione.
Accessibilità alle strutture, tecnici preparati nello specifico, informazioni
sulla possibilità di praticare e sulla possibilità reale di riuscire nella
pratica agonistica. [Marco]
45
1.6.Conclusioni:
i punti di incontro evidenziati
Le storie e gli spunti di riflessione raccontati da questi operatori provenienti
da diverse realtà hanno messo in luce differenze e punti di incontro.
Le esperienze maturate, gli aspetti positivi messi in luce, l’ottica con cui si
guarda alle difficoltà e le modalità auspicate per rispondere in modo puntuale
ai bisogni delle persone con disabilità che si avvicinano alla pratica sportiva,
differiscono da un racconto all’altro, soprattutto a seconda dell’area all’interno
della quale opera la persona intervistata.
Guardando con occhio più attento, si nota però che il racconto di questi
stessi aspetti porta alla luce temi, e spesso anche parole, ricorrenti, che infondo
sono gli stessi per tutte e tre le tipologie di realtà considerate: cambiano solo le
angolazioni da cui le si guarda.
Ad esempio emblematica è la problematica della difficoltà nel conciliare
gli orari. Ognuno cerca la disponibilità ad un compromesso da parte dell’altro
ed emergono tre modi diversi di descrivere il problema. Ma infondo, visto
dall’occhio del lettore, in una visione d’insieme, il problema non risulta forse
essere unico?
Ancora, fondamentalmente per tutti integrazione significa la stessa cosa,
anche se è espressa con parole diverse. Tutti concordano inoltre sul fatto che lo
sport possa avere un ruolo importante in questo processo.
Ed infine, non è forse una buona base per un maggior avvicinamento e
dialogo il considerare e concordare che per promuovere e supportare la pratica
sportiva sia importante la preparazione di professionisti, volontari e atleti con
disabilità?
“Ce ne è ancora tanta di acqua che deve passare”, ma l’individuazione di questi
punti di incontro può rappresentare un piccolo passo in avanti.
46
L’impegno delle società sportive piacentine
A cura Evelyn Uhunmwangho e Luciano Fuochi*i3∗
Alla caleidoscopica e, si auspica suggestiva, chiave di lettura proposta nella
sezione precedente, segue la presentazione di obiettivi, metodi e risultati di
quella che può essere considerata la base dell’intero progetto di ricerca: l’analisi
quantitativa della situazione locale.
2.1. Obiettivi, metodlogia e strumenti
Scopo di questo secondo filone dell’indagine era infatti quello di descrivere
in modo dettagliato quali fossero le attuali possibilità di praticare sport per
persone disabili, nel territorio piacentino. È stata quindi censita l’attuale offerta
promossa dalle società sportive.
In particolare si intendeva identificare sia le società che già svolgono attività
sportive con persone disabili, sia quelle che ancora non lo fanno, ma sarebbero
disponibili ad iniziare tali attività in un prossimo futuro.
Partendo dalla banca dati in possesso del Servizio Sport comunale, sono
state individuate 155 società sportive locali, che rappresentano la totalità delle
società registrate, operanti nel territorio piacentino.
Il primo contatto, a cura di operatori del Servizio sopra citato, è avvenuto
tramite e-mail. A ciascuna veniva proposto di partecipare all’indagine, mediante
la compilazione e la successiva restituzione di un questionario.
Dato però lo scarso tasso di risposta inizialmente riscontrato (10%), si è
deciso di procedere ad una scrematura dell’elenco, alla ricerca delle società già
conosciute dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico). Questa iniziale ricognizione,
realizzata appunto con l’aiuto di esperti locali del tema, era volta a selezionare
le società che potevano con più probabilità risultare attive nella promozione
della pratica sportiva da parte di persone disabili o alle quali veniva riconosciuta
una predisposizione in tal senso.
In questo modo il numero complessivo delle società da contattare si è ridotto
a 38. Queste sono state sentite sia telefonicamente che tramite e-mail, nel
periodo compreso tra ottobre 2011 e gennaio 2012.
Il questionario proposto a ciascuna società è stato costruito ad hoc da
operatori del Servizio Sport, con la collaborazione dell’équipe di ricerca. Era
composto in prevalenza da domande chiuse, a risposta multipla.
I temi approfonditi sono stati i seguenti. Innanzitutto si chiedeva se era
prevista o meno la possibilità di realizzare inserimenti di persone con disabilità.
In caso negativo si lasciava la facoltà di indicare se si era desiderosi o intenzionati
a farlo e, in tal caso, si dava l’opportunità di specificare quali difficoltà si riteneva
* Operatore del Servizio Sport del Comune di Piacenza
47
* di dover fronteggiare.
Alle realtà che invece dichiaravano di prevedere attività rivolte a persone
disabili, si chiedeva di descrivere di quali attività sportive si trattava, proponendo
un elenco predefinito di possibili risposte. In seguito la richiesta era di specificare
alcune caratteristiche relative alle persone coinvolte: la tipologia di disabilità, il
sesso e se si trattava di adulti o minori. Si dava infine la possibilità di aggiungere
ulteriori informazioni o opinioni.
2.2. Analisi dei risultati
Questa lettura dei dati rilevati, così come è avvenuto nel presentare le storie
e i pareri dei testimoni privilegiati, viene proposta con l’intento di stimolare
la riflessione del lettore, più che dare risposte. L’auspicio è che anche questa
mappatura possa fungere da spunto per idee e progetti futuri.
Un primo dato emerso riguarda, nel complesso, le possibilità di praticare
sport presenti sul territorio piacentino. Delle 38 società sportive individuate e
contattate, la maggior parte (24) risulta attiva, o intenzionata a diventarlo, nel
promuovere la partecipazione di persone disabili.
Non sono emerse, in genere, motivazioni specifiche dai questionari compilati
dalle società sportive che non promuovono inserimenti di persone con una
disabilità.
I referenti per 4 società tra quelle contattate hanno invece espresso “interesse”
e “disponibilità” al riguardo ed alcuni hanno specificato di aver già proposto ad
alcuni istruttori una formazione specifica.
Sono risultate essere 20 le società sportive attualmente attive in tal senso,
che arrivano a coinvolgere un numero elevato di persone: ben 150. Se a queste
si aggiungono quelle che, come è emerso dai racconti, svolgono attività sportive
organizzate in autonomia da realtà del versante sociale (come si può vedere
ad esempio nei racconti di Fabio e di Claudia) il numero complessivo aumenta
decisamente.
Gli sport proposti sono estremamente variegati. Si tratta di un lungo elenco
in cui si ritrovano anche le attività spesso evocate nei racconti di operatori,
volontari e istruttori (bocce, basket, nuoto, arti marziali, atletica leggera…).
La maggior parte di queste società (17) propone attività sportive a carattere
continuativo, non circoscritto alla partecipazione a specifici eventi, arrivando
a coinvolgere 118 persone in totale. Tra queste la maggioranza (77) pratica
attività sportive a carattere amatoriale (56 persone suddivise tra 7 diverse società
sportive), seguono poi coloro che svolgono attività ludico sportive (41 persone
suddivise in 4 distinte realtà sportive) ed infine le persone che praticano attività
di tipo agonistico (21 persone suddivise tra 6 diverse società sportive).
Una parte delle società (3) si occupa invece in maniera pressoché esclusiva
48
Società/Associazione
Attività Sportiva
Tipo
disabilità
Persone coinvolte x fasce età
< 18 M
< 18 F > 18 M
NOTE
> 18 F
ATTIVITA' SPORTIVE AMATORIALI E AGONISTICHE
A.S.D. Compagnia
Arcieri Aurora Libertas
C.S.I. Centro Sportivo
Italiano
Tiro con l'arco
Fisica
Bocce, Basket integrato,
atletica leggera
Polisportiva Primogenita Baskin
A.P.D.
Edilcoop QT8 Ginnastica Ginnastica Artistica
A.S.D. Centro Arti
Marziali Sakura
Arti marziali
Acquarello A.S.D.
Nuoto e ginnastica
15
Psichica
3
Sensoriale
1
10
10
Piacenza Triathlon Vivo Triathlon
A.S.D. Atletica Piacenza Atletica leggera
Sensoriale
Fisica
Tiro a Segno Nazionale Sez. di Piacenza
Centro Sub Piacenza
A.S.D. Quelli Dell'Elio
Piacenza
A.S.D. Gruppo Sportivo
non Vedenti
3
Psichica
Fisica
Italiana Cultura e Sport
Associazione Culturale
Tersicore
Attività agonistica
Attività agonistica
2
Attività agonistica
Psichica
Fisica
Attività Subacquea
Attività Subacquea
Fisica
Fisica
1
4
Torball e Showdown
Sensoriale
8
Ciclismo
Sensoriale
2
2
Sensoriale
ATTIVITA' LUDICO SPORTIVE
Pattinaggio e calcio
Nuoto, atletica leggera
Volley
Psichica
Mista
Sensoriale
4
10
2
5
Danza
Pattinaggio
e calcio
Nuoto, atletica leggera
Psichica
Psichica
Mista
4
10
10
2
5
Danza
Psichica
Fasce Età
> 18 F
10
10
Gruppo sportivo
10
Disagio Sociale
Centrisportivo
estivi
Gruppo
Danza
Disagio
Sociale
Centri estivi
> 18 F
< 18 M < 18 F > 18 M
TOTALI
14
17
10
EVENTI SPORTIVI TEMPORANEI
> 18 F
< 18 M
14
Fasce Età
Ass. di Volontariato
Andrea e Corsari della
Maratona
A.S.D.
Events
Ass.
diPlacentia
Volontariato
Hand Bike
Atletica
leggera
Andrea e Corsari della
A.S.D. Eventi
Maratona
A.S.D. Placentia Events
Hand Bike
Hand Bike
Hand Bike
Fasce Età
Fisica
TOTALI
< 18 M
< 18 F > 18 M
15
32
> 18 F
Fasce Età
< 18 M
< 18 F > 18 M
32
> 18 F
A.S.D. Eventi
Atletica leggera
Attività Agonistica
10 F > 18 M
< 18
17
10
TOTALI
Svolge anche attività
riabilitativa
coninvolgendo altre
40 persone circa
ogni anno
Attività agonistica
1
1
Tiro a segno
Volley
5
1
Fasce Età < 18 M < 18 F > 18 M
ATTIVITA' LUDICO SPORTIVE
TOTALI
8
4
55
Ente Nazionale Sordi
Sez. Prov. PC
A.S.D. Tutti in Campo
A.I.C.S.
Associazione
Ente
Nazionale
Sordi
Italiana
Cultura
Sez.
Prov.
PC e Sport
Associazione
A.S.D.
Tutti in Culturale
Campo
Tersicore
A.I.C.S.
Associazione
5
1
Psichica
Società Canottieri
Nuoto
Vittorino Da Feltre A.S.D.
Attività agonistica
2
Danza
2
Placentia Marathon
15
2
Placentia Marathon
Marathon
Placentia
Fisica
15
Granfondo Colnago
Fisica
15
Mista
EVENTI SPORTIVI TEMPORANEI
Fisica
Mista
49
TOTALI
Placentia Marathon
Granfondo Colnago
dell’organizzazione di manifestazioni sportive, quindi di eventi a carattere
temporaneo, arrivando a coinvolgere 32 persone in totale.
Chi sono queste 150 persone? L’analisi quantitativa realizzata permette di
tracciarne un profilo rispetto ad età, sesso e tipologia di disabilità.
Una costante che emerge osservando tabelle e grafici (si veda la successiva
sezione di approfondimento) riguarda il sesso: le donne risultano in netta
minoranza. In particolare questa tendenza emerge in maniera maggiore
rispetto alla partecipazione ad eventi sportivi temporanei (0%) e nelle attività
agonistiche (5%). Migliore, in questo senso, risulta la tendenza considerando
le attività ludico sportive (41%) e, in maniera meno netta, quelle a carattere
amatoriale (23%). Forse i propositi futuri emersi dai racconti di alcuni testimoni
privilegiati, relativi all’idea di organizzare squadre al femminile, potranno un
giorno modificare queste proporzioni.
Infine un ulteriore aspetto interessante, in rapporto a tematiche sollevate
nelle interviste, emerge incrociando il dato relativo alle attività a carattere
agonistico, con quello inerente la tipologia di disabilità. Nessuna persona con
disabilità di tipo psichico svolge attività sportive che rientrino in questa categoria.
Forse anche questi dati testimoniano il sentore, emerso in alcuni racconti,
dell’inconciliabilità o della grande difficoltà nel conciliare “la competizione” e
le disabilità che rientrano in questo ambito? L’attenzione “al Terzo Tempo” può
essere una risposta in questi casi?
Con l’augurio di stimolare ulteriori riflessioni, si rimanda ora alla sezione
successiva, per la lettura in dettaglio dei dati rilevati (tabelle e grafici) e per
visionare l’elenco delle società sportive attive e disponibili nel promuovere la
partecipazione di persone disabili.
Fasce Età
ATTIVITA' SPORTIVE AMATORIALI E AGONISTICHE
Fasce Età
< 18 M
8
14
ATTIVITA' SPORTIVE
AMATORIALI
E AGONISTICHE
ATTIVITA'
LUDICO
SPORTIVE
< 18 F
4
> 18 M
55
< 18 M
< 18 F
8 17 4
ATTIVITA' LUDICO SPORTIVE
EVENTI SPORTIVI TEMPORANEI
14
TOTALI GENERALI
TOTALI GENERALI
22
22
> 18 M
1055
17
3210
32
EVENTI SPORTIVI TEMPORANEI
21
> 18 F
10
> 18 F
10
9797
21
1010
150
TOTALE ASSOLUTO
150
TOTALE ASSOLUTO
60
60
50
50
ATTIVITA' SPORTIVE
AMATORIALI E
AGONISTICHE
ATTIVITA' LUDICO
SPORTIVE
40
30
40
30
20
ATTIVITA' SPORTIVE
EVENTI SPORTIVI
AMATORIALI
E
TEMPORANEI
AGONISTICHE
ATTIVITA' LUDICO
SPORTIVE
20
10
0
Fasce Età
< 18 M
< 18 F
10
0
50
> 18 M
> 18 F
EVENTI SPORTIVI
TEMPORANEI
La rassegna delle principali manifestazioni
realizzate a Piacenza
A cura di Evelyn Uhunmwangho, Tina Felloni*4e Antonella Sala**5∗
La ricostruzione della situazione attuale a livello locale, si completa infine
con una rassegna delle recenti manifestazioni sportive che hanno visto la
partecipazione di persone con disabilità.
La ricognizione e l’approfondimento dei più recenti eventi sportivi a carattere
temporaneo che hanno coinvolto persone con disabilità, è stata condotta da
operatori del Servizio Sport, membri dell’équipe di ricerca, ed ha riguardato
manifestazioni realizzate a Piacenza e in Provincia, tra il 2010 ed il 2011.
La ricostruzione approfondita delle modalità in cui si sono svolti gli eventi,
evidenziandone obiettivi, portata e caratteristiche dei partecipanti, è avvenuta
in prevalenza mediante l’analisi di materiale d’archivio comunale e della stampa
locale, sia cartacea che on-line sia. Le informazioni così reperite sono in alcuni
casi integrate con approfondimenti richiesti direttamente agli organizzatori.
Le manifestazioni che verranno presentate qui di seguito hanno interessato
atleti con disabilità che praticano diverse discipline sportive: bocce, calcio,
basket e ciclismo.
La lettura delle schede di approfondimento di ciascun evento mette in
evidenza, con parole e punti di vista differenti, i temi emersi nei racconti
scaturiti dalle interviste, presentati nella prima sezione. Emerge infatti come
la partecipazione a iniziative di questo tipo, rappresenti un importante stimolo
all’integrazione ed alla promozione della socializzazione.
Di particolare interesse, proprio su questo tema, è il punto di vista di alcuni
dei partecipanti, che si può ritrovare nella scheda relativa ad una manifestazione
calcistica. Per i ragazzi con disabilità che vi hanno preso parte, si è trattato di
un’esperienza “emozionante” e di grande “soddisfazione”, sia per i risultati
conseguiti, sia per il fatto di aver avuto modo di fare amicizia con ragazzi di altre
città e di altre regioni. Uno degli aspetti che piace di più, nelle manifestazioni,
risultano essere “le trasferte”: oltre a rappresentare un’occasione di fare nuove
conoscenze, queste sono particolarmente gradite in quanto danno l’opportunità
di promuovere la propria autonomia “prendendo da solo l’autobus per andare a
Cremona” e possono “insegnare anche a perdere”.
* Operatrice del Servizio Sport del Comune di Piacenza
** Collaboratrice Comitato Italiano Paralimpico – CIP – sezione di Piacenza
51
Schede analitiche delle manifestazioni
Granfondo Colnago
4 settembre 2011
Il 4 settembre si è svolta a Piacenza e lungo le strade che attraversano
numerosi Comuni della Provincia la settima edizione della “Granfondo Colnago”,
manifestazione ciclistica internazionale di ciclofondo amatoriale.
La Granfondo Colnago è stata ideata non solo per essere un appuntamento
sportivo di rilievo internazionale, ma un evento che arriva dritto al cuore della
città e di tutto il territorio provinciale e regionale, con un’indiscutibile valenza
anche in termini di immagine e di promozione turistica, arricchita da una serie
di iniziative collaterali.
Tre gare in una: non solo per la lunghezza dei percorsi, ma anche perché tre
saranno i modi di interpretare la manifestazione: una di 150 km (Granfondo)
per coloro che andranno al massimo per la classifica, un’altra di 125 km
(Mediofondo) per coloro che invece preferiscono godersi la giornata di sport
che la Provincia di Piacenza ha riservato per questo giorno, e una terza di 70 km
(cicloturistica) per coloro che non vorranno perdersi la possibilità di partecipare
all’evento pedalando sul percorso cicloturistico.
Per il terzo anno Granfondo Colnago in collaborazione con il Comitato
Italiano Paralimpico e l’AIDO permette ai vari atleti disabili di confrontarsi sul
Percorso Cicloturistico di 70 Km.
52
All’interno della Granfondo Colnago, infatti, ha avuto spazio un’importante
iniziativa che ha coinvolto circa una trentina di persone, tra atleti disabili e
trapiantati, impegnati sul percorso cicloturistico.
Questa manifestazione oltre a contribuire alla crescita e allo sviluppo della
città di Piacenza e Provincia, vuole promuovere lo sport come strumento di
socializzazione, di conoscenza di storie e di confronto tra generazioni diverse in
un contesto ampiamente interculturale.
53
Piacenza Paracycling Cup
27-28-29 maggio 2011
Torna in Valtidone, per il terzo anno consecutivo, la gara internazionale di
paraciclismo “Piacenza paracycling Cup”, in calendario nel week-end dal 27 al
29 maggio. Duecento atleti in gara, 16 nazioni rappresentate: Italia, Finlandia,
Germania, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Francia, Polonia, Olanda, Albania,
Australia, Spagna, Svizzera, Austria, Slovacchia, Venezuela e Serbia (che
rappresenta la novità del 2011 tra le nazioni presenti). Numeri importanti per
una manifestazione che si conferma in crescita.
Si tratta di un evento di respiro internazionale che vanta i migliori atleti in
assoluto di paraciclismo. Campioni nello sport ma soprattutto campioni nella
vita, emblema di coraggio e forza d’animo.
Organizzatore della manifestazione il Pedale castellano insieme al Velosport
borgonovese. Oltre alla Provincia di Piacenza, ai tre Comuni coinvolti (Borgonovo,
Castel San Giovanni, Sarmato) e al Museo di Novi Ligure, hanno dato il proprio
patrocinio: la Regione Emilia Romagna, la Fondazione di Piacenza e Vigevano, la
Camera di Commercio, l’Unicef di Piacenza e la Confcommercio.
La Piacenza Paracycling e’ arrivata nel nostro territorio per la prima volta nel
luglio del 2009, ospitata dal capoluogo piacentino con il circuito cittadino del
Pubblico Passeggio e con la cronometro di Cortemaggiore. Nel maggio 2010,
invece, era stata la volta di Castel San Giovanni e nuovamente la città di Piacenza
con la prova contro il tempo con partenza e arrivo al Campus Daturi.
Tra gli eventi collaterali, il comitato organizzatore (composto dal Pedale
Castellano e dal Velo Sport Borgonovese), in collaborazione con il comune di
Sarmato, le scuole del territorio, la Calciobalilla Sport, Varese Calciobalilla e
Omnia Eventi, organizzano “Sfida il campione”, un’esibizione dell’iridato di
calciobalilla disabili.
Un momento di confronto tra atleti di altissimo livello da tutto il mondo, in
vista proprio delle paralimpiadi londinesi, che centra vari obiettivi: la promozione,
la motivazione degli atleti che hanno perso stimoli, l’integrazione. La caparbietà
e il coraggio degli atleti ed evidenzia come il valore sociale di un territorio sia
elemento essenziale del turismo sociale, che marca la differenza con le visite
mordi e fuggi, che usano la meta turistica senza apprezzarne tutti gli aspetti.
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Bocce…speciali 2011-2012
Torneo degli auguri
17 dicembre 2011
Il 17 dicembre si è svolta la prima prova del “Campionato Provinciale bocce….
speciali” a coppie riservata ad atleti/e diversamente abili presso il bocciodromo
“E. Mazzocchi”, organizzata in collaborazione con Federazione Italiana Bocce,
Centro Sportivo Italiano e Comitato Italiano Paralimpico.
L’A.S.P. Associazioni Servizi Piacenza si aggiudica i primi due posti del
Torneo degli auguri, prima prova del “Campionato Provinciale bocce…speciali”
portando in finale ben due coppie, Francesco Cerri e Vittorio Subacchi , risultati
poi vincitori, e Cristina Bongiovanni e Michele Bersani che hanno conquistato
il secondo posto.
Il gioco delle bocce offre una importante risorsa umana e sportiva. È uno
sport realmente «per tutti» che, sia a livello agonistico che amatoriale, non pone
limiti di età, né richiede particolari competenze atletiche. E’ molto praticato da
persone disabili, sia mentali che fisiche.
Come si può vedere anche da questa esperienza, un gioco antico quanto
l’uomo riesce ad offrire divertimento a tutti. Si tratta di opportunità che aiutano
a “sentirsi vivi” e rinsaldano (se non esaltano) la dignità di uomini e la fiducia in
sé stessi. Spesso si raggiungono risultati superiori ad ogni immaginazione: sono
i miracoli che lo sport sa regalare.
Il «gioco» delle bocce è uno sport a tutti gli effetti, riconosciuto dal CONI,
con una sua Federazione molto forte che raggiunge tutti gli angoli della terra.
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Campionati Italiani CIP di bocce
17-18-19 settembre 2010
Dal 17 al 19 settembre 2010, 9 squadre e 48 atleti si sono affrontati per la
conquista del Campionato italiano CIP di bocce riservato ad atleti con disabilità
fisica. L’evento, sponsorizzato dal CIP e organizzato con il patrocinio del
Comune di Piacenza e la collaborazione della Federazione Italiana Bocce (F.I.B.),
si è tenuto a Piacenza nei tre impianti bocciofili di Farnesiana, Montecucco e Old
Facsal concessi in uso gratuito dal Comune.
Le squadre giungevano da Sicilia, Puglia, Lazio, Toscana, Sardegna e
Piemonte. La squadra piemontese in realtà aveva gareggiato sotto i colori del
C.S.I. Piacenza. Gli atleti torinesi provenivano dal progetto “Nessuno è bocciato
- il gioco delle bocce per tutti”.
Il progetto, ambizioso nella sua semplicità, si articola in varie fasi: in un
primo step sono previste cinque giornate propedeutiche di “avvicinamento alle
bocce” cui seguirà una seconda fase nella quale si tenterà di creare un sodalizio
sportivo. L’obiettivo del progetto è allargare la pratica di questo sport alle
persone disabili e alle nuove generazioni. Lo sport, dalla sua pratica quotidiana
ai suoi valori più alti, dev’essere uno strumento di aggregazione, socialità e
abbattimento di barriere fisiche e mentali. Su un diverso piano, l’aspetto più
sportivo-agonistico che consiste nell’acquisire una competenza ed un quid
tecnico discreto per praticare quest’attività sportiva sempre più attraente.
Il messaggio “nessuno è bocciato” è molto efficace: le bocce sono adatte
a tutte le disabilità, anche quelle più gravi. Questi progetti sono molto
importanti in quanto non è scontato essere accolti nei circoli, le carrozzine a
volte intimidiscono.
Reduce dai grandi consensi ottenuti ai giochi paralimpici di Pechino, voluto
fortemente dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico), “la boccia” (questa è
la definizione a livello paralimpico) porta con sé un messaggio dalla grande
valenza: il gioco delle bocce si adatta a tutte quelle persone con disabilità
impossibilitate alla pratica di altri sport.
Tiziana Nasi, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico Piemontese,
dichiara ”… Vedere giocare persone con disabilità gravissime, aiutate da ausili
molto particolari e dai loro allenatori mi ha impressionato molto favorevolmente
e spronata. E’ questo che lo sport deve fare: rendere le persone degli sportivi,
termine da intendersi non tanto come campioni che competono ad alto livello,
ma piuttosto come semplici appassionati che in quella disciplina vedono un
modo per stare meglio con se stessi e con gli altri.”
Ai Campionati di Piacenza si pratica la specialità della “raffa”, la più diffusa
tra i disabili. Le partite si svolgono su un terreno molto liscio e le bocce sono
un po’ più grandi di quelle utilizzate di solito, ma molto più leggere (circa 80
grammi). La boccia è arrivata a Piacenza non solo con lo scopo di vedere all’opera
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campioni di alto livello, ma, spiega Valentina Pico (esperta di sport e disabilità)
“anche per far incontrare sportivi e appassionati che vedono in questa disciplina
un modo per stare meglio con se stessi e con gli altri”.
Una manifestazione di questo tipo dimostra come lo sport può essere di tutti
e anche un modo per stare insieme. Un momento di felicità e di aggregazione,
specialmente se coloro che vi partecipano condividono gravi impedimenti fisici.
Prima iniziativa a Piacenza e ultima organizzata dal Cip. Dal 2011
l’organizzazione è gestita dalla Federazione italiana bocce.
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Viva lo sport!
Diamo un calcio ai pregiudizi
15 ottobre 2011
L’iniziativa, organizzata dall’ASP Città di Piacenza, dal Comune di Piacenza,
dal CIP (Comitato Italiano Paralimpico), dal CONI di Piacenza e dal CSI (Centro
Sportivo Italiano) di Piacenza, è incentrata su un triangolare di calcetto che vede
protagonisti ragazzi con disabilità intellettiva atleti delle squadre: Pepo Team
di Cremona, Virus Bagnolo di Reggio Emilia e A.C.D. down “Arcobaleno” di
Monza.
L’esperienza con la squadra del Pepo Team ha inizio, per i ragazzi di Piacenza,
nell’autunno del 2008 e sta tuttora proseguendo. La prima grande esperienza
è la partecipazione all’European Pepo Club 8 Nation League for Special Teams,
organizzato nel maggio 2009 nella splendida cornice di Piazza Duomo a
Cremona. Nel luglio 2010, ancor più gratificante ed emozionante è la trasferta
di 8 giorni in Svezia, per partecipare ad una competizione europea.
Il Pepo Team partecipa al Campionato Interprovinciale che prevede partite
in casa e fuori casa e nel periodo ottobre 2010-maggio 2011 prende parte a più
tornei a livello locale e nazionale.
Nel 2011 il Pepo Team si aggiudica il campionato interprovinciale che lo
qualifica per i campionati nazionali CSI a Lignano Sabbiadoro dal 23 al 26 giugni
2011. Torna vittorioso da questa competizione dopo essersi confrontato con
squadre siciliane, sarde, lombarde ed emiliane. Il risultato, degno di nota, è uno
scudetto.
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Lo sport come occasione
d’integrazione anche per le
persone con disabilità. Nasce
da una sfida vinta da Emanuele
Vigevani e Massimiliano Valla,
due ragazzi disabili accolti
presso gli Ospizi Civili cittadini,
la manifestazione “Viva lo
sport”. Queste due persone
fanno parte del Pepo Team una
compagine di Cremona che
ha vinto il campionato CSI di
calcetto per disabili.
Alla base di tutto ciò c’è la
convinzione che l’investimento nello sport abbia riflessi non solo nel settore
agonistico ma anche in ambito sociale. Il calcetto diventa così un modo per
arricchire la vita dei ragazzi e dimostra come la città, ha aggiunto Leonardo
Mazzoli presidente dell’ASP, riesca a creare cose che vanno fuori dall’ordinario.
Per Piergiorgio Visentin, presidente provinciale del CSI, l’iniziativa diffonde
il concetto di sport come attività del tempo libero e non solo come elemento di
terapia.
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I pensieri dei partecipanti:
“L’esperienza di giocare nella nostra città, per coinvolgere le persone
che ci sono venute a vedere, ragazzi da altre città come Monza e ReggioEmilia. Siamo stati rappresentanti del Pepo Team, ci siamo potuti far
vedere da un campione come De Vitis. Abbiamo ottenuto degli ottimi
risultati, sia in Italia che all’estero e quindi per noi è stata una grande
soddisfazione, come quella di ricevere una targa dall’assessore Paolo
Dosi.
Eravamo felici ed emozionati perché non ci aspettavamo il premio,
quando è passata l’emozione abbiamo giocato superando l’agitazione.
Questo momento ci è servito come stimolo per andare avanti nel nostro
percorso con la squadra del pepo Team, per fare il campionato e i vari
tornei.”.
[Massimiliano ed Emanuele]
“Quando gioco mi diverto, mi sfogo, mi sento libero, sto con ragazzi
della mia età, ci alleniamo insieme. Mi sono piaciute soprattutto le
trasferte, voglio andare avanti per migliorare il gioco. Ci siamo anche
presi la responsabilità di andare a Cremona da soli con l’autobus e
aspettare l’arrivo della squadra” [Emanuele]
“Mi piace fare sport, si impara a perdere anche se abbiamo giocato
bene” [Massimiliano]
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Trofeo del Grande Fiume
17 aprile 2011
Motori storici, suggestivi paesaggi padani e solidarietà sono gli ingredienti
del quarto “Trofeo del Grande Fiume”, gara di auto d’epoca organizzata dal
C.P.A.E. (Club piacentino automotoveicoli d’epoca) e patrocinata da Comune
di Piacenza, Provincia di Piacenza, Comune di Caorso, Comune di Busseto,
Comune di Cremona, Strada del Po e dei sapori della Bassa Piacentina, Camera
di Commercio di Piacenza, ACI Piacenza, ASI (Associazione nazionale di auto
d’epoca).
Tale evento, che ha visto la partecipazione di 70-80 equipaggi, parte dal
centro storico di Piacenza e attraversa tutti i Comuni della Bassa Piacentina e
delle aree Verdiane, permettendo così di conoscere e promuovere questi territori
da un punto di vista turistico, culturale, enogastronomico e commerciale.
In occasione della manifestazione sono altresì invitati a partecipare, in
qualità di navigatori, gli atleti del “Regia Basket”, squadra di pallacanestro su
sedia a rotelle dell’Ospedale “G.Verdi” di Villanova sull’Arda.
L’Attività sportiva del basket in carrozzina a Villanova D’Arda è nata come
momento di terapia riabilitativa, fortemente voluto da alcuni operatori
in associazione con giovani disabili frequentatori del centro di recupero
dell’ospedale di Villanova stesso.
In questi ultimi 15 anni si è trasformato sempre più in uno strumento di
realizzazione, togliendo praticamente tutte le limitazione alla pratica sportiva
per questi atleti che altrimenti avrebbero dovuto interrompere la loro attività
agonistica.
Alle dimissioni alcuni disabili chiesero di poter organizzare e iniziare
allenamenti di Basket in carrozzina, si formò quindi un gruppo misto tra degenti
ed ex, che con il passare del tempo andò sempre più ad ampliarsi, creando un
affiatamento molto importante tra i ragazzi e coinvolgendo anche operatrici
del settore si decise di creare una vera e propria squadra.
Una partita vera, organizzata in una palestra privata tra ex degenti,
rappresentò la spinta necessaria per organizzare ulteriori partite, e creare quel
trampolino di lancio che permette oggi di avere il Regia Basket Villanova.
Queste partite dimostrative, all’inizio servivano a sensibilizzare l’opinione
pubblica che spesso è abituata a considerare la disabilità solo dal punto di
vista limitativo, questa attività proseguì per circa tre anni, poi, l’esigenza di
incontrare altre squadre, misurarsi con altre realtà, lo spirito di competitività
sempre crescente fu la conseguenza logica che fece prendere la decisione di
creare la Polisportiva Ospedale G.Verdi.
Dopo non poche difficoltà dovute a reperire i primi fondi necessari per
l’iscrizione ai campionati federali, e dopo aver trovato l’appoggio di persone
che si dedicassero in modo costante all’attività, nella stagione agonistica 1999/00
cominciò l’avventura professionale.
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Con l’approdo della squadra in serie B nazionale nella stagione 2002/03 la
squadra comincia ad avere una sua fisionomia ben definita, si classifica 8° nel
girone ma butta le basi per poter ben figurare nel futuro, difatti con l’arrivo di
forze nuove e il crescente affiatamento dei “Senatori”, nella stagione 2003/04
vince la Coppa Emilia, e si classifica 2° nel girone di campionato, sfiorando
l’impresa di arrivare ai play off con gli altri due gironi nazionali.
Per la stagione 2011/12 il Regia Basket Villanova partecipa nel campionato di
serie A2 con tutte le carte in regola per essere una delle sicure protagoniste del
campionato che si appresta a cominciare.
Il Trofeo del Grande Fiume, promovendo l’attività di recupero fisioterapico
della struttura ospedaliera, assume altresì una connotazione sociale: lo sport
non è solo medaglie ma soprattutto inclusione sociale e integrazione, nonché
uno straordinario strumento pedagogico: attraverso la pratica sportiva le
persone disabili hanno la possibilità concreta di riappropriarsi della propria vita.
Lo sport oggi deve essere considerato come un qualcosa che va oltre la
semplice prestazione atletica o il raggiungimento di una vittoria. È importante
trasmettere alla società valori di una sportività che non guardi solo al primato,
alla prestazione assoluta, ma che interpreti un nuovo diritto di cittadinanza. Lo
sport sociale o sport per tutti è, in una società evoluta, un bene primario poiché
interessa la salute, la qualità della vita, l’educazione e la socialità.
Oltre alla competizione, ciò che bisogna sottolineare è l’aspetto benefico
della manifestazione: i proventi raccolti saranno devoluti in beneficenza a
sostegno del “Regia Basket”.
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ROTARACT CUP
2° memorial Dott. Angelo Saitta
24-25 settembre 2011
Dal 24 al 25 settembre 2011 a San Nicolò si svolge il “2° memorial Dott.
Angelo Saitta”.
Il dott. Saitta, scomparso nel 2007, è stato per oltre un decennio primario
dell´ Osp. G. Verdi di Villanova ed oltre essere un valentissimo medico è stato il
promotore dell´ attività sportiva nell´ istituto.
L’esperienza del basket in carrozzina nasce nel 1998 presso l’ospedale
di Villanova d’Arda, centro di eccellenza dove vengono curate persone, in
particolare, con disabilità motorie e, tra questi, moltissimi giovani vittime di
incidenti sulla strada.
Inizialmente intrapresa come terapia riabilitativa per i degenti più giovani,
la pratica del basket in carrozzina trova terreno fertile e, nel corso degli
anni, assume presso l’ospedale un sempre maggiore rilievo sia sotto l’aspetto
riabilitativo sia sotto l’aspetto sociale, poiché costituisce per molti il primo cenno
di ritorno ad una pratica sportiva di squadra.
Con l’assunzione di sempre maggiore esperienza ed il reperimento dei
primi aiuti anche economici, venne quindi costituita la “polisportiva ospedale
Giuseppe Verdi di Villanova sull’Arda” che si iscrisse per la prima volta nella
stagione 1999-2000 al campionato nazionale con il nome, che tutt’ora rimane,
di Regia Basket in onore del primo sponsor, la Regia accessori per bagno di
Muggiò (MI).
Nel corso degli anni la squadra ha acquisito sempre maggiore amalgama
e, nel corso della stagione 2010-2011, seppure attraverso un ripescaggio, ha
conquistato la promozione in serie A2, così che si appresta nel prossimo mese
di novembre 2011 ad intraprendere anche questa avventura, seppure con la
consapevolezza che si troverà davanti a formazioni ben più rodate e avvezze
alla categoria di appartenenza. In ogni caso, si tratterà certamente di una
ottima esperienza.
La prima “Rotaract Cup-Memorial A. Saitta” ha il patrocinio del Comune
di Piacenza, Provincia di Piacenza, CONI, CIP (Comitato italiano paralimpico).
L’iniziativa mette insieme squadre di un livello agonistico molto alto.
Alla prima edizione, hanno partecipato 6 formazioni, ed in paricolare Icaro
Basket Camozzi Brescia, Lloyd Italico Genova, Delfini Montecchio Maggiore,
Buster Verona, Handicap Sport Varese (poi vincitrice) oltre al Regia Basket.
All’inizio della manifestazione è stato organizzato un momento di incontro con
le scuole nel corso del quale è stato proiettato un cortometraggio animato sul
tema della disabilità (“Gamba Trista” del regista Filippi di Bologna) e affrontato
con Giovanni Zeni, disabile e capitano del Regia Basket, un confronto sul tema
della disabilità.
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Nell’anno 2011, poi , si è svolta la seconda edizione del torneo, questa volta a
San Nicolò a Trebbia, alla quale hanno preso parte 4 formazioni (Brescia, Varese,
Genova e Villanova), con la stessa articolazione su due giorni e la vittoria finale
della formazione di Genova.
La manifestazione, articolata su 2 giorni (24-25 settembre) ha visto la
partecipazione di un centinaio tra atleti e tecnici. Sono stati coinvolti gli alunni
delle scuole medie di San Nicolò, che hanno quindi conosciuto la pratica dello
sport disabili e si sono appassionati alle vicende del Regia Basket. Una grande
soddisfazione è stata quella di vedere molti di loro tornare a vedere le partite
del Regia Basket anche la domenica, al di fuori dell’orario curricolare. Le scuole
del resto rappresentano uno dei campi di sensibilizzazione favoriti del Comitato
Italiano Paralimpico (CIP).
“Rotaract Cup” mette insieme sport, amicizia e solidarietà.
Le finalità sono di portare il messaggio della disabilità integrata nello
sport alla popolazione, di far conoscere questo sport ai ragazzi delle scuole e
di cercare un sostegno morale ma anche economico a questa società che ha
perenni problemi economici in quanto si tratta di un campionato estremamente
costoso.
Bisogna far capire a quante più persone possibili che anche una persona
disabile può fare attività fisica e praticare sport a qualsiasi livello.
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Lo sport incontra la disabilità - ER Agenzia sanitaria e sociale