DAUNIA BIBLIOGRAFICA
Le opere di Giuseppe Rosati ∗
Il lessico e il periodare del Rosati risentono, naturalmente, del tempo, ma nel complesso l’esposizione è da ritenersi buona, pur se talvolta può apparire un po’ frammentaria e confusa, non sempre ordinata e
priva di prolissità e ripetizioni con cui, in una stessa opera od in più
opere, vengono talora diversamente espressi i medesimi concetti; in
qualche tratto ingenuo, ma più spesso ampolloso, lo stesso modo di
espone evidentemente disvela il compiacimento nel far mostra ed anche ostentazione di cultura, che; però non ha mai il sapore di occasionale e contingente imparaticcio: il che non è poco quando, specie in
materia di agricoltura, si pensi ai tanti troppi! « predicatori» odierni!
Comunque — superate queste mende, quasi sempre formali, che stilisticamente non pongono l’autore nel Settecento migliore, ma neppure
in quello decadente (talvolta, negli scritti, si rivela un humour sottile
che potreb’essere di oggi! ) —, e fatta ragione dei tempi, a me sembra
che non possano negarsi, ai lavori del Rosati, originalità, acume e pregi, tanto più ove si rifletta — per quanto riguarda il genere di studi e il
campo di attività entro cui fondamentalmente si circoscrive la mia illustrazione —
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Queste pagine costituiscono la seconda parte del discorso ufficiale, pronunziato a
Foggia il 28 giugno c.a. nel ciclo delle celebrazioni di Rosati per il 150° della sua morte.
Il testo, completo della prima parte, è pubblicato in opuscolo (Giuseppe Rosati, agronomo ed economista agrario) dallo Studio Editoriale Dauno, a cura
dell’Amministrazione provinciale, che anche in questa forma ha inteso concorrere alle
onoranze in memoria del grande foggiano.
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che in quell’epoca il progresso della tecnica agricola era appena agli
inizi, che ancora assai scarsi erano lo studio e le acquisizioni nelle discipline economiche, che permanevano tuttavia vincoli al commercio
dei prodotti del suolo, mentre ostacoli si frapponevano al trasferimento delle proprietà terriere fra privati cittadini, nel particolare regime
giuridico della proprietà fondiaria ancora in parte vigente, e quando altresì si pensi che le pratiche agrimensorie degne di tal nome muovevano i loro primi passi.
Fra l’altro, in varie opere del Rosati, sulla base delle conoscenze
dell’epoca, vengono esposte considerazioni tecniche ed economiche
—oggi, ovviamente, per gran parte superate (ma, come vedremo, non
tutte, non del tutto e non sempre!) — le quali, pur se ci appaiono, dopo oltre un secolo e mezzo, di elementare acquisizione e talora anche
di ingenua formulazione, ben concorrono ad indicare quale acuto pensatore, quale indagatore sagace e quale logico ragionatore fosse lo
stesso Rosati, nonché quale rara cultura egli avesse, pur senza essere
forse, ed anche in rapporto ai tempi, quell’ « enciclopedico » che per
lungo volgere di anni si è voluto vedere in lui.
Delle opere principali, di certa attribuzione (le quali sul frontespizio portano quasi sempre, sotto il nome, l’indicazione di « Dottore di
Medicina », o di « Dottore di Filosofia e di Medicina », ovvero di «
Dottore di Medicina e pubblico Professore di Agricoltura e Fisica »), a
me sembra che — ai fini del compito assegnatomi — possano formarsi tre categorie o gruppi, come segue:
I - Opere varie, cioè di vario argomento: LA GEOGRAFIA MODERNA; BREVIARIO DELL’HISTORIA SACRA; SAGGIO STORICO SULLA MEDICINA; ELEMENTI DELLA NAVIGAZIONE.
II - Opere fisico-matematiche e di ingegneria: GLI ELEMENTI
DELL’AGRIMENSURA; ELEMENTI DELL’ARITMETICA; ELEMENTI PER LA EDIFICAZIONE; GEOMETRIA PRATICA; FISICA GENERALE.
III - Opere di agricoltura e di economia agraria: DISCORSO
SULL’AGRICOLTURA; IL METODO MILLENARIO; LE INDUSTRIE DI PUGLIA; LA CONCIA DEI SEMI; I FORNI DI FOGGIA;
RELAZIONE STATISTICA SULLA CAPITAINATA; SU LA CERA; SU LA TREBBIATURA E SULLA INUTILITA’ DELLE
MACCHINE FINORA INVENTATE; DISCORSO ALLA SOCIETA’ ECONOMICA DELLA CAPITANATA; SU L’OPPIO; SU
LA SETA; SU LA LANA; PELLE PIANTE AROMATICHE INDIGENE E DEL LORO USO ECONOMICO.
E’ appena il caso di avvertire che i raggruppamenti indicati (nell’ambito di ciascuno dei quali le opere sono state elencate secondo
l’ordine cronologico di pubblicazione), si presentano tutt’altro che esenti da critiche. Nel dire singolarmente dei vari lavori (molto brevemente per quelli compresi nei primi due gruppi), seguirò tuttavia non
già un ordine cronologico, ma un ordine logico (o almeno che a me
sembra tale), fra l’altro in considerazione del fatto che non pochi dei
lavori stessi sono di pubblicazione postuma. In ogni caso, è sempre
implicito il rinvio alla « Nota bibliografica» con cui termina questo
mio scritto.
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GRUPPO I
LA GEOGRAFIA MODERNA è un testo facile ed organico con 7
tavole incise dall’Autore. Vi si dice anzitutto della forma, della grandezza, della rotazione della Terra e quindi si tratta delle coordinate
geografiche, delle zone climatiche e di quelle abitate. Viene poi spiegato come costruire sfere armillari, globi terrestri, planisferi, carte geografiche e nautiche, ed infine vengono posti numerosi problemi, di
varia complessità, su tali materie, e ne viene indicata la corrispondente
risoluzione.
Il SAGGIO STORICO SULLA MEDICINA è in sostanza un excursus nel tempo, dai primissimi empirici e « guaritori » alla fine del
XVIII secolo, e si conclude con una elementare e sintetica dissertazione sui concetti di salute e di malattia.
Il BREVIARIO DELL’HISTORIA SACRA è un saggio di quasi
400 pagine sulla materia indicata dal titolo e verso la quale si volgeva,
con particolare sensibilità, l’Autore. Ha importanza anche perché, dallo stesso BREVIARIO, trarranno successivamente origine e materia
un compendio biblico ed un’epitome latina, ad opera di Raffaele Rosati. di cui Giuseppe era prozìo.
Gli ELEMENTI DELLA NAVIGAZIONE sono in manoscritto,
con 10 tavole disegnate dallo stesso Autore. Vi si tratta delle coordinate geografiche; dei riferimenti astronomici, del modo di « fare il punto
», della bussola, degli scandagli, dell’uso delle carte nautiche e della
pratica della navigazione.
GRUPPO II
Gli ELEMENTI DELL’MUTMETICA costituirono una veramente
fortunata pubblicazione che ebbe numerose edizioni perché vi sono
esposte in modo semplice e chiaro le fondamentali nozioni della detta
disciplina.
La GEOMETRIA PRATICA presenta anch’essa, in forma assai
accessibile, tutto ciò che è fondamentale ed essenziale in materia. In
un manoscritto sulla GEOMETRIA TEORETICA trovano del pari
trattazione la geometria piana e sferica, nonché la trigonometria, ugualmente piana e sferica.
La FISICA GENERALE è un manoscritto di cui si conosce solo la
prima parte, introduttiva.
GLI ELEMENTI DELL’AGRIMENSURA (con 12 tavole incise
dall’Autore) possono riguardarsi, in un certo senso e per così dire,
quale derivazione dai precedenti scritti, ai fini di concrete e pratiche
applicazioni discendenti anzitutto, in un primo tempo, dalla necessità
di misurare le terre che venivano concesse ai pastori abruzzesi. Successivamente, le leggi francesi del 1806 (abolizione della « Dogana
della mena delle pecore », eversione della feudalità, ecc.) e, poi, la
legge borbonica del gennaio 1817, altri e ben noti compiti e problemi
posero nel campo dell’agrimensura: onde le varie edizioni dell’opera
in discorso, nella quale, richiamati i generali principi della geometria,
si dice delle misure lineari e di superficie, si descrivono gli strumenti
che occorrono all’uopo. si tratta dei rapporti o scale per le rappresentazioni grafiche e quindi della configurazione, della « quadratura » e
della divisione delle terre3
Anche gli ELEMENTI PER LA EDIFICAZIONE (con 11 tavole)
possono considerarsi come una sorta di continuazione, di ordine applicativo, delle prime tre pubblicazioni di questo secondo gruppo e non
sembra che precedentemente esistessero opere del genere, organiche e
complete. Dopo un richiamo dei principi di geometria piana e solida,
nonché delle misure, delle regole e degli strumenti per il disegno,
vengono esaminati i vari tipi di volte ed indicate le modalità e le norme per la loro costruzione. Segue quindi una parte architettonica, ed il
trattato si completa con una attenta disamina dei materiali impiegati in
quell’epoca nell’arte edificatoria e con alcune considerazioni in ordine
alla stabilità ed alla statica di alcuni elementi costruttivi.
GRUPPO III
Le opere comprese in questo gruppo sono le più numerose e le più
importanti, non solo ai fini dello specifico compito che io mi studio di
adempiere, ma anche da un punto di vista assolutamente obiettivo:
onde mi sembra opportuna una breve premessa di ordine generale.
Nel periodo di tempo in cui visse il Rosati, cioé nella seconda metà
del sec. XVIII e nei primi anni del sec. XIX, tristissime erano le condizioni dell’agricoltura nel Tavoliere di Puglia: campagne insicure; vie
e mezzi di comunicazione insufficienti, precari, incerti; malaria quasi
ovunque diffusa; mancanza di insediamenti rurali sparsi; analfabetismo delle classi rurali; scarsezza di capitali; latifondismo; persistenza
del sistema feudale e della manomorta; carenza di ogni interessamento
per i problemi della terra e della produzione.
L’ambiente esprimeva dunque desolazione e miseria, ma era ben
atto ad accogliere l’opera vivificatrice di quella mente aperta e di quell’instancabile lavoratore che fu appunto Giuseppe Rosati, per natura
incline ad occuparsi dei fatti dell’agricoltura.
Alla prima sua opera in materia, nessuno — dico nessuno — dei
suoi biografi accenna, e finora essa è rimasta ignorata da ogni bibliografia. Si tratta del DISCORSO SULL’AGRICOLTURA DI PUGLIA
al quale, pubblicato senza indicazione di editore e di tempo, la Biblioteca di San Severo — che, come quella di Foggia, possiede l’opera —
ha attribuito la data del 1792. Comunque, gli stessi caratteri usati per
la stampa chiaramente indicato che trattasi di pubblicazione la quale
precede tutte le altre del Rosati sulla stessa materia. Ed è strano, veramente strano, il rilevato generale silenzio, ovvero la confusione che
si fa col DISCORSO del 1811 (che è tutt’altra cosa): strano, perché il
Rosati agronomo ed economista agrario trova nascimento proprio nel
suo DISCORSO del 1792; poi, con gli anni, il pensiero dell’Autore si
dilaterà, si affinerà e si approfondirà: ed allora verranno trattati anche
specifici e singoli aspetti e problemi; ma gli iniziali e fondamentali
concetti rimarranno ben fermi.
L’Autore, dopo aver premesso che l’agricoltura è un’attività da doversi molto seriamente considerare, sia dal punto di vista tecnico sia
dal punto di vista economico, e che l’esercizio di essa non può prescindere dalla conoscenza delle condizioni locali, descrive quindi, minuziosamente, ed anche comparativamente con le regioni finitime,
quello che
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egli chiama « lo stato naturale della Puglia » (peraltro intendendo con
questo nome la Capitanata, come ho già accennato): dice perciò del
terreno, del clima, degli aspetti economico-sociali, demografici, ecc.,
in particolare rilevando la deficienza delle piantagioni legnose forestali ed agrarie, nonché dell’allevamento del bestiame, ed indicando altresì alcune piante che, a suo avviso, potrebbero o dovrebbero venire
coltivate (al quale riguardo si rivela anche il medico, poiché, fra
l’altro, si parla di « antinfettivi », di « depuranti », di « diuretici », di «
astringenti ». ecc.). La prima parte del « Discorso » prosegue quindi
con l’affermazione che due sono le grandi « industrie » della Puglia —
« la pastura e l’agricoltura » —, e con avveduti consigli in ordine
all’esercizio di tali attività: in particolare, per l’allevamento della pecora, il Rosati osserva che « la vendita che i nostri negozianti fanno
della lana, come che ricercatissima, fa perennare il nostro commercio.
, dato che l’ottima qualità di questa derrata fu nota eziandio ai nostri
antenati ». In merito alla coltura granaria, l’Autore ne rileva l’estesa
superficie e la necessità « della grande trebbiatura », per la quale preferisce quella effettuata col calpestio delle giumente perché — come
confermerà sedici e diciannove anni più tardi, rispettivamente nelle
INDUSTRIE DI PUGLIA ed in altro lavoro su LA TREBBIATURA,
— « niuna macchina adatta all’uso rustico e campestre, può dare la
forza viva ed elastica che danno i piedi delle giumente ». Infine, considerando pastorizia e agricoltura da un lato e colture arboree, soprattutto forestali, dall’altro, l’Autore auspica un opportuno equilibrio,
tanto più che — aggiungerà in altro luogo — se troppo si estendessero
i seminativi, a danno dei boschi e dei pascoli, per alcune produzioni
erbacee si otterrebbero tali quantità da determinare ribassi anche notevoli di prezzo: « minor guadagno, conclude (noi attualmente parleremmo di minor ricavo, ma la sostanza non muta!) e le spese sarebbero intanto le stesse »!
Che dire? Se il Rosati era — ben comprensibilmente — lontano
dalla odierna realtà della meccanizzazione agricola, quanto vicino al
nostro tempo, egli appare, invece, quando parliamo di « riconversione
culturale », dopo aver combinato disastri!
La seconda parte dello scritto, più breve, ma concettualmente più
densa, riguarda l’« economia della Puglia » (intesa questa, come al solito, quale Capitanata). A tale riguardo — dopo alcune premesse di carattere generale — il Rosati, con sagacia ed acume, si intrattiene su
quelle che oggi gli economisti indicano come dimensioni economiche
dell’azienda agraria, e finisce col concludere che « noi non conosciamo nella natura veruna legge che circoscriva e limiti l’effetto della
forza degli enti. Ciascuno esercita quel potere, e per quella estensione,
di cui è capace »; ed aggiunge « che non è persuadibile che il picciol
colono impieghi maggior diligenza.., e il grande assai minore: il prodotto netto,.., come che minimo relativamente alle spese, non lo porrebbe nell’importante tuono di fame un sensibile negoziato,... e costretto dall’urgenza dovrebbe passarlo nelle mani dei... negozianti i
quali, consagrando ogni cosa ai di loro interessi,.., si vedrebbe la penuria unita alla inevitabile alterazione dei prezzi ». Ed ecco quindi lo
stesso Rosati ancora vicino al nostro tempo, quando cerchiamo di rimediare ai non pochi
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guasti che deliberatamente, ostinatamente, e sprovvedutamente abbiamo prodotto, fra l’altro, anche in materia di dimensioni economiche dell’azienda agraria; e quando ai bassi redditi che ne discendono
ed ai connessi fenomeni di speculazione, cerchiamo di opporre
l’organizzazione cooperativistica: fatto indubbiamente di altissimo significato e valore etico ed umano, se mosso da naturali sentimenti di
spontaneità e mutualismo; ma, come ebbi a rilevare in altra circostanza, non poche sembrano a me le cooperative nate nell’incubatrice ed
allevate con la « madre artificiale »!
Altra importante opera del Rosati è quella su Le INDUSTRIE DI
PUGLIA; ed è assai nota, anche se — a mio avviso — non sempre ne
sono state colte alcune parti essenziali. Ricordata nel XII volume della
celebre Inchiesta Jacini (1884), è anche più volte citata dal NARDINI
nella sua bella monografia sul Gargano (1914), ma i biografi e gli elogisti l’hanno soltanto superficialmente considerata.
Dopo una premessa in cui viene affermata — come peraltro è ovvio — l’inesistenza di regole generali che consentano di attuare un’agricoltura universale e uniforme, l’Autore dice che è tuttavia « saggio
e necessario informarsi e studiare su quanto altrove viene fatto in tale
attività », per eventualmente applicano, a seconda dell’esito di opportuni e ripetuti esperimenti. Viene poi preso in esame ciò che attiene alla « pastura » in generale (origine e progressi nel corso dei tempi, in
Europa ed in Puglia) ed è quindi partitamente detto, con specifico riguardo alla Capitanata, dell’allevamento equino, bovino, bufalino e
soprattutto ovino, nonché di quanto si riferisce al governo degli animali ed alla loro « nutritura », che deve essere sempre abbondante
(pascoli e prati artificiali, quando possibile irrigui, con particolare favore per l’erba medica).
Anche per l’agricoltura, dopo aver detto della sua origine ed averne richiamati i progressi nel tempo, in Europa ed in Puglia, il Rosati fa
seguire la trattazione di aspetti è problemi particolari in merito — egli
dice — alla « conoscenza del mestiere » (lavoro, riposo, concimazione
del terreno), al « meccanismo della vegetazione », nonché alla semina,
alla raccolta ed al commercio del grano.
Nel complesso, ed in sintesi, soprattutto con riferimento al grano
ed ai cereali minori, vengono indicate norme per la preparazione del
suolo — lavorazioni e concimazioni — senza omettere di nuovamente
considerare il riposo, a proposito del quale può rilevarsi questa acutis sima osservazione: « Laddove il terreno coltivatorio, sia esattamente
concimato, ivi sarà sempre ignoto l’inutile riposo ». Per quanto riguarda il « meccanismo della vegetazione », si trovano in sostanza esposti
argomenti che oggi diremmo di chimica agraria, di genetica, di fisiologia e di patologia vegetale — oltreché di agronomia —, evidentemente superati dai tempi, così come è superato ciò che riguarda la «
preservazione dai morbi » (col quale termine il Rosati indica tutte le
cause avverse: ambientali, vegetali e animali); ma non mancano ulteriori rilievi ancor oggi validi (« è azione indubitata che i vegetali che
si riproducono dal loro seme, continuamente degenerano »); ed almeno in parte da meditare sembra anche ciò che il Rosati dice relativamente alla scelta del seme, al cambio delle sementi, alla preparazione
dei semi prima della
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semina (soprattutto contro il « carbone », lo stesso Rosati consiglia la
« concia» o « lissivo », di cui cinque lustri più tardi particolarmente
tratterà anche in altra opera), nonché quanto viene esposto in ordine al
tempo e modo di semina, alla quantità di seme da impiegare. alla copertura di esso, ed in merito alla pratica del trapianto (pratica che
l’Autore, cinque anni prima, già aveva consigliato nel METODO
MILLENARIO e che pur in tempi successivi ebbe alcuni sostenitori,
ma che oggi, come è noto, fra i cereali, viene limitata al riso).
In merito alla raccolta del grano, il Rosati si occupa della sola trebbiatura, per la quale si esprime in favore del calpestio con gli animali,
come
(già
l’ho
rilevato)
aveva
fatto
nel DISCORSO
SULL’AGRICOLTURA DI PUGLIA del 1792 e come, di nuovo,
specificamente farà in altro lavoro del 1811; e la parte, che potremmo
dire tecnica, delle INDUSTRIE, si conclude con l’esame dei problemi
riguardanti la conservazione del prodotto, sia nei magazzini costruiti
sopra il piano di campagna — nei quali magazzini, peraltro, sono da
temersi i danni dei « punteruoli » o « gorgoglioni » —, sia nelle ben
note «fosse ».
L’ultima parte dell’opera, l’Autore la dedica invece all’economia
della Puglia, ed al riguardo conferma le opinioni già espresse nel DISCORSO precedentemente esaminato, contrarie così alla « partizione
» delle terre al di sotto delle opportune dimensioni economiche
dell’azienda, come al dissodamento dei terreni a pascolo e bosco per
estendere il seminativo; mentre, in ordine al commercio del grano,
manifesta il proprio favore per l’« estrazione libera del superfluo » —
cioè per la libera esportazione e per il libero commercio — perché in
tal modo si evita ai tempo stesso « il timore della penuria, e il prezzo
che ne risulterà sarà sempre di ristoro e di incoraggiamento
all’agricoltura ».
Ma il Rosati auspica, per la propria Terra, anche progressi di ordine e natura diversi da quelli che possono discendere a seguito di quanto ho in precedenza riferito; auspica cioè quello che oggi — con significato invero non sempre preciso — si chiama « industrializzazione
dell’agricoltura ». Così egli vuole che siano introdotte le piante tessili
e che sorgano in loco le manifatture dei relativi prodotti; che vengano
migliorate la tecnica culturale dell’olivo e quella dell’oleificio (fra
l’altro osservando che una sollecita molitura del prodotto dà olio di
maggior pregio) e che analoghi miglioramenti intervengano nel campo
viticolo ed enologico, mentre riguarda come imprescindibili necessità
il sorgere dì industrie per la lavorazione della lana, l’introduzione della coltura del gelso con la relativa industria della seta, l’allevamento
delle api (anche al fine di produrre cera, sulla quale tornerà in altro lavoro); consiglia inoltre la coltura di fruttiferi ed anche di qualche pianta particolare (ad esempio del cappero, su cui, naturalmente, non siamo d’accordo, ma di cui l’Autore ancora dirà in una successiva memoria trattando delle PIANTE AROMATICHE).
In sostanza, dunque, il Rosati incita ad operare migliorando l’agricoltura e determinando il sorgere di attività industriali, fra l’altro perché — noi oggi diremmo — la bilancia commerciale e quella dei pagamenti denunciano un andamento sfavorevole per la provincia di
Foggia: infatti — egli scrive — « La Puglia somministra in natura i
materiali di molti
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prodotti e poi tranquilla ne ammira e ne riceve le manifatture corrispondenti ».
L’Autore, d’altra pane, acutamente vede nelle scienze naturali, nella fisica, nella chimica e nella sperimentazione, potenti fattori per quel
miglioramento dell’agricoltura che egli al tempo stesso ritiene indispensabile e realizzabile, nonostante non gli siano ignote le difficoltà da superare, fra cui quelle relative agli insediamenti umani sparsi ed
alla insicurezza delle campagne; ma (ecco un saggio dell’humour di
Giuseppe Rosati), con disinvoltura un po’ sbarazzina osserva che, per
quanto riguarda gli insediamenti, si possono scegliere luoghi elevati
onde evitare « l’aria sospetta e cospurcata » dalle acque stagnanti,
mentre, in materia di insicurezza e perciò di rischio, si chiede: nella
mercatura non vi sono forse i fallimenti? e nei viaggi per via terrestre
gli assassini? e nei viaggi per mare i naufragi e i pirati? e nelle case i
ladri notturni?
Ma — facezie a parte — il Rosati, con pensosi e ben consapevoli
accenti, conclude dicendo che per migliorare l’agricoltura e per far
sorgere le industrie occorrono tre concomitanti e pregiudiziali condizioni:
il sapere (che include anche la conoscenza dei progressi realizzati
negli altri paesi), il potere (cioè i necessari mezzi finanziari, di cui deve essere agevolato l’afflusso e l’investimento) e il volere (cioè la volontà dell’operare e la fiducia, per formare e mantenere le quali dovranno i pubblici poteri adoperarsi con i più validi ed opportuni interventi). Sembra un discorso trasferibile sic a simpliciter nell’anno di
grazia 1966!
Un’altra opera di Giuseppe Rosati della quale, come abbiamo veduto per il suo primo DISCORSO, i biografi non parlano mai — assolutamente mai — è la RELAZIONE STATISTICA SULLA CAPITANATA. In realtà, tale lavoro non è importante in sé, dal vero e proprio punto di vista statistico e statistico-economico, quali oggi intendiamo, in quanto. sostanzialmente, si tratta di una monografia descrittiva; ma riveste non trascurabile importanza indiretta per il periodo
storico in cui si colloca e per quanto vi si correla.
Com’è noto, fino agli inizi del sec. XIX la statistica, nonostante
qualche tentativo per migliorarla, serbava ancora il suo vecchio ruolo
— allora si diceva — di notitia rerum publicarum, pur se « rilevazioni »in qualche modo assimilabili a quelle odierne, specialmente
demografiche — da servire, cioè, per la cosiddetta « aritmetica politica » —, o altre di vario genere, economiche e sociali, si conducevano
da qualche tempo anche nel nostro Mezzogiorno; ma le modalità di
assunzione degli elementi e dati erano così primitive, e tanto imprecise (indicazione soltanto generale e generica dell’argomento su cui venivano chiesti ragguagli, pressoché nessuna elaborazione dei dati rilevati), che il materiale risultava di assai dubbia attendibilità. Onde non
può tacersi il fatto che prima grande « inchiesta » — cioè prima grande rilevazione « statistica » — nel Mezzogiorno, deve considerarsi
quella disposta nel 1811 da Gioacchino Murat e portata a termine negli anni immediatamente successivi con tale larghezza di vedute e con
criteri così accorti che uguali possono ritrovarsi, almeno da noi in Italia, solo molto più tardi. All’uopo fu anzitutto creato, presso il Ministero dell’Interno, un appo8
IL CENTENARIO DI ROSATI
FOGGIA (Villa Comunale) – Il nuovo busto del Rosati
IL CENTENARIO DI ROSATI
FOGGIA (Villa Comunale) – Il tempietto dedicato al Rosati nel 1827
sito bureau — siamo nel decennio francese — ed a dirigerlo venne
chiamato un Pugliese (il Cagnazzi): quindi i predisposti questionari,
uniformi per tutte le Province del Regno, furono direttamente inviati a
professionisti, sindaci, società di agricoltura, ed in genere a quanti, per
specifica competenza, Veniva richiesto di collaborare col redattore
provinciale al quale, tuttavia, non era riservato lavoro da poco, perché
egli doveva mettere in buon ordine ed in forma conveniente le notizie
ricevute, senza « variare o aggiungere del proprio », ma formulando «
le sue osservazioni in caso di scorgerci abbagli od equivoci » - Il testo
dei questionari era dettagliatissimo: « Stato fisico » (con 9 sottotitoli e
16 argomenti), « Sussistenza e conservazione della popolazione » (con
7 sottotitoli e 19 argomenti), « Caccia pesca ed economia rurale » (con
17 sottotitoli), « Manifatture » (con 3 sottotitoli e 12 argomenti). Per
la Capitanata, redattore provinciale fu nominato Serafino Gatti, del
quale, in precedenza abbiamo a lungo discorso. Perché non Giuseppe
Rosati? Forse perché nel 1811, il Rosati già avvertendo i primi sintomi
del male che doveva condurlo alla morte, evitò egli stesso l’incarico
che lo avrebbe ufficialmente impegnato in un grave lavoro e per un
tempo non certo breve? E’ un’ipotesi. Comunque, lo stesso Rosati elaborò per proprio conto un saggio in materia; saggio nel quale, dopo
una sintetica premessa di carattere genericamente indicativo e descrittivo, dice dell’ambiente fisico, demografico, economico-sociale della
Capitanata e passa quindi a trattare dell’orografia, della natura del suolo, delle coste, dell’idrografia superficiale e sotterranea, del clima, dei
minerali, indugiandosi poi sulle piante (di cui fa una lunghissima elencazione: spontanee, coltivate, erbacee, legnose), nonché sugli animali (selvatici, domestici, utili e dannosi). Nel complesso, dunque,
quello di cui ora ho detto, è un lavoro che, se non prende in esame tutti gli argomenti oggetto dei ricordati questionari ufficiali, ai questionari stessi pienamente si attiene per gli argomenti svolti.
Altra opera del Rosati ben degna di particolare menzione è certamente il DISCORSO ALLA SOCIETA’ ECÒNOMICA DELLA CAPITANATA NEL 1811: da presidente, ne inaugura l’attività, anzitutto
lamentando — come in alcuni dei precedenti lavori — la distruzione
dei boschi; distruzione che — con turbamento del naturale equilibrio
con i pascoli e con le terre coltivate — consegue all’estendersi dei seminativi ed all’impiego della legna nei forni da calce e da pane, mentre più redditizia sarebbe l’utilizzazione dello stesso legname per costruire attrezzi e strumenti agricoli e non mezzi di trasporto, navi, ecc.
Il Rosati (come già, anche a questo riguardo, in taluna delle opere di
cui in precedenza ho detto) tratta quindi delle esportazioni e delle importazioni nella Capitanata, confermando le già espresse negative conclusioni, e non vede come sia possibile ovviare ai rilevati squilibri con
le sole produzioni della pastorizia e dell’agricoltura (la quale ultima,
in genere, si limita alla cereali-coltura): occorrono industrie — conclude l’Autore — ed in primo luogo industrie agrarie. I Pugliesi — afferma altresì lo stesso Rosati — comprano con denaro contante troppe
cose al di fuori della loro Regione ed elenca (con un ordine di successione che quanto meno mi sfugge): aromi, tessuti di lana, di cotone, di
lino, di seta, di canapa, nonché ferro
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acciaio, rame, cuoio, vetrerie, terrecotte, carta, carbone, zucchero, ed
anche — è un colmo — olio, vino, legumi; e se a tutto ciò — prosegue
l’Autore — dovremo aggiungere anche il legname, si deve dedurre
che la ricchezza della Capitanata non potrà mai crescere. A questo
punto, però, una annotazione della Reale Società Economica fa rilevare i miglioramenti intervenuti dal 1811 al 1840 (data di pubblicazione
del DISCORSO nel « Giornale degli Atti »).
Insistendo ancora su ciò che riguarda il legname, ed alfine di porre
un freno alla progressiva distruzione dei boschi, il Rosati — in luogo
del diretto impiego della legna da ardere — propone l’uso del carbone,
fra l’altro perché questo, nel tempo, meglio e più a lungo si conserva;
e propone altresì che la carbonizzazione sia limitata a piante non pregiate o vecchie, ai rami morti e simili, auspicando dalle autorità disposizioni in tal senso. Per quanto poi, in particolare, attiene al notevole
consumo di legna nei forni da pane, egli si augura una sempre maggior diffusione dei cosiddetti « forni di Foggia » (a stabbio o « fimiero
cavallino »), già molto apprezzati in Calabria, Campania e finanche in
Lombardia, dei quali dettagliatamente dice in altro suo lavoro.
Tornando ancora sull’estensione dei seminativi a danno dei boschi,
il Rosati afferma inoltre che le conseguenze funeste per le popolazioni
si proietteranno anche in futuro, poiché, in luogo della desiderata opulenza, seguirà indigenza certa: di fatto — insiste l’Autore che io continuo a parafrasare — recisi gli alberi, si smuove con l’aratro il terreno,
sopraggiungono le piogge e questo precipita a valle, onde, col terreno
che si voleva conquistare, si perde anche il pascolo sottostante. Una
seconda nota della Reale Società Economica avverte tuttavia, a questo
punto, che una Legge del 1826 ha fatto cessare la situazione dal Rosati
lamentata nel 1811, ed in altra successiva nota viene richiamato il
programma di rimboschimento, predisposto nel 1838, in corso di esame da parte delle competenti autorità: quindi ciò che lo stesso Rosati
aveva affermato e consigliato anche nei suoi precedenti scritti, trovava
conferma ed accoglimento e stava dando ottimi frutti!
Comunque, dal complesso delle quattro opere fin qui prese in esame, il pensiero dell’Autore, si precisa e si consolida: è necessario
coordinare agricoltura ed allevamento del bestiame; è necessario coordinare lo sviluppo agricolo con quello industriale, essendo impossibile concepire — almeno nelle nostre regioni e nelle nostre condizioni
— un’industria avulsa dall’agricoltura.
Al Rosati appare inoltre basso il reddito degli agricoltori e ciò egli
attribuisce alla politica economica del tempo (divieti, limitazioni, restrizioni al libero commercio, come già ho ricordato); politica che determina basso prezzo dei prodotti agricoli, diminuzione del ricavo e
perciò anche del reddito globale, nonché di quei redditi che noi oggi
indichiamo quali redditi di distribuzione. Ed a tali riguardi furono
d’accordo tutti gli economisti pugliesi: dal Palmieri al Cagnazzi, dallo
Staffa al De Cesare e ad altri.
Ma se si astrae da alcune fra le cause indicate dallo stesso Autore,
proprie del tempo in cui egli scriveva (ed altre cause ad esse si sostituiscono, ben note, proprie dei nostri giorni!), le constatazioni e le
consi-
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derazioni esposte possono tranquillamente superare d’un balzo i centocinquant’anni decorsi e piombare, vivissime, nell’attualità.
Il Rosati, peraltro, su alcune particolari situazioni e su specifici fatti, si è intrattenuto anche in tempi precedenti e successivi rispetto
all’epoca cui si riferiscono le tre ultime opere sulle quattro finora prese in esame; e di tali altri scritti, che in un certo senso vorrei dire minori, alcuni videro la luce — vivente l’Autore — sul « Giornale Fisico
Agrario », altri — postumi — furono stampati sul « Poligrafo della
Capitanata » (periodico che succedette allo stesso « Giornale Fisico
Agrario »), ovvero e soprattutto, sul « Giornale degli Atti della Reale
Società Economica della Capitanata », frattanto essendo cessata anche
la pubblicazione del « Poligrafo ».
Nel METODO MILLENARIO, dopo aver riferito, da Plinio, del
notevole numero di spighe ottenute da singoli semi di grano — spighe
che furono inviate in omaggio a Nerone e ad Augusto — il Rosati dice
di altri fatti analoghi verificatisi intorno alla metà del 1700, quando un
rilevante prodotto si ebbe, in alcuni casi, anche da singoli semi di leguminose: del che l’Autore attribuisce merito alla pratica del trapianto, che perciò qui consiglia e — come già ho ricordato — tornerà a
consigliare cinque anni dopo nelle INDUSTRIE DI PUGLIA. Ma non
sorridano gli agricoltori, perché — mi ripeto — se è ben vero, o per
vari motivi giustificato, che tale pratica, fra i cereali, rimane oggi esclusiva del riso (e, fra le piante erbacee, si limita a poche altre specie
o culture, in particolari condizioni), della stessa — con riferimento
specifico al grano — non veniva taciuto in alcuni testi di agronomia di
mezzo secolo addietro, né in memorie o note ed anche in trattati a noi
ancora più prossimi nel tempo: ed il Rosati scriveva nel 1803!
In altro suo lavoro che tratta della CONCIA DEI SEMI, lo stesso
Rosati dice dei trattamenti pre-semina ai fini della germinazione, nonché della concia col « lissivio », consigliata venticinque anni prima
nella sua opera sulle INDUSTRIE DI PUGLIA quale mezzo efficacissimo di lotta contro alcuni parassiti.
Nella memoria su I FORNI DI FOGGIA, l’Autore tratta specificamente di quanto oggetto di semplice cenno in altri suoi scritti e
muove dalle premesse relative al consumo del legname ed alla distruzione dei boschi (in una nota della Società Economica della Capitanata, peraltro, di nuovo si richiamano — successive all’epoca in cui il
Rosati scriveva — la Legge del 1826, relativa appunto ai boschi ed ai
rimboschimenti, nonché le disposizioni in merito ai sussidi e premi
volti ad agevolare l’impianto di olivi e gelsi), per auspicare la diffusione di quei forni a « fimiero (cioè stabbio) equino », ai quali già ho
accennato a proposito del Discorso del 1811 e che qui trovano minuta
descrizione e rappresentazione grafica, da cui risulta evidente come al
pane non possa derivare, e di fatto non derivi, alcun nocumento in
conseguenza del particolarissimo combustibile impiegato.
Nella memoria SU LA CERA, il Rosati, dopo aver ricordato che.
uno dei più grandi fenomeni della natura è costituito dall’eterna ed alterna
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prime civiltà, l’uomo si sia studiato di trovar modo per produrre artificialmente la luce: dai « vasi di fuoco » degli Ateniesi alle lucerne ad
olio degli Egiziani. Ma scoperte ed applicazioni migliori si ebbero indubbiamente con l’uso della cera, e quindi con la fabbricazione delle
candele le quali, fra l’altro, non abbisognano di appositi recipienti che
le contengano, sviluppano fumo solo quando si spengono, non producono sgradevoli odori e danno più splendente fiamma. Da ciò l’Autore
fa discendere la necessità di produrre cera e quindi di allevare le api,
come già ho ricordato a proposito delle INDUSTRIE DI PUGLIA.
Nello scritto SU LA TREBBIATURA E SULLA INUTILITÀ’
DELLE MACCHINE FINORA INVENTATE, il Rosati (ed una nota
della Società Economica, dopo quasi un trentennio, avalla l’opinione
che l’Autore esprime), premesso che l’agricoltura pugliese è imp egnata per otto mesi nella produzione del grano, dice del grave problema
della trebbiatura, che fra l’altro implica l’esame e la considerazione di
determinate necessità ed esigenze tecniche, non escluse la tempestività
e la durata; ma tale problema non è soltanto dell’agricoltura di Puglia,
ed in effetti gli uomini — Ebrei, Cartaginesi, Romani — si sono da
gran tempo studiati per trovare modo, se mai vi fosse, migliore di
quello costituito dal calpestio delle giumente, le quali indubbiamente
richiedono, da parte degli agricoltori, spese notevoli per l’acquisto e il
mantenimento. Ciò posto, il Rosati passa ad esaminare i risultati ottenuti, anche in Puglia, con l’adozione di tre diversi tipi di macchine inglesi — per ciascuno dei quali tipi compie un interessantissimo esame
statico, dinamico e cinematico, svolgendo di poi le considerazioni del
caso — e conclude confermando la superiorità, e quindi il proprio favore, per il calpestio con le giumente, come già aveva detto nel DISCORSO del 1792 e nelle INDUSTRIE DI PUGLIA.
Nella sua memoria Su LA SETA possiamo leggere un’interessante
ed originale premessa in cui si dice della propensione, innata
nell’uomo, verso le « cose lucenti e colorate », che « fanno crescere la
nostra bellezza, ci attirano gli sguardi di tutti e ci procurano una stima
maggiore » (oh, umana vanità di sempre!). Fra queste « cose » — con
le pietre preziose, l’oro e l’argento — si comprende appunto la seta:
ed il Rosati ne fa la storia, compie un esami comparativo col cotone,
la lana, la canapa e con i relativi tessuti, pone in rilievo la crescente
domanda in rapporto alla modesta produzione ed esprime l’avviso che
« la pianura di Puglia sembra un luogo adattissimo a questa speciosa
introduzione » (già auspicata, del resto, nelle INDUSTRIE DI PUGLIA): ed a tale proposito, in una nota del 1843, la Società Economica della Capitanata avverte che i presagi del Rosati si sono in concreto
avverati e che le sete pugliesi hanno avuto larghi riconoscimenti.
Sembra infatti che nell’epoca ora detta, in Provincia di Foggia, vi fossero ben 300.000 gelsi (lo Staffa dice 1.000.000, ma probabilmente
esagera); però, in tempi di poco successivi, le difficoltà di raccolta
della foglia, la lontananza dalle bigattiere, le malattie infettive del filugello e, infine, l’apertura delle barriere doganali all’unificazione
d’Italia, misero in crisi tale industria.
Nello scritto SU LA LANA, l’Autore afferma anzitutto che « l’arte
di vestirsi » è senza dubbio una delle prime espressioni e manifestazioni delle
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umane attività, espone una breve ma interessante storia della tessitura
ed esalta l’importanza della lana e dei relativi tessuti, così come abbiamo visto per la seta. Rileva quindi che la Puglia produce della lana
di pregio, ma di qualità non sempre perfetta né in grande quantità: onde suggerisce un miglioramento, oltreché quantitativo, anche qualitativo, mediante —egli dice — « la rinnovazione delle razze con pecore
spagnole » (che poi sarebbe quell’incrocio di sostituzione del quale —
sempre più complicati
— noi oggi parliamo), indicando altresì la necessità di impiantare
prati artificiali a sussidio dei pascoli, come già nel DISCORSO del
1792. Ed in una sua nota, la Reale Società Economica pone in evidenza i progressi di fatto ottenuti, in oltre trent’anni, proprio sulle base ditali indicazioni: introduzione di soggetti « merinos » e praticoltura.
Nella memoria DELLE PIANTE AROMATICHE INDIGENE E
DEL LORO USO ECONOMICO, il Rosati si indugia in classificazioni e distinzioni su cui non sempre botanici ed agronomi odierni potrebbero essere d’accordo (in merito richiamo quanto già ho detto per
il cappero a proposito delle INDUSTRIE DI PUGLIA), ed in concreto
elenca varie piante la cui coltivazione gli appare possibile dal punto di
vista tecnico e conveniente dal punto di vista economico.
Nel suo scritto Su L’OPPIO, infine, dopo avere — da medico —
indicato le proprietà ed i caratteri farmacologici, nonché i modi di azione ed i possibili impieghi farmacoterapici dell’alcaloide, il Rosati
consiglia la coltura del papavero in Capitanata. Poi ci offre un saggio
di sorridenti pensieri e di humour: « Lo stato dello spirito in tempesta
— egli dice — è tanto più insoffribile per quanto il medesimo non
trova istante di tregua; ond’è facile conoscere quale impegno hanno
avuto gli uomini di trovare un rimedio sicuro ... Smarriti in questa ricerca i miseri mortali han preso mille strade ...; han creduto alcuni
uomini di merito che siffatto porto di sicurezza si trovasse nella sola
filosofia », ma « gli asiatici, molto più saggi dei nostri filosofanti, ...
conoscono molto bene quale sia il vero certo e sicuro antidoto da superare ogni angosciosa turbolenza ... »: una sufficiente dose di oppio!
Personalmente, non sono d’accordo col Rosati, e può darsi che altri condivida il mio modo di vedere. Però, confesso: anche questo Rosati, per così dire, « particolare » o «singolare » — il quale, in fondo,
io credo, deliberatamente vuole essere solo faceto — non mi dispiace;
anzi, tutt’altro: perciò ho completato con tali citazioni e richiami il
sintetico esame delle opere sue.
ALFREDO PANERAI
NOTA BIBLIOGRAFICA
I - OPERE DI GIUSEPPE ROSATI
(In ordine cronologico di pubblicazione)
La geografia moderna, teoretica, istorica e pratica, con 7 tavole incise
dall’Autore. Napoli, Raimondi, 1785. In seguito, a Parigi, si ebbe anche
un’edizione francese.
Gli elementi dell’agrimensura, teoretica e pratica, con 12 tavole incise
dall’Autore. Napoli, Raimondi, 1787. L’opera, che ebbe successive edizioni - Napoli, Coda, 1802; Napoli, Reale, 1813; Napoli, Del Fibreno,
1846 - fu anche tradotta in francese, inglese e tedesco; e, sulla stessa materia, è altresì da ricordare il Trattato elementare d’agrimensura...,
coll’aggiunta dell’arte di levar le mappe, Napoli, Nuovo Gabinetto Letterario, 1834.
Discorso sull’agricoltura di Puglia. s.n.t. (1792?).
Elementi dell’aritmetica. Napoli, s.d. (1796?) Edizioni successive con titolo
L’aritmetica: Napoli, Reale, 1808; Napoli, Coda, 1816; Napoli, Pasco, 1823;
Napoli, Marotta, 1830 e 1834; Napoli, Di Pace, 1842. Un « cartaceo » dal
titolo Aggiunta all’aritmetica, portante la data 1797, è posseduto dalla Biblioteca Provinciale di Foggia.
Il metodo millenario. Poggia, 1803.
Elementi per la edificazione, con 11 tavole. Napoli, Coda, 1805.
Le industrie di Puglia, con una carta geografica incisa dal Rosati. Foggia,
Verriento, 1808.
Breviario dell’historia sacra. Foggia, Russo, 1815. Dal « Breviario » trarranno successivamente origine e materia un compendio biblico ed un’epitome
latina, ad opera di Raffaele Rosati, di cui Giuseppe Rosati era prozio.
Saggio storico sulla medicina. Foggia, Russo, 1826. Un « cartaceo » dal titolo. L’istoria della medicina, s.d., è posseduto dalla Biblioteca Provinciale
di Foggia.
La concia de’ semi, in « Poligrafo della Capitanata », 1833, vol. I. pag. 208.
Geometria pratica. La piana, con aggiunta di G. N. Spada. Napoli, Caggiano
e C., 1832-33. Un « cartaceo » dal titolo Istituzione della matematica teoretica è pratica (Parte seconda). La geometria teoretica, con data 1796. è
posseduto dalla Biblioteca Provinciale di Foggia. Vi sono varie tavole disegnate dal Celentano
I forni di Foggia, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della
Capitanata ». Foggia, Russo, 1836, vol. II, pag. 18. La Memoria — della
quale gli « Atti » non indicano la data di redazione né la data della prima
pubblicazione sul « Giornale Fisico Agrario della Capitanata » — venne
di poi ristampata anche in estratto: Foggia, Migliaccio, 1872.
Relazione Statistica su la Capitanata, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Foggia, Tipografia Giacomo Russo.
1837. vol. II, pag. 112.
Su la cera, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Napoli, Tipografia Trani, 1838-39, vol. IV, pag. 19.
Su la trebbiatura, e su la inutilità delle macchine finora inventate, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Napoli,
Tipografia Trani, 1838-39, vol. IV, pag. 109. La Memoria è del 1811.
Discorso del Signor Giuseppe Rosati alla Società Economica della Capitanata nel 1811, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della
Capitanata ». Napoli, Tip. Trani, 1839-40, vol. V, pag. 112. Come risulta
dallo stesso titolo, il « Discorso » è del 1811.
Su l’oppio, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Napoli, Tip. Trani, 1840-41, vol. VI, pag. 50. La data di redazione della Memoria non è indicata.
Su la seta, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Napoli, Tip. Trani, 184243, vol. VIII, pag. 89. La data in cui la
Memoria fu scritta non è indicata.
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Su la lana, in « Giornale degli Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Napoli, Minerva Sebezia, 1844, vol. IX. pag. 149. La Memoria è
del 1811.
Delle piante aromatiche indigene e del loro uso economico, in « Giornale degli
Atti della Reale Società Economica della Capitanata ». Bari, Cannone,
1846, vol. IX, pag. 92. La data di compilazione della Memoria non è indicata.
N.B. - Le opere di cui sopra risultano reperibili presso una o più delle seguenti
Biblioteche: Altamura, Bari, Barletta, Bitonto, Foggia, Lecce, Lucera, Napoli, San Severo, Trani; e la Biblioteca Provinciale di Foggia, fra i « cartacei », di cui taluno già indicato sotto precedenti titoli — in rapporto con
la materia che ne costituisce l’oggetto —, possiede anche La Fisica generale (Parte Prima). Introduzione, del 1976, e gli Elementi della navigazione teoretica e pratica, s.d. (con 10 tavole disegnate dallo stesso Autore).
Abbiamo inoltre notizia di altre opere, quali la Propulsione alla Cattedra
di Agricoltura, La conservazione dei boschi, La migliorazione di alcuni
terreni, Gli elementi di astronomia e Sommario del sistema planetario
(1802), la Dissertazione sul modo facile di prendere la parallasse astronomica, le Ricerche per la lunghezza del palmo, le Istituzioni di tisica
sperimentale, generale e particolare, la Memoria sull’arrivo della cenere
del Vesuvio, nonché (attribuzione incerta) di un Saggio istorico sul divorzio, « in folio », e Dei majoraschi odierni (Salerno, Solimene e Jovane,
1822); ma a tali riguardi non ci è stato possibile acquisire sufficientemente
valide indicazioni, né precisi riferimenti bibliografici, onde ci limitiamo
alla semplice menzione.
a
Il - SCRITTI SU GIUSEPPE ROSATI
(AA. in ordine alfabetico)
BIAGI B.- Profili di scienziati. Foggia, Tip. Frattarolo, 1930.
BOCCANERA G. - Giuseppe Rosati, in .c Biografia degli uomini illustri del
Regno di Napoli ». Napoli, Gervasi, 1817.
CARANO-DONVITO G. - Economisti di Puglia. Firenze, « La Nuova Italia »,
1956.
GATTI S. - Elogio storico di Giuseppe Rosati. Napoli, Stamperia Reale, 1815.
GIUSIO D. - Dizionario Bio-bibliografico degli scrittori pugliesi viventi e dei
morti nel presente secolo. Napoli, De Bonis 1893.
GIORDANI G. In obitu Josephi Rosati. (Opere scelte edite ed inedite). NL poli, 1875.
MINIERI RICCIO C. - Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli
Napoli, Dell’Aquila, 1844.
PAPA M. - Economia ed Economisti di Foggia. Foggia 1933.
VACCOLINI C. - Rosati Giuseppe, in « Biografia degli Italiani illustri nelle
scienze, lettere ed arti del secolo XVIII e de’ contemporanei (a cura di E.
De Tipaldo) ». Venezia, Tip. degli Alvisopoli, 1836.
VILLANI C. - Daunia Inclyta. Napoli, Orfeo, 1890.
ID . ID ., - Scrittori ed artisti pugliesi antichi, moderni e contemporanei. Trani,
Vecchi, 1904.
VILLANI F. - La nuova Arpi. Cenni storici e biografici riguardanti la Città di
Foggia. Salerno, Migliaccio, 1876.
N.B. - Del Rosati, soprattutto come medico, è fugace ricordo di estimazione in
PACE D. - Vincenzo Lanza e la vita universitaria e ospedaliera a Napoli
nel primo Ottocento. Quaderni di Risorgimento meridionale, C.E.S.P.,
Napoli-Foggia-Bari, 1962; e, ad altro riguardo, viene reso giusto onore allo stesso Rosati con l’opuscolo Per la fondazione di un Istituto Tecnico
nella Provincia di Capitanata, Foggia, Pollice, 1877, nonché col n. 1 dei «
Quaderni di Foggia », che viene nell’odierna circostanza pubblicato col
patrocinio del Comune per i tipi dello Studio Editoriale Dauno.
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I
Scarica

Le opere di Giuseppe Rosati - Biblioteca Provinciale di Foggia La