Alla chiesa diocesana alle parrocchie e comunità ecclesiali In copertina: Apparizione ai discepoli nel cenacolo Duccio di Boninsegna, Maestà del Duomo di Siena Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,19-20) PREMESSA Carissimi, mi è gradito continuare con voi la riflessione sulla “sfida educativa” iniziata con gli Orientamenti Pastorali che ci sono stati consegnati dai vescovi italiani per il decennio 2010-2020. Educare alla vita buona del vangelo resta l’obiettivo fondamentale della chiesa italiana che, anno dopo anno, con sviluppi e approfondimenti, continua a interrogarsi sulla grave emergenza educativa che caratterizza la nostra società attuale e sul modo e sui mezzi più adeguati di darvi risposta. Nel contesto di questo impegno decennale, il tema pastorale che la CEI, nell’ultima Assemblea Generale tenutasi a Roma dal 19 al 22 maggio scorso, ha messo in agenda per il nuovo anno è Educazione cristiana e missionarietà alla luce dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. L’episcopato italiano vuole così chiaramente orientare la riflessione sulla tematica dell’emergenza educativa che esige il superamento di un deficit interno alla coscienza ecclesiale: -3- PREMESSA Intanto la parola di Dio si diffondeva sempre di più… (At 6,7) quello che vede spesso attenuata nei cristiani la consapevolezza della missionarietà come dimensione essenziale, assolutamente intrinseca, all’atto stesso del credere (cf Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 32). Si vuole, in altre parole, sottolineare l’urgenza che abbiamo di guardare all’emergenza educativa sul versante interno alla coscienza ecclesiale e di verificare attentamente la qualità dei processi educativi in ordine alla formazione di una identità autenticamente missionaria della coscienza credente. Per i vescovi si tratta di un orientamento tematico teso a provocare in tutte le comunità cristiane un rinnovato slancio di fede e, soprattutto, la riscoperta della dimensione missionaria del vangelo come dimensione costitutiva di formazione dell’identità stessa del credente. In un mondo oggi assoggettato a profondi e rapidi cambiamenti e in una società come la nostra tentata di continuo da ripiegamenti individualistici e particolaristici, sarà salutare per tutti riflettere sull’apertura di fondo, genuinamente cattolica, che deve caratterizzare la coscienza di tutti i cristiani (cf Educare alla vita buona del vangelo, 7). Tale riflessione, da una parte, dovrà rendere attenti a individuare e a discernere difficoltà e limiti attuali all’azione missionaria della chiesa oggi; dall’altra, dovrà portare anche a individuare le potenzialità, le risorse e le grandi opportunità che anche il nostro tempo offre alla coscienza credente, se bene illuminata e ispirata dalla Parola del vangelo e ben attenta ai segni dei tempi (cf GS 4). Una riflessione, insomma, che dovrà spingere la comunità cristiana e ognuno di noi - se veramente vogliamo rendere efficace e credibile l’annuncio del vangelo e la nostra testimonianza - all’ascolto continuo e dinamico delle caratteristiche e delle esigenze degli uomini contemporaneie all’attenta osservazione dei mutamenti in atto e dalle grandi trasformazioni socioculturali (cf Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 34-36). Una formidabile spinta ci viene dal magistero di papa Francesco. Ad accompagnare e a sollecitare il nostro sforzo di -4- riflessione, infatti, ci aiuterà l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium. Le parole del papa ci aiuteranno a ritrovare l’ansia, anzi la passione che la chiesa di oggi e ognuno dei cristiani dobbiamo vivere intensamente: quella di portare a tutti il lieto annuncio della Parola di salvezza. L’Esortazione di papa Francesco vuole darci una forte spinta propulsiva all’azione; essa non vuole offrire una sintesi teorica e sistematica sulla missionarietà della chiesa, vuole piuttosto essere un forte richiamo, quasi un manifesto e un grido di allarme perché tutta la chiesa si metta realmente in movimento, com’è - peraltro - nella sua vocazione originaria. In tal senso, Evangelii gaudium ha soprattutto il merito di anticipare il grande sforzo della chiesa, tanto della chiesa universale nel suo impegno di ripensare radicalmente la sua dimensione missionaria e cattolica, quanto della chiesa italiana nel suo impegno di vivere la dimensione missionaria della fede nel contesto della grave emergenza educativa attuale. L’obiettivo fondamentale della riflessione programmatica del papa vuole essere quello di portare l’attenzione di tutti non solo sull’urgenza di sviluppo e di crescita della coscienza missionaria della chiesa, ma anche su ciò che si presenta oggi come limite, ostacolo o freno al rinnovamento della dimensione missionaria della chiesa. In tale contesto, emerge anche, conseguentemente, il proposito del papa di sollecitare la chiesa di oggi a concretizzare il suo impegno missionario nella scelta preferenziale per i poveri e per la realizzazione della giustizia sociale (cf EG 201; cf GS 69). Se c’è qualcosa, infatti, che meglio di tutto specifica propriamente la missione della chiesa è anzitutto la sua capacità di “ascoltare il grido dei poveri”. Il grido del povero appare come l’appello alla giustizia divina che sempre interviene in difesa dei poveri. Una chiesa perciò che non si interessa dei poveri «corre il rischio della dissoluzione» (EG 208). Essa non può non vivere questo amore preferenziale per i poveri; e come Francesco d’Assisi, tutti i cristiani siamo chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo (EG 216). -5- Sorelle e fratelli carissimi, io vi invito a fare di questa Esortazione del papa un vero trampolino di lancio della nostra futura azione pastorale. La Evangelii gaudium rappresenta una spinta poderosa alla nostra coscienza di chiesa missionaria; non possiamo non farla fruttificare nel presente della nostra chiesa locale. È un’Esortazione che chiama tutti a raccolta, che vuole unire sforzi e riflessioni, entusiasmo e gioia nella riscoperta della bontà e della bellezza della fede cristiana, del dovere incontenibile di comunicare la gioia del vangelo e della nostra proposta cristiana all’uomo di oggi. Ad essere risolutive per una rinnovata coscienza missionaria della chiesa, non saranno le sole convinzioni teoriche, quanto piuttosto l’operatività concreta che sapremo mettere in campo. Se è vero che nessuna azione può privarsi di un’adeguata riflessione, è anche vero che nessuna riflessione può rimanere astratta e senza operatività concreta. Oggi la chiesa non può perciò non sottomettersi e farsi ubbidiente alla forza interpellante della Parola fatta carne nella storia degli uomini. Siamo chiamati all’abbandono deciso di linguaggi e di ricettari astratti e prefissati. La comunità cristiana deve sottrarsi alla tentazione sempre insorgente di un’autoreferenzialità fatalmente improduttiva, incapace di operare cambiamenti incisivi e duraturi nella realtà che la circonda. Solo un’operatività audace, che sia tanto autenticamente personale che comunitaria dell’intero popolo di Dio, può farci realizzare la nostra autentica vocazione missionaria e farci superare limiti e impedimenti, ritardi e pigrizie. Così afferma il papa in un passaggio dell’Esortazione: In questa Esortazione intendo solo soffermarmi brevemente con uno sguardo pastorale su alcuni aspetti della realtà che possono arrestare o indebolire le dinamiche del rinnovamento missionario della chiesa (EG 51). Anche noi, come diletta porzione del popolo santo di Dio, riunita attorno al suo pastore, nella multiforme articolazione delle -6- comunità cristiane vive e operanti nel nostro territorio, dobbiamo accettare, senza tentennamenti o ritardi, di uscire finalmente da una situazione di ristagno spirituale, da una pastorale dettata e informata da programmi anacronistici e obsoleti che rischiano di non raggiungere più il cuore degli uomini e delle donne di oggi. Occorre che ci costituiamo realmente in uno stato permanente di missione, superando ostacoli, pregiudizi, staticità varie. Sarà impegno forte e decisivo da parte di tutti noi prendere sul serio le parole del papa e sciogliere le riserve che il papa stesso, con un’ombra di pessimismo, nel presentimento che la sua voce possa non essere sempre ascoltata, paventa: temo che anche queste parole siano soltanto oggetto di qualche commento senza una vera incidenza pratica (EG 202). -7- I. SULLA SCIA DEL CAMMINO FATTO Quanto ci avviamo a dire e a fare nel nuovo anno pastorale e quanto sarà oggetto della nostra riflessione sarà comunque in stretta continuità con lo sforzo e la fatica che la chiesa italiana ha messo in campo soprattutto negli ultimi quindici anni e che, pure noi, in questi anni, abbiamo realizzato (vedi le Indicazioni pastorali indirizzate alle nostre comunità parrocchiali a partire dal 2010). L’impulso a ritrovare uno slancio missionario lo abbiamo in importanti interventi dell’episcopato italiano. In particolare i documenti Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il primo decennio del 2000 e la Nota pastorale della CEI Roma, del 30 maggio 2004, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Si tratta di documenti che testimoniano con lungimiranza profetica, tanto la tematica dell’emergenza educativa quanto l’urgenza missionaria e la consapevolezza dell’identità esodiale della chiesa nel mondo attuale. -9- SULLA SCIA DEL CAMMINO FATTO E disse: Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta (Mt 13,3-8) Su quest’ultima Nota della CEI, in vario modo, noi stessi abbiamo più volte insistito; ne abbiamo colto e riproposto le intuizioni anticipatrici e abbiamo come spalmato nelle nostre riflessioni quello che riteniamo ancora di dirompente attualità per le nostre parrocchie (cf La parrocchia crocevia delle istanze educative, Indicazioni pastorali 2010-2011). Né abbiamo mancato, come ben ricordate, di sottolineare apertamente la debolezza dei nostri passi sulla via della realizzazione di tali intuizioni, evidenziando con forza lo scarto preoccupante tra l’ideale esigente di una chiesa aperta e in dialogo con gli uomini e le donne del nostro tempo e il vissuto concreto delle nostre comunità, tendenzialmente chiuso e autoreferenziale, spesso asfittico, incapace di rinnovamento reale e incisivo. Successivamente, a dare spinta ulteriore al rinnovamento delle nostre comunità sono stati gli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, Educare alla vita buona del vangelo, del 27 maggio 2010. Sulla scia di questi orientamenti, anche noi, anno dopo anno, abbiamo considerato i vari aspetti problematici della vita della nostra chiesa locale, a fronte di una grave emergenza educativa che rischia di far saltare gli anelli generazionali della trasmissione della fede. Il rinnovamento auspicato è stato considerato urgente e finalizzato a una revisione radicale dei processi educativi e formativi messi in atto dalle nostre comunità. Non poco abbiamo insistito sulla necessità di uno slancio nella passione educativa mirante ad aprire le nostre comunità al territorio, alle urgenze della società contemporanea, al dialogo con il mondo contemporaneo. 1. La sorgente conciliare Non possiamo, tuttavia, dimenticare l’evento provvidenziale, veramente profetico e lungimirante, che abbiamo messo alla base di tutto e che sta a fondamento del cammino della chiesa italiana degli ultimi decenni e che, in ultima analisi, sta anche - 10 - alla base dell’ulteriore impulso che ci viene da papa Francesco: il concilio Vaticano II. Dell’apertura missionaria, dell’attenzione recente alla grave crisi dell’emergenza educativa, della necessità infine di coniugare in modo efficace il binomio educazione cristiana e dimensione missionaria della chiesa noi siamo debitori anzitutto al passaggio dello Spirito rappresentato dal concilio Vaticano II (cf LG 17). Sul concilio ci siamo pure noi interrogati nelle indicazioni pastorali dell’anno scorso (Risvegliare la passione educativa, Indicazioni pastorali 2013-2014) e l’anno precedente con le indicazioni pastorali Lasciamoci educare da Dio. La riscoperta del concilio nell’anno della fede. il coraggio e la speranza di un vero rinnovamento pastorale. È al concilio, evento sorgivo del cammino della chiesa postconciliare, che dobbiamo perciò ancora ritornare se vogliamo dare un fondamento solido alle ulteriori acquisizioni che la chiesa ha recepito fino ad oggi e se vogliamo cogliere il senso delle ultime acquisizioni del magistero di papa Francesco e della chiesa italiana; ed è al profondo rinnovamento voluto dai padri conciliari del Vaticano II che dobbiamo dar seguito se vogliamo dare un ampio respiro alla nostra azione pastorale missionaria e fare di essa l’elemento costitutivo della sua identità misterica e salvifica (cf LG 2). Lo abbiamo affermato con forza: Per parte mia, sono fermamente convinto che la carica riformatrice e rinnovatrice del concilio resti assolutamente inalterata e decisiva anche per il nostro tempo e che, anzi, solo ritornando a essa possiamo far piena luce sulla realtà difficile e contraddittoria del nostro tempo e sulle profonde trasformazioni dell’uomo nel mondo contemporaneo (mutamenti culturali, sociali, psicologici, morali, religiosi) (Famiglia e giovani alla scuola del concilio. Educare alla vita buona del vangelo, 4). - 11 - In tal senso, dobbiamo perciò veramente ringraziare il Signore e prendere gioiosamente atto che oggi - finalmente! giunge a maturazione sempre più piena l’idea che la chiesa non esiste per sé ma esiste solo per il mondo. Essa non può rinnegare il suo essere missionario, pena il suo negarsi nel profondo come chiesa di Cristo; essa non può rinchiudersi in un recinto e isolarsi dal mondo, né può vivere in antagonismo aprioristico o in contrapposizione dualistica con esso. Piuttosto essa è chiamata a scoprire, sempre radicata nella Parola di Dio, la sua identità aperta, la sua costitutiva relazionalità al mondo; ovvero, la sua missione per il mondo e per la sua salvezza. Quanto affermato dall’evangelista: «Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16), vale perciò, in perfetta analogia, anche per la chiesa, prolungamento vivo del mistero del Cristo Signore nella storia degli uomini: La chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la sua origine (AG 2). 2. La svolta ecclesiologica conciliare e l’evangelii gaudium La svolta ecclesiologica conciliare trova ragione e fondamento in tutto l’insegnamento del concilio, nelle quattro costituzioni fondamentali e soprattutto nelle due specifiche riguardanti la vita ad intra e ad extra della chiesa: Lumen gentium e Gaudium et spes. Indubbiamente però è alle radici programmatiche della Gaudium et spes che si connette il pensiero di papa Francesco, quando invita a uscire dagli steccati storici, dai linguaggi prefissati, dai modi stanchi di dare l’annuncio del vangelo, - 12 - dall’autoreferenzialità che spesso caratterizza il nostro tratto nell’accostare gli altri: Allo stesso tempo, gli enormi e rapidi cambiamenti culturali richiedono che prestiamo una costante attenzione per cercare di esprimere le verità di sempre in un linguaggio che consenta di riconoscere la sua permanente novità. Poiché, nel deposito della dottrina cristiana «una cosa è la sostanza […] e un’altra la maniera di formulare la sua espressione». A volte, ascoltando un linguaggio completamente ortodosso, quello che i fedeli ricevono, a causa del linguaggio che essi utilizzano e comprendono, è qualcosa che non corrisponde al vero vangelo di Gesù Cristo. Con la santa intenzione di comunicare loro la verità su Dio e sull’essere umano, in alcune occasioni diamo loro un falso dio o un ideale umano che non è veramente cristiano. In tal modo, siamo fedeli a una formulazione ma non trasmettiamo la sostanza. Questo è il rischio più grave. Ricordiamo che «l’espressione della verità può essere multiforme, e il rinnovamento delle forme di espressione si rende necessario per trasmettere all’uomo di oggi il messaggio evangelico nel suo immutabile significato» (EG 41). Ed è a queste grandi intuizioni conciliari che papa Francesco fa riferimento costante, nella consapevolezza estrema che la sfida dell’annuncio oggi non può alimentarsi che di atteggiamenti di amore e di prossimità assoluta con l’umanità di oggi: Questo ha una grande rilevanza nell’annuncio del vangelo, se veramente abbiamo a cuore di far percepire meglio la sua bellezza e di farla accogliere da tutti. Ad ogni modo, non potremo mai rendere gli insegnamenti della chiesa qualcosa di facilmente comprensibile e felicemente apprezzato da tutti. La fede conserva sempre un aspetto di croce, qualche oscurità che non toglie fermezza alla sua adesione. Vi sono cose che si comprendono e si apprezzano - 13 - solo a partire da questa adesione che è sorella dell’amore, al di là della chiarezza con cui se ne possano cogliere le ragioni e gli argomenti. Per questo occorre ricordare che ogni insegnamento della dottrina deve situarsi nell’atteggiamento evangelizzatore che risvegli l’adesione del cuore con la vicinanza, l’amore e la testimonianza (EG 42). Si tratta di una svolta radicale che, anche noi, dobbiamo ancora recepire pienamente, senza tentennamenti ma convinti che da questo dipendono gli esiti positivi della nostra azione pastorale e della nostra presenza nel mondo. Un mondo che non possiamo pensare come nostro antagonista o peggio ancora come nemico, ma un mondo che dobbiamo amare e, per quanto dipende da noi, dobbiamo anche salvare e salvare noi stessi con esso. Così si esprimono i padri conciliari riguardo al mondo contemporaneo: Ai nostri giorni l’umanità, presa d’ammirazione per le proprie scoperte e la propria potenza, agita però spesso ansiose questioni sull’attuale evoluzione del mondo, sul posto e sul compito dell’uomo nell’universo, sul senso dei propri sforzi individuali e collettivi, e infine sul destino ultimo delle cose e degli uomini. Per questo il concilio, testimoniando e proponendo la fede di tutto intero il popolo di Dio riunito dal Cristo, non potrebbe dare una dimostrazione più eloquente di solidarietà, di rispetto e d’amore verso l’intera famiglia umana, dentro la quale è inserito, che instaurando con questa un dialogo sui vari problemi sopra accennati, arrecando la luce che viene dal vangelo, e mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore. Si tratta di salvare l’uomo, si tratta di edificare l’umana società. È l’uomo dunque, l’uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, corpo e anima, l’uomo cuore e coscienza, pensiero e volontà, che sarà il cardine di tutta la nostra esposizione (GS 3). - 14 - Per i padri conciliari perciò la chiesa non ha altra missione che quella di salvare l’uomo. Essa esiste solo per l’uomo e per l’edificazione dell’umana società. Esiste per dare pienezza e compimento al disegno divino sulla storia umana. Perciò, pur nella fedeltà piena al vangelo e alla radicalità della Parola di Dio - che mai si assoggetta a compromessi con il pensare del mondo lontano da Dio - la chiesa di oggi è urgentemente chiamata a superare tutto ciò che rende spesso scostante e disamorato il suo modo comunicativo e che fa disancorato e insipido l’annuncio stesso del vangelo della vita e della gioia. A fronte dell’urgenza per la chiesa di fare dell’annuncio del vangelo il proclama della misericordia e dell’accoglienza, dell’umiltà e del servizio, con provvidenziale lungimiranza avevano ancora affermato i padri conciliari: …il santo concilio, proclamando la grandezza somma della vocazione dell’uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all’umanità la cooperazione sincera della chiesa, al fine d’instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione. Nessuna ambizione terrena spinge la chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito (GS 3). Il volto della chiesa disegnato dal concilio non è più un volto introverso, chiuso e distaccato; non è più il volto di una comunità arroccata in una cinta di sicurezza, timorosa e pronta a schivare il mondo, poco attenta a ciò che riguarda il destino concreto di ogni uomo, guardinga e vigile per paura di contaminarsi; piuttosto è quello di una chiesa chiamata ad aprirsi all’uomo, a rallegrarsi e a gioire della presenza del germe divino presente in ogni essere umano, qualunque sia la sua appartenenza etnica, culturale, - 15 - sociale o religiosa (cf Educare alla vita buona del vangelo, 14) La sua è una missione di salvezza e la sua vocazione è proprio quella di protendersi verso l’umanità concreta, spesso smarrita nella sua strada ma pur desiderosa di ritrovarla, anzi perennemente bisognosa di aiuto e di salvezza. Essa è chiamata, sulle orme del suo Maestro e Salvatore, a servire piuttosto che a essere servita, ad andare verso il mondo piuttosto che ad aspettare che il mondo venga verso di lei. A caratterizzare la sua azione missionaria e la sua ansia pastorale dovranno essere proprio l’attenzione al mondo contemporaneo, la sua sensibilità verso le specifiche urgenze degli uomini e delle donne di oggi, la disponibilità ad andare incontro alle necessità di coloro che sono lontani o ancora alla ricerca della verità (cf Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 5). - 16 - II. UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO Memori, dunque, dell’eredità conciliare e in fedeltà alla volontà di Cristo, siamo chiamati a rinnovare e ridare vigore al nostro slancio missionario, oggi più che ieri. Il lavoro missionario è ancora oggi enorme. Lo avevano intuito già i padri conciliari: La chiesa, inviata da Cristo a rivelare e comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutte le genti, comprende che le resta ancora da svolgere un lavoro missionario enorme (AG 10). Perciò, nessun ritardo è ammesso, nessuna deroga è consentita. La chiesa tutta è chiamata con urgenza a testimoniare il suo volto missionario, a entrare nelle fibre dell’umanità con l’annuncio del vangelo. Anche noi come chiesa locale e ognuna delle comunità cristiane siamo chiamati a uscire e prendere il largo. - 17 - UN RINNOVATO SLANCIO MISSIONARIO Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore (Lc 4,17-19) 1. Prendiamo il largo: una chiesa in uscita L’invito a “prendere il largo”, che fu parola d’ordine del Giubileo del 2000 (Novo millennio ineunte, 1) all’inizio del secondo millennio, e quanto poi ulteriormente acquisito dall’episcopato italiano e, ultimamente, la spinta accelerativa offertaci dalla Evangelii gaudium, altro non sono oggi che la ripresa attuativa del grande respiro e della grande apertura della chiesa disegnata dalla svolta conciliare del Vaticano II. A cinquant’anni dalla celebrazione del concilio, riscoprire il mondo come destinatario, e perciò come interlocutore indispensabile della missione universale, resta l’impegno primario e il compito più esaltante della chiesa. È un impegno che tocca ognuno e tutti insieme i membri della chiesa; un impegno che, in quanti si riconoscono nella comunità ecclesiale, dovrà partire dalla gioia condivisa del vangelo e dalla forza prorompente dello Spirito che urge verso il compimento del Regno di Dio. I cristiani non possono tenersi per sé la gioia del vangelo ricevuto. Esso è gioia da comunicare, da annunciare insistentemente, totalmente da condividere anche con gli uomini del nostro tempo. Afferma papa Francesco: se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri? Il bene tende sempre a comunicarsi. Ogni esperienza autentica di verità e di bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri. Comunicandolo, il bene attecchisce e si sviluppa. Per questo, chi desidera vivere con dignità e pienezza non ha altra strada che riconoscere l’altro e cercare il suo bene (EG 8-9). La gioia della fede ricevuta è gioia incontenibile da testimoniare a quanti ancora la ignorano, è gioia che mette in cammino verso gli altri, è gioia da seminare nelle strade del - 18 - mondo, nell’incontro con i fratelli nella vita quotidiana; essa è dono da elargire soprattutto là dove incontriamo stanchezza e disperazione, sconforto e rassegnazione: La gioia del vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria. La sperimentano i settantadue discepoli, che tornano dalla missione pieni di gioia (cf Lc 10,17). La vive Gesù, che esulta di gioia nello Spirito Santo e loda il Padre perché la sua rivelazione raggiunge i poveri e i più piccoli (cf Lc 10,21). La sentono pieni di ammirazione i primi che si convertono nell’ascoltare la predicazione degli Apostoli «ciascuno nella propria lingua» (At 2,6) a Pentecoste. Questa gioia è un segno che il vangelo è stato annunciato e sta dando frutto. Ma ha sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre. Il Signore dice: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!» (Mc 1,38). Quando la semente è stata seminata in un luogo, non si trattiene più là per spiegare meglio o per fare segni ulteriori, bensì lo Spirito lo conduce a partire verso altri villaggi (EG 21). Comprendiamo così che è dalla gioia incontenibile del vangelo da comunicare, che nasce l’esigenza per la chiesa di mettersi continuamente in gioco, di uscire, di prendere il largo e di rischiare. Meglio una chiesa “accidentata”, come afferma papa Francesco, che una chiesa ripiegata su di sé, rattristita e insoddisfatta, sempre china su un ritualismo stanco e privo di vita e pronta a lagnarsi dei mali e della deriva del mondo: Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio - 19 - una chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37) (EG 49). Ciò significa che abbiamo bisogno continuo di rialzarci e di metterci in cammino; abbiamo bisogno di farci chiesa perennemente ‘in uscita’. È urgente, per noi, sloggiare da sicurezze acquisite e comode, da sistemazioni confortevoli che nella logica del vangelo non possono essere che provvisorie e tappe per un cammino ulteriore. È urgente per noi spalancare le porte del cenacolo che spesso paralizzano la nostra azione pastorale, osare di più e assecondare la spinta audace che viene dallo Spirito di Dio che non tollera luoghi chiusi e asfittici: La chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. Primerear, prendere l’iniziativa: vogliate scusarmi per questo neologismo. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cf 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. Vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva (EG 24). - 20 - La chiesa di oggi non ha altra alternativa. Se veramente vuole imitare Cristo Signore, non può che rifarsi pellegrina nel mondo, acquisire propriamente una identità nomade ed esodiale, come è quella, del resto, della vita e della storia degli uomini sotto qualunque cielo. Se vorrà essere fedele a se stessa, la chiesa è chiamata a dormire sempre sull’uscio di casa, pronta a partire e ad annunciare, mai a godersi la pace con quanti sono già dentro; piuttosto, sempre in ansia per chi sta fuori o stenta ad entrare; sempre inquieta per la pecorella smarrita e per quanti non ritrovano la strada di ritorno, sempre pronta a ripercorrere tutti i cammini dell’umano, perché nessuno possa mai essere privato della gioia del ritorno a casa. È opportuno ricordare, a tal proposito, l’audacia e lo slancio missionario di Paolo: «ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne» (Rom 9,3). E, se il rinnovamento della chiesa, dipende dal rinnovamento delle nostre comunità locali e parrocchiali, dovremo seriamente riflettere sulla necessità di un rinnovamento continuo della nostra pastorale, della nostra liturgia, della nostra catechesi, della nostra attività caritativa: Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunità cristiana non basta più. È necessaria una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il vangelo, ne sostenga la trasmissione di generazione in generazione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo testimoniando che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana conformemente al vangelo e, nel nome del vangelo, contribuire a rendere nuova l’intera società (Il volto missionario delle parrocchie, 1). - 21 - 2. Come una madre dal cuore aperto… La condizione esodiale del nostro essere chiesa ci configura come chiesa dal cuore aperto. È questa la sfida che dobbiamo accogliere quotidianamente: uscire per imparare a spalancare il nostro cuore; uscire per aprire continuamente varchi di misericordia e di tenerezza; uscire per rimanere perennemente disponibili e aperti; uscire per disegnare sentieri umani e cristiani liberi e liberanti; uscire per profetizzare e realizzare nel qui ed ora della nostra storia l’annuncio sempre nuovo di un Dio che è uscito da sé per prendere dimora nel cuore dell’uomo, di un Dio che ha provato la passione per l’uomo e gli ha spalancato le porte della sua vita intima, un Dio che ha permesso all’umanità tutta di abitare il divino. Magnifiche in questo senso le indicazioni di papa Francesco: La chiesa “in uscita” è una chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà (EG 46; cf La parrocchia crocevia delle istanze educative, p. 18-20). Sono indicazioni che prefigurano scenari inediti nell’azione pastorale della chiesa e nella sua stessa identità missionaria: La chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che - 22 - neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto quando si tratta di quel sacramento che è “la porta”, il Battesimo. L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa (EG 47). Il binomio missione-maternità della chiesa si offre alla nostra riflessione in tutto il suo spessore di significato. La missione della chiesa è tutt’uno con la sua maternità verginale. È questo il senso di quanto mirabilmente hanno affermato i padri conciliari, facendo proprie le parole dei padri della chiesa (Ambrogio, Expos. Lc. II, 7 e X, 24-25: PL 15, 1555 e 1810; Agostino, In Io., Tr. 13, 12: PL 35, 1499. Cf. Serm. 191, 2, 3: PL 38, 1010; Ven. Beda, In Lc. Expos. I, cap. 2: PL 92, 330; Isacco Della Stella, Serm. 51: PL 194, 1863), a proposito della chiesa, nel suo riferimento a Maria, vergine e madre: Orbene, la chiesa contemplando la santità misteriosa della Vergine, imitandone la carità e adempiendo fedelmente la volontà del Padre, per mezzo della parola di Dio accolta con fedeltà diventa essa pure madre, poiché con la predicazione e il battesimo genera a una vita nuova e immortale i figli, concepiti ad opera dello Spirito Santo e nati da Dio. Essa pure è vergine, che custodisce integra e pura la fede data allo sposo; imitando la madre del suo Signore, con la virtù dello Spirito Santo conserva verginalmente integra la fede, salda la speranza, sincera la carità (LG 64). - 23 - Come la dimensione missionaria è costitutiva della identità della chiesa, allo stesso modo lo è, dunque, la maternità. Nessun’altra finalità muove e deve muovere la chiesa nel suo dinamismo esodiale e missionario se non la fedeltà al suo Maestro che pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini (Fil 2,6). Nessun’altra finalità è alla radice della missione della chiesa se non il suo costante sguardo amorevole verso quell’umanità per la quale il Figlio di Dio si è lasciato inchiodare sul legno della croce. 3. Missionarietà della chiesa ed emergenza educativa Il tema che desidero offrire alle comunità cristiane della nostra chiesa locale coniuga in un tutto armonico la dimensione missionaria della chiesa e l’emergenza educativa. Su questa feconda e complessa relazione ci aiutano i documenti dell’episcopato italiano e l’Esortazione Apostolica di papa Francesco. L’attenzione verso la dimensione missionaria della chiesa che i documenti della CEI sistematicamente e papa Francesco ultimamente, seppure con accentuazioni diverse, di continuo ripropongono e rilanciano con forza, ad altro non mirano che a far riscoprire a tutti i credenti la gioia e la necessità impellente - in un mondo assetato di vita e di libertà - di comunicare agli uomini di oggi l’attraente seduzione del vangelo. E anche l’attenzione privilegiata che si sta attribuendo all’emergenza educativa del decennio in corso ripropone ancora - a una chiesa che davvero si renda disponibile al compito che le ha assegnato Cristo - l’urgenza e l’importanza estrema di abbandonare con intelligenza e audacia una certa chiusura e una certa staticità attuale. Essa deve assolutamente acquisire, sulle orme del Cristo Buon pastore, un volto decisamente missionario e aperto al mondo e alla realtà concreta degli uomini e delle donne del nostro tempo: - 24 - Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise ad insegnare loro molte cose… E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero a loro (Mc 6,34.39-41). Questa pagina del vangelo secondo Marco, è un testo ricco di risonanze anticotestamentarie: ci mostra Gesù nell’atteggiamento del pastore che raccoglie le sue pecore e se ne prende cura mediante l’insegnamento e, con una prodigiosa frazione del pane, sfama cinquemila persone (Educare alla vita buona del vangelo, 17). È a questa pagina di vangelo che la chiesa deve improntare la sua missione; a questa stessa pagina evangelica è da ricondurre anche l’urgenza attuale e la spinta specifica che, con il suo linguaggio, col suo stile di vita, col suo insegnamento, papa Francesco vuole imprimere alla chiesa universale e alla chiesa italiana. Fortissimo perciò il suo appello, nella sua Esortazione, per un serio rinnovamento missionario della chiesa che non sia e non resti parola astratta e vuota, ma si traduca coerentemente in una vera e propria pratica sociale della fede, in una rinnovata attenzione ai poveri del mondo che sono i primi destinatari del vangelo del Signore e per un’attenzione ai gravissimi problemi di giustizia sociale che affliggono gli ultimi e le fasce più deboli delle nostre società. «Sceso dalla barca - dice il vangelo -, ebbe compassione di loro perché erano come pecore che non hanno pastore». Fratelli e sorelle, quale altro atteggiamento può assumere oggi la chiesa se non quello del Signore Gesù? Solo una chiesa che si china, che guarda con amore, che osserva e si immedesima, che prova un fremito incontenibile di angoscia e di compassione, che non resiste ai bisogni e alle necessità, che non trova riposo e quiete - 25 - fino a quando c’è un solo uomo affamato di vita e di verità, può oggi dirsi veramente missionaria. Solo una chiesa che si lascia alle spalle sicurezze e privilegi, che non si costruisce attorno recinti e baluardi, che si inquieta finché anche un solo uomo soffre la fame o l’emarginazione, può conquistare al vangelo ed essere veramente la chiesa del Signore, di Lui che non aveva una tana in cui rifugiarsi, né una pietra su cui posare il capo. Solo una risposta forte e coerente a tale appello può veramente riportare la chiesa a ritrovare la sua vocazione originaria, quella che scaturisce dalla straripante forza della Parola di Dio: un dono che non possiamo trattenere per noi ma che deve essere comunicato e condiviso, con quanti, spesso senza saperlo, hanno fame e sete di Dio. Vi ripeto qui, figli carissimi, quanto scrivevamo nelle Indicazioni pastorali, La parrocchia crocevia delle istanze educative: Se le nostre parrocchie devono essere all’altezza della sfida attuale e mettere in atto una pastorale missionaria, esse debbono riscoprire la loro identità essenzialmente dinamica, ovvero quella identità che è propriamente biblica ed esodiale; l’essere, cioè, ognuna e tutte insieme, un unico popolo in cammino, in perenne movimento fra le gente del territorio, in quotidiano andirivieni nei luoghi in cui gli uomini lavorano, faticano, amano, sperano, soffrono. Lungi dall’essere luoghi separati, isole incomunicanti, spazi chiusi, le parrocchie costituiscono insieme un unico e grande laboratorio di umanità per il Regno (p. 18). - 26 - Allora disse ai suoi discepoli: La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe! Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità (Mt 9,35-10,1) III. PASSIONE EDUCATIVA E PASSIONE MISSIONARIA Siamo in grado ora di comprendere il vero senso di quello slancio missionario che s’impone con forza alla coscienza credente fino a diventarne quasi una spina nel fianco nella nostra coscienza di credenti. E ugualmente, dobbiamo comprendere che non si dà vera passione missionaria se non diventa anche vera e autentica passione educativa. Educazione e missione sono due facce della stessa medaglia; entrambe discendono e trovano fondamento nel mandato di Cristo che ci invia nel mondo non solo a portare la sua Parola ma anche a contribuire a formare l’uomo vero nella pienezza della sua identità e nella multiformità delle sue qualità umane e cristiane. L’educazione costituisce, perciò, il presupposto fondamentale della missione; sicché la passione missionaria diventa, per ciò stesso, passione educativa. - 27 - PASSIONE EDUCATIVA E PASSIONE MISSIONARIA Gesù andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e curando ogni malattia e infermità. Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore 1. Guai a me se non evangelizzo Il monito paolino: Guai a me se non evangelizzo (1 Cor 9,16) diventa il paradossale risvolto di una passione che si trasforma in imperativo categorico per la chiesa e per il cristiano. Vita cristiana e missione sono perciò così strettamente congiunte e inseparabili tanto da poter affermare che nessuna spiritualità cristiana è concepibile, neanche quella claustrale o cenobitica, se non diventa un unicum inscindibile con l’apertura e l’ansia missionaria: La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare. Lì si rivela l’infermiera nell’animo, il maestro nell’animo, il politico nell’animo, quelli che hanno deciso nel profondo di essere con gli altri e per gli altri. Tuttavia, se uno divide da una parte il suo dovere e dall’altra la propria vita privata, tutto diventa grigio e andrà continuamente cercando riconoscimenti o difendendo le proprie esigenze. Smetterà di essere popolo (EG 273). “Marcati a fuoco”, cioè segnati per sempre dall’unzione dello Spirito. Sono parole forti e profonde che papa Francesco applica a se stesso anzi tutto e che devono fare riflettere tutti sulla natura della vita cristiana e sull’identità del cristiano. Dobbiamo prendere coscienza di essere chiesa missionaria, ed è proprio questo il tempo di farlo. La chiesa nasce ed esiste per evangelizzare. La missionarietà deve dunque essere sentita come la dimensione permanente della vita cristiana sia dei chierici che dei laici. E se non si comunica il vangelo ogni giorno non si è - 28 - missionari e, pertanto, non si è cristiani. Questa la vera sfida che il papa ha già introdotto come stile di vita nel cuore della fede del cristiano. 2. Educazione cristiana e missionarietà: l’arte dell’accompagnamento Da ciò ne segue anche, come diretta e immediata conseguenza, che chi si assume il compito educativo dell’evangelizzazione all’interno della comunità ecclesiale è chiamato ad accompagnare le persone che gli sono affidate. Ne consegue l’impegno a una permanente educazione alla fede e a un’evangelizzazione e catechesi continua all’interno stesso della comunità cristiana (cf Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 7-9). Missionarietà è dunque tanto l’annuncio o il primo annuncio, ma anche l’accompagnamento formativo che non conosce soste o punti di arrivo, ma che si fa prossimità continua e generosa con i fratelli che hanno ricevuto il battesimo e il primo annuncio. Dobbiamo imparare non tanto a essere maestri, ma madri e padri di chi è affidato a noi per essere educato alla vita di fede. Prossimità vuol dire “ascolto” continuo e affettuoso. Vuol dire anche cambiamento continuo. Una chiesa che educa nella prossimità cambia e aiuta a cambiare. D’altra parte, che senso avrebbe una catechesi che si preoccupasse di insegnare una dottrina o una verità senza suscitare il desiderio della conversione personale e del cambiamento di se stessi e del mondo? Gli orientamenti pastorali dei vescovi affermano: per stabilire un rapporto educativo occorre un incontro che susciti una relazione personale: non si tratta di trasmettere nozioni astratte, ma di offrire un’esperienza da condividere (Educare alla vita buona del vangelo, 25). - 29 - Si tratta perciò di educare soprattutto all’incontro con Cristo vivo. L’incontro con Lui e la sua Parola viva è il fondamento di tutti gli incontri umani: chi incontra Cristo vivo e crede in Lui può incontrare con amore e misericordia tutti gli uomini e tutte le donne. Tale prossimità dunque dobbiamo imparare e mettere in atto nelle nostre comunità cristiane. Dice papa Francesco che c’è un’“arte dell’accompagnamento”. Occorre fare cioè della prossimità una vera scuola di vita. Dobbiamo promuovere pazientemente uno stile relazionale nuovo nei processi educativi e formativi; perché solo dalla prossimità calda e cordiale la chiesa imparerà veramente a essere madre di tutti, non solo di quelli che fanno già parte della famiglia della chiesa ma anche di quelli che sono lontani. E madri veramente si è - afferma il papa, citando la Redemptoris missio, 287, di Giovanni Paolo II - se ci si occupa senza soste dei figli lontani, prima che di quelli vicini: …bisogna, tuttavia, non perdere la tensione per l’annuncio a coloro che stanno lontani da Cristo, «perché questo è il compito primo della chiesa (EG 15). Formatori ed educatori siamo perciò tutti chiamati all’opera. Dobbiamo sempre di più imparare e vivere questa prossimità. Prossimità “materna”, afferma il papa, che - proprio in un tempo che vede, da una parte, il trionfo patologico dell’anonimato individualistico e, dall’altra, vede spesso il misero sfruttamento della prossimità in funzione dell’interesse, del calcolo o, sempre più, della curiosità morbosa e patologica della nuova comunicazione mass-mediale - deve significare per la chiesa capacità di percezione dell’altro in quanto persona da amare, assunzione di uno sguardo attento e disinteressato verso l’altro come immagine di Dio e fratello, trasporto evangelico e compassionevole verso l’altro che è nel bisogno, capacità di commozione e di immedesimazione con chi è alla ricerca della casa paterna: - 30 - la chiesa dovrà iniziare i suoi membri - sacerdoti, religiosi e laici - a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana (EG 169; cf Educare alla vita buona del vangelo, 20-22). Figlie e figli carissimi, accompagnamento spirituale è dunque l’arte di camminare insieme, l’arte alla quale dobbiamo tendere con tutte le nostre forze. Così, nella chiesa non può trovare alcuna ospitalità l’idea che si è liberi quando si è soli, quando si cammina da soli, quando ci si fa erranti solitari, come certa cultura di oggi e certa contagiosa egolatria insinuano spesso e volentieri, o tendono a imporre come modello antropologico. Lo statuto proprio dei cristiani è invece quello di “pellegrini” che camminano insieme verso la mèta comune, piuttosto che quello di una massa di individui che si muovono attorno a se stessi, senza mèta e senza dimora in cui ritornare, quasi orfani e solitari, esistenzialmente smarriti, privi di valori e di ideali, senza alcun senso compiuto da dare alla propria vita che non sia quello di una spossante e sempre incompiuta ricerca di sé. Significativamente il papa invita perciò la comunità cristiana e tutti noi a non adagiarci su una terapia che rafforza la chiusura delle persone nella loro immanenza e cessi di essere un pellegrinaggio con Cristo verso il Padre (EG 170). Per sfuggire davvero a questa terapia nociva se non mortale, dobbiamo piuttosto avere la capacità di farci sempre prossimi, di capire e di comprendere le persone, di diventare esperti di umanità proprio nell’arte di ascoltare e di aspettare; dobbiamo senza indugio renderci sempre più docili allo Spirito di Dio - 31 - che ci chiede di farci, con la saggezza e la prudenza necessaria, difensori e protettori di coloro che Dio affida come gregge alla nostra custodia e guida, veri accompagnatori di fratelli affidati alla nostra funzione di educatori e formatori. È una sapienza che dobbiamo imparare ancora dal vangelo. L’arte dell’accompagnare non potrà, infatti, essere che quella del Pastore che conosce le sue pecorelle una a una ed è disposto ad attraversare mare e monti alla ricerca ansiosa della pecorella smarrita; è l’arte del Padre che non cessa di pensare alla miserevole condizione del suo figlio che s’è allontanato, ma ne attende con ansia il ritorno; è l’arte di chi sa trattenere l’impazienza del padrone e s’accinge a coltivare e concimare l’albero improduttivo del suo giardino; l’arte della donna che sa bene impastare un po’ di lievito in tre misure di farina e attendere finché non sia tutta fermentata; l’arte ancora del seminatore che non cessa di spargere il grano finché non trovi un terreno buono in cui esso possa fruttificare veramente; l’arte divina infine del chicco di grano: «se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Imparare quest’arte non è certo facile. È arte che richiede preparazione, sacrificio, pazienza, grande lungimiranza, comprensione, ascolto e rispetto; quanto insomma, invoca, il mistero stesso di ogni uomo e di ogni persona umana; quanto esigito dal sacrario della coscienza cui solo Dio ha accesso pieno e veritiero. Afferma ancora il papa: Il vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere una persona a partire dal riconoscimento della malvagità oggettiva delle sue azioni (cf Mt 18,15), ma senza emettere giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cf Mt 7,1; Lc 6,37). In ogni caso un valido accompagnatore non accondiscende ai fatalismi o alla pusillanimità. Invita sempre a volersi curare, a rialzarsi, ad abbracciare la croce, a lasciare tutto, ad uscire sempre di nuovo per annunciare il vangelo. La personale esperienza di lasciarci - 32 - accompagnare e curare, riuscendo ad esprimere con piena sincerità la nostra vita davanti a chi ci accompagna, ci insegna ad essere pazienti e comprensivi con gli altri e ci mette in grado di trovare i modi per risvegliarne in loro la fiducia, l’apertura e la disposizione a crescere (EG 172). È insomma di un “cuore” che l’accompagnatore ha bisogno. Di un cuore abbiamo bisogno tutti noi chiamati a educare e a formare. Solo da un cuore che sa fremere e commuoversi potrà nascere l’autentica prossimità, il vero accompagnamento dei fratelli, la vera passione missionaria. Solo un cuore di carne fa cessare di essere solo spettatori indifferenti alla vita degli altri e fa diventare compagni e amici per sempre. Di questo cuore abbiamo tutti bisogno, se vogliamo svegliare in noi una vera passione educativa; se vogliamo imparare l’arte e lo stile proprio degli accompagnatori, di coloro, cioè, che sanno ascoltare e aspettare, che sanno compatire e incoraggiare, che sanno sostenere e reggere i fratelli nel loro cammino verso la conformazione sempre più piena a Cristo Signore e verso quella maturità di fede che rende tutti veramente liberi e responsabili della propria vita. 3. Una conversione radicale alla missionarietà Riprendendo l’insegnamento di Giovanni Paolo II, così afferma papa Francesco: L’attività missionaria «rappresenta, ancor oggi, la massima sfida per la chiesa» e «la causa missionaria deve essere la prima». Che cosa succederebbe se prendessimo realmente sul serio queste parole? Semplicemente riconosceremmo che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della chiesa (EG 15). La domanda che il papa pone alla chiesa è di imbarazzante verità e anche di stimolo profetico: “Cosa succederebbe se… ?” - 33 - Già. Cosa succederebbe se oggi la chiesa davvero si spogliasse delle rassicuranti sicurezze in cui si è spesso imprigionata nel passato e da cui stenta ancora ad uscire? Cosa succederebbe se essa abbandonasse il passivo quietismo che si nasconde in una pratica religiosa spesso avallata quasi come fine a se stessa, spesso completamente sterile e infruttuosa, insensibile al grido del Signore: «Misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 12,7)? Cosa succederebbe se dessimo voce allo Spirito che spalanca porte e finestre dell’edificio ecclesiale, che abbatte chiusure e pregiudizi, che spinge la barca al largo, all’incontro con la diversità, con la ricchezza seminata nel cuore di ogni uomo, soprattutto di coloro che spesso sono emarginati e isolati, e accogliessimo il carisma di cui sono portatori privilegiati nel regno i poveri e i bisognosi? (cf EG 197-201). Dobbiamo convenire che spesso lo spirito profetico viene rudemente spento dalla forza pervicace e conservatrice delle istituzioni che rimangono sorde e fredde allo spirito del vangelo. Le nostre strutture ecclesiali e parrocchiali non lasciano trasparire come dovrebbero la freschezza del vangelo; le nostre visioni sono spesso aridamente dottrinali, lontane dalla vita della gente e incapaci di cogliere le sfumature reali della vita, le situazioni concrete del popolo di Dio. Cosa succederebbe, ancora, se contassimo meno il numero e la massa piuttosto che la qualità della fede dei credenti, se non mescolassimo la fede a certa mentalità superstiziosa e quasi magica delle pratiche religiose e degli stessi sacramenti, se l’essere credenti non significasse acquiescenza acritica ed eclisse della ragione, se reinventassimo le nostre ore di catechismo, spesso troppo piatte e troppo simili a ore di lezioni scolastiche, non segnate dalla passione, dal coinvolgimento nella vita dei ragazzi, dei giovani e delle loro famiglie? Cosa succederebbe se la fede non fosse intesa come ricerca vana e testarda del sacro e del numinoso, di segni e di miracoli, ma piuttosto come pungolo della ragione, come incitamento ad acquistare la sapienza della Croce, l’intelligenza creativa dello - 34 - Spirito di Dio? Cosa succederebbe se la nostra fede cristiana attingesse acqua fresca dalla pura Parola di Dio e dall’unico vangelo, piuttosto che abbeverarsi ad acque stagnanti di cisterne aride e screpolate (cf Ger 2,13): come sono opuscoli e libercoli vari; letteratura religiosa scadente e poco illuminata; proposte di pretestuosi e vani affidamenti a oggetti sacri, a statue e immagini miracolose; ricerche ossessive di visioni o di idolatrati e mistificati luoghi del sacro? Sono domande e questioni, queste e mille altre ancora, imbarazzanti. Oggi più che mai esigono una nostra intelligente risposta e una forte coerenza operativa. Domande alle quali non possiamo rifiutarci di rispondere se non vogliamo correre invano e meritare il rimprovero dell’Apostolo: «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un pò di lievito fa fermentare tutta la pasta. É dunque annullato lo scandalo della croce?» (Ef 5,1,7,8-9). Anche l’apostolo Pietro ci mette bene in guardia: «non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza» (2 Pt 1,16). Se veramente la causa missionaria deve rappresentare la prima preoccupazione della chiesa e se questa è la grande sfida per la chiesa del nostro tempo, occorre che ogni processo educativo e formativo nella chiesa se ne facciano pienamente carico; assumano cioè come obiettivo formativo primario la formazione di coscienze credenti dal profilo aperto e dinamico. Bisognerà che i processi educativi si configurino perciò in modo nuovo, che si rimettano fortemente in questione contenuti e metodi di catechesi e di evangelizzazione che purtroppo privilegiano ancora la formazione di identità credenti chiuse e statiche, che incoraggiano ancora forme di spiritualità introversa e intimistica, pratica religiosa sterile e pietistica. - 35 - Come non fare riecheggiare il sogno di papa Francesco: Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania «ogni rinnovamento nella chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale» (EG 27; cf Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 2). Le parole del papa meritano una attenta riflessione. Per un verso, infatti, la pastorale della chiesa deve avere una lunghezza d’onda diversa rispetto al passato. Bisognerà puntare sulla formazione di una spiritualità cristiana nuova, cercare modalità nuove e mezzi nuovi per parlare, per comunicare la fede, per accostare i problemi della gente, per comunicare la gioia del vangelo. Occorrerà insomma mettere vino nuovo in otri nuovi e occorre che la chiesa ridiventi cammino comunitario di un popolo alla sequela autentica di Cristo. Avremo questa forza e questo coraggio? Avremo la capacità di uscire fuori dai nostri schemi ormai vecchi, avremo la capacità di osare e di essere creativi, avremo la capacità di teorizzare e costruire una nuova pastorale, come ci esorta papa Francesco: La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito - 36 - di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure (EG 33). Per altro verso, bisognerà evitare in tutti i modi di coltivare ancora una pratica religiosa miseramente e fatalmente piegata a stanche forme devozionali, improduttive e sterili; bisognerà prendere le distanze da una fede vissuta come religiosità pigra, individualistica, utilitaristica; bisognerà evitare che essa venga piegata a fini sacrali e magici che nulla hanno a che fare con la fede nel Cristo Signore, crocifisso e risorto. Nessuna ansia autentica e nessuna spinta missionaria può venire da una religiosità stantìa, logorata più dal bigottismo e dalla paura, dalla stanchezza e dalla noia che dalla gioia straripante del vangelo. Puntualissima alla nostra situazione la riflessione del papa: Così prende forma la più grande minaccia, che «è il grigio pragmatismo della vita quotidiana della chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità». Si sviluppa la psicologia della tomba, che poco a poco trasforma i cristiani in mummie da museo. Delusi dalla realtà, dalla chiesa o da se stessi, vivono la costante tentazione di attaccarsi a una tristezza dolciastra, senza speranza, che si impadronisce del cuore come «il più prezioso degli elisir del demonio». Chiamati a illuminare e a comunicare vita, alla fine si lasciano affascinare da cose che generano solamente oscurità e stanchezza interiore, e che debilitano il dinamismo apostolico. Per tutto ciò mi permetto di insistere: non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! (EG 83; cf Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 1). - 37 - Bisognerà a tal proposito, evitare anche l’equivoco radicale - ma quanto pervasivo e generalizzato nella mente di molti - di pensare alla pratica e alla frequenza religiosa come a un unico e privilegiato criterio di vita cristiana o di spacciare per fede cristiana la mera presenza in chiesa. Il numero e la presenza in chiesa: ecco la tentazione permanente di una chiesa che si rinchiude, soddisfatta e autoreferenziale, disdegnosa di aprirsi e di rischiare; incapace di guardare oltre e poco fiduciosa nel Dio della vita che anche dalle pietre può far nascere i suoi figli. Occorre evitare questa tentazione permanente del contarsi e del rigirarsi su stessi; invece che contarci dovremo ragionare sulla qualità della fede e sulle implicanze della vera sequela Christi, e soprattutto bisognerà assumere la logica della seminagione della parola di Dio, dell’uscire e del rischiare (Il seminatore usci a seminare… Mt 13,3) alla ricerca di terreni buoni e fruttuosi fuori dal recinto, piuttosto che rassegnarsi a uno stanco e ossessivo calpestìo della terra battuta, ormai sterilizzata e pietrosa, fiorente spesso solo di spine e rovi, dove la Parola di Dio ha poca o nessuna possibilità di germogliare e di crescere e dove l’assuefazione della pratica ritualistica, zelante o meno che sia, rischia di sterilizzare del tutto la novità esplosiva del regno di Dio. Dice bene papa Francesco: É evidente che in alcuni luoghi si è prodotta una “desertificazione” spirituale, frutto del progetto di società che vogliono costruirsi senza Dio o che distruggono le loro radici cristiane. Lì «il mondo cristiano sta diventando sterile, e si esaurisce come una terra supersfruttata, che si trasforma in sabbia». In altri paesi, la resistenza violenta al cristianesimo obbliga i cristiani a vivere la loro fede quasi di nascosto nel paese che amano. Questa è un’altra forma molto dolorosa di deserto. Anche la propria famiglia o il proprio luogo di lavoro possono essere quell’ambiente arido dove si deve conservare la fede e cercare di irradiarla (EG 86). - 38 - Che fare allora? Il deserto, certo, è luogo di aridità e di tentazione; luogo di dispersione e di buio spirituale. Ma è anche luogo di purificazione e di incontro, luogo di conversione e di ravvedimento. Occorre ripartire dal deserto e re-iniziare un percorso nuovo, per un rinnovamento della vita e della pratica della fede; per riscoprire la bellezza della chiamata del vangelo e dell’invito al banchetto del Regno. Dobbiamo fare ammenda di infedeltà e di incoerenze, di lentezze e di pigrizie. Dobbiamo essere in grado di riascoltare la Parola del vangelo con cuore e spirito nuovo, lasciandoci alle spalle tiritere interpretative noiose e improvvide, letture monotone e piatte, snervanti per chi vuole accostarsi a Cristo e per chi cerca di gustare il vino nuovo del Regno di Dio; letture proibitive per chi faticosamente cerca la via del ritorno a Cristo e per chi vuole trovare riposo e pace. Dobbiamo tornare a riascoltare e a proclamare la profezia di Osea: «Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone» (Os 2,16-18). Ripartire dal deserto; fare chiarezza dentro di noi; tornare a Dio con tutto il cuore; tornare insomma al vangelo, è l’imperativo che s’impone oggi a tutti noi. Proprio il deserto potrà portarci a riscoprire l’essenziale della fede, a comunicarlo nella gioia; a fare della Parola un annuncio seducente anche per l’uomo d’oggi: Ma “è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto, che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi, uomini e donne. Nel deserto si torna a scoprire il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso manifestati in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno soprattutto di persone di fede - 39 - che, con la loro stessa vita, indichino la via verso la Terra promessa e così tengono viva la speranza. In ogni caso, in quelle circostanze siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non lasciamoci rubare la speranza! (EG 86). Non si tratta, com’è ovvio, di fantasticare forme di cristianesimo di élite, percorsi di intellettualismo gnostico o di riserve privilegiate di benpensanti, né mai si dovranno irridere o ci si prenderà gioco di forme popolari tutt’altro che inautentiche o ingenue della pietà popolare (EG 122-126). Si dovrà tuttavia riscoprire, finalmente, la forza essenziale e semplice della fede; una fede che si scrolli di dosso credenze vane e futili, logoranti ritualità che si trascinano come stanca eredità del passato. Sarà perciò necessario riscoprire modalità e itinerari di fede, percorsi formativi che guidino a una professione di fede semplice ed essenziale. Il vangelo; solo il vangelo, con la sua intrinseca energia dovrà diventare unica ragione di vita, fuoco che scotta, trasparente testimonianza, luce non nascosta sotto il moggio, lievito e sale per le donne e gli uomini del nostro tempo. A questa interiorizzazione della fede cristiana dobbiamo mirare a tutti i costi: L’intimità della chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la chiesa esca ad annunciare il vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno. Così l’annuncia l’angelo ai pastori di Betlemme: «Non temete, ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). L’Apocalisse parla di «un vangelo eterno da annunciare agli abitanti della terra e a ogni nazione, tribù, lingua e popolo» (Ap 14,6) (EG 23). - 40 - Tale urgenza di evangelizzazione e di missionarietà non può essere in alcun modo elusa o disattesa, né piegata a interpretazioni soggettive e arbitrarie, né ritenuta opzione semplicemente facoltativa per la coscienza credente. L’azione missionaria non è un optional, né una scelta attitudinale o individuale, né un privilegio riservato a pochi. È una scelta obbligata, irrinunciabile, intrinseca all’essere del cristiano in quanto cristiano. È una scelta obbligata e costitutiva della vocazione alla fede. Essere ‘chiamati’ ed essere ‘mandati’ sono un unicum indivisibile e inscindibile. Qui sta l’assoluta serietà della fede cristiana. Vale perciò per l’intera chiesa quanto il papa afferma anzitutto per cardinali, vescovi e presbiteri: Resta chiaro che Gesù Cristo, non ci vuole come prìncipi che guardano in modo sprezzante, ma come uomini e donne del popolo. Questa non è l’opinione di un papa né un’opzione pastorale tra altre possibili; sono indicazioni della Parola di Dio così chiare, dirette ed evidenti che non hanno bisogno di interpretazioni che toglierebbero ad esse forza interpellante. Viviamole sine glossa, senza commenti. In tal modo sperimenteremo la gioia missionaria di condividere la vita con il popolo fedele a Dio cercando di accendere il fuoco nel cuore del mondo (EG 271). Il cristianesimo perciò non tollera alcuna scissione tra ciò che si crede e ciò che si annuncia. Ciò che si crede è, infatti, ciò che si annunzia; e solo ciò che si annunzia è ciò che si crede veramente. Se il credente non annuncia vuol solo dire che egli non crede a nulla. Una fede non testimoniata e non annunciata è semplicemente non-fede. Perciò, senza alcuna restrizione o preclusione, ogni credente, qualunque sia il posto che egli occupa nella comunità cristiana e qualunque sia il suo grado di istruzione, o la sua età o la sua condizione sociale e culturale, è chiamato in forza del suo battesimo, con la vita prima che con la parola, a dare l’annuncio della fede. - 41 - C’è quindi da riscoprire e da promuovere il protagonismo missionario di ogni battezzato, impegno non declinabile e non delegabile, impegno da esercitare in prima persona responsabilmente; impegno non legato, per sé, ad alcuna preparazione specifica o specializzata, tranne che all’esigenza irrefrenabile di comunicare ad altri la gioia e l’esultanza dell’incontro vissuto e sperimentato col Risorto che vive nella storia: Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù; non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia» (Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna» (Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio» (At 9,20). E noi che cosa aspettiamo?” (EG 120; cf Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo, 3-5). - 42 - Un’altra parabola disse loro: Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra (Mt 13,31-33,44-46) IV. LE ESIGENZE DELLA MISSIONARIETÀ Naturalmente dalla gioia dell’incontro vissuto e sperimentato col Risorto nascerà inevitabilmente anche il bisogno della formazione, dell’approfondimento e dello studio della Parola accolta. L’esperienza col vivente-Risorto spingerà al proposito e al desiderio di gustare e di comprendere ancor più il senso di ogni parola, di ogni profezia che a Lui si riferisce. Si sperimenterà allora la stessa gioia interiore che provarono alcuni discepoli in quella sera magica che li portava ad Emmaus: «E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,27). Come la mente e il cuore di quei - 43 - LE ESIGENZE DELLA MISSIONARIETÀ Un’altra parabola espose loro: Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami due discepoli - prima tristi e mesti ma anche “stolti e tardi di cuore nel credere” (Lc 24,25) - si illuminavano e si scaldavano progressivamente, così anche il cuore e la mente dei discepoli di oggi troveranno alimento nella progressiva conoscenza delle Scritture, delle profezie, dei segni che parlano di Lui, che su di lui convergono come al loro centro e fine. Né sarà vano che, dall’incontro trasformante con Lui, si continui a ricercare e risalire a tutto ciò che anche la storia profana del mondo e la vita quotidiana degli uomini più o meno velatamente continua a parlare di Lui. Scrive papa Francesco: Certamente tutti noi siamo chiamati a crescere come evangelizzatori. Al tempo stesso ci adoperiamo per una migliore formazione, un approfondimento del nostro amore e una più chiara testimonianza del vangelo (EG 121). 1. Annuncio e formazione: no all’improvvisazione L’incontro col vivente-Risorto apre il cuore e la mente alla realtà intera, aiuta a comprendere avvenimenti e fatti prima incompresi, aiuta a leggere le pagine della storia conferendo significato nuovo a quanto accaduto e a quanto avviene sotto i nostri occhi; aiuta a dare senso e spessore alla vita e agli avvenimenti che ci circondano, al cammino dell’uomo nel mondo e al senso nascosto della nostra vita personale e sociale. Non si tratta di una formazione fine a se stessa, per pochi iniziati o per professionisti privilegiati, ma di una formazione che nasce dalla coscienza del credente in quanto tale, dall’esigenza insopprimibile di comunicare la conoscenza di Lui, e “la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti” (cf Ef 1,19): dal bisogno di dare una più chiara testimonianza di Lui e del suo vangelo di vita (cf Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo, 6-9). - 44 - Si chiarisce così il vero senso della formazione e dell’educazione cristiana che l’episcopato italiano ha messo al centro della sua attenzione pastorale del decennio in corso e al nesso incidibile tra educazione cristiana e missionarietà. Non una formazione fine a se stessa, o prevalentemente intellettuale e dotta, destinata a specialisti e a persone capaci e dotate di mezzi e di strumenti comunicativi particolari, ma una formazione che scaturisce dall’esigenza di vivere la propria chiamata battesimale e di saperla comunicare e testimoniare ai fratelli: In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cf Mt 28,19). Ciascun battezzato, qualunque sia la sua funzione nella chiesa e il grado di istruzione della sua fede, è un soggetto attivo di evangelizzazione e sarebbe inadeguato pensare ad uno schema di evangelizzazione portato avanti da attori qualificati in cui il resto del popolo fedele fosse solamente recettivo delle loro azioni. La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello diretto ad ogni cristiano, perché nessuno rinunci al proprio impegno di evangelizzazione, dal momento che, se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni (EG 120). Si tratta quindi di quella formazione che scaturisce dall’incontro col Cristo e dalla volontà comunicativa della gioia di questo incontro vissuto e sperimentato; gioia sempre alimentata dal rapporto sempre vivo ed entusiasmante con Lui. Dice il papa, all’inizio della sua Esortazione: Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del vangelo: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una - 45 - grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva» (EG 6). A questa formazione devono tendere perciò tutti i processi formativi ed educativi della comunità cristiana, degli adulti come dei ragazzi e dei giovani. Ogni processo formativo che si limitasse a comunicare ancora una dottrina astratta o dei contenuti aridi e intellettuali fallirebbe il suo vero obiettivo e sarebbe deformante dal punto di vista strettamente evangelico. Il cristiano non è chiamato ad aderire a una dottrina astratta, o a un insegnamento di natura etica o filosofica, ma ad accogliere e ad annunciare l’amicizia del Verbo di Dio fatto carne, il suo personale messaggio di vita e di liberazione, che è una sola cosa con l’accoglimento della sua persona: In ogni caso, tutti siamo chiamati ad offrire agli altri la testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore, che al di là delle nostre imperfezioni ci offre la sua vicinanza, la sua Parola, la sua forza, e dà senso alla nostra vita. Il tuo cuore sa che la vita non è la stessa senza di Lui, dunque quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli altri (EG 121). Relativamente alle esigenze della formazione, non si tratta per le nostre comunità di tirar fuori mega-progetti pastorali o di metter su elaborati piani di missionarietà e di evangelizzazione, e neppure di puntare a una organizzazione comunicativa pienamente efficiente e funzionante dal punto di vista meramente tecnico e strumentale al punto di non lasciar nulla al caso. Il vero missionario non è mai schiavo dell’attivismo e dei programmi: Il vero missionario, che non smette mai di essere discepolo, sa che Gesù cammina con lui, lavora con lui (EG 266). - 46 - La sorgente dell’evangelizzazione, la forza comunicativa del cristianesimo e della fede cristiana sta nella testimonianza semplice dell’incontro sperimentato e della gioia vissuta: …se qualcuno ha accolto questo amore che gli ridona il senso della vita, come può contenere il desiderio di comunicarlo agli altri? (EG 7). Non rare volte, tuttavia, ci si nega a questa gioia dell’annuncio. Molti cristiani vivono mesti e tristi la loro fede, incapaci di annuncio e di testimonianza. Si accampano scuse e impedimenti per sottrarsi a questo compito e a questa responsabilità. Molte altre volte ci si può sottrarre alla responsabilità dell’annuncio perché ritenuto ruolo ingrato. Ci si aspetta gratificazioni istantanee, consensi e plausi. Si abbandona allora l’impresa, preda di una patologica scontentezza, di un’accidia che inaridisce lo spirito. Così, come afferma il papa: può succedere che il cuore si stanchi di lottare perché in definitiva cerca se stesso in un carrierismo assetato di riconoscimenti, applausi, premi, posti; allora uno non abbassa le braccia, però non ha più grinta, gli manca la risurrezione: Così, il vangelo, che è il messaggio più bello che c’è in questo mondo, rimane sepolto sotto molte scuse (EG 277). Ci si potrà perciò trincerare su difficoltà di natura culturale o intellettuale per declinare l’impegno alla testimonianza e la responsabilità che ognuno di noi ha: quella di render pienamente ragione della propria speranza (cf 1 Pt 3,15)? Si potranno trovare scuse o giustificazioni per ritenersi inadatti o impreparati e delegare ad altri tale compito di missionarietà? Fratelli carissimi, nessun alibi e nessuna delega possono più trovare giustificazione. Al cuore del credente s’impone da sé l’esigenza incontenibile - 47 - e gioiosa di parlare di Lui, di dire la sua Gloria e di dargli testimonianza coraggiosa e fedele di fronte al mondo: La nostra imperfezione non dev’essere una scusa; al contrario, la missione è uno stimolo costante per non adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere. La testimonianza di fede che ogni cristiano è chiamato ad offrire, implica affermare come san Paolo: «Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla... corro verso la mèta» (Fil 3,12-13) (EG 121). Solo se si coglie questo stretto nesso, che è di immediata consequenzialità, tra la gioia dell’incontro e l’esigenza di una testimonianza missionaria ed evangelizzatrice, si comprende davvero il proprium della fede cristiana. 2. I laici nella chiesa: no al clericalismo Affermare che la chiesa è costitutivamente missionaria significa che nessuno nel popolo di Dio è esente dal compito missionario (LG 30,33; AA 3,5,10). Ciò suppone che tutti i cristiani abbiamo piena coscienza della loro vocazione battesimale e, di conseguenza, del loro dovere di essere missionari; chiamati cioè a dare ogni giorno nella loro vita testimonianza del nome cristiano. Ciò suppone una solida formazione cristiana e implica anche che tutta la pastorale della chiesa sia indirizzata alla crescita di un laicato maturo e adulto nella vita della chiesa (cf Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 54). La piena consapevolezza di questo ruolo suppone in via preliminare che si recepisca davvero la svolta ecclesiologica che ci viene dall’insegnamento conciliare e che vede la definizione più adeguata di chiesa come ‘popolo di Dio’ unito e organico (cf LG 9-17). Solo all’interno di questa unità organica e compatta, si metteranno in rilievo le legittime e arricchenti differenze di doni - 48 - e di funzioni all’interno dell’organismo ecclesiale. Sicché, tale presa d’atto porta a considerare anzitutto l’uguale dignità di tutti i membri del popolo santo di Dio e la comune corresponsabilità nell’unica missione della chiesa nel mondo (cf Educare alla vita buona del vangelo, 35). Molto resta tuttavia da recepire. Da una parte, infatti, abbiamo lo strascico di un perdurante dualismo chierici-laici che segnala ancora, nella mente di molti sia laici che chierici, distanze notevoli, incomprensioni, conflittualità residuali e del tutto immotivate; dall’altra, abbiamo il problema reale che segnala la necessità e l’urgenza di una formazione che porti a maturazione la responsabilità missionaria dell’intero popolo di Dio, guarda caso formato dall’immensa maggioranza dei laici al cui servizio c’è una minoranza: i ministri ordinati. Grazie a Dio, disponiamo ormai di un numeroso laicato impegnato e responsabile e molto s’è realizzato per la promozione della dignità e del ruolo dei laici nella chiesa. Tuttavia moltissimo resta ancora da fare. Noi stessi siamo tornati con insistenza sul problema dei laici nella chiesa e nella loro responsabilità educativa (cf Lasciamoci educare da Dio, 3b). Questa responsabilità laicale, infatti, da una parte stenta ancora a essere assunta e pienamente riconosciuta, dall’altra non si manifesta sempre nello stesso modo da tutte le parti. In alcuni casi, non sempre una preparazione adeguata sorregge l’assunzione di responsabilità importanti, in altri casi, a causa di un eccessivo clericalismo, non sempre il laicato anche preparato trova nelle comunità locali un vero spazio per potersi esprimere e agire o per partecipare ai processi decisionali della chiesa. Resta perciò la necessità di promuovere ogni giorno di più l’elevazione del laicato al compito che gli spetta e alla dignità battesimale che gli è costitutiva, e si deve coltivare la speranza che davvero cresca sempre di più, in tutti i laici cristiani, la coscienza della propria identità e della propria missione nella chiesa e nel mondo (cf EG 102). Bisognerà operare anche con saggezza perché tale crescita si radichi sempre in un forte senso comunitario, e - 49 - che tale promozione si caratterizzi per un generoso impegno nel campo della carità, per la disponibilità a fare percorsi formativi ed educativi e per una partecipazione attiva e responsabile alla celebrazione della fede nella liturgia. Questa presa di coscienza della propria dignità battesimale dovrà, poi, riflettersi fedelmente - come auspica papa Francesco in una pratica sociale coerente con la fede celebrata e in un’azione saggia e intelligente mirante a impregnare il mondo socioculturale, politico ed economico dei valori del vangelo. È, infatti, nella concreta realtà degli uomini che va realizzata l’autentica vocazione missionaria. La dimensione missionaria della chiesa, in altre parole, esige ed invoca una pratica della fede che non resti nell’ambito semplicemente intra-ecclesiale; piuttosto la fede cristiana deve aprirsi all’esterno, deve mirare alla reale trasformazione del mondo, all’incremento della giustizia e della solidarietà fra gli uomini e deve influire costruttivamente sul tessuto relazionale nella società nella quale viviamo. Ecco perché per il papa: la formazione dei laici e l’evangelizzazione delle categorie professionali e intellettuali rappresentano un’importante sfida pastorale (EG 102). Il discorso sulla corresponsabilità dei laici nell’unica missione della chiesa, implica necessariamente un riferimento particolare all’importanza della donna e al suo indispensabile e tipico apporto alla vita della chiesa. Si può e si deve affermare anzi che il protagonismo femminile è indispensabile per la comprensione e la crescita della dimensione missionaria della chiesa. Il tema della presenza e del ruolo delle donne nella società e nella chiesa è tema presente nel magistero di papa Francesco. - 50 - Nella Evangelii gaudium ci ritorna con insistenza: La chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna nella società, con una sensibilità, un’intuizione e certe capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini. Ad esempio, la speciale attenzione femminile verso gli altri, che si esprime in modo particolare, anche se non esclusivo, nella maternità. Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l’accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella chiesa. Perché «il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo» e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella chiesa come nelle strutture sociali (EG 103). La condivisione pastorale di cui attualmente si fanno carico molte donne, nel campo dell’accompagnamento di persone, di famiglie, di gruppi e realtà ecclesiali, indica già una direzione nell’assunzione di ruoli decisivi da parte delle donne e propiziano nuove possibilità di presenze ancora più qualificanti e incisive nella vita e nel governo stesso della chiesa. Sicché il pieno dinamismo della dimensione missionaria ci fa scoprire, relativamente alla preziosa presenza della donna, nuove sfide pastorali e ci chiama a dare risposte a interrogativi sulla sua figura e sulla sua presenza. Se, come afferma papa Francesco, nella chiesa le funzioni non danno luogo ad alcuna superiorità degli uni sugli altri, siamo ben lontani ancora dal dare nella pratica e nella stessa riflessione teologica risposte pienamente esaurienti (cf EG 104). L’esigenza di una piena valorizzazione della donna sulla base della comune dignità e santità battesimale deve portare la chiesa a un compito di discernimento che è ancora ai primi passi; restano - 51 - indubbiamente da prefigurare e da spianare per le donne nuove funzioni ministeriali, nuovi campi di presenza e di responsabilità, nuove assunzioni di responsabilità e certamente ruoli partecipativi ai processi decisionali ancora del tutto inesplorati o disattesi. 3. Una missione ecclesiale: non all’individualismo! È importante, a questo punto, riflettere sull’autentico significato della testimonianza missionaria che scaturisce dalla gioia dell’incontro. Non raramente infatti l’atteggiamento della testimonianza cristiana rischia di lasciarsi inquinare da elementi del tutto estranei alla coscienza evangelica. La coscienza missionaria della chiesa e dei cristiani, soprattutto degli operatori pastorali, degli educatori e dei formatori, deve essere fortemente illuminata e guidata. Un elemento di fondamentale importanza è indubbiamente quello della dimensione ecclesiale dell’annuncio e della testimonianza missionaria. Tenere presente questa dimensione ecclesiale significa che l’annuncio non è iniziativa condotta a livello individuale e privato, né che il messaggio sia soggettivo e personale. I cristiani sono piuttosto partecipi e responsabili di un’unica missione e di un’unica testimonianza, quella dell’intero popolo di Dio. Il papa pensa, a questo proposito, a una forma “mistica” di vivere la fede che è la volontà di fondersi con gli altri, di vivere insieme, di mescolarsi e di incontrarsi per fare vera esperienza di fraternità e di condivisione, di unirsi e di operare insieme creando una vera carovana di solidarietà e di missionarietà. Questa tuttavia non è semplicemente un’alternativa rispetto ad altre alternative di azione. È piuttosto una scelta obbligata: Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, - 52 - di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio. In questo modo, le maggiori possibilità di comunicazione si tradurranno in maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti. Se potessimo seguire questa strada, sarebbe una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice di speranza! Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in se stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza, e l’umanità avrà la peggio in ogni scelta egoistica che facciamo (EG 87). Se si vuole operare efficacemente, occorre, dunque, uscire da se stessi per unirsi agli altri. L’individualismo produce un amaro veleno, e questo veleno a lungo andare non produrrà altro che morte. Per arrivare dunque a una ‘mistica’ di vivere la fede, ovvero a una mentalità veramente ecclesiale, è indispensabile abbandonare realmente ogni cultura del sospetto, non cedere mai alla tentazione di una sfiducia permanente negli altri, desistere da ogni aprioristico atteggiamento difensivo, negarsi a ogni tentativo di costituire cordate o circoli elitari ristretti ai più intimi; cose tutte che creano distanze e separazioni, che mortificano la dimensione essenzialmente sociale e comunionale del vangelo accolto e annunciato. Ben consapevoli, perciò, che l’isolamento ad altro non porta che a una falsa autonomia (cf EG 89) e che fuggire dagli altri è spesso solo un alibi di disimpegno e un comodo rifugiarsi nel privato, i membri della chiesa dovranno eccellere per una vera coscienza ecclesiale e per un vero spirito comunionale e di corresponsabilità (cf Comunicare il vangelo in un mondo che cambia, 65). Certo, constatiamo tutti le difficoltà e la fatica del camminare e del lavorare insieme. Armonizzare partecipazione e collaborazione secondo le diversità di compiti, di carismi e di ministeri è un’arte difficile esposta a fallimenti e a conflitti. - 53 - Permane, poi, anche dove tale armonizzazione pare riuscire, il pericolo e il rischio che alcuni si impossessino permalosamente del proprio ruolo come se fosse proprio, piuttosto che accoglierlo come dono da condividere gioiosamente e da allargare ad altri. Una coscienza autenticamente ‘ecclesiale’, perciò, sarà anzitutto quella che si esprimerà nella comprensione del ministero inteso esclusivamente come servizio e mai come potere, nell’apertura continua agli altri, nella disponibilità a camminare seriamente con gli altri, nella capacità di mettere in atto azioni sinergiche con tutti coloro che condividono la stessa fede e la stessa azione pastorale; una coscienza che perciò non si lascerà vincere o tentare da scelte soggettive, né da spiritualità specifiche o autarchiche. Si dovrà piuttosto optare per scelte che mettano sempre in evidenza piuttosto che gli elementi di distinzione e di differenza, che faticano - specie se assolutizzati - a integrarsi pienamente con la dimensione autenticamente ecclesiale dell’unico popolo di Dio, gli elementi di unità e di comunione, di coesione e di armonia. D’altra parte, non meno grave si presenta il rischio, nella propria azione di annuncio e di testimonianza, di rinchiudersi narcisisticamente in una sorta di cinta egoistica e intimistica. Lasciarsi guidare o trascinare da una sorta di anarchismo individualistico e particolaristico, sconnesso dal tessuto ecclesiale, è chiaramente andare contro l’azione unificante dello Spirito di Dio. Negarsi alla comunione con gli altri, significa negare alla radice la motivazione stessa dell’azione missionaria. Nel migliore dei casi, la carenza del senso ecclesiale e comunionale altro non è che un sintomo evidente della scarsa passione missionaria. È infatti l’assenza di una vera passione missionaria a far prevalere individualismi e protagonismi, a far esplodere pulsioni ed egoismi sfrenati, a far emergere appartenenze ecclesiali rigide e settarie, a dar vita ad aggregazioni e a gruppi poco inclini a raggiungere le periferie dell’umano e sempre pronti a difendere in modo arcigno le proprie idee e i propri confini e con l’ossessiva preoccupazione a mantenere la loro influenza nello spazio - 54 - chiuso del proprio orticello. Un “no” chiaro dunque va detto ai particolarismi e ai protagonismi eccentrici; un “no” deciso che sia efficace antidoto al conflitto latente e alla guerra strisciante che - ahinoi! - prende spesso piede anche all’interno del popolo di Dio (cf EG 98-101). L’ecclesialità è perciò timbro qualitativo della stessa missionarietà. La missione della chiesa non è un fatto di missionari solitari, di individui privati, di singoli protagonisti, e neppure di finalità e di obiettivi individuali e soggettivi; la missione della chiesa è missione di un popolo in un popolo. Nessuno si salva gli altri o salva da solo. Essere chiesa significa essere popolo di Dio, vivere una comune storia di salvezza, essere portatori di un’unica missione nel mondo. Come afferma papa Francesco: Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del popolo santo di Dio per il bene di tutti. Un’autentica novità suscitata dallo Spirito non ha bisogno di gettare ombre sopra altre spiritualità e doni per affermare se stessa. Quanto più un carisma volgerà il suo sguardo al cuore del vangelo, tanto più il suo esercizio sarà ecclesiale. È nella comunione, anche se costa fatica, che un carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo. Se vive questa sfida, la chiesa può essere un modello per la pace nel mondo (EG 130). Bisognerà lavorare perciò in sinergica comunione, facendo della diversità una ricchezza e mai un motivo di divisione o di scontro; trasformandola in occasione di crescita dinamica e promozionale per tutti; realizzando nello Spirito l’unità nella pluralità riconciliata; esorcizzando in ogni modo tanto esclusivismi e particolarismi quanto omologazione e piatta uniformità (cf EG 131). Bisogna, in conclusione, non lasciarsi rubare l’ideale dell’amore fraterno! (cf EG 101), vincendo in ogni direzione ogni azione centrifuga, ogni tendenza al ‘fai da te’, ogni tentazione - 55 - narcisistica, nonché le tante meschinerie umane, le croniche scontentezze, e anche quelle forme di accidia che inaridiscono l’anima e che spesso sono conseguenze di un’azione pastorale guidata da individui che amano la carriera piuttosto che la gloria di Dio, che cercano più la gloria personale che la comunicazione del vangelo, il riconoscimento e il consenso degli uomini piuttosto che quello del Signore. - 56 - Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano (Mc 16, 15-16, 19-20) V. RISVEGLIARE LA PASSIONE MISSIONARIA Figli carissimi, quanto abbiamo finora detto ci porta a trarre conseguenze importanti per la nostra vita. Non basta infatti che la chiesa riscopra il suo volto missionario con parole generiche, né che ne rinnovi il proprio slancio solo nei documenti scritti, se a tutto questo non consegue una vera passione missionaria nell’azione concreta e nella quotidianità della storia umana, quella stessa passione che segnò la vita e la testimonianza di Cristo Signore. È nostro dovere riscoprire perciò la natura realmente incarnatoria, l’esigenza fortemente empatica e di prossimità del messaggio evangelico nella storia degli uomini, nel suo movimento discendente verso i bisogni reali delle persone. A nessuno sfugga, perciò, la necessità di conoscere e superare i tanti rischi cui si può andare incontro. Ci aiutano in questo le indicazioni di papa Francesco. - 57 - RISVEGLIARE LA PASSIONE MISSIONARIA Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” 1. Il rischio della mondanità spirituale Un primo rischio è rappresentato dall’aridità del cuore di chi annunzia la Parola di Dio. In altre parole, una coscienza missionaria schizoide, che relega l’impegno alla diffusione del vangelo quasi ad appendice professionalistica o impiegatizia e, perciò, astratta dalla propria vita reale, tradisce e rinnega la propria identità battesimale, smentisce nel profondo la natura stessa del vangelo del Signore. Duro il giudizio di papa Francesco a tale riguardo: Oggi si può riscontrare in molti operatori pastorali, comprese persone consacrate, una preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di distensione, che porta a vivere i propri compiti come una mera appendice della vita, come se non facessero parte della propria identità. Nel medesimo tempo, la vita spirituale si confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo ma che non alimentano l’incontro con gli altri, l’impegno nel mondo, la passione per l’evangelizzazione (cf EG 78). È quella che il papa chiama tentazione della mondanità, dell’omologazione all’ambiente mediatico, della sottomissione alla logica pervasiva ed ossessiva di essere come gli altri (cf EG 79), e perciò conduce fatalmente, anche persone consacrate, a una sorta di ateismo o relativismo pratico, che porta - continua il papa - a vivere e ad agire: come se Dio non esistesse, decidere come se i poveri non esistessero, sognare come se gli altri non esistessero, lavorare come se quanti non hanno ricevuto l’annuncio non esistessero. È degno di nota il fatto che, persino chi apparentemente dispone di solide convinzioni dottrinali e spirituali, spesso cade in uno stile di vita che porta ad attaccarsi a sicurezze economiche, o a spazi di potere e di gloria umana che ci si procura in qualsiasi modo, invece - 58 - di dare la vita per gli altri nella missione. Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario! (EG 80). Nessuna testimonianza autentica può venire, da chi è succube della mentalità corrente e sviluppa in sé quasi un complesso di inferiorità o sente di dover occultare la propria identità cristiana e le proprie convinzioni di fede. Spenta la gioia della fede che nasce dall’incontro coinvolgente con Cristo e che implica la piena aderenza della vita al vangelo, abbandonata ogni autentica passione missionaria, arida e priva di ogni efficacia sarà, di conseguenza, anche la comunicazione della fede e la testimonianza al vangelo del Signore. Un ‘no’ chiaro perciò a ogni forma di mondanità spirituale. Quanti vogliono vivere un’autentica passione missionaria dovranno esorcizzare in ogni modo questa tentazione. Tentazione sottile e latente in molti operatori, la mondanità spirituale impoverisce e priva la passione missionaria del suo vigore proprio e del suo slancio operativo e la connette a motivazioni altre da quelle genuine che scaturiscono dalla sorgente unica che è la gioia dell’annuncio del vangelo, ovvero da ciò che rende puro e disinteressato tale annuncio. Tentazione sottile e nascosta, essa porta anche a nascondere spesso nella stessa azione evangelizzatrice interessi personali, di posizione, di prestigio, spesso di potere manifesto. Avviene così, purtroppo, che il vangelo viene spesso piegato, da una parte, a ragioni ideologiche e soggettive, a visioni immanentistiche e autoreferenziali della realtà, a precomprensioni anche di natura intellettualistica o propriamente gnostica; dall’altra, viene anche connesso a visioni ecclesiali spesso anacronistiche, a sicurezze dottrinali e a forme di comunicazione apologetica d’altri tempi o anche, purtroppo, a forme di controllo autoritario e ricattatorio sui destinatari dell’annuncio. È il rischio che il papa chiama: neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie - 59 - forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato. È una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare (EG 94). Un’autentica evangelizzazione non avrà nulla da spartire con motivazioni riconducibili a sotterfugi latenti, a mire nascoste di potere, ad ambizioni personali o di gruppo, a propositi di dominare lo spazio ecclesiale e di ergersi ad arbitri monopolizzanti della comunicazione della fede. Ugualmente incompatibile con la vera passione missionaria si rivelano iniziative e forme comunicative miranti a obiettivi vistosi e di successo nel campo socio-politico, o alla ricerca di soddisfazioni autoreferenziali e auto-celebrative: La mondanità spirituale che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. È quello che il Signore rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5,44). Si tratta di un modo sottile di cercare «i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2,21). Assume molte forme, a seconda del tipo di persona e della condizione nella quale si insinua. Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto. Ma se invadesse la chiesa, «sarebbe infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale» (EG 93). Svuotato l’annuncio della sua gioiosa gratuità, della capacità d’accoglienza libera e liberatrice della Parola e del seducente richiamo a seguire solo Lui, maestro d’amore e di liberta (cf Mt - 60 - 10,8), si rischia di strumentalizzare il vangelo per finalità profane e mondane, trasformandolo quasi in un laccio per imbrigliare in una rete relazionale ambigua e asfittica i fratelli che attendono piuttosto di essere liberati e affrancati dalla Parola di Dio, di venire sciolti da condizionamenti e schiavitù varie, nonché da pesi e asservimenti sociali, culturali, politici ed economici. Dice a tal proposito il papa: In questo contesto, si alimenta la vanagloria di coloro che si accontentano di avere qualche potere e preferiscono essere generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere. Quante volte sogniamo piani apostolici espansionisti, meticolosi e ben disegnati, tipici dei generali sconfitti! Così neghiamo la nostra storia di chiesa, che è gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio, di costanza nel lavoro faticoso, perché ogni lavoro è “sudore della nostra fronte”. Invece ci intratteniamo vanitosi parlando a proposito di “quello che si dovrebbe fare” - il peccato del “si dovrebbe fare” come maestri spirituali ed esperti di pastorale che danno istruzioni rimanendo all’esterno. Coltiviamo la nostra immaginazione senza limiti e perdiamo il contatto con la realtà sofferta del nostro popolo fedele (EG 96). In conclusione, la conseguenza ultima e molto grave per gli operatori che soggiacciono a tale tentazione è quella, lamenta il papa, che l’azione missionaria ed evangelizzatrice viene privata della sua stessa essenza, ovvero del sigillo di Cristo incarnato, crocifisso e risuscitato, si rinchiude in gruppi di élite, non va realmente in cerca dei lontani né delle immense moltitudini assetate di Cristo. Non c’è più fervore evangelico, ma il godimento spurio di un autocompiacimento egocentrico (EG 95). - 61 - 2. Missione e gratuità: no al proselitismo Una fede genuinamente missionaria, come è evidente da quanto finora detto, non può ridursi neanche a forme che sanno di proselitismo o anche di fondamentalismo fanatico e intollerante. Qui si nasconde un altro elemento di debolezza nell’opera di evangelizzazione. La gioia che spinge a comunicare la fede non può essere la gioia che viene dalla capacità di conquista del consenso, di dominio sociale o culturale, dalla volontà colonizzatrice delle coscienze e delle libertà altrui. Alla radice dello slancio missionario ci deve essere soltanto la pura gioia del vangelo, che è proposta di vita, chiamata alla libertà, invito alla gioia e a una vita nuova. Motivazioni improprie meriteranno il rimprovero profetico di Paolo (cf Gal 1,8-10). Non si deve perciò equivocare sul senso autentico del rilancio della missionarietà della chiesa e della coscienza credente. Se infatti, giustamente, si lamentano pigrizie e lentezze nella coscienza credente, scarsa consapevolezza e scarso impegno missionario da una parte, neppure si deve scambiare per passione missionaria uno zelo improvvido e fanatico di diffusione della fede cristiana. L’equivoco che si nasconde nella tentazione di uno zelo proselitistico tanto più si rivela grave e rischioso quanto più sottile e mistificante è la sua natura. Lo zelo autentico che scaturisce dalla passione missionaria è altra cosa dall’attivismo sprovveduto, dall’atteggiamento privo di di delicatezza e di carità; è ben altra cosa dell’assillo quasi persecutorio che si mette in atto per convertire l’altro a tutti i costi. In realtà, quindi, sotto la maschera dello zelo proselitistico si nascondono spesso atteggiamenti aggressivi e opprimenti; nonché la volontà di imporre più che di annunciare nella gioia la propria fede agli altri (come purtroppo è avvenuto spesso nella storia; basti pensare all’epoca colonialistica). In ogni caso e, anche nelle migliori intenzioni, il proselitismo introduce nel rapporto con l’altro una variabile relazionale che sa più di invadenza che di incontro, che - 62 - non rispetta l’intimità sacra dell’uomo, che esprime una vera e propria interferenza nella coscienza e nel processo decisionale della persona umana. La chiesa, dice papa Francesco, citando ancora una volta Benedetto XVI: non cresce per proselitismo, cresce per attrazione, per testimonianza (EG 14). L’autentica missione della chiesa fa riferimento a un annuncio della Parola sempre rispettoso della dignità e autonomia della persona; un annuncio che fa riferimento all’attrazione e alla forza intrinseca della Parola di verità, al fascino del vangelo e della testimonianza evangelica. Vera testimonianza evangelica è solo quella che è in grado di penetrare nel cuore e nella mente di chi ascolta, quella che sollecita un’attrazione amorosa, piuttosto che un consenso strappato e trapiantato dall’esterno o inoculata con ossessiva invadenza. «Il proselitismo - dice il papa in una notissima intervista concessa a un giornalista - è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene». L’istanza ultima che porta all’accoglimento del vangelo è l’intimità della coscienza umana. Vero è che la coscienza umana, non bene illuminata, potrebbe negarsi alla forza intrinseca della Parola. A nessuno mai, tuttavia, è lecito varcare con violenza anche solo psicologica tale soglia. Solo Dio conosce e scruta il cuore e la mente degli uomini. Fermarsi con delicatezza e rispetto dinanzi a tale soglia non dice per sé del fallimento della propria azione missionaria né dell’incapacità a dire efficacemente - 63 - e a testimoniare il vangelo del Signore. Dice solo del mistero dell’uomo, della sacralità divina della sua coscienza; dice anche, paradossalmente, della incommensurabile dignità che Dio ha concesso all’uomo creato a sua immagine e somiglianza; dice, della bellezza propria della libertà umana che mai può essere aggettivata come vigilata o condizionata o strumentalizzata e violata, neppure dal suo stesso Autore. Affermare così la legittimità e soprattutto la gioia incontenibile dell’evangelizzazione, significa nello stesso tempo affermare la debolezza, oltre che il danno di un annuncio che mira a conquistare consenso con modalità e mezzi irriguardosi per la dignità e la libertà dell’uomo. Né si deve dimenticare, infine - e ciò toglie ogni giustificazione all’atteggiamento proselitistico che molti di coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato: cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana. Tutti hanno il diritto di ricevere il vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione (EG 14). 3. “Sì” alla sfida di una spiritualità missionaria L’Esortazione di papa Francesco vuole essere quasi, come abbiamo detto, un programma di pontificato, un programma di vita e di impegno per ciascuno di noi e per l’intera chiesa. Perché essa, come si augura il papa, non rimanga solo un bel testo da cui ricavare citazioni preziose, ma che poi nella sostanza faticano a essere realizzate nella prassi e nella vita, occorre che la chiesa e le comunità cristiane se ne facciamo carico pienamente e - 64 - ritrovino l’essenzialità della dimensione missionaria nell’identità costitutiva della chiesa. Per questa ragione la chiesa italiana ha voluto innestare negli orientamenti pastorali del decennio la passione missionaria all’interno stesso della passione educativa. L’azione educativa non può prescindere, infatti, da una passione missionaria. Tutti i processi formativi alla fede e alla vita cristiana non possono prescindere da questa dinamica apertura alla dimensione missionaria. Piuttosto, siamo insistentemente chiamati a una conversione missionaria e abbiamo il dovere di ripensare profondamente l’intera azione pastorale della chiesa. Il papa è chiaro e ci piace ripeterlo: La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del ‘si è sempre fatto così’. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi delle proprie comunità (EG 34). - 65 - CONCLUSIONE La passione missionaria, per essere autentica dovrà guardarsi dalle tentazioni che più la insidiano. I tanti ‘no’ e “si” pronunciati dal papa nella sua Esortazione Apostolica ci aiutano a purificare la nostra azione pastorale e il nostro annuncio. Li facciamo nostri nella consapevolezza e nella fiducia che il loro rifiuto e la loro accoglienza possono incidere non poco nella vita concreta della nostre comunità cristiane e nel vissuto esistenziale di ognuno di noi. Dieci “no”! • “no” all’individualismo e al calo del fervore che ci ruba l’entusiasmo missionario! • “no” secco all’accidia egoista, che ci ruba la gioia dell’evangelizzazione • “no” alla pigrizia, al grigio pragmatismo che anestetizza la vita e paralizza l’iniziativa - 67 - CONCLUSIONE Come tu, Padre, mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità. non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. e la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola (Gv 17, 18-22) • “no” alla guerra tra di noi che ruba l’ideale dell’amore fraterno • “no” al pessimismo sterile, che ruba la speranza! • “no” al “fai da te” che ci ruba la comunità • “no” alla mondanità spirituale che assoggetta l’annuncio a interessi e a fini strumentali • “no” al clericalismo che ruba la corresponsabilità attiva di tutti i laici • “no” al proselitismo che ruba la libertà di coloro che evangelizziamo • “no” all’improvvisazione che fa povero di contenuti e distorto l’annuncio della salvezza Dieci “sì” • “si” al risveglio della passione e alla spiritualità missionaria • “si” assoluto alle relazioni nuove generate da Gesù Cristo • “si” al dialogo, all’ascolto, alla comunione, alla dimensione ecclesiale • “si” all’accoglienza e alla ricchezza della diversità • “si” alla gioia incontenibile dell’annuncio • “si” alla esperienza viva dell’incontro e alla testimonianza pubblica della propria fede • “si” alla corresponsabilità missionaria del laicato, uomini e donne, e di tutto il popolo di Dio • “si” all’accompagnamento spirituale ininterrotto di coloro che ci vengono affidati • “si” all’opzione e alla predilezione per i poveri e gli esclusi • “si” a una chiesa ‘in uscita’, anche se ‘accidentata’ Questi sono sinteticamente i tratti fondamentali dello stile e della vita del cristiano che vive la passione missionaria. - 68 - Carissimi, come spigolando il testo dell’Esortazione Apostolica di papa Francesco, Evangelii gaudium, riprendendo lo spirito del concilio e attingendo a quanto è stato oggetto di seria riflessione da parte dei vescovi di Italia, vi ho voluto dare solo un assaggio di quello che il Signore si aspetta da noi e da tutto il popolo di Dio. Spero di avervi comunicato la gioia e il desiderio di riandare al testo dell’Esortazione per farne un vero programma di vita. Mi affido soprattutto allo zelo dei parroci, perché sappiano mediare e incoraggiare la lettura del testo e perché, attraverso una intelligente creatività, sostenuta dall’azione e dalla responsabilità di tutti gli operatori pastorali, uomini e donne, si possa far tesoro di tale insegnamento nella vita concreta delle nostre comunità cristiane e della diletta chiesa che è in Cefalù. + Vincenzo Manzella Vescovo - 69 - AGENDA PASTORALE AGENDA PASTORALE “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” (Papa Francesco, Evangelii gaudium 27) Carissimi figli e figlie, anche quest’anno presento alle comunità della nostra chiesa locale i programmi preparati dagli Uffici pastorali della nostra chiesa. La calendarizzazione delle attività programmate dai diversi Uffici ci aiuterà a predisporre le singole programmazioni locali in funzione di una più larga partecipazione agli appuntamenti diocesani, in modo tale da rendere più efficace l’intera azione pastorale della nostra chiesa. È indispensabile infatti lavorare sempre di più insieme perché la pastorale globale della nostra chiesa sia sempre più unitaria, più articolata e più armonica. Naturalmente l’intera azione pastorale e la programmazione sia diocesana che parrocchiale deve ruotare attorno alle tematiche delle Indicazioni pastorali, evitando così quanto lo stesso papa Francesco previamente lamenta delle sue stesse parole: - 73 - Temo che anche queste parole siano solamente oggetto di qualche commento senza una vera incidenza pratica. Nonostante ciò, confido nell’apertura e nelle buone disposizioni dei cristiani, e vi chiedo di cercare comunitariamente nuove strade per accogliere questa rinnovata proposta (EG 201) A tutti indistintamente raccomando, perciò, di prendere in seria e attenta considerazione tutte le iniziative programmate e proposte dagli Uffici pastorali: gli incontri, le conferenze, i convegni, i laboratori e gli appuntamenti locali e diocesani. L’efficacia, infatti, delle nostre iniziative dipende dalla comune corresponsabilità, dalla sinergia con cui riusciamo a programmare e ad operare insieme, dalla partecipazione corale di tutte le componenti ecclesiali alla realizzazione di tutte le iniziative comuni, dalla convergenza che tutte le parrocchie e tutte le comunità ecclesiali sapranno vivere nei vari periodi dell’anno pastorale e liturgico. È ben noto a tutti, figli carissimi, che il frammentarismo, l’individualismo, la disarticolazione nella programmazione delle varie iniziative pastorali, sono i rischi mortali che corre la vita della chiesa e sono rischi che pregiudicano irreparabilmente l’efficacia dell’azione di salvezza del Signore. Ci rendiamo conto, perciò, che nessuna azione svincolata, eccentrica, isolata può trovare posto nella pastorale della nostra chiesa locale. Quest’anno, poi, ritrovare un “comune slancio missionario” dovrà essere l’impegno fondamentale per tutti. Per raggiungere tale obiettivo dovremo impegnarci tutti in sommo grado; e tale impegno potrà essere davvero efficace se sapremo insieme avere un’attenzione costante alla logica unitaria della programmazione pastorale, in modo che tutte le nostre comunità possano vivere e avvertire l’unico respiro dello Spirito di Dio che soffia sulla nostra chiesa. È un respiro che ci chiama a diventare sempre più “un cuor solo e un animo solo”, a testimoniare di essere unico corpo vivo, un unico popolo di Dio chiamato a proclamare le sue meraviglie e a dire la gloria del Signore trasfigurato e risorto agli uomini del nostro tempo. - 74 - La programmazione in calendario è opera degli Uffici pastorali diocesani che, allo scopo, hanno lavorato in stretta collaborazione e in sinergia. I benefici di tale collaborazione abbiamo già avuto modo di sperimentarli nel corso dell’anno pastorale 2013-2014. Si sono così evitate, almeno in buona parte, moltiplicazioni e sovrapposizioni di iniziative e di incontri. Dobbiamo assolutamente continuare su questa scia. Sarà certo indispensabile - ma quanto mai salutare! - superare ogni sorta di difficoltà e anche comprensibili limiti e problemi nel dialogo fraterno, nell’accoglienza reciproca, nell’ascolto attento delle opinioni e delle idee di tutti. Non solo gli Uffici, ma anche i vicariati, le parrocchie, le comunità vicine e limitrofe, i gruppi, le associazioni parrocchiali, i movimenti, le confraternite, facciano ogni sforzo possibile per convergere sistematicamente nell’unitarietà e organicità dell’azione pastorale. La globalità pastorale nella chiesa di Dio non è un optional, ma una scelta assolutamente obbligata e indispensabile, da cui dipende l’esito finale e la sua efficacia salvifica. Analiticamente, si è proceduto alla programmazione, per raggruppamento degli Uffici, come sotto indicato: UN PRIMO GRUPPO ha programmato le iniziative e le proposte nella sfera pastorale denominata: Fede annunciata, celebrata e testimoniata. A tale tematica hanno lavorato l’Ufficio catechistico, l‟Ufficio liturgico, l’Ufficio per la musica sacra, l’Ufficio Caritas, l’Ufficio comunicazioni sociali. UN SECONDO GRUPPO ha programmato focalizzando l’attenzione nell’ambito tematico denominato: Il popolo di Dio si edifica con i ministeri e con i servizi. A questo gruppo hanno lavorato l’Ufficio pastorale giovanile, l’Ufficio pastorale familiare, il Centro diocesano vocazionale, il Centro diocesano delle Confraternite, la Scuola per i ministeri istituiti, l’Azione cattolica, il Rinnovamento dello Spirito. IL TERZO GRUPPO, nella programmazione, si è mosso nell’ambito della problematica: La nostra chiesa in dialogo con - 75 - il mondo. Vi hanno partecipato l’Ufficio per la cultura, l’Ufficio Migrantes, l’Ufficio missionario, l’Ufficio di pastorale sociale e pastorale sanitaria, l’Ufficio di pastorale scolastica. Ringrazio vivamente i Direttori dei vari Uffici pastorali che, anche quest’anno, hanno lavorato attivamente e responsabilmente alla programmazione e quanti in vario modo hanno dato un contributo alla sua realizzazione. Affido all’azione dello Spirito di Dio, ma anche all’impegno intelligente di ognuno e all’attiva partecipazione di tutti indistintamente, l’efficacia della nostra programmazione pastorale, il cui unico scopo sarà la crescita della nostra fede comune, il rafforzamento della nostra speranza, l’incremento dell’amore di Dio nel cuore di ognuno di noi e, di conseguenza, l’efficacia dell’annuncio del Vangelo ai nostri fratelli. Il Signore benedica la nostra comune fatica e lo zelo che metteremo nella costruzione, qui e ora, del Regno di Dio che viene. Sono ancora pochi gli operai, e ancora molta, immensa, la messe nella quale siamo invitati a lavorare attivamente. Confido nell’aiuto e nella cooperazione generosissima di ognuno. Auguro di vero cuore a tutti un buon lavoro pastorale nel campo del Signore. + Vincenzo Manzella, Vescovo - 76 - CONTATTI Moderatore di Curia ................................................. 0921 926384 [email protected] Segreteria di Curia.................................................... 0921 926360 Ufficio matrimoni – Cancelleria............................... 0921 926361 riceve il lunedì – mercoledì - venerdì dalle ore 09.00 alle ore 13.00 Tribunale ecclesiastico diocesano............................. 0921 926362 Economato - Ufficio amministrativo....................... 0921 926383 [email protected] Archivio storico diocesano....................................... 0921 926358 [email protected] Ufficio diocesano pastorale sociale e del lavoro....... 0921 926393 [email protected] Caritas....................................................... 0921 926334 - 926335 [email protected] Centralino.................................................................. 0921 926320 - 77 - RESPONSABILI UFFICI PASTORALI Delegato vescovile pastorale familiare Don Domenico Sausa Responsabili pastorale familiare coniugi Martin e Maria Milone Delegato vescovile pastorale della salute Don Calogero Falcone Delegato vescovile delle confraternite Mons. Cosimo Leone Direttore: Don Giuseppe Licciardi Direttore ufficio catechistico diocesano Don Francesco Lo Bianco Direttore ufficio liturgico diocesano e ministeri laicali Don Domenico Messina Direttore ufficio musica sacra Don Pietro Piraino Direttore pastorale sociale e del lavoro Don Calogero Falcone Direttore ufficio della cultura Mons. Giovanni Silvestri Direttore ufficio ecumenismo Mons. Liborio Asciutto Direttore ufficio scuola Prof. Giuseppe Riggio - 78 - Direttore Caritas diocesana Mons. Giuseppe Vacca Direttore pastorale giovanile Don Calogero Cerami Direttore ufficio missionario Don Giuseppe Amato Direttore ufficio comunicazioni sociali Don Franco Mogavero Direttore centro diocesano per le vocazioni Don Giuseppe Licciardi - 79 - VICARIATI FORANEI 1° Vicariato Coordinatore: Sac. Aurelio Biundo Parrocchie nel Comune di Cefalù 2° Vicariato Coordinatore: Sac. Santi Di Gangi Parrocchie nei Comuni di Castelbuono, Isnello, Pollina, San Mauro Castelverde 3° Vicariato Coordinatore: Sac. Giuseppe Vacca Parrocchie nei Comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Gangi, Geraci Siculo, Petralia Soprana, Petralia Sottana 4° Vicariato Coordinatore: Sac. Giovanni Silvestri Parrocchie nei Comuni di Castellana Sicula, Polizzi Generosa 5° Vicariato Coordinatore: Sac. Francesco Lo Bianco Parrocchie nei Comuni di Alia, Aliminusa, Caltavuturo, Montemaggiore Belsito, Sclafani Bagni, Valledolmo 6° Vicariato Coordinatore: Sac. Domenico Sausa Parrocchie nei Comuni di Campofelice di Roccella, Collesano, Gratteri, Lascari, Scillato - 80 - SETTEMBRE 2014 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì 1 2 3 4 5 Ore 09.30. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice di Roccella: Sabato 6 Incontro di formazione per la Consulta di Pastorale familiare, giovanile e vocazionale Domenica 7 Lunedì 8 Martedì 9 Mercoledì 10 Giovedì 11 Ore 9.30. Episcopio, Cefalù: insediamento Consiglio presbiterale Venerdì 12 Sabato 13 Domenica 14 Lunedì 15 Martedì 16 Mercoledì 17 Anniversario dell’elezione alla sede di Cefalù del nostro Vescovo (2009) Giovedì 18 Venerdì 19 Sabato 20 Domenica 21 Lunedì 22 Martedì 23 Mercoledì 24 Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 25 Ore 17.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Petralia Sottana: Venerdì 26 ASSEMBLEA DIOCESANA Sabato 27 Domenica 28 Modulo formativo per educatori e animatori (ACR, giovani e adulti) Lunedì 29 Martedì 30 OTTOBRE 2014 Mercoledì 1 Giovedì 2 Ore 16.30 - 18.00. Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo, Petralia Soprana: primo incontro di formazione per gli Operatori pastorali dei vicariati di Venerdì 3 Alimena e Castellana Sicula. Tema: Chi dice la gente che io sia? (Mc 8,27) Ore 15.30. Episcopio, Cefalù: incontro dei Docenti di religione Ore 16.30 - 18.00. Parrocchia S. Agata, Cefalù: primo incontro di per gli Operatori pastorali dei vicariati di Cefalù, Sabato 4 formazione Castelbuono, Campofelice, Alia. Tema: Chi dice la gente che io sia? (Mc 8,27) 11.00. Parrocchia S. Agata V.M., Montemaggiore Belsito: Domenica 5 Ore Ammissione agli Ordini Sacri del Seminarista Gioacchino Notaro Lunedì 6 Martedì 7 Mercoledì 8 Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 9 Venerdì 10 Ore 16.30 - 18.30. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: secondo Sabato 11 incontro di formazione per gli Operatori pastorali di tutti i vicariati della Diocesi Tema: Una testimonianza mancata (cf Mc 16,1-8) Domenica 12 Lunedì 13 Martedì 14 Mercoledì 15 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del Giovedì 16 Ore clero Venerdì 17 Ore 18.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: istituzione e mandato agli Operatori Sabato 18 pastorali Ore 20.00. Incontro di fraternità con i diaconi e le loro spose Domenica 19 GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE Lunedì 20 Martedì 21 Ore 16.00. Parrocchia S. Nicolò, Gangi: primo incontro di Dottrina sociale chiesa per i vicariati di Gangi e Polizzi Generosa. Tema: La dottrina Mercoledì 22 della sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 23 Venerdì 24 Sabato 25 Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: diocesano del Rinnovamento nello Spirito Domenica 26 Convegno Festa del CIAO Lunedì 27 20.00. Palermo: incontro di formazione per universitari e giovani di Martedì 28 Ore Azione cattolica Ore 16.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Polizzi Generosa: secondo incontro di Dottrina sociale della chiesa per i vicariati di Gangi e Polizzi Mercoledì 29 Generosa. Tema: La dignità della persona umana nel pensiero sociale della chiesa e nella Evangelii gaudium Giovedì 30 Venerdì 31 NOVEMBRE 2014 Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica 1 2 3 4 Tutti i Santi Commemorazione dei fedeli defunti Ore 16.00. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice: primo incontro di Dottrina sociale della chiesa per i vicariati di Campofelice e Cefalù. Tema: La 5 dottrina sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita 6 7 Ore 16.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio pastorale diocesano Ore 10.00. Episcopio: Consulta di pastorale giovanile e familiare 8 Ore 16.00. Formazione diaconi. Abitare con speranza il nostro tempo Ore 16.00. Seminario Vescovile, Cefalù: Gruppo Samuele (vocaz.maschile) Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per 9 chierichetti e ministranti dei vicariati di Cefalù, Campofelice di Roccella e Castelbuono - Gruppo Samuele (vocazionale maschile) Giornata diocesana Azione cattolica adulti 10 11 12 Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano 13 14 Ore 16.00. Gangi: incontro per coppie di separati e situazioni irregolari 15 Ore 16.30. Santuario Maria SS. di Gibilmanna: ritiro spirituale per tutti gli Operatori pastorali predicato da S. E. Mons. Vescovo 16 Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale diocesano per ragazzi e ragazze 17 18 Ore 16.00. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice: secondo incontro di Dottrina sociale della chiesa per i vicariati di Campofelice e Cefalù: 19 Tema: La dignità della persona umana nel pensiero sociale della chiesa e nella Evangelii gaudium 20 Ore 09.30 -16.00. Seminario “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero Hotel Fiesta. Campofelice: CONVEGNO REG.LE DELLE FAMIGLIE 16.30 - 18.00. Santuario Maria SS. di Gibilmanna, Cefalù: primo 21 Ore incontro di formazione per fotografi e cineoperatori. Tema: Il sacramento del matrimonio 22 Hotel Fiesta. Campofelice di Roccella: CONV. REG.LE DELLE FAMIGLIE Gesù Cristo Re dell’Universo 23 Hotel Fiesta. Campofelice: CONVEGNO REGIONALE DELLE FAMIGLIE Ore 09.30. Parr. S. Pietro, Collesano: Cammino dioc. delle confraternite 24 25 Ore 20.00. Palermo: inc. formaz. per universitari e giovani di Azione catt. 26 Ore 20.00: prove Coro diocesano 27 Ore 09.30. Seminario Vescovile, Cefalù: Assemblea del clero 28 16.00. Episcopio, Cefalù: incontro e ritiro spirituale per i Docenti di 29 Ore religione - Nelle Parrocchie Veglia di Avvento 1ª di Avvento - APERTURA UFFICIALE DELL’ANNO DEDICATO ALLA CONSACRATA 30 VITA Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per chierichetti e ministranti dei vicariati di Alia, Alimena e Castellana Sicula DICEMBRE 2014 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì 1 2 3 4 5 Sabato 6 Domenica 7 Ore 09.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio presbiterale Ore 16.00. Parrocchia S. Agata, Cefalù: primo incontro di formazione per i ministeri laicali per i vicariati di: Cefalù, Castelbuono, Campofelice, Alia. Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Rito della comunione agli infermi 2ª di Avvento Ore. 09.00. Parrocchia Sant’Ambrogio, Cefalù: Incontro vocazionale diocesano per ragazzi e ragazze Solennità dell’Immacolata Lunedì 8 Martedì 9 Mercoledì 10 Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del Giovedì 11 Ore clero Venerdì 12 Sabato 13 3ª di Avvento 09.00. Parrocchia SS. Pietro e Paolo, Caltavuturo: Domenica 14 Ore Ritiro d’Avvento per i Giovani e le Famiglie Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì 15 16 17 18 19 20 4ª di Avvento Ore 11.00. Parrocchia Sant’Anna, Aliminusa: UNITALSI, Giornata nazionale 21 dell’adesione Ore 09.00 – 16.00. Blufi. Ritiro d’Avvento diaconi 22 23 24 25 Natale del Signore 26 Santo Stefano 27 Trapani: incontro regionale dei giovani in discernimento vocazionale Santa Famiglia di Nazareth 28 Trapani: incontro regionale dei giovani in discernimento vocazionale Modulo formativo per educatori ACR 29 30 31 GENNAIO 2015 Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Maria SS. Madre di Dio. - 48ª GIORNATA DELLA PACE Ore 9.30. Gibilmanna, Cefalù: Il Vescovo in ascolto - verifica in itinere Ore 16.00. Formazione diaconi: Annunciare il vangelo di Gesù Epifania del Signore - GIORNATA DELL’INFANZIA MISSIONARIA Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Ore 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero Ore 16.00. Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo, Petralia Soprana: primo di formazione per i ministeri laicali per i vicariati di: Alimena e Sabato 10 incontro Castellana Sicula. Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Rito della comunione agli infermi Domenica 11 Battesimo del Signore Lunedì 12 Martedì 13 Ore 16.00. Parrocchia S. Antonino M., Castelbuono: primo incontro di Dottrina Mercoledì 14 sociale della chiesa per il vicariato di Castelbuono. Tema: La dottrina sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita Giovedì 15 Venerdì 16 26ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei Ore 16.00. Parrocchia S. Rosalia, Campofelice di Roccella: incontro di Sabato 17 formazione per la Consulta di pastorale familiare Domenica 18 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 101ª Giornata del migrante e del rifugiato Lunedì 19 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Martedì 20 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Ore 16.00. Parrocchia S. Antonino M., Castelbuono: primo incontro di Dottrina Mercoledì 21 Sociale della Chiesa per il vicariato di Castelbuono. Tema: La dignità della persona umana nel pensiero sociale della chiesa e nella Evangelii gaudium Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 22 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Venerdì 23 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Sabato 24 Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Conversione di San Paolo Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani Domenica 25 62ª GIORNATA DEI MALATI DI LEBBRA - Festa della Pace Lunedì 26 20.00. Palermo: Incontro di formazione per universitari e giovani di Azione Martedì 27 Ore cattolica Mercoledì 28 Giovedì 29 Venerdì 30 Sabato 31 Ore 10.00. Episcopio: Consulta di pastorale giovanile e familiare FEBBRAIO 2015 Domenica 1 Lunedì 2 Martedì 3 Mercoledì 4 Giovedì 5 Venerdì 6 Sabato 7 Domenica 8 37ª GIORNATA PER LA VITA Presentazione al Tempio 19ª GIORNATA MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA Ore 16.00. Parrocchia S. Agata, Montemaggiore: primo incontro di Dottrina sociale della chiesa per il vicariato di Alia. Tema: La dottrina sociale della Chiesa è parte integrante della concezione cristiana della vita Ore 16.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio pastorale diocesano Ore 16.00. Seminario Vescovile, Cefalù: Gruppo Samuele (vocazionale maschile) Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per i cresimandi dei vicariati di Cefalù, Campofelice di Roccella e Castelbuono. Gruppo Samuele (vocazionale maschile) Lunedì 9 Ore 16.00. Parrocchia SS. Ap. Pietro e Paolo, Caltavuturo: secondo incontro di Martedì 10 Dottrina sociale della chiesa per il vicariato di Castelbuono. Tema: La dignità della persona umana nel pensiero sociale della chiesa e nella Evangelii gaudium Ore 17.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: 23ª GIORNATA MONDIALE DEL MALATO Mercoledì 11 Ore 20.00. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 12 Ore 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero Venerdì 13 Sabato 14 Giornata diocesana di spiritualità per i fidanzati Domenica 15 Lunedì 16 Martedì 17 Mercoledì 18 Le Ceneri Giovedì 19 Venerdì 20 Sabato 21 Ore 16.00. Episcopio, Cefalù: ritiro spirituale per i Docenti di religione 1ª di Quaresima Ore 09.00 Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale diocesano per Domenica 22 ragazzi e ragazze Ore 09.00 - 16.00. Montemaggiore Belsito. Ritiro di Quaresima diaconi Ore 09.30 - Incontro-festa per i cresimandi della Diocesi a Cefalù Lunedì 23 Ore 20.00 Palermo: incontro di formazione per universitari e giovani di Azione Martedì 24 cattolica Ore 16.00. Campofelice di Roccella: primo incontro di formazione dei catechisti vicariati di Alia e Campofelice di Roccella. Tema: Formare servitori del Mercoledì 25 dei Vangelo (IG 63- 95) Ore 20.30 - Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 26 Venerdì 27 Ore 16.00 - Montemaggiore Belsito: ritiro spirituale per il tempo di Quaresima tutti gli Operatori pastorali. Sabato 28 per Tema: Se qualcuno vuol venire dietro di me... (Mc 8,34) Ore 16.00 - Collesano: Incontro per coppie di separati e situazioni irregolari MARZO 2015 Domenica 1 Lunedì 2 Martedì 3 Mercoledì 4 Giovedì 5 Venerdì 6 Sabato 7 Domenica 8 Lunedì 9 Martedì 10 2ª di Quaresima Ore 16.00. Lascari: secondo incontro di formazione dei catechisti dei vicariati di Alia e Campofelice di Rocc. Tema: Catechesi e dialogo con il mondo alla luce di GS IV Ore 09.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio presbiterale 3ª di Quaresima Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale diocesano per ragazzi e ragazze Ore 16.00. Montemaggiore Belsito: terzo incontro di formazione dei catechisti Mercoledì 11 dei vicariati di Alia e Campofelice di Roccella. Tema: Catechesi: chi annuncio? Come annuncio? Giovedì 12 Ore 09.30 - 16.00. Seminario “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero Venerdì 13 Ore 16.00. Formazione diaconi: Iniziare, accompagnare e sostenere l’esperienza Sabato 14 della fede Ore 16.00. Seminario Vescovile: Gruppo Samuele (vocazionale maschile) 4ª di Quaresima Domenica 15 Ore 09.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: incontro vocazionale per i cresimandi dei vicariati di Alia, Alimena e Castellana Sicula. Gruppo Samuele (vocazionale maschile) Lunedì 16 Martedì 17 Ore 16.30 – 18.00. Parrocchia S. Pietro, Collesano: secondo incontro di formazione per fotografi e cineoperatori. Tema: Fotografare un’opera d’arte Mercoledì 18 Giovedì 19 San Giuseppe Venerdì 20 Ore 16.00. Parrocchia S. Agata, Cefalù: secondo incontro di formazione per i Sabato 21 ministeri laicali per i vicariati di: Cefalù, Castelbuono, Campofelice, Alia. Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Comunicare con gli infermi 5ª di Quaresima Domenica 22 Ore 09.30. Finale di Pollina: ritiro di Quaresima per giovani e famiglie Lunedì 23 Martedì 24 Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri Mercoledì 25 Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 26 Ore 09.30. Seminario Vescovile, Cefalù: Assemblea del clero Venerdì 27 Sabato 28 Domenica 29 Domenica delle Palme - 30ª GIORNATA DELLA GIOVENTÚ Lunedì 30 Martedì 31 APRILE 2015 Mercoledì 1 Giovedì 2 Venerdì 3 Sabato Domenica Lunedì Martedì 4 5 6 7 Giovedì Santo Ore 09.30. Basilica Cattedrale, Cefalù: Messa crismale Venerdì Santo Giornata per le opere della Terra Santa Sabato Santo Pasqua di Risurrezione dell’Angelo Mercoledì 8 Giovedì 9 Ore 09.30 - 16.00. Seminario estivo “San Guglielmo”, Castelbuono: ritiro del clero Ore 16.00. Parrocchia S. Nicolò, Gangi: ritiro spirituale per il tempo di Pasqua Venerdì 10 per tutti gli Operatori pastorali. Tema: Mostrami il tuo viso (Ct 2,14) Contemplazione del dipinto Navis ecclesiae Raduno dei Cori parrocchiali Sabato 11 Formazione animatori Estate ragazzi della diocesi 2ª di Pasqua Giornata del Seminario diocesano Domenica 12 Formazione animatori Estate ragazzi della diocesi Modulo formativo per educatori ACR Lunedì 13 Martedì 14 Mercoledì 15 Giovedì 16 Venerdì Sabato Domenica Lunedì 17 18 Ore 16.00. Formazione diaconi: Testimoniare e narrare 19 3ª di Pasqua - 91ª Giornata per l’Università cattolica del Sacro Cuore 20 Martedì 21 Mercoledì 22 Giovedì 23 Venerdì 24 Ore 09.30 Seminario Vescovile, Cefalù: raduno diocesano dei ministranti, dei Sabato 25 cresimandi e dei ragazzi in discernimento vocazionale con la partecipazione delle rispettive famiglie Domenica 26 4ª di Pasqua - 52ª GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI Lunedì 27 Martedì 28 Ore 20.00. Palermo: incontro di formazione per universitari e giovani di Azione cattolica Mercoledì 29 Giovedì 30 MAGGIO 2015 Venerdì 1 Sabato 2 Domenica 3 Lunedì 4 Martedì 5 Ore 16.00. Parrocchia Spirito Santo, Cefalù: primo incontro di formazione dei catechisti dei vicariati di Cefalù e Castelbuono. Tema: Formare servitori del Vangelo (IG 63-95) 7 Ore 09.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio presbiterale 8 Ore 16.30. Episcopio, Cefalù: Consiglio pastorale diocesano Ore 16.00. Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo, Petralia Soprana: secondo incontro di formazione per i ministeri laicali per i vicariati di: Alimena e Castellana Sicula 9 Tema: Siete venuti a visitarmi (cf Mt 25,36): Comunicare con gli infermi. Ore 16.00 Finale di Pollina: incontro di formazione per la Consulta di pastorale familiare 10 6ª di Pasqua 11 12 Ore 16.00. Finale di Pollina: secondo incontro di formazione dei catechisti dei vicariati di Cefalù e Castelbuono. Tema: Catechesi e dialogo con il mondo alla 13 luce di GS IV Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano 14 15 Formazione diaconi: Verifica 16 17 Ascensione del Signore - 49ª Giornata per le comunicazioni sociali 18 19 Ore 16.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Castelbuono: terzo incontro di 20 formazione dei catechisti dei vicariati di Cefalù e Castelbuono. Tema: Catechesi: chi annuncio? Come annuncio? 21 22 23 Ore 18.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: Veglia diocesana di Pentecoste 24 Pentecoste 25 26 GIORNATA REGIONALE SACERDOTALE MARIANA 27 28 29 30 31 SS. Trinità Ore 9.00. Santuario Maria SS. di Gibilmanna: Giornata Mariana di AC Mercoledì 6 Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica 5ª di Pasqua - Giornata di sensibilizzazione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica GIUGNO 2015 Lunedì 1 Martedì 2 Mercoledì 3 DiocesInfesta a Campofelice di Roccella Ore 16.00. Parrocchia Maria SS. Assunta, Petralia Sottana: primo incontro di formazione dei catechisti dei vicariati di Alimena e Castellana Sicula. Tema: Formare servitori del Vangelo (IG 63-95) Giovedì 4 Venerdì 5 Sabato 6 Domenica 7 Lunedì 8 Corpus Domini Martedì 9 Ore 16.00. Parrocchia S. Maria, Gangi: secondo incontro di formazione dei catechisti dei vicariati di Alimena e Castellana Sicula. Mercoledì 10 Tema: Catechesi e dialogo con il mondo alla luce di GS IV Ore 20.30. Parrocchia Sant’Agata, Cefalù: prove Coro diocesano Giovedì 11 Venerdì 12 Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù Giornata di santificazione sacerdotale Sabato 13 Domenica 14 Lunedì 15 Martedì 16 Ore 16.00. Parrocchia S. Maria Maddalena, Alimena: terzo incontro di formazione Mercoledì 17 dei catechisti dei vicariati di Alimena e Castellana Sicula. Tema: Catechesi: chi annuncio? Come annuncio? Giovedì 18 Venerdì 19 16.30. Parrocchia S. Francesco di Paola, Castellana Sicula: incontro per i Sabato 20 Ore ministeri laicali di tutti i vicariati. Tema: L’avete fatto a me (Mt 25,40) Domenica 21 Lunedì 22 Martedì 23 Mercoledì 24 Giovedì 25 Venerdì 26 Sabato Domenica Lunedì Martedì 27 28 Giornata per la carità del Papa 29 Anniversario dell’ordinazione episcopale del nostro Vescovo (1991) 30 LUGLIO 2015 Mercoledì 1 Giovedì 2 Venerdì 3 Sabato 4 Domenica 5 Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Ore 17.00. Parrocchia S. Maria Maggiore, Geraci Siculo: ASSEMBLEA DIOCESANA Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: Esercizi spirituali del presbiterio estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: 7 Seminario Esercizi spirituali del presbiterio estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: 8 Seminario Esercizi spirituali del presbiterio estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: 9 Seminario Esercizi spirituali del presbiterio Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: spirituali del presbiterio 10 Esercizi Ore 16.00. Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: Programmazione degli Uffici diocesani per il nuovo anno pastorale 11 12 13 14 15 16 Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: 17 Campo vocazionale maschile Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: 18 Campo vocazionale maschile 19 20 21 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 22 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 23 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 24 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 25 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 26 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 27 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 28 Pellegrinaggio a Fatima e Santiago di Compostela 29 30 Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: Corso di formazione per gli Operatori pastorali estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: 31 Seminario Corso di formazione per gli Operatori pastorali Lunedì 6 Martedì Anniversario dell’ordinazione sacerdotale del nostro Vescovo (1967) AGOSTO 2015 Sabato 1 Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: Corso di formazione per gli Operatori pastorali Domenica 2 Lunedì 3 Martedì 4 Mercoledì 5 Giovedì 6 Ore 20.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: Liturgia Lucernale Solennità della Trasfigurazione del Signore Ore 11.00. Basilica Cattedrale, Cefalù: Pontificale Venerdì 7 Sabato 8 Domenica 9 Lunedì 10 Martedì 11 Mercoledì 12 Giovedì 13 Venerdì 14 Sabato 15 Domenica 16 Lunedì 17 Martedì 18 Mercoledì 19 Giovedì 20 Venerdì 21 Sabato 22 Giornata di spiritualità per le famiglie Domenica 23 Giornata di spiritualità per le famiglie Lunedì 24 Martedì 25 Mercoledì 26 Seminario estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: Giovedì 27 Convegno di aggiornamento teologico - culturale estivo “S. Guglielmo”, Castelbuono: Venerdì 28 Seminario Convegno di aggiornamento teologico - culturale Sabato 29 Domenica 30 Lunedì 31 INDICE Premessa.......................................................................................................3 I. Sulla scia del cammino fatto. ................................................................9 1. La sorgente conciliare..............................................................................10 2. La svolta ecclesiologica conciliare e l’Evangelii gaudium......................12 II. Un rinnovato slancio missionario.......................................................17 1. Prendiamo il largo: una chiesa in uscita..................................................18 2. Come una madre dal cuore aperto….......................................................22 3. Missionarietà della chiesa ed emergenza educativa.................................24 III. Passione educativa e passione missionaria. .......................................27 1. Guai a me se non evangelizzo..................................................................28 2. Educazione cristiana e missionarietà: l’arte dell’accompagnamento......29 3. Una conversione radicale alla missionarietà............................................33 IV. Le esigenze della missionarietà.........................................................43 1. Annuncio e formazione: no all’improvvisazione.....................................44 2. I laici nella chiesa: no al clericalismo......................................................48 3. Una missione ecclesiale: non all’individualismo!...................................52 V. Risvegliare la passione missionaria. ...................................................57 1. Il rischio della mondanità spirituale.........................................................58 2. Missione e gratuità: no al proselitismo....................................................62 3. “Sì” alla sfida di una spiritualità missionaria...........................................64 Conclusione. ..............................................................................................67 Dieci “no”....................................................................................................67 Dieci “sì”......................................................................................................68 Agenda pastorale. .....................................................................................71 - 95 - Finito di Stampare nel mese di Settembre 2014 dal Centro Stampa Giovane Locati s.n.c. Tel. 0921.647286 [email protected]