Alla chiesa diocesana
alle parrocchie e comunità ecclesiali
In copertina: Apparizione ai discepoli nel cenacolo
Duccio di Boninsegna, Maestà del Duomo di Siena
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,
battezzandoli nel nome del Padre e
del Figlio e dello Spirito Santo,
insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.
Ed ecco, io sono con voi tutti i
giorni fino alla fine del mondo
(Mt 28,19-20)
PREMESSA
Carissimi, mi è gradito continuare con voi la riflessione
sulla “sfida educativa” iniziata con gli Orientamenti Pastorali
che ci sono stati consegnati dai vescovi italiani per il decennio
2010-2020. Educare alla vita buona del vangelo resta l’obiettivo
fondamentale della chiesa italiana che, anno dopo anno, con
sviluppi e approfondimenti, continua a interrogarsi sulla grave
emergenza educativa che caratterizza la nostra società attuale e
sul modo e sui mezzi più adeguati di darvi risposta.
Nel contesto di questo impegno decennale, il tema pastorale
che la CEI, nell’ultima Assemblea Generale tenutasi a Roma dal
19 al 22 maggio scorso, ha messo in agenda per il nuovo anno è
Educazione cristiana e missionarietà alla luce dell’Esortazione
apostolica Evangelii gaudium.
L’episcopato italiano vuole così chiaramente orientare la
riflessione sulla tematica dell’emergenza educativa che esige
il superamento di un deficit interno alla coscienza ecclesiale:
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PREMESSA
Intanto la parola di Dio si diffondeva sempre di più…
(At 6,7)
quello che vede spesso attenuata nei cristiani la consapevolezza
della missionarietà come dimensione essenziale, assolutamente
intrinseca, all’atto stesso del credere (cf Comunicare il vangelo in
un mondo che cambia, 32). Si vuole, in altre parole, sottolineare
l’urgenza che abbiamo di guardare all’emergenza educativa
sul versante interno alla coscienza ecclesiale e di verificare
attentamente la qualità dei processi educativi in ordine alla
formazione di una identità autenticamente missionaria della
coscienza credente.
Per i vescovi si tratta di un orientamento tematico teso a
provocare in tutte le comunità cristiane un rinnovato slancio di
fede e, soprattutto, la riscoperta della dimensione missionaria del
vangelo come dimensione costitutiva di formazione dell’identità
stessa del credente. In un mondo oggi assoggettato a profondi
e rapidi cambiamenti e in una società come la nostra tentata di
continuo da ripiegamenti individualistici e particolaristici, sarà
salutare per tutti riflettere sull’apertura di fondo, genuinamente
cattolica, che deve caratterizzare la coscienza di tutti i cristiani (cf
Educare alla vita buona del vangelo, 7).
Tale riflessione, da una parte, dovrà rendere attenti a
individuare e a discernere difficoltà e limiti attuali all’azione
missionaria della chiesa oggi; dall’altra, dovrà portare anche a
individuare le potenzialità, le risorse e le grandi opportunità
che anche il nostro tempo offre alla coscienza credente, se bene
illuminata e ispirata dalla Parola del vangelo e ben attenta ai
segni dei tempi (cf GS 4). Una riflessione, insomma, che dovrà
spingere la comunità cristiana e ognuno di noi - se veramente
vogliamo rendere efficace e credibile l’annuncio del vangelo e
la nostra testimonianza - all’ascolto continuo e dinamico delle
caratteristiche e delle esigenze degli uomini contemporaneie
all’attenta osservazione dei mutamenti in atto e dalle grandi
trasformazioni socioculturali (cf Comunicare il vangelo in un
mondo che cambia, 34-36).
Una formidabile spinta ci viene dal magistero di papa
Francesco. Ad accompagnare e a sollecitare il nostro sforzo di
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riflessione, infatti, ci aiuterà l’Esortazione Apostolica Evangelii
gaudium. Le parole del papa ci aiuteranno a ritrovare l’ansia, anzi
la passione che la chiesa di oggi e ognuno dei cristiani dobbiamo
vivere intensamente: quella di portare a tutti il lieto annuncio della
Parola di salvezza. L’Esortazione di papa Francesco vuole darci
una forte spinta propulsiva all’azione; essa non vuole offrire una
sintesi teorica e sistematica sulla missionarietà della chiesa, vuole
piuttosto essere un forte richiamo, quasi un manifesto e un grido
di allarme perché tutta la chiesa si metta realmente in movimento,
com’è - peraltro - nella sua vocazione originaria.
In tal senso, Evangelii gaudium ha soprattutto il merito
di anticipare il grande sforzo della chiesa, tanto della chiesa
universale nel suo impegno di ripensare radicalmente la sua
dimensione missionaria e cattolica, quanto della chiesa italiana
nel suo impegno di vivere la dimensione missionaria della fede
nel contesto della grave emergenza educativa attuale.
L’obiettivo fondamentale della riflessione programmatica
del papa vuole essere quello di portare l’attenzione di tutti non solo
sull’urgenza di sviluppo e di crescita della coscienza missionaria
della chiesa, ma anche su ciò che si presenta oggi come limite,
ostacolo o freno al rinnovamento della dimensione missionaria
della chiesa.
In tale contesto, emerge anche, conseguentemente, il
proposito del papa di sollecitare la chiesa di oggi a concretizzare
il suo impegno missionario nella scelta preferenziale per i poveri
e per la realizzazione della giustizia sociale (cf EG 201; cf GS 69).
Se c’è qualcosa, infatti, che meglio di tutto specifica propriamente
la missione della chiesa è anzitutto la sua capacità di “ascoltare
il grido dei poveri”. Il grido del povero appare come l’appello
alla giustizia divina che sempre interviene in difesa dei poveri.
Una chiesa perciò che non si interessa dei poveri «corre il rischio
della dissoluzione» (EG 208). Essa non può non vivere questo
amore preferenziale per i poveri; e come Francesco d’Assisi,
tutti i cristiani siamo chiamati a prenderci cura della fragilità del
popolo e del mondo in cui viviamo (EG 216).
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Sorelle e fratelli carissimi, io vi invito a fare di questa
Esortazione del papa un vero trampolino di lancio della nostra
futura azione pastorale. La Evangelii gaudium rappresenta una
spinta poderosa alla nostra coscienza di chiesa missionaria; non
possiamo non farla fruttificare nel presente della nostra chiesa
locale. È un’Esortazione che chiama tutti a raccolta, che vuole
unire sforzi e riflessioni, entusiasmo e gioia nella riscoperta della
bontà e della bellezza della fede cristiana, del dovere incontenibile
di comunicare la gioia del vangelo e della nostra proposta cristiana
all’uomo di oggi.
Ad essere risolutive per una rinnovata coscienza missionaria
della chiesa, non saranno le sole convinzioni teoriche, quanto
piuttosto l’operatività concreta che sapremo mettere in campo. Se
è vero che nessuna azione può privarsi di un’adeguata riflessione,
è anche vero che nessuna riflessione può rimanere astratta e
senza operatività concreta. Oggi la chiesa non può perciò non
sottomettersi e farsi ubbidiente alla forza interpellante della
Parola fatta carne nella storia degli uomini.
Siamo chiamati all’abbandono deciso di linguaggi e di
ricettari astratti e prefissati. La comunità cristiana deve sottrarsi
alla tentazione sempre insorgente di un’autoreferenzialità
fatalmente improduttiva, incapace di operare cambiamenti
incisivi e duraturi nella realtà che la circonda. Solo un’operatività
audace, che sia tanto autenticamente personale che comunitaria
dell’intero popolo di Dio, può farci realizzare la nostra autentica
vocazione missionaria e farci superare limiti e impedimenti, ritardi
e pigrizie. Così afferma il papa in un passaggio dell’Esortazione:
In questa Esortazione intendo solo soffermarmi brevemente
con uno sguardo pastorale su alcuni aspetti della realtà
che possono arrestare o indebolire le dinamiche del
rinnovamento missionario della chiesa (EG 51).
Anche noi, come diletta porzione del popolo santo di Dio,
riunita attorno al suo pastore, nella multiforme articolazione delle
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comunità cristiane vive e operanti nel nostro territorio, dobbiamo
accettare, senza tentennamenti o ritardi, di uscire finalmente da
una situazione di ristagno spirituale, da una pastorale dettata e
informata da programmi anacronistici e obsoleti che rischiano di
non raggiungere più il cuore degli uomini e delle donne di oggi.
Occorre che ci costituiamo realmente in uno stato permanente di
missione, superando ostacoli, pregiudizi, staticità varie.
Sarà impegno forte e decisivo da parte di tutti noi prendere
sul serio le parole del papa e sciogliere le riserve che il papa
stesso, con un’ombra di pessimismo, nel presentimento che la sua
voce possa non essere sempre ascoltata, paventa:
temo che anche queste parole siano soltanto oggetto di
qualche commento senza una vera incidenza pratica (EG
202).
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I. SULLA SCIA DEL CAMMINO FATTO
Quanto ci avviamo a dire e a fare nel nuovo anno pastorale
e quanto sarà oggetto della nostra riflessione sarà comunque in
stretta continuità con lo sforzo e la fatica che la chiesa italiana
ha messo in campo soprattutto negli ultimi quindici anni e che,
pure noi, in questi anni, abbiamo realizzato (vedi le Indicazioni
pastorali indirizzate alle nostre comunità parrocchiali a partire
dal 2010). L’impulso a ritrovare uno slancio missionario lo
abbiamo in importanti interventi dell’episcopato italiano. In
particolare i documenti Comunicare il vangelo in un mondo che
cambia, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il
primo decennio del 2000 e la Nota pastorale della CEI Roma,
del 30 maggio 2004, Il volto missionario delle parrocchie in
un mondo che cambia. Si tratta di documenti che testimoniano
con lungimiranza profetica, tanto la tematica dell’emergenza
educativa quanto l’urgenza missionaria e la consapevolezza
dell’identità esodiale della chiesa nel mondo attuale.
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SULLA SCIA DEL CAMMINO FATTO
E disse: Ecco, il seminatore uscì a seminare.
E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada
e vennero gli uccelli e la divorarono.
Un’altra parte cadde in luogo sassoso,
dove non c’era molta terra;
subito germogliò, perché il terreno non era profondo.
Ma, spuntato il sole, restò bruciata
e non avendo radici si seccò.
Un’altra parte cadde sulle spine e le
spine crebbero e la soffocarono.
Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto,
dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta
(Mt 13,3-8)
Su quest’ultima Nota della CEI, in vario modo, noi stessi
abbiamo più volte insistito; ne abbiamo colto e riproposto le
intuizioni anticipatrici e abbiamo come spalmato nelle nostre
riflessioni quello che riteniamo ancora di dirompente attualità
per le nostre parrocchie (cf La parrocchia crocevia delle istanze
educative, Indicazioni pastorali 2010-2011). Né abbiamo
mancato, come ben ricordate, di sottolineare apertamente la
debolezza dei nostri passi sulla via della realizzazione di tali
intuizioni, evidenziando con forza lo scarto preoccupante tra
l’ideale esigente di una chiesa aperta e in dialogo con gli uomini
e le donne del nostro tempo e il vissuto concreto delle nostre
comunità, tendenzialmente chiuso e autoreferenziale, spesso
asfittico, incapace di rinnovamento reale e incisivo.
Successivamente, a dare spinta ulteriore al rinnovamento
delle nostre comunità sono stati gli Orientamenti pastorali
dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Educare alla
vita buona del vangelo, del 27 maggio 2010. Sulla scia di questi
orientamenti, anche noi, anno dopo anno, abbiamo considerato
i vari aspetti problematici della vita della nostra chiesa locale,
a fronte di una grave emergenza educativa che rischia di far
saltare gli anelli generazionali della trasmissione della fede. Il
rinnovamento auspicato è stato considerato urgente e finalizzato
a una revisione radicale dei processi educativi e formativi messi
in atto dalle nostre comunità. Non poco abbiamo insistito sulla
necessità di uno slancio nella passione educativa mirante ad
aprire le nostre comunità al territorio, alle urgenze della società
contemporanea, al dialogo con il mondo contemporaneo.
1. La sorgente conciliare
Non possiamo, tuttavia, dimenticare l’evento provvidenziale, veramente profetico e lungimirante, che abbiamo messo
alla base di tutto e che sta a fondamento del cammino della chiesa
italiana degli ultimi decenni e che, in ultima analisi, sta anche
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alla base dell’ulteriore impulso che ci viene da papa Francesco:
il concilio Vaticano II. Dell’apertura missionaria, dell’attenzione
recente alla grave crisi dell’emergenza educativa, della necessità
infine di coniugare in modo efficace il binomio educazione
cristiana e dimensione missionaria della chiesa noi siamo debitori
anzitutto al passaggio dello Spirito rappresentato dal concilio
Vaticano II (cf LG 17).
Sul concilio ci siamo pure noi interrogati nelle indicazioni
pastorali dell’anno scorso (Risvegliare la passione educativa,
Indicazioni pastorali 2013-2014) e l’anno precedente con le
indicazioni pastorali Lasciamoci educare da Dio. La riscoperta
del concilio nell’anno della fede. il coraggio e la speranza di un
vero rinnovamento pastorale.
È al concilio, evento sorgivo del cammino della chiesa postconciliare, che dobbiamo perciò ancora ritornare se vogliamo
dare un fondamento solido alle ulteriori acquisizioni che la chiesa
ha recepito fino ad oggi e se vogliamo cogliere il senso delle
ultime acquisizioni del magistero di papa Francesco e della chiesa
italiana; ed è al profondo rinnovamento voluto dai padri conciliari
del Vaticano II che dobbiamo dar seguito se vogliamo dare un
ampio respiro alla nostra azione pastorale missionaria e fare di
essa l’elemento costitutivo della sua identità misterica e salvifica
(cf LG 2).
Lo abbiamo affermato con forza:
Per parte mia, sono fermamente convinto che la carica
riformatrice e rinnovatrice del concilio resti assolutamente
inalterata e decisiva anche per il nostro tempo e che, anzi,
solo ritornando a essa possiamo far piena luce sulla realtà
difficile e contraddittoria del nostro tempo e sulle profonde
trasformazioni dell’uomo nel mondo contemporaneo
(mutamenti culturali, sociali, psicologici, morali, religiosi)
(Famiglia e giovani alla scuola del concilio. Educare alla
vita buona del vangelo, 4).
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In tal senso, dobbiamo perciò veramente ringraziare il
Signore e prendere gioiosamente atto che oggi - finalmente! giunge a maturazione sempre più piena l’idea che la chiesa non
esiste per sé ma esiste solo per il mondo. Essa non può rinnegare
il suo essere missionario, pena il suo negarsi nel profondo come
chiesa di Cristo; essa non può rinchiudersi in un recinto e isolarsi
dal mondo, né può vivere in antagonismo aprioristico o in
contrapposizione dualistica con esso. Piuttosto essa è chiamata
a scoprire, sempre radicata nella Parola di Dio, la sua identità
aperta, la sua costitutiva relazionalità al mondo; ovvero, la sua
missione per il mondo e per la sua salvezza. Quanto affermato
dall’evangelista: «Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo
unico Figlio, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia
la vita eterna» (Gv 3,16), vale perciò, in perfetta analogia, anche
per la chiesa, prolungamento vivo del mistero del Cristo Signore
nella storia degli uomini:
La chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua
natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio
e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il
piano di Dio Padre, deriva la sua origine (AG 2).
2. La
svolta
ecclesiologica
conciliare
e
l’evangelii
gaudium
La svolta ecclesiologica conciliare trova ragione e
fondamento in tutto l’insegnamento del concilio, nelle quattro
costituzioni fondamentali e soprattutto nelle due specifiche
riguardanti la vita ad intra e ad extra della chiesa: Lumen gentium
e Gaudium et spes.
Indubbiamente però è alle radici programmatiche della
Gaudium et spes che si connette il pensiero di papa Francesco,
quando invita a uscire dagli steccati storici, dai linguaggi
prefissati, dai modi stanchi di dare l’annuncio del vangelo,
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dall’autoreferenzialità che spesso caratterizza il nostro tratto
nell’accostare gli altri:
Allo stesso tempo, gli enormi e rapidi cambiamenti
culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione
per cercare di esprimere le verità di sempre in un
linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente
novità. Poiché, nel deposito della dottrina cristiana «una
cosa è la sostanza […] e un’altra la maniera di formulare
la sua espressione». A volte, ascoltando un linguaggio
completamente ortodosso, quello che i fedeli ricevono, a
causa del linguaggio che essi utilizzano e comprendono,
è qualcosa che non corrisponde al vero vangelo di Gesù
Cristo. Con la santa intenzione di comunicare loro la verità
su Dio e sull’essere umano, in alcune occasioni diamo
loro un falso dio o un ideale umano che non è veramente
cristiano. In tal modo, siamo fedeli a una formulazione ma
non trasmettiamo la sostanza. Questo è il rischio più grave.
Ricordiamo che «l’espressione della verità può essere
multiforme, e il rinnovamento delle forme di espressione
si rende necessario per trasmettere all’uomo di oggi il
messaggio evangelico nel suo immutabile significato»
(EG 41).
Ed è a queste grandi intuizioni conciliari che papa Francesco
fa riferimento costante, nella consapevolezza estrema che la sfida
dell’annuncio oggi non può alimentarsi che di atteggiamenti di
amore e di prossimità assoluta con l’umanità di oggi:
Questo ha una grande rilevanza nell’annuncio del vangelo,
se veramente abbiamo a cuore di far percepire meglio la
sua bellezza e di farla accogliere da tutti. Ad ogni modo,
non potremo mai rendere gli insegnamenti della chiesa
qualcosa di facilmente comprensibile e felicemente
apprezzato da tutti. La fede conserva sempre un aspetto
di croce, qualche oscurità che non toglie fermezza alla sua
adesione. Vi sono cose che si comprendono e si apprezzano
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solo a partire da questa adesione che è sorella dell’amore,
al di là della chiarezza con cui se ne possano cogliere
le ragioni e gli argomenti. Per questo occorre ricordare
che ogni insegnamento della dottrina deve situarsi
nell’atteggiamento evangelizzatore che risvegli l’adesione
del cuore con la vicinanza, l’amore e la testimonianza (EG
42).
Si tratta di una svolta radicale che, anche noi, dobbiamo
ancora recepire pienamente, senza tentennamenti ma convinti che
da questo dipendono gli esiti positivi della nostra azione pastorale
e della nostra presenza nel mondo. Un mondo che non possiamo
pensare come nostro antagonista o peggio ancora come nemico,
ma un mondo che dobbiamo amare e, per quanto dipende da noi,
dobbiamo anche salvare e salvare noi stessi con esso. Così si
esprimono i padri conciliari riguardo al mondo contemporaneo:
Ai nostri giorni l’umanità, presa d’ammirazione per le
proprie scoperte e la propria potenza, agita però spesso
ansiose questioni sull’attuale evoluzione del mondo, sul
posto e sul compito dell’uomo nell’universo, sul senso dei
propri sforzi individuali e collettivi, e infine sul destino
ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il concilio,
testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il
popolo di Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare una
dimostrazione più eloquente di solidarietà, di rispetto e
d’amore verso l’intera famiglia umana, dentro la quale è
inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari
problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal
vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie
di salvezza che la chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo,
riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare l’uomo, si
tratta di edificare l’umana società. È l’uomo dunque,
l’uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità,
corpo e anima, l’uomo cuore e coscienza, pensiero e
volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione
(GS 3).
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Per i padri conciliari perciò la chiesa non ha altra missione
che quella di salvare l’uomo. Essa esiste solo per l’uomo e per
l’edificazione dell’umana società. Esiste per dare pienezza e
compimento al disegno divino sulla storia umana.
Perciò, pur nella fedeltà piena al vangelo e alla radicalità
della Parola di Dio - che mai si assoggetta a compromessi
con il pensare del mondo lontano da Dio - la chiesa di oggi è
urgentemente chiamata a superare tutto ciò che rende spesso
scostante e disamorato il suo modo comunicativo e che fa
disancorato e insipido l’annuncio stesso del vangelo della vita e
della gioia.
A fronte dell’urgenza per la chiesa di fare dell’annuncio
del vangelo il proclama della misericordia e dell’accoglienza,
dell’umiltà e del servizio, con provvidenziale lungimiranza
avevano ancora affermato i padri conciliari:
…il santo concilio, proclamando la grandezza somma
della vocazione dell’uomo e la presenza in lui di un germe
divino, offre all’umanità la cooperazione sincera della
chiesa, al fine d’instaurare quella fraternità universale che
corrisponda a tale vocazione. Nessuna ambizione terrena
spinge la chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto
la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo,
il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla
verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad
essere servito (GS 3).
Il volto della chiesa disegnato dal concilio non è più un volto
introverso, chiuso e distaccato; non è più il volto di una comunità
arroccata in una cinta di sicurezza, timorosa e pronta a schivare il
mondo, poco attenta a ciò che riguarda il destino concreto di ogni
uomo, guardinga e vigile per paura di contaminarsi; piuttosto è
quello di una chiesa chiamata ad aprirsi all’uomo, a rallegrarsi e
a gioire della presenza del germe divino presente in ogni essere
umano, qualunque sia la sua appartenenza etnica, culturale,
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sociale o religiosa (cf Educare alla vita buona del vangelo, 14)
La sua è una missione di salvezza e la sua vocazione è
proprio quella di protendersi verso l’umanità concreta, spesso
smarrita nella sua strada ma pur desiderosa di ritrovarla, anzi
perennemente bisognosa di aiuto e di salvezza. Essa è chiamata,
sulle orme del suo Maestro e Salvatore, a servire piuttosto che
a essere servita, ad andare verso il mondo piuttosto che ad
aspettare che il mondo venga verso di lei. A caratterizzare la
sua azione missionaria e la sua ansia pastorale dovranno essere
proprio l’attenzione al mondo contemporaneo, la sua sensibilità
verso le specifiche urgenze degli uomini e delle donne di oggi, la
disponibilità ad andare incontro alle necessità di coloro che sono
lontani o ancora alla ricerca della verità (cf Il volto missionario
delle parrocchie in un mondo che cambia, 5).
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II. UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO
Memori, dunque, dell’eredità conciliare e in fedeltà alla
volontà di Cristo, siamo chiamati a rinnovare e ridare vigore al
nostro slancio missionario, oggi più che ieri. Il lavoro missionario
è ancora oggi enorme. Lo avevano intuito già i padri conciliari:
La chiesa, inviata da Cristo a rivelare e comunicare la
carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti, comprende
che le resta ancora da svolgere un lavoro missionario
enorme (AG 10).
Perciò, nessun ritardo è ammesso, nessuna deroga è
consentita. La chiesa tutta è chiamata con urgenza a testimoniare
il suo volto missionario, a entrare nelle fibre dell’umanità con
l’annuncio del vangelo. Anche noi come chiesa locale e ognuna
delle comunità cristiane siamo chiamati a uscire e prendere il
largo.
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UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia;
apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare
ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore
(Lc 4,17-19)
1. Prendiamo il largo: una chiesa in uscita
L’invito a “prendere il largo”, che fu parola d’ordine
del Giubileo del 2000 (Novo millennio ineunte, 1) all’inizio
del secondo millennio, e quanto poi ulteriormente acquisito
dall’episcopato italiano e, ultimamente, la spinta accelerativa
offertaci dalla Evangelii gaudium, altro non sono oggi che la
ripresa attuativa del grande respiro e della grande apertura della
chiesa disegnata dalla svolta conciliare del Vaticano II.
A cinquant’anni dalla celebrazione del concilio, riscoprire
il mondo come destinatario, e perciò come interlocutore
indispensabile della missione universale, resta l’impegno primario
e il compito più esaltante della chiesa. È un impegno che tocca
ognuno e tutti insieme i membri della chiesa; un impegno che,
in quanti si riconoscono nella comunità ecclesiale, dovrà partire
dalla gioia condivisa del vangelo e dalla forza prorompente dello
Spirito che urge verso il compimento del Regno di Dio. I cristiani
non possono tenersi per sé la gioia del vangelo ricevuto. Esso è
gioia da comunicare, da annunciare insistentemente, totalmente
da condividere anche con gli uomini del nostro tempo.
Afferma papa Francesco:
se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso
della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo
agli altri? Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni
esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se
stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una
profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità
davanti alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene
attecchisce e si sviluppa. Per questo, chi desidera vivere
con dignità e pienezza non ha altra strada che riconoscere
l’altro e cercare il suo bene (EG 8-9).
La gioia della fede ricevuta è gioia incontenibile da
testimoniare a quanti ancora la ignorano, è gioia che mette in
cammino verso gli altri, è gioia da seminare nelle strade del
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mondo, nell’incontro con i fratelli nella vita quotidiana; essa è
dono da elargire soprattutto là dove incontriamo stanchezza e
disperazione, sconforto e rassegnazione:
La gioia del vangelo che riempie la vita della comunità
dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i
settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni
di gioia (cf Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia
nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione
raggiunge i poveri e i più piccoli (cf Lc 10,21). La
sentono pieni di ammirazione i primi che si convertono
nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno
nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste. Questa gioia
è un segno che il vangelo è stato annunciato e sta dando
frutto. Ma ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono,
dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre
di nuovo, sempre oltre. Il Signore dice: «Andiamocene
altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per
questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). Quando la semente
è stata seminata in un luogo, non si trattiene più là per
spiegare meglio o per fare segni ulteriori, bensì lo Spirito
lo conduce a partire verso altri villaggi (EG 21).
Comprendiamo così che è dalla gioia incontenibile del
vangelo da comunicare, che nasce l’esigenza per la chiesa di
mettersi continuamente in gioco, di uscire, di prendere il largo
e di rischiare. Meglio una chiesa “accidentata”, come afferma
papa Francesco, che una chiesa ripiegata su di sé, rattristita e
insoddisfatta, sempre china su un ritualismo stanco e privo di vita
e pronta a lagnarsi dei mali e della deriva del mondo:
Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo.
Ripeto qui per tutta la chiesa ciò che molte volte ho
detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una
chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le
strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la
comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio
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una chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce
rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti.
Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare
la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza
la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù
Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza
un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare
spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture
che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci
trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui
ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine
affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro
da mangiare» (Mc 6,37) (EG 49).
Ciò significa che abbiamo bisogno continuo di rialzarci
e di metterci in cammino; abbiamo bisogno di farci chiesa
perennemente ‘in uscita’. È urgente, per noi, sloggiare da sicurezze
acquisite e comode, da sistemazioni confortevoli che nella logica
del vangelo non possono essere che provvisorie e tappe per un
cammino ulteriore. È urgente per noi spalancare le porte del
cenacolo che spesso paralizzano la nostra azione pastorale, osare
di più e assecondare la spinta audace che viene dallo Spirito di
Dio che non tollera luoghi chiusi e asfittici:
La chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari
che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che
accompagnano, che fruttificano e festeggiano. Primerear,
prendere l’iniziativa: vogliate scusarmi per questo
neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che
il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore
(cf 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo,
sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro,
cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per
invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di
offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita
misericordia del Padre e la sua forza diffusiva (EG 24).
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La chiesa di oggi non ha altra alternativa. Se veramente
vuole imitare Cristo Signore, non può che rifarsi pellegrina nel
mondo, acquisire propriamente una identità nomade ed esodiale,
come è quella, del resto, della vita e della storia degli uomini
sotto qualunque cielo. Se vorrà essere fedele a se stessa, la
chiesa è chiamata a dormire sempre sull’uscio di casa, pronta a
partire e ad annunciare, mai a godersi la pace con quanti sono
già dentro; piuttosto, sempre in ansia per chi sta fuori o stenta
ad entrare; sempre inquieta per la pecorella smarrita e per quanti
non ritrovano la strada di ritorno, sempre pronta a ripercorrere
tutti i cammini dell’umano, perché nessuno possa mai essere
privato della gioia del ritorno a casa. È opportuno ricordare, a
tal proposito, l’audacia e lo slancio missionario di Paolo: «ho nel
cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti
essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei
fratelli, miei consanguinei secondo la carne» (Rom 9,3).
E, se il rinnovamento della chiesa, dipende dal rinnovamento
delle nostre comunità locali e parrocchiali, dovremo seriamente
riflettere sulla necessità di un rinnovamento continuo della nostra
pastorale, della nostra liturgia, della nostra catechesi, della nostra
attività caritativa:
Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della
fede e alla cura della comunità cristiana non basta più.
È necessaria una pastorale missionaria, che annunci
nuovamente il vangelo, ne sostenga la trasmissione di
generazione in generazione, vada incontro agli uomini e
alle donne del nostro tempo testimoniando che anche oggi
è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana
conformemente al vangelo e, nel nome del vangelo,
contribuire a rendere nuova l’intera società (Il volto
missionario delle parrocchie, 1).
- 21 -
2. Come una madre dal cuore aperto…
La condizione esodiale del nostro essere chiesa ci configura
come chiesa dal cuore aperto. È questa la sfida che dobbiamo
accogliere quotidianamente: uscire per imparare a spalancare
il nostro cuore; uscire per aprire continuamente varchi di
misericordia e di tenerezza; uscire per rimanere perennemente
disponibili e aperti; uscire per disegnare sentieri umani e cristiani
liberi e liberanti; uscire per profetizzare e realizzare nel qui ed
ora della nostra storia l’annuncio sempre nuovo di un Dio che è
uscito da sé per prendere dimora nel cuore dell’uomo, di un Dio
che ha provato la passione per l’uomo e gli ha spalancato le porte
della sua vita intima, un Dio che ha permesso all’umanità tutta di
abitare il divino.
Magnifiche in questo senso le indicazioni di papa Francesco:
La chiesa “in uscita” è una chiesa con le porte aperte.
Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane
non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione
e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo,
mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e
ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi
è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre
del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché
quando ritornerà possa entrare senza difficoltà (EG 46; cf
La parrocchia crocevia delle istanze educative, p. 18-20).
Sono indicazioni che prefigurano scenari inediti nell’azione
pastorale della chiesa e nella sua stessa identità missionaria:
La chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta
del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è
avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che,
se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito
e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la
freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che
- 22 -
neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in
qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte
della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si
dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo
vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è
“la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca
la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i
perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli.
Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali
che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia.
Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia
e non come facilitatori. Ma la chiesa non è una dogana, è
la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita
faticosa (EG 47).
Il binomio missione-maternità della chiesa si offre alla
nostra riflessione in tutto il suo spessore di significato. La missione
della chiesa è tutt’uno con la sua maternità verginale. È questo il
senso di quanto mirabilmente hanno affermato i padri conciliari,
facendo proprie le parole dei padri della chiesa (Ambrogio, Expos.
Lc. II, 7 e X, 24-25: PL 15, 1555 e 1810; Agostino, In Io., Tr. 13,
12: PL 35, 1499. Cf. Serm. 191, 2, 3: PL 38, 1010; Ven. Beda, In
Lc. Expos. I, cap. 2: PL 92, 330; Isacco Della Stella, Serm. 51: PL
194, 1863), a proposito della chiesa, nel suo riferimento a Maria,
vergine e madre:
Orbene, la chiesa contemplando la santità misteriosa della
Vergine, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la
volontà del Padre, per mezzo della parola di Dio accolta con
fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione
e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli,
concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa
pure è vergine, che custodisce integra e pura la fede data
allo sposo; imitando la madre del suo Signore, con la virtù
dello Spirito Santo conserva verginalmente integra la fede,
salda la speranza, sincera la carità (LG 64).
- 23 -
Come la dimensione missionaria è costitutiva della
identità della chiesa, allo stesso modo lo è, dunque, la maternità.
Nessun’altra finalità muove e deve muovere la chiesa nel suo
dinamismo esodiale e missionario se non la fedeltà al suo Maestro
che pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo
la condizione di servo e divenendo simile agli uomini (Fil 2,6).
Nessun’altra finalità è alla radice della missione della chiesa se
non il suo costante sguardo amorevole verso quell’umanità per la
quale il Figlio di Dio si è lasciato inchiodare sul legno della croce.
3. Missionarietà della chiesa ed emergenza educativa
Il tema che desidero offrire alle comunità cristiane della
nostra chiesa locale coniuga in un tutto armonico la dimensione
missionaria della chiesa e l’emergenza educativa. Su questa feconda
e complessa relazione ci aiutano i documenti dell’episcopato
italiano e l’Esortazione Apostolica di papa Francesco.
L’attenzione verso la dimensione missionaria della chiesa
che i documenti della CEI sistematicamente e papa Francesco
ultimamente, seppure con accentuazioni diverse, di continuo
ripropongono e rilanciano con forza, ad altro non mirano che a
far riscoprire a tutti i credenti la gioia e la necessità impellente - in
un mondo assetato di vita e di libertà - di comunicare agli uomini
di oggi l’attraente seduzione del vangelo.
E anche l’attenzione privilegiata che si sta attribuendo
all’emergenza educativa del decennio in corso ripropone ancora
- a una chiesa che davvero si renda disponibile al compito che
le ha assegnato Cristo - l’urgenza e l’importanza estrema di
abbandonare con intelligenza e audacia una certa chiusura e una
certa staticità attuale. Essa deve assolutamente acquisire, sulle
orme del Cristo Buon pastore, un volto decisamente missionario e
aperto al mondo e alla realtà concreta degli uomini e delle donne
del nostro tempo: ​
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Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe
compassione di loro, perché erano come pecore che non
hanno pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose…
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba
verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese
i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la
benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché
li distribuissero a loro (Mc 6,34.39-41). Questa pagina
del vangelo secondo Marco, è un testo ricco di risonanze
anticotestamentarie: ci mostra Gesù nell’atteggiamento
del pastore che raccoglie le sue pecore e se ne prende cura
mediante l’insegnamento e, con una prodigiosa frazione
del pane, sfama cinquemila persone (Educare alla vita
buona del vangelo, 17).
È a questa pagina di vangelo che la chiesa deve improntare
la sua missione; a questa stessa pagina evangelica è da ricondurre
anche l’urgenza attuale e la spinta specifica che, con il suo
linguaggio, col suo stile di vita, col suo insegnamento, papa
Francesco vuole imprimere alla chiesa universale e alla chiesa
italiana.
Fortissimo perciò il suo appello, nella sua Esortazione,
per un serio rinnovamento missionario della chiesa che non sia
e non resti parola astratta e vuota, ma si traduca coerentemente
in una vera e propria pratica sociale della fede, in una rinnovata
attenzione ai poveri del mondo che sono i primi destinatari del
vangelo del Signore e per un’attenzione ai gravissimi problemi
di giustizia sociale che affliggono gli ultimi e le fasce più deboli
delle nostre società.
«Sceso dalla barca - dice il vangelo -, ebbe compassione di
loro perché erano come pecore che non hanno pastore». Fratelli
e sorelle, quale altro atteggiamento può assumere oggi la chiesa
se non quello del Signore Gesù? Solo una chiesa che si china,
che guarda con amore, che osserva e si immedesima, che prova
un fremito incontenibile di angoscia e di compassione, che non
resiste ai bisogni e alle necessità, che non trova riposo e quiete
- 25 -
fino a quando c’è un solo uomo affamato di vita e di verità, può
oggi dirsi veramente missionaria. Solo una chiesa che si lascia alle
spalle sicurezze e privilegi, che non si costruisce attorno recinti
e baluardi, che si inquieta finché anche un solo uomo soffre la
fame o l’emarginazione, può conquistare al vangelo ed essere
veramente la chiesa del Signore, di Lui che non aveva una tana in
cui rifugiarsi, né una pietra su cui posare il capo.
Solo una risposta forte e coerente a tale appello può
veramente riportare la chiesa a ritrovare la sua vocazione
originaria, quella che scaturisce dalla straripante forza della
Parola di Dio: un dono che non possiamo trattenere per noi ma
che deve essere comunicato e condiviso, con quanti, spesso senza
saperlo, hanno fame e sete di Dio.
Vi ripeto qui, figli carissimi, quanto scrivevamo nelle
Indicazioni pastorali, La parrocchia crocevia delle istanze
educative:
Se le nostre parrocchie devono essere all’altezza della
sfida attuale e mettere in atto una pastorale missionaria,
esse debbono riscoprire la loro identità essenzialmente
dinamica, ovvero quella identità che è propriamente biblica
ed esodiale; l’essere, cioè, ognuna e tutte insieme, un unico
popolo in cammino, in perenne movimento fra le gente
del territorio, in quotidiano andirivieni nei luoghi in cui
gli uomini lavorano, faticano, amano, sperano, soffrono.
Lungi dall’essere luoghi separati, isole incomunicanti,
spazi chiusi, le parrocchie costituiscono insieme un unico
e grande laboratorio di umanità per il Regno (p. 18).
- 26 -
Allora disse ai suoi discepoli:
La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
Pregate dunque il padrone della messe
che mandi operai nella sua messe!
Chiamati a sé i dodici discepoli,
diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi
e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità
(Mt 9,35-10,1)
III. PASSIONE EDUCATIVA E PASSIONE MISSIONARIA
Siamo in grado ora di comprendere il vero senso di quello
slancio missionario che s’impone con forza alla coscienza
credente fino a diventarne quasi una spina nel fianco nella nostra
coscienza di credenti. E ugualmente, dobbiamo comprendere che
non si dà vera passione missionaria se non diventa anche vera
e autentica passione educativa. Educazione e missione sono
due facce della stessa medaglia; entrambe discendono e trovano
fondamento nel mandato di Cristo che ci invia nel mondo non solo
a portare la sua Parola ma anche a contribuire a formare l’uomo
vero nella pienezza della sua identità e nella multiformità delle
sue qualità umane e cristiane. L’educazione costituisce, perciò,
il presupposto fondamentale della missione; sicché la passione
missionaria diventa, per ciò stesso, passione educativa.
- 27 -
PASSIONE EDUCATIVA E PASSIONE MISSIONARIA
Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi,
insegnando nelle loro sinagoghe,
predicando il vangelo del regno
e curando ogni malattia e infermità.
Vedendo le folle ne sentì compassione,
perché erano stanche e sfinite,
come pecore senza pastore
1. Guai a me se non evangelizzo
Il monito paolino: Guai a me se non evangelizzo (1 Cor
9,16) diventa il paradossale risvolto di una passione che si
trasforma in imperativo categorico per la chiesa e per il cristiano.
Vita cristiana e missione sono perciò così strettamente congiunte
e inseparabili tanto da poter affermare che nessuna spiritualità
cristiana è concepibile, neanche quella claustrale o cenobitica,
se non diventa un unicum inscindibile con l’apertura e l’ansia
missionaria:
La missione al cuore del popolo non è una parte della
mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è
un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È
qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non
voglio distruggermi. Io sono una missione su questa
terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna
riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale missione
di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire,
liberare. Lì si rivela l’infermiera nell’animo, il maestro
nell’animo, il politico nell’animo, quelli che hanno deciso
nel profondo di essere con gli altri e per gli altri. Tuttavia, se
uno divide da una parte il suo dovere e dall’altra la propria
vita privata, tutto diventa grigio e andrà continuamente
cercando riconoscimenti o difendendo le proprie esigenze.
Smetterà di essere popolo (EG 273).
“Marcati a fuoco”, cioè segnati per sempre dall’unzione
dello Spirito. Sono parole forti e profonde che papa Francesco
applica a se stesso anzi tutto e che devono fare riflettere tutti
sulla natura della vita cristiana e sull’identità del cristiano.
Dobbiamo prendere coscienza di essere chiesa missionaria, ed è
proprio questo il tempo di farlo. La chiesa nasce ed esiste per
evangelizzare. La missionarietà deve dunque essere sentita come
la dimensione permanente della vita cristiana sia dei chierici che
dei laici. E se non si comunica il vangelo ogni giorno non si è
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missionari e, pertanto, non si è cristiani. Questa la vera sfida che
il papa ha già introdotto come stile di vita nel cuore della fede del
cristiano.
2. Educazione cristiana e missionarietà: l’arte
dell’accompagnamento
Da ciò ne segue anche, come diretta e immediata conseguenza,
che chi si assume il compito educativo dell’evangelizzazione
all’interno della comunità ecclesiale è chiamato ad accompagnare
le persone che gli sono affidate. Ne consegue l’impegno a una
permanente educazione alla fede e a un’evangelizzazione e
catechesi continua all’interno stesso della comunità cristiana (cf
Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia,
7-9).
Missionarietà è dunque tanto l’annuncio o il primo
annuncio, ma anche l’accompagnamento formativo che non
conosce soste o punti di arrivo, ma che si fa prossimità continua e
generosa con i fratelli che hanno ricevuto il battesimo e il primo
annuncio. Dobbiamo imparare non tanto a essere maestri, ma
madri e padri di chi è affidato a noi per essere educato alla vita di
fede. Prossimità vuol dire “ascolto” continuo e affettuoso. Vuol
dire anche cambiamento continuo. Una chiesa che educa nella
prossimità cambia e aiuta a cambiare. D’altra parte, che senso
avrebbe una catechesi che si preoccupasse di insegnare una
dottrina o una verità senza suscitare il desiderio della conversione
personale e del cambiamento di se stessi e del mondo?
Gli orientamenti pastorali dei vescovi affermano:
per stabilire un rapporto educativo occorre un incontro che
susciti una relazione personale: non si tratta di trasmettere
nozioni astratte, ma di offrire un’esperienza da condividere
(Educare alla vita buona del vangelo, 25).
- 29 -
Si tratta perciò di educare soprattutto all’incontro con Cristo
vivo. L’incontro con Lui e la sua Parola viva è il fondamento di
tutti gli incontri umani: chi incontra Cristo vivo e crede in Lui
può incontrare con amore e misericordia tutti gli uomini e tutte
le donne.
Tale prossimità dunque dobbiamo imparare e mettere in
atto nelle nostre comunità cristiane. Dice papa Francesco che
c’è un’“arte dell’accompagnamento”. Occorre fare cioè della
prossimità una vera scuola di vita. Dobbiamo promuovere
pazientemente uno stile relazionale nuovo nei processi educativi
e formativi; perché solo dalla prossimità calda e cordiale la chiesa
imparerà veramente a essere madre di tutti, non solo di quelli che
fanno già parte della famiglia della chiesa ma anche di quelli che
sono lontani. E madri veramente si è - afferma il papa, citando la
Redemptoris missio, 287, di Giovanni Paolo II - se ci si occupa
senza soste dei figli lontani, prima che di quelli vicini:
…bisogna, tuttavia, non perdere la tensione per l’annuncio
a coloro che stanno lontani da Cristo, «perché questo è il
compito primo della chiesa (EG 15).
Formatori ed educatori siamo perciò tutti chiamati
all’opera. Dobbiamo sempre di più imparare e vivere questa
prossimità. Prossimità “materna”, afferma il papa, che - proprio
in un tempo che vede, da una parte, il trionfo patologico
dell’anonimato individualistico e, dall’altra, vede spesso il
misero sfruttamento della prossimità in funzione dell’interesse,
del calcolo o, sempre più, della curiosità morbosa e patologica
della nuova comunicazione mass-mediale - deve significare per
la chiesa capacità di percezione dell’altro in quanto persona da
amare, assunzione di uno sguardo attento e disinteressato verso
l’altro come immagine di Dio e fratello, trasporto evangelico
e compassionevole verso l’altro che è nel bisogno, capacità di
commozione e di immedesimazione con chi è alla ricerca della
casa paterna:
- 30 -
la chiesa dovrà iniziare i suoi membri - sacerdoti, religiosi
e laici - a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti
imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra
dell’altro (cf Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il
ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso
e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani,
liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana (EG 169;
cf Educare alla vita buona del vangelo, 20-22).
Figlie e figli carissimi, accompagnamento spirituale è
dunque l’arte di camminare insieme, l’arte alla quale dobbiamo
tendere con tutte le nostre forze. Così, nella chiesa non può
trovare alcuna ospitalità l’idea che si è liberi quando si è soli,
quando si cammina da soli, quando ci si fa erranti solitari, come
certa cultura di oggi e certa contagiosa egolatria insinuano spesso
e volentieri, o tendono a imporre come modello antropologico.
Lo statuto proprio dei cristiani è invece quello di “pellegrini”
che camminano insieme verso la mèta comune, piuttosto che
quello di una massa di individui che si muovono attorno a se
stessi, senza mèta e senza dimora in cui ritornare, quasi orfani e
solitari, esistenzialmente smarriti, privi di valori e di ideali, senza
alcun senso compiuto da dare alla propria vita che non sia quello
di una spossante e sempre incompiuta ricerca di sé.
Significativamente il papa invita perciò la comunità cristiana
e tutti noi a non adagiarci su una terapia che rafforza
la chiusura delle persone nella loro immanenza e cessi di
essere un pellegrinaggio con Cristo verso il Padre (EG
170).
Per sfuggire davvero a questa terapia nociva se non mortale,
dobbiamo piuttosto avere la capacità di farci sempre prossimi,
di capire e di comprendere le persone, di diventare esperti di
umanità proprio nell’arte di ascoltare e di aspettare; dobbiamo
senza indugio renderci sempre più docili allo Spirito di Dio
- 31 -
che ci chiede di farci, con la saggezza e la prudenza necessaria,
difensori e protettori di coloro che Dio affida come gregge alla
nostra custodia e guida, veri accompagnatori di fratelli affidati
alla nostra funzione di educatori e formatori.
È una sapienza che dobbiamo imparare ancora dal
vangelo. L’arte dell’accompagnare non potrà, infatti, essere che
quella del Pastore che conosce le sue pecorelle una a una ed è
disposto ad attraversare mare e monti alla ricerca ansiosa della
pecorella smarrita; è l’arte del Padre che non cessa di pensare
alla miserevole condizione del suo figlio che s’è allontanato,
ma ne attende con ansia il ritorno; è l’arte di chi sa trattenere
l’impazienza del padrone e s’accinge a coltivare e concimare
l’albero improduttivo del suo giardino; l’arte della donna che sa
bene impastare un po’ di lievito in tre misure di farina e attendere
finché non sia tutta fermentata; l’arte ancora del seminatore che
non cessa di spargere il grano finché non trovi un terreno buono
in cui esso possa fruttificare veramente; l’arte divina infine del
chicco di grano: «se il chicco di grano caduto in terra non muore,
rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
Imparare quest’arte non è certo facile. È arte che richiede
preparazione, sacrificio, pazienza, grande lungimiranza, comprensione, ascolto e rispetto; quanto insomma, invoca, il mistero
stesso di ogni uomo e di ogni persona umana; quanto esigito dal
sacrario della coscienza cui solo Dio ha accesso pieno e veritiero.
Afferma ancora il papa:
Il vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere
una persona a partire dal riconoscimento della malvagità
oggettiva delle sue azioni (cf Mt 18,15), ma senza emettere
giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cf Mt 7,1;
Lc 6,37). In ogni caso un valido accompagnatore non
accondiscende ai fatalismi o alla pusillanimità. Invita
sempre a volersi curare, a rialzarsi, ad abbracciare la
croce, a lasciare tutto, ad uscire sempre di nuovo per
annunciare il vangelo. La personale esperienza di lasciarci
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accompagnare e curare, riuscendo ad esprimere con piena
sincerità la nostra vita davanti a chi ci accompagna, ci
insegna ad essere pazienti e comprensivi con gli altri e ci
mette in grado di trovare i modi per risvegliarne in loro la
fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere (EG 172).
È insomma di un “cuore” che l’accompagnatore ha bisogno.
Di un cuore abbiamo bisogno tutti noi chiamati a educare e a
formare. Solo da un cuore che sa fremere e commuoversi potrà
nascere l’autentica prossimità, il vero accompagnamento dei
fratelli, la vera passione missionaria. Solo un cuore di carne fa
cessare di essere solo spettatori indifferenti alla vita degli altri e fa
diventare compagni e amici per sempre. Di questo cuore abbiamo
tutti bisogno, se vogliamo svegliare in noi una vera passione
educativa; se vogliamo imparare l’arte e lo stile proprio degli
accompagnatori, di coloro, cioè, che sanno ascoltare e aspettare,
che sanno compatire e incoraggiare, che sanno sostenere e reggere
i fratelli nel loro cammino verso la conformazione sempre più
piena a Cristo Signore e verso quella maturità di fede che rende
tutti veramente liberi e responsabili della propria vita.
3. Una conversione radicale alla missionarietà
Riprendendo l’insegnamento di Giovanni Paolo II, così
afferma papa Francesco:
L’attività missionaria «rappresenta, ancor oggi, la massima
sfida per la chiesa» e «la causa missionaria deve essere la
prima». Che cosa succederebbe se prendessimo realmente
sul serio queste parole? Semplicemente riconosceremmo
che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera
della chiesa (EG 15).
La domanda che il papa pone alla chiesa è di imbarazzante
verità e anche di stimolo profetico: “Cosa succederebbe se… ?”
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Già. Cosa succederebbe se oggi la chiesa davvero si spogliasse
delle rassicuranti sicurezze in cui si è spesso imprigionata nel
passato e da cui stenta ancora ad uscire? Cosa succederebbe se
essa abbandonasse il passivo quietismo che si nasconde in una
pratica religiosa spesso avallata quasi come fine a se stessa,
spesso completamente sterile e infruttuosa, insensibile al grido del
Signore: «Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 12,7)? Cosa
succederebbe se dessimo voce allo Spirito che spalanca porte e
finestre dell’edificio ecclesiale, che abbatte chiusure e pregiudizi,
che spinge la barca al largo, all’incontro con la diversità, con la
ricchezza seminata nel cuore di ogni uomo, soprattutto di coloro
che spesso sono emarginati e isolati, e accogliessimo il carisma
di cui sono portatori privilegiati nel regno i poveri e i bisognosi?
(cf EG 197-201).
Dobbiamo convenire che spesso lo spirito profetico viene
rudemente spento dalla forza pervicace e conservatrice delle
istituzioni che rimangono sorde e fredde allo spirito del vangelo.
Le nostre strutture ecclesiali e parrocchiali non lasciano trasparire
come dovrebbero la freschezza del vangelo; le nostre visioni
sono spesso aridamente dottrinali, lontane dalla vita della gente
e incapaci di cogliere le sfumature reali della vita, le situazioni
concrete del popolo di Dio.
Cosa succederebbe, ancora, se contassimo meno il numero
e la massa piuttosto che la qualità della fede dei credenti, se non
mescolassimo la fede a certa mentalità superstiziosa e quasi
magica delle pratiche religiose e degli stessi sacramenti, se
l’essere credenti non significasse acquiescenza acritica ed eclisse
della ragione, se reinventassimo le nostre ore di catechismo,
spesso troppo piatte e troppo simili a ore di lezioni scolastiche,
non segnate dalla passione, dal coinvolgimento nella vita dei
ragazzi, dei giovani e delle loro famiglie?
Cosa succederebbe se la fede non fosse intesa come ricerca
vana e testarda del sacro e del numinoso, di segni e di miracoli,
ma piuttosto come pungolo della ragione, come incitamento ad
acquistare la sapienza della Croce, l’intelligenza creativa dello
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Spirito di Dio? Cosa succederebbe se la nostra fede cristiana
attingesse acqua fresca dalla pura Parola di Dio e dall’unico
vangelo, piuttosto che abbeverarsi ad acque stagnanti di cisterne
aride e screpolate (cf Ger 2,13): come sono opuscoli e libercoli
vari; letteratura religiosa scadente e poco illuminata; proposte di
pretestuosi e vani affidamenti a oggetti sacri, a statue e immagini
miracolose; ricerche ossessive di visioni o di idolatrati e mistificati
luoghi del sacro?
Sono domande e questioni, queste e mille altre ancora,
imbarazzanti. Oggi più che mai esigono una nostra intelligente
risposta e una forte coerenza operativa. Domande alle quali non
possiamo rifiutarci di rispondere se non vogliamo correre invano
e meritare il rimprovero dell’Apostolo: «Cristo ci ha liberati
perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi
imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Correvate così bene;
chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? Questa
persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un
pò di lievito fa fermentare tutta la pasta. É dunque annullato lo
scandalo della croce?» (Ef 5,1,7,8-9). Anche l’apostolo Pietro
ci mette bene in guardia: «non per essere andati dietro a favole
artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza
e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati
testimoni oculari della sua grandezza» (2 Pt 1,16).
Se veramente la causa missionaria deve rappresentare la
prima preoccupazione della chiesa e se questa è la grande sfida per
la chiesa del nostro tempo, occorre che ogni processo educativo
e formativo nella chiesa se ne facciano pienamente carico;
assumano cioè come obiettivo formativo primario la formazione
di coscienze credenti dal profilo aperto e dinamico. Bisognerà
che i processi educativi si configurino perciò in modo nuovo,
che si rimettano fortemente in questione contenuti e metodi
di catechesi e di evangelizzazione che purtroppo privilegiano
ancora la formazione di identità credenti chiuse e statiche, che
incoraggiano ancora forme di spiritualità introversa e intimistica,
pratica religiosa sterile e pietistica.
- 35 -
Come non fare riecheggiare il sogno di papa Francesco:
Sogno una scelta missionaria capace di trasformare
ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il
linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale
adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più
che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture,
che esige la conversione pastorale, si può intendere solo
in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte
più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue
istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti
pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca
così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre
la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi
dell’Oceania «ogni rinnovamento nella chiesa deve avere
la missione come suo scopo per non cadere preda di una
specie d’introversione ecclesiale» (EG 27; cf Il volto
missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 2).
Le parole del papa meritano una attenta riflessione. Per un
verso, infatti, la pastorale della chiesa deve avere una lunghezza
d’onda diversa rispetto al passato. Bisognerà puntare sulla
formazione di una spiritualità cristiana nuova, cercare modalità
nuove e mezzi nuovi per parlare, per comunicare la fede, per
accostare i problemi della gente, per comunicare la gioia del
vangelo. Occorrerà insomma mettere vino nuovo in otri nuovi e
occorre che la chiesa ridiventi cammino comunitario di un popolo
alla sequela autentica di Cristo. Avremo questa forza e questo
coraggio? Avremo la capacità di uscire fuori dai nostri schemi
ormai vecchi, avremo la capacità di osare e di essere creativi,
avremo la capacità di teorizzare e costruire una nuova pastorale,
come ci esorta papa Francesco:
La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare
il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”.
Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito
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di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi
evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione
dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi
per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia.
Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli
orientamenti di questo documento, senza divieti né paure
(EG 33).
Per altro verso, bisognerà evitare in tutti i modi di coltivare
ancora una pratica religiosa miseramente e fatalmente piegata
a stanche forme devozionali, improduttive e sterili; bisognerà
prendere le distanze da una fede vissuta come religiosità pigra,
individualistica, utilitaristica; bisognerà evitare che essa venga
piegata a fini sacrali e magici che nulla hanno a che fare con la fede
nel Cristo Signore, crocifisso e risorto. Nessuna ansia autentica e
nessuna spinta missionaria può venire da una religiosità stantìa,
logorata più dal bigottismo e dalla paura, dalla stanchezza e dalla
noia che dalla gioia straripante del vangelo. Puntualissima alla
nostra situazione la riflessione del papa:
Così prende forma la più grande minaccia, che «è il grigio
pragmatismo della vita quotidiana della chiesa, nel quale
tutto apparentemente procede nella normalità, mentre
in realtà la fede si va logorando e degenerando nella
meschinità». Si sviluppa la psicologia della tomba, che
poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo.
Delusi dalla realtà, dalla chiesa o da se stessi, vivono la
costante tentazione di attaccarsi a una tristezza dolciastra,
senza speranza, che si impadronisce del cuore come «il più
prezioso degli elisir del demonio». Chiamati a illuminare e
a comunicare vita, alla fine si lasciano affascinare da cose
che generano solamente oscurità e stanchezza interiore,
e che debilitano il dinamismo apostolico. Per tutto ciò
mi permetto di insistere: non lasciamoci rubare la gioia
dell’evangelizzazione! (EG 83; cf Comunicare il vangelo
in un mondo che cambia, 1).
- 37 -
Bisognerà a tal proposito, evitare anche l’equivoco radicale
- ma quanto pervasivo e generalizzato nella mente di molti - di
pensare alla pratica e alla frequenza religiosa come a un unico
e privilegiato criterio di vita cristiana o di spacciare per fede
cristiana la mera presenza in chiesa. Il numero e la presenza
in chiesa: ecco la tentazione permanente di una chiesa che si
rinchiude, soddisfatta e autoreferenziale, disdegnosa di aprirsi e
di rischiare; incapace di guardare oltre e poco fiduciosa nel Dio
della vita che anche dalle pietre può far nascere i suoi figli.
Occorre evitare questa tentazione permanente del contarsi e
del rigirarsi su stessi; invece che contarci dovremo ragionare sulla
qualità della fede e sulle implicanze della vera sequela Christi, e
soprattutto bisognerà assumere la logica della seminagione della
parola di Dio, dell’uscire e del rischiare (Il seminatore usci a
seminare… Mt 13,3) alla ricerca di terreni buoni e fruttuosi fuori
dal recinto, piuttosto che rassegnarsi a uno stanco e ossessivo
calpestìo della terra battuta, ormai sterilizzata e pietrosa, fiorente
spesso solo di spine e rovi, dove la Parola di Dio ha poca o nessuna
possibilità di germogliare e di crescere e dove l’assuefazione della
pratica ritualistica, zelante o meno che sia, rischia di sterilizzare
del tutto la novità esplosiva del regno di Dio. Dice bene papa
Francesco:
É evidente che in alcuni luoghi si è prodotta una
“desertificazione” spirituale, frutto del progetto di società
che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le
loro radici cristiane. Lì «il mondo cristiano sta diventando
sterile, e si esaurisce come una terra supersfruttata, che si
trasforma in sabbia». In altri paesi, la resistenza violenta al
cristianesimo obbliga i cristiani a vivere la loro fede quasi
di nascosto nel paese che amano. Questa è un’altra forma
molto dolorosa di deserto. Anche la propria famiglia o il
proprio luogo di lavoro possono essere quell’ambiente
arido dove si deve conservare la fede e cercare di irradiarla
(EG 86).
- 38 -
Che fare allora? Il deserto, certo, è luogo di aridità e di
tentazione; luogo di dispersione e di buio spirituale. Ma è anche
luogo di purificazione e di incontro, luogo di conversione e di
ravvedimento. Occorre ripartire dal deserto e re-iniziare un
percorso nuovo, per un rinnovamento della vita e della pratica
della fede; per riscoprire la bellezza della chiamata del vangelo
e dell’invito al banchetto del Regno. Dobbiamo fare ammenda
di infedeltà e di incoerenze, di lentezze e di pigrizie. Dobbiamo
essere in grado di riascoltare la Parola del vangelo con cuore e
spirito nuovo, lasciandoci alle spalle tiritere interpretative noiose
e improvvide, letture monotone e piatte, snervanti per chi vuole
accostarsi a Cristo e per chi cerca di gustare il vino nuovo del
Regno di Dio; letture proibitive per chi faticosamente cerca la via
del ritorno a Cristo e per chi vuole trovare riposo e pace.
Dobbiamo tornare a riascoltare e a proclamare la profezia
di Osea: «Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò
al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di
Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua
giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà in
quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e
non mi chiamerai più: Mio padrone» (Os 2,16-18).
Ripartire dal deserto; fare chiarezza dentro di noi; tornare a
Dio con tutto il cuore; tornare insomma al vangelo, è l’imperativo
che s’impone oggi a tutti noi. Proprio il deserto potrà portarci a
riscoprire l’essenziale della fede, a comunicarlo nella gioia; a fare
della Parola un annuncio seducente anche per l’uomo d’oggi:
Ma “è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto,
da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la
gioia di credere, la sua importanza vitale per noi, uomini e
donne. Nel deserto si torna a scoprire il valore di ciò che è
essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono
innumerevoli i segni, spesso manifestati in forma implicita
o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita.
E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede
- 39 -
che, con la loro stessa vita, indichino la via verso la Terra
promessa e così tengono viva la speranza. In ogni caso, in
quelle circostanze siamo chiamati ad essere persone-anfore
per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in
una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto,
il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva.
Non lasciamoci rubare la speranza! (EG 86).
Non si tratta, com’è ovvio, di fantasticare forme di
cristianesimo di élite, percorsi di intellettualismo gnostico o di
riserve privilegiate di benpensanti, né mai si dovranno irridere o
ci si prenderà gioco di forme popolari tutt’altro che inautentiche
o ingenue della pietà popolare (EG 122-126).
Si dovrà tuttavia riscoprire, finalmente, la forza essenziale e
semplice della fede; una fede che si scrolli di dosso credenze vane
e futili, logoranti ritualità che si trascinano come stanca eredità
del passato. Sarà perciò necessario riscoprire modalità e itinerari
di fede, percorsi formativi che guidino a una professione di fede
semplice ed essenziale. Il vangelo; solo il vangelo, con la sua
intrinseca energia dovrà diventare unica ragione di vita, fuoco
che scotta, trasparente testimonianza, luce non nascosta sotto il
moggio, lievito e sale per le donne e gli uomini del nostro tempo.
A questa interiorizzazione della fede cristiana dobbiamo mirare a
tutti i costi:
L’intimità della chiesa con Gesù è un’intimità itinerante,
e la comunione «si configura essenzialmente come
comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro,
è vitale che oggi la chiesa esca ad annunciare il vangelo a
tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio,
senza repulsioni e senza paura. La gioia del vangelo è per
tutto il popolo, non può escludere nessuno. Così l’annuncia
l’angelo ai pastori di Betlemme: «Non temete, ecco, vi
annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo»
(Lc 2,10). L’Apocalisse parla di «un vangelo eterno da
annunciare agli abitanti della terra e a ogni nazione, tribù,
lingua e popolo» (Ap 14,6) (EG 23).
- 40 -
Tale urgenza di evangelizzazione e di missionarietà non può
essere in alcun modo elusa o disattesa, né piegata a interpretazioni
soggettive e arbitrarie, né ritenuta opzione semplicemente
facoltativa per la coscienza credente. L’azione missionaria non
è un optional, né una scelta attitudinale o individuale, né un
privilegio riservato a pochi. È una scelta obbligata, irrinunciabile,
intrinseca all’essere del cristiano in quanto cristiano. È una scelta
obbligata e costitutiva della vocazione alla fede. Essere ‘chiamati’
ed essere ‘mandati’ sono un unicum indivisibile e inscindibile.
Qui sta l’assoluta serietà della fede cristiana. Vale perciò
per l’intera chiesa quanto il papa afferma anzitutto per cardinali,
vescovi e presbiteri:
Resta chiaro che Gesù Cristo, non ci vuole come prìncipi
che guardano in modo sprezzante, ma come uomini e
donne del popolo. Questa non è l’opinione di un papa né
un’opzione pastorale tra altre possibili; sono indicazioni
della Parola di Dio così chiare, dirette ed evidenti che
non hanno bisogno di interpretazioni che toglierebbero
ad esse forza interpellante. Viviamole sine glossa, senza
commenti. In tal modo sperimenteremo la gioia missionaria
di condividere la vita con il popolo fedele a Dio cercando
di accendere il fuoco nel cuore del mondo (EG 271).
Il cristianesimo perciò non tollera alcuna scissione tra ciò
che si crede e ciò che si annuncia. Ciò che si crede è, infatti, ciò
che si annunzia; e solo ciò che si annunzia è ciò che si crede
veramente. Se il credente non annuncia vuol solo dire che egli
non crede a nulla. Una fede non testimoniata e non annunciata
è semplicemente non-fede. Perciò, senza alcuna restrizione o
preclusione, ogni credente, qualunque sia il posto che egli occupa
nella comunità cristiana e qualunque sia il suo grado di istruzione,
o la sua età o la sua condizione sociale e culturale, è chiamato in
forza del suo battesimo, con la vita prima che con la parola, a dare
l’annuncio della fede.
- 41 -
C’è quindi da riscoprire e da promuovere il protagonismo
missionario di ogni battezzato, impegno non declinabile
e non delegabile, impegno da esercitare in prima persona
responsabilmente; impegno non legato, per sé, ad alcuna
preparazione specifica o specializzata, tranne che all’esigenza
irrefrenabile di comunicare ad altri la gioia e l’esultanza
dell’incontro vissuto e sperimentato col Risorto che vive nella
storia:
Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è
incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo
più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo
sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo convinti,
guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo
aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo
pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41).
La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con
Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero
in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san
Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito
annunciava che Gesù è il figlio di Dio» (At 9,20). E noi che
cosa aspettiamo?” (EG 120; cf Testimoni di Gesù Risorto,
speranza del mondo, 3-5).
- 42 -
Un’altra parabola disse loro:
Il regno dei cieli si può paragonare al lievito,
che una donna ha preso e impastato
con tre misure di farina perché tutta si fermenti
Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo;
un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo,
poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi
e compra quel campo
Il regno dei cieli è simile a un mercante
che va in cerca di perle preziose;
trovata una perla di grande valore,
va, vende tutti i suoi averi e la compra
(Mt 13,31-33,44-46)
IV. LE ESIGENZE DELLA MISSIONARIETÀ
Naturalmente dalla gioia dell’incontro vissuto e sperimentato
col Risorto nascerà inevitabilmente anche il bisogno della
formazione, dell’approfondimento e dello studio della Parola
accolta. L’esperienza col vivente-Risorto spingerà al proposito e
al desiderio di gustare e di comprendere ancor più il senso di ogni
parola, di ogni profezia che a Lui si riferisce. Si sperimenterà
allora la stessa gioia interiore che provarono alcuni discepoli in
quella sera magica che li portava ad Emmaus: «E, cominciando
da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò
che si riferiva a lui» (Lc 24,27). Come la mente e il cuore di quei
- 43 -
LE ESIGENZE DELLA MISSIONARIETÀ
Un’altra parabola espose loro:
Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa,
che un uomo prende e semina nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto,
è più grande degli altri legumi e diventa un albero,
tanto che vengono gli uccelli del cielo
e si annidano fra i suoi rami
due discepoli - prima tristi e mesti ma anche “stolti e tardi di
cuore nel credere” (Lc 24,25) - si illuminavano e si scaldavano
progressivamente, così anche il cuore e la mente dei discepoli
di oggi troveranno alimento nella progressiva conoscenza delle
Scritture, delle profezie, dei segni che parlano di Lui, che su di lui
convergono come al loro centro e fine.
Né sarà vano che, dall’incontro trasformante con Lui,
si continui a ricercare e risalire a tutto ciò che anche la storia
profana del mondo e la vita quotidiana degli uomini più o meno
velatamente continua a parlare di Lui. Scrive papa Francesco:
Certamente tutti noi siamo chiamati a crescere come
evangelizzatori. Al tempo stesso ci adoperiamo per una
migliore formazione, un approfondimento del nostro
amore e una più chiara testimonianza del vangelo (EG
121).
1. Annuncio e formazione: no all’improvvisazione
L’incontro col vivente-Risorto apre il cuore e la mente
alla realtà intera, aiuta a comprendere avvenimenti e fatti prima
incompresi, aiuta a leggere le pagine della storia conferendo
significato nuovo a quanto accaduto e a quanto avviene sotto
i nostri occhi; aiuta a dare senso e spessore alla vita e agli
avvenimenti che ci circondano, al cammino dell’uomo nel mondo
e al senso nascosto della nostra vita personale e sociale. Non si
tratta di una formazione fine a se stessa, per pochi iniziati o per
professionisti privilegiati, ma di una formazione che nasce dalla
coscienza del credente in quanto tale, dall’esigenza insopprimibile
di comunicare la conoscenza di Lui, e “la straordinaria grandezza
della sua potenza verso di noi credenti” (cf Ef 1,19): dal bisogno
di dare una più chiara testimonianza di Lui e del suo vangelo di
vita (cf Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo, 6-9).
- 44 -
Si chiarisce così il vero senso della formazione e
dell’educazione cristiana che l’episcopato italiano ha messo al
centro della sua attenzione pastorale del decennio in corso e al
nesso incidibile tra educazione cristiana e missionarietà. Non
una formazione fine a se stessa, o prevalentemente intellettuale e
dotta, destinata a specialisti e a persone capaci e dotate di mezzi
e di strumenti comunicativi particolari, ma una formazione che
scaturisce dall’esigenza di vivere la propria chiamata battesimale
e di saperla comunicare e testimoniare ai fratelli:
In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo
di Dio è diventato discepolo missionario (cf Mt 28,19).
Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella
chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto
attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare
ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori
qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente
recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione
deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei
battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello
diretto ad ogni cristiano, perché nessuno rinunci al proprio
impegno di evangelizzazione, dal momento che, se uno
ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo
salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per
andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano
impartite molte lezioni o lunghe istruzioni (EG 120).
Si tratta quindi di quella formazione che scaturisce
dall’incontro col Cristo e dalla volontà comunicativa della gioia
di questo incontro vissuto e sperimentato; gioia sempre alimentata
dal rapporto sempre vivo ed entusiasmante con Lui. Dice il papa,
all’inizio della sua Esortazione:
Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto
XVI che ci conducono al centro del vangelo: «All’inizio
dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una
- 45 -
grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una
Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la
direzione decisiva» (EG 6).
A questa formazione devono tendere perciò tutti i processi
formativi ed educativi della comunità cristiana, degli adulti come
dei ragazzi e dei giovani. Ogni processo formativo che si limitasse
a comunicare ancora una dottrina astratta o dei contenuti aridi e
intellettuali fallirebbe il suo vero obiettivo e sarebbe deformante
dal punto di vista strettamente evangelico. Il cristiano non è
chiamato ad aderire a una dottrina astratta, o a un insegnamento
di natura etica o filosofica, ma ad accogliere e ad annunciare
l’amicizia del Verbo di Dio fatto carne, il suo personale messaggio
di vita e di liberazione, che è una sola cosa con l’accoglimento
della sua persona:
In ogni caso, tutti siamo chiamati ad offrire agli altri la
testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore,
che al di là delle nostre imperfezioni ci offre la sua
vicinanza, la sua Parola, la sua forza, e dà senso alla nostra
vita. Il tuo cuore sa che la vita non è la stessa senza di Lui,
dunque quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere
e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli
altri (EG 121).
Relativamente alle esigenze della formazione, non si tratta
per le nostre comunità di tirar fuori mega-progetti pastorali o di
metter su elaborati piani di missionarietà e di evangelizzazione,
e neppure di puntare a una organizzazione comunicativa
pienamente efficiente e funzionante dal punto di vista meramente
tecnico e strumentale al punto di non lasciar nulla al caso. Il vero
missionario non è mai schiavo dell’attivismo e dei programmi:
Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo,
sa che Gesù cammina con lui, lavora con lui (EG 266).
- 46 -
La sorgente dell’evangelizzazione, la forza comunicativa
del cristianesimo e della fede cristiana sta nella testimonianza
semplice dell’incontro sperimentato e della gioia vissuta:
…se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona
il senso della vita, come può contenere il desiderio di
comunicarlo agli altri? (EG 7).
Non rare volte, tuttavia, ci si nega a questa gioia
dell’annuncio. Molti cristiani vivono mesti e tristi la loro
fede, incapaci di annuncio e di testimonianza. Si accampano
scuse e impedimenti per sottrarsi a questo compito e a questa
responsabilità.
Molte altre volte ci si può sottrarre alla responsabilità
dell’annuncio perché ritenuto ruolo ingrato. Ci si aspetta
gratificazioni istantanee, consensi e plausi. Si abbandona allora
l’impresa, preda di una patologica scontentezza, di un’accidia che
inaridisce lo spirito. Così, come afferma il papa:
può succedere che il cuore si stanchi di lottare perché
in definitiva cerca se stesso in un carrierismo assetato
di riconoscimenti, applausi, premi, posti; allora uno non
abbassa le braccia, però non ha più grinta, gli manca la
risurrezione: Così, il vangelo, che è il messaggio più bello
che c’è in questo mondo, rimane sepolto sotto molte scuse
(EG 277).
Ci si potrà perciò trincerare su difficoltà di natura culturale
o intellettuale per declinare l’impegno alla testimonianza e la
responsabilità che ognuno di noi ha: quella di render pienamente
ragione della propria speranza (cf 1 Pt 3,15)? Si potranno trovare
scuse o giustificazioni per ritenersi inadatti o impreparati e
delegare ad altri tale compito di missionarietà? Fratelli carissimi,
nessun alibi e nessuna delega possono più trovare giustificazione.
Al cuore del credente s’impone da sé l’esigenza incontenibile
- 47 -
e gioiosa di parlare di Lui, di dire la sua Gloria e di dargli
testimonianza coraggiosa e fedele di fronte al mondo:
La nostra imperfezione non dev’essere una scusa; al
contrario, la missione è uno stimolo costante per non
adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere.
La testimonianza di fede che ogni cristiano è chiamato
ad offrire, implica affermare come san Paolo: «Non ho
certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione;
ma mi sforzo di correre per conquistarla... corro verso la
mèta» (Fil 3,12-13) (EG 121).
Solo se si coglie questo stretto nesso, che è di immediata
consequenzialità, tra la gioia dell’incontro e l’esigenza di una
testimonianza missionaria ed evangelizzatrice, si comprende
davvero il proprium della fede cristiana.
2. I laici nella chiesa: no al clericalismo
Affermare che la chiesa è costitutivamente missionaria
significa che nessuno nel popolo di Dio è esente dal compito
missionario (LG 30,33; AA 3,5,10). Ciò suppone che tutti i cristiani
abbiamo piena coscienza della loro vocazione battesimale e, di
conseguenza, del loro dovere di essere missionari; chiamati cioè a
dare ogni giorno nella loro vita testimonianza del nome cristiano.
Ciò suppone una solida formazione cristiana e implica anche che
tutta la pastorale della chiesa sia indirizzata alla crescita di un
laicato maturo e adulto nella vita della chiesa (cf Comunicare il
vangelo in un mondo che cambia, 54).
La piena consapevolezza di questo ruolo suppone in via
preliminare che si recepisca davvero la svolta ecclesiologica che
ci viene dall’insegnamento conciliare e che vede la definizione
più adeguata di chiesa come ‘popolo di Dio’ unito e organico (cf
LG 9-17). Solo all’interno di questa unità organica e compatta, si
metteranno in rilievo le legittime e arricchenti differenze di doni
- 48 -
e di funzioni all’interno dell’organismo ecclesiale. Sicché, tale
presa d’atto porta a considerare anzitutto l’uguale dignità di tutti
i membri del popolo santo di Dio e la comune corresponsabilità
nell’unica missione della chiesa nel mondo (cf Educare alla vita
buona del vangelo, 35).
Molto resta tuttavia da recepire. Da una parte, infatti,
abbiamo lo strascico di un perdurante dualismo chierici-laici che
segnala ancora, nella mente di molti sia laici che chierici, distanze
notevoli, incomprensioni, conflittualità residuali e del tutto
immotivate; dall’altra, abbiamo il problema reale che segnala la
necessità e l’urgenza di una formazione che porti a maturazione la
responsabilità missionaria dell’intero popolo di Dio, guarda caso
formato dall’immensa maggioranza dei laici al cui servizio c’è
una minoranza: i ministri ordinati.
Grazie a Dio, disponiamo ormai di un numeroso laicato
impegnato e responsabile e molto s’è realizzato per la promozione
della dignità e del ruolo dei laici nella chiesa. Tuttavia moltissimo
resta ancora da fare. Noi stessi siamo tornati con insistenza sul
problema dei laici nella chiesa e nella loro responsabilità educativa
(cf Lasciamoci educare da Dio, 3b). Questa responsabilità laicale,
infatti, da una parte stenta ancora a essere assunta e pienamente
riconosciuta, dall’altra non si manifesta sempre nello stesso modo
da tutte le parti. In alcuni casi, non sempre una preparazione
adeguata sorregge l’assunzione di responsabilità importanti,
in altri casi, a causa di un eccessivo clericalismo, non sempre
il laicato anche preparato trova nelle comunità locali un vero
spazio per potersi esprimere e agire o per partecipare ai processi
decisionali della chiesa.
Resta perciò la necessità di promuovere ogni giorno di più
l’elevazione del laicato al compito che gli spetta e alla dignità
battesimale che gli è costitutiva, e si deve coltivare la speranza che
davvero cresca sempre di più, in tutti i laici cristiani, la coscienza
della propria identità e della propria missione nella chiesa e nel
mondo (cf EG 102). Bisognerà operare anche con saggezza perché
tale crescita si radichi sempre in un forte senso comunitario, e
- 49 -
che tale promozione si caratterizzi per un generoso impegno nel
campo della carità, per la disponibilità a fare percorsi formativi
ed educativi e per una partecipazione attiva e responsabile alla
celebrazione della fede nella liturgia.
Questa presa di coscienza della propria dignità battesimale
dovrà, poi, riflettersi fedelmente - come auspica papa Francesco in una pratica sociale coerente con la fede celebrata e in un’azione
saggia e intelligente mirante a impregnare il mondo socioculturale, politico ed economico dei valori del vangelo. È, infatti,
nella concreta realtà degli uomini che va realizzata l’autentica
vocazione missionaria.
La dimensione missionaria della chiesa, in altre parole,
esige ed invoca una pratica della fede che non resti nell’ambito
semplicemente intra-ecclesiale; piuttosto la fede cristiana deve
aprirsi all’esterno, deve mirare alla reale trasformazione del
mondo, all’incremento della giustizia e della solidarietà fra gli
uomini e deve influire costruttivamente sul tessuto relazionale
nella società nella quale viviamo. Ecco perché per il papa:
la formazione dei laici e l’evangelizzazione delle categorie
professionali e intellettuali rappresentano un’importante
sfida pastorale (EG 102).
Il discorso sulla corresponsabilità dei laici nell’unica
missione della chiesa, implica necessariamente un riferimento
particolare all’importanza della donna e al suo indispensabile e
tipico apporto alla vita della chiesa. Si può e si deve affermare
anzi che il protagonismo femminile è indispensabile per la
comprensione e la crescita della dimensione missionaria della
chiesa.
Il tema della presenza e del ruolo delle donne nella società
e nella chiesa è tema presente nel magistero di papa Francesco.
- 50 -
Nella Evangelii gaudium ci ritorna con insistenza:
La chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna
nella società, con una sensibilità, un’intuizione e certe
capacità peculiari che sono solitamente più proprie
delle donne che degli uomini. Ad esempio, la speciale
attenzione femminile verso gli altri, che si esprime in modo
particolare, anche se non esclusivo, nella maternità. Vedo
con piacere come molte donne condividono responsabilità
pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo
per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi
ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è
ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza
femminile più incisiva nella chiesa. Perché «il genio
femminile è necessario in tutte le espressioni della vita
sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle
donne anche nell’ambito lavorativo» e nei diversi luoghi
dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella
chiesa come nelle strutture sociali (EG 103).
La condivisione pastorale di cui attualmente si fanno
carico molte donne, nel campo dell’accompagnamento di
persone, di famiglie, di gruppi e realtà ecclesiali, indica già una
direzione nell’assunzione di ruoli decisivi da parte delle donne e
propiziano nuove possibilità di presenze ancora più qualificanti
e incisive nella vita e nel governo stesso della chiesa. Sicché il
pieno dinamismo della dimensione missionaria ci fa scoprire,
relativamente alla preziosa presenza della donna, nuove sfide
pastorali e ci chiama a dare risposte a interrogativi sulla sua figura e
sulla sua presenza. Se, come afferma papa Francesco, nella chiesa
le funzioni non danno luogo ad alcuna superiorità degli uni sugli
altri, siamo ben lontani ancora dal dare nella pratica e nella stessa
riflessione teologica risposte pienamente esaurienti (cf EG 104).
L’esigenza di una piena valorizzazione della donna sulla base
della comune dignità e santità battesimale deve portare la chiesa
a un compito di discernimento che è ancora ai primi passi; restano
- 51 -
indubbiamente da prefigurare e da spianare per le donne nuove
funzioni ministeriali, nuovi campi di presenza e di responsabilità,
nuove assunzioni di responsabilità e certamente ruoli partecipativi
ai processi decisionali ancora del tutto inesplorati o disattesi.
3. Una missione ecclesiale: non all’individualismo!
È importante, a questo punto, riflettere sull’autentico
significato della testimonianza missionaria che scaturisce dalla
gioia dell’incontro. Non raramente infatti l’atteggiamento della
testimonianza cristiana rischia di lasciarsi inquinare da elementi
del tutto estranei alla coscienza evangelica. La coscienza
missionaria della chiesa e dei cristiani, soprattutto degli operatori
pastorali, degli educatori e dei formatori, deve essere fortemente
illuminata e guidata.
Un elemento di fondamentale importanza è indubbiamente
quello della dimensione ecclesiale dell’annuncio e della
testimonianza missionaria. Tenere presente questa dimensione
ecclesiale significa che l’annuncio non è iniziativa condotta a
livello individuale e privato, né che il messaggio sia soggettivo
e personale. I cristiani sono piuttosto partecipi e responsabili di
un’unica missione e di un’unica testimonianza, quella dell’intero
popolo di Dio.
Il papa pensa, a questo proposito, a una forma “mistica” di
vivere la fede che è la volontà di fondersi con gli altri, di vivere
insieme, di mescolarsi e di incontrarsi per fare vera esperienza di
fraternità e di condivisione, di unirsi e di operare insieme creando
una vera carovana di solidarietà e di missionarietà. Questa tuttavia
non è semplicemente un’alternativa rispetto ad altre alternative di
azione. È piuttosto una scelta obbligata:
Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione
umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida
di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme,
- 52 -
di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di
appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica
che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità,
in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In
questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione
si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di
solidarietà tra tutti. Se potessimo seguire questa strada,
sarebbe una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto
liberatrice, tanto generatrice di speranza! Uscire da se
stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in se stessi
significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza,
e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che
facciamo (EG 87).
Se si vuole operare efficacemente, occorre, dunque, uscire
da se stessi per unirsi agli altri. L’individualismo produce un
amaro veleno, e questo veleno a lungo andare non produrrà altro
che morte. Per arrivare dunque a una ‘mistica’ di vivere la fede,
ovvero a una mentalità veramente ecclesiale, è indispensabile
abbandonare realmente ogni cultura del sospetto, non cedere mai
alla tentazione di una sfiducia permanente negli altri, desistere
da ogni aprioristico atteggiamento difensivo, negarsi a ogni
tentativo di costituire cordate o circoli elitari ristretti ai più intimi;
cose tutte che creano distanze e separazioni, che mortificano la
dimensione essenzialmente sociale e comunionale del vangelo
accolto e annunciato. Ben consapevoli, perciò, che l’isolamento
ad altro non porta che a una falsa autonomia (cf EG 89) e che
fuggire dagli altri è spesso solo un alibi di disimpegno e un
comodo rifugiarsi nel privato, i membri della chiesa dovranno
eccellere per una vera coscienza ecclesiale e per un vero spirito
comunionale e di corresponsabilità (cf Comunicare il vangelo in
un mondo che cambia, 65).
Certo, constatiamo tutti le difficoltà e la fatica del
camminare e del lavorare insieme. Armonizzare partecipazione
e collaborazione secondo le diversità di compiti, di carismi e
di ministeri è un’arte difficile esposta a fallimenti e a conflitti.
- 53 -
Permane, poi, anche dove tale armonizzazione pare riuscire, il
pericolo e il rischio che alcuni si impossessino permalosamente
del proprio ruolo come se fosse proprio, piuttosto che accoglierlo
come dono da condividere gioiosamente e da allargare ad altri.
Una coscienza autenticamente ‘ecclesiale’, perciò,
sarà anzitutto quella che si esprimerà nella comprensione del
ministero inteso esclusivamente come servizio e mai come potere,
nell’apertura continua agli altri, nella disponibilità a camminare
seriamente con gli altri, nella capacità di mettere in atto azioni
sinergiche con tutti coloro che condividono la stessa fede e la
stessa azione pastorale; una coscienza che perciò non si lascerà
vincere o tentare da scelte soggettive, né da spiritualità specifiche
o autarchiche. Si dovrà piuttosto optare per scelte che mettano
sempre in evidenza piuttosto che gli elementi di distinzione e
di differenza, che faticano - specie se assolutizzati - a integrarsi
pienamente con la dimensione autenticamente ecclesiale
dell’unico popolo di Dio, gli elementi di unità e di comunione, di
coesione e di armonia.
D’altra parte, non meno grave si presenta il rischio, nella
propria azione di annuncio e di testimonianza, di rinchiudersi
narcisisticamente in una sorta di cinta egoistica e intimistica.
Lasciarsi guidare o trascinare da una sorta di anarchismo
individualistico e particolaristico, sconnesso dal tessuto ecclesiale,
è chiaramente andare contro l’azione unificante dello Spirito di
Dio. Negarsi alla comunione con gli altri, significa negare alla
radice la motivazione stessa dell’azione missionaria. Nel migliore
dei casi, la carenza del senso ecclesiale e comunionale altro non è
che un sintomo evidente della scarsa passione missionaria.
È infatti l’assenza di una vera passione missionaria a far
prevalere individualismi e protagonismi, a far esplodere pulsioni
ed egoismi sfrenati, a far emergere appartenenze ecclesiali rigide
e settarie, a dar vita ad aggregazioni e a gruppi poco inclini a
raggiungere le periferie dell’umano e sempre pronti a difendere
in modo arcigno le proprie idee e i propri confini e con l’ossessiva
preoccupazione a mantenere la loro influenza nello spazio
- 54 -
chiuso del proprio orticello. Un “no” chiaro dunque va detto ai
particolarismi e ai protagonismi eccentrici; un “no” deciso che
sia efficace antidoto al conflitto latente e alla guerra strisciante
che - ahinoi! - prende spesso piede anche all’interno del popolo
di Dio (cf EG 98-101).
L’ecclesialità è perciò timbro qualitativo della stessa
missionarietà. La missione della chiesa non è un fatto di missionari
solitari, di individui privati, di singoli protagonisti, e neppure di
finalità e di obiettivi individuali e soggettivi; la missione della
chiesa è missione di un popolo in un popolo. Nessuno si salva gli
altri o salva da solo. Essere chiesa significa essere popolo di Dio,
vivere una comune storia di salvezza, essere portatori di un’unica
missione nel mondo. Come afferma papa Francesco:
Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua
ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente
nella vita del popolo santo di Dio per il bene di tutti.
Un’autentica novità suscitata dallo Spirito non ha bisogno
di gettare ombre sopra altre spiritualità e doni per affermare
se stessa. Quanto più un carisma volgerà il suo sguardo al
cuore del vangelo, tanto più il suo esercizio sarà ecclesiale.
È nella comunione, anche se costa fatica, che un carisma si
rivela autenticamente e misteriosamente fecondo. Se vive
questa sfida, la chiesa può essere un modello per la pace
nel mondo (EG 130).
Bisognerà lavorare perciò in sinergica comunione, facendo
della diversità una ricchezza e mai un motivo di divisione o di
scontro; trasformandola in occasione di crescita dinamica e
promozionale per tutti; realizzando nello Spirito l’unità nella
pluralità riconciliata; esorcizzando in ogni modo tanto esclusivismi
e particolarismi quanto omologazione e piatta uniformità (cf EG
131).
Bisogna, in conclusione, non lasciarsi rubare l’ideale
dell’amore fraterno! (cf EG 101), vincendo in ogni direzione ogni
azione centrifuga, ogni tendenza al ‘fai da te’, ogni tentazione
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narcisistica, nonché le tante meschinerie umane, le croniche
scontentezze, e anche quelle forme di accidia che inaridiscono
l’anima e che spesso sono conseguenze di un’azione pastorale
guidata da individui che amano la carriera piuttosto che la gloria di
Dio, che cercano più la gloria personale che la comunicazione del
vangelo, il riconoscimento e il consenso degli uomini piuttosto
che quello del Signore.
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Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro,
fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto,
mentre il Signore operava insieme con loro
e confermava la parola
con i prodigi che l’accompagnavano
(Mc 16, 15-16, 19-20)
V. RISVEGLIARE LA PASSIONE MISSIONARIA
Figli carissimi, quanto abbiamo finora detto ci porta a trarre
conseguenze importanti per la nostra vita. Non basta infatti che
la chiesa riscopra il suo volto missionario con parole generiche,
né che ne rinnovi il proprio slancio solo nei documenti scritti,
se a tutto questo non consegue una vera passione missionaria
nell’azione concreta e nella quotidianità della storia umana, quella
stessa passione che segnò la vita e la testimonianza di Cristo
Signore. È nostro dovere riscoprire perciò la natura realmente
incarnatoria, l’esigenza fortemente empatica e di prossimità
del messaggio evangelico nella storia degli uomini, nel suo
movimento discendente verso i bisogni reali delle persone.
A nessuno sfugga, perciò, la necessità di conoscere e
superare i tanti rischi cui si può andare incontro. Ci aiutano in
questo le indicazioni di papa Francesco.
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RISVEGLIARE LA PASSIONE MISSIONARIA
Gesù disse loro:
“Andate in tutto il mondo
e predicate il vangelo ad ogni creatura.
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo,
ma chi non crederà sarà condannato”
1. Il rischio della mondanità spirituale
Un primo rischio è rappresentato dall’aridità del cuore
di chi annunzia la Parola di Dio. In altre parole, una coscienza
missionaria schizoide, che relega l’impegno alla diffusione del
vangelo quasi ad appendice professionalistica o impiegatizia
e, perciò, astratta dalla propria vita reale, tradisce e rinnega la
propria identità battesimale, smentisce nel profondo la natura
stessa del vangelo del Signore. Duro il giudizio di papa Francesco
a tale riguardo:
Oggi si può riscontrare in molti operatori pastorali, comprese
persone consacrate, una preoccupazione esagerata per gli
spazi personali di autonomia e di distensione, che porta
a vivere i propri compiti come una mera appendice della
vita, come se non facessero parte della propria identità.
Nel medesimo tempo, la vita spirituale si confonde con
alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo ma
che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel
mondo, la passione per l’evangelizzazione (cf EG 78).
È quella che il papa chiama tentazione della mondanità,
dell’omologazione all’ambiente mediatico, della sottomissione
alla logica pervasiva ed ossessiva di essere come gli altri (cf EG
79), e perciò conduce fatalmente, anche persone consacrate, a una
sorta di ateismo o relativismo pratico, che porta - continua il
papa - a vivere e ad agire:
come se Dio non esistesse, decidere come se i poveri
non esistessero, sognare come se gli altri non esistessero,
lavorare come se quanti non hanno ricevuto l’annuncio
non esistessero. È degno di nota il fatto che, persino chi
apparentemente dispone di solide convinzioni dottrinali
e spirituali, spesso cade in uno stile di vita che porta ad
attaccarsi a sicurezze economiche, o a spazi di potere e di
gloria umana che ci si procura in qualsiasi modo, invece
- 58 -
di dare la vita per gli altri nella missione. Non lasciamoci
rubare l’entusiasmo missionario! (EG 80).
Nessuna testimonianza autentica può venire, da chi è
succube della mentalità corrente e sviluppa in sé quasi un
complesso di inferiorità o sente di dover occultare la propria
identità cristiana e le proprie convinzioni di fede. Spenta la gioia
della fede che nasce dall’incontro coinvolgente con Cristo e che
implica la piena aderenza della vita al vangelo, abbandonata ogni
autentica passione missionaria, arida e priva di ogni efficacia
sarà, di conseguenza, anche la comunicazione della fede e la
testimonianza al vangelo del Signore.
Un ‘no’ chiaro perciò a ogni forma di mondanità spirituale.
Quanti vogliono vivere un’autentica passione missionaria
dovranno esorcizzare in ogni modo questa tentazione. Tentazione
sottile e latente in molti operatori, la mondanità spirituale
impoverisce e priva la passione missionaria del suo vigore
proprio e del suo slancio operativo e la connette a motivazioni
altre da quelle genuine che scaturiscono dalla sorgente unica che
è la gioia dell’annuncio del vangelo, ovvero da ciò che rende puro
e disinteressato tale annuncio.
Tentazione sottile e nascosta, essa porta anche a nascondere
spesso nella stessa azione evangelizzatrice interessi personali, di
posizione, di prestigio, spesso di potere manifesto. Avviene così,
purtroppo, che il vangelo viene spesso piegato, da una parte, a
ragioni ideologiche e soggettive, a visioni immanentistiche e
autoreferenziali della realtà, a precomprensioni anche di natura
intellettualistica o propriamente gnostica; dall’altra, viene anche
connesso a visioni ecclesiali spesso anacronistiche, a sicurezze
dottrinali e a forme di comunicazione apologetica d’altri tempi o
anche, purtroppo, a forme di controllo autoritario e ricattatorio sui
destinatari dell’annuncio. È il rischio che il papa chiama:
neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro
che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie
- 59 -
forze e si sentono superiori agli altri perché osservano
determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli
ad un certo stile cattolico proprio del passato. È una
presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo
ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di
evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e
invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le
energie nel controllare (EG 94).
Un’autentica evangelizzazione non avrà nulla da spartire con
motivazioni riconducibili a sotterfugi latenti, a mire nascoste di
potere, ad ambizioni personali o di gruppo, a propositi di dominare
lo spazio ecclesiale e di ergersi ad arbitri monopolizzanti della
comunicazione della fede. Ugualmente incompatibile con la vera
passione missionaria si rivelano iniziative e forme comunicative
miranti a obiettivi vistosi e di successo nel campo socio-politico,
o alla ricerca di soddisfazioni autoreferenziali e auto-celebrative:
La mondanità spirituale che si nasconde dietro apparenze
di religiosità e persino di amore alla chiesa, consiste
nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria
umana ed il benessere personale. È quello che il Signore
rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi che
ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria
che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44). Si tratta di un modo
sottile di cercare «i propri interessi, non quelli di Gesù
Cristo» (Fil 2,21). Assume molte forme, a seconda del
tipo di persona e della condizione nella quale si insinua.
Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non
sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno
tutto appare corretto. Ma se invadesse la chiesa, «sarebbe
infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità
semplicemente morale» (EG 93).
Svuotato l’annuncio della sua gioiosa gratuità, della capacità
d’accoglienza libera e liberatrice della Parola e del seducente
richiamo a seguire solo Lui, maestro d’amore e di liberta (cf Mt
- 60 -
10,8), si rischia di strumentalizzare il vangelo per finalità profane
e mondane, trasformandolo quasi in un laccio per imbrigliare in
una rete relazionale ambigua e asfittica i fratelli che attendono
piuttosto di essere liberati e affrancati dalla Parola di Dio, di
venire sciolti da condizionamenti e schiavitù varie, nonché da
pesi e asservimenti sociali, culturali, politici ed economici. Dice
a tal proposito il papa:
In questo contesto, si alimenta la vanagloria di coloro che si
accontentano di avere qualche potere e preferiscono essere
generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati
di uno squadrone che continua a combattere. Quante volte
sogniamo piani apostolici espansionisti, meticolosi e ben
disegnati, tipici dei generali sconfitti! Così neghiamo la
nostra storia di chiesa, che è gloriosa in quanto storia
di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita
consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso,
perché ogni lavoro è “sudore della nostra fronte”. Invece
ci intratteniamo vanitosi parlando a proposito di “quello
che si dovrebbe fare” - il peccato del “si dovrebbe fare” come maestri spirituali ed esperti di pastorale che danno
istruzioni rimanendo all’esterno. Coltiviamo la nostra
immaginazione senza limiti e perdiamo il contatto con la
realtà sofferta del nostro popolo fedele (EG 96).
In conclusione, la conseguenza ultima e molto grave per gli
operatori che soggiacciono a tale tentazione è quella, lamenta il
papa, che l’azione missionaria ed evangelizzatrice viene privata
della sua stessa essenza, ovvero
del sigillo di Cristo incarnato, crocifisso e risuscitato, si
rinchiude in gruppi di élite, non va realmente in cerca dei
lontani né delle immense moltitudini assetate di Cristo.
Non c’è più fervore evangelico, ma il godimento spurio di
un autocompiacimento egocentrico (EG 95).
- 61 -
2. Missione e gratuità: no al proselitismo
Una fede genuinamente missionaria, come è evidente da
quanto finora detto, non può ridursi neanche a forme che sanno di
proselitismo o anche di fondamentalismo fanatico e intollerante.
Qui si nasconde un altro elemento di debolezza nell’opera di
evangelizzazione. La gioia che spinge a comunicare la fede
non può essere la gioia che viene dalla capacità di conquista
del consenso, di dominio sociale o culturale, dalla volontà
colonizzatrice delle coscienze e delle libertà altrui. Alla radice
dello slancio missionario ci deve essere soltanto la pura gioia del
vangelo, che è proposta di vita, chiamata alla libertà, invito alla
gioia e a una vita nuova. Motivazioni improprie meriteranno il
rimprovero profetico di Paolo (cf Gal 1,8-10).
Non si deve perciò equivocare sul senso autentico del
rilancio della missionarietà della chiesa e della coscienza
credente. Se infatti, giustamente, si lamentano pigrizie e lentezze
nella coscienza credente, scarsa consapevolezza e scarso impegno
missionario da una parte, neppure si deve scambiare per passione
missionaria uno zelo improvvido e fanatico di diffusione della
fede cristiana.
L’equivoco che si nasconde nella tentazione di uno zelo
proselitistico tanto più si rivela grave e rischioso quanto più
sottile e mistificante è la sua natura. Lo zelo autentico che
scaturisce dalla passione missionaria è altra cosa dall’attivismo
sprovveduto, dall’atteggiamento privo di di delicatezza e di
carità; è ben altra cosa dell’assillo quasi persecutorio che si
mette in atto per convertire l’altro a tutti i costi. In realtà, quindi,
sotto la maschera dello zelo proselitistico si nascondono spesso
atteggiamenti aggressivi e opprimenti; nonché la volontà di
imporre più che di annunciare nella gioia la propria fede agli altri
(come purtroppo è avvenuto spesso nella storia; basti pensare
all’epoca colonialistica). In ogni caso e, anche nelle migliori
intenzioni, il proselitismo introduce nel rapporto con l’altro una
variabile relazionale che sa più di invadenza che di incontro, che
- 62 -
non rispetta l’intimità sacra dell’uomo, che esprime una vera e
propria interferenza nella coscienza e nel processo decisionale
della persona umana.
La chiesa, dice papa Francesco, citando ancora una volta
Benedetto XVI:
non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per
testimonianza (EG 14).
L’autentica missione della chiesa fa riferimento a un
annuncio della Parola sempre rispettoso della dignità e autonomia
della persona; un annuncio che fa riferimento all’attrazione e alla
forza intrinseca della Parola di verità, al fascino del vangelo e
della testimonianza evangelica. Vera testimonianza evangelica è
solo quella che è in grado di penetrare nel cuore e nella mente di
chi ascolta, quella che sollecita un’attrazione amorosa, piuttosto
che un consenso strappato e trapiantato dall’esterno o inoculata
con ossessiva invadenza.
«Il proselitismo - dice il papa in una notissima intervista
concessa a un giornalista - è una solenne sciocchezza, non ha
senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza
del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho
voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono
nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi,
ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che
riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso
il Bene».
L’istanza ultima che porta all’accoglimento del vangelo è
l’intimità della coscienza umana. Vero è che la coscienza umana,
non bene illuminata, potrebbe negarsi alla forza intrinseca della
Parola. A nessuno mai, tuttavia, è lecito varcare con violenza
anche solo psicologica tale soglia. Solo Dio conosce e scruta
il cuore e la mente degli uomini. Fermarsi con delicatezza e
rispetto dinanzi a tale soglia non dice per sé del fallimento della
propria azione missionaria né dell’incapacità a dire efficacemente
- 63 -
e a testimoniare il vangelo del Signore. Dice solo del mistero
dell’uomo, della sacralità divina della sua coscienza; dice anche,
paradossalmente, della incommensurabile dignità che Dio ha
concesso all’uomo creato a sua immagine e somiglianza; dice,
della bellezza propria della libertà umana che mai può essere
aggettivata come vigilata o condizionata o strumentalizzata e
violata, neppure dal suo stesso Autore.
Affermare così la legittimità e soprattutto la gioia
incontenibile dell’evangelizzazione, significa nello stesso tempo
affermare la debolezza, oltre che il danno di un annuncio che mira
a conquistare consenso con modalità e mezzi irriguardosi per la
dignità e la libertà dell’uomo. Né si deve dimenticare, infine - e
ciò toglie ogni giustificazione all’atteggiamento proselitistico che molti di coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno
sempre rifiutato:
cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo
volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana. Tutti
hanno il diritto di ricevere il vangelo. I cristiani hanno il
dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come
chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide
una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto
desiderabile. La chiesa non cresce per proselitismo ma
«per attrazione (EG 14).
3. “Sì” alla sfida di una spiritualità missionaria
L’Esortazione di papa Francesco vuole essere quasi, come
abbiamo detto, un programma di pontificato, un programma di
vita e di impegno per ciascuno di noi e per l’intera chiesa.
Perché essa, come si augura il papa, non rimanga solo un bel
testo da cui ricavare citazioni preziose, ma che poi nella sostanza
faticano a essere realizzate nella prassi e nella vita, occorre che la
chiesa e le comunità cristiane se ne facciamo carico pienamente e
- 64 -
ritrovino l’essenzialità della dimensione missionaria nell’identità
costitutiva della chiesa. Per questa ragione la chiesa italiana ha
voluto innestare negli orientamenti pastorali del decennio la
passione missionaria all’interno stesso della passione educativa.
L’azione educativa non può prescindere, infatti, da una passione
missionaria. Tutti i processi formativi alla fede e alla vita
cristiana non possono prescindere da questa dinamica apertura
alla dimensione missionaria. Piuttosto, siamo insistentemente
chiamati a una conversione missionaria e abbiamo il dovere di
ripensare profondamente l’intera azione pastorale della chiesa. Il
papa è chiaro e ci piace ripeterlo:
La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare
il comodo criterio pastorale del ‘si è sempre fatto così’.
Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di
ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi delle
proprie comunità (EG 34).
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CONCLUSIONE
La passione missionaria, per essere autentica dovrà
guardarsi dalle tentazioni che più la insidiano. I tanti ‘no’ e “si”
pronunciati dal papa nella sua Esortazione Apostolica ci aiutano a
purificare la nostra azione pastorale e il nostro annuncio.
Li facciamo nostri nella consapevolezza e nella fiducia che
il loro rifiuto e la loro accoglienza possono incidere non poco
nella vita concreta della nostre comunità cristiane e nel vissuto
esistenziale di ognuno di noi.
Dieci “no”!
• “no” all’individualismo e al calo del fervore che ci ruba
l’entusiasmo missionario!
• “no” secco all’accidia egoista, che ci ruba la gioia
dell’evangelizzazione
• “no” alla pigrizia, al grigio pragmatismo che anestetizza la
vita e paralizza l’iniziativa
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CONCLUSIONE
Come tu, Padre, mi hai mandato nel mondo,
anch’io li ho mandati nel mondo;
per loro io consacro me stesso,
perché siano anch’essi consacrati nella verità.
non prego solo per questi,
ma anche per quelli che per la loro parola
crederanno in me;
perché tutti siano una sola cosa.
Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch’essi in noi una cosa sola,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
e la gloria che tu hai dato a me,
io l’ho data a loro,
perché siano come noi una cosa sola
(Gv 17, 18-22)
• “no” alla guerra tra di noi che ruba l’ideale dell’amore
fraterno
• “no” al pessimismo sterile, che ruba la speranza!
• “no” al “fai da te” che ci ruba la comunità
• “no” alla mondanità spirituale che assoggetta l’annuncio a
interessi e a fini strumentali
• “no” al clericalismo che ruba la corresponsabilità attiva di
tutti i laici
• “no” al proselitismo che ruba la libertà di coloro che
evangelizziamo
• “no” all’improvvisazione che fa povero di contenuti e
distorto l’annuncio della salvezza
Dieci “sì”
• “si” al risveglio della passione e alla spiritualità
missionaria
• “si” assoluto alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo
• “si” al dialogo, all’ascolto, alla comunione, alla dimensione
ecclesiale
• “si” all’accoglienza e alla ricchezza della diversità
• “si” alla gioia incontenibile dell’annuncio
• “si” alla esperienza viva dell’incontro e alla testimonianza
pubblica della propria fede
• “si” alla corresponsabilità missionaria del laicato, uomini e
donne, e di tutto il popolo di Dio
• “si” all’accompagnamento spirituale ininterrotto di coloro
che ci vengono affidati
• “si” all’opzione e alla predilezione per i poveri e gli esclusi
• “si” a una chiesa ‘in uscita’, anche se ‘accidentata’
Questi sono sinteticamente i tratti fondamentali dello
stile e della vita del cristiano che vive la passione missionaria.
- 68 -
Carissimi, come spigolando il testo dell’Esortazione
Apostolica di papa Francesco, Evangelii gaudium, riprendendo lo
spirito del concilio e attingendo a quanto è stato oggetto di seria
riflessione da parte dei vescovi di Italia, vi ho voluto dare solo
un assaggio di quello che il Signore si aspetta da noi e da tutto il
popolo di Dio.
Spero di avervi comunicato la gioia e il desiderio di riandare
al testo dell’Esortazione per farne un vero programma di vita.
Mi affido soprattutto allo zelo dei parroci, perché sappiano
mediare e incoraggiare la lettura del testo e perché, attraverso una
intelligente creatività, sostenuta dall’azione e dalla responsabilità
di tutti gli operatori pastorali, uomini e donne, si possa far tesoro
di tale insegnamento nella vita concreta delle nostre comunità
cristiane e della diletta chiesa che è in Cefalù.
+ Vincenzo Manzella Vescovo
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AGENDA PASTORALE
AGENDA PASTORALE
“Sogno una scelta missionaria
capace di trasformare ogni cosa,
perché le consuetudini, gli stili, gli orari,
il linguaggio e ogni struttura ecclesiale
diventino un canale adeguato
per l’evangelizzazione del mondo attuale,
più che per l’autopreservazione.
La riforma delle strutture,
che esige la conversione pastorale,
si può intendere solo in questo senso:
fare in modo che esse diventino tutte più missionarie,
che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze
sia più espansiva e aperta,
che ponga gli agenti pastorali
in costante atteggiamento di “uscita”
e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro
ai quali Gesù offre la sua amicizia”
(Papa Francesco, Evangelii gaudium 27)
Carissimi figli e figlie, anche quest’anno presento alle
comunità della nostra chiesa locale i programmi preparati dagli
Uffici pastorali della nostra chiesa. La calendarizzazione delle
attività programmate dai diversi Uffici ci aiuterà a predisporre
le singole programmazioni locali in funzione di una più larga
partecipazione agli appuntamenti diocesani, in modo tale da
rendere più efficace l’intera azione pastorale della nostra chiesa.
È indispensabile infatti lavorare sempre di più insieme perché la
pastorale globale della nostra chiesa sia sempre più unitaria, più
articolata e più armonica. Naturalmente l’intera azione pastorale
e la programmazione sia diocesana che parrocchiale deve ruotare
attorno alle tematiche delle Indicazioni pastorali, evitando così
quanto lo stesso papa Francesco previamente lamenta delle sue
stesse parole:
- 73 -
Temo che anche queste parole siano solamente oggetto di
qualche commento senza una vera incidenza pratica. Nonostante
ciò, confido nell’apertura e nelle buone disposizioni dei cristiani, e
vi chiedo di cercare comunitariamente nuove strade per accogliere
questa rinnovata proposta (EG 201)
A tutti indistintamente raccomando, perciò, di prendere
in seria e attenta considerazione tutte le iniziative programmate
e proposte dagli Uffici pastorali: gli incontri, le conferenze, i
convegni, i laboratori e gli appuntamenti locali e diocesani.
L’efficacia, infatti, delle nostre iniziative dipende dalla
comune corresponsabilità, dalla sinergia con cui riusciamo a
programmare e ad operare insieme, dalla partecipazione corale
di tutte le componenti ecclesiali alla realizzazione di tutte le
iniziative comuni, dalla convergenza che tutte le parrocchie e tutte
le comunità ecclesiali sapranno vivere nei vari periodi dell’anno
pastorale e liturgico.
È ben noto a tutti, figli carissimi, che il frammentarismo,
l’individualismo, la disarticolazione nella programmazione delle
varie iniziative pastorali, sono i rischi mortali che corre la vita
della chiesa e sono rischi che pregiudicano irreparabilmente
l’efficacia dell’azione di salvezza del Signore. Ci rendiamo conto,
perciò, che nessuna azione svincolata, eccentrica, isolata può
trovare posto nella pastorale della nostra chiesa locale.
Quest’anno, poi, ritrovare un “comune slancio missionario”
dovrà essere l’impegno fondamentale per tutti. Per raggiungere
tale obiettivo dovremo impegnarci tutti in sommo grado; e tale
impegno potrà essere davvero efficace se sapremo insieme avere
un’attenzione costante alla logica unitaria della programmazione
pastorale, in modo che tutte le nostre comunità possano vivere
e avvertire l’unico respiro dello Spirito di Dio che soffia sulla
nostra chiesa. È un respiro che ci chiama a diventare sempre più
“un cuor solo e un animo solo”, a testimoniare di essere unico
corpo vivo, un unico popolo di Dio chiamato a proclamare le sue
meraviglie e a dire la gloria del Signore trasfigurato e risorto agli
uomini del nostro tempo.
- 74 -
La programmazione in calendario è opera degli Uffici
pastorali diocesani che, allo scopo, hanno lavorato in stretta
collaborazione e in sinergia. I benefici di tale collaborazione
abbiamo già avuto modo di sperimentarli nel corso dell’anno
pastorale 2013-2014. Si sono così evitate, almeno in buona parte,
moltiplicazioni e sovrapposizioni di iniziative e di incontri.
Dobbiamo assolutamente continuare su questa scia.
Sarà certo indispensabile - ma quanto mai salutare! - superare
ogni sorta di difficoltà e anche comprensibili limiti e problemi
nel dialogo fraterno, nell’accoglienza reciproca, nell’ascolto
attento delle opinioni e delle idee di tutti. Non solo gli Uffici, ma
anche i vicariati, le parrocchie, le comunità vicine e limitrofe, i
gruppi, le associazioni parrocchiali, i movimenti, le confraternite,
facciano ogni sforzo possibile per convergere sistematicamente
nell’unitarietà e organicità dell’azione pastorale.
La globalità pastorale nella chiesa di Dio non è un optional,
ma una scelta assolutamente obbligata e indispensabile, da cui
dipende l’esito finale e la sua efficacia salvifica.
Analiticamente, si è proceduto alla programmazione, per
raggruppamento degli Uffici, come sotto indicato:
UN PRIMO GRUPPO ha programmato le iniziative e le
proposte nella sfera pastorale denominata: Fede annunciata,
celebrata e testimoniata. A tale tematica hanno lavorato l’Ufficio
catechistico, l‟Ufficio liturgico, l’Ufficio per la musica sacra,
l’Ufficio Caritas, l’Ufficio comunicazioni sociali.
UN SECONDO GRUPPO ha programmato focalizzando
l’attenzione nell’ambito tematico denominato: Il popolo di
Dio si edifica con i ministeri e con i servizi. A questo gruppo
hanno lavorato l’Ufficio pastorale giovanile, l’Ufficio pastorale
familiare, il Centro diocesano vocazionale, il Centro diocesano
delle Confraternite, la Scuola per i ministeri istituiti, l’Azione
cattolica, il Rinnovamento dello Spirito.
IL TERZO GRUPPO, nella programmazione, si è mosso
nell’ambito della problematica: La nostra chiesa in dialogo con
- 75 -
il mondo. Vi hanno partecipato l’Ufficio per la cultura, l’Ufficio
Migrantes, l’Ufficio missionario, l’Ufficio di pastorale sociale e
pastorale sanitaria, l’Ufficio di pastorale scolastica.
Ringrazio vivamente i Direttori dei vari Uffici pastorali che,
anche quest’anno, hanno lavorato attivamente e responsabilmente
alla programmazione e quanti in vario modo hanno dato un
contributo alla sua realizzazione. Affido all’azione dello Spirito
di Dio, ma anche all’impegno intelligente di ognuno e all’attiva
partecipazione di tutti indistintamente, l’efficacia della nostra
programmazione pastorale, il cui unico scopo sarà la crescita
della nostra fede comune, il rafforzamento della nostra speranza,
l’incremento dell’amore di Dio nel cuore di ognuno di noi e,
di conseguenza, l’efficacia dell’annuncio del Vangelo ai nostri
fratelli.
Il Signore benedica la nostra comune fatica e lo zelo che
metteremo nella costruzione, qui e ora, del Regno di Dio che
viene. Sono ancora pochi gli operai, e ancora molta, immensa, la
messe nella quale siamo invitati a lavorare attivamente. Confido
nell’aiuto e nella cooperazione generosissima di ognuno.
Auguro di vero cuore a tutti un buon lavoro pastorale nel
campo del Signore.
+ Vincenzo Manzella, Vescovo
- 76 -
CONTATTI
Moderatore di Curia ................................................. 0921 926384
[email protected]
Segreteria di Curia.................................................... 0921 926360
Ufficio matrimoni – Cancelleria............................... 0921 926361
riceve il lunedì – mercoledì - venerdì dalle ore 09.00 alle ore 13.00
Tribunale ecclesiastico diocesano............................. 0921 926362
Economato - Ufficio amministrativo....................... 0921 926383
[email protected]
Archivio storico diocesano....................................... 0921 926358
[email protected]
Ufficio diocesano pastorale sociale e del lavoro....... 0921 926393
[email protected]
Caritas....................................................... 0921 926334 - 926335
[email protected]
Centralino.................................................................. 0921 926320
- 77 -
RESPONSABILI UFFICI PASTORALI
Delegato vescovile pastorale familiare
Don Domenico Sausa
Responsabili pastorale familiare
coniugi Martin e Maria Milone
Delegato vescovile pastorale della salute
Don Calogero Falcone
Delegato vescovile delle confraternite
Mons. Cosimo Leone
Direttore: Don Giuseppe Licciardi
Direttore ufficio catechistico diocesano
Don Francesco Lo Bianco
Direttore ufficio liturgico diocesano e ministeri laicali
Don Domenico Messina
Direttore ufficio musica sacra
Don Pietro Piraino
Direttore pastorale sociale e del lavoro
Don Calogero Falcone
Direttore ufficio della cultura
Mons. Giovanni Silvestri
Direttore ufficio ecumenismo
Mons. Liborio Asciutto
Direttore ufficio scuola
Prof. Giuseppe Riggio
- 78 -
Direttore Caritas diocesana
Mons. Giuseppe Vacca
Direttore pastorale giovanile
Don Calogero Cerami
Direttore ufficio missionario
Don Giuseppe Amato
Direttore ufficio comunicazioni sociali
Don Franco Mogavero
Direttore centro diocesano per le vocazioni
Don Giuseppe Licciardi
- 79 -
VICARIATI FORANEI
1° Vicariato
Coordinatore: Sac. Aurelio Biundo
Parrocchie nel Comune di Cefalù
2° Vicariato
Coordinatore: Sac. Santi Di Gangi
Parrocchie nei Comuni di Castelbuono,
Isnello, Pollina, San Mauro Castelverde
3° Vicariato
Coordinatore: Sac. Giuseppe Vacca
Parrocchie nei Comuni di Alimena,
Blufi, Bompietro, Gangi, Geraci Siculo,
Petralia Soprana, Petralia Sottana
4° Vicariato
Coordinatore: Sac. Giovanni Silvestri
Parrocchie nei Comuni di Castellana
Sicula, Polizzi Generosa
5° Vicariato
Coordinatore: Sac. Francesco Lo Bianco
Parrocchie nei Comuni di Alia, Aliminusa,
Caltavuturo, Montemaggiore Belsito,
Sclafani Bagni, Valledolmo
6° Vicariato
Coordinatore: Sac. Domenico Sausa
Parrocchie nei Comuni di Campofelice di
Roccella, Collesano, Gratteri, Lascari, Scillato
- 80 -
SETTEMBRE 2014
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
1
2
3
4
5
Ore 09.30. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice di Roccella:
Sabato 6 Incontro di formazione per la Consulta di Pastorale familiare, giovanile e
vocazionale
Domenica 7
Lunedì 8
Martedì 9
Mercoledì 10
Giovedì 11 Ore 9.30. Episcopio, Cefalù: insediamento Consiglio presbiterale
Venerdì 12
Sabato 13
Domenica 14
Lunedì 15
Martedì 16
Mercoledì 17 Anniversario dell’elezione alla sede di Cefalù del nostro Vescovo (2009)
Giovedì 18
Venerdì 19
Sabato 20
Domenica 21
Lunedì 22
Martedì 23
Mercoledì 24 Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 25
Ore 17.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Petralia Sottana:
Venerdì 26
ASSEMBLEA DIOCESANA
Sabato 27
Domenica 28 Modulo formativo per educatori e animatori (ACR, giovani e adulti)
Lunedì 29
Martedì 30
OTTOBRE 2014
Mercoledì 1
Giovedì 2
Ore 16.30 - 18.00. Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo, Petralia Soprana:
primo incontro di formazione per gli Operatori pastorali dei vicariati di
Venerdì 3 Alimena e Castellana Sicula.
Tema: Chi dice la gente che io sia? (Mc 8,27)
Ore 15.30. Episcopio, Cefalù: incontro dei Docenti di religione
Ore 16.30 - 18.00. Parrocchia S. Agata, Cefalù: primo incontro di
per gli Operatori pastorali dei vicariati di Cefalù,
Sabato 4 formazione
Castelbuono, Campofelice, Alia.
Tema: Chi dice la gente che io sia? (Mc 8,27)
11.00. Parrocchia S. Agata V.M., Montemaggiore Belsito:
Domenica 5 Ore
Ammissione agli Ordini Sacri del Seminarista Gioacchino Notaro
Lunedì 6
Martedì 7
Mercoledì 8 Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 9
Venerdì 10
Ore 16.30 - 18.30. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: secondo
Sabato 11 incontro di formazione per gli Operatori pastorali di tutti i vicariati della
Diocesi Tema: Una testimonianza mancata (cf Mc 16,1-8)
Domenica 12
Lunedì 13
Martedì 14
Mercoledì 15
09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del
Giovedì 16 Ore
clero
Venerdì 17
Ore 18.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: istituzione e mandato agli Operatori
Sabato 18 pastorali
Ore 20.00. Incontro di fraternità con i diaconi e le loro spose
Domenica 19 GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE
Lunedì 20
Martedì 21
Ore 16.00. Parrocchia S. Nicolò, Gangi: primo incontro di Dottrina sociale
chiesa per i vicariati di Gangi e Polizzi Generosa. Tema: La dottrina
Mercoledì 22 della
sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita
Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 23
Venerdì 24
Sabato 25
Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù:
diocesano del Rinnovamento nello Spirito
Domenica 26 Convegno
Festa del CIAO
Lunedì 27
20.00. Palermo: incontro di formazione per universitari e giovani di
Martedì 28 Ore
Azione cattolica
Ore 16.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Polizzi Generosa: secondo
incontro di Dottrina sociale della chiesa per i vicariati di Gangi e Polizzi
Mercoledì 29 Generosa.
Tema: La dignità della persona umana nel pensiero sociale della
chiesa e nella Evangelii gaudium
Giovedì 30
Venerdì 31
NOVEMBRE 2014
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
1
2
3
4
Tutti i Santi
Commemorazione dei fedeli defunti
Ore 16.00. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice: primo incontro di Dottrina
sociale della chiesa per i vicariati di Campofelice e Cefalù. Tema: La
5 dottrina
sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana
della vita
6
7 Ore 16.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio pastorale diocesano
Ore 10.00. Episcopio: Consulta di pastorale giovanile e familiare
8 Ore 16.00. Formazione diaconi. Abitare con speranza il nostro tempo
Ore 16.00. Seminario Vescovile, Cefalù: Gruppo Samuele (vocaz.maschile)
Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per
9 chierichetti e ministranti dei vicariati di Cefalù, Campofelice di Roccella
e Castelbuono - Gruppo Samuele (vocazionale maschile)
Giornata diocesana Azione cattolica adulti
10
11
12 Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
13
14
Ore 16.00. Gangi: incontro per coppie di separati e situazioni irregolari
15 Ore 16.30. Santuario Maria SS. di Gibilmanna: ritiro spirituale per tutti gli
Operatori pastorali predicato da S. E. Mons. Vescovo
16 Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale
diocesano per ragazzi e ragazze
17
18
Ore 16.00. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice: secondo incontro di
Dottrina sociale della chiesa per i vicariati di Campofelice e Cefalù:
19 Tema:
La dignità della persona umana nel pensiero sociale della chiesa e
nella Evangelii gaudium
20 Ore 09.30 -16.00. Seminario “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero
Hotel Fiesta. Campofelice: CONVEGNO REG.LE DELLE FAMIGLIE
16.30 - 18.00. Santuario Maria SS. di Gibilmanna, Cefalù: primo
21 Ore
incontro di formazione per fotografi e cineoperatori. Tema: Il sacramento
del matrimonio
22 Hotel Fiesta. Campofelice di Roccella: CONV. REG.LE DELLE FAMIGLIE
Gesù Cristo Re dell’Universo
23 Hotel Fiesta. Campofelice: CONVEGNO REGIONALE DELLE FAMIGLIE
Ore 09.30. Parr. S. Pietro, Collesano: Cammino dioc. delle confraternite
24
25 Ore 20.00. Palermo: inc. formaz. per universitari e giovani di Azione catt.
26 Ore 20.00: prove Coro diocesano
27 Ore 09.30. Seminario Vescovile, Cefalù: Assemblea del clero
28
16.00. Episcopio, Cefalù: incontro e ritiro spirituale per i Docenti di
29 Ore
religione - Nelle Parrocchie Veglia di Avvento
1ª di Avvento - APERTURA UFFICIALE DELL’ANNO DEDICATO ALLA
CONSACRATA
30 VITA
Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per
chierichetti e ministranti dei vicariati di Alia, Alimena e Castellana Sicula
DICEMBRE 2014
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
1
2
3
4
5
Sabato 6
Domenica 7
Ore 09.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio presbiterale
Ore 16.00. Parrocchia S. Agata, Cefalù: primo incontro di formazione per i
ministeri laicali per i vicariati di: Cefalù, Castelbuono, Campofelice, Alia.
Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Rito della comunione agli infermi
2ª di Avvento
Ore. 09.00. Parrocchia Sant’Ambrogio, Cefalù:
Incontro vocazionale diocesano per ragazzi e ragazze
Solennità dell’Immacolata
Lunedì 8
Martedì 9
Mercoledì 10 Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del
Giovedì 11 Ore
clero
Venerdì 12
Sabato 13
3ª di Avvento
09.00. Parrocchia SS. Pietro e Paolo, Caltavuturo:
Domenica 14 Ore
Ritiro d’Avvento per i Giovani e le Famiglie
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
15
16
17
18
19
20
4ª di Avvento
Ore 11.00. Parrocchia Sant’Anna, Aliminusa: UNITALSI, Giornata nazionale
21 dell’adesione
Ore 09.00 – 16.00. Blufi. Ritiro d’Avvento diaconi
22
23
24
25 Natale del Signore
26 Santo Stefano
27 Trapani: incontro regionale dei giovani in discernimento vocazionale
Santa Famiglia di Nazareth
28 Trapani: incontro regionale dei giovani in discernimento vocazionale
Modulo formativo per educatori ACR
29
30
31
GENNAIO 2015
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
1
2
3
4
5
6
7
8
9
Maria SS. Madre di Dio. - 48ª GIORNATA DELLA PACE
Ore 9.30. Gibilmanna, Cefalù: Il Vescovo in ascolto - verifica in itinere
Ore 16.00. Formazione diaconi: Annunciare il vangelo di Gesù
Epifania del Signore - GIORNATA DELL’INFANZIA MISSIONARIA
Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Ore 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero
Ore 16.00. Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo, Petralia Soprana: primo
di formazione per i ministeri laicali per i vicariati di: Alimena e
Sabato 10 incontro
Castellana Sicula.
Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Rito della comunione agli infermi
Domenica 11 Battesimo del Signore
Lunedì 12
Martedì 13
Ore 16.00. Parrocchia S. Antonino M., Castelbuono: primo incontro di Dottrina
Mercoledì 14 sociale della chiesa per il vicariato di Castelbuono. Tema: La dottrina sociale
della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita
Giovedì 15
Venerdì 16
26ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei
Ore 16.00. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice di Roccella: incontro di
Sabato 17 formazione per la Consulta di pastorale familiare
Domenica 18 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
101ª Giornata del migrante e del rifugiato
Lunedì 19 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Martedì 20 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Ore 16.00. Parrocchia S. Antonino M., Castelbuono: primo incontro di Dottrina
Mercoledì 21 Sociale della Chiesa per il vicariato di Castelbuono. Tema: La dignità della
persona umana nel pensiero sociale della chiesa e nella Evangelii gaudium
Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 22 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Venerdì 23 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Sabato 24 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Conversione di San Paolo
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Domenica 25 62ª GIORNATA DEI MALATI DI LEBBRA - Festa della Pace
Lunedì 26
20.00. Palermo: Incontro di formazione per universitari e giovani di Azione
Martedì 27 Ore
cattolica
Mercoledì 28
Giovedì 29
Venerdì 30
Sabato 31 Ore 10.00. Episcopio: Consulta di pastorale giovanile e familiare
FEBBRAIO 2015
Domenica 1
Lunedì 2
Martedì 3
Mercoledì 4
Giovedì 5
Venerdì 6
Sabato 7
Domenica 8
37ª GIORNATA PER LA VITA
Presentazione al Tempio
19ª GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA
Ore 16.00. Parrocchia S. Agata, Montemaggiore: primo incontro di Dottrina
sociale della chiesa per il vicariato di Alia. Tema: La dottrina sociale della
Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita
Ore 16.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio pastorale diocesano
Ore 16.00. Seminario Vescovile, Cefalù: Gruppo Samuele (vocazionale maschile)
Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per i
cresimandi dei vicariati di Cefalù, Campofelice di Roccella e Castelbuono.
Gruppo Samuele (vocazionale maschile)
Lunedì 9
Ore 16.00. Parrocchia SS. Ap. Pietro e Paolo, Caltavuturo: secondo incontro di
Martedì 10 Dottrina sociale della chiesa per il vicariato di Castelbuono. Tema: La dignità
della persona umana nel pensiero sociale della chiesa e nella Evangelii gaudium
Ore 17.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: 23ª GIORNATA MONDIALE DEL MALATO
Mercoledì 11 Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 12 Ore 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero
Venerdì 13
Sabato 14 Giornata diocesana di spiritualità per i fidanzati
Domenica 15
Lunedì 16
Martedì 17
Mercoledì 18 Le Ceneri
Giovedì 19
Venerdì 20
Sabato 21 Ore 16.00. Episcopio, Cefalù: ritiro spirituale per i Docenti di religione
1ª di Quaresima
Ore 09.00 Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale diocesano per
Domenica 22 ragazzi e ragazze
Ore 09.00 - 16.00. Montemaggiore Belsito. Ritiro di Quaresima diaconi
Ore 09.30 - Incontro-festa per i cresimandi della Diocesi a Cefalù
Lunedì 23
Ore 20.00 Palermo: incontro di formazione per universitari e giovani di Azione
Martedì 24 cattolica
Ore 16.00. Campofelice di Roccella: primo incontro di formazione dei catechisti
vicariati di Alia e Campofelice di Roccella. Tema: Formare servitori del
Mercoledì 25 dei
Vangelo (IG 63- 95)
Ore 20.30 - Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 26
Venerdì 27
Ore 16.00 - Montemaggiore Belsito: ritiro spirituale per il tempo di Quaresima
tutti gli Operatori pastorali.
Sabato 28 per
Tema: Se qualcuno vuol venire dietro di me... (Mc 8,34)
Ore 16.00 - Collesano: Incontro per coppie di separati e situazioni irregolari
MARZO 2015
Domenica 1
Lunedì 2
Martedì 3
Mercoledì 4
Giovedì 5
Venerdì 6
Sabato 7
Domenica 8
Lunedì 9
Martedì 10
2ª di Quaresima
Ore 16.00. Lascari: secondo incontro di formazione dei catechisti dei vicariati
di Alia e Campofelice di Rocc.
Tema: Catechesi e dialogo con il mondo alla luce di GS IV
Ore 09.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio presbiterale
3ª di Quaresima
Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale diocesano per
ragazzi e ragazze
Ore 16.00. Montemaggiore Belsito: terzo incontro di formazione dei catechisti
Mercoledì 11 dei vicariati di Alia e Campofelice di Roccella. Tema: Catechesi: chi annuncio?
Come annuncio?
Giovedì 12 Ore 09.30 - 16.00. Seminario “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero
Venerdì 13
Ore 16.00. Formazione diaconi: Iniziare, accompagnare e sostenere l’esperienza
Sabato 14 della fede
Ore 16.00. Seminario Vescovile: Gruppo Samuele (vocazionale maschile)
4ª di Quaresima
Domenica 15 Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per i
cresimandi dei vicariati di Alia, Alimena e Castellana Sicula. Gruppo Samuele
(vocazionale maschile)
Lunedì 16
Martedì 17 Ore 16.30 – 18.00. Parrocchia S. Pietro, Collesano: secondo incontro di
formazione per fotografi e cineoperatori. Tema: Fotografare un’opera d’arte
Mercoledì 18
Giovedì 19 San Giuseppe
Venerdì 20
Ore 16.00. Parrocchia S. Agata, Cefalù: secondo incontro di formazione per i
Sabato 21 ministeri laicali per i vicariati di: Cefalù, Castelbuono, Campofelice, Alia.
Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Comunicare con gli infermi
5ª di Quaresima
Domenica 22 Ore 09.30. Finale di Pollina: ritiro di Quaresima per giovani e famiglie
Lunedì 23
Martedì 24 Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri
Mercoledì 25 Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 26 Ore 09.30. Seminario Vescovile, Cefalù: Assemblea del clero
Venerdì 27
Sabato 28
Domenica 29 Domenica delle Palme - 30ª GIORNATA DELLA GIOVENTÚ
Lunedì 30
Martedì 31
APRILE 2015
Mercoledì 1
Giovedì 2
Venerdì 3
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
4
5
6
7
Giovedì Santo
Ore 09.30. Basilica Cattedrale, Cefalù: Messa crismale
Venerdì Santo
Giornata per le opere della Terra Santa
Sabato Santo
Pasqua di Risurrezione
dell’Angelo
Mercoledì 8
Giovedì 9
Ore 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero
Ore 16.00. Parrocchia S. Nicolò, Gangi: ritiro spirituale per il tempo di Pasqua
Venerdì 10 per tutti gli Operatori pastorali. Tema: Mostrami il tuo viso (Ct 2,14)
Contemplazione del dipinto Navis ecclesiae Raduno dei Cori parrocchiali
Sabato 11 Formazione animatori Estate ragazzi della diocesi
2ª di Pasqua
Giornata del Seminario diocesano
Domenica 12 Formazione animatori Estate ragazzi della diocesi
Modulo formativo per educatori ACR
Lunedì 13
Martedì 14
Mercoledì 15
Giovedì 16
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
17
18 Ore 16.00. Formazione diaconi: Testimoniare e narrare
19 3ª di Pasqua - 91ª Giornata per l’Università cattolica del Sacro Cuore
20
Martedì 21
Mercoledì 22
Giovedì 23
Venerdì 24
Ore 09.30 Seminario Vescovile, Cefalù: raduno diocesano dei ministranti, dei
Sabato 25 cresimandi e dei ragazzi in discernimento vocazionale con la partecipazione
delle rispettive famiglie
Domenica 26 4ª di Pasqua - 52ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
Lunedì 27
Martedì 28 Ore 20.00. Palermo: incontro di formazione per universitari e giovani di Azione
cattolica
Mercoledì 29
Giovedì 30
MAGGIO 2015
Venerdì 1
Sabato 2
Domenica 3
Lunedì 4
Martedì 5
Ore 16.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: primo incontro di formazione dei
catechisti dei vicariati di Cefalù e Castelbuono. Tema: Formare servitori del
Vangelo (IG 63-95)
7 Ore 09.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio presbiterale
8 Ore 16.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio pastorale diocesano
Ore 16.00. Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo, Petralia Soprana: secondo
incontro di formazione per i ministeri laicali per i vicariati di: Alimena e
Castellana Sicula
9 Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Comunicare con gli infermi.
Ore 16.00 Finale di Pollina: incontro di formazione per la Consulta di pastorale
familiare
10 6ª di Pasqua
11
12
Ore 16.00. Finale di Pollina: secondo incontro di formazione dei catechisti dei
vicariati di Cefalù e Castelbuono. Tema: Catechesi e dialogo con il mondo alla
13 luce
di GS IV
Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
14
15 Formazione diaconi: Verifica
16
17 Ascensione del Signore - 49ª Giornata per le comunicazioni sociali
18
19
Ore 16.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Castelbuono: terzo incontro di
20 formazione dei catechisti dei vicariati di Cefalù e Castelbuono.
Tema: Catechesi: chi annuncio? Come annuncio?
21
22
23 Ore 18.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: Veglia diocesana di Pentecoste
24 Pentecoste
25
26 GIORNATA REGIONALE SACERDOTALE MARIANA
27
28
29
30
31 SS. Trinità
Ore 9.00. Santuario Maria SS. di Gibilmanna: Giornata Mariana di AC
Mercoledì 6
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
5ª di Pasqua - Giornata di sensibilizzazione per il sostegno economico alla Chiesa
cattolica
GIUGNO 2015
Lunedì 1
Martedì 2
Mercoledì 3
DiocesInfesta a Campofelice di Roccella
Ore 16.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Petralia Sottana: primo incontro di
formazione dei catechisti dei vicariati di Alimena e Castellana Sicula. Tema:
Formare servitori del Vangelo (IG 63-95)
Giovedì 4
Venerdì 5
Sabato 6
Domenica 7
Lunedì 8
Corpus Domini
Martedì 9
Ore 16.00. Parrocchia S. Maria, Gangi: secondo incontro di formazione dei
catechisti dei vicariati di Alimena e Castellana Sicula.
Mercoledì 10 Tema: Catechesi e dialogo con il mondo alla luce di GS IV
Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano
Giovedì 11
Venerdì 12 Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù
Giornata di santificazione sacerdotale
Sabato 13
Domenica 14
Lunedì 15
Martedì 16
Ore 16.00. Parrocchia S. Maria Maddalena, Alimena: terzo incontro di formazione
Mercoledì 17 dei catechisti dei vicariati di Alimena e Castellana Sicula. Tema: Catechesi: chi
annuncio? Come annuncio?
Giovedì 18
Venerdì 19
16.30. Parrocchia S. Francesco di Paola, Castellana Sicula: incontro per i
Sabato 20 Ore
ministeri laicali di tutti i vicariati. Tema: L’avete fatto a me (Mt 25,40)
Domenica 21
Lunedì 22
Martedì 23
Mercoledì 24
Giovedì 25
Venerdì 26
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
27
28 Giornata per la carità del Papa
29 Anniversario dell’ordinazione episcopale del nostro Vescovo (1991)
30
LUGLIO 2015
Mercoledì 1
Giovedì 2
Venerdì 3
Sabato 4
Domenica 5
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Ore 17.00. Parrocchia S. Maria Maggiore, Geraci Siculo:
ASSEMBLEA DIOCESANA
Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
Esercizi spirituali del presbiterio
estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
7 Seminario
Esercizi spirituali del presbiterio
estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
8 Seminario
Esercizi spirituali del presbiterio
estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
9 Seminario
Esercizi spirituali del presbiterio
Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
spirituali del presbiterio
10 Esercizi
Ore 16.00. Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
Programmazione degli Uffici diocesani per il nuovo anno pastorale
11
12
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14
15
16
Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
17 Campo vocazionale maschile
Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
18 Campo vocazionale maschile
19
20
21 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
22 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
23 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
24 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
25 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
26 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
27 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
28 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela
29
30 Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
Corso di formazione per gli Operatori pastorali
estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
31 Seminario
Corso di formazione per gli Operatori pastorali
Lunedì 6
Martedì
Anniversario dell’ordinazione sacerdotale del nostro Vescovo (1967)
AGOSTO 2015
Sabato 1
Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
Corso di formazione per gli Operatori pastorali
Domenica 2
Lunedì 3
Martedì 4
Mercoledì 5
Giovedì 6
Ore 20.00. Basilica Cattedrale, Cefalù:
Liturgia Lucernale
Solennità della Trasfigurazione del Signore
Ore 11.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: Pontificale
Venerdì 7
Sabato 8
Domenica 9
Lunedì 10
Martedì 11
Mercoledì 12
Giovedì 13
Venerdì 14
Sabato 15
Domenica 16
Lunedì 17
Martedì 18
Mercoledì 19
Giovedì 20
Venerdì 21
Sabato 22 Giornata di spiritualità per le famiglie
Domenica 23 Giornata di spiritualità per le famiglie
Lunedì 24
Martedì 25
Mercoledì 26
Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
Giovedì 27 Convegno
di aggiornamento teologico - culturale
estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono:
Venerdì 28 Seminario
Convegno di aggiornamento teologico - culturale
Sabato 29
Domenica 30
Lunedì 31
INDICE
Premessa.......................................................................................................3
I. Sulla scia del cammino fatto. ................................................................9
1. La sorgente conciliare..............................................................................10
2. La svolta ecclesiologica conciliare e l’Evangelii gaudium......................12
II. Un rinnovato slancio missionario.......................................................17
1. Prendiamo il largo: una chiesa in uscita..................................................18
2. Come una madre dal cuore aperto….......................................................22
3. Missionarietà della chiesa ed emergenza educativa.................................24
III. Passione educativa e passione missionaria. .......................................27
1. Guai a me se non evangelizzo..................................................................28
2. Educazione cristiana e missionarietà: l’arte dell’accompagnamento......29
3. Una conversione radicale alla missionarietà............................................33
IV. Le esigenze della missionarietà.........................................................43
1. Annuncio e formazione: no all’improvvisazione.....................................44
2. I laici nella chiesa: no al clericalismo......................................................48
3. Una missione ecclesiale: non all’individualismo!...................................52
V. Risvegliare la passione missionaria. ...................................................57
1. Il rischio della mondanità spirituale.........................................................58
2. Missione e gratuità: no al proselitismo....................................................62
3. “Sì” alla sfida di una spiritualità missionaria...........................................64
Conclusione. ..............................................................................................67
Dieci “no”....................................................................................................67
Dieci “sì”......................................................................................................68
Agenda pastorale. .....................................................................................71
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Finito di Stampare nel mese di Settembre 2014
dal Centro Stampa Giovane Locati s.n.c.
Tel. 0921.647286
[email protected]
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