bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:29 Pagina 11 Evoluzione storica del giardino Garzoni a Collodi attraverso lo studio della struttura idrica Arianna BECHINI Il complesso Garzoni di Collodi (piccolo paese del Comune di Pescia - PT) assume la sua conformazione attuale a seguito di una serie di interventi succedutisi lungo il corso di quattro secoli: dalla seconda metà del Cinquecento fino ad oggi. L’impianto generale del giardino può, comunque, definirsi sostanzialmente barocco e sua prerogativa fondamentale sono i giochi d’acqua. Le condizioni di degrado dell’intero complesso sono piuttosto avanzate, ed il sistema di approvvigionamento idrico richiede urgenti soluzioni al fine di restaurare i mirabili giochi che lo hanno reso famoso in tutta Europa. La quantità considerevole di notizie inedite rintracciate sull’argomento delle soluzioni idriche del giardino permette di capire quanto questo problema sia stato valorizzato ed analizzato, nel corso dei secoli, per la realizzazione del complesso di Collodi, e quanto, ancora oggi, questo stesso aspetto debba risultare fondamentale per una qualunque ipotesi di restauro. Parole chiave: Giardino, Storia del giardino, Idraulica, Acqua. CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE Lo studio dell’impianto idrico del giardino Garzoni si è rivelato fondamentale per approfondire le varie fasi di trasformazione dell’intero complesso di Collodi. Nei secoli, la proprietà della famiglia Garzoni si è modificata, sotto il profilo architettonico-scultoreo, sempre in stretto legame con l’evoluzione del sistema delle sue acque. Dallo studio relativo alle varie trasformazioni dell’impianto idrico del giardino è emerso, per la prima volta, un fattore molto interessante che potrebbe essere preso in considerazione negli eventuali prossimi interventi restaurativi: fin dalle origini il giardino ed il palazzo Garzoni hanno vissuto in un continuo rapporto di interdipendenza col paese di Collodi e con il contesto ambientale della Val di Nievole.Le acque del giardino Garzoni sono infatti le acque di Collodi, e le varie trasformazioni del complesso realizzate nei secoli, sia per quel che concerne la struttura del giardino sia per quanto riguarda l’ampliamento del palazzo, sono state rese possibili proprio grazie ad accordi amichevoli oppure ai risultati di cause giudiziarie intercorse tra la famiglia proprietaria e gli abitanti del paese. Le fonti su cui si è basato lo studio sono per lo più inedite; la letteratura pubblicata sull’argomento fino ad ora si è rivelata infatti piuttosto generica e mai comunque attinente all’argomento specifico dell’impianto idrico. L’Archivio della famiglia Garzoni, conservato per la maggior parte presso l’Archivio di Stato di Lucca (ASL), è stato la principale base documentaria per questa indagine. I risultati delle prime analisi hanno poi spostato la ricerca verso altre fonti inedite reperibili presso l’Archivio di Stato di Firenze (ASF) e presso l’Archivio comunale di Villa Basilica (Collodi, infatti, ha fatto parte del Comune di Villa Basilica fino al 1884, quando, con Vellano ed altri paesi limitrofi, fu annesso al Comune di Pescia). Quest’ultimo archivio, purtroppo si trova in pessime condizioni di conservazione ed è privo di catalogo. Le ricerche operate presso entrambi gli archivi sono state limitate da alcuni problemi di catalogazione; comunque, questi due percorsi di indagine, attualmente individuati, potrebbero in futuro fornire diverso materiale interessante per procedere ulteriormente negli approfondimenti. LE TRASFORMAZIONI DEL GIARDINO DALLE ORIGINI AD OGGI Le origini del giardino di Collodi risalgono al XVI secolo.Fin dal 1529, la famiglia Garzoni acquisisce l’area collodese, a seguito del conseguimento di una cospicua eredità. Il Martilogio dei Beni dello Spettabile Romano del fu Spettabile Giuseppe Garzoni – redatto dal “perito agrimensore” Agostino Pergola e risalente al 1550 – fornisce notizie interessanti per la comprensione dello sviluppo del complesso di Fig. 1 - Il Complesso Garzoni a Collodi. Fotografia scattata dalla piazzetta antistante l’ingresso alla proprietà, zona, fin dalle origini, considerata il punto di vista privilegiato, per godere di un’ampia prospettiva del giardino, assieme al palazzo. Foto risalente al 1998 quando tale prospettiva era solo in parte percepibile, a causa delle funzioni improprie attribuite a questo luogo: presenza di un baracchino per i souvenirs, di cassonetti per l’immondizia e di parcheggi. Oggi, a questo ‘luogo del giardino’ è stata, in parte, restituita la sua antica prerogativa di ‘belvedere’. Fig. 2 - Planimetria del complesso, in cui si evidenzia quale sia la grammatica dell’acqua e quali le sue suggestioni. I diversi simboli qui rappresentati sono il risultato di una ricerca sotto il profilo simbolico, che si propone di restituire e descrivere, in forma grafica, il ruolo dell’acqua all’interno di un giardino. bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:29 Pagina 12 BUONAGIUNTA (1200) GARZONE (1333) GIOVANNI (1355) GARZONE (1431) (Caterina di Filippo di Poggio) GIOVANNI Girolamo (Angela Franchini, sorella di Pellegrino) Romano Giusto Vincenzo Caterina Girolamo Giuseppe Pellegrino (+1580) (+1623) (+1610) (Lucrezia Bernardi) Cuzio Alessandro (+1614) Ludovico Garzone Giovanni Luzio Antonio Michele Ludovico Cesare Gio. Battista Carlo Michele L. Paolo Ludovico Francesco Orazio Fabio Vincenzo Lelio Giovanni Attilio Bernardo Giovanni Fabrizio (+1612) (Maria Giovanna Porcaresi) (1453) Scipione Federico Francesco Girolamo Ludovico Giovanni Lorenzo Vincenzo Romano (+1663) Michele Girolamo Giuseppe Lorenzo Ludovico Vincenzo Michele Nicolao Garzone Ludovico F. Ludovico Andrea F. Agostino F. Antonio Paolo Giuseppe Alessandro Domenico Francesco Salvatore (Chiara Mansi) (+1708) Ludovico Romano (Maria Orsetti) (+1712) Girolamo Romano (1721-1786) Alessandro (Luchina ...) (+1724) Maria (in Buonvisi) Gio. Paolo Lorenzo Andrea (Chiara Sinibaldi) (n. 1720) (Carlotta Venturi) Paolo (Fortunata Silli) (1762-1842) Chiara Marianna Giuseppe (1824-1899) Emilia (in Parravicino) (+1950) Maria (in Poschi-Meuron) Fig. 3 - Ricostruzione dell’albero genealogico della famiglia Garzoni realizzata comparando alcune notizie, rinvenute all’Archivio di Stato di Lucca (ASL) ed all’Archivio di Stato di Firenze (ASF). La ricostruzione, di seguito proposta, fa attento riferimento, e si fonda, soprattutto, sull’albero genealogico già redatto dalla Dott. ssa Busti per la famiglia Garzoni. Quest’ultimo si conclude con il 1786. Tramite documenti da noi rintracciati nel fondo Venturi-Ginori-Lisci (presso l’ASF) e grazie ai libri di Memorie di famiglia, nell’archivio Garzoni (presso l’ASL), è stato possibile proseguire le indagini sulla discendenza. L’aggiornamento dell’albero genealogico, che era stato precedentemente realizzato, ha fornito importanti notizie sulle vicende di successione dell’eredità Garzoni. Al termine della compilazione, si è ritenuto fondamentale mettere in evidenza quali furono i personaggi che, nei secoli, ottennero la proprietà del complesso di Collodi, al fine di proseguire con ricerche più puntuali sui singoli eredi, qualora se ne rivelasse la necessità. (I nomi, evidenziati in grassetto corsivo, corrispondono agli eredi che, nei secoli, hanno posseduto il complesso collodese). Collodi, descrivendolo come “Una chiusa con casa, ovvero palazzo con casa per il salano cò corte et loggia et cambore terrestro, con ciglieri con sala cambore et cucina con segondo solaio sopra di se con orto, et giardini con belissime fontane et più muraglie sopra di se posta in castello di Collodi loco ditto alla porta di sotto”; “Ona bellissima chiusa parte olivata et parte vignata con molti frutti con acqua per il mezzo, con molte salvaggine in ditta chiusa con muraglie intorno con casa per il salano con stalla et cortile in luogo ditto alla chiusa”.1 Le due zone separatamente rilevate da Agostino Pergola – l’area del palazzo con i giardini attigui e l’area più ampia cinta da mura sul lato est – evidenziano entrambe la presenza di acqua al loro interno. Nel primo caso, questa si presenta sotto forma di una serie di fontane distribuite su tre diverse quote altimetriche: sul prospetto principale del palazzo, sul terrazzamento davanti al palazzo (ad una quota inferiore), sul terrazzamento ancora più basso dei “giardinetti”, verso il lato orientale del palazzo. La seconda zona, quella del grande giardino sul lato est dell’edificio, si mostra sotto forma di un pendio collinare completamente cinto da mura, ricco di alberi da frutto, di vigneti e di selvaggina. Tale chiusa è quindi un luogo produttivo, all’interno del quale l’acqua costituisce la fonte primaria di sussistenza per la flora e la fauna presenti. Nel 1583 circa, Giuseppe Garzoni – figlio del suddetto Romano –ereditò l’intero complesso (Fig. 3) ed operò i primi interventi sulla proprietà, per trasformare l’area da orto fecondo a giardino di delizia. Per quel che concerne poi la residenza, egli costruì un unico edificio, riunendo assieme due case di sua proprietà che si trovavano all’ingresso del paese di Collodi. Non si hanno notizie dettagliate sugli interventi che riguardano la struttura idrica, ma la lettura di vari 1 Archivio di Stato di Lucca (ASL), Archivio Garzoni (AG), filza n. 27. Tale Martilogio riporta anche le planimetrie dei beni descritti, grazie alle quali è possibile ricostruire la conformazione del complesso in quel periodo. Tali planimetrie sono state pubblicate in I. Belli Barsali, Ville e committenti dello Stato di Lucca, Lucca 1980, pp. 544 e segg. 12 manoscritti stabilisce che alla morte di Giuseppe Garzoni – avvenuta nel 1623 – si trovava nell’area una grande casa ed altre più semplici, sempre di proprietà Garzoni, assieme ad un giardino con fontana, “se non vasto sufficiente al lusso villereccio d’un privato cavaliere”. Si accenna anche alla presenza di “un ampio tinaro [che] occupava il sito che fu poi reso laberinto” e si descrive una “bellissima chiusa”, con acqua che l’attraversava, corredata di case coloniche e “pingue de’ più deliziosi prodotti [che] portava al proprietario, libero dalle noiose cure d’un dispendioso mantenimento, il piacere di passeggiare per un’amena Sponda” la quale, a sua volta “assicurava [...] un annuo non indifferente fruttato”.2 L’eliminazione, inoltre, della selvaggina da questo spazio lascia intuire che una delle intenzioni del proprietario fosse proprio quella di creare un luogo di delizia. Dal 1623 al 1663, all’epoca del cavaliere Romano Garzoni, il giardino assume la conformazione strutturale che, in linea di massima, mantiene ancora oggi. Molti furono i problemi incontrati dal Cavaliere per la realizzazione del complesso: l’instabilità delle pendici collinari sulle quali si era formato il paese, nonché i difficili rapporti con gli abitanti di Collodi per il possesso e la gestione delle acque. L’instabilità è una caratteristica che anche al momento attuale si presenta come una emergenza da tenere sotto controllo.3 Proprio lungo la sponda di ponente scorrevano le acque incanalate dai Garzoni per uso del paese e della villa con giardino;4 oggi, lungo la stessa sponda, passano le tubazioni dell’acquedotto comunale ed il condotto idrico usato, solo fino alla metà del nostro secolo, per la proprietà in questione. I grandiosi progetti del cavaliere, per costruire il palazzo, i giardini e, in particolare, i giochi d’acqua, poterono realizzarsi solo grazie a vari accordi stipulati da questo con i confinanti e con gli abitanti del pae2 ASL, AG, filza n.55, Ristretto delle vicende antiche della Villa di Collodi di spettanza del Fedecommisso dello Sp. Giuseppe Garzoni e descrizione dello Stato della medesima alla morte delle Sig. Cav. di S. Iago Romano Garzoni. 3 Attraverso una analisi geologica e geomorfologica condotta, su commissione del Comune di Pescia, dal geologo Franco Menetti - dello Studio Sigma, con sede in Pescia estesa all’intero territorio comunale, è emerso il grado di pericolosità delle varie aree di pertinenza del Comune e, la zona del paese e del giardino di Collodi viene inserita nella fascia con pericolosità 3A. Questa indagine è stata restituita in scala 1:5000, per cui è stato possibile produrre degli elementi piuttosto puntuali sui caratteri specifici dell’area in cui insiste il complesso Garzoni. La classificazione realizzata dal geologo prevede quattro diversi livelli di guardia: il grado di pericolosità 1 non comporta particolari problematiche di alcun tipo; il grado 4 risulta essere il più pericoloso e quindi, la zona individuata da questo numero necessita di specifiche attenzioni per qualunque tipo di intervento debba esservi operato. Il pendio dove sorge il paese ed il giardino, avendo un grado di pericolosità 3A, è quindi piuttosto a rischio. Attorno al paese e al di sopra del giardino, si individuano orli di evoluzione dei processi di versante e, soprattutto, si notano processi erosivi causati dalle acque sia piovane sia sotterranee in genere. Inoltre, tutto il versante interessato, è composto da arenaria macigno (mg), per cui lo strato superficiale del suolo si trova ad essere costituito da detriti e argilla; composizione, quest’ultima, che rende la zona suscettibile, più di altre aree, a piccole frane (non a caso, una frana è stata anche, proprio di recente, riscontrata a nord-ovest del giardino). Dall’interpretazione di un rilievo aereofotogrammetrico, è stata individuata una faglia che separa nettamente la zona su cui sorge il paese e il palazzo Garzoni da quella su cui insiste il giardino; questo sfalzamento di morfologia provoca una diversa risposta delle due aree, in caso di movimenti tellurici. Fin dal Settecento, ci si preoccupava infatti delle periodiche “frane e dilamazioni” che avvenivano lungo la sponda di ponente del colle, mentre, al di sopra del giardino (cioè dall’altra parte della faglia), si registravano soltanto piccoli movimenti del terreno. Ad incrementare la franosità sul lato di levante del giardino, contribuisce anche la modificazione delle caratteristiche del suolo. Infatti, nella zona del Ponte all’Abate, il suolo non è più composto di arenaria macigno, ma è bensì costituito dal complesso eterogeneo argillitico (cb), il quale, in presenza di acqua, è facilmente soggetto a movimenti superficiali. 4 Cfr. ASL, AG, filze nn. 51-56. Un decreto certifica chiaramente che, nel 1636, fu “variato il corso dell’acqua (della Pescia di Collodi) et particolarmente nel anno 1639 camminando tutta sopra li beni de’ medesimi Duccini”. Ciò costituiva un grande contributo al tentativo di limitare le frane sui versanti collinari interessati dal torrente, frane che non pochi problemi avevano creato alla sicurezza del paese posto sulle pendici del monte Verruca. N. 8/9 - 2001 bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:29 Fig. 4 - Impianto idrico del secolo XVII. L’area di captazione delle sorgenti si trova sulla sponda di ponente del colle su cui sorge il paese di Collodi; attualmente, la maggior parte di queste sorgenti viene utilizzata per l’approvvigionamento degli abitanti del paese. Queste sorgenti alimentavano le fontane pubbliche di Collodi e, poi, servivano anche i giardini del Cavaliere Romano Garzoni, il quale utilizzava, inoltre, le acque reflue del paese, per le sue necessità. se; tali accordi definivano infatti, soprattutto, le modalità di ripartizione delle acque tra la famiglia Garzoni ed i collodesi.5 Nello scritto che documenta tali eventi, si legge che la piazza sul retro del palazzo “aveva bisogno di una fontana a zampillo in una cupola a quest’effetto elegantemente fabbricata nel mezzo del muro, che la circondava. Poteva colà guidarsi una polla di acqua, che scaturiva vicina da un vecchio muro, il quale innanzi era una porzione delle adiacenti fabbriche: ma queste essendo state gettate a terra, la parte del detto vecchio muro lasciata in piedi ad uso di fontana mandava fuori l’acqua dalla base di una colonna di porticato il che invece di recare ornamento, pregiudicava, ed era più di deformità, che di bellezza; e sgorgando quest’acqua dalla bocca, e dagli occhi di un mascherone di pietra malamente lavorato, faceva torto alla simmetria, e venustà del luogo. Era opinione, che quest’acqua fosse stata colà guidata dai collodesi, ma era di proprietà del Garzoni, come quella che aveva l’origine né suoi Beni, somma premura però al Garzoni si era il riportare di tal Possesso anche dai collodesi. L’approvazione quindi è che facilmente ne ottenne da questi il consenso, per quanto però necessario fosse per non pregiudicare all’interesse che vi potevano avere, di modo che in vigore dell’ottenuta approvazione non solamente fu rimossa detta acqua da quel luogo infelice, ma furono ancora unite tutte le altre acque, che sgorgavano né suoi propri già alti poderi, e queste racchiuse in condotti di adatte misure si guidassero sì che alle fontane della piazza della comunità di Collodi [si intende ai lavatoi], sì che altre da fabricarsi di nuovo, affinché unita l’acqua in maggior copia fosse sufficiente e agli usi de’ collodesi e al comodo de’ passeggeri, ed usi privati dello stesso Garzoni; e 5 Cfr. ASL, AG, filza n. 55. Romano Garzoni avrebbe favorito i collodesi, conducendo parte delle acque delle sue sorgenti all’interno del paese, e mettendole a servizio degli abitanti che, a loro volta, avrebbero concesso al Cavaliere di “ampliare ed abbellire” la sua proprietà, demolendo la chiesetta presente nella piazza retrostante il suo palazzo ed inglobando l’ingresso del paese nell’edificio. Si evidenzia che le successive citazioni nel testo fanno riferimento a questo stesso scritto. Pagina 13 quindi somministrata acqua abondevole alle fontane a zampillo situate nella prospettiva, meritassero il comune applauso, e approvazione”. A seguito di tale realizzazione, il Garzoni ritenne che “[...] perché il tutto fosse compiuto, altro non vi mancava che la discesa dell’acqua dall’antica vasca in un nuovo ricettacolo. [...] per mezzo di più atti possessori, fatti dal Garzoni in tutta la lunghezza dell’acquedotto, e nel guidare dett’acqua al luogo, ove era disegnata la nuova fontana, essendo persuaso di essere in possesso di poterla a suo beneplacito divertire, intentò il Giudizio di Manutenzione”. Di fondamentale importanza fu proprio la risoluzione del problema dell’approvvigionamento idrico. Il Cavaliere pensò a due diverse soluzioni per captare le acque. La prima soluzione proponeva di convogliare le acque all’interno del laghetto presente nella “chiusa” , usufruendo di una sorgente in località “le sette fontane”, presso il rio Dilezza di Pescia (ma tale progetto non fu mai realizzato);6 l’altra, utilizzando alcune sorgenti poste nelle proprietà a ponente, mirava a condurre queste attraverso il paese di Collodi, mettendole a servizio degli abitanti, del palazzo e del giardino. Fu quest’ultima la soluzione prescelta. In tal modo il cavaliere Romano condusse le acque, dalle sorgenti, ai lavatoi pubblici del paese e, in seguito, alla piazzetta delle tre fontane, posta dietro al futuro palazzo; quindi, convogliò le stesse, grazie ad una cisterna di raccolta delle acque reflue, verso i “giardinetti” sottostanti: la zona della voliera, il giardino dei fiori (che aveva giochi e scherzi d’acqua), il labirinto con grotta (anch’esso con analoghi scherzi d’acqua) e l’orto con alberi da frutto. L’attenta analisi di alcune rappresentazioni iconografiche dei secoli XVI-XVII ha poi rivelato la presenza di una ulteriore fontana, posta davanti al palazzo, la cui acqua arrivava da una fonte situata nel “bosco al retajo”.7 Infine, allo scopo di alimentare la Chiusa, il cavalier Romano realizzò, circa alla metà del Seicento, il “viale con redolone” – attuale “viale delle camelie” – lungo il quale fece passare il condotto che dal ponte sul rio, dalla zona dei “giardinetti” cioè, portava l’acqua nel laghetto della Chiusa (Fig. 4). Il giardino della Chiusa seicentesco vedeva quindi, alla sua sommità, il laghetto che svolgeva funzione di bottaccio per le fontane sottostanti. Attiguo era il romitorio, descritto nei documenti come una “cappellina dipinta” che, nella seconda metà del Settecento, divenne l’edificio dei “bagnetti”, mentre lo schema distributivo dei viali del bosco sottostanti rimaneva, nei secoli, sempre lo stesso. Alcune descrizioni, rintracciate tramite manoscritti diversi, rivelano la presenza di una grotta – di cui fino ad oggi si ignorava l’esistenza – fatta costruire dal Cavaliere nel giardino, in corrispondenza del terrazzamento centrale: grotta alla quale si poteva accedere tramite due ingressi. In un documento ritrovato, si afferma che “detto bottaccio era prima un’antica grotta sotterranea con volta di pietra, e due ingressi sotto le scale, uno da levante, e l’altro da ponente” (ASL, AG, filza n.60). Questa grotta fu infatti del tutto 6 Cfr. ASL, AG, filze nn. 6-7. Si legge nel manoscritto che, al fine di ottenere l’approvazione ufficiale del suo progetto, nel dicembre del 1657, il Cavaliere convocò dei Deputati della Comunità di Collodi, intervenuti per ordine dell’organo del Magistrato dei Nove. Con questo incontro, si stabilì anche di situare il punto di captazione (“presa”) delle acque nei pressi del luogo detto “alle sette fontane”. Tale soluzione avrebbe assicurato al giardino un’abbondante riserva idrica. Si legge, però, che Romano ottenne di poter usufruire di tali acque per tutto l’anno, tranne che nei mesi di agosto e settembre. 7 Cfr. ASL, AG, filza n. 7, cc.1257-1258. Questa zona può essere identificata con un’area posta ad ovest del palazzo: attualmente caratterizzata da vegetazione disomogenea, con prevalenza di Quercus ilex, Pinus pinea, Cupressus sempervirens. Tale area, attigua al palazzo, fa ancora parte della proprietà, ma si trova in stato di assoluto abbandono, dovuto in parte al fatto che la zona fu separata dal resto del complesso con la costruzione, da parte della famiglia Gardi dell’Ardenghesca, della nuova strada pubblica che conduce al paese. Attualmente, questa zona è inaccessibile poiché vi è una fitta vegetazione infestante di sottobosco. N. 8/9 - 2001 trasformata, nel secolo XVIII, in bottaccio di servizio per la nuova grotta di Nettuno (non esistente fino al Settecento), sistemata alla stessa quota della precedente, ma posta in posizione più avanzata. Nell’attuale zona con forma ad anfiteatro, nella parte più bassa del giardino, ove si trovano due vasche circolari ed un parterre en broderie, al tempo del cavalier Romano Garzoni si poteva vedere un grande spazio coltivato a fieno. Egli, infatti, continuò – sull’esempio del suo predecessore – ad utilizzare tale area come una fonte di reddito. Importante fonte documentaria è anche l’Ode di Francesco Sbarra, dal titolo Le Pompe di Collodi. Delitiosissima Villa del Signor Cavalier Roman Garzoni. Quest’ode, scritta nel 1652, fornisce diversi elementi cruciali per la comprensione delle mutazioni del complesso nel tempo. Alla morte di Romano Garzoni, avvenuta nel 1663, il complesso fu ereditato dal figlio Francesco Salvatore, il quale lo mantenne fino al 1677, anno in cui egli decise di cederlo in vita al suo figlio primogenito Romano: tutto ciò avvenne in occasione del matrimonio fra la nobil donna Maria Orsetti e suo figlio. Quest’ultimo fece redigere un Terrilogio a Domenico Duccini, nel 1680. Tale opera può essere utilizzata come documento che bene rappresenta la situazione del giardino degli anni Sessanta, in quanto, successivamente alla morte del cavaliere (1663), non risultano essere stati fatti particolari interventi di rilievo sulla proprietà. L’unico intervento registrato di particolare rilievo è la ricostruzione – avvenuta quasi per intero – del ponte sul rio, che si legge fosse crollato poco dopo la morte del Cavaliere (ASL, AG, filza n.80). Un manoscritto dal titolo: Descrizione dello Stato della Villa di Collodi alla morte del Cav. Romano Garzoni nel 1663, oltre a fornire una documentazione molto attendibile sul sistema di approvvigionamento idrico seicentesco del complesso, descrive anche particolari interventi voluti dal cavaliere Romano il quale fece, fra l’altro, demolire alcune “fabbriche” (stalle) che si trovavano nella chiusa, poiché la loro posizione impediva la vista del giardino e “il libro godimento del medesmo” (ASL, AG, filza n. 55). A sua volta, Romano Garzoni lasciò il complesso in eredità (come prescriveva il fidecommesso) al suo figlio primogenito Alessandro, che lo acquisì nel 1712.8 Negli anni immediatamente successivi, quest’ultimo consultò Filippo Juvarra (che in tale periodo lavorava soprattutto in lucchesia), per apportare ulteriori miglioramenti al complesso.9 Attualmente non è possibile stabilire quale sia stata l’effettiva entità del contributo dello Juvarra a Collodi, ma si potrebbe ipotizzare anche un suo possibile coinvolgimento nella risistemazione successiva dell’impianto idrico. Con la morte di Alessandro Garzoni, avvenuta nel 1724, la proprietà di Collodi giunge a Romano Garzoni, figlio di appena quattro anni dell’estinto. È proprio con quest’ultimo, nella seconda metà del Settecento, che avvengono i grandi interventi sull’apparato decorativo e sul sistema idrico del giardino (a tale proposito una precisa data si trovata incisa nel giardino: 1771). Romano Garzoni fu l’ultimo discendente maschio del ramo di primogenitura. Con la sua morte, la proprietà passò ad Andrea Garzoni, primogenito del terzo ed ultimo ramo della famiglia. Numerose stime patrimoniali vengono redatte in questo momento; ed 8 Nel 1707 Romano Garzoni era riuscito ad ottenere la casa posta in fondo al Castello di Collodi (ceduta in precedenza dalla stessa famiglia Garzoni, forse a causa di una ipoteca o di una donazione). Tale nuova acquisizione risulta importante, poiché in questo luogo verrà poi edificata la “Fabbrica dell’Orologio”. 9 Sono stati ritrovati, negli archivi torinesi dello Juvarra, degli schizzi – datati 5, 6 maggio 1714, e commissionati proprio da Alessandro Garzoni – per due fontane; così come lo schizzo di progetto per la Palazzina dell’Orologio o Palazzina d’Estate, come viene oggi denominata. Cfr. G. GRITELLI, Juvarra, l’Architettura, Torino 1992, pag. 174; I. BELLI BARSALI, La villa a Lucca dal XV al XIX secolo, Roma 1964, pag. 195. 13 bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:29 esse ci consentono di ricostruire il processo di trasformazione della proprietà lungo il corso della vita dell’ultimo Romano. Scopriamo così che questi si trovò di fronte alla necessità di consolidare la sponda di ponente del colle su cui sorge Collodi; ed inoltre, volendo arricchire la “chiusa” con altre fontane, dovette anche risolvere il problema di un nuovo incremento dell’approvvigionamento idrico. Romano pensò ad una soluzione che rispondesse ad entrambe le esigenze: sostituì l’antico condotto proveniente dalle sorgenti con uno nuovo, situato in posizione tale che potesse costituire un sostegno per il colle ripido e franoso, rintracciò poi e raccolse le acque di undici nuove sorgenti, per incrementare l’afflusso al giardino.10 Il Garzoni riutilizzò anche le acque reflue dei lavatoi del paese, come già aveva ipotizzato il suo avo, il cavalier Romano, studiando però un nuovo percorso dei condotti – con cisternini di decantazione – che, attraverso un “ponte canale”, convogliassero la maggior parte delle acque in un grande bottaccio realizzato alla sommità del giardino, al di fuori del muro di confine;11 un’altra parte delle acque raccolte dalle sorgenti continuarono ad essere convogliate verso i “giardinetti” (ci si riferisce alla zona della voliera e del giardino di Flora). Dal suddetto bottaccio al di sopra della “chiusa” venivano regolati tutti i giochi e gli scherzi d’acqua; da qui si dipartivano e si dipartono ancora due condotti: uno che si dirigeva all’interno dell’edificio dei “bagnetti” – realizzati in luogo dell’antico romitorio – ed un altro che portava l’acqua alla statua della Fama e al mostro/delfino sottostante, per poi alimentare tutte le fontane della prospettiva. Così, incrementando le acque a servizio del suo giardino, Romano Garzoni cercò di consolidare la sponda del colle del Castello collodese che, fin dai secoli passati, aveva dimostrato molti problemi di instabilità. Si legge che la causa di tali dissesti era legata proprio alle molte sorgenti d’acqua che “si disperdevano, e filtrando per gli sotterranei strati, composti di materie non bene unite, e collegate, cagionavano frequenti dilamazioni...”.12 10 Cfr. ASL, AG, filza n. 55. Romano Garzoni cercò quindi di risolvere entrambi i problemi: quello dell’approvvigionamento idrico e quello del consolidamento della falda “raccogliendo [...] queste disperse sorgenti, aggiungendone alle antiche altre undici”, rendendo “giovevole quello ch’era nocivo; e sostituendo all’antico condotto altro nuovo meglio situato, e che forma sostegno al ripido colle, [diminuendo] il pericolo delle frane, e dilamazioni”. Il manoscritto inedito continua, poi, analizzando le varie questioni idrauliche, indicando anche più specificamente quali furono gli interventi di sostituzione o riparazione dell’antico sistema seicentesco: “nel tratto di 200 braccia circa (116 mt.), inferiore al Torrione, e Chiesa di Collodi, ove nel 1785 lo strato superficiale del detto Colle si mosse, e per poco si scollegò, l’antico condotto avrebbe sofferto un danno considerabilmente maggiore delle sette disunioni, o distacchi, che accaddero nel nuovo, de’ quali il maggiore fu di once 4, che prontamente, e con tenuissima spesa furono riparati”. 11 Purtroppo, fin dalla costruzione, pare che questa cisterna abbia avuto dei problemi di tenuta e, dagli anni sessanta del nostro secolo, è stata definitivamente esclusa dal sistema idrico. In ASL, AG, filza n.55 si legge: “Appena finita la costruzione del Bottaccio, contenente circa dodicimila Barili d’acqua, dette assai chiari contrassegni di poca sicurezza; onde vi furono in coerenza fatti due muri, [...] per darle un maggior sostegno. Da questi non fu prodotta con efficienza la bramata sicurezza di quel lavoro, onde si aggiunsero altre due muraglie verso la metà del colle, in luogo detto a S. Martino. Nonostanti queste precauzioni però si veggono sempre in due lati le aperture del Bottaccio, una per contro all’altra, e quantunque si veggono stuccando con diligenza, tornano sempre a farsi vedere e dilatarsi, segno evidente che il terreno sopra cui giace è sempre in movimento”. Si descrive, poi, lo stato di degrado della cisterna e dei suoi condotti alla morte di Romano asserendo: “... la spesa al Bottaccio non possa oltrepassare li scudi 400 - al tempo, che fu fabbricato, ed ora versa, come si riconosce a colpo d’occhio, gli altri scudi 206 non possono essere stati spesi nei Muri inferiori, le misure de quali si credono di canne 30 circa, [...] al Bottaccio vi entra una mano, il Condotto versa come un Grillo di Pila, [...]”. Anche per i “bagnetti”, si trovano notizie simili di degrado, dovuto alle notevoli perdite d’acqua nelle vasche e alle infiltrazioni di acqua piovana dal tetto. 12 Cfr. ASL, AG, filza n.80, c.7. Osservazioni sopra le istituite valutazioni dé miglioramenti della Villa di Collodi; documento datato 1787. Si evidenzia che le successive citazioni nel testo fanno riferimento a questo stesso scritto. 14 Pagina 14 Fig. 5 La scalinata d’acqua e, alla sommità, la statua della Fama. Tutto questo avveniva proprio verso ponente, dove si trovava il condotto costruito nella metà del Seicento che presentava con frequenza delle lesioni. Nonostante gli interventi di Romano Garzoni, però, la collina non aveva ancora acquisito una buona stabiltà; e per questo vengono suggeriti interventi, da realizzarsi negli anni successivi. Nel torrente Pescia di Collodi, che scorre alle pendici del colle, è individuato uno dei maggiori fattori di pericolo e, quindi, si trova scritto in un altro documento che “sarebbe opportuno il costruire un forte regolatore, o pescaia, che sostenesse l’alveo della Pescia, per moderare le corrosioni, ed escavazioni di essa, e dé suoi Influenti.” Lo scritto prosegue, dando precise indicazioni dimensionali per l’intervento, suggerendo inoltre di apportare ancora nuove opere di consolidamento, attraverso l’incanalazione di ulteriori falde acquifere sotterranee rintracciabili. I propositi per risanare una simile condizione di quasi costante emergenza, che non coinvolgeva soltanto i beni della famiglia Garzoni, ma che minacciava la sicurezza dell’intero paese, portarono anche ad esaminare la possibilità di costruire delle grotte sotterranee, in corrispondenza della chiesa di Collodi: “posando il Torrione, e Chiesa di Collodi sopra immobili grotte, queste deggiono somministrare necessariamente all’inferiore condotto un immancabile sostegno da potersi sostituire al meno stabile soprapposto strato, quando mancasse, o cedesse, fabbricando piccoli pilastri o archetti. Nel cedere poi, e scomporsi detto strato si discoprirebbero maggiormente le sorgenti dell’acqua; onde se ne potrebbe aumentare la quantità, di questo aumento converrà sempre esserne premurosi; coll’unione e raccoglimento di qué gemitivi, che si disperderebbero, nontanto per accrescere la maggiore decorazione della Villa, quanto per prevenire i nocivi effetti che da tali disperzioni ne potrebbero derivare”. Non è stato possibile, fino a questo momento, accertarsi dell’effettiva realizzazione di un’opera di questo genere, sebbene risulti che la famiglia Garzoni abbia fatto diversi interventi proprio nella suddetta chiesa. I nuovi interventi, realizzati nel Settecento all’interno del giardino, riguardavano la creazione della sopracitata statua della Fama – opera del lucchese Paladini – la quale soffia acqua da una sorta di conchiglia, facendola ricadere nel laghetto.13 Quest’ulti13 Cfr. ASL, AG, filza n. 55. Una nota interessante spiega che i “Tufi” utilizzati per le statue del giardino sono stati reperiti a Serravalle, località relativamente vicina a Collodi. Nel manoscritto si legge: “fatto un calcolo all’ingrosso delle mo, già presente dal secolo XVII, venne in parte trasformato, ampliandolo ed arretrandolo. Da qui si dipartivano nuovi condotti che alimentavano ulteriori fontane. Per quel che riguarda un’altra zona, definita nel Seicento come il “grande viale fra il bosco”, Romano aveva costruito una sorprendente catena d’acqua, molto elaborata, con mostri, spruzzi e vasche. Alla sommità di tale discesa, si trovano ancora oggi le statue dei due fiumi: le due Pescie, che versano acqua da ampie cornucopie.La zona centrale è inoltre connotata da un grande mascherone anamorfico,14 da una vasca caratterizzata da un elemento decorativo a forma di occhio,15 terminando con una vasca curvilinea, alimentata da cascatelle e da quattro getti emessi dalle bocche di grandi “cigni” (Fig. 5). Al di sotto della scalinata, si trova la grotta seicentesca che, nella seconda metà del Settecento, fu trasformata da Romano Garzoni in “bottaccetto”,16 per Spese in Tufo, volendo abbondare si pongono in scudi 50. = non potendo valere fra l’escavazione, e porto da Serravalle a’ Collodi che appena soldi 8”. Lo scritto prosegue, asserendo che le statue in basso (Apollo, Dafne, Bacco e Cerere), alla fine del 1700, non erano color “cotto”, come oggi si vedono, ma bianche: “Nel Piano, che era Prato, subito intrati nel Giardino vi sono state distribuite N° Statue composte di Pezzi di Tufo riuniti insieme, intonacate con calcina, e Pozzolana, e fatte bianche con tinta a olio, che spesso conviene rinnovarla con non lieve spesa per conservarle”. 14 Per approfondire lo studio del gioco prospettico della catena d’acqua, si veda F. CAMEROTA, Il giardino anamorfico: sviluppi di un’idea cartesiana, in M. A. Giusti e A. Tagliolini, Il giardino delle muse. Arti e artifici nel barocco europeo, Firenze, 1995, pp. 255-271. 15 Fino ad oggi, nessuno studio relativo al complesso Garzoni ha rilevato la presenza di un simile elemento decorativo, di importanza fondamentale per una lettura esoterico-filosofica dei segni. Purtroppo, in questo momento, a causa del progressivo degrado generale della proprietà, stiamo rischiando di perderne la forma e la memoria. Tale elemento decorativo, tuttora piuttosto visibile, era sormontato da una sorta di copertura a capanna di cui, fino ad oggi, restano dei segmenti nell’immediata vicinanza sul fondo della vasca. Si potrebbe ipotizzarne una solerte ricomposizione attraverso un’operazione di anastilosi. Si considera molto importante il recupero di questo particolare decorativo poiché rappresenta un momento fondamentale nel programma iconografico-simbolico di tutto il giardino. Sull’argomento più specifico si veda A. BECHINI, Parte II, cap. 2 L’acqua e le sue implicazioni esoteriche, in Il Giardino Garzoni e la sua struttura idrica. Evoluzione storica e ipotesi di restauro, Carla Rossi Academy Press in Affiliation with The University of Connecticut (www.rossiacademy.uconn.edu), Monsummano-Firenze. 16 Cfr. ASL, AG, filza n. 55. “Il Bottaccetto [...] della Scesa dell’acqua sussiste nella forma da noi descritta, e il soste- N. 8/9 - 2001 bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:30 Pagina 15 la raccolta delle acque provenienti dalla catena superiore e per l’alimentazione delle vasche sottostanti. Dal “bottaccetto”, le acque si dipartivano, per servire le due vasche circolari della zona ad anfiteatro ed il concatenato sistema delle due fontane del villano con galletto e del contadino con barile, a loro volta connesse, sotto il profilo dell’impianto idrico, tramite la grotta di Nettuno. Tale sistema si sviluppava, allora come oggi, su quote diverse, in corrispondenza dei tre terrazzamenti del giardino. Nella grotta di Nettuno, erano presenti una serie di scherzi d’acqua. Attualmente, sono conosciuti quelli posti vicino al cancello, quelli della vasca di Nettuno e quelli della finestra circolare di uno stanzino; ma alcuni documenti manoscritti fanno supporre che il numero di tali schizzi fosse maggiore. Una descrizione settecentesca di questo luogo, di poco posteriore alla morte di Romano Garzoni (il documento risale al 1787, anno successivo alla sua scomparsa), afferma infatti che ci troviamo di fronte ad “[...] un’ampia grotta sotterranea la maggior parte, fabbricata con grand’arte, e maestria, che ha il pavimento di mosaico, [...] tutta incrostata di tufi, ed altre materie, che insieme bene accozzano, [...] intorno alla stessa sono state costruite più nicchie di grandezze differenti, con dentro statue diverse rappresentanti una Nettuno coi cavalli marini al suo cocchio, e l’altre vari mostri marini, che tutti gettano acqua, vi sono diversi scherzi d’acqua da far giuocare a piacimento, e fra gli altri il catro”.17 Le caratteristiche e la conformazione della grotta fanno presupporre anche la presenza di altri scherzi, posti nel soffitto, tanto da creare un effetto di pioggia (Fig. 6). La lettura di un’Ode del 1788, composta da Francesco Franceschi, sembra avvalorare la nostra supposizione.18 In questa stessa Ode, si afferma, inoltre, che il nobile Romano Garzoni chiese ad Ottaviano Diodati di intervenire nelle trasformazioni del giardino (“A Diodati in mano / Egli recò la squadra / Fabro per lui sovrano / d’immensa opra, e leggiadria”). Al momento attuale, non si può stabilire, con esattezza, quale fosse l’entità del contributo del Diodati19 all’interno del complesso, poiché non è stato possibile rintracciare nessun’altra notizia più dettagliata sul suo intervento. Altre opere letterarie dello stesso periodo danno conferma dello stato in cui si trovava il giardino, nella seconda metà del Settecento: Le ville lucchesi con altri opuscoli in versi e prosa, opera scritta da Antonere il contrario saria lo stesso che impugnare l’evidenza; infatti esistono i due stanzioli sotto le scale, ove attualmente si ricovera il (telume?) per coprire nell’Inverno gli Agrumi, e da questi si riconoscono le Parti chiuse che introducevano nella nicchia.” Continua lo scritto, asserendo: “Ma questo Bottaccio non è che un’antica Nicchia che è stata chiusa con Muro, e fattavi una Fodera internamente [...]”. 17 Ivi. 18 Cfr. F. Franceschi, Descrizione delle Ville Lucchesi al Principe di Kaunitz, Ode III, 1788, Biblioteca governativa di Lucca, Odi e Prose del dottore Francesco Franceschi, Q. XXXV. a. 27: “Quivi di forma nuova / Tempio a Nettuno è sacro; / Mira qual sgorga, e piove / D’intorno ampio lavacro.” 19 Cfr. F. DONADONI, Dizionario biografico degli italiani 40, Istituto della enciclopedia italiana, Roma 1991, pp. 179183. L’ultimo Romano Garzoni lavorò, comunque, alla sua opera in collaborazione con Ottaviano Diodati, personaggio un po’ discusso, per la sua vita giudicata in quel tempo trasgressiva. Diodati era membro del patriziato, ma, sposando una “bella gragnanina”, venne diseredato dal padre e perse ogni privilegio. Uomo di ampia cultura, aveva anche conoscenze in campo artistico e scientifico. Si dedicò alla traduzione dell’Encyclépedie ou dictionnaire raisonné des sciences des arts et des métiers, per l’edizione lucchese, curando in particolare le note relative alle voci di architettura e di idraulica; attese anche allo studio di vari fenomeni fisici, quali i terremoti e le maree, ed ebbe probabilmente rapporti sostanziali con la massoneria. Fra il 1759 ed il 1766, Diodati sospese la pubblicazione della grande opera francese, a causa di problemi, non troppo chiariti, avuti con la Chiesa. Nel 1769, già colpito dalla perdita di due figli maschi e di due femmine, vide spegnersi la moglie; e, qualche tempo dopo, perse anche l’ultimo fi- Fig. 6 - Pianta e sezione in alzato dell’area intercorrente fra il “bottaccetto” e la fontana del “contadino con barile”. Queste rappresentazioni descrivono, attraverso una precisa simbologia, la distribuzione e lo stato di conservazione degli elementi componenti la struttura idrica. Si evidenzia lo studio relativo alla Grotta di Nettuno, con i vari scherzi d’acqua. nio Cerati nel 1783 e l’Elegia dedicata a V. Lunardo composta nel 1788 da Giovanni Salvioni. Infine, interessanti notizie sui materiali utilizzati per i condotti vengono dedotte da un manoscritto, 20 glio. Vestì così l’abito di abate; e sembra che morisse pazzo: il 18 settembre del 1786, a Lucca. 20 Cfr. ASL, AG, filza n. 55. “I Cannoni di Piombo si riducono in tutto il Giardino a circa 18 Braccia della grossezza di mezzo (?) circa, non essendo di Piombo che alcuni scherzi sopra la Grotta, ed alcuni altri entro la Grotta; il rimanente dé condotti essendo tutto di Cannelle di Fornace.” Nello stesso documento in cui sono state rintracciate le precedenti notizie, si parla anche del cancello di ingresso alla grotta, così come si presentava nel Settecento: “Catro di Ferro, in parte messo a Oro, con due occhi della stessa materia lateralmente”. Attualmente simili dorature sono del tutto scomparse. Altre notizie sono state rintracciate in questo documento del 1787, riguardante le due vasche: “sono fonde un Braccio e mezzo; non ci è stato impiegato materiale di fornace; ma semplici sassi con calcina, e pozzolana, e così un lavoro di N. 8/9 - 2001 nel quale si spiega che era stato costruito un “condotto forzato”, il quale, dal “bottaccetto” del terrazzamento più alto, faceva affluire, con forte pressione, l’acqua agli zampilli delle due vasche. Tutte le acque che avevano giocato nel giardino venivano poi raccolte in un “condotto scolatizio” che le gettava nel torrente Pescia di Collodi, attraverso la piazzetta antistante l’ingresso. Una nota deve essere fatta, a proposito di questa zona antistante lo spazio ad anfiteatro della Chiusa, in quanto, attualmente, essa risulta del tutto deconpuro smalto”. Continua lo scritto, asserendo che Romano Garzoni fece risistemare anche la zona dei “ripartimenti di mortellini” con parterres, come nell’area sottostante dell’anfiteatro: “Più Parterri parte di verdi, con Urnette simili, e Cassette di Fiori, e parte a secco, che sono di diversa qualità di Pietre di vari colori, che formano Fiori, Rose, Nastri, e Cifre, con Corona alla Cifra della Casata situata nel mezzo, e con altri Lavori, e Battuti in Calcina colorati, e contorniti, che formano brillantissimi Oggetti, e fermano l’occhio di chi li rimira”. 15 bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:30 Fig. 7 Area dei “giardinetti” seicenteschi. In alto, all’estrema sinistra, si riconosce parte dell’edificio della Voliera da cui passano i condotti che scendono al terrazzamento inferiore ove si trova il Giardino dei Fiori — oggi ridotto da un’area a prato —; al di sotto di questo, si trova il Ponte sul rio, con il bottaccio bicamerale che raccoglie le acque del Giardino dei Fiori e del Ponte per convogliarle verso il sottostante labirinto con grotta e verso il Teatro di Verzura . Oggi nessun getto d’acqua è funzionante. testualizzata. Già in un documento della fine del Seicento (ASL, AG, filza n. 29), ci si sofferma a citare il luogo della piazzetta, per la possibilità che questo offre di avere una bellissima vista di tutto il giardino con il palazzo. Nel Settecento, poi, per opera del nobile Romano Garzoni, tale spazio di fronte all’ingresso della proprietà fu sistemato in modo più definito, proprio al fine di apprezzare meglio la magnifica ed ampia vista che da lì era possibile godere di tutto il complesso. Si legge che in quella zona vi era un oliveto e che diversi alberi furono dal nobile abbattuti per lo scopo suddetto.21 Infine, per quel che concerne l’area che dalla voliera arriva al “teatro di verzura” – comprendente i cosiddetti “giardinetti” di origine seicentesca (la voliera, il giardino di fiori, il labirinto, e l’orto) e la zona immediatamente sottostante della chiusa (la fontana del cinghiale e il “teatro di verzura”) – si deve dire che, fin dal Seicento, le acque servivano tutte le fontane lì presenti, scendendo poi fino al cinghiale, finché, tramite nuovi condotti, nel Settecento l’impianto fu prolungato, per giungere così anche allo spazio del nuovo teatro (Figg. 7-8). Dalla voliera, quindi, il sistema delle acque scendeva al giardino di fiori; da qui degradava ancora, per alimentare gli scherzi del “ponte sul rio” e del sottostante bottaccio seicentesco. Sappiamo anche che, nel Settecento, furono realizzati nuovi interventi decorativi di arredo in questa zona.22 Le acque reflue delle fontane venivano riutilizzate nel sistema di approvvigionamento, convogliandole all’interno della cisterna seicentesca posta, al di sotto del ponte, in corrispondenza del labirinto. Il percorso delle acque quindi, dopo aver transitato lungo il ponte, ed essere disceso alla grotta e agli scherzi del labirinto, correndo lungo il perimetro del muro che separa dal rio dei borghetti, rientra nella proprietà attraverso l’orto, dove è stato costruito, dopo il 1670, “lo Stillo per li Spiriti”. Da qui le acque, scendendo vertiginosamente al di sotto della strada pubblica del paese (con un dislivello di circa quattro metri), risalgono all’improvviso, per esplodere con sorpresa nella fontana del cinghiale. 16 Pagina 16 In base alla realizzazione del “teatro di verzura”, vengono poi, sempre in questo periodo, costruiti nuovi condotti, per convogliare le acque dalla fontana del cinghiale verso i giochi del teatro.23 Nel secolo XIX, il complesso subisce alterne vicende, fra restauri e degrado. La proprietà passa ad un altro ramo della famiglia Garzoni con la fine del Settecento: ad Andrea Garzoni e, poi a suo figlio Paolo Ludovico Garzoni Venturi.24 Quest’ultimo visse soprattutto fuori Collodi, e fu molto impegnato, a causa di varie importanti cariche politiche (fu Ministro degli Affari Esteri, a Firenze, poi, nominato Ciambellano dell’imperatore, nel 1812, inoltre divenne Prefetto del Mediterraneo, nel 1814) che non gli permisero di operare cospicui interventi di “restauro” o riprogettazione sul complesso ereditato. Si occupò, comunque, dei lavori di ordinaria manutenzione: sebbene non sempre tempestiva, come si rileva dai libri di pagamenti. Egli commissionò, comunque, una interessante rappresentazione prospettica della proprietà al pittore locale Francesco Cecchi, per farne dono a re Stanislao Poniatowski. Il disegno risale al 1794 e mostra che il complesso si manteneva ancora sostanzialmente immutato, nelle forme come nel fascino della sua settecentesca atmosfera. Paolo Ludovico fece anche redigere, nel 1797, un nuovo Terrilogio, relativo a tutti i beni in suo possesso; così, è arrivato fino a noi un raffinato acquerello a colori del giardino disegnato dal “perito ingegnere” Giuseppe Duccini, con il quale, ancora una volta, si conferma lo stato del giardino al tempo dell’ultimo Romano Garzoni (si rileva qui una semplificazione nelle forme del “teatro di verzura”, ma si ritiene che questa sia essenzialmente legata alla scelta della soluzione grafica operata dal Duccini).25 Alla sua morte, Paolo Ludovico Garzoni Venturi fece riconoscere come suo il figlio di Fortunata Silli (di nome Giuseppe), da lui sposata in seconde nozze, figlio al quale andarono, in seguito, gran parte dei beni paterni.26 Dal 1842, Giuseppe Garzoni divenne quindi il proprietario del complesso. Anch’egli, come suo padre, rivestì molte cariche politiche; e fu spesso lontano da Collodi (fu Sindaco di Firenze, nel 1868 e Senatore del Regno, nel 1871). Con lui, si concluse definitivamente la discendenza di ramo maschile della casata. 21 Questo spazio è oggi, come si è detto, totalmente decontestualizzato, poiché vi è stato collocato un monumento ai caduti della prima guerra mondiale, esattamente in asse con l’ampia veduta del giardino. 22 Cfr. ASL, AG, filza n.55. “Il Ponte sopra il Rio, che dal detto Vialetto (l’attuale Viale dei poveri che corre lungo il muro di sostegno del giardino di fiori) introduce nel Bosco è stato incrostato di Tufi, ed ornato, e vi è stata posta la Cerchiaja di Ferro sopra. Sono state costruite due nicchie, o Grotte adiacenti al detto Ponte, una al principio, e l’altra in fine, con dentro due Statue di Tufo, rappresentanti una Alcide, che combatte con l’Idra, e l’altra Sansone che uccide il Filisteo, quali Statue gettano Acqua; con sopra i di loro Bottaccetti, e condotti in parte di Piombo.” Per quel che concerne gli scherzi (sotto forma di pioggia) presenti alla sommità di una parete/parapetto del ponte, si deve dire che non è certa la loro datazione; essi sono stati realizzati sicuramente in epoca successiva a quella della costruzione del ponte, in quanto le tubature in piombo risultano esterne alla struttura muraria. Queste potrebbero essere state create assieme alle suddette fontane (ma non se ne ha notizia nei manoscritti) oppure potrebbero essere di epoca molto più recente (ottocentesca, forse), considerando l’ancora discreto stato di conservazione. 23 Cfr. ASL, AG, filza n. 55, fascicolo n. 1a. Così questo viene descritto: “Un Teatro a giorno con Scenario di verdi, suoi Passaggi, e Gabinetti con Grotticella graziosamente eseguita, di Tufi in fondo alla Scena, dalla quale Grotticella sgorga Acqua, con sotto Vaschetta, e Zampillo, con Statua rappresentante la Tragica a destra dello Scenario, ed altra Statua della Comica a sinistra (...)” 24 Paolo Ludovico prese il cognome Venturi nel 1801, a seguito del suo matrimonio con Carlotta, figlia del Senatore Ippolito Venturi, e si impegnò, tramite uno scritto indirizzato al Senatore, a risiedere da quel momento a Firenze: questa decisione sarà condizionante per il futuro sviluppo del complesso di Collodi. 25 La riproduzione dell’acquerello del nuovo Terrilogio e quella della prospettiva del Cecchi si trovano pubblicate in: I. BELLI BARSALI, Le ville lucchesi, Roma 1964, pag. 198. Fig. 8 - Immagine fotografica dell’area dei “giardinetti”. In alto, a sinistra si trova la Voliera, in primo piano il Ponte sul rio e, al di sotto, sulla sinistra, il labirinto con la grotta. Tre sono le date ritrovate incise, in precise zone del giardino, che definiscono i vari interventi dell’ultimo Garzoni. Sulla rampa delle scale che conduce all’ingresso del palazzo, si trova un mosaico con un’iscrizione commemorativa del 1861 che ricorda alcuni restauri realizzati dal Garzoni. Sulla parte posteriore del busto di uno degli imperatori, nella malta utilizzata per modellarne il piedistallo, si indica l’anno 1846.27 Tutto questo può riferirsi ad interventi realizzati da Giuseppe Garzoni per consolidare le strutture di sostegno dei busti o per apportare delle modifiche o, comunque, si può ricondurre ad effettivi lavori di restauro per gli antichi ornamenti in genere.28 Ancora un’altra data si legge all’interno del giardino, impressa in maniera estremamente decorativa sul primo pianerottolo delle scale che conducono, dall’area ad anfiteatro, ai parterres: 1856.29 Probabilmente, a tale periodo risalgono gli interventi di gusto romantico, di cui ancora oggi restano tracce visibili nel giardino: la nuova sistemazione dell’area su cui sorgeva l’orto dei “giardinetti” (questa terrazza fu infatti trasformata in un romantico boschetto, costituito da una folta vegetazio- 26 Ampie delucidazioni sulla vicenda possono attingersi in ASL, AG, filza n. 70, fascicoli nn. 5-6, perché le figlie di primo letto di Paolo Ludovico, Chiara e Marianna, impugnarono il testamento contro il presunto fratello, il quale risultò poi essere con molte probabilità figlio legittimo dello stesso Paolo Ludovico. 27 Purtroppo, nell’autunno del 1999 è stato registrato un crollo nel muro di sostegno del terzo terrazzamento, cioè , nel muro che sostiene il ‘viale degli imperatori’; proprio questo busto è stato trascinato nella frana, rompendosi in vari punti e giace ora sotto le rovine in attesa di un pronto intervento. 28 Si ricorda che sul testo redatto da N. Andreini Galli e F. Gurrieri, Op. cit., p. 81, viene messo in evidenza il fatto che nel 1797 i busti degli imperatori erano in numero di dodici, ma oggi il viale conta diciassette busti, sia maschili che femminili, posti in sequenza alternata. 29 È interessante notare il tipo di pavimentazione realizzata sul pianerottolo, in quanto la soluzione decorativa risulta essere uguale a quella impiegata per gli inghiottitoi dell’acqua piovana. Se, quindi, supponiamo che la pavimentazione fosse stata realizzata da Giuseppe Garzoni, nell’Ottocento, si può ipotizzare che anche la serie degli inghiottitoi per l’acqua piovana (posti al di sotto degli scalini, vicino al pianerottolo) fosse stata modificata, se non sistemata ex novo, dallo stesso proprietario in epoca ottocentesca. Un’altra ipotesi può essere, comunque, che Giuseppe facesse semplicemente introdurre la sua scritta commemorativa nella pavimentazione del pianerottolo preesistente, e ne integrasse i decori, imitando perfettamente quelli originali. Si è ritenuto opportuno, ad ogni modo, soffermarsi sul problema della incerta datazione dei suddetti elementi, poiché simili soluzioni decorative conferiscono un grande il valore al complesso di Collodi. Infatti, decorazioni realizzate con gli stessi materiali e con la stessa tecnica di quelli della pavimentazione sopracitata, si trovano lungo tutti i percorsi principali del giardino. N. 8/9 - 2001 bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:30 ne di canne di bambù); l’inserimento lungo la seconda terrazza del giardino di una specie di palme che, al momento attuale, si sono alzate in maniera considerevole. Giuseppe Garzoni lasciò indiviso alle due figlie, Emilia – sposata Parravicino – e Maria – sposata Poschi-Meuron – il complesso di Collodi, nel 1899. Queste ultime stabilirono di godere del bene ereditato, in periodi alterni, e, al termine del decimo anno, la villa e il giardino sarebbero stati sottoposti a licitazione privata fra le parti. Emilia Garzoni Parravicino, sopravvissuta alla sorella, morì nel 1950, ma il complesso di Collodi, fin dall’inizio del Novecento, non apparteneva più ai Garzoni. Aveva subìto diversi passaggi di proprietà,30 molto ravvicinati nel tempo. Infatti, non sono registrabili, in quegli anni, particolari interventi di rilievo sul giardino e nel palazzo. L’intera proprietà fu comunque soggetta ad un progressivo avanzamento dello stato di degrado e ad un indiscriminato depauperamento, sia di elementi architettonici che decorativi. Con l’acquisto del bene, nel 1943, da parte della famiglia Gardi dell’Ardenghesca, il complesso affronta una nuova e più stabile fase. Per quel che concerne lo stato di conservazione degli apparati murari e degli arredi statuari in genere, il giardino non subisce in questo momento alcuna modifica (grazie anche alla Legge 1 giugno 1939, n.1089, a cui venne subito sottoposto), se non quella dovuta al crollo di alcuni tratti della muratura di confine ed al naturale degrado dei materiali, legato allo scorrere del tempo. Però, l’accordo stipulato nel 1961, fra i proprietari del complesso e la Società Acquedotti del Comune di Pescia, (relativo all’utilizzo della maggior parte delle sorgenti d’acqua della famiglia Gardi, per le necessità della popolazione di Collodi) aveva causato molti problemi al giardino, il quale subì una sostanziale e drastica modifica nel suo sistema di approvvigionamento idrico. Infatti, da quel momento, l’afflusso di acqua, dalle antiche e, un tempo, copiose sorgenti, fu considerevolmente ridotto. Tale ripartizione delle acque rese necessaria l’ideazione di un sistema alternativo di approvvigionamento, nonché il massimo sfruttamento possibile delle antiche acque, ancora disponibili (Fig. 9). Venne esclusa dal sistema idrico la grande cisterna, posta sulla sommità del giardino, e fu così introdotta una pompa elettrica, dietro la statua della Fama, per aspirare direttamente le acque dai lavatoi pubblici e gettarle, con la necessaria pressione, all’interno dei condotti. Già da tempo, era stato escluso l’edificio dei “bagnetti” dal sistema di approvvigionamento idrico; e la zona dei “giardinetti” veniva alimentata discontinuamente. Si deve, però, considerare che l’area della voliera e del giardino dei fiori, dal momento in cui il complesso Garzoni fu aperto al pubblico, mantenne una destinazione privata, riservata alla sola famiglia proprietaria; questo si crede abbia influito sullo stato di conservazione delle strutture, soprattutto per quel che concerne il sistema di approvvigionamento idrico. Infatti, lo stesso condotto, che alimentava uno spazio esclusivamente privato, proseguiva nella proprietà, per condurre le acque in zone destinate al pubblico visitatore, creando molta confusione, sul piano delle pertinenze e gestionale. Inoltre si evidenzia che sia il condotto di alimentazione del bottaccio (con i relativi cisternini di decantazione) sia la tubazione proveniente dalle sorgenti, nonostante fossero stati in parte sostituiti, perdeva30 Da una ricerca effettuata dalla Dott. Silvia Martelli, per conto della famiglia Gardi, risulta che la proprietà passò ai Maravezzi, poi ai Giacomini, in seguito ai Del Pino ed, infine, ai Gardi dell’Ardenghesca. Cfr. S. MARTELLI, Il restauro del Giardino Garzoni a Collodi, Pescia, 1992. In seguito, è stata pubblicata una sintesi di questa ricerca nella rivista “Arte dei giardini”, Anno 1993, n. 3. Pagina 17 Fig. 9 - Impianto idrico del secolo XX. Le sorgenti di cui ci si approvvigionava, dal secolo XVI, non vengono più utilizzate, ma si ricorre alle acque del torrente Pescia di Collodi, per alimentare le fontane del giardino. Il sistema delle acque non funziona più, quindi, a ‘caduta’, bensì per ‘risalita’. no allora molta acqua e necessitavano di continua manutenzione. Fu deciso, quindi, di sostituire questo antico sistema che, dalle sorgenti sulle colline, dopo aver giocato ampiamente nei giardini, gettava infine le acque nel torrente Pescia di Collodi. La soluzione alternativa fu quella di sfruttare ‘il vecchio temibile nemico’: il torrente, cioè, che aveva prodotto molti dissesti e frane sui colli limitrofi, captandone le acque, tramite una pompa ad immersione, per alimentare le fontane del giardino. Questo sistema, ancora oggi utilizzato, non potrà però costituire, nel futuro, una soluzione definitiva, anche a seguito del fatto che, periodicamente, il suo meccanismo si blocca, e le bocchette della pompa aspirante si intasano.31 Il complesso movimento delle acque, che in origine funzionava a ‘caduta’, è stato completamente stravolto, in quanto lo spettacolare dinamismo dell’apparato idrico si ottiene, ora, per ‘risalita’. La pompa ad immersione spinge l’acqua in una delle due vasche circolari in basso al giardino; poi, un rumorosissimo macchinario la dirige in alto, fino alla sommità della fontana, al di sotto della Fama: a quella del mostro/delfino, cioè, per farla cadere giù, fin nelle vasche d’ingresso, e ripomparla nuovamente verso la cima del pendio. Un tempo, l’acqua, dopo essere stata incanalata e fatta passare attraverso il giardino, veniva convogliata in un canale sotterraneo che la scaricava nel torrente; oggi, a quest’ultimo ci si affida, per dare di nuovo vita ai giochi sorprendenti. Si noti che, attualmente, il nuovo sistema di approvvigionamento idrico non alimenta tutte le fontane del giardino, restando bensì limitato alla fontana del mostro/delfino, al laghetto, a parte dei giochi della “scalinata d’acqua”, al bottaccetto ed alle vasche circolari in basso. Non sono così utilizzate le fontane della Fama, l’edificio dei bagnetti, la fontana del villano con galletto, tutto il complesso dei giochi della grotta, la fontana del contadino con barile. Non è in grado di funzionare neppure l’intero sistema di alimentazione delle fontane dei giardinetti e, quindi, neanche la fontana del cinghiale ed i giochi del “teatro di verzura”, essendo entrambi strettamente dipendenti dal funzionamento delle fontane soprastanti. 31 Si decise anche di procedere allo scavo di un pozzo, nella parte bassa del giardino, in corrispondenza del perimetro murario più vicino al torrente Pescia, al fine di incrementare l’afflusso di acqua. Dopo aver scavato per qualche decina di metri, fu trovato un immenso lastrone di pietra durissima. A questo punto, continuare nell’opera di escavazione avrebbe significato affrontare una spesa piuttosto alta, senza una effettiva garanzia del risultato. Tale pozzo, posto vicino all’ingresso del giardino, è stato quindi chiuso e non è più utilizzato. N. 8/9 - 2001 Inoltre,degno di nota è stato anche l’intervento di modifica all’ingresso del Castello collodese: fin dal Seicento tutti gli abitanti di Collodi accedevano al paese tramite un grande arco, posto al centro della facciata del palazzo Garzoni; negli anni quaranta, i Gardi hanno ottenuto di creare un percorso di accesso alternativo che costeggia, a ponente, la loro proprietà, trasformando l’antica entrata pubblica in ingresso privato per il palazzo. Recentemente – nel 1994 – erano già stati avviati alcuni restauri al giardino.32 Per vari motivi, soltanto alcuni di questi sono stati completati. Gli interventi effettuati, dopo la ricostruzionze storica, l’analisi dello stato di degrado, la redazione di un progetto di massima, ha cercato di determinare delle priorità nell’ambito delle opere architettoniche presenti nel giardino. Questo è avvenuto in base alla perdita di coesione dei materiali e dei rivestimenti, alla sicurezza dei visitatori, all’urgenza. Di conseguenza, oggetto principale dell’intervento restaurativo intrapreso è stato il complesso che costituisce il fondale della parte a monte delle cascate: cioè la vasca con le strutture ad arco, i giochi d’acqua ed i relativi percorsi. Poi, è stata operata la sostituzione dell’antica conduttura idrica che dalla vasca va alla catena d’acqua. Anche sotto il profilo vegetale, in questi ultimi anni, sono stati effettuati diversi interventi; fra i più evidenti si evidenziano: il restauro della zona dei parterres en broderies, la nuova piantagione del labirinto e la massiccia potatura del bosco di lecci della prospettiva. LA “GRAMMATICA DELL’ACQUA” E LE SUE SUGGESTIONI Lo studio ha cercato di porre in evidenza l’importante ruolo che l’acqua riveste nell’ambito del giardino in generale, e non solo di quello collodese. Essa costituisce infatti, per tutte le opere esposte all’aria aperta, il principale mezzo di conduzione degli agenti di degrado, ma questo stesso ruolo negativo viene a fondersi con l’altrettanto imprescindibile valore che l’elemento liquido assume come fonte vitale di nutrimento per la vegetazione e come ragione di alimento per le fontane e i giochi d’acqua. Ecco che questa specifica analisi rileva in quale misura l’acqua, nelle sue varie forme, si manifesti nel giardino Garzoni e quale sia la sua influenza su ogni singolo manufatto, allo scopo di restituire ad ogni elemento la propria identità e funzione, cercando inoltre di mettere in luce e di arginare i danni che il fattore idrico provoca sulle ‘architetture minerali e vegetali’. L’argomento specifico del lavoro trova i suoi fondamenti nell’evoluzione del tema simbolico dell’acqua ed anche nell’analisi del rapporto fra la liquidità e il concetto di giardino che, in particolare nel periodo barocco, divengono una realtà unica ed inscindibile. Nell’ambito delle ricerche sul complesso collodese si è reso quindi necessario creare un sistema di lettura che, attraverso il costituirsi di una serie di rappresentazioni simboliche (come quelle di seguito riportate), potesse facilitare la comprensione ed il rilievo dei molteplici componenti che formano il sistema idrico. Tale classificazione comprende circa cinquanta simboli che permettono di individuare le diverse funzioni di ogni singolo elemento, distinguendolo per materiale costruttivo, per datazione e per le diverse suggestioni provocate dall’acqua. Si suppo32 Per il restauro della componente vegetale dell’intero giardino, è stato redatto un progetto dalla dott. Silvia Martelli; per quanto riguarda il restauro delle opere architettoniche, sono intervenuti l’arch. Maurizio De Vita e l’arch. Giulia Cellie, in qualità di collaboratrice, con consulenza, per il consolidamento strutturale, dell’ing. Piero Caliterna. 17 bollettino ingegneri N.8-9 10-02-2005 14:30 Pagina 18 A ne che il sistema grafico sperimentato per le acque del Garzoni possa avere una certa importanza, poiché esso potrebbe rendere, se applicato, più agevole anche il rilievo dello stato di degrado degli impianti idrici di qualunque altro giardino, con tutte le proprie particolari problematiche. Ecco, quindi, alcune rappresentazioni relative ai simboli utilizzati per la decodificazione delle acque presenti nel complesso di Collodi: 1A) Acqua stagnante, di rispecchiamento, contenuta in vasche con presenza di specie vegetali acquatiche; 1B) Acqua stagnante, di rispecchiamento, contenuta in vasche in assenza di specie vegetali acquatiche; 1C) Acqua in movimento, sotto forma di cascata e di getto; 1D) Scherzi o giochi d’acqua nascosti nei pavimenti o sulle pareti; 1E) Scherzi sotto forma di pioggia; 2A) Scherzi posti a raggiera; 2B) Scherzi sotto forma di scroscio; 2C) Scherzi sotto forma di ventaglio; 2D) Scherzi sotto forma di muro d’acqua, con schizzi dal basso verso l’alto; 2E) Scherzi sotto forma di muro d’acqua, con schizzi dall’alto verso il basso; 3A) Scherzi sotto forma di muro d’acqua con schizzi da sinistra verso destra e viceversa; 3B) Zampillo d’acqua spruzzata a pressione notevole, tale da produrre una nebulizzazione all’apice dello schizzo, secondo un preciso asse direzionale: dal basso verso l’alto; 3C) Zampillo d’acqua spruzzata a pressione notevole, tale da produrre uno schizzo dall’alto verso il basso; 3D) Zampillo d’acqua spruzzata a pressione notevole, tale da produrre uno schizzo da sinistra verso destra; 3E) Zampillo d’acqua spruzzata a pressione notevole, tale da produrre uno schizzo da destra verso sinistra; 4A) Getto d’acqua che fuoriesce da elementi scultorei, per lo più antropomorfi o zoomorfi, con pressione proporzionata all’elemento stesso, in direzione dal basso verso l’alto; 4B) Getto d’acqua che fuoriesce da elementi scultorei, per lo più antropomorfi o zoomorfi, con pressione proporzionata all’elemento stesso, in direzione dall’alto verso il basso; 4C) Getto d’acqua che fuoriesce da elementi scultorei, per lo più antropomorfi o zoomorfi, con pressione proporzionata all’elemento stesso, in direzione da sinistra verso destra; 4D) Getto d’acqua che fuoriesce da elementi scultorei per lo più antropomorfi o zoomorfi con pressione proporzionata all’elemento stesso, in direzione da destra verso sinistra; 4E) Acqua versata con pressione ridotta, in modo tale da produrre l’effetto di uno scroscio che, in genere, scorre su una superficie, in direzione assiale rispetto all’elemento; 5A) Acqua versata con pressione ridotta, in modo tale da produrre l’effetto di uno scroscio che, in genere, scorre su una superficie, in direzione obliqua: da sinistra verso destra rispetto all’elemento; 5B) Acqua versata con pressione ridotta, in modo tale da produrre l’effetto di uno scroscio che, in genere, scorre su una superficie, in direzione obliqua: da destra verso sinistra rispetto all’elemento; 5C) Catena d’acqua; 5D) Acqua utilizzata per l’irrigazione delle specie vegetali; 5E) Acqua utilizzata per scopi alimentari o domestici. 18 1A) Condotto in terracotta costituito da tronchi di cono tra loro assemblati, con stuccatura di malta. (Per quel che concerne la situazione specifica del giardino Garzoni, l’utilizzazione di questo tipo di condotto risale principalmente al secolo XVIII, ma ne resta ancora qualche elemento che risale al secolo XVII). 1B) Condotto in terracotta costituito da assemblaggio di tre mattoni, uniti con malta. Successivamente, all’interno del condotto, è stato steso uno strato ulteriore di malta per incrementarne la capacità impermeabilizzante. (Per il giardino in esame, principalmente, questo tipo di condotto risale al secolo XVIII, ma ne resta ancora qualche elemento che risale al secolo XVII). 1C) Tubatura in piombo, con diametro variabile (20<Ø<60 mm), dimensionato in base alla pressione a cui si vuole sottoporre l’acqua per ottenere un determinato effetto. (Questo tipo di condotto era utilizzato nel giardino Garzoni molto comunemente, per regolare e “modellare” l’acqua sotto forma di getto o zampillo. Questa tipologia veniva impiegata soprattutto nei secoli XVII-XVIII). 1D) Tubatura in piombo di diametro 15/20 mm, con protuberanze cilindriche lungo un unico asse, con passo di circa 20 cm, utilizzata per gli scherzi d’acqua – in genere, al fine di ottenere uno schizzo indirizzato lungo una linea obliqua o orizzontale–. (Per quel che concerne il giardino Garzoni, la presenza di questo tipo di tubatura potrebbe risalire al secolo XVII e se ne rileva la presenza soltanto nell’area seicentesca del labirinto con grotta). 2A) Tubatura in piombo, con diametro 15/20 mm, con protubranze coniche lungo un unico asse, con passo di circa 10 cm, utilizzata per gli scherzi d’acqua – in genere, al fine di ottenere uno schizzo indirizzato lungo una linea obliqua o orizzontale–. 2B) Tubatura in piombo, con diametro 15/20 mm, con forature circolari lungo un unico asse, con passo di circa 10 cm, utilizzata per gli scherzi d’acqua. Si suppone, comunque, che questo tipo di tubatura non sia altro che il risultato del degrado della tipologia 2A. 2C) Tubatura in ferro con dimensione variabile. (Tubatura utilizzata nel giardino Garzoni, principalmente tra la seconda metà del secolo XIX e la metà del secolo XX). 2D) Tubatura in ‘geberit’, con diametro variabile. (Tipologia utilizzata in questo secolo per il nuovo sistema di approvvigionamento idrico del giardino Garzoni. Il condotto è stato per lo più mantenuto fuori terra, a vista) 1A) Cisterna di raccolta delle acque; 1B) Cisterna di raccolta delle acque coperta, interrata o, comunque inserita in un sistema parietale di pertinenza ad un manufatto che ne cela la presenza; 1C) Cisterna di raccolta delle acque a cielo aperto, interrata o, comunque, inserita in un sistema parietale di pertinenza ad un manufatto che ne cela la presenza; 1D) Cisterna bicamerale di decantazione e raccolta delle acque coperta interrata, o comunque inserita in un sistema parietale di pertinenza ad un manufatto che ne cela la presenza; 2A) Cisterna di raccolta delle acque coperta, collocata fuori terra o, comunque, lasciata per la maggior parte visibile; 2B) Cisterna di raccolta delle acque a cielo aperto, collocata fuori terra o, comunque, lasciata per la maggior parte visibile; 2C) Cisternino di decantazione delle acque in cotto, coperto; 2D) Cisternino di decantazione delle acque in cotto, a cielo aperto. B C D 1A) Tombino di ispezione del sistema idrico, generalmente situato in punti di snodo delle tubature. (Si evidenzia il fatto che il complesso Garzoni non presenta una grande quantità di tombini, all’interno del sistema idrico; ne sono stati rintracciati, infatti, soltanto nove, di cui tre potrebbero risalire al secolo XVII, quattro al secolo XVIII e due al secolo XX). 1B) Inghiottitoio orizzontale di raccolta dell’acqua piovana. (All’interno del complesso di Collodi sono stati rintracciati molti inghiottitoi -ventiquattro, fra i quali si riconoscono cinque diverse tipologie- e la maggior parte di questi riveste un ruolo importante nel sistema decorativo del giardino). 1C) Inghiottitoio verticale di raccolta dell’acqua piovana. (Questa particolare tipologia, nel complesso Garzoni, si trova quasi esclusivamente utilizzata lungo i muri perimetrali del giardino, sistemata in corrispondenza di ogni gradone degli scoscendimenti). 1D) Chiusino in ghisa, con sistema di comando manuale interno per l’irrigazione delle aree limitrofe. (Sicuramente, la presenza di questi chiusini, nel giardino in questione, risale al secolo XIX, o agli inizi di questo secolo; ne sono stati rintracciati otto, due dei quali sono stati esclusi dall’attuale rete idrica) 1A) Sistema di comando per il funzionamento dei getti e degli zampilli delle fontane; 1B) Sistema di comando per il funzionamento degli scherzi d’acqua; 1C) Sistema di comando per l’azionamento della rete idrica e dell’irrigazione del secolo XX; 1D) Lavatoio o piccola fontana di servizio; 2B) Troppo pieno; 2C) Elemento di scarico delle acque. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE H. ACTON, Tuscan villas, London, 1973; N. ANDREINI GALLI, F. 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Si ringraziano, inoltre, anche il nostro correlatore, l’Architetto Maurizio De Vita, l’Architetto Franco Filippelli, il Geologo Franco Menetti, la marchesa Claudia Malaspina Gardi, proprietaria del complesso di Collodi fino all’anno in corso, ed i giardinieri che, entusiasticamente, hanno contribuito a svelare alcuni dei più intriganti misteri relativi al sistema idrico di questo giardino. Arianna Bechini, nata a Montecatini Terme (PT) nel ’72, si è laureata in Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze nel 1998. Nello stesso anno si è specializzata in ‘Restauro di Giardini e Parchi Storici’ presso l’Università Internazionale dell’Arte a Firenze, ha conseguito una borsa di studio tramite la Fondazione Nazionale Carlo Collodi per ‘Conoscere l’opera di Pietro Porcinai’. Attualmente si dedica alla progettazione e al restauro di giardini, collabora con la cattedra di Restauro architettonico (Prof. Daniela Lamberini-Università degli Studi di Firenze) e con i Comuni di Montecatini e di Pescia, per i quali svolge studi preliminari per la redazione di un nuovo Piano regolatore generale e per opportuni Piani di recupero. 19